Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 24, Agosto 2014 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999
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Allarme Guerra Globale Under Attack ! Callipo, rischio inquinamento del voto Un ricordo di Mons. Luciano Bux Luigi Zangari, il pittore del Borgo La "Cazzumbrazzeide"
Schirripa, un Taurianovese al Giglio
Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663
Corriere della Piana del 30 Agosto 2014
sommario
Riceviamo e pubblichiamo Papa Francesco con noi
Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato a questo numero: Pippo Callipo, Federica Mamone, Filomena Scarpati, Carmen Ieracitano, Girolamo Agostino, Cecè Alampi, Domenico De Angelis, Caterina Sorbara, Emma Ugolini, Cristina Ciccone, Filippo Marino, Nicola Alessio, Umberto di Stilo, Tonino Violi, Francesca Carpinelli, Francesco Di Masi, Emanuele Saccà, Eleonora Vinaccia, Pino Pignata, Diego Demaio. Foto: Diego Demaio, Free's Tanaka Press, Girolamo Agostino Grafica e impaginazione: Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Stampa: Litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@alice.it - locordova@libero.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 30-09-2014 Visit us on
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Editoriale Ferie augustee, con l'imperatore Aureliano Pippo Callipo: Rischio inquinamento voto E' guerra globale Verso la Debacle
Calabria Evolution Concert
Celebrati a San Giorgio Morgeto i 200 anni dell'Arma
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Il Pittore Luigi Zangari
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I Fiati di Delianuova
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L'Associazione ARS e Musica
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La "Cazzumbrazzeide"
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La frattura del Calcagno
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Itinerari Umani
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Una giornata in vespa
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Corritaurianova by night
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Memorial Orlando Larosa
Eventi Festivi Cittanovesi
Polistena Autunno in Calabria Entusiasmano a Oppido il duo Mamone Ferraro
Reggio Slow food Area Grecanica
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L'orologio Comunale di S. Cristina d'Aspromonte
Oppido, la festa dei centenari
I "Pruna di frati" frutto di una proficua collaborazione
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Omaggio a Don Martino
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In memoria di Arturo Zito De Leonardis
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Chiara e Martina entusiasmano al New Wave Junior 2014
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Ricordo di Don Gelmini
Da San Giorgio a San Giorgio Morgeto, 150° anniversario
San Giorgio Morgeto: La Festa Medievale
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Ricordo di Mons. Bux
Under Attack!
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Bagaladi Slow food e coop grecale
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La decorata cornice della Piana
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Editoriale
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di Luigi Mamone
I
l mese di Agosto è iniziato con le immagini maestose e tristi del trasferimento a Genova della Costa Concordia. Il relitto, rimesso in condizione di galleggiare, aveva lasciato a fine luglio per sempre l’Isola del Giglio dove, in un notte d’inverno, era andato a cozzare contro uno scoglio. Lo sforzo ingegneristico profuso da tutti gli interessati - Costa Crociere e Ministero dell’Ambiente in primis - è stato imponente ed encomiabile. Le immagini restano però quelle di un funerale. La grande nave, sulla quale migliaia di persone si imbarcavano per trascorrere un periodo di vacanza e, dunque, destinata a essere il riferimento storico di eventi lieti e gioiosi, trascinata da due rimorchiatori d’alto mare fino al luogo in cui verrà smantellata. E’ triste, è vero. Ma è così. Anche la superba creazione dell’ingegneria navale repentinamente - il fianco squarciato dall’urto contro gli scogli - cade ferita a morte senza speranza di salvezza. Il fato o l’uomo - il tanto discusso comandante Schettino - in quella occasione forse riuscirono ad evitare l’affondamento in acque profonde. Resta il mistero su come possa essersi verificato l’errore che portò all’urto. Non fu l’eccessivo avvicinarsi della Concordia alla costa dell’Isola del Giglio ad aver, in se, provocato l’incidente. Semmai l’errore, la negligenza, o la fatalità di chi stava al timone e che non seppe o potè fare una manovra che in passato già era stata fatta senza problemi. Forse un guasto alle apparecchiature elettroniche. Schettino, per come lo ricorda la gente di Positano e di Sorrento, era un ottimo comandante. Per qualcuno - con enfasi di campanile - “o meglio e tutti”: il migliore in assoluto. Come possa essere successo il naufragio resta un mistero. Potrebbero residuare ipotesi diverse. Degne di un giallista di rango. O di fantapolitica. Un sabotaggio. E quell’ultimo disperso, Russell Rebello, che non si trova. Chi era lo steward desaparacido? Nessuno, comprensibilmente - ha finora indagato su quest’uomo da tutti dato per morto: annegato dentro la Concordia, per lui divenuta un sepolcro di lamiera e acqua. Le prime ispezioni sul relitto e sul fondale dove esso era rimasto poggiato per quasi due anni hanno consentito solo di ritrovare il teschio di un altro dei dispersi - una
Ferie augustee, con l’imperatore Aureliano donna siciliana - il cui corpo era stato in precedenza recuperato mutilato. Dello steward indiano non c’è traccia. Che fine ha fatto? E’ veramente annegato dentro la Concordia? O subito dopo il naufragio è scomparso dalla scena facendo credere a tutti d’essere disperso? E se tanto è stato dovremmo chiederci “perché?”. Il mancato ritrovamento dei resti dello steward, e il rinvenimento di altri resti ossei umani (una mano con parte del braccio) in attesa delle analisi sul DNA, le uniche che possano dare riferimenti attendibili, lasciano lo spazio a altre ipotesi. Al Giglio il fondale è stato perlustrato da sub e palombari anche dopo la partenza del relitto e non è stato rinvenuto nulla. A bordo della nave - fino ad oggi - i resti dell’uomo non si trovano - soprattutto in quelle zone ( ponte 3) dove avrebbe dovuto trovarsi in funzione del suo lavoro. Quali le verità? Allo stato non si sa. Ma i dubbi restano. Anche se non sminuiscono la responsabilità di Schettino che - pare dato certo - prima dell’avvicinamento al Giglio e dell’urto contro lo scoglio non si trovasse in plancia comando ma nella sua cabina. Cosa sia successo, cosa abbia provocato l’errore di rotta resta un mistero. Forse - e non sarebbe la prima volta - a distanza di anni la verità tornerà - perdonate il bisticcio - a”galla”. Nell’immediato a Genova, attraccata al molo foraneo di Prà la grande nave, continua ad essere ispezionata e - di fatto - il suo smantellamento - al quale parteciperà una importante azienda ligure di proprietà di un imprenditore calabrese originario di Cittanova - non sono iniziati a pieno regime. Oltre alla ditta calabrese, nella vicenda Concordia - un altro legame con la Calabria è emerso ed orgogliosamente ne facciamo cenno. Uno degli ingegneri navali artefici della mission impossible di raddrizzare la nave e di farla rigalleggiare è un giovane di Taurianova: l’Ing. Aureliano Schirripa. Di tanto ne siamo orgogliosi. Perché è calabrese e - soprattutto - perché non è un “figlio di papà”. L’ing Schirripa, è veramente un “self made man”. Venuto su da solo, con studio, volontà, sacrifici immani per mantenersi agli studi, coraggio di partire e costanza per raggiungere i risultati e farsi apprezzare. Queste sono le cose belle delle quali meniamo vanto sulle nostre colonne. Il becero, il marcio, la negatività di una realtà nella quale sembrerebbero residuare solo Mafie e antimafie: buoni e cattivi dentro un serraglio dove la speranza di cambiare sembra soffocata nello stillicidio dei giorni, delle attese e delle vane speranze, lo lasciamo come attività informativa principale di chi ha il patema di vendere dieci o cento copie in più al giorno gettando fango sulla propria stessa terra. Peccato che all’Università la Sapienza per una Lectio Magistralis anzichè chiamare l’ing. Schirripa per spiegare come si fosse giunti a raddrizzare la Concordia abbiano preferito il defenestrato Schettino. E’ vero che la lezione verteva su come gestire il panico da naufragio ma, forse, a maggior gloria della scienza italiana, meglio sarebbe stato chiamare Aureliano Schirripa per far comprendere come si raddrizza un relitto lungo duecento metri e alto quanto un palazzo di otto piani. Consoliamoci allora con la Varia di Palmi, che il 31 ha concluso l’augusteo mese. Con la speranza che i palmesi non dimentichino che la Varia senza il culto verso la Madonna della Lettera e la sua venerazione della quale è la forma più evidente e coinvolgente, è destinata a perdere il suo fascino, il suo valore e la sua maestosa forza di corale momento di preghiera. Centomila presenze. Tante quante 40 anni fa se ne registrarono al raduno di Woodstock e - ci si consenta il parallelismo - anche, quaranta anni dopo, a Cittanova, alla festa di Stocco&Stocco. E poco importa se al posto di Bob Dylan ci fosse un tal Emis Killa e poi - a beneficio di chi visse il fascino degli anni ‘70 e ‘80 - anche un datato, ma sempre coinvolgente Renzo Arbore.
L'ingegnere Aureliano Schirripa davanti al relitto della Concordia
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Filippo Callipo
di Pippo Callipo
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Pienamente condivisibile l’allarme dei magistrati reggini sui rischi d’inquinamento mafioso del voto per la Regione. Non vorrei, tuttavia, che l’operazione ‘voto pulito’ ricadesse tutta sulle spalle di questi magistrati coraggiosi e delle forze dell’ordine, cui ovviamente dobbiamo sempre essere grati per i sacrifici e la dedizione al lavoro. Forse è bene chiarire che il voto pulito interessa tutta la Calabria per via dell’urgenza di avere finalmente una classe dirigente e burocratica affrancata da condizionamenti criminali. I cittadini, in sostanza, ad incominciare da noi imprenditori, debbono assumersi le proprie responsabilità. Questo voto alla Regione, in questo momento storico di grandi difficoltà per il Paese e di fronte ad una disattenzione totale da parte della politica nazionale verso quanto accade in Calabria è vitale per il futuro di tutti noi. Personalmente colgo, purtroppo, nella stessa società civile le stesse resistenze al cambiamento che ho verificato nel 2010, quando ho voluto provare a scardinare il meccanismo di ferro che tiene in vita politici intramontabili e nuclei di potere economico consolidati. Se ai rischi d’inquinamento del voto di un certo tipo, come segnalano i magistrati reggini, si aggiunge una resistenza all’innovazione della politica, cosa che si sta puntualmente verificando, io credo che non solo non avremo un voto pulito e libero, ma lo stesso futuro della Calabria rimarrà fortemente ipotecato. Forse su questi aspetti, il premier Renzi e soprattutto gli esponenti del Movimento Cinque Stelle, cui va riconosciuta nonostante le tante contraddizioni una forte carica di cambiamento, farebbero bene a riflettere meglio.
Rischio inquinamento voto A meno che da Roma, tra i vertici nazionali della politica, a partire dal Pd per finire a Grillo, la Calabria, per le sue polemiche interne e il suo fardello di emergenze sociali che si porta dietro da decenni, non sia considerata ormai una vera e propria regione canaglia. Una regione insomma di cui non occuparsi, e dove mandare soltanto, quando proprio non è possibile stare fermi, luogotenenti frettolosi e privi di ogni conoscenza delle dinamiche del territorio”.
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Il rischio dell'inquinamento del voto
regionale legato alla disattenzione dei vertici politici nazionali verso la Calabria
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Emblematica immagine di popoli in fuga dalla violenza
di Luigi Mamone
Fra l’indifferenza di politici ottusi o guerrafondai, popoli in fuga e integralismi
E’ Guerra Globale
Non lasciamo che sia solo Papa Francesco a invocare la costruzione della pace
I
l mondo sta scivolando pian piano nel baratro della Guerra. Ancora una volta, tragicamente,“mondiale, anzi, “planetaria”. E nessuno sembra accorgersene. Ad eccezione di Papa Francesco la cui voce in questi giorni ricorda quella di “colui che grida nel deserto”. Si odono ovunque solo voci che promettono guerra, morte, distruzioni e nuove miserie. Il fatto che i focolai di belligeranza stiano moltiplicandosi deve fare riflettere. Non è solo una area geografica quale per anni è stato l’estremo oriente: Vietnam, Laos e Cambogia o - più vicino al Mediterraneo - la Palestina oppure, a rotazione, altre aree nelle quali sapienti regie avevano fatto scatenare le ragioni della forza: come accadde nel Libano e poi negli anni ’90 in Kuwait con la prima guerra del Golfo. Quello che sta accadendo ora è la conseguenza - la Storia dirà se voluta o frutto di aberrazione - che ha portato a soluzioni militari grossolane e , dunque, perdenti e soprattutto destabilizzanti. La storia che ci accingiamo a scrivere e che vorremmo di cuore non dover proseguire a raccontare nei prossimi mesi o anni inizia dopo l’11 settembre 2001. Le Twin Towers, le Torri Gemelle di New York distrutte da un attacco terrorista espressione di una intelligenza militare eccelsa - certamente superiore alle certezze d’invulnerabilità del rigido e spesso ottuso estabilishment dell’America dei due Bush. Una America codina, piccolo borghese, forcaiola, dalle facili esecuzioni capitali in tempo di campagna elettorale ma tutto sommato grigia e che si credeva invulnerabile. Ferita e soprattutto umiliata agli occhi di chi la vedeva come il grande gendarme del mondo l’ America però ha continuato a considerarsi vocata a imporre qua e la per il mondo, con le sue armi e le sue armate, la propria cultura senza considerare, per la genesi e la cultura di popoli da sempre refrattari e legati a crismi di religiosità mista a fanatismo, che tanto non poteva essere e che da ciò si sarebbe innescato lo scenario da guerra globale che stiamo vivendo. Rischio di conflitto questo (inizialmente gestito quasi con la logica piratesca che fu usata nei confronti dei Pellerossa per strappar loro le terre) che venne inizialmente accettato dall’America di Bush in nome dell’esigenza di garantirsi le fonti di approvvigionamento petrolifero. Necessità, questa, oggi in gran parte venuta meno grazie a nuove tecniche di approvvigionamento e di produzione di energia non più legate al petrolio e che hanno in gran parte affrancato gli States dalla necessità di assicurarsi a tutti i costi lo sfrut-
tamento dei giacimenti petroliferi arabi. Per far ciò dopo le guerre afghane (nelle quali Bin Laden e Al Quaeda non erano avversari ma utili alleati) e quelle del Golfo contro Saddam Houssein non ebbero remore a scalzare - coloro che oggi - piaccia o meno - appaiono come gli elementi di equilibrio in quelle aree e ex post loro malgrado garanti di una pace, armata ma tale da scongiurare escalation belliche non controllabili. Equilibri gestiti anche con la forza e talvolta brutalmente se è vero che Saddam Houssein teneva a bada alcune componenti etniche con la forza addirittura usando i gas. Brutalità che però appare ben poca cosa davanti alle decine di migliaia di morti degli ultimi mesi e ai milioni di vittime che lo scacchiere mediorientale ha registrato negli ultimi 20 anni. L’altro dittatore capace di assicurare equilibrio ma ciononostante deposto - certamente con il placet americano - e di ciò l’Italia - haimè - avrà modo di pentirsene - è stato Muhammar El Gheddafi. Il Colonnello libico, ex terrorista e poi Rais con il fiuto degli affari era elemento capace di aggregare e unire la Libia che ora si ritrova squassata da furibonde lotte interne di natura tribale ed etnica e con un Califfato che ha scaraventato Tripoli nella violenza e nell’odio religioso del peggior integralismo. La morte di Saddam Houssein e di Gheddafi - alla fine appaiono agli analisti come due “omicidi premeditati”. Ed adesso tutto il mondo ne paga il fio. Già sono tre gli occidentali decapitati dal boia dell’ISIS e molte migliaia sono i profughi che ogni giorno cercano vie di salvezza attraverso il mare, molti di essi sempre più spesso trovando la morte. Adesso, dopo l’ennesima esecuzione capitale trasmessa via Web, l’ISIS e il Califfato di Tripoli sono al centro di valutazioni che si tradurranno in interventi armati. E questo sarà l’inizio di una carneficina globale che vedrà la realizzazione della ultime e più terrificanti profezie di San Malachìa e l’Europa subirà le conseguenze della imponente forma d’invasione che i sempre crescenti flussi di profughi potrebbero nascondere e certamente nascondono. Gli Stati Uniti nulla hanno dimostrato d’aver imparato con la Guerra in Vietnam: costretti a fuggire da Saigon, esattamente come il film Apocalypse Now anni dopo mostrò. E come, dopo aver fatto scivolare popolazioni un tempo pacifiche nel baratro senza fine della persecuzione di massa, mostrò il Film “Urla dal Silenzio” che racconta la storia vera del giornalista Sidney Scramberg prigioniero dei Khmer rossi nord coreani. Già nel 2001 durante l’invasione di terra dell’Afghanistan e poi dell’Irak erano sorti dubbi sull’efficacia dell’azione USA e sull’accettazione della presenza occidentale da parte delle popolazioni indigene, fortemente integraliste e vicine ai crismi dei Taliban. La stampa italiana, buona solo ad enfatizzare sulle gesta del potente e del padrone di turno taceva. Noi , invece scrivevamo cose che 10 anni dopo, si rivelano di assoluta veridicità come nell’articolo “La Guerra di Bush” che un noto quotidiano del tempo rifiutò di pubblicare perché controcorrente e che ora vi proponiamo.
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La guerra di Bush
Verso la debacle
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a campagna di guerra in Iraq. Guerra lampo. Guerra da videogames. Guerra in diretta TV. Guerra di tecnologia. Guerra. Solo, soltanto e comunque “Guerra”. Con sangue, dolore, morte, distruzione, odi che stagneranno nel cuore e nell’anima delle molte generazioni di un popolo di per se “guerriero” e che nelle armate americane non vede alcun grande fratello e che non accetta da quegli uomini in armi il termine friendship (amicizia) nè l’altro che sarebbe “Freedom” (libertà). Gli arabi la loro libertà hanno sempre saputo e voluto interpretrarla a loro modo e a loro uso e consumo in un mix esplosivo di retaggi medievali, opportunismi, consuetudini, ignavia, superstizioni e fanatismo religioso esacerbato, simile a quello degli hezbollah e dei kamikaze che in Israele conquistano il loro personale posto in Paradiso facendosi esplodere dentro gli autobus e davanti alle chiese nella speranza di portarsi dietro nella tomba il maggior numero degli odiati nemici sionisti. Nemici da sempre. Nemici alla morte solo da quando alla guida di Israele vi è un falco come Sharon e alla guida degli USA invece è l’enigmatico George “W” (recentemente e per sempre : “Warmaker” (Guerrafondaio) BUSH: l’uomo che più di tutti incarna la mediocrità del popolo che rappresenta e che - al di la della immane e forse prevedibile ed evitabile tragedia delle Twin Towers, evidenzia tutto il disagio e la limitatezza della società americana e della sua classe dirigente espressione una mid class conservatrice, in qualche aspetto bostoniana ma per molti altri solo gretta e cinica, egoista, indifferente e amorfa: da Far West cialtrone. Ecco allora che le ragioni, quali che siano, della presa di posizione contro Saddam Houssein diventano il pretesto per una campagna elettorale non più solo incentrata su un rigorismo becero e ottuso di decine di condanne a morte eseguite solo per dar in pasto alla gente degli States briciole di certezze stile Lynch e con il copyright federale ma anche e soprattutto con lo spirito corsaro e rapace di chi due secoli or sono inviava l’esercito ad ammazzare gli indiani Pellerossa, provocando con agenti provocatori sommosse fra gli indigeni con la loro fuga dalle riserve o con qualche scorreria ai danni dei coloni che - alla fine - giustificavano l’invio dell’esercito con i soldati in giacca blu con i Winchester, le mitragliatrici Howitzer e i cannoni a decimare straccioni armati spesso solo di archi
di Luigi Mamone (2003)
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Custer, Tommy Franks. Il Little Big Horn e l’attacco alla Torre d’Avorio. Ricorsi storici in margine alla tragedia di una armata e della civiltà che l’ha creata
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e frecce o del tutto indifesi dentro villaggi di tepee. Tante volte, troppe volte, i soldati yankee ebbero partita vinta e gli indiani furono uccisi al termine di operazioni di genocidio pianificato, spregevoli quanto le persecuzioni razziali dei nazisti dello scorso secolo in Europa. In una occasione però, gli Indiani aguzzarono il cervello e dopo aver attirato all’interno del loro territorio il generale George Custer - convinto - questi - di far un solo boccone di qualche centinaio di straccioni urlanti, lo circondarono a migliaia intorno alla collina del Little Big Horn (del piccolo Bue dalle lunghe corna) e massacrarono i castigamatti fino all’ultimo uomo. A distanza di 130 anni circa da quel tragico episodio che fu l’ultimo grido di orgoglio militare della nazione pellerossa, su altri scenari e con altri mezzi la scena ha ottime possibilità di ripetersi. Il George Custer della situazione di chiama Tommy Franks, ed è il comandante dell’invincibile armata Yankee in Iraq. Il Little Big Horn forse si chiamerà Baghdad o giù di lì. Non è ancora possibile conoscere il punto esatto in cui l’armata Angloamericana che pensa di assediare la capitale irakena si ritroverà assediata da ogni lato con migliaia o forse milioni di arabi, soldati e non, che potrebbero attaccarla impedendole ogni via di fuga, compresa quella della ritirata. La nazione araba, sarà capace di compattarsi o forse solo di attendere e logorare gli americani e i loro alleati in un defatigante gioco di imboscate, di agguati, di attentati e di guerriglia. Fino a sfiancarli. Fino a riprendersi il controllo della loro terra. Era apparso a tutti gli analisti insolito, fin troppo facile e agevole che una armata come quella americana non incontrasse resistenza. A nostro modo di vedere gli irakeni hanno intenzionalmente lasciato aperto i varchi per consentire al “Settimo Cavalleggeri” ( guarda combinazione, uguale al reparto di Custer massacrato al Little Big Horn) di avanzare nella amplissima zona desertica che separa il confine dalla capitale. Fin tanto che l’armata resterà unita e a ranghi e colonne compatte, gli irakeni poco potranno fare. La “trappola” a nostro modo di vedere potrebbe scattare alla periferia della Capitale irakena, con la difesa della guardia repubblicana ( che se armi chimiche esistono le userà contro gli americani) e il possibile accerchiamento da parte di milizie di retroguardia fino ad oggi astutamente rimaste defilate o nascoste e che potrà contare sull’appoggio fanatistico di parte della popolazione musulmana e filo integralista simpatizzante di Bin Laden e di Al Quaeda e sostenitrice di Saddam. Nella battaglia casa per casa o strada per strada, con conseguente sgretolamento della compattezza dell’armata, le possibilità di vittoria degli americani appaiono ridotte e remotissime e non v’è dubbio alcuno che gli irakeni non appena riorganizzeranno le loro file cominceranno a infliggere agli americani perdite costanti in uno stillicidio di vite umane che alla fine si ritorcerà contro Bush e la sua politica di intervento militare indiscriminato e sostanzialmente violento. Altrettanto impossibile appare il controllo del territorio irakeno qualora sacche di resistenza guerrigliera, organizzate militarmente, cominciassero a muovere attacchi improvvisi in una serie continua di agguati: di mordi e fuggi, imprevedibili e difficilmente contrastabili. Possibile che prima di scatenare l’ecatombe che le TV di tutto il Mondo in ogni ora del giorno e della notte mostrano George “Warmaker “ Bush non sia andato a farsi consigliare da qualche stratega serio, e non solo - come i fatti sembrano dimostrare - da qualcuno che deve aver paragonato la “Nazione araba” e la civiltà islamica” ai pellerossa delle riserve, dimenticandosi o non considerando che se deblacle vi sarà - Little Big Horn o meno - la credibilità del mondo occidentale sarà definitivamente compromessa. Quanto al Generale Franks, che abbiamo visto in TV, non ricorda in maniera spiccata nessun suo illustre storico predecessore, (Patton, Eisennhower, Montgomery, Schwarzkopf, Rommel, Dayan) In quella sua tuta mimetica larga ricordava molto vagamente più che altro un mix fra Jerry Lewis e Luca Giurato. Questo grande condottiero - chiosiamo - abbia almeno la dignità di Custer che morì fra le sue “giacche azzurre” al Little Big Horn e vada guidare con la bandiera a stelle e strisce e il trombettiere alla carica dei libertadores alla torre d’avorio di Baghdad. (1 continua)
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di Luigi Mamone
La Chiesa della Piana del Tauro al centro di concertate azioni denigratorie
Under attack!
N
on v’è più dubbio. La Chiesa particolare della Piana del Tauro, ovvero la Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi ci sembra si sia trovata in questi ultimi mesi al centro di una macchinazione denigratoria finalizzata alla destabilizzazione. Troppi sono i segnali inequivoci che possono essere letti in questa direzione. Troppe le voci “ben classificabili” per greppia d’appartenenza e background culturale che hanno alzato il tiro contro tutto e contro tutti. Ansia di cambiamento? Assolutamente no. Anzi, tutt’altro. Gattopardescamente verrebbe da pensare l’emergere una volontà di non far mutare nulla. Ha cominciato a disturbare o, forse, disturba, il decisionismo e la carica di comunicatività di Mons. Milito, unita alla voglia di andare al cuore dei problemi e alla volontà di guidare la Diocesi con mano ferma e coinvolgendo le diverse componenti dalla Comunità ecclesiale? Per essa il Presule evoca e ribadisce l’immagine della famiglia, nella quale ci si prende cura gli uni degli altri, partendo dai più piccoli e dalla conoscenza dei problemi e delle realtà del territorio. Certo la presenza e il decisionismo di Mons. Milito hanno scompigliato le carte a più di uno non abituato a questo stile pastorale. Ma tant’è. L’unico modo per arginare lo tsunami Milito, uno dei pochi prelati che interpreta e applica il pensiero e la linea di azione di Papa Francesco (ma era già con almeno un anno di anticipo, cioè dal giorno del suo ingresso in Diocesi rispetto alla nomina di Bergoglio), è stato quello di una concertata serie di attacchi provenienti principalmente da forze laiche, che dovrebbero operare in campi diversi e con logiche diverse. Legittima è in sé l’azione repressiva di chi è preposto a difendere la legalità e a far affermare la forza del diritto. Altrettanto legittimo è – dal versante dei ministri di culto – prendersi cura delle anime. Le sfere di azione del mondo laico e di quello religioso appaiono diverse: c’è chi giudica le azioni terrene e chi lavora alla cura delle anime. Confondere questa diversità sostanziale dei campi d’azione è un errore colossale. Che si spiega solo con una visione agnostica, atea e anticlericale o di negazionismo dell’autorità spirituale. Ma tanto – se così fosse – rientrerebbe ancora in un comprensibile confronto fra poteri di natura diversa. Quello che è accaduto nella Diocesi di Oppido MamertinaPalmi vede invece attacchi molto più bassi che mirano a sottintendere commistioni, a ledere l’immagine, la dignità e la stessa unitarietà della chiesa. In essi, a parte la faziosità e il mancato rispetto del riferire la verità, leggiamo una mala fede degna di raffinati strateghi, emuli di uomini di potere, di razza. A chi giova tutto questo? Probabilmente a pochi, anzi a pochissimi: quelli che negli ultimi tempi hanno palesato insofferenza, per cui hanno tentato di attaccare il Presule. Per metterlo in difficoltà, rimescolare le carte, costringerlo a logiche da manuale Cencelli? Logiche che, meritocratico e rigorosamente obiettivo com’è per proprio abito mentale e costume morale, il Vescovo non accetta, non condivide e non fa sue. La tattica usata
dagli assalitori è stata sottile: mettere in discussione – utilizzando anche certa stampa irriflessiva quando non compiacente – ciò che non garba. Basta leggere le locandine dei giornali. Attacchi bassi e privi di riscontro. Prima la vicenda dei presunti inchini nelle processioni; quindi l’ombra di una storia assurda, infondata e denigratoria di graduatorie scolastiche per le sorelle del presule. Negli ultimi giorni polemiche – anch’esse pilotate e in male fede – contro la nomina di Don Antonio Scordo a Parroco di Gioia Tauro. Un sacerdote valido, capace e coraggioso. Forse l’unico che in un certo processo caratterizzato da una forte attenzione mediatica, senza mai violare il segreto della confessione, avesse detto la verità, venendo cionondimeno e paradossalmente condannato per falsa testimonianza da un tribunale di “uomini”. Un tribunale in sé fallace: come ogni cosa umana. Negli ultimi giorni le locandine evidenziano il problema legato alla presenza di sacerdoti gay. Ci domandiamo. Ma la Chiesa è – o si vorrebbe che fosse – omofoba? Lo stato laico in moltissime componenti politiche evidenzia la necessità di superare ogni forma di omofobia. Solo nella Piana del Tauro, si grida al pericolo della presenza di sacerdoti gay. La tendenza sessuale di qualsiasi soggetto, laico o religioso, uomo o donna – in sé e da sé sola – non deve costituire elemento di discriminazione. Vi sono stati e vi sono politici, uomini di cultura e di sport e delle istituzioni che, senza far mistero della propria omosessualità, la vivono con grandissima dignità restando persone assolutamente irreprensibili per la loro condotta di vita. Se tanto dovesse avvenire anche nel mondo religioso e nel rispetto della promessa o del voto di castità, non v’è ragione per alzare proclami omofobi. Cosa diversa sarebbe se le tendenze sessuali di un soggetto si traducessero in forme di trasgressione, di commissione di reati a sfondo sessuale, di violazione di regole morali e di condotta civile. Come accade nei casi di pedofilia. E, sia chiaro, pedofilo può essere anche un eterosessuale. O come accade nei tanti casi di violenza in ambito domestico sfociati - come alcuni episodi di cronaca hanno evidenziato – nell’incesto. Saulo – poi divenuto Paolo – era un persecutore di cristiani. Fu folgorato da Dio sulla via di Damasco: “Saulo, Saulo,
perché mi perseguiti?” Questo per dire che nessuno deve permettersi di discriminare il diverso per la sua diversità. Laico o sacerdote che sia. Eterosessuale o gay, il richiamo di Dio – così come per Saulo sulla via di Damasco, può giungere ed essere irrefrenabile per chiunque in qualunque momento della vita. Sia fatta allora la volontà di Dio. E che nessuno discrimini senza ragione nessuno. A Mons. Milito, i sensi dell’apprezzamento e della assoluta condivisione per la sua azione pastorale forte e coraggiosa con l’invito ad andare avanti. Con serenità. Nel nome del Signore che, come recita il Magnificat: “Ha innalzato gli umili, fatto cadere i potenti dai troni e rimandato i ricchi a mani vuote”. Ai denigratori, ricordiamo che esiste anzitutto il rispetto dell’altro che fa tutt’uno con il rispetto della verità nei suoi confronti. Speriamo si sia trattato solo di un brutto sogno di mezz’estate e che il vento d’autunno continui a far cadere le foglie secche. Anche il freddo e le piogge d’inverno sono provvidenziali. Sotto il terreno allagato le radici si nutrono per portare germogli e frutti a primavera. E per la Chiesa della Piana ci pare che questa sia già iniziata, nonostante tutto.
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Chi sono le forze oscure che hanno interesse a destabilizzare l’azione pastorale di Mons.Milito ?
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Chiara e Martina sul palco del New Wave Junior 2014
di Federica Mamone
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Chiara e Martina
Entusiasmano al New Wave Junior 2014
hiara e Martina Scarpari le due gemelle di Varapodio assurte ai vertici della canzone italiana con la fortunata trasmissione Tv di Antonella Clerici “Ti lascio una canzone” stanno raccogliendo grandi consensi di pubblico e di critica nel loro primo vero impegno internazionale, a Yalta, in Crimea dove hanno partecipato al New Wave Junior 2014, lo scorso 16 agosto. In un contesto di altissima professionalità e rigore lavorativo con giornate di intenso lavoro per provare i brani in italiano e anche in russo e raggiungere con i maestri d’orchestra la necessaria intesa che si richiede ogni qualvolta si canta dal vivo le due sorelline varapodiesi hanno dimostrato di possedere non solo delle bellissime voci e una perfetta intesa fra loro ma anche estrema professionalità e molta puntigliosità nel lavoro al fine di poter dare poi, nel corso dello spettacolo il meglio di se. Il papa di Chiara e Martino con un SMS ha detto: "Vorrei condividere con voi questi momenti molto particolari che stiamo vivendo in
questi giorni in Crimea. Sono giorni di intenso lavoro soprattutto per Chiara e Martina: si prova dalle 11 alle 20 con una sola pausa di un'ora. Si lavora sul canto, sui brani del repertorio che Chiara e Martina dovranno presentare e anche su brani corali che dovranno essere cantati in lingua russa e non solo, c’è anche il ballo. Certo, la comunicazione con gli altri non è semplice, considerato che ci sono rappresentanti di 16 nazioni diverse, e poi il cibo lontano dalla nostra cucina italiana, gli sbalzi di temperatura…ma se poi pensiamo alle grandi soddisfazioni che stiamo provando siamo felici di trovarci qui. Quando maestri di canto di tutto il mondo ti ricoprono, di complimenti ti rendi conto che ne è valsa la pena. Sarà emozionante, come genitore e come italiano, vedere Chiara e Martina sventolare la bandiera italiana in mezzo a tutte quelle degli altri Stati in un festival in cui sono previsti circa 300 milioni di telespettatori e con uno stadio che conta il tutto esaurito. Ad majora, finalmente con qualcuno che tiene alta l’immagine della nostra terra".
Chiara e Martina con il papà
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Nelle foto: vari momenti della celebrazione
di Filomena Scarpati
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Celebrati a San Giorgio Morgeto i 200 anni dell'Arma
n uno scenario prettamente medievale che meglio si sposa con due secoli di storia, si sono tenuti i festeggiamenti per il bicentenario della fondazione dell’Arma dei Carabinieri. A proporli lo staff del “Corriere della Piana”, promosso da Luigi Ottavio Cordova, Presidente Circolo MCL "Don Pietro Franco" di Taurianova, editore del magazine al quale sono andati i ringraziamenti del Sindaco Carlo Cleri che ha aderito alla proposta assieme all’ Am-
ministrazione Comunale di San Giorgio Morgeto. La cerimonia commemorativa ha avuto inizio alle 18,30 del 21 Agosto scorso con una Santa Messa officiata da Don Pino Demasi Parroco di Polistena, nella Chiesa Matrice. Nell' omelia il Presbitero ha evidenziato il sacrificio di tanti Carabinieri che hanno perso la vita per servire lo Stato con alto senso di dignità ed abnegazione. Durante il rito, Lillo Condrò, di Taurianova, trombettiere dell'Associazione Nazionale Carabinieri della Regione
Calabria, ha intonato alcune note del "Silenzio" per ricordare i caduti. Prima della benedizione finale, il Generale Angiolo Pellegrini ha letto la famosa preghiera dedicata alla Virgo Fidelis. La manifestazione é proseguita con l’inaugurazione di una mostra fotografica in tema, dislocata lungo tutto il tragitto che dalla Chiesa porta fino alla Piazza principale del paese, dove fa da sfondo un’antichissima fontana. Le foto, di alto valore e contenuto storico e pittorico, sono state scattate a Roma in occasione
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dei festeggiamenti ufficiali del Bicentenario della fondazione dell'Arma dei Carabinieri e a Toronto Canada. Gli interventi che si sono susseguiti in piazza sono stati intercalati dalla proiezione di filmati riportanti due secoli di storia dell'Arma e i suddetti festeggiamenti tenutisi a Roma e Toronto. Accompagnati dal concerto bandistico cittadino e da un folto pubblico hanno partecipato: il Sindaco della Città Carlo Cleri; il Generale Angiolo Pellegrini relatore ufficiale della manifestazione che per diversi anni è stato capo della Dia calabrese, riscritto il processo Olimpia, il più grosso processo alla mafia di tutti i tempi e condotto numerose indagini e arresti in Calabria, fino al punto da meritare il San Giorgino d’oro dal Sindaco Italo Falcomatà per aver liberato Reggio Calabria e Provincia dalle lotte e faide della ‘ndrangheta degli anni ’80, riportando la tranquillità necessaria ai suoi abitanti, dulcis in fundo va anche detto che trattasi di esperto conoscitore di tutte le possibili dinamiche e logiche attraverso le quali le mafie attuano i loro progetti; il Capitano Giovanni Barone Comandante della Compagnia di Taurianova; il Capitano Gianfranco Aricò, in atto Ispettore per la Regione Calabria dell’ Associazione Nazionale Carabinieri; tanti altri membri della stessa Associazione; alcuni rappresentanti dei Lions della zona Ionica e Tirrenica. Hanno anche preso parte alla manifestazione il Comandante della Stazione dei Carabinieri di San Giorgio Morgeto, Maresciallo Pietro Failla e il Maresciallo Francesco Albanese. Al tavolo dei lavori nella piazza principale del paese, dove sorge l'antica "Fontana Bellissima", hanno relazionato l'avv. Luigi Mamone, Direttore del Corriere della Piana che ha moderato l’interessante convegno durato oltre due ore, rilevando il raro pregio di non stancare in quanto le notizie riportate hanno carpito l’attenzione di un pubblico attento, in grado di recepire in modo adeguato determinate informazioni. Oltre all’avv. Mamone hanno ancora preso la parola: il Sindaco di San Giorgio Morgeto Carlo Cleri, ex Brigadiere dei Carabinieri e ben disponibile all’organizzazione di eventi di tipo sociale e culturale di elevato spessore; il Capitano Giovanni Barone Comandante della Compagnia di Taurianova che dopo essersi espresso con fierezza nei confronti di una manifestazione che sicuramente è servita ad accrescere l’apprezzamento per il servizio dei Carabinieri svolto per la sicurezza dei cittadini, ha porto oltre al suo saluto, quello del Colonnello Lorenzo Falferi, Comandante Provinciale di Reggio Calabria impossibilitato a presenziare per improrogabili motivi istituzionali. Dopo la relazione del Generale Pellegrini che ha anche lanciato l’idea dell’iniziativa per San Giorgio Morgeto di festeggiare il Natale Italico considerato che nella storia l’origine degli italici si colloca proprio in quel luogo, la parola è passata al Capitano Gianfranco Aricò che si è complimentato per la manifestazione, ha parlato dell’Asso-
ciazione Nazionale Carabinieri che conta 210 mila iscritti, portato il saluto del Generale Libero Losardo, Presidente dell'Associazione e infine ha consegnato tre volumi editi dalla stessa Associazione di cui, uno è andato alla Giornalista Filomena Scarpati, Vice Direttore del Corriere della Piana, promotrice della divulgazione della storia dell'Arma dei Carabinieri e dell’azione costante a beneficio dei cittadini, concordando una serie di articoli con cadenza mensile già pubblicati a cura del Generale Pellegrini. Per i prossimi dodici mesi si è provveduto ad avviare un calendario d’impegni al fine di portare a conoscenza dei lettori la dinamica degli omicidi più noti alla storia e come si sono svolte le indagini. Gli altri due manoscritti sono stati consegnati al Sindaco Cleri e al Generale Pellegrini, mentre al capitano Barone sarà inoltrato successivamente. La manifestazione che si è protratta per oltre cinque ore senza stancare, è stata apprezzata per l'alta qualità e la buona riuscita. Un'ora di Concerto a cura della famosa orchestra di fiati "Città di Laureana di Borrello" diretta dal Maestro Maurizio Manago', ha deliziato gli animi con brani di fama mondiale sul finire della serata. La prima parte della manifestazione è stata invece accompagnata dalla banda dell’ Associazione Musicale “ Francesco Florimo”, diretta dal Maestro Michele Giovinazzo di San Giorgio Morgeto. Un ringraziamento da parte del Sindaco è andato al direttivo del “Corriere della Piana che per l'occasione ha pubblicato uno speciale sull'Arma dei Carabinieri corredato da un poster rispecchiante il tema, necessario non solo per la diffusione della storia dell'Arma, ma anche per sviluppare sentimenti di apprezzamento in coloro che prestano un servizio allo Stato da ritenersi missione a beneficio delle genti, sacrificando, quando è necessario, anche la propria vita. Emerge, quindi, la necessità di avvicinare i cittadini ai Carabinieri attraverso l’apertura al dialogo tra loro e le diverse Istituzioni. Una maggiore fiducia in chi svolge
un’attività di protezione verso gli altri, dà sicuramente risultati positivi, capaci di stravolgere il comune sentire e dare l’input necessario al miglioramento delle condizioni sociali. Conoscere il loro operato nelle diverse situazioni e le motivazioni per cui sono tenuti a fare delle scelte anziché altre, consente di acquisire l’importanza del rispetto delle norme, dei codici comportamentali e delle regole in genere, senza la cui conoscenza e presa di coscienza, ogni tentativo di dialogo diventerebbe vano. Presente alla manifestazione anche Luigi Longo editore di Approdo News e i rappresentanti della stampa regionale.
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Una intensa estate cittanovese
di Carmen Ieracitano
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Una estate intensa
onostante la crisi non risparmi nessun comune d’Italia, e in special modo quelli del sud, esistono piccole isole felici che comunque si danno da fare ritagliandosi una propria fetta di successo personale. Cittanova, nell’ambito della Piana di Gioia Tauro, è uno di questi. Forte dell’entusiasmo che caratterizza la neo eletta amministrazione di centro-sinistra, guidata dal giovane Sindaco Francesco Cosentino, e del sostegno di imprenditori del calibro di Francesco D’Agostino, che con la sua Stocco&Stocco non soltanto dà lavoro va oltre un centinaio di abitanti, ma contribuisce a portare il nome della cittadina, e il gusto del suo prodotto tipico più conosciuto, ben oltre i confini nazionali, Cittanova ha vissuto quest’estate una stagione così ricca di eventi da confermarsi meta prediletta dell’intrattenimento serale per tutte le fasce d’età e di popolazione. A cominciare appunto dalla quindicesima edizione della Festa Nazionale dello Stocco, che quest’anno ha raddoppiato proponendo la novità, riuscitissima, della Sagra del Baccalà, e ben due grandi concerti. Quello, sensazionale, di Emis Killa, il 7 agosto, per la Sagra del Baccalà appunto, che ha portato a Cittanova ben 60.000 persone, registrando un primato assoluto, e quello un po’ più di nicchia ma di gran classe del sem-
preverde Renzo Arbore che ha allietato in pubblico meno numeroso ma comunque di tutto rispetto (circa 20.000 presenze), della vera e propria Festa dello Stocco, il giorno 10. A ciò si va ad aggiungere il consueto appuntamento con la tre giorni di Tradizionandu Etnofest, dal 16 al 18 agosto, quest’anno a tema Rom, arricchito dalla presenza di artisti quali Tonino Carotone, Lollo Mejer, Rares Morarescu e Mario Venuti, che offre, come di consueto oltre ai concerti serali, tutta una gamma di attività: dalle escursioni tra le bellezze del territorio alla possibilità di imparare a suonare uno strumento o le danze tipiche del sud d’Italia con l’ausilio di seminari tenuti dai maestri del genere, e ben due sagre gastronomiche a base di prodotti tipici: la sagra della “Pitteda China” e quella della Cucina Mediterranea. Ancora musica nella gradevole location di Piazza Parise, dove ha sede lo storico “pozzo” con la sua balconata che offre una splendida vista sulla fiumara Serra, la sera del 21 agosto, con la Siux Blues Band, evento importante perché, come ha annunciato il sindaco Cosentino si è trattato di una sorta di “apripista” al ritorno della famosissima e molto rimpianta manifestazione “Asproblues”, che negli anni passati aveva portato a Cittanova personaggi di fama internazionale. Tutto ciò sembra avere avuto favorevoli ripercussioni sull’animo
Emis Killa
dei cittadini, tra i quali si è registrato anche un incremento delle attività professionali legate all’intrattenimento serale, con ben tre nuove aperture di locali: una chupiteria, una gelateria e il Well’s Pub, proprio sulla via del sopra citato “pozzo” da cui prende il nome, divenuto subito meta prediletta tra i giovanissimi, ma anche tra chi, fra gli adulti, ama la buona cucina, a causa dell’ottima pizza e dei ricchissimi apericena. Di questo passo, chissà che Cittanova non finisca davvero per trasformarsi nella meta ideale della nuova “movida calabrese”.
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di Girolamo Agostino
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Il mare non divide i popoli ma li unisce “ e questo detto spesso trova riscontro nella realtà; in effetti, per via del mare nel passato, per diverse circostanze, gli abitanti di molti territori riuscirono a congiungersi con altre terre lontane, fenomeno (purtroppo tristemente frequente) che anche ai nostri giorni non è venuto meno e la nostra Calabria da sempre sembra essere meta di riferimento e di speranza per la gente di oltremare. In tempi lontani, i flussi migratori dell’antica Grecia arrivarono sulle nostre coste forse con l’intento di imporre il loro dominio ma, inaspettatamente, sul suolo calabrese come in quello siciliano non trovarono le ricchezze sperate scoprendo, invece, una realtà fatta di aridi e siccitosi terreni, di miseria e di povertà e poiché il viaggio di ritorno non era una facile prospettiva, per sopravvivere, furono costretti a rendere fertili e produttive le aree colonizzate adoperandosi a mettere in campo tutte le loro conoscenze ed esperienze lavorative. Di conseguenza nelle colonie della «Magna Grecia» apportarono usanze, tradizioni, sistemi di produzione e di commercio nuove ma anche una nuova politica, cultura e civiltà soprattutto per quanto riguardava il rispetto della persona e della vita; consuetudini trasmessi ai nostri indigeni che, per certi aspetti, perdurano fino ai nostri giorni in tantissimi paesini della fascia ionica e dell’entroterra calabrese. San Giorgio Morgeto è uno dei borghi del Parco Nazionale d’Aspromonte che custodisce un patrimonio di storia inesplorato e porta i segni di un passato le cui origini affondano in tempi lontani. Qui, come in un libro di fiabe, fra la gente di avanzata età, trovano ancora spazio racconti di fatti e leggende di un mondo primitivo con grande apprezzamento fra le nuove generazioni e a ridestare la memoria di un tempo in questo piccolo centro, puntualmente ogni estate, ci pensano gli artisti della tradizionale «Festa Medioevale» riproposta quest’anno per la settima edizione; come sempre, a dare gli eccezionali frutti di una buona riuscita della manifestazione è l’instancabile lavoro dei volontari dell’«Associazione Nuovo Mondo Onlus» guidati con intelligenza e serietà dal prof. Francesco Greco. Nelle serate del 12 e 13 agosto 2014 il paesino di San Giorgio Morgeto sembrava magicamente trasformato e chi non era a conoscenza dell’evento non riusciva a spiegarsi cosa stava accadendo; lungo la strada provinciale il traffico automobilistico procedeva a passo d’uomo ed a circa due chilometri a valle bisognava lasciare l’auto nei parcheggi; per accedere al centro storico facevano la spola un nutrito numero di “navette” istituite appositamente per l’occasione ma, molti visitatori impazienti, che affluivano in continuazione da altri paesi, preferivano avviarsi a piedi per raggiungere l’abitato e fra questi era possibile notare diverse coppie di innamorati, che approfittavano del chiarore della serata per vivere una passeggiata romantica. La manifestazione ha rivestito costumi e personaggi dei secoli passati arricchita di novità nelle due serate e si è svolta in un lungo e pittoresco percorso fra le vie del paese, dove le case contigue e sovrastanti le une alle altre sembrano appoggiate come per sorreggersi. Quest’anno a dare l’avvio alla festa in Piazza dei Morgeti sono stati gli sbandieratori “Rione Cassero di Castiglion Fiorentino” e tutto il tragitto che arrivava fino all’antico Castello è stato animato da musica medioevale, di acrobazie, giocolieri, trampolieri e spettacoli con il fuoco fra le urla di divertimento dei bambini. A rendere ulteriormente
Nelle foto: giocolieri e figuranti in costumi medievali
San Giorgio Morgeto: "Festa Medievale" una tradizione in crescita piacevole le serate, dobbiamo pur dirlo, sono stati anche gli stands gastronomici che sprigionando eccezionali odori di pietanze tipiche locali stimolavano insopportabilmente l’appetito dei passanti: qui era obbligo fermarsi. Comunque, chiunque ha potuto partecipare alla tradizionale festa ha espresso grande apprezzamento pur rimanendo insoddisfatto per lo svolgimento in sole due serate e per questo da più parti fu sollevata l’esigenza, per l’avvenire, del prolungamento dell’evento per un’intera settimana. Certamente, nel periodo estivo, per incrementare il turismo nei nostri paesi, sarebbe molto bello far vivere giorni di allegria e spensieratezza ma bisogna pur essere consapevoli che per organizzare e promuovere manifestazioni di notevole portata incidono costi e lavoro per cui è opportuno che gli enti di sviluppo del turismo si facciano carico e non esitano a supportare iniziative culturali che oltre al mantenimento del buon costume incentivano la crescita economica del territorio. Riproporre la Festa Medioevale a San Giorgio Morgeto, ormai, è diventato un impegno irrinunciabile poiché non riveste solamente un aspetto folkloristico e rievocativo dei tempi lontani ma si prospetta ad avviare una strategia di indagine storica per riscoprire il passato e studiare le origini remote di questo paese. San Giorgio Morgeto, in questi ultimi tempi sta vivendo momenti di grande interesse collettivo; durante quest’anno si sono svolti importanti eventi mirati alla crescita civile e culturale dei suoi abitanti ma anche a valorizzare il ricco patrimonio di beni ambientali presenti nel territorio: si è svolta per la seconda volta la Giornata Mondiale del libro; è stata scoperta ed intitolata la Via più stretta d’Italia, “il Passetto del Re di soli 40 cm”; è stata festeggiata la ricorrenza del 150° anniversario dell’attribuzione Morgeto al nome San Giorgio; su iniziativa del Corriere della Piana e dell’Amministrazione Comunale è stato festeggiato il 200° anniversario della istituzione dell’Arma dei Carabinieri, evento fortemente apprezzato dai cittadini per sostenere la legalità nel nostro borgo. Nell’auspicio che le iniziative intraprese diano buoni risultati nel futuro, i sangiorgesi ringraziano vivamente tutti coloro che con impegno e sacrificio si prodigano per il bene dell’intera comunità.
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In memoria dell’avvocato Arturo Zito De Leonardis Poeta, letterato e studioso di storia patria
Arturo Zito De Leonardis con Cecè Alampi
di Cecè Alampi
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iorno 9 Agosto scorso, a Cittanova sua amata città natale, si è spento l’Avvocato Arturo Zito de Leonardis. Anche se sapevamo che ultimamente aveva avuto qualche problema di salute dovuto, per lo più, alla sua veneranda età, come mi aveva detto, scherzando, l’ultima volta che ci siamo incontrati, non ci aspettavamo questa sua repentina dipartita. Ci siamo incontrati il 2 Luglio scorso, infatti, come ogni anno, in Contrada Malizia, per la celebrazione della Santa Messa in onore della Madonna delle Grazie e della Misericordia, presso la Chiesa Gentilizia del Contado feudale di Malizia della Pietra e mi aveva detto che era stato in ospedale, a causa di qualche acciacco ed era preoccupato più per l’organizzazione della S. Messa, che non aveva potuto seguire di persona, che per la sua salute. Una S. Messa che ha avuto una numerosissima partecipazione di fedeli, accorsi, ancora una volta per venerare la Madonna delle Grazie e della Mi-
sericordia rappresentata in un bellissimo quadro dipinto nel 1901 dal maestro Giuseppe Bonaccorso di Messina, dopo che un incendio aveva danneggiato l'originale del 18° secolo. Voglio ricordare adesso il rapporto di stima e amicizia che ci ha legato fin dal primo momento che ci siamo conosciuti, tantissimi anni fa, presso la Tipografia del comune amico Franco Colarco dove l’Avvocato stampava i suoi volumi ed opuscoli. L’amicizia si è rafforzata quando l’Avvocato seppe la mia parentela con il defunto sacerdote cittanovese Don Girolamo Siciliano, zio di mia madre e con il suo grande amico Pietro Antonio Muratori, artista cittanovese residente in Svizzera, cugino di mia madre. Voglio ricordare allora, il brillante e gradevole oratore, che mi ha subito affascinato, il simpatico e accattivante conversatore di fatti, avvenimenti e aneddoti, interessanti e piacevoli, che incantavano affabilmente gli ascoltatori. Voglio ricordare lo storico innamorato della vita e di tutti i suoi aspetti; l’intellettuale appassionato della storia e soprattutto della storia della sua città e del suo circondario, che ha sempre cercato di approfondire e comprendere nella sua complessità. Voglio ricordare l’uomo, anzi il galantuomo che ha messo i suoi talenti al servizio della comunità e della società. L’uomo di cultura e di fede, capace di coniugare la ragione critica ai principi religiosi. L’uomo innamorato della Madonna per la quale ha composto le pagine più belle della sua vita, ma soprattutto ha cercato di imitarne le virtù, specialmente quelle del servizio e della carità, generosa e riservata, verso tutti i bisognosi. Voglio ricordare il marito esemplare e il padre amorevole di quattro figli ai quali lascia un patrimonio soprattutto umano, morale e spirituale, come segno di amore verso la loro storica famiglia e come valori fondamentali per edificare un futuro di convivenza sempre più solidale. Voglio ricordare l’Avvocato insignito con la “Toga d’Oro” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del Foro di Palmi, il 16 Gennaio 2000, per aver compiuto cinquant'anni di lodevole esercizio della professione. Voglio ricordare Arturo Zito de Leonardis, il quale, insieme all’attività forense, iniziò, giovanissimo, la sua attività culturale e artistica con ricerche sui temi della storia e della società di Cittanova, riuscendo a mettere a disposizione della sua comunità cittanovese e della Piana il suo patrimonio di studioso e la sua passione per la storia patria e per la cultura locale e generale che declinava nelle varie espressioni della poesia, della pittura, della scultura, della letteratura, del giornalismo, dell’attualità. Un grande vero umanista il quale non trascurava nulla di tutto ciò che si poteva imparare dai libri di Dio e da quelli degli uomini. I suoi numerosi scritti, i suoi opuscoli, i suoi libri, i suoi interventi in qualità di relatore durante convegni e dibattiti, le sue conferenze, i suoi numerosi articoli per giornali e riviste, testimoniano la sua capacità di aver saputo comprendere gli avvenimenti con lungimiranza e anche al di la della loro apparente realtà, ma soprattutto testimoniano la sua capacità di aver saputo instaurare un convinto e proficuo dialogo con la società civile e le sue istituzioni anche sui temi del lavoro, dell’economia e del sociale. L’Avvocato fu anche impegnato politicamente e per due legislature dal 1972 al 1979, fu Sindaco di Cittanova dove ha lasciato un’impronta indelebile oltre che di opere politicoamministrative, di amore e passione per la sua città specialmente nella riscoperta delle sue virtù e delle sue capacità antiche, sia umane che morali e spirituali, come segno e testimonianza di vie sempre valide, per la rinascita e la crescita della comunità. Voglio ricordare il fondatore e Presidente dell’Associazione “Accademia Libera – Novi Albori”, di Cittanova, che dal 1988 ha operato per la rivalutazione, la promozione e la realizzazione dei valori culturali fondamentali della civile tradizione del patrimonio locale ed urbano. Voglio ricordare, tra i tantissimi premi che il nostro compianto Avvocato ha ricevuto, quelli a cui egli teneva di più: La Medaglia d’Oro degli Oscar del “Brutium”, con pergamena “per aver rinnovato, con le sue opere l’antica tradizione del popolo calabro e onorato l’Italia, patria comune”, che ha ricevuto dal Ministro degli Esteri On.le Lamberto Dini, il 22 Maggio 1988, presso la Sala della Protomoteca
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De Leonardis accanto ad Alampi, nel corso di una cerimonia religiosa all'aperto, in contrada Malizia
del Campidoglio; la Medaglia d’Oro della Società Artistico-Operaia di Cittanova, ricevuta il 2 Agosto 1998; la Targa Ricordo “Per il costante contributo profuso a favore della crescita culturale della comunità”, del Comune di Cittanova unitamente alla Parrocchia della Chiesa Matrice, ricevuta nella ricorrenza della festività di San Girolamo, Patrono della città, il 30 Settembre 2003; il Premio “Cittanova Radici 2008”, ricevuto il 12 Agosto 2008, durante un convegno pubblico. Voglio ricordare, tra le sue pubblicazioni, le opere che hanno lasciato un segno importante e indelebile per la nostra terra: “Cittanova Memorie e glorie” pubblicato nel 1974; “Cittanova di Curtuladi” del 1986; “Galleria Biografica degli Uomini e delle Donne Illustri e Benemeriti della Calabria”; il libro di poesie intitolato “Adesso…Ricordo”; il libro di racconti giova nili “I Segreti di Villa Schioppo”; “Storia della Chiesa del SS. Rosario di Cittanova”, “Storia e vicende della Chiesa del Contàdo feudale di Malizia”; “Carlo Ruggiero e la Villa comunale di Cittanova”; uno “Studio dell’Acquedotto civico del Serra di Cittanova”; “Cittanova e i Grimaldi”; “Celebrazione del “Dies Natalis” di Cittanova”; le biografie di diversi personaggi di Cittanova come lo Scienziato Domenico Tarsitani; il poeta e scrittore Alberto Cavaliere, il medico e giornalista Ferdinando Zito; il poeta Salvatore Antonio Guerrisi; il poeta Salvatore Giovinazzo; il poeta e romanziere Enzo Bruzzì; gli scultori Biangardi; il poeta e scrittore Pasqualino Barbatano; la famiglia Cavaliere; e, infine, l’eroica medaglia d’Oro della resistenza Teresa Talotta Gullace, la cui vicenda eroica è stata raccontata nel film Roma città aperta, del regista Roberto Rossellini, liberamente ispirata a un fatto realmente accaduto di cui fu sfortunata protagonista una giovane madre calabrese, Teresa Gullace Talotta, nata a Cittanova l’8 Settembre del 1906, ed emigrata a Roma intorno alla fine degli anni 30. È stato Arturo Zito de Leonardis, quand’era Sindaco di Cittanova, a rispol-
verare questa pagina semisconosciuta di storia e di grande cinema e a segnalare questo particolare al regista stesso e allo sceneggiatore Sergio Amidei. Con la morte di Arturo Zito de Leonardis, Cittanova e il circondario perdono un grande interprete della storia e della vita di questa terra perché ha saputo, inoltre, dare voce non solo agli intellettuali e soprattutto a quelli dimenticati, ma anche ai giovani e alla gente umile, coraggiosa e onesta che rappresenta questa nostra terra. Voglio terminare, questo breve ricordo del carissimo Avvocato Arturo Zito de Leonardis, con una sua poesia che raccoglie tutto il suo amore per la sua terra e i suoi cari, che voglio declinare come un testamento di amore per tutte le creature e il creato che dell’altissimo “portano significazione”, come diceva Francesco d’Assisi che egli amava particolarmente, ma anche come testamento di amore che ognuno di noi deve saper conservare per la sua terra e i suoi cari.
“Grazie Signore, perché hai segnato nel destino della mia vita, questo paese, quale nutrito nido dei miei affetti più cari. E mi sublima il cuore Il ricordo, oggi, di tanto amore, sempre più forte e tenace per l’umane vicende tra le tue mura e tra la tua gente, in una gioia festante, di ricordi felici e lontani. Amo il tuo cielo e le tue verdi montagne, l’aria salubre delle tue vallate, e le stillante murmuri acque delle tue fiumare e dei tuoi ruscelli, come un canto di laude che ti avvicina al cielo, per la grazia del divino volere. E ancora vedo quel sogno dei Padri nostri che vollero grande e forte il tuo cammino nell’ascesa su le vette della gloria, ove la tua storia secolare, parla del tuo passato in tanto fulgòre d’immagini, e splendono al presente ancora e le gesta e l’amore dei tuoi Figli migliori che il tuo nome, in tanta visione di luce immortale, custodiscono tenacemente nel cuore”. Accogliamo questi versi appassionati e commoventi, quasi come il testamento spirituale, del carissimo Avvocato Arturo Zito de Leonardis che vogliamo, infine, affidare al cuore misericordioso di Dio e alla santissima Madre di Gesù, la Madonna delle Grazie e della Misericordia, a lui tanto cara, che certamente lo avrà accolto nella gioia dei santi e degli angeli in Paradiso. Voglio sperare che il bene che il nostro carissimo Arturo Zito de Leonardis ha sempre cercato e seminato non andrà disperso, non sarà dimenticato e resterà non solo nei suoi scritti e nelle sue opere, ma resterà soprattutto nei nostri cuori e nelle nostre anime e nell’interpretazione del suo esempio e della sua testimonianza di vita.
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di Domenico De Angelis
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l 7° evento di Valorizzazione delle tradizionali “Pruna di Frati” organizzato a Terranova S.M. giorno 8 agosto u.s., è stato un successo. Le tradizionali prugne terranovesi, che vantano il marchio De.C.O, sono un prodotto di nicchia rinomato ormai in tutta la piana per le sue eccellenti caratteristiche. Le “prugne di Terranova” si presentano con forma ellissoidale, ricoperte di pruina bianca e risultano di colore verde fino a maturazione (luglio-agosto) con riflessi dorati e viola intensi. Al sapore sono molto dolci ed aromatiche con retrogusto persistente vegetale (erbaceo) e fresco, lasciando in bocca una gradevole sensazione di acidulo sul finale. La polpa è consistente e densa, poco succosa ed il seme si stacca senza difficoltà. Insomma, sono veramente uniche. Come unico è il nome, abbastanza suggestivo e carico di storia, allorquando vengono indicate col nome originalmente dialettale, e cioè “pruna di frati”. Il frutto, è stato così etichettato poiché introdotto probabilmente sin dal ‘500 dai monaci benedettini celestini. Già nel 1691 Padre Giovanni Fiore da Cropani nella sua “Della Calabria illustrata”, elencava tra le prugne presenti in Calabria anche “quelle dette di frati, quali sono molto nobili, e delicate”. Non è una precisazione inutile, inoltre, dire che le stesse trovino il suo ambiente ideale solo nel territorio terranovese. Fatta questa doverosa premessa sul frutto, è altrettanto necessario ricordare che, nonostante la sua particolarità, lo stesso non era stato fino a qualche tempo fa valorizzato al meglio. Ma, grazie al lavoro in sinergia, tra il Comune di Terranova S.M. e i produttori terranovesi (anche di piccole quantità), si è dato avvio ad un progetto che ancora oggi sta portando i suoi frutti. Infatti, in seguito alla valorizzazione delle tradizionali prugne di Terranova tramite il marchio De.C.O. (Denominazione Comunale di Origine), nasce nel 2008 la cooperativa agricola “Terranova”. La stessa, consta attualmente di circa 25 soci effettivi (cioè, ogni socio ha coltivazioni proprie) ed ha come scopo quello di razionalizzare la coltivazione delle caratteristiche prugne e concentrare l’offerta del prodotto anche tramite azioni di promozione e valorizzazione integrata. Nonché, tramite l’ausilio ed il supporto ad enti di ricerca ed enti pubblici, ha avviato progetti di ricerca e sperimentazione. La cooperativa “Terranova” produce inoltre la confettura extra e le prugne secche per ampliare il calendario commerciale e generare così maggiore economia per il territorio terranovese. Non c’è da stupirsi, dati i presupposti, che la domanda attualmente supera di gran lunga l’offerta, tanto da spingere i produt-
I “Pruna di Frati” frutto di una proficua collaborazione tori ad investire in maniera forte e decisa in nuove piantagioni che dovrebbero, nel giro di qualche anno, colmare il divario esistente e consentire non solo di offrire il prodotto fresco, ma anche i suoi derivati, quali le prugne secce e la confettura. Per raggiungere un tale risultato è necessaria però una ulteriore collaborazione ed una oculata raccolta. Insomma, all’insegna del buon esito e del maggior guadagno, fare squadra e collaborare si può e si deve. Affinché si riescano a raggiungere altri e migliori risultati. Fatta questa doverosa parentesi sulla qualità del prodotto, la sua origine storica, e la sua attuale diffusione, grazie all’intenso lavoro della cooperativa “Terranova”, torniamo ora allo svolgimento della serata di valorizzazione. La quale ha fatto registrare il pienone, tanto che i tavoli e le sedie preparate non sono bastate a far accomodare tutti. La Cooperativa Agricola Terranova è rappresentata dal presidente Avv. Francesco Romeo e dal vicepresidente Domenico Lando, che sono intervenuti nella serata insieme al sindaco di Terranova S.M. Arch. Salvatore Foti. La serata del cooking-show è stata magistralmente condotta della presentatrice televisiva Anna Aloi (8 video Calabria). A preparare le pietanze, appositamente studiate e proposte per l’occasione, lo chef Enzo Cannatà (appena insignito dell’onorificenza di ambasciatore della Dieta mediterranea nel mondo, sarà anche ambasciatore della Calabria all’Expo 2015). Presenti l’onorevole Candeloro Imbalzano presidente della Commissione "Bilancio, Programmazione economica, Attività Produttive, Affari dell'Unione europea e Relazioni con l'estero" del Consiglio Regionale, il quale ha largamente elogiato il lavoro svolto dalla Cooperativa Agricola Terranova e dell’amministrazione comunale. Ed il Dott. Agronomo Rosario Previtera,
che sapientemente segue la Cooperativa Agricola Terranova sin dalla sua costituzione risalente al 2008. Lo stesso, è stato premiato con la targhetta ricordo indicante tale motivazione: <<un riconoscimento speciale a chi con la sua professionalità e la sua dedizione ha dato lustro alla città e alle peculiarità di Terranova Sappo Minulio>>. La Cooperativa Agricola Terranova oltre alla cena a base di prugne di Terranova De.C.O. e di altri prodotti di eccellenza De.C.O. Calabresi, ha presentato le prugne fresche di Terranova, la confettura Extra (con più del 70% di frutta) e le prugne secche (che in realtà conservano il giusto grado di umidità, essendo “semi-dry”) . Continua la filiera con i cosmetici ottenuti dalle bucce delle prugne, le quali sono ricche di antiossidanti e proprietà nutritive, prodotte dalla Dott.ssa Maria Letizia Lipari. Ma la vera novità di quest’anno, sono i prodotti artigianali realizzati con parti delle prugne e del suo albero, creati e realizzati esclusivamente a mano dai soci della Cooperativa (responsabile del progetto la Sig.ra Greco Carmela). La serata ha registrato il tutto esaurito, con la presenza di numerosi cittadini provenienti da tutto il territorio reggino oltre ai turisti del nord che per la prima volta hanno conosciuto questo raro, ma rinomato e pregiato frutto. Durante la serata, sono stati conferiti i premi “Susina d’Oro”, come ogni anno, al più giovane ed al più anziano del paese, rispettivamente Lorenzo Scoleri e Salvatore Cartellà (quest’ultimo, è anche uno dei più anziani produttori delle classiche susine). La serata, si è conclusa con il concerto dei Tarantamorges di San Giorgio Morgeto. La presente manifestazione, sta a significare che, quando la terra è curata e coltivata, ed ancor più valorizzata, può essere volano di sviluppo per l’intero meridione, che di tale ricchezza non è certo carente.
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Fra parole e immagini un viaggio nei luoghi della memoria
"Autunno in Calabria"
Presentato a Polistena un volume di grande suggestione e pathos con testi di Marina Valensise e foto di Lorenzo Cappellini a mostrare la Calabria dell'Anima
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i è tenuto a Polistena, lunedì 11 agosto, presso l’incantevole cornice del Giardino di casa Valenzise, il primo appuntamento della rassegna culturale di ritrovi estivi “I Giardini Letterari” promossi dall’Associazione Culturale “Geppo Tedeschi” di Oppido Mamertina, presieduta dalla poetessa Maria Frisina. Protagonisti del primo appuntamento la giornalista Marina Valenzise e il fotografo Lorenzo Cappellini, autori del libro “Autunno in Calabria” Minerva Edizioni. Ad accogliere il folto pubblico il sindaco di Polistena, Michele Tripodi , il fratello dell’autrice e la poetessa Maria Frisina. Giovanni Russo, storico e Presidente del Centro Studi Polistenesi, nel suo intervento si è soffermato sulla storia del Palazzo Valenzise che risale al 1500, dove sono vissuti , tra gli altri, Carlo Sigismondo Capece e il noto musicista, Michele Valenzise. La parola è poi passata al giovane scrittore Antonio Roselli che ha presentato l’opera che, attraverso la penna della Valenzise e le bellissime foto di Cappellini, rivaluta la regione più autunnale, che già nell’etimologia indica. In Calabria il bello abbonda, si passa dalla montagna al mare, scoprendo una natura paradisiaca. Un vero e proprio viaggio nei
luoghi della memoria , la famosa “geografia dell’anima” di Leonida Repaci. Brillante e coinvolgente è stato poi, l’intervento dell’on. Giovanni Nucera, segretario questore del Consiglio Regionale dela Calabria. Giovanni Nucera, ha puntualizzato che la Calabria ha bisogno di esssere conosciuta e questo libro lo consente pienamente. Il libro non è solo un racconto poetico, ma è uno spaccato reale di quella che è oggi la Calabria, una terra intrisa di bellezza, poesia, fede e violenza. Un libro che bisogna scoprirlo, penetrando pagina dopo pagina, perché contiene l’essenza di qualcosa che và oltre la Calabria. Nucera, si sofferma poi , sui calabresi che abitano all’estero e, che portano la Calabria nel cuore, come Raf La Gamba (presente tra il pubblico). Non dobbiamo dimenticare che la Calabria è la terra di Cassiodoro. Nel concludere il suo intervento, Giovanni Nucera , ribadisce che non sempre la politica riesce a leggere i problemi di questa terra e per questo bisogna fare un po’ di autocritica. Dobbiamo recuperare questa terra, soprattutto per i giovani e possiamo farlo anche attraverso questo libro, a dispetto di chi sulla nostra terra scrive solo falsità per screditarla. La serata si è conclusa con l’intervento dei due autori, entrambi emozionati e soddisfatti del lavoro eseguito. L’incontro è stato intervallato dalle letture di Franco Negrini, di alcune pagine del libro. Erano presenti tra il numeroso pubblico: il dott. Eduardo Lamberti Castronuovo, assessore alla Cultura e alla legalità della Provincia di Reggio Calabria; il Marchese PierLuigi Taccone di Sitizano; l’imprenditrice Pina Amarelli e il soprano Gabriella Corsaro che alla fine ha deliziato il pubblico cantando “O mio Babbino caro”. Una serata bellissima all’insegna della storia, della bellezza , della poesia. Una serata dove c’era la vera Calabria, la Calabria della cultura e dell’orgoglio.
Entusiasma a Oppido il duo Mamone-Ferraro Maria Frisina - Foto: Free's Tanaka Press
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In occasione della presentazione del volume di poesie d'amore di Maria Frisina
rande successo a Oppido Mamertina (RC) per il duo di voci Mamone-Ferraro che nel corso della presentazione del volume di poesie "Cerco l'anima del sogno" di Maria Frisina interamente incentrato sulle tematiche dell'amore , sabato scorso 2 Agosto nel cortile di Palazzo Grillo, con l'accompagnamento musicale del maestro Claudio Scicchitano al violoncello e delle pianiste Mammoliti e Macrì, hanno entusiasmato il pubblico con una interpretazione dei versi del poemetto d'amore espressa ad altissimo livello e che ha fatto strappare al pubblico applausi e aperte forme di apprezzamento. Le due voci: Luigi Mamone, volto noto della televisione calabrese e del web e Direttore del CdP e Maria Rosa Ferraro, avvocato con la passione per il teatro e la recitazione, con un'intesa pressocchè perfetta che li ha
di Caterina Sorbara
di Emma Ugolini
visti alternarsi nella lettura dei brani ed una capacità di calarsi interamente nello spirito della lettura e nelle atmosfere evocate dai versi hanno espresso una performance di alta qualità interpretativa con una dizione impeccabile unita ad una sorprendente duttilità dell'uso della voce capace di trasferire al pubblico sensazioni ed emozioni . La manifestazione, aperta da un'introduzione critica al volume dello scrittore Ugo Verzì Borgese, ha visto due intervalli dedicati alla lirica con due romanze cantate dal Tenore Biagio Calorio e, dopo la lettura del brano conclusivo effettuata personalmente dall'autrice Maria Frisina. si è conclusa con il saluto del sindaco di Oppido
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Cerimonia nella Chiesa di Gallicianò
di Cristina Ciccone
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l 2 agosto i soci e gli amici della Condotta Slow Food Reggio Calabria Area Grecanica lo ricorderanno a lungo, conservando nella memoria e, soprattutto, nel cuore le immagini di un Aspromonte ancora impetuoso e passionale ma accogliente e vero, i profumi di una natura incontaminata, il letto dell’Amendolea che segna di bianco le montagne appenniniche, dove qua e la spuntano ruderi di castelli e piccoli borghi quasi abbandonati. La Condotta Slow Food Reggio Calabria Area Grecanica, con l’appuntamento del 2 agosto, ha anche voluto dare continuità alle iniziative costruite e realizzate nell’ambito del progetto nazionale “Stati generali degli Appennini”. Un progetto che punta al rilancio sociale dei territori montani un tempo umanamente molto vivaci; territori che a malincuore centinaia di persone hanno dovuto abbandonare, lasciando luoghi significativi, case, affetti per trasferirsi in pianura alla ricerca di una nuova possibilità di riscatto. In questo contesto si è svolta la giornata all’insegna della conoscenza della cultura bizantina dei Greci di Calabria. Giornata, che, oltre ogni più rosea aspettativa, ha visto una folta partecipazione, nonostante il caldo, i tempi di viaggio, le strade tortuose di montagna.
Reggio Slow Food area Grecanica Curiosi ed appassionati guidati dai volontari dell’Associazione Did.Ar.T. hanno scoperto il Santuario dell’Annunziata nel borgo dell’Amendolea, custodito dai monaci Marianisti, e della chiesa di S. Giovanni Battista a Gallicianò. A Gallicianò, i 45 abitanti rimasti, con grande difficoltà ma anche con caparbietà, lottano per preservare dall'oblio del tempo e dall'indifferenza dell'uomo, un modello di vita ancorato alla terra, alle relazioni umane, alle tradizioni, ai saperi ed alle competenze arcaici, che consentono la conservazione di un immenso giacimento culturale, antropologico e ambientale, in primis la lingua greca. Con grande orgoglio, Raffaele e Giovanni, hanno raccontato di come, tra le mille difficoltà, la piccola comunità, guidata dal loro Mimmolino l’artista, è riuscita a ristrutturare la chiesa ortodossa di Panaghìa tis Elladas e l’arcaica fonte dell’amore; di come hanno ricercato e raccolto oggetti e documenti per la costruzione del piccolo museo etnografico e di come riescono a renderlo fruibile solamente grazie alla solidarietà dei visitatori. Adiacente al museo si trova un rigoglioso orto rivitalizzato dalla signora Mariella, figlia di gallicianoti ma che ha sempre svolto l’attività di commerciante in città. Dal 2013 due volte a settimana torna a Gallicianò dove per senso di responsabilità e perché “…ha ritrovato le sue radici” coltiva ortaggi di stagione che spesso condivide con gli amici e i vicini. Il pranzo ha dato la possibilità ai partecipanti di conoscere un’altra bella storia. Carmela, Nino e Mimmo, giovani ragazzi trasferitisi alla marina, hanno trovato il modo di non abbandonare il loro luogo di origine, creando una piccola attività eco-
nomica. Con la consueta ospitalità del Sud, hanno allestito un banchetto ricco e saporito servendo ai commensali pietanze tradizionali con materie prime provenienti dagli orti vicini. Sul terrazzo della loro Trattoria Grecanica, che si affaccia proprio sul piccolo borgo sovrastato dalla chiesa di San Giovanni, si sono intrattenuti con gli ospiti raccontando del loro attaccamento a quei luoghi che li spinge a tornare tutti i fine settimana; del fatto che grazie anche al loro entusiasmo, i pochi pastori rimasti continuano ad allevare pecore e capre; che alcuni orti sono stati ripristinati tutelando dagli incendi e dalle frane questo piccolissimo angolo aspromontano. Il momento conviviale è stato reso ancora più piacevole dall’ascolto di liriche in lingua ellenofona, lette direttamente dalla voce dall’autore, il poeta Salvino Nucera, esponente della rinascita della cultura grecanica. L’attenzione suscitata e la numerosa richiesta di partecipazione all’evento, sono stati la conferma che esiste un interesse verso le aree interne e verso le attività di piccolo artigianato, la ricezione turistica a conduzione familiare e la valorizzazione dei prodotti che in questi territori si trovano. La Condotta Slow Food Reggio Calabria continuerà ad avere attenzione per le aree interne ed i suoi eroici abitanti; a stimolare e sostenere le giovani generazioni affinché non abbandonino i piccoli centri montani; tutelare e rilanciare l’agricoltura di montagna e ciò che ad essa è collegato. Per la Condotta Slow Food Reggio Calabria – Area Grecanica Mariella Crucitti Michelangelo D’Ambrosio Cristina Ciccone
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l risultato ha di certo superato le aspettative. Sabato 12 luglio, infatti, tantissimi sono stati coloro che hanno preferito partecipare all'evento sulla seta ed il pane a Bagaladi piuttosto che ad attività dal gusto più estivo. Durante la serata, patrocinata dall’Amministrazione Comunale di Bagaladi, tanti i momenti di grande interesse. L'Architetto Giuseppe Battaglia, vice Presidente della Cooperativa Grecale, ha presentato il risultato di un lungo ma entusiasmante lavoro di ricerca sulla produzione della seta a Bagaladi e le sue ricadute sulla vita ed i costumi dei suoi abitanti. Lavoro che si è svolto nell’arco di tre anni ed ha visto protagonisti giovani ed anziani, sia durante la fase di raccolta e registrazione del patrimonio orale sull’attività di sericoltura che in quella di vera e propria attività di produzione della seta. La dott.ssa Luigia Iuliano, Direttrice Centro Sperimentale e Divulgativo ARSSAC Lamezia, è intervenuta accompagnando i presenti nella conoscenza della storia ma soprattutto delle prospettive della sericoltura in Calabria. Consigli e curiosità che hanno stupito i presenti: un bozzolo da utilizzare per un trattamento estetico, il liquido residuo dalla sgommatura quale ottimo e nutriente detergente per i capelli, gadget identificativi di un territorio. Entusiasmante il racconto della dott.ssa Francesca Sgrò sulle metodologie e la didattica dei laboratori di bachicoltura svolti alla Porta del Parco durante l'appena concluso anno scolastico. Dal baco alla seta un processo appassionante che ogni volta ha ipnotizzato i partecipanti e li ha coinvolti attivamente nella sperimentazione di un arte antica. Vera e propria scoperta del gelso quale coltura fonte di tante risorse grazie alla precisa ed approfondita presentazione del dottor Rocco Mafrica del Dipartimento di AGRARIA dell'Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria. Marmellate, granite, sciroppi, miscele medicali. La dott.ssa Cristina Ciccone, Fiduciaria della Condotta di Reggio Calabria Area Grecanica, ha presentato la filosofia, i principi del movimento internazionale Slow Food. Ma l'intervento è stato centrato, soprattutto, sul racconto del lavoro e dei risultati ottenuti
Momento conviviale
Bagaladi Slow Food e Cooperativa Grecale di Cristina Ciccone
dalla compagine sociale della Condotta dal 2009 ad oggi. Un lavoro che ha visto l'importante partecipazione di un gruppo di giovani di Bagaladi che con amore e passione hanno dato vita alla Comunità dei cibi della memoria storica dell'Area Grecanica. Una Comunità attraverso la quale hanno fatto riscoprire prodotti e cibi, tutelandoli dal dimenticatoio. Una Comunità che hanno fatto crescere nel tempo e fatto conoscere fuori dai nostri territori. Il percorso guidato "Dal baco alla seta", che costituirà il laboratorio didattico da proporre alle scolaresche, e la dimostrazione di trattura della seta hanno riscosso grande interesse e partecipazione. L'emozione degli abitanti di Bagaladi nell'accompagnare i partecipanti in tale esperienza è stato l'ulteriore elemento che ha reso speciale la serata. La conclusione dell'evento è stata dedicata alla convivialità. Con l'aiuto della Responsabile e di due sostenitrici della Comunità del grano in Aspromonte della Condotta reggina, Donatella Favasuli, Mariella Crucitti e Magdalena Michalik e la musica e poesia di Gianni Favasuli e Lucia Catanzariti. Nel giardino della Porta del Parco una dimensione surreale: pane di grano di Bova prodotto con u livatu e cotto nel forno a legna; stomatico caldo; canti e poesie con i quali i nostri nonni sono cresciuti, si sono innamorati, hanno trascorso momenti particolari delle loro vite; il calore e l'affetto dei bagaladesi. Un evento dai sapori forti e dal gusto speciale, un evento.... da rifare.
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Mons. Bux nel cinquantesimo della elevazione a Parrocchia della Chiesa di Maria SS. del Rosario, nell'ottobre del 2011
di Filippo Marino
Ricordo di Mons. Bux Un uomo, un pastore, un vescovo
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Vita non tollitur, sed mutatur”: non ci poteva essere passo più appropriato della Liturgia di Risurrezione che questo che ha accompagnato l’intero cammino transeunte di don Luciano, l’amato Pastore che ci ha lasciato all’Ora Nona dell’8 agosto scorso, giornata dedicata dalla Chiesa alla memoria di San Domenico il fondatore dell’Ordine dei Predicatori. Padre Vescovo Luciano è stato un maestro per me e un “vero padre” nella vita e nella Fede: preziosi i suoi consigli per la conduzione del Circolo Didattico “Paolo VI”, più preziosi e ammirevoli i suoi suggerimenti e la sua provata compartecipazione all’atto di lasciare la scuola dopo 25 anni di direzione didattica gioiese, confidente senza pari allorquando si trattò di “ritirare il sacerdote” dal carro della Varia il 30 giugno 2002 e ancor più quando, suo malgrado, dovette riconoscere che per l’ingiustificata chiassosità la Varia stava diventando “festa civile” a discapito dei valori religiosi che il Mistero Mariano recava con sé e che nel colloquio a tu per tu nostro malgrado si registrava insieme che tutto ciò rugava la cristianità e la marianità della Festa di
Palmi, che noi pur con tante pubblicazioni e prese di posizione avevamo e andiamo sempre sottolineando. Il caro Padre Luciano mi confidò sin dall’inizio della sua venuta quaggiù che il gruppo professorale Marin-Quacqua-
relli-Lomiento e Recchia che era stato il timone dell’Istituto Barese di Letteratura Cristiana Antica in seno all’Ateneo era di sua conoscenza e per questo mi incitò a pubblicare meis sumptibus la mia tesi di laurea in grammatica latina sui L A P S I, tanto che Egli sponsorizzò l’accadimento, valorizzò il mio lavoro e volle che fosse l’Istituto Diocesano di Scienze Religiose di Oppido Mamertina-Palmi a pubblicarlo e lui in persona a presentarlo. Padre Luciano aveva un concetto molto innocente e fanciullesco della marianità. Mi ricordo un giorno mi feci ricevere senza preannunciare il motivo perché sapevo che il suo amore per la Madonna era smisurato e viscerale. Quando entrai, gli dissi che la Presidenza della Pontificia Accademia Mariana Internationalis del Vaticano per bocca del Responsabile P.S.Cecchin aveva deciso di annoverarlo tra i suoi membri: Egli che non si aspettava tanto onore mi sorrise come un bambino e mi disse: “Filippo, vuol dire che per ringraziamento ti presenterò il tuo prossimo libro sulla Madonna!”. E così fu: nel 2006 presso l’ISTEP di Gioia Tauro avvenne per sua cura la dotta presentazione del libro “Mater mea, fiducia mea” con oltre un centinaio di canti, detti e arguzie mariane in dialetto calabrese. Il terzo libro che il venerato Padre Vescovo Luciano presentò riguardava il mio diario di viaggio in Terrasanta allorquando nel 2009 mi recai in Pellegrinaggio con il gruppo di Padre Celeste Cerroni, salettino, ed egli volle fare non solo la presentazione ma concedere l’imprimatur e il placet della Chiesa Cattolica alla nuova traduzione in lingua e in dialetto del Pater Noster antiveggendo con questo gesto esegetico e sapienziale la posizione della CEI che il 16 ottobre di quello stesso anno si sarebbe definitivamente pronunciata a favore. La presentazione del libro avvenne nella tavernetta dell’Hotel Palace a Gioia Tauro, gentilmente concessa, e in quella circostanza Padre Vescovo ebbe per me parole di sincero encomio tanto da – indegnamente per me! – paragonare il mio lavoro sulla Terra Santa alla pregevole diaristica risalente alla Egeria peregrina dei primi secoli del Cristianesimo.
Un’ultima particolare attenzione Padre Luciano ha riservato a tutta la mia famiglia inaugurando il 21 marzo 2009 insieme col Sindaco Gaudio la Scalinata che il Comune di Palmi ha dedicato a Don Valentino Marino – Abate del Santo Rosario (Soriano Calabro 1832- Palmi 1912) all’ingresso del rione Spirito Santo. Memorando il suo discorso sulla dignità del Sacerdozio Cattolico, sul perché conviene ricordare con opere e monumenti i sacerdoti e, infine, perché Don Marino se ne è reso degno agli occhi delle comunità Sorianese e Palmese. Ecco, scompare Padre Luciano, un campione della Fede, un nostro amico, un fratello eccezionale… Nel suo Testamento Spirituale ha scritto di preferire la nuda terra per essere sepolto, tranne che la sua Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi non ne richieda le spoglie… E il suo successore e nostro amato Pastore, Mons. Francesco Milito, le ha già richieste!... Ah quanto vorremmo che esse fossero accolte nella nostra Con cattedrale di Palmi, nella amata sua e nostra Chiesa Matrice: sarebbe l’occasione per un fiore e una preghiera, ma per la Chiesa Palmese la gioia indicibile di avere tra le sue mura il corpo di un Santo che l’ha veramente amata !
Mons. Luciano Bux
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di Nicola Alessio
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l 12 Agosto, alla VigIlia del Ferragosto che per tanti anni aveva amato trascorrere nella sede calabrese della comunità Incontro a Zervò, in quel sanatorio che grazie a lui da rudere che era diventato era ritornato a nuova vita e ad un uso sociale importantissimo è scomparso Don Pierino Gelmini. Nell’epilogo della sua esperienza terrena Don Pierino non è stato solo: è stato assistito fino in ultimo dai ragazzi che lui aveva assistito per una vita», come ha detto alla stampa Gianpaolo Nicolasi, uno dei suoi più stretti collaboratori. Da sempre impegnato nel recupero dei tossicodipendenti e testimonial della lotta alla droga, Don Gelmini - come pure anni prima il suo omologo Vincenzo Muccioli, fondatore della Comunità di San Patrignano - non ha avuto una vita facile. L’attivismo e l’essere cosatantemente in prima inea, spesso suscita invidie e da luogo a calunnie: anche infamanti come quella legata ai presunti abusi sessuali su alcuni ragazzi della sua comunità per cui nel 2010 il sacerdote è stato rinviato a giudizio a Terni (il processo è stato poi rinviato a causa delle sue condizioni di salute). In seguito a questa vicenda Don Gelmini nel 2008 ha chiesto al Papa di essere dimesso dallo stato clericale per meglio difendersi dalle accuse. Amico di Silvio Berlusconi, che ha sempre ostentato i suoi legami con il prete anti-droga, politicamente vicino al centrodestra, nel marzo 2000 Don Gelmini partecipò anche alla presentazione del "manifesto" di Alleanza Nazionale. Ordinato prete nel 1949, Don Gelmini nel 1956 è diventato parroco della chiesa di San Giuseppe a Bagno di Gavorrano (Grosseto). La sua attività a favore del recupero dei ragazzi poveri è iniziata nel 1963. Poi nel 1979 ha aperto il centro di Mulino Silla, primo nucleo della Comunità incontro, che oggi ha oltre 200 sedi sparse in Italia e all'estero. Tutto cominciò da un incontro casuale con Alfredo, un tossicodipendente a Roma. «Zi prete, dammi una mano, non voglio soldi Momenti di vita comunitaria nel Sanatorio di Zervò
Don Pierino Gelmini
Addio a Don Pierino Gelmini
Un uomo molto speciale In Calabria aveva strappato alla ‘ndrangheta il Sanatorio di Zervò ma sto male», gli disse Alfredo in piazza Navona. Don Gelmini lo portò quindi a casa sua cominciando la sua attività di assistenza e recupero ai tossicodipendenti poi concretizzata dalla Comunità Incontro. Poi nel settembre del 1979 si trasferì a Molino Silla di Amelia. Una vecchia struttura diroccata all'epoca chiamata la Valle delle streghe. Con il passare degli anni don Gelmini l'ha trasformata in quella che è nota ora come Valle della speranza. «Io ho un sogno - amava ripetere don Gelmini - quello di far diventare questo posto accogliente e non un ghetto. Un posto per far stare bene i ragazzi». La casa madre della Comunità Incontro è quindi diventata un moderno centro di accoglienza, dotato anche di strutture di assistenza sanitaria all'avanguardia. La Comunità Incontro ha attualmente un centinaio di centri in Italia e una decina all'estero. Un migliaio di ragazzi che ogni anno escono dalla struttura di recupero, si stima che siano almeno 300 mila quelli passati per i cento fondati da don Gelmini. In Calabria, il nome di Don Gelmini resta legato al magnifico recupero del Sanatorio di Zervò, nel cuore di quell’Aspromonte covo delle 'ndrine con le prigioni dei sequestrati. Zervò, una bella struttura costri-
ta negli anni ’20 per curare gli ammalati di tubercolosi e poi lasciato in stato di abbandono e di degrado era l’emblema del degrado stesso della Calabria. Grazie a Don Pierino è ritornato a vita nuova ed oggi ospita un alacre comunità che da un lato lavora al recupero dei tossicodipendenti e al contempo produce e ospita chi in quest’angolo di Aspromonte cerca di ritemprare lo spirito e - sempre più spesso - di ritrovare se stesso.
Don Pierino Gelmini
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Omaggio al sacerdote Antonino Martino di Umberto di Stilo
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uella del sacerdote liberale Antonino Martino (Galatro, 1818 – 1884) è una delle voci più autorevoli della letteratura dialettale calabrese dell’ottocento ed è quella che, con alcune poesie a tema politico-sociale, ha lasciato una testimonianza diretta del passaggio dal regno borbonico all’unità d’Italia. In un periodo in cui molti studiosi stanno operando un vero e proprio “riesame storico” sulle conseguenze subite da tutto il Meridione dal passaggio dal Regno delle Due Sicilie al regno savoiardo a cui lo ha portato l’unità d’Italia, risulta assai opportuna la ripubblicazione delle sue poesie politiche. L’iniziativa editoriale è del prof. Giuseppe Antonio Martino (quasi omonimo del Poeta ma non legato a lui da vincoli di parentela) che le ha raccolte, largamente commentate ed annotate nel volume: “Poesie politiche di un liberale deluso” (Qualecultura, Vibo Val., pagg. 126, 12 Euro). Il volume è impreziosito da una breve ma esaustiva introduzione del meridionalista Francesco Tassone e -soprattutto per i non calabresi- dalla traduzione letterale a fronte in lingua italiana di tutti i componimenti. La ripubblicazione delle poesie politiche di Antonino Martino –tutte scritte nel periodo a cavallo tra le guerre per l’indipendenza, l’unità d’Italia e la concitata fase del brigantaggio postunitario- è quanto mai utileperché solo così gli studiosi, in
assenza di altra documentazione archivistica, possono attingere alla testimonianza diretta sulla situazione socio-politica della Calabria borbonica e di quella del dopo unità. Martino, infatti, che per le sue idee antiborboniche aveva subito diverse condanne ed era stato ospite delle patrie galere dalle quali era evaso più volte, con le sue poesie politiche è il solo interprete e portavoce del pensiero di quanti - la stragrande maggioranza- non sapevano leggere e scrivere e non avevano alcuna possibilità di far arrivare le loro proteste fin nei palazzi di governo. E per essere fedele interprete delle lagnanze dei suoi conterranei Martino scriveva nella lingua del popolo: il dialetto. Così facendo era certo di riportare fedelmente il pensiero di quanti in lui vedevano il paladino delle idee di libertà e di giustizia e il difensore dei deboli. Nei versi del prete galatrese si trovano minutamente descritte le reali condizioni di vita dei calabresi e le vessazioni a cuisono stati sottoposti dagli “invasori” piemontesi. Sicchè il Poeta che, animato da idee liberali, aveva auspicato la fine del Regno borbonico, dovrà ammettere, con animo pervaso da grande delusione, che i meridionaliavevano subito l’unità come una conquista piemontese; che erano stati sottomessi come schiavi e che erano oberati dalle tasse. Stanco e deluso, indirizza al Re il “Paternoster dei liberali calabresi sotto la pressione degli ingenti tributi in dicembre 1866”. Lo chiama “Patri Vittoriu” e lo invita ad aprire gli occhi per guardare “li mali nostri” e per sentire “cu pietà ludolunostru” sollecitandolo a non sprecare il tempo nelle battute di caccia ma ad impiegarlo per sentire con attenzione le preghiere che gli venivano rivolte dai sudditi meridionali “tutti ammiseriti” dalle tasse. Elenca i soprusi e le malefatte e lo invita a riflettere sul suo operato per accorgersi di regnare “odiatu di lucelu e di la terra”. Il “Paternoster” non è solo il capolavoro della poesia martiniana ma è il compendio della delusione dei liberali calabresi soggiogati dalle tasse piemontesi e da queste ridotti in miseria. Insieme al Paternoster fanno parte delle poesie politiche del sacerdote liberale deluso “L’agonia dell’Italia” e poi, in preda ad una profonda delusione “Lapreghiera del calabrese al Padre Eterno contro i piemontesi” (1874) che avevano assunto il ruolo di conquistatori ed operavano da veri ladri in tutta la società meridionale. Anche le ultime speranze, però, andarono deluse e Martino di fronte a funzionari corrotti cominciò a rimpiangere la vecchia monarchia borbonica e ad auspicare una nuova monarchia assoluta. Scrive allora “I calabresi a sua Maestà Umberto I, ultima preghiera” che è il suo ultimo componimento politico nel quale si cogliel’amarezza e il grido di dolore di chi aveva creduto nelle idee liberali, per esse aveva combattuto e sofferto e dopo l’unificazione si era ritrovatoprofondamente deluso e irrimediabilmente piemontesizzato.
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di Tonino Violi
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’esistenza dell’orologio comunale nell’attuale S. Cristina ci risulta fin dal primo settembre 1831. Da un documento del 1844 sappiamo che i fratelli Rocco e Giovanni Longo-Mazzapica, possidenti del luogo, hanno supportato economicamente il Comune nella sua costruzione: “… spese dallo stesso anticipate del proprio per la costruzione di quest’orologio Comunale perfezionato per secondare il pubblico desiderio sin dall’anno 1831 a beneficio del Comune medesimo…”. Nel 1896 si fece un nuovo appalto comunale per manutenzione dell’orologio riconosciuto “depreziato”. Così fu incaricato Giuseppe Tripodi di S. Eufemia per aggiustarlo. A circa cent’anni dalla sua esistenza, per le sofferenze subite fino ad allora, il nostro cantastorie Francesco Spanò l’ha così descritto: Doppu cent’anni chi battisti l’uri e lu tempu spartisti a lu secundu carricatu di morbi e di doluri ti riducisti vecchju e moribundu… Intorno al 1954 furono tolte le strisce trasversali in soprarilievo dalle sue pareti, che sono rimaste lisce e uniformi ed il quadrante fu portato più in alto di qualche metro rispetto alla posizione originaria, fu aggiunto un secondo quadrante sulla facciata parallela al corso e furono tolte anche i merli che cingevano in alto la torre. Intorno al ’70 fu rinnovato il macchinario e fu inclusa la sirena che suonò per anni alle ore 8, alle 12 e alle 16. Per quanto riguarda i rintocchi che segnano l’ora, c’è chi ricorda le cento botte di mezzanotte che crearono malumori tra i cittadini (da qui il nome centubotti). Noi ricordiamo con molto piacere lo scandire più regolare, per es.: un colpo all’1 o un numero di rintocchi corrispondente alle ore successive. I minuti venivano segnalati così: il quarto con un rintocco, due per la mezza e tre per i trequarti di ora, di tonalità diversa. Si parlò anche di una probabile aggiunta di un terzo quadrante in una delle due pareti mancante, ma poi non se ne fece più nulla. Per i cristinesi l’orologio comunale è un’istituzione, è un simbolo, è una compagnia. L’istituzione è rappresentata dalla sua azione legale e temporale; è un simbolo in quanto è da oltre 150 anni lì, autoritario e superbo al centro del paese; è una compagnia in quanto lo guardiamo in continuazione, controlliamo l’ora spesso, magari mentre si passeggia o si sosta in piazza, mentre si sta al bar o dopo aver bevuto un sorso di acqua allo “zampillo”. Attira comunque l’attenzione ed è spia di tutte le nostre azioni. Visto che in cima alla torre dell’orologio c’era la campana e come suo pennacchio un bandierina mobile che si orientava con la direzione del vento, qualcuno nei tempi passati ha coniato un modo di dire, un proverbio molto significativo. Quando una persona non rimane nei ranghi comportamentali cambiando spesso umore o parere, quando si è di fronte ad un voltafaccia inaspettato, si usa dice: “Si comu a’ bandereja du’ rigoggiu”, come per indicare una persona facilmente alterabile. Il macchinario dell’orologio l’abbiamo goduto funzionante, ma lo abbiamo sofferto mal funzio-
Nelle foto: la torre campanaria di Santa Cristina D'Aspromonte
L’Orologio Comunale di S. Cristina d’Aspromonte nante ed anche muto e fermo, proprio come l’aveva descritto Spanò, …in azione simile al comportamento del suo “pennacchio”. La gente ha sempre criticato quel mancato funzionamento, forse perché attraverso il suo monotono scandire del tempo, con l’abitudine negli anni ci ha fatto acquisire un certo “bioritmo”, non per il valore dell’ora in sé stessa, perché tra orologi e telefonini oggi portati appresso, cronometri vari, orologi e sveglie in macchina ed a casa, conoscere l’ora non è più una cosa difficoltosa, ma per il sentire la sua presenza. E, malgrado tutto, la gente è come la bandierina nella puntualità!.. Dopo sessant’anni sono terminati nel mese di agosto i lavori di ristrutturazione per riportarlo com’era sessant’anni fa. Così come la moda per l’abbigliamento, per i capelli, per gli arredi, ecc., spesso per rinnovarsi torna all’antico, così si è fatto anche per l’orologio. Le critiche non mancano soprattutto perché i quadranti tornati bassi quindi visibili da una distanza più ridotta; perché il suo nuovo look non concorda con lo stile rinnovato delle costruzioni che gli stanno attorno; perché il suono dei suoi 768 rintocchi nelle ventiquattr’ore non è come quello precedente, ecc. Comunque, anche se non è così indispensabile, l’importante è vederlo funzionante. Ci servirà, non per essere puntuali all’appuntamento, ma per ricordare oltre 170 anni della nostra storia.
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di Girolamo Agostino
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ornando con la fantasia sui banchi di scuola, ci viene da pensare che artisti come Omero o Virgilio,ai suoi tempi non hanno incontrato difficoltà ad ambientare i loro capolavori data l’originalità , la genuinità dei posti, le consuetudini e le antiche abitudini di vita delle comunità greco – arcaiche e così, guardando al passato, ci accorgiamo che in epoche lontane anche gli abitanti dei nostri borghi avevano comunanza con gli usi , i costumi e le civiltà remote di quelle popolazioni che si sono avvicendati nei vari periodi della storia. E, sulle origini del nostro borgo oggi chiamato San Giorgio Morgeto, sito in una posizione strategica del Parco Nazionale dell’Aspromonte , in data 18 agosto 2014 , su iniziativa dell’Amministrazione Comunale si è tenuto un importante convegno in occasione della ricorrenza del 150° anniversario dell’attribuzione al nome San Giorgio anche il vecchio termine «Morgeto»; l’evento si è svolto nella “ Piazza Fontana Bellissima” in tarda serata con l’intervento al dibattito di illustri componenti della «Deputazione Storia Patria per la Calabria» tra cui il Dott. Quaranta, la Prof.ssa Francesca Martorano e lo studioso Giovanni Russo alla presenza di un numeroso pubblico che ha assistito appassionatamente agli interventi dei relatori nonostante l’atipico freddo estivo. Nell’intervento di apertura, il sindaco Carlo Cleri ha ricostruito i vari momenti storici nei quali il nome del nostro paese fu cambiato. Morgetum si chiamava originariamente fino al 1071 quando poi, per motivi attribuibili a protezionismi e credenze religiose fu cambiato in San Giorgio e per circa 800 anni così fu chiamato; successivamente, nel 1864 su proposta dell’allora sindaco Giuseppe Bonini, l’unanime approvazione del Consiglio Comunale ed il Decreto di Vittorio Emanuele II Re d’Italia (Decr. dell’8.05.1864), scaturiva definitivamente il nome di San Giorgio Morgeto. Il Dott. Quaranta ha voluto ricordare che in seguito all’unità d’Italia, molti comuni subirono cambiamenti di nome anche per evitare equivoci in casi di omonimia ed ha citato Laureana di Borrello e Terranova Sappo Minulio (anche se ancora oggi non è chiaro il significato). La Prof.ssa Francesca Martorano negli anni passati
Intervento dello scrittore Giovanni Russo
Momenti della cerimonia: il saluto del Sindaco Carlo Cleri
San Giorgio Morgeto:
150° anniversario "da San Giorgio a San Giorgio Morgeto" ha conosciuto il nostro paese per motivi di studio e di lavoro ed in quanto professionista, ha curato i lavori di consolidamento del castello e così ha avuto modo di rilevare che le strutture non presentando omogeneità costruttive furono realizzate in epoche diverse.. Evidenziando inoltre che San Giorgio Morgeto comprende due siti archeologici, Altanum nella località chiamata Sant’Eusebio ed il sito con l’antico castello nei pressi dell’attuale abitato, ha precisato che entrambi non escludono la lontana provenienza ed in assenza di campagne di scavi e della mancanza di dati rilevabili dai reperti (quali epigrafi), rende non facile identificare e risalire alle fasi ed ai periodi della loro realizzazione. Lo studioso Giovanni Russo con una interessante relazione del ‘600 ha entusiasmato i presenti in un’approfondita descrizione dei luoghi, delle usanze, dei modi di amministrare la comunità; inoltre, ha reso noto che allora nel borgo vi era una popolazione di 2500 abitanti tra cui vivevano circa venti benestanti, vi era un medico, una farmacia, si svolgevano attività di sarti, di calzolai, di negozianti e nel 1700 a San Giorgio c’era il tribunale; a quell’epoca nelle colline era coltivato il castagno per l’antica lavorazione delle ceste, si allevava il baco da seta e nelle tipiche “gorne” (semplici vasche in terra battuta per far stagnare l’acqua) si lavorava il lino e la canapa; lungo il corso dei torrenti vi erano i mulini ad acqua (alcuni tutt’ora esistenti)
e vi era una segheria per il legname, quindi se pur con sistemi rudimentali la vita ed il lavoro erano ben organizzate. Da parte dei partecipanti all’evento è stato lamentato il mancato interessamento, nel passato, alla cura di quegli elementi, quali gli scavi archeologici ,che avrebbero dato risposte a tanti interrogativi sulle origini del nostro paese anche perché negli archivi del Comune esiste una documentazione storica molto scarsa e frammentaria. E, dato che il tempo è il principale nemico della storia, dal mio punto di vista il cambiamento del nome avvenuto nel 1071 non era dovuto esclusivamente a motivi religiosi ma faceva parte di un progetto mirato a cancellare l’esistenza culturale di un popolo che nell’avvenire poteva dare eco e risonanza della sua civiltà. Molto probabilmente, il sindaco Giuseppe Bonini nel 1864 ne aveva intuito la causa e dato che a quell’epoca le libertà di espressioni erano limitate, con diplomazia, al nome San Giorgio ha voluto aggiungere Morgeto riaprendo così un caso che ancora oggi può avere sviluppi non indifferenti nella storia del nostro borgo. Perciò, per svolgere i contenuti della traccia di un tema del passato,oggi sarebbe opportuno creare fra i giovani un gruppo di lavoro e di studio affinché con la loro preparazione riescano a svolgere un accurato lavoro di indagine e, sulle pagine ancora bianche del libro di Altanum possano scrivere le origini e la storia del nostro paese e forse anche di tanti altri paesi.
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di Francesca Carpinelli
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e stagioni della vita regalano ancora emozioni. Lo conferma la “Festa Centenaria” di Oppido Mamertina. L’evento, da una proposta di Anna Maria Zappia e Mauretta Corsaro, è stato promosso dall’Amministrazione Comunale del sindaco Giannetta e dall’assessore allo spettacolo e alla cultura Eleonora Bellantonio. Protagonisti - in Piazza Regina Margherita - i sei centenari di Oppido: Doppio zero per Luigi Cicciari e Rocco Cicciarello di Tresilico e Maria Grillo di Messignadi; 101 primavere per Maria Gerardina Tripodi , Mariantonia Zappia - di Oppido - e Mariantonia Vaccari di Tresilico. Special guest Salvatore Caruso di Molochio recordman , ormai prossimo al traguardo dei 109 anni, che vanta la pubblicazione di due libri e di un terzo ancora inedito e che ha catturato l’attenzione di ricercatori americani impegnati in studi sulla longevità, apparendo sulla prestigiosa rivista scientifica americana “National Geographic. La prima parte della manifestazione , a carattere religioso, ha visto la Messa concelebrata nella Cattedrale dell’ Annunziata” da Don Letterio Festa, e Don Giuseppe Calderone che nell’omelia ha ringraziato Dio “per il dono della vita e della fede” definendo i centenari “una biblioteca di sapienza che ha la
Oppido, la festa dei centenari
I centenari con il sindaco Giannetta
forza dell’esperienza”. Subito dopo spazio agli anziani e a loro ricordi e alle riflessioni delle autorità. L’assessore Bellantonio ha sostenuto che “chi rinnega gli anziani e non li onora, rinnega e distrugge le proprie radici” e ha sottolineato che “gli anziani sono fonte di saggezza e modello di ispirazione per le nuove generazioni”. Don Letterio Festa ha esaltato il messaggio di semplicità che trasmettono gli anziani e il sindaco Domenico Giannetta ha detto che gli anziani “sono un motivo di orgoglio per la collettività”, e “è bello ritrovarsi, in un momento di grande intensità ed emozione, per favorire lo scambio culturale generazionale, e stimolare il confronto tra la vecchia guardia e le nuove leve per far emergere il volto positivo di Oppido” . Ha concluso proponendo “una seconda edizione aperta ai centenari degli altri Comuni.” Ai sei fotografatissimi nonnini - sono state consegnate targhe ricordo. La “Festa“ si concludeva con un momento conviviale e con il concerto del gruppo “I senza tempo”.
Oppido Mamertina: grande successo per la serata conclusiva
Concerto orchestrale "Calabria Evolution" di Michele Mazzeo
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ella Piazza della Cattedrale a Oppido Mamertina, si è tenuto il concerto “Calabria Evolutions”. Davanti a un pubblico numerosissimo di Amanti e professionisti della musica, appassionati e semplici curiosi : tutti ad Oppido Mamertina per un evento straordinario : 250 giovani musicisti di tutte le provincie calabresi e ben 8 direttori d’orchestra. Una maestosa orchestra che ha avuto il privilegio di eseguire in Prima Assoluta un brano composto da uno dei più importanti autori del panorama musicale mondiale, il belga Andrè Waignein. Esecuzione che sarà edita dalle Edizioni Musicali De Haske: una bella cartolina della Calabria, quindi, per centinaia di scuole di musica di tutto il mondo. Lo stesso compositore , nelle serate del 23 e 24 luglio 2014 a Falerna e Laureana di Borrello, aveva diretto gli ensamble che eseguivano il suo brano per omaggiare la bellezza della nostra terra e le orchestre giovanili calabresi ormai divenute un modello per l’intera nazione. La serata, patrocinata dal Comune di Oppido Mamertina ed inserita ne l’ “Estate Azzurra Mamertina”, è stata organizzata dall’orchestra giovanile di Fiati “Giuseppe Rechichi” di Oppido Mamertina diretta dal Maestro Stefano Calderone, che ha voluto ringraziare tutte le associazioni che hanno contribuito alla realizzazione del concerto che ha fatto vedere la parte bella e sana di Oppido. All’evento hanno collaborato gruppi musicali di tutta la regione fra i quali le orchestre di fiati di Oppido Mamertina; Laureana di Borrello (RC); Falerna (CZ); Gerace (RC); Roccabernarda (KR); I. C. “Laureana Galatro Feroleto”; Associazione Musicale “Euterpe” di Catona (RC); I. C. “MonteleonePascoli” Taurianova (RC) Concert Band di Melicucco (RC); Conservatorio
Nelle foto: due momenti del concerto
Torrefranca” di Vibo Valentia (VV); Banda Giovanile “John Lennon” di Mirandola (MO); Orchestra dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Piria” di Rosarno (RC), Banda “Francesco Curcio” di Amantea (CS) con i maestri Maurizio Managò; Francesco Di Rende; Alfonso Perri Altomare; Lorenzo Pusceddu; Francesco Castagnino; Saverio Varacalli; Mirko Besutti; Stefano Calderone.
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Scorci di San Giorgio Morgeto
di Francesco Di Masi
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’incontro con il pittore Luigi Zangari avviene in un caldo pomeriggio di Agosto nella suggestiva, caratteristica e storica piazza “bellissima” di San Giorgio Morgeto. Mi accompagna nel suo atelier di pittura e mentre osservo i suoi quadri, sin dal primo momento, ho la sensazione di trovarmi in un luogo surreale, in un mondo immaginario dove il tempo sembra che quasi si sia fermato. Nel pieno pathos (sentimento) cromatico, la sola mescolanza del colore riesce a dare contenuto all’opera stessa : la delicata, armoniosa bellezza che il soffice tocco del pennello crea attorno al dipinto, la pulizia di intendimento, la dolce e serena comunicativa, con il senso pieno della prospettiva, mi immergono in un’oasi di serenità tanto desiderata. Il maestro Luigi Zangari è un pittore ricco di inventiva che non ha mai legato le proprie opere ad uno stile creato da altri, ma, in modo assolutamente originale oltre che autentico, è riuscito a creare un proprio genere pittorico, lontano da ogni etichetta e da ogni stereotipo. Nasce ad Oppido Lucano, in provincia di Potenza, il 3 Luglio del 1931dove il papà minatore si era trasferito insieme alla moglie. La guerra, come in molti giovani meridionali dell’epoca, influenza la sua infanzia , lasciando una traccia indelebile nel suo spirito di uomo e di artista. L’emigrazione, la lontananza dai propri affetti e a dai sapori e colori della propria terra, accrescono e forgiano la sensibilità del giovane artista che rientrato, dopo un decennio, in Calabria e nell’amata San Giorgio Morgeto inizia timidamente con le sue prime esposizioni, interpretando in modo autentico i colori della sua terra che tanto lo avevano suggestionato e condizionato. In questo clima di amichevole familiarità inizia, non vorrei dire “ intervista”, ma uno schietto, sincero e pacato colloquio che sgorga dall’anima dell’artista. Signor Zagari mi può raccontare come ha avuto inizio la sua carriera artistica ? Ho iniziato nel 1955 da autodidatta. Ritornato a San Giorgio Morgeto, paese natale dei miei genitori, dopo aver trascorso oltre dieci anni in Svizzera e nel nord Italia, ho intrapreso questa attività quasi per gioco. In seguito le mie opere sono state notate da alcuni collezionisti che, esortandomi a continuare, mi hanno dato lo stimolo necessario per promuovere la mia arte. Osservando i suoi primi lavori noto un’evoluzione, principalmente cromatica e tecnica, delle sue opere. Mi può spiegare se è vero ed a cosa è dovuta. Ogni opera, in generale, riflette lo stato d’animo dell’ar-
IL POETA DEL BORGO Luigi Zangari figura di spicco della pittura italiana e internazionale
tista che la crea e la esegue. Le opere iniziali sono realizzate con la tecnica della spatola e senz’altro riflettono un’emotività ed un impeto giovanile che via via, col passare degli anni, si è tramutato in maturità e riflessività. Oggi i miei quadri manifestano questo mio sentire e sono, per certi versi, lo specchio della mia anima. Come definirebbe la sua opera ? Fondamentalmente sono un pittore figurativo il quale trae la sua massima ispirazione dell’osservazione della natura. Ho cercato di raccontare nei miei paesaggi tutte le contraddizioni della terra di Calabria. I soggetti sono svolti con un processo stilistico interiore, se mi passa il termine, quasi poetico. Sono angoli di terra brulla, abbandonata dai calabresi costretti alla emigrazione. Sono scorci di paesi con strade strette e deserte, con case vecchie e cadenti addossate le une alle altre quasi per vicendevole protezione, case vecchie sulle quali, però, svetta timida un’antenna televisiva o dei panni stesi al vento quasi a voler significare la costante presenza di vita. Mi dica, i paesaggi ma anche le nature morte e questi strani alberi “animati” dei quali non riesco a cogliere il significato. Da cosa nascono ? E’ la metafora eterna della nascita dell’uomo, dei suoi indissolubili legami con la natura, quasi a significare l’alba dell’umanità, annodata in simbiosi, con la natura vegetale e animale. Oltre 150 premi, a tutt’oggi, sono i meriti conseguiti nelle sue numerose mostre personali e collettive realizzate in Italia e all’Estero. Mi può ricordare i più importanti ? Ormai la memoria comincia a fare brutti scherzi anche se cercherò di ricordarne alcuni. Quattro premi Oscar al Palazzo delle Esposizioni di Roma, il premio “ Cavalieri del Progresso”, il premio “ Leone d’Oro Accademia della Signoria” di Firenze, la “ Medaglia D’oro “ al Palazzo dei Congressi di Roma , la “ Medaglia D’oro “ della O.N.G.O. presso le Nazioni Unite e gli Istituti specializzati dell’ONU, il premio internazionale “ Il
La Principessa Grace di Monaco ad un vernissage del maestro Zangari
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Opere del Maestro Zangari: al centro la Principessa Grace di Monaco e in basso panoramica di San Giorgio Morgeto
Gabbiano di Bronzo” dell’Accademia Culturale ed Artistica di Roma e numerosi altri ancora. Dimenticavo, nel Luglio del 1989, mi è stata conferita la Laurea Honoris Causa presso l’Università Studiorum Superiorum “Pro Deo” di New York, con numerosi servizi giornalistici su prestigiose riviste d’arte americane. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo. Quali sono quelle di cui è più orgoglioso ? Difficile rispondere a questa domanda. Ogni opera, per un artista, è un pezzo di se stesso. Probabilmente non posso ricordare tutte le opere che, per mia grande fortuna e soddisfazione, sono esposte un po in tutto il mondo. Per il loro prestigio posso nominare quelle al Palazzo delle Esposizioni di Montecarlo, al Palazzo delle Esposizioni di Charleroi, al Palazzo delle Esposizioni di Atene, al Palazzo Babilon de Lutèce di Parigi, oltre che alla Galleria Toison di Madrid e al Museo Ovar in Portogallo, oltre a città italiane come Roma, Firenze, Napoli, Milano, Bologna e Ferrara. Certamente quella che, però, più mi inorgoglisce è il ritratto della Principessa Grace di Monaco, esposto al Palazzo Reale di Montecarlo, ritratto donato alla famiglia reale dopo la tragica morte della Principessa
che, tra l’altro, avevo avuto l’onore di conoscere, insieme al marito Ranieri III di Monaco, durante un’esposizione al Palazzo dei Congressi di Montecarlo nel 1967. Siamo giunti alla fine di questo cordiale colloquio- intervista. Ma un’ultima curiosità stimola la mia mente: cosa pensa in questo momento riguardando le sue opere ? Penso alla grande possibilità che questa attività mi ha concesso, alle persone che ho conosciuto, a quelle che hanno apprezzato la mia opera e gli altri che, con la loro critica, mi hanno stimolato a far meglio, ai luoghi visitati e solo sognati durante gli anni in cui lavoravo in miniera. Ora godo della mia famiglia e dei miei nipotini, che sono la gioia più grande anche se, nessuno di loro ha la pazienza e la costanza di iniziare a dipingere. Insomma mi ritengo un uomo fortunato e oramai sereno. Grazie maestro per il tempo che mi ha concesso e per avermi consentito di scoprire un figlio della Piana che ha saputo portare, attraverso la sua opera, un angolo della nostra terra in giro per il mondo. Grazie. Grazie a voi per l’attenzione che mi avete rivolto. Con questo scritto voglio dare merito e testimonianza, a nome mio e della redazione del “Corriere della Piana”, ad un uomo e artista positivo della nostra terra di Calabria che con autentico amore rappresenta e trasmette, con le sue opere, un tratto indelebile, immortale e senza genuflessi inchini, alla storia meridionale, l’operosità e l’agire alle future generazioni trasferendo quella linfa vitale che tutto genera per più brillanti e gloriosi traguardi. Cordialmente e per la squisita ospitalità, grazie Luigi !
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L'orchestra giovanile al Concorso "La bacchetta d'oro"
Delianuova
Orchestra Giovanile di fiati Stagione di successi di Francesca Carpinelli
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’Orchestra Giovanile di Fiati di Delianuova continua a mietere successi. L’ultimo, in ordine di tempo, è il primo premio in Seconda Categoria conquistato nella XVII° edizione del concorso nazionale bandistico “La bacchetta d’Oro” di Fiuggi (FR). Un riconoscimento - il dodicesimo per l’esattezza - che impreziosisce ancor di più il già ricco palmares dell’Orchestra diretta dal maestro Gaetano Pisano, trionfatrice in terra laziale con un punteggio 90,77, eseguendo la marcia “Evelina” di Gesualdo Coggi, il brano d’obbligo “The Curse of Polyphemus” di Harry Richards e il brano a scelta “A Longford Legend” di Robert Sheldon. L’Orchestra, nata nel 2001 e attualmente formata da 55 elementi di età compresa tra i 12 e i 25 anni, conta, tra questi, 15 ragazzi diplomati al Conservatorio che ricoprono il ruolo di insegnanti
di musica a disposizione dei 40 bambini di età compresa tra i 7 e 12 anni che suonano nella Junior Band dell’Associazione Culturale “Nicola Spadaro” di Delianuova che, al suo interno, comprende anche 15 bambini di Terranova Sappo Minulio. E proprio dai Piccoli dell’Orchestra è arrivato il bis, visto che, nell’ambito dello stesso concorso bandistico che ha regalato l’ennesima vittoria ai Grandi, sono stati gli unici classificati nella Categoria Giovanile con 81,61 punti, ottenuti eseguendo come brano d’obbligo la raccolta musicale della Scomegna “Basic Series n.5” contenente i brani “Game over!” di Franco Puliafito e “Danza del drago” di Flavio Bar e presentando come brano a scelta “Astro Overture” di John Kinyon. Il doppio primo premio nel prestigioso concorso di Fiuggi (FR) è stato il meritato frutto di un lavoro portato avanti con cuore, passione e dedizione dal maestro Gaetano Pisano e il risultato di ore di studio e di prove infarcite del costante e proficuo impegno da parte dei ragazzi. Un risultato nato da un lavoro di squadra attento e minuzioso che non poteva passare inosservato agli occhi anzi alle orecchie di una qualificata giuria presieduta dal Maestro Daniele Carnevali, direttore artistico del Concorso Bandistico Internazionale “Flicorno d’Oro” e composta dal Maestro Armando Saldarini, Presidente della commissione tecnico-artistica della FE.BA. CO e direttore artistico del Club Culturale Musica Viva e dal Maestro Paolo Mazza, vice presidente della Consulta Artistica Nazionale dell’ANBIMA. E i ragazzi hanno regalato l’ennesima emozione ai genitori e ai componenti del Consiglio Direttivo dell’Associazione “Nicola Spadaro” di Delianuova. Un’emozione nuova venuta proprio da quel palco che, come ricorda il maestro Gaetano Pisano, li aveva premiati già nel 2003. Un’emozione che sperano di provare anche, a marzo 2015, nell’ambito concorso internazionale “Flicorno d’Oro” di Garda. Per questo, i ragazzi sono già al lavoro: ancora un po’ di sudore, fatica e studio e potranno presentarsi a un altro importante appuntamento bandistico con l’obiettivo di salire sul gradino più alto del podio per fare l’Orchestra Giovanile di Fiati di Delianuova una realtà che diffonde la musica e il buon nome della Calabria nell’Italia e nel mondo.
AICol
ENTel
ALS
FEDER.Agri
CAA
Federazione Pensionati M.C.L.
CAF
PATRONATO SIAS
CEFA Ong
SNAP
Centro Europeo di Formazione Agraria
Sindacato Nazionale Autonomo Pensionati
EFAL
Gioia Tauro Via Roma Palazzo ex UPIM Taurianova Via Benedetto Croce, 2
Associazione Intersettoriale Cooperative Lavoratori
Associazione Lavoratori Stranieri
Centro Assistenza Agricola
Centro Assistenza Fiscale
Ente Formazione Addestramento Lavoratori
Ente Nazionale Tempo Libero
Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura
Servizio Italiano Assistenza Sociale
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Associazione ARS e MUSICA di Emanuele Saccà
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’associazione Ars Musica nasce nell’aprile del 2011 a Oppido Mamertina in provincia di Reggio Calabria, da alcuni musicisti (e non solo) che avevano in cuore un'unica passione L’Amore per l’arte e la Musica in tutte le sue forme. L’associazione inizia il suo percorso svolgendo dei brevi corsi estivi musicali rivolti ai ragazzini dai 10 anni in su. Col passare dei mesi però si è capito che il lavoro che si poteva fare poteva andare oltre i semplici corsi musicali e i semplici concerti, noi potevamo fare qualcosa di concreto per difendere la legalità e dare un messaggio diverso un qualcosa che facesse cambiare il volto della nostra Calabria, e quale miglior modo avevamo se non utilizzare la musica?! Tutto questo ha avuto inizio con un concerto per pianoforte che abbiamo tenuto a San Giorgio Morgeto (RC) presso l’Istituto Comprensivo “Fermi” (davanti a tanti bambini e adolescenti) eseguito dai pianisti di fama internazionale i gemelli “De Stefano” e le gemelle “Tatievskaya” (Russe), il titolo del concerto era: le melodie popolari nella musica Classica, abbiamo trattato le composizioni di Brahms e altri compositori che hanno scritto le loro opere attingendo il tutto dal repertorio popolare, e tra le varie composizioni abbiamo anche eseguito le tarantelle scritte da Rubinstein, Rossini e Gravrilin, ma prima dell’esecuzione abbiamo presentato la Storia della Tarantella. Questo l’abbiamo fatto perché volevamo dare ai giovanissimi studenti un messaggio diverso della Tarantella, in quanto la maggior parte di noi pensa che la Tarantella sia un qualcosa di esclusivamente popolare che forse alcune volte rimanda anche al concetto di malavita, ma invece, noi abbiamo raccontato le origini di questa danza dando risalto al suo scopo originale che era quello di curare il malato di Tarantismo, ovvero quella persona che è stata colpita dal morso della Tarantola e questo veniva fatto non portando il malato da un dottore o altro ma bensì portando i sonatori di tarantella intorno a lui che suonavano finché questi non stava meglio. Dare risalto alle origini della Tarantella è stato un qualcosa di sorprendente per tutti i ragazzini in quanto loro hanno capito che questo ballo non è un qualcosa che nasce dal Cattivo ma che è un qualcosa che serve per dare VITA (ultimamente noi sentiamo tanto dire in giro la “Musica Salva” oppure “La Musica rende liberi” ma noi del Sud tutto questo l’avevamo già capito 600 anni fa fa-
Nelle foto: vari momenti delle attività di Ars e Musica
cendo sì che la musica fosse una MEDICINA per la cura di coloro che stavano male), e poi in secondo luogo è stato per loro anche bello pensare che un qualcosa che è nato nel sud Italia sia diventato oggetto di interesse e di studio da parte dei più grandi compositori europei e non solo. Il nostro lavoro di presentazione della storia della Tarantella sta continuando, infatti nella maggior parte dei nostri concerti dedichiamo sempre uno spazio all’esecuzione di una tarantella per pianoforte anticipando il tutto dalla presentazione delle origini di questo meraviglioso ballo. (E’ anche da sottolineare che la nostra Associazione abbraccia anche la danza, infatti nella maggior parte dei nostri concerti facciamo esibire una ballerina che accompagna con la sua coreografia alcuni dei brani eseguiti). Di recente l’Associazione sta proponendo anche concerti di musica da camera col quartetto di fagotti “Fagott Comic”. Questo quartetto è composto dal M°Emmanuele Saccà, M°Antonio Mungo, Vincenzo Calipari, Giulio Mungo. Il quartetto nasce in seno alle attività didattiche del conservatorio di Vibo Valentia dove tutti e quattro i componenti hanno studiato e stanno sotto la guida dell’ex insegnante di fagotto M° Liborio Guarneri. Il repertorio che viene proposto spazia dal classico fino al più contemporaneo. Punto forte del loro repertorio è l’esecuzione delle due opere di Verdi NABUCCO e RIGOLETTO scritte in sintesi apposta per quartetto di fagotti. Una delle esibizioni più importanti che il quartetto ha fatto è stata quella nel 2010 a Cosenza durante la 14^ edizione della serata di alta moda “MODA MOVIE”. Poi come Associazione abbiamo deciso di continuare il nostro lavoro Culturale dirigendo il tutto verso la letteratura e abbiamo dato vita ad una Biblioteca itinerante. Questa biblioteca è formata da un gazebo 3x3 composta da 150 libri circa. Questi libri sono tutti usati che noi abbiamo raccolto presso le scuole con l’iniziativa “Raccolta del libro usato” dove gli studenti e gli insegnanti hanno donato i loro libri che non leggevano più e che al posto di buttarli potevano dare a noi, così è nata la nostra Biblioteca. Il bello di questa Biblioteca è che si muove periodicamente presso i paesi della Piana dando vita ad attività culturali dedicate alla lettura. Come ci muoviamo con la Biblioteca itinerante? Noi posizioniamo la nostra biblioteca in una piazza o villa del paese in cui sostiamo e diamo in prestito i nostri libri in modo che la gente sedendosi nella panchina del posto non si concentri sul suo cellulare o Ipad ma possa avere la possibilità di leggere un libro. E per i più piccoli, quelli dai sette anni in giù c’è la cantastorie della nostra Associazione che mettendo a cerchio tutti i bambini legge a loro le favole. Questo lo facciamo per far sì che durante le nostre giornate dedicate alla lettura TUTTI possano gustare il bello della letteratura anche i più piccoli dove per loro saremo noi il tramite alla lettura. Ma perché abbiamo deciso di fare questo sapendo che già solo la musica è un ottimo mezzo per difendere la Legalità e trarre fuori i ragazzi dalla strada? E’ vero la musica è un ottimo mezzo per difendere la legalità, però è pure vero che se noi ci limitiamo soltanto a far suonare i nostri ragazzi, loro pur gustando il bello delle gradi composizioni musicali avrebbero negato un altro tipo di bellezza che è quello del pensiero dei grandi scrittori. Con la musica si trasmettono emozioni ma con la lettura tu puoi trasmettere il pensiero, ed è proprio questo quello che noi abbiamo capito che ci serviva, se noi vogliamo fare un ottimo lavoro sui ragazzi del nostro territorio se noi vogliamo far sì che ci sia meno delinquenza tra i nostri giovani non dobbiamo soltanto farli suonare ma abbiamo un forte bisogno di farli leggere, perché le emozioni vanno e vengono ma il pensiero quello rimane. Noi possiamo dare uno strumento ad un ragazzo e farlo studiare ore e ore ma se nella sua mente c’è una concezione della vita in cui il forte deve sovrastare il più debole noi non abbiamo ottenuto il cambiamento che ci aspettavamo. Questo in generale è tutta l’attività che svolge la nostra associazione, lavoriamo molto con i ragazzi facendo concerti, eventi culturali, progetti nelle scuole con l’unico intento di dare un messaggio positivo, dare una visione diversa delle cose per far sì che i nostri ragazzi crescano con la voglia di vivere in un mondo più giusto.
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Pregevole operazione di rivisitazione culturale curata da Pino Demaio di Luigi Mamone
LA CAZZUMBRAZZEIDE
Restituito alla fruibilità un poemetto vernacolare di metà ‘800
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' stato recentemente presentato un volume splendidamente curato da Pino Demaio, pubblicato per i tipi di Laruffa, con il quale è stato riproposto con una rigorosa traduzione italiana dei versi dialettali il poemetto satirico in vernacolo “Cazzumbrazzeide” scritto probabilmente nel decennio che va dal 1860 al 1870 da Don Francesco Palaja , un arguto sacerdote di Casalnuovo ( l’odierna Cittanova) e miracolosamente giunto ai giorni nostri sia pur con il sospetto di qualche contaminazione postuma. L’opera di Demaio è preziosissima. Nelle lunghe sere trascorse a Taurianova ascoltando , fra narrazioni, coloriture, mitizzazioni e leggende, i racconti di anziani soci del Circolo “Francesco Sofia Alessio” ( un tempo detto anche “dei Nobili” e dentro il quale più generazioni di benestanti, radicenesi prima e taurianovesi poi, hanno consumato le loro serate e qualcuno anche l’intera vita in un dorato ozio frammisto a pettegolezzi vanamente esorcizzando la noia in interminabili serate al tavolo da gioco) scopre che la “ Cazzumbrazzeide” o quantomeno una sua copia risalente ai primi anni 50 del secolo scorso fosse conservata fra le carte dell’archivio familiare di un socio del sodalizio, Tommaso Luvarà, discendente di una famiglia radicenese borghese, benestante e colta . Riemerge così dall’oblio del tempo un dattiloscritto ingiallito, di fogli sottilissimi , che un tempo erano detti di “carta riso”. Fragili, ingialliti friabili. Su essi un dattilografo arruffone aveva ricopiato senza alcun riguardo per grafica e spaziature il testo del poemetto perduto. Ecco la Cazzumbrazzeide che rinasce ! e che grazie a Demaio torna a nuova vita: straordinariamente attuale, interessante, con personaggi che resuscitano dall’oblio del tempo e ci accompagnano indietro in un
‘800 gozzaniano a respirare le atmosfere di un paesino del profondo sud di una Italia ancora fortemente divisa fra rigurgiti borbonici e enfasi del nazionalismo sabaudo e dove ancora la Chiesa , e la realtà che intorno ad essa orbita, emergono come punti di riferimento sociali . Don Palaja, baciato da una vena felice, racconta le avventure di un forestiero, abitante nella vicina Dericina (Radicena , oggi Taurianova ) forse un tal Matteo Trimboli, che mirava a diventare priore diocesano impegnandosi a suo modo in una campagna elettorale che Don Palaja con arguzia, ironia e un pizzico di sarcasmo racconta mettendo alla berlina, insieme alla velleità politiche di “cazzumbrazza “ anche vizi e virtù di una società piccola, codina, perbenista, ipocrita, chiusa intorno a postulati di intoccabilità e di casta e nella quale emerge la voracità di preti opportunisti e scrocconi: brutte copie del manzoniano Don Abbondio. Scrive Demaio: “ La Cazzumbrazzeide è una finestra aperta sulla nostra storia di “chìanòti “ (Pianigiani della Piano del Tauro ). Nel bene e nel male, che si accetti con orgoglio o che induca a storcere il naso racconta uno spaccato di ciò che fummo” Ma a distanza di tanti anni e dopo tanto oblìo la ricerca è, parafrasando Borges , “un mucchio di specchi rotti” e che, se ricomposti, danno una immagine riflessa ma deformata La riproposizione della cazzumbrazzeide allora, nella rigorosa impostazione che Demaio da al suo lavoro, non è la mera riproposizione sulle ali del ricordo o della nostalgia di qualcosa che non c’è più ; diventa una operazione di analisi più ampia che viene operata sfruttando il potente strumento del linguaggio, trasformando la parte letteraria in uno strumento di analisi antropologica ed elevandola alla valenza filosofica del meta-linguaggio. Demaio - che fin dal 2001 ha lavorato su quest’opera imponente composta da oltre 2245 versi divisi in 8 canti articolati quasi tutti in sestine ed endecasillabi - si è posto il problema della contaminazione. Si ignora se il dattiloscritto su cui ha operato sia la trascrizione di un più antico testo olografo o sia stato redatto anche sulla scorta di fonti orali e in che misura possano essere sussistite superfetazioni linguistiche che qua e la traspaiono dalla analisi delle differenze lessicalglottologiche che caratterizzavano i dialetti di Radicena, Jatrinoli e Casalnuovo. Pregevole è pertanto anche l’impegno che Demaio profonde nella traduzione italiana in versi che mira ad essere la più rispettosa possibile sia sotto il profilo dell’analisi linguistica che della narrazione poetica tentando di preservare, come può e fin che può, anche i tocchi ironici e il sarcasmo che alcune espressioni dialettali ben rendono ma che non sono riproponibili con la medesima efficacia in italiano. Opportuna appare- anche per un fatto di onestà intellettuale – la proposizione di cenni storiografici su Don Palaja di cui poco o nulla in verità resta, a parte i dati d’anagrafe e quelli della sua esperienza sacerdotale conservati nell’archivio diocesano di Mileto . Nelle emeroteche Zito De Leonardis e Avenoso sono state però rinvenute tracce che legano Don Palaja ad un impegno politico antiborbonico con conseguente accusa di cospirazione e sottoposizione alla sorveglianza speciale. Tracce personologiche che ben si attagliano , in verità, con i versi della Cazzumbrazzeide, il cui autore non è certo immune da una caustica attenzione e da critiche anche verso il mondo clericale che ben si conciliano con un forte impegno politico. In ogni caso la
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memoria immateriale cittanovese attribuisce a Don Palaja questo scritto, e anche altri due, egualmente in vernacolo: “Discurzi ntra cantina i Mangiafrancu” – conservato nell’archivio Furfaro e datato Marzo 1861 e “ u Muccatùri” ( il fazzoletto da naso, usato dalle donne anche come copricapo durante le funzioni religiose ma che nel sonetto èda intendersi “scialle”) che facendo riferimento alla visita pastorale del vescovo Mincione – sottolinea l’autore - è certamente coevo alla stagione di Don Palaja. L’analisi rigorosissima del testo fa emergere
In una foto del 2006 Pino Demaio al centro fra il compianto Avv. Rocco Gambacorta e il sindaco di Cittanova del tempo, Francesco Morano
alcuni passaggi assolutamente non riconducibili a Don Palaja (ad es. l’uso della parola “cemento armato” assolutamente non conosciuto ai tempi di Palaja) e conduce a ritenere plausibile una manipolazione del testo originale operata forse dal taurianovese Avv. Luigi Curatola Oliva, ricordato come penna graffiante e che forse per ragioni di assonanza politica fra la lotta per la conquista del priorato che oppone i due aspiranti – entrambi laici - Trimboli “ Cazzumbrazza “ all’antagonista Francesco Avenoso della famiglia dei “priuri” con quella che negli anni cinquanta oppose il radicenese Macrì al cittanovese Terranova operò la riproposizione con qualche modifica del testo originale del poemetto che forse possedeva e che non è certo si intitolasse Cazzumbrazzeide”: titolo fin troppo ricercato rispetto alla impostazione popolare e vernacolare dell’opera e che potrebbe essere stato apporto dallo stesso Curatola- Oliva . La traduzione italiana a fronte, infine , è il valore aggiunto che il volume presenta e senza la quale sarebbe rimasto relegato in ambito strapaesano. Grazie alla rigorosa ricerca filologica l’opera di Demaio , piacevole e affabulante potrà essere goduta da una platea di lettori, storici o semplici appassionati , senza alcuna limitazione legata alla difficile decodificabilità delle costruzioni fonetiche dialettali. Le vicende di Cazzumbrazza e della sua campagna elettorale incentrata su un clientelismo fatto di cibarie, olio e legumi distribuiti a piene mani a una genìa di priori e di preti -elettori che fecero incetta di quante più cose avessero potuto chiedere all’inconsapevole Cazzumbrazza senza poi votarlo resta di schiacciante attualità . Un monito per i tanti moderni “cazzumbrazza” che la politica calabrese e italiana ha prodotto e, haimè , produce. Chiosiamo con una sestina illuminante: che resti da monito ai prossimi “cazzumbrazza” che andranno a candidarsi : dal condominio , alla confraternita fino alla Regione e alla Camera dei Deputati : ” Su mangiàru tutti crudu e cottu /cu lu potti futtìri lu futtìu / ntra so casa nc’era u quarantottu / nu previti nchianava uno nescìa /cu volìa l’ogghiu e cu la suriaca / S’ammazzau tuttu mu resta caca (Lo spolparono tutti crudo e cotto / chi potè fregarlo lo fregò / dentro la sua casa c’era il quarantotto / Un prete entrava e uno andava via / Chi pretendeva olio chi fagioli / Si prodigò totalmente per finire ultimo.
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Strumenti ortopedici
La frattura del calcagno
Una nuova tecnica per un ritorno rapido alla vita normale
di Eleonora Vinaccia
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’ stato pubblicato sul numero di Maggio-Giugno 2014 della nota rivista scientifica del settore “M.C.O. - Orthopaedic Medicine and Surgery”, il lavoro dal titolo: “Le fratture di calcagno: nostra esperienza con tecnica sperimentale”. Gli autori sono tre dirigenti medici: il prof. SABATINO CARIANNI, di Gioiosa Marea (ME), Direttore dell’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di S.Agata Militello e del Presidio Ospedaliero “Barone Romeo” di Patti, il dott. ANTONINO FURNARI, di Novara di Sicilia (ME), e il dott. GIUSEPPE PRETE, di Taurianova (R.C.), Dirigenti Medici dell’U.O.C. di Ortopedia e Traumatologia del P.O. di S. Agata Militello. In questo studio, gli Autori descrivono la loro esperienza sul trattamento delle fratture del calcagno, in particolare di quelle talamiche, con una tecnica sperimentale, mediante riduzione con palloncino e sintetizzandole con “Callos”, cemento biologico, che viene creato al momento dell’utilizzo, miscelando calcio fosfato e calcio carbonato in polvere con sodio fosfato liquido. Gli stessi riportano la tecnica ed i risultati a distanza su una casistica di 56 su 94 pazienti trattati dal gennaio 2006 al dicembre 2012 con risultati superiori ad ogni attesa. Il follow-up è stato tra i 6 mesi ai 5 anni ed ha permesso di osservare, nella maggior
parte dei casi, un ottimo risultato funzionale con piena soddisfazione dei pazienti. Tale tecnica ha il potenziale vantaggio di correggere una eventuale scomposizione, ripristinando la congruità articolare e di fissarla con cemento biologico “Calcium Phosfate”, vale a dire con biomateriale, riducendo il rischio di complicanze legate alla guarigione dei tessuti molli. Inoltre, non è prevista alcuna immobilizzazione e si concede il carico libero parziale dopo circa tre settimane. Alla luce di quanto fatto, gli Autori ritengono che tale metodica, descritta nel citato studio, sia un’ottima soluzione per il trattamento delle fratture del calcagno, anche per la possibilità di ottenere un ritorno rapido alla vita normale e all’attività lavorativa svolta.
I Dottori Prete, Carianni e Furnari
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'Associazione OUITALOS organizza giorno 18 Ottobre c.a. alle ore 19:00, presso la scalinata di via Toselli a Palmi, una "chiacchierata" sul SUD...e il tema del riscatto. Interverranno all'amichevole incontro relatori conosciuti a livello nazionale, quali: Fabio Mollo (regista del film "Il Sud è niente"), Miriam Karlkvist (attrice protago-
nista del film "Il Sud è niente"), Arcangelo Badolati (caporedattore de "La Gazzetta del Sud") e Mimmo Gangemi (scrittore e autore de "Il giudice meschino" da cui è stato tratto l'omonimo film). Tutte le associazioni ed i privati sono invitate; chi intende partecipare all'evento potrà prendere informazioni con gli organizzatori tramite la pagina facebook "Da Sud...!"
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di Domenico De Angelis
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più attenti e appassionati lettori del mensile, avranno certamente notato che l’ultima pagina, è dedicata ai percorsi tracciati dal dott. Diego Demaio, instancabile viaggiatore e corrispondente competente e preciso. Questa rubrica offerta dal mensile, è un invito ad accrescere maggiormente la conoscenza della nostra terra di Calabria, attraverso i suddetti percorsi. Gli stessi, sono sicuramente stati ri-percorsi (anche solo mentalmente) da quanti, insieme al dottore, si appassionano alla nostra terra scoprendo nuovi percorsi e nuovi sentieri. Ma in questa pagina, di altro tipo di percorso vorrei portare a conoscenza i lettori del mensile. Quello umano, tracciato da P. Rocco Spagnolo (Superiore Generale della comunità dei Missionari dell’Evangelizzazione, fondati da P. Idà). L’autore, ha voluto tracciare un preciso percorso, che parte da Gerocarne (VV), passa da Anoia (RC), svolta a Terranova S.M. (RC) ed arriva a Santa Domenica di Placanica (RC). Ad essere protagonisti, non sono però paesaggi e luoghi incantati, che la meravigliosa terra di Calabria offre, ma uomini e donne che hanno saputo testimoniare con la loro vita la fede cristiana. Figure distinte tra di loro, ma non separate. Le figure proposte sono, in ordine di stampa: Padre Vincenzo Idà, Profeta dell’evangelizzazione (San Paolo 2006); Madre Pasqua Condò, Mistica dell’evangelizzazione (San Paolo 2009); Fratel Cosimo, Un bagno di luce (San Paolo 2013). Il filo che lega i tre testi, è la mirabile sintesi tra la dimensione del discepolato e la dinamica della testimonianza. Più incisiva delle parole, infatti, è la vita. Si dice che un fatto convinca più di ogni pensiero. Per tale motivo, viene proposto dall’Autore, un metodo di evangelizzazione e di promozione umana, che ha alla base la testimonianza di uomini capaci di incarnare il messaggio evangelico. Insomma, attento più alla vita vissuta che ad astratte teorie sul vivere cristiano, ha voluto tracciare un preciso itinerario di fede capace di costruire la città dell’uomo. Infatti, convinto che la Calabria abbia in
Itinerari umani Una via tracciata da grandi uomini alla sequela del Cristo
Padre Rocco Spagnolo
tal senso molte figure da scoprire o “ri-scoprire”, propone una terra in cui ad emergere, non è la fame, ma la fama di santità. È indispensabile in tal senso mostrare la Calabria migliore, quella operosa ed umana, lontana dalle classiche etichette che solitamente vengono attaccate in generale a tutti i meridionali. Insomma, nei testi si trova una Calabria che non ti aspetti, una terra piena e feconda di uomini e donne che, forse più in la nel tempo, sentiremo parlare con un eco nazionale o addirittura internazionale. Ciò che viene evidenziato, in definitiva, sono modelli da seguire e non modelle da esibire. L’Autore, inoltre, attento non solo al contenuto, ma anche allo stile, ha saputo coniugare rigore biblico con scorrevolezza di lettura. Insomma, si presentano testi completi e comprensibili. Dei “classici” potremmo dire, per chi fa “apostolato della penna” con vera passione e trasporto. Nei testi, la geografia della santità, sembra avere in Calabria una tappa fondamentale. Nel presente articolo, non si vuole fare una sintesi dei testi citati, ma segnalare il ruolo educativo ed incisivo, con cui sono state presentate le figure proposte. Anche perché, in questo periodo storico, in cui si avanza tecnologicamente e arretra eticamente, è necessario riscoprire i veri valori ed ideali, ed a questi ultimi ci si educa, con una appropriata formazione morale. Pertanto, occorrono formati e formatori competenti, capaci di trasmettere i più alti valori umani. Diversamente, all’uomo è preclusa la possibilità di conoscere la verità della realtà, e del suo stesso essere vocato alla trascendenza. I testi segnalati, vogliono semplicemente essere un invito alla riflessione ed alla scoperta di figure calabresi particolarmente incisive, di cui andarne fieri.
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Michele Sorace Pres. Vespa Club Polistena
Una Vespa 125 degli anni 60
Un Vespista
La vespa a pedali di produzione francese
A cura del Vespa Club Polistena con concentrazione e arrivo a Cinquefrondi di Federica Mamone
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na giornata all’insegna della Vespa. L’intramontabile scooter Piaggio al centro del raduno promosso dal VespaClub Polistena del Presidente Michele Sorace il 10 Agosto a Cinquefrondi. La manifestazione ha visto oltre 200 partecipanti da tutta la Calabria e - per dare un tocco d'internazionalità - anche due vespisti d'oltralpe. Di questi, uno alla guida di una Vespa 50 con i pedali. Un modello prodotto solo in Francia su licenza e che per rispettare le normative transalpine del tempo veniva prodotto con i pedali: un pò come sul Ciao, il Si o il Bravo che in quegli anni furono spesso la porta d’accesso per i giovani al mondo delle due ruote. L’organizzazione, magnifica sotto ogni punto di vista, ha visto i Vespisti, dopo la concentrazione nella Piazza davanti la Chiesa di San Michele, a Cinquefrondi fare un bellissimo giro che ha rimandato tutti, centauri e pubblico che ha assistito al passaggio dello "sciame" indietro nel tempo: ad epoche più elici della nostra Italia. A quel dopoguerra che sprizzava ottimismo e voglia di vita da tutti i pori. Ancora con spazio per l'inventiva e la genialità e non più soffocato come oggi da un dominio informatico che mette paura, controlla ogni
Le Vespe nella Piazza di Cinquefrondi
Una giornata in vespa
Uno sciame di coloratissimi scooter Piaggio nel cuore della Piana del Tauro Rarissima Ape Calessino
cosa e evoca scenari entro i quali l'uomo appare soffocato nella sua libertà e nella propria ineguagliabile unicità. Dopo il giro di prammatica dentro il centro storico di Cinquefrondi fatto di stradine antiche e strette con la gente che si affacciava sulle porte delle case e applaudiva il tour ha toccato Polistena, Cittanova, Taurianova, Rizziconi, Drosi, Spina, Melicucco per poi ritornare a Polistena per proseguire verso il ristorante per il pranzo sociale. Il colorato corteo, come sempre è stato guidato dall'Ape calessino: tre ruote anni '50 magnificamente restaurata da Sorace. Accanto, e tutt'intorno il colorato sciame di Vespe spaziava su un arco di quaranta anni di successi . Dalle 125 faro basso, alle 150, alle 200 fino alle varie serie PX degli anni '80 e alle "Cosa" dell'ultimissima stagione. La vespa recentemente riproposta in un versione moderna dalla Piaggio, riscuote ancora successo ma non ha il fascino senza tempo delle vecchie Vespe della grande stagione Piaggio. I vespisti DOC, soprattutto, criticano il cambio automatico in luogo delle marce al manubrio che da sempre caratterizzavano le Vespe. Non casualmente, infatti il "Motogiro dei tre mari" che per l'organizzazione del MC Bari nel 2015 farà tappa anche in Calabria accetta solo le Vespe, in qualsiasi versione, purchè con il cambio di marce al manubrio.
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di Pino Pignata
Francesco Duca su tutti alla Corritaurianova by night
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rganizzata dalla Parrocchia "Santa Maria delle Grazie" di Taurianova, che si è avvalsa della collaborazione tecnica dell'Atletica Gioia Tauro, si è svolta domenica 31 agosto 2014, sulle strade della cittadina della Piana di Gioia Tauro, la "CorriTaurianova by night - Trofeo dei Miracoli", gara di corsa su strada che ha visto la partecipazione di un nutrito parterre di atleti di livello nazionale. Prima della partenza della gara principale, quella competitiva che si è svolta in serata, nel primo pomeriggio, a integrazione della manifestazione, si sono svolte gare riservate ai giovani atleti locali e non che, spronati dai tanti familiari e da una consistente folla di appassionati o curiosi della corsa, hanno dato vita a duelli interessanti che, per alcune gare, si sono risolte, in volata, solo sulla linea dell'arrivo. Dopo le doverose premiazioni dei giovani atleti, alle ore 20 circa, si è dato il via alla gara riservata ai non tesserati e, anche in questa gara, sia l'arrivo del vincitore, che i piazzamenti d'onore, si sono risolti agli ultimi metri. Per la cronaca, a tagliare il traguardo per primo, è stato Maurizio Cento, che vanta un passato da velocista. Alle ore 21,15, lo speaker della manifestazione, Pino Spinelli, encomiabile per tutto il pomeriggio e nella tarda serata, si è proceduto alla presentazione dei migliori atleti in gara, dei quali ha rappresentato il loro ricco palmares, dopo di che è stato dato il via alla gara, organizzata in memoria di Gaetano Alessi, giovane taurianovese, prematuramente scomparso. I giri del percorso erano cinque e sin dal primo passaggio sulla linea del traguardo, si era formata una coppia che si è staccata dal gruppo degli inseguitori e che era composta da Francesco Duca - Polisportiva Vodo di Cadore - e Salvatore Arena - Atletica Recanati - che si sono defilati fino al quarto passaggio, quando Francesco Duca, con un perentorio
allungo, decide di condurre in testa fino alla fine della gara, conclusa col tempo di 26:09 mentre Arena, che nell'ultimo tratto ha tentato una flebile rimonta, che gli ha permesso di giungere a soli sei secondi dal vincitore. Al terzo posto Marco Barbuscio, cosentino che difende i colori dell'Atletica Casone Noceto, che conclude col tempo di 27:10. Seguono nell'ordine Stefano Sestito, della Violettaclub (27:22) Balduino Scarfone - Conoscere Jonadi - 27:33 e al sesto posto il giovane Giuseppe Pilello, allie-
vo dell'Atletica Minniti, che completa la sua gara in 28:11. Concludono la gara in 66 e alla fine, chi non è riuscito ad aggiudicarsi il premio offerto ai primi 3 classificati di ogni categoria, si è consolato con un lauto banchetto a base di frutta di stagione. In tarda serata, alla presenza dei familiari di Gaetano Alessi, del Parroco della Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Taurianova e dei massimi dirigenti della Fidal Regionale e Provinciale, sono stati consegnati i premi ai migliori atleti classificati.
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di Domenico De Angelis
Le formazioni in lizza nel torneo
Terranova Sappo Minulio
"Memorial Orlando Larosa" partecipato Torneo di Calcio a 5
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i sente dire, solitamente, che lo sport unisce, che ha un forte obiettivo educante. Inoltre, riesce ad arricchire la vita di quanti lo praticano. Una ulteriore connotazione tipica dello sport, e che riesce a richiamare l’attenzione su un determinato evento o soggetto, al fine di valorizzarne meglio la memoria. In tale direzione, dal 23 al 30 agosto, a Terranova S.M., è stato organizzato un piccolo torneo di calcio a 5 in memoria del compianto Orlando Larosa (deceduto prematuramente, giovanissimo). Il memorial, fortemente voluto ed organizzato dai suoi amici fraterni Vincenzo e Fabio Formica, è stata una dimostrazione di stima oltreché di affetto. Ha coinvolto tutte quelle persone che l’hanno conosciuto in vita e che hanno avuto l’intenzione, con la partecipazione al torneo, di continuare a sentirlo vicino (almeno nel cuore e nella mente). La serata di inaugurazione, si è aperta con la benedizione del Parroco di Terranova, P. Pasquale Carnovale (dei Missionari dell’Evangelizzazione). Il pubblico ha gradito partecipando numeroso. Gli organizzatori, a cui vanno i ringraziamenti da parte di tutti, hanno fatto notare che, benché ci sia stato un primo posto, non c’è stato un solo vincitore, ma chiunque ha partecipato ha vinto la speciale coppa della memoria. Insomma, la celebre frase “l’importante è partecipare” calza a pennello. I giocatori tutti, si sono regolarmente presentati in campo con la speciale maglia numero “10 Orlando”, fornita dagli organizzatori. Un ringraziamento particolare anche
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a tutti gli sponsor che hanno permesso la realizzazione dell’evento. Anche l’Amministrazione comunale di Terranova S.M. guidata del sindaco Arch. Salvatore Foti, non si è tirata indietro, offrendo per l’occasione le varie coppe. Gli organizzatori, forti dell’appoggio della moglie del compianto Orlando, la Sig. Simona Citroni (che ha dato la sua piena approvazione ed ha voluto preparare per l’occasione le medaglie ricordo per tutti i partecipanti) hanno fatto sapere che questo è solo il primo evento di una lunga serie. Inoltre, in occasione della serata di inaugurazione e di chiusura, è stato effettuato un video ricordo, curato nell’occasione dal Sig. Totò Surace (già disponibile un DVD ricordo dell’evento). Da notare che non è stato difficile associare la figura di Orlando con la manifestazione sportiva, nella fattispecie del classico “calcetto”, in quanto in vita, lo stesso, aveva una forte passione per il calcio giocato e tifato. È nota la sua fede milanista. Orlando è stato un generoso, impegnato su tanti fronti. Tutti lo ricordano devoto del SS. Crocifisso (è stato membro del comitato
per i festeggiamenti). Aveva il culto della famiglia (vicina in ogni momento, in particolare nelle esigenze più dolorose della malattia). Gli amici e tutti coloro che lo hanno conosciuto, hanno subito appoggiato l’iniziativa, riuscitissima, all’insegna della memoria e non della semplice competizione tra le diverse squadre partecipanti. Tra le varie partite organizzate, forte successo ha riscosso in particolare quella esclusivamente femminile, che ha fatto divertire tutti quanti hanno partecipato alla serata. Il torneo si è concluso giorno 30 agosto con un rinfresco in piazza XXIV maggio, a fine serata, per quanti hanno preso parte all’evento insieme alla premiazione. Toccante la lettera scritta dagli organizzatori dell’evento, che hanno voluto rimarcare l’amicizia con Orlando, ed hanno richiamato alla memoria anche Lillo Formica, Paolo Votano e Rocco Accardo, terranovesi sempre vivi nei cuori di quanti gli hanno voluto bene. La solidarietà e sensibilità dei terranovesi tutti, non ha fatto mancare il suo contributo. Infatti, si è sentito molto il senso di appartenenza e di identità. È bello, comunque, notare che i nostri cari, anche dall’altra vita, continuano ad ispirarci momenti di amicizia e di aggregazione. La vita, per chi è cristiano, non viene tolta ma trasformata.
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La Decorata Cornice della Piana di Diego Demaio
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Marina di Gioiosa Jonica - Monasterace Marina Bivongi - San Giovanni Teriste Cascate del Marmarico
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sufruendo nuovamente della SGC Jonio-Tirreno si tornerà ancora a Marina di Gioiosa Jonica per raggiungere, dopo 27 km, Monasterace Marina. Entrando nella località balneare si piegherà subito a sinistra per lasciare la piatta 106 e prendere l’altra importante statale 110 (lo scrivente preferisce continuare a chiamare “statali” le importanti arterie ormai purtroppo assurdamente definite e classificate come “provinciali”) che poi termina sul Tirreno, al bivio Angitola, nei pressi di Pizzo Calabro.
Le cascate del Marmarico foto Diego Demaio
Il Monastero di San Giovanni Teriste foto Diego Demaio
Ripercorrendo per una decina di km lo scorso itinerario si supererà il ponte sullo Stilaro per curvare poco dopo, stavolta a destra, in direzione della non distante Bivongi. Prima di entrare nell’abitato sarà d’obbligo girare a destra per attraversare il ponte Vina e giungere, dopo una breve e ripida salita bitumata, all’antica chiesa di San Giovanni Teriste (secondo l’insigne studioso Nicola Ferrante) o Teresti, oppure Teristìs (secondo altri) che significa comunque “il Mietitore” per via della miracolosa raccolta del grano. Parcheggiata l’auto al cospetto dell’architettonica struttura risalente al secolo XI (somigliante anche per policromia a quella di Santa Maria dei Tridetti in Staiti) si visiterà la Basilichetta bizantino-normanna, dal 1994 nuovamente abitata dai monaci greco-ortodossi provenienti dal Monte Athos. In essa si potranno ammirare alcuni affreschi, pure moderni, raffiguranti la Madonna e lo stesso San Giovanni, vissuto dal 995 al 1050. Usciti dalla chiesa si suggerisce di percorrere brevemente il sentiero che, scendendo dal monastero, porta su un evidente camminamento sulla destra e che consente di arrivare, dopo i pochi gradini finali ricavati sul terreno, davanti alla grotta-eremo dentro la quale si notano tracce di antiche decorazioni. Si narra che il Santo Mietitore si ritirasse nella piccola spelonca per le penitenze, le frequenti preghiere e l’ascetica vita contemplativa. Ritornati sulla piazzola del millenario Monastero si risalirà in auto per declinare sulla sottostante Bivongi ed arrivare, passando vicino al campo sportivo, al noto ristorante “Vecchia Miniera”. Da qui (escludendo coloro che sprovvisti di un fuoristrada vogliono usufruire del predisposto servizio di idonee “navette” organizzato a modico costo - ovviamente con andata e ritorno - da giovani bivongesi), parcheggiata l’auto, si inizierà il percorso a piedi che avrà come meta l’incantevole Cascata del Marmarico. Per l’escursione, abbastanza lunga ma non difficile, si raccomanda di indossare un berrettino che si rivelerà provviden-
ziale nell’esposizione ai raggi solari. Nella scarpinata sul largo sentiero si risalirà la panoramicissima Vallata dello Stilaro (la macchina fotografica sarà quindi d’obbligo) per giungere ad uno strettissimo ponticello in cemento che consente di attraversare, esclusivamente in fila indiana, il torrente Folea (che vuol dire nido). Varcato il ponte si andrà subito a sinistra per procedere su un camminamento, finalmente all’ombra della rigogliosa vegetazione, alla sinistra orografica del corso d’acqua. Grazie ad un rustico ponticello lo stesso verrà poco dopo superato per quindi proseguire sul viottolo, alla destra del torrente, che porta al cospetto dell’ormai vicinissima e spumeggiante cascata (442m.). Gli scroscianti e pittoreschi salti, precipitando nella limpidissima e larga pozza finale, consentono, stagione permettendo, di godere di un tonificante bagno in compagnia di guizzanti trote abituate alla presenza dell’uomo. La magnifica Cascata del Marmarico (il toponimo vuol dire lento e pesante) che supera i 100 m. di altezza è la più imponente dell’Italia meridionale. Ritemprati dalla frescura e rifocillati dalla necessaria colazione al sacco, consumata durante la gradevolissima sosta, si scenderà alla “Vecchia Miniera” per risalire in auto e fare ritorno, dalle stesse strade percorse all’andata, nella nostra Piana.
La grotta di San Giovanni Teriste foto Diego Demaio