Corriere della piana - n.19

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Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 19, Marzo 2014 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999

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BiDONiTALiA

Palmi: PSC al via? Agricoltura a rischio collasso

Italia, urge solidarietà MCL: No al testamento biologico Extravergine di oliva, ricchezza da difendere Oppido: la Festa dell'Annunziata

San Martino: La Storia di un Padre


Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663


Corriere della Piana del 31 Marzo 2014

sommario Riceviamo e pubblichiamo

L’eredità di Crupi

Esternare opinioni con coraggio e coerenza

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entile Direttore,

ho letto il ricordo del Prof. Pasquino Crupi e conservato il numero del CdP dove è stato pubblicato e La ringrazio perché la scomparsa di Crupi ha lasciato un vuoto non facilmente colmabile per la Cultura calabrese e per chi – con Crupi nel corso di illimitati circoli culturali aveva avuto modo di apprezzarlo. Grande figura di studioso dell’area grecanica, intellettuale scomodo, comunista ortodosso, perennemente in trincea, “fuori dal coro e senza recinti”. La Trincea è stata propria la sua terra, la Calabria. Meridionalista, senza schemi ufficiali, senza condizionamenti o ordini di scuderia . Ha cercato il riscatto del popolo meridionale combattendo da uomo libero e non chiudendosi in una torre d’avorio. Aveva una interiore spiritualità, sensibile alle sofferenze e alla ingiustizie. Ha difeso sempre gli ultimi, i deboli. Aveva una voce inconfondibile e quando discuteva era chiaro e logico. Personaggio poliedrico, scrittore politico e giornalista, lanciava “messaggi” forti sempre al plurale. Era un convinto garantista, difensore dei diritti della persona. Non ha mai accettato la politica repressiva dello Stato. Riteneva che lo Stato dovesse svolgere nel campo della legalità e della lotta al crimine organizzato, azioni di promozione a favore della collettività. Rigettava, quindi, la tesi forcaiola e anche le ingerenze della “casta dei togati”. I suoi approfonditi studi storici lo portarono a demolire il mito risorgimentale e la retorica piemontese. Ha dimostrato, positivamente, che il mancato sviluppo del Meridione nascesse dall’imposta annessione piemontese; coercitiva e violenta annessione, complici i savoiardi che distrussero l’economia “illuminata” del Regno del Sud. Pasquino Crupi, certamente uomo di cultura calabrese, non omologato ed eretico, era emarginato dai vassalli di regime o di potere. Sono stato contento di averlo conosciuto e condiviso le sue verità, le sue opinioni. Figure come Pasquino Crupi non si possono dimenticare e non scompaiono mai. Il Maestro, figlio del Sud, ci ha lasciato un’eredità morale: quella che le opinioni vanno, nella vita terrena, esternate con coraggio e coerenza, senza baratti e rinunce.

Pino Terranova

Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi

Hanno collaborato a questo numero: Pino Terranova, Anna Rotundo, Avv. Vincenzo Massara, Rocco Militano, Pierluigi Taccone, Francesco Bongiovanni, Angiolo Pellegrini, Giovanni Rigoli, Carmen Ieracitano, Francesca Carpinelli, Ilenia Marrara, Francesca Agostino, Girolamo Agostino, Caterina Sorbara, Rocco Carpentieri, Rosa Maria Pirrottina, Diego Demaio. Foto: Diego Demaio, Free's Tanaka Press, Girolamo Agostino, Giuseppe Daniele Grafica e impaginazione:

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Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Visual by Mariachiara Monea Stampa: litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@alice.it - locordova@libero.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 20-04-2014 Visit us on

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La Crimea vienne annessa alla Russia

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Congresso regionale dell'MCL

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Mariachiara Monea cell. 392 1128287 smartcreative@virgilio.it

Editoriale Solidarietà Nazionale

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No al testamento biologico

Primo consiglio regionale dell'MCL

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Palmi: riordino urbanistico Quali prospettive?

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Olivicoltura e agrumicoltura a rischio collasso

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Difendere l'extra vergine d'oliva made in Italy

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Il dopoguerra e la riorganizzazione dell'Arma

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Beato Rolando Rivi

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"Il frantoio delle idee" laboratorio di creatività

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Oppido regina di "se ggiri cu mmia" Solennità fra storia e fede

"Il faro" evangelizzare e fare cultura

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I riti della "Settimana Santa"

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Riciclaggio, nuovi obblighi e adempimenti per contrastarlo "Giannuzza a Marinota" della scrittrice calabrese Caterina Sorbara La "Pro Loco Morgetia" porta il sorriso nelle scuole Molochio: I Virgineij i San Giuseppi Consegnate le pergamene UNESCO La vocazione turistica del lungomare di Gioia Tauro Storia di un uomo, soldato e padre "Gustomania" al posto giusto Il successo della ditta Tassone La memoria: prodigi e misteri Grande successo per lo sport reggino La decorata cornice della Piana

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Editoriale

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Dopo l’arresto dei 24 indipendentisti veneti di Luigi Mamone

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ta succedendo di tutto in questi giorni difficili per l’Italia. Tutto. Oltre la logica, la razionalità la moralità e il buon senso. Dove andremo a finire continuando di questo passo? Nelle stesse ore il blitz contro l’armata Brancaleone dei “Serenissimi”: truppe cammellate fintocorazzate di indipendentisti veneti, di improbabile capacità offensiva, nonostante il carrarmato artigianale realizzato blindando una ruspa cingolata da armare con un cannoncino e il cordiale colloquio al Quirinale fra il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e il “tecnicamente” pregiudicato Silvio Berlusconi che se non è meritevole di restare in parlamento a causa della condanna e dell’interdizione dai pubblici uffici, non potrebbe – anche da capo di un partito (pubblico ufficio anche questo?) trattare alla pari con Re Giorgio, al quale auguriamo vita lunghissima per portare a compimento anche un terzo mandato presidenziale – attesa la evidente penuria di sostituti all’altezza di così gravoso

Urge una rinnovata coscienza di solidarietà nazionale Sarà fondamentale il ruolo della Chiesa

agli arsenali della 'ndrangheta. Orbene, il dato che accomuna 'ndranghetisti e Serenissimi secessionisti è, oltre il vincolo associativo che accomuna i propri rispettivi accoliti, il perseguimento di un progetto o programma associativo, le cui finalità confliggono con gli interessi dello Stato e mirano in ogni caso a sovvertire l’ordinamento dello Stato, per affermare gli interessi e la supremazia di un diverso organismo che si connota per voler esercitare le stesse prerogative e poteri dello Stato, dimostrando di voler esercitare su un territorio lo stesso potere che lo Stato esercita attraverso i propri organi. La presenza di tali connotazioni rendono in tutto e per tutto identiche e analoghe le finalità associative sia degli 'ndranghetisti che dei presunti indipendentisti. Il fatto che Salvini minimizzi la gravità delle condotte riducendola a una “goliardata” non toglie nulla alla loro rilevanza penale. È come se il difensore dell’uomo arrestato con dieci Kalashnikov dicesse al Giudice “ma cosa volete che siano dieci fuciletti e qualche pistoluccia?”. C’è gente al sud che è stata mandata a processo e condannata per appoggio a consorterie mafiose, intraneo o esterno, per molto meno. Quasi in forza di un presupposto di condivisione teleologica dei crismi e del modus agendi della consorteria mafiosa. Per non parlare di amministrazioni falcidiate dalla mannaia dello scioglimento per il “pericolo di condizionamento mafioso”. Proviamo ad immaginare un gruppo di contestatori calabresi (e di motivi per contestare in questa terra d’esilio e di pena senza fine che è diventata la Calabria ve ne sarebbero a bizzeffe) che inscenasse una protesta in chiave secessionista. Immediatamente i soloni dell’antimafia di maniera (quelli che la 'ndrangheta la combattono solo a parole, nei convegni e con le marce fini a sé stesse e hanno convenienza a che il fenomeno persista perché senza 'ndrine da combattere verrebbe meno pure il loro ruolo e la stessa necessità della loro presenza) alzerebbero alte grida d’allarme: “Dietro la protesta l’ombra delle 'ndrine!” “La 'ndrangheta guida la rivolta” oppure “L’esercito di Don Mico va all’attacco!” e via di questo passo in un tourbillion nel quale certa ben individuabile stampa meridionale, ci sguazza da anni. Per questo la logica dei pesi e delle misure diverse non va bene. Se associazione a delinquere è lo deve essere con le stesse proporzioni e misura in ogni parte d’Italia. Fra qualche mese, la politica cederà il passo alla frenesia brasiliana del “Mundial de football”. Gli Italiani ritroveranno la loro unità intorno a Prandelli, Pirlo e Balottelli: tutti in piedi con la mano sul cuore a cantare Fratelli d’ Italia. Ma di quale Italia parliamo? Più che di fratelli di una Italia che s’è desta e con l’Elmo di Scipione (l’africano) s’è cinta la testa ribellandosi dopo secoli di derisione, perché non era popolo ed era divisa (perché non siam popolo/ perché siam divisi) troveremo gente divisa da odi regionalistici e spirito di un autonomismo che la dimensione Europea non può consentire. L’indipendentismo nei termini con cui è stato espresso dai Serenissimi è una strada impercorribile e senza futuro. Oggi dovrebbe essere tempo di unità e di solidarietà Nazionale. Non di divisione. Oggi dovrebbe essere tempo di creare – anche su basi regionalistiche – associazioni di mutua assistenza per creare fondi di intervento solidale rapido in favore dei non abbienti, degli imprenditori vessati dal racket delle 'ndrine e da quello legalizzato tramite Equitalia. Se ogni italiano versasse un euro per creare fondi di intervento rapido di solidarietà si potrebbe intervenire in casi conclamati e documentati di bisogno per far uscire dalla tragedia della miseria e della solitudine gente bisognosa. Se i Serenissimi e altra gente della loro risma, anziché sognare di far la guerra (che come dice de Gregori “è bella perché fa male”) comprendessero la necessità di intervenire – magari anche solo in aiuto dei loro corregionali, versando 1 euro al giorno – tutti quanti e tutti i giorni – vi sarebbero quotidianamente milioni di euro disponibili per sanare i drammi che non solo nel triveneto hanno portato decine di imprenditori al suicidio e innescato nuovi flussi migratori; e tanto sarebbe gran cosa. Ma i Serenissimi finto-corazzati sono solo fanatici incapaci di guardare oltre la punta del naso e di sbirciare dietro l’angolo, dove c’è un mondo diverso dal loro che vive, si muove e s’agita. Ci pensi allora la Chiesa. Che rimane il più esteso e ramificato organismo di solidarietà che possa immaginarsi. Nelle parrocchie e nelle diocesi si creino fondi di raccolta solidale e s’intervenga. Si costruisca solidarietà e si crei lavoro. Mettiamo fiori nei cannoni e nelle canne dei fucili per costruire un futuro di pace.

«E se fosse successo al sud?»

fardello. In mezzo a tutto questo la rabbia rabbiosa di Matteo Salvini e dei leghisti di ogni specie, sorte e risma che gridano allo scandalo perché i ROS e i magistrati hanno arrestato 24 indipendentisti – secondo loro da operetta, fra cui un ex deputato e il leader di quei forconi che lo scorso anno fecero una prova generale di mobilitazione con discreti risultati in termini di coinvolgimento delle masse. Indipendentisti si. Da operetta forse no. I ROS hanno scoperchiato la punta di un iceberg di malpancisti antiitaliani che fra forconi e contestatori NO TAV annovererebbero parecchi accoliti che hanno dato prova di essere violenti e avvezzi alla guerriglia. Il fenomeno non è sottovalutabile e l’allarme sociale a nostro modo di vedere, deve essere pari a quello che scaturisce ogni qualvolta che in Calabria qualcuno viene ucciso o vengono sequestrate armi da guerra (recentemente 10 mitragliatori) destinate


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di Filomena Scarpati

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Dopo il Referendum

la Crimea viene annessa alla Russia

opo aver dato il via libera all’annessione della Crimea alla Russia, Putin ha sottolineato che precedentemente il trasferimento della Crimea all’Ucraina fu frutto di «grosse violazioni» e fu deciso «dietro le quinte» in uno «stato totalitario», mettendo la gente di fronte al fatto compiuto. Il referendum, secondo il premier russso, si è svolto nel pieno rispetto del diritto internazionale e l’esito è «del tutto convincente. Siamo qui per una vicenda vitale, storica», ha aggiunto, parlando della Crimea come di una parte «inalienabile della Russia». Infatti Putin ha affermato: «La Russia non poteva non rispondere alla richiesta di aiuto della Crimea, non rispondere sarebbe stato un tradimento». Il presidente ha poi ribadito che Mosca non ha violato alcuna norma internazionale in Crimea e che «le forze armate russe non sono Uomini armati davanti la sede del Governo a Kharkiv. entrate in Crimea, c’erano già in conformità all’accordo con Kiev, non abbiamo nep- ta nella Federazione Russa. È quanto in esso si legge e all’art. 10 si precisa che il pure superato il limite previsto di 25 mila unità». trattato viene provvisoriamente applicato dalla data della firma, ma entra in vigore La Cecenia – aggiunge Putin – non c’entra nulla dalla data della ratifica. Oltre alla ratifica, per ultimare giuridicamente la procedura, in tutto questo, la Crimea non sarebbe stata an- il parlamento dovrà varare due leggi costituzionali, una per regolare in generale le nessa alla Russia, se ci fosse stato in Ucraina al modalità di ingresso di nuovi soggetti e un’altra ad hoc sull’adesione della Crimea. commando un governo legittimo, la regione Cri- Per tutto è necessaria anche la valutazione di legittimità da parte della corte costimea non ne voleva più fare parte, così come ha tuzionale. Anche la borsa a Wall Sreet registra una ripresa subito dopo le parole dimostrato nel risultato del referendum popolare del Presidente russo Vladimir Putin che hanno stemperato i timori di una risalita di domenica 16 Marzo. I russi non sono antise- delle tensioni dopo aver affermato che non mira ad una disgregazione dell’Ucraina, ma non teme certamente le sanzioni annunciate dall’America e dai paesi occidentali. Da un punto di vista economico l’Ucraina non ha impatti di rilievo a livello globale, ma ciò che preoccupava gli investitori era la tensione tra Russia e Occidente per le sanzioni che Putin sembra totalmente ignorare. Non c’è neanche stato il segnale che l’Unione europea avrebbe voluto da Mosca, ovvero un processo di de-escalation della presenza russa in Ucraina. Lo ha fatto notare la rappresentante della politica estera dell’Unione Catherine Ashton. Dunque l’Ue dal suo canto si impegna a “rivedere” il futuro delle relazioni con la Russia e i partner dell’est, senza tralasciare il nodo della crisi siriana e la rottura dei negoziati tra israeliani e palestinesi. È un momento in cui non devono essere compromessi gli equilibri tra Oriente ed Occidente e tra Est ed Ovest, creati negli ultimi '70 anni di storia, ormai alle nostre spalle. Un’attenta riflessione sulla posizione geografica della Militari ucraini in tenuta da combattimento. Crimea, che fino al 1954 è appartenuta alla Russia, ci fa capire come è impensabile che Putin receda mitisti, non sono nazisti e non marciano contro dalle posizioni assunte. Non farà un passo indietro e non ritirerà gli schieramenti nessuno, cose che invece stanno succedendo a militari dai confini con l’Ucraina rientranti nel territorio della Crimea ormai tornato Kiev da parte di ragazzi diciottenni contro i rus- alla Russia. Se si pensa alla posizione strategica che la Crimea ha sul Mar Nero si si. Le Nazioni non devono chiudere gli occhi su comprende come gli Usa, che detengono lo strapotere a livello globale, non si rassequesti atteggiamenti, al contrario li devono apri- gnano alla perdita di questa importante regione da parte dell’Ucraina. D’altra parte re bene per guardare nella giusta direzione, per bisogna anche riflettere sul fatto che il monopolio della globalizzazione non sarebevitare il peggio, senza aspettare che sia troppo be una situazione democraticamente accettabile, contrariamente a quanto si stanno tardi. Il presidente russo Vladimir Putin ha fir- impegnando a farci credere. Visto che ciò che è andato non sarà più recuperato, è mato al Cremlino con i dirigenti della Crimea e bene adesso, allo stato attuale dei fatti, puntare lo sguardo sulle possibili risoluzioni di Sebastopoli, il 18 Marzo, l’accordo per il loro in Ucraina per evitare lo scoppio di una guerra civile. Se l’aiuto che si intende dare ingresso come nuovi soggetti nella Federazione mira davvero a mantenere la pace e la democraticità all’interno delle nazioni e non Russa. Da questa data la Repubblica di Crimea ad accaparrarsi un qualche potere o situazione di vantaggio, USA, UE, ONU e G8 viene considerata a tutti gli effetti come accetta- dimostrino, adesso, che i loro scopi siano esclusivamente filantropici e pacifisti.


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Il tavolo della presidenza al Congresso regionale MCL.

di Anna Rotundo consigliere regionale MCL Ufficio Stampa MCL Calabria

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Congresso regionale MCL

a bella sala convegni del Seminario di Lamezia Terme ha accolto, il 22 Febbraio scorso, i partecipanti al XII congresso regionale MCL, presieduto e coordinato dal presidente nazionale Carlo Costalli, la cui presenza ha significato concretamente l’attenzione dell’MCL nazionale alla realtà calabrese. Ricche di contenuti le relazioni dei presenti al tavolo dei lavori: il vescovo di Lamezia Terme Mons. Luigi Cantafora, il Presidente regionale Vincenzo Massara, il vice-presidente Silvestro Giacoppo, il segretario regionale Leonardo De Marco. Si è giunti alla celebrazione di questo congresso dopo un ampio e approfondito dibattito, che ha visto coinvolti i circoli e le realtà provinciali, all’interno di un Movimento notevolmente cresciuto e rafforzato nel perseguire obiettivi di testimonianza evangelica organizzata. La crescita del MCL in Calabria è evidente e grande merito ne ha il presidente, l’Avv. Vincenzo Massara, secondo il quale i risultati raggiunti e ciò che è stato compiuto, sono il frutto di un lavoro comune, fatto di passione, sacrifici, a volte anche di amarezze, ma sempre e comunque di un lavoro appassionato e convinto. Questo impegno, questa passione per l’MCL, sono emersi nel dibattito con gli interventi, numerosi, dei consiglieri regionali, dei presidenti provinciali, dei consiglieri provinciali, dei delegati, e di tanti amici dell’MCL, rappresentanti istituzionali, politici (tra i quali gli On. Magno e Chiappetta), e delle realtà sociali. Interventi appassionati, che facevano percepire come davvero nel’MCL calabrese ci si senta come in una grande, bellissima famiglia tesa al bene comune! Una famiglia che, al termine dei lavori congressuali, ha eletto il Consiglio Regionale MCL, il Collegio dei Sindaci e quello dei Probiviri. “Quanti sono i circoli che in questi anni abbiamo aperto, quante le persone incon-

trate, quante le richieste, i bisogni, le attese, per ridare voce alla gente, chiamandola ad un protagonismo attivo, ispirato alla Dottrina Sociale della Chiesa.” Così, nella sua ricca relazione, il presidente Massara, secondo il quale “occorre continuare su questa strada con determinazione e convinzione, orgogliosi di appartenere ad una grande storia fatta di donne e uomini, che ormai oltre quarant’anni orsono, hanno operato una scelta di vita per rappresentare nella società italiana e nel mondo del lavoro, in particolare, le istanze di giustizia di solidarietà e di fraternità riposte nel cuore di ogni persona”. L’MCL calabrese ribadisce con forza le parole del Santo Padre Francesco: “No a un'economia dell'esclusione”. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell'essere umano! In questa prospettiva, Mons. Cantafora ha messo in luce gli aspetti più salienti della Dottrina Sociale della Chiesa, come maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri. E a Lamezia, la “Scuola di Dottrina Sociale della Chiesa”, fortemente voluta da Cantafora, suscita riflessione e impegno in campo sociale e civile, coinvolgendo le forze vive del luogo e gli uomini di buona volontà, per offrire un contributo di pensiero e di azione in relazione alle varie problematiche del territorio. Silvestro Giacoppo ha relazionato sintetizzando il contenuto della mozione approvata nel congresso provinciale di Catanzaro sulle tematiche del lavoro, famiglia, territorio, formazione e servizi, sottolineando l'esigenza di affinare il metodo-strategia di rete orizzontale e/o di alleanze per realizzare la proposta - progetto del MCL per il futuro. Un progetto mirato a valorizzare la cultura del discernimento, della progettazione e della conoscenza degli interessi della gente, che deriva dalla sperimentazione sociale nel territorio dove si svolge la vita dell'uomo, della sua famiglia, della comunità sociale con le connesse attività lavorative ed imprenditoriali. Tantissime le proposte concrete venute fuori dai lavori congressuali: Leonardo de Marco ha, a tal proposito, ribadito: “Spesso mi domando e domando alla politica il perché manteniamo fermi 30 e più miliardi di fondi strutturali che non vengono spesi nelle regioni del Sud e, quindi anche in Calabria! Una cifra enorme! Noi, di MCL calabrese, pensiamo che buona parte di questi fondi possono essere spesi per finanziare il credito d’imposta per i giovani disoccupati e le misure per combattere la povertà come il fondo per i non autosufficienti!”. De Marco ha inoltre portato l’attenzione sul ruolo della “Fincalabra”, perché i calabresi sanno ben poco di questo ente cosi importante per lo sviluppo del lavoro! Come ha sottolineato Carlo Costalli “urge una riforma del mercato del lavoro, primo fattore di ripresa e chiave dello sviluppo. Siamo stanchi delle solite chiacchiere. È in ballo il futuro dell’Italia per cui occorre la responsabilità di tutti. Un processo che non può prescindere da un rinnovato impegno dei cattolici. È proprio nei momenti difficili che noi cattolici, partendo dalle nostre identità e dai nostri valori, dobbiamo fare scelte coraggiose e metterci al servizio del rinnovamento della Nazione. Un impegno cui nessuno di noi può sottrarsi”. Per Vincenzo Massara, la politica, nei cui confronti nutriamo profondo rispetto, da sola non ce la può fare: occorre stabilire un grande patto, un’alleanza, tra tutti i soggetti attivi della società, ripartendo dal lavoro, il primo fattore di ripresa. Così Massara: “Il lavoro, lo abbiamo più volte ribadito, è il tema centrale del nostro pensare e del nostro agire, l’elemento cioè che da sempre ci caratterizza, presente nel nostro Dna. Il lavoro e le problematiche ad esso connesse sono al centro di tante tensioni che caratterizzano la nostra società: diritto al lavoro che non sempre c’è e dove c’è non sempre è rispettato; leggi economiche che non rispettano l’uomo e la sua dignità; esigenze del lavoro non sempre raccordate con quelle della famiglia. E su questo tema bisogna agire e impegnare ogni risorsa possibile: vorremmo che ciò continuasse ad accadere nel prosieguo di questo nostro percorso, ed è per questo che, riportando l’esortazione di Luca (Lc 11,1) – diciamo, DUC IN ALTUM! – Prendi il largo MCL Calabria”.


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Movimento Cristiano Lavoratori: "No al testamento biologico" di Avv. Vincenzo Massara Presidente Regionale MCL

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a scelta del Comune di Lamezia Terme di istituire il registro dei testamenti biologici, così come formulata, trova il Movimento Cristiano Lavoratori fermamente contrario. Il ritenere l’idratazione e l’alimentazione, forme di accanimento terapeutiche, non può che rappresentare il primo passaggio verso l’eutanasia di stato. Ancora una volta la demagogia vince sulla realtà. È evidente come il ricorso a procedure mediche straordinarie che risultino troppo onerose e pericolose per il paziente o, sproporzionate anche rispetto ai risultati attesi, sia da rifiutare. L’alimentazione e l’idratazione, però, qualora venissero meno rappresenterebbero la privazione del necessario sostegno vitale, che ha come naturale conseguenza l’abbandono terapeutico, primo passo

verso una forma mascherata di eutanasia. Ci dimentica, poi, del rapporto fondamentale tra medico e paziente, il rapporto personale che viene instaurato, la coscienza dello stesso medico, e non ultimo il rapporto tra paziente, medico e familiari. Si incentiva la strada della solitudine, l’abbandono della persona non più utile o, magari si esprime il giudizio sulla qualità della vita stessa. Tutti questi pseudo provvedimenti, solidaristici o compassionevoli, non possono portare alla decisione ultima di togliere la vita alla persona umana. MCL invita a riflettere su queste tematiche, lasciando da parte posizioni ideologiche, tenendo sempre presente il bene indisponibile della vita. Nella foto: Avv. Vincenzo Massara.

Primo consiglio regionale MCL di Anna Rotundo

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i è svolto il primo consiglio regionale del Movimento Cristiano Lavoratori Calabria, dopo il congresso dello scorso febbraio, con l’Elezione degli Organi Sociali: Presidente Regionale Vincenzo Massara - Presidente Consiglio Regionale Rita Santagada - Vicepresidenti Silvestro Giacoppo e Emanuele Di Matteo - Segretario Regionale Leonardo De Marco - Amministratore Natascia Folino Componenti Alberto Fico, Cortese Sandro, Tommaso De Capua - Delegato Regionale Giovani Gennaro Cribari- Delegata regionale Agev Wanda Quattrone, Delegato ai rapporti con il terzo settore Salvatore Crupi - Delegata commercio ambulante e posto fisso Rosarina Carnovale. La crescita del MCL in Calabria è evidente e, come

Il tavolo dei lavori al Consiglio regionale MCL.

ribadito da tutti i consiglieri regionali, grande merito ne ha il presidente, l’Avv. Vincenzo Massara, secondo il quale i risultati raggiunti e ciò che è stato compiuto, sono il frutto di un lavoro comune, fatto di passione nel perseguire obiettivi di testimonianza evangelica organizzata. Nel corso del consiglio, Massara ha ribadito la soddisfazione derivante dall’ apprezzamento all’MCL Calabria da parte del Presidente Nazionale Carlo Costalli, espressa in sede di congresso regionale. Contro l’indifferenza generalizzata, l’MCL calabrese vuole essere protagonista sul territorio, ribadendo con forza le parole del Santo Padre Francesco: “No a un'economia dell'esclusione”. La crisi finanziaria che attraversiamo fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell'essere umano. Col diritto al lavoro che non sempre c’è, e dove c’è non sempre è rispettato; con leggi economiche che non rispettano l’uomo e la sua dignità; con esigenze del lavoro non sempre raccordate con quelle della famiglia e delle donne. Nel percorso che lo avvicina all’ormai prossimo Congresso Nazionale, su questi temi il Movimento intende agire con forza non facendo mancare le proprie proposte.


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Riordino urbanistico di Rocco Militano

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a bellezza della Città ci salverà! Dopo quasi un secolo di incapacità politico-amministrative sulle tematiche urbanistiche e, soprattutto, due fallimenti di solenni impegni a condurre in porto l’approvazione del Piano regolatore generale assunti da qualificate Amministrazioni degli anni passati, sembra questa, oggi, la realistica e convinta determinazione dell’attuale Amm/ne comunale che, prima con l’assessore Lilla Pipino ed ora con l’assessore Natale Pace, per il prossimo mese di giugno vuole portare all’approvazione definitiva del consiglio comunale il PSC. “Il Piano Strutturale Comunale è parte essenziale del programma politico con cui ci siamo presentati agli elettori – ribadisce il Sindaco Giovanni Barone – e su questo obiettivo baseremo la nostra permanenza al governo della Città! – e aggiunge – La qualità di tale strumento urbanistico porterà lavoro, sviluppo ed occupazione!” Certo, dopo che per troppo tempo si è progettato per singoli interventi senza una visione d’insieme, oggi un disegno del territorio che diventi vivibile e moderno,

Quali prospettive?

Palmi si appresta ad approvare il suo primo Piano Strutturale Comunale senza aver mai approvato un Piano Regolatore Generale

Di fronte infatti all’avvio delle procedure di appalto per la costruzione del nuovo Ospedale della Piana; alla straordinaria qualificazione dell’offerta turisticaculturale della Città trainata dal riconoscimento UNESCO della festa della Varia ed alla costituzione dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria, le ipotesi di sviluppo, basate sull’indubbia crescita della popolazione residente, hanno assunto precise direzioni attorno a cui bisogna saper effettuare approfondite valutazioni e scelte territoriali, economiche e sociali da portare a sintesi operative proprio nello strumento principe a base del futuro di una comunità locale che è appunto il PSC. La minoranza in Consiglio comunale ha però inizialmente lamentato un suo scarso coinvolgimento malgrado la creazione di una Commissione consiliare ad hoc, seguito poi, responsabilmente, da conclusioni condivise; un apposito gruppo FB ha avuto più di 5.000 contatti, la Società Operaia ha offerto importanti contributi, di merito e tecnici, (riportare nel Regolamento le norme del Piano Casa, inserire norme di tolleranza di piccole difformità …) ed i Comitati di quartiere di Pietrenere e Pille per il PRU, e poi anche Torre, Stazione e Marinella hanno discusso tanto ed avanzato proposte concrete di riqualificazione, ben oltre la denuncia, in particolare, dell’emarginazione che hanno sempre sofferto. La partecipazione della Città c’è quindi stata, anche se l’ing. Giovanni Grillea, a nome di un gruppo di tecnici, ha chiesto chiarezza sulle norme del Regolamento edilizio ed ha Particolare del progetto di intervento urbanistico in Piazza I Maggio. paventato il pericolo che fino al’approvasostenibile, competitivo ed in linea con i zione dei PAU (Piani attuativi unitari), alle principi guida delle politiche territoriali demolizioni non potrà seguire la ricostrucomunitarie, e che sia capace di sperimen- zione a causa anche dell’enorme rapporto tare nuove forme di governance dipenden- esistente tra i volumi edificati e la popoti dalle ipotesi di sviluppo reali collegate lazione attualmente residente. Ridotta ed con i nuovi fatti storici che investono la insufficiente quindi la partecipazione proCittà, richiede responsabilità alte e con- positiva proprio della classe intellettuale sistenti sforzi politici e culturali anzitutto cittadina, per una Città colta che, a buon della maggioranza politica consiliare ma diritto, aspira a riprendersi nell’area mepoi anche dell’intero consiglio comunale e tropolitana il ruolo prestigioso di secondo centro che storicamente ha avuto nella dell’intera classe dirigente cittadina.

provincia reggina. L’azione politica e burocratica però supera gli spunti polemici e prosegue decisa, anche accelerata forse, dopo la fondamentale riunione di giugno 2013 allorquando il Consiglio Comunale, condotto e spinto dal Presidente Gaetano Muscari, ha approvato i necessari atti preliminari connessi con la formazione definitiva del Piano Strutturale Comunale (Quadro Conoscitivo Territoriale; Fascicolo preliminare della VAS, Documento Preliminare del PSC con annesso Regolamento Edilizio Urbanistico). Il dinamismo infatti, dell’assessore all’Urbanistica Pace il quale, assieme al gruppo di lavoro dei tecnici comunali incaricati, si è dato delle scadenze precise anche per il Piano Spiaggia ed il Piano Protezione Civile dopo il buon esito della Conferenza di Pianificazione, dimostra serie e concrete aspettative di successo nel rispetto delle scadenze del prossimo giugno e fa intravedere pure la cantierazione delle opere pubbliche già finanziate per oltre 20 mln ed immediatamente collegate con l’approvazione definitiva del PSC. Nel frattempo ed in linea coordinata, la bellezza incomincia a ritornare con il richiamo della memoria storica passata e recente della Città attraverso l’intervento PISL di recupero delle pochissime vestigia di Carlopoli ancora rimaste (i basamenti delle due torri cittadine e le tracce delle mura fortificate della Cittadella), la riqualificazione del borgo di Pietrenere compreso il fortino; la pavimentazione in porfido con disegni in granito grigio su linee di pietra bianca di Lazzaro attorno alla chiesetta del Sant’Elia e, soprattutto, la nuova veste architettonica di piazza 1° Maggio progettata dall’Ing. Antonello Scarfone che utilizza una pavimentazione in pietra lavica calabrese collocata secondo la Divina Proporzione di Fra Luca Pacioli ed arredata da quattro monumenti simbolo. Sono questi preziosi tentativi di rendere bella la Città – tra cui purtroppo manca ancora il mausoleo a Leonida ed Albertina Rèpaci – nuovi terreni di riflessione per la crescita della comunità cittadina – assieme a quelli della salvaguardia del paesaggio, primo valore identitario – che il Piano deve saper valorizzare in una visione di insieme per produrre nuovo patrimonio, ritrovando l’armonia che il territorio una volta aveva con la natura e la storia. In questo obiettivo, anche la centralissima e vasta area del campo sportivo Lo Presti, grande bellezza fra la ritrovata agorà della comunità ed il declivio dolce verso l’orizzonte marino sullo Stretto, lungo l’Acqualive, la Motta e la Marinella, deve saper diventare un grande ed innovativo attrattore di benessere economico e sociale in una città che immediatamente vuole trovare sviluppo


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Suggestiva immagine notturna di Piazza I Maggio .

«Il PSC, parte integrante del programma politico della giunta Barone»

sostenibile per non dover continuare a mandar via i propri figli. Ad occhi chiusi, aspettando di ascoltare le musiche di Cilea provenienti dal mausoleo finalmente adeguato allo spirito filiale del Maestro, vediamo che veramente ci salverà la bellezza della Città non come canone ma come sintesi di ricchezza e relazioni sociali costruite e condivise solidalmente, come se tutti i giorni fossero quelli dell’animella spinta da centottantamila in uno, ad ascendere al settimo cielo.

Antico schizzo planimetrico dell'abitato di Palmi .

Circolo “Don Pietro Franco”

Centro servizi E.N.Te.L

Ente Nazionale Tempo Libero

Ufficio Zonale Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) info: 347.6954218


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Prendere atto della gravità della situazione

Olivicoltura e agrumicoltura a rischio collasso

CONSIDERAZIONI AL PSR 2014 – 2020 dell’ASSESSORATO ALL’AGRICOLTURA REGIONE CALABRIA di Pierluigi Taccone

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rima che si ponga mano alla definizione del nuovo piano di sviluppo regionale agricolo 2014/2020 ed alla sua ripartizione finanziaria in base alle misure da adottare, sarebbe opportuno fare alcune considerazioni. Volendo analizzare a fondo lo stato dell’agricoltura Calabrese bisogna aver il coraggio di riconoscere che per le colture di olivo ed agrumi, cui in massima parte si fonda l’economia agricola della regione, la situazione è estremamente grave. Difatti sui circa 550 mila ettari di sau della regione Calabria almeno il 40% sono coltivati ad olivo ed agrumi per una consistenza di 190 mila ettari di olivo e 35 mila di agrumi. Essi a tutt’oggi godono di notevoli aiuti comunitari, più di 200 milioni di euro annui, ma con l’entrata a regime della nuova PAC questi aiuti si ridurranno gra-

dualmente, fino a ridursi, nel 2020, di due terzi. Questi sostanziali peggioramenti, a partire dal 2015, non permetteranno ai due comparti di essere economicamente autosufficienti. Credo che nell’immaginare il nuovo PSR regionale e gli investimenti che da esso provengono, per circa 1 miliardo e cento milioni di euro, non si possa non tener conto della realtà di cui sopra e della scarsa produttività e competitività che l’agricoltura regionale manifesta in queste due produzioni mediterranee, ma anche in altre meno vitali. E se pensiamo che negli ultimi anni, proprio per questi due settori, non è stato fatto alcun piano specifico e che ogni miglioramento, salvo alcuni lodevoli eccezioni, è fermo agli anni '60/'70 del secolo scorso, ci dobbiamo chiedere con preoccupazione, di fronte a tanto immobilismo, cosa ne sarà al 2020 di questi due comparti dell’agricoltura Calabrese. La scelta che l’Assessorato è chiamato a fare nella ripartizione delle risorse è fondamentale, sarebbe drammatico se non tenesse conto di alcuni punti fermi: 1) La produzione agricola calabrese è scarsa e non sempre di buona qualità. la ricchezza che si produce in olivicoltura ed

agrumicoltura è modesta ed economicamente insufficiente alla sopravvivenza dei due comparti. Quanto fino ad oggi arriva, a titolo di aiuto comunitario, permette di azzerare le perdite e garantisce un minimo di utilità. Non sarà così nel futuro. 2) La concorrenza che proviene dai paesi rivieraschi del Mediterraneo, capaci di produrre a costi molto più bassi, impone una politica dei bassi prezzi cui dobbiamo sottostare per non essere radiati dal mercato. 3) Se vogliamo sopravvivere e rendere economicamente valide le nostre imprese, dobbiamo abbattere i costi, ne abbiamo la possibilità e le tecnologie. Dobbiamo però rinnovare le nostre strutture arboree. Tendere ad una olivicoltura ed agrumicoltura moderna, limitando le spese ad almeno il 50%, ridurre l’incidenza, in alcuni territori, della presenza di monocolture, vedi l’olivo della piana di Gioia Tauro, deleterie per l’ambiente, per la specializzazione di parassiti e per gli incrementi di malattie fungine. Favorire in alternativa, anche l’insediamento di nuove specie produttive, con una diversificazione colturale programmata.


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4) Considerare che la vera ricchezza di un territorio si crea in campagna, qualsiasi struttura di lavorazione, impianto di trasformazione, di confezionamento ecc. aggiungerà certamente del valore alle produzioni, ma non è lì che si creano le risorse, anzi a volte, quando le quantità non sono sufficienti, le si dissipa. 5) Di capannoni, di impianti di trasformazione, di oleifici ne abbiamo in abbondanza, di trattori di ogni genere anche. Tutt’al più, per quest’ultimi, prevediamo una rottamazione, per adeguarli alle vigenti leggi sulla sicurezza. Guardiamo con maggiore cautela a questi investimenti. Arricchiscono chi ce li fornisce e a volte, per noi, sono perfino insopportabili i costi di ammortamento. Credo che se noi condividessimo le considerazioni esposte nei 5 punti sopra indicati potremmo trarne le seguenti conclusioni. Meno capannoni e più piante. Spendiamo le risorse che ci sono pervenute per incrementare le nostre strutture agricole produttive, siano arboree o orticole, ne conseguirebbe una notevole valorizzare dei nostri terreni. Saranno investimenti duraturi che produrranno ricchezza negli anni. Diamo piena libertà al buon senso dell’agricoltore che vivendo il territorio è il più sensibile ed il più interessato a realizzare comportamenti eco-sostenibili. Una volta per tutte smettiamo, pensando di essere rispettosi dell’ambiente, di considerare la conservazione come necessario corollario ad una ortodossa cultura ambientalista. Fin qui, questa miope visione, ha impedito qualsiasi tipo di ristrutturazione della parte più estesa e più obsoleta della nostra agricoltura: 190 mila ettari di olivicoltura di cui almeno 170 mila senescente ed obsoleta. Una timida legge al riguardo permette modesti cambiamenti, ma è una goccia d’acqua in un mare di stenti e di diseconomie. Il limite di una siffatta visione ambientalista è la confusione che si fa tra paesaggio naturale, come può esserlo un bosco naturale o una macchia Mediterranea ed il paesaggio agrario frutto mutevole della mano dell’uomo. Il primo va protetto e non lo si fa abbastanza, il secondo non ha bisogno di essere protetto o distrutto, lo fa da solo, in maniera del tutto autonoma, in funzione della sua capacità di produrre ricchezza, da qualsiasi parte provenga, sia tecnica che politica. Volete far vivere tutta l’olivicoltura obsoleta della regione? Bene. Dategli delle risorse ed essa vivrà. L’alternativa è una lenta agonia che coinvolgerà anche gli olivicoltori. Una analisi di questo tipo, schematica e riduttiva, non ha la pretesa di essere esaustiva del complesso argomento di cui si vuole occupare, ma ha semplicemente l’intento di richiamare

«Agricoltura sul ciglio del baratro»

l’attenzione su delle realtà, che per la loro semplicità ed ovvietà, non sono mai state prese sufficientemente in considerazione. Dare la priorità a opere di miglioramento fondiario, sarebbe la mossa più intelligente e produttiva per impiegare proficuamente risorse, che altrimenti in massima parte, andrebbero a finanziare opere complementari, che pure necessarie, non incrementerebbero di molto la produzione di ricchezza del settore primario calabrese. Il ritorno al primato della terra, che oggi in maniera irragionevole, al di là di ogni buon senso, è mortificato da una serie di espropriazioni di tempo e di danaro da parte di un terziario inutile ed autoreferenziale, è necessario. L’agricoltore medio impiega più tempo a riempire moduli che a produrre. Aiutiamolo a cambiare rotta, inducendolo con adeguati aiuti, a generare più ricchezza. Privilegiare il mondo della produzione, inteso come miglioramento della efficienza agronomica, rispetto alle fasi successive della filiera sarebbe una operazione, a mio avviso, vincente e credo condivisa dalla parte più concreta del mondo rurale.


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Davanti all’avanzata di paesi mediterranei di recente olivicoltura

Difendere l’Extra Vergine d’oliva Made in Italy Le strategie per rendere più competitiva e credibile la filiera olivicolo-olearia di Francesco Bongiovanni

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na strategia che determini una maggiore competitività dell’olivicoltura italiana e calabrese si rende necessaria alla luce del contesto produttivo internazionale che vede alcuni paesi incrementare decisamente le proprie produzioni, anche al di fuori del bacino del Mediterraneo ed in altri continenti, ed attuare aggressive politiche di mercato. Negli ultimi anni la Spagna è arrivata a produrre il triplo della produzione italiana, mentre la produzione della Grecia avanza seguita da significativi incrementi della produzione di altri Paesi mediterranei (Siria, Tunisia e Turchia) di più recente olivicoltura. Le campagne denigratorie che periodicamente colpiscono l’olio extra vergine d’oliva “Made in Italy” confermano l’importanza e l’urgenza della tutela della qualità e della genuinità dell’olio extra vergine di oliva italiano per difenderne l’immagine attraverso il potenziamento della lotta alle sofisticazioni, l’auspicato aggiornamento delle norme relative all’etichettatura e la verifica della rispondenza tra ciò che è dichiarato in etichetta e ciò che è contenuto in bottiglia (rintracciabilità). L’olio extra vergine di oliva, estratto dai frutti dell’olivo (Olea europaea L.), simbolo delle culture del Mediterraneo, è

uno dei principali costituenti della dieta mediterranea. Una assunzione giornaliera di 20 grammi di olio extravergine d’oliva, purché ricco di fenoli (Reg. UE 432/2012 del 16 Maggio 2012), ha effetti benefici sulla salute umana, soprattutto in relazione alle malattie cardiovascolari, alle funzioni degli apparati respiratorio e gastrointestinale, ed alla difesa dagli agenti esterni [EFSA, Journal 2011, 9(4):2033]. Grazie alla validazione dei risultati di numerosi studi scientifici, oggi l’olio extravergine d’oliva è considerato il più pregiato tra gli oli commestibili. La tutela della qualità e della genuinità degli olii extra vergini di oliva viene attuata con i metodi previsti dal Regolamento CEE n. 2568/91 e successive modificazioni, che fissa anche dei precisi limiti per i parametri chimici, chimico-fisici e per la valutazione organolettica. Il 16 Dicembre 2013 l’Unione Europea ha emanato un’ulteriore modifica del regolamento citato, il Reg. n. 1348/2013/UE che, recependo le indicazioni provenienti dal Consiglio Oleicolo Internazionale (COI), dal 1° Marzo 2014 ha ulteriormente ridotto i limiti per alcuni parametri (stigmastadieni, cere, acido miristico e alchil esteri degli acidi grassi), potenziando la rivelazione delle sofisticazioni a carico dell’olio extra vergine di oliva. Ciò premesso, considerato che esistono adeguati standard analitici di riferimento normativo, bisognerebbe rafforzare la vigilanza sui prodotti commercializzati in ambito nazionale per scoraggiare l’irregolare commercializzazione degli olii di oliva introdotti da Stati membri o Paesi terzi ed i fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale tra gli operatori della filiera. Accanto all’azione di denuncia e repressione delle frodi, necessaria per rafforzare l’immagine del nostro prodotto nazionale, un’altra importante azione ha per oggetto l’etichetta alimentare, intesa come “l’insieme delle menzioni, delle indicazioni e dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei

simboli che si riferiscono ad un prodotto alimentare” che ha lo scopo di assicurare una corretta informazione al consumatore, e facilitare la libera circolazione all’interno della UE e la trasparenza delle operazioni commerciali. Le norme riguardanti la commercializzazione dell’olio nonché l’etichettatura, negli ultimi tempi hanno subito una accelerazione notevole in virtù del fatto che l’olio extra vergine d’oliva è uno degli alimenti per i quali c’è una maggiore sensibilità dell’opinione pubblica ai fenomeni di contraffazioni e frode. Le indicazioni da riportare sulle etichette alimentari scaturiscono dal D.lgs. 109/92, attualmente in vigore, dal Reg. UE n. 1169/2011, esecutivo dal Dicembre 2014, e, nella fattispecie, da una serie di normative particolari. Gli ultimi regolamenti comunitari emanati in materia, il Reg. UE n. 29 del 2012 e, soprattutto, il Reg. UE n.1335 del 2013 di modifica del precedente, sono orientati verso una maggiore trasparenza e chiarezza delle informazioni, integrandole e, in parte, uniformandole a quelle previste dal Reg. UE 1169/2011. Proprio per questa uniformità le indicazioni obbligatorie per gli olii extra vergini e vergini di oliva riguardanti la denominazione di vendita e la designazione dell’origine devono essere raggruppate nel campo visivo principale e i caratteri e il formato sono previsti in conformità al sopracitato regolamento UE.


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no di interventi in grado di programmare la ristrutturazione o il rinnovamento degli impianti, che favorisse il cambiamento di mentalità degli olivicoltori da un atteggiamento assistenzialista, per lungo tempo supportato dal vecchio sistema di aiuti comunitari, ad un altro più moderno, di tipo imprenditoriale, auspicato dal nuovo regime di sostegno. Pertanto, la definizione di un nuovo modello produttivo da adottare in funzione di una volontà di rinnovamento delle strutture risulta non ulteriormente procrastinabile in Calabria, soprattutto nei grandi areali olivicoli regionali (Piane di Gioia Tauro, di Lamezia e di Sibari). L’olivicoltura deve rappresentare per i calabresi un elemento di sviluppo e di aumento dell’occupazione. La sfida che dobbiamo raccogliere è Antico frantoio a pietra. quella di riuscire a mettere insieme una valida politica sia sul primo che sul secondo pilastro (pagamenti diretti e sviluppo rurale), con lo scopo di far nascere una Igp calabrese. Occorre auspicare che si faccia in modo che questo settore riesca ad emergere con tutte le sue potenzialità ed opportunità, e che faccia le scelte giuste dal punto di vista legislativo che permettano veramente un cambiamento, cercando di intervenire su problemi quali la difficoltà dell’accesso al credito per le aziende e la semplificazione burocratica per le pubbliche amministrazioni. La Calabria è la seconda regione olivicola nazionale, che vanta circa 85mila aziende ad indirizzo olivicolo e ben tre oli extravergine di oliva Dop: Bruzio, Lametia e Alto Crotonese, che testimoniano come l’aspetto qualitativo della nostra regione sia significativamente migliorato. L’olivicoltura calabrese con l’attuale programmazione è stata oggetto di investimenti finanziari importanti, con circa 4mila beneficiari e 250 aziende supportate con gli aiuti previsti dalle Misure 121 e 123 del Psr, che favoriscono l’ammodernamento delle aziende agricole e l’accrescimento del valore aggiunto. È importante promuovere l’associazionismo e l’aggregazione nella nostra regione, ancora a livelli troppo bassi e fare in modo che la tutela e valorizzazione del patrimonio olivicolo della Calabria”, dovrà avere un ruolo centrale anche nella progettazione del Piano di Sviluppo rurale 2014/2020. Il Ministero delle Politiche agricole, per quanto di competenza, si è fatto promotore di un percorso, che si inquadra nell’ambito della nuova programmazione comunitaria 20142020, iniziato alla fine del 2012, con il coinvolgimento tutti i portatori di interesse per la definizione di una strategia per l’innovazione e la ricerca in agricoltura. Tale attività, che è attualmente in corso, prevede il coinvolgimento di organizzazioni di categoria;organizzazioni di produttori; trasformatori; distributori; operatori del settore forestale; addetti alla consulenza ed assistenza tecnica; enti di ricerca; università; organizzazioni di categoria; organizzazioni di produttori; trasformatori; distributori; addetti alla consulenza ed assistenza tecnica. L’obiettivo è quello di analizzare i fabbisogni di innovazione in settori (filiere tra cui anche quella olivicola) rilevanti per l’agricoltura nazionale e per l’intero sistema paese, verificare le innovazioni esistenti e trasferibili e quelle per cui invece necessita ancora attività di ricerca, con l’obiettivo dell’aumento della competitività.

«Servono interventi

Con il Reg. UE n. 29/2012 la Commissione Europea ha posto l’attenzione sull’origine del prodotto: l’etichetta deve informare il consumatore se le olive sono state raccolte in uno stato membro o in un paese terzo rispetto a quello dove è ubicato il frantoio e, ancora, deve precisare con caratteri evidenti se si tratta di miscele di comunitari o extracomunitari. Ulteriori novità sono l’obbligatorietà delle informazioni relative alle condizioni particolari di conservazione degli oli e l’indicazione della campagna di raccolta delle olive che può figurare soltanto quando il 100% del contenuto dell’imballaggio proviene da tale raccolta. In Calabria, l’olivo è coltivato su circa 170.000 Ha in coltura principale e su circa 40.000 Ha è presente come coltura secondaria consociata con altre coltivazioni. Le aziende agricole interessate alla coltivazione dell’olivo sono circa 136.000, pari a circa il 60% del totale delle aziende agricole regionali. Tale dato denota la grande frammentazione dell’olivicoltura della regione. La produzione di olive è molto alternante e in media è dell’ordine di 670.000 tonnellate. Le olive sono destinate per oltre il 98 % all’estrazione con una produzione media di olio di oltre 134.000 ton., mentre la restante piccola parte viene utilizzata come olive da mensa. La produzione olivicola rappresenta circa il 30% del valore della produzione lorda vendibile (PLV) dell’agricoltura calabrese. In Calabria esistono ampi margini di miglioramento della qualità dell’olio prodotto, soprattutto perché l’alta percentuale di olio lampante prodotto è dovuta alle difficoltà di razionalizzazione delle pratiche colturali nei “vecchi” oliveti. A fronte dei vincoli esistenti allo sviluppo della moderna olivicoltura, dovuti alle avverse condizioni orografiche, all’estrema frammentazione fondiaria delle aziende, alle dimensioni degli olivi secolari ed alla pratiche di raccolta tradizionali, non è stato mai varato un pia-

per recuperare competitività»


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Il dopoguerra e la riorganizzazione dell’Arma nella nuova Repubblica

di Angiolo Pellegrini Generale dell'Arma dei Carabinieri

La riorganizzazione dell’Arma

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opo la disfatta bellica, l’Arma si trovò ad affrontare esigenze di riorganizzazione, rese ancor più gravi dalla situazione economica in cui lo Stato si trovava. Una volta assunto il comando dell’Arma il Generale Giovanni De Lorenzo, lo Stato Maggiore iniziò a rivedere le uniformi per ufficiali, sottufficiali e carabinieri, proseguì snellendo la burocrazia e l’amministrazione, destinò i migliori ufficiali alle scuole di formazione. Approfittando della recrudescenza della criminalità nelle città, vennero create le “gazzelle”, vennero istituiti i centri elicotteri, venne rinnovato l’armamento. Per quanto concerne la componente militare, venne riorganizzata la XI Brigata Meccanizzata e ricostituito il Battaglione Carabinieri Paracadutisti. Così modernizzata, l’Arma fu pronta ad affrontare le nuove sfide.

Il terrorismo eversivo

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l mondo del lavoro, cresciuto all'ombra di un boom economico che non aveva tenuto conto delle sue esigenze sociali, era entrato in fermento. Le rivendicazioni economiche si saldavano ai dibattiti e alle lotte intorno alle condizioni in fabbrica, alla struttura dell'organizzazione del lavoro (ritmi, controlli, straordinari e impatto delle innovazioni tecnologiche nella catena produttiva), al diritto alla casa contro la speculazione del mattone ed ai trasporti di massa. Le prime lotte ebbero origine in zone periferiche contro i nuovi, massacranti ritmi di lavoro e contro la minaccia di licenziamenti. Si fecero strada i teorici della violenza proletaria e divennero in voga slogan come "Il potere nasce dalla canna del fucile. Violenza contro violenza", "Guerra no, guerriglia sì" sullo sfondo dei miti di Mao, Che Guevara e del Vietnam. La sfida

di questo decennio venne raccolta dall'Arma con vari strumenti. Quello più ovvio fu rappresentato dal servizio di ordine pubblico. Meno visibile, ma di maggiore importanza per l'azione preventiva, fu invece il servizio informativo. La formazione più agguerrita e temibile nella nebulosa del terrorismo di sinistra risultò indubitabilmente quella della BR (Brigate Rosse), costituitesi come partito armato nel Maggio del 1972. Mentre a livello di vertice, i politici persero tempo in sterili battaglie di competenze, i CC crearono, per iniziativa del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, un primo nucleo investigativo. La lotta al terrorismo non ebbe né rapida né facile soluzione e si susseguirono drammatici episodi che svelarono la pericolosità per le istituzioni non solo delle Brigate Rosse ma anche di numerosi altri gruppi terroristici, di destra e di sinistra, più o meno ricchi di militanti e di mezzi, che erano passati dalla violenza diffusa alla lotta armata clandestina. Attorno al Nucleo Speciale Carabinieri, che aveva dato prova di così elevata efficienza, l'Arma creò una più ampia strutIl Generale Carlo Alberto dalla Chiesa. tura anticrimine, con il compito di raggiungere una conoscenza globale della minaccia e di tradurla in termini di contrasto operativo. Prima di tutto, quindi, la ricerca di informazioni qualificate e capillari, che da tutti gli innumerevoli comandi territoriali dell'Arma affluirono continuamente agli specialisti, in grado di analizzarle e sfruttarle in modo scientifico e coordinato. Le Sezioni Speciali Anticrimine, pur dirette a livello centrale, avevano poi ricevuto aree di competenza corrispondenti alle zone ove operavano le strutture eversive, e in particolare le colonne delle Brigate Rosse, al fine di essere ancor più aderenti all'esigenza. La mentalità operativa tradizionale subì modifiche imposte dalla necessità di raggiungere obiettivi non limitati al tradizionale intervento di polizia, fatto di una serie di arresti e di sequestri, proponendosi invece di incidere a fondo sull'aspetto associativo, e quindi sull'essenza stessa dell'organizzazione da combattere.

Il maresciallo Felice Maritano

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aritano ha partecipato alla guerra nei Balcani e dopo l'8 Settembre 1943 è stato internato in Germania fino alla fine del conflitto. Nel 1941 era stato promosso appuntato per meriti di guerra, poi decorato con croce al Valor Militare nel gennaio 1941 sul teatro dei Balcani. Nel corso del suo lungo servizio di 10 anni a Rivarolo (Genova) gli erano stati concessi 10 encomi solenni. La gente lì lo conosceva con l'affettuoso (e significativo) nomignolo di "sceriffo". È stato il mio primo maestro. Ha partecipato alle più importanti operazioni per la cattura di terroristi, finchè, nel corso di uno scontro a fuoco con tre terroristi ha perso la vita.

Il tenente Umberto Rocca

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l 5 Giugno 1975 il tenente Umberto Rocca, comandante della compagnia di Acqui, dopo aver celebrato la ricorrenza del 161° anniversario dell'Arma, verso le 10,30 decide di effettuare ispezioni in località e cascine già note e sorvegliate (ma ancora senza esito). Sono con lui il maresciallo maggiore Rosario Cattafi, comandante della stazione di Acqui Terme; l'appuntato Giovanni D'Alfonso, l'appuntato Pietro Barberis. Arrivati nella località di Arzello del comune di Melazzo (10 km da Acqui) alle 11.30 Rocca giunge alla cascina Spiotta, da più mesi posta sotto sorveglianza perché segnalata come luogo saltuario di ritrovo di persone sospette. Al piano superiore si affaccia una donna che guarda nel cortile e rientra in silenzio. Si scatena l'inferno. Una bomba investe in pieno Rocca, gli trancia il braccio sinistro e gli ferisce l'occhio sinistro. Cattafi viene colpito da numerose schegge sul lato destro, ma spara con la pistola contro finestre e porta. Dopo alcuni minuti arrivano con l'autoradio altri tre colleghi. Da un piccolo vano a piano terra sentono gridare aiuto. È Gancia, rapito il giorno prima. La donna uccisa è Margherita Cagol (conosciuta con il nome di battaglia di Mara), moglie di Renato Curcio. Lo scontro si è risolto in un'autentica carneficina. Rocca è mutilato, D'Alfonso è morto, Cattafi è ferito.


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di Giovanni Rigoli

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acque a San Valentino (RE), il 7 Gennaio 1931 secondogenito di Roberto Rivi e Albertina Canovi, entrò nel Seminario di Marola (RE) a soli 11 anni . Nel Giugno del 1944 il Seminario fu occupato dai tedeschi e, tutti coloro che lo frequentavano, furono mandati a casa. Per Rolando, seppur giovanissimo, la talare era molto più che un abito, per egli era come una seconda pelle. Sono anni bui per la storia d’Italia ed i nemici dei cattolici, si dimostrano essere, in alcuni casi, anche coloro che lottano per liberare l’Italia; così, quel fatidico 10 Aprile 1945, un gruppo di partigiani, rapisce il giovane seminarista Rivi con l’intento di indurlo a rinunciare all’abito che indossa ed al suo continuare gli studi religiosi, in quanto, secondo il loro modo di vedere le cose, nella “nuova” Italia, un prete in meno farebbe sempre comodo. Ma Rolando resiste, si rifiuta di rinunciare all’abito che sente suo, in quanto (amava ripetere) “la veste è il segno che io sono di Gesù”. Questo suo attaccamento lo farà divenire vittima di atroci violenze che si concludono tragicamente tre giorni dopo. Il resconto del rapimento è agghiacciante e non adatto alle persone maggiormente sensibili in quanto è esso un concentrato di violenza e cattiveria allo stato puro, ma è giusto ricordare il tutto, affinchè si sottolinei la forza d’animo e di fede di una giovane vittima di chi ha sì liberato l’Italia, ma che molte volte ha tradito le aspettative e la fiducia della popolazione seminando vittime e terrore in chi non voleva piegarsi alla loro logica. Rolando viene rapito il 10 Aprile 1945 nel boschetto in cui dopo la messa si recava per studiare. Viene notato da un gruppetto di partigiani che lo rapisce con l’intento di persuaderlo all’idea di diventare sacerdote così come spiegano in un biglietto lasciato ai genitori che preoccupati cominciano a temere il peggio. Il peggio avviene durante i 3 giorni successivi in cui la giovane vittima viene prima seviziata e, quando si nota in egli una fede ferrea, viene fatto marciare per ben 19 km. Alla fine di questo calvario, gli viene intimato di scavarsi il fosso con le proprie manine ed è proprio che, a bordo dello stesso, ormai spogliato con forza della sua talare che gli viene letteralmente strappata di dosso, con le mani giunte, pregando per i propri genitori, viene barbaramente ucciso con due colpi di pistola. Il corpo verrà ritrovato (con tutti i segni delle violenze subite) il giorno dopo dai genitori grazie alla mediazione del parroco che riesce a farsi dire da alcuni partigiani, probabilmente dallo stesso autore del delitto, dove il ragazzo è ormai sepolto. Rolando Rivi è stato prima riconosciuto martire e successivamente beatificato il 5 Ottobre 2013. le reliquie verranno poste sotto la mensa dell’altare centrale, nella Pieve di San Valentino. Per ulteriori info utili si consiglia il sito internet http://www.rolandorivi.eu/.

BEATO ROLANDO RIVI: giovanissimo martire della violenza partigiana


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di Carmen Ieracitano

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ominciava tutto cinque mesi fa, nel freddo cuore di Novembre. Un opificio in disuso in contrada Palmara, in quel di Cinquefrondi, veniva riaperto a nuova vita dalla buona volontà del gruppo di Rinascita per Cinquefrondi, avvezzo e mai refrattario a pale e badili come strumenti reali di costruzione del futuro. E a forza di pale, badili, tanti altri strumenti e tanto impegno, come testimoniano le numerose foto nel percorso d’ingresso, il 31 Marzo alla fine il vecchio opificio ha aperto i battenti al pubblico con il nome di “Frantoio delle Idee” e una nuova funzione sociale: aggregare e poi, insieme, dare spazio alla cultura e libero sfogo alla creatività. Di tutti, libera. Come ha inteso sottolineare il presidente di Rinascita, Michele Conia, che alla cerimonia di inaugurazione sceglie di “fare adesso un passo indietro, per depoliticizzare un bene che deve essere comune e privo di etichette di qualsiasi tipo”. “Il Frantoio delle Idee” sceglie invece di affiliarsi all’ARCI, la nota associazione presente su tutto il territorio nazionale che raggruppa diverse realtà dai fini culturali, rappresentata al dibattito inaugurativo dal Presidente Davide Grilletto, e l’invito al tesseramento, agevolato per studenti, precari e disoccupati, è vivamente caldeggiato da Totò De Mujà come unico strumento per tenere in vita il “Frantoio”, nell’annunciata intenzione di non chiedere fondi pubblici per le attività ad esso connesse. Fondi pubblici no, ma sì alla collaborazione con Banca Etica, nota per le condizioni vantaggiose e l’attenzione particolare che riserva al mondo dell’associazionismo, in questo frangente rappresentata e illustrata da Simona Spagna. E ancora interventi di Filippo Andreacchio dell’associazione taurianovese Mammalucco Onlus e di Alberto Conia, quello conclusivo, che ha illustrato con dovizia di particolari tutto il percorso fatto fino ad oggi per giungere alla realizzazione del progetto. Un intermezzo ricreativo, dedicato soprattutto ai bambini, a cura di Angelo Aiello e dei suoi burattini non privi, nel loro breve show, di spunti morali su cui far riflettere anche gli adulti, soprattutto a carico della cultura della legalità e con particolare riferimento alla tematica ambientale, quanto mai attuale in questo momento, in particolare per chi vive nei dintorni della galleria della Limina, oggi, come ben si sa, purtroppo nell’occhio del ciclone a causa del ritrovamento di rifiuti pericolosi sotterrati illegalmente nell’area. Un preludio, in realtà, a quella che sarà la

Il frantoio delle idee laboratorio di creatività

Nelle foto: momenti delle manifestazioni al "Frantoio delle Idee".

prima iniziativa educativo-creativa che per tutto il mese di Aprile vedrà il “Frantoio delle Idee” in pieno fermento: un laboratorio, curato dallo stesso Aiello, dal fantasioso nome di “Imballagini di Pinocchio”, che prendendo spunto dal burattino più famoso del mondo, aiuterà i bambini a realizzare con materiali di riciclaggio i personaggi da mandare poi in scena. In programma anche una serie di rappresentazioni teatrali, per bambini e adulti, dal 13 Aprile al 24 Maggio. Ad aprirla, proprio la sera stessa dell’inaugurazione, dopo la cena sociale seguita al dibattito, lo spettacolo “1861La brutale verità”, tratto dal libro di Michele Carilli, con Lorenzo Pratticò e Mimmo Martino e musicato dai Mattanza.


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Nella popolare trasmissione di 8 Video Calabria

Oppido regina di "si ggiri cu mmia" di Francesca Carpinelli

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l titolo di regina dell’edizione 20132014 della popolare trasmissione di 8 Video Calabria “Si giri ccu mia”, Oppido Mamertina l’ha conquistato sul campo. O per meglio dire sul noto social network facebook, con i 1514 “mi piace” degli internauti. Una “standing ovation” sorprendente che ha sovvertito qualsiasi pronostico e che ha regalato il gradino più alto del podio alla città pianigiana di Oppido Mamertina che è riuscita a strappare la leadership alla ben più quotata città cosentina di Maierà che, con 472 voti, si è piazzata in seconda posizione seguita da un’altra “rivelazione” della Piana, la città di

Seminara che ha raggiunto la soglia delle 432 preferenze. Sul web, la sedicesima puntata della nona stagione del famoso programma, condotto dal simpaticissimo Paolo Marra, ha

stravinto. E se su questa bellissima realtà alle falde dell’Aspromonte si sono accesi i riflettori, il merito è delle associazioni -“Amici del Covo del Presepe del Rione Tuba” capitanata da Francesco Lamonaca e “Amici della Cattedrale”, capeggiata da Vincenzo Vorluni- che hanno saputo coniugare i saperi e i sapori della di Calabria creando il binomio perfetto tra gli antichi mestieri e i piaceri della tavola. Infatti, nella finalissima registrata l’8 Marzo, all’ombra della maestosa Cattedrale, le tipicità artigianali e gastronomiche hanno fatto da padrone. Fulgidi esempi dell’estro creativo degli artisti locali sono stati: i lavori in ferro del “forgiaru” Mimmo Tassone, i sapienti intrecci del “cannistraru” Fedele Accurso, gli evocativi “carici” di Pasquale Scarcella e le opere d’arte in bergamotto di Mosè Diretto. Mentre le protagoniste del banchetto sono state: la gustosa ricotta du “massaru” Vincenzo Camera, le specialità di pane preparate dai “furnari” Nino Ranieri, Vincenzo Monteleone e Pasquale Mazzù, gli squisiti rustici di Grazio Schimizzi e i dolci prelibati preparati dalle socie del C.I.F. guidato da Franca Mammoliti. E non poteva mancare di certo la musica. Nelle foto: Dalle marce bandi- vari momenti della Kermesse televisiva "Si Giri cu mmia". stiche della Banda Municipale “Francesco Cilea” e dell’Orchestra Giovanile di Fiati Mamertina “Giuseppe Rechichi” dirette da Stefano Calderone al tradizionale ballo dei giganti, dall’intramontabile tarantella suonata da Doriano Ventrice, Francesco Mazzeo, Nino Sciarrone e Giuseppe Mammone al celebre canto dialettale “E dammi u cori” interpretato da Mimmo Lamonaca e Salvatore Rugolo con l’accompagnamento musicale di Doriano Ventrice. E non potevano mancare nemmeno la verve e il “savoir faire” del mitico conduttore Paolo Marra che, dopo l’arrivo in piazza su una macchinina d’epoca guidata da Eugenio Schimizzi e costruita 60 anni fa dal padre Orazio, ha dato vita alle comiche gag con il barbiere Doriano Ventrice e con il cliente Francesco Lamonaca. Un plauso particolare è venuto dal Vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi Monsignor Francesco Milito che ha sottolineato che “le abilità artistiche sono rarità preziose delle risorse e dell’ingegno”. A fargli eco, anche il sindaco Bruno Barillaro che ha posto l’accento “sul valore aggregativo dell’evento” e l’assessore provinciale Domenico Giannetta che ha definito “la tradizione, il volano per lo sviluppo del territorio.” Alla finalissima in piazza hanno partecipato anche i rappresentati di alcuni paesi partecipanti alla nona edizione del programma. La serata si è conclusa con il canto mariano “Bonasira” con le note suonate dall’Orchestra dell’Abbazia e con gli spettacolari fuochi pirotecnici nel cielo di Oppido Mamertina.


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La festa dell’Annunziata a Oppido

Solennità fra storia e fede di Francesca Carpinelli

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a storia di fede di Oppido Mamertina trova linfa vitale nel culto a Maria Santissima Annunziata, augusta patrona della città e della Diocesi di Oppido-Palmi. Anche quest’anno, il popolo ha partecipato numeroso e commosso all’appuntamento religioso del 25 Marzo e si è radunato nella Cattedrale-Santuario “Maria Santissima Annunziata” di Oppido Mamertina per assistere alla celebrazione eucaristica della solennità dell’Annunciazione. La cerimonia religiosa, presieduta dal vescovo della Diocesi di OppidoPalmi Monsignor Francesco Milito e animata dal Coro Polifonico “Maria Santissima Annunziata” diretto dal maestro Domenica Verduci, è stato segnato da due momenti particolarmente significativi. Il primo, all’offertorio, con l’inizio della tradizione dell’offerta della lampada trifiamma che arderà perennemente sulla Mensa dell’Altare dell’Annunziata quasi come permanente veglia di preghiera che, a turno, i nostri paesi vogliono vivere dinanzi alla Madre di Dio e della Chiesa. Il secondo, alla fine della Santa Messa, con lo scoprimento di due lapidi commemorative relative all’erezione del Santuario in Cattedrale e al gemellaggio con la Basilica dell’Annunciazione di Nazareth. E proprio al legame spirituale instauratosi con la terra della cristianità, Monsignor Milito ha fatto preciso riferimento nel corso della sua toccante omelia. “Da oggi Nazareth è anche qui: Tu, in questa casa, Madre delle nostre Chiese; Noi nella tua Casa, Madre di tutte le Chiese. Permettici di trovarvi stabile, indisturbata dimora – ha affermato il pastore della Diocesi di Oppido-Palmi Monsignor Francesco Milito – per gustare negli anni gli inestimabili messaggi che solo il silenzio in preghiera riesce a percepire nel soffio lieve dello Spirito e il tepore di un cuore in ascolto.” Al termine della funzione religiosa, i portatori hanno preso in spalla la Madonna e


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Le foto del servizio sono di Giuseppe Daniele.

l’hanno portata per le vie del paese, seguendo il tipico itinerario della festa di Marzo, al ritmo della musica della Banda Municipale “Francesco Cilea” diretta dal maestro Stefano Calderone. L’orante corteo, formato dal clero, dai fedeli e da una parata di autorità civili e militari, ha meditato sui misteri del Santo Rosario, chiedendo, nel silenzio del proprio cuore, l’intercessione della Vergine Annunziata per ottenere grazie e favori celesti. Al rientro nella Cattedrale-Santuario, Sua Eccellenza Francesco Milito ha rivolto un saluto speciale ai portatori e a tutti i presenti e ha voluto salutare la Madonna con la recita dell’Ave Maria. Il gruppo scultoreo, realizzato dall’artista napoletano Arcangelo Testa, emblema della pietà popolare oppidese, è stato esposto alla venerazione dei fedeli fino al 30 Marzo. I tanti devoti di Maria Santissima Annunziata hanno così avuto la possibilità di vivere una settimana all’insegna della spiritualità, pregando dinanzi al simulacro della Vergine e affidandosi alla sua materna protezione. La sacra effigie della patrona di Oppido Mamertina e dell’intera Diocesi ha fatto ritorno nella sua Cappella e da lì continuerà a vegliare sul suo popolo, un popolo in cammino che fa della sua devozione a Maria Santissima Annunziata, il punto di forza della sua antica e bellissima storia religiosa.

*#* CUSTODIA DI TERRA SANTA Convento della Ssma. Annunziata

“Eccomi, sono la serva del Signore”

P.O.B. 23 -1 6 1 0 0 NAZARETH - ISRAEL Tel.: 0 4 /6 5 7 .2 5 .0 1 - Fax: 04 / 646 .67.50

avvenga di me secondo la sua parola —Le 1,38

Website: basilicanazareth<8>org; www.basilicanazareth@gmail.com

Oggi, 5 novembre 2013 Il Santuario Maria Ss.ma d’Annunciata - Cattedrale di Oppido Mamertina, città di Oppido Mamertina (Reggio Calabria) eia Basilica dell’Annunciazione di Nazareth

si uniscono in gemellaggio per consolidare la conoscenza e l’amicizia reciproca delle proprie comunità. Il riconoscimento di tradizioni culturali simili evidenzia un cammino di ascolto attento al volere di Dio. Similmente la Sacra grotta di Nazareth, schiudendoci i tesori dell’umiltà e della santità di Maria, ci porta a contemplare la fedeltà di Dio all’umanità e il dono di Gesù suo Figlio per la nostra salvezza. La maternità di Maria, che come Madre del Signore tutti ci comprende, ci guida ancora e sempre all’ascolto della Parola di Dio. “Fate quello che vi dirà”. Il gemellaggio tra il Santuario - Cattedrale di Oppido Mamertina e Nazareth è un gesto di comunione che intende stabilire un vincolo di fraternità fra quanti vogliono conformarsi all’esempio della Santa Famiglia di Nazareth al fine di costruire una Città degli Uomini dove la serenità dei rapporti, la convivialità delle differenze, l’amore vicendevole, costruiscano un mondo giusto, aperto a ricevere, nell’operosità e nella speranza, il dono della Pace. Dato a Nazareth, il 5 novembre 2013

Ecc.za Mons. Francesco Milito Vescovo di Oppido Mammertina - Palmi

Fr. Bruno Varriano, OFM Guardiano e rettore della Basilica dell’Annunciazione - Nazareth

Nazareth, .0 Sj. ( . { ................ Io, Fr. Bruno Varriano, OFM. Rettore del Santuario della Ssma Annunziata, ATTESTO che questa pietra è originale, e che appartiene alla Grotta dell’Annunciazione, dove il Verbo di Dio si fece carne nel seno purissimo della Beata Vergine Maria e per opera dello Spirito Santo. In fede di Kja-rv^Ch^o. Of-A(

Fr. Bruno Varriano, ofm. Guardiano


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L’associazione “Il Faro”: promuovere cultura alla luce del Vangelo di Ilenia Marrara

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a fede in Gesù Cristo non può essere una questione intimistica, un fatto privato e uno slancio del cuore che ci allontana dalla realtà, come se il credere e il vivere non andassero di pari passo, ma bisogna avere la consapevolezza che essi sono l’uno il motore dell’altro, in quanto non si può testimoniare ciò che non si crede, e non si può credere ciò che non si vive concretamente. La fede è vita vissuta, testimonianza, annuncio al mondo e ai fratelli che Cristo è risorto, ci ama infinitamente e vuole il nostro bene al di sopra di tutto. La fede non può esistere senza carità, perché non c’è fede senza coerenza di vita, non si può dire di credere in Dio se concretamente non si è riflessi seppur pallidi della sua luce e del suo amore nel Da sinistra: Mons. Benigno Papa, Mons. Francesco Milito e Don Giancarlo Musicò. mondo. A conclusione dell’Anno della Fede, la nostra Diocesi di Oppido-Palmi, ha dato il via all’Anno della Carità, inaugurato razione con il Vicario Episcopale per la con il Convegno Pastorale tenutosi dal 4 al 5 Ottobre 2013, nella prospettiva della Nuo- Cultura Don Alfonso Franco, e con il Reva Evangelizzazione, rendendo più che mai palese la strettissima connessione tra le tre sponsabile Diocesano dell’Ufficio Scuola, virtù teologali, che non possono esistere se non simbioticamente e conseguenzialmente. Don Emanuele Leuzzi; occuperà uno spaIl cristiano dei nostri tempi, per essere credibile, deve testimoniare con la sua condotta di zio con una pagina web sul sito ufficiale vita e quindi con le sue opere che a nulla serve la fede se non è accompagnata dalla carità della Diocesi contraddistinto da un Logo evangelica. Partendo da queste premesse, il 18 Novembre 2013, ha iniziato ad operare Il suo proprio; ed inoltre avrà sede presso la Centro Culturale Cattolico “IL FARO”, per iniziativa del Vescovo, che ha individuato Casa del Laicato in Gioia Tauro. Cultunella persona di Don Giancarlo Musicò, il carisma adatto a rivestirne il ruolo di direttore. ra, evangelizzazione, carità intellettuale e Il Centro, che come tutti i centri culturali italiani, è seguito dal Pontificio Consiglio per amore per la bellezza, le parole d’ordine la Cultura e sostenuto dal Progetto culturale della Chiesa Italiana, si configura come del Centro Culturale Diocesano che opecentro propulsore della cultura diocesana, e punto di riferimento e di convergenza dei rando a pieno ritmo darà certamente frutti vari enti culturali, in primis l’U.C.A.I. che accoglie al suo interno le diverse realtà degli copiosi e farà luce su un mondo che troppo artisti nelle loro diverse espressioni e specialità “IL FARO” sarà quell’organismo che, spesso mette da parte la fede e la cultura, veicolando la buona cultura, diventerà polo di attrazione attorno al quale ruoteranno le in nome di idolatrie come il successo, il diverse associazioni culturali della nostra Diocesi. Il Centro opererà in stretta collabo- denaro e l’individualismo.


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Il trionfo della vita sulla morte

I riti della “Settimana Santa” in Calabria di Anna Rotundo

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i può narrare la piega più riposta dell’anima dei calabresi attraverso i riti della “Settimana Santa”? In quel “farsi del sacro”, che è, come scriveva Rudolf Otto, “mistero tremendo e fascinoso”? Non solo si può, ma se ne scopre la profondità e la bellezza, allorché si vedono confluire in questi riti tutte le categorie antropologiche, Tant’è che negli scorsi anni i riti della “Settimana Santa” sono stati oggetto di attenzione sempre maggiore da parte di studiosi di antropologia, etnografi, etnomusicologi, fotografi e anche da parte delle comunità locali. Organizzati da confraternite e congregazioni laiche, queste ritualità teatralizzano i cicli della morte-rinascita presenti, fin dall’antichità, in tutte le civiltà agricole, dove, nel culto alla Dea Madre-Terra che governa la vita e l’agricoltura, il seme è sepolto, ma poi rinasce come spiga e come grano. Le società, quindi, attraverso queste forme rituali, mettono in scena il loro desiderio di sopravvivere, di confrontarsi con la morte, superandola nel nome della vita. Se i riti di passione e di resurrezione rischiano di essere ridotti, dagli osservatori distratti, a colore, a folklorismo deteriore, a luoghi di esibizione e di “passerella”, studiandoli criticamente si scopre che costituiscono memoria storica e sono mezzo per concentrare la propria identità e recuperarla criticamente. E attorno ai riti della “Settimana Santa”, tendono a ricomporsi i lutti della comunità, per edificare il sentimento del dolore, la manifestazione del cordoglio, la partecipazione al lutto, la rappresentazione della morte. La popolazione esorcizza le forze malefiche presenti nel suo vivere quotidiano e, rinnovata e purificata, ritrova la gioia della vita che non muore, in un anelito collettivo di felicità e di riscatto umano e territoriale. A Soriano Calabro, i riti paraliturgici del triduo pasquale, che coincidono con l’apogeo del Santuario domenicano, esprimono la rinascita dopo il cataclisma del 1783, evidente il rapporto con le rovine che storici e viaggiatori hanno ribattezzato “le magnifiche rovine”, per la loro bellezza e per la suggestione che riescono a suscitare e che ancora oggi, sono una evidente allegoria della risurrezione. Di particolare interesse antropologico è il rito “L’affruntata” (incontro, in calabrese): una rappresentazione religiosa che si tiene nei comuni delle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e nella provincia di Catanzaro, dove è conosciuta anche con il nome di “Cunfrunta”, nel periodo di Pasqua. È di carattere prettamente popolare,

con origini pagane: la manifestazione si svolge per le strade e nelle piazze dei comuni, dove tre statue (raffiguranti Maria Addolorata, Gesù e san Giovanni vengono trasportate a spalla, da quattro portatori per statua, per simboleggiare l’incontro dopo la resurrezione di Cristo. La statua di san Giovanni fa la spola tra le altre due per tre o cinque volte (il numero dei passaggi varia da paese a paese) avanti e indietro, con passo sempre più veloce, come messaggero della resurrezione di Cristo. All’ultimo passaggio si incontrano correndo davanti a Gesù san Giovanni da una parte e L’Addolorata dall’altra. All’incontro il velo nero del lutto viene tolto dalla statua di Maria, la cosiddetta “sbilata”, lasciando visibile un vestito di festa. Nella morte di Gesù è adombrata la morte del potere maschile. E nell’emergere dell’abito festoso della Madonna c’è l’ermeneutica tutta femminile e non-violenta di un nuovo modo di vivere e di una diversa società, fondata sui valori femminili dell’accoglienza, della tenerezza, dell’ascolto, del prendersi cura degli altri. Perché nel mutare gli abiti di lutto in quelli di letizia, c’è il viaggio negli inferi della violenza e della morte che approda all’alba della creatività e della vita, laddove la “Mater Dolorosa” scuote da sé il mantello nero dei contenitori di morte, dei sepolcri del male e delle tombe di violenza. E fa festa coi suoi figli, adornata con gli abiti splendenti della “Madre Gloriosa”. Diverse le simbologie che caratterizzano i cerimoniali calabresi. Le processioni del venerdì santo sono costruite generalmente su un percorso ellittico per le strade dei paesi: i cortei partono dalla chiesa principale e tornano laddove sono partiti in una circolarità professionale che riproduce, nel suo modello, un antichissimo archetipo cosmogonico perché il moto circolare è quello più perfetto ed è eterno, come il moto delle sfere celesti. A Laino Borgo si svolge “La Giudaica”: rappresentazione della passione e morte di Cristo cui partecipano ben 150 attori. A Nocera Torinese si perpetua da secoli il rito dei “Vattienti”, con profondo trasporto emotivo e finalità espiatoria e purificatrice. A Cassano si snoda dalla Cattedrale per le vie del paese la suggestiva processione delle “Varet-

te”. Anche ad Amantea e a Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, si svolge la processione delle “Varette” e dei “Misteri”. Ed ancora ricordiamo le coinvolgenti processioni di Girifalco e Caulonia dove si svolge il “Caracollo”, nome che deriva dall’arabo “Karkhara” e significa “girare la processione “. Ricordiamo i “Misteri” di Polistena; le usanze pasquali albanesi. A Catanzaro la processione “La Naca” affonda le sue radici nel periodo della dominazione spagnola, ma sicuramente si rifà alle sacre rappresentazioni medioevali. Il termine dialettale Naca viene dal greco (nachè) e significa Culla, in pratica è la portantina dove Gesù è deposto. La Naca è ornata di damasco raso e seta, di fiori, lumi ed angioletti di cartapesta, uno dei quali porta i simboli della Passione: il calice, i chiodi ed il martello. Questa veniva portata a spalla dai rappresentati delle corporazioni dei mestieri, per molto tempo, infatti, ebbero questo privilegio i calzolai, i contadini e gli artigiani. Oggi, invece, la Naca viene portata dai rappresentati delle forze dell’ordine, nell’ultimo periodo i Vigili Del Fuoco. L’andamento dei portatori dev’essere leggermente “annacante” (dondolante). Alla “Culla” segue la Madonna Addolorata, vestita con un abito nero e rappresentata con un cuore trafitto da sette spade. Questi sono i sette dolori della Vergine e Madre di Cristo. La processione viene realizzata dalle confraternite e dalle cappelle delle arti e dei mestieri. Anche nei piatti tipici della Pasqua si rintracciano elementi legati al culto della fecondità: simbolo di rinascita, di nucleo vitale sono le uova sempre in numero dispari, con cui si adornano i tortini di pane pasquali, i pani rituali antropomorfi e gli altri cibi pasquali. Vivere i riti della “Settimana Santa” significa vivere la Pasqua come momento culminante di rinascita catartica respirando finalmente un anelito di felicità e di riscatto umano e territoriale.


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di Associazione BCC Young Cittanova

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egli ultimi anni, il riciclaggio di denaro sporco ed il reinvestimento dei proventi derivanti da attività illecite si sono sviluppati in modo considerevole e preoccupante, sia a livello nazionale che internazionale. Per capire a pieno il fenomeno, non possiamo non approfondire il reato nella sua natura e configurazione. Più comunemente, il riciclaggio, viene definito «lavaggio di denaro sporco» e consiste in quell’attività (o insieme di attività) volte a nascondere, occultare o comunque ostacolare l’accertamento circa l’origine illecita delle risorse finanziarie o patrimoniali utilizzate in un’operazione finanziaria, ovvero, economica. Si vuole, cioè, da parte del soggetto che detiene beni o denaro frutto di reato, immetterli sul mercato attraverso operazioni, negozi giuridici ed attività perfettamente lecite, consentite dall’ordinamento, quanto più possibile “tipiche”. Naturalmente, è la criminalità organizzata a svolgere un ruolo preponderante nella configurazione di tale reato, soprattutto sul nostro territorio attanagliato da tale piaga. Un'importante azione contro il riciclaggio è stata svolta dall'Unione europea, da ultimo con la direttiva 2005/60/CE tradotta nel nostro Paese nel decreto legislativo 231/2007. Tale norma, oltre ad importanti aspetti definitori, conferma come strumento essenziale nella lotta al riciclaggio la tendenza a limitare l'uso del contante, aumentando il numero dei soggetti obbligati ad adempimenti e comunicazioni alle autorità in caso di operazioni sospette. In particolare, tra gli altri, sono le banche ad essere maggiormente utilizzate quale canale per “il lavaggio” del denaro sporco e per questo, appunto, gravate da una serie di obblighi imposti per la lotta al riciclaggio. Ma vediamo più nello specifico a cosa andiamo incontro in quanto soggetti (clienti) che ogni giorno abbiamo a che fare con gli istituti di credito? La Banca d’Italia impone agli istituti di credito di effettuare una adeguata verifica della clientela. In particolare, la verifica consiste nelle seguenti attività: • identificazione del cliente e dell’eventuale esecutore; • identificazione dell'eventuale titolare effettivo; • verifica dell’identità del cliente, dell’eventuale esecutore e dell’eventuale titolare effettivo sulla base di

Riciclaggio, nuovi obblighi e adempimenti per contrastarlo documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente; • acquisizione di informazioni sullo scopo e sulla natura prevista del rapporto continuativo e, quando rilevi secondo un approccio basato sul rischio, dell’operazione occasionale; • esercizio di un controllo costante nel corso del rapporto continuativo; nonché una verifica “rafforzata” nel caso in cui sussista un elevato rischio di riciclaggio e/o di finanziamento del terrorismo, che consiste nell’adozione di misure caratterizzate da maggiore profondità, estensione e frequenza, nelle diverse aree dell’adeguata verifica. La BCC, riesce a contraddistinguersi per efficienza anche attraverso la lotta a tale fenomeno. Gli operatori agli sportelli, in prima battuta, nonché tutti gli altri operatori del settore, si trovano quotidianamente ad adempiere a tali obblighi con tutto ciò che questo comporta. Molto spesso il cliente, soprattutto quello abituale, non riesce ad aver ben chiara la ragione sottesa alle richieste – di frequente quella fondamentale dell’esibizione di un documento – per l’identificazione nonché conseguente verifica del rapporto al fine di adempiere agli obblighi indispensabili per la lotta al Riciclaggio, senza che ciò venga ad essere interpretato come una “questione personale” verso il cliente stesso. Quello che è bene sapere è che nel nostro piccolo, collaborando con gli istituti di credito e nelle varie sedi della BCC, ben insediata ormai sul vasto territorio della nostra Piana, riusciamo a contribuire ad una grandissima opera di pulizia che non può che aiutare tutto il territorio a livello non solo locale ma anche nazionale e internazionale. Ci piacerebbe chiudere ricordando un grande Uomo che ci insegna questo: “Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere.” (Giovanni Falcone)


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Una narrativa sospesa in una realtà senza tempo a cavallo fra un ottocento postunitario, sonnolento e decadente e un novecento umbertino e libertino

“Giannuzza a Marinota”

Una felice intuizione neoverista della scrittrice calabrese Caterina Sorbara di Luigi Mamone

Giannuzza a Marinota”, della scrittrice calabrese Caterina Sorbara, è una piccola perla preziosa – letterariamente frutto di una sensibilità assai spiccata e di una ricerca psicologica che ha portato l’autrice, a ripercorrere, la vita avventurosa di una pescivendola, con uno stile per certi versi intriso di echi veristi, che paiono rimandare alla letteratura di Verga e di Capuana e per altri alle più enigmatiche suggestioni della più pregnante narrativa di Garcìa Marquez. Sono però pagine che al di la della vicenda umana dicono di un meridione che più che entità geografica diviene entità sociale pulsante di passioni e di mutamenti sullo sfondo di una realtà senza tempo, in un relativismo temporale con il quale l’autrice ama giocare e che le consentono di articolare il proprio narrato con apparenti commistioni spazio temporali a cavallo fra un ottocento postunitario, sonnolento e decadente e un novecento umbertino e libertino. Sullo sfondo il fumo dei piroscafi e il dramma dell’emigrazione italiana e delle vedove bianche, lasciate – come Giannuzza – senza un arrivederci da uomini che nel nuovo mondo talvolta videro solo il miraggio di un Puerto Escondido dentro il quale lasciarsi alle spalle tutto: Ansie, ubbie, famiglie, mogli e figli. Affetti abbandonati che poi subiscono il tarlo della solitudine, l’onta dei pregiudizi, il peso della prevenzione e la necessità di sopravvivere comunque, fra i tanti lezzi di una società codina, anodina, arida ma ciononostante vorticosamente viva e in costante divenire. In questo scenario, Caterina Sorbara, con rara maestria, disegna la vicenda di questa donna arcigna, altera misteriosa e solitaria, comunque affascinante: Giannuzza. Venditrice di pesce porta a porta con il suo ampio canestro di

vimini intrecciati e la voce ora squillante, ora stridula nell’idioma dialettale. E non bisogna andare lontano con la memoria – noi gente della Piana del Tauro – che fino a pochi anni fa le pescivendole come Giannuzza le vedevamo e le sentivamo quando gridavano a squarciagola: “Alìci, alìci belle, nnannàta (neonata Ndr), sardi (sarde) e cristardèlli”. “I pisci, i pisci du mari marùsu” (del mare maroso – ovvero – dalle lunghe onde) U Piscispata (il pescespada). Erano le voci di Mela, di Rosa di Caterina di Libèràta e di tante altre donne, colleghe di Giannuzza che però, diversamente da lei non vissero in gioventù – come l’autrice racconta – la fiaba di una vita diversa – alla corte di una gentildonna e il sogno di un amore: il primo, puro casto, passionale fatto di sogni costruiti all’imbrunire fra le ginestre e il profumo dei fiori del giardino del grande palazzo nobiliare nel quale aveva avuto il privilegio di essere ammessa e che era così diverso dalla modesta capanna alla marina, Immagine d'epoca di una venditrice di pesce. a ridosso della spiaggia, odorante di salmastro e di pesce, esposta al vento presente e incombente a ricordare che la vita e ai flutti. E poco importa se il grande amore, fosse un forestiero: lo chaffeur – oggi forse venne dal mare e che il mare – specie diremmo l’autista – del signorotto. Ecco che per i pescatori– è vita e morte; è essenza ed l’atmosfera dichiaratamente verghiana di case anima; è tutto e niente ma è: esiste, incombe che ricordano Acitrezza e di vinti che ricordano e attrae. E così alla fine Giannuzza ritorna alla i Malavoglia muta di epoca e di prospettiva e marina. Alla capanna della sua fanciullezza, al assume luminescenze e vedute amplissime che dolore dei ricordi troppo dolci e dolorosi e brusembrano avvolgere e affabulare quasi come cianti della sua gioventù e riprende – o forse nelle atmosfere di un quadro del Canaletto o inizia – sopravvissuta ai sogni di una gioventù di un affresco ottocentesco fatto di vedute lu- appassita troppo in fretta – a vendere il pesce minose il lettore, che si cala nella realtà di una nei paesi. Pescivendola “marinota”. Con la sua Napoli umbertina, di piroscafi che salpano e enorme dignità con il peso dell’alone di misteche incarnano il sogno di chi parte e l’incubo ro legato a quel mazzo di carte con le quali ha di chi resta e poi, dopo l’abbandono da parte imparato a leggere il futuro e che la rendono del marito partito senza un addio, nuovamente personaggio a tratti ieratico, a tratti inquietanil sogno e una prospettiva ottocentesca di suore te, a tratti affascinante. Simile al Melquiadès e di conventi, di ancelle e di orfanelle ancora che tanto peso ebbe nella disgregante vicenda a lottare a credere a sperare a sognare: anco- dei Buendìa di Marques. Nella storia di Gianra una volta la tenacia è premiata Giannuzza nuzza, si legge l’anima stessa del sud. Di un sud troppe volte tradito e troppe volte ammessa a corte vive la magia di un amore, fiabesco e impossibile, con un principe – che costretto a ritornare alla marina, senza sogni e pur l’ama appassionatamente ma che alla fine è senza speranze. Giannuzza stessa è la parafrasi di un Sud vinto ma non sconfitto. Un Sud che incapace di ribellarsi alla ragion di stato. Ancora dolore, ancora dispiacere per Gian- ha la sua dignità. E che non si vende. In questo, nuzza – incinta di una creatura – che trova con- Caterina Sorbara – è chiarissima: il suo è un forto nel convento dove impara – strano per un messaggio sociale di prepotente attualità è di luogo di preghiera e di meditazione – a leg- grande dignità. Bisognerebbe pertanto regalagere il futuro dalle carte a ciò istruita da altra re il suo libro– ai politici calabresi, molti dei compagna di sventura nel silenzio delle notti di quali oggi hanno smarrito proprio il concetto luna a scrutare raggi di luce notturna e forse il della dignità: quella dignità fatta di povertà e luccichio della spuma dei piroscafi su un mare di orgoglio che rende Giannuzza personaggio che anche se non si vede o non viene evocato vivo, reale vicino e vero. Più di quanto queste nel racconto è come se ci fosse e fosse sempre modeste righe riescano a dire.


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San Giorgio Morgeto:

l’Associazione Pro Loco “Morgetia” porta il sorriso nelle scuole I colori e il calore del carnevale a far il paio con la genuina innocenza degli alunni

di Girolamo Agostino

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inita l’estate, fra i ragazzi torna il malumore. Il solo pensiero della sveglia nel presto del mattino si presenta alla mente come un incubo destinato a durare per un bel po’ di tempo ma, piano piano, a malincuore ci si abitua ai noiosi giorni di scuola, interminabili specie nel periodo autunnale. Poi lentamente cominciano a capire l’importanza dell’istruzione e, come giovani lavoratori, si immergono nello studio e si recano volentieri a scuola portando giornalmente con loro i pesanti zaini pieni di libri. A scuola si va volentieri perché si socializza con i compagni, si gioca e tante volte ci si innamora ma a scuola si lavora perché l’impegno nello studio è il vero lavoro giovanile e a scuola si fa sport, musica, piscina e tante altre attività che nelle ore pomeridiane impegnano tantissimo anche i genitori. Intanto il tempo passa e neutralizzando le fatiche scorre in fretta. Arrivano le feste del Natale e nel pieno dell’inverno ci sono circa due settimane di ferie, passati quei giorni il lavoro scolastico riprende col ritmo di prima. A San Giorgio Morgeto, il borgo aspro montano, la vita scorre monotona, e per i ragazzi specie nel periodo invernale non ci sono attività ricreative e di svago ma, quest’anno, in occasione delle giornate del carnevale, «l’Associazione Pro Loco Morgetia» ha voluto organizzare un momento di festa e di aggregazione per portare il sorriso nelle scuole e l’evento è stato molto apprezzato dai ragazzi che hanno partecipato numerosi in costumi di carnevale. Erano circa le 15,00 di giovedì 27 Febbraio e come un’invasione improvvisa, la grande platea della palestra dell’Istituto Comprensivo “F. Florimo” di Via Melia si riempiva di innumerevoli colori che, quasi simultaneamente, si muovevano nel grande spazio: erano i ragazzi delle scuole che come fedeli soldati rispondevano alla chiamata del divertimento pre-carnevalizio. Fra una miriade di costumi colorati si aggiravano clown, animatori, ragazzi e bambini con sul volto dipinti baffi come gatti o come “mafiusi” portando in testa

la tipica coppola storta; ballavano e si rincorrevano sopra un pavimento colorato e reso scivoloso dall’abbondante caduta di coriandoli e stelle filanti che al riflesso della luce penetrata dagli oblò del soffitto riflettevano come l’argento. Il disc jockey annunciava i titoli delle canzoni di divertimento ma nessuno lo ascoltava, tanto era il chiasso e la baraonda dei ragazzi, schiamazzavano allegramente e, mentre mangiavano pop-corn non si accorgevano di masticare pure coriandoli ma, quando notavano la differenza di gusto, sputavano all’improvviso anche addosso ai compagni vicini. C’erano le mamme con i

Un momento della manifestazione organizzata dalla Pro Loco "Morgetia".

«Un momento di solidarietà

voluto dalla Pro Loco "Morgetia"» bambini piccolini, i quali, ciucciavano il biberon e guardavano lo spettacolo con intenso sbigottimento ma, a partecipare al divertimento c’erano pure alcuni degli insegnanti, tanti genitori e tanti degli organizzatori che si erano scatenati a giocare ed a ballare con i ragazzi in festa. Sfiniti dalla stanchezza, si vedevano alcuni bambini sedersi a terra come ubriachi ma, al veder passare una signora con un cesto pieno di pop-corn, si rialzavano per corrergli incontro come spinti da una forza soprannaturale ed anche i più timidi non si risparmiavano a rifornirsi abbondantemente. Il divertimento è durato a lungo ma, il tutto si è svolto sotto l’occhio vigile ed attento dei volontari dell’«Associazione Pro Loco Morgetia» e la manifestazione si è poi conclusa con grande entusiasmo dei partecipanti che hanno dimostrato grande apprezzamento per l’evento, soprattutto per i ragazzi sangiorgesi, i quali, hanno tanto bisogno di socializzare dal vivo poiché da diverso tempo trascurano usi e costumi restando attaccati davanti alla televisione o al computer. La comunità sangiorgese ed i genitori dei ragazzi che hanno partecipato alla serata ringraziano gli organizzatori per aver portato un momento di allegria fra le tante preoccupazioni della vita quotidiana.


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Un'antica tradizione che si tramanda a Molochio

I Virgineij i San Giuseppi di Francesco Di Masi

Nelle foto di varie epoche, momenti del pranzo solidale de i "Virgineij i San Giuseppi".

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’origine di questa popolare tradizione ha origini molto antiche, si pensa che risalga intorno al 1663/1667 e ad istituirla a Molochio sia stato il Parroco del tempo Mons. Giuseppe Palermo, divenuto Vescovo di Conversano ed in seguito Arcivescovo di Santa Severina, che fece costruire e dedicare a San Giuseppe una Chiesa, dotandola di beni sufficienti a mantenere dieci Cappellani che in essa vivevano ed operavano, privilegio soppresso in seguito all’avvento delle leggi emanate dal Governo Subalpino che introduceva la confisca dei beni ecclesiastici. Sempre distrutta dai vari terremoti e ricostruita con la partecipazione ed il contributo di tutto il popolo, dall’opera gratuita degli artigiani locali e dagli emigrati, è stata edificata sempre sullo stesso luogo. Tanta era la fede e il culto dei molochiesi per San Giuseppe, da farlo assurgere a patrono e protettore della città. Certamente è di quel periodo, ad opera di Don Palermo, la felice intuizione, in occasione della festa, d’istituire

la manifestazione de “i Virgineij i San Giuseppi”, che consisteva nell’organizzare, da parte delle famiglie che avevano ottenuto “Grazie” per intercessione di San Giuseppe, un pranzo preparato in famiglia per i bambini poveri e orfani del paese. Il menù, rispecchiava le condizioni e la parsimonia del tempo, che consisteva in pasta e ceci, zeppole e crespelle con all’interno pezzetti di stocco o baccalà o chi poteva permettersi qualcosa in più, direttamente stocco o baccalà fritto. In seguito, con l’evoluzione dei tempi, fu distribuita anche

una frutta. Andando avanti negli anni sono intervenuti dei cambiamenti, questa tradizione ha visto delle modifiche, oltre che per i bambini veniva estesa a tutta la popolazione che voleva partecipare. Un ricordo costante ed indelebile resta nella mia memoria per aver partecipato personalmente nella grande casa dei miei nonni materni a Molochio, negli anni '50 e a seguire, quando si servivano per l’occasione a porte aperte a chi ne volesse usufruire, pasti caldi della tradizione locale in questa fatidica ricorrenza, contribuendo a rendere più importante la festa con l’offerta e il trasporto della banda musicale per la processione del Santo Patrono. Con l’andare del tempo e per vari problemi di collaborazione, di cambio generazionale, di emigrazione e di altre vicissitudini che non stiamo qui ad elencare, questa tradizionale festa lentamente stava declinando, quasi a rasentarne la scomparsa. A dare nuovo impulso e nuova visibilità sono stati i Parroci di questi ultimi anni come Don Nino Larocca e Don Giovanni Battista Tillieci, animati e supportati dai tanti giovani, dalle associazioni e con il supporto dell’amministrazione locale, a non far cadere nel dimenticatoio una così antica tradizione ricca di memorie e di partecipazione sociale. Da circa un decennio con lo stesso spirito di aggregazione che aveva stimolato i loro antenati, le nuove leve organizzano, coadiuvati anche dai più anziani, in forma amichevole, prima sulla scalinata antistante la Chiesa di San Giuseppe con la partecipazione di tutta la popolazione e a seguire negli anni, in piazza, per motivi logistici e perché impediti dall’inizio dei lavori di ristrutturazione della Chiesa di San Giuseppe, ancora più grande e affiatata di prima, la manifestazione di sempre, dove tanta gente offre tutto quello che occorre sia in derrate alimentari (pasta, ceci, pane, salumi, formaggi, olive, arachidi etc..) sia dolci che bibite e offerte in denaro che provengono anche dall’estero da parte degli emigrati per una più solidale collaborazione, per tutta la popolazione e per tutti i forestieri che giungono per l’occasione. Quest’anno in particolare, la tradizionale manifestazione è stata accompagnata da un avvenimento storico per la comunità di Molochio, che ha intrapreso un percorso di fede atto a riscoprire, guidati dal Padre Provinciale Francesco Lanzillotta e coadiuvato da 20 frati francescani dell’Ordine dei Minori di Calabria, 2 suore e 5 ragazze della gioventù francescana, i valori cristiani. Una “missione popolare”, avviata e voluta, “nell’Anno della Carità” dal Parroco Don Giovanni Battista Tillieci sostenuta dal Consiglio Pastorale, aperta ufficialmente dal nostro Vescovo S.E. Mons. Francesco Milito il 6 Marzo e conclusasi Domenica 16 Marzo con una solenne Concelebrazione, che ha visto i missionari ospiti nelle case, per le strade, nei “centri di ascolto” allestiti in piazza per il popolo e per tutti i fedeli molochiesi, incontrare tanta gente e principalmente i malati sofferenti per offrire loro una parola di speranza e di solidarietà. Undici giorni di proficuo lavoro suonando i campanelli di ogni abitazione e portando una parola di conforto e di speranza, intercalati da momenti di intensa preghiera di gruppo, ponendosi all’ascolto delle preoccupazioni, delle difficoltà che la gente incontra e che si trova costretta ad affrontare nel quotidiano. Tema conduttore “Vogliamo vedere Gesù”, è stato lo slogan, la richiesta specifica e decisa che ha pervaso tutta la missione. «Mi auguro, dice Don Tillieci, che questa esperienza ci aiuti ad uscire da quel “circolo vizioso” e disfattista che non serve a nulla e a nessuno e ci faccia entrare nella logica del Signore, sentire il desiderio e la voglia di vedere Gesù e una volta incontrato, essere come i discepoli, attrattori del desiderio e accompagnatori nell’incontro con Gesù per lasciarsi coinvolgere nel “circuito virtuoso” di un amore libero e gratuito per tutti i fratelli». Con un momento di convivialità e di fraterna e sana partecipazione di tutta la popolazione, con il consumare insieme il pasto frugale di sempre in occasione dell’annuale festa de “i Virgineij ”, si è concluso in piazza, in concomitanza con la festa di San Giuseppe, questo percorso intenso e ricco di spiritualità.


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All'Archivio di Stato di Reggio Calabria di Luigi Mamone

Consegnate le pergamene UNESCO La Varia, patrimonio immateriale di una Calabria che guarda al futuro

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rande emola realizzazione della catalogazione e zione lo scordello studio scientifico della festa, inso 1 Marzo a dispensabile ai fini della qualificazione Reggio CaUNESCO. In rappresentanza del Milabria nella sede dell’Archinistero Beni Culturali e dell’UNESCO vio di stato per la cerimonia il Dott. Gianni Bonazzi ha evidenziato di consegna delle pergamene che la grande forza della tradizione imUNESCO che attestato il rimateriale della Varia è data dal popolo conoscimento della Varia di di Palmi e da tutti coloro che la fanno, Palmi, Patrimonio Immateriadi volta in volta, rivivere contribuenle dell’Umanità Insieme con do a mantenere intatti dei valori e a far la Dott.ssa Mirella Marra, dicontinuare nel tempo un percorso di rettore dell’Archivio al cui increscita etica. Alla cerimonia sono staterno è stata allestita una vera ti presenti fra i pubblico tutte le rappremostra che presenta la Varia sentanza che storicamente organizzano in tutti i suoi aspetti religiola Varia e mantengono intatti i valori Il Dott. Gianni Bonazzi (foto Free's Tanaka.Press). si folklorici e costruttivi, con della tradizione cittadina palmese. tutti i protagonisti della battaglia Unesco. È un onore per l’archivio di reggio ospitare tante personalità e ricevere nella nostra sede un così’ prestigioso riconoscimento. La Dott.ssa Patrizia Nardi ha raccolto i frutti di una intuizione fortemente voluta che prende spunto dall’attuazione della convenzione UNESCO del 2003, alla quale, oltre Palmi si sono ispirate anche le altre città nelle quali ancora vengono allestite le grandi macchine a spalla. Il Sindaco Giovanni Barone ha stigmatizzato che il riconoscimento non è un fatto cittadino e di campanile ma una vittoria per l’intero comprensorio e per tutta la Calabria. Sulla stessa linea anche l’Assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri che ha evidenziato come l’UNESCO consideri le grandi macchine a spalle italiane una testimonianza importante non solo dal punto di vista religioso ma anche per l’identità dei popoli e dei territori. Il riconoscimento Il tavolo dei relatori. della Varia premia anche gli sforzi del Co- Da sinistra: Patrizia Nardi, Ugo Floro, Gianni Bonazzi e Mario Caligiuri (foto Free's Tanaka.Press). mitato Cittadino che ha di fatto consentito

AICol

ENTel

ALS

FEDER.Agri

Associazione Intersettoriale Cooperative Lavoratori Associazione Lavoratori Stranieri

CAA

Ente Nazionale Tempo Libero Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura

Centro Assistenza Agricola

Federazione Pensionati M.C.L.

CAF

PATRONATO SIAS

CEFA Ong

SNAP

Centro Assistenza Fiscale Centro Europeo di Formazione Agraria

EFAL

Ente Formazione Addestramento Lavoratori

Servizio Italiano Assistenza Sociale

Sindacato Nazionale Autonomo Pensionati

Via Benedetto Croce, 1 - Taurianova


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La vocazione turistica del Lungomare di Gioia Tauro

di Caterina Sorbara

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ioia Tauro, fin dai tempi antichi, possiede una vocazione marinara e commerciale, infatti, già nell’Ottocento era conosciuta anche all’estero. Qui facevano scalo grandi velieri, battenti bandiere di diversa nazionalità, che caricavano il pesce e la produzione agricola di tutta la Piana. I frutti della terra, in modo particolare l’olio, il grano e il vino, arrivavano sulla costa gioiese trasportati sui muli per poi essere conservati in enormi botti che, venivano in seguito caricati sui bastimenti. Il commercio con Gioia Tauro, rivestiva una grande importanza economica, tanto da indurre molti stati a aprire sedi consolari proprio a Gioia. Stati Uniti, Inghilterra, Brasile, Svezia, Norvegia, Spagna, Germania e Francia, avevano propri rappresentanti a Gioia. Ancora oggi, sebbene in maniera diversa, Gioia Tauro è un centro commerciale, meta di tutti gli altri comuni della Piana e, se il Porto riuscisse a decollare, voglio dire se le merci venissero lavorate a Gioia Tauro, allora la cittadina ritornerebbe ai fasti del passato.Gioia Tauro oltre agli antichi palazzi, al centro storico denominato “Piano delle Fosse” e al Museo Archeologico Metauros, possiede anche un bellissimo lungomare, preceduto da un vialone puntellato da palme. Caratteristico è il pontile sul mare, costruito nel lontano 1955, molto frequentato dai pescatori gioiesi. Nelle giornate più terse, le Isole Eolie sono la vera attrazione, con lo Stromboli che spesso si vede fumare in lontananza. Recentemente l’Amministrazione Bellofiore, ha avviato dei lavori, che hanno abbellito ancora di più il lungomare, dotandolo di una pista ciclabile, un parco per i bambini e delle bellissime fontane. Sappiamo benissimo che una località può diventare a vocazione turistica solo se possiede un bellissimo paesaggio, storia, arte, cultura, tradizioni e un ottimo clima. Ma non basta, perché a tutti questi elementi si devono aggiungere le infrastrutture che possono permettere ai turisti di soggiornare, come alberghi, ristoranti, bar, teatro e ottimi collegamenti. Purtroppo, oltre la naturale bellezza unita quella acquisita dai lavori, il lungomare non possiede le infrastrutture adeguate. Nel passato, nei lontani

Due scorci del lungomare di Gioia.

«Promenade di selvaggia bellezza mediterranea»

anni ’60 famoso era il lido Gerace, frequentato da tutta la Piana. Oggi pochi sono i lidi e non c’è un buon albergo che permetta al turista di soggiornare. Mi riferisco ad un albergo vicino al lungomare. Sarebbe bello utilizzare l’ex Gaslini, trasformarlo in un albergo, lasciando intatta la forma originaria. Manca ancora un teatro e d’estate, spesso, manca negli spettacolini la qualità. Insomma c’è ancora molto da fare, perché si possa parlare di vocazione turistica. Sul lungomare gioiese d’estate, si riversa l’intera Piana, ma è solo per una passeggiata, un semplice gelato o un caffè, ma il turista è ancora lontanissimo. Se non cambierà la mentalità e, soprattutto se la 'ndrangheta non finirà, difficilmente non solo il lungomare ma l’intero territorio pianigiano, sarà mai meta di turisti.


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Quel giorno in Francia...

Storia di un uomo, soldato e padre di Rocco Carpentieri

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uesta è la storia di un militare che i venti della seconda guerra mondiale portarono in Francia. È la storia di un giovane di nome Antonino Ruffo, nato il primo Gennaio 1921 a San Martino di Taurianova, che fu fatto prigioniero sul fronte di guerra francese, nel mese di Luglio del 1943, e rilasciato alla fine del 1944, epoca in cui avrebbe dovuto rientrare in Italia. In quella sua permanenza in terra francese, in un paese chiamato Dijon, a circa 500 chilometri dal confine italiano, conobbe una ragazza di nome Angelina e se ne innamorò. I due si frequentarono; Antonino fu accolto dalla famiglia di Angelina ma il suo pensiero fisso era il paese natale dove aveva lasciato i suoi fratelli e la sua unica sorella che lo avevano cresciuto, dato che aveva perso la mamma all’età di tre anni. Un giorno di primavera del 1945 Angelina confidò ad Antonino di essere incinta. Questa rivelazione, ovviamente, legò ancora di più il giovane alla sua amata. Lui, però, doveva rientrare in Italia e consegnarsi alle autorità militari italiane, in quanto ex prigioniero di guerra. Dopo molti ripensamenti Angelina decise di seguire Antonino; si incamminarono verso il confine italiano ma, al valico di frontiera, li attendeva una sgradita sorpresa. Le autorità francesi concessero solo a lui il permesso di varcare il confine, in quanto militare italiano, ex prigioniero. La sua adorata Angelina, e la bambina che portava in grembo, furono trattenute in Francia. Dopo giorni e giorni di sofferta riflessione Antonino dovette lasciare la nazione transalpina e unirsi ai battaglioni militari per far rientro in patria. Quel giorno di Dicembre del 1945 abbracciò per l’ultima volta il suo amore e, dopo un lungo viaggio, fece rientro al suo paese. Tra Antonino e Angelina ci fu una corrispondenza e quando lei, il 27 Febbraio del 1946, partorì, lo informò che era nata una bellissima bambina alla quale aveva dato il nome di Maria, come la mamma di Antonino, aggiungendo come secondo nome Luisa. La bimba, pertanto, si sarebbe chiamata Maria Luisa Ruffo. Angelina aspettava il ritorno del suo Antonino ma le cose al paese dove lui era nato precipitarono. Il giovane non riusciva a tornare in Francia per via delle precarie condizioni economiche in cui versava e, lasciatosi convincere dai suoi familiari, rinunciò. Si fidanzò e i suoi, per disto-

glierlo dal pensiero delle sua Angelina e della figliola, nel dicembre del 1946 lo convinsero a sposarsi. Gli anni passarono velocemente e in Francia, intanto, la bambina cresceva e chiedeva sempre alla mamma chi fosse il suo papà. Un giorno, una zia raccontò a Maria Antonino Ruffo con Angelina in una foto del 1945. Luisa la storia di quel giovane militare italiano che, durante la seconda guerra mondiale, era stato trattenuto in territorio francese. Nel Marzo del 1973 Maria Luisa, desiderosa di conoscere il suo papà, scrisse all’arcivescovo di Cosenza una lettera, raccontando la sua storia con i pochissimi dati che aveva a disposizione. La lettera fu trasmessa al parroco di San Martino, che all’epoca era Francesco Riso, e quando la missiva arrivò al paese, con enorme ritardo a causa della mancanza di riferimenti utili a rintracciare Antonino, il sacerdote impiegò giorni e giorni prima di arrivare a lui. Una sera lo chiamò e gli parlò della cosa. Ma all’uomo, che aveva ormai una famiglia consolidata, fu consigliato dai parenti di soprassedere alla richiesta della sua bambina francese. Don Ciccio Riso, però, tramite l’arcivescovo di Cosenza, inviò a Maria Luisa una lettera nella quale, tra le altre cose, scrisse: “Le propongo di venire in Italia e con la dovuta cautela creerò un’occasione per un incontro con il suo papà”. Maria Luisa non se la sentì di raccogliere l’invito del vescovo; però non si rassegnò mai all’idea di non poter abbracciare suo padre. Anche per Antonino gli anni passarono e, agli amici più stretti, tutti i giorni ripeteva la storia della bambina che aveva lasciato in Francia e confidava il suo desiderio di vederla. Nell’estate del 2003 Antonino, ormai ottantenne e costretto a letto, raccontava tutti i giorni, a chi andava a fargli visita, che in Francia aveva lasciato una figlia e che avrebbe voluto incontrarla. Alla fine del 2003, a trent’anni da quella lettera del 1973, e ad una distanza siderale dagli eventi di quel lontano 1946, esattamente il primo dicembre, Maria Luisa, scrisse al parroco di San Martino. Questa volta diede dei riferimenti precisi, allegando la missiva del 2 Aprile 1973. In un bel passaggio di questa nuova lettera, la donna scriveva: “Padre, nel 1973 ho provato ad esprimere, con una lettera, il desiderio che provo di abbracciare il mio legittimo genitore, Antonino Ruffo. Oggi che, probabilmente, la mentalità della gente si è evoluta al punto da rendere la cosa fattibile, la prego di aiutarmi: prima che raggiungiamo il Cielo, vorrei incontrare il mio papà che non ho mai conosciuto”. Il parroco, Don Antonio Scordo, quando lesse la lettera chiamò subito la figlia di Antonino e gliela consegnò. Purtroppo Antonino era già mancato il 10 Novembre 2003. I due non poterono fare a meno di rilevare una coincidenza: proprio quella sera il parroco aveva celebrato il trigesimo della morte di Antonino. La famiglia Ruffo fu felice di aver ritrovato una sorella e, malgrado la tristezza per la recente scomparsa del papà, si mise subito in contatto con Maria Luisa. La chiamarono al telefono, sentendosi rispondere da una signora con accento marcatamente francese; ma quando dissero: “Ruffo dall’Italia”, per diversi minuti non ci fu più bisogno di parole, perché parlarono la commozione e le lacrime. Restava, però, l’incombenza di comunicare a Maria Luisa che Antonino, il suo sospirato papà, era mancato il 10 Novembre di quello stesso anno e che se, quella lettera fosse arrivata poche settimane prima, Maria Luisa avrebbe ancora potuto abbracciarlo. Nella primavera del 2004, dopo tantissimi contatti, Maria Luisa, la bambina divenuta ormai adulta, giunse a San Martino per conoscere i suoi fratelli e le sue sorelle. Si recò in visita alla tomba del padre, sulla quale le sue lacrime, il pianto della bambina di un tempo, dell’amata figlia che Antonino avrebbe voluto abbracciare, lasciarono un’invisibile, toccante traccia. Le lacrime di una donna venuta da molto lontano impressero un segno indelebile nel freddo marmo bianco. Al paese del suo papà provò tanta gioia e una grande commozione; i ritrovati parenti si raccontarono le storie passate, si abbracciarono e piansero. Un ringraziamento speciale va alla famiglia Ruffo, che ha voluto ricostruire questa storia di militari, di amore e di figli.


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Porto degli Ulivi: “Gustomania” al posto giusto per gli amanti della buona cucina, una meta obbligata di Girolamo Agostino

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pesso sentiamo parlare della Piana di Gioia Tauro per le secolari ed altissime piante d’olivo che solo qui esistono e, per la grandezza del loro portamento vengono chiamati i ciclopi della piana. Effettivamente, questi ciclopi nel tempo passato hanno retto in equilibrio l’economia di un intero territorio, creando lavoro e ricchezza per buona parte della popolazione agricola del nostro comprensorio. Connesse all’agricoltura, qui oltre alla lavorazione e trasformazione del prodotto, si crearono attività di trasporto, di vendita attrezzature e macchinari agricoli, di commercio, di alberghi e ristoranti. Gioia Tauro, il paese ricco di maestranze e di lavoratori specializzati, può considerarsi come il volano dell’economia del futuro della Calabria se si tiene conto della sua posizione geografica posta fra un mare invidiabile, una floridissima piana ricca di vegetazione produttiva ed un grande porto industriale situato lontano dall’abitato ma soprattutto se ci sarà l’impegno politico per lo sviluppo del suo comprensorio. Qui da tempo vengono progettati e costruiti grandi centri commerciali che permettono una vasta distribuzione di prodotti delle migliori marche a prezzi accessibili e concorrenziali. Nelle vicinanze sorge il “Porto degli Ulivi” sito sulla S.S.111 e costituisce un eccellente expo con numerosi punti vendita all’interno diversificati nei settori ed in uno di questi locali si trova «Gustomania», una S.r.l. specializzata nel campo della ristorazione che opera, con eccezionali risultati, da Luglio 2013 offrendo un vasto servizio di bar, ristorante, pizzeria, rosticceria, pane caldo. Trovandoci li per caso a consumare un semplice caffè

abbiamo riscontrato, da parte del personale addetto, la gentilezza e l’accoglienza riservata a chiunque entra nel locale; attratti dalla particolarità del posto e della denominazione, abbiamo osato domandare notizie sull’iniziativa di apertura dell’esercizio, sul menù, sui prodotti, sui metodi di lavorazione, sui prezzi e da parte di un signore responsabile abbiamo ricevuto risposte cortesi ed esaudenti. Chiedendo come mai in un momento di crisi hanno avuto il coraggio di intraprendere una iniziativa di lavoro così delicata, ci fu spiegato il motivo principale e cioè la mancanza di lavoro per i giovani che, quando non

Nelle foto: due immagini di "Gustomania".

ci sono altre alternative, il lavoro devono crearselo; in questo caso l’idea è scaturita dal fatto ché nella nostra piana, il settore specializzato nel turismo e nella ristorazione, è poco sviluppato; poi, ci fu detto come l’amministratore di Gustomania, Annamaria Varapodio, ha acquisito ottima esperienza lavorativa del settore in diverse località turistiche ed in particolare a Stromboli (Isole Eolie), maturando così idee di lavoro nuove da mettere in campo quali la cucina tipica e veloce a vista, basata principalmente sulla lavorazione di prodotti freschi e di qualità, tra cui i migliori formaggi e le migliori farine reperibili sui mercati di Calabria. Qui, si possono gustare oltre alle pietanze della cucina mediterranea, ottimi primi piatti e buonissima carne. Al menù ricco di una vasta scelta di specialità di piatti, di un vasto assortimento di vini e di birre artigianali, viene aggiunto anche il menù fisso trattoria variante giornalmente, favorendo così anche quella categoria di consumatori, che trovandosi in giro per lavoro deb-

bono bilanciarsi con le spese. Ma, il piatto particolare di Gustomania è la pizza, di dimensione più grande di quella tradizionale e si può consumare tranquillamente senza appesantirsi, in quanto, ci è stato spiegato che il particolare metodo di preparazione consiste nella lavorazione, nei tempi di lievitazione e nella cottura; addetto alla pizzeria è un maestro pizzaiolo di alta preparazione, l’impasto della farina viene fatto con lievito naturale e olio extravergine di oliva biologico, poi la pasta viene lasciata riposare per 48 ore in cella alla temperatura di sei gradi, la cottura avviene in un particolare forno a legna capace di raggiungere la massima temperatura di riscaldamento; a secondo dei gusti, la pizza viene arricchita con verdure grigliate, mozzarella di bufala salernitana ed anche allo stocco ma, fra la grande scelta, la più apprezzata è la vera pizza napoletana. Data la vastità dei locali, a Gustomania, si organizzano particolari serate di pianobar come San Valentino, la Festa della donna, la festa della Mamma ma su prenotazione, si festeggiano anche battesimi o ricorrenze di compleanno e varie. Passare una serata con gli amici a Gustomania è veramente un piacere perché oltre a mangiare bene non ci si sente pesanti neanche quando si paga il conto dato che i prezzi sono accessibili a tutti e non c’è da preoccuparsi per l’orario perché il locale è aperto tutti i giorni fino a mezzanotte. All’interno del Porto degli Ulivi Gustomania dispone di una moderna e completa sala conferenze completa con una capienza di circa 150 posti ma l’idea dei componenti della società è quella di non fermarsi a quanto realizzato e pensano di andare avanti con nuove prospettive di lavoro: in collaborazione con istituti accreditati si sta preparando un corso di teoria e pratica di pizzaiolo e fast food per ragazzi che hanno terminato la frequenza scolastica obbligatoria e aspirano all’inserimento nel mondo del lavoro. Vista la grande volontà di lavorare e di creare occupazione, all’èquipe di Gustomania auguriamo ottima riuscita in tutte le iniziative.


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di Luigi Cordova

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arliamo dell’azienda di Luigi Tassone, sita alla contrada Acqua dei Monaci della frazione Amato di Taurianova, uno dei più grossi centri urbani della Piana di Gioia Tauro con due grandi realtà produttive: l’industria Impianto di cernitura. dolciaria, famosa in tutto il mondo, specie quella per la produzione del torrone, e la ricca produzione di agrumi, olive (con piante millenarie ad altissimo fusto patrimonio paesaggistico unico al mondo) e, di recente, kiwi. In questo contesto agricolo, Luigi Tassone, non figlio di Marchesi o di grossi industriali, bensì il terzo notare subito per la sua dedizione al lavoro e per le sue di 5 figli di “massaru” Micu innate tendenze innovatrici nel settore della meccaniTassone e Caterina Esposito, ca, coltivando sempre l’idea di contribuire a costruire piccoli coloni dell’azienda Gaun mezzo che potesse abbattere i costi e i tempi di gliardi, fiorente realtà agricola lavorazione per la raccolta olivicola. Purtroppo il bisita in Amato di Taurianova ed sogno economico lo spinse a 20 anni a partire per la ancora oggi esistente, tanto raLibia, portando sempre con se quel sogno, che però ridicata al territorio, che, addiritfiorì grazie ai tecnici, di grande livello e preparazione tura per dare la possibilità alle nel settore della meccanica oleodinamica dell’azienbraccianti agricole di dedicarsi da per cui lavorava, avendo conosciuto il suo grande alla raccolta delle olive senza amore per la tecnologia, nelle ore serali, non avendo patemi, il Marchese Gagliardi alcun svago da appagare, si confrontavano con lui nelistituì un asilo in loco dandogli lo studio delle parti meccaniche dei grandi mezzi in una forma di un “embrione” uso, quali Caterpillar o Gru Fiorentin. Riuscì ben pre(vedesi allegata foto del bozsto ad apprendere e a migliorarsi nell’arte, tanto che zetto del progetto che si volle nel 1983, tornato a casa, ad Amato, aprì un’officina edificare a latere del Palazzo e per la riparazione e la costruzione di macchine agridella Chiesa, difronte allo imcole. Il periodo africano servì tanto a migliorarlo e a ponente frantoio costruito per determinarlo nella grande volontà di affermarsi che il la lavorazione e produzione di Bozzetto a forma di embione dell'asilo 18 Novembre 1988 presentò al Ministero dell’Induolio d’oliva) ricordandosi delle realizzato dal marchese Gagliardi. stria, Artigianato e Commercio, la prima domanda di sue braccianti durante la pauun brevetto sul “sistema a tamburo rotante per la cersa di allattamento necessaria per i propri nitura delle olive”. Il 21 Ottobre 1991 gli venne concesso il decreto di brevetto n.1230381 bimbi che li seguivono durante la raccolta (vedesi foto allegata). Fu la prima pietra miliare di un grande successo coronatosi con delle olive. Proprio uscendo dalla Scuola l’approvazione di un progetto con la legge “488”, che grazie agli incentivi ad essa legati, elementare e recandosi nei campi circo- permise la costruzione dello stabilimento nel 1997, dove furono ideati e posti in essere stanti, in mezzo alla gigantesca “anta”, più di 100 donne dedite alla raccolta delle oli- 1° sistema a tamburo rotante per la cernitura delle olive, ve, qualcosa smosse la fantasia del piccolo realizzato nell'officina Tassone nel 1983 (mod. 2R60/100). Luigi, che cominciò a pensare a come si potesse migliorare ed innovare la raccolta con macchinari al pari di quanto stava accadendo all’epoca nel settore trasporti, grazie allo avvento delle moderne tecnologie, con le piccole auto, quali la “500”, la “600”, la “850” e la “1100” Fiat, piccoli gioielli dell’industria torinese. Così il nostro Luigi, finita la scuola media, appassionato dalla meccanica, iniziò gli studi superiori all’Istituto Professionale per l’Industria, Artigianato e Commercio di Gioia Tauro, ma a 17 anni per la morte della madre e per il bisogno economico, fu costretto ad affiancare un lavoro (non abbandonando la sua passione) in una delle più rinomate officine di riparazione e costruzione di macchine agricole della Piana, la ditta Pappatico di Rizziconi, la prima che diede vita nel territorio ad una macchina moto andanatrice o meglio conosciuta con il nome “scopatrice”. Si fece

Il successo della ditta Tassone Un sogno cullato per anni


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nuovi macchinari che con grande orgoglio furono esposti per la prima volta nel 2001 in una delle più importanti strutture fieristiche d’Italia: la Fiera del Levante di Bari. Successo ed esposizioni di vari mezzi (vedesi foto a latere) che ha portato il nostro Tassone nel mondo economico mondiale e globale, essendo i suoi macchinari venduti maggiormente fuori della Calabria, con gioia ed orgoglio della famiglia e delle maestranze dell’azienda, che, ancora oggi assieme guardano al futuro con un nuovo progetto di uno stabilimento più grande e moderno da costruire sul terreno industriale cedutogli, con atto di compravendita, nel 2006 dal Marchese Pier Luigi Taccone, dove il nostro piccolo genio, autodidatta, figlio di “massaru” Micu, sogna di dare vita a mezzi altamente tecnologici e lavoro ad altre maestranze, non appena il Comune di Taurianova rilascerà la Concessione Edilizia necessaria. Buona fortuna e che Iddio Vi aiuti!

Macchinari esposti nelle varie edizioni della Fiera del Levante di Bari.


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La memoria: Prodigi e misteri

una risorsa ancora da conoscere e studiare di Rosa Maria Pirrottina Neuropsicologa

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onostante la memoria sia palesemente malleabile, la testimonianza ha da sempre rappresentato e continua a rappresentare un momento centrale nelle indagini e nel processo. Accade frequentemente che i sospettati di un crimine (soprattutto se grave) affermino di soffrire di amnesia (incapacità di ricordare eventi), poiché, in assenza di ricordo, è possibile usufruire di considerevoli “sconti” e/o implicazioni positive in ambito legale. In questo contesto gli esperti sono chiamati per escludere l’eventuale alterazione dei sintomi (simulazione) e, in secondo luogo, per analizzare le caratteristiche del deficit mnesico lamentato all’interno di un quadro clinico specifico. Un ricordo confuso o assente dell’accaduto può essere sintomo di stati di alienazione, più o meno brevi, caratterizzati da azioni automatiche. L’atto può essere compiuto senza essere fissato nella memoria a causa della rapidità con cui si è svolto e della tensione emotiva che l’ha accompagnato; questi fattori hanno impedito agli engrammi di formarsi e consolidarsi (tali atti possono sottintendere quadri patologici).

In ambito forense l’incidenza delle sindromi amnesiche è molto elevata, in virtù di ciò, negli ultimi, è stata sviluppata una tecnica di “memory detection” che permetta di rilevare la presenza di una specifica traccia mnestica nella mente del soggetto chiamato in giudizio. Questo nuovo metodo prende il nome di autobiographical Implicit Association Test (Sartori et al. 2008). L’aIAT consiste in una valutazione strumentale del contenuto della memoria basata sulla registrazione dei tempi di reazione in risposta a frasi che descrivono eventi autobiografici. Se sono disponibili due ipotesi contrastanti relativamente ad una memoria (come succede in ambito giudiziario dove esistono sempre due ipotesi, una accusatoria e una difensiva, vero/falso), la metodologia identifica la memoria corretta con un elevato livello di precisione (92%) e può essere utilizzata per identificare l’alterazione

volontaria di un’informazione specifica in assenza di un comportamento di simulazione generalizzato. Questo strumento si basa su un fenomeno chiamato effetto compatibilità: se nel nostro cervello abbiamo due informazioni associate fra di loro che richiedono la medesima risposta motoria per essere classificate, tale risposta sarà molto veloce. Se, invece, lo stesso effettore (la stessa mano) deve rispondere a due stimoli che non sono fra di loro associati, la risposta risulta molto lenta. Più semplicemente, immaginiamo di guidare un’auto con le gambe incrociate o una bicicletta con le mani incrociate: in tutti e due i casi diventiamo molto lenti e inaccurati perché nel nostro sistema nervoso il piede destro è associato all’acceleratore e il suo spostamento a sinistra, per comandare la frizione determina una condizione di incompatibilità. In pratica, nello aIAT, si determina una condizione di conflitto cognitivo che si riflette in un allungamento dei tempi di reazione e in un aumento degli errori se stiamo dichiarando il falso, invece, dalla maggior rapidità e accuratezza del movimento ricaviamo la condizione compatibile, cioè la più “naturale”, quella, dunque, veritiera. Rimando al prossimo numero per un approfondimento ulteriore sul metodo appena descritto.


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Pino Anfuso guida alla vittoria nella Targa Florio il Motoclub Reggio Calabria

Grande successo per lo sport reggino

Il giornalista RAI del Mc Reggio Calabria secondo assoluto con la sua Ducati nella prima edizione della rievocazione in chiave turistica di gran fondo della storica corsa siciliana

di Luigi Mamone

«trionfo reggino sulle strade

Pino Anfuso, vincitore della "Targa Florio".

Giuseppe Giovannella, Marco Laurendi, Vito Foderaro, Walter Sgroj, Roberto Marcianò, Nestore D'Alessandro e Sergio Marchesani e che conquistava la vittoria di squadra arricchendo con un nuovo trofeo la ricca bacheca del Motoclub Reggio Calabria – una fra i più antichi d’Italia, come conferma la sua matricola 0829 –Terzo il veneziano Lino Marino del Motoclub Spinea che – a ottant’anni suonati – ha voluto rievocare le gesta di un suo zio protagonista alla Targa Florio nel lontano 1931. La manifestazione organizzata da Eros Lodato ha visto fra gli altri la presenza del Consigliere Federale della FMI Antonino Schisano. Grande soddisfazione per la prestazione di Anfuso e del Motoclub Reggio Calabria è stata espressa in un intervento radiofonico dal Presidente onorario della FIM Francesco Zerbi. Anche il Presidente regionale del CONI ha manifestato la propria soddisfazione per un risultato estremamente positivo per lo sport reggino.

della Targa Florio» Pino Anfuso sulla sua Ducati.

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rande affermazione per i motociclisti reggini del Multistrada Team del Motoclub Reggio Calabria che trascinati dal collega della Rai Pino Anfuso, con una prestazione corale, hanno conquistato in Sicilia la prima edizione dell’era moderna della Targa Florio, valida come prima prova del Campionato Italiano di Gran fondo di Regolarità Turistica della Federazione Motociclistica Italiana. L’impresa si è svolta sulle strade che videro già oltre un secolo fa le storiche edizioni competitive della Targa Florio quando audaci centauri e “piloti d’automobile” (così li chiamavano in quel tempo…) si confrontavano sulle strade siciliane e sul tracciato di Cerda. La Nuova Targa Florio, ricca di presenze importanti del mondo della regolarità e del motorally, partita da Palermo il 4 Aprile, si

è poi trasferita a Cefalù. Da qui 296 Km di prove speciali che hanno toccato i centri di Roccapalumba, Palazzo Adriano e Chiusa Sclafani per poi tornare a Cefalù. Il giorno successivo 318 Km lungo il tracciato dell’antica Targa Florio toccando Sclafani Bagni, Collesano e Scillato. Nell’ultima giornata di gara da Cefalù ritorno a Palermo attraverso Ventimiglia di Sicilia, Ficuzza e Portella delle Ginestre. La vittoria assoluta fra i conduttori è andata a Cesare Conti del MC “Libero Liberati” di Terni, alle sue spalle, il collega della RAI Calabria Pino Anfuso, (primo fra le moto moderne) da sempre ducatista e vero trascinatore del Team Multistrada composto, con Anfuso, da

I componenti del Team Multistrada, vincitori della "Targa Florio".


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La Decorata Cornice della Piana di Diego Demaio

D

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- Pietra di Liso in Serrata - Castello di Arena - Convento di San Domenico in Soriano

a Laureana di Borrello, facilmente raggiungibile da diverse strade che salgono dalla Piana, si procederà lungo la statale 536 verso Candidoni. Superato il limitrofo paese si giungerà alla vicina Serrata per girare a destra, alla fine dell’abitato, ed inerpicarsi sulla ripida salita bitumata che in qualche chilometro porta ai 575 m. del colle Liso, impreziosito dall’omonima Pietra che si staglia magicamente tra i suoi rigogliosi uliveti. A conclusione dell’ascesa (ed anche della strada asfaltata) si parcheggerà la macchina per camminare brevemente sulla pista principale ed aggirare subito un evidente cancello metallico alla sinistra dello sterrato. Percorrendo il corto viottolo privato si arriverà immediatamente al cospetto del singolare masso che ricorda, ovviamente in piccolo, l’aspromontana Pietra Cappa. Sulla misteriosa collocazione della Pietra serratese si sono nei secoli alimentate delle leggende popolari, sovente miste alla locale religiosità. La più diffusa, narrata da F. Fiumara, è la seguente: «C’era una volta un paesino chiamato Serrata, i cui abitanti erano diventati molto cattivi e perciò una fata voleva eliminarli tutti facendo rotolare un gigantesco masso Il castello di Arena (Foto Diego Demaio - ripr. vietata). dal colle Liso. Mentre la fata, diretta verso l’orlo del precipizio, portava sulla testa la gigantesca Pietra, la Madonna si accorse di lei e l’aiutò a poggiare per terra l’enorme peso affinchè si riposasse. La fata, dopo essersi riposata, voleva portare a termine il suo intento e chiese alla Madonna di aiutarla a caricarsi nuovamente la Pietra sulla testa ma la Madonna si rifiutò. Quindi la fata, abbandonata dalle sue rimanenti forze, non riuscì a spostarla di un palmo e fu così che, con l’intervento della Madonna, la Pietra non distrusse il popolo serratese». Lasciata la rarità geologica si scenderà a Serrata per svoltare a destra e proseguire sui continui saliscendi della 536. Attraversati San Pietro di Caridà (ultimo paese della nostra provincia), Dinami, Melicuccà, Limpidi ed Acquaro si arriverà a Dasà per abbandonare nuovamente la nazionale e salire, curvando a destra, alla vicina Arena dominata dalle possenti mura del castello normanno più volte rimaneggiato. Dallo strategico maniero, che possiede ancora le antiche strutture dell’acquedotto I ruderi del convento di S. Domenico in Soriano medioevale, si godrà pure della splendida visuale sul- (Foto Diego Demaio - ripr. vietata). la fertile vallata del Marepotamo. Partiti da quella che fu la potente Contea dei Conclubet, con il valoroso marchese Giovan Nicola che partecipò nel 1480 anche alla celebre Battaglia di Otranto, si ritornerà a Dasà. Da qui, girando a destra, si lascerà dopo soli tre chilometri la 536 per svoltare ancora a destra e giungere, superando Ciano La Pietra di Liso in Serrata e Gerocarne, alla meta finale di Soriano Calabro, paese assai conosciuto per la (Foto Diego Demaio - ripr. vietata). lavorazione artigianale del vimine e del giunco. Lo storico borgo vanta un illustrissimo passato grazie all’antico convento di San Domenico, che vide (secondo l’autorevole dizionario corografico CALABRIA di Emilio Barillaro) ben quattro dei suoi Monaci divenire Papi. All’interno dello stesso soggiornarono anche l’imperatore Carlo V ed il filosofo Tommaso Campanella (che era domenicano) prima della sua cattura. La struttura della grande Chiesa attigua al convento, poi con esso definitivamente distrutta dal devastante terremoto del 1783, conserva ancora il rudere della magnifica facciata barocca (edificata dal certosino romano Bonaventura Presti nel 1655) dalla quale si evidenzia ancora il raffinato gusto artistico che distingueva in Europa l’importantissimo centro monastico. Si consiglia di visitare, oltre alla nuova Chiesa del sec. XIX con la miracolosa tela di San Domenico, anche l’interessante Museo dei Marmi (recuperati dal diruto convento) allestito nella stessa area religiosa. Dopo avere infine acquistato squisiti “mostaccioli” e “nzuddi”, altre note specialità del paese pedemontano, si prenderà la statale 182 per transitare dalla poco distante Sant’Angelo ed usufruire della vicina autostrada che consentirà il veloce ritorno nella Piana.




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