Mensile d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 33, Anno 2015 - “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% Aut: 518/ATSUD/CZ;
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In regalo INSERTO SPORTIVO (24 pagine)
Taurianova: al voto a carte scoperte !
Polistena Allons enfants! Nel segno di Tripodi
Taurianova alle urne Campagna d’autunno
Il ricordo di Michele Barillaro
S. Messa al circo Togni Ecclesialità circense
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Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663
Corriere della Piana del 31 Luglio 2015
sommario
Dovere di informazione e temerarietà della notizia
Sciabolate e colpi di fioretto
Riflessione dovuta a seguito di una stoccata fuori misura
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alle colonne di un giornale regionale che, secondo l’impersonale “si dice” dell’ambiente giornalistico, assai simile all’IO narrante del Verga dei Malavoglia, verserebbe in fase preagonica, abbandonato ormai da molte delle sue firme, alcune delle quali indubbiamente prestigiose e altre, in qualche caso, solo onuste di bolsa gloria di paese, una stoccata - peraltro garbata - di un giovane articolista alla ricerca di un posto al sole e forse di un ulteriore articolo da proporre a corredo della pratica di iscrizione all’Albo, ci ha costretto a una riflessione sul dovere dell’informazione - al condizionale e con il beneficio dell’inventario - e sulla temerarietà della notizia. La stoccata - attualissima in questi giorni in cui gli Azzurri della Spada e del Fioretto hanno fatto incetta di titoli mondiali - ci è parsa obiettivamente fuori misura e figlia della voglia di trasformarsi da articolista in opinionista o, peggio, ancora in censore. Diversamente saremmo costretti - con logica stringente a dedurre che l’aspirante collega necessiti una buona ripetizione sui modi e tempi dei verbi e delle coniugazioni verbali. Questo perché definire “temerario” un nostro articolo apparso su Approdo News e scritto rigorosamente al condizionale e che dunque esprimeva pienamente il beneficio del dubbio con il quale il pezzo era stato scritto, giungeva a domandarsi e a sollecitare ai lettori il quesito se la notizia fosse espressione di “realpolitik o di fantapolitica” ci pare veramente fuori luogo. Un colpo basso? Una caduta di stile?
Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato a questo numero: Don Memè Ascone, Filippo Marino, Giovanni Garreffa, Luigi Ottavio Cordova, Domenico De Angelis, Girolamo Agostino, Deborah Serratore, Michelangelo Di Stefano, Gen. Angiolo Pellegrini, David De Angelo, Filomena Scarpati, Antonella Agresta, Giuseppe Calarota, Don Giancarlo Musicò, Carmela Parrello, Caterina Sorbara, Francesco Di Masi, Paolo Lucio Albanese, Mina Raso, Marinella Gioffrè, Gianluca Iovine, Diego Demaio. Foto: Giuseppe Riefolo, Pasquale Loiacono, Gianluca Iovine, Free's Tanaka Press, Diego Demaio. Grafica e impaginazione:
Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Stampa: Litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@yahoo.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Sede redazione: Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999 La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 31-07-2015 Visit us on
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Una assenza assoluta di deontologia da parte del giovane collega ebbro di entusiastico compulso giornalistico? Assolutamente no. Non crediamo a queste ipotesi malevole che getterebbero ombre funeste sul panorama della stampa calabrese. Olimpo nebuloso, questo, popolato da eroi omerici, senza macchia e senza paura: alcuni invincibili, altri immortali, altri detentori di diritto successorio dinastico e ulteriori altri per maturati riti di iniziazione esoterica. Altri infine addirittura…. invisibili. Eroi tutti - costoro - che combattono contro mostri di ogni tipo e specie e che, novelli Campanella, si pongono a lottare i mali estremi della cattiva informazione della Calabria. Riteniamo la stilettata sia frutto di un colpo di calore di questo luglio africano e come tale la accettiamo con il beneficio del dubbio. Tanto quanto avevamo recepito la notizia della nostra fonte confidenziale - che il requisito dell’attendibilità fino ad allora certamente lo aveva - ma che ex post - riconosciamo - ha toppato di malo modo. Preso atto di ciò auguri a tutti: aspiranti giornalisti e aspiranti candidati sindaci. Ripassate i verbi e la grammatica. Per entrambi vi saranno utili: per scrivere e per fare comizi. Ad majora! Noi intanto sulla riva del mare nostrum riprendiamo a leggere un bel libro di De Crescenzo: “Elena, Elena, Amore mio” la cui lettura a causa di questa ingenua stilettata eravamo stati nostro malgrado, costretti a interrompere proprio mentre il Pelide Achille inchiappettava nel tempio di Apollo, Troilo, uno dei tantissimi figli di Priamo. (L. M.)
Editoriale: Sonora bocciatura
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Evangelii gaudium: Pietra angolare della Chiesa di Papa Francesco
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Economia, Oiconomia & Politica
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Don Mimmo è tornato!!!
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Carità, Fariseismo e Lavoro
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Il tempo che passa
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Polistena: Allons enfants!
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L’ordinazione sacerdotale di don Giovanni Montorro
26 Melicucco: In cammino sulla via
del Signore
Taurianova: Campagna d'autunno
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"La creatività Sensibile"
Terranova S.M.: Una goccia di mare
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Rizziconi: “Manca la continuità assistenziale”
Palmi: Eccellenze Della Piana: " Eppur....(Qualcosa)....Si Muove..."
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Il Vescovo e i boy scouts
Sesta sagra del pescespada
Palmi: Il grande cuore di Maria Anedda
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Familismo amorale e spietatezza
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Ricordo di Michele Barillaro
Prima edizione del Concorso Nazionale di Poesia "Pina Alessio"
La medicina osteopatica
Gli omicidi di Giorgio Boris Giuliano e di Emanuele Basile.
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“Musica e Armonia”
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Terranova S.M.: “I Pruna di frati”
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Cantore della terra e delle origini
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La vocale smarrita
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Premiato Scutellà
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"La Torta Mamertina"
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Che pizza!!!
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Lo spirito grecanico di Siderno
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La decorata cornice della Piana
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Taurianova: Il Gran Capitan e il Mistero della Madonna nera
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Gioia Tauro: Ecclesialità circense
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Editare per evangelizzare
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Editoriale
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Estate, l’industria del turismo segna il passo
Sonora bocciatura di Luigi Mamone
L’
estate che è ormai arrivata con un caldo africano asfissiante ha trovato ancora una volta l’industria calabrese del turismo arrancare in salita e - come un ciclista stanco - zigzagare battendo la testa. Di fatto ancora una volta la proposta turistica calabrese fa acqua da tutte le parti. Manca la cultura dell’accoglienza; mancano strutture ricettive serie; si continua ad andare avanti con feste di piazza e sagre di paese, ora quasi tutte con il sottofondo di innumerevoli complessini che suonano l’etno folk a base di Taranta, scimmiottando Bennato, primo propositore del genere e il duo - oramai disciolto - di Cavallaro e Papandrea. A parte questo, improvvisazione pura. Il numero dei posti, fra alberghi, Hotel, campeggi e Bed&Breakfast rimane desolatamente basso. Alcune località d’interesse turistico non hanno proprio posti letto da offrire e poco o nulla in termini di mera ristorazione. Mancano gli eventi. Per far giungere i turisti, servono gli eventi. L’evento, popolare, folklorico, religioso - folklorico e soprattutto sportivo, è come l’esca buona che il pescatore aggancia all’amo per far abboccare i pesci. Tralasciamo di parlare dei tantissimi comuni che spesso sono amministrati da soggetti che nulla capiranno mai di Marketing territoriale, di stakeholders, di obiettivi e di ricerca del per-
Per una regione incapace di programmare una economia su un turismo moderno seguimento dell’obiettivo strategico navigando a vista e a seconda del vento e dell’umore della piazza e dell’attenzionamento da parte di Magistrati e ufficiali di PG, in attesa di finire il mandato o - se proprio va male - di vedere insediarsi la Commissione di Accesso: anticamera, questa, quasi sempre, del successivo commissariamento da parte degli inquisitori, non della Santa Inquisizione Spagnola dei tempi di Ferdinando di Castiglia e di Isabella di Aragona che “En favor de la Fè” facevano morire sul rogo e confiscavano i beni de “li Judei” per impinguare il regio tesoro, ma di tutta una congerie di poteri rappresentati da funzionari prefettizi e Ministeriali che andranno a cercare possibili sospetti di pericolo di condizionamento da parte delle 'ndrine per sciogliere i consigli comunali. In tema di turismo e di mancata promozione turistica l’indice va levato contro la Regione Calabria che, ancora una volta appare affetta da una elefantiasi mortale che le impedisce di essere propositiva. Certo, qualcuno, abile, fortunato, o capace di muoversi al meglio nei meandri della burocrazia regionale qualcosa otterrà. La maggior parte delle proposte, fra bandi, trafile burocratiche, graduatorie e balzelli di ogni tipo sono destinate a restare lettera morta. Questo perché manca la capacità della classe politica di catalizzare l’attenzione verso il perseguimento di obiettivi specifici da attuarsi in forza dell’approvazione di piani dettagliati di sviluppo che tengano conto delle potenzialità del territorio e dello sviluppo tendenziale che possa essere dato all’offerta turistica, ricettiva alberghiera, culturale e sportiva. Per anni il CONI regionale ha battagliato per far approvare una legge sullo sport che fosse meno antidiluviana di quella esistente. Governi di diverso colore si sono tutti chiusi a riccio. Perchè? Perchè il turismo restava un serbatoio per ogni forma di clientela e meglio era, ed è anche per Oliverio, gestire queste risorse con parsimonia, non ai più bravi e capaci, ma in favore di quelli che la convenienza del momento impone di aiutare. Anche con secondi fini elettorali. Per questo nulla si è fatto e nulla si continuerà a fare. Se si pensa che la Tonnara di Palmi per essere restituita ad un vera fruibilità turistica al meglio delle sue potenzialità in interi tratti, caratterizzati da case di origine abusiva costruite senza criterio anche in aree di interesse archeologico (come ha denunciato il film Qualunquemente), andrebbe demolita e riportata al pristino stato per poter essere poi riedificata in funzione del rispetto delle peculiarità del territorio e delle bellezza paesaggistiche che nonostante tutto ancora oggi presenta. Qualcosa era stato fatto. Ma ahi noi, l’ombra delle ’ndrine e di ’ndranghetisti più che altro morti di fame, cretini e rompicoglioni anche qui incombe. Nel bellissimo parco dei Tauriani, mesi or sono un incendio - pare doloso - distrusse una casetta. Per togliere la puzza di fogna forse solo ora, dopo anni che i turisti venivano accolti da un olezzo insopportabile all’altezza del Golfo del Sole, si stanno effettuando dei lavori. A Gioia Tauro nessuno si batte per far si che nel porto, oltre ai container, venga consentito l’approdo anche alle navi da crociera. O se lì proprio non si può, far costruire un approdo dedicato per far attraccare le navi Costa e MSC Caribeean e di altri armatori con il loro carico di turisti in vena di souvenir e di piccole e grandi spese. A Oppido l’area di Oppido Vecchia dopo gli scavi curati dal prof. Cuteri, anni fa, è nuovamente abbandonata. La strada che da Molochio porta al Trepitò, bellissima, panoramica e d’interesse anche agonistico, è desolatamente piena di buche ed è un successo se non si spacca qualche ruota. Il Trepitò sembra un villaggio fantasma del west dopo che la miniera d’oro s’era esaurita. Le processioni, grazie al falso scoop dello scorso anno, non si fanno più. Di Sport ad alti livelli neanche a parlarne. Le aziende hanno paura di esporsi in ogni senso: sponsorizzare in Calabria significa attirare l’attenzione delle ’ndrine: “fai lo sponsor? Allora hai i soldi” e del fisco “sponsorizzi? allora guadagni?”. Meglio allora per gli imprenditori tenere un profilo basso, pianger miseria, restare nell’ombra ed evitare guai peggiori. Anche se peggio di come stiamo messi è difficile immaginare .
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La Missione Evangelizzatrice della Chiesa
Evangelii gaudium
Pietra angolare della Chiesa di Papa Francesco (parte II)
N. 198 “Desidero una Chiesa povera per i poveri” N. 191 “In ogni circostanza i cristiani, incoraggiati dai loro pastori sono chiamati ad ascoltare il grido dei poveri”
di Don Memè Ascone
N. 199 “Senza l’opzione preferenziale per i più poveri l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone”.
I
desideri di Papa Francesco di avere una Chiesa povera, oggi, può sembrare un pio desiderio e una utopia. La gente semplice e umile vede che la Chiesa è ricca soprattutto se si guarda i palazzi e alla disponibilità economica e allo stile di vita di quasi tutti i monsignori. Non si può essere Chiesa povera quando si ha tutto quello che i poveri non hanno: palazzi come abitazione, macchine di lusso, gente a disposizione, soldi a piacimento. Anche lo Stato ci pensa a dare alla Chiesa ogni anno tanti miliardi che non si sa come spenderli……….e si po-
trebbe continuare. Certo è che si rifiuta, in concreto di essere una Chiesa povera. Seguiamo più i modelli del mondo che quelli proposti da Papa Francesco. Essere una Chiesa per i poveri significa da parte dei pastori alzare la voce, essere accanto ai poveri per ascoltare il loro grido e per difendere la giustizia che viene offesa e calpestata. Sembra che i problemi della giustizia della nostra gente non ci riguardino. Sembra che se ne parliamo facciamo peccato. Invece il peccato c’è ed è quello di omissione è quello di colui che tace. Purtroppo non riusciamo ad ascoltare il grido dei poveri. Forse perché non siamo più poveri, dimenticandoci delle nostre origini. Forse perché viviamo lontani dalla povera gente e i loro problemi, il loro grido di dolore non giunge alle nostre orecchie. C’è un muro tra noi e i poveri. Forse sembra che siano problemi che interessino altri. Papa Francesco grida ancora “siamo docili e attenti ad ascoltare il grido dei poveri e soccorrerli”. Questo non vuol dire fare la carità. Ancora il Santo Padre continua in maniera sempre più vibrante “rimanere sordi a quel grido ci pone fuori dalla volontà del Padre e dal suo progetto”. Quindi Dio e Papa Francesco per Lui vogliono che assumiamo sulla nostra pelle i problemi dei poveri. Sappiamo bene quali sono questi problemi che affliggono nostre intere popolazioni. Non dobbiamo aspettare le annuali statistiche che ci vengono propinate per sapere quale è la drammatica situazione, nel Sud e soprattutto in Calabria. Manca il lavoro, c’è una disoccupazione spaventosa. Non avere lo stipendio per una famiglia vuol dire calpestare la sua dignità. Chiedere l’aiuto dei vicini per vivere, non
avere soldi per pagare la luce e le medicine, chissà quante famiglie di carcerati che vivono e soffrono la disperazione, famiglie che vivono con la pensione dei nonni e delle nonne, giovani in balia della droga e della mafia, famiglie che vivono con poche centinaia di euro di pensione. E si aggiunge una crisi economica generale che ricade soprattutto sulla pelle dei poveri. I poveri sono ormai rassegnati e non gridano più. Nessuno li ascolta. Questa è la triste e drammatica realtà. Anche noi come Chiesa siamo chiusi in noi stessi contenti delle nostre liturgie e al nostro orecchio non arriva questo grido dei poveri. E’ ancora quello che è peggio non ascolta il forte richiamo di Papa Francesco. La politica dovrebbe risolvere il problema delle classi meno abbienti. I politici pensano ai loro personali interessi e non trovano il tempo per pensare a questi altri problemi. Anche i tavoli dei nostri impiegati comunali si accumulano di richieste di aiuto da un anno all’altro senza ricevere risposta e nessuno parla. E anche la Chiesa pensa che non siano fatti suoi interessarsi per aiutare queste povere famiglie. Papa Francesco afferma ancora categoricamente “qualsiasi comunità nella Chiesa correrà il rischio della dissoluzione benché parli di temi sociali o critichi i Governi senza occuparsi creativamente e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità” ………….Ancora Papa Francesco “facilmente la comunità della Chiesa finirà per essere sommersa dalla mondanità spirituale, dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti”. Più chiaro di così…………. (Continua).
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di Filippo Marino
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on m’intendo di economia, il mio girovagare intorno ad essa discende da 2+2=4 o, più filosoficamente, 5, eppure non condivido affatto il giudizio che l’uomo di Gallipoli dà della tragedia greca quale “fallimento della politica”. E’ fumus persecutionis? Chissà?! Non ho mai trattato analiticamente terminologie quali default, liquidazione, fallimento, aste, fondi neri, rimborsopoli etc., pur avendo sperimentato nei decorsi anni l’inesorabile macchina della giustizia e della giusta giustizia. 10: i Greci, dice ogni Natale puntuale la smorfia della Tombola… e come non amarli questi Greci che tanta affinità per noi del Sud Italia essi hanno?! L’Europa politica sbaglia i suoi conti se sa fare solo in euro la ricchezza di questo popolo. Guardate Fidia, osservate la Nike di Samotracia, ammirate il Partenone e, ovunque nel mondo, le opere d’arte sparse e disperse testimoniano, se ancora ce ne fosse bisogno, che queste ricchezze infinite valgono più, e come, della stima dell’eurocontro.
Economia, Oiconomia & Politica Basterebbe questo e questo solo a convincerci che un’equa addizionale pro-Grecia per tutti i popoli del Continente basterebbe a dar credito a questa nobile e antica Nazione, dove - guarda caso! - nacque la democrazia. Eppure la ristrutturazione del debito condiziona l’esito del referendum ma non può non considerare le cause agenti in favore dei luoghi sommamente cari al nostro vissuto e al nostro scolastico. Mi accorgo in proposito che l’Europa col finanziare a iosa progetti & progettini scolastici non ha fatto una buona politica e il contrasto tra il rendimento scolastico degli alunni sconnesso dai rispettivi programmi didattici e dalle stesse indicazioni nazionali sono tuttora un problema assai più grave per molti Paesi Europei e, in primis, per la nostra Italia… altro che la Grecia dell’Euro! Il c.d. grexit che ha qualcosa da dire e da dare col contenuto della mia tesi di laurea sancisce uno scivolone che non si può e non si deve ripetere per una Nazione amica anzi sorella. Mi viene in mente in combinato il significato di due pericopi evangeliche, l’una
che si riferisce al quis custodet custodes, l’altra all’ammonimento del Divino Maestro Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio!... Forse Lorsignori Politici dell’Europa non ci hanno fatto caso, forse non ci abbiamo fatto caso neppure noi… Ma il senso di queste parole aggiorna automaticamente quello che da noi si aspettano i nostri popoli.
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Solidarismo e affari
Carità, Fariseismo e Lavoro Far tornare l'uomo al centro dell'universo
di Giovanni Garreffa
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uello attuale è un momento esaltante per le conquiste della scienza e della tecnica, ma non mancano, tuttavia, come sostanzialmente in ogni tempo, vistose contraddizioni. Alcuni anni fa, in provincia di Cosenza, l'inchiesta posta in essere da chi di competenza ha messo in luce che in una casa di riposo battezzata col nome di un Santo Papa, esattamente di Giovanni XXIII, le condizioni di vita erano paragonabili a quelle di un lager; così, almeno, ci hanno rappresentato i mezzi di comunicazione di massa. Il fatto ha avuto una risonanza non solo a livello nazionale, ma abbondantemente anche all'estero; si trattava, in effetti, di una colossale struttura in cui operavano alcune centinaia di persone con professionalità diverse, fondata da un sacerdote ispirato unicamente da tanta carità cristiana, ma che dopo la sua morte ha imboccato la china della peggiore degenerazione. Non vi era, infatti, chi non si esprimesse al peggio in merito, a cominciare da chi vi operava, tenuto anche conto che il personale non riceveva quanto dovutogli, ormai da alcuni mesi. Ne è stata decretata l'immediata chiusura, con destinazione degli utenti in altra struttura nuova di zecca, appena ultimata, inaugurata, appunto, in tale circostanza. Eppure, nel momento in cui veniva avviato il trasferimento degli ospiti con ambulanze e quant'altro, tutto l'apparato dipendente, fino a qualche ora prima severissimo giudice della situazione, si è asserragliato ai cancelli, tentando di impedire il passaggio dei mezzi predisposti per il trasloco, perchè quanto si stava effettuando avrebbe pregiudicato, a loro esplicito dire, il posto di lavoro. Altro esempio, se non proprio identico, quantomeno similare, è quello relativo alla " Fondazione Campanella" di Catanzaro, che, ormai da qualche anno, sta catalizzando l'attenzione mediatica; si tratta di una rispettabilissima istituzione, precisamente di un centro oncologico di tutto rispetto, ma, anche in questo caso, chi gestisce l'informazione, riferendoci quotidianamente sulla vicenda, accenna appena all'insostituibile servizio al paziente, ma si diffonde abbondantemente sulle lettere di licenziamento indirizzate alle centinaia di unità di personale addetto, per nulla intrattenendosi sulla proporzione tra personale assunto nel tempo ed effettive esigenze dell'utenza specifica. Non si tratta, certamente, di casi unici; prim'ancora non vanno dimenticati i moti di Crotone, in di-
fesa delle ciminiere della Pertusola e della Montecatini, ma non è necessario andare oltre, in questa sede. Che il lavoro conferisca dignità all'uomo e che rappresenti la primaria opportunità per ricavare di che vivere, per se e per la famiglia, è fuori discussione; d'altra parte, tale diritto è solennamente consacrato dalla nostra Costituzione. Il problema è di altro genere; in qualsiasi circostanza, non bisogna dimenticare, prioritariamente ed esclusivamente, in linea di principio, la scala delle precedenze, sia pure meramente teorica, perchè, in effetti, trattasi di aspetti inscindibili. Non v'è dubbio che al centro dell'universo c'è l'uomo come persona, nella cui direzione le società civilmente organizzate hanno il preciso ed imprescindibile dovere di porre in essere ogni servizio necessario alla sua sopravvivenza ed alla sua migliore vita; da ciò discende, ovviamente, la creazione del posto di lavoro, finalizzato al predetto sacrosanto fine. Invertire i termini della questione significa scivolare nel più arido materialismo. Per un lungo periodo della nostra storia repubblicana, ha governato il paese, con un notevole peso politico, un partito che aveva come suo patrimonio culturale ed ideale il solidarismo, particolarmente caro a don Luigi Sturzo ed a tutta la dottrina sociale della Chiesa. Conseguentemente, proprio per la difesa, a spada tratta, dei livelli occupazionali, spesso si è fatto ricorso, per decenni, all'intervento dello Stato, tramite l'IRI, di degasperiana memo-
Quarto Stato (Volpedo)
ria, che ha evitato la chiusura dei battenti a centinaia di realtà industriali, con la salvaguardia di decine di migliaia di posti di lavoro; orbene, si disse, allora, che si trattava non di realtà produttive, bensì di carrozzoni clientelari, finalizzati a calamitare consensi elettorali. Oggi, le organizzazioni sindacali, che certamente non esercitano più il peso che gestivano ieri, continuano ad arringare le masse, gridando a squarciagola, rivendicando ad ogni costo il posto di lavoro, anche in situazioni vistosamente fallimentari, dove demagogicamente si tenta di far vedere ai lavoratori che si lotta per difendere pure quanto vistosamente indifendibile. Il collasso dei livelli occupazionali, in conseguenza della crisi in atto, è sotto gli occhi di tutti e si reclamano incrementi di fondi, che è difficile reperire in una Italia che ha il solo primato della pressione fiscale, a favore degli ammortizzatori sociali. Dunque, mi pare allora sia chiaro che se il problema primario è quello della sopravvivenza, dinanzi a cui ogni altro argomentare è marginale, si tratta soltanto, da parte di chi è chiamato a governare la cosa pubblica, di individuare il mezzo più idoneo allo scopo che, come detto prima, per alcuni decenni si è chiamato "partecipazioni statali", che oggi si chiama "ammortizzatori sociali" e che verosimilmente domani assumerà altra denominazione, ma che nella sostanza esprime identica realtà, oggi, purtroppo, alquanto amara. Quel che preme precisare, sia pure tra le difficoltà attuali, è che l'uomo non può essere mai considerato mezzo, ma sempre dovrà essere esaltato come fine e che , pertanto, niente può giustificare il procrastinarsi di situazioni pregiudizievoli per le persone, come il citato caso del "Giovanni XIII", neppure col pretesto della difesa del posto di lavoro; diversamente, ricadremo nel filosofico "homo homini lupus", che mai calzerebbe meglio che nella fattispecie indicata. Penso che neppure il sindacato sia esonerato da una simile visione delle cose, in quanto, come corpo intermedio in una società pluralistica e democratica, non può che avere uno sguardo d'insieme del sociale, una impostazione politica nel senso nobile del termine; l'alternativa significherebbe strumentalizzazione, nel migliore dei casi, saprebbe di rivendicazoni categoriali e corporative, caratteristiche di altri tempi e che certamente non hanno prodotto frutti di lunga stagione. Per non accorgersi di tanto, bisognerebbe soltanto chiudere gli occhi!
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Polistena nel solco della continuità
Allons enfants! Nuova brillante vittoria di Michele Tripodi L'esultante Sindaco Michele Tripodi dopo la riconferma
di Luigi Ottavio Cordova
L
e ultime elezioni comunali, svoltasi recentemente a Polistena hanno nuovamente visto vincitore delle stesse il sindaco uscente Michele Tripodi con una percentuale del 51,7 superiore di quasi il 20% in più del secondo arrivato, Michelangelo Spanò e di quasi il 40% in più dell’altra concorrente, Anna Giancotta superando di gran lunga ogni previsione iniziale. Il popolo polistenese ha quindi ha scelto la via della continuità dando fiducia al giovane sindaco, nipote dello storico Mommo Tripodi primo sindaco comunista della città, che fu anche eletto sia alla Camera dei Deputati (per ben tre mandati legislativi) sia al Senato della nostra Repubblica (per due mandati legislativi); più volte componente della Commissione Antimafia, storiche le sue battaglie contro la mafia della Piana, ma fu anche battagliero nel settore della difesa dell’ambiente(si ricordano le sue reprimende per la costruzione della Centrale a Carbone di Gioia Tauro)strenuo difensore dei braccianti agricoli nella sua veste di sindacalista di categoria, ma la sua gestione da Sindaco per ben quasi 31 anni è stato sicuramente il suo capolavoro politico riuscendo a cambiare la storia e il costume del suo paese e intensificando lo sviluppo del locale Ospedale, unico presidio rimasto nella
Il Sindaco Michele Tripodi a difesa dell'ospedale
Piana del Tauro, anche se oggi suo nipote ha dovuto già chiedere aiuto e solidarietà ai cittadini e ai Sindaci del territorio per preservarlo dagli attacchi di chi ne vorrebbe la chiusura. Il vecchio “Mommo” una figura di politico venuta dal basso, dal mondo agricolo, sindacalista, che riuscì a sbaragliare il fronte democristiano, che fino allora aveva governato la città riducendo ad una fiammella i vetero amministratori e favorendo un primo inserimento del proprio figlio Michelangelo al Comune e poi al Consiglio Regionale della Calabria, anche con un incarico di assessore all’urbanistica, mentre nel frattempo si affacciava all’agone politico l’attuale sindaco con una prima esperienza politica alla Provincia di Reggio Calabria, dove fu eletto consigliere provinciale nel 2002 per poi essere riconfermato nel 2006, raggiungendo anche l’incarico di assessore provinciale all’assetto del territorio e all’urbanistica. Nel 2005 fa la sua apparizione nell’amministrazione comunale quale Consigliere comunale e poi nel 2010 diventa Sindaco della città, ottenendo nel 2015 la riconferma con la sua lista Avanti Polistena. Appena insediato ha dovuto difendere con le unghie e con i denti il futuro dell’ospedale di Polistena, visto che il commissario ad acta alla sanità, dr. Scura, nominato dal governo nazionale
Da sinistra: il Sindaco Tripodi, Don Pino Demasi, Elisabetta Antognoni e il regista lametino Fernando Muraca
per gestire il piano di rientro economico, aveva predisposto, secondo un piano sanitario atto a garantire il rientro dei debiti, la chiusura di alcuni reparti che di fatto avrebbero portato alla chiusura definitiva dell’ospedale cittadino, ma il sindaco Tripodi, dopo un consiglio comunale aperto e l’aiuto chiesto a tutti i sindaci, ai sindacati, alle associazioni di ogni genere e ai cittadini per una mobilitazione generale e corale della Piana è riuscito a scongiurare il pericolo attuale di chiusura dopo una serie di incontri con lo stesso commissario ad acta e forse a preservare anche il futuro della struttura sanitaria a fronte della programmata chiusura dopo il 2018, anno in cui dovrebbe essere consegnato dalla ditta appaltatrice il nuovo nosocomio di Palmi, premesso, cosa mai accaduta in Calabria, che i termini siano veramente perentori , senza possibilità di dilazioni. Subito dopo questo primo terribile impatto il sindaco si è dedicato agli altri problemi della città ed ha anche nominato la nuova giunta comunale composta dal vice sindaco Marco Policaro e dagli assessori Antonietta Creazzo, Maria Valentina Martello, Laura Scali e Giuseppe Arevole, che ha varato un ricco programma estivo e stabilita la propria partecipazione alle importanti iniziative antimafia a Polistena a cura di Libera. Una che ha visto la partecipazione di 600 studenti del nord e del sud - nell’ambito del programma di Estate ragazzi - sfilare per le vie della città con un telone con la scritta “Vogliamo vivere liberamente” e l’altra una serata di “Libero cinema in libera terra” in piazza Valerioti con la proiezione del film “La terra dei santi” del regista lametino Ferdinando Muraca, presente alla manifestazione per dialogare sul contenuto della sua opera con il pubblico a fine proiezione.
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TAURIANOVA: RIGETTATO IL RICORSO DI ROMEO SI TORNERA’ ALLE URNE
CAMPAGNA D’AUTUNNO
di Luigi Mamone
PER CANDIDATI SINDACI E PARVENU IN CERCA DI CONSENSI
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opo lunga attesa si è conosciuta la decisione del TAR Lazio, sul ricorso proposto da Mimmo Romeo, l’ultimo sindaco di Taurianova: due volte eletto dal popolo e due volte commissariato per il pericolo del condizionamento e dell’infiltrazione delle 'ndrine. Strano destino, per il giovane politico di antico blasone Dc: mandato a cagare insieme alla giunta e all’intero consiglio comunale, a causa di decisioni e vicende alcune delle quali sono collocabili al tempo della gestione di Roy Biasi: Sindaco per due mandati e parte di un terzo e poi nume elettorale, nel 2007, di Placido Orlando, sconfitto da Romeo al ballottaggio come pure, dopo il primo commissariamento, Romeo riuscì a fare, nel 2011, contro Giuseppe Rigoli. La vicenda di Mimmo Romeo è emblematica anche di un accanimento di poteri forti contro una proposta politica inizialmente concretizzatasi per scacciare un gruppo di potere che per dieci anni si era mostrato coeso e anche cinico: sfrontato, capace di affabulare le folle e di trascinarle nel vortice del Gran Carnevale di Taurianova con la logica del “panem et circenses” e al contempo - di creare le condizioni che hanno più volte fatto rischiare l’infarto a chi - dopo di loro - ha dovuto confrontarsi con conti e bilanci. Il decreto di scioglimento fin dall’inizio ricco di “OMISSIS” cosa nasconde? Su quali basi i taurianovesi dovrebbero prendere per buona una decisione del TAR sulla quale si è combattuta una battaglia giudiziaria senza esclusione di colpi? E per quale ragione in quel giudizio amministrativo il Comune di Taurianova - aveva legittimazione di parte? La commissione straordinaria, a difesa di quale interesse si è costituita in quel giudizio che avrebbe dovuto vedere legittimati solo i ricorrenti - eletti dal popolo e sciolti d’autorità e il Ministero dell’Interno e/o il Presidente della Repubblica? Il popolo nella sua elementare analisi osserva: “nessu-
no è stato arrestato, inquisito o indagato. Dov’è il condizionamento della mafia?” I benpensanti - che poco di più forse sanno - ma fingono di saperla lunga dicono: “Le ragioni dello scioglimento sono nascoste dagli omissis”. Dietro gli omissis si celano le prove del condizionamento e della presenza e della infiltrazione mafiosa. Cosa ci sia dietro questi OMISSIS non lo sa nessuno. Forse neanche i ricorrenti. Però - a novembre - pare, si tornerà a votare. Con quasi tutti i protagonisti dell’ultima tornata già in cerca di alleanze d’occasione, fra un piatto di struncatura e di stocco alla ghiotta e una passeggiata all’ombra dei grandi alberi della Villa Fava: novelli agorazonda di decrescenziana memoria tutti protesi a creare le condizioni per un possibile quarto commissariamento. Per evitare tutto ciò - perché Taurianova non merita di restare ancora in questa palude popolata da ambiziosi, accidiosi e incapaci, portatori di una manciata di voti e pertanto convinti di essere statisti e che credono i Comuni si amministrino ancora come ai tempi di “Don Carletto” quando, mandato a casa un sindaco, se ne faceva un altro oppure veniva un Commissario prefettizio a rimettere a posto le finanze - servirebbe un colpo di reni. Non si creda che questi pensieri siano astiosi. La storia politica di Taurianova è questa. Lotte familistiche, ingiurie, contrapposizioni, odi di sangue e un tempo commissari mandati dal Prefetto ogni qualvolta un sindaco veniva anzitempo sfiduciato. Quello che Taurianova sta patendo adesso è la conseguenza di questa storia di contrapposizioni esasperate e di una sudditanza culturale e politica verso chi amministrava ed era riconosciuto capo e padrone. Oggi il sistema elettorale darebbe al sindaco eletto anche la possibilità di una maggioranza solida. Il tallone d’Achille è dato da quelli che si sentono l’ultima ruota del carro: pronti al ricatto politico e alla fronda. A questi vanno aggiunti gli scriba - anonimi e non - che
accusano di mafiosità chiunque non la pensi come loro. E se chi grida “Mafia! Mafia ovunque! - Sciogliete ! Commissariate” ha connection politiche serie con i poteri forti e massonici dello Stato-apparato, non residuano grandi possibilità di resistenza per i malcapitati amministratori di un comune con pochi soldi e tanti problemi. Per questo vorremmo morire, come suol dirsi, “con gli occhi aperti”: ovvero senza OMISSIS. Gli elettori di Taurianova hanno il diritto di conoscere PRIMA DELLE NUOVE ELEZIONI tutta la verità sul commissariamento dell’ultima giunta ROMEO. Il clima politico langue. Alcune forze un tempo importanti oggi vivono di ricordi. Altre, sembrano circoli di benpensanti e di radical chic: con buoni propositi, qualche entratures e la sostanziale incapacità di far presa sull’elettorato. Intanto è iniziato il toto candidati: fra proposte serie, parvenu e guasconate stanno già emergendo delle indicazioni. Di nomi realmente nuovi, in fondo, fino ad ora non ce ne sono: i soliti protagonisti dello sfascio cittadino. Qualcuno - artefice delle scelte oggetto di censure, addebitate poi a Romeo. Qualche altro che vorrebbe riprovare a candidarsi: i rampanti nascosti dietro paraventi di associazionismo pseudo culturale, e, infine, i “Narcisi”: quelli che si guardano allo specchio sognando di indossare la fascia di Sindaco nella festa della Madonna. Anche se oggi di processioni non se fanno più. Ma in compenso, per portare la fascia tricolore a prendere aria, è ancora possibile fare come facevano la Girasole, la Lanzetta e la Tripodi: promuovendo o quantomeno partecipando a marce antimafia, che sempre processioni sono. Le prospettive non paiono delle migliori. Tutta questa congerie di personaggi non vuole comprendere che bisogna - tutti insieme - programmare un futuro per la città. Navigare a vista fa finire sugli scogli. E i taurianovesi non vogliono correre ancora il rischio di arenarsi per l’ennesima volta.
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di Domenico De Angelis
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na data storica per una giornata storica. È stato proprio così. Anche perché la location rappresenta un “unicum” nel panorama nazionale. Il 20 luglio u.s., in occasione del 150° anniversario delle Capitanerie di Porto (1865-2015), la Città di Terranova S.M. è stata scelta come luogo privilegiato per organizzare la giornata commemorativa dell’evento. Per ricambiare la squisita attenzione rivolta alla Città, l’Amministrazione Comunale, ha previsto con delibera n° 11 del 07/04/2015 l’intitolazione dell’Anfiteatro di Terranova (da ora in poi “Anfiteatro delle Capitanerie di Porto”). La motivazione è la seguente: “è volontà di questa Amministrazione Comunale intitolare detta area pubblica al Corpo delle Capitanerie di Porto nell’intento di volerne riconoscere l’importante presenza sul territorio dello Stato ed il ruolo di essenziale punto di riferimento per la trattazione di tutte le questioni “marittime”. Segnaliamo, per meglio comprenderne l’importanza dell’evento, che il Corpo storicamente erede delle antiche magistrature del mare degli stati preunitari italiani, alle quali era stata affidata l'amministrazione e la cura dei porti venne istituito con l'emanazione del Regio Decreto 20 luglio 1865, n. 2438, subito dopo l'unità d'Italia. È competente in tema di sicurezza dei porti e delle spiagge, come dei commerci che ivi si svolgono. Inoltre, vigila su tutte le attività che si svolgono in mare e sulle sue pertinenze. La cerimonia di intitolazione si è svolta in modo ordinato e partecipato dalla presenza di cittadini terranovesi e non solo, che non hanno voluto mancare all’appuntamento. Erano presenti inoltre, Autorità civili e militare, come il Comandante di Capitaneria di Vibo Valentia, Capitano di Fregata Antonio Lo Giudice, il Comandante, M.llo Pasquale Forte (Carabinieri di Molochio), il Tenente Maurizio Blasa (Carabinieri di Taurianova), il Tenente Pancrazio Buzio (Finanza di Palmi), i Presidenti delle Associazioni presenti a Terranova: Domenico Artieri (Ass. “Terra-
Scopertura targa
Nel 150° Anniversario della istituzione del corpo
Una goccia di mare
L'anfiteatro di Terranova S.M. dedicato alle Capitanerie di Porto novese”), Bruno Mastroieni (Ass. “Gente di Terranova”), M.llo Aldo Moncada (A.N.S.I.), nonché diversi Sindaci della Piana. La speaker M.llo Antonia Pirrello, ha illustrato lo svolgersi delle operazioni in modo encomiabile, cominciando dallo schieramento reparti, picchetto d’onore, e arrivo delle autorità. Hanno fatto ingresso, inizialmente, i labari delle “Associazioni combattentistiche e d’arma” (A.N.M.I. e A.N.S.I.) accompagnati dal 1° M.llo Giuseppe Fiorenza, Comandante della delegazione di spiaggia di Palmi, il Gonfalone del Comune di Terranova S.M., e successivamente, il Direttore Marittimo della Calabria e della Basilicata tirrenica, Capitano di Vascello Andrea Agostinelli, accompagnato dal Capo di gabinetto del Prefetto della Provincia di Reggio Calabria dott.ssa Daniela Lupo, dal Comandante della Capitaneria di Porto di Gioia Tauro, Capitano di Fregata Davide Giuseppe Barbagiovanni Minciullo, e dal Sindaco di Terranova S.M. arch. Salvatore Foti. Subito dopo il suggestivo momento dell’alzabandiera, eseguito dal Comune di 2a classe Gaia Albani e dal Sottocapo Salvatore Careri, accompagnato dall’immancabile inno nazionale, è stata scoperta la targa di intitolazione e la successiva benedizione da parte del Parroco di Terranova, P. Pasquale Carnovale (dei Missionari dell’Evangelizzazione). Prendendo successivamente la parola, il Sindaco arch. Salvatore Foti, ha espresso la propria soddisfazione per la storica giornata. Il Capitano Andrea Agostinelli, ha esaltato
Entrata delle Autorità: Cap. Andrea Agostinelli, dott.ssa Daniela Lupo, Cap. Davide Giuseppe Barbagiovanni Minciullo, Arch. Salvatore Foti
tutti i componenti delle Capitanerie di Porto presenti, elogiandoli per il fruttuoso lavoro svolto non solo in mare. Il Capitano Davide Giuseppe Barbagiovanni Minciullo, ha voluto ringraziare personalmente la sensibilità dimostrata dall’Amministrazione e di tutti i cittadini terranovesi nei confronti del Corpo delle Capitanerie, in particolare per l’aver riconosciuto il lavoro delle stesse nonostante ci si trovi nell’entroterra della Piana e non in una zona di “mare”. Ha infine preso la parola il Presidente dei Sindaci della Piana, nonché Sindaco di Seminara, dott. Giovanni Piccolo, che ha voluto sintetizzare l’apprezzamento dei colleghi Sindaci nei confronti dell’intero Corpo delle Capitanerie. La cerimonia si è conclusa con un rinfresco organizzato presso la sala consiliare del Comune, nella quale si sono scambiati i classici doni. Il Corpo ha omaggiato il Comune con i “Crest” della Capitaneria di porto e dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, insieme alla classica bandiera della Capitaneria. Il Comune di Terranova S.M. ha consegnato una targa ricordo in occasione dell’anniversario. E sì, la data è proprio storica per Terranova, non solo per le Capitanerie di Porto, ma è doveroso ricordare anche un altro e ben diverso anniversario che caratterizza la stessa data, in particolare per tutti terranovesi ed i fedeli del SS. Crocifisso, e cioè, la ricorrenza del famoso Miracolo del SS. Crocifisso attestato con tanto di atto notarile datato 1533, di cui anche i cittadini della Città di Palmi ne conservano memoria. Picchetto in armi e Picchetto d'onore guidati dal Tenente di Vascello Mario Orazio Pennisi
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Rizziconi e il default Sanità
“Manca la continuità assistenziale” Allarme per anziani e ammalati Orlando Fazzolari Sindaco di Varapodio e Giuseppe Di Giorgio Sindaco di Rizziconi
di Girolamo Agostino
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ra il verde delle secolari piante d’olivo e le siccitose coste dello Jonio e del Tirreno vi sono immersi tanti paesini del territorio reggino e nonostante il forte flusso migratorio, questi centri conservano tutt’ora un’importante densità di abitanti. Descrivere le condizioni di vita di queste popolazioni è un po’ come raccontare una storia medioevale nella quale traspare il netto divario nordsud: qui manca la viabilità, i servizi di collegamento, i mezzi di soccorso e soprattutto la sicurezza nelle strade dove, nelle nebbiose notti autunnali, non è difficili scontrarsi con le famose "vacche sacre” lasciate allo stato brado da criminali senza scrupoli. Tuttavia qui, principalmente nelle campagne con inimmaginabile forza di volontà, vivono e lavorano un elevato numero di famiglie che come in ogni altra località necessitano di primari servizi ed in particolare di assistenza sanitaria. Purtroppo, questa gente come un fatale destino sta pagando un conto non dovuto in termini di abbandono e di rischio per la vita per mancanza di continuità assistenziale in cinque comuni reggini. I fatti risalgono al 2009 quando la Commissione Straordinaria dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria nella rimodulazione delle postazioni di Continuità Assistenziale soppresse le Guardie Mediche di Polistena, Maropati, Varapodio, Cosoleto, Rizziconi e Gallico (1 postazione); in seguito al ricorso presentato
dai sindaci dei cinque Comuni interessati e dai medici operanti nelle postazioni delle guardie mediche, il T.A.R. per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, ha disposto la riapertura delle Guardie Mediche soppresse ed stabilito la corresponsione di un compenso di euro 1500 cad. per i medici delle postazioni esclusi dal servizio dal 2009 fino ad oggi e con tale decisione gli Uffici competenti dell’A.S.P. di Reggio Calabria dovevano dare esecuzione al provvedimento entro 90 giorni a partire dal 22.01.2015. Ma, invece di ottemperare a quanto disposto, i vari responsabili hanno cominciato a rigirarsi fra di loro la patata bollente ed il Commissario ad ACTA Ing. Massimo Scura con una nota del 4 giugno 2015 Prot. n.175817 ha comunicato all’A.S.P. di Reggio Calabria che le 75 postazioni di Guardia Medica presenti sul territorio sono sufficienti a garantire adeguata assistenza. Questa decisione non ha trovato la rassegnazione nei Sindaci dei Comuni interessati che riunitesi a Rizziconi nella sera del 25 giugno 2015 hanno tenuto una conferenza stampa e dagli accesi interventi, principalmente del Dott. Giuseppe Di Giorgio (sindaco di Rizziconi) e del Dott. Orlando Fazzolari (sindaco di Varapodio) è emersa l’intenzione di non cedere alle ingiustizie e di continuare la lotta sia con azioni di denuncia legale che con iniziative di protesta dimostrative affinché i diritti dei cittadini siano affermati e non calpestati. In questo sconcertante quadro di abbandono sociale non emerge soltanto la leggerezza delle decisioni di coloro che attualmente hanno poteri decisionali sull’amministrazione dei servizi ma anche il cinico silenzio-assenso di sindacati e di molti politici; certamente la loro insensibilità ai problemi delle comunità non è casuale ma spesso è legata al loro curriculum vitae ed a quelle tante galline dalle uova d’oro allevate nei giardini della malasanità. Oggi, il bisogno dei cittadini onesti è quello di poter usufruire dei diritti garantiti dallo Stato per vivere dignitosamente con l’auspicio che per gli abusi e la corruzione, un giorno possa essere scritta la parola fine.
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Foto di gruppo
“Il defilè della vita” a Palmi di Deborah Serratore
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Chi ha un perché per vivere, sopporta tutti i come”. A Palmi e dintorni c’è un gruppo di persone che sopporta ogni genere di dolore convertendolo in amore. Un amore che diventa movimento collettivo e scambio reciproco di calore umano, oltre la morte, oltre la malattia. Sembra quasi una “Danza per la vita”: questo il nome dell’Associazione di Volontariato che dal 2013 dà sostegno psicologico e terapeutico ai malati di cancro. La fondatrice della Onlus, la palmese Maria Anedda ha “lanciato” - proprio in una terra difficile come la Calabria- alcuni semi, e ne sono sorti dei germogli: la donazione da parte di Comune e Provincia di una nuova sede in località Pietrenere, il grande seguito dei corsi per i volontari e soprattutto l’organizzazione (per la prima volta nella Regione) di un “Defilè della vita”. In questa sfilata di moda - tenutasi Domenica 19 Luglio 2015 nella suggestiva “location”
Il grande cuore di Maria Anedda di Piazza Amendola- le pazienti oncologiche (e pure alcuni bambini) seguite dalla fondazione hanno giocato a sentirsi “modelle” per una sera dimostrando che “lo splendore può trovarsi anche nella fragilità”. “Non bisogna avere paura di pronunciare la parola cancro”, ribadisce il sindaco di Palmi Dott. Giovanni Barone, ospite - fra gli altri - della serata (condotta da Rosanna Lazzaro). Neppure l’emozionatissima Maria Anedda, non ha paura di mostrare i segni del male (che diventa Bene): “Da nove anni lotto contro un tumore al seno con metastasi ossee, ma ciò non mi impedisce di vivere, gioire”. E’ una gioia personale divenuta collettiva, condivisa con gli impagabili volontari che offrono assistenza domiciliare gratuita alle famiglie coinvolte: tra questi vi è Giovanna Verbini, donna dal grande spessore umano che ha imparato a convivere col dolore offrendo speranza ai più sofferenti: “Se si guarda a terra,
vedo il suolo, ma se si guarda in alto c’è l’immenso”. Non solo assistenza, cure e sportelli informativi (anche nella fase iniziale della malattia), pure la fede (con vari gruppi religiosi) costituisce infatti un supporto valido ai nobili scopi di questa Onlus: “La forza della preghiera è una grande terapia” afferma S.E. Francesco Milito, Vescovo della Diocesi di OppidoPalmi, premiato dall’associazione con una targa-ricordo. Sono sempre più numerosi i medici, dei veri “angeli custodi”, contagiati da questa festosa “Danza della vita”: si passa dal dott. Costantino, disponibile per i malati privi di assistenza, alla dottoressa Maria Renna (operante a Germaneto), al vicepresidente dell’ordine dei medici Zampogna. Merita però una menzione speciale, l’ematologa del “Riuniti” di Reggio Calabria Caterina Stellitano, la cui doppia esperienza di medico prima e paziente poi l’ha portata a creare Linfovita. Snobbata in terra reggina, questa asso-
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Maria Anedda dona una targa ricordo alle sue piccole modelle
ciazione di medici e pazienti si è diffusa a macchia d’olio nell’intera penisola (e non solo) grazie all’informazione sul web. Onlus come “Linfovita” e “La danza della vita” sono piccoli fari portatori di luce nel buio pesto dei disastri politico-sanitari della Piana del Tauro. Sul palco di Piazza Amendola, a tal proposito, l’oncologa Paola Serranò, dirigente dell’ASP di Reggio Calabria e consigliere comunale del PD, ha espresso amarezza nei confronti del “famigerato” decreto 77 - approvato dal
commissario ad acta alla Sanità della Calabria Massimo Scura - che ha sancito la cancellazione dell’hospice di Melicucco (struttura per malati terminali per la quale sono stati stanziati 700000 Euro e che non è mai entrata in funzione): “Dopo 12 anni non si possono togliere 12 posti letto”, esclama la Serranò. Di chiunque siano le colpe, è assurdo che la dignità delle persone che devono affrontare la fase finale della loro vita venga calpestata non dalla malattia, ma dagli sprechi pubblici e dai
loschi interessi di malasanità e “malapolitica” locale. Per fortuna Maria Anedda (un “tornado di sentimenti” secondo il vicesindaco Saletta) ha ben altri “interessi”: trasmettere gioia di vivere a chiunque, combattendo col sorriso ogni tabù e disinformazione; e soprattutto, rendere speciali le sue “Modelle per la Vita”: Luciana Romanò, Renèe Petkova, Daniela Spinella, Federica Centinno, Ilenia Pardea, Giusy Scarano (“regista” di un emozionante video che ha per protagoniste le ragazze), Rosa Mazzeo, Patrizia Lorìa e i piccoli Melissa, Claudia, Sofia, Nelida e Francesco. Queste ragazze, bellissime nei loro abiti brillanti e colorati firmati Teresa Furfaro, hanno sfilato a fianco della loro raggiante paladina Maria, incoronata “Regina del successo” dai simpatici ragazzi dell’associazione di clownterapia “Nasi rossi con il cuore” (guidata da Nino Rosarno). Questo spettacolo resterà nel cuore dei molti palmesi che vi hanno partecipato, non solo per i premi consegnati, per i piacevoli momenti musicali (belle le voci del soprano Caterina Riotto e della potente cantante pop Rossana Misale) o per i bei vestiti da sfilata: l’abito più bello che Maria, le sue ragazze e i suoi bambini è il coraggio. Il coraggio di affrontare la vita di tutti i giorni insieme, uniti - come in un quadro di Matisse, tanto simile al logo dell’Associazione - in una “Danza per la vita.
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di Michelangelo Di Stefano
È
proprio detto modello, negli anni evolutosi con l’avvento della strategia cutoliana della n.c.o. e con le interminabili faide degli “scissionisti”, che trova con la mafia più articolato compendio nella sociologia della comunicazione, divenendo per anni modello mediatico da cineteca. Se, da una parte, Brando, Pacino e De Niro sono riusciti magistralmente ad interpretare ruoli di mafiosi siculo americani incarnando personaggi ove è delineata - nel concetto della “malavita” - quella crudele spietatezza che vede nel familismo amorale unico distinguo cromatico, per altro verso Merola, D’Angelo ed i tanti artisti partenopei - del dopo Totò e Peppino - per anni prodotto della celluloide, hanno proiettato un delinquente più “umano”, che nel quotidiano dei quartieri e dei vicoli di Napoli cerca di sbarcare il lunario e “campare” la famiglia, in un’ottica più di sopravvivenza che di egemonia del potere. Nel contesto del familismo trova rilievo, ancora, la spregiudicatezza del modello e delle sue regole di sangue attraverso un rinnovato caino contro abele, questa volta pronto ad ablare con la morte le violazioni del codice delle mafie, anche nei confronti del proprio consanguineo. Eccezione, fermamente mantenuta rispetto alla regola amorale generale, è stata per molti anni quella “a tutela” delle donne e dei bambini, da ritenersi immuni da qualsivoglia ritorsione, ed a costoro conferendo una sorta di “sacralità” familiare. Ovviamente a meno che fosse posto in discussione il principio
Malavita: Forme di manifestazione associative
Familismo Amorale e Spietatezza
Analisi dei modelli di vincolo familistico
dell’onore, certamente ben più consistente, sui due piatti della bilancia, rispetto al diritto alla vita, in tal caso “soccombente” nel senso letterale del termine. E non bisogna scandalizzarsi se quel principio amorale, fatto di sangue del proprio sangue, sia stato riconosciuto statualmente per mezzo secolo quale strumento di disprezzo della donna e della sua creatura, qualora costei abbia arrecato offesa all’onor (del maschio) o della (di lui) famiglia. Tutto ciò in un assurdo, inconcepibile, contesto ove “tolleranza” e “(a)morale” sarebbero state ritenute concetti della legge speciale, confezionati a guisa di quello stesso maschio libero di barattare con qualche spicciolo, ogni qual volta ne avesse avuto desiderio, la carne della femmina come merce del proprio svago fuori dalla sacralità delle mura domestiche, lasciando illibato quel suo sentirsi patronus di un vincolo concubino, più che legato da una comune, gradita, volontaria affectio coniugalis. Una grottesca realtà ove l’Italia di quel tempo, non molto distante, aveva ritenuto che “l´intero edificio (fosse) basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Fa-
miglia” Una surreale usanza di Stato che avrebbe visto, fino a trent’anni fà, la prassi di cancellare la violenza carnale contro la femmina, attraverso la fujutina coatta ed il matrimonio riparatore ; una storpiata quanto stereotipata mentalità che, fino agli anni’ 6031, avrebbe ovattato la famiglia e la sacralità di quel puntello, sanzionando la femmina adultera con la reclusione per aver commesso “delitto contro il matrimonio”. Quel terrificante, plaudito, omicidio d’onore, compendiato dal celebre giurista Alfredo Rocco nel suo codice, sarebbe stato depennato soltanto nel 1981, allorquando il Parlamento Italiano, accolte le urla a squarcia gola di tante associazioni civili, avrebbe finalmente compreso che le morti a causa d’onore non potevano ulteriormente trovare applicazione in una democrazia moderna ove libertà, diritto alla vita e parità tra uomo e donna ne sono fondamento. Sta di fatto che dagli anni ’90 anche la regola di tutela ri fimmini e ri ‘nnucenti è stata erosa dall’amoralità del sistema ‘ndrangheta, così scellerato dal non mantenere alcun freno inibitorio, contro tutto e contro tutti; la lista sarebbe lunga, triste e sconcer-
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tante: un elenco fatto di bambini, giovani innocenti, figli, fratelli, madri, mogli, cognati, nipoti, in una scia interminabile di sangue, dove unuri e valintizza dovranno sempre primeggiare sull’ infame e traditore, nei cui riguardi sarà possibile esercitare la più adeguata ritorsione: “supra u ‘nfàmu s’avi a fàri u ‘nfàmuni” , recita una tipica espressione gergale. Un contesto dove, accanto all’ “òmu d’unuri”, si accosta frequentemente la figura carismatica della “fìmmina i casa”, intesa quale donna della ‘ndrangheta che “non vidi, non senti e taci”, ed al servizio di questa. A fimmina, avvolta nel suo funereo scialle nero, non esiterà mai a palesare quel concetto di familismo amorale anche quando - durante la veglia dei tre giorni, tra “parenti, amici e cumpari”, piangendo il caro estinto crivellato dal piombo dei rivali - nell’ossequiare le leggi blasfeme della santa, tra antiche nènie e litanìe con in mano il Santissimo Rosario - sarà pronta a giurar vendetta per salvaguardare “l’unuri ra famigghja” da qualsivoglia “affruntu”, fino a pretendere “u sangu” dell’infame traditore davanti l’uscio di casa. Ma, alle volte, questa assurda interpretazione di “fede” al femminile delle ‘ndrine e nelle ‘ndrine, è scalfita dall’onestà intellettuale di qualche giovane ragazza che - nella consapevolezza di essere parente, moglie o madre, giammai delle cosche, ma soltanto una donna desiderosa di una vita migliore, alla ricerca di quel coraggio per sé e per i propri figli che dovrà sormontare la paure delle tante conseguenze47 - è riuscita a “saltare il fosso”. Così come l’amore di una figlia che riesce a trovare il coraggio di affrontare, armata soltanto della sua penna biro, l’opinione pubblica o, come squallidamente si usa dire in Calabria, “a viduta rì cristiani” o “l’occhiu rì genti”, chiosando, a voce alta e con il cuore in mano, parole cariche d’amore, di dignitosa sofferenza, di diritto alla vita, ma anche lucide critiche a talune “ingiustizie della giustizia”, riuscendo con la sola forza del pensiero a lenire le ferite di chi, dall’altra parte di un vetro blindato, ha già trovato, probabilmente, grazie all’amore la propria redenzione terrena. Certo, altre volte, esternando il proprio disappunto nei confronti di una Giustizia a cui - a torto, certamente - si smette di credere ogni qual volta alcuni ingranaggi arrugginiti si inchiodano di fronte ad un sistema burocratico che, involontariamente, tratta l’essenza della vita umana quale fascicolo amministrativo da esitare, uccidendo “la speranza di tornare a vivere”. Ed a dispetto di tutte quelle donne che non hanno saputo accettare, neppure dentro le mura delle loro case, l’esistenza della parola mafia, come se si stesse parlando di un’entità astratta, priva di significato semantico, incolore, di un qualcosa di “surreale”, altre non hanno esitato ad incatenarsi, tra i sentieri di Platì, bussando porta per porta accanto a quella gentil donna dall’accento pavese, balzata ai tristi onori della cronaca nera con l’appellativo di “mamma coraggio”. Per quanto attiene, poi, a quell’altra “categoria protetta” ove dovrebbero essere classificati i “bambini”, è certamente risonante titolare l’ articolo
supra u ‘nfàmu s’avi a fàri u ‘nfàmuni di un quotidiano letto da mezz’Italia con la frase d’effetto “bimbo di undici anni a spasso col mitra” , senza, però, essersi chiesti come mai una Terra così piena di saggezza, dove ancora si parla il grecanico antico, una Terra stupefacente dalle cui sommità si scorgono da un lato il Tirreno e dall’altro lo Jonio, una Terra di artisti e di intellettuali illustri come quel Corrado Alvaro, i cui scritti hanno arricchito la cultura dei nostri genitori, la nostra conoscenza e le passioni del sapere dei nostri figli, sia rimasta “porto franco” delle cosche in uno scenario ove gli uomini dello Stato in prima linea dentro le mura di una sperduta “stazione” aspromontana ossequiano, giorno dopo giorno, quei valori che, prima di loro, altri hanno difeso con il proprio sangue. L’8 marzo vuol essere, oggi, un omaggio a tutte quelle donne dimenticate dall’indifferenza del nostro non saper vivere l’alterità dell’altro, a quelle donne che, in sordina, nel difendere il loro “familismo morale”, continuano, giorno per giorno, a combattere contro quel muro di omertà, di sangue, di violenza e di soprusi. A tutte le donne che non sanno, e non potranno mai accettare, tutte quelle distorsioni sociali, descritte da S.W. Calhoon nella “fogna del comportamento”, cercando piuttosto di individuare quella prossemica sociale in grado di palesare la “dimensione nascosta” attraverso cui sarà possibile urlare al mondo intero la loro rabbia, il loro disagio, la loro voglia di essere nonne, mogli, compagne, madri, figlie, sorelle ma, al tempo stesso, anche semplicemente libere di essere, solo e soltanto, donne. Una dedica a tutte quelle donne che, portando il loro lutto con una dignità esemplare fatta di perdono, di carità, di affetto e di determinazione, con una saggezza amorevole scevra da qualsivoglia forma di rancore, sanno comprendere la povertà d’animo degli altri, sempre con il sorriso sulle labbra, sempre con una parola di conforto. Un plauso a tutte coloro che, facendo proprio il concetto di abbattimento dei tabù, hanno avviato quel processo irrefrenabile di “decostructing the boundaries, costructing the communities”, inteso a difendere le libertà al femminile, tra molestie dietro l’angolo e maltrattamenti dentro le mura domestiche65, nel rispetto di culture66 e di religioni. Un riconoscimento a tutte quelle donne che non hanno esitato ad affermare che “la critica della ragion pratica”, attraverso cui è possibile scorgere “il cielo stellato” di Kant, è un privilegio conferito soltanto a chi vede, nel proprio io, l’esistenza della legge morale. Un festa, infine, sobria e di riflessione, magari accostando all’ormai sbiadita mimosa, la più sgargiante e simbolica gerbera gialla, in omaggio a tutte quelle donne che hanno avuto, ed avranno ancora domani, “il coraggio di dire di no”.
16 Il Magistrato Michele Barillaro
di Luigi Ottavio Cordova
I
n un incidente d’auto in Namibia, il 23 luglio del 2012, all’età di 44 anni, si spegneva con quel sorriso travolgente che lo aveva sempre contraddistinto un giovane magistrato italiano, un servitore dello Stato che ha fatto della sua funzione giudiziaria non una mera attività burocratica ma una attività da svolgere con coscienza e devozione anche nei momenti più difficili che segnano inevitabilmente la vita professionale. Michele Barillaro nasce a Reggio Calabria il 27 agosto del 1967. Consegue la maturità nel 1985, presso il liceo classico T. Campanella della sua città. Durante gli anni della scuola intraprende con passione l’attività giornalistica a livello locale scrivendo per alcuni giornali di matrice cattolica. Si laurea brillantemente in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna nel luglio del 1990 con la tesi di laurea in diritto penale “Tutela del buon costume e problematica degli atti osceni”. In magistratura dal 1995 svolge il periodo di uditorato presso la Corte d’Appello di Bologna e nella relazione finale immediatamente si evidenzia una dote comunicativa veramente fuori dal comune, un grande equilibrio e una sensibilità umana ma nello stesso tempo una sicura capacità di fermezza quando necessaria. Giudice presso il Tribunale di Nicosia e consigliere (applicato) presso la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta è stato estensore della sentenza per l’attentato dell’Addaura nei confronti del dott. Giovanni Falcone e della dott.ssa Carla del Ponte, co-estensore della sentenza per la strage di via d’Amelio insieme al Presidente Giacomo BoderoMaccabeo nonché estensore di numerosissime sentenze relative ai componenti criminali di Enna, Piazza Armerina, Gela e Caltanissetta. Per la sua attività gli fu assegnato il premio internazionale “Rosario Livatino”. Grazie al suo instancabile impegno, unito a quello di altri giovani colleghi, il Tribunale
Promessa strappata dalla Morte
Michele Barillaro Magistrato e intellettuale lucido analista della Calabria
di Nicosia giunse ad essere uno dei Tribunali più efficienti tanto da far dire al Ministro della Giustizia dell’epoca, Angelino Alfano, in occasione di una sua visita alla sede di Nicosia di essere arrivato con l’intento di lavorare per la chiusura del Tribunale (evento che purtroppo si è verificato recentemente) e di essere andato via con l’idea opposta di esportare il modello organizzativo di quella piccola realtà giudiziaria. Dal 2006 ha esercitato le funzioni presso il Tribunale di Firenze e dal 2009 presso la Sezione dei Giudici per le indagini preliminari occupandosi, tra le altre cose, di riciclaggio e mafia cinese, di truffa aggravata al Servizio Sanitario Nazionale e dell’evasione fiscale a carico dei vertici dell’azienda farmaceutica Menarini, di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e di fattispecie connesse alla legge 231/2001. Come docente di diritto penale ha insegnato alla Scuola Superiore Professioni Legali dell’Università di Firenze, alla scuola forense “G. Alessi” di Caltanissetta e della formazione Permanente A.I.G.A. della sezione di Firenze. Dal 2008 è stato consulente presso la Commissione Parlamentare Antimafia
e ha prestato assistenza tecnica all’Unità Speciale per la Lotta alla Criminalità Organizzata e alla Corruzione del governo della Macedonia. È stato autore di numerose pubblicazioni: Crimine organizzato e sfruttamento delle risorse territoriali (Edizioni Giuffrè 2015); Il nucleo familiare alle radici del crimine (Edizioni Giuffrè Milano 2005); Terrorismo e crimine contro lo Stato (Edizioni Giuffrè Milano 2005); La responsabilità professionale del cardiologo (Centro Scientifico Editore 2008); L’associazione mafiosa (Edizioni Giuffrè Milano 2011). Sarebbe comunque riduttivo parlare di Michele esclusivamente per le sue brillanti doti professionali e per il suo costante impegno a difesa dei valori della giustizia e della legalità. Ammesso che sia possibile fare una netta distinzione per un magistrato tra vita pubblica e vita privata, Michele era ancora più eccezionale come uomo. Innamorato della vita, contagiava tutti con la sua solarità e, forte e umile nello stesso tempo, riusciva a non perdere mai quell’entusiasmo fanciullesco spesso messo a dura prova nelle inevitabili delusioni della vita.
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del Gen. Angiolo Pellegrini
G
li omicidi del Capo della Squadra Mobile di Palermo, Dott. Giorgio Boris Giuliano, e del Comandante della Compagnia Carabinieri di Monreale (Pa), Capitano Emanuele Basile, sono l'antefatto drammatico della “guerra di mafia” che insanguinerà Palermo a partire dal 1981. Dieci anni di totale disattenzione al fenomeno mafioso, avevano consentito alle “famiglie” di cosa nostra di riorganizzarsi e di gestire impunemente i traffici di sostanze stupefacenti, che avevano assicurato ingentissimi profitti. Si andava già delineando il disegno egemone dei corleonesi, che si preparavano ad eliminare i più prestigiosi rappresentanti delle famiglie sino ad allora predominanti. Mancava nelle forze dell'ordine e nella magistratura un'aggiornata conoscenza della realtà mafiosa, sino ad allora sottovalutata, e non esisteva alcuna strategia di contrasto. Tra il 1979 e l’inizio del 1980, due brillanti investigatori, in stato di sostanziale isolamento e circondati da generale scetticismo, avevano ripreso le indagini, iniziate dal Colonnelle Giuseppe Russo (assassinato a Ficuzza, frazione di Corleone, dove il colonnello stava trascorrendo le vacanze, e stava passeggiando con l’insegnante Filippo Costa, pure lui ucciso per non lasciare testimoni dell’omicidio.) sulle cosche mafiose ed, in particolare, sui corleonesi, sino ad allora appena sfiorate dalle attività investigative. L'enormità degli interessi in gioco fece maturare nei criminali il convincimento che fosse necessario eliminare i “solitari paladini” della giustizia, a salvaguardia delle attività illecite e del disegno egemone. Il Dott. Boris Giuliano, il 21 luglio 1979, cadde sotto i colpi di un ignoto Killer, che introdottosi all’interno del bar Lux di Palermo, esplose numerosi colpi di pistola contro il Capo della Squadra Mobile. Di conseguenza, per oltre sei mesi, si allentò la pres-
Il Dott. Giorgio Boris Giuliano
Il Capitano Emanuele Basile
PER NON DIMENTICARE
Gli omicidi di Giorgio Boris Giuliano e di Emanuele Basile. sione investigativa e, sul piano giudiziario, si diluirono in inammissibili ritardi, i frutti delle indagini del Funzionario. Nel febbraio 1980, il Capitano Basile, reagendo al generale immobilismo, ripercorse la strada intrapresa da Boris Giuliano, riprendendo con vigore le indagini già iniziate ed, in poco più di due mesi, i corleonesi ed i loro più stretti collaboratori vennero investiti da numerosi e clamorosi arresti. La sera del 4 maggio 1980, mentre con la figlia Barbara di quattro anni e la moglie Silvana Musanti assisteva allo spettacolo pirotecnico della
Il Colonnello Giuseppe Russo
festa del Santissimo Crocefisso a Monreale, un killer mafioso gli sparò alle spalle fuggendo in auto sulla quale era atteso da due complici. Tre anni dopo la sua morte, il 13 giugno 1983, morirà assassinato anche il capitano Mario D’Aleo che aveva preso il posto di Basile quale comandante della Compagnia dei Carabinieri di Monreale, sempre per mano di Cosa Nostra; insieme a D’Aleo e all’appuntato Giuseppe Bommarito, trovò la morte in quell’agguato anche l’ex autista di Basile, il Carabiniere Pietro Morici.
Il Capitano Mario D'Aleo
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Terranova S.M. e le Prugne DOP
“I Pruna di frati” Una nuova sede per promuovere il prodotto
di David de Angelo
U
n punto di svolta e di crescita per la Cooperativa Agricola Terranova. Dopo anni di duro lavoro e di dedizione profusa dai soci, il 20 giugno u.s. è stata inaugurata la nuova sede della Cooperativa. Nell’occasione è stato presentato alla comunità il nuovo consiglio di amministrazione, la cui presidenza è stata affidata al neoeletto M.llo Aldo Moncada, affiancato dal vice-presidente Domenico Artieri, completano il quadro amministrativo i Sig.ri Albino Artieri, Nazzareno Greco e Giuseppe Maione. Il Presidente, ha voluto sottolineare con grande enfasi come la nuova sede costituisca un ulteriore tassello di crescita, più che mai fondamentale, per un concreto e continuo sviluppo su tutto il territorio calabrese e nazionale. All’evento hanno preso parte oltre al Primo Cittadino arch. Salvatore Foti, i rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri della Stazione di Molochio, e cittadini terranovesi. Ad oggi, i rinomati “Pruna di frati” (il frutto, è stato così etichettato poiché introdotto probabilmente sin dal ‘500 dai monaci benedettini celestini. Già nel 1691 Padre Giovanni Fiore da Cropani nella sua “Della Calabria illustrata”, elencava tra le prugne presenti in Calabria anche “quelle dette di frati, quali sono molto nobili, e delicate”), possono contare non solo sul marchio De.C.O. ma anche su un nuovo centro logistico per la
Da sin.: Domenico Artieri, M.llo Aldo Moncada, Giuseppe Maione, Nazzareno Greco e Albino Artieri
conservazione e lo smistamento della vasta gamma di prodotti che la Cooperativa si appresta ad immettere sul mercato. La denominazione (oggi De.C.O.) è stata ideata da Gino Veronelli (enogastronomo e giornalista), a cominciare dal 1998, attraverso articoli ed editoriali pubblicati su quotidiani e riviste nazionali e la partecipazione in diversi convegni ed incontri organizzati in varie città italiane. L’ideatore lancia la proposta dell’istituzione della (inizialmente De.Co.) quale mezzo di salvaguardia delle produzioni territoriali ma, soprattutto, come strumento concesso all’uomo per iniziare a «patteggiare con la terra». Si struttura così il movimento delle De.Co., la cui linea di pensiero innesca un forte fermento ed una battaglia culturale che parte dalle comunità locali, spesso richiamate dallo stesso Veronelli in nome della difesa delle proprie tradizioni,
dei propri saperi e della propria storia. Egli osserva che: “...in tutta Italia e soprattutto al sud ci troviamo di fronte alla possibilità di individuare prodotti locali privilegiati che, una volta conosciuti, porteranno alla creazione e alla conferma di medie e piccole imprese locali, con la necessaria assunzione di manodopera specializzata e non, attualmente disoccupata o impiegata nelle industrie del Nord”. Ancora, l’applicazione delle Denominazioni Comunali avrà delle conseguenze reali in termini economici e sociali, ossia “...si assisterà - in Italia - ad uno straordinario aumento dell’occupazione, nei luoghi di nascita e di residenza, e tutto quello che verrà proposto col marchio della denominazione dei luoghi, quanto meglio determinati, costituirà un vero e proprio baluardo - vincente contro le proposte delle colossali industrie alimentari”. È doveroso ricordare che il prodotto prima del 2008 (data di costituzione della Cooperativa agricola Terranova) non era valorizzato come avrebbe meritato, ma c’è da dire che tutt’ora la strada da percorrere è ancora lunga e tortuosa. Solo una vera e proficua collaborazione tra i soci della Cooperativa, l’Amministrazione Comunale e i cittadini tutti, potrà facilitare questo percorso. La nuova sede sembra aver portato una spinta propulsiva che si evince dall’entusiasmo e l’impegno della nuova compagine non scevra di nuovi propositi ed iniziative per l’avvenire.
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Tabellonistica stradale
Scorcio di Scroforio
Scrofario o Scroforio
La vocale smarrita
Monta la Querelle: Confusione o mero errore?
A
O! Non è un muggito tipicamente romano - almeno in questo caso - ma due lettere che da qualche tempo stuzzicano la curiosità di quanti, attraversando la strada provinciale 1 (ex statale 111) si sono trovati davanti il cartello indicante la frazione di Terranova S.M. Di quale frazione si tratta? La località in questione è Scroforio (almeno con tale nome è sempre stata conosciuta, la toponomastica ufficiale è storica). Ma da quando la cartellonistica stradale è stata rinnovata, il nominativo della località (almeno a prima vista) ha cambiato nome, non è più Scroforio ma Scrof(a)rio. Si direbbe, una semplice “sostituzione” di vocale insomma. Ma tale fatto – per alcuni banale - ha subito richiamato l’attenzione di qualche attento giornale locale. E sì, perché il fatto ha indispettito – e non poco - gli abitanti della graziosa frazione, i quali si sono sentiti non rispettati con la doverosa attenzione allorquando la cartellonistica è stata affissa. Ovviamente, i problemi che attanagliano il tragitto che conduce alla vicina Taurianova presenta ben altri disagi. Qualche buca qua e là, tanto per fare un po’ di cross o optare per la mountain bike invece della bici da corsa, qualche albero che si inchina ai passanti con segno di doveroso rispetto, qualche sacchetto (anche abbastanza grande) che nell’era della raccolta differenziata non trova miglior posto, qualche frana lasciata da parte perché è giusto rispettare la natura… insomma i problemi sono ben altri e di vario genere! Ma la simpatica questione della famosa lettera, che è tornata all’attenzione dei più perché non trovando celere soluzione, o meglio, sostituzione (forse la trafila burocratica sarebbe stata ardua!), ha deciso
di scappare, è divertente. Insomma, dal cartello la vocale non c’è più. È servita a qualche passante? Qualcuno ha voluto ristabilire il dubbio facendo sentire la sua “assenza”? Dov’è andata? Sarà stato il vento? Boh… chi lo sa? Nel frattempo il cartello è privo della corretta indicazione e, almeno stavolta, non sono le erbacce che ne ostacolano la lettura, ma l’assenza di una lettera (una delle due A – O). Ora, a parte l’ilarità di chi commenta il fatto, si formulano due ipotesi: la prima vuole una semplice distrazione umana di chi preparando il cartello ha voluto trasformare (italianizzare) la parola dialettale “Scrofariu” con “Scrofario”, semplice distrazione insomma, nessuna cattiveria; la seconda è molto più complessa, e abbastanza sugge-
Vignetta realizzata da Francesco Votano per il CdP
stiva ed interessante, almeno per il peso storico che si porta dietro. Quest’ultima vorrebbe evidenziare l’origine del nome della frazione conosciuta da sempre come Scroforio con un’altra ipotesi. Probabilmente, attingendo ad un interessantissimo libro scritto da un illustre autore cittanovese, appassionato e competente conoscitore del nostro Aspromonte e della storia della Piana, Domenico Raso (scomparso nel 2013). Lo stesso, evidenzia nel libro
di Domenico De Angelis
“Zomaro - la Montagna dei Sette Popoli” (Laruffa Editore) quanto segue: pare che “in occasione dello scontro montano al piano Melia, tra l’esercito dei servi di Spartaco e le legioni Romane di Marco Licinio Crasso (72-71 a.C.) gli approdi di quel sentiero alla pianura, tra Campicciolo e Scroforio, furono, come pare, presidiati e bloccati da Scrofa, luogotenente di Crasso, in quanto probabile via di fuga dei ribelli accerchiati sulla montagna”. Quindi, il toponimo “Scroforio” è interpretabile come la campagna o il territorio di “Scrofa”. Per concludere, “lo stesso toponimo Scroforio pare si rifaccia a Scrofa, luogotenente di M.L. Crasso durante quelle vicende” sopra descritte. Che il simpatico cartello volesse richiamare all’attenzione tali vicende, inserendo la A per richiamare proprio il luogotenente Scrofa? Sarebbe interessante fare una seria analisi storica, qui mi limito ad un veloce richiamo. Si rimanda a tal proposito a contributi competenti e specifici. A tal proposito vengono segnalati i seguenti testi sulla storia di Terranova S.M.: - Giuseppe La Rosa, Profilo storico dell’antica Terranova, Roma, 1983; - Giosofatto Pangallo, Terranova, una città feudale calabrese distrutta nel 1783, Centro Studi Medmei, Arti Poligrafiche Varamo 2010 Rocco Liberti, Terranova di San Martino del Monte – Scroforìo – Galàtoni – Svelato il mistero della scomparsa di Crisòne, Barbaro editore, Oppido Mamertina, 1993; - Agostino Formica, Storia di Terranova Sappo Minulio – società, economia, politica: 1900-1928, For graphic, Polistena, 1998. In attesa di ulteriori sviluppi sulla vicenda, il cartello indicante la località di “Scroforio” rimane senza parole… pardon! Lettere.
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Taurianova : lo scorso 11 luglio nell’ex Municipio di Radicena alla presenza di Santo Gioffrè
Il Gran Capitan e il Mistero della Madonna nera di Filomena Scarpati
“
Nell’ happening voluto dalla Consulta delle Associazioni Taurianovesi del Pres. Fabio Scionti e dal C.D.P. tracciato un quadro d’insieme della realtà medioevale della Calabria intorno alla quale è sviluppata l’opera
IL GRAN CAPITAN E IL MISTERO DELLA MADONNA NERA” di Santo Gioffrè, editore Rubbettino, è un'opera storico letteraria che ci trasporta nella Calabria della fine del XV secolo e gli inizi del XVI, in pieno umanesimo, periodo in cui l'uomo è posto al centro dell'Universo ed è considerato artefice e padrone del proprio destino, preludio al Rinascimento che riprende le concezioni umanistiche e domina l'intero secolo. Consalvo Fernadez da Cordova y Aquilar detto Gran Capitàn, protagonista del romanzo, viene inviato da Ferdinando II e sua moglie Isabella di Castiglia a liberare la Calabria dalle truppe francesi e poi l'intero regno di Napoli, consegnati dopo la conquista alla corte di Spagna. Harold Bloom, critico letterario americano, nell'opera "La saggezza dei libri" individua una serie di autori che in tremila anni hanno contribuito ad aiutarci a raggiungere la saggezza. Scrive infatti: << Mettersi a competere con Omero, Shakespeare e Proust è un'impresa disperata, salvo che a farlo non siano Eschilo, Cervantes e Joyce>>. Santo Gioffrè come Proust, mostra la sua capacità di insegnare come affrontare la vita, privilegiando la sapienza. Lo stile letterario e la saggezza nell'evidenziare i paradigmi o modelli di riferimento del comportamento umano che Santo Gioffrè riporta nella sua ultima opera letteraria, come il giornalista Matteo Cosenza scrive, sono riconducibili a Marcel Proust. Come lui, si commenta in aggiunta al suo paragone, offre spunti di riflessione filosofica dopo un attento esame della psiche umana. Altro importante parallelismo che si scorge nel suo romanzo è quello pirandelliano che investe le
tematiche della fiducia, delle incertezze e delle contraddizioni tipiche del Decadentismo, con la differenza che i suoi personaggi sono uomini forti che reagiscono perchè credono in loro stessi, guerrieri vincitori di stile nobiliare, grandi nei sentimenti e lontani dal tradimento, che si evidenzia in modo particolare verso la fine del romanzo, quando Consalvo Fernandez Da Cordova, Duca di Terranova, come gradiva essere chiamato, si ritrovò tra i due Re Ferdinando il Cattolico e Luigi XII, si tolse dal collo la pesante catena d'oro che gli fu donata dal popolo di Napoli per gratitudine e adornò Luigi XII che cercò di conquistare la sua simpatia e stima, nonostante gli avesse distrutto eserciti ed ambizioni. Il Re di Francia, in quelle sue esternazioni, lo stava solo usando per umiliare il Re Catalano, che pur conoscendo l'importanza e la forza del favore popolare, sapeva che la fortuna dei Re non è mai dono della comune gente; è quanto riporta Santo Gioffrè nel suo romanzo storico. D'altra parte il Gran Capitàn pensava che i due divennero Re non perchè seppero sopperire agli errori, ma perchè si strapparono il cuore e lo scambiarono con quello di un serpente. Consalvo, infatti, pur godendo dell'affetto e la stima del popolo partenopeo, preferì rimanere un nobil uomo di alti valori, non avvezzo a raggiri e falsità. Quindi la vera nobiltà dell'uomo, ci fa capire l'autore, sta nel comportamento e non nei titoli che ci provengono per eredità familiare. Nonostante la codardia di Re Ferdinando, che fece di tutto per scalfire la sua onorabilità dinanzi al popolo, lui non fu mai capace di tradirlo proclamandosi Re del Regno di Napoli. Eppure, lo avrebbe fatto con l'approvazione del popolo che lo amava. Era l'unico rimprovero che il Duca di Terranova faceva più volte a se stesso. Anche il comportamento che Luigi XII assumeva, aveva lo scopo di mettere in evidenza che RE del Regno di Napoli doveva essere il Gran Capitano e non Ferdinando il Cattolico. Il significato della riconoscenza a Consalvo da parte di Luigi XII, altro non era che voler mettere in ridicolo il Re di Spagna. Il Duca di Terranova aveva un'indole così nobile che non condivise quelle meschinità, capì che in quel luogo si stava consumando una tragedia umana e siccome "sono gli attimi che danno il senso dell'eternità", per usare le stesse espressioni dell'autore, Consalvo Fernandez si assentò totalmente da quei discorsi ripugnanti e guardando le loro teste coronate, pensò quanto fosse stata inutile l'immensa strage di cavalieri e fanti in tutti i campi di battaglia. Pensava ai suoi soldati morti e mangiati dai cani, affinchè i due potessero dirsi Re, così decise di andarsene. In modo determinato, l'autore fa dire al protagonista: << Mi allontanai dal fetore che in quella enorme stanza tutto sapeva di puzzo stantio emanato da Monarchi insolenti e con la convinzione che il loro "io" corrispondesse a DIO. Fu così che il Gran Capitàn iniziò a navigare tra un tempo sparito ed un altro smarrito>>. In tutta l'opera viene messa in risalto un'ampia conoscenza da parte dell'autore del mondo classico greco, sembra quasi riprodurre in alcuni episodi, scene somiglianti all'Odissea di Omero, mentre dell'Iliade riprende l'immersione di Oreste figlio di Agamennone nelle acque di uno degli affluenti del Metauro, per ritrovare il senno perso da bambino, quando si ritrovò ad assistere all'omicidio del padre. Come nelle opere di Omero molti sono i caratteri della psicologia dell'eroismo che emergono, rendendo maggiormente affascinante un romanzo storico che si fa fatica a smettere di leggere, perchè consente d'immedesimersi in ogni scena che l'autore descrive in modo minuzioso e passionale, anche quando non riporta la gloria, ma il sacrificio eroico. L'eroe è presentato anche nel momento più drammatico della sua umanità, come nel crollo della fiducia nelle proprie forze, la non utilità del sacricrificio, il senso irrazionale dello sgomento, che sono attimi d'incertezza che danno vita al concetto puro dell'eroismo che va anche verso l'olocausto quando esiste una patria da difendere. Concezioni puramente omeriche. Quando non c'è più nulla da salvare il Capitano vuole inabbissarsi nella tempesta con la sua stessa nave. L'altro aspetto che emerge ricorrente nel romanzo è l'amore per due donne, di cui una chiamata Madonna Carlotta che diviene la sua amante e lo sostiene nel momento della sconfitta a Seminara dell'esercito spagnolo da parte dei Francesi e partecipa con lui ai numerosi momenti di gloria, l'altra invece è la Madonna Nera di Seminara che somiglia alla Vergine di Monserrat a cui lui era devotissimo. E' così forte il legame che instaura con la Madonna dei Poveri, che manda a dire a Re Ferdinando e ad Isabella di Castiglia, che intende finire i suoi giorni accanto alla Signora nera di Seminara. Nel romanzo, infatti, notiamo che si fa trascinare dalla passione per le leggende che portano l'icona dalle origini alle attuali fattezze artistiche. Sono tanti i momenti di preghiera raccontati nel romanzo che vedono il Gran Capitàn in ginocchio dinanzi a questa immagine stupenda, a cui lo stesso autore è legatissimo e da cui traspare la sua debolezza per il sacro mentre trascorre a Seminara, luogo natìo, la sua giovinezza. Gioffrè parla della fede in maniera così coinvolgente che trasporta maggiormente il lettore verso Cristo e la Gran Madre dell'intera umanità che si venera sotto diverse forme, ma sappiamo essere sempre la Stessa, Unica e sola Madre di Dio.
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di Antonella Agresta e Giuseppe Calarota
Il parroco Don Pasquale Galatà in un momento della Santa Messa
Santa Messa al Circo
Ecclesialità circense
Il Circo Togni al centro di un momento eucaristico
I
l mondo del circo con i suoi luoghi e personaggi, gli odori e suoni che tutti, almeno una volta nella vita hanno conosciuto, esercita un fascino talmente intenso che difficilmente si può dimenticare. L’esperienza di domenica 5 luglio 2015 è stata “unica”, quella di partecipare alla Santa Messa, in quanto mai vissuta, dentro un Circo. Un evento fortemente voluto dalle famiglie circensi Canestrelli-Togni, con la valida collaborazione dell’amico Clemente
Maestro Giuseppe Calarota
Corvo, da S. E. Mons. Francesco Milito, vescovo dalla Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi e dal neo Sindaco della città, Dott. Giuseppe Pedà, per aver patrocinato l'evento. Sentita la partecipazione da alcuni fedeli della Parrocchia di S. Gaetano Catanoso, dal parroco Don Pasquale Galatà che ha presieduto l’Eucaristia, di Santo Bagalà, Presidente del Consiglio Comunale con alcuni consiglieri, in rappresentanza del Sindaco, assente per motivi istituzionali, dal personale circense, con a capo il Direttore Artistico Vinicio Canestrelli Togni. Anche se la giornata è stata afosa per il caldo intenso, in particolar modo
all’interno del tendone, è stato un momento di condivisione nella preghiera, nell’ascoltare la Parola di Dio e nello spezzare il Pane Eucaristico. E, mentre i bambini vanno al circo per divertirsi, molto partecipativi con impegno ed entusiasmo, sono stati alcuni dei piccoli ministranti della parrocchia, che hanno prestato servizio all’altare, insieme agli Accoliti. Ad animare la liturgia con il canto è stato il Coro parrocchiale “S. Gaetano”, con la direzione del M° Giuseppe Calarota. Pensando al mondo del circo, rappresenta una cultura diversa della vita reale, di divertimento, di follia, incertezza nell’affrontare la vita di ogni giorno con quelle che sono le problematiche all’interno del circo stesso. Prendendo spunto da alcuni stralci dell’omelia, il parroco ha detto: «Signore mandaci dei folli, che si impegnino a fondo, che dimentichino, che amino non soltanto a parole, che si donino per davvero sino alla fine. Abbiamo bisogno di folli, alla san Francesco, di irragionevoli, di appassionati, capaci di tuffarsi nell’insicurezza, l’ignoto sempre più spalancato della povertà. Abbiamo bisogno dei folli del presente, innamorati della semplicità, amati dalla pace, liberi dal compromesso, decisi a non tradire mai, obbedienti e insieme spontanei e tenaci, forti e dolci». «La gente del circo è gente che lotta ogni giorno facendo sacrifici enormi. Oggi siamo qui anche per questo». A conclusione, don Pasquale ha voluto recitare una preghiera al Signore: «Signore Gesù, dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici, anche se non sempre è così. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola; ma aiutami a portarla in giro, per le città e i paesi, con disinvoltura. C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità. Noi circensi, dobbiamo soffrire per divertirla, è il nostro modo, singolare, di divertire/annunciare il Regno di Dio. Manda, se puoi, qualcuno in questo mondo capace di far ridere me, come io faccio ridere gli altri. Amen!». Tanta era l’emozione e l’attenzione alle sue parole che alla fine, i fedeli, si sono lasciati trasportare in un spontaneo applauso. Pensare e trovare anche il tempo per il nostro Signore è un atto di fede. Questo ci ha fatto molto riflettere. Osservando il volto del personale del circo si notava una compostezza e un’apertura a questo mondo che è la fede che, quasi per la vita che conducono, fosse impossibile credere in qualcos’altro di mistico, oltre al loro mondo fatto di entusiasmo, di brivido, di paure, ma anche di tanti sacrifici. In tutto quello che si fa nella vita di ogni giorno, bisogna mettere Dio al centro delle nostre attività. E questo, il circo Lidia Togni lo ha fatto, appunto, nel far celebrare la messa all’interno del circo, al centro della pista, dove vivono quotidianamente. Alla fine della Celebrazione, il parroco ha benedetto tutti i presenti e gli animali, anche loro “artisti”, nel mondo del circo. In tutto questo si è vista la Benedizione di Dio, su questa famiglia, in particolare Togni, e su questo mondo così surreale. Gli artisti del Circo Togni durante un'esibizione
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“Edizioni Diocesane di Oppido Mamertina - Palmi” di Don Giancarlo Musicò
L’
inaugurazione della Collana “Humanitas”, con la pubblicazione del libro di don Giuseppe Larosa “Lo statuto dell’embrione – Dottrina filosofica e politica del diritto nel basso medioevo”, costituisce motivo di grande soddisfazione per le “Edizioni Diocesane di Oppido Mamertina – Palmi” volute dal nostro Vescovo Mons. Francesco Milito con lo scopo di stimolare, accogliere, e pubblicare testi di vario valore e contenuto per la crescita culturale del nostro territorio. Le diverse collane delle “Edizioni Diocesane” alcune hanno già aperto i lavori di questo cantiere dello spirito e dell’intelletto (es. Juvenilia, Presbyterium, Humanitas) altre hanno in preparazione testi di notevole interesse teologico e spirituale (es. Theologica, Historica, Spiritus Domini, Ars Nova, Itineraria) come si può vedere in quarta di copertina di ogni testo. Come Centro Culturale Cattolico “Il faro”, centro voluto dal Vescovo come laboratorio di eccellenza per la pastorale della Cultura nella nostra diocesi, rivediamo i testi che devono essere pubblicati per meglio dare loro una conformazione monografica adeguandoli ai canoni di pubblicazione scelti per le “Edizioni Diocesane”. La lettura del libro di
Editare per evangelizzare
Overture con un libro di Don Giuseppe Larosa don Giuseppe Larosa è stata per me edificante e rivelativa di contenuti inediti alla mia conoscenza, con spazi di approfondimento grazie ai testi proposti nelle numerose note a piè di pagina. Nel relativismo dominante che “scarta” la Verità come una ipotesi tra le tante, questo testo mi ha fatto pensare alla figura di Giuseppe d’Arimatea, il quale, dopo la morte di Gesù, chiese il corpo di Cristo a Pilato per poterlo “custodire” in un sepolcro nuovo, se non avesse fatto questo gesto di solidarietà, infatti, il corpo del Messia sarebbe andato a finire in una delle tante fosse comuni della Gerusalemme del tempo. Oggi, tutti, dobbiamo “custodire” l’uomo, specialmente quello più piccolo e indifeso nel grembo materno, senza cedere, come dice spesso Papa Francesco alla “cultura dello scarto”, che bada solo all’efficienza, seguendo anche per l’uomo una logica di mercato. Tutte le mamme devono essere come Giuseppe d’Arimatea e “custodire” i corpi dei propri figli, in quella culla della vita qual è il grembo materno, spesso divenuto “sepolcro” per molte creature. Le “fosse comuni moderne” delle Ideologie imperanti, devono, come afferma con forza don Giuseppe nel suo lavoro, alzare bandiera bianca di fronte alle leggi naturali e al sigillo messo in essi dalla divina rive-
La sig.ra Maria Maccarone dopo 14 anni immobilizzata a letto a causa di una poliattrite reumatoide deformante, giorno 7 agosto 1981 si alza e guarisce dalla malattia, per intercessione di santa Paola Frassinetti, che il 24 marzo 1984 sarà santificata in piazza San Pietro da Giovanni Paolo II. (Foto: Pasquale Loiacono - Mesiano)
Nella foto da sn Dr. Raffaele Leuzzi (moderatore), l'auore del libro Don Giuseppe Larosa, Don Giancarlo Musicò direttore de "IL FARO" (Centro Culturale Cattolico), S.E. Rev.ma mons. Francesco Milito, Dott. Luca Parisoli (docente di Storia della Filosofia Medievale - Università della Calabria, S.E. Rev.ma mons. Luigi Renzo, Don Giuseppe De Simone docente di Patrologia Ist. Teologico Calabro - San Pio X Catanzaro. (Foto: Pasquale Loiacono - Mesiano)
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lazione, non confutata da una buona scienza, che quando è cattiva diventa “scientista” e di conseguenza materialista e chiusa ad ogni spiritualità e filosofia dell’essere. Dal famoso giuramento di Ippocrate, fondatore dell’etica biomedica che condanna l’aborto volontario, fino al primo teologo occidentale, Tertulliano, che definisce l’aborto un “omicidio anticipato”, il tempo antico, dal diritto romano fino al pensiero medievale, sembra unire persone di ogni rango e religione in una unanime “condanna dell’aborto” formando una specie di “ecumenismo antiabortivo”, tranne qualche sporadica deviazione di pensiero. Questo potrebbe far pensare che la società postmoderna, nonostante le numerose scoperte scientifiche e tecnologiche, non abbia saputo, come afferma pure Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Laudato Si” affiancare una crescita spirituale e etica, creando un dislivello che produce confusione e immaturità a tutti i livelli. Allora una “sana decrescita”, un’integrazione che fa sintesi tra la sapienza del passato con le moderne scoperte tecnologiche e innovazioni culturali, provocherà un salutare vero progresso, che non ha paura di un “sano regresso” rinunciando a tutto quello che la modernità propugna come buono, ma in realtà puzza di bruciato e manca di verità e di bellezza. Mi sembra questo lavoro di don Giuseppe
Larosa essere un buon libro che ci aiuta a prepararci anche al prossimo Convegno Nazionale di Firenze, perché un “Nuovo Umanesimo in Cristo Gesù”, non può neanche accendere i motori per la partenza senza la benzina del rispetto della vita che nasce. Un grande umanista italiano del XV secolo, Agostino Steuco, nella sua opera De perenni philosophia”, propone all’uomo rinascimentale la strada di una “filosofia perenne”, non perché figlia del relativismo senza radici e senza futuro, “perenne” non perché inconcludente ma perché diventa via di un pensiero che “pensa davvero”, che non mette la parola “fine” all’amore della sapienza, ma al contrario plasma la società costruendola sulle basi di una filosofia che aiuta l’uomo ad essere tale per un Nuovo Umanesimo e Rinascimento Cristiano. Mi auguro che questo libro di don Giuseppe Larosa si diffonda a macchia d’olio per suscitare riflessioni profonde sullo statuto dell’embrione e dia più certezze a chi, nella nebbia della confusione, ha perso la bussola della bellezza e del senso della vita.
Don Giuseppe Larosa accanto all'avvocato Tina Staropoli presidente dell'associazione "Santa Paola Frassinetti - beati i puri di cuore" di San Calogero, impegnata attualmente nella costruzione dell'erigenda Cappella dedicata alla Santa. Per la cronaca, tutti i proventi del libro saranno devoluti per la costruzione di tale cappella. (Foto: Pasquale Loiacono - Mesiano)
L’ordinazione sacerdotale di don Giovanni Montorro
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ella Cattedrale di Oppido Mamertina, lo scorso 30 Giugno è stata officiata da Mons Milito la cerimonia di Ordinazione presbiteriale di Don Giovanni Montorro che – come ha ricordato il presul- , giunge a tre anni esatti da quella di inizio del suo servizio episcopale nella Diocesi di oppido Palmi. Nell’ordinazione presbiteriale, ha detto Mons Milito “ il pastore buono da conferma , prova e dono di tanto amore con la promozione di un nostro fratello all’ordine del presbiterato. Così l’innesto sul ceppo episcopale prelude al fiorire di nuova vita in Cristo, per Cristo e con Cristo sulla nostra terra. Da questa sera – ha concluso Mons. Milito - carissimo Giovanni, celebrera le tue messe che siano identificabili con la tua vita: Uomo tutto di Dio . Uomo di permanente misericordia. Il testo integrale dell’omelia di Mons Milito è publbicato sulla pagina FB del Corriere della Piana.
di L. M.
Don Giovanni Montorro in un momento della sua ordinazione presbiteriale
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Varapodio in festa di Filomena Scarpati
Don Mimmo è tornato!!!
Dopo un ciclo di studi accademici a Roma
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Bentornato Don Mimmo” - Così il popolo di Dio ha accolto a Varapodio l'Arciprete lo scorso primo Luglio, rientrato dopo un' assenza di due anni per conseguire la Specializzazione in Ecumenismo a Roma. Studi voluti fortementee dallo stesso Vescovo Mons. Milito e più volte sottolineato, vista l’urgenza nella nostra Chiesa Diocesana. Un Curriculum che si va arricchendo accanto agli studi di filosofia e teologia e alla laurea in Diritto Canonico. Nel salutare i fedeli di Varapodio il nostro Pastore Francesco, ha ricordato l'importanza di questo nuovo Ufficio unitamente a quello del Dialogo interreligioso nella persona di don Domenico. È bene dire che i compiti che Mons. Francesco Milito ha affifato a Don Mimmo Caruso al suo rientro da Roma, non si limitano a quello dell'Arcipretura delle parrocchie di Varapodio e dell’Ufficio diocesano per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso, ma vanno oltre. Sioccuperà anche della Direzione dell’ISTEP con sede a Gioia Tauro e dei Giuristi Cattolici, compito che svolge da qualche anno. Ritorna ad essere Parroco dove lo era stato per 7 anni. Incontrato don Mimmo, dopo la buona novella, si é espresso con le testuali parole: «Ritorno con l’entusiasmo e la gioia di sempre. Spero di essere un buon pastore. La cura delle anime è ciò che conta. Sulla scia dei miei predecessori si continuerà ad annunciare la bellezza del Vangelo e la gioia di sentirci tutti amati dal Signore. Il mio Ministero,
naturalmente, sarà ora arricchito da una dimensione più “ecumenica”, e questo a tutti i livelli. Come ricorda la Sacra Scrittura “Perché tutti siano una cosa sola e nulla vada perduto. Consapevoli che in noi opera lo Spirito del Signore. Senza di Lui non possiamo nulla». Durante il nuovo ingresso di don Caruso a Varapodio, accompagnato dall'affetto paterno di un buon pastore, quale Mons. Milito, il popolo di Dio lo ha accolto con entusiasmo. Don Mimmo aveva già richiamato in occasione della Celebrazione Eucaristica del 2 Luglio a Tresilico per le Grazie, il suo venticinquesimo di
Sacerdozio così come ha ricordato ai fedeli di Varapodio che hanno riservato un'accoglienza calorosa al loro Parroco, il quale ha prferito riprendere le sue parrocchie con la semplicità che un buon pastore riserva al suo gregge, senza festeggiamenti eclatanti, così come è sempre stato nel suo stile. Per ricordare il suo Presbiterio d'argento, infatti, ha preferito distribuire in occasione della presenza di Sua Eccellenza Mons. Francesco Milito, un'immaginetta col volto di Cristo, sua guida e sua luce. Amante come sempre della verità, senza esitare ha raccontanto di essere cresciuto sull'esempio di Don Raffaele Petullà (nativo di Varapodio) nel Santuario delle Grazie di Tresilico di Oppido Mamertina. Durante la celebrazione, ha ricordato ciò insieme a donBenedetto Rustico parroco di Tresilico. Ha sottolineato infine, l’importanza della presenza della Madonna nella loro vita e nella loro vocazione. In un suo passaggio infatti ha detto: «Mons.Benigno Papa, accompagnandoci a Catanzaro, disse all’allora Rettore oggi nostro Vescovo (Mons. Francesco Milito): “Questi due giovani sono nati ai piedi del Santurario della Madonna delle Grazie e resteranno per sempre sotto la Sua protezione materna”».
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25 anni di sacerdozio
Il tempo che passa
di Filomena Scarpati
Argenteo traguardo per Don Mimmo Caruso e Don Benedetto Rustico
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n un caldo pomeriggio di Maggio 1990 Mons. Benigno Papa, Vescovo dell'allora diocesi di Oppido Mamertina, ordinò Sacerdoti Don Domenico Caruso e Don Benedetto Rustico, due giovani cresciuti nella comunità parrocchiale della Madonna delle Grazie di Tresilico, guidata prima da Don Raffaele Petullà nativo di Varapodio e poi da Don Giuseppe Loria. I frutti ci fanno comprendere che l'albero da cui provengono era rigoglioso, ricco di grazia e di vita, cresciuto in una terra fertile sotto i raggi di un sole cocente che illumina le menti e infuoca i cuori degli uomini riguardosi verso Dio. Don Domenico Caruso nella messa solenne del giorno delle Grazie del 2 Luglio scorso, che Don Benedetto Rustico, Parroco della Parrocchia di " Santa Caterina V.M. e di San Leone Magno"- Santuario della B.V. delle Grazie ha voluto affidare al suo stimatissimo confratello, ha ricordato il venticinquesimo anniversario di Sacerdozio di entrambi. Un legame fraterno è quello che si scorge tra i due Presbiteri, che diventa una benedizione di Dio se si pensa al recupero delle anime. L'unità ci lascia sperare in forti miglioramenti sul piano spirituale, morale e culturale, basti pensare che entrambi hanno anche sempre sponsorizzato la buona cultura e senza riserve, sul fare nomi di ciò che sul territorio si presenta sano e di una certa capacità intellettiva, così come non esitano a bocciare le iniziative di basso valore. Il cammino dei Presbiteri, sappiamo che oggi più che mai è tortuoso, ma se le vocazioni sono vere chiamate del Signore, come le loro, si superano tutte le difficoltà che si pongono nel corso della vita, con la fermezza che viene direttamente da Dio. In un periodo di tensioni a tutti i livelli, i frutti curati da Don Raffaele Petullà sapranno sempre scorgere e camminare sulle vie illuminate dal Signore. Il "Corriere della Piana" in modo particolare intende dedicare questo servizio a due Parroci che vivendo sulla
scorta degli insegnamenti di Cristo, manifestano il loro voler percorrere le vie indicate dal Vangelo, consapevoli che la dignità dell'uomo in qualsiasi condizione, va sempre rispettata. Uomini che vivono di Dio e lo dimostrano nei fatti. La Chiesa è un'Istituzione che va vissuta per essere capita e bene interpretata. Durante la stessa omelia di giorno 2 Luglio, dopo aver recitato le preghiere alla Vergine delle Grazie di cui Don Caruso ne è anche l'autore, parla di un cammino di fede che il popolo di Dio sta percorrendo, nella consapevolezza che la formazione è necessaria a riflettere e migliorarsi. Sicuramente il popolo di Tresilico non ha più bisogno di altre comunità, sono fratelli tra fratelli, figli di un unico Dio che nella misericordia non fa discriminazioni. Gli uomini saggi conoscono le differenze, la Chiesa è un'Istituzione che si rifà alle tavole del Sinai e ai contenuti del Vangelo, non ragiona certo in base a criteri e principi giuridici - istituzionali
Don Benedetto Rustico e Don Domenico Caruso
su cui si basa invece uno Stato Laico. E' quanto fece anche intendere con espressioni diverse Giuseppe Soluri, Presidente dell'Ordine dei giornalisti della Regione Calabria, durante la giornata del giornalismo regionale cattolico Calabrese, organizzata presso la Casa del Laicato di Gioia Tauro, lo scorso Febbraio. Bisogna saper distinguere i ruoli delle diverse istituzioni, evitando ingerenze e opinioni inopportune che non ci guidano verso la crescita umana, sociale e spirituale di cui si ha realmente bisogno. In assoluta comunione i due Parroci, rispettivamente Don Mimmo Caruso Arciprete di Varapodio e Don Benedetto Rustico Parroco del Santuario delle Grazie di Tresilico, hanno ringraziato tutti i fedeli, che oltre a partecipare alla Celebrazione della messa delle Grazie, hanno gioito assieme a loro per l'annuncio del venticinquesimo di Sacerdozio. I migliori auguri vanno ad entrambi, da parte dello staff del "Corriere della Piana".
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San Pio da Pietrelcina
Melicucco: Pellegrinaggio a San Pio da Pietrelcina di Carmela Parrello
In cammino sulla via del Signore Cronaca di un viaggio di spiritualità
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elicucco 25 giugno 2015, ore 3,30 inizia il viaggio verso le terre che hanno visto nascere, crescere, lottare contro le forze del male e maturare spiritualmente il nostro amato Padre Pio, proseguimento di un cammino di fede che da diciannove anni la comunità di Melicucco compie con devozione nell’ultima decade di giugno. A noi si sono aggiunti alcuni nuovi pellegrini, in sostituzione di altri che, per varie ragioni, non sono presenti. Quest’anno è l’anno della grazia e dei segni imperscrutabili di Dio! Primo segno è la presenza di don Carmelo Surace, preziosa guida spirituale, il quale ha rivelato che, per impegni legati al suo ministero sacerdotale, non avrebbe potuto assicurare la sua presenza, ma, grazie a Dio, è stato tra noi! Prima tappa Pietrelcina dove, durante la celebrazione della Santa Messa il religioso ci spiega i simboli cristiani presenti nella chiesa conventuale della Sacra Famiglia: le dodici croci simboleggiano i dodici profeti e i dodici apostoli e indicano che la chiesa è stata consacrata. Inoltre, nella stessa chiesa sono presenti le spoglie mortali di un frate legato a Padre Pio, Fra' Modestino Fucci, considerato da tutti Suo erede spirituale, esempio di santità, di semplicità orante e di generosa carità. Finita la Messa si fa una visita ai luoghi legati a San Pio. S’inizia dal borgo antico detto “castello”. La chiesa di Sant’Anna, dove andiamo a rinnovare le promesse battesimali e rinascere in Cristo, si trova nel punto più alto del borgo ed è il luogo che maggiormente ha segnato il cammino spirituale di San Pio: nascita, battesimo, cresima, vita eucaristica, estasi e visioni. Si rinnovano le promesse battesimali in ricordo del battesimo del Santo avvenuto il 26 maggio 1887, quando il
piccolo Francesco Forgione aveva un giorno di vita, perché le stesse sono una forte preghiera di liberazione, con la quale i diavoli perdono potere e diventano più deboli. Anche qui un segno di Dio! Sulla soglia della chiesetta incrociamo una giovane famiglia con una bimba appena battezzata alla quale è stato dato il nome di Anna Pia Luce. Quindi, si parte per Piana Romana, borgata di Pietrelcina, dove la famiglia del Santo possedeva una masseria e una vigna e dove lo stesso, durante gli anni di permanenza a Pietrelcina, trascorreva gran parte del suo tempo. Qui, sotto l’olmo, egli incominciò ad avvertire i dolori strazianti delle stimmate invisibili. Entriamo, per recitare una preghiera, nell’Aula Liturgica, chiesa dove si celebra l’Eucaristia e, quindi, partiamo per raggiungere San Giovanni Rotondo, paese divenuto famoso grazie alla presenza del Santo che, giuntovi il 28 luglio 1916 vi rimase per tutta la sua vita terrena, fino al 23 settembre 1968. Stupisce pensare che un paesino sconosciuto e sperduto sia diventato meta di tanti pellegrini che vi giungono da ogni parte del mondo per venerare il Santo francescano che, dal chiuso della sua cella, ha attratto da vivo e continua ad attrarre ancora oggi, a 48 anni dalla morte, milioni di fedeli. È ormai sera, quando arriviamo alla meta. Sistemazione e breve sosta in camera, cena e, di corsa andiamo alla chiesa di Santa Maria delle Grazie per l’Adorazione eucaristica già iniziata da circa 30 minuti. Siamo convinti di non farcela, ma, per volontà di Dio, arriviamo giusto in tempo per la benedizione preceduta dal canto del Tantum Ergo Sacramentum. Anche questo, dice il sacerdote, nostra guida spirituale, è un segno di Dio. La prima giornata di pellegrinaggio è finita, domani sarà un’altra giornata intensa e ricca di emozioni.
Venerdì 26 giugno molti di noi partecipano alla Santa Messa delle 7,30 nella chiesa inferiore di San Pio sulla cripta, dove il 19 aprile 2010 è stata traslata la salma del Santo e esposta in ostensione permanente. Subito dopo la Via Crucis, tanto cara a San Pio, sul percorso che sovrasta la chiesa di Santa Maria delle Grazie. Le riflessioni di don Carmelo ci aiutano a celebrare questo rito con animo sereno, a riflettere sulle sofferenze di Cristo che si è immolato per redimerci dal peccato e a sentirci Cristo nel sopportare la nostra croce, pensando alla presenza dello Spirito Santo. Durante la Via Crucis alcuni di noi portano la croce o leggono le riflessioni su ogni episodio accaduto durante quel cammino di dolore che si conclude con la quindicesima stazione che rappresenta la Risurrezione di Gesù, segno di vittoria sulla morte. Quindi, rigenerati nello spirito, partecipiamo alla Messa delle 11,30. Dopo pranzo si va al convento di San Matteo Apostolo dove è custodita una reliquia, un dente molare del Santo, proveniente dalla cattedrale di Salerno. Un frate ci illustra la storia del convento, legandola alla presenza del Santo e impartisce la benedizione. Come sempre, seduti sul sagrato del convento, recitiamo il Santo Rosario, ma siamo disturbati da un vento gelido. Un frate si affaccia sull’uscio del convento e ci invita ad entrare in chiesa: è la prima volta che recitiamo il Rosario in quella chiesa e anche questo, ci fa notare il nostro sacerdote, è un segno di Dio. Rientriamo in albergo e ci prepariamo al momento emotivamente più intenso della giornata, la preghiera sotto la Croce. Nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie alle ore 20,45 inizia la preghiera: è il solito rituale, ma le emozioni sono sempre intense e diverse. Quante persone affette da sofferenze materiali e spirituali sono ricor-
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date durante la preghiera, intervallando le invocazioni con il canto del “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi” di Santa Teresa d’Avola o del “Benedici il Signore anima mia”di don Marco Frisina! I pellegrini, emozionati, abbracciano la Croce, rivolgendo una preghiera a Gesù Crocifisso e affidano la loro croce nelle mani del Signore che sempre aiuta chi ha fede in Lui. La seconda giornata volge al termine, domani sarà un nuovo giorno di profonda spiritualità. Al mattino di sabato 27 giugno si parte per il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo. Anche qui si sperimentano i segni imperscrutabili di Dio. Un itinerario sbagliato ci fa arrivare in ritardo e, quindi, si rischia di non ascoltare la Messa. Il Signor Michele Primavera, organizzatore da sempre del pellegrinaggio, solerte ci precede e riesce a far posticipare di qualche minuto l’inizio della Messa che sarà concelebrata da don Carmelo. I segni di Dio non finiscono qui; infatti, nella grotta ci attende un’ulteriore sorpresa: la statua della Madonna di Fatima e le reliquie di Giacinta
e Francesco, i due pastorelli che assieme a Lucia videro la Vergine Maria quel lontano 13 maggio 1917. Pomeriggio partecipiamo alla Messa nella chiesa di San Pio e, alle ore 21, alla fiaccolata Mariana dietro la statua della Madonna delle Grazie. Quante emozioni pervadono i nostri cuori alla recita del Santo Rosario e al canto dell’Ave Maria, alzando al cielo le nostre fiaccole! Domenica 28 giugno il nostro viaggio volge al termine. Alle ore 9 visitiamo l’ospedale “Casa sollievo della sofferenza” voluto da Padre Pio per alleviare le sofferenze di tutti gli ammalati che con fiducia si affidano alle cure dei medici ricercatori che prestano la loro opera presso questo presidio. È l’ora delle visite mediche e, pertanto, nei corridoi non si vedono malati, ma credo che ognuno di noi, in cuor suo, abbia pensato a quanto dolore fisico e morale vi sia all’interno di quelle mura e abbia rivolto al Signore una preghiera per tutti i sofferenti. Quindi, alle ore 11,30 partecipiamo alla Santa Messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Manfredo-
nia-Vieste-San Giovanni Rotondo, mons. Michele Castoro che concelebra assieme a molti sacerdoti tra cui don Carmelo. Questa concelebrazione è una grazia, ulteriore segno della presenza di Dio sul nostro cammino di fede in questo pellegrinaggio. Sulla via del ritorno sostiamo nel santuario della Madonna dell’Incoronata di Foggia. Finita la visita si riparte per il rientro e sul pullman si recitano preghiere e si assiste alla proiezione di un filmato-documentario sulla vita di San Pio. Alle ore 0,30 il viaggio finisce lasciando in ognuno di noi il dolce ricordo di un pellegrinaggio, intensamente ricco di emozioni e di spunti di riflessione, e con la soddisfazione di aver incontrato nuove amicizie e di esserci arricchiti di nuove esperienze. Il signor Michele Primavera, instancabile e inappuntabile nella programmazione, è soddisfatto, ringrazia tutti e, in particolar modo, don Carmelo, guida spirituale, che, ancora una volta, con i suoi insegnamenti ci ha aiutati a sentirci vicini al Signore in Cristo.
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di Caterina Sorbara La Presidente Rosa Romeo
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Poesia, musica e arte gli strumenti della creatività sensibile” è stato il tema dell’incontro che si è svolto sabato 4 Luglio a Taurianova, promosso dall’Auser Madre Teresa di Calcutta, con lo scopo di mettere in evidenza il legame indissolubile da sempre esistito tra le Muse. Incontro che ha assunto la forma di un reading poetico, dedicato a tre tematiche importanti: amore, rabbia e malinconia. La presidente Rosa Romeo, dopo aver salutato tutti i presenti, ha sottolineato la bellezza dell’evento per le tematiche proposte. Evento conclusivo dell’anno sociale dell’Auser che ha visto impegnati tutti i soci a 360 gradi. Subito dopo la scrittrice Marzia Matalone, si è soffermata sul legame che sin dall’antichità esiste tra le Muse. Continuando il suo discorso, la Matalone ha spiegato le tematiche proposte dai poeti: l’amore in tutte le sue sfaccettature, la rabbia e la malinconia, che sono le principali emozioni dell’essere umano. A seguire i poeti: Maria Fedele, don Giancarlo Musicò, Rocco Polistena, Marzia Matalone e Caterina Sorbara, hanno emozionato il pubblico con le loro poesie. Inedite le poesie di Maria Fedele e Mar-
"La creatività Sensibile" .....reading poetico evidenziato dall'arte delle 9 Muse Le poetesse Caterina Sorbara e Maria Fedele
zia Matalone; le poesie di don Giancarlo Musico, tratte dalla silloge “Rapito dalla bellezza” Edizioni Fede e Cultura-Verona, le poesie di Rocco Polistena, tratte dalla silloge “Un uomo qualunque” Città del Sole Edizioni, infine le poesie di Caterina Sorbara, tratte dalla silloge “Iside” Città del Sole Edizioni. Presenti i musicisti Pasquale Startari e Giuseppe Taverna al clarinetto; Luigi Sellaro al sax e il maestro Bartolomeo Piromalli al pianoforte. Numeroso ed attento il pubblico presente in sala, che ha, anche, potuto ammirare i dipinti di Maria Fedele. Presenti Angela Napoli, Gino Cordova, Giosuè Delfino e Natale Zerbi che hanno espresso la loro soddisfazione per l’evento.
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Nelle immagini: Il Monumento al Pescatore
Palmi: La Tonnara esempio di sviluppo socio-culturale e turistico.
ECCELLENZE della PIANA: " EPPUR....(QUALCOSA)....SI MUOVE..."
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egno di nota e di lodevole apprezzamento è stato tutto quello che, nel giro di pochi anni dalla loro costituzione, sono riusciti a mettere in essere gli abitanti della piccola comunità dei " TUNNAROTI", unitamente ai cittadini di Palmi, trainati dal lavoro sinergico e dalla forte tenacia dell'Associazione Culturale "PROMETEUS" Onlus e dall'Associazione Pescatori del borgo marinaro per la "VARIA" della Tonnara di Palmi. Fin dal 2007, l'Associazione, guidata egregiamente da Saverio Pititto, si è messa in discussione per svegliare dalla sonnolenza e dalla conclamata inefficienza una terra tanto bella e meravigliosa quanto afflitta da mali atavici e dal vittimismo imperante, coinvolgendo tutte le forze attive e sane, a proporre un risveglio degli animi e una nuova visione di cambiamento, adoperandosi a superare i molti ostacoli di natura contingente per uno sviluppo positivo a livello socio - culturale e turistico. Bene ha fatto la "PROMETEUS" nell'avviare una fattiva collaborazione con la Pro-Loco di Bagnara Calabra, favorendo gli scambi interculturali tra le due Città della Costa Viola, unite dalla vicinanza e dalla comune storica fratellanza marinara esistente tra pescatori della costa tirrenica. Tanti sono stati gli interventi e le iniziative realizzate a Palmi e che hanno visto la Pro-Loco, guidata da Bruno Lenco in prima fila, porre l'accento sulla importanza della collaborazione tra Enti e Associazioni per promuovere e svilippare azioni che tendono a valorizzare il territorio e lo sviluppo economico - turistico culturale dello stesso. Come esempio possiamo citare interventi su piazze, monumenti, restauro di opere cittadine, realizzazione di parco giochi per i bambini e diverse pubblicazioni di guide e libri. Il frutto di questo lavoro ha visto il suo culmine nelle due comunità Palmi-Bagnara, coese nella realizzazione del "Monumento al Pescatore", opera scultorea bronzea di pregevole effetto che ha un diametro
di Francesco Di Masi
di circa 6 metri e i personaggi un altezza di circa 2 metri raffiguranti una scena che evoca il travagliato e profondo rapporto tra l'uomo e il mare, nata circa due anni fa dalla programmazione della "Prometeus" e destinata alla valorizzazione del lungomare della Tonnara di Palmi che ha unito le due marinerie e le due comunità protese ad un unico scopo; rendere omaggio ai lavoratori del mare, "I PESCATORI". L'opera, inagurata agli inizi di Luglio alla Tonnara di Palmi, ha visto tutte le maestranze mettere a servizio della comunità gratuitamente e in spirito di volontariato tutto il sapere e l'arte, con raccolte di fondi anche del 5x1000 e fattiva collaborazione per il raggiugimento del fine preposto. Il gruppo scultoreo in bronzo esposto, è stato realizzato dall'artista calabro-pugliese Achille Cofano, di origini palmesi che vive e lavora a Maglie in provincia di Lecce, discendente, da parte di madre, dello scultore Gullì emigrato in Argentina agl'inizi del secolo scorso e divenuto in quel luogo artista famoso. Per la realizzazione ci sono volute oltre 4.000 ore di lavoro e 9.000 chilogrammi di bronzo di buonissima qualità, per una spesa di circa 150 mila euro; la fusione è stata eseguita presso le fonderie Daniele Pellegrino di Squinzano (Lecce). Oltre che con Bagnara Calabra il progetto è stato condiviso, con il Comune di Maglie, dove l'opera è stata eseguita e specificatamente con la fondazione "Francesca Capece", rappresentata da Dario Vincenti, forte di un passato gemellaggio che ha accomunato le due associazioni in un unico intento. Grandissima festa alla Tonnara per l'inauguazione con i rigraziamenti alle Autorità intervenute da parte del Sindaco Barone e a tutti i professionisti : Bonasera, Iannino,Magazzù e Brando per la splendida progettazione, nonchè agli operai e a tutte le maestranze che si sono adoperati per l'esecuzione dei lavori, al critico d'arte Maurizio Quartieri, che ne ha illustrato le caratteristiche e alla stampa in nome del giornalista Carmelo Tripodi di costaviolaonline.it, che ha moderato e coordinato l'avvenimento. Ha tagliato il nastro con il Sindaco la decana delle "TUNNAROTE" nel suo costume tipico, visibilmente emozionata, la Sig.ra Concetta Oliveri in Versace. La cerimonia si è protratta per l'intera giornata, con suoni, canti e ballo dei Giganti, per la gioia dei turisti e dei bambini che hanno affollato il lungomare della Tonnara di Palmi.
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Gli scouts con S.E. Mons. Milito
di Paolo Lucio Albanese
ALLA VIGILIA DEL “JAPANESE JAMBOREE”
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Il Vescovo e i boy scouts
l giorno 4 luglio il Vescovo della Diocesi di Oppido- Palmi, Sua Eccellenza Mons. Milito, ha voluto salutare, presso la sede Episcopale di Palmi, le due giovani guide dei gruppi Scout Palmi 1 e Rosarno1, Martina Galletta e Benedetta Italiano che parteciperanno, dal 24 luglio al 8 agosto, in Giappone, al raduno mondiale Scout per guide ed esploratori, praticamente il XXIII° World Scout Jamboree. Benedetta e Martina che hanno così incontrato il Pastore della nostra Diocesi, erano accompagnate dalle rispettive famiglie e dai Capi Scout AGESCI del ‘Rosarno 1°’ Marilena Reitano e Davide Italiano, mentre a rappresentare i Capi Scout del ‘Palmi 1°’ c’erano Concetta Saffioti e Enzo Galletta, Concetta Rizzitano, Tiziana Tegano, Sergio Casadonte e da alcuni compagni di cammino. Molte sono state le curiosità del Vescovo riguardo al viaggio, ai luoghi che
visiteranno, alle esperienze che vivranno ed ai criteri con i quali Martina e Benedetta sono state selezionate (ricordiamo che saranno 20 i ragazzi/e calabresi che parteciperanno al Jamboree); si sono ricordati gli sforzi economici delle rispettive famiglie ma anche dei gruppi Scout Rosarno1 e Palmi1 e della Zona Piana degli Ulivi, che hanno coperto una parte dei costi del viaggio; si è parlato anche di cibo, usi e costumi, ospitalità (le ragazze saranno, per un breve periodo, ospiti di alcune famiglie giapponesi), di pace (ad agosto ricorrerà il 75° anniversario delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, ed i ragazzi del Jamboree saranno invitati ad una riflessione profonda sul valore della pace e della fratellanza) ma soprattutto si è parlato di fede. Monsignor Milito ha raccomandato alle ragazze di curare molto i momenti di spiritualità personale, per trarre il giusto nutrimento che consentirà loro di vivere un’esperienza che resterà indelebile nella loro vita, mentre ai Capi presenti ha vivamente esortato la partecipazione fattiva alla Pastorale Giovanile Diocesana, affermando con convinzione la validità del metodo educativo Scout come proposta ai giovani. L’incontro si è svolto in una atmosfera molto serena, scherzosa e familiare, concludendosi con la Santa benedizione del Vescovo e gli auguri di un buon viaggio ma soprattutto di BUON SENTIERO alle ragazze.
di Paolo Lucio Albanese
IL 10 AGOSTO ALLA TONNARA DI PALMI
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nche quest’anno si è rinnova la tradizione marinara del Pesce Spada, organizzata dall’Associazione “Tradizioni Marinare” di Daniele Fiorino, con una meravigliosa degustazione, a base di Pesce Spada. Un menù ricco e genuino secondo i metodi e i sapori dell'antica cucina mediterranea. Il ricco menu ha proposto: pennette rigate con il sugo del pesce spada, polpette di pesce spada, pesce spada grigliato al salmoriglio, acqua, vino, pane casereccio, anguria e per finire Amaro del Capo. È stato il risultato di un impegno coraggioso e sacrificato di uno staff familiare collaudato
Mons. Milito incontra i rappresentati dell’AGESCI
LA SESTA SAGRA DEL PESCE SPADA che ha garantito ben 1000 coperti. Il presidente dell’associazione Daniele Fiorino: “Questa iniziativa nasce dalla voglia e dalla passione di conservare le tradizioni familiari di lavoro e di cucina garantendo sempre la qualità. La manifestazione ha impegnato circa 20 membri della famiglia, ognuno con ruoli e compiti ben precisi. È stata una grande serata nella notte di San Lorenzo, all'insegna della buona cucina e del pesce spada in un clima di festa e di armonia ”.
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Il Presidente della Fondazione Giuseppe Alessio
I saluti del Sindaco di Gioia Tauro, Giuseppe Pedà
GIOIA TAURO
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i è svolta sabato 18 luglio a Gioia Tauro sulla terrazza dell’antico Palazzo Baldari, la Cerimonia di Premiazione della Prima Edizione del Concorso Nazionale di Poesia “Pina Alessio”. Il premio fortemente voluto dal Comitato Culturale della Fondazione, ha avuto come tema la fratellanza, la solidarietà e il dono della vita. Ha presentato l’evento la Dott.ssa Maria Teresa Bagalà. Il Presidente della Fondazione Giuseppe Alessio, all’inizio della Cerimonia ha voluto ricordare il sacrificio del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, nel ventitreesimo anniversario della strage di via D’Amelio del 19 luglio del 1992. “Perché Paolo Borsellino non sarà mai morto veramente se le sue idee resteranno vive e genereranno indignazione e tanta sete di giustizia”. La Fondazione ha consegnato un riconoscimento al gioiese
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l libro di Francesco Maria Cutrupi e Carmelo Priolo, Armando Editore, offre ai lettori degli spunti di riflessione in merito ai concetti di malattia, cura e salute, che vengono presi in esame dalla medicina osteopatica, riconsiderandoli in una nuova prospettiva critica e scientifica, facendo emergere l’esigenza di costruire un nuovo modello di civiltà planetaria. Nel trattamento osteopatico, pertanto, si può riconoscere una sollecitudine etica
L'intervento di Maria Teresa Bagalà
Prima edizione del Concorso Nazionale di Poesia "Pina Alessio" di Caterina Sorbara Francesco Palumbo che a Gennaio ha salvato una donna dal suicidio, strappandola alle gelide acque del mare. Subito dopo, si sono susseguiti i saluti del Sindaco di Gioia Tauro, Giuseppe Pedà e dell’Assessore alla cultura, Francesco Toscano, entrambi soddisfatti per l’evento. A seguire la scrittrice Caterina Sorbara ha relazionato sull’importanza della poesia: “Poesia: il mistero evocativo che eleva gli uomini”. Dopo la relazione della Sorbara, la premiazione delle poesie vincitrici. Premio speciale a Giuseppe Macrì di Gioia Tauro per la poesia in vernacolo:”Gioi u rioni di Chianifossi i 70 anni fa”. Per la sezione in vernacolo, unico vincitore Antonio Barracato di Cefalù con la poesia “Un pezzu di pani”. Per la sezione adulti al terzo posto Giovanna Morabito di Palmi con la poesia “Ragazzo di Rosarno”; al secondo posto Caterina Silipo di Reggio Calabria con la poesia “Olocausto”, infine al primo posto Rosaria Lo Bono di Termini Imerese (Pa) con la poesia “Il mio amico”. Durante la serata il pubblico presente ha potuto ammirare le opere della pittrice Giusy Gaglianò e dello scultore Cosimo Alllera. La serata è stata allietata dal soprano Mara Josè Fava e dal tenore Arena Giuseppe, accompagnati al pianoforte da Immacolata Raso. Hanno fatto parte della giuria la poetessa Lilla Sturniolo Misiano, la pittrice Maria Fedele e lo storico Antonino Catananti Teramo. Numeroso il pubblico presente, tra cui il Sindaco di Villa San Giovanni Antonio Messina.
La medicina osteopatica
In un libro di Francesco Maria Cutrupi e Carmelo Priolo
di Caterina Sorbara
particolare verso le condizioni di vivibilità del nostro pianeta, in quanto riguarda sia la singola persona sia l’intera comunità umana. Il libro di Cutrupi e Priolo è stato presentato sabato sera a Gioia Tauro sulla terrazza di Palazzo Baldari. Ha magistralmente relazionato sull’opera Maria Teresa Bagalà, che si è soffermata sull’origine e l’evoluzione dell’osteopatia, in gran parte merito di Andrew Taylor Still e sul valore della comunicazione tra paziente e terapeuta. Subito dopo la relazione della Bagalà, Carmelo Priolo ha raccontato la genesi del libro, sottolineando l’aspetto filosofico. Priolo, si è poi soffermato sull’importanza del comunicare, ricordando la sua esperienza a Partinico con il grande scrittore Danilo Dolci. A seguire, Francesco Maria Cutrupi che ha trattato l’argomento dal punto di vista scientifico e storico, ricordando il grande medico di Crotone Democede, primo a scoprire la medicina osteopatica. Presenti all’evento il Sindaco di Gioia Tauro, Giuseppe Pedà e l’assessore alla cultura Francesco Toscano che, nei loro interventi, hanno sottolineato l’importanza della cultura per la rinascita della città del porto.
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Foto di gruppo a fine serata
Polistena overture musicale di Luigi Ottavio Cordova
“Musica e Armonia”
Aperti consensi del numeroso pubblico per l'ensamble pianigiano
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a prima uscita dell’Associazione Musicale “Musica e Armonia”, tenutasi presso il Salone delle Feste di Polistena alle ore 18:30, è stata un vero successo. Un immenso pubblico come non si vedeva da anni ha accompagnato e sostenuto fino alla fine i musicisti che si sono esibiti facendo da cornice a una splendida serata che ha visto esibizioni di altissima qualità e spessore e che dopo un anno di grande lavoro da parte dei docenti raccoglie con grande orgoglio e soddisfazione il meritato frutto del proprio lavoro. Un repertorio che va da Puccini a Mozart, da Beethoven a Vivaldi, da Clementi a Chopin ha letteralmente entusiasmato il pubblico in sala che ha atteso la fine del concerto in piedi per applaudire i giovani artisti e complimentarsi con loro. Quest’anno per l’Associazione musicale “Musica e Armonia” è stato un anno di grandi e numerose soddisfazioni, tanti sono i concorsi a cui gli allievi dell’associazione “Musica e Armonia” hanno partecipato e in cui si sono distinti portando a casa numerosi primi e secondi Lorenzo Politanò
posti. La mentalità vincente dell’associazione sta nel preparare gli allievi già dai 3 anni in su, in modo da poter creare già da piccoli una mentalità tale da poter affrontare concorsi importanti alla tenera età di 6 anni. Inoltre l’associazione “Musica e Armonia” da quest’anno da la possibilità di poter frequentare e conoscere artisti di fama nazionale, artisti di riferimento del panorama mondiale musicale. Ha ospitato infatti già il 29 marzo scorso il M° Luca Colombo primo chitarrista della Rai e dell’orchestra di Sanremo che ha svolto un seminario sull’uso della chitarra elettrica live e in studio oltre che tecniche varie di accompagnamento e performance live. Seminario che ha portato a Polistena persone da tutta la Calabria che hanno avuto non solo la possibilità di seguire il seminario ma anche di parlare e discutere a cena con Luca Colombo sulle problematiche artistiche che si riscontrano in Calabria. Sono molti gli impegni che l’associazione sta prendendo con artisti del mondo dello spettacolo per permettere ai propri allievi di crescere professionalMarta Politanò
mente e dar la possibilità a tutti quanti di un ulteriore vetrina per poter mettere in mostra il proprio talento e la propria preparazione. Impegni che l’associazione sta prendendo e affrontando completamente da sola, con le proprie forze e con tanti sacrifici; questo da ulteriore soddisfazione ad un associazione che sta crescendo cosi velocemente soltanto grazie al meritato frutto del proprio lavoro. Grande merito di tutto questo va al M° Giuseppe Pugliese Direttore artistico dell’Associazione che guida magistralmente l’associazione organizzando i corsi e le varie manifestazioni che l’associazione crea ogni anno, oltre ad essere docente di pianoforte, teoria e solfeggio e musica d’insieme, e al presidente Dott. Claudio Pugliese che sostiene sempre l’associazione insieme ai docenti M° William Burzese, M° Davide Mangano, M° Tania Vecchiè, M° Rocco Spinoso, M° Salvatore Filippone, Federico Pugliese, Rocco Cannizzaro e il M° Chiara Stella Capria che durante tutto l’anno preparano gli allievi dell’accademia con dedizione e tanto sacrificio. Il M° Giuseppe Pugliese e il e il M° Luca Colombo
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Nino Forestieri
di Mina Raso
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INO FORESTIERI rappresenta una delle realtà più significative dell’attuale panorama musicale della canzone d’autore, sia a livello regionale sia a livello nazionale. Cantautore e professore ha scritto ed interpretato magnifiche canzoni, il suo album “Sud” contiene delle vere e proprie perle. Cantautore dalla voce profonda, riesce a passare dall’ironia di “U ponti” alla straziante disperazione di “Dassami gridari” con estrema naturalezza. I suoi testi, impegnati nel sociale, che toccano i temi più disparati dal precariato, al “problema” immigrazione (come si può restare indifferenti alle parole del brano “Indifesi”), alla mafia (Rita Atria), alla crisi economica, alla violenza sulle donne (A tutte le donne del mondo). Fotografie graffianti del modo di pensare e di vivere dei paesi del Sud (Cipuda e pani), ma anche istanti scanzonati, leggeri e divertenti (come non citare Mancu pe’ cumpari); che canti in italiano o nel meraviglioso dialetto della Piana di Gioia Tauro, Forestieri si fa apprezzare da tutti coloro che lo ascoltano. Nelle sue composizioni racconta di emozioni e ricordi, paesaggi e nostalgie e canta la storia e le bellezze della sua terra
Inizia il tour del cantautore di Rizziconi
Cantore della terra e delle origini Nino Forestieri affascina con musiche capaci di rapire contrastata e difficile. Nei testi rivivono autentici fotogrammi delle meraviglie e delle contraddizioni del Sud, in una perfetta tessitura tra le sonorità e i ritmi della tradizione calabrese, accostati con sobrietà al pop attraverso arrangiamenti moderni ed equilibrati. Interprete degli umori della gente, discreto nel suo tentare di capire tragedie che non hanno logica né spiegazione (Sulu Amuri), Nino Forestieri scrive con il cuore e ci regala, accompagnato da un suono etno-pop che conquista, l’amore per la sua terra e per la sua gente. Una terra, “dove gli olivi crescono giganti” che ha estremo bisogno di un riscatto morale, di riconquistare con umiltà e coraggio la dignità perduta, una terra aspra madre di figli coraggiosi, uomini e donne dalle mani
sporche di terra magari, ma che non si vergognano di aprirle per fare vedere i calli, che preferiscono restare e morire poveri ma onesti aspettando l’occasione giusta, come dice una delle sue canzoni. “Tutta la vita sali e limuni, prima o poi manicu i vastuni”. Il tour 2015 ha previsto diverse date tra cui l’8 Agosto a Rizziconi. L’artista si è già esibito a Polistena (8 Luglio) e a Caria (15 Luglio) ed ognuna è un evento da non perdere per chi ama la canzone d’autore e per chi ha voglia di emozionarsi sulla scia di musiche e parole avvolgenti come una carezza. Non è facile fare il cantautore in certe regioni, ma Nino Forestieri continua imperterrito, al di fuori delle logiche commerciali, a sfornare meravigliose canzoni per chi ha fame di emozioni e di vissuto.
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di Marinella Gioffrè
Rocco Scutellà con Gino Fabri
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l pasticcere deliese Rocco Scutellà, ha superato brillantemente la prova d’esame, partecipando al concorso promosso dall’Accademia Maestri Pasticceri Italiani (AMPI) di Brescia. La Giuria esaminatrice è stata un’assemblea di maestri pasticceri, tra cui il noto Gino Fabri. Rocco ha dovuto preparare 3 torte e montare una pièce di cioccolato (pezzo artistico) in 2 ore. Successivamente ha risposto alle domande tecniche dei maestri. L’Accademia Maestri Pasticceri Italiani rappresenta la sintesi massima della professionalità nell’ambito della pasticceria nazionale di livello superiore. Nata nel giugno del ’93, accomuna l' esperienza di pasticceri che si distinguono nel comparto nazionale per l’elevato apporto qualitativo e professionale e per le spiccate capacità artistiche applicate alla tradizione italiana con lo scopo di rilanciare la pasticceria di Qualità. Le finalità sono rivolte alla crescita professionale dei pasticceri ed allo sviluppo del dolce di qualità con specifico riferimento a quello tradizionale, valorizzando i maggiori esponenti del settore a livello nazionale. La Pasticceria Scutellà di Delianuova è nata come piccolo laboratorio nel 1930, per iniziativa del nonno di Rocco, autodidatta, spinto da una profonda passione per i dolci. A lui è
Delianuova: Al concorso dell’Accademia dei Pasticceri
Premiato Scutella’ Dolci coi sapori e i profumi dell’Aspromonte
successo Antonino, che con uguale passione e rinnovato impegno ha ampliato la produzione, selezionandola lungo la direttrice della genuinità dei prodotti reinventati nel solco della tradizione. Rocco rappresenta la terza generazione della famiglia. Totalmente coinvolto dalla passione per il suo lavoro guarda al futuro rispettoso delle radici artigianali da cui proviene. “Scelgo materie prime di alta qualità e curo i dettagli - ha affermato - avvalendomi anche della professionalità propria del pasticcere d’oggi e dei processi produttivi che le nuove tecnologie mettono a disposizione. Cerco così di coniugare quotidianamente, ciò che è genuino e sano con l’innovazione. Da qui la mia convinta scelta, in occasione di questa prova d’esame, di rendere omaggio alla mia famiglia. Ho infatti presentato, riscuotendo i complimenti della giuria di esperti, una torta di chiaro stampo moderno ma con le stesse caratteristiche che inebriarono la mia infanzia: il delizioso profumo della vaniglia che m’invadeva quando entravo nel laboratorio, l’intenso aroma del caffè che ancora mi sembra di sentire quando mia nonna, alla quale dedico la torta dal titolo “Donna Angela”, preparava il caffè con il latte di mandorla, la stessa mandorla che da sempre caratterizza la nostra produzione. Allo stesso modo, nella pièce in cioccolato, un bonsai dalle profonde radici simboleggia la gratitudine a chi mi ha permesso di essere qui oggi, ossia un burzonetto o calderotto in rame nel quale da sempre, e con la stessa ricetta, viene cotto il rinomato mandorlato, fiore all’occhiello della Pasticceria Scutellà, che rappresenta la fusione fra le tre generazioni. Infine, le ramificazioni raffigurano le tre tappe fondamentali del nostro percorso nell’arte pasticcera”.
AICol
ENTel
ALS
FEDER.Agri
CAA
Federazione Pensionati M.C.L.
CAF
PATRONATO SIAS
CEFA Ong
SNAP
Centro Europeo di Formazione Agraria
Sindacato Nazionale Autonomo Pensionati
EFAL
Gioia Tauro Via Monacelli, 8 Taurianova Via Benedetto Croce, 2
Associazione Intersettoriale Cooperative Lavoratori
Associazione Lavoratori Stranieri
Centro Assistenza Agricola
Centro Assistenza Fiscale
Ente Formazione Addestramento Lavoratori
Ente Nazionale Tempo Libero
Federazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura
Servizio Italiano Assistenza Sociale
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Oppido Mamertina:
"La Torta Mamertina"
di Francesco Di Masi
del pasticciere Carmelo Caratozzolo fiore all'occhiello del "Menù reggino anno 2015" sbarca all'EXPO. La "Torta Mamertina"
L’
EXPO di Milano 2015 si arricchisce ulteriormente di un prodotto gastronomico nato dall'ingegno, dal gusto e dalla tradizione locale di un pasticciere di Oppido Mamertina(RC).Successo in pasticceria ottenuto durante la Kermesse enogastronomica "il Gusto degli Stretti", oragnizzata dall'associazione "Opportunity" con il patrocinio della Provincia di Reggio Calabria,svoltasi agli inizi del mese,di fronte al panoramico e splendido scenario della Torre Nervi sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria."LA TORTA MAMERTINA",dolce ideato e creato nel laboratorio del giovane pasticcere oppidese Carmelo Caratozzolo che per la sua bontà e squisitezza è stato inserito nel percorso del Menù reggino e che farà bella mostra e non solo,di se,all'Esposizione Universale 2015 di Milano. Nei due giorni dedicati alla promozione e valorizzazione dei prodotti alimentari del territorio provinciale,numerosi sono stati i partecipanti che in diversi momenti e in diverse aree attrezzate hanno fatto conoscere ed assaporare le originali eccellenze gastronomiche al numeroso pubblico presente. La competizione, messa in campo da "Il Gusto degli Stretti",tra Cuochi,Pasticcieri,sia Junior che Senior ha visto gareggiare divisi per categoria i sapori, gli odori e il gusto nella preparazione dei dolci e dei menù personali preparati. A giudicare la perfomace dei concorrenti è stata chiamata una giuria tecnica composta da giornalisti enogastronomici come:Giovanni
Caldara e Marco Lombardi, dalla D.ssa Patrizia Pellegrini Naturopata,dalla giornalista Rai Annamaria Terremoto e dal famoso Chef Andrea Golino unitamente ad una giuria di qualità rappresentata da addetti ai lavori e di esponenti del settore. Ai vincitori per categoria il plauso ed il privilegio di portare il gusto e i sapori della Provincia di Reggio Calabria all'EXPO 2015 di Milano che si protrarrà fino al prossimo 31 Ottobre. Ad insindacabile giudizio della giuria degustatrice,a sbaragliare la concorrenza agguerrita è stata nella sezione pasticceria, la creazione del pasticcere Caratozzolo con la sua "TORTA MAMERTINA" dal gusto originale all'olio di oliva ingrediente fondamentale di produzione locale che sposato agl'ingredienti della classica spasticceria tradizionale esaltano e conferiscono un sapore unico, originale e mediterraneo al dolce degno di concludere qualsiasi tipo di menù ed in modo particolare il coronato "Menù reggino 2015" e di rappresentare con onore l'enogastronomia della nostra Provincia alla più importante esposi-
zione a tema alimentare di tutto il pianeta. Dopo l'ITIS,che rappresenterà l'istruzione calabrese,un ulteriore perla e un'altra bandiera oppidese si va ad aggiungere con questo successo ai partecipanti all'Expo 2015. Con orgoglio, così si esprime il Primo cittadino di Oppido Domenico Giannetta: "sono felicissimo e onorato di poter vantare eccellenze del genere, un ragazzo che si è fatto da se e che raggiunge questi traguardi tenedo alto il buon nome della nostra cittadina, rappresenta la tradizione,la cultura e l'operosità oppidese che partecipa ad eventi Nazionali ed Internazionali a dimostrazione che l'arte pasticciera della reggina Oppido ha trovato terreno fertile necessario a far rifiorire le eccellenze che noi come amministrazione tuteliamo ed incentiviamo per la crescita socio-economica del nostro paese e della nostra Regione. L'ufficiale promozione del "Menù reggino anno 2015" e la "TORTA MAMERTINA", possano essere veicolo di un inizio di riscatto economico e sociale della Provincia e di tutta la Regione Calabria".
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Varietà di pizze
Pizza alla frutta
Pizze al taglio
Sfriguliando in cucina di Gianluca Iovine
S
Che Pizza !!!
Notizie e curiosità intorno ad uno degli alimenti più amati al mondo
e questo pianeta dovesse cercare con un solo sapore di rappresentarsi ad altri mondi, forse basterebbe pensare alla pizza napoletana. Perché la pizza ha una semplicità apparente e una complessità fisica, che la rende esposta a più valutazioni proprio per quella sua capacità di regalare sensazioni sempre diverse, addirittura contraddittorie. Tutti pensiamo di conoscerla bene, ma forse abbiamo in mente una pura astrazione, lontana da una realtà fatta di sapori acidi graziati dal calore del forno in mattoni e dall’aroma del legno arso, o dalla precisa scansione di tempi e modi di preparazione. E sì che già fattori come qualità dell’acqua, composizione del lievito, fattura dell’impasto, scelta del pomodoro e della mozzarella, grado di cottura e presenza del cornicione, hanno generato variabili e varianti infinite, cosa che ha costretto il mondo della gastronomia italiana e napoletana in particolare, ad accordarsi su una serie di valori, che nel tempo, ha generato un disciplinare. L’Unione Europea, anche se in ritardo, ha dato credito a un’operazione culturale attesa da tempo. E da quando esiste la pizza napoletana DOP le cose sono più chiare, persino più democratiche: si può cercare la pizza al taglio al Vomero, magari vicino al vecchio stadio “Collana”, o avventurarsi in uno dei tanti elettroforni dove fare uno spuntino notturno a pochi passi dai locali di Chiaia. Ci sono trattorie dove la pizza è rustica, sincera, ottima, e sbagliata come può essere sbagliata la fontana di Piazza Sannazaro per chi cerca con lo sguardo uno spicchio di mare anche prima dell’alba. Una volta stabiliti spessori, consistenze, dimensioni, preparazione e assaggio si alternano nella mente di chi siede al tavolo ingannato dal rituale magico delle mani che schiacciano, stendono, farciscono, bagnano, infornano e sfornano un cerchio di pasta cotto per pochissimo a temperatura elevata. Un pasto ricco, sano, senza tempo. Ciò che di solito in cucina si nasconde, come in Giappone con il rito del sushi, a Napoli è trasparente bellezza, tanto da mettere in secondo piano lo spettacolo tricolore che fumerà nel piatto. Un autentico film nel film, come in “Effetto Notte” di François Truffaut. Qui chimica, fisica e matematica sono alla base di qualcosa che resta in bilico tra arte pura, artigianato della tradizione e banale necessità di placare la
Pizza Taco
fame di ogni giorno. Cibo povero per eccellenza, e creazione di strada da mangiare ripiegata a portafoglio nei vicoli del Centro Storico di Partenope, dopo aver conosciuto un passato remoto in cui era solo piatto dove mangiare e non cibo, la pizza è diventata, nel tempo, cibo per regine, tendenza gastronomica, virus culturale capace di contaminare e colonizzare gusti e cucine del mondo. Tanto per dire, oggi ci sono molte più pizzerie a San Paolo del Brasile che in qualsiasi altro posto al mondo. E pazienza se ormai sulla pizza ci si è posato di tutto, dall’ananas alla ‘nduja, dallo stoccafisso al limone: la pizza è di tutti noi, ci rende uguali e ci fa sentire amati. La pizza vuole bene ed è voluta bene dal mondo intero. Fermi, perché questa è solo una parte del racconto. Perché, come se la regia fosse del perfido Hitchcock di “Psycho”, la nostra protagonista scompare. Per un po’ non sentiremo più parlare di lei, e stavolta non c’entrano le coltellate di Norman Bates sotto la doccia, no. Stavolta alla pizza capita la sorte della crisalide. Si trasforma, con una piccola morte, in una cosa diversa, dolce, e incredibilmente persino più buona. “Casa Infante” è a Piazza degli Artisti e si capisce in un attimo che non è solo una gelateria, ma un’officina creativa. Qui l’acciaio si smorza in un testa di moro che è un continuo richiamo al cioccolato fondente. Domandi se è vera quella storia dell’ANSA, e Luigi ti guarda come se avessi detto la parola d’ordine. Ma niente cialda però. In un secchiello da due euro e cinquanta una ragazza dagli occhi di Medio Oriente lascia andare un impasto cremoso, candido, profumato, screziato di rosso e crema. Piccoli pezzi croccanti di impasto, sparsi come granella di nocciole e la sorpresa di un origano gentile al palato. Il gelato alla pizza è dolce, croccante e spumoso, con sentori di fragola dato dal pomodoro candito e di gelato al fiordilatte, dono della mozzarella. L’impasto è cremoso e profumato, come un gelato al pane assaggiato in una gelateria a Siderno, mesi fa. Nell’anno dell’Expo, questa invenzione italiana made in Naples è pronta a fare il giro del mondo, con una strizzata d’occhio alla cucina molecolare di Ferran Adrià e a certe sensibilità della chef Rosanna Marziale. Non è un colpo di stato ma poco ci manca. Un cambio di stato. E stavolta kebab e hamburger possono solo stare a guardare. Il mare del gusto bagna Napoli.
Sorbillo e Casa Infante creano il gelato alla pizza
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L'inizio del percorso
L'esterno de U ricriju
Lo spirito grecanico di Siderno
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uesta è una storia di tempi lenti e futuro, afa e brezza marina, profumi della terra e musiche antiche. E questa storia comincia dalla parti del Polifunzionale di Siderno, ancora lontani dal borgo vecchio, ma ormai già distanti dal mare. Sembra un pueblo, o un cortijo andaluso, questa piccola casa dai muri bianchi e grezzi e dalle tegole spioventi persa in uno spazio piano di ghiaia. Fuori, nei grandi vasi rettangolari, c’è spazio per agrumi e fragole, appena protetti dall’ombra di una tettoia incorniciata da grondaie in ferro battuto. Le tendine alla finestra sembrano buste colorate, come i sedici quadrati di vetro che rischiarano la porta di ferro. Entriamo. Il colore prevalente è il giallo aranciato, nelle luci e sui muri. Pochi quadri alle pareti, motti grecanici, premi. Fa caldo, ma neppure troppo, e si è sorpresi dal poco rumore degli altri ospiti e da una serie di attestati alle pareti. Un arco in mattoni conduce alla seconda sala, e una porta in fondo al piccolo giardino di piante e pietra. La lunga tavolata da dodici ha la tovaglia a quadretti di una volta, i copritavolo di pizzo e le sedie in legno impagliate. In un piccolo disimpegno dove si siede per parlare in pace, il tavolo è una lastra di cristallo poggiata sul fusto possente di un ulivo che è stato. Siamo già dentro una magia: la tradizione rurale e pastorale tornano, e con loro il legame mai spezzato con la Madre Grecia. E anche se siamo a poche centinaia di metri dalla marina, i sapori sono interamente di terra. Oggi che è più raro trovare i bicchieri a campana. Qui ci sono, da riempire con la brocca d’acqua di fonte, la gazzosa aromatica e il vino forte color ciliegia che rispetta senza coprirli i sapori forti di questa tavola. Un altro sprazzo di passato è quel coccio largo dove quasi alla fine del nostro percorso arriveranno una calda distesa di sureca e sasizza. E se solo pensi che oggi dovrebbero essere chiusi, capisci cosa voglia dire che “U Ricriju” è un club gastronomico, insomma un presidio Slow Food aperto solo ai soci, ma nell’accoglienza assomiglia alla casa di uno dei tuoi migliori amici. Infatti il sorriso di Francesco è spontaneo, come la domanda che fa a tutti su quello che prenderanno dopo gli antipasti. Perché molti si fermano prima e pochissimi hanno il coraggio di chiedere un primo o un secondo, dopo aver viaggiato tra i sapori di vari secoli. Lo sanno tutti che qui si mangia bene e tanto, e che gli antipasti superano ogni immaginazione, ma quello che trasforma una banale abbuffata in un percorso culturale e in un racconto gastronomico sono cuore e cervello di chi ha creduto nel significato delle proprie radici fin da quando era studente all’alberghiero. Mancava un locale che ti accogliesse con i piatti della tradizione e che ti facesse risentire i gusti dell’infanzia, e allora lui lo ha fatto nascere. Il tavolo da dodici è già composto, ma mentre alcuni invitati si fanno ancora attendere, una lunga teoria di piatti pieni è già posata in tavola. Il percorso, come lo chiama Francesco Trichilo, è un viaggio nelle radici, nei modi di cottura e nell’essenza di
di Gianluca Iovine
quello che chiamiamo cibo a chilometri zero. I piatti vengono presentati e portati, dopo che la prima ondata è stata consumata. Ogni cosa che vediamo ha una storia di lavoro e amore alle spalle. Vale per il pane che parte dal grano coltivato in famiglia e preparato in modo che abbia le venatura di una pietra a renderlo unico, e per le olive fatte riposare in una salamoia salata e piccante. Dei due maiali neri presenti in Calabria, ne esiste uno con le ghiandole simili a quelle di una capra. Ed è da quel suino che si ricava la ‘nduja, che qui preparano in un modo unico, e il lardo, lieve sulle fette di pane tostato. Neppure le frise con i pomodori sono normali, perché senti distintamente i cereali e finanche l’acqua e il calore che le ha fatte nascere. Così per i peperoni dolci e le frittelle di patate, per i broccoli affogati in olio fritto e il pane di patate. Passano i minuti con dolcezza, e il cibo non è mai pesante, perché poi la marmellata di agrumi sul caprino e le zucchine marinate in aceto sono antipasto alle storie raccontate, alla bellezza dello stare insieme, alle melodie antiche suonate con la lira o la chitarra battente, tra capricci d’amore e vendette giurate, dolore per la madre persa e bellezza della terra. La musica si lega ai sapori, alla ricotta di pecora e alla frittata, alle patate e cipolle cotte nella cenere, alla parmigiana di melenzane e al racconto mitico della capra cotta al calore della candela. Nella sua straordinaria avventura di chef stellato, il nostro ospite sa bene che per mantenere una credibilità, Francesco Trichilo con la lira chi si occupa di alta gastronomia oggi deve avere a cuore aspetto e proporzioni di ciò che propone, con una marcata tendenza a rendere rarefatto, pulito e purtroppo impersonale, quel che spesso ha una lunga storia, fatta anche di odori pungenti e faticosa consapevolezza. Francesco sa di musica antica e coltivazioni, di lingua grecanica e formazione. Quello che è diventato non l’ha trasformato in un personaggio da tv usa e getta. Le esperienze e la preparazione si sono fuse con gli impegni familiari, nella certezza che in nessun altro posto al mondo potrebbe essere così profondamente se stesso in cucina. E pazienza per quanti, da San Francisco a Melbourne, lo hanno richiesto per quello che Francesco rappresenta: lui preferisce restare qui e far del bene alla sua e alla nostra terra. Il liquore al cioccolato e al latte di capra è il segnale che il viaggio è finito Perché come dice quel cartello che abbiamo di fronte, Emìse immasto ecno ti trògome. Siamo quello che mangiamo. E quindi oggi prima di tutto siamo stati testimoni di verità e appartenenza.
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La Decorata Cornice della Piana di Diego Demaio
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Gallico Marina – Calanna – Podargoni – S. Stefano d’Aspromonte – Grotta Papa Silvestro – Gambarie
ssendo ormai arrivati alla conclusione della seguita rubrica, lo scrivente porge un doveroso ringraziamento agli affezionati lettori del Corriere della Piana che, per ben 30 numeri (dal lontano settembre 2012), hanno consentito, con il loro gradimento, di giungere a quest’ultimo itinerario. Usufruendo stavolta della comoda autostrada si andrà in direzione Reggio per uscire allo svincolo di Gallico. Dalla popolosa frazione del capoluogo si prenderà la statale 184 per iniziare a costeggiare l’omonima fiumara. Sempre procedendo verso l’entroterra si arriverà in breve a Sambatello per visitare la Chiesa parrocchiale, alla destra della strada, che custodisce la pregevole scultura, alta cm. 175 ed in marmo di Carrara, della Madonna delle Grazie (1585-1590) attribuita al grande artista siciliano Rinaldo Bonanno. Ripreso l’itinerario si giungerà al bivio di Mulini da dove, curvando a sinistra, si salirà alla vicina Calanna. Entrati nel paese si scenderà dalla macchina per raggiungere agevolmente i 564 m. dello strategico castello risalente al X secolo. Del panoramico maniero, che ebbe notevole importanza nel periodo bizantino, normanno e svevo, permangono resti delle mura di cinta, del fossato circolare e di profonde cisterne. Risaliti in auto si scenderà a Mulini per girare a sinistra e riprendere la 184. Procedendo verso Gambarie si transiterà dapprima da Laganadi e poi da Sant’Alessio per giungere poco dopo al bivio di Podargoni, dove si svolterà a destra. Raggiunta subito la quasi disabitata frazione di Reggio si visiterà la chiesetta che custodisce l’interessante scultura della Madonna del Bosco. La bella statua, alta 140 cm. ed in bianco marmo di Carrara, è anch’essa opera (1588-1589) di Rinaldo Bonanno.
Usciti dal paesino si ritornerà sulla nazionale per salire in breve ai 714 m. di Santo Stefano d’Aspromonte che ha dato i natali al patriota Domenico Romeo ed anche al brigante Giuseppe Musolino. Arrivati quasi alla fine dell’abitato si giungerà ad una curva sinistrorsa (poco prima di una visibile e non lontana edicoletta mariana) dalla quale si dirama, sulla destra dell’asfalto, una larga pista. Imboccata la digressione si parcheggerà la macchina per procedere a piedi, di qualche chilometro, sull’agevole e battuto sterrato. Tralasciando una prima diramazione sulla destra ed arrivando ad una seconda, sempre sulla destra e proprio in mezzo ad una curva, si lascerà la pista principale per scendere su un evidente sentiero che porta in breve al torrente Calica (o Ghàlica oppure Chalica). Guadato facilmente il piccolo corso d’acqua si giungerà immediatamente alla Grotta (o Cupola) di Papa Silvestro (o di San Silvestro) che ricade, nonostante la vicinanza col comune di Santo Stefano, nel territorio di Podargoni che, come già detto, è frazione di Reggio. Dalla remota Grotta, formata dall’abside ogivata (390 cm. di larghezza - 280 cm. di altezza - 190 cm. di profondità) di un’antichissima Chiesa risalente al secolo XII, ha avuto origine secondo la diffusa leggenda il culto della Madonna della Montagna di Polsi. Si narra, infatti, che Papa Silvestro avesse abbandonato Roma per vivere in eremitaggio nella Grotta. Dopo qualche anno veniva però richiamato dall’imperatore romano Costantino perché lo guarisse dalla lebbra. Il Santo Papa ubbidiva ma, prima di lasciare l’Aspromonte che tanto amava, nascondeva la venerata Croce ferrea, che era custodita nella Grotta, seppellendola nella lontana Valle di Polsi. Nel 1144, con la prodigiosa apparizione della Madonna, la Santa Croce veniva ritrovata dal genuflesso vitello del pastore cristinese Giuseppe Italiano. Sul posto del miracoloso rinvenimento veniva quindi edificata la Chiesa (oggi Santuario) della Madonna della Montagna. La sacralità del prodigio è stata poeticamente così descritta nel 1936 dal grande latinista taurianovese Francesco Sofia Alessio in Feriae Montanae: “ E, tra i cespugli d’una densa siepe dell’Appennino, un pio pastore vide un vitello dinanzi ad una Croce genuflesso, e col Figlio tra le braccia in un fulgore la divina Madre ” . - Traduzione riportata sull’opuscolo SANTUARIO MADONNA DELLA MONTAGNA DI POLSI edito nel 1988 - . Lasciato lo straordinario sito, che coniuga la bellezza dell’Aspromonte (è assai pittoresco il dirimpettaio torrente Mitta) alla religiosità calabra, si ritornerà a Santo Stefano per riprendere la macchina e salire ai 1310 m. di Gambarie. Scollinando dall’accogliente località turistica si declinerà infine, con la dovuta prudenza per il pessimo fondo stradale purtroppo da tempo senza manutenzione, nella nostra Piana. Con questo rientro si chiude la rubrica ”La Decorata Cornice della Piana” con la speranza di aver contribuito alla conoscenza ed alla valorizzazione del nostro meraviglioso territorio.
Millemiglia
Alterego Viaggi