Corriere della piana 29 ok

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Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 29, Anno 2015 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999

solo € 1,5 0

Buona

Pasqua

Due importanti nomine possono cambiare la nostra Piana

Ottavio Sferlazza, Massimo Scura

Continua l’attesa per Mimmo Romeo

Persone scomparse e lupare bianche

"MORTI CHE PARLANO"

Mons. Milito ha spiegato il regolamento sulle processioni


Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663


sommario Riceviamo e pubblichiamo

Rosarno: comunicato post manifestazione, “Lottiamo insieme, per il territorio!” Rosarno, 12 marzo 2015 Questa mattina come lavoratori immigrati delle campagne abbiamo sfilato per le strade di Rosarno, distribuendo un volantinoin cui si chiede agli abitanti della città di lottare insieme per il territorio, sottolineando il nostro contributo all’economia ed alla società locali. Una delegazione di otto lavoratori, che vivono in città a Rosarno ma anche in diversi insediamenti della Piana di Gioia Tauro (tra cui il campo container di Contrada Testa dell’Acqua, la tendopoli di San Ferdinando, a Marotta e a Spina) ha incontrato il vice sindaco Carmelo Cannatà, l’assessore Franco Bonelli e il presidente del consiglio comunale Antonio Bottiglieri, alla presenza del capo dei Vigili Urbani Raffaele Naso, dell’Ispettore di Polizia Antonino Pirrottina e di due giornalisti. La delegazione ha esposto, ancora una volta, le condizioni di vita e di lavoro estremamente precarie in cui versa un gran numero di persone, ed ha chiesto ai rappresentanti istituzionali impegni concreti su alcune questioni specifiche: 1. La possibilità di essere iscritti all’anagrafe, a fronte dell’assenza di regolari contratti d’affitto (ma pagando cifre esorbitanti rispetto alle condizioni degli immobili) o di abitazioni riconosciute come tali (vedi i casolari abbandonati). La mancata applicazione della normativa, che permetterebbe a chiunque di avere una residenza cosiddetta ‘fittizia’ perché senza fissa dimora, alimenta un mercato illegale di dichiarazioni di ospitalità per

Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato a questo numero: Giovanni Garreffa, Mina Raso, Giacomo Alviano, Caterina Sorbara, Michelangelo Di Stefano, Gen. Angiolo Pellegrini, Domenico De Angelis, Filomena Scarpati, Don Letterio Festa, Nino Martino, Filippo Marino, Marinella Gioffrè, Marisa Militano, Francesca Agostino, Giusanna Di Masi, Chiara Vaticano, Rocco Militano, Donatella Furfaro, Isabella Surace, Maria Francesca Marrara, Federica Mamone, Diego Demaio Foto: Free's Tanaka Press, Diego Demaio. Grafica e impaginazione:

Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Stampa: Litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@yahoo.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 20-03-2015 Visit us on

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il quale gli immigrati arrivano a pagare anche 2 o 300 euro, e crea irregolarità nel soggiorno. Oltre a garantire l’accesso a diritti fondamentali come quello alla salute, la residenza è infatti spesso un requisito richiesto (arbitrariamente) dalle Questure per poter rinnovare il permesso di soggiorno. Negare la residenza significa quindi mettere le persone nella condizione di perdere qualsiasi diritto. 2. Chiarimenti circa la gestione del campo container di Contrada Testa dell’Acqua, dove mancano spesso luce ed acqua e dove non esiste alcun tipo di manutenzione da parte dell’associazione Il Mio Amico Jonathan, incaricata dal Comune della gestione a fronte di una promessa di rimborso per una cifra indefinita (dal sito del Comune, risulta un affido diretto per 19000 euro). Già nel 2012 gli abitanti della prima tendopoli di San Ferdinando avevano denunciato gli abusi della suddetta associazione, che estorceva denaro dietro la promessa di documenti e di accesso al Villaggio della Solidarietà, tuttora incompiuto. Non si comprende pertanto la scelta di affidarsi nuovamente a questi soggetti. 3. Proprio sul Villaggio della Solidarietà, i lavoratori hanno chiesto che il comune garantisse la consegna delle abitazioni entro l’inizio della prossima stagione a fronte della ripresa dei lavori per il completamento della struttura, sottolineando che se deve esserci un ente responsabile questo venga selezionato per le sue effettive competenze secondo procedure trasparenti. In generale, è stato ribadito che i campi di cosiddetta accoglienza sono luoghi aberranti e non soluzioni dignitose, e che i costi per l’alloggio dei lavoratori stagionali dovrebbero essere sostenuti da chi trae profitto dal loro lavoro, nella fattispecie le Organizzazioni dei Produttori ed i consorzi (non tanto i piccoli produttori, che di queste organizzazioni sono a loro volta vittime). Il Comune di Rosarno si è impegnato a sollecitare un tavolo tecnico presso la Prefettura, alla presenza dei lavoratori stessi, che riunisca tutti i comuni della Piana di Gioia Tauro insieme alle associazioni di categoria dei produttori agricoli, affinché si possano risolvere i problemi legati alla casa e alla residenza. Nonostante sia stato un piccolo corteo, è stato per noi un importante momento di confronto non solo e non tanto con le istituzioni locali, quanto con la cittadinanza. Crediamo nell’importanza di creare un fronte comune contro chi specula e trae profitto dal territorio!

Lavoratori Autorganizzati delle Campagne

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4 Editoriale: Uscire dal torpore

5 Mattarella dalla Prima alla

Visita del Vescovo alla Scuola Media Pascoli

6 Due importanti nomine

L’italiano si ama imparando il latino

Operazione "Bucefalo"

Ottavio Sferlazza, Massimo Scura

8 Una città alla ricerca della sua identità e della sua storia

9 Bye Bye Cavaliere nero 10

Taurianova: Continua l’attesa per Mimmo Romeo

Taurianova, storia di una continua e sistematica spoliazione

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Terza Repubblica

I giuristi cattolici s'incontrano

Taurianova: Città groviera Quarantano e il fenomeno dell'apparizione della Madonna

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Quarantano: Suggestione o mistero ?

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"Morti che parlano"

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L’omicidio del Prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa

19 Terranova S.M.: Restlyng completato! 20

Conferenza stampa Mons. Milito

25 Gioia Tauro: la giornata regionale 26

dei giornalisti cattolici

Delianuova: Mons. Milito in visita all’Istituto Comprensivo

Si e'spenta a 108 anni la decana di Delianuova

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Legalità: Ancora, sempre

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San Giorgio Morgeto: festa dei libri e delle rose

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Orchestra giovanile di fiati mamertina

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Sorelle Scarpari: un anno di successi

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La riscoperta del grande musicista Giuseppe Grassi De Joannon

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"Assipromos ONLUS"

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Presentato il libro: "Noi, Gli Uomini di Falcone"

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Le creazioni di Grace

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Ultracentenaria da record

37 Motocross:

21 I riti della settimana Santa

Inizia bene la stagione 2015

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La decorata cornice della Piana

Le Reliquie della Passione di N. S. Gesù Cristo

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Editoriale

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di Luigi Mamone

Contro l’ISIS che distrugge opere d’arte e musei per cancellare le speranze del futuro

Uscire dal torpore

Sgomenta la mancanza di reazione al pericolo dell’integralismo islamico

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iorni convulsi, a ogni livello e in ogni ambito territoriale. Sugli scenari internazionali desta preoccupazione l’indifferenza con la quale il mondo occidentale sta consentendo che le belve dell’ISIS distruggano musei, statue, monumenti e quant’altro capiti sotto la loro furia obnubilante, finalizzata all’affermazione di presupposti di un integralismo che appare la negazione stessa del principio, assolutamente laico, del “neminem laedere”, negato in una disperata aspirazione al martirio. espressione di esacerbati odii di sangue che dopo millenni appaiono assolutamente non cancellati. Non stupiscano le esecuzioni capitali e le decapitazioni. Quanti furono i martiri che caddero nel medioevo sotto le mannaie dei boia saraceni? Quanti furono i cristiani d’oriente decapitati dalle scimitarre dei giannizzeri del Saladino e degli altri Rais saraceni di quelle epoche remote? Corsi e ricorsi vichiani, oggi purtroppo sotto l’occhio delle telecamere e degli I-phone che mostrano i lugubri boia moderni, Isis John e dintorni, mentre uccidono a sangue freddo nemici che, forse, nulla avevano tentato di fare contro di essi: colpevoli solo di professare una fede diversa e di perseguire in modi diversi la strada che un giorno, forse, li porterà al cospetto di quell’unico Dio che certamente non può auspicare la carneficina che oggi si registra. Ma, a parte ciò, sgomenta la lucida strategia di massificazione: distruggere le vestigia del passato per cancellare la memoria storica, lo spirto di intere popolazioni, il cammino stesso dell’Umanità nelle terre che furono

degli Assiri e dei Babilonesi e dei fasti di Nabucodonosor. Distruggere le memorie del passato per cancellare le speranze del futuro. Si iniziò in Nepal con la distruzione di due antichissimi Buddha, espressione di una cultura e di una religione pacifica, nella quale la ricerca della perfezione, del bene e della felicità si fondevano e si fondono mirabilmente in un mixtum filosofico trascendentale che nessuna violenza jhadista potrà mai cancellare. Ora si è giunti alla distruzione dei musei e delle città d’arte irachene. Rabbrividiamo al pensiero di cosa potrebbe accadere in Italia. La penisola resta un terreno - o un obiettivo sensibile ad altissimo rischio. Forse “Mattwett” Renzi l’ha compreso e cerca di tenere un profilo basso e politico rispetto alla necessità - prima o poi inevitabile - di ricorrere alle armi. Forse non l’ha compreso (e non ci meraviglieremmo se tanto fosse vero) e continua con la sua politica di slogan soporiferi per le coscienze. Pensiamo cosa potrebbe accadere se gruppi Jahdisti attaccassero nello stesso giorno e nella stessa ora obiettivi diversi in Italia - nello stile di quanto successo in Francia con la strage di Charlie Hebdo e del market Gacher - Per non parlare della fragilità della rete autostradale italiana caratterizzata da una infinità di ponti e di viadotti. Cosa accadrebbe se una di queste strutture venisse fatta saltare in aria? L’Italia sarebbe in pochi attimi tagliata in due mentre contemporaneamente i terroristi potrebbero seminare il terrore, al Nord, al Centro al Sud colpendo le città d’arte, i turisti, i fedeli delle chiese o gli sportivi dentro gli stadi. Una Nazione incapace di tenere a bada un gruppetto di hooligans olandesi, sarebbe mai capace di contrastare efficacemente un attacco a macchia di leopardo, fatto di mordi e fuggi, di attacchi improvvisi e di autobombe? Haimè, la risposta non gode del beneficio del dubbio! E’ una, unica e secca: “no!” Il sistema Italia è assolutamente impotente e inidoneo a fronteggiare una simile emergenza. L’integralismo deve essere tenuto lontano dall’Europa e combattuto - con ogni arma - al di là del Mediterraneo. Nordafrica, Medio e Estremo Oriente. Usando gli eserciti, gli aerei e le armi. Convenzionali e non convenzionali per sradicare un bubbone che non deve diventare metastasi. Quanti iracheni, oggi privi di casa, di speranza, di futuro, vittime di una guerra infinita grazie all’ottusità degli americani, stanno oggi rimpiangendo Saddam Houssein il quale - bene o male - lecitamente o brutalmente non avrebbe mai consentito che l’Isis distruggesse lo stato e la civiltà irachena, e non solo. E come lui Gheddafi che in nome della Jamahiria islamica aveva fatto della Libia, Abissinia o Cirenaica che dir si voglia, un popolo e una Nazione che guardava all’Europa in maniera fiduciosa e non come oggi accade con la speranza del disperato che, a bordo di barconi, affronta il mare e l’ignoto per fuggire dalla barbarie.


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Mattarella: dalla Prima alla Terza Repubblica Mattarella, il primo Presidente della Terza Repubblica

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a decenni ormai, in “politichese”, il riferimento alla Prima Repubblica viene usato sempre in senso chiaramente dispregiativo, in modo particolare da determinati ambienti, dalla memoria alquanto labile; è evidente che si intende alludere prioritariamente, se non esclusivamente, ai due partiti allora determinanti al governo e cioè alla Democrazia Cristiana e al Partito Socialista. La visione appare vistosamente settaria, in quanto si fa finta di dimenticare, senza dubbio premeditatamente, che della Prima Repubblica fanno parte anche una serie di partiti minori, portatori di radici culturali degne di tanto rispetto, la cui assenza dalla dialettica democratica attuale, evidenzia un vistoso impoverimento civile, quasi tutti coinvolti, nel tempo, in maggioranze governative; ma, con tanta leggerezza, si fa finta di dimenticare che a quel periodo appartengono anche soggetti politici che, successivamente alla caduta del muro di Berlino, inqualificabile vergogna sovietica del dopo seconda guerra mondiale, hanno avvertito l’esigenza di cambiare spoglie, almeno nel nome, passando attraverso le sigle più disparate, attingendo perfino alla semantica floro-faunistica, nell’esperienza dei nostri giorni; esempio emblematico ne è il nuovo raggruppamento che vede insieme pure una buona fetta di ex democristiani, in un afflato di solidale servizio alla comunità, di cui i due originari maggiori partiti di massa rappresentano la parte più consistente. Le contraddizioni di chi ha sempre abusato della suddetta locuzione vengono evidenziate anche dalla bocca di personaggi non certo di secondo piano nell’universo dello scacchiere partitico; Massimo D’Alema, tanto per fare un esempio, infatti ripetutamente va dichiarando di avere nostalgia di Democrazia Cristiana. L’evenienza più vistosa riguarda l’elezione del dodicesimo Capo dello Stato, nella persona di Sergio Mattarella, di padre pluriministro democristiano, fratello del democristiano Piersanti, Presidente della Regione siciliana assassinato dalla mafia, egli stesso democristiano DOC, di lungo corso, pluriministro, con le radici ben profonde e salde nella Prima Repubblica, che oggi (guarda caso!) viene esaltato per rigore morale, per coerenza politica e per quanto di meglio può essere, a buona ra-

di Giovanni Garreffa

gione, attribuito a suo merito; per di più, designato dall’attuale Segretario del Partito Democratico e Presidente del Consiglio Matteo Renzi, di padre democristiano impegnato e con al suo attivo cariche di prestigio, figlio d’arte in rigorosa continuità politica col genitore. In un tale clima, non scandalizza se un ex democristiano, che ancora siede tra gli scanni del Parlamento, ha confessato che, nel momento in cui la Presidente della Camera dei Deputati ha scandito il voto che certificava la conseguita maggioranza dal candidato al Colle, mentre si levava un boato di applausi da tutti i settori dell’aula, aveva avuto quasi la tentazione di intonare. Mi sembrerebbe opportuno, allora, che, quando si apre la bocca per proclamare a squarcigola il nuovo a tutti i costi, specialmente da parte di chi maggiormente è esposto per livelli di prestigio, si facesse dovuta attenzione a quel che si dice, per rispetto d’obbligo a nomi come De Gasperi, Sturzo, La Pira, Moro, Fanfani, e poi ancora La Malfa, Nenni, Pertini, Malagodi, Almirante.... e la serie potrebbe continuare veramente per lunga via. Chi parla, con inopportuna sufficienza di Prima Repubblica, evidentemente avverte in sè il disagio della comparazione con una Seconda, se mai c’è stata, e poi con la Terza, che sarebbe l’attuale, sotto gli occhi di tutti, che comunque, ha il merito di avere faticosamente sfoderato un pò di umiltà e cercato, quale arbitro del nostro Paese, Sergio Mattarella.

Sergio Mattarella al Milite Ignoto

I banchi del PD


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Due importanti nomine possono cambiare la nostra Piana di Luigi Ottavio Cordova

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ell’arco di un paio di giorni sono state effettuate due nomine molto importanti per il futuro del nostro territorio, proprio per i settori di attività di loro pertinenza : “Giustizia e Sanità”. Alla guida della Procura della Repubblica di Palmi, dove negli ultimi trent’anni vi sono stati magistrati di grande valore quali Giuseppe Tuccio, Agostino Cordova, Antonio Vincenzo Lombardo, Giuseppe Creazzo, viene nominato Ottavio Sferlazza (Vedi curriculum In Box), già referente per la fascia tirrenica per la Dda nella lotta alle cosche mafiose (in basso citiamo l’ultima indagine l’operazione Bucefalo che ha portato al sequestro del centro commerciale “Annunziata”, il più grosso della Calabria) con un primo segnale importante che riguarda le sue qualità professionale, in virtù delle quali è risultato proposto e nominato, all’interno del CSM, con un giudizio “unanime”. Da questo dato, tra pochi giorni partirà, con l’insediamento in Procura, una nuova pagina per il nostro territorio, uno dei più tormentati per le presenze inquietanti di vari fenomeni che, assieme, per anni hanno tormentato la nostra Piana, un intreccio legato alle devianze dei punti cardini che avrebbero dovuto portare allo sviluppo e alla ricchezza della nostra amata Terra: Turismo e Agricoltura

Ottavio Sferlazza, nuovo Procuratore della Repubblica di Palmi (beni questi che la natura Divina ci ha dato) e il nuovo Porto di Gioia Tauro, forse il più importante del Mar Mediterraneo, creato forse in compensazione al famoso pacchetto “Colombo” che avrebbe dovuto industrializzare un territorio, già vocato da Iddio a Turismo e Agricoltura e deturpato e distrutto con una miriade di piccole e grandi industrie (ricordo io appassionato di automobili la famosa Bugatti) che ci hanno lasciato capannoni e tante indagini per presunte truffe alla legge 488. A proposito, saremmo grati al nuovo Procuratore se con una conferenza ad hoc ci desse conto dell’esito di questi processi, dai quali i cittadini vorrebbero sapere come è stato rimborsato lo Stato per tutti i soldi spesi e gli incentivi dati a quegli industriali piovuti giù in Calabria, pronti a cogliere come sempre linfa pubblica per poi lasciare dietro di sè desertificazioni….. basta farsi un giro nella zona industriale per vedere cosa oggi è rimasto in vita; a dire il vero, oggi, questa zona è tornata alla ribalta per la tendopoli e baraccopoli degli immigrati africani, addirittura dopo l’abbattimento della baraccopoli uno di questi capannoni è divenuto un tetto per questi poveri africani, che avrebbero meritato una casa di accoglienza, anzi ce n'è una in costruzione a Rosarno, che speriamo possa essere finita e consegnata per le finalità progettuali,

di Luigi Mamone

È

stata denominata “Bucefalo”, come l’indomabile cavallo di Alessandro Magno, l’operazione coordinata dalla Procura Antimafia reggina che, la mattina del 12 Marzo, ha squarciato il manto di mistero sul successo commerciale dell’imprenditore Alfonso Annunziata, campano d’origine e gioiese d’adozione, da anni leader nel settore merceologico dell’abbigliamento e fondatore di un Parco Commerciale nell’area della ”rotonda”: lo svincolo autostradale di Gioia Tauro, divenuto negli ultimi anni il centro nevralgico di molteplici attività commerciali. Dietro tutto questo, secondo la Guardia di Finanza, che ha coordinato una difficilissima indagine che ha visto l’analisi, il raffronto e la comparazione di intercettazioni di varie epoche e di atti di svariati processi celebratisi nell’arco di un ventennio e che - agli albori - videro anche l’imprenditore vittima e parte offesa di attentanti, successivamente imputato di riciclaggio e collusione con il clan Piromalli, accusa dalla quale dopo una condanna in primo grado fu poi prosciolto. Secondo il Capo della Procura reggina, Fe-

prima che sia o spogliata al pari di tanti altri beni in costruzione, iniziati e mai entrati in circuito di produzione (come l’ Ospedale di Rosarno, la Casa per anziani di Rizziconi, lo Hospice di Melicucco, l’Ostello della Gioventù di Galatro) o incompiuti dopo tanti anni dall’inizio lavori (come l’Autostrada SA-RC, la diga sul Metramo, la strada Pedemontana Laureana-Delianova, la bretella stradale Delianova - ingresso autostrada Gioia Tauro) ecc.ecc. Ci scusiamo per la divagazione perché continuiamo a sperare che i tutori della giustizia possano ridare speranza ai cittadini che il malaffare sia contrastato e debellato, ridando al popolo la via dello sviluppo, legato alla possibilità di investire senza essere condizionati da mazzette e corruttele e di essere anche tutelati sotto l’aspetto della salute, dove il nuovo Commissario ad acta, il dottor Massimo Scura (anche per il suo curriculum vedesi il box a fianco) dovrà velocemente prendere visione degli innumerevoli problemi della Sanità in Calabria, avvalendosi della collaborazione in primis del suo Vice dr. Urbani, riconfermato nel suo incarico e quindi buon conoscitore della tematica in questione, e poi speriamo che lavorando in sinergia con la Regione, con gli Enti locali, con i sindacati di categoria e con i cittadini tutti, faccia una lotta agli sprechi del sistema e dia so-

Arrestato Alfonso Annunziata, messi i sigilli alle aziende sequestrati beni per centinaia di milioni

Operazione "Bucefalo"

Cafiero De Raho e Sferlazza: da vittima che fu era diventato un colluso

derico Cafiero de Raho, Annunziata è il caso dell’imprenditore che diviene colluso e dunque partecipe del sodalizio di mafia. Sulla stessa linea di pensiero il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza che ha sottolineato come l’imprenditoria collusa con la mafia, soffochi e distrugga la buona imprenditoria. Oltre a ciò nell’inchiesta della GdF alla quale hanno offerto apporto anche i sostituti Procuratori: Di Palma, Pantano e Ferracane ha consentito di accertare una ingente frode consistita non tanto nell’evasione di tributi ma nella falsificazione di merci di produzione cinese o di altra aree globalizzata e di scarso pregio apponendo marchi italiani. Artificio questo che giustificava poi la vendita a prezzo pieno. L’indagine che ha preso le mosse anche dall’apporto di alcuni collaboratori di giustizia, ha consentito di rinvenire contanti per € 580.000,00 e di porre in sequestro beni e attività stimate per difetto - ha detto De Raho - in 241.000.000,00 di euro. Cifra enorme sulla cui provenienza e destinazione sono ancora in corso indagini. L’attività investigativa ha avuto il suo momento iniziale nell’analisi remota dei passaggi della proprietà dei suoli, molti dei quali apparte-


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Massimo Scura, nuovo Commissario ad “acta” della Sanità in Calabria luzioni a problemi atavici spesso frutto di mala gestione per le ingerenze della cattiva politica e per i fenomeni di concussione e corruttela legati agli appalti, essendo venuti meno i controlli “terzi” nella pubblica amministrazione; dalla Piana si leva un coro unanime perché si dia il via alla costruzione del nuovo Ospedale della Piana con la firma del contratto a favore della ditta appaltante, ma nell’attesa del manufatto si rimettano in moto gli Ospedali esistenti creando una rete che possa garantire in loco una serie di posti letto sufficienti, al pari di quella dislocata a Reggio città che vede una serie di strutture sanitarie Ospedali Riuniti, Morelli, IOMI Istituto Ortopedico “Franco Faggiana”, Policlinico Madonna della Consolazione, Villa Aurora, Villa Sant’Anna e a pochi kilometri, a Villa San Giovanni, Villa Caminiti per una utenza di 200.000 abitanti distribuita da Villa a Lazzaro ed entroterra, di poco superiore ai 180.000 abitanti della Piana che si avvalgono attualmente dell’assistenza del solo Ospedale di Polistena e dei pochi posti letto sparpagliati negli Ospedali di Gioia Tauro, Palmi, Cittanova, Oppido, Taurianova (quest’ultimo un tempo,

fino a qualche anno fa, faro di chirurgia con 2 sale operatorie, medicina, ginecologia e ostetricia, otorinolaringoiatria, ortopedia e oggi invece in vita solo per un reparto di dialisi, per fortuna tra i migliori in Calabria) e di una postazione privata Villa Elisa, a Cinquefrondi, convenzionata con il SSN, il tutto per un’utenza sparsa su un territorio che va da San Pietro di Caridà a Delianuova, fino ai grossi centri costieri Palmi, Gioia Tauro, San Ferdinando, Rosarno. Di contro si chiede l’immediata apertura dell' Hospice di Melicucco dove, la Regione, da ben nove anni ha speso, credo circa 350.000 euro senza mai arrivare all’apertura, a fronte di un innumerevole aumento di casi di tumori, dei quali sarebbe utile sapere il perché di questo incremento, magari aprendo un’indagine conoscitiva e la possibilità di creare e intensificare l’assistenza domiciliare, anche avvalendosi di cooperative sociali o del volontariato. Consci dei tempi difficili legati alla crisi mondiale ci siamo limitati a chiederVi un apporto attento e competente, frutto di un accorto sguardo sul territorio. Buon lavoro, fiduciosi che chi ama la Piana, Vi starà a fianco …Ad maiora !!!

nenti alla nota famiglia Musco. Lo Stato, ha concluso De Raho, oggi ha riconquistato il controllo su un importante pezzo di territorio per ribadire come la libertà non possa essere - per chiunque - cittadini o imprenditori - sottoposta alle logiche del malaffare. Ad Annunziata è stata contestata l’associazione a delinquere di Stampo Mafioso ed è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Per i suoi familiari - dieci persone fino a ora - è stata irrogata la misura degli arresti domiciliari. Per i dipendenti del parco commerciale, invece, fosche nubi all’orizzonte. I loro posti di lavoro - che non sono pochi - potrebbero essere compromessi dalle esigenze di indagine o dalla prosecuzione delle stesse, non apparendo pacificamente proseguibile da un amministratore giudiziale un’attività commerciale come quella di Annunziata. Il pericolo che la chiusura del centro possa essere l’anticamera per la perdita del posto di lavoro è pertanto palpabile e già sono in molti i lavoratori che stanno cominciando a manifestare a gran voce la preoccupazione che l’indagine sia la fonte della perdita del loro posto di lavoro: stipendio mensile appena sufficiente per vivere.

Ottavio Sferlazza, 64 anni, di Agrigento, entrato in Magistratura dal 1977, attuale Procuratore della Repubblica aggiunto a Reggio Calabria, con delega, come Magistrato della Dda, per la gestione dei procedimenti penali riguardanti la criminalità organizzata della fascia tirrenica, è stato nominato Procuratore della Repubblica dal Plenum del CSM con una votazione all’unanimità, dopo essere stato designato a questo incarico dalla Commissione incarichi direttivi, anche in questo caso con una votazione unanime. Subentra al Procuratore Giuseppe Creazzo, destinato a Firenze. La carriera in Magistratura ha avuto inizio a Trapani, quale Giudice Istruttore, in seguito dal 1985 al 2009 è stato inviato al Tribunale di Caltanissetta dove ha svolto, prima le funzioni di Presidente di Sezione del Tribunale, con funzione di Presidente della Corte d’Assise e dopo di Presidente della sezione GIP-GUP. A Marzo 2009 è stato nominato Procuratore della Repubblica aggiunto a Reggio Calabria, dove ha svolto anche la funzione, per più di un anno, di Procuratore della Repubblica Reggente, in attesa dell’arrivo del nuovo Procuratore Federico Cafiero De Raho.

Massimo Scura è stato nominato dal Consiglio dei Ministri quale commissario per la Sanità in Calabria. Confermato Andrea Urbani nel ruolo di sub commissario unico. Scura, è nato a Gallarate (Varese) 72 anni fa ed è attualmente in pensione. In passato è stato direttore generale dell’Asl 7 di Siena e dell’Asl 6 di Livorno. Il nuovo commissario sostituisce il generale della Guardia di finanza in pensione Luciano Pezzi che aveva preso il posto dell’ex Governatore, Giuseppe Scopelliti.


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Conagros Rosarno

di Luigi Ottavio Cordova

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on a caso abbiamo dedicato la prima pagina al comunicato stampa pubblicato sulla rete web dalla organizzazione “Lottiamo per le campagne” da dove si evince quanto accaduto nella giornata del 12 Marzo, qui un esiguo numero di immigrati, ha voluto “pacificamente” manifestare con un corteo, durante il quale sono stati distribuiti dei volantini per spiegare il perché della loro dimostrazione e delle loro rivendicazioni. Un corteo molto breve che ha avuto inizio nella storica piazza Valerioti - dedicata ad un martire della lotta alla mafia - e un percorso di poco superiore ai 500 – 600 metri per raggiungere la sede del Municipio di Rosarno, dove una delegazione è stata accolta dagli Amministratori comunali rappresentati per l’occasione dal Vice Sindaco Cannatà, dall’ Assessore Bonelli e dal presidente del Consiglio Comunale…… alla presenza del Comandante dei Vigili Urbani….. e dell’Ispettore della Digos Pirrottina e di qualche cronista locale. Il fine era di esporre i motivi di questa manifestazione, il tutto contenuto nel comunicato da noi pubblicato integralmente come presentato e pubblicato dagli organizzatori stessi. Certamente alcune cose non sono nuove nei contenuti, tipo la richiesta di poter avere la residenza in loco per potere ricevere poi il permesso di soggiorno e l’assistenza medica al pari di tutti gli altri immigrati, ricordando che la loro presenza in loco è ritenuta indispensabile “integrativa e sussidiaria” alla locale forza lavoro e non sostitutiva per come temono i lavoratori italiani, che, oggi come mai, nella storia cittadina soffrono la profonda crisi economica raggiungendo soglie di povertà mai toccate a Rosarno, città in un passato recente, “Faro” dell’economia agricola della piana del Tauro, e oggi in ginocchio, con i resti delle grosse centrali delle O.P. dei produttori: Rinascita, Conagros, SapAgros, Apoc, al pari di piccole industrie di trasformazione, ridotte a cimiteri vuoti dei loro attrezzi di lavoro e ridotti a degli scheletri di cemento armato e lamiere, luoghi di lavoro dove giungevano tonnellate di agrumi, destinati al succo e alla lavorazione commerciale dei prodotti di tanti paesi della Piana che dava pane e lavoro a migliaia di dipendenti nel comparto

APOC ex Agricola Sud - Candidoni Sede Centrale

Una città alla ricerca della sua identità e della sua storia agricolo, tra lavoro diretto e indotto….Un mondo appartenente ai ricordi che oggi, in virtù di un mercato globalizzato ed in preda ad un degradante liberismo economico, ha travolto e distrutto un territorio e un settore importante dell’economia regionale, che a fianco del turismo e di un megaporto avrebbe dovuto invece dare ricchezza e lavoro a tutti, sia locali sia immigrati, alla ricerca di una casa e un lavoro impossibile in casa propria, per ragioni di grossi ritardi culturali ed economici dovuti proprio alle loro povertà e anche alla difficilissima opera di cooperazione internazionale spesso fallimentare per le instabilità politiche locali. Da quanto da noi prima descritto sullo stato dell’economia rosarnese, alla fine pare strano che ci si rivolga proprio alle OP o alle rappresentanze della categoria dei Produttori per avere o coprire il costo delle casa, esimendo, loro stessi, i piccoli produttori in condizioni forse peggiori degli stessi immigrati, tra l’altro essendo travagliati da una crisi irreversibile per carenza di reddito, con la chiusura del credito da parte delle banche, con gli occhi di una stampa nazionale che li addita come sfruttatori degli immigrati, ma che invece questi ultimi, ben consci del profondo abisso in cui si trovano vorrebbero avere come compagni per una lotta comune, come si evince da quanto scritto nello stendardo del corteo e nel volantino “lottiamo insieme per il riscatto del territorio” essendo ben coscienti che non bisogna farsi la guerra tra poveri, bensì lavorare assieme per il riscatto del territorio e per snidare chi ci lucra e ci guadagna sulla pelle dei poveri disgraziati. In questo dannato aspetto integrati, a differenza invece di quanto accade per la politica delle casa e della dignità umana, che li vede vivere in tendopoli, in capannoni o casolari abbandonati o peggio ancora in baracche autocostruite, alla meno peggio, pur di avere un tetto sotto cui ripararsi, spingendoli così APOC Rosarno - Strada Jonio Tirreno

a rivendicare il completamento di quel Villaggio dell’Accoglienza (costruito con fondi comunitari e che quando stava per essere terminato per poco ha fatto temere di voler vedere anche quest’opera iscritta al ricchissimo elenco di opere pubbliche iniziate e abbandonate con uno sperpero immenso e infinito di denaro pubblico) che potrà dare alloggio a un centinaio, poco più o meno di immigrati, con l’assistenza di qualche Associazione onlus che ottenga la manutenzione e la conduzione del villaggio in virtù di un regolare bando aperto a ditte esperte e qualificate e non come avvenuto a loro detto per l’Associazione che gestisce attualmente il campo di container di Rosarno, che li ha delusi, così dicono nel loro documento gli immigrati; villaggio che vorrebbero completato e consegnato prima della prossima stagione agrumicola. Speriamo quindi che sia veramente possibile creare integrazione, con gli immigrati africani, come accaduto con rumeni, bulgari, polacchi (comunitari) e russi, ucraini e di altri paesi minoritari dell’est europeo o di altri popoli asiatici, anche se le reazioni a quanto scritto sulle pagine di un quotidiano locale ha fatto sollevare nel mondo di facebook un vespaio di polemiche che tra l’altro ha fatto leggere e vedere un astio terribile per alcuni comportamenti poco accettabili posti in essere da alcuni abitanti africani di un quartiere centrale della città dove a detta di chi vi abita da anni e anni sembra accadono cose indicibili e immorali che però dovrebbero essere debellati e perseguiti, dando un segnale che la vera integrazione si costruisce prima rispettando norme e costumi da parte di tutti, siano essi cittadini o immigrati, portando avanti assieme una battaglia per il riscatto e la rinascita di Rosarno e del territorio limitrofo auspicando veri sentimenti di amore, solidarietà e sussidiarità, quali valori fondanti della vera integrazione. Coop. Rinascita - Rosarno


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Il suicidio del Dott. Giancarlo Giusti

di Luigi Mamone

Bye Bye Cavaliere nero

Il suo gesto deve far riflettere sulla necessità di supportare psicologicamente i detenuti

A

lla fine il Dott. Giancarlo Giusti, magistrato, indagato e poi condannato per una presunta compiacenza a un gruppo di faccendieri ben introdotti nel sottobosco politico regionale e nazionale e improvvisamente (almeno per noi che non pratichiamo molto le cronache giudiziarie) elevato al rango di Clan di ndrangheta, ha detto basta. Con il coraggio che solo pochi hanno – ha posto fine ai propri giorni – riaffermando così quel codice non scritto che nel secolo scorso vedeva ufficiali e gentiluomini porre fine alla propria esistenza qualora accusati di qualcosa di disonorevole. Non vogliamo entrare nel merito della vicenda processuale. Non lo abbiamo fatto prima, per rispetto all’uomo e al Magistrato, cortese, cordiale e affabile ma, imparziale e giusto nelle sue decisioni e non vogliamo farlo adesso. Se debolezza c’è stata il prezzo che gli è stato fatto pagare è altissimo. A questo si aggiunga la solitudine della detenzione e la vergona – che prova chi si sente innocente – di essere stato considerato uomo vicino alla 'ndrangheta, o comunque sedotto dai miraggi espressione della fascinazione ‘ndranghetistica. Improvvisamente, la vita e la realtà del magistrato che conoscemmo nel 1997, giovane uditore giudiziario nell’aula bunker del Tribunale di Palmi dove davanti la Corte d’Assise veniva celebrato il Pro-

cesso Taurus, poi a Reggio e infine a Cinquefrondi e Palmi, rispettivamente Presidente della Sezione Penale distaccata e poi GIP – fu stravolta da una operazione di polizia che lo tradusse in vincoli e poi, dopo le condanne, ad una detenzione rivelatasi alla fine l’anticamera di una agonìa che evidenzia – a prescindere del caso specifico – la necessità, anzi l’indispensabilità che sui detenuti – anche quelli agli arresti domiciliari, regime detentivo talvolta più afflittivo della detenzione in carcere – sia assicurato un adeguato supporto psicologico. Giusti, in passato aveva già tentato di farla finita. Aveva lanciato un messaggio forse rimasto indecifrato. Se colpe ha avuto, il prezzo che ha pagato è stato certamente atroce, e alla fine insopportabile. Prima – quando era in vita – non era possibile né political correct parlare in questi termini o commentare la sua vicenda come ora è possibile fare. Ora che Giusti ha oltrepassato il Ponte dell’Arcobaleno, senza entrare nel merito delle colpe che lui stesso ha ammesso, ricordiamo solo che la pena dovrebbe essere finalizzata all’emenda e non alla dannazione: calvario di solitudine, di ubbie, di incertezze e di rimorsi sotto l’occhio sprezzante dei perbenisti e il cinismo di molti cronisti e la saccenza di molti farisei che ha indotto il difensore del magistrato a ipotizzare una pressione psicologica così forte da essere paragonabile ad una istigazione al suicidio. Salutiamo per l’ultima volta Giusti da queste colonne riproponendo un post dell’Avv. Renato Vigna che abbiamo tratto da Facebook. “Giancarlo Giusti si è elevato in direzione di un "Oltre" che non consente di celebrare a suo carico ulteriori processi. Il suo sorriso (come quello di molti altri) e' stato spezzato da una spirale di sterili commenti che uomini molto piu' "piccoli" di lui sotto ogni profilo hanno irradiato dissennatamente per stigmatizzarne il carattere che lo ha reso deviante. Ciò, è valso nei suoi confronti non perche' avesse contravvenuto in qualita' di uomo delle istituzioni a delle specifiche disposizioni di legge, ma soprattutto per l'essersi dimostrato un deviante eccessivamente proteso alla vita gaudente. Auguro a tutti i Soloni che hanno fino ad oggi indebitamente pontificato sull'argomento di provare almeno una parte delle sofferenze che i loro beceri giudizi sommari, espressi soprattutto sul web hanno provocato il moto d'impeto autolesivo di un giovane e validissimo giurista che ha l'unico torto di non aver resistito adeguatamente al canto di fin troppo ammalianti sirene. Buon transito verso l'oltre in cui presto o tardi tutti ci rincontreremo con la speranza che almeno lì ti lasceranno in pace... By cavalierenero.

AICol

ENTel

ALS

FEDER.Agri

CAA

Federazione Pensionati M.C.L.

CAF

PATRONATO SIAS

CEFA Ong

SNAP

Centro Europeo di Formazione Agraria

Sindacato Nazionale Autonomo Pensionati

EFAL

Gioia Tauro Via Roma Palazzo ex UPIM Taurianova Via Benedetto Croce, 2

Associazione Intersettoriale Cooperative Lavoratori

Associazione Lavoratori Stranieri

Centro Assistenza Agricola

Centro Assistenza Fiscale

Ente Formazione Addestramento Lavoratori

Ente Nazionale Tempo Libero

Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura

Servizio Italiano Assistenza Sociale


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Taurianova, rinviata a Giugno la decisione del TAR Lazio di Luigi Mamone

Continua l’attesa per Mimmo Romeo E per gli aspiranti candidati sindaco che temono l’accoglimento del ricorso

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utto rimandato a Giugno. IL TAR del Lazio ha rimandato la decisione del giudizio Amministrativo proposto dal Sindaco di Taurianova, Domenico Romeo, verso il decreto di scioglimento per il “pericolo” di condizionamento dell’attività del Consiglio e della Giunta da parte della 'ndrangheta. L’appuntamento dell’11 Marzo era atteso. Per tantissimi motivi, supporters e detrattori antagonisti, attendevano una decisione che definisse la vicenda - ancor oggi per molti aspetti misteriosa - di questa impalpabile cappa di pericolo mafioso che allignerebbe “solo “ su Taurianova. Quasi che questa città, sfortunata e martire, fosse una monàde al centro di un universo virtuoso fatto da altri comuni, nei quali il pericolo del condizionamento della mafia non esiste. Possibile che nei paesi della Piana gli uomini della cosche non abbiano alcun interesse per le sorti politiche delle loro amministrazioni? Possibile che in tutti questi paesi Sindaci e Assessori siano garantiti dal pericolo di qualche parentela eccellente o di qualche elettore con la fedina penale non tanto pulita? Possibile che queste cose siano accadute e accadano solo a Taurianova? Se così fosse dovremmo concludere che la mafia o la 'ndrangheta siano un fatto residuale, circoscritto in una area geografica della Piana da tenere costantemente commissariata. Strano è - occorre evidenziare - che dopo il primo commissariamento e la successiva gestione di Argiroffi e della sua “Colomba con ramoscello d’ulivo” vi fu il “regnum” di Roy Biasi e della sua politica ispirata al “panem et circenses” dei romani. Salvo poi a scoprire nel decreto di Commissariamento che la Commissione d’accesso al Comune di Taurianova e - dopo essa - il Prefetto del tempo, e quindi il buon “Angeluzzo” Alfano, si fossero soffermate su operazioni gestionali decise ed attuate dalla giunta Biasi e poste poi, sorprendentemente, a pietra angolare sulla quale sono stati costruiti i commissariamento di Romeo: primo e secondo. Recenti decisioni della Corte di Cassazione e del TAR del Lazio hanno smentito e sbugiardato l’operato dell’intelli-

gence che lavora a far commissariare per il pericolo del condizionamento mafioso, i comuni, annullando i decreti di scioglimento e reintegrando i Sindaci defenestrati. Alla luce di questi risultati, le prospettive di accoglimento del ricorso di Romeo, apparivano e permangono altissime. Sorge però ora il dubbio che il rinvio - di fatto - atteso che, i tempi per il deposito della sentenza talvolta non sono brevi, potrebbe consentire alla triade commissariale di portare a compimento il loro mandato con la indizione dei comizi elettorali. I vari aspiranti candidati a Sindaco - generali per lo più senza esercito e alla ricerca di colonnelli e soldati da reclutare - che dopo aver evidenziato in vari modi le loro intenzioni avevano ripiegato in un frettoloso dietrofront in marcia, in attesa della decisione del TAR che sono nelle ambasce. Ridda di voci si inseguono e si sovrappongono in maniera variamente incontrollata e attendibile. Voci parlano di accordi segreti che rasentano la fantapolitica quali, una possibile alleanza fra Romeo e Biasi che, elettoralmente potrebbe avere un peso ponderale elevato ma che, politicamente, i più stentano a ritenere fattibile e possibile a realizzarsi. Il ritardo del TAR, secondo altre voci, potrebbe consentire all’Avvocatura resistente di esibire, non meglio specificati, “elementi nuovi”: forse qualcosa fin’ora nascosto dai tanti “omissis” che caratterizzano il Decreto di scioglimento. Per altri versi, potrebbe provocare la singolare situazione che i comizi vengano indetti e le elezioni celebrate con la nomina di un nuovo Sindaco e che successivamente il TAR dia ragione a Romeo che, a quel punto, avrebbe diritto a essere reintegrato nella carica, per il tempo residuante fino alla naturale scadenza del suo mandato elettorale. Come dire - i Taurianovesi potrebbero trovarsi con due Sindaci, uno reitegrato e uno eletto. Quale dei due sarà illegittimo? Se tanto dovesse accadere la città pianigiana divenuta, grazie ai ripetuti commissariamenti e alla ormai conclamata dabbenaggine dell’elettorato, un dormitorio, conquisterebbe un altro controverso primato. Oltre al record di commissariamenti: quello di essere la prima città con due Sindaci. Situazione paradossale che implicherà nuovi ricorsi al TAR e temi che dopo aver evidenziato in vari modi le loro intenzioni di studio e di tenzone per avvocati, docenti e studiosi di diritto amministrativo. Nelle more, con molta cautela e quasi con pudicizia, l’allegra brigata degli aspiranti Sindaci sta tornando allo scoperto e pare ormai imminente l’ufficializzazione di qualche cordata di ventura.


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Taurianova, storia di una continua e sistematica spoliazione di Mina Raso

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aurianova ha subito, nel tempo, una spoliazione continua e irriducibile che ha impoverito quello che era uno dei paesi più floridi della Piana. Colpevole una classe politica che, nel corso di tanti anni, non ha saputo (o voluto) difendere il proprio paese da questa spoliazione sistematica, perché incapace di una unità d’intenti per il bene della città, a prescindere dai colori di partito. E’ colpevole anche una borghesia (quella dei grandi proprietari terrieri), che se fosse uscita dall’apatia in cui si è sempre crogiolata e avesse unito i propri capitali avrebbe potuto creare fabbriche e lavoro. Partiamo da lontano: dal primo dopoguerra quando fu fondato il corpo bandistico a opera del Circolo “Giovane Calabria”, il corpo fu poi sciolto per mancanza di fondi. Anni ’40: Taurianova ospitava gli uffici provinciali Separal e l’ufficio zootecnico provinciale, un carcere, sede del Comando della Divisione “Mantova” e della Divisione “Lupi di Toscana”. Fine anni ’50 metà anni 60: Taurianova ha al suo attivo ben 3 cinema: il Cinema Italia, il cinema all’aperto presso Villa Bruni e il cinema gestito dalle suore. C’è l’Ospedale che è il fiore all’occhiello di tutta la Piana, da notare che nel 1956 era dotato di un moderno impianto radiologico, il quale era considerato il migliore di tutta la Regione; un Ortopedico, un servizio taxi (sembra impossibile eppure all’epoca c’era davvero), l’Asl. L’Ospedale Civile era fornito di farmacia annessa, quest’ultima fu prima trasferita al di

fuori del nosocomio poi definitivamente chiusa negli anni ’80 (ma come si vede nella foto oggi, dopo più di 30 anni, l’insegna è ancora lì a ricordare ciò che avevamo). Sul territorio taurianovese si svolgevano fiere e mercati di grande importanza: la fiera di S. Marco, la fiera del Carmine (legata alla festa patronale di Jatrinoli); la fiera della Madonna della Montagna (anche legata a una festa patronale, quella di Radicena), la fiera di S. Orsola, la fiera di S. Lucia. Tutto il comune era ricco di piantagioni di granturco, lino, canapa, soia e, oltre che di olivi e agrumeti, si vantava della produzione della pregiata mela “Limoncella” il cui profumo nei periodi di raccolta riempiva l’aria (oggi questa coltivazione è quasi del tutto cancellata, infatti mentre altre regioni meridionali riscoprono e salvano coltivazioni autoctone, i taurianovesi continuano a perdere e distruggere le loro). Di tutto questo oggi rimangono solo gli ulivi e gli agrumi, e anche questi sono sempre di meno, espiantati a favore delle piantagioni di kiwi che vengono largamente finanziate. La sede Inps fu trasferita a Polistena tra la fine degli anni ’70 e l’inizio ’80. Nel 1940 l’Albergo Centrale si trovava di fronte piazza Garibaldi, negli anni ’60 viene trasformato in albergo anche Palazzo Loschiavo, abitazione del Sen. Pasquale Loschiavo e della Contessa Benilde Rossignani, tra l’altro su lascito di quest’ultima esisteva ancora alla fine degli anni ’60 l’orfanotrofio “Contessa di Pontalto” gestito dalle suore di Santa Giovanna Antida, con annessa scuola materna ed elementare e sede tirocinante per maestre d’asilo. Non dimentichiamo l’Orfanotrofio “Genovese-Zerbi” e l’Istituto San Giovanni Bosco, oltre alle varie piccole scuole presenti in ogni contrada. Nei primi anni del 2000 vengono trasferiti nell’ordine: la sede Italgas (a Gioia), la sede Enel (inglobata in quella di Palmi) e l’Ufficio di Collocamento (oggi CPI a Polistena) ultime vestigia di un passato di Uffici, Enti e sedi importanti. Dalla fine degli anni ’60 è iniziato un lento declino che ha portato alla chiusura temporanea prima, definitiva poi, di quasi tutti i reparti dell’Ospedale, gli alberghi sono stati chiusi, stesso dicasi per gli Orfanotrofi. “Contessa di Pontalto”, trasformato in scuola Materna, non esiste più e le suore che lo gestivano sono state trasferite a Polistena. Non c’è più nessun cinema, l’ultimo a essere stato chiuso è stato il Cinema Italia alla fine degli anni ’80. Dopo aver buttato giù l’antico carcere e aver costruito al suo posto un bellissimo parcheggio sotterraneo (mai utilizzato come tale, ma in compenso largamente usato come magazzino), viene costruito anche un moderno edificio che dovrà essere la nuova sede della Pretura…quest’ultima sarà spostata in un paio d’anni a Cinquefrondi. Ultimissimo sfregio in ordine di tempo (visto che non c’è più nulla da inglobare o chiudere) la proposta di accorpare l’Istituto “Gemelli Careri” all'Istituto Superiore di Oppido Mamertina, scuola sicuramente d'avanguardia nel settore dell'Informatica e delle Telecomunicazioni che ha sicuramente saputo ritagliarsi il suo preminente spazio. Taurianova ha il triste primato di essere stato il primo Comune in Italia a essere commissariato per mafia e ancora, ciclicamente viene posto dallo Stato sotto l’ala protettrice di commissari vari. Taurianova vanta anche il fatto di avere per diversi anni un senatore e un deputato nel Parlamento italiano, sfortunatamente ciò non è servito ad arrestare il declino del paese, visto che nessun progetto riguardante Taurianova è stato mai presentato all’attenzione del Governo, se non quello che era meglio “commissariare”. Spesso la risposta a questa domanda è una sola: “la 'ndrangheta ha rovinato Taurianova” .... ma è proprio e solo così? O la classe politica che si è succeduta nel tempo non ha avuto abbastanza a cuore le sorti di un paese prospero e le battaglie che venivano portate avanti erano finalizzate a strappare il potere ognuno dalle mani dell'altro, per riuscire a raccattare briciole servite a nulla! E così di amministrazione in amministrazione, fino ai giorni nostri, si è assistito ad una spoliazione senza precedenti e nessuno si è opposto a questo scempio senza fine! I cittadini oggi si chiedono quali saranno le sorti di Taurianova nel prossimo futuro! (N.d.a le notizie storiche riportate provengono da fonti bibliografiche)


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di Dr. Giacomo Alviano

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orno a denunciare, ancora una volta, la grave situazione in cui versa la rete viaria cittadina ridotta ormai, da tempo immemorabile, a un vero colabrodo!!! Di ciò mi sono già occupato quando si consumò il dramma della sfortunata Chiara Petullà, segnalando l’abbandono in cui versa la rete stradale cittadina e soprattutto la via Vincenzo Ricci - ex via Circonvallazione dove si consumò la tragedia. A non molto tempo da quel dramma nulla è stato fatto: nulla che possa presagire l’intento dei commissari a difesa dei cittadini, mentre la pioggia, continua ad essere lo spauracchio per gli automobilisti. Bastano pochi minuti di temporale per ritrovarsi in una delle buche disseminate lungo le principali vie della città, veri percorsi di guerra dove l’incuria crea innumerevoli insidie: i crateri che si formano al primo accenno di pioggia senza poi essere riparati. Una vera vergogna! La pericolosità aumenta - e mi riferisco soprattutto alla via Vincenzo Ricci - nelle ore notturne, a causa dellala scarsa visibilità dovuta ad un impianto di illuminazione obsoleto. In alcuni punti mancano addirittura i pali della luce ed è e impossibile individuare l'esatta ubicazione delle insidie costringendo le autovetture, a compiere dei veri e propri slalom, invadendo, alle volte, anche la corsia opposta. Pericolosità che aumenta nelle giornate piovose poichè l’acqua rende invisibili le buche, che diventano vere e proprie trappole. Taurianova, la sua storia e la laboriosità delle persone che vi abitano, certo non meritano uno stato di abbandono di siffatta risma. La civiltà di un popolo si misura non solo dal livello culturale, economico e produttivo ma, soprattutto, dalla qualità delle infrastrutture, dei servizi, dalla viabilità. Se le strade si Taurianova sono

Buche nel manto stradale

Il Presidente dell’Associazione Culturale Bisantium, scrive ai commissari:

Taurianova città groviera

Pioggia e maltempo tornano ad aprire voragini sulle strade principali della città. mulattiere, auspico che si provveda in tempi rapidi per rendere le stesse degne di un paese civile. Senza ricorrere a rattoppi stradali, che presto cedono alle prime intemperie. Non ci vuole molto a capire, dunque le ragioni della rabbia dei taurianovesi: buche, rattoppi alla meno peggio, asfalto a gradini, segnaletica orizzontale quasi sempre inesistente e verticale distrutta o divelta, e sporcizia ed erbacce ovunque. Condizioni che ricordano i ghetti di Mumbai o Kabul. Sorge la domanda: i soldi della TASI - tributo istituito con delibera n. 89 del 30 Luglio 2014, a garanzia dei servizi comunali indivisibili, e, anche per i servizi di viabilità, pubblica illuminazione, ecc…ecc…, e che viene applicata nel massimo tariffario dove vanno a finire? Come vengo spesi? E il mutuo di € 3.500,000 che il comune di Taurianova pare abbia acceso con il Ministero dell’Interno - per la messa in sicurezza della viabilità, che fine ha fatto? Forse sono stati utilizzati per colmare le immense voragini che, vecchi amministratori famelici e senza scrupoli, hanno creato per poi, ciononostante oggi - con l’approssimarsi di nuove elezioni - nuovamente spacciarsi come “salvatori della patria”. Si dirà: le risorse, se ci sono, sono esigue, Ma quanto costano alla città di Taurianova le numerose cause intentate da cittadini malcapitati che riportano seri danni alle autovetture? Cio in considerazione che la responsabilità è sempre dell’ente proprietario della strada e conseguenza che sull’ente stesso, grava il compito di provvedere: alla manutenzione, delle strade, e al loro man-

tenimento in efficienza. Traduzione: se la buca non è opportunamente segnalata l’ente proprietario della strada è tenuto a risarcire il danno all’utente della strada, automobilista o pedone che sia. Non basta che il comune declini qualsiasi responsabilità in caso di incidenti, con il posizionamento di qualche segnale di pericolo, posto qua e là in modo casuale e fortuito. Non basta dire non ci sono fondi! Per i cittadini suona come una beffa il fatto che siano rispediti indietro alla Comunità Europea ingenti fondi non utilizzati spesso non solo per incapacità progettuale, ma anche per mancanza di volontà politica legata ad assurde lungaggini burocratiche e vincoli tecnico-giuridici. Pertanto, preg.mi Commissari, con riverenza istituzionale mi permetto di chiederVi, che qualora siate chiamati a soccorrere un comune per rimettere in sesto la macchina amministrativa, sarebbe opportuno che deste prova di forte attaccamento alla sorti e e alla rinascita di quel comune che per qualche tempo è il “vostro”, offrendo ai cittadini servizi di qualità come è stato unica eccezione e onore al merito - la raccolta differenziata che sta producendo, anche in termini di immagine e di decoro della città, effetti positivi. Pertanto Vi chiedo di dimostrare con segnali forti e sferzate volte a sollecitare ai taurianovesi maggiore partecipazione che è possibile risolvere le problematiche che condizionano negativamente la vita di una comunità cittadina, Questo, per consegnare, alla fine del vostro mandato, un comune non solo con i bilanci a posto, ma anche con un volto trasformato.

Buche piene d'acqua

Tombini disastrati


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Lapide sul prospetto della chiesetta di Quarantano

Quarantano e il fenomeno dell’apparizione della Madonna. Quarantano: statua dell'Immacolata e altare in rovina

di Caterina Sorbara

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l fenomeno delle apparizioni è riconosciuto nella storia del Cristianesimo, sin dal IV secolo, e si è intensificato nel corso del XIX secolo e XX secolo. Pensiamo che la prima apparizione risale al 352, quando, secondo una leggenda, la Madonna sarebbe apparsa contemporaneamente a una coppia della nobiltà patrizia e a Papa Liberio, chiedendo la costruzione di una chiesa. Secondo la tradizione la chiesa fu costruita nel luogo dove un secolo dopo fu eretta la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Ancora oggi se ne festeggia la ricorrenza il 5 Agosto, festività della Madonna della Neve. Comunque nel mondo il primato delle apparizioni spetta a Lourdes, divenuto tempio della cristianità, e non solo, perchè ogni anno arrivano in quel luogo cattolici, ma anche indù, buddisti, musulmani e protestanti. Non dobbiamo dimenticare, poi, la Madonna di Fatima, Maria del Pilar che, apparve all'apostolo Giacomo, la Madonna di Guadalupe, famosissima la Kilma di Guadalupe, venerata da migliaia di fedeli. La Madonna è apparsa nel 1830 a Catherine Labourè, nel 1842 a Santa Maria delle Frappe a Roma, nel 1846 a La Salette, nel 1879 in una località della Francia e in Irlanda, nel 1933 in una località del Belgio e nel 1953 a Siracusa si verificò una lacrimazione, riconosciuta dalla Chiesa. Da molto tempo apparizioni mariane si registrano a Medjugorje e si è verificato un miracolo del sangue a Civitavecchia dove una statuina della Madonna ha lacrimato sangue. In Calabria, note e riconosciute dalla Chiesa sono le apparizioni della Vergine alla mistica Natuzza Evolo e a Placanica a fratel Cosimo. Mentre nella Piana del Tauro si ricordano i miracoli della Madonna della Montagna di Taurianova del 9 Settembre 1984 seguito da quello di Varapodio del 12 Settembre dello stesso anno, quando la Madonna del Carmelo mentre era esposta nella Chiesa di Santo Stefano alzò le pupille al cielo, miracolo ripetuto altre due volte durante la processione che parroco e Sindaco decisero di fare nella stessa giornata come ringraziamento alla Vergine per il prodigioso miracolo. Infine

a Palmi il 16 Novembre del 1984 con le stesse caratteristiche delle alzate al cielo delle pupille, questa volta in occasione del terremoto che fece molti morti nella Piana tranne nei paesi di Taurianova, Varapodio e Palmi, luoghi in cui erano avvenuti i miracoli (notizie storiche acquisite dall’opera di Don Antonino Di Masi “Varapodio ieri e Oggi” Fatti, Personaggi e Costumi). Tanti altri miracoli sono legati ai Santuari mariani della Piana. Ebbene, da qualche mese a questa parte, sembra che la nostra Madre Celeste abbia scelto nuovamente la Piana del Tauro, precisamente, una minuscola frazione di nome Quarantano in località Oppido Mamertina, per far sentire la Sua presenza. In questa piccola frazione abitata da sole 8 famiglie, tocca alla Chiesa accertare, il “Corriere della Piana” si limita a riportare delle notizie anche se già il Papa ha fatto sapere che la Madonna non è un capo ufficio delle poste che manda messaggi, ma in ogni caso in quel luogo si raccoglie gente in preghiera. Quarantano nell'antichità apparteneva al nobile casato degli Spinelli. In epoca ancora più remota, serviva da avamposto romano. Il feudo, all'epoca degli Spinelli, pare fosse abitato da contadini che si dedicavano alla raccolta delle olive e la cura dei terreni. Secondo lo storico di Oppido Mamertina, Rocco Liberti, fu proprio uno Spinelli, precisamente Giovan Battista, che fece edificare una chiesetta, affinchè i suoi contadini potessero ascoltare la messa, senza doversi recare a piedi nella vicina Castellace, anche perché d'inverno era quasi impossibile uscire da Quarantano. La chiesetta fu intitolata alla Vergine Immacolata Concezione e alle anime abbandonate del Purgatorio. Pare comunque si trattasse di una riedificazione, in quanto si era sfruttata una cappella rurale che esisteva da prima. Una lapide fatta apporre all'interno del palazzotto di Quarantano richiama l'iniziativa del nobile feudatario, datata 3 Dicembre 1770. La Chiesetta è stata attiva fino agli anni '50, l'ultima processione risale al Vescovo Raspini. Un episodio legato alla chiesetta di Quarantano, risale sempre agli anni '50. A quel tempo, a capo della Tenenza locale dei carabinieri, c'era il cap. Nardiello, il quale, impegnato nella ricerca con i suoi uomini di alcuni fuorilegge, si dovevano recare a Quarantano. In quel tempo non c'erano ponti e la fiumara veniva guadata con carri trainati dai buoi. Il carro dove viaggiavano il capitano e i suoi uomini, si capovolse al centro del torrente Marro che, a valle insieme ad altri affluenti, formano il Petrace. Uno dei carabinieri annegò e il suo corpo fu portato proprio nella chiesetta di Quarantano. Con lo spopolamento del borgo, anche la chiesetta fu abbandonata. Mi lega a questa piccola frazione, un dolce ricordo d'infanzia: un matrimonio. Indelebile è nella mia mente e nel mio cuore, la gioia degli sposi: Cetta e Pino e la mia felicità nell'essere lì insieme a loro. Se chiudo gli occhi ricordo un cortile pieno di sole, riesco a vedere solo un sole abbagliante. Le sorelle di Pino: Enza, Nata e la bellissima Franca, che io avevo soprannominata “fatina”. E poi ricordo ancora un episodio doloroso, un suicidio. Una ragazza giovanissima che si tolse la vita. Non la conoscevo, ma provai tanto dolore, un gesto che mi turbò tantissimo. Per molto tempo mi chiesi il perché di quel gesto. Ricordo poi mia nonna che essendo una bravissima sarta, mi raccontava di aver cucito l'abito da sposa e il corredo a molte ragazze di Quarantano. Avevo chiuso nei cassetti della memoria questi ricordi e adesso che Quarantano si appresta a diventare luogo di amore e speranza per eccellenza, tutto è ritornato nei miei ricordi: la storia, l'amore, il dolore e soprattutto il sole, il sole che c’era nel “cortile degli sposi, delle ragazze”. Il sole che ora i fedeli giurano di vedere (il miracolo) ogni 13 del mese, quando lei, Stella di tutte le stelle, si manifesta alla mistica, donandole dei meravigliosi messaggi. Sembra che la Madonna abbia scelto Quarantano, perché lì ci sono tante anime che hanno bisogno di trovare la pace, la liberazione che si ottiene solo attraverso la fede e la preghiera. Sarà comunque la Chiesa, attraverso i suoi ministri, a stabilire cosa di vero ci sia nel fenomeno Quarantano, noi fedeli possiamo sentirci solo chiamati alla preghiera in quel luogo. Vero è che in un tempo come quello attuale, carico di dolore, di odio, di tensioni, divisioni e delusioni, tutto il mondo ha bisogno di Lei, di questa Figura meravigliosa, amabile, misericordiosa, immensa. A Lei dobbiamo tendere per essere migliori e un posto vale l’altro, l’essenziale è che sia sempre Lei, la Vergine, il centro delle nostre preghiere e delle nostre attenzioni. A Lei che nella nostra miseria, non siamo degni di nominare, perché mai nessuna donna al mondo, fu più pura, più dolce, più preziosa, tanto preziosa da essere scelta da Dio come Madre di Gesù, suo figlio unigenito. Offriamo a Lei le nostre pene, i dubbi e i timori, amiamola con tutto il nostro cuore senza “se” e senza “ma”, in ogni momento della nostra vita. Leggendo i messaggi della Madonna e tornando indietro nel tempo, mi viene da pensare con molta spontaneità che a Quarantano la presenza della Madonna si è sempre manifestata in modo forte, basti ricordare quel sole abbagliante....., solo in pochi conoscevano quel luogo che si è posto oggi all’attenzione di Teresa Scopelliti che ci avvicina per la preghiera comune e la meditazione. Restano intanto numerosi interrogativi a cui la Chiesa è chiamata a rispondere.


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Le apparizioni della Madonna a Quarantano di Caterina Sorbara

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er la prima volta la mistica Teresa Scopelliti rilascia al Corriere della Piana, in esclusiva, un’ intervista. La Scopelliti dice di vedere la Madonna, a Quarantano, e ciò ha provocato una forte mobilitazione di fedeli e curiosi, provenienti anche da fuori regione. • Signora, ci puo’ dire quando le e’ apparsa la Madonna per la prima volta? La prima visione l’ho avuta all’età di 12 anni. Ricordo, era di pomeriggio e stavo giocando nel vialetto di casa mia. All’improvviso è apparso davanti a me Gesù che mi ha guardata con un bellissimo sorriso, dopo pochi secondi è scomparso.

Suggestione o mistero ? Migliaia di fedeli intanto il 13 di ogni mese giungono per pregare

Qualche giorno più tardi, ho visto sua Madre, mentre ero in camera mia a studiare e da quel giorno mi ha sempre accompagnata. La sento sempre vicino a me, in ogni momento della mia vita. • Quali sono i principali messaggi, c’e’ qualcosa in particolare che la Madonna chiede? La Madonna chiede che tutti si impegnino nella recita del Santo Rosario che è l’arma più potente per sconfiggere il male. Vede, i suoi sono messaggi d’amore e di speranza. Lei chiede a noi figli l’amore reciproco e ci chiede in modo particolare di essere fraterni gli uni con gli altri.

• Ci può spiegare come si sente dopo l’apparizione? Provo una grande felicità, un senso di pace e di allegria. Il primo desiderio che ho è di infondere questi sentimenti a chi mi sta vicino. Fisicamente, mi sento molto debole, perché la Sua presenza assorbe tanta energia. • Perchè, secondo lei, la Madonna avrebbe scelto Quarantano? Specifico che la Madonna come anche Gesù li vedo quasi sempre nel mio quotidiano. La prima volta che la Madonna è apparsa a Quarantano, ha detto che era necessario “liberare quella terra martoriata da tutte


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le anime che non erano in pace”. Esattamente, ha detto così: ”Io sono venuta qui perché voglio liberare questa terra martoriata da tutte le anime che soffrono e far vedere loro la luce”. Inoltre, ha espresso il desiderio che a Quarantano venga edificata una nuova chiesa. • Il mondo in questo momento è in pericolo. La Madonna quale strada indica per salvarlo? Convertirsi alla preghiera e credere alle Sue parole e a quelle di Suo figlio. Loro sono venuti apposta per liberare il mondo dal principe del male (così Loro chiamano il Diavolo). In particolar modo Gesù dice che, attualmente il mondo è avvolto dal mantello del principe del male e noi possiamo salvarci, solo ascoltando e mettendo in pratica le Sue parole e quelle di sua Madre. • La Madonna le ha parlato dell’esistenza dell’aldilà. Se sì, come lo ha descritto? Lei ha fatto solo un accenno, me ne hanno parlato, invece, gli Angeli. La Madonna mi dice che esiste un mondo di pace e d’amore che, noi riusciremo a conquistare se saremo dei buoni figli agli occhi dell’Altissimo. Gli Angeli, come le ho appena detto, mi parlano nello specifico dell’aldilà. Ascolti, mi capita, a volte, durante la giornata di staccarmi dal mio corpo ed entrare (attraverso un viaggio) in un’altra dimensione, dove sento qualcuno che mi tiene per mano e mi fa camminare su un bellissimo prato verde, dove ci sono fiori meravigliosi di tutte le qualità. E’ una visione molto bella, ma mi creda, è ancora più bella la pace che si avverte. E’ una pace che in questo mondo non si riesce a percepire.

Gli Angeli me lo descrivono allo stesso modo, aggiungendo che nel momento in cui si lascia questa vita, si giunge davanti ad un cancello. Durante il percorso non ci si può girare indietro. Nel momento in cui questo cancello si apre, c’è il distacco definitivo dalla vita terrena e inizia la vita nell’aldilà. Giunti davanti all’Altissimo, davanti a noi scorrerà il film della nostra vita e, ognuno di noi verrà giudicato secondo i peccati commessi. Chi si macchia di peccati gravi, viene mandato in un’altra dimensione per purificare la propria anima. Chi ha peccati meno gravi, può godere subito della luce del Paradiso. • La Madonna le ha affidato anche dei segreti? Si, ne ho parlato con il mio Padre Spirituale. Non posso dire altro. • Ci puo’ descrivere la Madonna come appare a lei? A me appare come una ragazza di circa 20 anni, di media altezza, con i capelli e gli occhi castani. Indossa una lunga veste bianca e un mantello azzurro. Attorno alla vita ha una fascia dorata e i piedi sono scalzi, appoggiati su delle rose. Sorride sempre, anche quando parla. • Com’è cambiata la sua vita dopo le apparizioni? Vede, io sono cresciuta con Gesù e la Madonna. Per questo parlo di loro con molta naturalezza e da quando ho cominciato a parlarne con le persone, provo molta gioia perché mi rendo conto che molte persone, hanno bisogno di sentirsi dire queste cose. Grazie ai messaggi della Madonna che io divulgo, molte persone hanno ritrovato la fede e sentono una grande pace interiore.

• Lei ha gia’ parlato degli Angeli, ci puo’ dire se oltre agli Angeli vede anche i defunti? Sì li vedo, in particolar modo, uno di loro mi guida, è il mio angelo e lo sento vicino. Mi suggerisce quello che devo dire alle persone e sta sempre alla mia destra. • Qual era il suo sogno da bambina? Il mio sogno più grande è stato quello di crearmi una famiglia: essere moglie e mamma e, ho realizzato questo sogno, infatti sono sposata e ho 3 figli. • Allora, cosa ne pensa la sua famiglia di questo suo dono? Mio marito è molto felice di tutto questo e mi dà la forza per affrontare questo cammino, giorno dopo giorno. I miei figli sono felicissimi perché sin da quando sono nati li abbiamo sempre indirizzati verso il cammino della Chiesa. • Si sente una privilegiata? No, mi sento una persona normalissima, con tanta voglia di comunicare al mondo le parole della Madonna e di Gesù. • Secondo lei, qual è il modo migliore di evangelizzare ? La preghiera che ci aiuta a cambiare la nostra vita. • Cosa chiedono, in modo particolare, le persone che si rivolgono a lei? Preghiere per la propria salute e quella dei propri cari. • Ha informato le autorita’ ecclesiastiche? Se sì, cosa le hanno detto a proposito di questa sua esperienza? Sì le ho informate. Il mio padre spirituale mi dice sempre che devo fare la volontà della Madonna. Mentre le autorità ecclesiastiche, mi dicono di agire con cautela perché loro stessi, strada facendo, valuteranno il tutto.


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Persone scomparse e lupare bianche di Michelangelo Di Stefano

"MORTI CHE PARLANO"

Simbologie omicidiarie e messaggi di 'ndrangheta

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ella simbologia mafiosa il “morto ammazzato” è soggetto allo spregevole ossimoro de “ il morto che parla”, in quanto in quel contesto sociolinguistico le modalità esecutive recano una precisa interpretazione semantica: possa essere attraverso la tecnica dell’ “incaprettamento”, o l’esecuzione abbinata alla mutilazione dei genitali, degli arti, attraverso una pala di fico d’india sul petto, o con un fazzoletto in bocca, mozzandone la lingua, sparandolo alle spalle, e così via. Così lo descrive Giovanni Greco: “[…] I segni, i simboli sono dei codici molto importanti usati in mille aspetti della vita e della società. Sono utilizzati per i fini più nobili e sofisticati e per quelli più brutali, come nel caso della mafia siciliana. Sia nell’Ottocento che nel Novecento la mafia siciliana metteva in essere dei precisi “segni”, che avevano un chiaro significato verso le vittime e rappresentavano un minaccioso monito verso la popolazione tutta. Spesso veniva fatto rinvenire il cadavere di un avversario della mafia o un mafioso che aveva “sbagliato”, con dei determinati segni esteriori, in modo che tutti sapessero il perché di quella uccisione e si guardassero bene dal compiere certe azioni. Fra i tanti segnali attuati sul cadavere di un uomo vi era una mano tagliata: voleva dire che il morto aveva rubato, sapendo che non poteva rubare in quella zona o a quell’individuo protetto dalla mafia; gli occhi cavati e chiusi in un pugno significava che il morto ave-

va ucciso un uomo legato alla mafia; una pala di ficodindia sul petto significava che il morto si era impossessato di denaro che non gli pertineva. Ancora, un fazzoletto o un sasso in bocca significavano che quell’uomo avrebbe dovuto tacere; gli organi genitali intorno al collo significava che aveva molestato donne di mafiosi arrestati. Invece la lettera di scrocco, il petrolio sulla frutta, gli animali sgarrettati erano alcuni pressanti inviti a pagare il pizzo. La testa di un animale nei pressi dell’abitazione, un cuore di metallo bucherellato, una bara vuota, un uccello morto erano invece avvertimenti di una “promessa” di morte […]”Si tratta di segni che trovano espressione quotidiana nei processi intimidatori delle organizzazioni criminali; le ‘ndrine, infatti, nel lasciare una lattina con del combustibile e un accendino davanti alla serranda di un esercizio commerciale, o inviando un proiettile all’interno di una missiva o, ancora, ponendo davanti all’uscio di casa un candelotto di dinamite con la miccia abilmente interrotta, sanno bene che il destinatario avrà ben chiara la decrittatura di quel messaggio ricevuto: si tratta di una comunicazione perentoria a cui non seguirà un nuovo “invito”. Eppure, nella sociologia della comunicazione all’interno del pianeta ‘ndrangheta, la “lupara bianca” trova sempre più riscontro, a dispetto delle vecchie rappresentazioni di intimidazione plateale. Per comprenderne le ragioni è, però, opportuno effettuare una breve premessa d’insieme: la “pax ‘ndranghetistica “che si è celebrata nel 1991, decre-

tando il termine della “seconda guerra di mafia”, ha determinato l’interessamento dei più importanti esponenti della‘ndrangheta, quali garanti del ripristino degli equilibri. Il modello criminale si era già evoluto negli anni ’80, cosicchè “[…] La ‘ndrangheta non è come una volta che uno comandava e mille obbedivano. Oggi ci sono i “gruppi, le “famiglie”. Ogni famiglia, e per famiglia intendo padre, madre, fratelli, zii, nipoti, cugini e pronipoti, sono legati come “clan”. Hanno la loro attività, la loro vita. Se qualcuno della famiglia riceve uno sgarro, il capo famiglia cerca prima di giustificare, si, di aggiustare la cosa con le buone. Se con le buone non ci riesce, allora…[…] si spara una volta, si spara due, insomma si spara sino a quando si ritiene giusto. E poi sparano tutti, da una parte e dall’altra. E poi si contano i morti “ Dalle nuove regole pattuite nello storico accordo di “Sinopoli” del 1991, tutte le organizzazioni criminali avrebbero dovuto, nuovamente, interagire in armonia, rispettando il pactum sceleris dell’onorata società, impegnandosi a deporre le armi con il veto di poter promuovere, da lì a venire, qualsivoglia azione cruenta nei confronti di un sodale sottoposto all’egida di una cosca diversa, con la previsione della sola “clausola di salvaguardia” che avrebbe consentito, in deroga, il “regolamento interno di conti” nei confronti di quanti avessero disatteso alle regole dello sgarro. Così ha descritto questa eccezione F. B., un collaboratore di Giustizia reggino che aveva abbandonato le fila dei gruppi di fuoco delle ‘ndrine: “Quan-


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do si è fatta la pace, vige la regola che noi non possiamo toccare uno dei C. o dei S. o dei chicchessia contro di noi e loro neanche contro noi, allora ogni morto che succede diciamo sono questioni diciamo interne, quindi questi fatti omicidiari possono succedere, basta che sono interni diciamo interni al gruppo, ha sbagliato ci sta fregando i soldi una cosa così si può uccidere, ma mai uno dei S. o dei C. o dei F. può venire a toccare un’altra persona perché poi si rompe la tregua cioè che sia i N. e sia gli A. e sia tutti poi ti vanno contro, quindi vige questa regola[…]”. E, allora, come spiegare l’omicidio di M. A., indiscusso boss del quartiere San Giovannello alla periferia di Reggio - crivellato da decine di colpi d’ arma da guerra, alle 9 del mattino, nel suo regno? Il colonnello del R.O.S. Valerio Giardina, aveva così spiegato ai giudici di Reggio movente, mandanti e simbologia utilizzata dalla ‘ndrangheta per giustificare il plateale omicidio di un soggetto di vertice della malavita: “[…] «Essendo latitanti i capi delle più importanti famiglie […] A. si voleva ritagliare un ruolo nel contesto delle estorsioni nella zona centro. Per questo era stato ucciso e gli assassini avevano fatto ricorso a una simbologia particolare lasciando sul posto le armi. Era un chiaro segnale che non si trattava di guerra tra famiglie ma di un omicidio all’interno della cosca di appartenenza… . Nel descrivere, adesso, la “scomparsa” nello scenario mafioso, questa assume l’accezione tecnico-criminale di “lupara bianca”: si tratta, in sintesi, di una modalità rivolta a non lasciare traccia di una eliminazione all’interno delle ‘ndrine, ciò - soprattutto - per evitare sconvenevoli chiarimenti a richiesta degli stessi congiunti dei sodali eliminati. Ma si tratta di una pratica rivolta, anche, ad aggirare i sempre più sofisticati approfondimenti tecnico scientifici fatti dalla polizia giudiziaria sulla crime scene, influenzata, già lo si è anticipato, al c.d. CSI effect. In questa societassceleris in cui devianza equivale a legge, gli uomini della ‘ndrangheta hanno, spesse volte murato nel cemento i loro ex sodali, oppure li hanno sepolti con la calce idrata, con il solo impegno di “annaffiare” per alcuni giorni il sito al solo fine di aumentare il processo corrosivo della calce, come documentato nell’intercettazione ambientale che segue, intercorsa tra i carnefici intenti a pianificare, con ipotesi tragicomiche, le modalità esecutive dell’ennesima “lupara bianca”: “[…] Come cazzo lo prendiamo a lui?...Di forza lo dobbiamo prendere. Lo mettiamo sulla macchina di forza; dobbiamo fare un’azione di forza;…di forza non lo puoi perché è pesante!...Chi? quello? Quello ormai è ciunco (zoppo)...no....è zoppo! ...di forza lo tiriamo. Dobbiamo fare un’azione di forza. Dobbiamo andare quattro persone...poi sai che cosa dobbiamo fare? Si deve prendere l’impegno uno solo...deve andare uno per spostarlo da lì; deve saperlo solo lui dov’è e non lo deve sapere nessuno dei quattro. Ce lo prendiamo di forza,….. si deve prendere di forza! ...se lo buttiamo in mare che succede?...devi avere la barca per andare al largo, e se poi lo scoprono? Voglio dire, se viene a galla?...Come lo scoprono con quel coso di cemento?...Per scoprirsi scopre il corpo. Si scopre. Ci sono questi segnalatori, questi cosi...si scopre Mico! Uttana se si scopre! ...si lascia sei mesi, otto mesi là, poi va uno; o te lo prendi tu l’impegno, lo sai tu dov’è! Cazzi tuoi sono! Se tu poi vai a vedere non ve ne sono più ossa lì, lo sai solo tu.... bisogna bagnarlo sempre...bisogna fare un’azione di forza Il più feroce e ricorrente modello di soppressione rimane, purtroppo, nella criminalità calabrese, quello della pastura per i porci, come lucidamente descritto da un altro sodale che alla bisogna aveva saltato il fosso: “[…] Le persone le potevamo far sparire in modo pulito, le eliminavamo lasciando pochissimi indizi. Per esempio: il maiale è proprio l’animale che non lascia tracce di un morto. Mangia tutto. I maiali basta

lasciarli una settimana senza cibo; poi gli butti i morti già tagliati che odorano di sangue e dalla fame si mangiano tutto, pure i capelli. In mezz’ora non resta niente,. Poi c’è la nafta mischiata con la benzina nella parte superiore del bidone che fa sparire tutto: viene acceso il fuoco, la persona viene fatta a pezzi e messa là dentro fino al consumo della nafta, così le ossa diventano polvere. Con l’acido, invece, rimangono i capelli e diventa pericoloso perché facendo l’esame del DNA si può risalire all’identità della vittima. Infine c’è la calce che brucia il corpo, però rimane lo scheletro … Sui generis e di particolare significatività storiografico-mafiosa, oltre che criminologica, è un recente caso di lupara bianca avvenuto a Reggio Calabria e poi finito su you tube, ben attagliato ai fini della presente disamina di approfondimento. Il “cold case” concerne la scomparsa di un adepto a una cosca reggina, sparito nel nulla dopo aver portato con sé a un appuntamento un paio di collant. Il solo indizio al vaglio degli investigatori era stata la vettura dell’uomo, rinvenuta qualche giorno dopo la denuncia di scomparsa sul greto di un torrente. Soltanto a distanza di diversi mesi - tra accurati approfondimenti criminalistici effettuati su una crime scene circoscritta grazie al rinvenimento di un piccolo frammento osseo, poi risultato compatibile con il profilo genetico dello scomparso - sarebbe pervenuto agli inquirenti un supporto informatico contenente alcuni file video documentanti il rendez vous della vittima e dei suoi compari/carnefici con tanto di calzamaglia e fucile a canne mozzate. Compari che si sarebbero trasformati in killers spietati e, a loro volta, ignare vittime predesignate di una “trappola” criminale progettata con tanto di videocamere occultate tra i rami degli alberi circostanti. Così Claudio Cordova ha riassunto sulla stampa l’intricata vicenda che, nella sua complessità, è da ritenersi un vero e proprio caso di scuola: … Indagini che arriveranno alla svolta quando ai Carabinieri della Stazione Modena di Reggio Calabria giungerà una lettera anonima e una pen drive del contenuto di 4 gigabyte. Quella pen drive, infatti, diventerà fin da subito un “tesoro” investigativo, perché contiene una serie di files audio e video che immortalerebbero i momenti immediatamente precedenti e successivi all’omicidio di P., consentendo ai Carabinieri di riconoscere proprio V., mentre armeggia con un fucile a canne mozze, passeggiando con la vittima e chiacchierando con lui. V. (insieme ai i suoi complici) avrebbe attirato P. in un luogo isolato nelle colline che risalgono il torrente Armo, nelle vicinanze di un casolare abbandonato, quindi, dopo avere colloquiato con la vittima in maniera apparentemente tranquilla, lo avrebbe freddato con alcuni colpi di fucile alla testa, sparati alle spalle. Sarà in particolare un video della durata di trenta minuti, a fornire agli investigatori il quadro più completo. Una ripresa effettuata da un dispositivo incollato ai rami di un albero che, oltre a inquadrare una serie di elementi riconosciuti in successivi sopralluoghi (come un vecchio manufatto), a un certo punto riprende due uomini: M. P. e il suo presunto assassino, D. V..Nel corso della propria requisitoria, con la quale chiederà i tre ergastoli poi effettivamente disposti dalla Corte, il pm Musolino parlerà di una “tragedia” alla reggina: una tragedia di cui sarebbe stato vittima proprio P., attirato in collina con il pretesto di dover eseguire un omicidio, ma poi sparato alle spalle dall’amico V.. Questi, sarebbe stato l’altra vittima sacrificale, oltre a P., “predestinato all’ergastolo” secondo il pm Musolino. Il ragionamento del magistrato lascerà ammutoliti gli imputati e anche i parenti al seguito: V. sarebbe stato convinto di essere parte dominante della “tragedia” a carico di P., perdendo di vista il fatto di essere stato “venduto” dal suo stesso clan. Gli imputati – V. e C. soprattutto – preferiranno però pensare a un complotto da parte degli inquirenti, piuttosto che a una messinscena architettata dal clan L. per eliminare, in forma diversa, due soggetti evidentemente scomodi. In particolare C., nel corso del lungo dibattimento, prenderà più volte la parola per attaccare l’operato delle forze dell’ordine che opereranno sul caso. Ma la tesi del pm Musolino regge. I tre imputati vengono condannati all’ergastolo. La tecnica del clan L.: eliminare due personaggi evidentemente scomodi, uno in maniera materiale e fisica, l’altro per via giudiziaria. Per adesso, con la sentenza di primo grado, perfettamente riuscita […]” di un reato. Inoltre, la sua accurata e approfondita analisi è una delle operazioni più delicate e importanti durante un’investigazione.


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L’omicidio del Prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa del Gen. Angiolo Pellegrini

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lle ore 21:00 circa, del 3 Settembre 1982, il personale della Questura ed i carabinieri del Comando del Gruppo, accorsi in Via Isidoro Carini di Palermo, ove era stata segnalata una sparatoria, si trovarono di fronte a una scena agghiacciante: nella via suddetta vi era un’autovettura, A112, crivellata di proiettili, con a bordo due persone sfigurate. Veniva subito riconosciuto il Prefetto Dalla Chiesa e la giovane moglie Emanuela Setti Carraro; a pochi metri, un’alfetta blu, l’auto di servizio del Prefetto, con a bordo l’agente della Polizia di Stato, Domenico Russo, gravemente ferito. Poco prima dell’attentato, il Prefetto era uscito dal suo ufficio ed aveva preso posto a bordo della A112 guidata dalla moglie, e seguiti dall’alfetta di servizio, si erano avviati probabilmente verso Mondello. Una ricostruzione dell’attentato, sufficientemente precisa, potè giovarsi solo dell’apporto di due testi oculari, peraltro appartenenti alle istituzioni, mentre gli abitanti di quella popolosa via del centro cittadino, probabilmente affacciati alle finestre e ai balconi, per la forte calura estiva, dichiararono di non aver visto o udito nulla. Le indagini accertarono che l’agguato era sta portato a termine da almeno otto persone, a bordo di due autovetture e di due moto di grossa cilindrata e che erano stati impiegati i micidiali fucili mitragliatori Kalashnikov. Dalla Chiesa era stato nominato alla carica

di Prefetto di Palermo il 30 Aprile 1982, dopo una vita spesa al servizio dello Stato, distinguendosi prima, durante la permanenza in Sicilia, nella lotta alla mafia, e poi, con il grado di Generale, nell’attività che aveva portato alla sconfitta del terrorismo eversivo di sinistra. Si presentava, quindi, in Sicilia con un notevole bagaglio di esperienza e di successi, con il compito di organizzare la controffensiva alla violenza mafiosa. Il Generale aveva accettato la nomina a Prefetto di Palermo solo per il suo convinto “senso dello Stato”. Si era buttato nella mischia con entusiasmo e, soprattutto con le idee ben chiare. Contrariamente a quanto taluno ritenne di dover affermare che Dalla Chiesa avesse una visione superata del fenomeno mafioso, le indagini svolte, anche dopo l’omicidio del Prefetto, dimostrarono che le sue conoscenze erano aggiornate e che le strategie che voleva attuare più che adeguate. Egli, infatti, aveva ben presenti i legami della mafia con alcuni settori del potere politico e imprenditoriale e le dimensioni dell’organizzazione mafiosa, operante in Italia e all’estero. Era fermamente convinto che se non fossero stati recisi i legami con il potere politico e imprenditoriale la mafia non sarebbe mai stata debellata. Una interessante teoria elaborata da uno scrittore siciliano, sottolinea come la mafia attacca e uccide quando la vittima, per l’impegno profuso nella repressione del fenomeno mafioso, non risulta circondata dall’ap-

poggio e dal consenso delle Istituzioni. Essa appare all’esterno come se fosse impegnata in una crociata personale. In pratica il coraggioso impegno del funzionario, unito al disimpegno delle istituzioni, costituisce un dito puntato sulla persona, come un ostacolo da eliminare. In realtà, il Generale Dalla Chiesa venne inviato in Sicilia nelle condizioni meno idonee per apparire quale rappresentante di una corale volontà dello Stato di porre fine al fenomeno mafioso, per cui "cosa nostra" ritenne di poterlo colpire senza timore di gravi conseguenze per l’organizzazione criminosa.


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La piazza centrale di Terranova S.M. intitolata a Mons. Filippo Barreca

Restyling completato! Spazio urbano destinato a divenire una ideale agorà

Scopertura della nuova targa

di Domenico De Angelis

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l restyling della Piazza centrale di Terranova S. M. è stato completato. L’opera, fa parte di un definito contesto urbano che coincide con quella parte di centro storico della vecchia cittadina di Terranova, che ha imposto una politica di recupero e di rilettura in termini moderni delle tracce del passato, affinché le stesse non venissero eliminate ma conservate e valorizzate. I lavori di riqualificazione, sono stati pertanto programmati sulla scorta di una indagine conoscitiva dell’intero centro abitato di Terranova e da accordi presi con l’Amministrazione Comunale. Tale indagine ha tenuto in considerazione anche lo stato di degrado in cui erano le opere successivamente rientrate nel progetto (realizzato dall’Arch. Massimo Cascimo), in stretta relazione con l’importanza che rivestono all’interno del tessuto urbano terranovese. I lavori di riqualificazione della piazza, sono consistiti essenzialmente nella demolizione di tutta la pavimentazione carrabile esistente, in modo da non dover, in alcun modo, alzare il piano di scorrimento veicolare esistente e lo smantellamento parziale degli spazi pedonali, onde restituire all’intero spazio una nuova conformazione. Dopo tale fase di demolizione, si è provveduto al rifacimento della pavimentazione alla quota originaria attraverso la messa in opera di cubetti in porfido e in marmo bianco di Carrara. L’operazione anzidetta ha compreso anche il rifacimento dell’impianto di pubblica illuminazione e la predisposizione dell’impianto di irrigazione relativo alle aiuole introdotte nella nuova configurazione della piazza. Inoltre, la fontana (“quattrucanali”) è stata

Un momento dell'inaugurazione

Piazza - foto antica

Piazza Cesare Battisti prima dei lavori

nuovamente resa funzionale, anche se privata dell’antica base, che, rimodellata ex-novo nella sua forma con un materiale diverso dal precedente, ha visto l’inserimento di quattro punti di illuminazione (dal basso verso l’alto). I lavori, come già detto, sono stati completati per la parte del progetto inerente la riqualificazione della piazza centrale, ma ancora da completare è l’altra parte dello stesso, consistente nel recupero dell’area retrostante al “Palazzo PigneriFerrari” da adibire a spazi espositivi temporanei (aperti), attraverso un lieve sbancamento della superfice esistente e la conseguente pavimentazione composita in battuto di cemento e ghiaia. Di quest’ultimo lavoro, si darà notizia del completamento, appena i lavori saranno conclusi. L’inaugurazione della Piazza è stata preceduta dalla S. Messa in suffragio di Mons. Filippo Barreca. Successivamente, al termine della funzione, il Parroco di Terranova, P. Pasquale Carnovale (dei Missionari dell’Evangelizzazione) ha benedetto la nuova piazza. Un’altra nota è doveroso segnalare, l’intitolazione della piazza a Mons. Filippo Barreca (1912-2002). Sulla cui vita e sul suo operato, è esaustiva la lettura del volume “Mons. Filippo Barreca – la tensione dell’altare e dell’operare. Profilo e testimonianze”, di Agostino Formica Mons. La precedente toponomastica della Piazza era dedicata a Cesare Battisti (L’eroe irredentista e non il noto rerrorista NdD). Nomi che oggi si possono entrambi leggere nella targa affissa giorno 1 Marzo 2015. In un primo momento, ha spiegato il Sindaco di Terranova Arch. Salvatore Foti, la Prefettura diede parere negativo con nota n. 23777 del 23/01/14, esponendo tale motivazione: <<interesse primario di ogni Comunità deve essere la tutela della propria memoria storica costruita nel tempo anche attraverso la toponomastica, la quale è certamente espressione delle tradizioni e della cultura della popolazione di un luogo>>. A tale parere negativo, il Comune di Terranova, ha proposto nuovamente alla Prefettura di intitolare la Piazza a Monsignor Barreca, prevedendo che nella stessa targa venga apposta la seguente dicitura al fine di conservare la memoria della toponomastica del paese: Piazza Monsignor Filippo Barreca - gia’ Piazza Cesare Battisti. La risposta della Prefettura di Reggio Calabria stavolta ha avuto esito positivo, e in data 15 Luglio 2014 si autorizzava il Comune a procedere con la denominazione sopra proposta. Dopo la scopertura della targa, la cerimonia di intitolazione, si concludeva con la dedica del nome dei sei bambini nati nel 2012 a Terranova di altrettanti alberelli piantumati nella piazza.

Scorcio della nuova Piazza


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Una conferenza stampa indetta da Mons. Milito ha spiegato il regolamento sulle processioni

di Filomena Scarpati

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opo la recente pubblicazione del regolamente sulle processioni, Mons. Francesco Milito ha convocato una conferenza stampa per il 19 Marzo al fine di comunicare le motivazioni che lo hanno spinto ad assumere quel tipo di regolamento, già peraltro stilato dai Vescovi precedenti, con delle opportune nuove osservazioni come: le processioni non devono durare più di due ore; è severamente proibita ogni forma di raccolta di denaro; il percorso della processione e le eventuali soste siano precedentemente programmate dal Parroco insieme al Consiglio Pastorale Parrocchiale; i portatori delle Statue, a motivo del servizio che rendono alla pietà popolare, sotto la diretta responsabilità del Parroco, siano scelti tra i fedeli di provata testimonianza cristiana che abitualmente frequentano i Sacramenti e la Messa domenicale nonché la vita della Comunità Parrocchiale; è opportuno chiarire che tutto ciò che è contenuto nel testo vale per quelle Parrocchie dove le manifestazioni di devozione e di pietà popolare erano già esistenti. Quanto sopra si riporta integralmente dal titolo IV della normativa sullo svolgimento delle processioni. Altro punto che Mons. Milito ha illustrato durante la conferenza è il numero sei del primo titolo, relativo ai principi teologici liturgici e pastorali che recita testualmente: << È bene ribadire, per non incorrere in fraintendimenti, che la decisione riguarda solamente quelle espressioni di devozione e di pietà popolare che si svolgono nella Settimana Santa. Pertanto risulta quanto mai necessario riportare alla memoria con forza alcuni principi volti a determinare il modo di svolgimento di questi pii esercizi in piena armonia con le direttive della Chiesa universale e tenendo conto del primato assoluto che le celebrazioni liturgiche, soprattutto del Triduo pasquale, devono avere sulle altre forme, pur legittime, della pietà del Popolo cristiano>>. Il motivo della conferenza organizzata all'episcopato di Palmi, che ha visto partecipare tutte le testate sia giornalistiche che televisive è stato soprattutto quello di stabilire la centralità delle funzioni e processioni della Settimana Santa e aprire un costante dialogo con il mondo giornalistico. Lo stesso dialogo sarebbe auspicabile con le Forze dell'Ordine con le quali sarebbe opportuna

anche la collaborazione nella considerazione che operano tutte nella stessa dimensione della ricerca della verità. Il dialogo ha asserito il prelato deve essere aperto per evitare spiacevoli accadimenti non attribuibili alla volontà di nessuno. Bisogna adoperarsi per il bene del territorio e non per la sua distruzione o involuzione. Il criterio che i fedeli devono seguire, è comunque la partecipazione alle celebrazioni liturgiche e poi anche alle manifestazioni della pietà popolare, spiega don Elvio Nocera durante la conferenza. La rivisitazione del regolamento chiede Francesco Altomonte capo redattore per la Piana de "Il Garantista" a Sua Eccellenza, è stato emanato come conseguenza dei fatti di Oppido M. o la sua stesura era già prevista? Appena

arrivato risponde, mi potevo esclusivamente porre il problema dell'osservazione dell'andamento della diocesi, ogni decisione è scaturita dall'evolversi dei fatti e la sospensione temporanea delle processioni è stata semplicemente una precauzione per capire nel frattempo come intervenire. Altomonte chiede ancora quale sia la differenza tra festa patronale e festa parrocchiale che Sua Eccellenza spiega citando la festa di San Nicola di Palmi che è del Santo patrono quindi patronale e la festa di San Rocco che coinvolge un contesto cittadino enorme, ma trattasi comunque di una festa parrocchiale il cui andamento si rimette alla responsabilità del Parroco come per tutte le feste. Sul Vescovo ovviamente non può ricadere la responsabilità di tutte le parrocchie, ogni parrocchia infatti è affidata ad un Parroco. La Chiesa si adopera affinchè il popolo maturi, è essenzialmente un discorso di fede che esige di essere testimoniata secondo le leggi di Dio che devono trasformarsi in realtà. E' un discorso di vera fede per chi crede. Bisogna sviluppare - continua ancora Mons. Milito - il

senso del cambiamento, le tradizioni che incapsulano lo spirito non sono secondo lo spirito, ma servono ad ingabbiare lo spirito. Le cattive abitudini devono cambiare seguendo le indicazioni della Chiesa. Le tradizioni non aiutano certo a migliorarsi perchè sono impregnate di staticità, quello che serve è una dinamica costante che si traduce nella vivacità. Don Rosario Rosarno responsabile dell'Ufficio comunicazione della diocesi ha moderato il dibattito. Il giornalista Michele Albanese uno dei responsabili de "Il Quotidiano della Calabria" ha parlato di processo di maturazione dei fedeli e sulla necessità di approfondire ancora su tutti i tipi di processioni comprese quelle della Settimana Santa. Io vedo questa indicazione apparentemente semplice - ha detto Albanese - che rischia di provocare un impatto non chiaro, so che ci sono paesi che vivono una certa realtà e dimensioni che vivono in modo diverso. I Parroci alla luce di queste indicazioni vengono assolutamente lasciati soli. La speranza è che la Chiesa riesca a formare un popolo maturo. Intanto il regolamento della Cec che si attende cambierà qualcosa? La Cec non può normare, risponde il Prelato, ma darà solo indicazioni. Noi partiamo dalla mappatura della Settimana Santa che è la più grande realtà spiega Don Elvio Nocera che focalizza tutti gli aspetti e i passaggi senza trascurarne nessuno, basta attenersi. E' ovvio che non si può escludere che ci possa essere qualche intrufolato maleintenzionato che intenda rovinare la festa, ma in ogni Comune esiste un servizio di ordine pubblico tenuto a provvedere. In ogni caso viene ribadito il ruolo del Parroco che non è colui su cui si vogliono scaricare le responsabilità, ma è colui che conosce la realtà della sua parrocchia e che deve evitare il verificarsi di fatti eclatanti soprattutto se è a conoscenza che il tipo di ambiente in cui opera non è sano. In conferenza stampa si è già discusso della possibilità che gente con sentenze di mafia passate in giudicato, in forma di sfida pretenderanno di portare le statue durante le processioni della Settimana Santa, così come si prevede un dispiego di Forze dell'Ordine enorme che derimerà ogni forma di eccesso o di illegalità sul nascere. Ciò di cui Mons. Milito ribadisce la necessità in questo momento, è l'apertura al dialogo tra Forze dell'Ordine, Chiesa e Giornalisti.


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Il mistero salvifico della Morte e della Resurrezione del Cristo. I riti della Settimana Santa con le foto dell'ultimo libro sulla Pasqua del prof. Filippo Marino


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Le Reliquie della Passione di N. S. Gesù Cristo

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l periodo di Quaresima-Pasqua e, soprattutto, la Settimana Santa, offrono la possibilità, a molti fedeli, di rafforzare la venerazione a Cristo Crocifisso-Risorto attraverso la maggiore frequenza alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa; la meditazione della Sacra Scrittura; le pratiche della Pietà popolare con la Via Crucis e i riti devozionali del Triduo sacro. Un posto particolare hanno sempre avuto le reliquie della Passione, conservate e venerate in vari luoghi dal popolo cristiano come segno e simbolo visibile dell’amore di Cristo per la sua Chiesa. Qualcuno storcerà forse il muso di fronte a queste testimonianze dal sapore medioevale. In ogni caso, crediamo che chi non ha fede non la troverà neppure davanti a una reliquia riconosciuta come autentica, mentre chi possiede già la fede non la perderà di sicuro dinnanzi a una reliquia inizialmente ritenuta autentica e, in seguito, rivelatasi falsa. Il ritrovamento di molte delle reliquie legate alla Passione del Signore è attribuito, dall’antica tradizione ecclesiastica, a un viaggio-pellegrinaggio a Gerusalemme, compiuto, sul finire del IV secolo, da Sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino che nell’anno 313 aveva dato libertà di culto al Cristianesimo. In seguito a questa missione dell’Imperatrice, fu rinvenuta la vera Croce del Signore e tornarono alla luce i Luoghi Santi della vita di Cristo, occultati durante l’età delle persecuzioni. La più famosa reliquia della Passione del Signore è certamente la Sacra Sindone, oggi custodita nel Duomo di Torino. “La regina delle reli-

quie”, è un lenzuolo di lino che misura 4,36 per 1,10 metri, sul quale, anche a una rapida osservazione, appare chiara l’impronta di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e coi segni di un’importante ferita all’altezza del costato. L’antichissima devozione del popolo cristiano, nel corso dei secoli e nei diversi luoghi in cui il lenzuolo è stato venerato, ha sempre riconosciuto in esso l’immagine del Crocifisso-Risorto. Seconda in ordine d’importanza, è la reliquia della vera Croce, rinvenuta da Sant’Elena e da questa condotta, in parte, a Roma dove ancora oggi è venerata nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. In questa stessa Basilica, sono custodite le reliquie del Titulus Crucis, l’iscrizione in greco, ebraico e latino posta sulla sommità della Croce; una spina della corona posta per scherno sul capo del Cristo dai soldati e i chiodi della crocifissione, di cui una parte si dice sia stata inserita nel morso del cavallo di Costantino, oggi conservato a Milano; una parte custodita nella croce dell’obelisco di piazza San Pietro e, infine, una parte inserita nella famosa Corona ferrea del Duomo di Monza con la quale venivano incoronati i Re d’Italia. Particolarmente importante è la reliquia della Santa Lancia con la quale il Centurione Longino trafisse il costato del Crocifisso, mostrata per secoli nella Basilica di San Pietro il Venerdì Santo assieme a altre importanti reliquie della Passione. Famosa è poi un’altra reliquia della Passione, anch’essa venerata a Roma: la Scala Santa. Si tratta di ventotto gradini di marmo, rinvenuti da Sant’Elena e

di Sac. Don Letterio Festa

da questa portati nell’Urbe, che costituivano la scala situata nel palazzo in cui Pilato processò il Messia e che Cristo avrebbe percorso almeno due volte durante il processo. Oggi gli scalini, conservati in un’apposita cappella eretta nel 1589 dal Papa Sisto V nei pressi della Basilica lateranense, per poter essere meglio custoditi, sono ricoperti da tavole di legno di noce, e su di essi i devoti salgono soltanto in ginocchio e in atteggiamento di preghiera, in segno di rispetto. Oltre al mitologico Sacro Graal, ovvero il calice dell’Ultima Cena, il popolo cristiano ha sempre venerato e custodito moltissime altre reliquie “minori”, come la tavola della stessa Cena; la colonna della flagellazione; le vesti del Cristo; il sudario con cui la Veronica asciugò il volto del Signore, ancora oggi venerato a Manoppello in Abruzzo. Come ricorda l’importante Direttorio su pietà popolare e liturgia della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, edito dall’Editrice Vaticana nel 2002, la pietas cristiana è caratterizzata da una grande varietà e ricchezza di espressioni corporee, gestuali e simboliche. Simili espressioni, che si tramandano da secoli da padre in figlio e che hanno sostenuto generazioni di santi, sono modi diretti e semplici di manifestare esternamente il sentire del cuore e l’impegno di vivere cristianamente. Senza questa essenziale disposizione interiore c’è il rischio che la gestualità simbolica, come qualsiasi altra manifestazione della pietà popolare, scada in consuetudini vuote e, nel peggiore dei casi, nella superstizione.


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I giuristi cattolici s'incontrano per discutere tematiche e problematiche sociali di Filomena Scarpati

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’associazionismo cattolico della Piana del Tauro, interamente abbracciata dalla diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, continua a evolversi in maniera efficace e capillare, come nel caso dell'Unione Giuristi Cattolici che dà un serio e proficuo contributo al mondo laico ed ecclesiale. Per attività proficua non si vuole intendere certamente la conoscenza che i membri di un'associazione acquisiscono sugli atti della Chiesa e le Sacre Scritture pur necessaria a operare bene all'interno della società e della professione svolta, ma ciò che possa scaturire dal confronto tra le parti e le

ricadute positive nell'ambito delle proprie attività, in tal caso di natura giuridica. Una Chiesa che vivifica, oltre alla pratica dei Sacramenti, in cui ritroviamo Carne e Sangue di Cristo, ha l'obbligo di riportare la Parola nel quotidiano fatto di vita pratica, dando indicazioni che favoriscano la testimonianza. "Riconoscendo come unico bene ciò che viene da Dio, esordisce Don Mimmo Caruso consulente ecclesiastico della diocesi durante l'incontro tenutosi qualche settimana fa presso la Casa del Laicato di Gioia Tauro, è bene partire con riflessioni e confronti sulla lettera enciclica Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II che riporta temi sempre attuali, adatti ad ogni tempo e situazione, dopo aver annunciato l’organizzazione di un convegno nei prossimi mesi sul tema delle dipendenze da web e l'organizzazione di una celebrazione per il Precetto Pasquale nell’aula bunker del Tribunale di Palmi". "La scelta di un'aula così particolare, nel periodo di Pasqua, è stata dettata dalla necessità di un luogo significativo adatto a ricordare il dolore, nella fattispecie, di chi perde i propri cari attraverso crimini efferati e la sofferenza che scaturisce da pene detentive inflitte a coloro che tali crimini commettono, con la conseguente privazione della libertà per decenni se non a vita se si tratta di ergastoli, commenta nel suo intervento l'Avvocato Vincenzo Nizzari, Presidente dei giuristi della diocesi. La lettera enciclica in discussione, sulla quale sono intervenuti la maggior parte dei presenti, porta a una seria riflessione sugli insegnamenti morali della Chiesa in momenti di dubbi e crisi di valori che mettono di fronte alla necessità del Bene Assoluto che Cristo indica in Dio. Chi fa affidamento in Lui vive una sorta di legge naturale inscritta nel cuore dell’uomo, capace di provare sentimenti che portano anche chi delinque, a volte, a ritornare alla normalità dopo un'accurata rieducazione, utile al reiserimento nella società civile e nel mondo del lavoro. Quindi sentire amore verso Dio ha sempre un ritorno verso gli uomini che in tal caso si considerano fratelli. Don Caruso ha concluso l'incontro ribadendo il concetto di teologia morale che va ricercato nel discernimento di ciò che è bene e ciò che è male, sia negli atti che nella persona e riconosce in Cristo il principio e fine. Un'accesa discussione è proseguita, prima della chiusura, sulla Veritatis Splendor nella parte riguardante il pensiero moderno, le cui correnti hanno sganciato il concetto di libertà dal concetto di Verità toccando in modo concreto diverse tematiche anche scottanti come: dipendenze, educazione della prole, politica, legalità, sospensione delle processioni ed emanazione di un direttorio da parte dei Vescovi calabresi, che sia il più possibile aderente alla realtà del nostro territorio. L'incontro è terminato dopo un ulteriore confronto col Vescovo Mons. Francesco Milito, intervenuto verso la fine per improrogabili impegni, che ha condiviso l'organizzazione di tutti gli appuntamenti concordati.


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di Filomena Scarpati

Visita del Vescovo alla Scuola Media Pascoli

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abato 21 Febbraio 2015, il nostro Vescovo, Mons. Francesco Milito, ha fatto visita alla Scuola Media Pascoli, dove ha incontrato gli alunni delle terze classi (con una rappresentanza delle seconde) nell’ambito del protocollo d’intesa con tutti gli Istituti scolastici della diocesi. Ha presieduto il D.S. Prof.ssa Aurora Placanica, la quale ha avuto parole d’encomio per Mons. Milito, soprattutto per l’attenzione e lo zelo che lo stesso dimostra per l’educazione dei giovani e per come affronta le loro problematiche. Mons. Milito, dopo una breve introduzione, ha risposto alle diverse domande poste dagli alunni, proponendo a sua volta numerose e pungenti provocazioni. Erano presenti i parroci Don Antonio Spizzica (Maria SS. delle Grazie) e Don Alfonso Franco (SS. Apostoli Pietro e Paolo); i presbiteri Don Antonio Nicolaci, don Leonardo Manuli (Responsabile della Pastorale giovanile) e Padre Davis, nonché lo scrivente diacono Nino Martino. Hanno brillantemente collaborato con il D.S., a diverso titolo, la Vice-preside, Prof.ssa Concetta Zumbo, che ha avuto cura di ogni particolare della riuscita giornata, l’insegnante di Religione Prof.ssa Angelica Sammartino e la Prof.ssa Gabriella Falcomatà, autrice dell’icona raffigurante la “Madonna della tenerezza”, donata al Vescovo nell’occasione e apprezzatissima da S.E.

di Filippo Marino

A

Gli alunni hanno fatto diligentemente la loro parte formulando al Vescovo le domande, già concertate anticipatamente con i docenti; stuzzicati poi nel corso delle stesse, hanno dovuto controbattere alle punzecchiature che S.E. ha rivolto loro per vivacizzare l’atmosfera e mettere nel dovuto rilievo i precetti e i concetti della fede in Cristo. Per esempio, alla domanda “Come mai noi ragazzi veniamo seguiti dalla Chiesa fino all’amministrazione dei sacramenti e dopo abbandonati”, Mons. Milito ha risposto definendo la Prima Comunione come “la prima e l’ultima” e la Cresima come “il sacramento dell’addio”. Parole che hanno suscitato negli alunni una riflessione molto seria, non essendo l'atteggiamento che un buon cattolico debba tenere. Nel rispondere all’alunno che gli domandava come avesse trovato la nostra diocesi, lui che veniva da una realtà alquanto diversa, il Vescovo si è detto sorpreso dalla generosità e dai talenti della nostra gente, deprecando quei pochi che praticano la finzione, l’omertà e tutti coloro che delinquono nelle forme più disparate. Alla domanda su come si sentisse come “successore degli Apostoli”, S.E. ha risposto di vivere tale eredità sia come responsabilità che come Grazia. Di particolare spessore, poi, la domanda sul Paradiso e sull’inferno e sulla misericordia di Dio, “sempre pronto a perdonare i nostri peccati”, come ha spesso ripetuto Papa Francesco nelle Sue esternazioni. A questo proposito, Mons. Milito ha chiesto ai ragazzi come fosse morto Gesù e chi fossero le due persone crocifisse con Lui, e di come lo stesso Gesù abbia promesso la salvezza al c.d. “buon ladrone”, il quale aveva dimostrato in punto di morte di essere sinceramente pentito dei propri peccati. Anche voi, ha proseguito S.E., dovete confidare nella infinita misericordia di Dio Padre, purchè nella vostra vita non abusiate della Sua bontà. Alla fine, è stato presentato il neo eletto Vice-sindaco del Consiglio comunale dei ragazzi, l’alunno Emanuele Faraone, che ha esposto in modo brillante gli scopi della nuova Istituzione cittadina. Il Prof. Angelo Avati ha allietato la mattinata con il coro della Scuola. In conclusione, si è tenuto un rinfresco offerto dalla Scuola prima che S.E., su invito della Preside, passasse in rassegna singolarmente tutte le classi dell’Istituto “Pascoli”. E’ stata una gustosa e divertente parentesi che ha interrotto la faticosa vita scolastica giornaliera e che ha pienamente soddisfatto tutte le parti. Il Vescovo ha dimostrato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, tutta la sua partecipazione e attenzione alla vita e ai problemi delle giovani generazioni, con la solita disponibilità e il riconosciuto acume. Una giornata da ricordare e, possibilmente, da ripetere.

L’italiano si ama imparando il latino

ll’insegna del “tutto compreso” si è svolta il 21 Febbraio u.s. la “Giornata Internazionale della Lingua Madre” volta a promuovere la diversità linguistica e culturale in ogni parte del mondo. Il Presidente dell’Accademia della Crusca Prof. Sabatini in un accorato appello televisivo su Rai Uno ha parlato dell’ “inglese imperante e del latino morente” e, auspicando un’inversione di tendenza soprattutto nel mondo giovanile e studentesco, ha invitato la signora GIANNINI, ministro MIUR, ad operare in tal senso una riforma. Ma in quale spiaggia è la

… professoressa Giannini? Già Nelson Mandela faceva notare l’importanza della lingua madre e della sua comprensione tra i parlanti a livello più ampio. Per questo l’ONU dal 2000 celebra questa giornata. In questo giorno del 1952 cinque studenti di Dacca furono uccisi durante una manifestazione per il riconoscimento del “bangla” la lingua ufficiale dell’allora Bangladesh. Ogni 15 giorni nel mondo “muore” una lingua portando via con sé tradizioni, radici culturali e storia. La questione del latino è ancora più diversa: estromesso dalle scuole di Stato il 25 Marzo 1977 oggi è vivido e florido solo in alcuni

paesi europei come Russia e Finlandia mentre altrove annaspa agonizzante o del tutto morto. A questi esempi negativi noi abbiamo risposto con la compilazione double face di una nuova grammatica latina in 23 lectiones illustrata dagli Alunni della Scuola Media Statale “Pentimalli” di Gioia Tauro e la riedizione dell’opera di FCL Lattanzio “De opificio Dei” sulla MERAVIGLIA del corpo umano illustrata con tavole della famosa pittrice laureanese Carmela Calimera. Un’opera dotta e semplice, che si propone di ravvivare la LINGUA LATINA con una metodologia rinnovata e di tutto rispetto non esclusa la metodologia delle scuole lancasteriane.


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A Gioia Tauro la giornata regionale dei giornalisti cattolici riuniti per parlare di 'ndrangheta di Nino Martino

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ono state tante le personalità del mondo giornalistico e religioso intervenute il 27 Febbraio scorso alla concelebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Francesco Milito nella Chiesa di San Gaetano Catanoso in occasione della giornata regionale dei giornalisti cattolici. Dopo la messa a cui ha partecipato Mons. Luigi Renzo, ha avuto inizio l'incontro dibattito sul documento della Conferenza Episcopale Calabra << Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla 'ndrangheta>>. Una discussione accesa a cui hanno partecipato oltre agli intervenuti, al tavolo dei lavori: Mons. Luigi Renzo Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea e responsabile dell'ufficio comunicazione e relazioni sociali della CEC che ha moderato il dibattito; Don Giuseppe Strangio, rettore del Santuario di Polsi; Don Gaetano Currà, responsabile della comunicazione e relazioni sociali della diocesi di Mileto; Giuseppe Soluri, Presidente dell'ordine dei giornalisti della Calabria; Carlo Parisi, Presidente dell'Ordine dei giornalisti della provincia di Reggio Calabria, segretario del sindacato dei giornalisti della Calabria e Presidente dell'Ucsi - Unione Cattolica stampa italiana; il giornalista Michele Albanese; delegazioni dei sindacati INPGI, CASAGIT e di giornalisti provenienti da tutta la Calabria. Presenti anche alcune classi delle Scuole Superiori "Severi - Guerrisi" di Gioia Tauro, accompagnati dal dirigente scolastico Giuseppe Gelardi. I lavori sono stati aperti da Mons. Francesco Milito Vescovo della diocesi ospitante, che ha porto il suo saluto e da Don Rosario Rosarno responsabile dell'ufficio comunicazione della stessa diocesi. Mons. Renzo ha iniziato contrastando subito quel giornalismo che per anni ha accusato la Chiesa di fare solo parole nei confronti del fenomeno mafioso e 'ndranghetista. In proposito il Vescovo ha citato i documenti della Chiesa a partire dagli anni '60, quando condannare la mafia non aveva risonanza; l'intervento di Mons. Cantisani che nel '73 si adoperò in maniera pesante contro la 'ndrangheta in piena CEI e i documenti dei Vescovi calabresi successivi dove, ancora oggi, si può leggere che i mafiosi periranno, sino ad arrivare alla Nota Pastorale sulla 'ndrangheta dello scorso 25 Dicembre, da cui si evince una netta posizione di contrasto e di allontanamento dalle strutture di peccato del malaffare. "Già è stato stilato, inoltre afferma Mons. Renzo, il regolamento delle processioni nella mia diocesi di appartenenza, dove si riporta con chiarezza che i portatori delle vare durante le processioni devono essere assolutamente incensurati e fa sapere

Ma al contempo non mancano deprecabili iniziative di “homines oeconomici” che fanno di tutto per portare avanti spudoratamente un latino che nulla ha a che fare con l’insegnamento dei padri e la loro etica, per fini di mercato ed economicistici. Tutto questo mentre l’inglese impera nelle scuole, nelle riviste di mercato, nel dire spicciolo della quotidianità, nello stesso stemma, logo e motto della Marina Militare Italiana con gravissimo nocumento della nostra tanto amata TRADIZIONE LATINA. Non è lontano il giorno che ci vedremo con le toppe sul di dietro come Sua Maestà Britannica, con tutto il suo inglese, ha perso l’intero Com-

che neanche nella posizione di indagati, è consentito assumere la posizione di portatori". Si resta, intanto, in attesa delle direttive da parte delle altre diocesi calabresi. Carlo Parisi ha indicato ai giornalisti presenti la prima regola: parlare con la lingua del popolo senza farsi prendere da intellettualismi inutili e dannosi per l'informazione. Altra regola fondamentale ribadita da Parisi in modo forte, è stata la verifica e il controllo delle notizie che arrivano ai giornali e ai giornalisti evitando di essere servili e agire in libertà. Una libertà che corre il rischio di essere compromessa dal bisogno economico non sempre soddisfatto.<< I sindacati che rappresento - aggiunge Parisi - si stanno muovendo anche in tal senso, per garantire a chi lavora con testate giornalistiche un' adeguata remunerazione>>. Giuseppe Soluri, parla di intuizione, analisi e sintesi per essere giornalisti intelligenti. Non bisogna lavorare col pressapochismo - asserisce - e non bisogna adoperarsi in operazioni avventate che non trovano riscontro nella realtà; un bravo giornalista, dice ancora Soluri, autorità massima del giornalismo calabrese assieme a Parisi, intuisce che il ruolo della Chiesa è diverso da quello di altre Istituzioni e professioni: quando un giornalista non sa fare queste differenze, sono i lettori stessi a dequalificarlo. Soluri ha terminato sostenendo che il giornalista fa sempre i conti con il lettore che non è suddito, ma riveste il ruolo più importante in questo ambito. Mentre Don Currà ha ricordato che Paolo VI nel '67 istituì la giornata Nazionale della comunicazione definendo i giornalisti profeti della parola, Don Strangio ha detto che rivestendo la posizione di rettore di un Santuario parecchio chiacchierato come quello di Polsi, ha subìto di tutto: persino l'essere definito da uno stesso giornalista, prima vicino alla mafia e poi antimafia. <<Chi avrebbe vissuto come me in un luogo di piovra per oltre 30 anni, combattendo la 'ndrangheta e organizzando nel 2000 persino un campo antimafia come a Palermo? Sono sicuro che dopo aver fatto di Polsi i giardini dell'Eden mi cacceranno, ma sono felice di aver costruito col massimo impegno.>> E' bene ricordare che Don Strangio ricopre la carica di segretario dell' UCSI, Unione Cattolica Stampa Italiana di Reggio Calabria ed è anche un giornalista come Don Currà e Mons. Renzo. Sono intervenuti inoltre: Michele Albanese giornalista capo redattore de " Il Quotidiano di Calabria", che ha precisato l'importanza di denunciare i fatti negativi del territorio trattando coloro che in esso vivono, con rispetto, amore e dignità, pensando che anche gli 'ndranghetisti si sono formati in una realtà schiacciante come la nostra; Angela Napoli che ha riportato la sua esperienza di componente della Commissione Parlamentare Antimafia, negli anni in cui ha ricoperto la carica di Deputato. Alla manifestazione ha anche preso parte Adriana Musella, Presidente del Coordinamento Nazionale Antimafia, figlia dell'ingegnere salernitano Gennaro Musella ucciso a Reggio Calabria da una bomba. Il coordinamento Nazionale Antimafia fu istituito dal Giudice Antonino Caponnetto e nominata Presidente dopo la sua morte.

monwealt. Questo i giovani delle nostre Scuole lo sanno? Economia e cultura viaggiano ormai in un “bosco didattico” nel quale con PON-POR et similia abbiamo perso non solo la bussola ma anche le chiavi! SPECCHIO ECONOMICO del Novembre scorso a pag.70 ci dà un’esemplificazione che ci scuote ab imis fundamentis! La fase dei panegirici all’inglese mi sembra si debba concludere subito perché i nostri alunni e i nostri docenti, tornino ad apprezzare la lingua della latinità se non col trito metodo di rosa,ae/ declinazioni/coniugazioni con nuove apprezzabili e più facili modalità perché ROMA e il suo contrario AMOR torni a

vivere nel loro cuore e nella loro mente con quella semplicità dovuta a chi studia le proprie origini lena atque studio propri delle nostre Tradizioni italiche. E ancora una volta diciamo senza timore di essere smentiti che in Italia, al di là di uccazzari proposte e di muliebri smentite, non si può fare buona Scuola senza Latino! Allora aveva e ha ragione l’Abate Antonio Rosmini, oggi beato, il quale preferiva che “ognuno sapesse la Lingua, le tradizioni, la cultura del suo territorio” ma tant’è troppo per il Miur della nostra Italia degna delle invettive che il Servo di Dio, Dante Alighieri, riporta al sesto canto del suo inclito Inferno.


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di Marinella Gioffrè

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ontinua la missione di attività pastorale del Vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi, Mons. Francesco Milito, in visita presso l’Istituto Comprensivo di Delianuova. L’incontro con l’Alto prelato, accompagnato dal segretario vescovile Don Antonio Nicolaci, da Don Emanuele Leuzzi, da Don Giancarlo Musicò e dal Dirigente scolastico dr.ssa Anna Maria Cama, si è svolto, iniziando dalle prime classi della scuola primaria fino alla prima classe della scuola media, con una visita all’interno di ogni aula, dove i discenti con le loro insegnanti attendevano emozionati e incuriositi l’arrivo del Vescovo, che ha interloquito affabilmente con loro, ponendo domande e sciogliendo qualche dubbio. La calorosa accoglienza è stata supportata da striscioni di ringraziamento per la gradita visita, da poesie, disegni e festoni di benvenuto. L’incontro è stato richiesto dal Direttivo scolastico, gestito dal Dirigente Anna Maria Cama, al fine di diffondere una coscienza di fede nei giovani scolari, attraverso parole di speranza, provenienti dalla più alta rappresentanza ecclesiastica locale. Ad attendere S.E. Mons. Milito presso l’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo, le seconde e terze classi della scuola Media con i loro docenti. Il Dirigente dopo aver salutato e ringraziato Mons. Milito per la sensibilità dimostrata con la sua presenza, ha affermato

di Marinella Gioffrè

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DELIANUOVA:

S.E. Mons. Francesco Milito in visita pastorale all’Istituto Comprensivo che “Uno dei compiti della scuola è lavorare per promuovere la solidarietà, l’inclusione scolastica e il rispetto verso gli altri. E’ importante e necessario che la scuola e la Chiesa si incontrino e lavorino in sinergia, per la ricerca e la diffusione della verità e dei valori. Uno dei mali del nostro tempo è il relativismo-ha continuato il Dirigente Cama- e la ricerca della verità deve avvenire soprattutto attraverso un percorso religioso. Il nostro cuore è inquieto fino a quando non trova pace in Dio”. Il Vescovo dal canto suo ha ringraziato la Dirigenza scolastica per l’opportunità atta a favorire la diffusione della parola di Dio, sulla quale ogni giovane cristiano deve far crescere le proprie radici edificando il suo tempio esistenziale sulla roccia. Per questo motivo “la scuola oltre all’insegnamento delle discipline oggetto di studio, deve incentrarsi sull’educazione all’amore verso il prossimo e sulla ricerca

della verità come luce, -ha affermato il Vescovo- opponendosi al bullismo, alle prevaricazioni, alla prepotenza tracotante, agli atteggiamenti mafiosi, che non devono essere oggetto di emulazione da parte degli innocenti osservatori inermi ed indifesi, quali sono i bambini”. Hanno fatto seguito varie domande da parte degli alunni, attenti all’incisiva lezione nata dall’esperienza e dalla cultura di uomo di Chiesa. Poi rivolgendosi ai ragazzi il Vescovo ha suggerito, “Sappiate distinguere il bene dal male. Siate una comunità che vive nel giubilo del cuore, la vostra mente sia un concerto permanente, per l’armonia delle cose belle e buone. Sfruttate le eccellenze del vostro territorio, quali la musica e il teatro e ne gioverete”. Ha poi consegnato a ogni studente un vademecum con le sette opere di misericordia spirituale, con dei semplici suggerimenti comportamentali, da attuare nel corso della vita.

Si e'spenta a 108 anni la decana di Delianuova

n famiglia pensavano già a come festeggiare i suoi 108 anni, invece Maria Gangemi, tra le donne più longeve della Calabria, si è spenta silenziosamente, senza sofferenza visibile, nella sua casa di Via Aspromonte a Delianuova. Con lei se n’è andato un pezzo di storia del paese. Fino agli ultimi giorni, ha potuto attingere ad una memoria e una lucidità eccezionali, tanto da ricordare tutti gli episodi tristi e felici che hanno segnato il percorso della sua lunga vita. Episodi che amava raccontare a quanti la andavano quotidianamente a visitare. Donna minuta e solare, sempre attenta alla cura della sua persona, con la capigliatura sempre a posto, stimata da tutti, la contraddistinguevano onestà e correttezza. Lavoratrice instancabile da giovane, amabile mamma e dolce nonna nel quotidiano della sua vita. Aprendo la porta della sua abitazione con un dolce sorriso, con lo scialle sulle spalle e un fare gentile ed educato, alla domanda di quale sia

il segreto della longevità, qualche anno fa, Maria con lucidità aveva risposto di essersi sempre nutrita di alimenti genuini, pane di casa e olio nostrano, fagioli, patate e tutti i prodotti della nostra terra e di aver condotto una vita tranquilla, nonostante i problemi quotidiani. Vedova di Papalia Antonino, deceduto nel 1985, era mamma di nove figli, tutti emigrati, il più piccolo dei quali ha 65 anni, dislocati tra Pavia, Australia e Francia. Donna di fede e devozione verso la Madonna Assunta, non potendo andare in Chiesa, riceveva in casa l’eucarestia e trascorreva le sue giornate a sgranare il rosario. I nipoti e pronipoti di Delianuova ricordano ancora le lunghe e antiche preghiere che recitava, ormai dimenticate dai più. Elargiva loro consigli su come comportarsi con gli altri e nella vita in generale e per questo i tanti nipoti la andavano a trovare per ascoltare i suoi saggi moniti. Spesse volte riuniti attorno alla sua semplice dimora, raccontava episodi del passato, della guerra, inframmez-

zate da filastrocche dialettali e canzoni dal sapore antico, ed era un piacere ascoltarla e starle vicino. Ha avuto vicino la cognata Papalia Domenica, oltre ai tanti nipoti e una badante che negli ultimi anni si è presa cura di lei. Per i 100 anni il Comune, con Sindaco Rocco Corigliano, le aveva organizzato una festa, con l’intervento del gruppo dei Mattanza e dell’Amministrazione comunale al completo e tutto il paese era accorso a renderle omaggio.


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LEGALITA’: ANCORA, SEMPRE di Marisa Militano

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Il Club Soroptimist International di Palmi discute di legalità quotidiana con gli alunni del Liceo “C. Alvaro” in un incontro con il Procuratore della Repubblica Emanuele Crescenti e con il Parroco Don Silvio Misiti. Il progetto nazionale per la costruzione di una camera di ascolto per minori.

egalità, il vocabolo più frequentemente usato e il meno rispettato in una proporzionalità inversa. E’ per questo che la sezione di Palmi del Soroptimist International, grazie alla Presidente Prof.ssa Enza Versace ed in linea con gli accordi che il club, a livello Nazionale, ha assunto con il MIUR, ha voluto proporre agli alunni delle terze classi del Liceo “C. Alvaro” di Palmi un incontro con il Procuratore della Repubblica, dr. Emanuele Crescenti, e con il Parroco Don Silvio Misiti. Incisivo è stato l’intervento del Procuratore che si è rivolto ai giovani mettendoli di fronte a una scelta di vita e presentando quello di Forze dell’Ordine e Magistratura come un triste lavoro sanzionatorio del male già avvenuto. “Con piacere, quindi, - ha dichiarato - ho accolto la richiesta di parlare ai giovani considerando la prevenzione un atto aggiuntivo del mio lavoro”. Il Procuratore ha così spiegato che solo la punta dell’iceberg della illegalità è costituita dall’attività mafiosa, dalla criminalità organizzata, da reati più o meno gravi che comunque comportano una pena. Ma prima di arrivare a tanto vi è un atteggiamento disinvolto di non rispetto delle regole che nell’adolescenza di solito è costituito dalla semplice volontà di emergere, di farsi notare: il bullo, il ragazzino che si fa un vanto per non aver rispettato le regole che la scuola impone e che, proprio per questo, acquista un fascino particolare, di coraggioso, agli occhi dei compagni. Tutto questo è illegalità! Ed è dannosissimo perché abitua o addirittura prepara alle illegalità più gravi. Ecco che la scuola, primo esempio di società organizzata che impone delle regole precise, ha la grande responsabilità istituzionale di formare a questa legalità,

alla legalità quotidiana, ed è difficile il lavoro dell’insegnante che, spesso, si trova in delicato contrasto con l’impostazione familiare! Don Silvio, da par suo, ha contribuito all’approfondimento del tema con la sua pluriennale esperienza che lo ha visto in prima linea nelle carceri, nel volontariato ma, soprattutto, nel coinvolgimento dei giovani in attività educativo-formative. Gli alunni hanno ascoltato con attenzione e interesse, apprezzando l’iniziativa del Soroptimist, ma hanno anche espresso le loro perplessità richiamando le notizie che la cronaca giornaliera presenta, dalla corruzione diffusa all’incertezza del futuro. Chiedevano risposte precise, difficili da dare certo, ma che hanno fatto riflettere sulle responsabilità che tutti abbiamo nel nostro agire quotidiano. Per questo l’associazionismo di servizio, con il Soroptimist in prima linea, si è impegnato a integrare il lavoro delle istituzioni scolastiche e delle famiglie al fine di convogliare le risorse e le stesse energie giovanili verso la costruzione di una società a sostegno della solidarietà, in questo caso, della legalità quotidiana. Ha questa finalità l’azione attuale del Club di Palmi che, oltre a incidere sulla formazione culturale dei giovani con incontri e convegni, è attivo, in questo momento, nella raccolta fondi per realizzare, secondo un programma Nazionale, la “camera di ascolto per minori” presso il Tribunale di Palmi. La rilevanza civile di tale iniziativa è riconosciuta da tutti coloro che operano nell’ambiente ed è stata tanto apprezzata da stimolare la costruzione di un vero e proprio partenariato solidale tra il club e la Procura della Repubblica, oggi una delle istituzioni più sensibili alle problematiche giovanili nel territorio. E gli studenti del Liceo Alvaro hanno dato il loro contributo finanziario! Il preside Bagalà, assieme alla Presidente Versace che in quella scuola è docente, durante il convegno ha colto l’occasione per apprezzare, con orgoglio, il valore della generosa partecipazione degli alunni. E tutti ne hanno tratto un sorso di fiducia.


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di Francesca Agostino

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l 23 Aprile 2015 ritorna a San Giorgio Morgeto la terza edizione della kermesse editorial-letteraria, organizzata in adesione alla Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’autore, promossa dall’UNESCO e celebrata ogni anno nel giorno di “San Giorgio”: “La Festa dei Libri e delle Rose”. Tradizione, leggenda, amore. Questo il trinomio che contrassegna lo spirito della rassegna letteraria organizzata ormai da tre anni a San Giorgio Morgeto, in adesione alla Giornata Mondiale del Libro promossa dall’UNESCO. Le origini della festa La celebrazione del libro affonda le sue radici al secolo scorso. A Barcellona, nel 1926, lo scrittore ed editore valenziano Vincent Clavel Andrés si fece promotore di una giornata Nazionale di celebrazione del libro; con decreto reale del 6 Febbraio 1926 il re Alfonso XIII istituì la Giornata del Libro spagnolo, che dal 1931 è celebrata nella data del 23 di Aprile. L’UNESCO, nel 1996, ha esteso la tradizione di origine catalana a tutti i Paesi Membri dell’organizzazione, istituendo la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’autore e promuovendo l’organizzazione in tutto il mondo di iniziative culturali e letterarie,

A SAN GIORGIO MORGETO IL 23 APRILE RITORNA LA

FESTA DEI LIBRI E DELLE ROSE: “ENIVREZ-VOUS”! intese a diffondere la conoscenza e la cultura a tutti i livelli. La leggenda di San Giorgio. La rosa ed il libro Esiste un nesso romantico tra la figura leggendaria di San Giorgio, il Santo Cavaliere, e la festa dei libri e delle rose. L’iconografia più diffusa rappresenta il Santo Martire nell’atto di uccidere il drago, simbolo del male che minaccia l’umanità, trafiggendolo con la sua lancia. Secondo la leggenda, in una città orientale, esisteva uno stagno, tale da poter nascondere un drago capace di uccidere con il suo respiro tutte le persone che incontrava; gli abitanti, per tentare di limitare la perdita di vite umane, cominciarono ad offrire al drago due pecore al giorno; ma quando le pecore cominciarono a scarseggiare, furono costretti a estrarre, a sorte, un giovane tra la popolazione; un giorno, fu estratta la figlia del Re, la giovane principessa Silene. Avviandosi alla sua tragica sorte, la principessa incontrò, lungo il percorso che la conduceva al lago,

il Santo Cavaliere, che forte della sua fede in Cristo, affrontò il drago, e lo trafisse con la sua lancia. Dalla ferita del drago trafitto, sgorgò del sangue, dal quale fiorì una rosa rossa, che il cavaliere donò alla principessa. Lei, in segno di gratitudine e reverenza per aver tratto in salvo lei e il suo popolo, donò al cavaliere un libro. Da questa romantica leggenda, trae origine il gesto-simbolo della giornata, diffuso in tutto il mondo: lo scambio di “una rosa per un libro”, nel giorno di San Giorgio. Perché il 23 di Aprile La data è significativa anzitutto perché in essa ricade la celebrazione in onore di San Giorgio Martire, peraltro, patrono di moltissime città italiane ed europee (ed anche di San Giorgio Morgeto). Ma il 23 di Aprile è anche la data nella quale ricadono le commemorazioni in onore di numerosissimi esponenti del panorama letterario mondiale, le cui vite sono indissolubilmente legate a questo giorno, in quanto data della


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loro nascita o scomparsa: William Shakespeare, Inca Garcilaso de la Vega, Maurice Druon, Miguel de Cervantes, Vladimir Nabokov, Manuel Mejía Vallejo, Halldór Laxness, Josep Pla. Le ragioni dell’adesione di San Giorgio Morgeto Il piccolo comune di San Giorgio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria, aderisce all’iniziativa promossa dall’UNESCO. Perché? Anzitutto, la comunità di San Giorgio Morgeto coglie l’opportunità della conciliazione tra la celebrazione religiosa del Santo Patrono, appunto, San Giorgio Martire, e il “culto” del libro, strumento indispensabile di crescita personale, sociale e civile. La celebrazione rappresenta inoltre un “manifesto della volontà”, del popolo sangiorgese, di impegnarsi attivamente per contrastare dati e tendenze che vedono il Sud Italia e la Calabria tra le regioni nelle quali la lettura, come buona pratica quotidiana, è un’abitudine ancora troppo poco diffusa. Dati che purtroppo vanno letti in combinato disposto con gli indici di legalità, anche questi bassissimi. Esiste una relazione direttamente proporzionale tra il livello di diffusione letteraria e culturale, da una parte, e gli indici di legalità e sviluppo, dall’altra. E’ proprio a partire da questa carenza che appare necessario investire e collaborare, per innescare un meccanismo virtuoso e produttivo di effetti stabili e duraturi sulla coscienza civica collettiva, in specie tra le più giovani generazioni che si affacciano al futuro, invitandole a immergersi nella Conoscenza ed innamorarsi del Sapere. Le attività in programma. La terza edizione della Giornata dei Libri e delle Rose, si svolgerà quest’anno in tre giorni, dal 23 al 25 Aprile. Il 23 di Aprile saranno aperte tutte le attività, con un convegno introduttivo in programma alle ore 10:00, sul tema “Letteratura e progresso,

cultura e libertà all’epoca del web. Opportunità e prospettive alla luce del World Wide Web”. Ospiti e relatori, il celebre autore calabrese Dante Maffia, candidato al Premio Nobel per la letteratura; Rosanna Giovinazzo, docente e coordinatrice del Dipartimento di Lettere del Liceo Magistrale “Giuseppe Rechichi” di Polistena; Marco Sorbara, assessore alle politiche sociali del Comune di Aosta, in visita istituzionale a San Giorgio Morgeto. Aprirà il Sindaco, Carlo Cleri. Dalle ore 10:00 per tutta la giornata avrà luogo la Terza Fiera del Libro e dell’Editoria, con la partecipazione di autori ed editori e, per la prima volta quest’anno, delle famiglie sangiorgesi, che potranno mettere in vendita i propri libri usati partecipando al “Mercatino del Libro Usato”. Nel pomeriggio a partire dalle 15.30 si svolgerà la cerimonia di premiazione degli elaborati realizzati dai giovani studenti delle scuole primaria e secondaria, partecipanti al concorso scolastico appositamente indetto: “San Giorgio. Una rosa, un libro. Quale relazione tra cultura, legalità e sviluppo? Perché leggere mi aiuta a crescere?”; gli autori partecipanti alla fiera potranno inoltre presentare al pubblico le loro opere, nell’ambito della sessione pomeridiana denominata “Incontri d’autore”. E ancora: musica, esposizioni, attività ludico-didattiche per i più piccoli. Nel rispetto della tradizione: una rosa in omaggio a chiunque acquisterà un libro in questa giornata. Il mercatino del libro usato e le esposizioni si protrarranno anche nelle giornate successive, nel pomeriggio del 24 Aprile e la giornata del 25 Aprile. Il 25 di Aprile, una conferenza conclusiva. Con la conciliazione tra cultura e storia, in occasione della celebrazione della Festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista, il convegno “Dall’8 settembre 1943 al 25 Aprile 1945. La Storia d’Italia nei ricordi degli abitanti di San Giorgio Morgeto. Il valore attuale della pacifica convivenza civica”, con l’intervento dell’Avv. Luigi Mamone (Corriere della Piana) e del Prof. Giovanni Garreffa, già Provveditore agli Studi della Provincia di Cosenza. La conferenza sarà integrata con alcune testimonianze dei ricordi degli abitanti di San Giorgio Morgeto, sullo scontro aereo avvenuto nei cieli di San Giorgio Morgeto, nella data dell’8 Settembre 1943. La kermesse vi propone una ventata di aria fresca, invitandovi ad inebriarvi della dolce essenza delle rose e dei libri: della libertà! O, per dirla con Charles Baudelaire: “Enivrez-Vous! De vin, de poésie ou de vertu, à votre guise” (Ubriacatevi! Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro”). Non mancate!

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Realtà positiva della piana del Tauro: di Giusanna Di Masi

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Orchestra Giovanile di fiati mamertina “Giuseppe Rechichi”

’orchestra Giovanile di fiati Mamertina “Giuseppe Rechichi”, realtà eccellente della Piana, è in procinto di partecipare al Concorso Internazionale “Flicorno d’oro” di Riva del Garda, che si terrà dal 28 al 30 Marzo. In preparazione a questo importante evento artistico organizza, un concerto musicale per il giorno 22 Marzo alle ore 19:00, presso il Cinema Teatro Comunale di Oppido Mamertina. L’importanza dell’evento musicale, al quale prenderanno parte i giovani di Oppido Mamertina, è dimostrata dalla nutrita partecipazione di oltre 50 orchestre provenienti da tutto il Continente Europeo. Sarà un’occasione di crescita, di aggregazione e di confronto unica per tutti i ragazzi, oltre che di valorizzazione del nostro territorio, rappresentato in una manifestazione di alto spessore di cultura musicale, anche attraverso la proiezione di un’immagine positiva della nostra Calabria e in modo particolare della Piana di Gioia Tauro.

La partecipazione a questo evento è stato l’obiettivo, coltivato fin dai primi giorni della nascita di questa orchestra giovanile, e come fine la meta prefissata dal Direttore Artistico Stefano Calderone e da tutta l’Associazione. È un sogno parteciparvi e mettersi in discussione e a confronto con altre realtà, che sicuramente hanno mezzi economici e strutturali superiori a quelli della nostra piccola associazione, che fino ad oggi vive e si regge grazie all’abnegazione e ai tanti sacrifici economici delle famiglie dei giovani che ne fanno parte. L’orchestra giovanile, nei suoi primi cinque anni di attività, ha conseguito numerosi premi di grande prestigio in Concorsi Nazionali quali: 1° Premio al Concorso “Primavera e Musica” di Laurena di Borrello “ Aprile 2010; 1° Premio al Concorso “Danilo Cipolla” di Cetraro Maggio 2010; 1° Premio al Concorso Nazionale “La Bacchetta D’Oro” di Fiuggi anno 2010; 2° Premio al Concorso Nazionale “Suoni In Aspromonte” anno 2011;

1° Premio 100 al Concorso “Ama Calabria” di Lamezia Terme anno 2011; 2° Premio al Concorso “Armonie del Tirreno” di Amantea anno 2013; “Il Concerto vuole essere, afferma il suo Direttore Artistico Stefano Calderone, oltre che un saluto e un momento di preparazione al Concorso, anche un abbraccio di condivisione, con tutti quelli che prenderanno parte a questa fantastica esperienza, che vedrà i giovanissimi ragazzi di Oppido come veri protagonisti, insieme a tutte le Istituzioni Civili e Militari del nostro paese”. A loro va l’augurio e il plauso, personale e di tutta la Redazione del Corriere della Piana, per un futuro ricco di meritati successi e molteplici soddisfazioni.


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CHIARA E MARTINA SCARPARI

Un anno di successi

di Chiara Vaticano

Le gemelle di Varapodio studiano e fanno esperienza

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Un anno fa è iniziato un sogno». Lo dicono Chiara e Martina Scarpari a un anno esatto dall’esordio a “Ti lascio una canzone”, il talent di Rai1 condotto da Antonella Clerici. Ancora emozionate nel rivedere le registrazioni delle loro esibizioni, le gemelle appaiono oggi più cresciute, più consapevoli delle loro potenzialità e del loro innato talento rimanendo, comunque, sempre salde con i piedi per terra e con quell’aria spensierata tipica della loro età. «Dopo l’esperienza televisiva, la nostra vita non è cambiata più di tanto, siamo due ragazze che vanno a scuola e per i nostri amici siamo sempre Chiara e Martina» affermano quasi all’unisono le gemelle ripercorrendo, con la mente, le tappe principali del loro percorso artistico. Questa loro grande semplicità le rende ancora più popolari e seguite dai fans che, puntualmente presenti ad ogni loro performance, non perdono l’occasione per dimostrare il loro immenso affetto incitandole ad andare avanti e proseguire in questo loro sogno. «Con “Ti lascio una canzone” siamo maturate molto - aggiungono - esperienza ancora non ne abbiamo molta ma abbiamo vissuto situazioni che ci hanno aiutate a

crescere, per esempio, il viaggio in Russia, per noi, è stata un’esperienza fantastica. Andare all’estero per qualcosa di nostro e non per qualcosa che hanno fatto i nostri genitori ci ha riempite di gioia». Mentre loro “si raccontano”, il nostro sguardo va in giro per la stanza e si sofferma sulle decine di premi e riconoscimenti con incisi a chiare lettere i loro nomi. Targhe, pergamene, attestati che rappresentano la viva testimonianza di quel sogno, iniziato un anno fa e che oggi si sta concretizzando attraverso i continui successi che le stanno proiettando sempre più in alto. In particolare, un volto stampato su una targa ricordo ci colpisce: quello del grande Mino Reitano. Una targa su cui si legge “A Chiara e Marina, per essersi distinte nell’anno 2014 nel campo artistico musicale”. «Ricevere quel riconoscimento da parte della famiglia Reitano ci ha riempite di orgoglio – affermano sorridendo – il fatto poi che,

a consegnarcelo, sia stata la bellissima e bravissima Giusy Versace, è stata una cosa davvero emozionante». E, intanto, Chiara e Martina, con l’arrivo della bella stagione si preparano a proseguire il loro percorso canoro. Tanti sono gli impegni e le novità che le attendono e le vedranno protagoniste. Ovviamente, loro sono pronte a ripartire.


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L’annuale concorso di poesia dell’Associazione “Amici di Ermelinda Oliva”

La riscoperta del grande musicista Giuseppe Grassi De Joannon.

di Rocco Militano

Dal catalogo delle iniziative realizzate in sette anni, l’impegno all’attività di promozione culturale.

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a “ Il Giornale Costituzionale del Regno delle due Sicilie” si apprende che il 10 Marzo 1849 al Teatro Nuovo di Napoli fu rappresentata, con oltre 9 repliche e tanto consenso critico, l’opera Don Procopio a Carditiello del pianista e compositore palmese Giuseppe Grassi De Joannon, morto probabilmente nel 1885 ma certamente nato il 24 Febbraio del 1815. E proprio in occasione della ricorrenza del bicentenario della nascita l’Associazione artistico – culturale “Amici di Ermelinda Oliva” rende omaggio a questo musicista dell’800, celebrandone il talento con l’annuale VII edizione del Concorso di poesia e narrativa. Ha infatti acquisito la convinzione, l’ Associazione, attraverso un minuzioso lavoro di ricerca di documenti, di articoli e di conoscenza dei preziosi spartiti conservati presso le biblioteche di diversi Conservatori, che certo, per le oltre 200 composizioni di brani per pianoforte, di liriche per voce e pianoforte, e per le tre opere liriche composte, tutte coronate da successo, può ben essere ricordato, il maestro Giuseppe Grassi De Joannon, tra i musicisti palmesi e calabresi di più elevato spessore artistico musicale. Sarà questo un ulteriore, straordinario, prestigioso dono offerto dall’associazionismo culturale alla città di Palmi, frutto della dedizione e del connubio artistico fra Elia Nasso e Lucia Saffioti che, in 7 anni di tenace impegno e di esaltanti successi, hanno fondato e condotto il loro sodalizio di servizio, allargandone molto gli iniziali orizzonti fino a svolgere un encomiabile lavoro di promozione culturale e stimolo di conoscenza, approfondimento e diffusione di vera cultura fra studenti palmesi di scuole e istituti e la cittadinanza. E’ un catalogo prestigioso di progetti realizzati, infatti, l’elenco delle iniziative collegate all’omaggio dell’Associazione alla poetessa Ermelinda Oliva, avviate con la costituzione dell’Associazione a suo nome, e proseguite in collaborazione con gli Assessorati alla Cultura del Comune di Palmi, della Provincia di Reggio Calabria e della Regione Calabria. Era il lontano 12 Marzo

2008 quando, in una emozionante serata – evento, nell’affollatissima aula consiliare del Comune di Palmi, la poetica, il lirismo e la nobiltà d’animo della poetessa Ermelinda Oliva, furono, come linea guida della nuova associazione, illustrati dal Presidente del Tribunale Naccari e poi ancora riaffermati in tante altre manifestazioni, fra cui la mostra pittorica estiva “Kaleidos, frammenti di luce, suoni, colori “. La prima edizione del Concorso di Poesia fu dedicata poi, come progetto iniziale immediatamente ideato, all’altra straordinaria poetessa palmese Maria De Maria nel 2009; l’anno successivo fu omaggiato il pittore Domenico Augimeri con la mostra “Il tempo e le stagioni”, la cui inaugurazione fu impreziosita da un concerto d’archi all’aperto diretto dal giovane maestro Francesco Pisanelli, e poi, l’anno dopo, fu la presentazione dell’opera del filologo ed etnologo Letterio Di Francia, con la III edizione del Concorso di poesia, nell’occasione esteso alla narrativa, collegata alla mostra “Fiaba e Novella” inaugurata con la lettura delle poesie di Emelinda Oliva e delle fiabe del filologo, illustrate, nei risvolti sui bambini, dalla psicologa Elisabetta Saffioti. Il 2012 fu invece l’anno dell’edizione dedicata al giornalista Domenico Zappone, spirito inquieto la cui vita letteraria fu presentata anche in un filmato curato dallo scrittore e giornalista Santino Salerno. Il 2013, anno della Fede e delle celebrazioni Pretiane, ha visto il concorso mirato alla riscoperta delle figure dei santi calabresi dottamente illustrate nella relazione: “Quel capolavoro di arte e di fede che sono i nostri Santi” del vescovo Mons. Francesco Milito. Lo stesso vescovo Milito nel 2014, ricorrendo il cinquantesimo anniversario della morte dello scultore Michele Guerrisi, a cui l’Associazione ha dedicato il concorso annuale, ha entusiasmato l’intero auditorium della Casa della Cultura con la ispirata relazione “Bellezza e armonia nell’arte e nel creato”. In tutto questo la parte più qualificante delle tante attività sociali, a cui si è aggiunta, negli ultimi due anni, la collaborazione con l’Associazione AmicicasaRepaci ed il Club UNESCO di Palmi nell’iniziativa: “ Adottiamo la villa Pietrosa di Leonida Repaci”. A Maggio prossimo, infine, presso la Casa della Cultura Leonida Repaci, saranno esposti i lavori collegati al progetto annuale che tanti studenti di varie scuole palmesi stanno preparando. Sarà allora presentata alla cittadinanza, negli importanti aspetti artistici perché si acquisisca alla conoscenza popolare, la figura di un altro importante musicista palmese, Giuseppe Grassi De Joannon, nella cui riscoperta l’Associazione “Amici di Ermelinda Oliva” ha bandito il suo Concorso di poesia e narrativa 2015.


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LAUREANA DI BORRELLO: Inaugurazione nuova sede regionale per di Donatella Furfaro

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"Assipromos ONLUS"

n nuovo obiettivo è stato raggiunto dall'“Assipromos ONLUS”, con l'inaugurazione della nuova sede della Regione Calabria a Laureana di Borrello, affidata alla Sig.ra Pina Virgillo. La serata si è svolta Domenica 3 Marzo, nella sala del’ex cinema Aurora del luogo, alla presenza del Presidente nazionale Dott. ssa Maria Mamone e del Presidente regionale per la Calabria Pina Virgillo, alla quale è stata affidata la sezione laureanese, nonchè alla presenza di numerose associazioni operanti nel sociale: Proloco, Caritas, Ass. Musicale Ragone, Ass. Incanto, Avis, Ass. Piccoli cuori nascono, Ass. Ados, Ass. Alleanza Guanelliana di Calabria, Ass. Fabio, Polisportiva laureanese, Ass. Sos Rosarno, Comunità Luigi Monti, Ass. Nuovamente Rosarno, Ass. Medma Art, Ass. Adda e altre. L'Assipromos ONLUS è un'associazione che non nasce oggi, ma opera già dal 2007, grazie all'interessamento di Cosimo Nesci, uomo di straordinaria umiltà e sensibilità verso i problemi dei più bisognosi, nel sociale con numerose iniziative a sostegno morale e materiale ad anziani, bambini, ammalati, stranieri, inabili ed altro. Tra le tante iniziate si rammenta la distribuzione di buoni spesa a famiglie disagiate, l'organizzazione di corsi d'italiano per stranieri al fine di favorirne l'integrazione, e ancora, il finanziamento del progetto laboratorio di ceramica presso l'Istituto a custodia attenuata "Luigi Daga" di Laureana di Borrello, curato dal 2013 fino a tutt'oggi da Pina Virgillo. Attraverso questo progetto è stata data la possibilità a numerosi ragazzi di acquisire la tecnica della lavorazione dell’argilla sia per esprimere ciò che si ha dentro e che non si riesce ad esternare, sia per realizzare una varietà di oggetti di ottima fattura per potersi creare in futuro un’opportunità di lavoro nel momento in cui si è reintegrati nella società. Non meno importante, per queste persone, è l'istituzione del centro di ascolto, che ha il compito di fare da collegamento

tra l'Assipromos e le fasce più deboli, spesso emarginate, per offrire loro informazioni, orientamento ed accompagnamento. Iniziative, inoltre, che creano aggregazione, come ad esempio quelle previste per i disabili che possano dar loro momenti di svago o possibilità di attività ricreative, spesso a loro precluse per mancanza totale di strutture adeguate ai loro bisogni o per difficoltà economiche delle famiglie. La serata si è svolta in un'atmosfera particolare, si respirava gioia e allegria, bastava dare uno sguardo agli occhi dei ragazzi “diversamente…..speciali” accompagnati dai volontari delle varie associazioni per capire ciò che loro stavano provando in quei momenti, riuscendo a trascinarci nel loro mondo in modo semplice e spontaneo. La serata è stata soprattutto un interagire, entrare, vivere anche per pochi momenti, in un mondo diverso dal nostro, fatto di sentimenti puri, valori, sogni, così come dimostratoci dall'ospite particolare della serata Pasquale Demasi, pluridecorato nello sport di tiro con l'arco. Il suo carniere di medaglie è veramente notevole, a partire dalla prima conquistata nel 1980 nella Regione Lazio, seguendo con le medaglie conquistate a Los Angeles, Canada, Inghilterra, Francia, arrivando ad occupare il 5° posto in classifica tra 950 partecipanti.Tra le vittorie del 2015 la più importante è stata quella di Campione d'Italia para archery, a Bologna. Pasquale Demasi è inabile dal 1980, ma ciò non ha frenato la sua voglia di vivere, di sognare e di vincere, non arrendendosi mai, seppur tra mille difficoltà. Per questo l'“Assipromos ONLUS” ha voluto conferirgli una targa ricordo, consegnata dal Presidente della Polisportiva laureanese Andrea Prossomariti. Non sono mancati i momenti di ilarità durante lo spettacolo di cabaret di Piero Procopio, che ha saputo divertire con le sue gag semplici ma efficaci. Momenti che dovrebbero farci riflettere, sul fatto che aiutare le persone disagiate, siano loro inabili, straniere, povere, non è solo un dovere, ma un arricchimento, un modo per farci ritrovare la semplicità e la gioia di vivere dando un senso più alto e onorevole alla nostra vita. Dare la possibilità di sprazzi di vita normale, momenti di allegria e lo svolgimento di attività varie, che per la maggior parte sono date per scontate. Far intravedere la possibilità di ottenere una vita dignitosa: informare, orientare, accompagnare... Questi e molti altri sono gli scopi dell'“Assipromos ONLUS”, del Presidente e di tutti i volontari che ne fanno parte.


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Il Gen. Angiolo Pellegrini ha presentato il libro

"Noi, Gli Uomini di Falcone"

presso la libreria “Fandango incontro” di Isabella Surace

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omenica 15 Marzo u. s., alle ore 18:00 a Roma, nell’accogliente sala “Fandango incontro”, con l’organizzazione della Sperling & Kupfer e di Libera è stato presentato il libro “Noi, Gli Uomini di Falcone”. Sono intervenuti l’autore Angiolo Pellegrini con il giornalista Francesco Condoluci, ed il moderatore Attilio Bolzoni, giornalista de La Repubblica, che ha curato la prefazione. A sorpresa, è giunto in sala anche il “caro” Don Luigi Ciotti, campione di impegno sociale e fondatore di “Libera”. Emozionante ed interessante l’intervento dell’autore, Angiolo Pellegrini che ha tenuto alta l’attenzione del numerosissimo pubblico, evidenziando accuratamente ed esaurientemente le motivazioni e le finalità che lo hanno spinto a raccontare alcuni dei più tragici avvenimenti della storia d’Italia. Altrettanto ineccepibili e particolareggiati quelli del giornalista di Repubblica Attilio Bolzoni e del giornalista Francesco Condoluci, del Quotidiano della Calabria e del Sole 24Ore. Serata bellissima e sala gremita, nonostante il cattivo tempo e le tante difficoltà di transito e di circolazione sulle strade di Roma. Acceso dibattito tra il pubblico ed i relatori, con significativi e inediti chiarimenti da parte del generale Angiolo Pellegrini e del giornalista Attilio Bolzoni, testimoni diretti di una cronaca nera e di una tristissima pagina della nostra storia. Il libro spiega e racconta l’autentica e la reale dinamica dei fatti, di un periodo ro-

vente che va dal gennaio 1981 al settembre 1985. Una ricostruzione fedele di una delle pagine più nere della storia,vissuta in prima linea dall’autore, arricchita dalle testimonianze dirette degli uomini delle forze dell’ordine e da chi come Attilio Bolzoni si è sempre occupato di mafia. Lo stesso Bolzoni ha affermato che il libro rappresenta <<Un resoconto inedito, raccontato da uno dei pochi sopravvissuti di quella tragica ed eroica stagione antimafia>> riferendosi al generale Angiolo Pellegrini che, a sua volta ha risposto con questa attestazione << Potevamo arrestarli tutti, mafiosi e pezzi infedeli dello stato, ma qualcuno in alto si è tirato indietro sul più bello>>. Un racconto intenso e vivido, una chiara denuncia contro chi ha protetto la mafia. Questo libro ricostruisce con estrema esattezza il periodo più drammatico della guerra a Cosa Nostra, che vide cadere Dalla Chiesa, D’Aleo, Chinnici, Cassarà, Montana e tanti altri servitori dello Stato, colpevoli solo di aver fatto il proprio dovere. In una Palermo incandescente, l’allora capitano Angiolo Pellegrini assume il comando della sezione Anticrimine dell’Arma dei carabinieri, istituita dopo i gravissimi delitti avvenuti negli anni precedenti a Palermo, con un ruolo molto delicato e con un onere pesantissimo: collaborare con i magistrati del “pool antimafia” ed, in primo luogo, con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I giudici hanno fiducia in questo giovane ufficiale, pieno di entusiasmo, e nei suoi uomini, fedelissimi e riservati, tanto da affidare

loro le indagini più delicate. Apprezzano, inoltre, il suo “modus operandi” e la volontà di fare fronte comune con le altre Forze di Polizia contro un “nemico” divenuto così agguerrito da sfidare lo Stato. Un avvincente e inedita storia, che ci propone interessanti e suggestive situazioni, ripercorre numerose vicende e tantissimi delitti che resero ancora più difficile e rischioso il lavoro di quella che venne soprannominata la “banda di Billy the Kid”. Un libro da leggere tutto ad un fiato, vicende che ancora scottano e che pongono mille interrogativi, alcuni dei quali vengono resi noti per la prima volta in questo molteplice ed eterogeneo mosaico, ricostruito con chi ha veramente fatto la storia. La serata si è conclusa con la proiezione dell’'ultimo intervento pubblico di Paolo Borsellino. Con questo commovente e polemico discorso, pronunciato a Palermo il 25 giugno 1992, Borsellino rivelò a tutti il clima di diffidenza e di isolamento che di fatto condannò a morte Giovanni Falcone. Grande commozione in sala e grande tributo all’autore, protagonista di questa pagina della nostra storia, il generale Angiolo Pellegrini, al giornalista di Repubblica Attilio Bolzoni ed al giovane giornalista e mio conterraneo Francesco Condoluci. Alcuni commenti recepiti tra il pubblico: “bellissima, intelligente, commovente presentazione”; “ non mi era mai successo di vedere per oltre due ore tante persone ascoltare nel più assoluto silenzio e con la massima attenzione quanto veniva detto dagli autori e dal moderatore”.


L’Arte di creare moda alternativa …

di Domenico De Angelis

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Le creazioni di Grace

he l’Italia sia la regina incontrastata nel campo dell’arte e della moda è realtà ormai pacificamente accettata. Che la Calabria, dal canto suo abbia contribuito affinché lo scettro di tale privilegio restasse a lungo nella nostra terra è anche risaputo, anche se ultimamente, purtroppo (l’avverbio è d’obbligo), molte “griffe” hanno subito le dure leggi del mercato globalizzato dell’alta moda più che l’estro della passerella è un dato che tende a crescere. Potere economico a parte, anche se il Brand è divenuto cinese, arabo, americano o francese, ciò che conta, ed è un dato che continuamente viene confermato dalle passerelle, è che la creatività sia costantemente italiana. Ad accorgersene, anche l’attuale Presidente Nazionale Giovani Fashion Designer, Giuseppe Fata (recentemente nominato e ufficiale al pubblico dal 24 Marzo 2015), che, calabrese, di Laureana di Borrello, ha tutta l’intenzione di tessere un progetto capace valorizzare al meglio le doti dei giovani più capaci in tale settore. Di recente, dal 30 Gennaio al 2 Febbraio scorsi, si è tenuta a Roma, la XXVI edizione della fashion week “AltaRomAltaModa”. La manifestazione si è sviluppata attraverso gli sfondi e i colori di un quartier generale snodato lungo un percorso idealmente delimitato da location d’eccezione come in un crocevia tra moda e arte. Il “MAXXI” (museo Nazionale delle arti del XXI secolo, prima istituzione nazionale dedicata alla creatività contemporanea - che terrà i suoi spazi aperti alla moda fino al 3 Maggio con la mostra “Bellissima: L’Italia

La stilista terranovese porta la sua creazione nella capitale

dell’alta moda 1945-1968”, nata in collaborazione con Altaroma) e lo Spazio Altaroma (alle porte dell’Auditorium Parco della Musica). A rappresentare la nostra terra, la nostra piana, è stata la stilista terranovese Graziella Citroni (membro effettivo dell’Accademia Nazionale dei Sartori – titolo conferitogli nel 2012 dal consiglio direttivo della stessa). Che ha saputo affascinare e sorprendere gli addetti del settore, con l’unico abito presente in passerella in materiale porcellanato e seta. La stilista, concependo la creazione come una naturale estensione del proprio carattere, ha saputo ricamare il progetto mentale che “punto dopo punto” ha preso i contorni di una concreta realtà. A sorprendere, non è l’abito in sé (anche se distinto), ma il significato di valori che esso conserva. Infatti, lo stesso, non è stato realizzato da una casa di alta moda, non da un atelier specializzato, non da chi concepisce ago e filo come un “lavoro”, ma da chi alle creazioni di moda ci si dedica per pura passione, dimostrando comunque distinta competenza e professionalità. È evidente, perciò, che dove la passione diventa progetto, il progetto si fa storia, e la storia delineata in queste poche righe, è veramente ricca di dorati colori. Tanto che l’abito (ed è giusto rimarcarlo) è stato selezionato e scelto tra le altre e tante proposte pervenute all’Accademia. Tale creazione, non è tecnica, ma arte. Non è lavoro, ma passione. Non è guadagno, ma soddisfazione. E tale deve essere non solo per la stilista, ma per tutti noi calabresi che molto spesso dimentichiamo di valorizzare le eccellenze nostrane. Un plauso quindi alla stilista terranovese, che ha saputo portare alto il nome della sua città natale, Terranova S.M. – più volte definita “la perla della piana”, incastonata in una bellissima cornice di paesi quali Molochio, Taurianova, Varapodio, - ed a tutti gli artisti della nostra terra che hanno saputo modellare il proprio sogno facendolo sfilare in passerella.


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di Maria Francesca Marrara

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on è certamente da tutti avere la felice possibilità di ritrovarsi davanti 110 candeline da soffiare, ognuna delle quali rappresenta non solo il numero di anni che inesorabilmente, con la “fuga del tempo” si sono susseguiti, ma sono tanti piccoli tasselli di saggezza, pezzi di epoche che come immagini su una pellicola, piano piano hanno inciso la storia. E’ la signora Maria Antonia Zuccalà, nata a Polistena il 15 Marzo del 1905, ad avere oggi questo privilegio, ad essersi meritata il titolo di “ultracentenaria”, entrando così nel guinness dei record, una tra le donne più longeve dello Stivale. Un’arzilla signora ancora capace di mettere insieme versi e proverbi, specchio di una società maestra che oggi più che mai ha molto da dire in un mondo che cambia, che si arricchisce di sofisticati mezzi di comunicazione, ma allo stesso tempo si impoverisce di contenuti. Una giovinezza non facile, quella della signora Maria Antonia, tinta dai caldi colori della terra, dalla maestosità degli uliveti e dall’inebriante profumo di zagara. Già, perché la terra rappresentava sì sacrificio, ma al contempo ricchezza per ogni fami-

Ultracentenaria da record. Quando la forza della vita sfida il tempo. glia del sud. Nei racconti della signora Zuccalà, spazio predominante occupano gli anni della grande guerra, che conciliano da un lato l’incertezza del domani, e dall’altro l’innata indole della gente calabra, l’ospitalità. Sembrerebbe paradossale immaginare di avere a tavola come ospiti gruppi di soldati nemici, ma dalle parole della nostra amica, accogliere presso la propria mensa perfino componenti delle truppe tedesche può essere posto alla stregua di condividere i beni della casa con amici degni di rispetto. Unione e complicità nel rifugio costruito presso il giardino di casa, lì dove si inventava la vita mentre assordanti colpi di armi da fuoco facevano da sottofondo alle interminabili giornate in cui si sognava la tregua e allo stesso tempo si rafforzava lo spirito di collaborazione tra familiari e conoscenti. Lì, un’occasione per tramandare tradizioni, per trasmettere il “vangelo” degli antenati attorno ad un braciere. Un vero e proprio pozzo di aneddoti e verità, che farebbe invidia anche alla più nota e ricca manualistica di storia. Episodi ed eventi scolpiti nella mente come segni incisi sulla pietra, il grande terremoto del 1908, i due conflitti mondiali, il passaggio dallo

status di “sudditi” a quello di “cittadini” con l’avvento della Repubblica. Comodi elettrodomestici che sollevano il suo compito di “mater familias” dai pesanti lavori domestici. Tra le sue parole non mancano di certo cenni di malinconia per il tempo ormai fuggito dal presente, un tempo ormai solo sacro custode della storia, di affetti ed antichi sentimenti. Ma è nella conciliazione del vecchio e del nuovo, che nonna Maria Antonia ci parla, continuando ad educare e a dispensare perle di saggezza ai suoi nipoti. Una vera miniera. “Indispensabile la cura degli anziani e la loro valorizzazione”, a sentire le parole di Papa Francesco, il quale più volte ha ribadito il ruolo che essi hanno nella società, specie nella famiglia, punto fermo attorno cui prender decisioni, ricchezza di sapienza e di fede. Non gli si potrebbe davvero dar torto confrontandoci con la nostra amica, chiara e tangibile dimostrazione di quanto afferma Papa Bergoglio. Non ci resta che riflettere su come la vita di ognuno di noi sia una preziosa pietra incastonata nel tempo. Vite protagoniste e spettatrici, ancorate con le loro forti radici alla terra, così come un ulivo secolare, maestoso ed umile narratore della storia.


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Crossodromo Oasi del Mediterraneo

Lo start della MX2

di Federica Mamone

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’ iniziata alla grande sulla bellissima pista lametina “Oasi del Mediterraneo” a ridosso dell’aeroporto a pochi chilometri da Lamezia, la stagione 2015 del motocross FMI. La gara - che ha siglato anche l’inaugurazione dell’impianto, un vero gioiello destinato a permettere alla Calabria di ospitare campionati Italiani e gare internazionali, ha visto al cancello di partenza, nelle varie classi di gare, 66 piloti. Un ottimo inizio, se consideriamo che, ormai da qualche anno, la concorrenza - che il CONI nazionale finora non ha inteso frenare e regolamentare - permette a Enti di Promozione Sportiva, di diventare concorrenti con le Federazioni Sportive Nazionali le quali hanno visto erosi i propri parchi atleti e i dirigenti federali, costretti poi a subire pressioni contrattualistiche da chi è sempre pronto a minacciare di passare con la concorrenza, qualunque essa sia. Venendo alla gara. Una pista in perfette condizioni, asciugata dalla piog-

Roberto Gostinello e Giuliana Wagerle

Un momento della gara

Motocross FMI. Carbone e Marafioti sugli scudi a Lamezia

Inizia bene la stagione 2015

Bellissime le gare con cui è stata inaugurata la Pista Oasi del Mediterraneo

gia che l’appesantiva e da un vento forte e teso, vedeva dopo le prove di qualificazione due serie di gare per ognuna delle classi. Fra i minicross - pilota ormai maturo per la 125 e la MX2 brillava la stella di Emilio Scuteri, un pilota di San Calogero destinato a divenire il vero e unico erede di Tony Cairoli. Campione italiano nel 2013, fermo nel 2014 per i postumi di una frattura - ha strabiliato in questo inizio del 2015 vincendo tutte le gare - 2 internazionali su sabbia e una di campionato italiano - con una superiorità impressionante. Se i team manager e le case non faranno scelte assurde, per Scuteri dovrebbero aprirsi, con pieno merito, le porte del Mondiale giusto per consentire a Cairoli di cedere con onore il suo scettro a un altro ragazzo del sud. Oltre a Scuteri, buone le prove del campione regionale in carica della 65 Matteo Greco e del palmese Francesco Riolo. Nella 125 il campione 2014 Roberto Gostinello si imponeva con autorità sui suoi avversari che, soprattutto con Francesco Marsico, mostravano buone dosi di incisività nella percussione sul giro. In Mx2 brillava la stella del gioiese Lello Carbone che in entrambe le gare lottava vittoriosamente sul filo dei centesimi di secondo l’ottimo cosentino Luigi Milizia. I due, entrambi su Honda, facevano la differenza regolando il resto del gruppo. Stessa cosa accadeva in MX1 con il taurianovese Giuseppe Marafioti su Honda che regolava in entrambe le gare il reggino dell’Husqvarna Carmelo Saccà mentre regolare in terza piazza si confermava il sempre elegante Pier Paolo Pungitore con la KTM. Bellissime le due gare dei piloti amatoriali che a momenti riempivano il cancelletto da 40 posti dell’Oasi. Fra le Mx2 prevaleva Mittiga e nelle Mx 1 Mafrica. Entrambi siglavano sul giro tempi che non li avrebbero fatti sfigurare nel confronto con il piloti della classe nazionale.

Immagini della gara classe MX2 / MX1 Amatoriale


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La Decorata Cornice della Piana di Diego Demaio

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Marina di Gioiosa Jonica – Bianco – Brancaleone Marina – Brancaleone Vecchio – Santa Maria de Tridetti – Staiti

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itornando, ancora dalla SGC Jonio-Tirreno, a Marina di Gioiosa Jonica si procederà sulla 106 in

direzione di Reggio Calabria. Raggiunta Bovalino Marina si proseguirà, superando la Villa Romana a Palazzi di Casignana già trattata sullo scorso itinerario, sino a Bianco per visitare nell’architettonica chiesa Matrice del 1838, dedicata a Tutti i Santi, la pregevole scultura di Santa Caterina d’Alessandria. La statua, in bianco marmo di Carrara, risale al 1530 ed è attribuita all’insigne scultore toscano Giovambattista Mazzolo. Nella stessa chiesa è anche esposto un bel dipinto ad olio di Francesco Cozza da Stilo (1605-1681) raffigurante San Michele Arcangelo e San Giovanni Battista. Dopo la brevissima digressione urbana si riprenderà la statale per procedere, percorrendo l’incantevole litorale di Capo Bruzzano dominato dall’omonima Torre costruita attorno al 1550, sino a Brancaleone Marina dove svetta la Torre di Sperlongara (XIV secolo), assurdamente deturpata da un quasi “incollato” traliccio. Entrando nella rinomata località balneare, oggi conosciutissima per la riproduzione della tartaruga marina Caretta Caretta ed anche per avere ospitato durante il fascismo il confinato scrittore Cesare Pavese, si abbandonerà la nazionale per svoltare subito a destra in direzione di Staiti e Bruzzano. Uscendo dal paese si lascerà la strada provinciale da poco intrapresa per girare, stavolta a sinistra, nella periferica Razzà e salire in pochi chilometri ai 300 m. dell’arroccato Brancaleone Vecchio (l’antica Mocta Brancaleonis). Raggiunto il borgo superiore ormai abbandonato, forse inizialmente già abitato nel X secolo da eremiti bizantini che per scampare ai saraceni si rifugiavano nelle numerose grotte

ancora esistenti, si godrà del magnifico panorama sulla sottostante Costa dei Gelsomini. Passeggiando tra gli stretti vicoli si incontreranno delle cavità, alternate alle povere case, che erano qualche volta adibite anche a luoghi di culto. Lasciato il paesino si tornerà a Brancaleone per svoltare a sinistra e riprendere la strada per Staiti. Curvando ancora a sinistra, nel non lontano bivio per Bruzzano, si procederà tra il vallonato ed assolato paesaggio tipicamente jonico sino ad una segnalata deviazione, sulla sinistra dell’asfalto e contraddistinta da una fontanella, che scende ai 166 m. della sottostante e già visibile chiesetta di Santa Maria de Tridetti. Raggiunta in breve l’antica abbazia, dichiarata Monumento Nazionale, si entrerà nell’area archeologica da qualche anno opportunamente recintata (a tal proposito si suggerisce di telefonare al Municipio di Staiti per concordarne un’eventuale apertura) La basilichetta a tre navate, fondata in età bizantina e ricostruita in età normanna (XI secolo) è ritenuta dagli studiosi uno straordinario capolavoro di architettura medioevale, frutto di notevoli contributi stilistici orientali ed occidentali. L’architettonica policromia, dal bellissimo effetto decorativo esteriore dovuto all’uso di particolari mattoni e pietre, trova un evidente richiamo con lo stile di San Giovanni Teriste (o San Giovanni Vecchio) in Bivongi. L’edificio (m. 16 x 10 circa) conserva ancora, tra l’altro, un singolare campaniletto e le tre absidi quasi intatte. Lasciato il millenario tempio si ritornerà sulla strada principale per svoltare a sinistra e scalare la tortuosa salita che, in pochi chilometri, porta ai 550 m. di Staiti, che fu antico Casale di Brancaleone prima di diventare Comune autonomo nel 1811. Il toponimo è evocativo della feudataria famiglia Stayti di Aragona (1590-1674). Parcheggiata l’auto all’inizio dell’abitato si camminerà sulle strette viuzze che portano nella piazzola della chiesa, di origine medioevale, di S. Maria della Vittoria (secondo il Barillaro delle Vittorie) ricostruita nel 1699. All’interno della Parrocchia si potrà ammirare la bellissima statua in marmo della Madonna del Rosario, del 1622, opera dello scultore Martino Regi. Pre-

gevole è anche l’elegante e significativo tabernacolo dell’altare maggiore datato 1763.Usciti dal luogo di culto si ritornerà all’entrata del paese per risalire in macchina e fare ritorno nella Piana dalle stesse strade percorse all’andata.




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