Mensile d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 31, Anno 2015 - “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% Aut: 518/ATSUD/CZ;
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In regalo INSERTO SPORTIVO (24 pagine)
Ospedale Oppido: evitata la chiusura
Liceo Piria Rosarno GERBERA GIALLA
Associazionismo mafioso Cosa Nostra
Valle del Marro Seghe di 'ndrangheta
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Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663
Corriere della Piana del 29 Maggio 2015
sommario
Mercato comunale a Taurianova
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ella considerazione, che è in itinere la riorganizzazione del mercato (deliberazione della Commissione Straordinaria n. 24 del 22/04/2015), consideriamo regolare e corretto che l’assegnazione dei nuovi posteggi debba basarsi su priorità legate all’anzianità di presenza e di regolarità, così come previsto dall’art. 15 del Regolamento comunale per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, approvato con deliberazione Commissione Straordinaria n.8 del 22/01/2014. Le criticità nascono, ovviamente, sulle tariffe del tributo TOSAP (tassa occupazione suolo aree pubbliche) come da decreto legislativo n.507 del 15/11/1993, che risultano realmente alte; in una situazione nazionale, in particolare territoriale, di reale ed estrema sopravvivenza per le imprese soprattutto quelle piccole come sono i cosiddetti ambulanti. Con la presente intendiamo sensibilizzare la Commissione Straordinaria ad effettuare una valutazione in ribasso delle tariffe ai fini della sopravvivenza delle imprese ambulanti, e della sopravvivenza stessa del Mercato Comunale taurianovese, perché sono “gli ambulanti che fanno e sono il Mercato Comunale del giovedì”. Un mercato, quello taurianovese, che è primario per la nostra cittadina sia per motivi economici, per far sì che il giovedì si crei un piccolo indotto al servizio della clientela, e quindi possono trarne profitti i bar e gli altri esercizi commerciali che si trovano
Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro
Foto: Free's Tanaka Press, Diego Demaio. Grafica e impaginazione:
Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Stampa: Litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@yahoo.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Sede redazione: Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999 La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 29-05-2015 Visit us on
Costituendo COMITATO AMBULANTI COMITATO CITTADINO-DIRITTI E DOVERI Presidente Mario Romeo ASSOCIAZIONE OFFICINA CALABRIA Enzo Cammisotto - Filippo Speranza Gabriele Sicari - Pino Corsaro
4 Editoriale: Renzi, l'Italicum e l'alba della dittatura
6 L’insediamento di Ottavio Sferlazza
Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato a questo numero: Minou Migali, Francesco Pasquale Cordopatri, Giovanni Garreffa, Giusanna Di Masi, Filomena Scarpati, Carmen Lacquaniti, Vincenzo Vaticano, MIchelangelo Di Stefano, Andrea Zoanni, Emanuele Di Matteo, Eleonora Palmieri, Domenico De Angelis, Filippo Marino, Marinella Gioffrè, Girolamo Agostino, Maria Stella Giovinazzo, Umberto Martino, Caterina Sorbara, Antonio Roselli, Rocco Militano, Paolo Lucio Albanese, Diego Demaio.
nel comprensorio del Mercato stesso; e sia per motivi culturali legati alla tradizione della nostra cittadina. Si consideri che il trasferimento (sostanzialmente avverrà per gli operatori del settore alimentare), cagionerà fisiologicamente un impatto sulla reddittività degli ambulanti, in quanto la clientela dovrà prendere atto, col tempo, della nuova localizzazione del proprio ambulante di fiducia, e mancherà per i primi tempi l’automatismo del “trovarsi subito”. Inoltre, si tenga conto che l’imposizione della TOSAP si basa su una divisione del territorio in due categorie, secondo un criterio di importanza, valutando tale criterio si dovrebbe applicare una tassazione meno gravosa per i posteggi rientranti negli spazi di categoria II. Pertanto, si tenga in giusto conto che il perpetrarsi di un’applicazione massima delle tariffe TOSAP, può generare realmente il declino definitivo del Mercato Comunale del giovedì, una delle poche risorse della nostra bistrattata cittadina.
7 Finita anzitempo la gestione Tripodi
Ciao Pino, il ricordo di un collega
Omaggio a Soriano Calabro
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Scido: Il popolo migratore Lubrichi: Festeggiamenti in onore di S. Fantino
8 Un uomo votato alla pace e al dialogo 27 Eccellenze di Calabria e d'Italia 9 Grande attenzione per l'Innovazione 28 San Giorgio Morgeto: in agricoltura
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Le catastrofi delle Migrazioni e la Politica Scongiurato il pericolo di chiusura del P.O. di Oppido Mamertina
Il Maggio dei libri: "Antimafia dei Fatti" "Gerbera Gialla" al Piria
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"Una rosa un libro"
San Giorgio Morgeto: In memoria del Milite Ignoto
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Really english or born in Italy?
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Delianuova: Librarsi di Maggio si apre con Mimmo Gangemi
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Seghe di 'ndrangheta
Delianuova: Gli Stati Generali della Cultura e legalità 2015
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Carovana Antimafia
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La scultura di Cosimo Allera
Dall'Associazione dei Malfattori a "Cosa Nostra"
Una vita in fuga, ma "Loro mi cercano ancora"
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18 Recensione dI Andrea Zoanni
"NOI, gli uomini di FALCONE"
19 Legalità nel ricordo di Fazio 20
In 30.000 per "Natuzza Evolo"
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Il Dono della Carità
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Il fascino della Croce
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Palmi: La Giunta comunale approva il progetto proposto dal Club Unesco
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I ragazzi di Baden Powell
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La "Locandiera" alla casa della cultura
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La decorata cornice della Piana
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Editoriale
Renzi , l’Italicum e l’alba della dittatura di Luigi Mamone
A
lla fine l’Italicum è stato approvato dalle Camere. Che dire? Vittoria di Renzi? Sconfitta della Politica? De profundis per la democrazia? Alba di un neodispostismo di matrice post moderna? Emersione di un animus dittatoriale? Ognuna di queste domande potrebbe essere la risposta giusta. L’unico dato certo è che il PD, se non proprio spaccato, ha fatto certamente emergere due anime. Quella decisionista plutocratica di Renzi e l’altra - abbastanza anodina e quasi sempre inconcludente della vecchia componente di più rigorosa estrazione DS legata a Bersani, Cuperlo e Civati o cattocomunista bindiana. Costoro, come il famoso generale Aureliano Buendìa, protagonista del celeberrimo “Cent’anni di solitudine” in questi anni sono stati i protagonisti di tante battaglie e di altrettante guerre perse, consacrando, in più di una occasione con arroganza e miopia politica, figlie di un perbenismo becero e codino, le vittorie elettorali di Silvio Berlusconi. Capaci di sottigliezze e distinguo di ogni tipo e di autolesionismi impensabili per chi veramente le responsabilità
di Governo le intende come servizio alla Nazione e non come esercizio del potere, i Ds i PD, Rifondazione Comunista e SEL furono capaci con scissioni varie - prima fra tutti quella di Fausto Bertinotti - di perdere in più di una occasione e di regalare la vittoria a Berlusconi. Ogni sigla un rosario di alterigie e di errori. Ora è arrivato il trentottenne schiacciasassi fiorentino che le prime pietre pietrose non levigabili le sta frantumando proprio all’interno del suo stesso partito mantenendo - strano ma vero - comunque una qualche forma di dialogo in chiave patto del Nazareno con la destra borghese e milionaria di Silvio Berlusconi. Per questo, davanti a un PD incapace di rappresentare i bisogni degli italiani ridotti in braghe di tela, e comunque rappresentati al Governo da una pletora di ministri, figli di potenti padri, legittimi e politicamente naturali: banchieri e assicuratori e grand commis in odore di appartenenza a potenti lobbies di potere, la svolta dirigista che si percepisce lascia sgomenti e preoccupati. Come lascia sgomenti e preoccupati l’insipienza del ruolo che le forze sindacali oggi sono ridotte a svolgere e che è stata evidenziata dalle recenti scelte in tema di Job acts. Quale concertazione? Quale dialogo? Quale futuro? Governo e sindacati parlano lingue diverse e rispondono a logiche assolutamente non conciliabili. Il Governo privilegia il dialogo con i partner europei e mira a conquistare spazio e credibilità in una Europa troppo condizionata in questi anni dalla Merkel, da Junkers e da un pangermanesimo di ritorno che, alla fine, fin’ora è stato funzionale solo alla crescita economia della sola Germania. I sindacati sembrano non comprendere che è del tutto inutile rivendicare negli stessi termini e con gli stessi modi con cui il sindacato dei tempi della “Triplice” di Lama, Storti e Vanni era solito esprimersi. Sembrano non tenere conto che agli imprenditori non possono essere chiesti solo sacrifici ma che, semmai, la concertazione avrebbe dovuto mirare a costringere il governo ad intervenire in favore delle imprese, riducendo gli oneri, la fiscalità, e ogni altro orpello che spesso finisce per strangolare l’imprenditoria sana. Il sindacato dovrebbe scendere in campo non tanto contro i datori di lavoro ma contro le banche che non consentono all’imprenditoria di uscire dalle ambasce e di tutelare i livelli occupazionali. Il sindacato dovrebbe coalizzarsi contro politiche pan europeiste di maniera che in realtà sono solo il frutto di accordi fra lobbies e cartelli internazionali per speculare deprimendo l’economia nazionale in favore di massicce importazioni di prodotti esteri dove il lavoro costa poco e i diritti dei lavoratori non esistono. Da questo vuoto, questo enorme buco nero dentro il quale si vanifica l’efficacia della presenza sindacale, ridotta ormai solo all’ostentazione del bel quadro di Pelizza da Volpedo “la Marcia dei Lavoratori”, che si rafforza il dirigismo di Renzi, il suo voler essere “conducator”. Qualcuno l’ha definito “podestà”. Definizione riduttiva di ambito municipalistico. Qualcun altro dittatore o duce. Definizione non pienamente condivisibile. Qualcuno parafrasando l’appellativo riconosciuto a Mao Tze Tung : “Grande timoniere”. Probabilmente questa è la definizione più calzante. Non crediamo che Renzi sia in grado di risolvere i problemi dell’Italia. La sua visione - certamente innovativa - rispetto a quella della gerontocrazia Berlusconi - prodiana e renziana è certamente più moderna. Il guaio è che Renzi persegue il potere. E come la storia ci insegna il potere per il potere non dà frutti copiosi. Il potere per il commonwellstate sarebbe cosa diversa. Ma come si può pretendere che Renzi si trasformi in un Robin Hood del terzo millennio. Molto meglio le possenti mura di Nottingham che non la foresta di Sherwood. Per intanto con l’Italicum sta proseguendo il progetto dittatoriale che deve passare attraverso la vanificazione del diritto di scelta elettorale dei cittadini: plebe - questi ultimi - da asservire e soggiogare mediaticamente e multimedialmente lasciando solo il minimo per non morire di fame. La speranza - forse - in molti - già da tempo - è morta. E a nulla valgono i proclami della stampa di potere: Aumentato il PIL dello 0,3%! La recessione è stata superata! Fra qualche giorno ci diranno il contrario. E la vita va.
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Rigore, valori e dialogo con i cittadini per costruire e difendere la legalità Il Procuratore aggiunto Emanuele Crescenti, il Presidente del Tribunale Maria Grazia Arena e il Procuratore Ottavio Sferlazza
di Luigi Mamone
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on un partecipato momento di accoglienza e di benvenuto celebrato nell’aula Bunker del Tribunale di Palmi intitolata alla memoria del Giudice Scopelliti lo scorso 8 maggio ha preso possesso della Sede Giudiziaria di Palmi, il Procuratore Ottavio Sferlazza che succede così dopo un vacatio di sei mesi - nel corso della quale l’ufficio era stato retto dal procuratore aggiunto Emanuele Crescenti - al Giuseppe Creazzo attuale capo della Procura della Repubblica di Firenze. Un momento bello e condiviso che ha visto la presenza non solo dei rappresentanti dell’ordine magistratuale e dell’avvocatura palmesi, ma una partecipazione ancora più ampia e qualificata che ha stigmatizzato l’importanza che la nomina di Ottavio Sferlazza rappresenta per il prestigio delle istituzioni, da sempre impegnate in quest’area nell’azione di contrasto alla ’ndrangheta e alle altre forme di nuovo malaffare che all’ombra dei traffici globalizzati del Porto di Gioia interessano l’intero territorio. Presenti pertanto, oltre al Sindaco di Palmi, Giovanni Barone, il Procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho che ha tracciato nel suo intervento un qua-
Con una partecipata cerimonia di benvenuto nell’Aula Bunker del Tribunale
L’insediamento di Ottavio Sferlazza dro globale della necessità che l’azione della Magistratura sia forte e sinergica con quella delle altre Istituzioni operanti sul territorio per contribuire a ridare ai territori e ai cittadini certezza di legalità, ricordando altresì le grandi doti di Sferlazza che proviene dalla Procura di Reggio dove ha retto importanti carichi di lavoro. Il Presidente del Tribunale Maria Grazia Arena ha porto il saluto e il benvenuto dell’ufficio da Lei retto evidenziando le note dell’importanza del ruolo della Magistratura al servizio dei cittadini. Anche il Procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo nel suo intervento - dopo aver evidenziato di non aver voluto mancare ad un momento così importante e significativo che rappresenta la continuità di un impegno in difesa dei valori della legalità - ha porto il suo benvenuto al collega che ha preso il suo posto, certo che la sua azione consentirà al territorio di affrancarsi dalle ancora diffuse forme di criticità che si legano alla presenza di gangli di criminalità organizzata contro i quali non bisognerà mai abbassare la guardia. Il Procuratore Sferlazza nel suo intervento - nonostante un comprensibile filo di emozione dopo aver premesso che questo era il suo primo incarico al vertice di una procura e che, per ragioni anagrafiche,
forse non ve ne potrà essere un ulteriore in diversa sede, ha rivolto un pensiero al padre che fu un avvocato agrigentino e agli inizi della sua carriera nella Sicilia sotto attacco da parte della mafia stragista: Sferlazza che visse la stagione di Falcone e di Borsellino ha ribadito la sua assoluta dedizione in difesa dei valori della legalità per far si che i cittadini guardino con rinnovata fiducia alle istituzioni e comprendano come, solo stringendosi intorno alle istituzioni e ai magistrati che le rappresentano sul territorio insieme alle forze dell’ordine, si possa contribuire a combattere efficacemente la ’ndrangheta contribuendo a costruire per i giovani un futuro di speranza perché - ha detto - l’omertà si combatta dando fiducia ai cittadini. Ha rivolto infine un saluto ai colleghi della Procura e del Tribunale, al personale e agli Avvocati con i quali ha auspicato la migliore collaborazione e dialogo. In rappresentanza dell’Ordine degli Avvocati il Presidente Avv. Francesco Napoli ha porto il suo saluto assicurando la massima collaborazione dell’intero ordine forense che a Palmi - ha detto - vanta una gloriosa tradizione e prestigiose presenze per far si che in proficua sinergia si contribuisca al migliore funzionamento della giustizia e alla difesa della legalità.
Ultimora
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Dimissioni in blocco di consiglieri comunali a Rosarno
Finita anzitempo la gestione Tripodi
Nel 2016 fra mille incognite la città tornerà alle urne
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ulmine a ciel sereno su Rosarno. Le dimissioni in massa di 11 consiglieri, tutta l’opposizione e un componente della maggioranza, ha decretato la fine anticipata del mandato del Sindaco Elisabetta Tripodi. Il commissariamento appare ormai solo una formalità inevitabile per il Prefetto di Reggio Claudio Sammartino. Ma uno tsunami di simile portata era prevedibile nella Torre d’Avorio medmea? Le acque non del tutto placide della politica rosarnese erano state agitate da dimissioni e voci di rimpasto. Ma, in verità, un evento così violento non era previsto né prevedibile. Ora tutto è esploso nella evidente improseguibilità di una esperienza politica che aveva visto la giunta della Tripodi dover fronteggiare le sempre ricorrente emergenza migranti confrontandosi con l’altrettanto palpabile emergenza ‘ndrangheta che, a Rosarno, troverebbe ancora accoliti
e fiancheggiatori che condividono con gli esponenti storici delle ‘ndrine, habitat culturali comuni e, spesso, anche interessi di carattere economico. Un terreno minato - disseminato di mine antiuomo - e nel quale chi ha la ventura di amministrare deve stare vigile e attento senza mai abbassare la guardia perché a queste latitudini gli amministratori sono doppiamente attenzionati: dalla Mafia e dall’Antimafia. Come dimostrano i tanti comuni sciolti per il pericolo di infiltrazione mafiosa senza aver mai registrato allarme rosso, come accade ormai da tempo a Rosarno dove le storiche cosche locali, che per anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo, resistono ancora, nonostante i duri colpi inferti loro dalla procure antimafia e dalla DDA. In quest’ottica - alla luce di espressioni non nostre ma di espressioni istituzionali - che nel corso degli anni hanno definito la presenza mafiosa a Rosarno come un bubbone interessante la
di Minou Megali
stragrande maggioranza della popolazione, è un dato importante e di cui la Tripodi deve andare orgogliosa unitamente alla sua giunta di essere riusciti a evitare di incappare, nel corso degli anni, al governo della città in commissioni d’accesso e scioglimenti per il pericolo del condizionamento mafioso. Questo dato conferma che il sindaco uscente e la sua giunta - con un lavoro assolutamente non facile - erano riusciti a creare una cortina di protezione che li ha visti amministrare con i voti della Rosarno onesta senza restare coinvolti in connection parentali o di mera vicinanza, che in altri paesi hanno invece decretato lo scioglimento dei civici consessi e lunghi periodi di commissariamento straordinario. Questa è - onore al merito - una bella credenziale che nel 2016 Elisabetta Tripodi, ove mai si rincandidasse, o chi del suo gruppo ne raccogliesse il testimone, avrà modo di menar vanto.
Ciao Pino!
Il ricordo di un collega innamorato del giornalismo e delle moto
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a scomparsa di PINO ANFUSO, strappato alla vita lo scorso 28 Maggio, forse a causa di un embolo malvagio dopo una banale frattura in ambiente domestico, ci ha lasciati sgomenti. E’ scomparsa una persona speciale. Due volte collega: nel campo del giornalismo e in quello della passione per le motociclette (alla sua recen-
te partecipazione alla Targa Florio motociclistica lo spazio nello Sport Magazine). E’ stata una delle notizie che non vorresti mai sentire e che non vorresti mai aver sentito. Scompare con l’uomo il volto buono e genuino di un calabrese che ha dato il meglio della sua innata professionalità nel campo dell’informazione, fin da prima di lavorare, coronando un grande sogno di affermazione professionale - per la RAI e - per altro verso - motociclista entusiasta e centauro di razza: vero trascinatore del Team Multistra-
di Luigi Mamone
da in seno a MC Reggio Calabria, con cui aveva negli ultimi anni vinto la Targa Florio e partecipato a numerose manifestazioni di gran fondo alla guida della sua squadra. Sempre, con la telecamera o in sella alla moto con il sorriso sulle labbra e con la pacatezza di coloro i quali della vita hanno saputo cogliere il senso giusto. Addio Pino, un abbraccio dall’amico giornalista e, insieme a tutti i Motoclub calabresi della Federazione Motociclistica Italiana, anche quello del Tuo Presidente.
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San Giovanni Paolo II ed Elio Toaff
di Luigi Mamone
- Il 19 Aprile è morto Elio Toaff, l’ex
Rabbino capo di Roma. La sua scomparsa ha suscitato espressioni di sentito cordoglio, non solo da parte del mondo ebraico, ma anche di quello cattolico, il cui sentimento di prossimità è stato riassunto dalle parole di Papa Francesco, che il giorno successivo alla dipartita ha inteso salutare il Rabbino Capo Riccardo Di Segni e la comunità ebraica “nel ricordo riconoscente di quest’uomo di pace e di dialogo, che accolse il Papa Giovanni Paolo II nella storica visita al Tempio Maggiore”. Dal sociologo Mimmo Petullà, che l’ha conosciuto, raccogliamo una testimonianza. E’ stato, senza ombra di dubbio, una delle personalità di riferimento più autorevoli dell’ebraismo internazionale contemporaneo: autentico e instancabile promotore del dialogo interreligioso, a partire da quello ebraico - cristiano. E’ importante ricordare, difatti, che va anche - e in modo prevalente - a lui il merito di quella visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma, il 13 Aprile 1986. Senza la sua audace apertura, come pure la notevole e paziente capacità organizzativa, quell’incontro - che ebbe indubbie conseguenze finanche sulle percezioni delle dinamiche interculturali delle due religioni monoteiste - non sarebbe andato molto lontano.
Il sociologo Mimmo Petullà con Elio Toaff
La morte di Elio Toaff
Un uomo votato alla pace e al dialogo Vincere i pregiudizi per costruire il regno di Dio Rimangono, ancora adesso, significativamente eloquenti alcune espressioni, che in quel memorabile evento lo stesso Toaff ebbe modo di formulare: “Il gesto del Papa chiude definitivamente venti secoli di emarginazioni del popolo ebraico da parte della Chiesa. E’ l’inizio di una nuova fase storica. Siamo tutti responsabili di farla avanzare”. - Qual è il suo personale ricordo? Nel 1996 avevo incontrato, a Roma, il primo ambasciatore dello Stato d’Israele presso la Santa Sede. Nello stesso anno, appena qualche mese dopo, sono stato ricevuto da Toaff presso il personale ufficio della Comunità Ebraica, dove egli svolgeva la maggiore carica rabbinica italiana. Abbiamo avuto una lunga e articolata conversazione, che per me si è rivelata come un’esperienza edificante - dal punto di vista culturale e, non di meno, spirituale - poiché mi ha consentito di conoscere un uomo straordinariamente illuminante, colto e umile. Ci siamo ritrovati anche nel periodo successivo, nell’ambito di attività rinvianti alla complessa area di ricerca e di studio sulla shoah, che ho avuto modo di approfondire in modo ulteriore - insieme agli sviluppi del dialogo interreligioso
- solo grazie alle sue preziose e incoraggianti indicazioni. - Quali le prospettive future tra ebrei e cristiani? Certamente esse non si lasciano rinchiudere in taluni ristagni antisemiti, più propriamente antigiudaici e di matrice preconciliare, che ancora oggi - allo stato fluido e latente - serpeggiano a ogni livello, fino a riesumare e diffondere l’arroganza e l’ignoranza dei più antichi pregiudizi. Il percorso di mutua conoscenza e stima è invece quello individuato e sollecitato dal Concilio Ecumenico Vaticano II, come pure dai documenti preparati nel periodo successivo: un magistero, questo, che passa a fatica nella pastorale - a partire da quella parrocchiale - perché è sostanzialmente misconosciuto o accolto con uno snobbante atteggiamento. In ogni caso, con buona pace di certe verbose e inestirpabili resistenze, l’ebraicità di Gesù - chiara, se non altro, soprattutto in relazione alla ricerca storica ed esegetica sui vangeli e sul cristianesimo primitivo - non smetterà mai di gettare luce sulle radici ebraiche della religione cristiana, di conseguenza sull’unicità e sull’originalità del rapporto tra la Chiesa e il popolo d’Israele.
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Piana del Tauro:
Grande attenzione per l’Innovazione in agricoltura Mauro D'Acri, Vincenzo Filardo, Domenico Oriolo
di Francesco Pasquale Cordopatri
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u iniziativa della Organizzazione di Produttori (O.P.) “Natura” si è tenuto lo scorso 29 Aprile, all’interno della prestigiosa cornice del Salone delle Feste di Polistena, un incontro tecnico sulle potenziali innovazioni colturali da importare nella Piana del Tauro. I lavori sono stati coordinati ed introdotti dal Presidente della O.P. Vincenzo Filardo e dal Vice Presidente Domenico Oriolo, il quale ha illustrato quella che è la situazione dell’agrumicoltura, uno dei comparti trainanti della nostra economia però affetto da endemici fattori di “arretratezza”. Tali problematiche impediscono al nostro prodotto di competere con le altre potenze produttive sullo scacchiere del mercato globale. L’OP “Natura”, a tal fine, con l’intervento di Marco Licastro, ha esortato i produttori a volgere le proprie attenzioni verso l’ammodernamento e verso i mezzi per conseguirlo, primi fra tutti le fonti di accesso al credito del PSR (Piani di sviluppo rurale) o gli investimenti veicolati da ISMEA, potenzialmente in grado di fungere da volano dell’innovazione e del rinnovamento (iniziative per i Giovani Imprenditori) in agricoltura. In seguito è stata evidenziata l’importanza della divulgazione e della informazione a 360 gradi ed in tal senso si auspica la promozione di altri incontri di questo genere. Inoltre - ha sottolineato Riolo - sarebbe fondamentale promuovere la “cooperazione” al fine di migliorare sia qualitativamente che quantitativamente la produzione. Il Dott. agronomo Vito Vitelli, CEO del Consorzio Vivaisti Lucani COVIL ed attivissimo consulente, già protagonista di altri incontri a tema sul nostro Territorio, ha
esplicato alcune alternative colturali potenzialmente introducibili nella Piana di Gioia. Prima fra tutte il Kaki, nella fattispecie il “Rojo brillante” o alcuni cloni similari, reperiti nel Germoplasma italiano. Dopo qualche cenno sulla storia della coltivazione del Kaki in Italia e sulla sistematica, il Dott. Vitelli ha esposto in sintesi le esigenze di coltivazione di tale coltura nonché la descrizione di al-
cune problematiche inerenti il post-raccolta come la “detannizzazione”, pratica necessaria per conseguire la qualità. L’intervento di Vitelli si è concentrato sull’argomentazione che l’Italia avrebbe tutte le carte in regola per riconquistare notevoli fette di mercato, attualmente saturate dal prodotto proveniente dell’estero. Anche nel caso del Kaki ci si potrebbe giocare la carta della cooperazione, gettando le basi per la formazione di un circuito che in ogni tappa della filiera gestisca in modo razionale la produzione; si potrebbe così attuare una ottimale assistenza tecnica per la coltivazione e la vendita del prodotto. Il tutto anche attraverso un marchio “Melotto” che valorizzi sotto il profilo del marketing le pregevoli caratteristiche intrinseche del kaki. A Giacomo Grande, manager di “Just
Quality”, è stato affidato il tema della “qualità”, fattore essenziale per garantire prezzo, futuro e credibilità alle nostre produzioni. La qualità - come ha sottolineato Grande - comincia a conseguirsi dal vivaio e, passando per il pieno campo e per il post-raccolta, termina sui banconi di vendita. La qualità è determinata da un complesso di fattori che vanno dalle buone pratiche agronomiche alla razionale difesa fitosanitaria, dalla fondamentale sostenibilità ambientale, alle tecnologie di trasformazione; assolutamente di primaria importanza sono anche il marketing e le sane politiche di vendita. Walter Fiumana, tecnico “Agrintesa” ha condotto un ampio discorso sulle prospettive del Kiwi, coltura che continua a dimostrarsi di grande interesse e redditività e che in futuro vedrà l’affermazione di altre tipologie “emergenti” di Actinidia (ricordiamo ai lettori che esistono moltissime varianti di Actinidia) che arricchiranno l’offerta diversificando per caratteristiche morfologiche ed organolettiche le nostre produzioni. Anche in questo caso si è parlato di qualità, di tecniche colturali moderne, dell’importanza di una buona potatura, nutrizione, irrigazione ed impollinazione; si è infine posto un accento particolare sulla prevenzioni e sulla difesa fitosanitaria. In generale è emerso il consiglio di rivolgersi sempre a buoni tecnici vista la “precisione” che la moderna agricoltura richiede. Hanno concluso i lavori l’Assessore Provinciale Gaetano Rao e Mauro D’Acri, Consigliere Regionale, sottolineando il sostegno della politica al settore agricolo e l’importanza dell’attuazione dei nuovi PSR come grande opportunità per le nostre aziende.
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di Giovanni Garreffa
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ertamente le anime delle migliaia di migranti che hanno perso la vita in mare, nel disperato tentativo di trovare in Europa, attraverso l'Italia, un pò di pane, di pace e di libertà e proprio per questo, pur consapevoli del rischio incombente, affidatesi ai trafficanti di morte che dalle spiagge libiche puntano ormai, quasi quotidianamente, sulle coste della Sicilia e della Calabria, ma non solo, non ringrazierebbero la nostra Regione per l'offerta di un cimitero internazionale, nel quale, nella stragrande maggioranza dei casi, verrebbe soltanto fissata una lapide con nome e cognome, non certo data onorata sepoltura a salme che sono scomparse irrimediabilmente per sempre tra i flutti del Mediterraneo, nel tempo culla di civiltà ed oggi amaramente cimitero di condannati a morte. Significativo mi pare il sito individuato, Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza, già sede di un campo di concentramento, sia pure storicamente caratterizzato per l'umanità dei conterranei nei confronti dei rinchiusi, ma pur sempre campo di concentramento; accanto ai carnefici della malvagità umana di ieri, troverebbero perenne posto le vittime dell'egoismo di oggi, respinte dal calcolo politico in vita, ma accolte dalla sensibilità calabrese almeno dopo morte. Se la pietà generosamente manifestata nei confronti dei cadaveri fosse stata resa evidente quando questi nostri simili erano ancora in piedi, non sarebbe stato meglio? La domanda comprende una amarezza profonda, che trova le sue scaturiggini nella conclamata ipocrisia presente a certi livelli. Dopo la ben nota rivolta di Rosarno, di cui hanno fatto uso ed abuso i mezzi di comunicazione di massa regionali, nazionali ed esteri, esattamente nell'Agosto 2011, l'Ente Morale Famiglia Germanò di Oppido Mamertina, dichiarando la propria disponibilità ad un'operazione di solidarietà, ha indi-
LE CATASTROFI delle Migrazioni e la Politica rizzato al Presidente pro tempore della Regione una nota-progetto, illustrata anticipatamente a funzionari del suo staff e, tramite, loro ai responsabili del settore, fino ai Direttori Generali; sembravano essere convinti della validità della proposta, tant'è che hanno convocato una conferenza di servizio tra le realtà interessate (Servizi Sociali, Protezione Civile, ARSSA e quant'altro..), notificando all'Ente la data dell'incontro. In sostanza, la predetta Fondazione, che da oltre un secolo è impegnata nell'universo dei deboli e che da decenni opera con un Centro di Riabilitazione per Disabili, con una Residenza sanitaria assistita e con una Casa-Alloggio per malati di AIDS, in cui prestano la loro opera professionalità diverse, per circa cento unità di personale, proponeva l'utilizzazione per una grande realtà residenziale di accoglienza, assistenza, formazione ed avviamento a lavoro, delle migliaia di migranti presenti nel territorio, previo bonifica e graduale recupero dell'area, ubicata esattamente a metà strada nazionale Gioia Tauro-Rosarno, al limite, a monte, della superficie portuale, sulla quale, intorno agli anni '60 del secolo appena alle nostre spalle, era stato costruito un mega-impianto per la lavorazione dell'olio, da parte dell'allora Cassa per il Mezzogiorno, mai entrato in funzione, ma le cui strutture ancora oggi,
in buona parte, potrebbero essere recuperate e riconvertite al meglio. Si tratta di una distesa di parecchie decine di ettari, completamente abbandonata, alla mercè di tutti, mentre la Regione continua a pagare, nonostante la grave crisi che ci affligge ormai da tanti anni, fior di quattrini per locazioni di vario genere (Protezione Civile e quant'altro..); orbene, dopo oltre tre anni, si è venuto a sapere che, eliminata la Cassa per il Mezzogiorno, quella proprietà è nella disponibilità del Ministero delle politiche agricole e forestali, con buona pace dei nostri Assessorati, che, con i loro ricchi e sapienti quadri, nulla sapevano, e forse ancora non sanno, di tutto questo, mentre lo sfascio, sotto gli occhi di tutti, continua a regnare sovrano, non si sa per colpa di chi. Se il Principe Antonio De Curtis, in arte TOTO', fosse ancora in vita, certamente non smetterebbe di gridare a squarciagola: "E IO PAGO..!".
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Un momento del Consiglio comunale
L’ospedale di Oppido
Giannetta, Scura e Gioffrè:
Scongiurato il pericolo di chiusura del P.O. di Oppido Mamertina.
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osì come annunciato durante il partecipatissimo Consiglio Comunale Straordinario tenutosi ad Oppido Mamertina (RC) giorni addietro, il Sindaco Domenico Giannetta, assieme al suo vice con delega alla sanità Vincenzo Barca, dopo l'incontro a Locri (RC), dove hanno espresso le proprie perplessità e preoccupazioni in merito ai provvedimenti che sono presenti nel nuovo piano di rientro della sanità e che riguardano il Presidio Ospedaliero della cittadina preaspromontana, su loro esplicito invito proprio in quella sede, si è concretizzata la promessa visita del Commissario Straordinario per la Sanità della Regione Calabria, Massimo Scura e il Commissario dell'Asp di Reggio Calabria, Santo Gioffrè lo scorso 19 Maggio, data in cui è stato effettuato dagli stessi oltre ad una conferenza stampa, anche un sopralluogo in base al quale è risultato che il Presidio Ospedaliero "Maria Pia di Savoia" di Oppido Mamertina, conserverà tutte le attività in essere fino ad oggi, compreso il servizio di primo intervento H.24 che si temeva fosse soppresso assieme a tutti gli altri servizi in base a norme di riferimento che più della salute del cittadino, pare tengano presente paradossalmente il contenimento della spesa pubblica. Per Oppido non è andata così, dopo la visita dei due Commissari Straordinari nel luogo per rendersi conto delle reali condizioni dell'Ospedale, Scura ha tranquillizzato i cittadini dicendo che le eccellenze sul
di Giusanna Di Masi
Scura e Giannetta
territorio calabrese saranno salvaguardate e trasformate in "Case della Salute" con più adeguati servizi a disposizione del cittadino. Ha spiegato infatti che i nuovi piani sanitari prevedono due tipi di strutture: gli ospedali altamente qualificati per gli ammalati acuti e le strutture per le attività post-acute come si pensa già da ora di trasformare il presidio di Oppido M. considerato ben funzionante dai due commissari e che deve continuare la sua attività, che sarà in futuro soggetto a potenziamento. Il Sindaco di Oppido M. Domenico Giannetta assieme al Sindaco Giovanni Piccolo di Seminara, che rappresenta i Sindaci di 33 paesi come Presidente dell'Associazione "Città degli ulivi", hanno ringraziato Scura e Gioffrè per la visita effettuata alla comunità oppidese e per i provvedimenti a favore che si prenderanno. I ringraziamenti di Giannetta sono andati, inoltre, a tutti i Sindaci della Piana per il loro sostegno in un momento delicato, che ha avuto esito positivo e a tutti i cittadini che hanno partecipato attivamente alle manifestazioni, un plauso ai membri del comitato spontaneo sorto di recente, che ha espresso il proprio sostegno a tutte le iniziative legali di lotta portate avanti dall'Amministrazione Comunale. Continuando Giannetta ha spiegato che, il dossier consegnato al commissario ad acta, approvato all'unanimità e pienamente condiviso dai Sindaci di ben 17 Comuni, rappresentanti non solo l'area preaspromontana, ma anche di altri comuni del basso tirreno reggino, che durante il consiglio straordinario avevano spiegato quanto sia importante per l'intera area che i servizi del polo sanitario di Oppido Mamertina, unitamente agli altri Presidi ospedalieri della Piana, non vengano ulteriormente ridotti, ma che, anzi, è assolutamente necessario che vengano ripotenziati, è stato utile ad illustrare la reale situazione in cui versa la sanità della zona presa in esame. Oltre all'apertura al dialogo dei commissari, hanno consentito di fermare il depotenziamento della lungodegenza del Punto di Primo intervento del nostro Presidio Ospedaliero previsto fino ad oggi dal nuovo piano sanitario della Calabria, ha fatto sapere, inoltre, in un comunicatro stampa diramato nella stessa giornata il Sindaco Giannetta, la disponibilità al confronto del Presidente Oliverio per quel che ha riguardato la possibilità di rivedere il Piano per i Presidi di confine, dimostrando tutta la propria sensibilità e attenzione per la delicatissima situazione della sanità di Oppido e di tutta la Piana di Gioia Tauro.
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Il Maggio dei Libri:
"ANTIMAFIA dei FATTI" Il Direttore del CdP, Luigi Mamone, moderatore dell’incontro
di Filomena Scarpati
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ell'ambito dell'iniziativa "Maggio dei Libri", è stato presentato a Taurianova presso l'ex Municipio di Radicena, il volume “L’antimafia dei fatti”, un articolato lavoro sotto forma di libro-intervista curato dal giornalista Orfeo Notaristefano per i tipi di Falco Editore. Alla presentazione che ha visto come moderatore l'avv. Luigi Mamone, direttore del "Corriere della Piana", hanno partecipato gli autori del libro Angela Napoli e Orfeo Notaristefano,rispettivamente nati a Varallo Sesia (VC) e ad Amantea provincia di Cosenza trapiantato a Roma, da ricordare soprattutto come articolista dell'Avanti, dove ha maturato la maggior parte della sua esperienza giornalistica; Filippo Andreacchio, presidente dell'associazione Mammalucco e Fabio Scionti, presidente della Consulta delle Associazioni di Taurianova. Bisogna innanzitutto porre in evidenza che durante le legislazioni a cui la Napoli ha partecipato come deputato alla Camera e componente della Commissione Parlamentare Antimafia ricoprendone anche la carica di vicepresidente, sono state molte le leggi varate a beneficio del delicato settore, ricordiamo infatti il codice antimafia, la legge anticorruzione (c.d. legge Severino), la legge Lazzati e tanti altri provvedimenti che ancora oggi ci consentono di pensare che le mafie nonostante la forza che esercitano a livello internazionale, possono essere definitivamente sconfitte, con l'ausilio di dispozioni che lo consentano seriamente. Angela Napoli nel suo intervento ha spiegato che pur avendo partecipato attivamente alla storia dell'antimafia ita-
liana, come membro del Parlamento e di tante commissioni, non ha mai raggiunto la soglia di cariche di Governo per non aver mai piegato la schiena a nessuno, ha sempre espresso con libertà assoluta, senza cedere ai condizionamenti i suoi intenti, dissociandosi anche dai parlamentari
del suo gruppo quando riteneva più giusto votare per ciò che poteva apportare benefici alla Calabria, all'Italia e alla sua popolazione. Non può essere esaustivo un articolo per spiegare quanto materiale dà questo libro in pasto al pubblico, ma ciò che deve essere messo in evidenza, è sicuramente quanto da esso emerge. La distanza dal potere politico intaccato da certi fenomeni, non deve essere solo una prerogativa dei parlamentari o di chi è più vicino alle istituzioni, ma di chiun-
que, in modo particolare del cittadino ogni qualvolta deve esprimere il suo voto in sede elettorale ed è ancora un invito ai giovani a costruire il proprio futuro con azioni sane che tengano conto del rispetto dei principi della Costituzione. Notaristefano e Mamone hanno espresso il loro parere sull'antimafia internazionale da esperti del settore che pure si evince dalle pagine di Angela Napoli, mentre Scionti e Andreacchio nei loro interventi, hanno posto l'accento sugli aspetti culturali del territorio che rappresentano come presidenti di associazioni che trattano settori specifci, mentre gli altri intervenuti hanno parlato della necessità di un nuovo modo d'intendere la realtà quotidiana, di recepire e diffondere le informazioni in modo corretto e dell'esigenza di ripartire da presupposti completamente diversi da quelli condivisi fino ad oggi, affinchè Taurianova, la Piana, la Calabria e l'intera realtà italiana, possano riemergere alla pari di Paesi che nello scenario mondiale occupano posti di riguardo. Da Angela Napoli, fonte di immense conoscenze, abbiamo ancora tanto da imparare, è quanto emerge dal contesto della manifestazione in occasione della presentazione di un libro che condensa buona parte della sua attività da parlamentare e componente di un'importante commissione di assiduo contrasto alla mafia, senza tralasciare il sentimentalismo e l'alto senso di appartenenza alla comunità in cui vive da decenni pur essendo originariamente del Nord Italia e figlia di una parigina, dalla quale avrà sicuramente ereditato la naturale eleganza di porgersi agli altri, che da sempre la distingue.
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Momenti della manifestazione
Rosarno, migliaia di studenti in corteo
Gerbera gialla al Piria Insegnare, costruire e difendere la legalita’ Adriana Musella, Piero Grasso e Mariella Russo
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na grande festa all'insegna della legalità e dell'impegno. E' così che si può riassumere la 22esima edizione della “Gerbera Gialla” che si è svolta a Rosarno martedì 5 Maggio, presso l'Istituto Superiore “Raffaele Piria” con la partecipazione di migliaia di studenti proveniente dalla Calabria, Campania e Sicilia. La manifestazione, organizzata dall'Associazione “Riferimenti”, presieduta da Adriana Musella, ha come obiettivo principale quello di ricordare l'ing. Gennaro Musella ucciso dalla 'ndrangheta il 3 Maggio 1982 e tutte le vittime di mafia. Alla giornata ha partecipato il Presidente del Senato, Pietro Grasso, numerosi sindaci e molti rappresentanti di istituzioni civili, militari e religiosi della Provincia e della Regione. Tra questi il il prefetto Claudio Sammartino. Il corteo, partito da Piazza Duomo, dopo aver interessato alcune tra le più importanti vie del centro di Rosarno, si è diretto al Liceo Scientifico “Raffaele Piria”, presieduto dalla dirigente Mariarosaria Russo che è anche vicepresidente dell'Associazione “Riferimenti”, dove si sono tenute tutte le attività previste dalla giornata. Moltissimi i professori presenti, sebbene ufficialmente in sciopero, e che hanno sfilato con lo striscione “Scioperiamo contro il DDL scuola ma siamo in piazza contro tutte le mafie”. A dare inizio alla cerimonia della consegna dei premi “Gerbera Gialla”, è stata l'orchestra giovanile di Laureana di Borrello e Rosarno che, diretta dal Maestro Maurizio Managò, ha eseguito l'inno di Mameli. Hanno preso, quindi, la parola la Preside Russo, lo studente Carmelo Cacciola, Adriana Musella, il Sindaco Elisabetta Tripodi, il Presidente della Provincia, Giuseppe Raffa, il Governatore Mario Oliverio e Mario Congiusta. Pietro Grasso, all'inizio del suo discorso ha innanzitutto voluto salutare le migliaia di
studenti e professori presenti alla manifestazione sebbene ufficialmente in sciopero contro il DDL scuola e, anzi, ha dichiarato la disponibilità del Senato a discutere con la loro categoria.Nel suo intervento Grasso ha messo in rilievo come la 'ndrangheta “affascina” i giovani rubando, però, le loro speranze e devastando le loro esistenze. Subito dopo, insieme ad Adriana Musella, ha scoperto una lapide nel cortile della scuola alla memoria di Gennaro Musella. Si è passati, quindi, alla consegna dei premi “Gerbera gialla 2015” che sono stati
di Carmen Lacquaniti
il premio il vescovo della diocesi, Mons. Francesco Milito); ai giornalisti Michele Albanese e Paolo Borrometi, nel mirino della mafia a causa del loro mestiere; al vigile urbano di Rosarno, testimone di giustizia, (ha ritirato il premio il comandante provinciale dei carabienieri, Lorenzo Falceri) grazie al quale è stato possibile far luce su un delitto di mafia commesso due estati fa a Rosarno. Riconoscimenti speciali sono andati a personalità che con i loro percorsi onorano il nostro territorio: Letterio Calvo, Antonino
La targa in memoria di Gennaro Musella
consegnati a: Diego Bouché, direttore generale dell'Ufficio Scolastico Regionale; Giuseppe Creazzo, Procuratore della Repubblica di Firenze che ha voluto dedicare il premio ai suoi colleghi magistrati e a tre donne di Rosarno, Maria Concetta Cacciola, Giuseppina Multari e Giuseppina Pesce, “che stanno dando un grande contributo per il riscatto di questa terra”; alla squadra di calcio Koa Bosco, guidata dal parroco Don Roberto Meduri, composta da giovani africani; a Don Pino De Masi (referente Libera della Piana di Gioia Tauro); a Mons. Nunzio Galatino, segretario della CEI (non essendo presente ha ritirato
Delia, Arianna Messineo, Antonino Brosio, Alessandra di Benedetto, Giancarlo Costabile, Giuseppe Lacquaniti, Pasquale Catanoso e Gino Mirocle Crisci (questi ultimi due rettori della Mediterranea e dell'Unical). Grasso ha infine consegnato a “Riferimenti” la Medaglia d'oro del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Sempre Grasso ha voluto dare il calcio d'inizio alla partita, che si è svolta subito dopo, tra il Koa Bosco e la squadra del “Piria”. Le attività sono andate avanti anche il pomeriggio e si sono concluse con una emozionante e partecipatissima lezionespettacolo condotta dal cantautore Ron.
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di Filomena Scarpati
Attentato ai danni della Coop “Valle del Marro - Libera Terra”
Seghe di ’ndrangheta Tagliate centinaia di piante di ulivo
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e si volesse fare una panoramica generale su Oppido Mamertina, dovremmo innanzitutto far riferimento a dei gradi d'Istruzione che vanno dalla Scuola dell'infanzia passando dalla primaria, alla secondaria di primo grado, fino ad arrivare ai due Istituti d'Istruzione Superiore, comprendenti un Tecnico Industriale con due articolazioni d'Informatica e Telecomunicazioni ed un Liceo Scentifico, che, oltre ad effettuare le normali attività curriculari, sono capaci di riportare delle straordinarie classificazioni ai primi posti di concorsi nazionali banditi dal Ministero, che fanno pensare ad un tipo di civiltà avanzata, nonostante gli incidenti di percoso che talvolta si sono verificati. Essendo in possesso Oppido M. di risorse umane e materiali di notevole elevatura intellettiva, dignità e interesse storico, è nelle intenzioni dell'Amministrazione Comunale del luogo rappresentata oltre che dal Sindaco Domenico Giannetta, da una schiera di giovanissimi Assessori e Consiglieri, migliorare le condizioni socio-economiche e culturali del paese partendo dalla necessità di diffondere il concetto di legalità. Sono stati infatti promotori la scorsa estate, ad inizio legislazione, di una manifestazione durata diversi giorni, dopo gli spiacevoli fatti della processione della "Madonna delle Grazie" del 2 Luglio 2014, verificatisi senza alcuna colpa imputabile a persona, situazione o cosa, ma involontariamente, per una serie di circostanze riscontratesi, forse per fare da sprone alla riflessione sulle azioni di ciascun individuo, che talune volte possono causare involontariamente danni. Se è vero che a guidare la Storia è Dio, il suo intervento è servito sicuramente a liberarci da atteggiamenti che a lungo andare possono divenire deleteri per una comunità civile e cattolica che nel suo insieme gioca un ruolo importante sul territorio della Piana, al pari di cittadine più grandi ed economicamente sviluppate. Se ci fermiamo per un attimo a riflettere sul fatto che Oppido è in possesso di importantissimi siti archeologici per i quali si sta cercando di compiere ogni sforzo per valorizzarli in modo adeguato, in quanto fonte di notevole sviluppo economico basato sul turismo culturale sostenibile,
si comprende come ogni manifestazione di violenza di qualsiasi tipo, anche minima, a persone o a beni materiali, sia fermamente condannata dal Sindaco Giannetta, dall'intera Amministrazione Comunale e dalla cittadinanza, per una questione di giustizia sociale e integrità morale, ma anche per l'immagine che il paese intende dare di sè. Coesi, hanno reso pubblico il dissenso, nei confronti del vile gesto compiuto ai danni della cooperativa "Valle di Marro libera Terra" in località Castellace, frazione di Oppido Mamertina. Detta cooperativa oltre ad essere un volano di sviluppo economico sano del territorio, rappresenta un forte simbolo di legalità, trattandosi di cooperativa sociale a cui sono stati affidati beni e terreni confiscati alla mafia. Lo scorso 21 Novembre in occasione della festa dell'albero l'Amministrazione Comunale che simbolicamente aveva abbracciato quegli alberi, si è ritrovata a distanza di pochi mesi difronte ad un terribile scempio nei confronti non solo della natura, ma anche nei confronti di uomini e ancora più forte il dissenso è stato espresso in quanto accaduto proprio nel nostro territorio che sta compiendo ogni sforzo per migliorarsi, fa sapere il Sindaco di Oppido Mamertina. E' doveroso ricordare che in pochi mesi di Amministrazione, sono state tante le attività e le persone intervenute nel luogo a tutela del concetto di legalità, tra gli ultimi ricordiamo Pino Masciari, collaboratore di giustizia che si è ribellato alle estorsioni di matrice 'ndranghetista e Rita Borsellino, sorella del Giudice vittima della mafia in Sicilia, che hanno incontrato le scolaresche della cittadina, affinchè si diffonda sempre più quel senso civico di legalità. Non è superfluo aggiungere che gli unici presupposti, da cui deve ripartire ogni comunità che intende evolversi nel bene, poggiano sulla formazione dei giovani, infatti le numerose manifestazioni sulla legalità tenutesi nella cittadina, sono state quasi tutte organizzate dall'Amministrazione Comunale di concerto con i Dirigenti scolastici rispettivamente dell'Istituto Superiore, Pietro Paolo Meduri e dell'Istituto Comprensivo, Ferdinando Rotolo. Adesso si resta in attesa di un regolamento da parte del Vescovo della diocesi, che conceda nuovamente la possibilità di effettuare
le processioni per restituire l'armonia di un tempo, considerato che non si possono ignorare le tradizioni utili alla crescita culturale di un popolo e alla costruzione di un futuro per i giovani che affonda le sue radici nella storia della Piana. Si deve anche evitare di disconoscere "la pietà popolare" che è il fondamento della fede calabrese. Si resta in attesa di norme specifiche, forti se occorre, per le prossime processioni, che evitino di lasciare al libero arbitrio dei Parroci o ricadere nelle loro responsabilità, pratiche che non rivestono importanza solo per il paese che le effettua, ma che hanno forte ricaduta dal punto di vista storico e della religiosità sull'intera diocesi. Pertanto, è bene che siano programmate e normate da un "Organo Superiore" che si concretizza nella figura del Vescovo col supportato del Consiglio Presbiterale che riporta le esperienze dei vari luoghi. E' anche un modo per rendere univoca la programmazione e l'iter delle processioni all'interno di uno stesso territorio. L'attesa, intanto, ci fa comprendere la necessità di rendere più maturi i tempi, le opinioni e le modalità d'intervento. Nelle decisioni che si attendono non deve neanche mancare un'attenta riflessione sul rilancio di un'economia sofferente già da tempo, per i numerosi problemi che attanagliano il nostro territorio. Riallacciandoci all'argomento chiave dell'articolo, l'atto scellerato perpretato ai danni della cooperativa sociale "Valle del Marro", è adesso al vaglio delle forze dell'Ordine e della Magistratura che non mancheranno certo d'indagare su diversi fronti, considerati i reiterati attentati.
La condanna del Sindaco Domenico Giannetta e dell'Amministrazione Comunale.
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Rita borsellino a Oppido Mamertina
Carovana antimafia Giannetta: difendere la legalità
di Vincenzo Vaticano
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na tappa della “Carovana antimafia”. Così il sindaco Domenico Giannetta ha voluto definire l’incontro di Rita Borsellino con gli studenti delle scuole superiori di Oppido svoltosi presso il Cineteatro stipato in ogni ordine di posto, alla presenza di numerose autorità e rappresentanti delle forze dell’ordine, tra cui il maresciallo dei Cc Andrea Marino (recentemente insignito del premio nazionale “Paolo Borsellino”) e del capitano Maurizio De Angelis. «Un’iniziativa - ha detto Giannetta - che vuole incidere sulle diverse realtà locali per stringere rapporti solidali tra i cittadini, le istituzioni e, soprattutto, gli studenti chiamati a confrontarsi su un tema, quello dell’educazione alla legalità, che sempre più importanza ormai riveste nelle attività formative della scuola». L’incontro - organizzato dal Centro studi “Paolo Borsellino” e dal locale Istituto di scuola superiore con il patrocinio del Comune - è stato introdotto dai saluti del Dirigente Scolastico Pietropaolo Meduri e dal Sindaco Giannetta ed è stato moderato dal Prof. Valentino Scordino. «Questo incontro - hanno evidenziato sia Meduri che Scordino - rappresenta un’irripetibile occasione di riflessione e un momento altamente formativo per i ragazzi, che avranno modo di ascoltare la testimonianza di una donna impegnata in prima linea nella difesa dei valori della legalità e della giustizia».
Rita Borsellino ha esordito esprimendo gratitudine per l’iniziativa intrapresa dalla scuola, un' istituzione la cui funzione, a tutte le latitudini, è da considerare «un baluardo fondamentale per inculcare il senso della legalità e per favorire qualsiasi tipo di sviluppo: sociale, economico, culturale». Ha, quindi, iniziato il suo lungo (ma scorrevole) intervento ricordando subito la fatidica data (19 Luglio 1992) in cui il fratello Paolo e gli uomini della sua scorta furono trucidati in quella che viene ricordata come la strage di via D’Amelio. «Un evento - ha aggiunto - che ha segnato profondamente la mia vita determinando una mia nuova nascita e l’inizio di un impegno, mai venuto meno in tutti questi anni, nella lotta alla mafia e ad ogni altra forma di criminalità e illegalità». Attraverso un dettagliato excursus autobiografico ha voluto descrivere il profondo legame esistente con il fratello e il baratro in cui è sprofondata dopo la sua scomparsa. Ha però aggiunto che, proprio nel suo ricordo, ha trovato la forza di reagire e portare avanti la sua “battaglia” iniziata per caso parlando ai ragazzi della scuola frequentata dai figli e proseguita poi incontrando giovani delle scuole di tutta l’Italia. Incontri, durante i quali - ha, più o meno detto, tra tante altre cose - ha capito come quanto fatto dal fratello Paolo e dal suo inseparabile amico Falcone sia stato di fondamentale importanza per ridare coraggio alla gente onesta, risvegliando la speranza e affrancando le coscienze da un senso più o meno marcato e profondo di frustrazione e sopraffazione. C’è da credere, sicuramente, che gli alunni - che, alla fine, si sono stretti e hanno “circondato” Rita Borsellino - rifletteranno molto su questo incontro, una volta tornati sui banchi di scuola.
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Analisi dei modelli associativi nella moderna scienza criminologica di Michelangelo Di Stefano
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iù complessa è risultata la disputa rivolta a collocare giuridicamente la figura di coloro che, seppur estranei all’associazione mafiosa e senza alcuna modalità intimidatoria o di assoggettamento omertoso, abbiano agevolato l’attività dell’organizzazione. La complicata querelle sulla configurazione nel diritto positivo dell’ipotesi criminosa del concorso eventuale di persone in un reato a struttura plurisoggettiva sono il portato, in prevalenza, dell’entrata in vigore della legge nr. 646/1982 che aveva novellato l’associazione per delinquere con l’ introduzione nel codice di rito l’art. 416bis c.p., configurante la fattispecie delittuosa autonoma dell’associazione per delinquere di tipo mafioso. Il concorso esterno in associazione mafiosa, algebricamente indicato combinando l’art. 416bis con l’art. 110 del codice penale, fu per la prima volta ipotizzato dal compianto giudice Giovanni Falcone il quale, nel c.d. terzo maxi processo di Palermo, si pose per primo “il problema di ipotizzare il delitto di associazione mafiosa anche nei confronti di coloro che non sono uomini d’onore, sulla base delle regole disciplinanti il concorso di persone nel reato”. In verità, il distinguo tra il partecipe ad un’associazione di tipo mafioso ed il concorrente esterno, era già stato oggetto di disamina nell’ antico codice napoleonico che già compendiava un’ ipotesi associativa prodromica ai vigenti art. 416 bis e ter c.p., all’epoca riguardante i c.d. “malfattori”. Detto codice, all’art. 99, richiamava infatti che: “quelli che conoscen-
Dall’Associazione dei Malfattori a "Cosa Nostra" La diversificazione delle figure e dei ruoli nel pactum sceleris associativo
do lo scopo ed il carattere delle dette bande avranno loro somministrato, senza esservi costretti, alloggio, luogo di ritirata o di unione, saranno condannati alla pena dei lavori forzati a tempo.” Ed, ancora, al successivo art. 268 stabiliva che: “Saranno punite con la reclusione tutte le altre persone incaricate di un servizio qualunque in queste bande, e quelle che avranno scientemente e volontariamente somministrato alle bande o alle loro divisioni delle armi, munizioni, istromenti atti al crimine, alloggio, ritirata o luogo di unione”. La previsione delittuosa di tipo associativo delineata dal legislatore napoleonico, avrebbe trovato analoga interpretazione nella codicistica del Regno Sardo e di quello delle Due Sicilie, approdando de plano ai moderni codici Zanardelli e Rocco. Questa dicotomia tra partecipazione interna o ab externo avrebbe trovato interpretazione nella giurisprudenza già nella seconda metà dell’ Ottocento: significative sono in proposito due distinte sentenze della Cassazione di Palermo risalenti al 1875, attraverso cui sarebbero stati rilevati i profili penali della condotta tenuta da “coloro i quali somministrano viveri o danno alloggio ai componenti dell’associazione dei malfattori, come soggetti che, per l’appunto, non possono consi-
derarsi partecipi all’associazione stessa, bensì una sorta di favoreggiatori e, comunque, di concorrenti ab externo degli associati medesimi. Tutto ciò sta a significare” – ha recentemente annotato Adelmo Manna – “che non solo il legislatore, ma anche la giurisprudenza, seppure nella seconda metà dell’Ottocento, in alcune importanti pronunce aveva prefigurato quella che attualmente definiremmo una c.d. zona grigia, a cavaliere cioè tra la vera e propria partecipazione ed il favoreggiamento reale e/o personale, da riempire, per l’appunto, con queste ipotesi embrionali di c.d. concorso esterno”. Commentando, adesso, la giurisprudenza dell’ultimo ventennio, a partire dalla nota Sentenza Demitry, i giudici della Cassazione delinearono la figura giuridica di un agente “che non vuole fa parte dell’associazione né è chiamato da essa a farne parte, ma a cui l’associazione si rivolge per colmare un vuoto momentaneo…in cui si chiede aiuto ad un estraneo affinchè offra un contributo temporaneo utile a fare superare il momento di crisi”. Le motivazioni della storica sentenza avrebbero dato origine alla c.d. teoria della “fibrillazione”, rivolta ad ipotizzare che “il concorrente esterno può definirsi tale solo se interviene in un momento patologico, cioè di difficoltà,
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dell’associazione criminosa, nel momento nel quale cioè vi è bisogno di un contributo esterno all’associazione per consentire a quest’ultima di rimanere in vita”. Nel 2003 le Sezioni Unite, con la c.d. sentenza Carnevale, nel ribaltare gli esiti del giudizio d’appello puntualizzarono che “il concorrente esterno, a differenza del partecipe, è privo di volontà di far parte dell’associazione, non è stabilmente inserito, ma fornisce all’associazione un contributo specifico, volontario e consapevole”. In buona sostanza, ad avviso dei giudici della Cassazione, sarebbe stato necessario provare un rapporto di causa ed effetto tra contributo fornito all’associazione e l’effettivo beneficio dalla stessa conseguito. Nel 2005, con la Sentenza Mannino, ricollegandosi al caso Carnevale, la Suprema Corte avrebbe indicato come provato l’accordo tra il parlamentare e “cosa nostra” per avere ricevuto sostegno elettorale, precisando, però, che “un accordo, per definizione, è l’incontro di volontà di due soggetti”, e nel caso Mannino sarebbe mancata la prova del suo assenso ad una contropartita con la mafia. Diverso, qualche tempo dopo, l’orientamento degli Ermellini nel caso Contrada, confermando la condanna a carico dell’alto funzionario del S.I.S.De. “per avere contribuito agli scopi e alle attività criminali di cosa nostra fornendo notizie riservate riguardanti indagini e operazioni di polizia che devono essere svolte nei confronti di appartenenti all’associazione criminale”. Nelle linee generali, il soggetto attivo del reato di concorso esterno, pur non appartenendo al sodalizio mafioso perché al di fuori delle liturgie criminali correlate all’affiliazione - e, conseguentemente, non beneficiando dei ritorni derivanti dalle perpetrate attività illecite tra cui quelle di carattere patrimoniale e non potendo, ancora, sfruttare nell’agire quotidiano il vincolo di assoggettamento e di omertà promanante da un gruppo criminale di cui non è parte integrante – tuttavia ne sostiene, ne conserva e ne rafforza l’esistenza, sulla base del compimento di singole condotte orientate a beneficio dell’organizzazione. Nelle ipotesi di concorso esterno, quindi, la condotta del prevenuto determina unicamente l’effetto di incidere episodicamente sulla forza, o sulla capacità criminale del gruppo, da cui discende l’individuazione di un’ulteriore personale responsabilità nei riguardi di colui che, in buona sostanza, svolge il ruolo di fiancheggiatore. Ancora, mentre nella strutturazione dogmatica dell’art. 110 c.p. è richiesta la presenza di più persone che concorrano nel medesimo reato, nel caso in parola proprio per l’anomalia costruttiva della fattispecie anche una sola di esse può, con la specifica condotta richiesta, integrarne gli elementi costitutivi. Per quanto attiene, poi, all’elemento psicologico del reato, considerato che la partecipazione organica ad una struttura appositamente creata per la realizzazione di più delitti implica il dolo specifico della fattispecie, cioè la personale consapevolezza di essere parte integrante del gruppo contribuendo con la propria condotta al raggiungimento degli obiettivi prefissati, laddove sporadici ed occasionali apporti, in ipotesi anche singoli, sollevano l’interprete dal ricercare nei percorsi mentali del soggetto attivo l’effettiva conoscenza delle finalità tipiche del sodalizio. In quest’ultimo caso il concorrente esterno dovrà unicamente essere consapevole che il suo agire, ancorché reiterato nel tempo, produce effetti vantaggiosi in favore di un’associazione mafiosa di cui, però, egli non vuole essere in alcun modo parte integrante. Con riguardo ai contributi forniti dal fiancheggiatore esterno all’organizzazione criminale, in linea generale è richiesta dal giudice una valutazione EX post dell’opera svolta dal concorrente, in quanto una valutazione EX ante risolverebbe in ter-
mini di mera probabilità la lesione del bene interesse tutelato. Per quanto attiene, invece, le “promesse” tra il colletto bianco e l’esponente della ‘ndrangheta, la Suprema Corte ha precisato che: “[…] basta il mero scambio delle promesse tra esponente mafioso e politico per integrare il sinallagma significativo del concorso esterno, e non sono necessarie verifiche in concreto in ordine al rispetto da parte del politico degli impegni assunti ove vi sia prova certa […] della conclusione dell’accordo, perché è lo stesso accordo che di per sé avvicina l’associazione mafiosa alla politica, facendola in qualche modo arbitro anche delle sue vicende elettorali e rendendola altresì consapevole della possibilità di influenzare perfino l’esercizio della sovranità popolare e, cioè, del suo potere”. […] E peraltro, non sono neppure necessarie ulteriori e specifiche verifiche sul rispetto degli impegni assunti con il patto elettorale dal politico, che saranno necessarie solo nei casi in cui non vi sia esaustiva prova del “patto” e questo debba arguirsi attraverso i suoi effetti […]”. Il concorso esterno quale istituto polemogeno Parallelamente agli altalenanti orientamenti della giurisprudenza, significativo è stato in dottrina l’apporto di studio offerto, tra gli altri, da Giovanni Fiandaca e da Costantino Visconti che analizzando gli Scenari di mafia [73], si sono addentrati nella controversa qualificazione del reato, inquadrando l’ipotesi quale persistente istituto “polemogeno”, meritevole di disamina anche sotto una focale sociologica e politologica, precisando che: “[…] il concorso esterno nel reato associativo continua a presentare le sembianze di un istituto controverso, sfuggente, “liquido”. Specie quando l’indagine giudiziaria o il processo coinvolgono personaggi assai noti, alla controversia tecnico–giuridica si aggiungono polemiche politico–mediatiche che traggono alimento dagli inevitabili riflessi politico–istituzionali ad ampio raggio derivanti da un’imputazione per concorso esterno formulata a carico di soggetti che esercitano importanti funzioni pubbliche (per esemplificare, si consideri la recentissima ed emblematica vicenda del presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo, che ha preannunciato le dimissioni dalla carica perché accusato dalla magistratura catanese di collusioni mafiose). Ciò fa sì che la problematica del concorso esterno assuma un volto polivalente, che potenzialmente interpella anche le competenze dei sociologi del diritto e dei politologici sotto il profilo, appunto, della verifica delle possibili ricadute dell’azione giudiziaria sulla sfera sociale e politica […] ”I due esponenti della dottrina si sono anche interrogati sulla necessità di avviare una discussione costruttiva sull’istituto, descrivendo “Il concorso esterno tra guerre di religione e laicità giuridica”, giungendo alla considerazione che : “[…] Una cosa è certa. Per evitare che la discussione pubblica sulla legittimità e sull’efficacia dello strumento del concorso esterno seguiti a rimanere in eterno prigioniera del conflitto irresolubile tra difensori e oppositori per pregiudiziale opzione fideistica, sarebbe auspicabile assumere una buona volta un atteggiamento sufficientemente laico per effettuare una ampia e approfondita ricerca, sia quantitativa che qualitativa, su tutta la giurisprudenza in materia maturata ormai da più di un ventennio: in modo da verificare con rigoroso metodo statistico i risultati del ricorso all’istituto anche in termini di coefficienti percentuali nel rapporto tra indagini avviate, provvedimenti di archiviazione, sentenze di condanna o di assoluzione. Soltanto muovendo dalla conoscenza dei dati reali si potrebbe essere, così, in grado di effettuare valutazioni sulla capacità di rendimento dell’istituto meno influenzate da simpatie o avversioni preconcette. Ma saremo capaci di passare dalle guerre di religione ad un approccio laico? […]”. Appare evidente, in conclusione, che il fenomeno del c.d. collateralismo mafioso, in assenza di un adeguato intervento legislativo in materia, sarà in futuro oggetto di ulteriori rivisitazioni giurisprudenziali e dottrinarie determinando, gioco forza, disagio e disorientamento tra gli addetti ai lavori che quotidianamente investigano sul diffuso fenomeno del white collar crime. - Fine (la prima parte dell’inchiesta è stata pubblicata nel n° 30 del CdP)
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Angiolo Pellegrini, Palermo e la lotta alla mafia
NOI, gli uomini di FALCONE
Una testimonianza di vita vissuta in prima linea La recensione di Andrea Zoanne
Il Generale Angiolo Pellegrini
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a copertina di questo libro è accattivante e induce alla ricerca di cosa vi sia raffigurato: si tratta di una “combustione plastica”, chissà quale messaggio ha voluto trasmetterci l’artista ma, soprattutto, chi ha scelto la copertina. Se invece andiamo alle parole che compongono il titolo, potremmo avere un impatto diverso; tutto sommato questo libro racconta una storia per noi lontana, come tempo e come luogo. Inizio con questo contrasto apparente, naturalmente finto, perché il successo che il libro sta ottenendo è sinonimo di interesse verso un’opera di narrativa e di testimonianza storica. Perché di questo si tratta, è un inedito resoconto di uno dei pochi sopravvissuti a quella tragica ma eroica stagione antimafia, che non è affatto lontana, né come tempo e né come luogo, ma che ci interroga anche su un presente prospettico. Sarebbe ora che questo Paese progredisse anche nel saper fare i conti con la propria storia, come tutte le democrazie compiute dovrebbero fare. Avrei molti esempi da citare, ma preferisco restare ancorato a questo libro, in pienezza di argomento. Lasciatemi però dire che abbiamo ancora paura e forse il coraggio non lo troveremo mai: quel coraggio di dire che molti errori sono stati commessi, forse proprio perché del tutto convinti non lo siamo ancora e preferiamo continuare a reiterare l’inganno. Ho naturalmente letto il libro perché io leggo molto, ma molto lascio anche per strada, quando cammin facendo l’interesse scema. Se invece il testo “prende”, prevale in me la curiosità di arrivare velocemente alla fine. Però il mio procedere è ondivago e fatto di pause e di sguardi nel vuoto, perché dopo i momenti più intensi della lettura, la mente resta sospesa ed immagina visivamente cosa e come potrebbe essere stata nel reale la scena descritta. E ne sento gli odori, i sapori, o meglio, tento di immergermi in quella realtà. Vi dico così perché oso definire questo libro una “sceneggiatura”, ovvero una “suddivisione in tante scene” di quadri descritti nelle loro caratteristiche visive ed acustiche, con storie e dialoghi dei personaggi che vi sono rappresentati. Francesco Condoluci è l’artefice di questa sceneggiatura. Ma il nostro valore aggiunto si chiama Angiolo Pellegrini, che nel 1981 assunse il comando della sezione Anticrimine dell’Arma dei Carabinieri a Palermo. Un testimone e un primattore di allora. Lui è il centro intorno al quale la matassa del libro si dipana. Non potrebbe essere diversamente, quando parliamo noi confessiamo un mondo. Siamo pezzi unici e proprio per questo ragionare e comprendere diversamente è cosa naturale ed arricchente. Ma dare un senso non è semplice, senso significa direzione. E’ come un gioco, ma tremendamente serio: essere disposti a perdere qualcosa, per evolvere e per
migliorare. Le persone qui ricordate a memoria futura, negli atti quotidiani di lavoro, sapevano di giocarsi la vita. E mai si sono sottratte a questo gioco con la morte, troppe volte perso. E’ importante ricordare i nomi di Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, Chinnici, Cassarà, D’Aleo, Basile, La Torre, Costa, Mattarella, Montana, Caponnetto, Ayala, Barillari e di tanti altri, prima e dopo, quasi tutti morti ammazzati insieme alla loro scorta, agli affetti famigliari e a chi anche per caso lì si trovava. Ma tale memoria resta un inutile esercizio retorico se non si trae da esso una spinta critica e razionale delle cose. Quella critica che ci dà una speranza di futuro e che si basa sulla conoscenza dei fatti, riconoscendo anche il giusto tributo ai tanti e per lo più anonimi, o poco conosciuti militari e cittadini che in silenzio hanno sempre svolto egregiamente il proprio dovere. C’era un giudice, il più capace e intelligente di tutti, si chiamava Giovanni Falcone, sapeva di aver bisogno di uomini fidati: il Capitano Pellegrini ne era il loro comandante. Ma ciò avvenne giorno dopo giorno, indagine dopo indagine, un rapporto fiduciario consolidato sul campo, non a tavolino o in modo precostituito. Non aspettatevi molto Falcone nel testo, ma quel che c’è è sufficiente per descriverne la sua grandezza, tra l’altro riconosciuta soprattutto oltre oceano. Il vero protagonista è tutto il suo contorno, che contorno non è ma parte indispensabile della portata principale. Alcune foto presenti nel libro, insieme a diversi documenti, sono poi la giusta ciliegina sopra una torta che per tanti versi mi diventa poco digeribile: a volte non riesco ad immedesimarmi nell’accaduto e nello stesso tempo RESTARE UMANO! Il libro ha un prologo, “Palermo come Beirut, ovvero l’uccisione di Chinnici, perché chi tocca i Salvo muore (e non solo fisicamente)”. Questa potrebbe essere la prima “summa” del libro. Poi c’è il capitolo che vede il trasferimento di Pellegrini dalla ‘ndrangheta alla mafia, ovvero da Reggio Calabria a Palermo: una specie di flash back, con l’ingresso dei “viddani” di Riina e Provenzano, specialisti nel falcidiare le vecchie famiglie dei potentati e chiunque si fosse messo di traverso. In seguito, la vicenda del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nella quale lo Stato toccò uno dei momenti più bassi come istituzione; senza poi dimenticare quello straordinario “rapporto dei 162” e il “maxi processo” di Palermo. Ed ancora i passi in avanti e indietro quotidiani, a testimonianza del continuo mutamento delle cose; e Tommaso Buscetta, pentito per la forza della disperazione, con i viaggi nel sud e nel nord delle americhe. Infine la conferma, nelle parole di Falcone, nel constatare che la morte di uomini valorosi e l’allontanamento di altri causò un calo di tensione ed un rallentamento
delle indagini (seconda e ultima summa del libro). Ma c’è anche molto altro: le riflessioni e i dubbi del Capitano, con le indagini e i tentativi andati o no a buon fine; le tante soddisfazioni e gli errori commessi, con gli atroci e non dimenticabili bruschi risvegli alla notizia della morte violenta di giovani amici e colleghi di lavoro, ogni volta come se fosse la prima volta; le volte che si è vista la morte in faccia. Altro non aggiungo, tanto meno l’epilogo. Ma molto, davvero molto ho tralasciato. E’ un libro ricco di umanità vera, di gente disposta a tutto, pur sapendo che spesso il tuo nemico è chi ti sta vicino. Ho cercato brevemente di trasmettere quello che ho provato nella lettura di questo bel libro, che a mio modesto parere meriterebbe di far parte della biblioteca personale di ognuno di noi. Nella mia vita lavorativa ho conosciuto persone che molto mi hanno trasmesso ed alle quali anch’io ho cercato di dare qualcosa, partendo da un innato senso di curiosità nel voler conoscere le cose, non tanto in senso positivista (aggiungo e sommo cosa a cosa) quanto invece procedendo per tentativi e per errori, cercando di comprenderli per non più ripeterli. Ricordo però anche con nostalgia le storie che i nonni mi raccontavano, avendo partecipato al conflitto mondiale di cui tra pochi giorni ricorre per l’Italia il primo centenario di inizio. Oppure quando mio padre cercava di trasmettermi cosa volesse dire, da adolescente e da ragazzo, avere fame e non avere nulla da mangiare, causa il secondo conflitto mondiale. Cosa che io non ho mai compreso perché, come qualcuno afferma “gli occhi che vedono sono quelli che hanno pianto”. Devo però confidarvi che nella mia bacheca personale uno come il Generale Pellegrini mi mancava e se ne avessi la possibilità continuerei a chiedergli di raccontarmi qualcosa, non importa cosa, purché il racconto sia un pezzo di vita vissuta che si deve ascoltare intensamente. Per molti versi parlare di antimafia è diventata oggi una moda. Criticare senza razio è facile, si rischia poco, pur approfittando del grande potere dei mezzi moderni di comunicazione. Ci divertiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno che tutto sovrasta anche l’azione più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ci sono però occasioni in cui qualcosa rischiamo per davvero. Ad esempio, nello scoprire e difendere le novità, il nuovo. Il mondo è spesso avverso alle scoperte, ai nuovi talenti e alle nuove creazioni: al nuovo servono sostenitori. In questo inedito viaggio, riscoprendo un pezzo di storia del mio paese, mi sono imbattuto in qualcosa di nuovo. Cercatelo anche voi, se non leggerete solo con gli occhi lo troverete di sicuro.
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Gli studenti del Galileo Galilei
Antonino Fazio, Gaetano Vaccarie Salvatore Boemi
Reggio Calabria, il Giudice Boemi al Liceo Galilei
Legalità nel ricordo di Fazio
di Luigi Mamone
Ha introdotto il luogotenente Gaetano Vaccari.
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ncontro sulla legalità per gli studenti del Liceo Galileo Galilei di Reggio Calabria nel ricordo del Colonnello Cosimo Fazio, l’Ufficiale dell’Arma deceduto in servizio il 15 Agosto del 2013. L’incontro, molto partecipato ha visto i contributi e le riflessioni del Magistrato Salvatore Boemi, che scrisse una lunga stagione di impegno nella lotta contro la criminalità della allora costituita Procura Antimafia e, prima ancora, quale presidente della Sezione Misure di Prevenzione. Con Boemi il figlio di Fazio, Antonino, e il luogotenente Gaetano Vaccari, attuale comandante del Nucleo Operativo Radiomobile della Compagnia di Tropea ma per lunghissimi anni impegnato anch’egli in prima linea - al fianco del Procuratore Agostino Cordova e di altri magistrati dell’Antimafia - nella difficile attività della polizia giudiziaria nella Piana del Tauro. Vaccari ha introdotto la conversazione catalizzando l’attenzione dei ragazzi anche con il racconto di attività d’indagine in epoche dove l’omertà imperava incontrastata e muri di silenzio e di ostilità culturale rendevano difficile qualsiasi tipo di indagine. Il Dott. Boemi si è soffermato anch’egli sulla azione che lo Stato. in sinergia fra le sue componenti, ha dovuto e deve compiere per difendere la legalità facendo argine e contra-
Antonio Fazio ufficializza la costituzione di una associazione culturale in memoria dell’Ufficiale caduto mentre soccorreva dei migranti stando l’illegalità. Boemi ha inteso ricordare il lungo e proficuo rapporto di collaborazione che da Magistrato ebbe con il Colonnello Fazio e i grandi contributi investigativi e d’intelligence che l’Ufficiale dell’Arma seppe offrire a supporto delle sua azione. Ultimo, ma non per importanza, infine Antonino Fazio, figlio del Colonnello e che il quotidiano impegno alla legalità lo ha recepito e metabolizzato fin dalla nascita vivendo accanto al papà Cosimo, che prima di approdare nel capoluogo fu l’apprezzato Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Taurianova. Anni difficili per la Piana, contrassegnati dall’allora frequente emergenza legata ai sequestri di persona con necessità di rendere effettiva, efficace e visibile l’azione di controllo del territorio da parte dello Stato. Anni difficili per Taurianova, che seguivano la tragica sparatoria di contrada Razzà e che culminarono, nel 1991, dopo una lunga sequela di omicidi ed esecuzioni nel Venerdì Nero dei cinque morti ammazzati in poche ore, con una delle vittime decapitata dalla potenza d’urto dei pallettoni contro i tessuti molli della gola. Interventi apparentemente dettati dal ricordo ma che hanno reso pienamente il significato della legalità come valore da attuare, praticare e difendere ogni giorno e ogni ora, costantemente e senza mai abbassare la guardia perché il trasformismo delle cosche, della ’ndrangheta e del malaffare è camaleontico e, pertanto, la malavita cambia volto e modi di manifestazione in continuazione. In linea con gli interventi dei relatori anche il saluto dell’Assessore provinciale alla Legalità, Edoardo Lamberti Castronuovo e del dirigente scolastico del Liceo reggino che hanno evidenziato agli studenti - tutti attenti e molto compresi che hanno posto ai relatori numerose domande, l’importanza di difendere una legalità che talvolta appare problematica. Il figlio del Colonnello Fazio per far si che l’impegno alla legalità non diventi fatto transeunte ha, infine, ufficializzato la costituzione di una Associazione Culturale intitolata al padre (accanto al quale si trovava quell’infausto giorno della sua prematura fine) per contribuire a far che il suo esempio in difesa della legalità non vada perduto.
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Paravati, un fiume di fedeli
In 30.000 per "Natuzza Evolo"
Cresce l’attesa per la beatificazione della mistica di Emanuele Di Matteo Presidente Unione Provinciale Reggio Calabria Movimento Cristiano Lavoratori
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olto discusso ancora oggi, anzi soprattutto oggi, il fenomeno della mistica di Paravati. Natuzza Evolo è stata una donna di origini umili, che non ha risparmiato - secondo le testimonianze - tempo e fatica alla dedizione ed al sostentamento della propria
famiglia, ma soprattutto, con il passare del tempo, all’ascolto delle persone che a lei si sono rivolte. Sulla mistica di Paravati, se ne sono dette di tutti i colori; tra gli attacchi più eclatanti vi sono quelli secondo i quali i frammenti di scrittura in diverse lingue che appaiono sulle garze che coprivano le stigmate presenti su alcune parti del suo corpo, siano frutto di qualche pennellata; o ancora è stata criticata la estrema disponibilità all’ascolto delle persone note al grande
pubblico o di personaggi pubblici. Insomma le voci dubbiose sulla genuinità delle sue capacità, o sulla sua buona fede non sono mancate. Nonostante ciò non hanno avuto dubbi invece le migliaia di persone che a Maggio hanno partecipato a Paravati alla ventottesima edizione del raduno dei cenacoli di preghiera ispirati da Natuzza per la festa della mamma. Una festa che si ripete ogni anno, e che ogni anno registra la partecipazione di migliaia di persone. Quest’anno durante la giornata, i presenti hanno assistito alla messa celebrata dal vescovo Luigi Renzo all’interno della Villa della Gioia, ossia la struttura costruita su impulso di Natuzza e con i contributi di migliaia di fedeli che hanno donato fondi attraverso gli innumerevoli punti di raccolta delle offerte presenti praticamente in tutte le attività pubbliche della Calabria, o quasi. E’ emozionante la fede di quelle migliaia di persone, che nel tempo hanno conosciuto Natuzza, l'hanno ascoltata, sono stati testimoni della sua opera o sono stati vicini a coloro che hanno chiesto e ricevuto aiuto da Natuzza, alle quali non si può certo non
credere. Le persone presenti nell’occasione della festa della mamma rappresentano la testimonianza viva di quello che Natuzza Evolo era, che è stata, che ha fatto e rappresentato. In tal senso il parere favorevole della Conferenza Episcopale Calabra alla richiesta di introdurre la causa di beatificazione di Natuzza Evolo non può non essere conseguenza anche di tutte le testimonianze che ancora oggi si raccolgono sulla vita della mistica, e che danno consistenza storica alla vita ed al fenomeno Natuzza Evolo, con buona pace di tutti quelli che fanno leva sugli eventi che nascono di fianco ad una vita straordinaria, per cercare di screditarla.
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di Eleonora Palmieri
Piero Ozimo, Presidente nazionale dei guanelliani apre il Convegno
IL DONO DELLA CARITÀ
Le reliquie di San Luigi Guanella a Laureana di Borrello nel Centenario della sua morte
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ella ricorrenza del centenario della morte di Don Guanella, il Santo della carità, le sue reliquie sono state portate a Laureana, dove celebrò messa nel 1913. La sua opera è perpetuata ancora oggi dalle suore Guanelliane presso l’asilo Domenico Lacquaniti Argirò. Sabato 9 Maggio 2015, presso il Cinema Aurora, il convegno di apertura dell’evento. Pietro Ozimo, Presidente Nazionale dei Cooperatori Guanelliani, ha presentato. Rocco Ozimo, Presidente del gruppo locale dei Cooperatori, ha funto da coordinatore. E’ intervenuto il Vescovo Sua Eccellenza Monsignor Francesco Milito, parlando di “due Santi per la Calabria”, San Pio X e Don Guanella. Ha spiegato che Pio X dovrebbe essere considerato un compatrono della Regione, perché dopo il terremoto di Reggio e Messina di un secolo fa, egli si prodigò per riparare ai danni. Ha ricordato la vicenda del piccolo Domenico Lacquaniti Argi-
Il coro e le bandiere dei paesi dove operano i guanelliani
rò, morto tragicamente, per cui la famiglia volle l’Asilo delle suore a Laureana e si rivolse a Don Guanella, che prese a cuore questa vicenda, perché diceva che “se le opere le vuole la Provvidenza, si realizzano”. Fiducia nella Provvidenza, trasmessagli da Don Bosco e da San Cottolengo, che incontrò. Secondo Milito, quest’anno “si celebra il centenario della vita che nasce dopo la morte”. Il Dottor Nando Mamone, Cooperatore studioso, ha ripercorso la storia della Calabria, definita dagli scrittori “terra ballerina” per i terremoti. Il sette Maggio del 1913, Don Guanella celebrò messa a Laureana e vide le condizioni della chiesa matrice dopo il terremoto, sollecitando a migliorarle vendette il proprio orologio da taschino per donarne il ricavato. Suor Franca Vendramin, delegata provinciale dei Cooperatori Guanelliani “Nord Italia e Svizzera”, ha carpito l’attenzione della platea sul tema “Don Guanella, Padre montanaro”. Ha spiegato che egli non aveva un linguaggio raffinato, ma aveva qualcosa di sovrannaturale, stava attento alla carità e ai poveri. Era montanaro, veniva da Fraciscio, in provincia di Sondrio. Un giornale laico dopo la sua morte scrisse: «L’uomo che l’umanità ha perso ieri è un grande. Di tutte le fedi lo devono rimpiangere, perché aveva una grande bontà». Don Guanella, del suo paese diceva che “Il gioco dei monti è sublime, perché là si contempla da più vicino il paradiso”. L’opera guanelliana è sparsa in più di venti paesi al mondo, dunque il sogno del prete e della sorella Caterina, che da piccoli giocavano a fare la minestra per i
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Bambini incuriositi gattonano verso San Guanella
poveri con acqua e terra, e dicevano che da grandi lo avrebbero fatto davvero, si è realizzato. Il prete si impegnava tanto per i sofferenti, nonostante avesse tante persone che gli mettevano i bastoni tra le ruote. Ma non si affliggeva, perché sosteneva “Ci vuole anche lo scoraggiamento; se avessimo sempre il coraggio del leone, non seguiremmo la via della croce”. Egli aveva una compagna speciale per la sua opera, Suor Chiara Bosatta, la prima consorella; la sua preghiera gli infondeva forza. Ciò che ha condotto alla Santità Don Guanella è stato soprattutto, ha continuato a spiegare la suora, il caso di un giovane miracolato di Philadelphia. Don Guanella chiamava i disabili “buoni figli”, perché “conservano l’innocenza battesimale”; riusciva ad ottenere da loro risultati che gli psichiatri non si spiegavano. Giovanni Paolo II diceva “E’ facile innamorarsi della bellezza visibile. Per scoprire la bellezza nascosta è necessaria una grande carità. Questa è la strada di Don Guanella. Questa è la vostra strada”. La suora ha mostrato un affresco raffigu-
Discorso del Sindaco all'arrivo del Santo
rante Don Guanella, Suor Chiara, i disabili, e il cui significato è chiaro: il più debole dà il passo verso la Santità. E’ seguito l’intervento del Dottor Antonio Valentini, pedagogista, Presidente provinciale dei Cooperatori Guanelliani Nord Italia e Svizzera, che ha analizzato come Don Guanella abbia dato valore alla persona, indipendentemente dalla sua condizione, in quel tempo e contesto cosa rarissima; sostenendo che l’educazione debba passare attraverso il cuore. Ha terminato il convegno Don Luigi de Giambattista, Consigliere generale della congregazione, ricordando che tutti dobbiamo aspirare alla Santità. Dopo il convegno mattutino, una bella serata con canti del coro della chiesa e dei bambini della scuola dell’infanzia, con rappresentazione di Don Guanella e della sorella da piccoli, nella rustica e fine cornice della chiesa di Sant’Antonio. Poi il triduo per l’arrivo del Santo. Mercoledì 13 il grande giorno! In tarda mattinata, alla presenza di tutte le autorità e della comunità, è arrivato San Guanella: emozione tangibile nella gente. Di pomeriggio, la messa presiedu-
ta dal Vescovo di Mileto, Sua Eccellenza Monsignor Luigi Renzo, che ha ricordato come Don Guanella insieme a Don Bosco, Don Orione e Pio X siano stati testimoni della carità che educa alla cultura della solidarietà. L’urna di San Luigi deve essere un richiamo verso gli emarginati. Essere cristiani significa recuperare il coraggio di esserci, dice ancora. La nostra superiora, Suor Nazarena, ha affermato che la Santità viene offerta a tutti; non è una meta per pochi eletti, ma consiste nell’unirsi a Gesù, e Don Guanella lo fece con la vita. “Dobbiamo vivere con speranza e volare in alto come aquile reali; affidiamoci al nostro istruttore di volo Don Guanella” ha detto Suor Nazarena. Il Sindaco di Laureana Paolo Alvaro, ha spiegato che “Se c’è una categoria universale, in tutti i tempi e in tutti i posti, è il povero. Le rivoluzioni politiche e religiose sono partite sempre da lui. E’ lui che produce ed è l’unico essere
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Il concerto di musica sacra dell'orchestra
se avessimo sempre il coraggio del leone, non seguiremmo la via della croce
libero, perché lui può. Il povero è il profeta del cambiamento. E Don Guanella metteva al centro il povero, il bambino, l’emarginato”. Dopo cena, il concerto di musica sacra ad opera di componenti dell’Orche-
stra di Laureana e dell’Orchestra di Biella, nuovo gemellaggio diretto dal Maestro Maurizio Managò. Giovedì mattina è stata celebrata la messa per tutte le scuole, presieduta da Don Giovanni Amico, prete guanelliano di Agrigento, che è riuscito a carpire l’attenzione di grandi e piccoli, con modo di fare insolito, muovendosi avanti e indietro per la chiesa, invitando tutti a cantare e ballare per “scatenare la gioia”! La sera, la messa di saluto presieduta da Don Salvatore, dal parroco di Laureana Don Cecè e da Don Umberto, e poi il passaggio dall’Asilo delle suore, perché San Guanella lasciasse Laureana davanti a quella grande opera dove i bambini con la loro voce intonata d’innocenza hanno cantato e fatto volare palloncini gialli e bianchi, gioiosi e puri come loro. In un’autobiografia, San Guanella scrisse “I fanciulli sembrano somigliare a quelle nostre caprette montane che per molte ore si allontanano dal caprile e saltano di balza in balza, ma poi verso sera quando il pastore le chiama con alte strida gli corrono incontro perché sanno di assaporare dalle mani di lui del sale saporito”. Chiara metafora di Dio come pastore. Per Don Guanella i suoi monti erano il locus amoenus che gli infondeva la pace e la santità, che gli faceva sfiorare Dio, tanto le vette erano alte…
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di Domenico De Angelis
SS. Crocifisso nella classica Vara
“
Attirerò tutti a me” (Gv 12, 32). È vero! Ancora una volta sono state sorprendentemente attuali. Infatti, queste parole dell’Evangelista Giovanni sono tornate alla memoria quando si è assistito alla consolidata tradizione festiva di Terranova S.M. legata al SS. Crocifisso “nero”. Così, anche quest’anno molti terranovesi e pellegrini hanno accompagnato il periodo festivo con la loro presenza e la loro preghiera, dalla novena ai suggestivi ed intensi giorni solenni del 2 e 3 Maggio. Una vera marea di persone. Ogni anno la festa puntualmente offre sempre nuovi spunti di riflessione. È calamitante! Esiste sempre qualche elemento di novità che la accompagna e la caratterizza, rendendola riconoscibile a distanza di anni. Per fare un esempio, lo scorso anno la festa è stata caratterizzata dalla misteriosa presenza nel costone argilloso di fronte al luogo del “Ritrovo” di tre volti e della croce. Ricordate? (Il presente mensile n. 21 Maggio 2014 ne aveva puntualmente rendicontato). Ora non si intende offrire una cronologia di fatti accaduti, ma semplicemente richiamare all’attenzione i tre eventi che, secondo lo scrivente, meritano menzione, senza minimamente toccare gli aspetti civili della festa. Ovviamente, molti la ricorderanno come l’anno in cui non si è potuta svolgere la caratteristica processione per le vie del paese, altri invece, presenti il 2 Maggio alla S. Messa mattutina caratterizzata dalla discesa del SS. Crocifisso (il momento più atteso) la ricorderanno a lungo per un altro piacevole e toccante evento. Infatti, quest’anno, ad eseguire i particolari movimenti umani della discesa, oltre ai componenti del Comitato per i festeggiamenti, in via del tutto eccezionale, è salita sulla pala maggiore dell’altare anche Marléne Artieri. La giovane 23enne che, nonostante le precarie condizioni di salute, ha voluto affrontare un lungo viaggio (dalla Francia) per ringraziare personalmente Colui il quale non ha fatto mancare il Suo sostegno durante il delicato periodo di dolore e sofferenza. La famiglia attribuisce al SS. Crocifisso, tanto pregato, la parziale guarigione della figlia. Una scena toccante, nella quale la sperante ha voluto accompagnare la Speranza, e viceversa. Un grazioso tocco che ha dato ulteriore conferma della viva presenza
A tenere il SS. Crocifisso da sinistra Marléne, Nazzareno e Giulio Artieri
Terranova Sappo Minulio, Solennemente festeggiato il SS. Crocifisso
Il fascino della Croce La fede nel Cristo e l’orgoglio dei terranovesi del SS. Crocifisso nel cuore di tutti i terranovesi ed i pellegrini. Il secondo evento degno di nota, è stato il momento dell’Adorazione Eucaristica che ha preceduto la S. Messa serale del 2 Maggio. L’intensa pratica cristiana dell’Adorazione, vivamente raccomandata dai Pastori, sicuramente costituirà per il futuro una consolidata tappa del periodo di festa. Altra novità è stata la concelebrazione all’aperto della S. Messa del 3 Maggio, nella quale è emersa la numerosissima partecipazione dei devoti che hanno colmato gli spazi antistanti il Santuario del SS. Crocifisso. La Sacra Effigie resterà esposta nel Santuario affinché i devoti possano (con un delicato e rispettoso tocco e non con lo strofinio di immaginette) accostare la propria mano accanto alla stessa fino al 31 Maggio (dopo la S. Messa mattutina il SS. Crocifisso verrà riposto nella pala maggiore dell’altare). Un gesto di particolare bellezza ha infine caratterizzato la festa. L’Artista terranovese Francesco Votano ha voluto offrire una sua Opera (nome: SS. Crocifisso - tecnica: olio su tela di lino olandese - dimensioni 80 x 60), affinché la stessa fosse oggetto di una riffa con lo scopo di raccogliere fondi da utilizzare per la restaurazione della miracolosa Effigie lignea. A tal proposito è bene segnalare che durante l’intero anno, il Comitato per i festeggiamenti, in sinergia con i Padri Missionari dell’Evangelizzazione, si impegnerà nella raccolta fondi al fine di arrivare più celermente alla cifra preventivata per realizzare l’opera che avrà lo scopo di meglio preservare la miracolosa Effigie lignea. Affinché le generazioni future possano meglio godere della folgorante bellezza della stessa, e possano esser grati, un giorno, degli sforzi compiuti oggi a tal fine. L’urgenza di restaurare sembra sollecitare anche la fede cattolica, continuamente minacciata da più parti. Forse perché espressione di una verità che l’uomo d’oggi trova scomoda. Con la speranza che gli sforzi materiali e spirituali per l’urgente restaurazione portino i propri frutti, il SS. Crocifisso a Terranova continua ad accogliere tutti “a braccia aperte”. La fiumana di pellegrini che settimanalmente affluisce al Santuario, fa ben sperare.
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OMAGGIO A SORIANO CALABRO
F
orse questo è un sentito amarcord per la città della mia progenie, forse un accorato canto lirico per la mia fanciullezza dimenticata, certo è il peana di vittoria dei miei più sinceri sentimenti a fronte dei mille ri-sentimenti che tuttora esplodono verso me stesso, le mie vocazioni, il mio più recondito io.
Certo, anche Soriano Calabro ha un posto di tutto rispetto nel mio cuore, soprattutto per il bacio all’o n f a l o s che ogni volta che mi reco nel Santuario di San Domenico faccio chinandomi con venerazione, stupore e rimpianto. Ah il convento dei frati predicatori, la perla più raggiante incastonata nell’Appennino Calabrese che sembra parlarti nella sua vetustà, per la sua magnificenza, con il
Scorcio del convento San Domenico di Soriano Calabro
Iniziamo da lì, da quella casa padronale di Via Campanella, una via posta in salita come del resto tutta la mia vita, metaforicamente e non - locatio indiscussa della forte e nobile famiglia BARBA imparentata con il caro zio paterno Ciccio e andiamo oltre a contemplare e gustare le ciliegie maggioline di zio Mimì, un ieratico omone che amava portarmi in campagna, nella sua campagna di buon mattino mentr’egli conduceva per gl’impervi saliscendi urbani l’asino che ogni tanto ragliava. Anche questa è stata mia fanciullezza non solo quella carta, penna & calamaio della Palmi dotta e illustre e non solo quella latinense dei bagni di mare, delle telline e/o dei castelli di sabbia.
suo ardore religioso. Padre Ciro Capotosto, oggi a Bari, lo ha arricchito di opere nobili e meritorie che tutt’oggi per tutto ciò che si meritano a fare i suoi successori risplende di quella Luce e di quell’ardore tipiche dell’Ordine Domenicano. E nel campo civile che dire di tutta quella Cultura che promana dall’arte, dall’architettura, dalla nouvelle vogue di un Sindaco quale Francesco Bartone, uno che ci tiene sì ai destini della sua Soriano, talvolta incompreso anche dai suoi, ma pur tuttavia sempre in auge quando Soriano chiama!... Egli ha immesso nella città attraverso la Biblioteca Popolare, retta per molto tempo dall’encomiabile amico Nicola Provenzano, nuova
di Filippo Marino
linfa vitale, quella limpha perennis che ti consente, che ci consente di guardare al di là della curva dei giorni per portarsi già da ora in un destino paneuropeo, mondiale direi, perché capace di coniugare il rigoglio della cultura laica con la severitas degli studi scientifici e religiosi. Alla “sapientia magistralis” dell’Uno succede la voluptas operativa dell’Altro, leggi il Sindaco Francesco Bartone, che con rigore compositivo e apprezzabile studio urbanistico ha illustrato la sua e nostra Soriano di pregevole statuaria e di illustri monumenta sì da portare la Città alla universale considerazione in et extra moenia. Il locale Liceo Scientifico deve rispettare e portare avanti anche per vie autonome consentanee alla ricerca quest’humus culturale che gli appartiene e che lo distingue nel novero della “calabritudine scientifica”. Per questo amo il mio antecessore sorianese, don Valentino Marino, abate del Santo Rosario a Palmi (+1912), battezzatore del M° Francesco Cilea. Per questo rendo merito alla “siriana (soriana) origine della Città e faccio voti non solo per “zzuddhi, mustazzola e canestri” fattori tipici della base della sua Cultura, catapultati alla Expo milanese per “valore” del Sindaco e della Civica Amministrazione, eppur costituenti non solo espressione della sua “economia” ma, inchinandomi al buon gusto di questa Città, plaudo sine fine - e non può essere diversamente! - al suo elevato grado di civiltà e di progresso.
“nzudi” e “mustazzòla”: I “surìanìsi”
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Promosso dall’Ente Parco Nazionale d’Aspromonte
Il popolo migratore Progetto fra Legambiente e Man a Scido
di Marinella Gioffrè
H
a preso il via il progetto scolastico “Il Popolo Migratore” promosso dall’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte in collaborazione con le Associazioni Legambiente Onlus e MAN (Associazione Mediterranea per la Natura), che ha come protagonisti gli alunni delle classi IV e V della Scuola primaria “Felice Soffrè” di Scido. L’Aspromonte è il sito italiano più importante quale rotta preferenziale dei rapaci diurni per raggiungere i luoghi di svernamento durante la migrazione postnuziale. L’Ente Parco Nazionale, consapevole di ciò, ha promosso l’iniziativa ormai da diversi anni, assumendone il ruolo di capofila. Per valorizzare la raccolta dei dati sulla migrazione dei rapaci, fenomeno che interessa oltre quaranta esemplari, coerentemente con le azioni previste dal progetto “Rete euro mediterranea per il monitoraggio,
la conservazione e la fruizione dell’avifauna migratrice e dei luoghi essenziali alla migrazione”, ha attivato il progetto di informazione e promozione delle attività svolte, finalizzato al coinvolgimento della comunità locale. In ragione di questo, ha inteso coinvolgere i bambini della Scuola primaria di Scido, che fa parte dell’Istituto Comprensivo di Delianuova, con a capo il Dirigente Scolastico, Dott.ssa Anna Maria Cama, aprendo spazi di interesse e curiosità verso novità e realtà inerenti la flora e la fauna del nostro ambiente, che spesso rimangono sconosciute. Il territorio di avvio coincide con un’area particolarmente vocata all’osservazione della migrazione dei rapaci diurni e gli alunni di Scido, hanno avviato le attività previste con curiosità, seguiti dagli esperti di Legambiente e dalle docenti Lidia Leuzzi e Grazia Zucco, le quali hanno aderito con passione e interesse alla proposta del Presidente dell’Ente Parco, esclusivamente al fine di dare la possibilità ai loro alunni di conoscere un fenomeno presente e importante nel nostro territorio, seguendoli costantemente nello svolgimento delle attività. “Il coinvolgimento diretto - ha spiegato il Presidente dell’Ente Parco Giuseppe Bombino - è precondizione indispensabile alla complessiva azione di custodia e tutela del territorio, nonché alla sua corretta fruizione”. Già oltre 13.000 sono i rapaci diurni censiti nella scorsa edizione, tra cui Nibbio bruno, il Falco pecchiaiolo, l’ Aquila minore, il Falco di palude, il Falco pescatore, Biancone, Albanella minore e Albanella pallida. Il progetto si concluderà con due manifestazioni finali: un’uscita volta a visitare l’Osservatorio per la biodiversità di Cucullaro e l’osservazione diretta del passaggio dei rapaci, sullo stretto di Messina, che è il più importante corridoio europeo, oltre al Bosforo e Gibilterra, per la migrazione degli uccelli. Sono circa 30mila i rapaci che ogni anno lo attraversano, nel viaggio che dall’Africa li porta verso i luoghi di nidificazione, in Italia o nel resto d’Europa. Presenti alla manifestazione d’apertura, oltre alle docenti e ai bambini coinvolti, il Presidente Bombino, il Sindaco di Scido Giuseppe Zampogna il vicario Nazzareno Carbone e le esperte Legambiente
LUBRICHI:
di Marinella Gioffrè
L’
Associazione Culturale Roublikon, con Presidente Rocco Polistena, autorizzata a provvedere all'organizzazione delle festività patronali a “San Fantino Confessore”, in qualità di Comitato Feste a seguito di nomina del Rev. Sac. Don Salvatore Fotia, Responsabile della Comunità Pastorale di Lubrichi, ha presentato il progetto di restauro dell'effige in cartapesta leccese raffigurante “San Fantino il Giovane”, custodita presso la Chiesa
Festeggiamenti organizzati dall’Associazione Roublikon per San Fantino Confessore della frazione di Santa Cristina d'Aspromonte. I festeggiamenti hanno avuto inizio presso la Chiesa di San Fantino davanti ai fedeli, con la discesa dell'effige del Santo Patrono Fantino il Giovane. Tale avvenimento rientra nel progetto di restauro curato dalla Ditta Restaurando della Dott.ssa Rita Guarisco. “Ben radicate e salde le ragioni di merito che hanno spinto l' Associazione e il Comitato Feste a voler intraprendere il progetto strutturale - ha affermato Rocco Polistena -. Innanzitutto il culto avito ri-
servato al Taumaturgo Protettore sia dalla nostra comunità comunale, sia dai suoi fedeli emigrati o provenienti dai centri della Piana. In secondo luogo, la conservazione di un'autentica opera artistica dedicata ad un Santo di origini calabresi”. L'effige in questione è un raro esemplare, raffigurante il calabro Santo nelle proprie vesti di novizio dell'ordine monacale, facente capo a San Basilio il Grande. “Ragioni storiche, oltre che cultuali e religiose - ha continuato Polistena - hanno spinto la nostra Asso-
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Le istituzioni scolastiche di Oppido Mamertina
di Giusanna Di Masi
Eccellenze di Calabria e d’Italia
L
a Scuola Secondaria di I° grado di Oppido Mamertina al secondo posto nel concorso: “Testimoni dei diritti” indetto dal Senato della Repubblica. Dopo l’ITIS che sarà l’unico Istituto d’Istruzione Superiore della Calabria ad essere presente ad EXPO 2015 a Milano, in quanto vincitore del Concorso Nazionale “La Scuola per EXPO 2015”, bandito dal Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), l’istruzione oppidese riceve un ulteriore riconoscimento in un progetto didattico - educativo di portata Nazionale. L’iniziativa del Senato si prefigge lo scopo di far cogliere ai ragazzi l’importanza e la necessità del riconoscimento dei Diritti Umani attraverso una riflessione comune sulla Dichiarazione Universale, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948 e, in particolare, vuole stimolare gli studenti a formulare ipotesi e progetti di concreta attuazione di uno o più principi in essa declinati. Le classi selezionate per questo progetto hanno dovuto, quindi, approfondire uno dei temi toccati dagli articoli della Dichiarazione Universale e verificarne l’attuazione nel proprio territorio, nonchè formulare eventuali proposte possibili per incrementarne il rispetto. Per quel che riguarda la Scuola oppidese, che fa parte del più ampio Istituto Comprensivo di cui fanno parte le cittadine di Oppido-Molochio-Varapodio, ha portato avanti un percorso di approfondimento che riguarda l’Art. 3 della Dichiarazione che così recita: “Ogni individuo ha il diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. La responsabile di questo progetto, la Professoressa Daniela Epifanio, ha illustrato come
ciazione ad intraprendere questo progetto di grande respiro culturale per la comunità locale e per quella provinciale”. L'Associazione, in armonia con i propri fini statuari e culturali, in un progetto denominato “Progetto restauro San Fantino il Giovane”, ha inserito, in collaborazione con l'Amministrazione, ulteriori attività che integrino l'opera di restauro, attraverso la partecipazione delle classi della scuola secondaria di primo grado del Comune e delle cittadine del circondario nel mese di Maggio. Agli
l’analisi di tale principio sia stata effettuata attraverso incontri con testimoni di giustizia, forze dell’ordine e amministratori locali, arricchita attraverso uscite scolastiche didattiche e intrattenendo colloqui e dibattiti presso una associazione che gestisce i beni confiscati alla mafia, corredando il tutto con attvità didattiche grazie alle quali sono riusciti ad approfondire e sensibilizzare ulteriormente l’esperienza degli alunni sul tema in questione. Il lavoro sistematico e cosciente dei docenti e dei ragazzi li ha portati a sviluppare con profondo senso critico il progetto, premiato meritatamente al concorso indetto dal Senato della Repubblica, orgoglio e vanto della scuola diretta dal Prof. Fernando Rotolo. Così commenta la notizia Domenico Giannetta, Sindaco di Oppido Mamertina:“i miei complimenti, dell’amministrazione comunale e di tutti i cittadini che rappresento, vanno in primo luogo a tutti i nostri ragazzi che hanno dato un’ulteriore prova e conferma dell’altissimo livello raggiunto dall’istruzione oppidese. Voglio ringraziare il Preside Rotolo, tutti i Docenti e tutto il personale scolastico di ogni ordine e grado, che sono i veri artefici di questo continuo ed intenso lavoro di maturazione della nostra scuola. Non posso che essere felicemente orgoglioso che le nostre scuole, a tutti i livelli, riescono ad ottenere questi importanti e significativi riconoscimenti a livello Nazionale. Spero che quelli ottenuti dall’ITIS e dalla Scuola Secondaria di I° grado siano solo i primi di una lunga serie di successi per la scuola e per la nostra comunità. E se queste sono le premesse, sono convinto che non dovremo aspettare a lungo per avere altre simili soddisfazioni. Un ulteriore motivo di apprezzamento e di soddisfazione è dato dal fatto, che il progetto vincitore riguardi la legalità, tema che, come Amministrazione Comunale, ci sta particolarmente a cuore, tant’è che insieme all’Assessore con deleghe all’istruzione e alla legalità Elisa Scerra, abbiamo svolto numerse iniziative che rientrano tutte sotto il nome :” La Scuola maestra di Legalità”. Grazie, Grazie, Grazie.
alunni sarà insegnato come avvengono i procedimenti di restauro di un’opera d’arte. Le date saranno concordate con la restauratrice e gli insegnanti dei vari plessi. “Queste opportunità didattiche - ha dichiarato Polistena - stimoleranno la curiosità dei ragazzi, i quali avranno la possibilità di vivere un'esperienza unica e solitamente di difficile fruizione”. L’Associazione curerà la visitazione di una preziosa tela conservata nella stessa Chiesa di Lubrichi, raffigurante la “Vergine del Rosario” e risalente
alla prima metà XVIII secolo, attribuita al pittore bivongese Tommaso Martini della scuola napoletana, facente capo a Francesco Solimena, tra i quali esponenti di spicco rinveniamo la figura del “Cavaliere Calabrese”, il Mattia Preti. Verrà altresì data una brouchure ai visitatori circa la stessa tela. Il progetto, prevede l'organizzazione di un convegno finale, previsto nella seconda metà del mese di Luglio 2015, sulla figura del Santo e sul suo culto.
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Momenti della manifestazione
San Giorgio Morgeto:
"Una Rosa, un Libro" di Girolamo Agostino
“
Gente in Aspromonte” non è solamente una raccolta di racconti ma una fotografia che il grande Corrado Alvaro scattò sulla vita delle popolazioni calabresi; una realtà fatta di abitudini e di civiltà dalle origini lontane e radicate in tantissime località meridionali. Ed è a San Giorgio Morgeto, nell’antico borgo aspro montano, che ancora oggi siti archeologici inesplorati serbano l’arcaica storia di un popolo che mai fu scritta ma che traspare anche dalle limpide acque dei ruscelli; là, dove il verde dei boschi si fonde al profumo della ricca vegetazione dei monti, il piccolo paese si presenta alla vista del viandante come un incantevole luogo di riflessione e di culto ed il castello sovrastante, imprime le sembianze di un vecchio patriarca che seduto sulla roccia parla alla sua gente con un naturale linguaggio ricco di filosofia e di saggezza; e, l’apparenza non inganna, infatti un tempo, questo paese fu culla di insegnamenti e formazioni di preziosi arti e mestieri, ospitò il filosofo Tommaso Campanella e diede i natali al grande musicista Francesco Florimo. Purtroppo San Giorgio Morgeto non fu immune alle vicissitudini del tempo che deteriorò sempre più la sua bellezza, conseguenze inevitabili in una società dove crescita economica e crescita culturale non camminano di pari passo e, quando prevale la convinzione dell’arricchimento economico quale soluzione ai problemi della vita si innesca un meccanismo di corruzione, di malaffare e criminalità con effetti sociali devastanti. Un consolidato detto rammenta che l’amore per la terra natìa non si cancella mai, così in questo paesino, molti suoi giovani figli anche se lontani, nutrono un singolare attaccamento alle loro origini e con passione si adoprano in progetti mirati alla crescita civile della nostra gente e della nuova ge-
ed il sorriso del Santo Patrono.
nerazione, oggi fortemente condizionata dai media. Qui a San Giorgio Morgeto a proporre l’evento promosso dall’Unesco «Una Rosa un Libro» è stata una semplice ragazza con lo scopo di parlare ai giovani per avvicinarli alla lettura ed alla cultura invitandoli ad abbandonare ideali poco dignitosi per seguire il percorso della legalità e della civiltà; inizialmente, il progetto non fu molto apprezzato anche perché proposto in un ambiente dove tuttora persiste una inerzia diffusa ed ostile all'emancipazione della persona; riproposto nella seconda e terza edizione, l’evento ha suscitato grande interesse sull’intera comunità colpita quest’anno dallo strano fenomeno atmosferico verificatosi. Dagli anni più remoti,
tutti ricordano che la festa di San Giorgio, come una fatalità, fu sempre accompagnata da forte vento e pioggia e così si verificò anche per le precedenti edizioni del 2014 e 2013 per cui l’evento «Una Rosa un libro» si svolse in locali copert. Inaspettatamente, il 23 Aprile del 2015 la giornata fu segnata dallo splendore di luce, di sole e di caldo; non ci fu la processione per vigenti disposizioni vescovili ma, la comunità partecipò ugualmente alle usuali cerimonie religiose e fu presente in massa con entusiasmo anche alla manifestazione «Una Rosa un Libro» svoltasi nella “Piazza Fontana Bellissima” come se la volontà del Santo Pa-
trono invitava la moltitudine di persone ad un’attenta riflessione sugli effetti che la civile crescita culturale può dare in termini di pace, di giustizia e di serenità, cancellando la sofferenza dell’egoismo, dello sconforto e dello sfruttamento disumano del lavoro. La manifestazione si è svolta con un convegno nella mattinata sul tema «Letteratura e progresso, cultura e libertà all’epoca dei new media. Opportunità e prospettive alla luce del World Wide Web» a cui hanno partecipato eccezionali figure istituzionali e della legalità fra cui il nostro sindaco Carlo Cleri, l’Assessore alle politiche sociali del Comune di Aosta Marco Sorbara, il Generale dell’Arma dei Carabinieri Angiolo Pellegrini e luminari della cultura quali lo scrittore Dante Maffia e la docente di lettere Rosanna Giovinazzo; il tutto è stato coordinato da Francesca Agostino promotrice dell’evento che con caparbietà intende riproporla anche negli anni avvenire nella convinzione che «la giornata mondiale del libro e del diritto d’autore» istituita dall’Unesco è un modo di dialogo con la gente per invitarla ad acquisire una reale potenzialità di cultura e di autonomia capace di sottrarsi e difendersi dall’attuale influenza dei media e dalla schiavitù consumistica; nella sessione pomeridiana dell’evento vi è stata la premiazione dei ragazzi della scuola per il concorso «Perché leggere mi aiuta a crescere», alla quale fu attivamente partecipe la Dirigente dell’I.C. Cittanova San Giorgio Morgeto Dott. Eva Raffaella Nicolò ed è terminata poi con il tradizionale «Caffè degli Autori». La manifestazione è continuata nei giorni 24 e 25 Aprile con il mercatino del libro usato e si conclusa nella sera della “ Festa della Liberazione” con una conferenza sull’importante pagina di storia d’Italia dal 4 Settembre 1943 al 25 Aprile 1945 nei ricordi degli abitanti di San Giorgio Morgeto.
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Carlo Cleri, Luigi Mamone, Antonio Catananti Teramo, Giovanni Garreffa e Francesca Agostino
Il monumento al Milite Ignoto
di Maria Stella Giovinazzo
San Giorgio Morgeto:
In Memoria del milite Ignoto
Conferenza “Dal 4 Settembre 1943 al 25 Aprile 1945. La Storia d’Italia nei ricordi degli abitanti di San Giorgio Morgeto. Il valore attuale della pacifica convivenza civica”
L
a storia è magistra vitae e il presente altro non è che la somma dei passati. Verrebbe da chiedersi quale canone può considerarsi a priori valido nell’ambito della metodologia storiografica. In essa nulla dovrebbe essere concesso alla retorica o alla pura erudizione, le quali, se elargiscono fama e applausi ai mestieranti, escludono però il raggiungimento della verità, indispensabile invece al fine fondamentale della storia, che è quello di essere un utile insegnamento per tutti, semplici cittadini, militari e politici. E’ tramite la storia che l’uomo, sia quello impegnato nelle attività pubbliche sia quello semplicemente curioso di capire gli avvenimenti, può arricchire la propria formazione imparando, attraverso gli esempi altrui, a valutare una situazione, perché è possibile, sulla base di ciò che è già successo, fare previsioni sul futuro. Partendo da tali premesse si può procedere a ritroso negli eventi passati, utilizzare, ai fini della ricerca del vero, una prospettiva che da una visione ad ampio raggio degli episodi, conduca ad una parentesi locale. Quale avvenimento migliore della celebrazione della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista per accordare storia e cultura, per ricostruire attraverso sentieri sporadicamente esplorati la nostra storia, quella della Calabria e di un paese in particolare San Giorgio Morgeto. Sintesi di vite, di pensieri, di visioni che fluttuano nell’aria e che si possono assommare per mezzo di una complicità che abbia come unico proposito quello di dare nuova luce agli eventi. Chiara esemplificazione di tale obiettivo è stato lo svolgimento del dibattito “Dal 4 Settembre 1943 al 25 Aprile 1945. La storia d’Italia nei ricordi degli abitanti di San Giorgio Morgeto. Il valore attuale della pacifica convivenza civica” tenutosi il 25 Aprile nella Biblioteca comunale “T. Campanella” di San Giorgio Morgeto in occasione della terza edizione della manifestazione “San Giorgio. Una rosa Un Libro”, coordinata brillantemente dalla Dott.ssa Francesca Agostino (in adesione alla Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’autore patrocinata dall’UNESCO). Durante la conferenza a
cui hanno preso parte il Sindaco Carlo Cleri, l’Avv. Luigi Mamone Direttore del Corriere della Piana, il Prof. Giovanni Garreffa già Provveditore agli Studi della Provincia di Cosenza ed il Giorn. Antonio Catananti Teramo (membro del Comitato “6 Settembre 1943” di Rizziconi), prioritario spazio è stato riservato ad un tassello marginale nell’ampio panorama della Seconda Guerra Mondiale, quale l’avanzata degli Anglo-Americani e l’operazione di reazione tedesca in Calabria a seguito dell’armistizio di Cassibile dell’8 Settembre 1943. Gli Italiani appresero la notizia dell’armistizio alla radio a notte inoltrata, e la mattina seguente le piazze d’Italia furono teatro di scene d’entusiasmo indescrivibile; generale era la convinzione che la fine del fascismo sarebbe stata seguita a breve scadenza dalla fine della guerra e delle sofferenze. Ma non fu così. In realtà l’armistizio concluso con gli Alleati dal governo Badoglio determinò il crollo dell’apparato statale, il disfacimento dell’esercito e aprì al paese il periodo forse più drammatico della sua storia nel Novecento. Iniziò su gran parte del territorio la guerra guerreggiata, con l’invasione del Nord da parte dei Tedeschi e l’avanzata dal Sud degli Anglo-Americani. A ciò si aggiunga la guerra tra Italiani e Italiani: da una parte gli uomini sostenitori del fascismo, rappresentati dal governo della Repubblica di Salò, dall’altra le forze dell’antifascismo strette intorno ai Comitati di Liberazione Nazionale, sorti in moltissimi paesi del Centro e del Nord. L’armistizio di settembre, anche se apparve allora come un momento di totale disgregazione, rappresentò, tuttavia, uno spartiacque nella storia italiana. Nel momento più buio di tutta la vicenda dello Stato unitario, alcune minoranze in un primo tempo molto ristrette fornirono indiscutibili testimonianze della nascita di uno spirito nuovo. Uno spirito nuovo che trovò espressione, nei giorni immediatamente successivi all’armistizio, nel sacrificio dell’intera guarnigione italiana che non volle arrendersi ai Tedeschi nell’isola greca di Cefalonia, nella resistenza popolare per la difesa di Roma, nell’organizzazione delle prime formazioni partigiane al Nord, nelle “quattro giornate” di Napoli.
Furono momenti concitati, la reazione tedesca di fronte alla resa italiana non si fece attendere, si optò per una progressiva ritirata e per bloccare l’avanzata alleata dal Sud, si costituì una linea di difesa che dal Garigliano, attraverso Cassino, giungeva alla foce del Sangro (Linea Gustav). Reggio Calabria e diversi paesi minori dell’area di Gioia Tauro furono martoriati da continui bombardamenti aerei. Diventata campo di battaglia per eserciti stranieri, la Calabria doveva affrontare i momenti più duri. Ogni guerra è un male in sé, e molto caro è il prezzo della libertà, un prezzo che gronda lacrime e sangue di vite inermi spezzate: non guerra diplomatica ma guerra di contrada, con i nostri nomi, le nostre umane sofferenze, le nostre virtù civiche. Una guerra fatta da uomini, da soldati sospesi tra la vita e la morte, come le foglie sugli alberi in autunno, quando basta un soffio di vento per farle cadere: “Si sta come/d’autunno/sugli alberi/le foglie” a ricordo delle strazianti note liriche di Giuseppe Ungaretti. Indagare a fondo negli avvenimenti passati, ripercorrere sentieri storiograficamente celati, partire dalle testimonianze dirette di uomini che hanno vissuto realmente la guerra per arrivare ad una chiave di volta super partes. Alla luce di tali considerazioni, durante la conferenza si è ripercorsa la storia partendo da una angolazione “periferica” degli eventi, per mezzo delle testimonianze di cittadini comuni relativamente allo scontro aereo avvenuto sui cieli di San Giorgio Morgeto il 4 Settembre 1943. Obiettivo primario è stato quello di rievocare la memoria del Milite Ignoto, il cui monumento funebre è sito nel cimitero comunale e la cui identità è ancora oggi sconosciuta. Sprovvisto della lastrina al momento del rinvenimento, potrebbe trattarsi di un soldato tedesco come anche di un soldato anglo-americano, ma nonostante le indagini condotte e lo spiccato interesse per il caso dimostrato dal Sindaco Carlo Cleri, la verità fatica a disvelarsi, al dipanarsi di una nebbia fatta di conflitti di interesse e di imparzialità storiografica del “non visto, non documentato e non accertato”.
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Il mistero delle origini di Shakespeare
Really english or born in Italy ?
La sua conoscenza dell’Italia suggerisce ipotesi tutte da verificare Ritratto di John Florio sul cui retro una scritta afferma che il personaggio rappresentato sia Shakespeare.
di Umberto Martino
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a molto tempo ormai i biografi di William Shakespeare si pongono alcune domande alle quali non è stata data una risposta risolutiva: il sommo poeta simbolo della letteratura britannica, che pare parlasse la sua lingua con un forte accento straniero, era veramente inglese? Come poteva, un poeta inglese, e per di più a quei tempi, descrivere fedelmente luoghi, paesaggi e personaggi italiani, così come li ritroviamo in ben 15 delle 37 opere da lui scritte, senza aver mai messo piede nella nostra penisola? Alcuni studiosi anglosassoni, anche se osteggiati dalla cultura ufficiale, in passato, avevano cercato di chiarire quali potessero essere stati i rapporti tra William Shakespeare e gli esuli italiani in Inghilterra e nel XIX secolo, sull’Enciclopedia Britannica, il caporedattore Thomas Spencer si era spinto al punto di parlare di relazioni parentali tra il grande drammaturgo e Giovanni Florio, o John Florio (Londra 1553-1625), compilatore del primo dizionario inglese-italiano (A World of Words), ma l'intero capitolo venne eliminato a partire dalla XI edizione dell'Enciclopedia. Nel 1921 l'americana Clara Longworton de Chambrun, sostenne che John Florio, con i suoi scritti, aveva fortemente ispirato Shakespeare, suggerendogli l’ambientazione italiana delle sue opere e nel 1934, l’inglese Frances Yates, nel volume Florio, un italiano nell’Inghilterra elisabettiana, affermò che Giovanni
Florio era stato un mediatore determinante tra il bardo e la cultura italiana, tanto da averlo messo in contatto con Giordano Bruno. Negli ambienti inglesi, si vociferò addirittura che Shakespeare fosse italiano o di origini italiane, ipotesi che nel Regno Unito suscitò una forte reazione: immaginiamo soltanto cosa potrebbe accedere in Italia se qualcuno osasse mettere in dubbio l’italianità di Dante Alighieri. In Italia la notizia della possibile italianità di Shakespeare giunse quando, il 4 Febbraio 1927, sul quotidiano L'Impero, il giornalista calabrese Santi Paladino, di Scilla (RC), avanzò l’ipotesi che William Shakespeare fosse lo pseudonimo di Michelangelo Florio, un frate toscano convertito al protestantesimo che, riuscito a fuggire nel 1550, tre anni dopo, in Inghilterra, aveva avuto un figlio, Giovanni, prima di tornare in Italia: pare accertato che tra il 1563 e 1566 visse a Soglio, nella Val Bregaglia, dove svolse l’attività religiosa di pastore protestante e assunse la funzione di pubblico notaio testimoniata da alcuni libri notarili depositati nella biblioteca di Coira. Nel 1955, il giornalista scillese, in un volumetto intitolato Un Italiano autore delle opere shakespeariane (Gastaldi, Milano), fece rilevare le affinità tra la commedia in dialetto siciliano Tantu trafficu pe' nnenti e l’opera di Shakespeare Tanto rumore per nulla e giunse a sostenere che le opere del bardo dell’Avon, scritte in italiano, furono tradotte e perfezio-
nate in lingua inglese dal figlio Giovanni in collaborazione con l'attore William Shakespeare che ne assunse la paternità. L’otto Aprile del 2000, il quotidiano britannico “The Times” riportava la tesi di un professore di Palermo, Martino Iuvara, che, dopo dieci anni di studi sulla vita di Shakespeare, riprendendo alcune perplessità già espresse anni prima dal Prof. Besta, anche lui dell’Università di Palermo, era giunto alla conclusione che il più grande autore della letteratura inglese era, in realtà, di nazionalità italiana: si chiamava Michelangelo Florio Crollalanza ed era figlio del medico Giovanni Florio e di Guglielma Crollalanza, entrambi seguaci di Calvino. Secondo Iuvara Michelangelo Crollalanza nacque a Messina, studiò latino, greco e storia presso i francescani e prese il saio; a lui attribuisce la paternità di un volume, I secondi frutti, scritto nel XVI sec., contenente dei proverbi, molti dei quali utilizzati da William Shakespeare ne l'Amleto, sostiene anche che se le autorità inglesi aprissero le porte della biblioteca che, secondo lui, il bardo avrebbe lasciato in eredità verrebbe fuori la vera identità di Shakespeare. In realtà i Secondi frutti (Second Fruits) che Iuvara attribuisce a Michelangelo Florio Crollalanza, una collezione di seimila proverbi italiani, molti dei quali rintracciabili nelle opere di Shakespeare, è un’opera di Giovanni Florio, pubblicata nel 1591; della biblioteca di Shakespeare non esiste alcuna traccia, sap-
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piamo invece che tra i libri posseduti da John Florio dovrebbero esserci tutti quelli che risultano essere stati necessariamente letti da Shakespeare. Nel suo testamento, scritto l’anno stesso della sua morte, avvenuta nel 1625 durante una epidemia di peste, fu John Florio a lasciare la sua biblioteca di libri italiani, francesi e spagnoli (pare fossero 340) all’amico e protettore Lord William Pembroke. Oggi non si sa quale fine abbiano fatto quei volumi, ma il testo di quel testamento contiene impressionanti affinità con il modo di scrivere e di pensare di Shakespeare. Pare anche che prima della sua morte John Florio, oltre a tradurre in inglese le Novelle del Boccaccio, nel 1623, abbia realizzato il First Folio che gli studiosi indicano come la prima pubblicazione delle opere di William Shakespeare. Negli ultimi anni il numero degli studiosi che contestano la paternità delle opere di Shakespeare è notevolmente aumentato e non pochi sono coloro che propongono John Florio come il vero autore delle opere attribuite al bardo di Stratford. Lamberto Tassinari, nel suo volume Shakespeare? È il nome d’arte di John Florio (Giano Books, Montréal, 2008), arriva ad affermare che il grande linguista italiano John Florio è il vero autore delle opere di Shakespeare. La tesi di Tassinari è condivisa anche dal ricercatore Saul Gerevin e da Giulia Harding, una giornalista della BBC radio, che sono giunti a rinvenire nella letteratura inglese della fine del XVI sec. alcuni indizi che avallano l’ipotesi secondo la quale sotto il nome di Shakespeare si nasconda proprio John Florio: il drammaturgo Ben Jonson, (1572 -1637) definì Giovanni Florio misterioso “Shakespear” e Robert Greene (1558 - 1592), nel suo “Groatsworth di Wit”, lo chiamò “Iohannes factotum”, sostenendo che egli pretendeva di essere “l'unica Shake-scene” dell’Inghilterra, definizione con la quale anche Thomas Nashe (1567-1601) attaccò violentemente John Florio definendolo, appunto, “Shake-scene”; pare esista pure un ritratto di John Florio, da secoli dimenticato in una dimora dei conti di
Sathampoton, sul cui retro una targa indica che il personaggio rappresentato sia William Shakespeare. Se accettassimo l’ipotesi che Giovanni Florio e William Shakespeare possono essere identificati nella stessa persona, resterebbe un dubbio: da quale lembo d’Italia partì suo padre, Michelangelo Florio, prima di giungere in Inghilterra? Era siciliano, come sostiene il siciliano Iuvara, o toscano, come affermano i toscani Tassinari e Gerevin? Andrea Camilleri, su “La Stampa”, nel 2000, riconobbe che se Shakespeare fosse di origine italiana non potrebbe che appartenere a
quella famiglia che per quasi due secoli stupì il mondo con le sue flotte, le sue industrie e le sue ricchezze. Ma quella famiglia, che ci lasciò il marsala e la Targa Florio, in realtà non era di origini siciliane, ma calabresi, anche se in Sicilia ha creato le sue fortune. Il Prof. Orazio Concilla, ordinario di storia moderna all’Università di Palermo, nel suo libro I Florio storia di una dinastia imprenditoriale (Bompiani, Milano 2008), ricostru-
isce le vicende dei Florio dal 1500 ai giorni nostri e dimostra che la culla dei Florio è stato un paesino della piana di Gioia Tauro, Melicuccà che, dal 1445 e fino alla fine della feudalità, appartenne all’Ordine Gerosolimitano: nel 1541-42 contava 318 famiglie e, a quell’epoca, «I Florio riuscivano a trovarci tutte le condizioni favorevoli per moltiplicarsi come conigli». Nei primi decenni del Settecento Domenico Florio di Tommaso lasciò Melicuccà per trasferirsi a Bagnara e, dopo il terremoto del 1783, i nipoti Paolo ed Ignazio divennero «ambulanti del mare, in giro per il basso Tirreno», prima che Paolo, figlio di Vincenzo, acquistasse una drogheria a Palermo grazie alla quale diede inizio alla scalata che portò la famiglia a diventare un punto di riferimento non solo per l’alta aristocrazia, ma anche per i regnanti di mezza Europa. Se Shakespeare, quindi, è da identificare in Giovanni Florio, mastro Domenico non fu certamente il primo emigrante della sua famiglia: prima di lui, nel 1500, Giovanni Florio aveva lasciato il piccolo borgo aspromontano forse perché nel suo paese, dominato dai Cavalieri di Malta, non poteva esserci posto per un medico convertitosi al calvinismo e si trasferì a Messina dove, dal suo matrimonio con Guglielma Crollalanza, nacque il figlio Michelangelo. Come afferma il Professor Martino Iuvara, l’inquisizione era sulle sue tracce e presto dovette allontanarsi dalla Sicilia con tutta la famiglia per rifugiarsi nel Veneto. Michelangelo, dopo aver studiato nelle città venete e aver viaggiato per mezza Europa, diventato amico di Giordano Bruno, si recò in Inghilterra dove, nel 1552, dopo una relazione non regolata da matrimonio, per evitare l’espulsione, sposò una donna di cui non si conosce il nome che gli diede, nel 1553, quel figlio, John, che da adulto, ben introdotto negli ambienti della Corona Inglese, divenne un punto di riferimento per la Regina Anna e un personaggio molto apprezzato da Giacomo I, che successe a Elisabetta I, ma forse, non si saprà mai con certezza se è stato anche l’autore di Otello, Re Lear e Macbeth.
AICol
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FEDER.Agri
CAA
Federazione Pensionati M.C.L.
CAF
PATRONATO SIAS
CEFA Ong
SNAP
Centro Europeo di Formazione Agraria
Sindacato Nazionale Autonomo Pensionati
EFAL
Gioia Tauro Via Roma Palazzo ex UPIM Taurianova Via Benedetto Croce, 2
Associazione Intersettoriale Cooperative Lavoratori
Associazione Lavoratori Stranieri
Centro Assistenza Agricola
Centro Assistenza Fiscale
Ente Formazione Addestramento Lavoratori
Ente Nazionale Tempo Libero
Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura
Servizio Italiano Assistenza Sociale
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Delianuova:
di Marinella Gioffrè
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Librarsi di Maggio si apre con lo scrittore Mimmo Gangemi
ll’interno di un vasto programma letterario al quale il Dr. Raffaele Leuzzi ci ha abituati ormai da qualche anno, attraverso appuntamenti con personaggi di alto spessore del settore culturale fatto di profondi pensieri messi nero su bianco, ecco puntualmente la presentazione del “Maggio Culturale”. Il triduo si è aperto con lo scrittore cristinese Mimmo Gangemi presso i locali della libreria “Librarsi in Aspromonte”. Moderatore è stato lo stesso Raffaele Leuzzi. Al termine del brano “Canon di Pachebell” suonato dal Quartetto di fisarmoniche “Accordeon Cilea”, il giornalista Aldo Varano nel ringraziare per l’invito ha definito l’antico salotto letterario “una gemma preziosa che contrasta con la Calabria spesse volte immaginata come un luogo disperato”. “Nel deserto culturale dell’Aspromonte vedere spuntare queste iniziative rincuora l’animo - ha continuato Varano - vuol dire che il pensiero di un luogo senza speranza è fuori luogo”. Lo stesso ha poi parlato a lungo esaminando minuziosamente gli scritti e lo scrittore Gangemi, in una sorta di analisi introspettiva, rilevata attraverso la lettura dei suoi romanzi. “La storia di Gangemi non sarebbe possibile senza l’Aspromonte - ha affermato Varano - perché ogni scrittore ha radici profonde che partendo dal proprio quartiere raggiungono alti livelli, a volte anche europei. Gangemi ha assorbito e rielaborato le sue radici, tirando fuori quanto c’è di universale,
Gangemi, Varano, Leuzzi, fisarmoniche
dopo aver ascoltato e fatto sue storie, vicende, tragedie, legate alla sua terra, alla sua Santa Cristina, in un continuo rapporto tra natura e storia”. La sua lingua contiene il sudore della calabresità che viene condotta ad un elevato livello letterario. Gangemi ci offre un affresco storico del meridione, attraverso il racconto di storie corali e drammatiche di intere generazioni che hanno lasciato la Calabria per cercare condizioni di vita migliori. Caterina Di Pietro ha letto una pagina del libro “Un acre odore di aglio”. Ha poi continuato Mimmo Gangemi il quale tra le altre cose ha dichiarato “Niente di ciò che uno scrittore racconta è fantasia. La nostra è una terra di sconfitti, con l’accettazione supina del degrado, di scorie negative maturate nei secoli. Siamo un popolo destinato alla sconfitta e molti giovani vogliono ancora abbandonare la Calabria per fare il bene di altre terre. Quando si registra una fuga di cervelli e non c’è un ritorno al contrario, se non qualche fatto sporadico, quella è una terra che non ha grandi prospettive di avere un futuro”. Dopo un intermezzo musicale del Quartetto di fisarmoniche, si è acceso un dibattito con il pubblico presente. Seguiranno altri due appuntamenti, il primo giorno 15 con Otello Profazio “mastru cantaturi” e l’altro per il 23 Maggio, organizzato in collaborazione con l’Associazione culturale Mesogaia e l’Associazione Centro Studi di padre Stefano De Fiores dal titolo “Il Culto della Vergine Maria nella Calabria meridionale e la teologia mariana”.
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Delianuova:
Stati generali della cultura e legalita’ 2015
di Marinella Gioffrè
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ll’interno dell’iniziativa promossa dalla Provincia di Reggio Calabria dal titolo “Stati Generali Della Cultura e Legalità”, si è svolto presso il Teatro “G.Vocisano” il concerto dell’Orchestra Giovanile di Fiati diretto dal M° Gaetano Pisano, organizzato dall’Associazione “N. Spadaro” in collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Delianuova. La manifestazione rientra nel quadro delle indicazioni del progetto provinciale inteso a creare un ponte solidale e concreto tra le Istituzioni e le Associazioni presenti sul territorio, al fine di promuovere la cultura e la legalità come strutture portanti del vivere civile. L’Istituto Italiano per l’Anticorruzione, nato nel 2014 sotto l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica Italiana con lo scopo di favorire la cultura e la divulgazione dell’Etica, della Legalità e dell’Anticorruzione nei rapporti tra privati e pubbliche amministrazioni, nonché in genere come costume e stile di vita, ha aderito agli Stati Generali della Cultura promossi dall’Assessore alla Cultura e Le-
galità della Provincia di Reggio Calabria Dott. Eduardo Lamberti Castronuovo, proponendo eventi dedicati a tali tematiche sociali. Il Dirigente scolastico Anna Maria Cama, ha presentato la serata insieme al Prof. Franco Palumbo, classificando l’evento “necessario per lo sviluppo di un territorio che ha delle potenzialità di elevata positività e che come tali vanno evidenziate, divulgate e trasmesse soprattutto ai giovani. Un lavoro in sinergia tra le varie entità è l’unica via per raggiungere gli obiettivi prefissati”. Il Dr. Giuseppe Scerra, Presidente dell’Associazione N. Spadaro, dopo aver ringraziato i presenti ha dichiarato “il fine del progetto al quale fin dagli esordi abbiamo creduto e al quale ci siamo dedicati è quello di dare un input di positività attraverso l’armonia della musica”. Il vice Sindaco Franco Rossi, ha elogiato l’operato delle associazioni presenti sul territorio, “segnale di un forte risveglio delle coscienze per la costruzione di un futuro di libertà contro i mali che ne impediscono il progresso”. Il Prof. Franco Palumbo, ha menzionato il premio che è stato conferito al Dr. Scerra presso il Cine-Teatro Cilea, da parte dell’Assessore alla Cultura della Provincia, ossia una medaglia realizzata dal M° Gerardo Sacco. Il riconoscimento, indirizzato a cinque eccellenze della Provincia reggina, è stato così motivato “A conclusione di una qualificata ed impegnativa professione di farmacista, il Dr. Giuseppe Scerra ha dato vita all’Associazione N. Spadaro per la formazione dell’Orchestra Giovanile di Fiati, che da subito ha registrato successi, riconoscimenti e apprezzamenti, in primis da parte del M° Riccardo Muti, che li ha voluti al Ravenna Festival ed ha dichiarato che questi ragazzi stanno crescendo nel senso più pieno dell’armonia e della bellezza, che naturalmente è musica, cosicché da un’esperienza del genere possono venir fuori certamente cittadini migliori”. La cittadinanza attiva espressa attraverso la musica, è stata una costante dell’impegno del Dr. Scerra, che con l’associazione organizza annualmente la “Giornata Regionale sull’Educazione alla Legalità” centrandola sul tema “Aspromonte da simbolo dell’illegalità a incrocio di valori e sviluppo nella pace e nella convivenza civile”.
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di Antonio Roselli
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eri notte leggevo Henry Moore, il suo ortodosso-aprioristico discorso su scultura e società. Ho immaginato il maestro brittannico che, dito puntato e fronte larga e crespa da guru, insisteva sul suo appunto: “L’artista deve rendersi conto di quanto è coinvolto nel cambiamento della struttura sociale e quanto è necessario che egli si adatti alla struttura in evoluzione”. Mi è tornato così alla mente “Homo Sapiens” di Cosimo Allera: una processione primitiva che sale per gradi la cresta della civiltà, uomini allungati nella loro solitudine ferina, frutti di una materia senza nome; ruvida, acerba e forgiata per addizione. Henry Moore comunicava l’inconvenienza di essere scultori in una società moderna, frammentata. Parlava del suo tempo. Dei modelli economici in disfacimento o in transizione. A quale tempo appartiene, invece, Cosimo Allera? Nei suoi ferri e nei suoi bronzi non c’è soluzione di unità tra materia e tempo. Viene alla luce un certo amletismo artistico in cui la materia si concede agli istanti, ma affondandovi in essi cerca disperata una via d’uscita, come chi crede di serbarsi puro di cuore in eterno. Pertanto mi vengono in mente le opere “Identità”, “La leggerezza dell’essere” e “L’urlo del guerriero”. Cosimo Allera mette a frutto la sua vocazione di abile artigiano del ferro realizzando un teatrino in movimento che è figlio della tecnica di Julio Gonzales, di Alberto Giacometti e di tanta scultura surrealista dell’Arte Contemporanea. Al pari di Arturo Martini, grande scultore del secolo scorso, il Nostro Allera, continua a ragionare sul dilemma della figura umana come epicentro della scultu-
La scultura di Cosimo Allera Grande artiere che dal ferro riesce a esprimere immagini e poesia
ra, ma anche come urgenza di superamento. Riesce a trovare la chiave di lettura giusta per comprendere l’uomo nello spazio e dello spazio e l’uomo nella materia e della materia in tante esperienze plastiche ed artistiche che vanno dal 1984, anno in cui ha il primo contatto da artista col grande pubblico, fino ad oggi con il suo Monumento dedicato ai caduti sul lavoro. E’ evidente, in quest’ opera in acciaio, che qui inauguriamo, la ricerca di una scultura idealistica e al tempo stesso introspettiva, che rifletta la pressione sociale della nostra epoca. Si ripresenta, senza scampo, il tempo oscuro di Moore nella complessità del sistema sociale, economico ed artistico di questi nostri ultimi anni. E Cosimo Allera cosa fa, quindi? Scolpisce l’ homo faber, rispondendo a “un dovere pubblico o per soddisfare un senso di orgoglio corporativo”. La classe operaia viene resa simbolicamente dalla fisionomia di questa scultura che, sebbene dedicata ai caduti sul lavoro, ha un embrione di significato immenso, un messaggio di speranza rivolto a tutte le generazioni in cerca di un lavoro sicuro. Virtualmente potremmo collocare l’ homo faber di Allera nell’ultimo gradino della scala evolutiva . Potremmo dire che il gruppo scultoreo “Homo Sapiens” è stato concluso. L’armonia nella resa anatomica e nella perfezione proporzionale del corpo, tipica della scultura classica-riacesca, viene superata da una struttura corporea che è in sé stessa un assemblaggio di brandelli di pelle e Lo scultore Cosimo Allera con una sua Opera muscoli. Quasi tormentosa è la pazienza con cui l’autore ha voluto mettere insieme il puzzle umano di carne e tessuti. Ogni singolo muscolo viene evidenziato. Sono tutti partecipi al massacrante sforzo dell’opera, allo sfibrante sacrificio dell’esistenza. Il volto sembra incandescente per la fatica dei tratti somatici, accentuata dall’inarcamento delle sopracciglia e dalla secchezza con cui la luce trafigge la testa e il dorso del naso. Le labbra, ampie e semichiuse, delimitano un mento sporgente. Siamo dinnanzi alla maschera pietosa dell’immolazione. Nella smorfia aspra e ferrea leggiamo le origini rupestri dell’essere umano. D’altronde, la nostra scultura, fiorisce dal ventre di un masso granitico lavorato. Nell’opera di Cosimo Allera leggiamo tutta l’umanità. L’umanità che, come scrisse Italo Calvino, nelle limitazioni è sempre «atta ad autocostituirsi, ad affermare la parte decisiva dell’homo faber ».
Una vita in fuga ma di Caterina Sorbara
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l libro dal titolo “Loro mi cercano ancora” di Maria Stefanelli, collaboratrice di giustizia, nata a Oppido Mamertina, è un’autobiografia a tinte forti che si snoda tra la Calabria, la Liguria e il Piemonte. L’autrice l’ha scritto insieme a Manuela Marasco, direttrice di “Narcomafie” ed è stato pubblicato dalla Mondadori. E’ un libro che si legge tutto d’un fiato e fa sentire i brividi. Una lunghissima confessione, quella della Stefanelli che non è rivolta ai magistrati ma a sua figlia, luce della sua esistenza. Maria scrive a sua figlia per allontanarla “da quel mondo ma-
"Loro mi cercano ancora" ledetto” e le svela le ragioni della loro vita in fuga, con i retroscena sull’organizzazione criminale calabrese, sul suo radicamento al Nord e sui suoi uomini. Innumerevoli sono i soprusi che Maria ha dovuto subire, sin da piccola. Racconta tutto, senza tralasciare niente, anche i dettagli più intensi o macabri. Sempre rivolgendosi alla figlia, in una pagina del libro dice: ”La famiglia di tuo padre mi ha condannata a morte, per la mia non esisto più, mi hanno rinnegata, chiamata infame, dato della pazza”. Maria inizia il suo racconto dal luogo dove è nata: Oppido Mamertina, raccontando la sua infanzia. Racconta il
trasferimento in Liguria, dove, rimasta orfana di padre è costretta a subire le attenzioni morbose di suo zio Antonio, capo della locale di Varazze, nuovo compagno della madre, mentre i suoi fratelli spacciano la droga. Da quella situazione infernale Maria si “libera”, sposando Francesco Marando detto Ciccio, boss e narcotrafficante che comanda la zona di Torino. Il matrimonio è anche un’alleanza tra le due famiglie. Ma è solo un’illusione, perché quando il marito viene arrestato, lei è in ogni momento controllata dalla suocera e i cognati. I momenti di libertà si limitano solo alle visite al carcere,
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PALMI: Alla Villa Pietrosa si realizza il Mausoleo Leonida ed Albertina Répaci.
La Giunta comunale approva il progetto proposto dal Club UNESCO
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l 15 Marzo 1968 Leonida Répaci, su carta intestata di Presidente del Premio Letterario Viareggio, scriveva di proprio pugno all’ingegnere Nicola Gentile, marito della nipote Lina Répaci, per dirgli “ancora grazie per il bel progetto”. Si riferiva, il vecchio leone, al progetto di massima per la sistemazione di tombe privilegiate in località Pietrosa del Comune di Palmi, nella proprietà dello scrittore Leonida Repaci, che il progettista aveva redatto in data 4 Marzo 1968 e che aveva l’unica apparente difficoltà nel rispetto delle distanze minime stabilite dalle norme sanitarie. Si preparavano allora, a Palmi, per il mese dopo, al teatro Sciarrone ed alla Villa Pietrosa, i festeggiamenti per i settant’anni di Répaci, con invitati i più prestigiosi letterati del tempo ed il Ministro Giacomo Mancini che avrebbe portato il finanziamento della Casa della Cultura a nome del Governo presieduto da Aldo Moro. Sembrava facile, in quella occasione, ottenere anche impegni al finanziamento di un mausoleo per ringraziare Répaci della donazione alla città di Palmi e alla Calabria tutta, della più importante pinacoteca di arte moderna e contemporanea del mezzogiorno d’Italia, delle decine di migliaia di libri, delle sculture, dei manoscritti, del legame con il suo nome illustre e dei cinque ettari di uliveto circostanti quel Paradiso sulla terra che si chiama villa Pietrosa, dove il male perde il fil della lama e dove lo stesso Répaci da vivo si è già scelto la tomba in roccia di granito rupe dentro la rupe. Aveva 70 anni allora Leonida ed Albertina, la moglie, 64, eppure speravano che la loro scelta fosse subito realizzata, per quando poi sarebbe stato, per l’uno prima e per l’altra poi. Ugo Attardi - raccontava Leonida – aveva chiesto di poter essere lui a scolpire il bassorilievo da collocare all’ingresso del mausoleo. Son passati 47 anni. I coniugi uniti - un cipresso ad una sola
di Rocco Militano
cima - da trent’anni sono rimasti tumulati nella cappella privata della nipote Lina, ma ora, finalmente, una combinazione di convergenze affidabili fa apparire realizzabile l’antico debito della Città. Il Dipartimento Turismo e Beni culturali della Regione Calabria, in atto affidato alla responsabilità del palmese Pasquale Anastasi, sta riprogrammando fondi perenti, immediatamente spendibili, tra cui anche i 275 mila euro del ribasso d’asta sull’appalto dei lavori di recupero della Villa allora non utilizzati; l’iniziativa del Club UNESCO che, assieme alle Associazioni “Amicicasarepaci” ed “Ermelinda Oliva”, ai Licei “Alvaro” e “Pizi” ed all’Istituto “Einaudi”, oltre al Comitato “Torre Stazione”, da due anni, con il patrocinio della CNI per l’UNESCO e della FICLU, ha adottato la Villa nei suoi significati culturali, storici ed ambientali; lo studio tecnico BBN dell’architetto Giovanni Barone che lo scorso novembre, in conferenza stampa al Comune, si offrì disponibile a realizzare, in collaborazione con gli uffici tecnici comunali, un nuovo progetto, conforme alle odierne normative di tutela archeologica, paesaggistica ed ambientale, adeguando ad esse quello iniziale apprezzato da Répaci; l’avvio dei lavori, con il finanziamento PISL “Dorsale Verde”, del recupero della casa colonica e del casello ferroviario, oltre alla sistemazione della strada fino alla Stazione FS. Tutti elementi questi che hanno portato la Giunta Comunale ad approvare gli atti progettuali trasmettendoli da una parte alla Regione Calabria e dall’altra alla Conferenza di servizio con le Sopraintendenze per il finanziamento e la formalizzazione delle autorizzazioni necessarie, nella consapevolezza di dover ricreare, nel complesso di Villa Pietrosa, quella cittadella della cultura nazionale di straordinaria bellezza che il 24 Aprile del ’68 tutti i giurati del Viareggio videro e che per Leonida Répaci fu geografia dell’anima, categoria morale e testimonianza dell’interazione del suo genio letterario con il territorio. NELLA FOTO il progetto dell’Arch. Giovanni Barone. “La luce penetra in maniera suggestiva dall'apertura della sommità della grotta mantenendo ed illuminando anche le pareti carsiche. Il monumento, posto al centro, è protetto da una teca di vetro; è arricchito da un bassorilievo ed è poggiato su terra locale stabilizzata utilizzata anche nello spiazzo antistante e sul sentiero di salita”.
dove il marito anche se detenuto continua a dirigere il narcotraffico. Maria trova la libertà solo amando Floriana, moglie di un altro detenuto, conosciuta durante i colloqui. Verso la metà degli anni '90 a causa della latitanza del marito, Maria torna in Calabria, nonostante i due abbiano una bambina, il marito è con lei violento. Intanto tra la famiglia di Maria e quella del marito scoppia una guerra per il controllo degli affari. Il 3 Giugno del 1996 a Chianocco (Torino), viene trovato un cadavere carbonizzato, dalla fede si scopre che è Ciccio Marando, suo marito. In seguito moriranno altri uomini. Maria capisce di essere in pericolo e decide di collaborare con la giustizia in cambio della protezione per lei e la figlia, anche se i problemi sembrano non volerla lasciare, Maria è costretta a lottare anche
con una malattia. Un libro che tutti dovrebbero leggere, un libro che sfata il mito che la 'ndrangheta è solo in Calabria, perché invece è ben radicata in tutto il territorio nazionale e internazionale. Come Maria scrive, la, 'ndrangheta non sarebbe potente se non avesse a sua disposizione un esercito di persone pronte ad obbedirgli: geometri, ingegneri, architetti, avvocati, medici, commercialisti, funzionari di banca, politici a tutti i livelli. Persone che mettono le proprie capacità al suo servizio in cambio di denaro sporco. Persone, che diventano, così, la vera e propria forza dell’organizzazione. Ma Maria alla fine del libro ci regala un altro “brivido”, quando spiega che lei, la “signora ’ndrangheta” non dimentica, salda i conti anche dopo decenni, mai perdona. “Perché loro mi cercano ancora”.
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Gli scouts AGESCI con il Sindaco Barone
I valori dello scoutismo cattolico a Palmi di Paolo Lucio Albanese
I ragazzi di Baden Powell
Ricevuti in municipio dal Sindaco Barone
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e, come recita un proverbio africano,“per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”, “per educare un giovane a diventare buon cittadino ci vuole un'intera città”. Con questa consapevolezza e finalità, il giorno 3 Marzo 2015 i Capi e i ragazzi del “sono stati ricevuti dal Sindaco di Palmi, Dott. Giovanni Barone, per conoscere i ragazzi che hanno scelto di arricchire il loro percorso di crescita seguendo la strada dello scoutismo. Il Sindaco ha avuto parole di elogio per i ragazzi, definendoli «tra la migliore gioventù palmese», la cui scelta scout sicuramente li porterà a vivere con maggiore responsabilità e partecipazione la vita cittadina anche nel futuro. Durante l'incontro è stata presentata in particolare Martina Galletta dai Capi Gruppo Sergio Casadonte e Antonella Minutello, la giovane caposquadriglia del Reparto Sant'Elia che, nell'Agosto del 2015, parteciperà al World Scout Jamboree, l'evento mondiale che ogni quattro anni raduna, in luoghi diversi del Pianeta, giovani di ogni nazionalità tra i 14 e 17 anni e che quest'anno si svolgerà in Giappone. “Partecipare ad un evento mondiale, addirittura dall'altra parte del pianeta, ha sottolineato il Sindaco, era un evento impensabile diverse generazioni
fa, riconducibile alla sfera del sogno, dei desideri irrealizzabili. Ma viviamo nell'era 2.0, e i ragazzi sono portatori di strumenti di straordinari cambiamenti, in primis la consapevolezza che solo dall'incontro e dal confronto con altri popoli, altri luoghi ed altre esperienze si possono accrescere le proprie idee e arricchire le conoscenze”. Ai giovani seduti tra gli scranni è stato raccomandato di abbandonare una visione prettamente campanilistica di appartenenza al territorio e di guardare con ampi orizzonti alla nostra bellissima Terra di Calabria. Per questo motivo il Sindaco, alla presenza del Presidente del Consiglio Gaetano Muscari, del Vice Sindaco e Assessore Giuseppe Saletta, dei Consiglieri, Papalia e Randazzo e della Responsabile dell'Area Istruzione e Cultura Maria Rosa Garipoli, ha consegnato alla giovane Martina una spilla della Provincia di Reggio Calabria. Nell'appuntarla sul fazzolettone azzurro della ragazza, il Dott. Barone le ha raccomandato di portarla con orgoglio, come simbolo del territorio di appartenenza, quello della Provincia di Reggio Calabria, che dovrebbe essere conosciuto anche e soprattutto per le sue bellezze artistiche e paesaggistiche e per il valore dei suoi abitanti. L'incontro si è concluso con la consegna al Sindaco, da parte del Gruppo Scout “Palmi 1” nella veste di Capi scout e genitori di Martina, Cettina Saffioti e Vincenzo Galletta, del fazzolettone giallo e viola, colori identificativi dello storico gruppo che da sessant'anni si dedica al servizio educativo nella cittadina palmese.
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Momenti dello spettacolo
A Palmi a cura della Compagnia Great Talent:
La locandiera alla casa della Cultura
di Paolo Lucio Albanese
Goldoni scrisse questa commedia nel 1752
L
a compagnia teatrale dell’Associazione Great Talent ha presentato a Palmi nell’Auditorium della casa della cultura Leonida Repaci una delle opere più famose scritte da Goldoni: La locandiera. Goldoni scrisse questa commedia nel 1752, nel periodo della riforma teatrale da lui stesso istituita. “La Locandiera”, a differenza di altre commedie in cui Goldoni utilizzava il dialetto veneziano, è un'opera scritta interamente in lingua italiana, al fine di essere comprensibile a tutti e non più solamente ai concittadini dell'autore. Il capolavoro Goldoniano narra la strana “avventura” di una giovane donna, Mirandolina (magistralmente interpretata da Cristina Casa), serva e padrona al tempo stesso di una locanda fiorentina. Intorno a questo personaggio si svolge tutta la commedia, sicuramente la migliore dell'intera opera goldoniana. Gli altri personaggi, dettagliatamente descritti, sono: tre nobili con i loro stravaganti appellativi e cioè il Marchese di Forlipopoli, il Conte d’ Albafiorita e il Cavaliere di Ripafratta, che Mirandolina riesce a fare innamorare di sé con la sua astuzia; due donne attrici comiche Ortensia e Dejanira; infine tre servi di cui due innominati e uno di nome Fabrizio. Questo insieme di personaggi vuole rappresentare e differenziare le tre classi sociali tipiche del `700: nobiltà, borghesia, di cui fa parte anche Mirandolina e popolo. All'interno dell'opera si può notare anche una piccola competizione tra le prime due classi sociali, proprio come succedeva durante il periodo Goldoniano, con il popolo che veniva lasciato ai margini della società. Tuttavia tale suddivisione in solo tre classi sociali è limitata e troppo rigida, dal momento che a quel tempo, esistevano altre rimarchevoli differenze di ceto anche all'interno di questi tre gruppi. Gli spettatori hanno accolto in maniera estremamente calorosa la rappresentazione, fortemente voluta dall’istrionico regista Gianni Parrello-deus-ex-machina della Great Talent- visibilmente emozionato al termine dello spettacolo: “Siamo amatori, è vero, ma anche un pò professionisti. Da anni la nostra compagnia
teatrale ha come obiettivo quello di far conoscere e amare il teatro alla gente comune: ci sorprendiamo sempre delle reazioni positive dei nostri spettatori venuti a vederci anche da fuori Palmi. Ogni singolo applauso, ogni gesto di approvazione, ogni sorriso regalato ci riempie il cuore di gioia perché ci fa capire di aver colto nel segno ancora una volta E’ una soddisfazione collettiva, che voglio condividere con tutto il cast, in particolar modo i miei aiuto-registi, l’impagabile e paziente Lilli Sgrò e Mauro Del Sordo, uomo di notevole spessore umano”. Dopo il suggestivo Edipo Re, la Great Talent colpisce ancora riuscendo nell’arduo tentativo di rappresentare un’opera immortale senza scadere mai nel “già visto”. La presenza di associazioni come “Great Talent” costituisce il “polmone verde” della cultura palmese, poichè permette a giovani talenti locali di respirare arte, rendendoli protagonisti, e mai spettatori.
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La Decorata Cornice della Piana di Diego Demaio
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Marina di Gioiosa Jonica – Capo Spartivento – Palizzi Marina – Palizzi – Pietrapennata
ssendo ormai arrivati al terz’ultimo itinerario de “La Decorata Cornice della Piana”, si coglie l’occasione, avendo stavolta come meta Pietrapennata con la sua pregevolissima Madonna dell’Alìca (ritenuta tra le più belle sculture marmoree della Calabria), di preannunziare, con il compiaciuto assenso del dott. Cordova e dell’avv. Mamone, la programmata prossima apertura della rubrica d’arte dal titolo “Maria nei sacri marmi cinquecenteschi della Piana”. Usufruendo ancora della comoda SGC Jonio -Tirreno si giungerà a Marina di Gioiosa Jonica per curvare a destra sulla 106 e procedere in direzione Reggio. Sul piatto litorale dopo
La Madonna dell'Alìca a Pietrapennata Foto Diego Demaio
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Palizzi
Foto Diego Demaio
aver superato dapprima il Capo Spartivento, l’antico Heracleum Promontorium, con l’importante Faro a torre quadrata dalla portata di 29 miglia e poi l’adiacente Punta di Spropolo (o Spropoli) oggi conosciuta dai turisti anche come Capo Sud (da contrapporre al norvegese Capo Nord) si arriverà a Palizzi Marina. Da qui, lasciando la nazionale, si girerà a destra per scalare i 272 m. che portano a Palizzi, località conosciuta anche per la rinomata produzione di ottimo vino. Giunti nel paese, che conserva nella parrocchia un’antica ed interessante scultura in marmo raffigurante Sant’Anna di datazione incerta e di ignoto autore, si salirà in breve sino allo strategico Castello medioevale, purtroppo quasi sempre chiuso, edificato su uno strapiombante sperone roccioso. Usciti dall’abitato si riprenderà la panoramicissima ascesa per Pietrapennata (673 m.) che verrà raggiunta dopo aver lasciato sulla destra la chiesetta del Carmine. Nella pittoresca frazione ormai quasi disabitata, che nell’agosto del 1847 ospitò il grande scrittore e disegnatore inglese Edwar Lear, si visiterà la Chiesa parrocchiale dello Spirito Santo dove è custodita la bellissima statua della Madonna dell’Alìca, proveniente dal diruto ed omonimo monastero forse di origine basiliana. La scultura a mezzo busto, in marmo
di Carrara ed alta quasi un metro, risalirebbe al 1506 ed è attribuita ad Antonello Gagini. Il nome Alìca (o Lica) offre diverse interpretazioni e secondo una leggenda, riportata da Bruno Sodaro nel suo libro SANTUARI MARIANI IN CALABRIA, deriverebbe dall’apparizione luminosissima (al punto da non potersi guardare) della Madonna in un cespuglio. Da questa “luce” il nome “lica”. Usciti dalla chiesetta si salirà in macchina per raggiungere il minuscolo cimitero dominato dalla singolare e pittoresca “Rocca di Sant’Ippolito”. Da qui si inizierà a camminare lungo il non difficile sentiero (per tal motivo si raccomandano comunque idonee scarpette da trekking) andando a sinistra nell’unico bivietto che si incontrerà. Poco dopo, nello scendere sullo sterrato, si noterà dall’alto (guardando verso destra) il rudere della Chiesa di Santa Maria dell’Alìca, immersa in un incantevole paesaggio. Raggiunti i 682 m. dell’antico luogo di culto si rimarrà colpiti dall’architettura del sito, in particolare del quasi integro campanile ancora superstite ai devastanti e frequenti terremoti che in passato hanno colpito l’Aspromonte. Proprio ai secoli XII-XIII risalirebbe la sezione più antica dell’arco murario che è attaccata al campanile. Quest’ultimo si presenta con un’interessante cuspide a forma ottagonale dove, in corrispondenza degli angoli, erano originariamente posizionati quattro pennacchi dei quali solo uno resiste nel tempo. Conclusa la visita, corredata dallo scatto di interessanti foto, si tornerà a Pietrapennata per risalire in auto, scendere a Palizzi Marina e fare quindi ritorno nella Piana dalle stesse strade percorse all’andata.
L'antica Chiesa di S. Maria dell'Alìca
Foto Diego Demaio