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Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 3, Settembre 2012 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999
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Una bella estate nonostante la crisi Gli stati generali del porto di Gioia
criticità e ipotesi di rilancio
Padre Stefano De Fiores
un ricordo del mariologo scomparso
Anno della Fede: Il Vescovo presenta il programma
Coldiretti Calabria, Molinaro: nella Piana i migliori agrumi
Il Presidente del CONI premia Rosalba Forciniti
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Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663
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Corriere della Piana del 10 Ottobre 2012
sommario
“Cascata Galasìa” - Molochio - Foto Archivio Dott. Diego De Maio
Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone
Redazione
Hanno collaborato a questo numero: Vincenzo Alampi, Michele Ferraro, Maria Cannatà, Caterina Sorbara Giovanni Rigoli, Gaetano Mamone, Laura Bruno, Mimmo Petullà Carmen Ieracitano, Gianluca Sapio, Filippo Speranza, Diego De Maio, Luigi Cordova Foto: Fortunato Morgante, Diego De Maio, Free's Tanaka Press, Michele Galluccio Francesco Del Grande, Alessandro Carioti, Graziana Di Gioia, Antonio Sollazzo Foto di copertina: Free's Tanaka Press Grafica e impaginazione: Mariachiara Monea Stampa litotipografia: Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) e-mail: corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 8-10-2012
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Editoriale
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Gradimento basso, credibilita' zero
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Intervista Don Panizza "Il destino del sud è una partita aperta" “La festa della Fede” Convegno ecclesiale diocesano per l’anno 2012 - 2013 La battaglia di Coldiretti Calabria a Rosarno
Stocco e musica, che passione!!!
Dipendenza dai cibi e dintorni Quando il cibo diventa un alibi
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Premio Calabria - America Giardini Musicali Marianna Topa festeggia un secolo di vita
Il Premio Radici
Padre Stefano De Fiores Il tedoforo della mariologia contemporanea
“Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia”
Il Monastero rupestre di S. Elia Speleota
Zomaro Resort Per creare lavoro fra i giovani e valorizzare il territorio
La decorata cornice della Piana Le cascate Mundu e Galasia
Medaglia di bronzo a Londra Il CONI festeggia Rosalba Forciniti
Dal Kenya, con amore e con rabbia "Stranotturna di atletica"
I Campioni del Beach Cross "Trofeo Mediterranee"
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Una bella estate Il concerto diretto da Riccardo Muti
Spending Review Enti locali, adesso facciamo i "conti"!!!
Gli stati generali del porto Riflessione e proposte sul futuro del Porto di Gioia
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Editoriale Con la morte di Neil
Armstrong se ne va
Una parte della nostra vita con i sogni di una stagione di pace e di progresso planetario
di Luigi Mamone
I
l 25 Agosto, in una notte illuminata da una luna attonita, grande e risplendente della luce – non sua – che l’illumina, moriva Neil Armstrong, il primo uomo che sul suolo del satellite aveva poggiato il piede nella lontana, irripetibile, notte del 21 Luglio 1969. In silenzio e in solitudine, con la stessa riservatezza di cui si era circondato dopo la fine del clamore universale della sua impresa. Morire a 82 anni può essere normale, fisiologico, comprensibile, ma con Armstrong è andato via un pezzo della nostra gioventù: il sogno di quel “nostro 2000”, che vivemmo negli anni a cavallo fra la fine del '60 e per tutto il decennio successivo, legato ai giganteschi razzi “Apollo” e ad un futuro di pace e benessere planetario che sembrava realmente essere a portata di mano. Un futuro diverso e migliore per una umanità che avrebbe dimenticato le atrocità dei conflitti dei decenni precedenti culminati, non tanto e non solo, con il fungo atomico delle bombe su
Hiroshima e Nagasaki, ma con la guerra americana in Corea e in Vietnam. Una umanità nuova, tecnologica, che avrebbe sperimentato e costruito nello spazio soluzioni che avrebbero migliorato la vita dei terrestri: mammiferi umani condannati senza appello ad una esistenza convenzionale. Armstrong, e con lui Collins e Aldrin: l’equipaggio dell’Apollo 11. E prima ancora di lui, l’Apollo 8 del comandante Frank Borman, che ,con Lowell e Anders, giunse così vicino all’orbita lunare da far comprendere come lo sbarco fosse fattibile, apriva alla fantasia dei ragazzi di dieci anni o poco più che eravamo, scenari inimmaginabili di cavalieri alati e di eroi galattici. Purtroppo solo pochi anni dopo capimmo che tutto sarebbe stato molto più convenzionale, prosaico e molto poco poetico. La Luna – inutile conquista del potere a stelle e strisce – venne abbandonata e sulla terra si continuò a morire di fame, malattie e guerre e l’alba del nuovo millennio, molto prima dell’11 Settembre del 2001, s’aprì con l’eco delle carneficine in Kossovo. Ma Armstrong rimase fermo nella nostra memoria: artefice di un sogno di libertà vissuto da tutti noi e pronto a dire come l’uomo possa sfidare l’ignoto. Oriana Fallaci, che in quegli anni scriveva dell’America - dall’America, perdonateci il bisticcio di parole, non aveva una bella immagine della NASA. Grigi scienziati e astronauti tutti ex piloti da combattimento, addestrati a volare e a uccidere calcolando con esattezza le coordinate dei punti da colpire con le bombe. Freddi
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Un piccolo passo per l'uomo che rappresenta un enorme salto per l'umanità
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Neil Armstrong, Superficie lunare "Mare della Tranquillità" 21-07-1969 e acritici verso il dolore e il pensiero della morte che forse avevano provocato con le loro azioni. Erano dei travets – sia pur di lusso – pagati, e bene, per addestrarsi a volare in orbita, in assenza di gravità e a compiere calcoli matematici e astronomici. Tornati a terra, i nostri eroi rientravano nella normalità di quella borghesia della mid class americana, inguaribilmente provinciale, borghese e perbenista. Sparendo poi dalla scena dentro un anonimato mortale. Ma queste valutazioni in quella notte dello sbarco sulla luna non avevano alcuna importanza. Quello scafandro bianco che proteggeva un uomo dalla morte cosmica mentre imprimeva sulla polvere selenica un’orma e poi piantava una bandiera, rappresentava per tutti noi qualcosa che, comunque, ci inorgogliva. Armstrong ,quella notte del 21 Luglio 1969, fu quello che noi avremmo voluto essere. Ecco perché oggi, con Armstrong, è morta una parte – piccola o grande che sia – della vita di chi, come noi, quella notte gioì per una conquista che credemmo anche nostra.
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Dopo le ultime malefatte dei gerarchi politici laziali
Gradimento basso, credibilita' zero Per gli italiani, i politici sono solo ladri, truffaldini ed evasori di alta scuola Sullo sfondo lo spauracchio di grillini e indignados si materializza sempre più di Luigi Cordova
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uanto è accaduto negli ultimi mesi in Italia ha fatto scendere ulteriormente la stima dei cittadini verso il mondo politico ed in senso inverso è cresciuta proporzionalmente la voglia di non andare più a votare, per l’imbarazzo di commettere nuovamente un delitto di lesa maestà nello scegliere una lista o un candidato, visto e considerato che mancano seri ideali di riferimento, essendo tutti i partiti afflitti dalla stessa cancrena, e che diventa difficile riuscire a scegliere persone che si candidano per il bene comune, presi come sono tutti quanti dall’avidità di potere e di facile arricchimento, cosa che pervade buona parte della classe politica attuale. Se a queste premesse aggiungiamo anche gli scandali scoppiati in parecchie Regioni d’Italia: il più eclatante quello avvenuto nel Lazio, che ha indotto la Presidente Polverini a dimettersi e a mandare a casa un Consiglio Regionale messo sotto accusa per gli appannaggi dati a tutti i Consiglieri (200.000,00 euro l’uno per curare l’attività politica sul territorio, con rendicontazioni a volte ridicole o false del tutto). E’ bastato così che venisse fuori il caso del Consigliere Fiorito, detto Batman, per capire come ci fosse un sistema generale in tutta Italia, per cui venivano sperperati migliaia di milioni di euro dai gruppi regionali, che agivano in sordina e scialacquavano a piacimento. Motivo per cui oggi tutte le più grosse Regioni sono sotto tiro della Magistratura non solo per le ruberie (purtroppo legalizzate ed autorizzate) dei gruppi consiliari, ma anche e soprattutto per le spese folliache nel settore della Sanità e delle “Grandi Opere Strutturali”, che ogni giorno ci portano nel guinness dei primati mondiali per la corruttela e il malcostume generale. Le più grosse Regioni sono oggi sotto il vaglio delle Magistrature penali e contabili: Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Campania, Calabria, Puglia e non ultima la Sicilia; indagini a tutto campo che hanno in comune una storia di mal costume e di nefandezze, che per anni sono state celate dai partiti e che hanno trovato luce solo per il disaccordo nello spartire il denaro!!! Ci eravamo illusi che tutto fosse finito, anni fa, quando scoppiò la cosiddetta “Tangentopoli”, con i tanti arresti illustri e con la fine dei più importanti partiti dell’epoca: DC e PSI in primis e poi via via anche quelli più piccoli. Nacque così la 2° seconda Repubblica, dove molti italiani volsero lo sguardo al nuovo, sperando che le nuove aggregazioni politiche facessero dimenticare il passato e dessero un input al cambiamento, creando una “cultura politica” dell’alternanza, stile anglosassone, con due forze politiche che facevano da traino. Da una parte il PD (nato dall’unione delle forze riformiste ex comuniste e socialiste, coniugate con i cattolici della Margherita, la parte più a sinistra dell’ex DC) , dall’altra Forza Italia, che riuscì ad attirare verso di sé e verso il suo leader Berlusconi buona parte dell’elettorato moderato e liberal-socialista che si riconosceva nell’anticomunismo. Quasi un ventennio, collegato anche con la nascita dell’euro, che ci ha trascinato in un baratro così profondo ed in una crisi economica senza precedenti, aggravata anche dalle contingenze internazionali; di fronte a questo marasma, gli Italiani oggi si lasciano suggestionare dai movimenti dell’antipolitica, primo fra tutti “5 stelle” di Grillo, che naviga nei
sondaggi con percentuali superiori al 10% in media nazionale e si attesta a pochi passi dal PDL, in caduta libera per gli scandali che hanno travolto il suo leader e tanti altri illustri personaggi del suo apparato. Con tutto questo sfascio alle spalle si guarda con grande attenzione al primo test elettorale che vede coinvolta la regione Sicilia, che ha visto nascere, crescere e svanire nell’arco della sua ultima legislatura la meteora Lombardo ed il suo MPA, con un governo che ha consumato varie alleanze e ha portato alle dimissioni anticipate del Governatore e, quindi, a nuove elezioni. Una cosa è certa: che ormai in Sicilia si sono aperti nuovi scenari, indicativi e importanti per la politica nazionale. In primis è nata l’alleanza PD e UDC con Crocetta candidato alla Presidenza, mentre il resto della sinistra (SEL, IDV ed altre forze, con la Morano al posto di Fava, rimasto fuori per una banalità formale: il cambio della residenza) ha presentato un’altra aggregazione alternativa, in contrasto così con la ipotetica alleanza nazionale che sta lacerando il PD, partito di maggioranza relativa secondo gli ultimi sondaggi, acuendo il contrasto tra area cattolica (addirittura ben 27 deputati ex Margherita hanno minacciato la secessione nel caso in cui al congresso nazionale si dovesse presentare alle primarie Nichi Vendola, attuale leader del SEL). Certo nel centro destra la situazione non è migliore tanto da costringere uno dei fondatori di Forza Italia, Gianfranco Miccichè a rompere con il suo partito originario, che non lo ha accettato come candidato alla Presidenza, e, dopo aver proposto Musumeci (leader della Destra di Storace) come candidato unico del centro destra, ad abbandonare la coalizione per crearne una nuova ,composta dal movimento Grande Sud, dagli ex (odiati) lombardiani e dai seguaci di Fini in Sicilia, contrapponendosi così al PDL di Alfano, alleato con la Destra, con i popolari del ministro Saverio Romano e liste minori, Noi Sud ed altre. Vi sono altri 7 candidati di aree nuove: Movimento 5 stelle con candidato presidente Giancarlo Cancelleri, il movimento dei Forconi (quelli che in passato paralizzarono quasi tutta l’Italia con il blocco dei traghetti e delle autostrade nel vano tentativo di portare a livello nazionale la grande crisi dell’ agricoltura) con candidato Mariano Ferro, il movimento Italiani liberi e forti con candidato il giudice Sturzo, nipote di don Sturzo, con un progetto ambizioso legato ai principi etici e morali della dottrina sociale della Chiesa Cattolica; gli altri 4 candidati sono Lucia Pinzone per il movimento Voi, Cateno De Luca per la lista Rivoluzione siciliana, Giacomo Di Leo per il partito dei comunisti lavoratori e Davide Giacalone per la civica Le ali alla Sicilia. A causa di questa eccessiva frammentazione, è previsto un testa a testa tra i due candidati del PD e del PDL, con uno scarto minimo tra i due, ma che, in virtù della legge regionale siciliana con elezione a turno unico, potrà godere di un premio di maggioranza al fine di garantire la stabilità governativa. Lasciamo ai siciliani la scelta e nel frattempo rodiamo i motori per le elezioni regionali del Lazio previste tra tre mesi, a cui faranno seguito, in primavera, le nazionali, con la speranza di poterci riappropriare del diritto di scelta del candidato da votare e di una rinascita “etica, economica e politica” della nostra amata Italia.
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“Il destino del sud è una partita aperta”
Don Giacomo Panizza:
“La paura non va a chili. Mi fa più paura sottomettermi ai mafiosi”
Don Giacomo Panizza. Foto di Ornella Orlandini sbirciapaola.wordpress.com
di Giovanni Rigoli
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on Giacomo, che cos’è per lei la mafia? Sono gruppi, famiglie, clan che esercitano poteri illegali di fronte a persone, famiglie, società, istituzioni, enti pubblici e Stati. Non esiste il mafioso singolo, ma il gruppo mafioso come sistema. E così al suo esterno il gruppo mafioso fa sistema il più possibile. La mafia è un’organizzazione criminale segreta che vuole farsi conoscere dalle persone da sottomettere e da quelle con cui fare affari illeciti e coi soldi disonesti fare poi anche affari leciti. La mafia ruba, si arricchisce e uccide, ma a differenza di altri costruisce un potere tutto suo per comandare, decidere, sottomettere, intimorire, uccidere, estorcere. A questo educa i figli e gli addescati. Che idea aveva del Sud Italia e che idea si è fatto vivendo qui? Del Sud, avevo un’idea di romantica povertà e arretratezza. Venendoci ad abitare, in-
vece, mi è parso di vederci più chiaro. Ho visto lo strapotere delle mafie, le inadeguatezze della politica e delle istituzioni pubbliche, la carenza quantitativa di servizi alla persona e alla comunità, il clientelismo per “appartenenze”. Ho visto paure e silenzi. E rassegnazione. Ma ho visto anche persone e famiglie e aggregazioni che cercano di non mescolarsi alle mafie, che intraprendono con fatica attività occupazionali, che ci tengono al pensiero, ai valori umani e civili, alla loro meridionalità: Ho visto un po’ tutto e il contrario di tutto. La partita del Sud, per costruirsi il suo destino, è tutta aperta. La sua opera, esalta la legalità attraverso un aiuto dell’altro, delle fasce più deboli della popolazione, che la società spesso, colpevolmente, relega come “ultimi”. Sono venuto in Calabria per sostenere un’ideale di giustizia. Trovavo giusto che in Lombardia ci fossero servizi sociali, educativi, sociosanitari funzionanti per le persone con disabilità, ed ingiusto che in Calabria mancassero. I pochi esistenti poi erano istituti-ghetto con centinaia di persone dimenticate e trattate pure male. Lo scandalo dell’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello, chiuso dalla Magistratura due anni fa, la dice lunga sull’indifferenza nei confronti della dignità delle persone povere e più deboli della popolazione. La mancanza di risposte ai loro bisogni e diritti non è giustizia, è un’illegalità, in molte situazioni, istituzionale. Fuori legge è proprio spesso la Regione, altre volte qualche Comune, altre ancora un’Azienda sanitaria. Dal di dentro di queste situazioni il passo è breve per leggere l’illegalità mafiosa. Anche perché i mafiosi ti vengono a cercare, a disturbare, se ti muovi nel sociale, nel fare cultura e se fai girare economie. La rete delle iniziati-
ve che ho impiantato danno lavoro a più di centocinquanta addetti, volontari e volontarie, con strutture, auto, pulmini, i giovani del servizio civile, persone e famiglie prese in carico. Anche per il fatto che utilizziamo fondi pubblici e partecipiamo ad appalti, la comunità " Progetto Sud" può essere considerata un gruppo di potere, che può fare tante cose per diritto e non per favore. Cose che i mafiosi sono tentati di utilizzare per se stessi per passare per benefattori di persone e famiglie bisognose per legarle ai loro clan. Riutilizzare socialmente un bene confiscato comporta rischi (lei stesso e i suoi collaboratori avete subito più volte minacce e atti intimidatori ndr). Come pensa che vada resa più sicura la riutilizzazione sociale di un bene confiscato? Il rischio ti accompagna sempre in queste situazioni. Ma è condiviso. Qualcuno pensa che sia io, il prete, a portare avanti le cose. No. Qui sono tutti i calabresi. Chi lavora o fa volontariato. Abbiamo in mente di far uscire dal silenzio le tante persone e famiglie e operatori sociali ed economici, i politici e i giovani, per schierarsi, partecipando alle iniziative culturali e civili ed anche alle manifestazioni di protesta, contro le mafie e le corruzioni. E la gente si aggrega, man mano, e non torna indietro. Questa partecipazione dal basso anche all’utilizzo dei beni confiscati è la cosa che rende più rassicurante il loro utilizzo. È bello trovarsi dentro in tanti. Messaggio di speranza per i giovani che, spinti da condizioni familiari difficili, sono tentati dai guadagni facili delle attività criminali? Chi, povero o ricco, giovane o meno, pensi di guadagnare facile con attività criminali, sarebbe bene che cominci a guardare oltre il proprio naso, per vedere che fine hanno fatto altri giovani finiti nelle cosche: sottoterra, in carcere, latitanti, o spariti di lupara bianca. Don Panizza, ha paura che, per la sua opera, la Mafia possa pensare di ucciderla? Sì, ho paura. Tanta, ma non tantissima. La paura non va a chili. Mi fa più paura sottomettermi ai mafiosi. Che vita farei? Sarei in agonia ogni giorno. Diciamo che nella speranza che mi accompagna c’è posto anche per un angolo di paura. Mi sembra essere normale così.
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“La Festa della Fede”
Convegno ecclesiale diocesano per l’anno pastorale 2012 - 2013
di Cecè Alampi
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La festa della fede” è stato il tema che sua Ecc. za Mons. Francesco Milito ha voluto per il Convegno che la diocesi di Oppido Mamertina-Palmi ha organizzato il 28 e il 29 Settembre, presso l’Auditorium Diocesano di Rizziconi. Un Convegno in preparazione dell’Anno della fede, indetto dal Santo Padre Benedetto XVI, con la Lettera Apostolica Porta Fidei che, ha spiegato Mons. Francesco Milito, vuole “riflettere e interiorizzare, I significativi anniversari dell’Anno della fede, ossia il 50° dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’11 Ottobre 1962, e il 20° della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, l’11 Ottobre 1992, che ha aggiunto Mons. Milito, “rappresentano il fondamento e gli eventi di riferimento verso cui volgere l’attenzione e da cui partire per approfondire nei prossimi mesi la straordinaria ricchezza di stimoli che lo Spirito di santità ha effuso nel nostro tempo”. Il Convegno, dopo la preghiera presieduta dal Vescovo, è stato aperto da Mons. Josè Octavio Ruiz Arenas, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il quale ha relazionato su: “l’Anno della fede, porta per la promozione della Nuova Evangelizzazione”. Ha evidenziato l’importanza dell’Anno della fede per conoscerla meglio, per professarla, per trasmetterla e viverla, per promuovere la Nuova Evangelizzazione. L’Anno della Fede, ha detto Mons. Ruiz Arenas, sarà essenziale per approfondire la nostra fede e per prendere l’impegno di trasmetterla specialmente attraverso la testimonianza della carità, del servizio, dell’amore disinteressato. Di seguito il Prof. Sac. Luca Pandolfi, docente di Antropologia Culturale e Sociologia della Religione, ha relazionato su: “I documenti del Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa cattolica per l’Anno della fede: dalla lettura dei testi alla meditazione personale”. Don Luca, in tre passaggi, si è soffermato sulla fede tra crisi e segni dei tempi, sulla risposta della Chiesa che
Il tavolo della presidenza al Convegno Dicesano: "La festa della Fede"
decide di camminare insieme, di ritrovarsi, di riflettere alla luce della Parola di Dio e di mettersi di fronte al futuro con coraggio, responsabilità, speranza e positività. A chiusura della giornata sul tema “La fede che ispira la cultura”, ispirato al famoso testo di Leonida Repaci “Quando fu il giorno della Calabria”, c’è stata la visione dell’interessante documentario-film “Geografia dell’Anima”, proiettato in prima assoluta e presentato da Antonio Minasi, Presidente dell’Associazione “Amici della Cultura” di Palmi e Direttore del periodico “Itaca”. Nella seconda giornata, dopo la preghiera di apertura, la presentazione dell’Anno della fede, a cura dei quattro vicari foranei: Don Paolo Martino, Don Giovanni Gentile, Don Antonio Spizzica e Don Salvatore Larocca. Interessante l’iniziativa programmata dai vicari foranei di un incontro di tutte le famiglie della Diocesi per Domenica 5 Maggio 2013, sul lungomare di Gioia Tauro, con un gesto di solidarietà per le famiglie della nostra Diocesi in gravi difficoltà. I vicari, inoltre, durante l’anno pastorale, hanno organizzato cinque incontri per sacerdoti e laici sulle quattro Costituzioni Conciliari e sul Catechismo della Chiesa Cattolica, e per domenica 3 Marzo 2013 una festa della fede per ragazzi e adolescenti. Di seguito hanno presentato le loro proposte e i loro programmi, tutti gli Uffici Pastorali Diocesani, le Associazioni, i Movimenti e i Gruppi Ecclesiali. Un Convegno,“Festa della fede”, che ha rispettato pienamente il titolo e che ha visto un attento uditorio, che ha partecipato ad ogni momento con vivo interesse, gioia e speranza. Gioia e speranza che devono trovare spazi nuovi di unità, comunione, giustizia e pace nella vita delle nostre comunità e, di conseguenza, nella liturgia, nella catechesi e nella carità, per passare dalla vita al Vangelo e dal Vangelo alla vita. In chiusura, il Vescovo Mons. Francesco Milito, dopo aver ricordato il Pellegrinaggio Diocesano a Fatima, organizzato per l’8 e il 9 Dicembre 2012 e ringraziato tutti coloro che si sono adoperati per la buona riuscita del Convegno, ha sottolineato l’auspicio che lo spirito del Convegno, le sue relazioni e le sue proposte, possano concretizzarsi durante l’anno e arricchire il cammino di fede e di vita di ognuno.
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Le battaglie di Coldiretti Calabria a Rosarno
Le “Mein kampf” di Molinaro I succhi calabresi sono i migliori ma il prezzo imposto dalle multinazionali è troppo basso
di Laura Bruno
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e immagini televisive della guerriglia che, nelle prime settimane del 2010, ha sconvolto Rosarno sono rimbalzate sulle televisioni di mezzo mondo, mettendo allo scoperto le gravi condizioni di lavoro, ma soprattutto di vita dei braccianti africani. Una protesta degenerata, ma forse inevitabile. In un circolo vizioso dai risvolti perversi: il basso prezzo degli agrumi attira solo la manodopera dei disperati, immigrati che, non ricevendo il minino sindacale, non possono acquisire un permesso di soggiorno, per cui non hanno garanzia di cure mediche, alloggi e servizi di primissima necessità. Il Presidente, Pietro Molinaro, spiega la battaglia di Coldiretti Calabria, intervenuta per stroncare alla radice il problema dei prezzi irrisori dei prodotti medmei e della Piana di Gioia Tauro. «Quello che in Italia, negli anni settanta, fu chiamato miracolo economico, – dice Pietro Molinaro – per Rosar-
Calabria «Coldiretti in prima linea» no significò spopolamento delle campagne: i giovani preferirono altre carriere al ricambio generazionale del lavoro agricolo dei padri. L’esportazione di cervelli ha indebolito il tessuto economico locale: i pochi giovani rimasti nelle aziende di famiglia preferiscono, da imprenditori, gestire la parte manageriale dell’impresa. Il lavoro di raccolta per alcuni prodotti non è ancora affidato alla meccanizzazione, così le piantagioni di pomodori, olive e arance necessitano una massiva manodopera concentrata in un arco di tempo ridotto. Negli ultimi vent’anni si sono affacciati, in questa Piana, operai extracomunitari provenienti soprattutto dal Nord Africa. Ci raggiungono per le mansioni di quella manodopera che gli italiani, a causa dei salari troppo bassi, non sono disposti a ricoprire, accettando condizioni di miserabilità. La causa del sottocosto è una catena di sfruttamento alimentata dalle multinazionali che schiacciano gli agricoltori e i lavoratori, alimentando l’illecito e il caporalato. Un contesto che va solo combattuto per trovare una via d’uscita; questa piana non può rischiare di desertificarsi in termini territoriali e di lavoro, perché questa piana sa fare agrumi di qualità». Gli immigrati africani si sono spostati dai loro paesi per avere una vita migliore, ma a Rosarno è scoppiata una rivolta a causa delle condizioni che erano costretti a sopportare. Come lo spiega questo? «Come Coldiretti abbiamo reso pubblica la nostra analisi: i fatti di Rosarno nascono per motivi economici. I lavoratori immigrati a Rosarno hanno sempre guadagnato meno
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della metà del minimo sindacale, pari a 50 euro al giorno. Nel 2009 si è verificata una difficoltà dei proprietari della Piana a raccogliere le arance, quindi ad utilizzare quella manodopera, indipendentemente se irregolare o regolare, perché il prezzo delle arance era crollato. In pratica, si voleva e si vuole pagare un kg di arance a 7 centesimi, quando solo per la raccolta, fatta con lavoratori regolari, si spendono circa 6 centesimi. È chiaro allora che il produttore di arance, per non rimetterci dei soldi, ha preferito non raccogliere. Questo elemento ha fatto ritrovare senza lavoro 2000 persone circa, questo era il numero degli extracomunitari che si stimava fossero presenti qui a Rosarno, forse anche per difetto. In quegli anni, come negli anni passati, di sicuro si era fatta poca attenzione al vivere di queste persone: le immagini trasmesse dai media ci hanno dimostrato che dormivano in capannoni, in modo assolutamente disumano. Il pubblico, il comune e lo Stato, non hanno investito per fare accoglienza, e questa disattenzione ha creato nel tempo una situazione in cui gli operai che si spostavano stagionalmente da altre parti, giunti a Rosarno, dovevano stare
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co brasiliano o spagnolo. I conti dimostrano che un kg d’arance da utilizzare per le spremute, il succo e le aranciate, minimo deve essere pagato a 15 centesimi. Come Coldiretti ci siamo preoccupati di chiederci perché le multinazionali non sono disposte a pagare 10-15 centesimi e abbiamo scoperto che in un litro di aranciata, ancora oggi, ci sono 3 centesimi di valore in succo, perché l’aranciata contiene solo il 12% di arancia, per una bibita che viene venduta a 1,20 euro al litro, c’è un ricarico superiore al 4000%. Significa che ci sono pochi che si arricchiscono, parlo delle multinazionali, sulle spalle di tutti i lavoratori agricoli, dei proprietari e della piccola industria locale che spreme le arance; tutto questo non è corretto né eticamente, né economicamente, ed è per questo che ci siamo ribellati, proponendo al Parlamento di modificare le regole, innalzando la percentuale di succo nelle aranciate dal 12% ad un minimo del 20%, a vantaggio dei consumatori, e inserendo l’origine obbligatoria in etichetta di quale succo si utilizza per fare la Fanta o qualunque altra aranciata». Avete lanciato la campagna “Non lasciamo sola Rosarno” e avete avuto anche delle vittorie nei confronti delle multinazionali. Mi può spiegare brevemente di che cosa si tratta? «La mobilitazione di “Non lasciamo sola Rosarno”, ha come obbiettivo quello di rendere trasparente la filiera agrumicola per la produzione di succo e, soprattutto, di fare in modo che non ci sia più questa catena di sfruttamento. Un risultato di poche settimane fa è la percentuale innalzata per succo nelle bibite: nel Decreto Salute del Ministero è stata inserita una modifica, secondo cui per poter chiamare una bibita con il nome del frutto che utilizzava, per esempio l’aranciata che utilizzava le arance, la presenza minima è del 12%. Noi abbiamo portato questa percentuale al 20%, con una proposta di Coldiretti Calabria sostenuta negli ultimi due anni, che il Ministro della Salute ha fatto propria, sia per i fatti di Rosarno che per la mobilitazione. L’altra proposta di legge è quella che prevede di indicare obbligatoriamente sull’etichetta l’origine del succo che si utilizza in queste bibite o nei succhi di frutta in generale. Questo per dare al consumatore la possibilità di scegliere, in quanto suo diritto, se bere un’aranciata fatta con succo di arance italiane o provenienti dall’estero. Oltre i macroobiettivi, stiamo attuando su Rosarno un’opera di rivitalizzazione e rigenerazione, mettendo anche varietà diverse; stiamo aiutando i produttori ad organizzarsi in cooperative e organizzazioni prodotto; stiamo riportano a Rosarno il consorzio agrario, che è una struttura importante per fornire mezzi tecnici, perché tutto questo
Nella Piana i migliori agrumi»
all’aria aperta o in baracche anche pericolose per la loro incolumità. Tutto questo sotto l’indifferenza di tutti. Era chiaro che, in un momento di tale disagio, sarebbe bastata una scintilla, poteva essere una qualsiasi, per far scoppiare una rivolta. Duemila persone affamate, senza soldi, senza lavoro, lontane dai propri territori, è chiaro come possano perdere la lucidità». Che cosa sta facendo Coldiretti per Rosarno? «Coldiretti ha deciso di rimanere a Rosarno. Il 9 dicembre 2010 abbiamo fatto la prima iniziativa forte, dichiarando che Rosarno è il simbolo dell’agricoltura calabrese e di tutti i tipici paradossi: grande potenzialità, grande eccellenza e, purtroppo, sfruttamenti e sottocosto nella remunerazione dei prodotti. Ciò non è accettabile, perché i mandanti di questo sono le multinazionali. Multinazionali, tra cui cito la Coca Cola, le quali hanno dichiarato che le arance di Rosarno sono le migliori per fare le aranciate, perciò le avrebbero continuate a scegliere. La battaglia, però, si basa sul prezzo che il grande marchio impone, senza possibilità di contrattare un compromesso, minacciando altrimenti di preferire un suc-
può far rifiorire questa filiera. Partendo dal fatto di poter prima remunerare i raccoglitori di arance, quindi da 7 dobbiamo passare a 15 centesimi al kg; e poi agendo nei fattori di produzione e nei mezzi tecnici. Questi elementi, in un mercato globale, possono far vincere la nostra agricoltura. Siamo certi di risultati che già sono venuti fuori, abbiamo un interessamento di una grossa azienda che vuole realizzare, qui nella Piana di Rosarno, con le nostre arance, un’aranciata 100% italiana; abbiamo un’azienda che esporta in tutto il mondo marmellate che sta producendo con le arance di Rosarno; abbiamo registrato il marchio “Agrumetto” come consorzio agrario della Calabria, per produrre cornetti per la prima colazione con il cuore calabrese in confettura di arance e distribuirli in tutta Italia. Elementi costruttivi per dare una risposta positiva e diversa, una nuova immagine, che deve cancellare i fatti di Rosarno nell’immaginario collettivo, ma soprattutto deve dare l’orgoglio ai rosarnesi e ai cittadini della Piana di non essere secondi a nessuno, e che in questa regione la maggioranza dei calabresi è laboriosa, positiva e ha voglia di crescere».
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A Cittanova amarcord e necessità di disegnare il futuro della Calabria
Il Premio Radici
Lo spirito e la memoria di un popolo alacre, capace di affermarsi nel mondo
di Carmen Ieracitano
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ualsiasi regione o paese soggetto a forte emigrazione troverebbe affascinante e coinvolgente l’idea di riavere riuniti sul proprio territorio i propri figli più illustri, quelli che fuori dalla terra natia si siano fatti notare e valere per cultura e meriti sociali e personali, fosse anche per un solo giorno. A Cittanova questo sogno è divenuto realtà, grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale, guidata dal sindaco Alessandro Cannatà, nei programmi del quale la cultura ha sempre avuto un posto di primo ordine, che ha voluto realizzarlo con l’istituzione del Premio Radici, nato per l’appunto con l’intento di conferire un riconoscimento ufficiale ai calabresi che hanno saputo distinguersi nei campi più svariati in giro per il mondo, senza mai rinnegare la propria calabresità, quelle “radici”, appunto, alle quali si riconduce nello stesso nome tutto il senso dell’iniziativa. Ma, pur essendo questo lo scopo più ambizioso raggiunto dal progetto, non è il solo. Il Premio Radici può definirsi a tutti gli effetti facente parte di un “contenitore” riempito grazie al contributo delle Associazioni “Amici del Vernacolo di Cittanova” e “Cittanovesi di Reggio” e dell’Università delle LibereEtà, la Rassegna Culturale Cittanova Radici, all’interno della quale esiste anche un Salotto letterario del vernacolo, presentato attraverso una rassegna di opere di poeti calabresi, cittanovesi in particolare, reperiti grazie al contributo di intellettuali e specialisti del settore. Tre le categorie di premiati: i Premi Radici 2012, i Premi alla Memoria, e i Premi “Cittanova nel cuore”. Nell’edizione di quest’anno, svoltasi presso la sala conferenze del Polo per la Legalità il giorno 24 Agosto, i Premi Radici sono stati conferiti ad Antonella Freno, Accademico Mediceo e Presidente della Commissione Nazionale Patrimonio Artistico; Domenico Naccari, delegato del Sindaco di Roma Gianni Alemanno e Presidente della Fondazione Calabria Roma Europa, che ha, inoltre, annunciato un' ulteriore novità: attraverso la Fondazione CRE ,verrà creata una sessione straordinaria del Premio Radici a Roma, che coinvolgerà i cittanovesi residenti nella capitale; Francesca Prestia, cantastorie di fama internazionale; il poeta Giuseppe Ginestra; Enzo Galluccio, fotografo professionista, tra gli autori del libro, edito da Città del Sole “Tra i colori della provincia reggina”; Teresa Bruzzì, giovanissima cittanovese pluricampionessa nazionale di kickboxing. I Premi alla Memoria, invece, all’artigiano artista Domenico Avenoso e al poeta, deceduto nel 1926 ,Francesco Giovinazzo. Il Premio “Cittanova nel cuore” a Gianpiero Adornato, medico ginecologo operante a Matera, nativo di Cittanova, che ha presentato il libro “A piedi nudi sui miei ciottoli”, racconto dell’infanzia cittanovese nel dopoguerra, e all’ avvocato Ernesto Scionti, autore del saggio “Cittanova. Fervore artistico tra Ottocento e Novecento”. Soddisfazione espressa dal sindaco Alessandro Cannatà e dal presidente del Consiglio Comunale, che è anche presidente onorario del Premio, Girolamo Giovinazzo, già durante la conferenza stampa di presentazione dell’evento, a proposito del quale Cannatà sottolinea : “Pensiamo sia importante portare avanti il dialogo con chi ha lasciato questa terra, traendo beneficio dalle esperienze, lavorative e culturali, che tornando riporta. Sia per avvicinarsi e sentirsi partecipi a problematiche che sono d’attualità in altre parti d’Italia e del mondo, sia perché l’emigrante che parte per mancanza di lavoro, torna arricchito anche culturalmente e può aiutare il cittanovese rimasto ad aprire gli occhi e guardare al mondo con meno timidezza e timore, soprattutto al mondo del lavoro, ma anche a quello della cultura, che oggi come oggi è una cultura globale.”
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“Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia” di Michele Ferraro
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i svolgerà il pomeriggio di sabato 3 novembre p.v. presso l’Auditorium “Famiglia di Nazareth” di C/ da Badia in Rizziconi, un importante convegno organizzato dalla locale associazione “Scienza&Vita”, dal titolo: “Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia.”. “Scienza&Vita” è un’associazione no profit che opera ormai da diversi anni nel territorio della piana e si propone di promuovere e difendere il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale, come fondamento di tutti i diritti umani e quindi della democrazia e, in maniera più ampia, di dibattere i temi della ricerca scientifica per quanto attiene alle ricadute sulla vita dell'uomo e della società. In quest’ottica e nell’ambito del proprio programma di seminari scientifici e formativi, l’associazione ha pensato bene di proporre questo incontro di studio ed approfondimento su tematiche attuali che vedono nella tutela della vita il presidio del mutuo riconoscimento degli esseri umani come uguali nei loro diritti, indipendentemente da qualsiasi giudizio circa le loro condizioni esistenziali. Fondamento della democrazia, infatti, è la rilevanza per l’intero corpo sociale di ciascun individuo umano, con particolare attenzione per la tutela di tutti coloro che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità, come per esempio, nello stato di disagio sociale, nella malattia o di diversa abilità. Vite, sempre ed in ogni caso, da assistere in una profonda ed intensa relazione di cura. L’assise, moderata dai Co-Presidenti di “Scienza&Vita”, si aprirà con la Lectio Magistralis tenuta dal prof. Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Consigliere Nazionale dell’Associazione “Scienza&Vita”. Seguirà una “Tavola Rotonda”, con l’intento precipuo di declinare
le tematiche sviluppate nella Lectio con lo sguardo rivolto al nostro territorio, alla luce anche delle indicazioni provenienti dall’ultimo documento dei Vescovi calabresi sulle politiche sociali in Calabria: “L’importanza della solidarietà”. Alla “Tavola Rotonda” parteciperanno: la dott.ssa Katia Stancato, economista sociale, Portavoce del Forum del terzo Settore della Calabria, il dott. Enzo Romeo, giornalista Rai, profondo ed attento conoscitore delle dinamiche sociali in Calabria e l’On. Francesco Talarico, Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, persona culturalmente e politicamente sempre vicina alle problematiche di carattere sociale. All’importante assise a carattere culturalescientifico ma dai risvolti pratici, che vedrà anche la presenza del Vescovo della Diocesi, Mons. Francesco Milito, saranno invitati a partecipare tutti coloro che direttamente o indirettamente sono impegnati o seguono le vicende del sociale in Calabria e nella nostra piana, in particolare: i sindaci, i responsabili dei servizi sociali, gli operatori sanitari e del campo sociale, pubblico e privato. L’evento, per la particolare valenza formativa a carattere scientifico, è stato accreditato, con la concessione dei crediti formativi, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palmi, dagli Uffici Caritas e Scuola della Diocesi di Oppido M.-Palmi, quale momento qualificato di formazione per gli operatori del mondo della scuola e del volontariato sociale cattolico.
Gruppo Locale Oppido-Palmi “Avv. Rocco Gambacorta”
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Dopo mille difficoltà e gli ostacoli di una burocrazia complessa
Zomaro Resort
Per creare lavoro fra i giovani e valorizzare il territorio
Laghetto di Zomaro. Foto di Alessandro Carioti
di Carmen Ieracitano
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na bella realtà sta per nascere sullo Zomaro, in un cuore d’Aspromonte tanto bello, quanto bisognoso sia di un riconoscimento al valore del territorio in sé, sia di creare opportunità occupazionali per i suoi abitanti. Un’idea nata dall’eclettico personaggio di Nino Cento, cittanovese doc, innamorato di questa terra e desideroso di aiutare i giovani a capire che si può pensare in positivo anche quaggiù, tra mille difficoltà, burocratiche come di mentalità cittadina. Difficoltà che non sono mancate, nel lungo percorso, che dall’idea ha condotto alla realizzazione della Cooperativa agricola Zomaro Resort, ma che, grazie al contributo decisivo dell’Amministrazione Comunale, guidata da sindaco Alessandro Cannatà, sembrano essere finalmente state superate. Situati in località Tonnara-Lenza, i locali della Cooperativa, composta da diciannove giovani soci con a capo Valentina Giovinazzo, presidente e amministratore unico della società, sorgeranno su cento ettari di terreno che verranno adibiti a coltivazioni decisamente innovative per il territorio e tipiche dei territori montani: dieci ettari saranno destinati alla produzione di frutti di bosco, altri venti a patate, il rimanente a cereali quali grano, orzo, avena e luppolo.
Di questi ultimi, 2 o 3 ettari saranno dedicati alla produzione di olio di colza, con il quale la Cooperativa intende auto sostentarsi nella produzione dei carburanti necessari alle varie fasi di lavorazione dei prodotti. “L’obiettivo principale è quello di creare occupazione, come ben si può immaginare in una realtà così povera di opportunità, ma non di risorse da sfruttare" – dice entusiasta Valentina Giovinazzo –" le risorse c’erano e su quelle si concentra anche la volontà di dare un nuovo volto al territorio con la creazione di un complesso agro-turistico che darà lavoro a circa settanta persone. Le opportunità sono arrivate in seguito con il finanziamento regionale P.S.R. 2007/2013 mis.121, circa 640.000 euro, di cui il 50 % a fondo perduto. Soldi che saranno impiegati per la costruzione del capannone di lavorazione, la vasca per la raccolta delle acque per l’irrigazione dei terreni, la recinzione e i locali delle serre. Questo è il progetto nella sua fase iniziale, nulla vieta in seguito, se ce ne sarà la possibilità e le cose andranno per il meglio, di crescere, il prossimo anno, e allargare la produzione alla trasformazione di prodotti locali che potrebbero essere salumi, formaggi o altro.” E la catena di distribuzione? Come funzionerà, attraverso quali canali? “Saranno gli stessi soci, con i furgoncini della Cooperativa, a portare i nostri prodotti presso le piazze del circondario per la vendita al dettaglio”, continua la presidente con semplicità. La filosofia del “chilometro zero”, quindi, sposata ormai con successo da migliaia di realtà agricole italiane ed estere, alla base di un progetto che punta alla creazione di un’opportunità occupazionale per cittadini che hanno avuto la voglia e il coraggio di mettersi in gioco nella propria stessa terra, sfruttando le risorse che questa può offrire, e per dare a loro volta a questa stessa loro terra, indubbiamente amata, l’opportunità di riscoprirsi ricca anche sotto un profilo culturale. Non ci resta che fare ai giovani di Zomaro Resort i migliori auguri e ringraziarli anche, per avere mostrato a tutti quei cittadini, invece, scoraggiati, purtroppo molti di più, quel che la tenacia può fare, anche in una piccola realtà di una Calabria che sembra abbandonata a se stessa e alla propria rassegnazione, come Cittanova, e in un momento in cui l’Italia intera non parla che di crisi. Qui, finalmente, si parla di rinascita.
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Manifestazioni artistiche e proposte culturali hanno contrassegnato
Una bella estate
Il concerto diretto da Riccardo Muti ha esaltato il valore dei giovani musicisti calabresi di Gaetano Mamone
L’estate che è finita da poco, se ne è andata sospinta da folate di maestrale, forti bordate che hanno incupito il mare che, da placido, sul finire d’agosto – come sempre –, con la forza di una rabbia schiumosa, ha franto onde lunghe contro gli scogli e sulla battigia a levigare la sabbia e a cancellare, nell’attimo che fugge e s’insegue con il precedente, qualsiasi traccia della canicola ferragostana. Ciononostante è stata un’estate intensa, questa, la prima – a ben vedere – dell’era dello spread. La gente, spinta dalla necessità di fare economia, ha riscoperto stilemi antichi di far vacanza. E la Calabria da questa situazione, per una volta, nonostante le carenze della sua offerta turistica, se ne è avvantaggiata con flussi turistici interni che non hanno lasciato la regione e altri, nazionali, che hanno trovato conveniente villeggiare al di sotto del Volturno e, ancora un pò più a sud, fino ai lidi dell’antico Metauro, dove Oreste venne a mondarsi dalle furie dopo l’uccisione di Ifigenìa. A contorno di questa stagione una grande mole di manifestazioni, ad ogni livello. Dallo Strapaese all’arte pura di livello internazionale. La ciliegina sulla torta dell’estate e, per certi versi, la grande overture di una estate all’insegna di una proposta culturale tutta calabrese, che vede la regione primatista mondiale per numero e qualità di complessi bandistici, è stato il concerto del Maestro Riccardo Muti alla Scuola Allievi Carabinieri di Reggio.
Duecento virtuosi fiati calabresi, selezionati fra i migliori componenti dei complessi bandistici, hanno costituito un ensemble che, sotto le telecamere RAI, con la direzione di Riccardo Muti, ha dato vita a un concerto memorabile per qualità della proposta, sancendo il transito al professionismo musicale per alcuni degli esecutori che con Muti hanno esaltato le loro qualità. Il messaggio di Muti ai calabresi è stato fortissimo; in fulminante sintesi: “Siate artefici del vostro destino. Con il sacrificio, la dedizione e il lavoro che oggi premiano questi musicisti". Oltre a ciò, l’estate reggina si è rivelata piena di happening di ogni sorta. Uno per tutti, il grande successo della tournee del cantautore taurianovese Jack Alviano – prestigioso interprete dei Brani di Rino Gaetano ancora una volta, inspiegabilmente, impossibilitato a esibirsi nella sua Taurianova per una serie di “niet ”e di strani traccheggiamenti di chi avrebbe potuto consentire uno spettacolo, che, in decine di altre piazze, ha fatto il tutto esaurito, con numeri pari a quelli del Taranproject del duo Cavallaro & Papandrea e della “Summerstockfishfest” (ovvero la ben nota festa dello Stocco di cui a parte nel giornale), che con Caparezza ha fatto segnare grandi numeri al riuscito happening musical gastronomico ideato dal vulcanico imprenditore D’Agostino. Record di manifestazioni di alto livello, infine, per Cittanova: dalla mostra botanica ai “Giardini musicali”, alle mostre d’arte, fotografiche e di tutela ambientale, a manifestazioni coinvolgenti come “Tradizionandu” e il Premio “Radici”, che hanno dimostrato una vitalità che la rende leader della proposta culturale estiva 2012. Nelle foto di Antonio Sollazzo, momenti del concerto del Maestro Riccardo Muti a Reggio Calabria
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SPENDING REVIEW
Enti Locali, adesso facciamo i “conti”!!! Per comprendere meglio cosa sta succedendo occorre citare alcuni dati
di Filippo Speranza
E
’ arrivata, o meglio sta arrivando, la SPENDING REVIEW!!! Praticamente tagli alle spese, in particolare alla Pubblica Amministrazione, per ciò che è o si ritiene superfluo. La quota dei tagli ammonta a 2,5 miliardi di euro per il prossimo anno e mezzo. Dai dati in possesso possiamo elencare per ogni voce di spesa le città più a manica larga, cifre rapportate ad anno(vedi grafico). Si evince, contro ogni previsione, che tra le città elencate che dovranno fare la dieta, quasi tutte sono del profondo Nord. Contestualmente, cresce drasticamente il fenomeno dei Comuni che non riescono a centrare gli obiettivi imposti dal Patto di stabilità interno; le conseguenze sono chiare, cioè sanzioni consistenti in tagli del fondo sperimentale di riequilibrio; praticamente, si multa l’ente locale concedendogli meno denaro, con l’assurdo, come è successo, per il non rispetto del patto di stabilità, al Comune di Alessandria, che deve subire una sforbiciata di 3 milioni di euro, pertanto gli verranno azzerati 2,8 milioni di fondi, e la multa, non essendo stata coperta, comporterà che il rimanente dovrà essere trovato tra le risorse comunali. Il Comune di Alessandria a luglio di quest’anno ha dichiarato il dissesto finanziario. Vediamo i Comuni più multati e l’entità delle sanzioni: Cominciando a trarre qualche conclusione si prospetta Torino Messina Alessandria Catanzaro Trapani Gallarate (VA)
multa per multa per multa per multa per multa per multa per
38.338.304 7.052.209 3.045.940 2.741.740 2.412.726 1.595.704
un ente locale, che subirà riduzione di fondi a causa della spending review e un taglio anche a causa delle sanzioni. Intendiamoci, ridurre su alcune voci di spesa era necessario e obiettivamente equo, e responsabilizzare gli amministratori locali rientra tra le cose buone e giuste; tuttavia,
Foto: www.assinews.it
SERVIZIO
CITTÀ
€/100 ABITANTI
Trasporto pubblico MILANO 49.337,00 Servizio rifiuti ENNA 40.044,00 Incarichi professionali VENEZIA 30.863,00 e manutenzione Cancelleria CHIETI 14.971,00 Utenze ASTI 12.660,00 Immobili e auto LUCCA 10.640,00 Servizi pulizia POTENZA 7.485,00 Comunicazione SIENA 4.819,00 Affitti e noleggi MODENA 3.971,00 Vestiario AOSTA 633,00 Fonte: rubrica Finanza Locale – Gruppo Sole 24 ore luglio 2012
una migliore razionalizzazione sarebbe stata ben accetta. Si punta per adesso a recuperare 6,56 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’I.V.A. al 23% e al 12% (quest’ultimo avrebbe ridotto ancor di più i consumi, in particolare alimentari); pericolo rinviato al 01/07/2013, quindi occhio attento agli eventi politici ed economici. Ci permettiamo di suggerire al Professor. Monti alcune iniziative per economizzare: ridurre drasticamente le indennità o provvidenze varie ai dirigenti e funzionari statali; tagli poderosi ai manager e simili della pubblica amministrazione (per esempio il capo della Polizia guadagna più di OBAMA); obbligo ai Comuni di realizzare direttamente taluni servizi, un esempio su tutti, il servizio di accertamento e liquidazione dei tributi locali, senza delegare società esterne in odore di “clientela” o peggio.
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Su iniziativa dell’europarlamentare Pino Arlacchi
Gli stati generali del porto
Momento di analisi, critica, riflessione e proposte sul futuro del Porto di Gioia
di Luigi Mamone
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n’iniziativa importante, che avrebbe meritato di essere realizzata già da molto tempo. Ma tant’è. Il merito di aver capito l’importanza di fare il punto sul Porto di Gioia Tauro, sulle sue criticità e sulle sue problematiche soluzioni di rilancio, spetta all’On. Pino Arlacchi, sociologo, Europarlamentare, consulente delle Nazioni Unite per le problematiche legate alle lotta al narcotraffico e – al di là di tutto – intellettuale aperto e attento al divenire della scena politica ed economica del paese. Da questa intuizione dal 14 al 15 Settembre, nel corso di una intensa due giorni, fra San Ferdinando e Rosarno, si sono svolti GLI STATI GENERALI DEL PORTO. Inutile negare che il Porto di Gioia, da 30 anni, rappresenta l’emblema di una Calabria ferita e divisa da mille contraddizioni, la speranza delusa del decollo imprenditoriale, dell’abbattimento della disoccupazione, della crescita di una cintura industriale, logistica e di terziario (come ovunque intorno ai porti) capace di creare occupazione. Il porto – dopo trenta anni – è li, statico, apparentemente fermo con le sue enormi banchine, le ciclopiche gru, le sagome dei capannoni dell’interporto e la sequela di luci arancione, che offrono ai paesi dell’entroterra ogni notte una suggestiva visione di una struttura che rispecchia le attese senza fine del sud. Poi, a ridosso delle recinzioni, la realtà appare più prosaica, stanca, stantia: colonne di container e, oltre la cortina, decine di capannoni industriali, frutto di frodi alla 488, (molti realizzati da imprenditori del Nord Est e non dall’imprenditoria terrona e unta di mafioseria),aperti e chiusi nel volgere di pochi mesi e, ancora ,oltre campagne abbandonate, lavoratori colored in attesa del caporale di giornata e il senso di una saudade che ti prende, ti avvin-
Nella foto Arcangelo Badolati, Gazzetta del Sud
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ghia e non ti lascia più guardando la linea immaginaria dell’orizzonte, là dove mare e cielo si fondono e si confondono, così come le speranze e le delusioni dei calabresi, consunte fra lunghe attese e ricorrenti beffe. L’attualità della “Questione Porto”, anzi, è più corretto della “Mission Porto”, emersa dagli Stati generali è molto complessa ed è data dall’analisi che Arlacchi, i molti manager del transhipment, i vertici dell’autorità portuale gioiese, Grimaldi e De Bonis, i magistrati della Procura DDA di Reggio e del Tribunale di Palmi, Prestipino e Creazzo, i colonnelli Falferi dei Carabinieri e Petrozziello della Guardia di Finanza e molti colleghi giornalisti hanno effettuato, scavando nei mille meandri delle vicende dirette e collaterali alla realizzazione e alla gestione del porto e confrontandosi su tematiche stimolanti: la crisi del Porto, le prospettive di rilancio del transhipment, la necessità di interazione e integrazione del sistema, l’azione di repressione e di controllo del contrabbando e, soprattutto, del traffico di sostanze stupefacenti. Inutile negare l’evidenza, il Porto di Gioia Tauro è conosciuto ormai solo per i quantitativi di cocaina e di merci contraffatte che, a cadenze sempre più ravvicinate, la GdF sequestra a bordo di container sbarcati dalle gigantesche navi feeder e all’interno dei quali erano abilmente occultati. Resta il dubbio amletico: per ogni carico sequestrato quanti altri sono transitati indenni? Ma il futuro del Porto, che non deve essere quello “delle nebbie” come qualcuno lo ha definito, deve passare attraverso una diversificazione e una moltiplicazione dei servizi. La concorrenzialità non può essere – è stato ribadito – monotematica. In soldoni il porto non può essere solo transhipment. Altri approdi con minori costi globali sono divenuti concorrenti temibili. Occorre allora avere il coraggio di ridiscutere patti che sembrerebbero leonini, rimettere in gioco la struttura nel suo complesso e – politicamente – il progetto di crescita di un territorio rimasto impaludato nella stagnazione del Porto, nella sua cristallizzazione sul transhipment, nell’impossibilità di aprire a traffici diversi, nell’incapacità di legare produzioni agricole o di altro tipo all’area portuale con tutti i vantaggi che ne conseguirebbero sulla via di un auspicato rilancio globale dell’economia regionale e sul mancato utilizzo delle banchi-
Nella foto Francesco Verderami, Corriedr della sera
ne per approdi turistici, tema questo caro ad Antonella Freno, presente ai lavori nella sua qualità di promotrice del progetto Magna Grecia. Nella prima giornata, a Gioia Tauro nel Palazzo Fallara, politici e imprenditori si sono confrontati sulle tematiche del rilancio. Giovanni Grimaldi, nonostante la crisi attuale, legata alla contrazione dei traffici e al crollo mondiale del mercato dell’auto, si è detto ottimista per un rilancio a breve delle potenzialità produttive della struttura. Oltre a lui – fra gli altri – sono intervenuti Francesco De Bonis, Nereo Marcucci, Alessando Andrei, Davide De Gennaro e Domenico Bagalà, che si sono soffermati sul porto di Gioia nel contesto internazionale, nazionale e regionale, evi-
denziando le potenzialità e le linee sulle quali si dovranno operare gli investimenti necessari al rilancio. Il porto – “una monade” dice, invece, Francesco Verderami – firma “gioiese” del CorSera – nato da una idea sbagliata che scaturì dalla necessità di risposte che la classe politica doveva necessariamente dare in quegli anni alle attese dei calabresi dopo le promesse di industrializzazione legate al Centro Siderurgico. Sulla stessa linea di pensiero anche Arcangelo Badolati di Gazzetta del Sud “Il porto racconta una storia di promesse non mantenute. Oggi dobbiamo parlare di un fallimento, giacche dovunque si rende necessario l’intervento continuo della Magistratura per prevenire o per reprimere, vi è il fallimento della struttura sociale che si rivela incapace di condurre e gestire il porto e lo sviluppo delle aree circostanti". "Al punto – sottolinea – nel passaggio di una intervista Pino Arlacchi – che il fallimento del porto è il fallimento di una classe politica rivelatasi incapace negli ultimi 20 anni di capire che le dimensioni della struttura gioiese siano tali da non poter restringere la visione a un regionalismo assolutamente inadeguato". "L’iniziativa – ha concluso Arlacchi – si prefigge proprio questo obiettivo: una presa di coscienza, per coordinare scelte e azioni, indispensabile per il rilancio del porto e del comprensorio".
Nella foto On. Pino Arlacchi. Foto archivio Pianainforma.it
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Dall’intuizione di un imprenditore, un evento mediatico di importanza mondiale
Stocco e Musica, che passione In decine di migliaia a Cittanova, per Capareza e le pietanze di stocco
Un momento del concerto di Caparezza foto di Graziana Di Gioia
di Carmen Ieracitano
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ittanova 12 Agosto 2012. Sono le sei del pomeriggio e la tranquilla cittadina della Piana è già invasa da migliaia di giovani provenienti da tutta la regione e dalla vicina Sicilia per l’evento dell’anno: il concerto di Caparezza, al secolo Michele Salvemini, unica data calabrese per l’ “Eretico tour 4 - L’estinzione” del geniale cantautore molfettese che, negli ultimi anni, è divenuto l’idolo incontrastato delle nuove generazioni italiane. Alle sei e trenta si aprono le transenne e un boato accompagna la caratteristica corsa ad accaparrarsi i posti delle prime file. Proprio come accade nei più grandi stadi italiani, Roma, Milano, Torino… ma è Cit-
Un imprenditore « capace come pochi» tanova questa, è via Campanella, è il Palco della Festa Nazionale dello Stocco, quello dove, di lì a poche ore, si esibirà uno dei maggiori artisti italiani contemporanei, mandando letteralmente in estasi quelle che saranno diventate cinquantamila persone. Un evento senza precedenti, reso possibile dal gemellaggio tra la Stocco&Stocco di Francesco D’Agostino, azienda leader nel settore della produzione del pregiato prodotto ittico, e la ventiseiesima edizione di “Fatti di Musica Radio Jukebox” di Ruggero Pegna, tra i maggiori organizzatori d’eventi in Italia. Alle 22 sale sul palco, Francesco D’Agostino, visibilmente emozionato. E’ fondamentalmente un uomo di semplice estrazione, che, pur essendosi rivelato un imprenditore
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capace come pochi altri in Calabria, da anni avvezzo alla politica che lo ha portato a sedere in Consiglio Provinciale a Reggio Calabria, non si sarebbe forse mai aspettato di parlare di fronte a quella folla enorme, per la quale la macchina organizzativa della festa ha dovuto dislocare tra le vie adiacenti a via Campanella una decina di maxi-schermi che consentissero a tutti di vedere il concerto. Sale sul palco e lo fa per presentare un’altra realtà che sta dietro a quella dello spettacolo offerto straordinariamente questa sera. Una realtà fatta di lavoro quotidiano, di impegno e di cooperazione con la delegazione norvegese che lo segue sul palco, una quindicina di persone, alcune delle quali anche piuttosto anziane, provenienti dalla piccola isola di Vaeroy, nel nord Norvegia, ancora più emozionate del patron della manifestazione, giunte a Cittanova qualche giorno fa per suggellare il rapporto commerciale e d’amicizia con la cittadina con la quale condividono la pesca, la lavorazione e la produzione della specialità gastronomica che, alcune centinaia di metri più in là, oltre la folla di giovani venuta ad assistere al concerto, viene servita in quattro preparazioni tipiche. sugli oltre 1500 tavoli predisposti, per chi è qui anche per una questione di palato, moltissimi anche quelli. Dirà in proposito Giuseppe Gentile della Pro Loco, che ha curato appunto la gestione di questo enorme ristorante a cielo aperto: “Sì, almeno diecimila persone si sono alternate fra i tavoli per gustare le quattro preparazioni previste dal menù, un antipasto, un primo e due secondi preparati secondo le antiche ricette tipicamente cittanovesi. Il tutto, comprensivo di pane e ottimo vino locale, al prezzo veramente competitivo di tredici euro”. I norvegesi aprono la serata intonando alcuni canti tradizionali della loro terra, acclamati dalla folla che si dimostra straordinariamente calorosa e comprensiva. Poi si abbassano le luci e viene il momento tanto atteso. Caparezza fa letteralmente irruzione sul palco, accolto da un boato assordante. Per oltre due ore terrà in pugno la folla in delirio regalando loro non semplicemente un concerto, ma uno spettacolo completo ,dove ai brani tanto conosciuti e amati, si alterneranno trovate sceniche,
Sopra: un momento del concerto di Caparezza foto di Graziana Di Gioia A sinistra: La Delegazione Norvegese
cambi di costume, sorprese ed effetti speciali senza mai un calo di tono, una caduta di stile, un solo momento di stasi, anzi un crescendo continuo con quella straordinaria capacità dell’artista che si ritrova a sorprendere e contemporaneamente a interpretare il pensiero comune, a essere semplice, uno di noi in un mondo che non va , e star nello stesso momento. E si balla tutti insieme, la folla ondeggia in via Campanella, fa paura a tratti, ma non fa danni di sorta nella realtà. Nulla turba la magica notte di una Cittanova stasera più giovane che mai, a scapito della fuga di cervelli e braccia forti cui è soggetta come tutti i piccoli centri, specie quelli del Sud. Una notte destinata a rimanere nella memoria collettiva come un sogno realizzato.
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Quando il cibo diventa un alibi di Mara Cannatà
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Dipendenza da cibi e dintorni
nni fa nessuno avrebbe affermato una similitudine tra mangiare troppo e drogarsi. Oggi, grazie a recenti ricerche scientifiche e cioè monitorando un gruppo di neuroni presenti in alcune zone del cervello (circuiti di ricompensa del cervello situati nel mesencefalo) che controllano il senso di fame, i ricercatori hanno evidenziato che questi sono associati alle abbuffate e a comportamenti non alimentari, come la dipendenza delle droghe o l’interesse per stimoli esterni (videogiochi, gioco d’azzardo). La dipendenza è caratterizzata dall’impellenza di utilizzare una sostanza, da un consumo incontrollato e dall’esistenza di sintomi di astinenza (come ansietà e irritabilità) quando viene impedito l’accesso alla sostanza. Studi recenti, effettuati su ratti di laboratorio, hanno mostrato che la ripetuta assunzione di zuccheri può sensibilizzare i recettori cerebrali alla dopamina (una sostanza prodotta nel cervello quando si prova piacere) in modo simile all’abuso di droghe illecite. Il forte desiderio di un alimento appetibile (come il cioccolato, la pizza, il gelato) è in conflitto con la necessità, imposta dalla società, di diminuire l’assunzione degli alimenti, rendendo così il desiderio per il cibo più pronunciato e considerato come una dipendenza. Le voglie di cibo sono significative perché possono avere un ruolo nella sovralimentazione, nella bulimia
e nell’obesità. Esistono varie teorie per spiegare la relazione tra voglie di cibo e disordini alimentari: a seconda degli autori, ad esempio, è stato suggerito che le persone ingeriscono carboidrati nel tentativo di migliorare l’umore oppure che vi è un aumento nella serotonina cerebrale (una sostanza che ha un ruolo importante nella regolazione dell’umore e dell’appetito). Un aumento dell’appetito può essere associato anche alla perdita di interesse verso altri stimoli esterni o novità. Lo stesso meccanismo che si mette in moto, all’opposto, quando si assume la cocaina, facendo perdere al cibo ogni capacità attrattiva. Molti soggetti in sovrappeso, che lottano contro il pensiero del cibo, falliscono nel tentativo di controllo dell’appetito perché non sono in grado di gestire gli istinti famelici: ciò dipenderebbe, dunque, da fattori neurologici. L’esperienza insegna che in questi soggetti “mentalmente” predisposti alle
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abbuffate, la dieta aumenta pensieri e istinti riguardanti il cibo, che diventa pensiero ossessivo, sino al punto di impedire il dimagrimento; queste persone sanno che la questione non si esaurisce nella perdita di peso e che il problema dell’appetito ritornerà anche dopo essere dimagriti, causando o un nuovo ingrassamento o, comunque, un disagio cronico rispetto alla necessità di arginare questo aumento. Le terapie farmacologiche per il controllo dell’appetito sono efficaci nella bulimia, ma ad oggi non esiste un farmaco affidabile e sicuro capace di controllare l’appetito di gente che è sostanzialmente sana ma “vorace”; la dipendenza da cibo è quindi da considerarsi come una patologia, in cui l’alterato rapporto con il cibo, vissuto in maniera eccessivamente urgente e intensa, si può esprimere nei seguenti modi: mangiare più velocemente del normale, arrivando quasi a non gustare il cibo stesso; mangiare da soli, talora con la tendenza a mangiare meno quando si è con altre persone; mangiare anche quando si ha sazietà, usando sistemi per rilassare lo stomaco e favorire il transito (bere acqua e caffè, raramente il vomito autoindotto); mangiare senza fame; pur avendo mangiato a sazietà, si ha una sensazione di malessere; avere il pensiero del cibo in quasi tutte le altre attività quotidiane; avere la sensazione di un crescente impegno di tempo e denaro per il cibo. Per questi casi, dunque, non serve tanto un bravo dietologo, quanto piuttosto uno psicoterapeuta che riesca ad intraprendere il giusto percorso riabilitativo ed educativo-comportamentale. Spesso questi trattamenti sono lunghi e impegnativi, ma regolarizzano le abitudini alimentari e aiutano a prevenire le ricadute.
Un rischio in agguato per tanti adolescenti in conflitto esistenziale
Nel tunnel del digiuno
La testimonianza di una ragazza guarita dall'anoressia
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on è facile parlare di una malattia sempre più diffusa tra i giovani e che, in prima persona, ho vissuto: l'anoressia. In seconda media, un prof. di ed. fisica decise di sottoporci a un test misurando l'altezza, la resistenza e il peso. Uno ad uno fummo chiamati alla cattedra, io ero l'ultima e non avevo problemi nel dire il mio peso, il disagio me lo creò quel professore: "Dovresti vergognarti" - mi disse - perché col mio peso - 57 Kg - "formavo un'intera classe". Oltre a me, c'erano solo altre due ragazze, magrissime e sotto peso: 42kg e 45k . Mi sentiii subito estranea. Da lì... è iniziata "la mia malattia". Tornai a casa sconvolta, volevo parlarne con mia madre, ma non ci riuscivo e mi tenevo tutto dentro. A pranzo mangiai solo una fetta di pane e prosciutto, ripensavo alle parole del professore e a cena nuovamente una fetta di pane e prosciutto. Ogni giorno mangiavo sempre meno: la mattina solo una gomma da masticare, a pranzo una fetta di melone e poi a digiuno fino al mezzogiorno seguente. Inizialmente i miei genitori non ci fecero caso; dopo iniziarono a preoccuparsi. I giorni passavano, mi pesai e avevo 54kg. Ero contenta, volevo dirlo ai miei compagni, ma continuavo a non parlare con nessuno... da lì entrai in un mondo diverso da quello in cui vivevo, un mondo tutto mio!! A scuola mi sentivo dire: "Mamma mia Carmela quanto stai dimagrendo", a casa i miei genitori mi sgridavano perché non mangiavo, e io come se nulla fosse... Mi portarono al policlinico di Messina. Non capivo il motivo, ricordo solo di aver parlato in una stanza con una psicologa. Poco dopo essere tornata a casa, il primario telefonò a mia madre, dicendole che non avrebbero dovuto riportarmi a casa perchè ero all'inizio di un'anoressia. Mia madre lo disse a mio padre e mi portarono da una psicologa, amica di famiglia. Perdevo peso ogni giorno. Tutti facevano l'impossibile per farmi mangiare, ma io niente, ragionavo per conto mio. Una professoressa di musica, divenuta per me una seconda mamma, appena seppe del mio problema iniziò a seguirmi in modo incessante. Voleva sapere se mangiavo o meno, mi chiamava all'uscita della scuola per dirmi come stavo, parlava costantemente al telefono con mia madre... sempre accanto a me. L'unica cosa che mi faceva stare bene era la danza, ma i miei decisero di vietarmela almeno fino a quando non avessi ripreso a mangiare. Continuavo a vivere lontano da tutti, isolandomi anche dai miei che erano disperati, vedendomi perder sempre più peso. Un giorno la psicologa mi disse: "Carmela, pesi 35kg, se fra una settimana ritorni e hai perso pure solo un grammo, io ti mando al centro per anoressici di Milano". Tornai a casa come se nulla fosse, non parlavo; rispondevo sgarbatamente, non dialogavo, non uscivo, non facevo nulla: andavo solo a scuola sfruttando nello studio le residue forze. Due giorni dopo, avevo perso altri 2kg. e i miei compagni per farmi distrarre mi avevano portato in pizzeria quando di colpo squillò il telefono: era mia zia e mi voleva urgentemente. Tornai a casa; mia madre piangeva a dirotto: la psicologa le aveva detto che io ero in grave anoressia, rischiavo la vita e dovevo andare subito a Milano. Nel vedere quelle lacrime ,fu come se nella mia testa scattasse un qualcosa capace di farmi cambiare. La mattina dopo dissi: "Mamma oggi voglio mangiare!!" Mia madre iniziò a preparare; la psicologa l'avvertì di farmi mangiare poco e piano perché lo stomaco si era ristretto e rischiavo di vomitare e di andare in bulimia. Ripresi a mangiare pian piano e, resistendo al sintomo del vomito, giunsi ad un pasto completo. Da quel momento dopo 2 anni e mezzo riiniziai una vita normale. Il rifiuto del cibo per un adolescente è spesso motivo di confronto e diviene un rifugio davanti ai problemi, fino ad avere un'alimentazione sbagliata. Emilo Zola, che considerò la famiglia come punto importante nella vita di un essere umano, lo ritrovo particolarmente vicino alle vittime dell'anoressia, che solo grazie alla famiglia spesso riescono a guarire. Ecco perchè ho voluto raccontare la mia storia.
Nella splendida cornice di Palazzo Fallara
Il Premio Calabria-America Ideato da Mimmo Morogallo è alla XVII edizione
di Caterina Sorbara
Il pittore Mimmo Morogallo assieme a Joe Chirico (originario di San Martino di Taurianova) Presidente ristoratori di New York durante la cerimonia del Columbus Day
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nche quest’anno, nel mese di Settembre, si è svolta a Gioia Tauro, nella splendida cornice di Palazzo Fallara, la cerimonia di consegna del Premio Calabria - America, giunto alla XVII edizione che tanto lustro da non solo alla città di Gioia Tauro, ma a tutta la Calabria. Il premio, ormai iscritto nell’ambito dei più prestigiosi premi della Calabria, è nato grazie all’impegno e alla volontà di un grande artista: il maestro Mimmo Morogallo, pittore giramondo, con l’intento di mettere in luce le eccellenze calabresi che, come lui, si sono affermate, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Tanto per fare un esempio: Stati Uniti, Canada, America Latina e Australia. Questo premio, ha il grande merito di esaltare quei valori che, storicamente, hanno segnato il percorso migliore della gente della Calabria, terra oggi degnamente rappresentata proprio da coloro i quali vengono insigniti del riconoscimento. Va da sé, quindi, che il merito del Premio, oltre alla notevole connotazione culturale, va a costituire un’occasione che pone l’accento sulle problematiche storiche e antropologiche legate all’emigrazione ed integrazione dei calabresi all’estero. A riprova di ciò, l’opera che il Maestro Morogallo ha voluto fare, è un omaggio ai calabresi nel mondo, raffigurante l’immagine di una donna che poggia sulla Calabria la bandiera nazionale di fronte alla quale si stagliano le navi degli emigranti, un moderno aereo, la statua della libertà e i grattacieli di New York e Toronto,che viene riprodotta negli inviti e nei riconoscimenti. Il premio si avvale del contributo di esperti qualificati e docenti universitari, rigorosamente scelti dal maestro Morogallo. Quest’anno hanno presentato la serata i bravissimi giornalisti Antonella Chirico e Francesco Chindemi. Il numeroso pubblico presente è stato deliziato dalle musiche dell’Orchestra Giovanile di Fiati di Laureana di Borrello, diretta dal Maestro Maurizio Managò. Hanno ricevuto l’ambito riconoscimento: Francesco Talarico, Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Raffaella Cuppari, Docente Facoltà di Scienze Economiche, Buenos Aires, Antonio Ferraro, Stilista, Buenos Aires,Pino Guglielmo, Giornalista Rai International New York, Don Antonio Tarzia, Teologo, Direttore della rivista Jesus, Milano, Francesco Vadalà, imprenditore, Palmi, Francesco Verderami, giornalista, Corriere della Sera, Gioia Tauro, Gerardo Gatto, Associazione Culturale Calabresi, Cinisello Balsamo (Mi), Domenico Marasco, Editore Direttore delle testate VDG Magazine Milano, Maurizio Managò, maestro di musica, Seminara (RC), Menotti Mazzuca, Direttore Medicine Nuclear Division, Toronto., Gabriella Corsaro, soprano, direttore di coro del Teatro Regio di Parma, una delle voci più interessanti e tecnicamente dotate della sua generazione, Pietro Paolo Poidimani, Presidente Associazioni degli Italiani nel Mondo, Stanislao Rizzo, Centro Chirurgia Oftalmica Ospedaliera Universitaria di Pisa. Una serata davvero speciale, all’insegna della cultura e della professionalità, simbolo del vero volto della Calabria, il volto che, del resto, traspare in tutte le opere del maestro Morogallo.
Sotto: Olio su tela “La Vivandiera”
Sotto: Olio su tela “Mare e Musica”
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Giardini Musicali di Carmen Ieracitano
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giardini della Villa Comunale di Cittanova trasformati in un teatro dell’opera a cielo aperto: una magia possibile realizzata lo scorso 11 agosto grazie all’impegno coeso di moltissime associazioni e aziende, fra le quali occorre ricordare la Buffet Crampon di Parigi, azienda leader nella produzione di clarinetti, la Medcenter Container Terminal del Porto di Gioia Tauro, l’AIG (Associazione Italiana degli alberghi per la Gioventù), l’impresa Edile Pronestì, Radio Eco Sud, Villanuccia, Pro-Fondazione Carlo Ruggero, Pro-Loco Cittanova, BiCittanova Club, UILDM Cittanova, Arte e Dintorni, Il Progresso, A.S. Cittanova Calcio “Enzo Furfaro”, Amici di Santa Maria, Gruppo Majorettes, Banda Musicale di Cittanova e Lato 2, che si è fatta promotrice e coordinatrice dell’evento, con il patrocinio della Regione Calabria, della Provincia e del Comune di Cittanova, tutti aventi in comune un unico scopo, quello di rendere omaggio alla memoria di un concittadino e di un amico che ha donato tutto se stesso alla musica e all’impegno sociale e umanitario, Vincenzo Furfaro, in occasione della ricorrenza del primo anniversario della scomparsa. Con questo spirito è stata realizzata “Giardini Musicali”, iniziativa con programma ripartito in due tempi. Nella prima parte, alle ore 19.00, espressamente dedicata a Furfaro, egli stesso clarinettista per anni nella banda comunale, e intitolata “Cecè: flash-movie per solista, quartetto e orchestra di clarinetti” è stata eseguita in prima assoluta una partitura del compositore cittanovese Girolamo Deraco, diretta dal maestro Mauro Fabbri, con la regia di Nino Cannatà che, assieme allo stesso Deraco, si è assunto la direzione artistica dell’intera manifestazione, all’esecuzione della quale hanno preso parte il tenore polistenese Francesco Anile, il clarinetto solista di Fabrizio Meloni, il Nigun Clarinet Quartet e un’ orchestra estemporanea di clarinetti su una suggestiva scenografia montata al centro della grande vasca d’acqua che domina
il centro dei giardini pubblici. La seconda parte del programma, svoltasi con lieve ritardo sul previsto orario delle 22.00 a causa di un imprevisto e quanto mai inatteso scroscio temporalesco, ha visto l’esibizione di un medley di brani classici e contemporanei eseguiti da un’orchestra composta da oltre duecento clarinettisti provenienti da tutta la regione e oltre gli stessi confini di questa. “Aderire a questa manifestazione significa dare corpo a un’idea – ha detto in proposito il direttore artistico Nino Cannatà – che si preannuncia già come una nuova apertura, nel cuore del Mediterraneo, alla sperimentazione innovativa nel campo teatrale e musicale”. Per il tenore Anile è invece il sentimento la chiave portante di tutto: “Il sentimento di fratellanza e un sud che aspetta da molto tempo di ripartire, che anela a un cambiamento epocale da farsi con la volontà di tutti. Noi iniziamo da qui, dalla nostra grande forza che è la cultura.” Suggestiva la descrizione tecnica riportata da Fabrizio Meloni, primo clarinetto del Teatro alla Scala di Milano, la cui partecipazione straordinaria ha dato alla manifestazione la rifinitura d’eccellenza, poco prima dell’evento: “La difficoltà consiste nel mettere insieme tutti i duecento clarinetti, il trait d’union sarà il quartetto, che crea una linea dinamica nuova insieme al solista. Sarà una costruzione che darà una dimensione nuova, una nuova comunicazione, per toccare corde specifiche, giocando su tutti i registri, dal grave all’acuto, del clarinetto e stereofonicamente tutti i clarinetti che saranno il supporto di colore. A dare un ottimo spunto ci saranno anche le campane della chiesa di San Rocco; il tutto è dunque ben congeniato, ben scritto, per creare una soluzione che possa essere semplicemente efficace.“Chi vi ha assistito ben lo sa: così è stato”.
100 candeline per Nonna Marianna
Marianna Topa festeggia un secolo di vita di Gaetano Mamone
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l 5 settembre scorso, circondata dai figli, dai nipoti e dai numerosi pronipoti, otlre che da moltissimi amici e dalle autorità cittadine che al termine di un rito eucaristico celebrato dall'Arc. Alfonso Franco l’hanno omaggiata di una targa ricordo, ha festeggiato il secolo di vita la Sig.ra Marianna Topa. Ancora lucidissima, la centenaria si è mostrata incuriosita e per nulla infastidita dalle luci della ribalta che per un giorno si sono accese per lei. La giornata si è poi conclusa con il taglio della torta in un noto ristorante. Per la cronaca, uno dei nipoti della Sig.ra Topa è il cantautore Jack Alviano, oggi apprezzata cover di Rino Gaetano.
Padre Stefano De Fiores Il tedoforo della mariologia contemporanea
di Mimmo Petullà
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l mio incontro con Padre Stefano De Fiores – missionario monfortano e mariologo di fama mondiale – risale a diversi anni fa, artefice il fratello Tito. Nel rapporto con l’insigne studioso, immediatamente, emerse una linea diretta tra l’allievo e il suo stimato maestro: grande e carismatico uomo che ha determinato l’avvio di un importante percorso formativo, che, da una parte, mi ha sollecitato ad approfondire ulteriormente il pensare e il vivere la cultura – anche attraverso un processo di consapevolizzazione spirituale- e dall’altra, mi ha consentito di consolidare una metodologia della ricerca, in prevalenza mariologica, capace di avventurarsi in un audace dialogo con le scienze umane, a partire dalla sociologia e dall’antropologia. Con affetto devoto e ammirazione, dunque, mi cimento nel tentativo di proporre un succinto profilo dell’illustre mariologo, con il quale ho condiviso attività di ricerca e di studio e la partecipazione a convegni – nazionali e internazionali –, nei quali volle coinvolgermi attivamente, come nell’incontro tenutosi a Bogotà, in Colombia, dove volle che svolgessi una relazione. Il percorso di Padre Stefano De Fiores parte nel lontano 1968, quando Padre Gabriele Maria Raschini, il più eminente esponente della Mariologia – almeno fino al Concilio Ecumenico Vaticano II – dopo aver recensito “Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa”, un libro di Padre Stefano, profeticamente disse:"Padre De Fiores io le passo la fiaccola della Mariologia". Si è del parere che non esista espressione più autorevole e più eloquente di questa, per cogliere l’incommensurabile pa-
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Nelle foto Padre Stefano De Fiores
trimonio storico della dottrina – circa il culto di Maria – che il Padre monfortano ha audacemente ereditato. Uno straordinario passaggio di consegne, foriero di una svolta epocale, che consente a Padre Stefano di elaborare e di interconnettere la mariologia con i vari settori della teologia, per contestualizzare la figura della Vergine nel terreno storico/salvifico. Una validità di senso, questa, che ha percorso – per oltre un quarantennio – il panorama della realtà teologico/ecclesiale, proponendosi come un indiscutibile paradigma di approccio metodologico per accostarsi al tema mariano nel segno delle più rinnovate istanze post-conciliari. Dall’originalissima riflessione sulla figura della Vergine, di Padre Stefano De Fiores è possibile approfondire una fondamentale chiave di comprensione: l’impossibilità di sottovalutare – perciò di non affrontare – il discorso mariano come elemento cruciale della storia della salvezza. In questa direzione il suo successivo e magistrale contributo consiste, tra l’altro, nell’evidenziare, come fatto assolutamente acquisito. che il campo di ricerca teologica su Maria non possa non essere animato, prioritariamente e mediante rinnovate modalità, dalla Parola di Dio. L’importanza della costruzione, di quella che può essere definita una vera e propria teologia biblica, sulla figura della madre di Gesù, riesce a schiudere – di conseguenza – orizzonti ecumenici di ampio respiro, nel felice tentativo di una continua valorizzazione dell’urgente sfida di dialogo con le altre confessioni cristiane. Padre Stefano, allo stesso tempo, poneva un accento particolare sulla priorità che la mariologia non perdesse mai di vista la sua connaturale colleganza con gli ambiti della teologia, a partire dalla cristologia e dall’ecclesiologia. Un’altra nota fondamentale del pensiero di Padre de Fiores è nel concetto di inculturazione: prospettiva, quest’ultima, intesa come un nuovo impe-
gno, sviluppato tenendo conto delle varie istanze metodologico-contenutistiche del rinnovato discorso teologico, a sua volta incoraggiato da taluni documenti magisteriali. Come non ricordare, a questo proposito, il Congresso Mariologico Internazionale – del 1983 a Malta – dove Padre Stefano presentò “Il culto mariano nel contesto culturale dell’Europa nei secoli XVII – XVIII”. In quel contesto lo studioso indicherà – per la prima volta nel panorama teologico e mariologico internazionale – “una lettura culturale” di tale culto. Altrettanto fondamentale è ricordare, l’assoluta novità mariologica, contenuta nel volume Maria Madre di Gesù: sintesi storico salvifica, con la quale Padre Stefano – partendo dai principi unificanti della Bibbia – giunse alla nodale e storica conclusione che a Maria appartiene il titolo di “microstoria della salvezza”, in quanto: “in lei si danno convegno e si intrecciano i modi di agire divini e, ancora, in lei si trova la risposta esemplare agli interventi di Dio nella storia della salvezza”. Una definizione rivoluzionaria – anche se non pienamente colta da altri studiosi –, che consente di comprendere come nella vicenda di Maria si concentri il complessivo piano salvifico di Dio. Dalla vasta e variegata riflessione di Padre Stefano, emerge altresì la necessità del confronto interdisciplinare, proposto, a più riprese, come un concreto tentativo di rispondere – contro ogni forma di parcellizzazione del sapere – a un’esigenza di globalità, che, a sua volta, favorisce la possibilità di cogliere, in un modo certamente nuovo, l’unità del progetto salvifico di Dio. Si può, pertanto, sostenere che la mariologia di Padre Stefano intenda accogliere, senza esitanza alcuna, le sfide che sorgono dalle problematiche della prassi storica: proporre, in modo rigoroso e sistematico, la figura di Maria – la “Serva del Signore” – quale imperituro modello e, più propriamente, come un paradigma antropologico per il terzo millennio. Tesi e linee di pensiero scientificamente strutturate nelle sue oltre trenta opere, che rappresentano un ulteriore riconoscimento – come scrive l’Osservatore Romano – “di un’attività editoriale feconda per quantità e qualità ”. A onor del vero non dovrebbe meravigliare molto la sua produzione bibliografica. Difatti, l’interesse di Padre Stefano verso le problematiche mariologiche, si è compiuto – com’è stato possibile constatare – nella incessante ricerca delle loro radici storiche, nello studio delle motivazioni dottrinali, nell'attenzione per il suo organico inserimento nel culto cristiano, nella valutazione delle sue espressioni biblico – liturgiche, come pure nelle molteplici manifestazioni della pietà popolare. Con la scomparsa di Padre Stefano De Fiores – 14 Aprile 2012 – la Chiesa Cattolica si scopre certamente più povera. La medesima percezione si percepisce nella terra di Calabria e nella sua amata San Luca, cui ha voluto ridare amorevoli e speranzosi motivi di orgoglio, da ricercare nell’indissolubile binomio fede/cultura. Nella prospettiva del recupero della sua memoria, proprio da San Luca è partita – recentemente – un’interessante iniziativa culturale, che ha portato alla costituzione del “Centro studi Padre Stefano De Fiores”.
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Il Monastero rupestre
di S. Elia Speleota a Melicuccà un culto ed una tradizione che hanno origini antiche di Gianluca Sapio
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l periodo alto medievale calabrese fu contraddistinto da un fenomeno culturale e sociale importante come il monachesimo di rito greco ortodosso. Già a partire dal V sec., le prime povere comunità di monaci asceti di rito ortodosso, trovarono la loro sede ideale nelle province occidentali dell’impero bizantino. Il thema di Calabria, ben presto, anche in seguito a grossi sconvolgimenti sociali e religiosi come l’iconoclastia, fu disseminato di monasteri, asceteri e luoghi di eremitaggio, in cui le povere comunità monastiche ebbero modo di crescere economicamente e radicarsi all’interno della società rurale. Il monastero rupestre di S. Elia di Melicuccà (Rc), fu per questa fase storica uno dei centri religiosi più importanti. Già il luogo ove sorge il complesso, compreso tra la cosiddetta valle della “Saline” ed il monte S. Elia, è considerato, ancora oggi, dai monaci di rito orientale un vero e proprio “luogo santo”. Figure importanti di santi ortodossi, come “S. Fantino”, “S. Elia Speleota”, “S. Luca di Bova”, ecc. vissero ed operarono proprio in questo angolo di Calabria, lasciando una profondissima impronta nella cultura e nelle tradizioni locali. Ogni anno i fedeli di Melicuccà si recano l’11 Settembre presso il complesso rupestre ad officiare il rito in onore di S. Elia lo Speleota (abitatore delle grotte). Nell’antro principale del complesso sono bene evidenti i segni di una devozione antica: dietro l’altare due piccole lapidi marmoree incastonate nella parete di arenaria durante la prima metà del XIX sec. commemorano il santo scacciatore di demoni (“fugat demones”) in ricordo del popolare episodio avvenuto, secondo la tradizione, nei boschi del monte S. Elia. La seconda lapide venne dedicata nel 1856 al Mons. Filippo Mincione, vescovo di Mileto, noto per la sua passione antiquaria per la storia locale. La vaschetta posta su di una bassa colonna nei pressi dell’ingresso dell’antro raccoglie l’acqua che sgorga da una fenditura del soffitto considerata opera miracolosa del santo. Nel 2005, una serie di scavi realizzati dalla Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, hanno permesso di portare in luce tutti gli ambienti del complesso monastico rupestre di X sec., posto lungo il costone collinare rivolto ad est, verso la Valle delle Saline. I monaci vivevano in piccole grotte (ripari sotto roccia) ,avendo come unico luogo di riunione il grande antro che è, ancora oggi, centro di venerazione. Gli scavi hanno portato in luce un palmento per la produ-
Sopra: Interno della grotta principale del complesso
A sinistra: Iconografia di S.Elia Speleota A destra: Esterno della grotta principale
zione del vino ed alcune povere sepolture concentrate attorno ad una tomba principale, che potrebbe essere stata quella di S. Elia Speleota, fondatore del monastero. Questo santo (detto alche “il Giovane” per distinguerlo da un suo omonimo) visse fra l’863 ed il 960, tra Reggio ed il Monastero di Melicuccà; i suoi resti mortali rimasero presso il sito rupestre fino al 1747, quando un giovane del posto, Antonio Germanò, guarì improvvisamente da una grave malattia dopo aver ritrovato i resti mortali il 2 Agosto. Da allora, le spoglie del santo vennero trasferite presso la Chiesa parrocchiale di Melicuccà. Il Monastero rupestre continuò a svolgere il suo ruolo di riferimento religioso, in esso vissero ed operarono altri santi uomini, come “S. Luca di Bova”; il suo abbandono dovette avvenire tra la fine del Medioevo e l’età moderna, anche se la memoria di S. Elia Speleota e la devozione della comunità locale resistono ancora oggi.
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La decorata cornice della Piana
Le cascate Mundu e Galasia di Molochio di Diego De Maio
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uesta rubrica escursionistica, propostami dagli amici Luigi Mamone e Gino Cordova, intende far conoscere le straordinarie bellezze naturali ed i notevoli siti storici (sovente abbinati) del nostro territorio, affinché possano essere meglio valorizzati e quindi opportunamente tutelati e salvaguardati. Nel primo itinerario, prettamente paesaggistico, si ammireranno le incantevoli e a noi vicinissime cascate Mundu e Galasia di Molochio, facilmente raggiungibili dalla sottostante Piana. Infatti, dopo aver percorso soltanto 6 km, salendo dal paese pedemontano verso il Villaggio di Trepitò (conosciuto anche come Villaggio ENAL), si arriverà agli 812 m. della curva destrorsa di Grancu (contraddistinta da una staccionata sulla sinistra) per parcheggiare nella apposita piazzola. Attraversata la strada si scorgeranno dallo stupendo affaccio, ascoltandole pure nella loro voce, le due scroscianti cascate. Dal punto panoramico, muniti dell’indispensabile bastone e calzando obbligatoriamente gli scarponi da montagna, si inizierà a scendere lungo l’antico sentiero che porta sul Vallone Mundu e poi sul Barvi. Nella discesa tra la fitta vegetazione, si potrà notare, sulla sinistra, un bell’ esemplare di tasso, albero ormai piuttosto raro nei nostri boschi. Continuando a zigzagare sino al lussureggiante fondovalle si raggiungerà il letto del torrente che presenta un interessante fenomeno botanico di inversione altimetrica, dovuto al particolare ecosistema, che favorisce la crescita della faggeta eccezionalmente al di sotto della lecceta. Costeggiando sulla sinistra il corso d’acqua, per ora senza attraversarlo, si scenderà quasi verticalmente lungo il ripido camminamento, reso comunque agibile dal frequente passaggio di escursionisti. Già da questa prospettiva la cascata Mundu, alta quasi 50 metri, si svelerà in tutta la sua bellezza. Una volta raggiunto il bordo della pozza, si avrà modo di ammirare l’autentica peculiarità dell’incontaminato angolo, ovvero la preistorica felce Woodwardia radicans. Tale “fossile vivente”, la cui origine risale all’Era Terziaria, è una specie termofila diffusa ai tropici ma molto rara in Italia dove purtroppo è a rischio d’estinzione. Le sue fronde, ritenute tra le più eleganti della Terra, possono misurare anche i due metri di lunghezza. Risaliti dallo stesso viottolo, si affiancherà il torrente sino alla faggeta iniziale, per stavolta attraversarlo grazie ad un rustico ponticello. Nell’altra sponda si salirà brevemente lungo il costone del “Serro da Nafrara” sino alla prima curva ad U sulla destra. A questo punto si lascerà il sentiero principale per immettersi, immediatamente a sinistra, su uno scosceso “violu”, tra grandi lecci dalle lunghe e robuste liane, che scende sino al torrente Barvi. Risalendo lo stesso, senza guadarlo, si giungerà, dopo la breve arrampicata su una pietrosa frana, al cospetto della spumeggiante cascata Galasia (m. 654) dagli antichi pastori chiamata “A CRAPA JANCA”. La cascata miracolosamente intatta, nei suoi 65 metri di altezza e nella sua pittoresca architettura, dopo la recente frana caduta su parte della sua pozza balneabile, è senza dubbio la più suggestiva tra le diverse che precipitano dal versante occidentale del Dossone della Melia. La Galasia, come la vicina Mundu, è perenne grazie
Nella foto del Dott. Diego De Maio lo spettacolare salto della cascata Mundu a Molochio
alle rocce di origine cristallina che impediscono alle abbondanti acque di filtrare nel sottosuolo. Dopo l’inevitabile “nebulizzazione” e l’eventuale doccia, stagione permettendo, si ritornerà, dallo stesso percorso dell’andata (ovviamente escludendo la deviazione per la Mundu), alla curva di Grancu. Una volta risaliti in auto, si consiglia, infine, di percorrere i pochissimi chilometri che portano ai 930 m. dell’incomparabile Belvedere Catorella, per offrire ancora il magnifico panorama sulla Piana degli Ulivi che, per il taglio indiscriminato di questi rigogliosi e secolari giganti, rischia di trasformarsi da un verde mare brillante ad un mare di grigio cemento. A conclusione di questo iniziale itinerario mi si consenta di dedicare la rubrica alla memoria del carissimo Pasquale Larosa, vulcanico redattore del mensile Arianova METROPOLIPIANA, che per primo nel lontano 1999, mi invitava a curare sul suo amato giornale la seguita rassegna escursionistica “Respiri di Calabria tra Cultura e Turismo”.
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Il CONI regionale festeggia Rosalba Forciniti
Medaglia di bronzo a Londra di Luigi Mamone
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rande festa i primi di Settembre al CONI di Reggio Calabria, per Rosalba Forciniti, l’olimpionica cosentina portacolori dello Judo italiano a Londra, prima calabrese della storia a conquistare una medaglia olimpica. La bionda atleta, giunta alla Sede del CONI accompagnata dal presidente regionale Mimmo Praticò, è stata accolta da un standing ovation da parte dei presenti: dirigenti di molte federazioni nazionali e autorità politiche, civili e militari. Dopo il saluto di benvenuto, la consegna di un trofeo da parte del presidente Praticò e di altri doni augurali offerti dal Presidente del Coni reggino, Giovanni Filocamo, Rosalba ha preso la parola e ha affascinato tutti con la sua solarità e la sua Nella foto Rosalba Forciniti grande semplicità. Ha ringraziato i genitori per i tanti sacrifici che hanno fatto in questi anni per consentirle di trasferirsi al Nord ed allenarsi fino a raggiungere la meta olimpionica. Ha ringraziato altresì l’Arma dei carabinieri, nelle file del cui gruppo sportivo oggi gareggia e dove – dopo il termine dell’attività agonistica – l’attende un futuro professionale in uniforme. La judoka ha avuto parole di esortazione verso i giovani. Non scoraggiarsi mai, credere e lottare fino in fondo per far si che le aspirazioni si possano avverare. Per la Calabria, infine, – noticina di colore – a Londra, oltre alla medaglia di bronzo della Forciniti, è giunta anche la medaglia della scherma con la forte Arianna Errigo Argento, nel fioretto femminile con il podio tutto azzurro, con Di Francisca (oro) e Vezzali (Bronzo).
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Grande successo a Cittanova per la “Stranotturna di atletica”
Dal Kenya, con amore e con rabbia Due atleti africani di valore mondiale trionfano nella notte cittanovese Fra le donne in piazza d’onore la taurianovese Scionti
di Carmen Ieracitano
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’originalità sta nel farlo di sera. Cosa? Ma correre, naturalmente. Abitudine piuttosto diffusa tra i lavoratori, che solo nelle ore serali hanno tempo da dedicare alla propria forma fisica e vogliono farlo, ma non ancora appannaggio delle vere e proprie manifestazioni di carattere sportivo. Non fino a quando, almeno, Michele Giofrè, noto e forte campione calabrese di atletica leggera, con la collaborazione tecnica dell’Atletica Gioia Tauro e l’appoggio dell’Amministrazione Comunale e delle Associazioni Sportive Cittanovesi, non ha deciso di trasformare la vecchia StraCittanova in Stranotturna Cittanovese, innovando la formula nell’originalità dell’orario, ma mantenendo intatta la sostanza di gara podistica su strada aperta a tutte le categorie che, quest’anno, il secondo nella nuova veste, si è svolta l’8 Agosto. A partire dalle 17.00 con le gare giovanili: la “Corribimbi”, la 100m per i piccoli nati tra il 2007 e il 2009; la Esordienti C, 200m per i nati tra il 2005/2006; la Esordienti B, 300m per i nati tra il 2004/2003; La Esordienti A, 500m per i nati tra il 2001/2002; la Ragazzi/e, 1000m per i nati tra il 1999/2000; la Cadetti, 2000m per i nati tra il 1998/1997. A seguito delle premiazioni
delle categorie giovanili, coppe per i primi tre classificati, medaglia, caramelle e un pacco gara per tutti i partecipanti; alle 20.00 riunione di giuria e concorrenti delle gare per adulti, ripartita anche questa in due tempi: la prima gara, alle 21.00, una non competitiva su un percorso di 4,5 km per tutti gli appassionati non professionisti della corsa; la seconda, la vera e propria Stranotturna Cittanovese, riservata ai soli tesserati, su un percorso di 9 km attraverso le vie principali e il centro storico della cittadina, partita alle 22.00. Di quest’ultima forniamo la classifica finale: alle premiazioni per i primi tre di tutte le categorie FIDAL ass. amat. masters., ha seguito un ricco buffet con frutta e dolci tipici e, visto l’enorme successo riscosso dall’iniziativa lo scorso anno, ai classici premi di coppa, sono stati affiancati dei cesti di prodotti tipici cittanovesi offerti dai vari sponsor della manifestazione, questi ultimi consegnati anche agli atleti della gara non competitiva.
M.C.L. - Movimento Cristiani Lavoratori Circolo "Don Pietro Franco" Taurianova
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‘Associazione culturale musicale TarantallaMania a cura del presidente Giancarlo TARSITANI insegnante dei corsi di ballo del KAULONIA TARANTELLA FESTIVAL in cooperazione con il “M.C.L.” (MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI) circolo Don Pietro Franco apre da NOVEMBRE a TAURIANOVA (via Benedetto Croce, 1) i laboratori di ballo stabile di tarantella del basso jonio reggino, corsi base e di perfezionamento del ballo del corteggiamento. Tutti i giovedì dalle ore 18:00 alle ore 20:00. Storia, simbologia, passi e figure. Per ulteriori informazioni : 339 7871785
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Nella finale sulla spiaggia di Paola
I Campioni del Beach Cross "Trofeo Mediterranee" Lello Carbone e Salvatore Varà dominatori della stagione
di Gaetano Mamone
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l Beach Cross “Trofeo Mediterranee 2012” è andato in archivio sulla spiaggia di Paola (CS), con una superba prova di organizzazione del Moto Club Roggiano Gravina, operativamente rappresentato in loco dai f.lli Lanzillotta, che hanno costruito un evento degno della miglior tradizione del cross su sabbia. 42 piloti, con i minicross in pista solo per l’onore della bandiera non essendo in numero utile a far classe. A ravvivare lo spettacolo in MX 2 e MX1 sono stati i duelli per la conquista del titolo fra Varà e Currenti, e fra Carbone e Prestandrea, tutti superati da pochi punti nelle rispettive classifiche. La gara delle MX2 vedeva uno strepitoso Francesco Lanzillota, (Honda) hole shoot e leader per tre quarti di gara cedere alla pressione di Salvatore Varà (Honda) che vinceva gara e titolo davanti a Salvatore Currenti, in giornata non del tutto felice sulla sua gialla Suzuki. In MX1 Hole shoot per Gianluca Lenti (KTM) che cedeva il comando a Stefano Simone Prestandrea (Honda). Lello Carbone (KTM), ultimo allo start, recuperava, conquistava la testa, cadeva, ripartiva quarto, recuperava di nuovo e nel finale vinceva con merito davanti a Prestandrea facendo suo il titolo. Varà e Prestandrea si aggiudicavano il Trofeo Lillo Nicolò istituito dal CoRe Calabria quest’anno per ricordare il DDG scomparso a Febbraio e che assegna i suoi punti sulla base dell’ordine d’arrivo nelle prove di qualifica. La stagione va in archivio positivamente; oltre che in pista grande risultati nella comunicazione con la pagina FB “BeachMotomediterranee” e i servizi TV web su Pianaiforma.it: l’emittente che ha dato volto e voce ai piloti come in nessun altro campionato di cross si verifica.
Il pilota Pasquale Carbone (KTM) Campione Beach Cross 2012 Classe MX 1 foto: free's Tanaka Press
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