Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 30, Anno 2015 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999
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Picciotti, contrasti onorati e colletti bianchi
Milano: Sangue e morte nella Torre d’Avorio
Viaggio nel pianeta giustizia
Gioia Tauro parla Aldo Alessio
Palmi INAIL 10 anni dopo
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Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663
Corriere della Piana del 20 Aprile 2015
sommario
Il pizzino nel semaforo
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n black out di qualche ora, a Taurianova lo scorso 13 Aprile, giusto il tempo necessario ad una ditta incaricata dall’Enel per effettuare alcuni lavori, ha creato una serie di gravi disagi. Ciò perché moltissimi operatori dell’area interessata nel crocevia fra il Viale Francesco Sofia Alessio e la Via Cappuccini, nulla sapevano dell’interruzione della fornitura di energia e sono stati presi in contropiede. Bar, banca e soprattutto la farmacia, che con la costante necessità di fruire della corrente elettrica per mantenere in temperatura alcuni farmaci da conservarsi in frigo ha subito gravi disagi e qualche danno, con conseguente proteste da parte del titolare che ha ricevuto dalla ditta incaricata la sorprendente rispo-
Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro
Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato a questo numero: Emanuele Di Matteo, Filomena Scarpati, Caterina Sorbara, Giusanna Di Masi, Giovanni Garreffa, Michelangelo Di Stefano, Gen. Angiolo Pellegrini, Carmen Lacquaniti, Veronica Iannello, Chiara Vaticano, Salvatore Marra, Domenico De Angelis, Girolamo Agostino, Marinella Gioffrè, Girolamo Giovinazzo, Francesco Di Masi, Filippo Marino, Diego Demaio. Foto: Mimmo Messineo, Carlo Paluzzi, Free's Tanaka Press, Diego Demaio. Grafica e impaginazione:
Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Stampa: Litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@yahoo.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 20-04-2015 Visit us on
Facebook Errata corrige: nello scorso numero sono stati erroneamente invertiti i nomi degli autori degli articoli di pagina 24 e 25. Ci scusiamo con Nino Martino e Filomena Scarpati.
sta: “Abbiamo messo un cartello sul semaforo”. Ergo, una specie di “pizzino” che nessuno ha letto. Ci domandiamo: nell’era del web, di facebook e dei social network, un messaggio mediatico non sarebbe stato più efficace? Anche il Comune di Taurianova, se avvertito per tempo, avrebbe potuto dar notizia ai cittadini. Tanto a Taurianova, nell’era del terzo commissariamento, non è successo. A maggior gloria della filosofia del pizzino che dagli scenari omertosi della mafia siciliana di Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, Andrea Camilleri e di un Bernardo Provenzano, pirandellianamente ritroviamo nel pizzino attaccato sul palo del semaforo della via Cappuccini di Taurianova. Uno, nessuno e centomila modi di essere inefficienti. Meditiamo gente . . . (L.M.)
4 Editoriale: Sangue e morte nella
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6 Viaggio nel pianeta giustizia
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7 Nessun bavaglio per i giornalisti 8 Aldo Alessio dixit
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Torre d'Avorio
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Palmi: La riqualificazione del quartiere Pille Palmi: Festeggiato il 1° decennale dell'istituzione della sede INAIL Di mafia si muore e di antimafia si campa... Picciotti, contrasti onorati e colletti bianchi
La strage di Via Pipitone Federico di Palermo
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Rosarno: Incontro nel bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco Il coro di Polistena si esibisce al Cilea di Reggio Calabria
19 Le gemelle Scarpari incantano
il maestro Mogol
20 Koa Bosco: delirio col Paravati 21
L’ITIS di Oppido vince il concorso “La Scuola per EXPO 2015”
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Il Rinascimento dell'Aspromonte
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San Giorgio Morgeto: "Sbocciano i fiori della primavera"
Conferito il Ministero del Lettorato a Domenico Lando
Angela Iantosca a Delianuova Delianuova: Incontro con il Vescovo Francesco Oliva
27 Premio Letterario Cittanova 2015
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e Progetto Radici
Delianuova - Scido: Educare alla cittadinanza attiva
Cosoleto: Si è qualificato per le olimpiadi nazionali il diciottenne Sebastiano Pindilli
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La biblioteca di Scido Un luogo del cuore
La Quercia Millenaria Intervista a Sabrina Pietrangeli Paluzzi
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"Un tetto per vivere"
Messa in italiano e “questione del latino”
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Personale di pittura “Real Style” di Luciano Tigani Giuseppe Davi: Il mio omaggio a Joe Cocker Brillante chef di Gioia Tauro, Lorenzo Alessio
Querelle culinaria tra Gioia e Palmi La guerra della "struncatura"
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La decorata cornice della Piana
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Editoriale
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La strage nel Tribunale di Milano
di Luigi Mamone
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pochi giorni di distanza dall’orribile bagno di sangue all’interno del Palazzo di Giustizia di Milano, e dai funerali “solenni” oppur “di Stato”: a maggior gloria - in questa ultima ipotesi - dei potenti e dei grand commis che con facce di circostanza hanno attestato più che giustificato l’inefficienza di un apparato che appare responsabile oggettivo della strage - ancor di più di quanto possa essere materialmente responsabile lo stesso Claudio Giardiello - è inevitabile operare delle riflessioni. Cosa ha spinto Giardiello alla sua tragica scelta di uccidere? Era - o è - quel poco di buono, fallito, bancarottiere, malfidente e pertanto non gestibile neanche da parte dei suoi avvocati? Oppure altre cause possono aver fatto scattare la sua follia omicidiaria? Dio guardi il mondo dall’ira dei buoni! Soleva dirsi. E chi potrebbe escludere che, l’ira incontrollata che ha mosso la mano di Giardiello, non sia la conseguenza di torti o truffe subite in precedenza da chi è abile al punto da trarre in inganno i semplici senza apparentemente violare la legge, incuneandosi fra le maglie di testi di leggi farraginosi e desueti o troppo spesso errati creando situazioni borderline, che di fatto finiscono per essere legittimate da chi in nome
Sangue e morte nella Torre d’Avorio dell’acritico rispetto del dettato di norme talvolta inique - ma ciononostante “leggi dello Stato” ha alla fine decretato il suo fallimento come imprenditore e - senza forse - come “Uomo”, in una Italia dove perfino chi ha fatto ritardo nel pagamento della Luce o del telefono corre il rischio di vedersi iscritto nelle due famigerate banche dati dei cattivi pagatori, protestati e simili, il CRIF e l’Eurispes con effetti preclusivi che perdureranno per decine di anni. Questo per dire che la colpa non è dei giudici che hanno applicato la legge ma di quei cattivi legislatori che le leggi hanno creato senza rendersi conto dei loro possibili effetti distorsivi e delle reazioni incontrollate che esse possono provocare. L’ira funesta di Giardiello si è così abbattuta, personale e incontrollabile nemesi, nei confronti dei suoi ex soci e dell’avvocato - che da difensore e procuratore per qualche vicenda sulla quale non si è parlato molto era diventato teste d’accusa insieme al giudice che ne aveva decretato il fallimento. Altri l’hanno fatta franca o se la sono cavata con ferite alle gambe. Ma questo sangue improvvisamente e deprecabilmente sparso ha ucciso oltre agli uomini le certezze. Quelle residue di una Milano da bere che non c’è più. Quella Milano nella quale i “cummenda” con la bustarella pronta in un mano e l’avvocato di grido al seguito, oggi ostentano meno di una volta il proprio potere, le disponibilità ma probabilmente in nome della logica tipicamente lombarda che “ogni uomo ha un prezzo” di corsie preferenziali nel sottobosco della pubblica amministrazione e nei meandri del sistema giustizia ancora ne continuano ad avere. Il Palazzo di Giustizia di Milano, dopo i colpi sparati da Giardiello appare la Torre d’avorio ferita a morte. Si è detto - con logica tutta italiana - aveva un “tesserino falso”. Ma se anche tanto sia stato nessuno spiega in forza di quale deroga o privilegio gli avvocati o gli impiegati del palazzo potessero entrare armati. Anche se attraverso una corsia preferenziale o un varco dedicato gli avvocati - come tutti i comuni mortali - non possono introdurre armi nel palazzo di giustizia. La realtà non è che un metal detector fosse spento o guasto ma che i controlli fossero assolutamente blandi e diffusamente inefficienti. Tanto, qui, nulla mai è successo! La logica è simile a quella di Schettino: facciamo l’inchino passando vicino alla costa del Giglio: tanto nulla mai è successo. Adesso sarà il momento della autocritica e della ricerca delle responsabilità. Anche oggettive. Chi è il responsabile del funzionamento, della manutenzione, dell’efficienza e della sicurezza dentro il Palazzo di Giustizia? Il Presidente del Tribunale? Quello della Corte d’Appello? Il Ministro? Altri? Chiunque esso sia, dovrebbe essere mandato a giudizio con l’accusa culpa in eligendo e in vigilando e concorso colposo in omicidio plurimo o strage che dir si voglia. Come per i vertici societari di Costa Crociere, mandati a giudizio per le guasconate di Schettino o della sua ciurma di allegri naviganti. Come per i vertici societari di Thyssen Group, mandati a giudizio per i morti nelle acciaierie di Terni e i vertici svizzeri di Eternit per le tante morti da tumore. E condannati: come il Sindaco del paese in cui crollò una scuola fra la cui vittime - tutti scolari - vi era pure sua figlia. E se il Capo del palazzo è un magistrato appare conforme a giustizia che non vi sia deroga al generale principio che tutti gli uomini siano uguali davanti alla legge o che la legge sia uguale per tutti. Se tanto non fosse il Summum Jus diventerebbe - come nella testa di Giardiello - Summa Iniuria. Appare conforme a giustizia che il responsabile del Palazzo di Giustizia di Milano - Magistrato o meno sia mandato a giudizio insieme a Giardiello. E come lui - in altra sede e per vicende diverse venga anche mandato a giudizio Pietro Ciucci, dimissionario patron dell’ANAS, e Ercole Incalza, onnipotente Grand Commis del Ministero delle Infrastrutture che - quà e là in Italia stranamente - crollano poche settimane dopo il collaudo. Milano, con la sua altezzosa boria di capitale morale dell’Italia, fu la patria della corruzione targata Mani Pulite, oggi è la punta dell’Iceberg del disagio di cittadini che talvolta, anziché essere aiutati dalla giustizia (aiutare accertando le verità vere), restano travolti dagli effetti deteriori di leggi fatte da maneggioni a tutela di interessi di bottega, che poi spiegano effetti devastanti sul resto dei cittadini inermi davanti al potere dell’ordine costituito che dichiara il tuo fallimento in base a parametri statistici contabili e non si cura delle centinaia di persone che alla fine di vicende giudiziarie si ritrovano sul lastrico, ridotti a un numero di Codice Fiscale e a un numero su un Registro Generale di Notizie di Reato o a un Numero di Registro Generale Esecuzioni (immobiliari o mobiliari). Disperatamente soli. In un deserto di indifferenza e di assordante silenzio. Come Giardiello.
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di Emanuele Di Matteo Presidente Unione Provinciale Reggio Calabria Movimento Cristiano Lavoratori
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na tra le più illustri Enciclopedie Giuridiche (la Treccani) dà del termine Giustizia una definizione emblematica: “Virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge”. E’ quindi chiaro che il senso di Giustizia sia intimamente connesso a ciò che un popolo intende come giusto. Ciò che non è altrettanto chiaro è la ragione per cui la Giustizia in Italia non funzioni. Fatto questo incontrovertibile, stando anche ai dati diffusi dall’ultimo rapporto della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej), secondo la quale la nostra nazione si sarebbe aggiudicata la maglia nera in relazione ai tempi e costi processuali. Alla fine del 2012 l’Italia era il Paese con più processi penali pendenti, e il secondo, dopo la Germania, per numero di cause civili in attesa di giudizio. Per non parlare poi del costo che ogni singolo cittadino deve sostenere per poter azionare i propri diritti in Tribunale. 73 euro a persona l’anno contro 55,4 euro della media europea. Troppo.
Fra modernismi, ritardi e inefficienze
Viaggio nel pianeta giustizia Con i giudici meglio pagati al mondo Efficienza bocciata dunque, mentre paradossalmente lo stesso rapporto promuove a pieni voti l’informatizzazione, avendo raggiunto “livelli di eccellenza nell’uso dell’informatica nei Tribunali”. Almeno secondo lo stesso rapporto. Il bel Paese ha dunque i Tribunali più informatizzati, i giudici più pagati (un giudice di Cassazione a fine carriera guadagna infatti quasi il doppio dei suoi colleghi europei) ma anche i processi più lunghi, onerosi e numerosi. Con buona pace dell’attribuzione a ciascuno di ciò che è dovuto. Difficile quindi parlare di giustizia se, tra costi di accesso proibitivi, lungaggini processuali ingiustificabili e impunità per chi sbaglia, di giusto pare esserci davvero poco. La stessa definizione del giusto in Italia oggi è quanto mai ardua perché si sta perdendo sempre più la coscienza sociale che riconosce anche i fondamentali e basilari diritti naturali. Chiaro è che in queste condizioni, anche le buone leggi da sole possono poco e non sono sufficienti. Difficile però è determinare se il punto d’inizio di questa perdita di valori sia stato proprio il malfunzionamento della giustizia o se, al contrario, non sia stata piuttosto una mancata giustizia prolungata per anni, a causare un’abitudine all’ingiustizia, fino ad arrivare alla completa mancanza di volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui (non per tutti fortunatamente). Gli ultimi anni hanno visto troppi casi eclatanti di errori giudiziari, dubbie sentenze e
ribaltamenti di fronte, atti a minare sempre più la stessa fiducia nella giustizia. Questo forse perché spesso si tende a decidere sulla base degli indizi e non di prove inconfutabili, o ancor più si confonde il concetto stesso di indizio con quello di prova. E mi sia permesso di dire che è falsa la famosa affermazione secondo la quale “due indizi fanno una prova”. Comunque la si pensi un esempio di ciò è il caso di Perugia. C’è da chiedersi perché, se è vero che i due ragazzi erano innocenti come ha recentemente stabilito la Cassazione ribaltando i precedenti giudizi, la Giustizia Italiana li ha reclusi in carcere per ben 4 anni. Dove erano le prove? Quali erano? Possibile che la Suprema Corte non le abbia viste? A mio giudizio no! Il perenne e secolare scontro tra Politica e Giustizia inoltre mina ulteriormente la credibilità di entrambe. Non basterà dunque una riforma a migliorare la giustizia. Almeno non fino a quando non si riuscirà a trovare un punto d’incontro tra tutte le Istituzioni, necessario a realizzare il vero bene sociale, che garantisca ai cittadini che è il giusto e non l’ingiusto ad essere uguale per tutti nel nostro Paese. E così, forse, non ci troveremo più di fronte al paradosso di non poterci sentire sicuri neppure nei palazzi della Giustizia. E forse nessuno potrà più addurre come alibi alla propria follia, di essere stato armato nell’uccidere 4 persone, dall’ingiustizia della Giustizia Italiana!
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Informazione libera e libertà d’informazione
Nessun bavaglio per i giornalisti
di Filomena Scarpati
La Posizione di Carlo Parisi
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ltimamente sono tanti i casi che ci fanno pensare alle criticità del sistema giuridico che tutela il giornalismo. Pare vogliano mettere a repentaglio la libertà fondamentale da cui nasce, tutelata dalla Costituzione. Libertà inalienabile che non si può consentire in nessun modo di attaccare , in quanto legata al diritto dei cittadini di essere informati di ciò che accade quotidianamente attorno a loro. Non pare che sia possibile mettere il bavaglio alla notizia, diversamente finiremmo per vivere nell’oscurità di tenebre da cui diviene difficile liberarsi. La speranza esistenziale di ciascun uomo è di vivere illuminati dalla ragione, che faccia costantemente chiarezza sulle vie da percorrere che non possono prescindere dalla verità e dalla giustizia il cui senso non può disperdersi nel nulla. L’assillo continuo per un giornalista di sbagliare incorrendo in sanzioni penali, potrebbe compromettere la notizia stessa non garantendo al cittadino il reale diritto all’informazione. Il rispetto pieno delle norme nell’essere governati, amministrati e tutelati, rientra nei sacrosanti diritti dei cittadini, attraverso la retta applicazione dei quali, si ottiene il bene comune. Così non sempre avviene e qualora si verifichino fatti di lieve o rilevante entità, l’informazione deve avere il suo regolare decorso senza formalizzarsi sulla fonte se è riservata o meno, oppure se vige su di essa il segreto istruttorio. Sono dei veri contraddittori che non consentono nè al giornalista di operare in piena libertà, nè al lettore di essere informato sullo stato e la verità dei fatti. E’ sicuramente necessario che il Parlamento intervenga su questi aspetti, con una serie di norme che contemplano, oltre al diritto pieno per i citta-
E’ quasi inspiegabile come un bene immateriale come l’informazione possa trasformarsi in “refurtiva ricettata”. dini all’informazione, le tutele necessarie per i giornalisti tenuti a dare le informazioni, sfatando quelle limitazioni che non garantiscano in modo pieno nè i diritti del cittadino nè la libertà dei giornalisti nel fare cronaca. Ci ritroviamo in una fase in cui regna solo confusione per mancanza di una disciplina giuridica più specifica che regoli la materia in discussione, con l’aggravante che questa vacanza normativa comporta rischi di tipo penale per i col-
leghi che fanno semplicemente il proprio dovere e null’altro, tanto da portare Carlo Parisi, presidente dell’ordine dei giornalisti della provincia di Reggio Calabria e segretario del Sindacato dei Giornalisti della Calabria ad esprimersi con le testuali affermazioni che si riportano solo per la parte che riguardano l’argomento trattato nel presente articolo: << Urgente più che mai appare, dunque l’intervento del Parlamento sulla diffamazione a mezzo stampa. Scontata l’esigenza di porre fine all’aberrante ipotesi di punire i giornalisti con il carcere, è indifferibile l’esigenza di stroncare le querele temerarie, o peggio, le minacce di querele, usate come strumento di intimidazione e di censura della libertà di stampa. E’ necessario prevedere una chiara ed efficace normativa contro le querele temerarie ed i risarcimenti milionari, oltre a regolamentare l’informazione sul web, la normativa sul diritto all’oblio e gli obblighi di documentate controverità in caso di richiesta di rettifica e l’ultima “variante” rappresentata dalla ricettazione “di notizie”. Fare il giornalista nella Piana di Gioia Tauro - conclude Carlo Parisi - non può e non deve rappresentare una missione proibita. Non avendo editori alle spalle importanti e disposti a sostenere le spese di giudizio, oltre alla beffa degli stati di crisi (per i quali prendono a singhiozzo stipendi ridotti ai minimi termini), i giornalisti rischiano, infatti, l’autobavaglio preventivo che rappresenta la tomba della libertà di stampa>>. Si resta in attesa, dopo le affermazioni di Carlo Parisi, che gli organi legislativi e giurisdizionali prendano adeguati provvedimenti.
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Aldo Alessio, candidato a Sindaco a Gioia Tauro
di Caterina Sorbara
Alla vigilia delle Amministrative gioiesi il C.d.P. ha contattato i vari candidati sindaci, o aspiranti tali che, a parte Aldo Alessio, hanno rinviato di giorno in giorno le loro dichiarazioni. Pertanto ecco quel che
Aldo Alessio dixit
S
indaco della “Primavera gioiese” Aldo Alessio, sostenuto dalla coalizione “Schieramento Democratico per la rinascita di Gioia Tauro”, è uno dei cinque candidati a Sindaco alle amministrative del 31 Maggio. La sua decisione di competere ancora, per l’elezione a Sindaco di Gioia, è espressione di una sua ambizione o il frutto di una scelta condivisa con le forze e le formazioni che la supporteranno? Questa scelta non è frutto di una mia ambizione personale, anche perché sono stato già Sindaco di Gioia Tauro. Semmai è il frutto del fallimento degli altri. Da qualche anno, cittadini e associazioni hanno cercato di sensibilizzarmi e lo stato di degrado e di abbandono della mia città, mi hanno indotto a una riflessione e ho maturato l’idea di rendermi ancora una volta utile alla città, mettere di nuovo la faccia e rimettere in discussione tutta la
mia storia personale e politica. Questa mia decisione è stata condivisa con le forze di sinistra che mi sostengono. Preciso che con me si candideranno solo persone che si riconoscono nel mio progetto politico e nel programma. E hanno sottoscritto la “Carta di Avviso Pubblico” che è il codice etico della buona politica e la dichiarazione dove ci si impegna a perseguire solo il bene comune, a salvaguardare gli interessi della collettività e di esercitare la funzione affidata con lealtà, onestà integrità, trasparenza e correttezza. In questo momento Lei come analizza la realtà di Gioia Tauro ? Gioia Tauro in questo momento è una città in ginocchio, degradata, con un bilancio comunale pieno di debiti, con servizi inesistenti e chiunque vincerà le elezioni dovrebbe assolutamente fin da oggi avere le idee chiare e i progetti pronti per iniziare un’opera di risanamento del bilancio, fornire i servizi ai cittadini e creare le con-
dizioni affinchè si facciano investimenti produttivi sul territorio per creare nuovi posti di lavoro. Il Porto di Gioia Tauro nel 2014 è stato al centro dell’attenzione internazionale per il trasbordo delle armi chimiche. Adesso è importante che venga istituita la Zes. Come intende affrontare questa sfida? Preciso che le sostanze chimiche di categoria 6.1 di cui al trasbordo vengono trasportate in tutte le navi del mondo. E’ chiaro che per rilanciare l’attività di transhipment del porto la Zes è uno degli strumenti importanti perché è in grado di attrarre finanziamenti facendo rientrare alcune imprese italiane oggi all’estero. La partita va giocata tra l’Amministrazione Comunale, la Regione, il Governo nazionale e la Comunità Europea. La Zes non è altro che in chiave moderna quello che sin dal 1980 noi rivendicavamo come porto franco. Servirebbe una legge a sostegno dei porti di transhipment, affinchè
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questa attività possa continuare a rilanciare l’intera portualità italiana attraverso il feederaggio, per il trasbordo dei container dalla nave madre alle navi più piccole eliminare la tassa d’ancoraggio, migliorare le infrastrutture viarie e ferroviarie esistenti, ottenere sgravi fiscali, il ferry bonus per i treni che trasportano i containers inserendo il porto di Gioia Tauro nella rete trans-europea e una riduzione indiretta del costo del lavoro. Nell’immediato si può abbattere le tasse d’ancoraggio attraverso un intervento economico diretto da parte della Regione. Per i capannoni in disuso presenti nell’area portuale ha qualche progetto? Chiariamo subito che sono la prova tangibile del fallimento dell’Asi, sono in disuso da decenni e noi abbiamo pagato un prezzo altissimo. La mia proposta è che tutti i capannoni debbano ritornare in mano allo Stato e dopo metterli a disposizione a nuovi giovani imprenditori che hanno voglia di scommettere su questo territorio realizzando una unicità di gestione sotto l’Autorità Portuale. Molti cittadini a Gioia Tauro sono malati di tumore e altri sono morti. Qualcosa che non funziona c’è. Come si pone riguardo il termovalorizzatore e il depuratore? Il problema dei tumori è diffuso in tutta l’Italia. Dobbiamo avere le idee chiare. La causa può essere la presenza sul territorio del termovalorizzatore e del depuratore che sicuramente funzionano male, della Centrale Turbogas, ma non dobbiamo sottovalutare i tetti in eternit, presenti sul territorio, le antenne di telefonia mobile, i pali di alta tensione, la spazzatura che spesso viene bruciata. Si deve istituire una commissione medico-scientifica nazionale che faccia un monitoraggio delle aree interessate e dei soggetti ammalati. Se sarò eletto mi occuperò anche di questo. Il rifiuto solido urbano in molti paesi è una risorsa. Da noi solo un problema come pensa di operare nel settore raccolta differenziata e riciclaggio RSU ? Gli amministratori fino ad ora non sono stati lungimiranti. Bisogna considerare la nettezza urbana una grande risorsa economica. Oggi, in una buona politica di riciclaggio, si può riciclare tutto senza aver più bisogno del termovalorizzatore. Noi oggi paghiamo il prezzo di una cattiva politica di gestione e controllo del territorio. Il rifiuto solido urbano
in una buona amministrazione può diventare una ricchezza da utilizzare per migliorare la società. L’ospedale di Gioia Tauro un tempo fu uno dei fiori all’occhiello della Piana. Oggi è allo stato terminale. Cosa si può fare per salvarlo? Il frutto di questo è la malasanità da una parte e la mala politica dall’altra. Intanto dico che sarebbero bastati 350 mila euro per sistemare l’ala esterna dell’ospedale, togliere i tetti di eternit e trasferire tutti gli uffici, ex Inam, là, liberando i locali per fare spazio all’ortopedia. La mia proposta è che potremmo avere 85 posti letto a Gioia Tauro e mantenerli anche se si farà l’ospedale a Palmi, che dovrà essere un ospedale di riferimento per l’alta specializzazione. Dobbiamo ragionare nell’ambito di Ospedali Riuniti della Piana e contenere la spesa sanitaria senza essere né concorrenziali né campanilistici. Quali sono i suoi progetti nell’ambito culturale e per il Piano delle Fosse? Dobbiamo fare in modo di salvarlo e rivitalizzarlo. Dobbiamo portare nel centro storico le attività artigianali, incoraggiando i giovani a riscoprire gli antichi mestieri. Ci saranno iniziative culturali in estate, attività teatrali, presentazioni di libri, dibattiti culturali e il mercatino dell’antiquariato. Ho in progetto anche il recupero dell’ultima Torre d’Avvistamento rimasta quasi intatta. Affinchè la città sia più sicura, più controllata, cosa pensa di fare? Controllare il territorio è uno dei compiti degli amministratori. Serve un maggiore controllo del territorio e il ripristino della legalità che, in questi ultimi anni è completamente mancata. I tributi comunali vengono giudicati esosi, soprattutto dai commercianti… I tributi per natura sono sempre stati esosi. Le buone amministrazioni riescono a farli diminuire. Bisognerà tagliare tutti i rami secchi: le spese superflue, gli incarichi esterni e le consulenze inutili; eliminare i fitti passivi; un solo gestore telefonico; aggiornare i ruoli tributari; disdire tutti i contratti capestro, intervenire sulla Tasi e sulla Tari, contenere i costi di tutti i servizi erogati sul consumo dell’acqua e della luce e puntare al risparmio con i pannelli fotovoltaici nelle strutture pubbliche e i crepuscolari nella pubblica illuminazione e, infine rivedere la pianta organica comunale, ricollocando le persone nei punti giusti. In città sono presenti molte associazioni. Se eletto, verranno attenzionate? Certamente, le Associazioni verranno tutte attenzionate. Auspichiamo che attraverso l’Ente pubblico, le Associazioni si possano sentire protette e concorrano a contribuire alla rinascita culturale della città. Ha un’iniziativa originale nel cassetto? Un sogno da realizzare una volta eletto? La rinascita della città attraverso la riscoperta della sua bellezza, il recupero urbanistico e del suo glorioso passato. In che misura la ‘ndrangheta potrebbe condizione il voto libero dei gioiesi ? La ‘ndrangheta ha sempre avuto un ruolo. Alla ‘ndrangheta non interessa se chi vince sia di destra o di sinistra, le interessa avere un punto di riferimento per poter indirettamente amministrare la città. E’ scontato che se dovessi vincere io, la ‘ndrangheta non avrà alcun spazio né sul territorio né nell’ente pubblico.
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Il direttore territoriale Dr. Salvatore Sergi, S. E. Mons. Milito e la Sig.ra Vaccari ved. Corsaro (foto gentilmente concesse da Mimmo Messineo)
di Filomena Scarpati
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n occasione del decennale dell'Istituzione della sede INAIL di Palmi, per i festeggiamenti è stata celebrata una messa all'interno dell'edificio dell'istituto, officiata da Mons. Francesco Milito Vescovo della Diocesi Oppido M. - Palmi che, durante l'omelia, ha posto l'accento sull'importanza di essere al servizio dell'utenza con amore, elemento fondante per la buona applicazione delle norme. Alla manifestazione hanno preso parte, oltre al Sindaco di Palmi Barone, Don Mimmo Caruso e Don Antonio Nicolaci, autorità civili e militari del territorio, il vicario regionale dell'INAIL Liborio Cuzzola, il direttore territoriale Salvatore Sergi e la Dott.ssa Luciana Calabrò responsabile della sede INAIL di Palmi. Cuzzola nel suo intervento ha evidenziato la necessità di garantire protezione a chi si trova in una situazione di debolezza o difficoltà a causa del lavoro. L'importanza di avere una sede a Palmi da dieci anni consiste nel fatto di aver abbattuto per i lavoratori infortunati o con malattie professionali, una molteplicità di disagi avendo usufruito dei servizi INAIL sul territorio senza dover percorrere diverse decine di
Dono all'INAIL del Logo in Filè della Signora Vaccari
Festeggiato a Palmi il primo decennio dell'istituzione della locale sede INAIL
Il Vicario regionale INAIL Dr. Liborio Cuzzola
chilometri per recarsi nella sede di Reggio Calabria. Prima dell'istituzione della sede INAIL a Palmi i lavoratori residenti nella Piana, oltre al disagio di un infortunio subito o di malattie professionali, che presuppongono controlli periodici, dovevano anche farsi carico dello stress del viaggio per raggiungere la sede centrale. Con la dislocazione di un'ulteriore sede locale, molte difficoltà per i lavoratori sono state superate. Oltre alla sede provinciale e alla sede di Palmi che serve la zona tirrenica, esiste anche una sede a Locri per i lavoratori della zona ionica. Ai servizi nelle sedi a beneficio dei dipendenti, l'INAIL controlla attraverso una rete di ispettori, l'applicazione e il rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ultimamente è anche stata avviata una campagna di prevenzione che prevede finanziamenti alle imprese da investire all'interno dei luoghi di lavoro per garantire una maggiore sicurezza ai lavoratori al fine di evitare otre agli infortuni, le malattie professionali (per ulteriori informazioni consultare il sito www.inail.it).
Per l'occasione, l'ultra centenaria signora Vaccari vedova Corsaro di Oppido Mamertina presente alla manifestazione, ha voluto fare dono di un pregevole quadro in filè alla sede INAIL, interamente realizzato a mano e per ringraziarla Sergi oltre a regalarle una targa ricordo, ha voluto evidenziare l'importanza dell'impegno nel lavoro anche a quella veneranda età, come buon esempio per le giovani generazioni. Mons. Milito è stato invece omaggiato da Sarto Daniele, grande invalido sul lavoro, con una colomba in ferro battuto di manifattura artigianale da lui realizzata, Luciana Calabrò ha consegnato al Prelato delle pubblicazioni dell'INAIL. In un clima di riflessione, in occasione della Santa Pasqua, è avvenuto lo scambio vicendevole degli auguri prima di concludere i festeggiamenti per il decennale dell'INAIL.
La responsabile sede INAIL Palmi Dott.ssa Luciana Calabrò
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Assemblea di quartiere abitanti Pille
Demolizione abitazioni abusive
di Giusanna Di Masi
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l tanto sperato progetto dei lavori per la riqualificazione del quartiere PILLE di Palmi va in porto? In tanti, increduli, ce lo siamo chiesti, presenti al momento dell’apposizione della firma digitale per la stipula del contratto di appalto, finalizzato alla realizzazione dei lavori di completamento delle opere di urbanizzazione primarie nell’ambito del P.R.U. Pille, tra il Comune di Palmi e la “Società Italiana Condotte S.r.l.” con sede in Bagnara Calabra. Per l’importante occasione erano presenti oltre al Sindaco Giovanni Barone e all’Assessore all’Urbanistica Natale Pace, il Presidente del Consiglio Gaetano Muscari, la segretaria generale Saffioti, i titolari della Condotte s.r.l., i tecnici responsabili: Stanganello che ne ha curato la procedura del bando, e inoltre, Gerocarni in qualità di Rup e di capo area Urbanistica, il suo vicario Arduca e il curatore dell’iter burocratico dell’intero lavoro Scozzarra. Era presente ed ha assistito alla stipula del contratto, cosa nuova per la nostra realtà, una delegazione del Comitato di Quartiere Pille, guidata dal Presidente Gino Scarfone che ha manifestato soddisfazione per l’importante obiettivo finalmente raggiunto. In buona sostanza le opere da realizzare consistono in una complessiva riqualificazione del quartiere soprattutto nella zona delle ultime traverse di via Fante Colorito e via Caporale Sprizzi, a ridosso di via
Palmi:13 Marzo 2015
Opere di urbanizzazione P.R.U. Pille - stipulato il contratto Basile, per un importo di aggiudicazione di gara di euro:1.196.487,35 oltre I.V.A. che per legge è del 10% pari ad euro 119.648,74 il tutto per un totale di euro 1.316.136,09. Come si evince, sono circa due miliardi di vecchie lire di cantiere che, si spera, potranno rendere più civilmente vivibile e visibilmente più piacevole un quartiere condannato da decenni al degrado più totale. La formale consegna dei lavori si è svolta, Martedì mattina, alla presenza del direttore dei lavori Arch. Righini e del titolare della Condotte s.r.l. che ha dichiarato: “l’apertura dei cantieri e l’inizio dei lavori saranno eseguiti nel più breve tempo possibile”, riservandosi minimo dieci giorni dalla consegna dei lavori per motivi di logistica. La presenza dei rappresentanti del quartiere alla stipula del contratto non è stato un fatto casuale e propagandistico, ma, l’Amministrazione comunale, invitandoli, ha ritenuto e ritiene indispensabile che questo processo di riqualificazione urbanistica sia non solo condiviso dagli abitanti del quartiere Pille, ma seguito da loro passo, passo, vigilato e verificato nella realizzazione e soprattutto aiutato con interventi aggiuntivi, affinché, alla fine, il risultato ottenuto sia il frutto di un’azione sinergica e coesa tra cittadini e istituzioni. Già, in questo senso, il comitato e i cittadini di Pille hanno dato segni importanti di collaborazione, contribuendo fattivamente con la demolizione volontaria di manufatti abusivi su suolo pubblico, alcuni davvero fatiscenti, è stato questo, un segno di alto senso civico che non è stato però ultimato completamente. Serve insistere per convincere i più riottosi e i più intransigenti che l’interesse comune deve prevalere su quello personale. Oggi l’interesse comune è di avere un quartiere vivibile e civile e che verso questo obiettivo devono tendere ed essere indirizzati gli sforzi comuni.
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Incontro sulla Legalità
di Giovanni Garreffa
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a circa mezzo secolo, nel nostro Paese si parla, ad ogni livello e spesso anche a sproposito, di educazione alla legalità.Tutto in Italia è educazione alla legalità: conferenze, dibattiti, manifestazioni, seminari di studio, tavole rotonde e poi... cori, degustazioni, drammatizzazioni, organizzazione di bande musicali e di orchestre, tornei di calcio, redditizie gestioni di beni sottratti alla delinquenza organizzata... e chi più ne ha più ne metta! Vittima privilegiata, per molte di tali iniziative, è la scuola, certamente non tanto per l'amore e per la stima che vi nutrono gli organizzatori di detti spettacoli, quanto per il fatto che garantisce una platea, un uditorio piuttosto numeroso, atteso, che il pubblico adulto, ormai disincantato, non crede più a siffatte sceneggiate, non ha fiducia dei masanielli di turno e dei personaggi in cerca d'autore, che sovente si fregiano di titoli a dimensione nazionale, sotto cui si cela il vuoto sostanziale più assoluto; e non è rara la scena, amaramente discutibile, di piccoli della scuola dell'infanzia che, con un fiore in mano, vengono portati a sfilare, nè insolito è il mortificante spettacolo di bambini delle elementari preparati a leggere al microfono proclami diligentemente preconfezionati dalle buone maestre, ad uso dell'immancabile teleobiettivo, che opera per
Una sagra
Di mafia si muore e di antimafia si campa... la sede regionale della RAI o per altra emittente privata. Non parliamo, poi, delle scuole secondarie; ve ne sono alcune che ormai sono diventate titolari delle edizioni del nostro telegiornale. A questo punto, mi sorge naturale e spontanea una domanda: se in un istituto si fanno tante belle e interessantissime attività, con partecipazione anche a concorsi di livello nazionale, quando si studiano i "saperi", che, ovviamente, se non esauriscono il processo di formazione integrale della personalità e del carattere del giovane, certamente rappresentano un veicolo insostituibile perchè tale processo si possa concretamente realizzare? In fondo, la scuola, per sua finalità istituzionale, ha ancora pure il compito di avviare a leggere, scrivere, far di conto e di insegnare quelle cose tradizionalmente comprese in certi strumenti normativi da sempre chiamati "programmi didattici", ovvero questi sono stati ormai decisamente radiati dalla logica dell'universo governato del Ministero di Viale Trastevere? Esistono ancora l'italiano, la storia, la matematica, le scienze....e via dicendo, quali percorsi di studio? Mi pongo siffatte domande, che possono apparire forse catastrofiche, convinto come sono che la legalità sia figlia naturale della cultura e della formazione. Da certe interviste che attenti giornalisti curano comunemente nel periodo degli esami di stato,
francamente emergono seri dubbi in merito....e lo squallore regna sovrano! Se non si vuole continuare ad esaltare una diffusa ipocrisia operativa, una volta per sempre vanno date risposte certe, concrete e sicure a tali interrogativi e smetterla di essere autoreferenziali, adducendo, quasi a collaudo della bontà di un simile ben di Dio di iniziative, la massiccia presenza degli studenti, retoricamente apostrofati, con abusato e stantio linguaggio di maniera, quale speranza del nostro futuro; di grazia, quando mai anche noi, che più giovani non siamo, non abbiamo preso al volo la proposta di partecipare ad iniziative del genere o anche di natura diversa, considerato che ciò ci avrebbe esonerato da alcune ore tra i banchi, con la mente appesantita su materie di studio non tanto gradite o ci avrebbe fatto sfuggire alle forche caudine di qualche interrogazione prevista o addirittura programmata. Non è raro, infatti, di vedere in registrazione televisiva ragazzi e ragazze in tutt'altre faccende affaccendati o che chiacchierano tra di loro o ridono o navigano col telefonino di ultima generazione, mentre il bravo oratore di turno continua imperturbabile a leggere le sue facciate. Mi sembra, dunque, più che opportuno ricordare Sciascia, il quale, già alcuni decenni fa, acutamente osservava che di mafia si muore e di antimafia si campa... e si fanno carriere. La
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Recita in una scuola
verità è che durante il citato mezzo secolo, o poco meno, di "educazione alla legalità", sono state create cattedre universiatrie sulle varie mafie, casualmente coperte, quali ordinari, da politici non più rieletti dal popolo, si sono costruite carriere, magistrati ed alti ufficiali delle forze dell'ordine sono stati nominati Prefetti, vi furono destinati e spesi fiumi di pubblico denaro;... e i risultati? Io so che una elementarissima legge di politica economica impone una verifica sulla ricaduta, in termini di benefici, rispetto ai costi; dopo una decina di lustri durante i quali eminenti e più generosi missionari laici ed oratori di grido si sono platealmente strappati, in maniera teatrale, i capelli sull'argomento, è logico e responsabile un momento di riflessione per tirare le somme e per vedere concretamente se in materia sono maturate le previste aspettative. Possiamo veramente dire che la fenomenologia patologica che si intendeva aggredire è stata almeno appena scalfita da tanto eroico impegno? Se la risposta è positiva, è d'obbligo trarre le conseguenze: bisogna continuare con maggiore vigore di prima. Se, invece, la risposta positiva non è, bisogna avere il coraggio di ammettere quanto fino al momento si è omesso di dire pubblicamente. Mi piace, poi, fissare brevemente, come peraltro già scritto in altre circostanze, l'attenzione su uno strano vezzo diffuso in talune scuole: quello di organizzare sull'argomento sfilate, al microfono, di magistrati importanti in questo momento o di alti ufficiali delle forze dell'ordine. Orbene, con tutto il dovuto rispetto alle istituzioni, intendo far rilevare sommessamente che in ordine alla educazione alla legalità, che è autentica prevenzione, non credo che un Procuratore della Repubblica o figure similari abbiano alcunchè da dire, considerato che la funzione loro affidata è squisitamente ed esclusivamente repressiva; in fondo, quando
si arriva dal Magistrato, la frittata è ormai fatta. Qualche impegno preventivo posso riconoscerlo alle forze dell'ordine, ma da qui a dire che questo sia il loro compito preminente, ci corre parecchio, atteso che quando si varca la soglia della caserma dei Carabinieri, quella del Commissariato di Pubblica Sicurezza o quando questi intervengono autonomamente, se la frittata non è propriamente già fatta, quantomeno è in fase di cottura. Non vorrei essere tacciato di qualunquismo, ma, parimenti, non me la sento di rivestire della patina di oro colato tutto quello che si è fatto o che ancora è in cantiere, mentre, intanto, nelle università si diffonde sempre più l'iniziativa, che fino a qualche anno fa era soltanto di isolati Rettori, di un corso di lingua italiana, propedeutico all'avvio delle programmate attività accademiche. Non v'è dubbio che la storia ed il progresso tecnologico camminano a passi lesti e seguirne la logica è un preciso dovere di tutte le istituzioni, ma non penso sia illegittimo porsi il problema dell'attualità o meno, ancora oggi, di certi saperi che sono stati per secoli alla base della formazione di intere generazioni che certamente hanno contribuito a costruire e a far crescere il nostro Paese; non si tratta di inutile zavorra da macero o quantomeno da archiviare una volta per sempre. Al limite, ciò si potrebbe anche tentare, ma a fronte della garanzia di una alternativa più valida che, in verità, mi pare stenti ad affiorare. Mi rendo conto che non abbiamo che farci di una scuola, se effettivamente c'è, che affligga con i colori delle calze di Renzo, di manzoniana memoria, con la data del ferimento di Garibaldi sull'Aspromonte, ovvero con la escursione termica del deserto del Sahara; ma, allora, se non vengono individuati, dai salomoni di turno, altri compiti, più valide funzioni o più concreti percorsi formativi al passo con i tempi, non è proprio il caso di
mantenere una elefantiaca istituzione, quale quella gestita dallo storico ministero di Viale Trastevere, soltanto per manifestazioni, dibattiti..e quant'altro, su una miriade di educazioni (alla legalità, alla salute, alla prevenzione delle tossicodipendenze, alla sessualità, all'uso della strada, allo sport, alla prevenzione delle morti bianche, all'ascolto...e la lista potrebbe ancora arrivare all'infinito!), con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Qualcuno, stando così le cose, potrebbe anche essere tentato di riprendere il tema della descolarizzazione, tanto caro ad una determinata fascia di pensatori tra gli anni '60 e '70 del secolo scorso; intendo precisare, però, al netto di equivoci di sorta, che detta schiera certamente non comprende anche me. Voglio dire con chiarezza, invece, perchè di mia conoscenza personale, che sia la scuola che le altre istituzioni dispongono di eccellenti risorse umane e professionali, con alto senso di responsabilità e con spirito di abnegazione, che, se ben coordinate, sono, senza alcun dubbio, all'altezza di conseguire i migliori risultati, per fede nel loro mandato e per efficacia del loro impegno; quello che sinceramente in atto ancora non vedo è il progetto organico di intervento, che abbia chiarezza concettuale e caratura operativa capaci di mettere a profitto anche le negatività esperenziali del passato e tradurle in spinte a meglio intervenire al presente e nel futuro. In fondo, se, nonostante il colossale impegno di risorse umane ed economiche di mezzo secolo, le patologie sociali sono quelle che turbano quotidianamente la nostra attenzione, penso sia doveroso ammettere che obiettivamente qualcosa non ha funzionato; quindi si impone una pausa di riflessione per un più mirato rilancio dell'iniziativa. Non sono per una concezione manichea, anzi tutt'altro; dunque, si tiri fuori il coraggio per rimettersi in discussione.
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di Michelangelo Di Stefano
S
econdo un approccio di studio social-criminologico appare difficile, o forse impossibile, operare una descrizione dei profili bio-psico-sociali, riguardante i componenti delle organizzazioni criminali e di quanti ne favoriscono le attività delittuose, qualora l’oggetto di analisi attenga una serie di crimini di tipo “professionale”. Come, ad esempio, nel caso dei reati connessi allo svolgimento delle attività finanziarie di borsa; dei reati fallimentari o di quelli collegati, in senso lato, con la “politica”; i reati contro i consumatori; quelli che si sviluppano nell’ambito delle attività delle assicurazioni; i reati commessi da insiders, cioè da persone appartenenti alle organizzazioni pubbliche o private; i crimini commessi con l’uso del computer o contro il computer stesso; quelli contro l’ambiente; ed ancora, le varie forme di evasioni e di frode fiscale; i reati collegati alle attività delle libere professioni, e così via. Sarebbe, infatti, impensabile operare un distinguo cromatico secondo le tradizionali classificazioni veteropositivistiche, o attraverso le tipologie di estrazione psicoanalitica. In detto contesto trova esplicazione sociologica l’approccio criminalistico di Edwin Sutherland che, negli anni ’30, aveva articolato un modello teorico basato sulle “associazioni differenziali”, secondo cui la devianza e la criminalità vengono ac-
Analisi dei modelli associativi nella moderna scienza criminologica
Picciotti, contrasti onorati e colletti bianchi quisite da un soggetto tramite una serie di processi interattivi “faccia a faccia”, che avvengono attraverso la frequentazione di singoli individui, o all’interno di comunità e gruppi propensi al crimine. In detto contesto la condotta criminale è pilotata dall’insieme di quelle norme guida e dai valori di riferimento a cui il gruppo si è ispirato, trovando considerazione ed apprezzamento da parte del neòfita che ha avviato una interazione con quel nucleo sociale. E’ evidente che, al contrario, l’inserimento di un soggetto in un contesto associativo ove i riferimenti guida siano valori e comportamenti positivi, potrà condizionare positivamente l’interazione del nuovo accolito, divenendo uno strumento di deterrenza da comportamenti devianti e criminali. Secondo Sutherland la devianza da un comportamento corretto è generalmente correlata alla mancanza di coerenza e di armonia nelle influenze che accompagnano l’individuo nei processi di apprendimento. Accanto all’ipotesi delle “associazioni differenziali”, si formarono in quegli anni altre teorie sui modelli devianti, alla base della letteratura su cui si
sono poi evoluti gli studi in ambito criminologico, dalla teoria dei ruoli di Donald Cressey, ai modelli comportamentali di D. Glaser, alla cultura delle bande criminali e l’anomia di A.K. Cohen, alle opportunità differenziali R.A. Cloward e L. Ohlin, alla Teoria non direzionale di Sheldon e Eleonar Glueck e all’etichettamento di H.S. Becker e Lemert. Alcuni approfondimenti teorici di Sutherland avrebbero trovato, in epoca più recente, attagliata collocazione nel pianeta mafioso in un contesto giuridico, descritto dalla legge speciale nel 1982, coniando l’articolo “quattrocentosedici bis” del codice penale. Le interpretazioni semantiche sulle varie accezioni mafiose sono state poi recentemente implementate, uniformate e accorpate nella nomenclatura codicistica italiana, attraverso la novella a detta ipotesi associativa, che alle associazioni di tipo mafioso assimila anche la camorra, la ‘ndrangheta e le “altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”.
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The white collar crime Nella concezione di Sutherland, probabilmente, prese forma la rappresentazione più attagliata del New Deal americano degli anni ‘30, cristallizzando tutte quelle correnti criminali presenti in buona parte della società c.d. “ufficiali”. Sutherland nel 1937, descrivendo il ladro professionista inquadrò dapprima il concetto di “controllo predatorio”, deducendo che: “[…] (il ladro) viene assistito da persone e agenzie che sono considerate legittime, talvolta persino i protettori ufficiali della società legittima. In tali persone e organizzazioni egli spesso riscontra atteggiamenti di controllo predatorio che sono assai simili ai suoi. La macchina politica che domina la vita politica di molte città e distretti rurali americani si dedica generalmente a tale forma di controllo predatorio. Il ladro professionale e uomo politico, uniti da tale comune interesse nel controllo predatorio, cooperano quindi con reciproco vantaggio. Ciò significa anche cooperazione con la polizia e con i giudici nella misura in cui tali agenzie siano esse stesse sotto il controllo delle macchine politiche o siano portatrici di interessi predatori autonomi[…]”. Qualche tempo dopo coniò per primo il termine “white collar crime”, riferito a quella sfera delinquenziale d’elite in ambito economico ove l’autore, di solito un professionista accreditato che gode di massima rispettabilità e prestigio nella società in cui vive, attua l’attività criminosa nell’esercizio del proprio status lavorativo. “[…] I crimini dei colletti bianchi - annotava Sutherland - sono di difficile individuazione, in quanto molti sono ‘delitti senza vittime’. In caso di corruzione entrambe le parti possono considerarsi dalla parte del guadagno derivato dall’accordo, entrambi sono passibili di condanna e, perciò, è probabile che nessuno denunci il danno[…]”. Prima di Sutherland, il filosofo Alfred North Whitehead aveva affermato che “l’uomo che basta a sé stesso, con particolarità che non riguardano nessuno, è un concetto senza valore per la civiltà moderna”; in quest’ottica la criminologia deve aprire e percorrere nuove ipotesi senza soluzione di continuità riguardanti il comportamento sociale. Se del caso anche attraverso interpretazioni scientifico matematiche desunte dalla disamina di una serie di variabili, come il comportamento, la funzione, la personalità e l’ ambiente. Questo è il concetto di studio su cui si basa la c.d. teoria del campo di Kurt Lewin ove è presente un orientamento che focalizza l’attenzione anche sulla motivazione, traducendo la rappresentazione di quelle variabili attraverso l’equazione matematica: C= f (P, A) in cui C sta per comportamento, f per funzione, P per personalità ed A per ambiente. I contrasti onorati Nel descrivere “l’albero della scienza” della ‘ndrangheta diversi collaboratori di giustizia hanno fatto richiamo alla figura dei contrasti onorati, cioè a quei soggetti che, seppur estranei al sistema sodale della ‘ndrangheta svolgono, comunque, un ruolo complementare agli scopi di quel “pianeta”. Nell’emisfero della ‘ndrangheta sono, infatti, rilevabili una serie di componenti che, a vario titolo, sostengono il sistema più o meno attivamente o, semplicemente, attraverso un atteggiamento di indifferenza. Negli ultimi decenni, il rapporto di colleganza tra colletti bianchi
e criminalità organizzata, devastato dall’incidenza delle variabili di C= f (P, A) , è divenuto sempre più simbiotico, al punto di indurre il legislatore, l’autorità giudiziaria, storici, esponenti della dottrina e giuristi, ad esplorarne minuziosamente i contenuti. Negli anni ’90, dentro le aule di tribunale si sarebbe iniziato a parlare, ad esempio, di “Politica della ‘ndrangheta”: rapporti con Eversione, Massoneria, Servizi e Istituzioni. In ambito storiografico la ‘ndrangheta, sarebbe stata descritta utilizzando titoli dirompenti come, ad esempio, “Oltre la cupola, massoneria, mafia e politica, “Poteri segreti e criminalità: l’intreccio inconfessabile tra ‘ndrangheta, massoneria e poteri dello Stato”, “Moti di Reggio: le due facce della medaglia”. La legge speciale avrebbe individuato, poi, fuori dalle ipotesi di reato ex art. 416 bis c.p., una fattispecie aggravante qualora un delitto fosse stato commesso avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e di omertà. Il legislatore si sarebbe, ancora, interessato all’aggressione dei patrimoni della criminalità organizzata, divenuti sempre più anonimi grazie ad una complessa rete di favoreggiatori pronti ad assumersi fittizie intestazioni di beni, introducendo il delitto di trasferimento fraudolento di valori. Ed ancora prevedendo, in materia di misure di prevenzione patrimoniali, il provvedimento di confisca di quei beni, comunque riconducibili al soggetto investigato, seppure oggetto di fittizia intestazione o trasferimento a terzi. Inoltre, per arginare l’escalation di connivenze tra politica e criminalità, la norma sarebbe stata implementata novellando l’art. 416 con una specifica ipotesi del reato di voto di scambio, ancora oggi oggetto di disquisizione giurisprudenziale per quel cavilloso “cambio della erogazione di denaro”, non ancora modificato con la più ampia dizione “ogni altra utilità”. Un ulteriore intervento legislativo avrebbe riguardato una serie di “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, anche con riferimento ai criteri di scelta delle misure coercitive cautelari in presenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine, tra l’altro, ai delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., novellando l’art. 275 del codice. La spasmodica esigenza di contenimento del fenomeno mafioso ha, però, determinato in questi giorni l’intervento di garanzia del Giudice delle leggi ] che ha dichiarato “ […] l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, secondo periodo, del codice di procedura penale […] nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure […]”. Il più recente contributo legislativo ha apportato, alla fine dello scorso anno, ulteriori correttivi in materia di contrasto alla corruzione nel settore pubblico, con l’introduzione dell’ipotesi di induzione indebita a dare o promettere utilità, e quella del “traffico di influenze illecite”, cioè individuando la figura giuridica del “sensale”, per dirla con l’idioma calabrese, che ha svolto un ruolo di mediatore tra soggetto pubblico e quello privato. La novella ha comportato, parallelamente, una nuova ridefinizione applicativa del reato di concussione ristretto alla sola ipotesi in cui il pubblico ufficiale costringa il privato all’illecita dazione o promessa di denaro o altra utilità. L’evoluzione normativa di contrasto alla corruzione ha delineato la figura giuridica del soggetto privato concusso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato al pubblico servizio mediante induzione rilevandone la compartecipazione nel reato quale concorrente necessario. (Continua).
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PER NON DIMENTICARE
La strage di Via Pipitone Federico di Palermo del Gen. Angiolo Pellegrini
I
l 29 Luglio 1983, alle ore 08:00 del mattino, una carica di esplosivo, collocata all’interno di una Fiat 126, veniva fatta esplodere con il sistema del telecomando, in prossimità del portone d’ingresso dell’abitazione del Dott. Rocco Chinnici, allora Consigliere istruttore e, quindi, dirigente dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. La terribile esplosione provocava la morte del Dottor Chinnici, di due componenti la scorta, il Maresciallo dei Carabinieri Trapassi e dell’Appuntato dell’Arma Bartolotta, del portiere dello stabile Lisacchi e il ferimento gravissimo dell’autista giudiziario Paparcuri, che poi diverrà uomo di fiducia di Giovanni Falcone. Rimasero, inoltre, ferite numerose persone e altri carabinieri di scorta. Tutt’intorno risultò devastato: gli stabili circostanti, le autovetture parcheggiate nei pressi, le saracinesche dei negozi. Si comprese subito che non ci si trovava di fronte all’ennesimo omicidio cosiddetto “eccellente”, non alla prima eliminazione di un uomo delle Istituzioni, ma di fronte al primo omicidio di un rappresentante dello Stato, realizzato mediante autobomba, con metodologie spiccatamente terroristiche. Quello fu il primo episodio di una serie, sfociata negli attentati del1992, in cui persero la vita il Dott. Falcone, con la Dott. ssa Morvillo e gli agenti di scorta e il Dott. Borsellino con i poliziotti della sua scorta. Il movente della strage di via Pipitone Federico ebbe, come tutti gli omicidi portati
a termine da cosa nostra, un movente complesso: una componente di vendetta nei confronti del Dott. Chinnici, per quanto aveva già fatto, e, ancora più importante, una componente di “prevenzione”, in relazione all’attività che, quale dirigente dell’Ufficio Istruzione, stava approfondendo e stava organizzando proprio in quel periodo. Nei primi anni ’80 non c’era ancora stato alcun apporto da parte di collaboratori di giustizia, le indagini si muovevano solo sulla capacità investigativa e organizzativa di pochissimi giudici e di uno sparuto gruppo di poliziotti e di carabinieri. Proprio Chinnici era stato il fautore dei “pool antimafia”, organizzando il suo lavoro e quello dei colleghi in maniera che ciascuno conoscesse quello che faceva l’altro, cosi che le indagini sul fenomeno mafioso, che Chinnici riteneva unitario, venissero coordinate e conosciute in un’ottica d’insieme. Voleva, in breve, lo scambio continuo di informazioni, il travaso dei dati da un fascicolo ad un altro, il costante collegamento tra i giudici. Chinnici, inoltre, gestiva le indagini relative al rapporto, potremo dire storico, sulle vicende di mafia palermitana, il rapporto Greco Michele più 161, che è stato il punto di partenza e l’impalcatura del maxiprocesso a cosa nostra. In tale prospettiva indagava anche, senza farne mistero, sulle persone che rappresentavano la massima potenza politica ed economica in Sicilia, i cugini Nino ed Ignazio Salvo, uomini
d’onore della famiglia di Salemi, in contatto non solo con personaggi politici di primo piano ma anche con i vertici dell’organizzazione mafiosa, e aveva espresso più volte l’intenzione di emettere nei loro confronti mandato di cattura. Dopo il primo processo che accertò le responsabilità di alcuni esecutori, solo 13 anni più tardi si riuscì a pervenire ai mandanti e all’individuazione di tutti gli esecutori del delitto ed è stato possibile ricostruire tutte le fasi relative alla decisione, all’organizzazione e all’esecuzione della strage. Dagli atti processuali emerge senza ombra di dubbio la certezza che proprio i Salvo, dopo aver cercato di far “avvicinare” il giudice da parte di persone di Salemi, tentativi non riusciti perche “avevano trovato una roccia in Chinnici” , di fronte all’intransigenza del magistrato, ne avevano sollecitato l’omicidio.
Rocco Chinnici
C.da Bosco IV Stradone - 89025 ROSARNO (RC) Tel. e Fax 0966 780959 Daniele: 347 7778599 - Angelo: 339 4054283 e.mail: giovinazzodaniele@tiscali.it - Pec: coop.giovinazzo@pec.it
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Rosarno:
Incontro nel bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco Antonio Marziale, Don Giuseppe Varrà e Maria Carmela Greco
di Carmen Lacquaniti
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enitori - Educatori si cresce. E' il titolo del ciclo di incontri organizzati dall'Associazione "Nuovamente" e dall'Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice di Rosarno, guidato dalla direttrice Sr. Maria Teresa Pellegrini, in occasione dei festeggiamenti per il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. Una serie di eventi, quindi, che vogliono essere di supporto al difficile mestiere del genitore-educatore nell'ottica della pedagogia salesiana fondata sul metodo preventivo di Don Bosco. Il primo inconto, tenuto dal sociologo Antonio Marziale, presidente dell'Osservatorio sui diritti dei minori e consulente della Commissione Parlamentare per l'Infanzia e l'Adolescenza, ha avuto come tema "Pedofilia: ciò che tutti dobbiamo sapere". Dopo i saluti dell'Arciprete Don Giuseppe Varrà, che ha ricordato quanto importante sia stato per Antonio Marziale l'esperienza maturata quale educatore nei gruppi di Azione Cattolica e Gioventù Francescana e Maria Carmela Greco, presidente di "Nuovamente", Marziale è entrato nel vivo del tema, calamitando l'attenzione del numeroso pubblico presente. Sino a qualche decennio fa, ha spiegato il sociologo, la pedofilia era una piaga "circoscritta" che, per quanto atroce, coinvolgeva un ristretto numero di persone. Con l'avvento di internet essa è divenuta un fenomeno globale sempre più capillare, in grado di smuovere centinaia di milioni di euro grazie alla vendita on-line di materiale pedo-pornografico. Ciò ha fatto si che essa non sia più ascrivibile al solo ambito della malattia, ma anche della perversione, interessando in tal modo un numero sempre più crescente di persone. E' così che adesso è presente una vera e propria lobby della pedofilia che è trasversale ed abbraccia tutti i paesi e tutte le classi sociali, tanto che in Olanda, nel 2006 è nato il partito dei pedofili. Ciò cui mirano le ormai potenti oganizzazioni dedite allo sfruttamento sessuale dei bambini è la normalizzazione e la legittimazione della pedofilia. E, purtroppo, sono molti i segnali in questa direzione. Si parte dal già citato partito pedofilo in Olanda, che agisce sotto la sigla "Nvd" e all'insegna del motto "Amore per il prossi-
mo, libertà e diversità" che ha tra i suoi obiettivi dichiarati l'abbassamento dell'età del consenso sessuale da 16 a 12 anni con conseguente possibilità per i minori di partecipare a film pornografici e anche a prostituirsi, la depenalizzazione del possesso di pornografia infantile, la libera trasmissione di film pornografici - anche di giorno - sui canali televisivi. Ma anche in Italia le organizzazioni pre-pedofilia si stanno sempre più strutturando. Già agli inizi degli anni Duemila i carabinieri di Roma hanno portato alla luce il "Fonte per la liberazione dei pedofili", una banda che teorizzava la "lotta armata verso i nemici della violenza sui minori" e progettava attentati contro investigatori impegnati nella lotta alla pedofilia. Questa attività andava avanti ormai da anni e coinvolgeva 91 soggetti in età evolutiva sottoposti a violenze documentate con 89 mila foto e 128 filmati. La comunità pedofila internazionale, inoltre, ha ideato, da circa un decennio, la "Giornata internazionale dell'orgoglio pedofilo" che consiste nello scambio di materiale pedo-pornografico su internet, in messaggi di solidarietà per quanti sono caduti nelle maglie della giustizia e in attività di proselitismo. Marziale, grazie all'esperienza di anni nella lotta a favore dei diritti dei minori, non si fa illusioni e ha chiaro in mente che le istituzioni ben poco stanno facendo e ancor meno faranno per tutelare i minori contro i pedofili. - Prova ne è - ha spiegato il sociologo - che, sebbene l'Italia, da un punto di vista legislativo, sia ben attrezzata per contrastare questi fenomeni, le leggi, alla fine, non vengono applicate. Basti pensare che, nonostante l'art. 444 del codice di procedura penale escluda il patteggiamento per quanti compiono atti sessuali con minorenni, molti giudici ignorano tale norma. Ne è un esempio lo scandalo delle baby-prostitute di circa un anno fa, in cui quasi tutte le persone della "Roma bene" coinvolte hanno patteggiato la pena. Sono pochi, in definitiva, i pedofili che scontano pene consistenti per questo reato. Anzi, molto spesso essi vengono rispediti a casa dove si trova anche la vittima delle loro violenze. Prova ne è il fatto che, alla petizione partita da Reggio nel 2009 per chiedere all'Onu di riconoscere la pedofilia quale reato contro l'umanità, l'Organismo internazionale non ha mai dato alcuna risposta. Marziale non si è limitato, comunque, a tratteggiare un quadro a tinte foschissime, ma parla anche di possibili soluzioni. Innanzitutto, ha spiegato, è inutile che ai pedoflili vengano comminate pene detentive. Infatti, anche dopo molti anni di carcere vi è un'altissima possibilità che essi ricomettano il reato non appena usciti di prigione, visto che la loro è una malattia. E' necessario, quindi, che essi si sottopongano ad un percorso di riabilitazione che consiste anche nella somministrazione di farmaci, la cosiddetta "castrazione chimica", che blocchi le loro pulsioni. Altre soluzioni indicate da Marziale partono dal basso. Innanzitutto bisogna che tutti noi ci facciamo carico dei bambini che ci stanno accanto: genitori, educatori, anche conoscenti non devono voltarsi dall'altra parte se si accorgono di un minore in difficoltà, ma devono attivarsi per far intervenire personale esperto e qualificato. Infine bisogna dire basta a quei fenomeni che vorrebbero accorciare la fanciullezza o l'adolescenza dei bambini/ragazzi: basta a trasmissioni in cui i più piccoli scimmiottano i grandi; basta alle varie proposte di abbassare l'età a 16 anni per votare, per guidare, per il porto d'armi, ecc. Ciò non fa altro che privare i ragazzi del tempo necessario per il loro armonico sviluppo psico-fisico. Al temine dell'incontro a Marziale è stato donato un quadro realizzato dall'artista Ambra Miglioranzi.
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Il Coro di Polistena si esibisce con successo al Cilea di Reggio Calabria tra musica e tradizioni di Veronica Iannello
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i è svolto per la prima volta, nel suggestivo scenario del Duomo di Reggio Calabria, il concerto di Pasqua con i Brani delle “Sette Parole dell’Agonia di Gesù in Croce” scritte dal famoso e storico misicista polistenese M. Valensise (1822-1890). Il concerto, che ha visto impegnate tre voci soliste del conservatorio di musica ” F. Cilea” di Reggio Calabria, coro polifonico “THEOTOKOS” di Polistena, coro di voci bianche della S.M.S. G. Salvemini di Polistena, coro e orchestra del conservatorio, è stato diretto dal M° Pino Russo. Il M° Pino Russo, cittadino di Polistena, si
forma in una famiglia in cui l’interesse per la musica permea di sè le normali occupazioni quotidiane e sfocia nella formazione di un complesso bandistico, vecchia e attuale gloria della cittadina, che vedrà Pino Russo appena adolescente. I primi passi mossi nella banda, testimoniano una grande passione che si andrà vivificando nel tempo, anche grazie agli studi compiuti e conclusi, nel 1977, presso il Conservatorio “F. Cilea” di Reggio Calabria.
Il desiderio di diffondere la cultura musicale e incentivare interessi costruttivi nel proprio ambiente, lo porterà nel lontano 1978, a fondare il Coro Polifonico “THEOTOKOS”. Anche qui grande è la tenacia nell’attività musicale: centinaia di giovani passeranno tra le file del coro e si cimenteranno in edificanti esperienze corali, grazie all’instancabile operosità di Pino Russo. Doveroso segnalare, anche il continuo aggancio alla tradizione locale, per riportare in vita partiture di riconosciuto valore, tra le quali emergono, divenendo emblema del coro stesso, i brani struggenti delle “Sette Parole di N.S. Gesù Cristo”, scritte da M. Valensise. Sino al 1988 il rito avveniva nella Chiesa della SS. Trinità di Polistena, ma a seguito di un pauroso incendio che danneggiò gravemente la chiesa nel Maggio di quell’anno, fu spostato nel Duomo cui territorialmente la chiesa “appartiene”, seppur la stessa Chiesa della Trinità, riaperta al culto nel 1996, abbia ospitato nuovamente l’”Agonia” nei due anni successivi. “Disprezzato e reietto dagli uomini. uomo dei dolori che ben conosce il patire ...si è caricato delle nostre sofferenze si è addossato i nostri dolori ...è stato trafitto per i nostri delitti schiacciato per le nostre iniquità” (Isaia) Le sette parole di Gesù in croce ci fanno entrare nel dramma di un Dio crocifisso per il mondo. Ciascuna di esse rivela un aspetto di questo mistero unico, che supera ogni parola, capace di illuminare tutte le agonie degli uomini e dei popoli.
Contemplare tale mistero è dare alla propria anima la dimensione della profondità. I testi, attribuiti a Pietro Metastasio (16981782), poeta e librettista tra i più grandi dell’età del melodramma, appartengono ad emozioni fortemente vissute nelle tre ore di agonia sulla croce. Nello svolgimento dei riti del Venerdì Santo - proprio da mezzogiorno fino alle 15, l’ora nona giudaica - il momento dell’agonia assumeva connotazioni di grande partecipazione e coinvolgimento dei fedeli, prima della commovente Adorazione della Croce, che quei riti concludeva e che oggi invece esaurisce la cosiddetta liturgia dell’hora nona. I brani, durante il concerto, sono stati commentati da S. E. Rev.ma Mons. Giuseppe Morosini. Presenti, oltre al numeroso pubblico anche il procuratore Di Landro, il Sindaco di Polistena Michele Tripodi e l’assessore Arevole. Polistena è una cittadina ricca di storia, arte, cultura e le sue tradizioni sono vanto per chi vi abita e per chi ama questa “Perla della Piana di Gioia Tauro”, così come in passato veniva chiamata per la sua posizione geografica. Un posto unico da visitare e apprezzare in ogni suo aspetto: musicale, gastronomico, culturale, storico, artistico e molto di più. “ Nu polistinisi volimu ‘mu vi mostramu, a tutti chidi chi veniti ‘mu ndi trovati, li bellizzi e la majia di ‘sta terra nostra, cu’ paisaggi d’arti e culuri straordinari, aundi si ‘mbiscanu hjiavuri e sapuri di ‘st’anticu sapiri nostru. Apriti ‘sti cori vostri a’ stu mundu cusì picciulu, ma tantu grandi”. (Prof. S. Belnava)
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LE GEMELLE SCARPARI EMOZIONANO IL MAESTRO MOGOL
di Chiara Vaticano Chiara e Martina Scarpari insieme a Mogol
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l rientro dall’esperienza televisiva a “I fatti vostri”, celebre trasmissione di Rai Due condotta da Giancarlo Magalli, dove Chiara e Martina si sono esibite nell’ambito della rubrica “Saremo Famosi”, sicuramente non avrebbero mai potuto immaginare che, già all’indomani, sarebbero riuscite non solo a conoscere ma persino a far emozionare il più grande paroliere e compositore che il panorama musicale italiano abbia mai conosciuto, stiamo parlando del celebre maestro Giulio Rapetti, in arte MOGOL. In occasione di un incontro tra gli studenti e il maestro, organizzato dall’Istituto Scolastico Comprensivo di Rizziconi (RC) lo scorso 28 Marzo presso l’auditorium “Casa Famiglia di Nazareth”, le gemelle Scarpari, in qualità di special guest, si sono esibite proprio per rendere omaggio alla presenza in terra calabra del compositore. Davanti ad una platea gremita di studenti e tanta gente comune, hanno “sfoggiato” le loro straordinarie doti canore cantando un brano a loro molto caro poiché gli ha consentito di sa-
Chiara e Martina insieme a Magalli
lire sul terzo gradino del podio del talent di RaiUno “Ti lascio una canzone”. Il brano in questione, è “Pensieri e parole”, uno dei più celebri capolavori di Lucio Battisti, scritto a quattro mani proprio con il maestro Mogol. A conclusione dell’interpretazione delle gemelle, che oltre che con la voce hanno cantato anche col cuore, la platea è esplosa in uno scrosciante applauso, ma è stata proprio la reazione del maestro Mogol a sorprendere tutti. Egli, infatti, visibilmente emozionato, “si è spogliato” per un attimo delle vesti dell’artista navigato e senza tempo, avvicinandosi al centro della sala, ha stretto Chiara e Martina in un affettuoso abbraccio che è valso più di mille parole. Un momento indimenticabile, immortalato in qualche scatto e in un video, che Chiara e Martina porteranno per sempre nel cuore come un ricordo prezioso che ha emozionato non solo loro, i genitori e i fans ma anche un intero territorio, quello della piana di Gioia Tauro, che ama i propri talenti e li incoraggia ad emergere e farsi avanti nel mondo. “Quando abbiamo saputo che avremmo avuto l’opportunità di cantare per il maestro Mogol siamo state felicissime” hanno dichiarato entusiaste le gemelle Scarpari a conclusione dell’evento. “Poi però, più si avvicinava il momento è più saliva l’ansia, ci preoccupavamo di fare bella figura e, alla fine, è andata meglio di come ci aspettavamo”. Infatti il giudizio del grande compositore è stato più che positivo. Alla domanda posta dall’inviato di una web tv locale sulla performance delle gemelle, egli ha risposto con una semplice ma esaustiva parola: “Fantastiche! Sono state fantastiche, mi complimento con loro!”.
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Koa Bosco, una crepa nell’immagine
Delirio col Paravati Dimenticare una brutta giornata
di L. O. Cordova
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el momento migliore di una stagione agonistica, ricca di risultati positivi e di vittorie, una giornata da dimenticare anche per la “Koa Bosco”, squadra di calcio ormai famosa perché composta esclusivamente da giovani africani che di giorno sono impegnati nel duro lavoro della raccolta degli agrumi. Lo sport come antidoto contro gli stenti di una vita dura e di un lavoro reso ancor più duro sul territorio a causa dei ricavi, bassi o nulli che i produttori locali riescono ad introitare. Ogni chilo di arance conferito alle industrie di trasformazione vale non più di 7/8 centesimi lordi spesso pagati dopo tanti mesi e talvolta mai pagati: cifra irrisoria a confronto con il prezzo di una caramella venduta a non meno di 10 centesimi o di una tazzina di caffè. Questo fa capire il perché tanti giovani di Rosarno e della Piana nuovamente emigrino per tentare la “buona sorte” all’estero lasciando il posto ai nordafricani che provengono da realtà ancor più tristi e tragiche. La Koa Bosca è una squadra fortemente voluta da Don Roberto Meduri, giovane Parroco della frazione Bosco di Rosarno, coadiuvato da un ridotto pool di appassionati tra cui l’allenatore Domenico Mammoliti. Detto fatto la formazione - tutta composta da giovanotti atleticamente assai prestanti e veloci oltre che tecnicamente apprezzabili - è stata iscritta al campionato FIGC 3^ctg Lega Calabra. Momento sportivo ed esperienza di integrazione e di affrancamento attraverso lo sport dalla sudditanza di coloro i quali hanno creduto o credono che la vita e la dignità di un uomo possa valere poche decine di euro al giorno, privi, a volte, di ogni forma minima di “libertà e democrazia” e stremati da una povertà assoluta. I Ragazzi della KOA BOSCO iniziano così ad allenarsi di sera nel campo sportivo di San Ferdinando per potersi poi confrontare con le altre squadre del proprio girone ogni Domenica, raggiungendo a volte campi abbastanza lontani dalla “tendopoli o dai casali diroccati” nei quali vivono, sopportando spesso profondi disagi blandamente leniti dagli interventi della Prefettura, della Curia locale, della Caritas, delle Associazioni locali oltre che spesso dei cittadini che offrono loro, di tutto cuore, ogni forma possibile di aiuto solidale. Fino ad oggi la Koa Bosco era stata leader ed esempio assoluto di correttezza in campo e - ci si consenta - di fair play sportivo. Purtroppo nel momento migliore questa squadra, che ha avuto la fortuna di poter aver vicino la Juventus ed uno dei suoi più celebri giocatori, quale Pavel Nedved, è andata ad incappare in un incidente di percorso durante una partita disputata a Paravati, contro la locale squadra, lasciandosi andare, forse perchè gli atleti stressati da epiteti e frasi razzi-
Alcuni giocatori del Koa Bosco
I giocatori del Koa Bosco, incontrano la Juventus rappresentata da Pavel Nedved
ste - spesso frutto del clima di intolleranza sollevatosi in questo periodo in tutta la nostra penisola, a causa della xenofoba politica posta in essere dal leader della Lega Nord Matteo Salvini e che venivano loro rivolti da buona parte dei sostenitori delle squadre avversarie e anche dai calciatori avversari, provocavano una reazione nei poveri giocatori africani alcuni dei quali cadevano nel tranello andando a loro volta su “di giri” fino a perdere l’autocontrollo lasciandosi coinvolgere in una rissa tra calciatori, in campo prima, e negli spogliatoi dopo, con più esagitati tifosi avversari che stringevano in assedio la squadra africana che alla fine ha potuto lasciare il Campo Sportivo con l’aiuto delle forze dell’ordine: scortata fino a Rosarno. Quanto accaduto ha fatto balzare la notizia in tutto il mondo, come se fosse stata posta in essere una ennesima forma di razzismo e inducendo così Tv e testate giornalistiche a screditare la Calabria con fiumi di critiche. Ancora una volta i calabresi sono stati tacciati come “mali” accoglienti delle migliaia di immigrati che stanno giungendo da più mesi e che trovano le Amministrazioni comunali impreparate a far fronte ad un esodo così massiccio. Però questa volta questi “denigratori” hanno trovato pane per i loro denti dato che un Giudice Sportivo, in virtù del rapporto dell’arbitro, ha comminato la perdita della gara ad ambedue le squadre e la squalifica di tanti calciatori santificando così che si era consumata in campo una brutta pagina di sport essendosi gli atleti lasciati trascinare in una “volgare e comune rissa” come spesso è accaduto in passato in tanti campi di gara di provincia dove - diversamente da quanto avviene nel professionismo sotto l’occhio delle telecamere - l’epiteto ingiurioso e il coro razzista spesso passano in archivio nell’indifferenza generale e nel silenzio degli arbitri, talvolta giovanissimi e in periodo di formazione, con la pia illusione dei calciatori e dei tifosi di poterli condizionare con grida e minacce, proprio come accaduto a Paravati, dove la squadra del Koa Bosco, dopo aver ottenuto la stima, il consenso degli sportivi e dei Dirigenti dei massimi organi Federali, tanto che il Presidente del CONI Calabria, Mimmo Praticò, pochi giorni prima che fosse commissariata la Federazione, ha donato loro una bellissima tuta sportiva in virtù dei meriti acquisiti fino allora dai giovani calciatori africani, si è lasciata irretire dai cori
razzisti e dalle ingiurie Il risultato è stato un brutto passo falso e una crepa che ha fatto andare in basso l’immagine di una squadra fino ad allora ineccepibile ed elegante in campo e fuori. Niente di irrimediabile. Solo una brutta pagina di sport da dimenticare. Anzi - per gli atleti - da ricordare molto bene: per evitare di cadere nel medesimo errore! Stesse valutazioni per atleti e supporters del Paravati ai quali diciamo solo: secondo noi Mamma Natuzza non avrebbe approvato quanto avete fatto!
Il presidente del Comitato Olimpico R egionale Mimmo Praticò, consegna le maglie alla Koa Bosco
Mamma Natuzza non avrebbe approvato ingiurie e cori razzisti
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L’ITIS di Oppido Mamertina vince il concorso “La Scuola per EXPO 2015” di Salvatore Marra
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xpo Milano 2015, l’Esposizione Universale che l’Italia avrà il piacere di ospitare dal mese di Maggio fino ad Ottobre 2015, sarà senza dubbio il più grande evento mai realizzato sull’alimentazione e la nutrizione. Milano, capitale economica della nostra nazione, sarà la vetrina mondiale in cui più di 140 paesi mostreranno il meglio delle proprie tecnologie per dare una risposta concreta ad una delle più importanti esigenze della vita: riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha bandito un concorso, “La Scuola per EXPO 2015”, con il preciso scopo di far avvicinare tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado agli argomenti della manifestazione, sensibilizzare le giovani generazioni alle tematiche sociali legate all’alimentazione e all’ambiente, e sostenere una cultura della sicurezza alimentare e della crescita sostenibile. L’ITIS di Oppido Mamertina e, in particolare, i ragazzi delle classi V ad articolazione Telecomunicazioni, hanno partecipato al concorso con un progetto riguardante lo sviluppo di un sistema in grado non solo di assicurare l’autenticità di un prodotto alimentare, ma anche di fornire tutte le informazioni riguardanti la sua tracciabilità. Dato che il prodotto più tipico dei nostri paesi è l’olio d’oliva, i ragazzi hanno denominato "Mamertino EXTRA" un ipotetico olio extra vergine d’oliva, realizzato da un'immaginaria azienda situata nel comune sede dell'Istituto, allo scopo di tutelarlo da eventuali contraffazioni. Il progetto presentato è risultato vincitore del concorso a livello nazionale e avrà l’onore e l’onere di rappresentare ufficialmente la scuola secondaria di secondo grado della Calabria ad EXPO 2015. In particolare, i ragazzi avranno a disposizione circa un’ora per esporre, al Padiglione Italia, tutti gli aspetti del progetto e una dimostrazione pratica della realizzabilità del sistema. Il percorso didattico interdisciplinare sviluppato ha molteplici obiettivi: anzitutto mira a valorizzare la tradizione agroalimentare della produzione dell'olio d'oliva, che rimane il prodotto più tipico del Sud Italia. Punta, inoltre, a dimostrare la fattibilità e la semplicità dell’integrazione di un sistema a microcontrollore in una filie-
ra alimentare in grado di scrivere in un’etichetta elettronica (TAG) le informazioni riguardanti la tracciabilità di un certo prodotto. Infine, mira a garantire al 100% l’autenticità dello stesso, evitando contraffazioni e tutelando il “Made in Italy”. Infatti la tecnologia odierna e, in particolare, i settori dell’informatica e delle telecomunicazioni, sono in grado di offrire numerosi strumenti per garantire la sicurezza e la qualità alimentare. I metodi cartacei (codici a barre, ologrammi, ecc.), presenti sulle etichette dei prodotti alimentari, non sono in grado di assicurare l’autenticità di un prodotto, in quanto troppo facili da clonare. L’Italia paga da sempre un prezzo molto alto per la contraffazione e questo si ripercuote non solo sull’economia nazionale, ma anche sulla salute dei consumatori che non possono riconoscere da un’etichetta cartacea se un prodotto è davvero opera di quell’azienda di fiducia oppure è un copia abilmente riprodotta. Mediante l’uso della nota piattaforma italiana open source “ARDUINO” e una scheda reader/writer NFC, si è sviluppata una tecnica che consiste nell’implementare, sul microcontrollore della piattaforma, un algoritmo in grado di leggere il codice seriale (non clonabile e non modificabile) di un TAG NFC passivo e ricavare da esso un “codice di sicurezza” da scrivere sullo stesso TAG applicato sul prodotto in esame, che diventerà pronto per essere messo in commercio. Successivamente, grazie ad un comune smartphone dotato di tecnologia NFC e all’ambiente di sviluppo Eclipse, si è progettata un’applicazione ANDROID in grado di leggere il contenuto del TAG (cioè il codice di sicurezza scritto in precedenza), “decriptarlo” ed effettuare un controllo con il codice seriale del TAG verificando effettivamente se si tratta di un prodotto autentico o meno. In caso di esito positivo, l’app ANDROID permetterà di ricavare tutte le informazioni sul prodotto, soprattutto quelle riguardanti la sua tracciabilità (provenienza, numero di lotto, data di produzione e/o scadenza, ecc.). EXPO 2015 è sicuramente l’occasione giusta per presentare questo progetto e sensibilizzare tutte le aziende alimentari a dotarsi di moderne tecniche al fine di evitare spiacevoli episodi di contraffazione dei propri prodotti. Uno dei punti di forza è sicuramente la possibilità di integrare facilmente il sistema sviluppato in una catena di produzione, ma anche quello di non incidere sul prezzo finale di un prodotto, dato che vengono usati TAG a basso costo con memoria limitata. Tutti i ragazzi e tutto il personale dell’istituto sono davvero entusiasti del risultato raggiunto dalla nostra scuola che, come dimostrato anche l’anno scorso con la vincita del premio “Medity Innovation” al concorso bandito dall’associazione “Medity Expo 2014 dell’Integrazione oltre la Sicurezza”, si conferma un istituto superiore con tanta voglia di fare bene e istruire i propri allievi ad affrontare al meglio il mondo del lavoro.
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di Domenico De Angelis
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Oppido, convengo su arte e paesaggio ... e vide che era cosa buona
Il Rinascimento dell’Aspromonte
l 21 Marzo u.s. si è tenuto ad Oppido Mamertina presso la sala vescovile, l’interessantissimo convegno dal titolo: “…e vide che era cosa buona”. Arte e paesaggio: “Aspromonte incontro di bellezza”. Organizzato dall’Ente Parco dell’Aspromonte e dal Museo Diocesano di Oppido Mamertina-Palmi (MuDiOP). Il lavoro, in sinergia tra le due realtà territoriali, ha dato avvio ad un progetto di collaborazione che ha saputo offrire a tutti i presenti (oltre ad un gruppo di appassionati del nostro territorio, sono stati presenti alcune classi dell’ITIS e dei licei classico e scientifico di Oppido) una sintesi molto curata sul territorio aspromontano. Ma andiamo per ordine. Ad aprire i lavori è stato don Alfonso Franco, Vicario Episcopale per la Cultura. Dopo i saluti iniziali a tutti i relatori ed al pubblico prevalentemente giovanile, ha offerto una magistrale esposizione intorno al tema dell’arte, della cultura e della bellezza in generale, sintetizzando anche i contributi dei maggiori filosofi e pensatori del tempo, arrivando ad affermare che: “Bello – Uno – Ordinato – Vita” è la stessa cosa. Successivamente, si sono alternati nei saluti don Letterio Festa, Delegato per la Cattedrale-Santuario di Oppido M., il Sindaco di Oppido M. dott. Domenico Giannetta, il prof. Pasquale Puntillo (in rappresentanza del dirigente scolastico Pietro Paolo Meduri) ed il Presidente dell’Associazione MESOGAIA, Fortunato Schiava. Il momento centrale dell’evento è stato affidato al Direttore del MuDiOP (Museo Diocesano Oppido M.-Palmi), Ing. Paolo Martino, che ha voluto sottolineare la grande diversità di opere appartenenti a diversi periodi storici all’interno del Museo. Di conseguen-
za, il primo passo era restringere il campo persona, pena il non riconoscere la profondella sua ricca esposizione ad uno solo dei dità offerta dalla natura. Affermando infine periodi che hanno caratterizzato la storia che “l’Aspromonte ha tenuto in ostaggio del nostro Aspromonte, il Rinascimento. Si la bellezza” ha fatto emergere l’urgenza è partiti da Terranova Sappo Minulio (Città della riscoperta, della custodia ed in parnon compresa nel territorio del Parco) che ticolare della valorizzazione del territorio ha dato avvio al Rinascimento in Calabria che, di certo, offre ricchi spunti di riflesospitando le pregevolissime Opere di Benesione. A sintetizzare i vari interventi e fare detto da Maiano (in particolare la Madonna qualche approfondimento e precisazione della neve ed il famosissimo S. Sebastiano sui vari temi affrontati, il nostro Vescovo – quest’ultimo è custodito oggi presso il S.E. Mons. Francesco Milito, che ha voluMuseo Diocesano, e oggetto di visita da parte del famoso critico d’arte, Vittorio Sgarbi, nell’agosto del 2014), per poi proseguire per le città del Parco, custodi di importantissime Opere all’interno del proprio territorio, in particolare all’interno delle Chiese (realizzate da autentici Maestri quali: A. GaMuseo Diocesano: Sgarbi visita il S. Sebastiano - ph. Garreffa gini, G.B. Mazzolo, G. Bottone ecc.). Nella sua esposizione, il to concludere proponendo un serio progetto relatore ha sottolineato l’importanza della (un vero e proprio protocollo d’intesa con mission del Museo per tutto il territorio l’ente Parco), con data di realizzazione fispianigiano e non solo. Ha fatto seguito l’insata a fine giugno, capace di ri-valorizzare tervento del Presidente del Parco, Giusepla ricchezza territoriale della nostra Piana pe Bombino, che ha voluto sottolineare la e dell’intero Aspromonte. Alla fine dei lastraordinaria bellezza paesaggistica, la vavori è seguita una visita guidata al Museo rietà di colori e di luoghi che caratterizzano Diocesano. Un plauso agli organizzatori di il territorio aspromontano. Continuando, ha tale iniziativa, indirizzata principalmente ai voluto anche precisare l’urgenza e la necesgiovani uditori, i quali sicuramente hanno sità di “raccontare” meglio l’Aspromonte. apprezzato l’evento capace di risvegliare Quest’ultimo, infatti, non può certamente quel sano orgoglio che ogni appassionato essere raccontato da chi non lo vive in prima d’Aspromonte porta sempre con sé.
Da sinistra: Ing. Paolo Martino, Mons. Francesco Milito, dott. Giuseppe Bombino, don Alfonso Franco.
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Varapodio:
Conferito il Ministero del LETTORATO a Domenico Lando
di Francesco Di Masi
Domenico Lando riceve il Vangelo dal Vescovo Milito
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n un clima di profonda spiritualità Domenica 12 Aprile, dedicata alla Misericordia, è stato conferito da Mons. Francesco Milito Vescovo della diocesi di Oppido M. Palmi, il Ministero del Lettorato a Domenico Lando. Un Ministero fondamentale per la vita della Chiesa, in quanto non va interpretato come un semplice dare voce alla Parola di Dio, ma è necessario viverla affinchè i fedeli ne percepiscano intensamente e positivamente il significato e di conseguenza, il vero messaggio. Proclamarla senza essere supportati da una vita che rispecchi pienamente quei contenuti, non avrebbe ricadute efficaci sulla comunità, ma creerebbe i presupposti per un’ulteriore confusione nel mondo cattolico. Il compito del lettore con Ministero nella Chiesa, è anche quello di creare forti coesioni come stimolo alla nascita di vere identità cristiane, il cui valore si sta perdendo e deve necessariamente essere recuperato. Domenico attraverso questo Ministero assumerà anche la responsabilità della formazione dei catechisti all’interno delle parrocchie di Varapodio con la verifica dei risultati anno per anno. Il lettorato quindi assume un’importanza rilevante se consideriamo la responsabilità della ricaduta sui giovani e i picccoli a cui il catechismo è diretto. Il risultato non è certo la valutazione di una o più persone sulla quantità di regole assimilate, ma quanto i destinatari del catechismo abbiano fatto entrare la Santissima Trinità nei loro cuori, che è direttamente proporzionale a quanto Cristo regni già nell’animo e negli atteggiamenti dei catechisti. I momenti d’intensa comunione fraterna e profonda spiritualità che si creano all’interno di una comunità, lì dove esiste il lettore, rientrano in gran parte nelle attitudini di queste figure, che acquisiscono attraverso gli studi e la vocazione, una notevole preparazione che li pone in parte alla guida delle parrocchie di cui fanno parte. “Domenico fra circa due anni - ha detto Mons. Milito durante l’omelia - sarà ordinato presbitero”. E’ un periodo in cui la Chiesa sta vivendo notevoli disagi che ci auguriamo i giovani Sacerdoti possano
affrontare e superare con uno spirito nuovo che ha alla base l’amore per Cristo Crocefisso e Risorto, da cui parte la vera storia del cristianesimo per l’umanità. La grinta dei giovani unita all’amore per il Dio vivente, si traduce in forme nuove di atteggiamenti da adottare per evitare la maggior parte dei problemi che la Chiesa sta vivendo e per risolvere gli eventuali che si potranno verificare. Bisogna partire con questo spirito, nella consapevolezza che oggi proprio la Casa di Dio è divenuta l’Istituzione più bersagliata all’interno della società. Non bisogna consentire sgretolamenti ovunque si verifichino, se le vocazioni sono delle vere chiamate, sarà Dio stesso a guidare l’azione dei suoi uomini. Il Ministero del
ta questo Cero Pasquale - ha detto Mons. Milito durante l’omelia - e luce sia per la Chiesa e il popolo di Dio”. La concretezza delle azioni alla luce degli insegnamenti di Cristo, e la trasmissione dei contenuti delle letture, amando il popolo di Dio senza alcuna discriminazione, costituiranno gli atteggiamenti necessari per attecchire nei cuori di chi ascolta. Altra buona promessa di Varapodio oltre a Domenico Lando, è Filippo Attanà. Mons. Milito che ha presieduto la Celebrazione Eucaristica ha annunziato la vocazione di altri due ragazzi seguiti da Don Letterio Festa, Emanuele e Francesco ammessi all’Ordine Sacro il 25 Marzo scorso, giorno dedicato all’Annunziata. Al rito hanno partecipato molti pre-
lettorato è stato conferito simbolicamente dopo l’omelia da parte del Vescovo con la consegna del Lezionario a Domenico Lando che, in attesa di diventare presbitero e temporaneamente lontano da Varapodio per compiere i suoi studi teologici nel Seminario dei Gesuiti a Posillipo località di Napoli, darà al paese un input del tutto nuovo. E’ sulle parole del Prelato latore dell’importante Ministero, che le speranze dei varapodiesi sembrano prendere sempre più forma e arrivare a concretizzarsi maggiormente con la presenza di uno di loro investito da un importante Ministero a cui si aggiungerà presto il Sacramento Presbiterale. “Oggi Domenico rappresen-
sbiteri della diocesi, tra cui il Parroco di Varapodio Don Salvatore Tucci, Don Domenico Caruso, Don Letterio Festa, Don Antonio Nicolaci, Don Salvatore Fotia, il Diacono Don Rocco Giannetta e i seminaristi del Seminario Maggiore. Il coro che ha dato maggiore intensità alla preghiera di cui è Domenico Lando il Maestro ufficiale, è stato diretto per l’occasione da Silvana Pugliese. I genitori di Domenico, Rocco Lando e Isabella Pugliese, a cui sono andati gli auguri più fervidi del Vescovo, hanno offerto nella Sacrestia della chiesa parrocchiale di San Nicola di Varapodio, dove è avvenuta la cerimonia religiosa, un piacevole rinfresco.
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di Girolamo Agostino
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Istituto Comprensivo Statale
an Giorgio Morgeto come ogni altro paese del meridione d’Italia, durante i due grandi conflitti mondiali, ha pagato il suo conto in termini di sacrifici e perdite di vite umane ma, finita la guerra i suoi abitanti non si chiusero nella rassegnazione e con grande resilienza vollero dare un senso dignitoso e civile alla vita. Con ogni sforzo crearono occupazione e attività produttive sfruttando l’artigianato, l’agricoltura e per l’ eccellente piccola industria dei profumi e dei liquori, San Giorgio Morgeto fu largamente conosciuto oltre oceano. In quegli anni, il nostro paesino era sovrappopolato con un picco di circa 7.000 abitanti e con l’entrata in vigore della legge sull’istruzione obbligatoria le numerose scuole sparse nel centro storico, nelle campagne e anche in montagna erano affollate di ragazzi propensi all’istruzione ed all’apprendimento. Fu il successivo abbandono politico ad originare il triste fenomeno emigratorio, per cui intere famiglie furono costrette a stabilirsi definitivamente in terre lontane. Di conseguenza a questo drammatico dato di fatto, San Giorgio Morgeto si è ridotto ad un piccolo borgo dove per anni fu imperante una mentalità mafiosa e criminale contornata da abituale sottomissione clientelare e nel tempo, la negatività delle consuetudini createsi generò grandi danni alla crescita civile delle nuove generazioni tanto che ne risentì pure la scuola dell’obbligo: progressivamente, un nutrito numero di genitori, nella ingiustificata convinzione di inserire i ragazzi in un ambiente scolastico più evoluto, preferì la frequenza scolastica dei propri figli nelle scuole della vicina Polistena ed a causa del decrescente numero di alunni l’Istituto Comprensivo di San Giorgio Morgeto fu accorpato a quello di Cittanova; ciò nonostante, nello spirito di molti ragazzi sangiorgesi rimasero sempre vivi i talenti per l’arte, la musica, la cultura e la legalità e di tanto in tanto vediamo sbocciare le passioni di questi giovani come rose fra i rovi all’avvento della primavera. Nel forum «Legalità e Cultura dell’Etica» tenutosi a Roma il 20 Marzo 2015, la giovane Noemi Macrì, alunna della seconda media di San Giorgio Morgeto, si è classificata terza al concorso nazionale «Luce sui tempi della giustizia italiana» presentando il suo significativo manifesto «La giustizia non è un gioco»; in questo paesino non è raro sentir parlare di ragazzi di spiccata intelligenza come il giovanissimo Francesco Agostino, alunno di quinta elementare, che con grande passione
Manifesto ideato da Noemi Macrì
San Giorgio Morgeto: all’Istituto Comprensivo Statale
“Sbocciano i fiori della primavera” si dedica alla composizione di versi poetici. A dir la verità, quest’anno nei sistemi di insegnamento la nostra scuola sta cambiando radicalmente; giorni fa, il mio nipotino di seconda elementare, tornando a casa parlava di soldati che si erano nascosti dentro la pancia di un cavallo di legno per poi la notte bruciare una città, parlava di Ulisse che ha accecato Polifemo e del cane Argo che ha riconosciuto il proprio padrone dopo tanti anni di assenza; pensavo avesse visto un cartone animato in televisione ma poi ha spiegato di aver assistito ad una rappresentazione teatrale della scuola. In realtà, nell’anno scolastico 2014-2015, la nuova Dirigente Scolastica dell’I.C. Cittanova-San Giorgio Morgeto, la Dott.ssa Eva Raffaella Maria Nicolò per la prima volta ha inserito progetti mirati che possono dare eccezionali risultati nell’apprendimento dei ragazzi. In data 19 Marzo 2015 , nell’auditorium dell’Istituto Comprensivo di San Giorgio Morgeto si è tenuto un caffè letterario per la presentazione del libro «Il desiderio del camaleonte»,un saggio di filosofia di Francesco Idotta illustrato ed animato dal Laboratorio Teatrale «Sole luna» davanti ad un platea affollata di ragazzi, di genitori, di insegnanti e vi erano presenti anche il Sindaco e diversi componenti dell’Amministrazione Comunale che assistendo alla novità hanno apprezzato l’evento con grande interesse e soddisfazione. In data 10 Aprile 2015, sempre nello stesso auditorium, è andata in scena la rappresentazione teatrale dell’ «Odissea» e con il capolavoro di letteratura greca, la nuova dirigente Dott.ssa Nicolò ha saputo coniugare in un solo tempo arte, storia e cultura, lasciando così impresso nella fantasia dei ragazzi un grande stimolo alla lettura ed all’approfondimento della filosofia. C’è da dire che all’I.C. Cittanova-San Giorgio Morgeto il lavoro non si ferma e ci sono in prospettiva altri caffè letterari e altri progetti per allargare la visuale formativa dei giovani; per questo, è importante che le nuove iniziative siano sostenuti e portati avanti con interesse anche da tutto il personale preposto all’insegnamento. Nella convinzione che pur i terreni più aridi se ben coltivati possano dare ricchezza e prosperità, il nostro auspicio è quello di veder sbocciare fra i giovani idee di progresso, di civiltà, di giustizia e di pace che come profumati fiori della primavera possano colorare.
Vecchia scuola di campagna
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Delianuova: Giuseppe Creazzo, Angela Iantosca e Raffaele Leuzzi
Incontro culturale promosso da "Librarsi"
Angela Iantosca a Delianuova
di Marinella Gioffrè
Serata dedicata alla nota giornalista tv
U
na serata culturale piacevole, superlativa nel tenore culturale, dal sapore antico stile retrò, quella che si è svolta presso “Librarsi in Aspromonte” di Caterina Di Pietro e Raffaele Leuzzi, alla presenza di autorità civili, militari e di un numeroso pubblico. Dopo i saluti Leuzzi, ha affermato che la manifestazione è dedicata in memoria del Maestro pasticcere Antonino Scutellà, che ha reso famosa Delianuova nel mondo con i suoi prodotti artigianali di alta qualità, quali i torroni. E’ seguito un intermezzo di un ensemble dell’orchestra di fiati “Nicola Spadaro”. A presentare la scrittrice e giornalista di “La Vita in Diretta” Angela Iantosca, è stato lo stesso Leuzzi che di lei ha detto “Onora la madre, storie di ‘ndrangheta al femminile” è un testo articolato ma che si legge facilmente perché scritto in maniera asciutta, essenziale e riflette l’interesse ed il coinvolgimento dell’autrice in vari movimenti nati in favore della legalità. E’ stato dopo l’incontro con Don Aniello Manganiello, il prete anti-camorra di Scampia che Angela ha deciso di cooperare a tale importante
battaglia civica. Il Procuratore della Repubblica di Firenze, Dr. Giuseppe Creazzo, ha fatto riferimento alla “positività deliese di evidente visibilità, alla quale si contrappone un’arretratezza infrastrutturale ed economica. La Calabria è una Regione dal malessere mai risolto; la ‘ndrangheta, il decentramento dello stato, i comuni, non hanno saputo gestire la cosa pubblica, causando il decadimento culturale dei nostri giovani, oltre che un freno allo sviluppo”. Per Creazzo occorre insegnare ai nostri figli ad essere liberi, in una società in cui bisogna far leva sulle donne e sul loro coraggio, che spesse volte è costato loro la vita, ma ha scoraggiato il delinquere. “Le iniziative culturali come questa - ha concluso Creazzo - riscattano la nostra terra”. Ha fatto seguito l’intervento di Angela Iantosca, che si è soffermata sulla riesamina del ruolo della donna nella società, a partire da quelle “succubi dei mariti e che hanno figli malavitosi, che vorrebbero ribellarsi ma non possono. Altre lo fanno ma periscono per questa scelta e altre sono indifferenti. Il numero delle donne che hanno collaborato contro la mafia è irrisorio. Quel-
lo che le muove nel bene e nel male, oltre al potere e al denaro, è il vincolo dei figli. Per preservare i figli la donna di ‘ndrangheta protegge, minaccia, ordina omicidi, ma può anche diventare una preziosa collaboratrice di giustizia”. Onora la madre, menziona fatti realmente accaduti, storie di bambini privati della loro innocenza, per farli diventare uomini d’onore, ricevendo quale insegnamento la violenza, l’odio e la vendetta, quali forme di prevaricazione e prepotenza. Si è poi aperto un dibattito dal quale si è rilevato che la donna è il fulcro della società, rappresenta il futuro nel bene e nel male, è colei che deciderà di mettere fine alla vergognosa ‘ndrangheta. La cultura è l’unica arma efficace per combattere la mafia e l’Orchestra di fiati Nicola Spadaro, menzionata dalla Iantosca, è una delle realtà positive presenti in questo difficile territorio. Il cenacolo culturale “Librarsi in Aspromonte”, fin dalla sua apertura, organizza periodicamente incontri atti ad incrementare e facilitare la conoscenza di testi, documenti, personaggi, specie inerenti il territorio calabrese, spesso calunniato, ma sempre amato.
AGRITURISMO
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Delianuova:
di Marinella Gioffrè
Incontro con il Vescovo Francesco Oliva
Delianuova: S. E. Mons. Francesco Oliva e Mons. Bruno Cocolo
A
ll’interno del progetto dal titolo “Liberi e Forti”, le parrocchie di Delianuova hanno promosso un incontro con il Vescovo di Locri-Gerace, Mons. Francesco Oliva. La manifestazione organizzata da Mons. Bruno Cocolo insieme al gruppo dei giovani del Catechismo, ha avuto luogo nel Salone parrocchiale di S. Elia, alla presenza di un gran numero di persone. Mons. Bruno Cocolo, ha dichiarato che “l’Anno Catechistico sta affrontando tematiche di rilevante importanza, quale la riesamina delle tante forme di violenza e la legalità. Abbiamo già ospitato Don Giacomo Panizza, Suor Carolina Iavazzo e Don Pino Puglisi. Il nostro è un progetto per compiere scelte positive. E’ dalla visione del film Anime Nere ambientato ad Africo - ha detto - e da una considerazione del Vescovo Oliva che a Polsi ha parlato di Anime Bianche, che è scaturita l’idea di averlo con noi stasera, consapevoli del suo percorso di uomo di Chiesa che aiuta i giovani a compiere scelte di vita coerenti con la fede”. Mons. Cocolo ha posto un interrogativo “Dinanzi al male occorre rimanere indifferenti o attuare un impegno serio per distruggere piaghe quali la povertà e l’emigrazione, che rischiano di farci morire?”. Il Vescovo nel rispondere, ha parlato delle sfide della sua
diocesi: criminalità, povertà endemica del territorio, disoccupazione, giovani senza futuro, emigrazione, denatalità, invecchiamento della popolazione e di esperienze in campo cooperativistico e politico. Sebbene operi da poco tempo in qualità di Vescovo, è stato molto chiaro nell’esaminare questioni e problematiche del territorio. “Pur sapendo quanto si diceva sulla Locride - ha detto - non mi sono lasciato spaventare dal pregiudizio. Ho conosciuto un popolo accogliente e differente da come viene presentato dal film Anime Nere, che generalizza sulla gente di Calabria, dipingendola predisposta solo ad atteggiamenti mafiosi. Non si può negare la presenza della criminalità ma non si può fare a meno di pensare che affonda le radici in problemi di carattere sociale. È un’area marginale, dalle strade impraticabili e chi vuole venire deve farlo di proposito. Possiede i borghi più belli d’Italia e un mare incontaminato, ideale per trascorrere le vacanze, ma per vari motivi la criminalità diventa, un’opportunità di lavoro. È un sistema che favorisce l’illegalità impedendo lo sviluppo dell’area che avrebbe le risorse per poter decollare. Tuttavia ho trovato un popolo semplice, laborioso, che lotta contro le condizioni sfavorevoli senza perdere la speranza, sostenuto da una fede di stampo tradizionale, con una forte dimensione mariana. Non è concepibile una Chiesa che si chiude nelle carestie e non si apre al territorio. Non dobbiamo avere una fede con le mani giunte e gli occhi chiusi, ma da vivere tra la gente, facendo in modo che ci sia più sensibilità, per abbattere la connivenza e riacquistare fiducia dinanzi ad una chiara crisi morale e religiosa e ad una evidente sfiducia nelle istituzioni e nella politica, spesso nelle mani dei corrotti e di chi non ama l’interesse comune. E’ necessario un rinnovamento che parta dall’educazione e dal desiderio di debellare qualsiasi forma di corruzione, dalla raccomandazione alla sfruttamento della manovalanza, all’usura, all’evasione scolastica, al sistema delle tangenti. Non bastano la repressione e il carcere, ma serve un intervento mirato a cambiare le coscienze, se vogliamo rinnovare il nostro tessuto sociale, mettendo insieme le persone oneste in rete contro un sistema di illegalità e immoralità. Dobbiamo lavorare a favore della cittadinanza attiva per il bene comune”.
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Associazione Cittanova Radici Gruppo di studio e ricerca della storia e della cultura popolare
Premio Letterario Cittanova 2015 e Progetto Radici
di Girolamo Giovinazzo Presidente Associaz. Cittanova Radici
L’
Associazione Cittanova “Radici” ha programmato la seconda edizione del Premio Letterario Cittanova “Il fondaco di Casalnuovo”. L’evento è parte integrante del Progetto Radici la cui finalità è quella di riscoprire gli elementi della storia, della tradizione, dei costumi, del modo di essere e di sentire della popolazione calabrese, utili anche per ricordare il ruolo svolto dalla nostra città nel contesto dell’intero territorio circostante, l’attuale piana degli ulivi, sia in ambito produttivo e commerciale sia nel settore della cultura sin dall’epoca della sua fondazione (1618). Il Progetto fu avviato come Rassegna Radici nel 2007 dal “Gruppo amici del vernacolo” sostenuti validamente dall'Amministrazione Comunale del tempo. Ma non solo. Ricordo, infatti, con orgoglio l’incoraggiamento ricevuto dagli illustri meridionalisti Pasquino Crupi e Antonio Delfino e dal nostro storico Arturo Zito de Leonardis il quale, in un suo scritto del 2009 intitolato “La cultura a Cittanova”, ci definì continuatori di un preciso percorso culturale di cui egli stesso fu iniziatore assieme con altri giovani negli anni '40. La convinzione di partenza fu che tale progetto potesse consentire da una parte l’apertura di una vetrina di valori sconosciuti e, dall’altra, l’avvio di un tentativo di integrazione del vissuto e delle tradizioni con le positività del presente. E’ sembrato fondamentale, infatti, non rinnegare, facendolo cadere nell’oblìo, tutto un passato ricco di storia e di sapienza popolare ritenendolo, anzi, il punto da cui muovere per una comunità che ha voglia di recuperare la propria identità. E’ apparso, peraltro, quanto mai opportuno sostenere il risveglio di una “calabresità positiva” identificabile con alcuni valori perduti o affievoliti. Tutto ciò è stato messo in evidenza e reso fruibile nelle varie edizioni del Premio Radici essendo stato attribuito all’evento il ruolo peculiare di “contenitore delle radici” grazie agli spunti offerti relativamente alla storia ed ai “personaggi segnatempo” ricordati di volta in volta. Ed in tale contesto anche il Concorso letterario fa la sua parte in quanto viene riproposta nella sezione A la poesia in vernacolo con la convinzione dell’importanza autenticamente espressiva del dialetto nel capitolo della cultura popolare. Il Concorso Letterario, alla seconda edizione, vide la luce nel 2010 ed usufruì della preziosa collaborazione, quale primo Presidente, dello scrittore e saggista Fortunato Aloi, noto cultore della nostra terra, il quale sostiene che “le radici non sono qualcosa di statico da museo ma vanno inserite dentro un mondo che cambia in un processo di fusione che non faccia perdere la propria identità di popolo”. La dizione “Fondaco di Casalnuovo” fa riferimento ad un luogo del centro abitato dell’antica Cittanova, tuttora esistente, dove i produttori e i commercianti convergevano da una vasta area comprendente la zona tirrenica e parte della ionica, tanto da poter ritenere che la nostra città rappresentasse una postazione fissa sulla strada della Magna Grecia. La nostra Associazione assumendosi il compito di rilanciare quel concetto di raccordo, questa volta unicamente in am-
bito culturale, ha invitato altre Associazioni affini dei vari centri della Piana a voler cooperare in un unico progetto, il Progetto Radici appunto, superando così i localismi e i protagonismi non sempre produttivi. Personalmente credo molto nel progetto come pure credo alle potenzialità sottaciute dei calabresi, quelle che covano soffocate sotto la cenere di fuochi spenti chissà perché! Ritengo che una riflessione vada fatta in direzione delle potenzialità e della qualità formativa che i giovani possono acquisire grazie alla risaputa valenza degli Istituti Scolastici della nostra Regione. Essi dovrebbero farne buon uso, sentirsi liberi di decidere e sfruttare le personali capacità creative calandosi, altresì, nella realtà globale. Una riflessione attenta e dettagliata può far maturare decisioni opportune. E la sezione del Concorso Letterario che li riguarda (“La solitudine del Sud: motivi per andare, motivi per restare”) li sollecita a farla. La solitudine del Sud, per altro dovuta a concorsi di colpe, è indubbio che ci sia, ma i motivi per restare nella propria terra ci sono pure. Il tentativo merita di esser preso in considerazione. Il PREMIO LETTERARIO “Il fondaco di Casalnuovo” può dunque andare ad incastonarsi in questo ambizioso programma alla pari con il Premio Radici poiché, quanto meno, offre un opportuno spunto di riflessione in una regione che al di là di spregiudicate forzature negative ha molto da dire e molto da dare.
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di Marinella Gioffrè
“
Lo studio e la cultura sono un presidio della legalità e fanno da scudo contro i falsi miti. Ogni scuola forte del proprio vissuto deve definire le strategie e stabilire come far acquisire le competenze utili per una formazione globale, all’insegna del rispetto delle regole. I Comuni di Delianuova, Scido, Sitizano, Cosoleto, stanno lavorando in sinergia nella promozione di un progetto musicale veicolo di educazione alla legalità. La vera capacità consiste nel trasformare i vincoli in risorse”. Ha esordito così il Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Delianuova, Dr.ssa Anna Maria Cama, moderatrice del Convegno dal titolo “Educare alla cittadinanza attiva”. L’incontro che si è svolto nell’Auditorium annesso alla scuola primaria di Scido, si colloca in prosecuzione di una serie di attività finalizzate a valorizzare i plessi scolastici coinvolgendo la cittadinanza locale. Hanno partecipato docenti, genitori, alunni. Il primo cittadino di Scido Giuseppe Zampogna, ha trattato il tema “Contro il bullismo: insieme per prevenire”, eseguendo una esamina sulle conseguenze psicologiche che colpiscono le vittime del bullismo, il tasso di incidenza del fenomeno tra i giovani, il substrato sociale in cui trova terreno fertile, la corresponsabilità della scuola, famiglia e mezzi di comunicazione. “Occorre elaborare politiche scolastiche antibullismo - ha detto - e lavorare in maniera univoca per combattere qualsiasi forma di prevaricazione”. Il Maresciallo Daniele Chessari,
di Marinella Gioffrè
F
M.llo Daniele Chessari, Don Pino De Masi, Dr. Giuseppe Zampogna, Dr.ssa Anna Maria Cama, Prof. Francesco Palumbo
DELIANUOVA - SCIDO:
Educare alla cittadinanza attiva Comandante della locale stazione Carabinieri, nel parlare di “Sicurezza informatica, rischi e vantaggi del mondo di Internet” ha affermato che “la comunicazione, sotto qualsiasi forma, compreso internet, è positiva se monitorata, ma l’uso smodato dell’utilizzo dei social network, twitter, sistemi di video chat, può rappresentare un rischio per i giovani di oggi”. Don Pino De Masi, parroco di Polistena e referente di “Libera”, contro le mafie per la Piana di Gioia Tauro, ha trattato il tema “Regoliamoci a casa e a scuola”, affermando che si parla sempre più di frequente di emergenza educativa, perché è difficile essere buoni educatori. “Siamo preoccupati a fornire beni materiali e sempre meno disposti a dare amore. Educare vuol dire accompagnare i giovani, amarli, avere regole condivise, coltivare relazioni forti, essere credibili, con impegno e sacrificio, trovando il giusto equilibrio tra libertà e disciplina. Vivere la cittadinanza attiva vuol dire credere nelle istituzioni crescendo nella partecipazione democratica, senza barattare i diritti con i favori o cercare scorciatoie. Essere educatori vuol dire
entrare in questa logica, tenendo conto che alla fine dei tempi non saremo giudicati se siamo stati credenti ma credibili”. Il Prof. Francesco Palumbo, dell’Associazione Culturale-Musicale “Nicola Spadaro”, con le sue “Note per la legalità”, nel raccontare il percorso dell’Orchestra, nata con l’obiettivo di creare cittadini consapevoli del loro essere testimoni della positività calabrese, ha affermato che “suonare da soli non è come suonare in un’orchestra, mettendo le proprie potenzialità al servizio degli altri. La musica è l’opportunità attraverso la quale si sta assieme”. L’orchestra deliese si apre al territorio, promuovendo in sinergia con la scuola, le amministrazioni comunali e regionali, opportunità progettuali. “Questi ragazzi hanno portato la loro esperienza in tutte le scuole della provincia e Regione Calabria -ha concluso Palumbo- implementando esperienze musicali e legalità. Il Maestro Riccardo Muti ebbe a dire di loro dopo averli sentiti suonare, che sono ambasciatori della positività calabrese. Chi come loro raggiunge l’armonia in musica, la raggiunge nella società”.
Cosoleto: Si è qualificato per le olimpiadi nazionali il diciottenne Sebastiano Pindilli
requenta il V° Anno del Liceo Scientifico di Oppido Mamertina, il diciottenne di Cosoleto, Sebastiano Pindilli, che si è classificato primo in Calabria e si è qualificato per le nazionali, partecipando alle Olimpiadi di Scienze Naturali dell’Università Humanitas University di Cosenza. Humanitas University si propone di valorizzare le eccellenze, selezionando e premiando gli studenti più meritevoli. Di qui la volontà di essere partner di un evento come le Olimpiadi Italiane delle Scienze Naturali, una gara riconosciuta dal Miur ai fini della valorizzazione delle eccellenze e valida per l’accesso alle Olimpiadi Internazionali di Biologia (“IBO”). La gara si articola in diverse fasi, la prima delle quali negli istituti scolastici in cui vengono selezionati un massimo di dodici studenti per scuola (sei del biennio e sei del triennio) che parteciperanno alle regionali. Qui vengono assegnate al biennio una prova di scienze della terra e al triennio una prova di biologia, con alcune domande di scienze della terra. I primi due classificati del biennio e del triennio vengono mandati alle Nazionali a
Castellammare di Stabia dove si svolge un'altra prova, del tutto simile a quella delle regionali, che differisce solo per domande più elaborate e difficoltose e per una concorrenza che, essendo scelta secondo questo metodo, è di livello nettamente più alto rispetto alle regionali. Per il triennio, i primi dieci classificati alle nazionali partecipano ad uno stage presso il CNR di Portici, e i primi quattro alla fase internazionale che quest'anno si terrà in estate in Danimarca. Inoltre, tutti i partecipanti alle nazionali del triennio vengono iscritti all'albo delle eccellenze, e ciò prevede anche una borsa di studio che va da 600 euro ad un massimo di 4000 euro in caso di oro alle internazionali. “Sebastiano ha la passione per la lettura e le scienze da sempre ed era uno studente modello”, ha dichiarato la sua insegnante di scienze e matematica delle scuole medie, Teresa Marafioti. “La natura mi affascina fin da piccolo - ha affermato Sebastiano - e anche il contesto familiare in cui sono cresciuto, fatto di persone che certe cose le hanno studiate una vita intera, non ha fatto altro che accrescere questa mia passione. Quando in terzo
superiore ho partecipato per la prima volta alle olimpiadi regionali, l'ho fatto semplicemente con lo scopo di prendere qualche credito scolastico facendo qualcosa di interessante e non mi sarei aspettato che il giorno dopo mi avrebbe chiamato il mio attuale professore Salvatore Macrì, per dirmi che avevo vinto. La storia si è ripetuta l'anno scorso, in quarto, e pochi giorni fa, quando per la terza e ultima volta mi sono di nuovo piazzato primo in Calabria e mi sono qualificato per le nazionali, proprio il giorno del mio diciottesimo compleanno. L'anno scorso la vincita mi ha consentito di poter fare uno stage di una settimana al CNR di Portici. Quest'anno spero di riuscire di nuovo a qualificarmi per lo stage, che è stata una delle esperienze più importanti della mia vita, sia per il suo valore formativo, sia per i rapporti umani, visto che offre l’opportunità di conoscere tante persone e fare nuove amicizie. Quest'anno le nazionali si svolgeranno a Castellammare di Stabia il 9 Maggio, e non vedo l'ora di incontrare di nuovo molte delle persone con cui ho condiviso questa esperienza l'anno scorso”.
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La biblioteca di Scido
Un luogo del cuore
Fra i primi 150 più belli in Italia
di Marinella Gioffrè
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l ringraziamento del Sindaco al Fondo per l’Ambiente Italiano e alla Comunità Cittadina. Il Sindaco del Comune di Scido, Dr. Giuseppe Zampogna, attraverso un comunicato stampa, ha fatto sapere, che la Biblioteca Comunale “Paolo Greco” ha conquistato, con 2.720 segnalazioni, il 114° posto nella classifica nazionale de “I Luoghi del Cuore”. Il censimento, è stato promosso dal Fondo per l’Ambiente Italiano (FAI), per la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese e dopo dieci anni dalla sua nascita si è concretizzato come uno strumento di sensibilizzazione in favore del nostro patrimonio culturale e ambientale. Il progetto ha l’obiettivo di coinvolgere tutti i cittadini, interessandoli al nostro patrimonio artistico e paesaggistico e, al contempo, favorire l’aggregazione e la collaborazione fra comunità e istituzioni, al fine di proteggere e valorizzare tale patrimonio. Con il passare delle edizioni, partecipare al censimento è diventato qualcosa di più di un gesto individuale: la sorprendente mobilitazione registrata quest’anno dimostra quanto questa iniziativa sia sempre più strumento di aggregazione, di scambio di idee ed esperienze, di comunione di sentimenti e di speranze. Sono stati votati palazzi, chiese, parchi, conventi, castelli, aree archeologi-
che, mulini, aree agricole, ma anche scuole, fontane, zone industriali dismesse e tra le aree più votate rientra la biblioteca di Scido, appartenuta ad una delle più antiche nobili famiglie del Regno di Napoli, ubicata nell'antico palazzo Ruffo, che costituisce un ingente patrimonio di valore storico, rappresentato da beni librari, reperti archeologici, manoscritti, pergamene, beni etnoantropologici, reperti numismatici, mobili antichi, una pregiata collezione di pipe. Segnalazioni che sono lo specchio di un Paese caratterizzato da un patrimonio tanto ricco quanto diversificato e troppo spesso in pericolo. “In ragione del notevole risultato conseguito - ha affermato Zampogna - sento il dovere, in qualità di primo cittadino e non solo, di esprimere sincera gratitudine a quanti, anche in questa occasione, hanno dimostrato di avere a cuore la propria terra, di promuoverla e tutelarla anche con piccole azioni quotidiane. Un ringraziamento sincero va alla Dott.ssa Carmela Fonti, delegato del FAI per la Locride e la Piana di Gioia Tauro, perchè grazie al suo impegno e a quello dell’intera delegazione, è stato possibile conseguire un risultato così importante per la nostra biblioteca cittadina e per l’intera comunità”. L’augurio, per il futuro, è che il FAI possa continuare a intraprendere la propria opera di valorizzazione
e sensibilizzazione rispetto a un patrimonio culturale, quale quello del nostro territorio, che ha tutte le potenzialità per divenire un fiore all’occhiello della nostra Regione e non solo. “Alle Associazioni locali, impegnate a fondo per il recupero, la custodia e la promozione del nostro patrimonio storico culturale - ha concluso il primo cittadinovanno le mie più sincere congratulazioni. Sono certo che, anche in futuro, lo spirito comunitario e di profonda collaborazione nel senso della valorizzazione delle nostre risorse, renderà possibile conseguire risultati sempre migliori e dei quali l’intera comunità, così come avvenuto in questa occasione, sarà orgogliosa”.
Il Sindaco di Scido, dr. Giuseppe Zampogna
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Accettare il dono della vita e della maternità
La Quercia Millenaria
Intervista a Sabrina Pietrangeli Paluzzi Sabrina Pietrangeli Paluzzi
di Domenico De Angelis
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iusto seguito all’incontro svoltosi a Taurianova lo scorso 31 Gennaio nella Chiesa del Rosario, su iniziativa del gruppo locale Oppido M. - Palmi / Sez. Avv. Rocco Gambacorta dell’Associazione “Scienza e Vita”, in collaborazione con l'Associazione Medici Cattolici Italiani (A.M.C.I) S. Giuseppe Moscati, l’Azione Cattolica Italiana, Ufficio per la Pastorale della Salute, Ufficio Scuola ed il Consultorio Familiare Diocesano. Nel contesto della “XXXVII giornata per la vita”, proponiamo una intervista a Sabrina Pietrangeli (co-fondatrice, con il marito Carlo Paluzzi e con il prof. Giuseppe Noia, de “La Quercia Millenaria”) un approfondimento sull’operato di questa Associazione “no profit” impegnata nel delicatissimo settore del supporto alle coppie afflitte in gestazione da problemi di salute del feto. Cosa fa e di cosa si occupa l’Associazione? «L’Associazione nasce e vive unicamente per sostenere le coppie che hanno ricevuto una diagnosi infausta circa il bambino che attendono in grembo. I bambini “segnati” come portatori di una anomalia che può rendere la loro vita incompatibile con la stessa vita vengono definiti genericamente “feti terminali”. Noi ci affianchiamo a queste famiglie proponendo un approfondimento diagnostico, perché spesso ci si limita alla diagnosi di
primo o secondo livello e a volte neanche si sà che esiste un terzo livello, che non raramente comprende anche delle terapie fetali (alcune forme di patologia prenatale sono passibili di terapia fetale con delle risoluzioni drastiche del quadro malformativo)». Come aiutare la coppia a riconoscere come “figlio” il feto terminale? «E’ un arduo lavoro, soprattutto se la precedente diagnosi che ha stabilito la malformazione del bambino è stata comunicata in modo crudo e denigrante nei confronti del piccolo. In quel caso ai genitori viene distrutto il “progetto figlio” con tutto il corollario di sensazioni di piacere, di gioia, di aspettativa sulla vita sana, piena, bella che il figlio avrebbe dato. Tutto questo viene distrutto in quel momento, per cui dover aiutare la coppia a ricucire la propria immagine di figlio amato e desiderato è un lavoro abbastanza faticoso. A livello psicologico e umano, i nostri strumenti sono quelli dell’accoglienza anche nella loro fase di rifiuto e l’aiutarli, con un linguaggio appropriato, per es. definendo il bambino “figlio” e non “feto”, incoraggiandoli a parlare di lui con il suo nome (se lo hanno già scelto), parlando della malattia come di un qualcosa che effettivamente esiste, ma elencare anche quelle che sono le possibilità terapeutiche in caso esse ci siano (ove possibili); e quando esse non fossero possibili, far capire alle coppie che quel bambino rimane lo stesso figlio per cui il giorno prima avevano progettato la cameretta, acquistato le calzine o il ciuccio. A livello diagnostico invece ripetere l’ecografia è per loro di grandissimo aiuto, soprattutto enfatizzando i tratti positivi del bambino.
Aiutandoli a vedere nella nuova creatura il loro bambino così tanto desiderato. Ciò crea nei genitori l’accoglienza, il desiderio di provare a curarlo, oppure ad accompagnarlo nel caso sia incompatibile con la vita. Anche questo è un modo di iniziare ad elaborare in anticipo la perdita che avverrà mesi dopo: per questo diciamo che “l’accoglienza è una forma di terapia” per i genitori (infatti abbiamo intitolato il nostro secondo libro “La terapia dell’accoglienza: l’incompatibile con la vita, annuncia la vita”)». Cosa rispondere a chi afferma che è sostenibile “eliminare” i bambini nell’età fetale, in quanto la loro vita altrimenti sarebbe solo sofferenza? «Penso alla storia di mio figlio (Giona), nei primi sette mesi di ospedalizzazione ci sono state tante infezioni, tanti buchi necessari ogni giorno per fare prelievi o per curare le stesse infezioni, e poi interventi, complicanze e uno stile di vita pieno di attenzioni, farmaci e dieta. È chiaro che c’è stato un momento di grossa sofferenza. Penso anche alle parole del bravissimo pediatra Dr. Mario Castorina, che nel libro “La terapia dell’accoglienza”, afferma che il bambino che nasce con una malattia cronica non ha modo di sapere come sarebbe stato se fosse stato sano, per cui ha tutto il diritto di ritenere la sua condizione di vita “buona”. Non possiamo essere noi a decidere, in quanto il figlio è un dono da amministrare che arriva e tu sei chiamato ad amarlo. È chiaro che laddove si inizia a vedere il figlio come un prodotto, come se fosse una bella macchina, a quel punto se il prodotto è difettoso scatta il rifiuto. Addirittura, c’è stato un padre che,
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Attimi di Vita - foto Carlo Paluzzi - tutti i diritti riservati
(Premio "UNESCO" Bioethics Art Competition 2013 Cattedra di Bioetica e Diritti Umani)
l'accoglienza è una forma di terapia
tirà per il resto della vita. Aiutare la coppia non solo con la buona medicina, ma anche con la testimonianza di altre coppie che hanno vissuto lo stesso I fondatori dell'Associazione "La Quercia Millenaria" percorso. Il problema viene da sinistra Carlo Paluzzi, Sabrina Pietrangeli e Giuseppe Noia accettato in quanto non scatta a causa della mancanza del dito mignolo del il rifiuto, o la classica frase “ma tu che ne proprio bambino ancora nella pancia della sai che sto vivendo io?”… Perché i testimomadre, nonostante il dottore cercasse di mi- ni sono coppie che hanno vissuto fino alla nimizzare il problema e dire “vabbè manca fine la loro esperienza e stanno lì davanti a un dito, ma compenserà in qualche modo”… raccontare con un immenso sorriso quale chiese: “dottore mi dica, ma Lei la compre- esperienza bellissima sia stata, nonostante il rebbe una macchina se già all’inizio le man- dolore. Il come, sicuramente non lasciandoli ca uno sportello?”... Questa purtroppo è la mai soli, non essendo invadenti, ma essendo realtà di alcune persone…» sempre a disposizione nel caso in cui le perCome e perché accompagnare una donna o sone abbiano bisogno, in qualunque ora ed una coppia che vuole portare avanti la gra- in qualunque modo, e sicuramente presenvidanza in caso di diagnosi infausta? ziare sempre ai controlli di routine». «Perché da soli è veramente pesante. La Cosa fa lo Stato per l’Associazione e L’Ascoppia in quel momento ha un crollo vertica- sociazione per lo Stato? le, e se non viene sostenuta può chiaramente «Lo Stato per l’Associazione fa poco (diciaessere portata a fare cose di cui poi si pen- mocelo). Ma l’Associazione per lo Stato fa
molto, perché si va a sostituire egregiamente coprendo dei buchi assistenziali. Tutte le ONLUS, soprattutto in ambito socio-sanitario, nascono per questo motivo. Io mi trovo in una condizione di disagio, di sofferenza e non ho gli strumenti ed i servizi che vorrei avere, a quel punto appena riemergo dal mio problema, creo io il servizio che avrei voluto per me stessa. E quando ti accorgi della rispondenza che c’è e l’utenza che afferisce a te, in quel momento ti rendi conto che è una esigenza grande che a livello statale andrebbe coperta». Oggi si preferisce negare il dolore, far tacere la sofferenza. Quale valore ha vivere e affrontare una situazione così drammatica per la coppia? «Il pensiero comune porta a sostenere che in entrambe le situazioni (interrompere la gravidanza o portarla avanti) l’esito finale è un bambino al cimitero (detto crudelmente). Per cui sembrerebbe che non ci sia nessuna differenza a quel punto. Ci si chiede perché
AICol
ENTel
ALS
FEDER.Agri
CAA
Federazione Pensionati M.C.L.
CAF
PATRONATO SIAS
CEFA Ong
SNAP
Centro Europeo di Formazione Agraria
Sindacato Nazionale Autonomo Pensionati
EFAL
Gioia Tauro Via Roma Palazzo ex UPIM Taurianova Via Benedetto Croce, 2
Associazione Intersettoriale Cooperative Lavoratori
Associazione Lavoratori Stranieri
Centro Assistenza Agricola
Centro Assistenza Fiscale
Ente Formazione Addestramento Lavoratori
Ente Nazionale Tempo Libero
Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura
Servizio Italiano Assistenza Sociale
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Il figlio è un dono da amministrare che arriva e tu sei chiamato ad amarlo Momenti in sala - foto Carlo Paluzzi - tutti i diritti riservati
non liberarsi subito da questo tipo di sofferenza. Allora, intanto è una illusione pensare che eliminando il bambino si elimini la sofferenza, perché non è mai una soluzione eliminare il sofferente, ma semmai fare il contrario. E poi perché chiaramente la sofferenza di una diagnosi infausta è un lutto che inizia in quel preciso momento, ed è una elaborazione lenta che, se accompagnata in modo amorevole e sano, porta i genitori a vivere la storia fino in fondo senza poi subire dei traumi né per loro stessi come coppia, ma neanche per gli altri figli eventualmente già esistenti. Comunque, l’interruzione di una gravidanza a metà percorso, cioè nel periodo della diagnosi prenatale, porta una distruzione completa del “progetto figlio” così traumatica, così violenta, così dolorosa (anche perché la mamma quel figlio lo dovrà partorire) in cui le ore di travaglio che la madre vive saranno enormemente dolorose se si pensa che quel tipo di sofferenza non è motivata da un accoglimento, ma dal rifiuto, e questa è una situazione atroce. Nel momento in cui il bambino nasce, anche se vive pochi minuti, l’intensità di amore che si crea in quel rapporto è qualcosa di meraviglioso, nel rapporto con i fratellini, con i nonni, in particolare nel protocollo di Perinatal Hospice che noi proponiamo con l’Associazione. Nel momento in cui il bambino nasce, viene affidato alle braccia della mamma e del papà, viene accudito, viene Battezzato, vengono coinvolti tutti i familiari. Questo percorso che sembra una lenta ed inutile agonia, in realtà è un flusso di amore che nutre i genitori e li conforta anche nel distacco, che avverrà di lì a poco e nei mesi successivi. Per l’85% delle famiglie che hanno la capacità di arrivare fino alla fine in questa maniera, entro sei mesi o massimo due anni, la donna è di nuovo incinta. Gli eventuali fratellini poi, non vivono così le classiche sindromi post-lutto, non hanno problemi ad interfacciarsi con il dolore, con la sofferenza, con la morte. Crescono più maturi. Ed i genitori stessi rimangono sereni e non divorziano. Realtà quest’ultima che si verifica spesso nel postaborto invece, con attacchi di depressione, di panico, con percorsi terapeutici abbastanza duri. Ci sono
shock che anche gli altri figli devono affrontare, come la paura di essere eliminati se si ammalano. Noi abbiamo avuto una delle nostre mamme che ha accolto il bimbo (vissuto un mese), e la figlia maggiore (3 anni), che ricorda bene quel momento, a distanza di un anno e mezzo chiede… “Mamma, ma perché non avete abortito Gabriele?”, e la mamma: “Perché era mio figlio, e ho fatto di tutto per poterlo curare”. A quel punto la bambina risponde: “Meno male mamma, almeno se mi ammalo non mi uccidi”». Come la figura del padre interviene ad accogliere una gravidanza così difficile? «È una figura fondamentale perché quel bambino è frutto di un amore trasmesso attraverso un atto tra un uomo e una donna. Abbiamo visto la fondamentale importanza del padre quando si affianca alla madre nella scelta di andare avanti e come sia invece facile per la donna cadere nella trappola di interrompere la gravidanza quando si ritrova sola. Perché molti uomini dinanzi ad una diagnosi del genere forzano la donna ad interrompere la gravidanza o comunque la lasciano sola minacciandola di andarsene di casa, e vediamo che le donne a volte dinanzi alla possibile assenza del loro compagno, tentennano. Ricordo che una mamma ci chiamò e disse… “io per amore a mio marito ho deciso di interrompere, perché lo vedo così provato e distrutto da tale realtà che io non posso rischiare di perdere mio marito”, e ricordo che in quel momento risposi brevemente affermando: “guarda, lo perderai comunque, perché se rinunci a tuo figlio per lui, sappi che lo caccerai di casa tu…”. Dopo un momento di riflessione lei disse al marito: “guarda se proprio non resisti, allontanati per un periodo, perché io devo portare avanti la gravidanza!”. E lui non solo è tornato, ma lo ha fatto completamente cambiato e desideroso di vivere questa battaglia. Se l’uomo rimane presente la donna resiste meglio. In quel caso l’uomo è chiamato ad essere padre: è nella sua natura. A quel punto non è soltanto padre di suo figlio, ma diventa in modo meraviglioso padre di sua moglie. Perché la donna di fronte alla fragilità della sua condizione, si sente piccola… e noi donne, ricordiamolo, siamo state lasciate da nostro padre all’altare e affidate ad un uomo che da quel momento assume la paternità anche sulla propria moglie, nel senso ovviamente di una amorevole protezione. La sottomissione di cui parla S. Paolo è proprio essere messa sotto quell’ombrello che è l’uomo, alla cui ombra la donna si ripara (ecco la protezione). Io personalmente ho sperimentato la paternità di mio marito e devo dire che mi sono sentita amata, sostenuta e forte grazie a questo. Da lì ho visto che era un buon padre». Quale migliore testimonianza nel campo dell’accoglienza della vita. Grazie a Sabrina ed a tutti i testimoni della vita. È proprio vero che «Sono molti gli sposi che, con generosa responsabilità, sanno accogliere i figli come “il preziosissimo dono del matrimonio”. Non pochi centri di aiuto alla vita, o istituzioni analoghe, sono promossi da persone e gruppi che, con ammirevole dedizione e sacrificio, offrono un sostegno morale e materiale a mamme in difficoltà, tentate di ricorrere all’aborto». (Evangelium Vitae, 26).
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Palmi: raccolta di poesie
“Un tetto per vivere” Riconoscimento a Rocco Militano per la sua ultima pubblicazione
di Francesco Di Masi La copertina del libro
A
Marzo u.s. con l’occasione della sua ultima pubblicazione di 42 poesie inedite dal titolo “Un tetto per vivere raccolta di poesie”, l’Amministrazione Comunale di Palmi, rappresentata dal Sindaco Dott. Giovanni Barone e presenti il Presidente del Consiglio Comunale Avv. Gaetano Muscari e il Consigliere Comunale Avv. Antonino Randazzo, ha voluto attribuire un particolare riconoscimento al Professore Rocco Militano, poeta e scrittore di numerose opere in vernacolo e in prosa. Nativo di Seminara ma cresciuto culturalmente a Palmi, avendo frequentato per i suoi studi il Liceo Classico Nicola Pizi di Palmi, con grandi sacrifici personali e familiari, ha proseguito e completato il suo percorso di studi universitari presso l’Università di Messina conseguendo la Laurea in lettere e nel contempo attendendo con diligente volontà ai lavori dei suoi interessi
e beni. Forte della sua esperienza e nel ricordo dei duri sacrifici affrontati, non si dimenticò mai di scrivere “degli umili e delle piccole cose”, come cita nelle sue opere critiche il Chiocchetti, Presidente dell’Accademia delle Agiati, risultando nel tempo vincitore di numerosi Premi Nazionali come: il Premio Modigliani, il Premio Pirandello, Orso d’Oro, Argentina, Anfora d’Argento, Pegaso d’Oro e tanti altri. Le sue opere sono state accolte e commentate positivamente dalla critica e da personaggi di cultura noti come: Carmine Chiodo, Giorgio Petrocchi e Aurelia Accame Bobbio, solo per citarne alcuni. Tra le sue opere citiamo le più famose: “Voce arcana tra le tenebre ( 1983)”, “Rimembranze romane (1986)”, “Il fascino di Deva (1986)”, Contrasti viventi (1987)”, “Est-Ovest, Romanzo del 1989”, “Profetici cori (del 1990)”, “La disfatta dei Titani (1991)”, “Come corolle al sole (1993)”, “Anno zero (del 1993)”, “Nord-Sud (1997)” ed ancora “Storia di un bambino (del 1999)”, e poi “Javhet opera in due volumi (2006-2009)”. E ora, quest’ultima fatica letteraria, la raccolta di 42 poesie inedite “Un tetto per vivere” (Edizioni Taurografiche, 2014). Questa raccolta viene considerata come una sorta di testamento spirituale e lirico di Rocco Militano poeta. Nel consegnare il meritato riconoscimento, il Sindaco di Palmi Dott. Giovanni Barone, dimostrando il suo compiacimento, ha voluto esprimere e sottolineare condensando con chiari concetti: “la necessità di valorizzare, apprezzare e conoscere di più l’artista Rocco Militano e la sua opera, che attraverso i suoi versi fa trasparire e ci propone un artista vero, sempre uguale a se stesso e nel contempo sempre diverso, in una progressiva evoluzione letteraria che, partendo da solide basi culturali, gli ha consentito di approcciare con stile personale, gli argomenti più disparati e diversi. A lui va il plauso nostro e di tutta la cittadinanza. Grazie Rocco”.
Messa in italiano e “questione del latino”
E
rano le 8,30 di domenica 7 Marzo 1965 quando con la consueta ieraticità e semplicità Mons. Ottavio Casuscelli, Arcidiacono di Palmi, iniziava a celebrare la prima messa IN ITALIANO in ossequio ai dettami postconciliari. Qualche ora dopo a Roma nella Chiesa di Ognissanti il beato PAOLO P.P. VI avrebbe fatto la stessa cosa ottemperando al mariano legame che la B.V. Maria da Lui intitolata “Madre della Chiesa” prudentemente suggeriva a chi con cuore umile e mansueto l’ascoltava. P. Ottavio, ligio e obbediente ai doveri ecclesiali, aveva fatto precedere la nuova celebrazione da una puntuale, solerte ed encomiabile catechesi durata oltre sei mesi in cui aveva illustrato il valore della Messa, le parti di cui di compone, le significanze per chi vi partecipava, il senso della liturgia, l’applicazione dell’indulgenza e - perché no! - la non mutabilità del rito rispetto alla lingua con cui veniva officiato. Catechesi puntuale e molto
bella che noi seguivamo la mattina delle domeniche alla Santa Messa delle 8,30 a Palmi in Duomo. Fu questa preparazione del buon Parroco che ci fece propendere per la MESSA NUOVA, anche se della “vecchia”(sic!) in corrente latino non eravamo d’accordo con qualche (allora!) astrusa costruzione, allontanato da tempo lo biascicare di qualche tratto del Santo Rosario per la cui recita si era preferito senza dubbio il sermone dantesco. V’è da notare subito una cosa: che né cito né ex abrupto la Messa venne celebrata tutta in italiano: il CANONE o Consacrazione restava in latino e ci vollero parecchi mesi di euforia per l’italiano a convertirla tutta in italiano! Questa misura anziché portare acqua all’italiano e alla lingua da cui esso palesemente derivava, portò giovamento all’inglese, per il quale SMB perse financo il Commonwealt, e nocumento allo stesso latino che con un’inspiegabile misura amministrativa risalente al 25.3.1977 fu abolito da tutte le scuole medie statali. Io ricordo quel giorno per il quale iniziò la
di Filippo Marino
vexata quaestio de lingua latina, ricordo l’ironia del preside di cattolicissimo sentire ma pur convinto delle sue leggi di fisica, chimica e similia, ricordo l’apparente stordimento di un’oscena proposta che segnava incontrovertibilmente lo sfascio della scuola italiana che perdeva la sua “S” maiuscola, ricordo l’avvento al Soglio Pontificio del “Papa delle certezze” che con tempo, lena e pazienza avrebbe “riavvitato” certe situazioni lesionate e - perché no! - ricordo il buon Papa Ratzinger che con dotta cultura avrebbe significativamente, semplicemente e dovutamente ridato alla sua Chiesa ciò che … nessuno mai Le aveva tolto! Anche la Scuola con la “S” maiuscola abbisogna di un dono: c’è da sperare che esso dono non serva come per il passato solo ai preti e agli archeologi, c’è da pensare che esso sia un regalo utile per tutta la comunità in cammino! Che in una sola parola è educante se aspira a tutti quei doni di cui è già titolare!
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Alla ricerca del colore
di Domenico De Angelis
A
cavallo tra la fine di Marzo e l’inizio di Aprile u.s. (precisamente dal 22 Marzo al 5 Aprile) la città di Cittanova ha ospitato presso l’ex mercato coperto, la personale di pittura dell’artista polistenese, Luciano Tigani. Il successo della stessa è stato confermato dall’esplicita richiesta da parte del Comune di Cittanova (che ha patrocinato la mostra) di protrarre l’esposizione fino al giorno di Pasqua (la mostra era prevista inizialmente fino al 29 Marzo) affinché lo stupore che ha suscitato ai primi visitatori si potesse espandere anche a quanti, magari approfittano delle vacanze pasquali, vogliano immergersi in una esperienza visiva molto affascinante. L’arte, in generale, è sempre da valorizzare ed incentivare, e le diverse forme che caratterizzano la stessa stanno ad indicare che l’animo umano è predisposto a recepire diversi messaggi di bellezza. Il fascino che caratterizza ogni arte, sa richiamare l’uomo ad un momento di piacevole trasporto. Tanto da far emozionare qualche animo sensibile al punto da evidenziare con lacrime di vero sentimento l’immedesimazione al messaggio che l’artista ha saputo fissare attraverso il dipinto. La mostra, accessibile per 14 giorni, ha permesso a molti di gustare i capolavori con calma, e magari ritornando più volte in giorni diversi per poter ancora meglio approfondire e penetrare a fondo il concetto che il quadro voleva esprimere. Ad accompagnare il visitatore lungo un percorso espositivo, l’artista Tigani, che non si è sottratto alle varie domande dei visitatori (anche varie scuole),
La natura si fa bella
La natura appesa ad un filo
Personale di pittura a Cittanova
“Real Style”
La nuova proposta di Luciano Tigani
L'Artista Luciano Tigani
incalzanti al punto da trasformare la curiosità in vero interesse (e magari desiderio d’arte). Che dire? È emerso uno spettacolo caratterizzato dal nuovo stile che il pittore ha voluto esporre. Noto al pubblico come paesaggista d’eccellenza nel panorama italiano, ha voluto cambiare “genere” (anche se molti scorci paesaggistici sono presenti nelle tele, a dimostrazione che il primo amore non si scorda mai) proponendo il “Real Style”. Ma chi è Luciano Tigani? È bene offrire una sintetica nota biografica dell’artista, in modo tale da avere maggiori informazioni. Luciano Tigani nasce a Polistena nel 1966 dove tuttora vive ed opera. Sente sin da bambino nascere in sé l'ispirazione artistica e col passare degli anni, osservando la natura vivace e colorata dei luoghi a lui più cari della terra di Calabria, decide di fissare sulla tela bianca tali intense sensazioni. Senza economia di studio, si impegna a scoprire la tecnica a china e quella a pastello creando opere di grande fantasia e astrattismo, per poi passare alla tecnica ad acquarello avvicinandosi così sempre più alla pittura classica: inizia lo studio del paesaggio, della pro-
spettiva; scopre la bellezza della natura che lo circonda e si perfeziona nell’olio con la tecnica della pittura a macchia. Nonostante sia un pittore autodidatta, il risultato è da subito stupefacente e di fatto la sua partecipazione a numerose collettive riscuote entusiastici consensi. Tigani comincia così a dedicarsi intensamente all'arte, allestendo personali sia in Italia sia all'estero, ricevendo positive recensioni da parte di affermati critici e storici dell’arte quali: Paolo Levi, Giorgia Cassini, Vito Cracas, Miriam Zerbi, da ultimo l’importante riconoscimento da parte di Josè Van Roy Dalì (figlio del pittore spagnolo Salvador Dalì). Se però si vuole evidenziare un evento in particolare che ha definitivamente proiettato e fatto conoscere al grande pubblico l’affascinante pittore, è stata la sua partecipazione al Louvre nel 2013, a fianco dell’artista fiorentino Francesco Nesi. È doveroso segnalare al pubblico finestre di bellezza da dove potersi affacciare per ammirare un mondo - quello dell’arte - che ha ancora tanto da esprimere e valorizzare, in particolare nella nostra piana.
La chiave per il cielo
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Giuseppe Davi
di Francesco Di Masi
L’
Giuseppe Davi: Il mio omaggio a Joe Cocker
Artista italiano Giuseppe Davi in arte “DAVI”, di origini calabresi è un cantante che si ispira al Pop Rock Soul traendo le sue origini dalla Christian Music International e dal Gospel. Dopo un decennio di brillante carriera, si appresta a presentare nel corso dell’anno 2015 il suo nuovo lavoro realizzato con l’etichetta della casa discografica “Vivir Music Records” e avvalendosi della collaborazione di importanti autori italiani e virtuosi musicisti internazionali tra i quali: “Vinnie Colaiuta, Abraham Laboriel e Michael Landau”. Come preparazione al suo grande ritorno, DAVI ha voluto regalare ai propri Fans un tributo al grande Joe Cocker, con il titolo Davi feat Claude Mcknight, nell’interpretazione della storica e mai dimenticata, colonna sonora del Film “Ufficiale Gentiluomo” e “ Up Where We Belong “ in cui canta con Claude Mcknight, in origine canzone interpretata da Joe Cocker e Jennifer Warnes. Claude Mcknight e’ il leader indiscusso del gruppo Take six, che sono i pionieri del Soul, del Jazz a capella, il gruppo ha duettato con nomi molto famosi del calibro di: Steve Wonder, Rey Charles, Quince Jones, Kenny Rogers, Eros Ramazzotti, mentre Claude Mcknight da cantante single per la prima volta vanta un duetto con Davi, in una intervista rilasciata dallo stesso alla CNN TV americana dice:”era nei miei progetti realizzare questa cover con Davi, infatti ero alla ricerca di una voce particolare, un tono fuori dal comune, volevo duettare questo brano con una voce profonda, calda, molto originale, il destino ha fatto si che io conoscessi Davi, era proprio la sua voce che aspettavo e volevo”. Per l’occasione il brano è stato registrato tra Roma e Los Angeles, edito il 14 Novembre è andato in programmazione su tutte le radio degli Stati Uniti e d’Italia. “UP WHERE
WE BELONG” cover di successo del grande Joe Cocker, ha fatto subito scalpore riscuotendo il favore del pubblico. La morte del “Maestro Joe” aveva spinto l’artista ad osservare un periodo di silenzio e di riflessione. All’inizio del nuovo anno DAVI torna ad omaggiare il grande bluesman aggiungendo alla Cover anche il video. Nasce così questo piccolo cammeo ulteriormente pensato per una canzone, che ha dato il proprio contributo alla crescita dell’immaginario collettivo e a partire da oggi si scopre alimentato dalle intenzioni di due voci che hanno dato l’anima in questo viaggio nell’Universo Joe Cocker. La Città di Palmi unitamente all’Amministrzione Comunale, fiera di aver dato i natali all’artista, ha voluto puntualizzare gli importanti risultati raggiunti da Davi in campo internazionale, e specie in particolare nei paesi sudamercani, premiandolo con un riconoscimento tangibile consegnato dal Sindaco Giovanni Barone durante un incontro sobrio ma denso di significato con l’augurio reciproco di poter al più presto ospitare a Palmi una splendida performance musicale dell’artista.
Giuseppe Davi con il Sindaco Barone
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Brillante chef di Gioia Tauro, della Nazionale Italiana Cuochi di Caterina Sorbara
Lorenzo Alessio
continua a riscuotere successi
D
opo essere stato protagonista in Islanda con la preparazione di un menù esclusivo a base di baccalà, ha ottenuto un altro successo nelle Internazionali d’Italia che si svolgono ogni anno a Marina di Carrara, nel corso della Fiera del Tirreno TC. La squadra di cuochi, capitanata dal giovane chef gioiese composta da: Filippo Crisci di Forlì Cesena, Capannini Fabrizio, Nicholas Capucci e Cosimo Chiarelli di Ravenna, Frassante Marco e Fulvio Politi come aiuto esterno di Rimini, ha sbaragliato gli avversari, conquistando il titolo di “Campioni Nazionali di cucina calda a squadre”. Il capitano Alessio ha saputo guidare e coinvolgere tutti con tenacia, metodo e passione, deliziando i palati dei giudici e di tutti i commensali con le seguenti portate: antipasto composto da gambero al vapore, cilindro di branzino, crocchetta di ceci all’aceto balsamico di Modena, un piatto principale a base di filetto di maiale con salsa al vin brulè, polenta ai formaggi, pancetta arrostita e terrina di maiale, un dessert a base di mousse al cioccolato bianco con ripieno di arachidi salate, tortino alla cannella su crema marsala e sorbetto al sedano e Martini dry e frutta. Ricordiamo, inoltre che Lorenzo Ales-
sio, ha al suo attivo altri riconoscimenti e premi come: primo classificato al Concorso Provinciale Forlì-Cesena, Maggio 2011-Aprile 2012; terzo classificato al Concorso Gastronomico “Gli chef e il tartufo di Dovadola”, Ottobre 2012; primo classificato al Concorso Regionale Emilia Romagna “Chef professionisti”, Cervia 14 Novembre 2012; primo classificato categoria professionisti al Concorso Regionale “Cucina Calda” anno 2013 e infine primo classificato chef nel 2013 all’evento “Malta Culinaria”. La cucina è prima di tutto un arte, dove amore, passione e creatività formano un tutt’uno indissolubile. La professione dello chef è altamente creativa, prestigiosa e molto richiesta. Il successo arriva quando si è disponibili a investire in professionalità, e quindi, nell’acquisizione di conoscenze sempre più aggiornate che consentono di riscoprire anche, le ricette che provengono dalla tradizione e di saperne creare delle nuove, capaci di incontrare il favore e il gusto della gente che ne fruisce. La cucina coinvolge i tre sensi principali del corpo umano: la vista, l’olfatto e il gusto. Uno chef, professionalmente bravo, riesce a soddisfarli tutti e tre contemporaneamente. Uno chef all’altezza, come Lorenzo Alessio, rappresenta con le sue elevate capacità culinarie, il vero volto della Calabria, ponendo il mangiare mediterraneo, sempre ai primi posti non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
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Querelle culinaria tra Gioia e Palmi
"La guerra della Struncatura"
di Caterina Sorbara
T
ra Gioia Tauro e Palmi i rapporti non sono stati mai amorevoli, adesso pare sia scoppiata tra le due cittadine pianigiane, una singolare guerra: “la guerra della struncatura”. Tutto è nato il mese scorso, quando gli amministratori di Palmi, hanno dato inizio a “il progetto della struncatura” asserendo che la struncatura è un piatto tipico della tradizione di Palmi e sarà presente all’Expo di Milano, grazie a uno spot realizzato da una troupe della RAI, guidato dalla giornalista Anna Bruni Eugeni. Apriti cielo a Gioia Tauro che, si sono visti rubare il piatto “da sotto il naso”. Noi del Corriere della Piana, abbiamo voluto parlare con il dott. Vittorio Savoia, insigne studioso di storia locale, con al suo attivo due apprezzate pubblicazioni e un’altra in corso d’opera. Il dott. Savoia, innanzitutto, ci precisa che se i palmesi hanno conosciuto la struncatura è grazie ai tanti studenti gioiesi che studiavano a palmi. Subito dopo ci racconta che la piazza di Gioia fu, sempre considerata uno dei massimi caricatoi di olio di tutto il Meridione. Dagli atti del Consiglio Provinciale del 1839 si legge: “Il paese di Gioja è divenuto, per la sua opportunità il luogo ove si fa il maggiore commercio della provincia, tutti i negozianti vi concorrono, e molti di essi vi fanno dimora. Ma trovandosi circondato da acque stagnanti e principalmente da quelle del fiume Budello, che non fluiscono regolarmente, ed in varie parti impaludano, avviene che l’aria nei mesi estivi rendesi malsana in tutti que contorni”. Nonostante il problema della malaria Gioja era diventato il principale sbocco d’esportazione della provincia. Attratti dall’ottima posizione del sito e prevedendone per l’avvenire un grande sviluppo, molte famiglie di commercianti di stanza del litorale amalfitano pensarono bene di trasferirsi, armi e bagagli, in
Gioja e di creare qui i loro traffici. Quei pionieri, appena giunti nella nostra cittadina, alimentarono subito il commercio e diedero la prima spinta a un rinnovamento completo, per cui è da ascrivere a loro esclusivo merito se Gioja, oltre ad essere il maggiore emporio dell’olio della provincia di Reggio Calabria, divenne in breve volgere di tempo un vero e proprio centro commerciale di generi alimentari e in particolare modo, di pasta. Savoia continua il suo racconto dicendo che i primi immigrati che ci vengono rilevati dai libri parrocchiali di Gioja risultano un Pietro Gambardella di Conca (Sa), deceduto nel 1807 ed un Antonio Pisani di Atrani (Sa), perito nel 1811 e successivamente, sempre dalla costiera amalfitana, risultano deceduti a Gioja: un Gambardella Francesco nel 1839, una Gargano Angela di Pietro nel 1840 ed una Proto Giuseppa di Alfonso nel 1841. Già alla fine degli anni '30 del 1800, gli amalfitani venditori di pasta in Gioja costituivano una cospicua colonia di cittadini, questi nel 1847 avevano provocato una notevole agitazione nel Comune, come risulta da una lettera del sindaco al sottintendente del 13.10.1847 nella quale si dice “I pubblici venditori di pasta, ostinatamente, hanno voluto mantenere la pugna, a non voler vendere alla ragione di grana 9 il rotolo secondo le assise stabilite dal decurionato (consiglio Comunale)”. Dall’Annuario d’Italia del 1895 risultano a Gioja, tra i venditori di pasta tantissimi commercianti di origine amalfitana, come per esempio: D’Amato Francesco, Gambardella Francesco e Russo Antonio. C’erano anche molti venditori di farina. Savoia ci racconta che la maggior parte di questi commercianti utilizzava le “scopature” di magazzino, cioè raccoglieva da terra i residui misti di farina e crusca durante le operazioni di molitura del grano, e successivamente venivano impastati dando luogo ad un tipo di pasta del colore scuro, chiamata struncatura e veniva mes-
sa in vendita a prezzi molto bassi. Talvolta risultava di sapore fortemente acido e veniva data in pasto ai maiali e alle galline. Le classi sociali meno abbienti, di Gioja e dei paesi vicini, la consumavano e per correggere il sapore o per attenuare il grado di acidità, usavano condirla con salse molto piccanti o con acciughe salate, aglio e peperoncino. Per lunghi anni si poteva ancora trovare in piccole botteghe di Gioja, sotto banco, quasi come merce di contrabbando. Quindi conclude Savoia: la stroncatura è un tipo di pasta originariamente di Gioia Tauro ed esclusivamente dell’antica Gioja, anche se paesi vicini cercano di rubare la nostra originalità. Ancora oggi viene venduta a Gioia Tauro e fa parte dei menù di molti ristoranti gioiesi. Un gioiese che da 50 anni vive a Torino, Antonio Toscano, ha raccontato che sua nonna materna Marianna Minneci, classe 1892 aveva un panificio al Piano delle Fosse e vendeva la struncatura e la cucinava per tutta la famiglia. Ricorda anche che tutti i Comuni della Piana del Tauro compravano a Gioia Tauro la farina e la struncatura. Sembra anche che su facebook è nato un gruppo che difende la tipicità gioiese del piatto.
dott. Vittorio Savoia
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La Decorata Cornice della Piana Reggio Calabria – Condofuri Marina – Amendolea – Gallicianò
di Diego Demaio
L'Amendolea in estate
A
Foto Diego Demaio
differenza degli ultimi due itinerari, pur rimanendo sempre sul versante jonico della nostra provincia, si usufruirà stavolta inizialmente dell’autostrada e quindi, una volta superata Reggio, ancora della statale 106 con direzione Taranto. Subito dopo Condofuri Marina si uscirà dalla piatta nazionale per curvare a sinistra, transitare da S. Carlo e, sempre costeggiando la grande fiumara Amendolea, giungere all’ombrosa fontanella attigua alla località Rodì. Da qui, svoltando a destra ed attraversando il ponte, si lascerà la strada per Condofuri per proseguire sino alla vicina Amendolea Nuova e quindi arrivare, dopo una dura rampa, ai 359 m. del vecchio abitato dominato dal diruto Castello normanno. Parcheggiata l’auto si passeggerà tra i cospicui ruderi dell’antico borgo, con l’ancora evidente struttura della chiesa protopapale dell’Assunta, sparsi sotto l’imponente fortificazione munita di muraglioni merlati, di torre-mastio e di una grande aula finestrata. Dallo strategico sito si potrà godere anche di uno straordinario paesaggio sul bianchissimo letto dell’Amendolea. Prima di risalire in macchina si consiglia di percorrere l’inizio della stradina che porta a Bova dove, sulla sinistra dell’asfalto, si noteranno i resti delle vicine chiese, entrambe del XII secolo, di S. Caterina e di S. Sebastiano che conserva ancora in discreto stato il superstite campanile del ’600. Ridiscesi nel moderno paesino si visiterà la chiesetta dell’Annunziata dove, tra l’altro, è custodita la pregevole Madonna col Bambino, in bianco marmo di Carrara e di piccole
Il castello di Amendolea
dimensioni, attribuita ad un ignoto scultore di cultura toscana e risalente alla seconda metà del ’500. Sullo scannello è incisa la significativa frase latina che vuol dire “SONO FATTA DI PIETRA, MA SE PORTATE VOTI DEVOTI E PREGHIERE, IL DIO SARÀ MANSUETO, PUR NEL DURO MARMO”. Usciti dal luogo di culto si riattraverserà il ponte sull’Amendolea per ritornare sulla strada provinciale ed andare a destra sino alle fra di loro attigue frazioni di Carcara e Mangani. Da qui, lasciata nuovamente la strada che porta a Condofuri, si girerà a destra per affrontare la ripida e panoramicissima salita verso i 621 m. di Gallicianò che verrà raggiunto dopo aver coperto 7 tortuosi chilometri, solo da poco più di un decennio asfaltati. All’ingresso del paese grecanico si leggerà la struggente e significativa frase dall’accogliente inizio: “Gallicianò calos irthete…” che tradotta vuol dire “Benvenuti qui a Gallicianò tra le montagne cariche di dolore e di canti” oppure “Gallicianò Benvenuti - Qui solo tra le montagne cariche di sofferenze e di canzoni”. Entrati nel piccolo paese si giungerà nella piazzetta “PLATIA ALIMOS” sulla quale si affaccia la chiesa di S. Giovanni Battista che conserva, tra l’altro, la bellissima statua in marmo del Santo. La scultura, certamente databile al periodo dell’episcopato di mons. Giovanni Camerota (1592-1622), in passato è stata attribuita ai Gagini o anche a Rinaldo Bonanno ma, secondo la giovane studiosa Monica De Marco, potrebbe essere opera di un ignoto artista attivo nell’area dello Stretto.
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Foto Diego Demaio
Usciti dalla chiesetta si percorreranno, ovviamente a piedi, le strette viuzze della sperduta frazione, ormai quasi disabitata, anche intitolate agli Dei ed agli Eroi della mitologia greca e della letteratura classica. Passeggiando si potrà incontrare ancora qualche cordialissimo anziano che nel trasmettere l’Ospitalità Sacra, tramandata (assieme al greco antico) ed “incontaminata” grazie al millenario isolamento geografico, renderà indimenticabile la vigorosa stretta di mano scambiata. Tra profonde riflessioni sulla calabresità più autentica, destinata purtroppo a scomparire (se non tutelata opportunamente) sia come minoranza linguistica che come insostituibile patrimonio di cultura e di civiltà, si lascerà il “prezioso” paesino per ritornare a Condofuri Marina e quindi nella nostra Piana.
Il San Giovanni Battista in Gallicianò
Foto Diego Demaio