Corriere della piana - n.5

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Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 5, Dicembre 2012 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999

solo € 1,5 0

Palmi, i siti UNESCO e la Calabria Marcia antimafia a Polistena Luci e ombre

Il fascino e la magia del Natale nelle tradizioni calabresi

Buone Feste

mostra a Catanzaro: Cesare Berlingeri Ghiacci ed Ombre

Stillitani: fondi FES, pioggia di soldi e nuovi posti di lavoro

Un piccolo grande uomo, Padre Alessandro Nardi


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Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663


Corriere della Piana del 20 Dicembre 2012

sommario

Riceviamo e pubblichiamo

Lettera al direttore

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arissimo direttore anzitutto un vivo plauso per il Suo periodico e per gli argomenti scelti finora, tutti di notevole interesse per il nostro territorio, da sempre, nel bene e nel male, bistrattato dagli organi d'informazione. Abbiamo condiviso ed apprezzato quanto ha scritto Salvatore Greco, finalmente uno di noi che smette di parlare del sesso degli angeli, affidandoci le sue riflessioni su probemi primari, come quelli che riguardono il continuo degradarsi dell'identità dei luoghi in cui viviamo. Riflessioni meditate percorrendo in lungo e largo le nostre contrade e documentate con l'aiuto del mezzo fotografico in un suo particolare archivio, dove le immagini, esulando dal materiale cartaceo consueto ai depliant stampati a spese degli enti pubblici per un fenomeno turistico di moda che non ha saputo dialogare per niente con il territorio circostante, sono racchiuse e codificate, idonee alle nostre comuni riflessioni, allo scopo di fornirci una necessaria visione d'insieme. Una visione che possa così uscire dal consueto paesaggio di carta, dove le memorie del passato non vengono commentate con le solite frasi ridontanti di sterile retorica. Visione che possa aiutarci a vedere oltre, dove il bosco di olivi esca dalla consueta immaginazione letteraria, dove il Parco degli olivi appaia sterile utopia, portandoci a pensare seriamente a "un giardino produttivo cooperato da una moderna fabbrica di olio". Ancora congratulazioni e tantissimi auguri. Natale Zerbi, Giardiniere a Villa Zerbi in Radicena Taurianova.

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Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati

Redazione Hanno collaborato a questo numero: Filippo Speranza, Mara Cannatà, Carmen Ieracitano, Michele Ferraro, Rocco Militano, Giovanni Rigoli, Gianluca Sapio, Caterina Sorbara, Cecè Alampi, Diego Demaio, Salvatore Greco, Gaetano Mamone, Mina Raso, Alvise A.Cirigliano Emma Ugolini, Giusanna Di Masi, Luigi Cordova, Mariangela Rechici, Nicola Alessio Foto: Diego Demaio, Free's Tanaka Press Salvatore Greco, Gianluca Sapio, Ferdinando Mamone Grafica e impaginazione: Mariachiara Monea Stampa litotipografia: Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 cordovaluigi@alice.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) e-mail: corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 17-12-2012

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Editoriale Stillitani: 15.000 nuovi posti di lavoro I siti UNESCO e la Calabria. Lotta alle mafie: I rimedi peggiori dei mali

9 Marcia antimafia a Polistena 10 "Dire e non dire"

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Gratteri e Nicaso

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Agricoltura: Crisi e prospettive

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Tra I.M.U., redditest e legge di stabilità Destinazione Africa Il Natale nella Piana del Tauro La magia del Natale di una volta Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

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Il mondo dei minori Tra diritti negati e contemplati Regioni e politiche familiari Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia Dipendenza affettiva Inaugurazione dell'istituto "Monteleone Pascoli" Padre Alessandro Nardi Il "piccolo" grande uomo Festa S. Cosma e Damiano premiati medici ed intellettuali Arte: Cesare Berlingeri Oreste Kessel Pace presenta a Bagnara "Scilla" Nuove scoperte archeologiche a Medma Jack Alviano presenta il tour 2013 "Rino Gaetano nel cuore" La decorata cornice della Piana (3)

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Editoriale

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Bersani trionfa in una Calabria al default Made in Calabria e agevolazioni per chi acquista calabrese

di Luigi Mamone

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a recente kermesse preelettorale del centrosinistra, conclusasi con la vittoria al ballottaggio di Pierluigi Bersani, al di la dei toni trionfalistici della prima ora, non deve illudere più di tanto il popolo del centro sinistra sulla possibilità di invertire un trend di crollo dei consensi verso i partiti ritenuti – non a torto – tutti corresponsabili, con l’azione o l’omissione, del degrado della qualità della vita e della proposta politica italiana. La fugace (forNella foto l'On. Pierluigi Bersani se) comparsa sulla scena di Matteo Renzi ha si ravvivato uno scenario altrimenti spento e stantio, ma non si può assolutamente pensare che l’intelligencjia PD e quella di Vendola, unitamente alle altre costole di centro sinistra, abbiano espresso nulla di realmente nuovo in termini di proposte per il cambiamento del paese. Belle e suggestive molte argomentazioni che – soprattutto con Vendola – hanno ridato qualche attimo di speranza a quel proletariato oggi in forte espansione. Nulla però di serio e di concreto in ordine a due argomenti importanti e sui quali avrebbero dovuto essere più chiari. La riforma del sistema elettorale e le linee di una politica finanziaria che – dopo il tragico salasso del Governo Monti – vede i ceti operai e medi a rischio di povertà, la disoccupazione aumentata al livello più alto degli ultimi 40 anni, il PIL diminuito e la presenza delle grandi spinte speculative globalizzate accentuata oltre ogni ragionevolezza. Sul tema della riforma elettorale, la sinistra (ed in ciò è esecrabile tanto quanto Berlusconi, i berlusconoidi e la Lega) glissa. E lo fa in malafede! Perché non ha la volontà di arrivare a elezioni con criteri nuovi e sperando – essa pure – di gestire a suo favore la prassi dei nominati per il Parlamento e al Governo. In tema di politica economica non dimentichiamo che Bersani fu un Ministro del Governo Prodi e non fece certo sfracelli, legando il suo nome solo a riforme di facciata: il “Decreto Bersani”, figlio di un formalismo becero pari o peggiore di quello che esprimeva Brunetta – e che di fatto impone a tanta gente, in nome di una trasparenza di facciata, di sottoscrivere una miriade di dichiarazioni e di consensi informati che, nella prassi tali non sono. Come capita a chi va ad assicurare una macchina, costretto a firmare decine di fogli inutili. Come capita ai professionisti, costretti a periodici incontri di asserita formazione nel corso dei quali vengono attribuiti i famigerati crediti formativi: punti alla fin fine legati solo alla presenza per la firma al momento dell’inizio e poi alla fine dei lavori: formazione continua che costringe gli ordini professionali a impostare decine di meeting e di convegni utili solo

al proprietario dell’Hotel presso il quale, di volta in volta, viene affittato un salone per conferenze, e a qualche cattedratico chiamato a far da relatore e che – vivaddio! grazie a Bersani – gode per qualche ora della luce, sia pur disattenta e sbadigliante, di variegate ribalte provinciali. Per questo, adesso Centro destra e Centro sinistra sono facce della medesima medaglia: immagine di una casta cialtrona e attaccata alla poltrona. Nessuno escluso. Neanche Grillo, stranamente silenzioso – come tutti quelli del suo movimento – sulla necessità di operare la riforma prima del voto di primavera. Le problematiche serie, quelle alle quali si lega il destino dell’Italia, passano attraverso politiche di rilancio dell’economia e di difesa, protezione, valorizzazione e riconversione delle economie delle periferie, quali che siano. Tutto ciò che non è metropolitano è periferico. Economia periferica quella della Calabria e quella del Friuli, quella della Sicilia e quella del Trentino, per intenderci. Solo così, scavando una trincea contro le speculazioni di quelle banche d’affari – così care a Monti – e che controllano il mercato globalizzato e condizionano i mercati, si potrà pensare di aiutare le produzioni nazionali a risollevarsi. In ogni regione vi sono nicchie di produzioni artigianali o industriali destinate al mercato del largo e generale consumo. Ebbene, queste aziende devono essere difese e tutelate. I loro prodotti, nell’ambito della distribuzione regionale, dovrebbero godere di agevolazioni fiscali al fine di incentivarne il consumo. I calabresi, noi per primi, dovremmo far cartello. Al supermercato scegliere e acquistare solo ciò che è prodotto in Calabria. Il Made in Calabria può soddisfare le esigenze della spesa quotidiana e settimanale. Paste alimentari, olio, vini, carni, latte, prodotti caseari, carni insaccate, conserve di frutta, marmellate, torrefazioni di caffè, passate di prodotti freschi, legumi e salumi, e anche detersivi. Tutto quanto serve in ogni casa viene prodotto anche da aziende calabresi. Aiutiamo gli imprenditori calabresi dicendo no a tutto quanto non è Made in Calabria, a tutto quanto calabrese non è. E anche per le aranciate: non comprare al bar o al market quelle in lattina prodotte al Nord e che, di fatto,sono acqua sporcata con qualcosa che puzza d’arancia: si può fare un pieno di salute con una spremuta di agrumi freschi. Siamo i migliori produttori al mondo di arance e – per colpa della politica e delle mafie- non si riesce a vendere il prodotto a prezzi decenti. In casa o al bar basta uno spremiagrumi! Se fossimo solo un po’ meno ottusi, in Calabria ci sarebbero tantissime fabbriche nelle quali da un cancello entrerebbero i camion con gli agrumi e dal cancello opposto uscirebbero altri camion con lattine d’aranciata da vendere in tutto il mondo. Tanti posti di lavoro e tanto benessere e minor spazio per le mafie. Ma siamo veramente così ottusi ? …forse no… forse siamo solo un pò codardi… Ma di tutto questo a Berlusconi, Bersani, Grillo e Scopelliti vari non gliene importa nulla. E le mafie ringraziano… Mentre Monti e Napolitano ignorano un progetto, “Italia Solidale” che, se attuato, avrebbe dato ossigeno a milioni di Italiani e altrettanti introiti avrebbe prodotto alle casse dello Stato. Ma a loro non importa. Un popolo in miseria è più facilmente ricattabile.


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FONDI FES: pioggia di denaro per la Calabria

Stillitani: 15.000 nuovi posti di lavoro

di Carmen Ieracitano

Novità che, in un momento come questo potrebbero giungere come ambrosia alle labbra di assetati, sono state illustrate lo scorso 6 Dicembre a Cittanova, presso il Polo Solidale per la Legalità. Così è, specialmente, quando si parla di occupazione giovanile, ma non solo. Novità che giungono direttamente dall’Assessore regionale al Lavoro, On. Francescoantonio Stillitani, che ha scelto la cittadina della Piana per illustrare il nuovo progetto che la regione, grazie a 161 milioni di euro provenienti da fondi FES, ha messo a punto col titolo di “Lavori in Corso-Misure a sostegno dell’occupazione in Calabria” e che si propone l’ambizioso obiettivo di creare ben 15100 posti di lavoro. Numerose le presenze di personalità politiche e non all’iniziativa, patrocinata dal Consiglio e dalla Giunta Regionale, dall’Associazione culturale Nuovi Sentieri, nonché dal Comune di Cittanova e dall’Associazione Città degli Ulivi. E diversi gli interventi e i saluti, moderati dal giornalista Giorgio Neri, tra cui ricordiamo quello del Sindaco di Cittanova, Alessandro Cannatà, del Sindaco di Melicuccà e Presidente di Città degli Ulivi, Emanuele Oliveri, del Sindaco di Giffone, Aristodemo Alvaro, del Consigliere di San Procopio, Francesco Tripodi e dell’On. Giovanni Nucera, Segretario questore del Consiglio Regionale della Calabria. Tutti interventi che hanno preceduto l’illustrazione vera e propria del progetto da parte dell’On Stillitani. Nel dettaglio, dieci bandi di concorso destinati a diverse fasce di lavoratori, due dei quali di imminente uscita, per dieci diverse azioni. Si va da una dote occupazionale per giovani laureati fino a 35 anni residenti in Calabria ad incentivi alle imprese per la stabilizzazione di lavoratori assunti a tempo determinato, dall’erogazione di contributi per l’assunzione a tempo indeterminato di percettori di ammortizzatori sociali, donne, immigrati, ex detenuti e over 50, a un fondo di garanzia per lavoratori svantaggiati, molto svantaggiati e disabili, da contributi alle aziende per la formazione

di apprendisti, ad incentivi per l’inserimento di persone con disabilità, a famiglie con anziani oltre gli 80 anni o non autosufficienti in materia di servizi di assistenza alla persona, alle persone per la promozione dell’autolavoro, fino ad azioni di supporto dell’iniziativa piani di lavoro per disoccupati e inoccupati. Un programma completo che l’On. Stillitano ha illustrato con dovizia di particolari, precisando che non ci saranno graduatorie per l’accesso ai fondi che verranno erogati ai richiedenti aventi i requisiti richiesti fino ad esaurimento, e non risparmiando anche frecciate al governo Monti ed, in particolare, al Ministro Fornero. Alla fine dell’incontro, l’Onorevole si è anche intrattenuto con una delegazione di lavoratori LSU-LPU, categoria con forti disagi dovuti alle mancate stabilizzazioni, cercando di dare a tutti risposte quanto più possibilmente chiare ed esaurienti. In seguito, abbiamo ritenuto opportuno rivolgergli personalmente qualche domanda riguardo al progetto presentato. On Stillitani, la maggior parte degli incentivi si rivolge principalmente alle aziende, alle quali poi va il compito di assumere. E’ possibile così scongiurare il rischio di cadere nella mentalità delle solite assunzioni di favoritismo? Le aziende possono scegliere chi vogliono, con il solo divieto verso le parentele fino al terzo o quarto grado, purchè gli assunti abbiano i requisiti richiesti dal bando per il quale si è presentata domanda e di cui si è ricevuto beneficio. Lei ha parlato di assenza di graduatorie. E’ un esempio di semplificazione burocratica sul modello Renzi? La burocrazia (Stillitani sorride) è uno degli ostacoli principali allo sviluppo, lo dico soprattutto da imprenditore. Fare impresa in Calabria e in Italia è già in sé un’ardua impresa per questo motivo. Leggi poco chiare, lungaggini burocratiche, incompetenza dirigenziale. Con l’aggravio del fatto che molto spesso l’imprenditore viene considerato come uno sfruttatore. E’ stato anche molto pungente con l’attuale governo e il Ministro Fornero in particolare. Cosa contesta a questa riforma e quali pensa che ne saranno le conseguenze sulla già provata economia calabrese? Aldilà di quelle che possono essere le conseguenze o meno della riforma Fornero, io ce l’ho col Ministro soprattutto perché non ha rispettato gli impegni presi con la Regione Calabria. Ci era stato promesso che lo Stato si sarebbe fatto carico per intero dei fondi per i percettori di ammortizzatori sociali che sono 20.000. Solo dieci giorni fa ci è stato comunicato, senza spiegazioni né possibilità di replica, che non c’erano soldi per noi. Cosa si aspetta dalle prossime elezioni e dal nuovo governo. Auspica un’ulteriore riforma? Non saprei dirle. Chiunque verrà si troverà davanti un arduo compito di fronte a questo odierno sfacelo e lo affronterà come riterrà opportuno, chi vivrà vedrà. Io posso dirle soltanto che per creare lavoro c’è bisogno di creare sviluppo economico e che questo passa necessariamente per l’incentivazione all’impresa. A tal fine è proprio ciò che noi stiamo cercando di fare con questo progetto qui in Calabria.


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di Rocco Militano

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’ stato un evento di rilevanza nazionale, oltre che di elevato significato culturale ed unico per l’ufficialità della Regione Calabria, la due giorni del 23 e 24 novembre sul tema scelto dall’Assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri “Punto d’incontro-Patrimonio e sviluppo Sostenibile. I siti UNESCO e la Calabria“ per celebrare a Palmi la Settimana per l’Educazione allo sviluppo sostenibile, proclamata come ogni anno nel mese di novembre, sotto l’egida ed il coordinamento della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO. La Settimana UNESCANA fa parte di una grande campagna lanciata dalle Nazioni Unite nel 2005 titolata “Il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile” per sensibilizzare tutto il mondo verso la necessità di un futuro più equo ed armonioso, rispettoso del prossimo e delle risorse del pianeta, e per valorizzare il ruolo dell’educazione nella diffusione di valori e competenze orientati ad uno sviluppo sostenibile, individuato quest’anno per la Calabria, appunto, nell’incontro con i patrimoni culturali. L’evento è stato così l’occasione per un impegno corale, autorevolissimo per la rete di Istituzioni politiche, organismi scientifici e comunità locali che si è costituita sui percorsi di valorizzazione di quelle eccellenze materiali ed immateriali, ambientali e paesaggistiche calabresi, unificate come punto d’incontro tra lo sviluppo sostenibile ed il patrimonio rappresentato dai siti Unesco calabresi: il Duomo di Cosenza, già riconosciuto Luogo di Pace; la Dieta Mediterranea, iscritta nelle liste del patrimonio culturale immateriale dell’umanità come stile di vita di quattro regioni internazionali che si affacciano sul Mediterraneo; la Festa della Pita di Alessandria del Carretto, in selezione a Parigi nel 2011 assieme ad altre nove proposte; il Parco della Sila, inserito nella Tentative List dell’Unesco e candidato al programma MaB (“Man and Biosphere”); le Minoranze Liguistiche (grecaniche, occitane ed albanesi) e la Festa della Varia di Palmi, nell’ambito della Rete delle grandi

I siti UNESCO e la Calabria

Manifestazione evento organizzata dal Comune di Palmi e dalla rete delle grandi macchine a spalla italiane Macchine a spalla italiane. Nella manifestazione così concepita per la responsabilità scientifica di Patrizia Nardi, esposti dai singoli rappresentanti i caratteri dei diversi patrimoni, in principale evidenza è emersa la festa della Varia, non solo per la sede dell’evento nella Casa della Cultura di Palmi, ma soprattutto perché proprio a sostegno di questa candidatura di Rete (nata nel 2005 da un interscambio tra scuole, capofila il Comune di Palmi) il Consiglio Direttivo della Commissione nazionale UNESCO, con deliberazione del 28 marzo 2012, ha determinato che essa sarebbe stata l’unica proposta dello Stato Italiano in vista della selezione che il Comitato Intergovernativo effettuerà a Parigi a novembre 2013 per attribuire il più alto riconoscimento unescano di patrimonio immateriale dell’umanità! Sarà così il primo sito UNESCO riconosciuto alla Calabria, oggi sola regione italiana ancora totalmente priva dei riconoscimenti di maggior valore, che per questa concreta ed imminente aspettativa ha finalmente attratto il convinto interesse istituzionale della Regione Calabria, della Provincia di Reggio Calabria, oltre che del Comune di Palmi, che hanno affiancato le associazioni sostenitrici e firmatarie della candidatura, spontanei rappresentanti l’intera comunità locale riconosciutasi in legame identitario con tale patrimonio comune, espressione di cultura profonda da salvaguardare, valorizzare e trasmettere alle future generazioni. In stile talk show e con rapide risposte sugli argomenti posti dai due giornalisti conduttori, Damiano Tripodi e Ugo Floro, si sono così, su questi temi, confrontati il Sindaco di Palmi, Giovanni Barone, che ha ribadito l’impegno a salvaguardare e sostenere in chiave di sviluppo il patrimonio immateriale identitario che la Festa della Varia rappresenta per i palmesi; il rappresentante della Provincia, Vice Presidente del Consiglio Giuseppe Saletta, il quale ha garantito l’impegno pieno dell’Ente a sostegno della festa per la celebrazione di agosto 2013; il Vice Sindaco e assessore al Turismo del comune di Palmi Giuseppe Mattiani, che ha richiamato lo straordinario valore del brand UNESCO in chiave di promozione turistica della città, e poi il direttore del Word Hermitage UNESCO Francisco Lopez Morales, componente qualificato della Commissione intergovernativa, il quale, in diretta audio-conferenza dal Messico, ha concluso il suo saluto con un messaggio, non di garanzia ma certo più che di speranza fiduciosa, dichiarando l’evento “un successo questo vostro incontro importante che condivido e sostengo perché prodotto dalle comunità”! Il lungo applauso dell’auditorium della Casa della Cultura che ha accolto le sue parole ha suggellato il riconoscimento pieno delle potenzialità dei patrimoni culturali rappresentati, come risorsa condivisa di sviluppo territoriale sostenibile e, quindi, riconosciuto punto di Incontro della prima giornata di lavori tra le Istituzioni e la Comunità tecnico-scientifica, rappresentata da Fabio De Chirico, Soprintendente ai Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria; da Mirella Marra, Direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria, che custodisce nella sezione di Palmi la catalogazione della festa; da Patrizia Nardi, coordinatrice della Rete delle Macchine a spalla; da Francesco Altimari del Dipartimento linguistica dell’UNICAL; da Antonio Montuoro dell’Accademia Mediterranea per la Dieta Mediterranea; da Enrico Marchianò del club UNESCO di Cosenza; da Vincenzo Arvia dell’Associazione culturale APS di Alessandra del Carretto; da Rocco Militano per la Presidenza nazionale dell’UNPLI, ONG accreditata dall’UNESCO ad esprimere parere sulle candidature, e da Giovanni Parrello responsabile dell’Area Turismo del


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Comune di Palmi e del procedimento amministrativo per l’evento Varia. E poi le conclusioni dell’assessore Mario Caligiuri il quale, dopo aver constatato con soddisfazione, nella linea politica attuale della Giunta Regionale, l’evidente superamento della antica sottovalutazione del fattore cultura in rapporto allo sviluppo sostenibile, ha evidenziato anche l’affrancamento culturale dal provincialismo – peccato antico dei calabresi – con l’intelligenza, l’impegno e la capacità di oggi di lavorare sui patrimoni esistenti in un’ottica di valorizzazione unitaria regionale, portata a sistema. La visita poi alla mostra fotografica, audiovisiva e documentale dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria, sapientemente disposta nell’androne della Casa della Cultura antistante la Pinacoteca Repaci, ha soddisfatto i desideri, gli interessi e le curiosità dei tanti ricercatori e studiosi presenti che hanno compiutamente apprezzato i rari documenti esposti, mentre, a poca distanza, le straordinarie immagini dei “patriarchi verdi del Parco Nazionale del Pollino” diffondevano la conoscenza ed il fascino di quel patrimonio di millenari rapporti fra Natura ed Uomo, e convincevano sulla necessità della conservazione della biodiversità e della valorizzazione degli aspetti culturali e storici legati ai grandi alberi, tutelati dal Parco sotto l’emblema del pino loricato. Gli studenti dei sette Istituti scolastici superiori del territorio della Piana che hanno aderito al progetto (Liceo Scientifico “R. Piria” di Rosarno; ITIS “Andrea Milano” di Polistena; Liceo Magistrale “G.Rechichi” di Polistena; Istituto Magistrale “C. Alvaro” di Palmi; IstitutoTecnico-Agrario-Professionale “Einaudi-Ferraris” di Palmi; Istituto d’Arte “M. Guerrisi” di Palmi, e Liceo Classico-Scientifico “Nicola Pizi” di Palmi) sono stati, con i loro interventi e quelli dei rispettivi docenti, gli attori ed anche i principali destinatari della seconda giornata dell’evento, organizzata con finalità didattiche-formative come punto di incontro per la trasmissione del Patrimonio rappresentato alle nuove generazioni. E’ seguita la visione delle emozionanti immagini della mostra fotografica in bianco e nero ritraente i sentimenti individuali e lo sforzo corale nel trasporto dell’Animella e della macchina della Varia da parte dell’intera comunità palmese. Poi è’ stata l’osservazione attenta del perfetto modello della macchina, ricostruita in scala su base in legno ed architettura in ferro ricoperta da cartapesta lavorata con la mica – con la terra al centro dell’universo, e con il sole, la luna e gli astri attorno ad essa roteanti secondo la concezione Tolemaica contemporanea alle origini delle macchine ispirate dalla Vara di Messina – ad introdurre il wor-

kshop per gli studenti, aperto dall’invito a conoscere direttamente le biodiversità e lo straordinario valore delle risorse naturalistiche e paesaggistiche del Parco della Sila rivolto da Angelita Bitonti, seguito poi dalla sottolineatura dell’importante sostegno dato alla candidatura dall’intera organizzazione dell’UNPLI – dalla Pro Loco di Palmi alla Presidenza nazionale – ricordata da Rocco Militano e Rocco Deodato. Le finalità educative, dirette a favorire la diffusione e la condivisione del dovere della salvaguardia e della trasmissione dei patrimoni presentati, e della festa della Varia in particolare, sono state poi ulteriormente perseguite con l’illustrazione dettagliata dell’origine storico-religiosa della festa della Madonna del Sacro Capello, espressione antica e sincera di devozione Mariana, da parte di Antonello Scarfone; con la spiegazione dei meccanismi della macchina della Varia attuale – inventata e costruita nell’anno 1900 dal cavaliere Giuseppe Militano – da parte di due anziani artigiani costruttori, Salvatore Di Francia e Nino Famà e poi con le narrazioni di Nino Anastasio, maestro di antica marineria, ultimo depositario della originale tecnica di legatura delle funi del traino. Si sono succedute quindi le dichiarazioni di fedeltà ai valori religiosi, culturali e folkloristici della festa da parte degli altri appartenenti al Sodalizio della Varia con il presidente Antonio Mura, l’Animella dell’edizione 1966 Cettina Parrello ed il Padreterno Vincenzo Solano dell’edizione 1996; da parte dei Mbuttaturi con Rocco Deodato, e da parte del Comitato cittadino “11 gennaio 1582” con Laura Bonasera che, rivendicando il risultato di oggi, ha richiamato le difficoltà della raccolta fondi per il pagamento dell’opera di catalogazione della festa. A chiusura dell’evento l’Associazione Amici della Musica ed AMA Calabria, soci del CIDIM – Comitato Nazionale Italiano Musica – dal 1981 riconosciuto dall’Internazional Music Council in partnership ufficiale con l’UNESCO, hanno presentato un concerto del Duo pianistico Francesca Scicchitano – Antonio Matarazzo, che il pubblico ha voluto applaudire in uno con l’intera manifestazione unescana, già iscritta tra le iniziative regionali più importanti dell’attualità per i riflessi sociali, culturali ed economici che riverserà non solo nel governo dell’intero settore culturale della Calabria, ma anche nel peso che sarà riconosciuto, attraverso la festa della Varia, alla Rete delle grandi macchine a spalla italiane, nel prossimo novembre, a Parigi, allorquando il Comitato Intergovernativo degli Stati parte della Convenzione deciderà le iscrizioni 2013 nella Lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.


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Marcia Antimafia a Polistena Luci ed ombre nella lotta alla ‘ndrangheta

Senza lavoro e crescita civile e culturale la mafia continua a proliferare. Urge concretezza e maggiori esempi di serietà dello Stato e delle Istituzioni in aiuto alle popolazioni di Luigi Mamone

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l 10 Novembre Polistena ha celebrato con una manifestazione imponente il proprio dichiarato impegno contro le Mafie. Un corteo composto da moltissime autorità e da migliaia di studenti convenuti tutti all’ingresso della cittadina pianigiana, alla periferia dove sorge la chiesetta della Catena, fin dalle prime ore del mattino ha gridato con slogan, canti e cartelloni, il proprio NO ALLE MAFIE!. No alle violenze di qualsiasi specie e, soprattutto, a quelle di matrice mafiosa. La mafia uccide le coscienze,annichilisce la dignità e soffoca ogni libertà – è stato detto. Per rendere più tangibile il senso – anche figurato – di un percorso di legalità, gli organizzatori della marcia e l’amministrazione del Sindaco Michele Tripodi, hanno proceduto ad una serie di intitolazioni toponomastiche, nomi eccellenti e già molto noti: Peppino Impastato, animatore in una radio siciliana di battaglie antimafia, Antonino Scopelliti, Magistrato di Cassazione, ucciso 23 anni fa mentre dal mare tornava alla natìa Campo Calabro alla vigilia di una requisitoria contro la Mafia palermitana (in quegli anni più gettonata della – allora stracciona – ‘ndrangheta), Don Pino Puglisi, Parroco nei quartieri popolari di Palermo, vittima egli pure della mafia

Lotta alle mafie:

errate politiche e necessità di autocritica

I rimedi peggiori dei mali

L’espansionismo della ndrangheta fu favorito dai divieti di dimora di Luigi Mamone

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e recenti operazioni antimafia, condotte in sinergia fra le procure DDA calabresi e di altre regioni d’Italia, hanno consentito agli attuali analisti del fenomeno criminalità organizzata, di affermare che le potenzialità di radicamento nel territorio nazionale delle consorterie malavitose – onnicomprensivamente classificate “ndrine”o, ancor più estensivamente, “‘ndrangheta” – siano state tali da consentire l’esportazione e il radicamento delle loro metodologie in aree geografiche italiane prima immuni da problematiche di tale tipo. In sostanza, dalle recenti cronache, emergerebbe il quadro di un allargamento a macchia d’olio della presenza di ndrine di ndrangheta in ossequio a una precisa strategia espansionistica, legata ad attività imprenditoriali, in origine lecitamente nordiste e oggi rilevate da meridionali oppure costituite ex

novo con fini apparentemente leciti, ma i cui fondi e le risorse di base sarebbero provento di precedenti attività delinquenziali oppure necessarie per mascherare l’illegittimità di altri proventi illeciti, frutto di correnti attività malavitose e fittiziamente fatti ricondurre allo svolgimento di attività lecite. Il quadro degli analisti non è errato. Manca però di un presupposto storico diacronico senza il quale il fenomeno finisce per essere letto in maniera incompleta: la scoperta e la conquista dei territori del Centro e del Nord dell’Italia da parte delle ndrine. Storicamente occorre andare indietro di una quarantina d’anni: negli anni ’70, quando ancora non si erano spente le eco della rivolta di Reggio e del Summit di Montalto, le ndrine, o meglio, in quegli anni, le cosche della Mafia, apparivano ancora profondamente legate alla terra e al controllo di porzioni di territorio, su cui ogni cosca o famiglia locale esercitava il proprio potere. Era una mafia fatta ancora di “uomini d’onore”, di padrini di paese, di pacieri, di mediatori di bestiame, prodotti agricoli e di olio. In quegli anni ancora non erano conosciute le potenzialità allucinogene della cannabis e non era reato coltivarla nelle estese piantagioni dove serviva a ricavare corde e un tessuto grezzo, “la tela di canapa”, con la quale erano tessuti i corredi delle ragazze contadine. Poi con i primi barbagli di attività imprenditoriali scoppiarono le prime guerre, e poco dopo iniziò la stagione della “anonima sequestri”. La misura che in quegli anni parve essere efficace e risolutiva del problema fu quella del “soggiorno obbligato”: il delinquente veniva mandato a dimorare obbligatoriamente in una determinata località lontana dal proprio territorio d’origine. Si sperava così di estirpare il bubbone. Era, con una colorata parafrasi del tempo, il tentativo di “strappare la gramigna e metterne a nudo le sue radici”, sperando che seccasse. Inizialmente i primi confinati poco capivano e praticavano di imprenditoria:


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siciliana. Comprensibile pertanto la presenza silenziosa, chiara manifestazione di dissenso dei familiari delle vittime innocenti della ‘ndrangheta nostrana. Essi pure uccisi nel corso di azioni criminali, ma di cui nessuno si ricorda. “certo – dice a mezza voce la figlia di un ammazzato dalla ‘ndrangheta in un paese del comprensorio reggino, “mio padre è di serie B, non avrebbe fatto notizia come fa notizia il nome di Impastato, di Scopelliti e di don Puglisi”. Lo sfogo induce a un momento di riflessione sulle tante facce della lotta alla mafia, la comunicazione, i professionisti della convegnistica antimafia e quant’altro fa da corollario e spettacolo ad una battaglia che lo Stato nei decenni

erano contadini o pastori, elementari e talvolta primitivi, che vissero reietti e isolati in qualche paese del nord il periodo del confino, contando i giorni per il ritorno a casa. Poi negli anni 80 e 90, lo strumento della prevenzione, da “obbligo di soggiorno” fu trasformato in “divieto di dimora” (nella regione di nascita o di residenza e in altre del meridione): centinaia di presunti mafiosi furono allontanati dalla Calabria e mandati a vivere in altre regioni, in luoghi da essi stessi scelti, dove spesso grazie a flussi migratori già vivevano gruppi di corregionali. Da quella misura, figlia di una visione superficiale del fenomeno, da parte del legislatore che la teorizzò e la impose, la ndrangheta ebbe la possibilità di radicarsi al centro e al nord, di calarsi nelle realtà di quelle aree e, alla lunga, di integrarsi senza recidere i contatti con le famiglie rimaste in Calabria (o in Sicilia). E’ stato come aver infettato organismi sani con un virus o un batterio, che si è sviluppato al punto da consentire oggi quelle operazioni nelle quali gli investigatori milanesi o di altre regioni del Nord parlano apertamente di cosche mafiose del nord e di presenza mafiosa o di metodi mafiosi. Un dato è certo: se tantissimi soggetti, con misure special preventive, non fossero stati mandati al Nord, le capacità di espansione ndranghetistiche sarebbero state ridotte e lentissime. I presunti mafiosi che Santillo e Malafarina definivano perdigiorno, nullafacenti e poco inclini a qualsiasi lavoro, proprio in forza di questo loro modo di essere, sarebbero stati poco inclini a uscire fuori dai confini del loro territorio per invadere aree geograficamente lontane e delle quali poco o nulla sapevano, nè potevano capire, culturalmente legati com’erano ai principi di una manovalanza cialtrona che aveva senso solo se esercitata al servizio del padrino del paese. La sottovalutazione

non ha mai voluto vincere. Si, non ha voluto vincere e spesso neanche ha voluto seriamente combattere, limitandosi a far da cronista stanco sulle scene di tanti delitti e sui campi di battaglia di sanguinose faide, annotando con certosina precisione quanto presente e da repertare sulla scena di crimini troppo volte preannunciati da segni premonitori di escalation di virulenta violenza. Emerge allora il dubbio: la marcia e la denuncia non bastano? Come si può oggi contrastare la mafia? La risposta è univoca: la crescita civile e culturale e soprattutto il lavoro. Ma domandiamo alle tante autorità presenti “senza lavoro e senza la volontà dello Stato di essere presente al sud al fianco dei giovani e dei disoccupati, come si può pensare di lottare seriamente la mafia?” L’incitazione e l’esempio certamente servono, specie per i ragazzi in età scolare e adolescenziale. Servono, ma non bastano. Oltre al Sindaco Tripodi, che ha ribadito la necessità della testimonianza e di una linea di fermezza contro ogni forma di malaffare, altri amministratori locali hanno confermato che il lavoro possa e debba essere la chiave di volta nella lotta alla mafia. Da Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole, da Lametia Terme, Gianni Speranza e da Rosarno, Elisabetta Tripodi hanno stigmatizzato, e con loro anche Don Pino De Masi, il parroco referente di Libera, e Adriana Musella di “Riferimenti”, la necessità di fare rete. La mafia vuole stendere una cappa di paura, di oppressione, di tenebra mortale. Essere uniti e gridare insieme il valore della legalità diviene allora l’unica arma per scuotere le coscienze. Ben venga allora, con questa chiave di lettura – anche la marcia antimafia di Polistena. Ma – sia chiaro – non è sufficiente. Occorrono azioni sinergiche volte alla promozione del lavoro stando vicini ai giovani. Ultima, ma non meno importante, – ogni consorteria – che opera per perseguire interessi propri o di un gruppo ristretto – può essere definita mafia. Anche le caste dei politici, in quest’ottica non sono immuni da sospetti.

sociologica del problema mafia o ndrangheta in quegli anni consentì ai picciotti di allargare il loro spazio di conoscenza e di operatività; di conoscere nuove realtà e di integrarsi in tessuti sociali ricchi e produttivi. Se oggi la ndrangheta è presente al nord, la ragione – nostro modo di vedere – è anche e soprattutto questa. Con e grazie alle misure di prevenzione furono create una miriade di teste di ponte di ndranghetisti in tutta Italia. Il resto è storia recente. E chi ha colpe per aver infettato in misura così devastante aree del paese immuni da presenze mafioso-ndranghetistiche, dovrebbe fare pubblica ammissione delle proprie responsabilità. Ai politici (sic...) attuali ricordiamo solo che la legalità si afferma attraverso la difesa della dignità del cittadino lavoratore. E i cittadini – soprattutto i giovani – oggi chiedono lavoro, lavoro e lavoro. Ahimè questo è il grido di tanti che urlano in un deserto. E di ciò – piaccia o meno a Sigg .professionisti della convegnistica antimafia – se non si corre ai ripari, riscoprendo strumenti sociali di intervento e rivalutando il troppo bistrattato Keynes, il malaffare, quale che sia, mafia, ‘ndrangheta o camorra non fa differenza, troverà nuova linfa per rigenerarsi. In Campania, dentro un bunker, i Carabinieri dei ROS hanno tratto in arresto un “boss” di appena 21 anni. Guardo la sua faccia in TV. E’ poco più di un ragazzo. Con lui altri arrestati poco più che ventenni. “Possibile che sia un boss?” mi chiedo. Poi guardo la faccia compunta di Mario Monti e quella paciosa da casalinga bavarese di Frau Merkel: gente che nulla sa e nulla capisce di mafia e di “ndrine” e che mai capirà che la mafia si combatte con il lavoro e la crescita civile e culturale, non favorendo le Mafie delle Banche d’Affari. Come in un film passo in rassegna i volti dei politici calabresi (teoricamente più preparati in materia, al punto che molti di essi vengono collocati nella commissione parlamentare antimafia) e dentro, incontenibile, monta una rabbia rabbiosa: livore che cresce da quando, con il Porcellum di Calderoli, Berlusconi e i suoi gerarchi mi impediscono di sentirmi cittadino che gode pienamente del proprio potere di scelta elettorale.


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L’ultima fatica letteraria del duo Gratteri & Nicaso, edita da Mondadori

“DIRE E NON DIRE”

La presentazione all’Archivio di Stato di Reggio Calabria

di Filomena Scarpati

I dieci comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati”, edito da Mondadori, è l’ultimo opera di Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto presso la DDA di Reggio Calabria, e Antonio Nicaso, Giornalista. Un binomio vincente di due professionisti che sul nostro territorio svolgono azione antimafia senza limiti, nè confini, anche se in ruoli completamente diversi. Affermazioni supportate dal contenuto di un libro destinato a divenire “best seller”per la ricerca accurata di un secolo e mezzo di storia della ‘ndrangheta legata alla mafia e alla camorra, che si pone come utile strumento di conoscenza per contrastare un fenomeno così radicato. Una realtà agghiacciante, immortalata nelle duecento pagine che nel pomeriggio del 15 Novembre, gli autori hanno voluto presentare presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria, in segno di gratitudine verso la Direttrice Mirella Marra, che durante l’incontro ha fatto da moderatrice. “Riconoscendo l’importanza di un lavoro da rendere alla collettività, si è resa disponibile fino al punto da facilitare la stesura del manoscritto” – ha detto Gratteri all’apertura della presentazione nel ringraziare Marra. “La decisione – continua il Magistrato – di spendere un’infinità di tempo negli archivi, nasce dalla necessità di non sbagliare la descrizione di un fenomeno che ha impedito l’evoluzione economica in diverse regioni d’Italia e in modo particolare in Calabria”. Il libro parte dall’esame dei “pizzini” (bigliettini) che favorivano la comunicazione tra ‘ndranghetisti e passa attraverso lo studio dei codici ritrovati durante perquisizioni ed arresti, necessario a comprendere le strategie della malavita organizzata. Ricostruire i cosiddetti “dieci

A destra: la copertina del libro del duo Gratteri-Nicaso In basso: il Magistrato Gratteri, la Dott.ssa Marra, direttore dell'Archivio di Stato, e il giornalista Antonio Nicaso (foto di Ferdinando Mamone

comandamenti della ‘ndrangheta” è stato uno dei primi obiettivi di Gratteri e Nicaso nella consapevolezza che solo attraverso la conoscenza delle loro regole si entra nei meccanismi che consentono di combattere queste forme di criminalità. “L’importanza della semiotica, sottolinea Nicaso nel suo intervento, ossia lo studio accurato del loro linguaggio, ci ha consentito di capire le strategie delle infiltrazioni in molti settori della vita sociale”. Il primo input che fece mettere in azione grosse famiglie di ‘ndranghetisti, fu l’arrivo dei finanziamenti della “Cassa per il Mezzogiorno” per la ricostruzione di Reggio Calabria dopo il terremoto. Alcuni maldestri, impegnati nell’ortofrutticola, macellazione e commerci vari, s’improvvisarono imprenditori, autotrasportatori, alzatori, per entrare nel business della ricostruzione a spese dello Stato e accrescere le loro ricchezze. La stessa strategia fu usata a Gioia Tauro, prima per la nascita del quinto “Centro Siderurgico”, mai realizzato e poi per la costruzione del Porto di Gioia Tauro. Alla logica dello spietato codice “dell’onorata società” si sostituisce la “logica del denaro”, ancora più aberrante. Le testimonianze di alcuni pentiti ci aiutano a capire di quali crimini efferati, mafia, ‘ndrangheta e camorra si sono macchiate. “Le vittime della lupara bianca venivano fatte a pezzi e date in pasto ai maiali lasciati senza cibo per una settimana – racconta un pentito con molta


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A sinistra: Don Mimmo Caruso, Parroco di Varapodio A destra: la giornalista Filomena Scarpati

freddezza - affinché mangiassero e digerissero anche i capelli per fame e non lasciassero tracce sottoponibili , s’intende, all’esame del DNA. Veniva anche usata una miscela fatta da benzina e nafta – menziona ancora il pentito nella dichiarazione dei suoi orrori riportati nel libro – che bruciando polverizza anche le ossa facendo sparire ogni traccia”. Sono pagine che si leggono con le lacrime agli occhi, presupposto scatenante di una forza interiore capace di dire “basta ad ogni forma di violenza”. Come unico codice il popolo calabrese riconosce il “Decalogo di Mosè”, che sancisce i veri principi e valori della vita umana, e la “La Costituzione Italiana”, che garantisce la “libertà” in senso pieno ad ogni singolo cittadino, che deve intendersi soprattutto come libertà da ogni forma di paura che la ‘ndrangheta cerca di generare con la violenza. Persino dietro le lunghe pause e le frasi lasciate a metà si nasconde la ferocia della strategia criminale e il rispetto di un preciso codice di comportamento che non è certamente quello della gente perbene, che avverte come unica paura l’assenza dello Stato, in alcuni casi, nella tutela della propria incolumità. Sono anche tante le pagine del manoscritto dedicate al rapporto ‘ndrangheta – politica e in alcuni casi alla connivenza tra questi due pianeti opposti e contrastanti. Rilevare che un interlocutore politico o istituzionale è un pachiderma che si nutre con i voti provenienti dal malaffare è una realtà dei nostri tempi, seppur limitata, contro la quale bisogna attuare misure necessarie a tutelare se stessi e la collettività. «Nel processo Olimpia degli anni Novanta, il generale Angiolo Pellegrini, allora dirigente della Direzione investigativa antimafia in Calabria, ricorda l’abitudine di alcuni politici calabresi, durante le campagne elettorali, di stringere la mano in piazza a chiunque». Per imboccare la via del cambiamento e dello sviluppo bisogna ribaltare ogni opinione o giudizio negativo che si possa esprimere sul nostro territorio, anche a costo di seri sacrifici che ci impongono una dedizione

seria, efficace, intensa, capillare e onesta nella consapevolezza che trattasi di una «…strada molto in salita ma tuttavia ancora percorribile. Il frutto dipende dal dovere civile della denuncia e dall’obbligo sociale della conoscenza. L’indifferenza e la quiete servono ad evitare allarmi, a favorire il formarsi e il consolidarsi di quella disattenzione di cui la ‘ndrangheta ha bisogno per rafforzare la sua morsa sul territorio». Le espressioni tratte dal libro di Gratteri e Nicaso, servono a rendere meglio il senso civico del comportamento, che deve porsi come bisogno collettivo necessario ad ottenere evoluzione, sviluppo e ricchezza economica. La presentazione che si è tenuta alla presenza del Presidente del Consiglio Regionale, Francesco Talarico, del Presidente della Provincia. Giuseppe Raffa, e di un folto pubblico, è terminata con la relazione di Maria Barillà, collaboratrice volontaria e ricercatrice presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria.


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Agricoltura: crisi e prospettive S.E.L. al fianco degli agricoltori riuscitissimo happening a Taurianova di Nicola Alessio

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rganizzato dal Circolo S.E.L. (Sinistra Ecologia Libertà) di Taurianova (RC) lo scorso 10 Novembre. Si è svolto presso la sala consiliare in Taurianova un convegno-dibattito sulle problematiche dell’agricoltura e sulle proposte per risollevare il mondo degli agricoltori. Coordinato dal Segretario di SEL, Filippo Speranza, con la collaborazione di Peppe Parrone, ha consentito di approfondire un contesto delicato e che interessa in maniera sostanziale un numero rilevante di cittadini. Dopo un necessario iniziale approfondimento tecnico-economico sull’aggravio dell’I.M.U. sui terreni agricoli con aumenti che – ha detto Speranza – è passata da 35 a 60 punti relativamente ai coefficienti di moltiplicazione, sottolineando come la Calabria registri un’I.R.A.P. (imposta regionale attività produttive), pari a 2,05 che porta la Regione ad essere la quinta più cara d’Italia. È stato evidenziato il passaggio sulla Legge di Stabilità, che annulla le agevolazioni fiscali che furono inserite con la Finanziaria 2007, con le società di capitali agricole che godevano della tassazione catastale, che passano alla tassazione tradizionale come da bilancio, quindi, rincari estremi nella tassazione, e viene depennata l’imposizione forfettaria per le imprese agricole che svolgevano trasformazione e manipolazione dei prodotti agricoli. Altro passaggio importante è la sottolineatura del prezzo degli agrumi, che schiavizza imprese agricole e braccianti: per capirsi, in un litro di aranciata sono presenti 3 centesimi di valore in succo e la bibita si vende a €1,20; e l’obbligo a partire dal 24 Ottobre di redigere i contratti agroalimentari, ennesimo adempimento burocratico. Filippo Speranza chiude con un accenno al contributo del Consorzio di bonifica, specificando che, in applicazione del principio di sussidiarietà di cui all’art. 117 Costituzione, dell’art.860 codice civile, secondo gli artt. 10, 11, 21 e 59 del r.d. n. 215 del 1933 e secondo la sentenza della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, n. 8960 del 1996, tale contributo non va versato in assenza

di miglioramenti fondiari. A seguire Salvino Moro, Presidente Regionale Associazione Agricoltura Biologica, ha intrattenuto i presenti porgendo attenzione sulla necessità di sviluppare l’agricoltura biologica e di spingere verso l’obbligatorietà dell’etichettatura per evidenziare l’origine del prodotto e differenziare il buon alimento da aggressive falsificazioni. Il Professore Micò, dell’Istituto Agrario di Taurianova, ha testimoniato l’interesse dei giovani verso l’agricoltura, ma tale interesse deve essere supportato da strutture scolastiche e da una formazione moderna finalizzata a “fare impresa” e dare linfa al settore. Quindi l’atteso intervento del Dott. Filippo Zerbi, Presidente del Consorzio di Bonifica, che prende atto dei ricorsi effettuati dai cittadini contro il pagamento del contributo e relaziona su un cambio di rotta del Consorzio sulla organizzazione degli uffici, sulla centrale idroelettrica, sulla volontà di ridare un servizio di pulizia e di assistenza a sostegno dell’agricoltura. In chiusura ha tratto le conclusioni Loredana De Petris, Responsabile Nazionale Agricoltura e Ambiente S.E.L., spingendo verso la realizzazione nella Piana di Gioia Tauro del Biodistretto, che in altre parti del Sud sta dando risultati notevoli agli agricoltori. Rilanciare una adeguata e salda organizzazione dei produttori per una giusta remunerazione del prodotto, ma per far questo bisogna, innanzitutto, bonificare la filiera agricola della Piana dalla criminalità organizzata, contrastare l'intermediazione illegale della manodopera straniera. E serve una vera ed adeguata politica agricola regionale che sostenga la strada della qualità, del marchio regionale, della filiera corta e che, per esempio, intervenga ora sulla questione degli agrumi convocando immediatamente un tavolo con la grande distribuzione, Coca cola e produttori per un accordo giusto ed adeguato sul prezzo di ritiro. Massiccia la presenza di cittadini e agricoltori che hanno posto numerose domande ritardando di oltre ore l’orario previsto per la conclusione dei lavori.

Circolo “Don Pietro Franco”

Centro servizi E.N.Te.L Ente nazionale tempo libero

Ufficio Zonale Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) info: 347.6954218


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Tra I.M.U., redditest e legge di stabilità Conti di fine anno

di Filippo Speranza

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bbene si, siamo a fine anno e necessita capire quello che è successo, facendo un rendiconto conclusivo, alla luce dell’apocalisse fiscale nella quale siamo capitati. Ricordiamo il secondo o terzo (per chi ha rateizzato) appuntamento I.M.U.; la scadenza del saldo è il 17 Dicembre e si paga con le aliquote approvate in sede di acconto o, se siete sfortunati, perchè il vostro Comune entro il 31 Ottobre ha rettificato le aliquote (in aumento ovviamente), dovrete fare un pagamento a conguaglio e pagare di più di quanto avete pagato in acconto. Tale situazione non è rara, purtroppo. Da qualche giorno, abbiamo un altro “protagonista fiscale” che è presente sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate: www.agenziaentrate.gov.it; precisamente, nella home page, nella sezione “primo piano”, troviamo il software del REDDITEST, che consente a tutti i cittadini di rapportare il reddito del nucleo familiare con le spese, per verificare se dal tenore di vita si possa evincere un comportamento da evasore fiscale. Le spese in oggetto e i dati da inserire nel REDDITEST spaziano dagli immobili agli investimenti; ecco un elenco non esaustivo: gli immobili, sia le abitazioni principali che altre abitazioni; spese per bollette luce e gas; autoveicoli posseduti e relative spese di assicurazione e canoni di leasing; premi assicurativi versati e contributi previdenziali obbligatori e facoltativi; spese per istruzione, sia scuola pubblica che privata; spese per circoli ricreativi, vacanze, cura della persona e abbonamento pay tv; spese mediche; costi per apparecchiature elettroniche, gio-

ielli preziosi; investimenti effettuati su terreni edificabili, azioni e imbarcazioni. Il software alla fine sentenzierà se il contribuente è coerente o meno e, quindi, a rischio di accertamento. Ma il tutto, ovviamente, non è lineare come sembra, in quanto basta aver ricevuto somme di denaro dal padre o aver ricevuto in regalo un’auto usata dalla madre che il REDDITEST partorisce risultati non coerenti, perchè non considera una serie infinita di risorse che possono intervenire in una famiglia. C’è da chiedersi quali misure adotterà il Governo per ridimensionare tali disfunzioni. Siamo arrivati al terrorismo fiscale, ma non si faceva prima a raccogliere capitali, recuperando l’evasione fiscale delle banche, che ammontava a 5 miliardi di euro e che gli istituti di credito hanno patteggiato e pagato, per la ridicola cifra, di solo 1 miliardo di euro. Malgrado tutto, ci avviamo a fine anno, che dal punto di vista economico, non è mai noioso, in quanto ci si avvia verso quella che una volta si chiamava “Legge finanziaria”. Ricordiamo che il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al disegno di legge sulla stabilità per l’anno 2013, prevedendo interventi per un ammontare complessivo quantificabile in circa 12 miliardi di euro. Anche in questo caso, il governo Monti “tecnicamente di parte” non si smentisce, e con qualche verniciata di equità fiscale procede a colpire i ceti meno abbienti. Annuncia la riduzione di un punto percentuale dell’aliquota IRPEF, quindi si passa per i redditi bassi fino a 15.000,00 dal 23 al 22% e per i redditi da 15.000,00 a 28.000,00 dal 27 al 26%; per poi dire in maniera giuliva STOP, quindi si lascia perdere il tutto e si procede a ridurre il cuneo fiscale relativamente al mondo delle assunzioni, vediamo che succede!!! Nessun retro-front, invece, sull’IVA, che passerà dal 01/07/2013 dal 21 al 22% per i beni ordinari; pertanto, è facile comprendere che il bilancio sarà negativo per le famiglie. Vi saranno nuove riduzioni su Regioni, pubblico impiego (blocco dei contratti fino al 2014), Sanità e Ministeri. Penose quelle relative alla Sanità (vedi fondi destinati ai malati di SLA, sui quali il Governo sta ponendo rimedio, dopo un’altra figuraccia, la più famosa quella degli “esodati”). Altra perla del Governo Monti il trattamento sulle pensioni di guerra e di invalidità, che saranno serenamente soggette ad IRPEF. Incredibile, ma vero. Facciamo notare una vergogna, ad oggi poco pubblicizzata, ma ci pensiamo Noi a sottolinearla, cioè che verranno stanziate disponibilità finanziarie per 300 milioni di euro, soldi dei cittadini, per il 2013 per far fronte alle penalità contrattuali derivanti dalla mancata realizzazione del ponte sullo stretto di Messina. Ringraziamo per questo, l’ennesima follia populista firmata Silvio Berlusconi. Tra le poche note di rilievo, la seguente: verrà, finalmente, attuata la Tobin tax, cioè la tassa sulle transazioni finanziarie, infatti, l’Italia rientra gli 11 Paesi europei che hanno voluto tale tassa, che però non era stata applicata. L’imposizione è un prelievo dello 0,05% sulle transazioni finanziarie; è evidente che tale aliquota doveva essere molto più alta e far pagare i grandi gruppi finanziari e non colpire l’IVA per le famiglie, blocco contratti o tassazione di pensioni di guerra. Comunque la pensiate e ovunque Voi siate, auguro a tutti Buon Natale e Buon Anno.


La testimonianza di una calabrese operatrice del volontariato

la Perigeo opera dal 2004. Appena arrivata, ho subito avvertito l’acre odore della terra che mi ha ricordato la Calabria … Quella splendida terra di casa mia, quando è scottata dal rovente sole estivo. Mi sentivo piccola rispetto a ciò a cui ero stata chiamata, ma nonostante i miei timori, non potevo non rispondere; così sono partita portando con me il calore e la disponibilità tramandatemi dalla mia gente. E proprio queste espressioni tipiche delle mie radici mi hanno aiutata ad entrare in contatto con tutte le persone incontrate, superando ogni barriera linguistica e culturale. Ospitati presso la missione cattolica di Kofele, nella regione dell’Oromya, Alessio, idraulico e Sergio, vigile del fuoco ed elettricista, hanno messo al servizio degli altri le loro esperienze lavorative, realizzando opere strutturali, presso la scuola di Kofele e la missione cattolica di Adaba. Io, invece, sempre con l’aiuto degli operatori, mi sono occupata della catalogazione di oggetti tipici della tradizione del popolo Oromo, per il completamento del MUSEO ETNOGRAFICO OROMO, che fa parte di una rete più vasta di Musei in Etiopia e in Somalia, che rientrano nel progetto, finanziato dalla Regione Marche, “Musei senza Frontiere”, volto a creare un dialogo e un confronto pacifico tra i popoli. Il progetto è realizzato dal Dr. Gianluca Frinchillucci, Direttore della ONG Perigeo, e dalla Dr.ssa Laura Bacalini, responsabile dei progetti sostenuti dal Presidente della ONG Perigeo, Giorgio Antonio Marinelli . Per il popolo Oromo è fondamentale questo museo perché mira a salvaguardare e valorizzare il loro patrimonio culturale e le loro tradizioni, che hanno una storia di circa 1300 anni. Infatti, molte persone oromo venute a visitare in quei giorni il museo, ci hanno ringraziato per il lavoro fatto, manifestandoci l’importanza dello stesso per il loro popolo. Insieme a Sergio, mi sono occupata anche del progetto “Amici dal Mondo”, scambiando i disegni fatti dai bambini di due scuole elementari italiane Nella foto: Padre Angelo Antolini con quelli dei bambini delle con una suora di Madre Teresa di Calcutta, scuole etiopi. E’ stato molto Giusanna, Sergio Mannozzi e Alessio Bargoni. emozionante vedere la gioia dei bimbi etiopi nel ricevere i disegni e i colori. Purtroppo in quasi tutte le scuole visitate i materiali didattici a disposizione dei bambini erano pochissimi, non avevano neanche matite e temperamatite. Difatti, in Africa, il problema principale non è costruire scuole, ma mantenerle. Ulteriore scopo della nostra missione è stato fare un sopralluogo di tutti i villaggi facenti parte della Prefettura Apostolica di Robe, di cui la Perigeo ha la sede rappresentativa in Italia. Abbiamo attraversato a 4100 m di altezza la strada che si trova sul passo più alto dell’Africa e anche dell’Europa, il Plateau Sanetti, per giungere, passando nella foresta dell’Harenna, nel villaggio di Delo Mena, dove abbiamo assistito, mediante azioni di microcredito, all’avvio di due cooperative di 50 donne musulmane in condizioni di estrema povertà. In questo villaggio non vi è mai stata la presenza della Chiesa Cattolica prima dell’arrivo di Padre Angelo. Pur operando nel mio piccolo, mi sento onorata di lavorare con un religioso che ogni giorno rischia la sua vita per diffondere l’amore di Dio negli angoli più sperduti del mondo. Dall’Etiopia ho portato con me i grandi occhi neri e profondi dei bambini, il modo semplice di vivere di questa gente che è felice nonostante non abbia nulla, l’immagine dei bambini che giocano in giardino con la mucca e l’asinello, le grandi coperte colorate stese ad asciugare sui prati nei pressi dei fiumi. Esperienze di questo genere sono alla portata di tutti, di coloro che hanno voglia di sollevare lo sguardo oltre i confini della propria vita, che desiderano arricchirsi attraverso esperienze di volontariato, mettendo, come Sergio e Alessio, un pò del proprio tempo a disposizione degli altri. Questo mio racconto, non vuole essere un momento auto celebrativo, ma solo condivisione di un’esperienza capace di scuotere gli animi e l’interesse di ragazzi e adulti, convinta che il mio paese abbia tutte le potenzialità per accogliere e far crescere una realtà internazionale come la Perigeo, che permetta a quanti lo vogliono di fare molteplici esperienze nel settore sociale e culturale dentro e oltre i confini di Varapodio.

Destinazione

Africa di Giusanna Di Masi

L

avorando per la Perigeo International People Community, un’organizzazione non governativa nata in un piccolo paese delle Marche, impegnata da anni nella realizzazione di progetti di cooperazione internazionale nel settore culturale e sanitario, di tutela ed educazione dell’infanzia, nonché di tutela dell’ambiente e delle tradizioni culturali dei popoli indigeni, per lo sviluppo di paesi quali la Somalia, l’Etiopia, il Perù e il Nepal, sono stata inviata in Africa per una missione culturale. Il mio nome è Giusanna Di Masi, sono di origine calabrese, anzi per la precisione “Varapodiese”! Circa due mesi fa, la direzione generale della Perigeo mi ha comunicato di prepararmi per la mia prima missione in Etiopia con due volontari. Così tra incredulità e grande sorpresa, perché nonostante la vocazione internazionale della Perigeo, al suo interno mi sono sempre occupata di burocrazia o di progetti locali. Mi sono pre-

Nella foto: Giusanna Di Masi con gente del luogo.

parata alla partenza, avvenuta il 18 Ottobre, assieme agli altri due operatori del gruppo Sos CASA Perigeo, Sergio Mannozzi e Alessio Bargoni; siamo atterrati all’aeroporto di Addis Abeba e lì ad accoglierci c’era il Prefetto Apostolico di Robe, Padre Angelo Antolini, missionario cappuccino di origine marchigiana da trent’anni in Africa, al fianco del quale


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ntorno al Natale, anche nelle cittadine e nei paesi della nostra Piana del Tauro, sono sorte le tradizioni religiose e popolari più belle e sentite. Purtroppo molte non si tramandano più, ma la dolcezza e l'incanto del Natale rivivono sempre e riempiono i nostri cuori e le nostre case. Il Natale, infatti, è anche una festa intima, con tradizioni che ruotano intorno alla casa, alla famiglia, al rione e alla parrocchia, con la novena, che anticamente veniva celebrata la mattina prima dell'alba, con la messa di mezzanotte, col presepe fatto con materiale povero, con i giochi, con il pranzo di Natale insieme a tutti i familiari, con le cene e la preparazione delle zeppole e con tutti i dolci ricordi che lo accompagnano da sempre. Nei paesi della Piana, non si ricordano particolari celebrazioni o festeggiamenti popolari riferiti al Natale. Ci sono state anche grandi iniziative di presepi viventi o concerti di musiche natalizie, ma non hanno avuto tanta continuità. Ricordiamo solo il concerto annuale della Corale Tau di Taurianova, espressione della Parrocchia di San Giuseppe, che da circa venticinque anni esegue un apprezzato Concerto di Natale. Molto sentite e belle sono poi le processioni di Gesù Bambino il giorno dell'Epifania, che si svolgono in quasi tutti i paesi della Piana. Anticamente, però, in ogni paese si svolgeva la novena suonata e cantata dalla “Banda Pilusa”, complessino i cui componenti vestivano con giacche e stivali di pelle di pecora e di lana grezza, evocando pastori e zampognari della tradizione natalizia classica. Tradizione perduta, ormai da moltissimi anni, è quella di bruciare un ceppo, in piazza, di fronte alla Chiesa dove veniva celebrata la Messa di Mezzanotte, che serviva per illuminare la piazza e anche per riscaldare l'aria invernale, ma non solo, perché alla fine, i tizzoni spenti ognuno li portava a casa come rimedio contro le avversità. Si è perso anche l'uso di contare i “catamìsi” (in greco annunciare, indicare), cioè i giorni dal 13 al 24 Dicembre corrispondenti, secondo la tradizione, ognuno ad uno dei dodici mesi e dai quali si traevano auspici per il mese corrispondente del nuovo anno. Nella memoria dei più anziani ancora si ricorda la nenia, ripetuta per annunciare il lungo periodo di feste: "Sant'Andria (30 Novembre) portau la nova/ ca lu sei (Dicembre) è di Nicola e l'ottu è di Maria, lu tridici di Lucia e lu vinticincu lu veru Messia”. Nel clima natalizio, si entrava, infatti, il 30 Novembre con i grandi preparativi, specialmente dei PRESEPI, nelle Chiese e nelle case. Poche sono le Chiese, purtroppo, che conservano ancora le artistiche statuette dei vari personaggi del presepe che possedevano una volta. Ma si ricordano maestosi presepi, in quasi tutte le Chiese, con i "pastorelli" costruiti a mano da valenti artisti locali e addobbati con ricchi vestiti e preziosi ricami. Nel clima Natalizio si continuava con

Il Natale nella Piana del Tauro di Cecè Alampi

la festa di San Nicola quando - per devozione al Santo - si doveva cucinare la "POSBIA" o meglio il granturco, il quale veniva lasciato sotto il lucernario per tutta la notte per farlo benedire dal Santo. La posbia veniva anche data ai vicini di casa e ai parenti e agli animali domestici. Con la Novena, il 16 Dicembre, si entrava nel clima caratteristico della festa oltre che per la Santa Messa celebrata prima dell'alba, generalmente alle ore 4,30, per consentire la partecipazione ai contadini che si dovevano recare al lavoro presto, specialmente per il caratteristico suono della Zampogna o meglio "la ciaramella", con i musicanti che passavano per la strada, si soffermavano davanti alle case per suonare le loro pastorali e prima di continuare oltre affiggevano una immaginetta di Gesù Bambino o della Sacra Famiglia alla porta. I GIOCHI erano un capitolo speciale delle feste natalizie. Giocavano tutti: bambini, giovani e anziani. Giochi semplici e poveri per divertirsi, passare qualche ora in allegria con gli amici o i parenti, senza la paura di perdere somme di denaro e passare cosi le feste nell'amarezza. Le bambine passavano giornate intere giocando "a campana" oppure o "sguazza" con pochi spiccioli che alla fine venivano restituiti a chi perdeva, o con le nocciole, oppure giocando "a fosseda". Verso le ore 23,00, sempre della vigilia, si lasciavano i giochi e ogni altra faccenda per partecipare tutti alla Santa Messa della Natività. Le Chiese traboccavano di fedeli, i quali partecipavano con grande attenzione e trepidazione alla celebrazione della nascita del Bambino Gesù. All'aspetto religioso, anticamente, con ingenuità, mischiavano la credenza di imparare a memoria le formule per "spummicare", cioè togliere il malocchio. Le formule venivano tramandate di generazione in generazione e solo se si imparavano la notte di Natale, si pensava, producevano effetto al momento del bisogno. IL GIORNO DI NATALE era caratterizzato dal pranzo, che doveva essere composto da almeno tredici pietanze. Le feste continuavano a Capodanno con la tradizione di mettere una pietra dietro la porta dei conoscenti e dei parenti in segno di augurio: "Capu d'annu e capu di misi arreta a la porta na petra ti misi e ti la misi pe tuttu l'annu mu ti ricordi lu capu d'annu".Oppure: "Annu e bon'annu e nu bonu capu d'annu, quantu pisi tu e lu to cumpagnu tanti dinari mu faciti avannu". La mattina di Capodanno si faceva attenzione a quello che si vedeva per primo per trarre gli auspici per il nuovo anno. Infine le feste terminavano con l'Epifania e i regali per i bambini che la befana lasciava dentro le calze appese dietro le porte o accanto al focolare, anche se un altro antico detto recitava così: "Allestitivi cara matri/ ca li festi su passati/ no, rispundi a befania/ ca ancora c'è la mia / poi rispundi a Candilora / e a mia est cchiù fora". Pur nella ristrettezza economica, pur nella povertà dei mezzi la gente della Piana del Tauro è riuscita a conservare molti ricordi e sensazioni del Natale di una volta.


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La magia del Natale di una volta di Caterina Sorbara

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atale. Questa meravigliosa festa affonda le sue radici nella Roma pagana. Infatti, l’Imperatore Aureliano aveva istituito il 25 Dicembre una festa: “Il Natalis Solis Invicti”, il Natale del Sole, invito, in cui si celebrava, con grandi cerimonie e giochi, il nuovo sole rinato dopo il solstizio invernale. Tutti i cristiani erano affascinati da questa festa e la Chiesa romana, preoccupata per la nuova religione che poteva essere di ostacolo per la diffusione del Cristianesimo, pensò bene di celebrare nello stesso giorno il Natale di Gesù Cristo. Se facciamo una attenta riflessione, leggendo il Vangelo di Luca, vediamo che nel periodo in cui nacque Gesù, c’erano a Betlemme dei pastori che facevano di notte la guardia al gregge. Siccome i pastori Ebrei partivano per i pascoli all’inizio della primavera e tornavano in autunno, possiamo dire che la vera nascita di Gesù potrebbe essere tra la fine di marzo e il primo autunno: infatti, fino al principio del IV secolo, il Natale veniva festeggiato, secondo i luoghi, il 28 Marzo, il 18 Aprile o il 29 Maggio. Ma veniamo adesso a quello che era il Natale di un tempo. Nella attuale piana di Gioia, il clima natalizio era pregno di gioia, una carica di entusiasmo, che iniziava il 16 Dicembre, con l’inizio della novena. Anche se le vecchine già il 30 Novembre iniziavano a dire così: “Sant’Andrea portau la nova/à lu 6 è di Nicola/ à l’8 è di Maria/ à lu 13 di Lucia/ à lu 21 San Tommasu canta/à lu 25 la nascita Santa”. Gli zampognari scendevano dalle montagne e iniziavano la novena davanti ai presepi, incominciando a suonare, stando nove passi lontano da questi. La distanza andava diminuendo ogni giorno di un passo, così l’ultimo giorno della novena suonavano vicinissimo ai presepi. Nei paesi in cui gli zampognari non arrivavano, c’erano delle orchestrine che suonavano la mattina presto, prima della messa, per le vie del paese. Non c’era una famiglia che non partecipava alla novena. La sera tutti andavano a letto presto per poter essere puntuali alla novena. All’alba la campana della chiesa suonava portando la gioia dell’attesa nel cuore di tutti. Nei presepi si respirava l’odore del muschio che i ragazzi raccoglievano la mattina presto. Le statuine erano semplici e belle, in legno, le casette in cartone e per laghetto, uno specchio rotto. L’albero di Natale presentava solo semplici addob-

bi, fatti in casa, come biscotti, ciambelle, bucce d’arance o piccole ghirlande. La sera della vigilia sul caminetto ardeva un pezzo di legno, “u cippu”, che non si doveva spegnere perché serviva a scaldare il Bambinello appena nato. Prima di metterlo sul fuoco, veniva coronato con dell’edera e circondato da dodici pezzettini di legno, che stavano a simboleggiare gli apostoli e i dodici mesi dell’anno. Questa usanza si ricollega agli antichi romani, quando il “pater familias” sacrificava ai Lari e ai Penati, esercitando così l’ufficio di sacerdote. Sempre gli antichi romani avevano il costume di non lasciare spenta la lucerna, perché ritenevano di cattivo augurio spegnere il fuoco. Sulla tavola la sera della vigilia, c’erano tredici pietanze e, tra queste, non potevano mancare noci, noccioline, castagne al forno, mele, agrumi, frittelle di baccalà con verdure, il pesce stocco rigorosamente di Cittanova e i cavoli cucinati in tanti modi. Non mancavano la tradizionale pignolata e le zeppole (i zippuli) specie di frittelle impastate con farina, patate e lievito. La preparazione delle zeppole era una gioia per tutta la famiglie. Le prime venivano preparate il giorno dell’Immacolata e dopo la sera della Vigilia. In nessuna tavola la sera della vigilia mancavano le zeppole. Anche questo rituale delle frittelle ci riporta agli antichi romani, che le facevano durante i Saturnali. C’erano poi i torroni che venivano fatti artigianalmente con zucchero,, noccioline americane, con pezzetti di ghianda e semi di ricino. Le persone meno povere compravano una qualità migliore fatta con mandorle e miele, erano però davvero in pochi a poterselo permettere. Il giorno di Natale, il piatto forte erano i maccheroni fatti in casa con il ragù. Per tutto il periodo natalizio si giocava a carte e a tombola, anche se il gioco più amato soprattutto dai bambini era “a fosseja”. In ogni casa nel pavimento c’era scavata una buca e anche nelle strade. Bisognava lanciare nocciole a terra e poi con l’indice mandarle nella buca, chi riusciva a centrarle tutte, se le prendeva, mentre chi non riusciva passava il turno al compagno. Ogni bambino aveva una calza piena di noccioline. Anche i regali erano semplici: una bambola di pezza, i torroncini, un soldino. A volte poi un bambino nascondeva una nocciolina in una mano e diceva: “Casa vecchia, casa nova, cca s’ammuccia e cca si trova”. La notte di Natale era una notte sacra, avvolta nella magia, un mix di sacro e profano. Si legge in Omero: “Gli dei sono terribili a vedersi apertamente”. Il giorno di Natale era d’obbligo fare gli auguri a tutto il vicinato e alla comare di battesimo perché “U San Gianni si rispetta finu a settima generazioni”. Era d’obbligo andare a messa con l’abito nuovo che però veniva indossato il giorno dell’Immacolata perché: “ Di parmi e di iuri sparmanu i signuri, i Pasca e i Natali sparmanu i vedani”.Sempre durante la notte d Natale, i giovani si dichiaravano ponendo davanti alla porta della ragazza amata il ciocco, cioè un tronco, nella speranza di venire accettati come promessi sposi. I vecchietti in questo periodo dicevano scherzando: “Mo veni Natali non tengu dinari mi pighhiu na pipa e mi mettu a fumari”. Mentre le vecchine, sedute davanti al braciere recitavano così: “A la notti di Natali/quando vinni lu Messia/tutti l’angeli calaru/ mi n’ci fannu cumpagnia.” Tutto questo ci fa capire quanto sia importante ritornare alle piccole cose, alla magia, all’attesa, alla speranza, la speranza di un mondo migliore, in fondo il futuro è nel passato. E dalla luce sempre viva - del Natale, troviamo la forza per credere ancora nel futuro.


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25 Novembre,

Giornata mondiale contro la violenza sulle donne Fermare lo stillicidio di una violenza subdola

di Maria Angela Rechichi

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l 25 Novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ricorrenza alla quale ancora non sappiamo quale significato attribuire: Giornata della memoria o Giornata dello sdegno. Certamente non un è giorno di festa; le cronache dicono che dall’1 Gennaio al 25 Novembre di quest’anno, 175 tra ragazze, donne giovani e meno giovani, sono state uccise. Una ogni due giorni nel 2012, ottantasei stupri denunciati da Gennaio ad Aprile, e poi decine e decine di denunce per maltrattamenti e stalking. Cifre da far paura, una strage, una vera e propria emergenza sociale, tanto da far sì che dall’ONU sia arrivato all’Italia un severo richiamo. “La violenza sulle donne è un crimine di Stato tollerato dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazione e di violenza durante la loro vita. In Italia sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l’adozione di leggi e politiche, ma questi sforzi non hanno portato ad una diminuzione dei femminicidi, né sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine. La violenza contro le donne rimane un problema significativo in Italia. Affrontarlo è un obbligo internazionale”. Quando si parla di violenza contro le donne si pensa immediatamente alla violenza sessuale, ma più corretto sarebbe parlare di violenza di genere (che in una accezione più ampia abbraccia anche la violenza contro i minori) per mettere in luce la dimensione sessuata del fenomeno. Questa violenza, cioè, comunque essa si manifesti, sia sotto forma di violenza fisica che di violenza psicologica o ancora più subdolamente sotto forma di discriminazioni e di emarginazione per esempio in ambito lavorativo, è riconducibile ad un “primum movens”, che affonda le radici nella notte dei tempi, in un rapporto tra uomo e donna storicamente diversi e, dunque, diseguali, che ha permesso agli uomini di prevaricare le donne relegandole a ruoli subordinati se non addirittura di schiavitù .Il cammino verso l’affrancamento delle donne da ogni forma di subordinazione e violenza parte da lontano e conosce il suo momento più significativo nella seconda metà del XX secolo, intorno agli anni ’70, quando il movimento femminista incomincia a mobilitarsi contro la violenza di genere mettendo in discussione il ruolo dell’uomo “marito-madre-padrone”, e da allora ad oggi tanti passi in avanti sono stati fatti in termini di leggi e di consapevolizzazione dell’opinione pubblica sulle Pari Opportunità.Il fenomeno però persiste, spesso sottaciuto quando non addirittura negato specie quando si realizza all’interno delle mura domestiche, in famiglia, nel luogo cioè che per sua naturale vocazione è deputato all’accoglienza e alla tutela dell’altro. Tralasciando per motivi di spazio quelle forme di violenza di genere legate a fattori culturali o di contesto (quali ad es. le mutilazioni genitali femminili nei paesi orientali o l’aborto selettivo dei feti femmina che in Cina si calcola abbia fato sparire circa 60 milioni di bambine), vogliamo qui fermarci sui fenomeni di casa nostra per mettere in evidenza come la violenza contro le donne sia una realtà molto presente. Difatti una

ricerca EURES evidenzia che in Italia un omicidio su quattro avviene in famiglia e le vittime, per il 70%, sono donne, uccise per motivi c.d. “passionali” o in seguito a liti o a difficoltà di gestione del menage familiare. Per quanto riguarda il fenomeno della violenza, l’ultima indagine ISTAT condotta sul territorio nazionale risale al 2006. Si tratta di un’indagine multiscopo sulla sicurezza dei cittadini, che a proposito delle donne misura tre diversi tipi di violenza contro le donne: fisica, sessuale, psicologica, dentro la famiglia (da partner o ex partner) e fuori dalla famiglia (da sconosciuto, conoscente, amico, collega, amico di famiglia, parente ecc.). Non vengono rilevate le molestie verbali, il pedinamento, gli atti di esibizionismo e telefonate oscene. Le forme di violenza psicologica rilevano le denigrazioni, il controllo dei comportamenti, le strategie di isolamento, le intimidazioni, le forti limitazioni economiche subite da parte del partner. Ma sono le vittime delle violenze? le donne separate e divorziate sono quelle che subiscono più violenze nel corso della vita: il 63,9%, il doppio del dato medio. Valori superiori alla media emergono anche per le nubili, le laureate e le diplomate, le dirigenti, libere professioniste e imprenditrici, le direttive quadro ed impiegate, le donne in cerca di occupazione, le studentesse, le donne con età compresa tra 25 e 44 anni. Considerando anche la distribuzione territoriale, valori più elevati si evidenziano per le residenti nel Nord-est, nel Nord-ovest e nel Centro. Occorre ribaltare la visione utilitaristica che si ha della persona umana: l’altro cioè finalizzato al soddisfacimento dei propri interessi e dei propri bisogni, strumento da manovrare senza tanti scrupoli e da usare finché ne ho voglia. Tutti, a partire dalla famiglia, la scuola, la Chiesa, tutto il mondo dell’associazionismo e del volontariato seriamente impegnato, debbono recuperare questa dimensione pedagogica, accompagnando i bambini, i ragazzi e i giovani a scoprire la bellezza dell’altro, sia esso il bambino, la donna, il disabile, l’anziano, l’immigrato, buttandosi dietro le spalle i pregiudizi radicati nella nostra cultura che ci insegna che l’altro, specie se diverso, costituisce una minaccia alla nostra sicurezza. Per questo a conclusione di queste riflessioni, in occasione di questa ricorrenza internazionale del 25 Novembre, non si può non mandare un pensiero a tutte quelle donne che portano nel loro corpo, nella loro mente e nella loro anima la traccia indelebile delle violenze subite, cercando di sostenerle con tutti gli strumenti possibili affinché tornino ad una vita il più possibile piena.


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Cittanova, sullo sfondo di un importante convegno di Carmen Ieracitano

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mportante iniziativa inerente alla Giornata mondiale per i diritti dei minori dal titolo “Minori tra diritti negati e contemplati”, si è tenuta a Cittanova lo scorso 17 Novembre presso il Centro Congressi della BCC. Iniziativa fortemente voluta dall’Amministrazione Comunale del sindaco Alessandro Cannatà e coordinata dall’Avv. Flavia Bruzzese, iniziata con la premiazione di alcune scolaresche che hanno partecipato con dei disegni ad un concorso a tema indetto per l’occasione, concorso che, come ha detto l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune, Maria Grazia Sergi “parla dei diritti dalla viva voce dei diretti interessati e che premia con Borse di studio che andranno sì alle classi premiate, ma verranno messe a disposizione di quegli studenti con maggiori necessità dal punto di vista economico.” Al centro del dibattito la necessaria interazione tra le maggiori istituzioni coinvolte nel delicato cammino della crescita, famiglia, scuola, Chiesa, e numerosi gli interventi di ospiti di rilievo, da Paola Raso dei Servizi Sociali al Sindaco Alessandro Cannatà, dall’Avv. Gian Ettore Gassani, Presidente degli Avvocati matrimonialisti e fondatore della Camera Minorile, dal Vescovo Monsignor Milito all’On. Francesco Tallarico fino a quello di Antonio Marziale, Presidente e fondatore dell’ Osservatorio per i Diritti dei Minori. Tutti, infatti, hanno sottolineato il diritto dei piccoli “a dire la propria opinione su qualunque cosa li riguardi”, e, per l’appunto, Marziale, si è rivolto a loro, presenti in sala in congrua maggioranza, in maniera diretta e li ha coinvolti personalmente nel dibattito. E’ stata evidenziata la responsabilità dei media moderni, di cui i bambini possono fare “un uso buono e un uso cattivo”. Ancora di più quando si tratta di toccare il tasto delicato di computer e giochi moderni, argomento che facilmente rende permalosi e facili alle etichette di “vecchio” i giovani appassionati. Si tratta a, ben vedere di “limiti alla fantasia” che i nuovi giochi pongono rispetto ai giochi tradizionali. Un lungo compulso oratorio,

Il mondo dei minori tra diritti negati e contemplati

Tra bambini silenziosi e genitori naturali zittiti quello di Marziale, non privo di accenti populistici volti a catturare le simpatie del pubblico; poi feroci invettive “alla cultura dell’illegalità, che entra nelle scuole con la mentalità della raccomandazione”, “alla censura che non ha nulla a che vedere con l’educazione”, alla meritocrazia assente; si contraddice alla fine, quando, forse con riferimento al Sud, ne esalta la maggiore cultura della famiglia rispetto al Nord e poco dopo ribalta i termini di paragone, conteggiando in senso inverso le presenze genitoriali alle riunioni scolastiche e dando questa volta al Nord la palma d’oro dell’attenzione familiare. Poco male. In fondo c’è di peggio, dietro a questa memorabile giornata. Ed è il silenzio imposto ai genitori. Ovvero: genitori solo in quanto tali, poiché di figli, anche la maggior parte dei presenti con altre funzioni, certo ne ha. Eppure questa opzione era stata inizialmente prevista, con l’intervento di un padre naturale, il giovane Sergio Pusci, che, con le sue infinite trafile burocratiche per poter riconoscere la figlia che ha oggi cinque anni, avrebbe certo avuto molto da dire in tema di diritti. Purtroppo, alla fine non gli è stato consentito di prendere la parola.

Certi di porgere un contribuito alla riflessione su un tema estremamente importante, quale quello della genitorialità, riceviamo e pubblichiamo l’intervento che Sergio Pusci aveva preparato per il convegno cittanovese.

Storia di un padre Sergio Pusci “Sono Sergio Pusci, protagonista, mio malgrado, di una triste vicenda umana e giudiziaria. Sono, infatti, il padre naturale di Francesca Pia, la bimba a cui era stato dato, alla nascita, un padre diverso da quello che l'aveva concepita. Le vicende giudiziarie hanno svelato il perché di tale falsa paternità, ma tutto questo non interessa direttamente all'odierno dibattito. Piuttosto è interessante dire che a tali vicende ha fatto seguito un lungo iter burocratico finalizzato all'eliminazione della falsa paternità. E' stato necessario avviare un giudizio civile e pervenire ad una sentenza che elimina, appunto, la falsa paternità. Contemporaneamente il sottoscritto, previo accertamento della paternità disposto dal Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, ha proposto ed ottenuto I'affidamento della minore nell'ambito del nucleo familiare di cui fa parte. Ancora un'altra strada ho dovuto, però, percorrere, quella necessaria al riconoscimento della mia bambina, ovvero all'attribuzione del mio cognome. Questo ulteriore iter è giunto quasi alla fine. I fatti risalgono al 2007, siamo alla fine del 20l2. Nulla togliendo alla delicatezza della vicenda ed alla oculatezza degli organi e delle Autorità che finora se ne sono occupati, il mio intervento di oggi ha il significato che vado ad esporre. La paternità biologica ed affettiva di cui mi sento portatore mi ha aiutato a percorrere una lunga strada. Così ho tutelato i miei diritti di padre e, soprattutto, il diritto della mia bambina ad essere parte di una famiglia. Non ho competenze o conoscenze per promuovere interventi legislativi ma certo un contributo sento di poterlo dare, quantomeno in termini di opinione maturata sulla base dell'esperienza vissuta. Dunque, ritengo che qualsiasi norma che riesca ad agevolare ed accelerare I'ingresso del minore nella famiglia naturale che, per disgrazia gli sia stata usurpata, od in quella diversa famiglia non biologica disposta ad accoglierlo, restituisce al minore medesimo la felicità tolta ed alla quale ha senz'altro diritto”.


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Regioni e Politiche familiari Pagelle del Forum delle Associazioni Familiari

di Michele Ferraro

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n occasione delle elezioni amministrative del Marzo 2010, il Forum delle associazioni familiari ha predisposto un ‘Manifesto’ contenente alcuni spunti per le politiche familiari regionali. Con il Manifesto, il Presidente del Forum, Balletti, lanciava un appello e chiedeva «che la “partita famiglia” sia partita di sistema per l’Italia. La famiglia è luogo di solidarietà sociali e di decisioni economiche e per questo merita politiche promozionali e non assistenziali, politiche strutturali e non una tantum. Chiediamo una legge per la famiglia alle Regioni che non ce l’hanno. Chiediamo che il federalismo fiscale veda la famiglia come priorità». Il Manifesto, per essere il più possibile aderente alle esigenze locali, è stato integrato Regione per Regione, con le questioni ed i temi sensibili localmente. All’epoca, 400 candidati consiglieri e 24 aspirati governatori, avevano sottoscritto il Manifesto “Per una Regione a misura di famiglia”, ottenendo grande successo e risonanza mediatica. A metà legislatura, il Forum ha effettuato una ricerca sulla produzione legislativa e amministrativa delle Regioni in materia di politiche familiari per verificare in che misura le politiche familiari suggerite dal Forum sono state effettivamente poste in essere dagli eletti (www.forumfamiglie.org). E, ad onor del vero, la prima verifica di metà mandato non ha avuto, quanto meno, lo stesso risalto giornalistico, sia a livello nazionale che locale. Dei candidati sottoscrittori, 8 sono risultati Governatori [Caldoro (Campania), Cota (Piemonte), De Filippo (Basilicata), Formigoni (Lombardia), Polverini (Lazio), Rossi (Toscana), Scopelliti (Calabria), Spacca (Marche)] ed un centinaio i consiglieri effettivamente eletti. La ricerca ha preso in esame gli atti presentati senza tenere conto dell’eventuale iter consiliare. Per la valutazione dei singoli atti esaminati, i valutatori si sono basati su quattro criteri generali e su sei specifici sulle politiche familiari. Come criteri generali di valutazione, sono stati presi in esame: sussidiarietà e complementarietà, strutturalità e ordinarietà, promozione al bene comune, unità familiare e sostegno alla formazione. Come criteri specifici di valutazione: sostegno alle relazioni familiari, sostegno alla vita umana, sostegno alla libertà di educazione, sostegno alla armonizzazione famiglia-lavoro, sostegno alle famiglie in disagio, equità fiscale. Dall’analisi è emerso che, nonostante gli impegni presi, ad oggi stentano a decollare politiche familiari organiche, finora portate avanti solo in poche Regioni (Lombardia e poche altre). In diverse Regioni si sta iniziando a erodere proprio il principio costituzionale della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (Umbria, Liguria…). Numerose Regioni stanno sostanzialmente appoggiando forme light di famiglia. Alcune ancora non hanno una legge sulla famiglia (Campania, Liguria...). Le politiche di sostegno alla disabilità tradizionalmente riconosciute come politiche sociali sono spesso disgiunte dalla visione familiare (Lazio). Mancano, quasi ovunque (eccezion fatta per Liguria e forse Lombardia), politiche di sostegno alle coppie in crisi e alla friabilità coniugale. Il dibattito sull’educazione è quasi sempre relativo alla prima infanzia; mancano, invece, provvedimenti di largo respiro relativi alla formazione professionale. Su interazione pubblico-privato c’è ancora moltissima strada da fare. Ancora permangono politiche assistenziali soprattutto nelle Regioni del Meridione, (Campania, Basilicata, Sicilia), ma anche in re-

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che la “partita famiglia” sia partita di sistema per l’Italia. La famiglia è luogo di solidarietà sociali e decisioni economiche, per questo merita politiche promozionali e non assistenziali.

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gioni virtuose (Marche) si constatano modalità di erogazione “a pioggia”. Vi sono state alcune iniziative per rimodulare la fiscalità locale in modo strutturato (Lombardia con il “Fattore Famiglia”, Valle d’Aosta con l’IRSEE, l’Emilia Romagna col tentativo di “Fattore Parma” e il Lazio col tentativo di “Fattore Lazio”). Altre Regioni non hanno eppur preso in considerazione tali proposte. Cenerentola degli ambiti è l’armonizzazione famiglia-lavoro. Alla fine, sette Regioni complessivamente passano l’esame: 4 di centro-destra, 3 di centro-sinistra; nove Regioni restano indecise tra luci e ombre, molto spesso ingenerate da dibattiti ideologici (Liguria, Umbria, Puglia) oppure da inerzie istituzionali. Per 4 Regioni è stato richiesto, invece, un deciso cambio di marcia. In questa classifica, stilata dai valutatori del Forum, alla Calabria è toccato il bollino rosso. Da quanto emerso nella ricerca del Forum, in Regione non esiste una politica per la famiglia. Gli interventi censiti, in massima parte nei settori sociale e lavoro sotto forma di proposte di legge, encomiabili nelle finalità, sono sterilizzati dall’esiguità degli stanziamenti finanziari e dalla disorganicità, poiché non fanno parte di un disegno complessivo di politiche sociali o per la famiglia. Trattasi, nella maggior parte dei casi, di provvedimenti a sostegno di particolari criticità, quali disabili, anziani, minori, sostegno alle famiglie in difficoltà economica. Nessun intervento a favore della famiglia sul versante delle misure di carattere fiscale. La seconda metà del mandato, ci si augura, potrà ben essere volta ad attuare compiutamente la legge regionale n. 1/2004 “Politiche regionali per la famiglia”. In tal senso sono state sollecitate le Istituzioni locali, invitandole anche ad instaurare un dialogo strutturato con la società civile, che, secondo i promotori dell’iniziativa, ad oggi, risulta ancora esclusa dai processi decisionali e consultivi regionali. L’analisi, attenta e specifica, portata avanti dal Forum, ben si colloca in quel rapporto dialettico e democratico tra l’eletto e l’elettore, visto sia sotto l’aspetto individualista che di insieme, capace di promuovere e bocciare chi, ogni volta, si presenta a chiedere la nostra fiducia. In questo modo, anche la famiglia da oggetto di politiche sociali, a volte una tantum, può diventare soggetto e promotore, attraverso il voto, di politiche sociali più adatte e rispondenti ai propri diritti e bisogni.


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Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia di Luigi Cordova

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i è svolto presso l’Auditorium diocesano “Famiglia di Nazareth” di Rizziconi, un importante convegno organizzato dalla locale associazione “Scienza&Vita” sul tema: “Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia”. All’importante convegno, che ha visto la presenza di sindaci, avvocati, operatori del mondo del sociale e della scuola, hanno portato il loro saluto il sindaco della città, dott. Giuseppe Di Giorgio; il delegato per la formazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palmi, Avv. Domenico Tripodi ed il Vescovo della diocesi, Mons. Francesco Milito. Il presule, nel suo saluto, prendendo spunto dall’ultima nota sulle politiche sociali in Calabria della CEC, “l’importanza della solidarietà”, ha affermato che, in questo periodo di crisi, tutti siamo chiamati a metterci a servizio del prossimo in difficoltà, da “buoni cittadini e veri credenti”, consapevoli che “la risposta ai vecchi e ai nuovi bisogni o la si costruisce insieme o non ci sarà”. L’assise, moderata dai Co-Presidenti di “Scienza&Vita”, Avv. Michele Ferraro e Dott.ssa Mariangela Rechichi, si è aperta con la Lectio Magistralis tenuta dal Prof. Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Consigliere Nazionale dell’Associazione “Scienza&Vita”. Il Prof. Eusebi, nel commentare il manifesto valoriale dell’associazione, ha affermato che solo partendo dalla tutela della vita si possono riconoscere tutti gli esseri umani come uguali nei loro diritti, indipendentemente da qualsiasi giudizio circa le loro condizioni esistenziali, e questo è un valore antropologico, costituzionale, non confessionale; nel prosieguo il Prof. Eusebi ha evidenziato come fondamento della democrazia è la rilevanza per l’intero corpo sociale di ciascun individuo umano, con particolare attenzione per la tutela di tutti coloro che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità, quale può essere il malato, il diversamente abile, colui che si trova in situazione di disagio sociale. Concludendo, il Prof. Eusebi ha insistito molto sul primato dell’etica nella costruzione della ‘demos’ e sul concetto di giustizia, intesa come capacità di fare un progetto positivo anche di fronte alle difficoltà del momento storico presente. Dopo la Lectio Magistralis, si è aperta la “Tavola Rotonda”, con il preciso fine di analizzare e trovare adeguate risposte alle tante situazioni di fragilità umana presenti nella nostra Regione. Il primo ad intervenire è stato il Dott. Enzo Romeo, giornalista Rai, vaticanista, profondo ed at-

Tavolo dei relatori

tento conoscitore delle dinamiche sociali in Calabria, che ha fatto un’analisi delle condizioni storiche-sociologiche in Calabria, che, nell’ultimo trentennio, hanno portato all’attuale degrado socio-politico e culturale della nostra Regione, invitando, perciò, i calabresi a rendersi protagonisti di un riscatto e di un impegno nuovo, senza deleghe, per la costruzione di una società a misura d’uomo; a seguire, la Dott.ssa Katia Stancato, economista sociale e portavoce del Forum del terzo Settore della Calabria, la quale, riprendendo la denuncia fatta dai Vescovi Calabresi, ha evidenziato l’esiguità degli interventi e delle risorse assegnate alle politiche sociali con conseguenti e, a volte, drammatiche difficoltà a carico di tutte le fasce deboli (anziani, malati, persone con disabilità e non autosufficienti); in particolare, ha evidenziato che, in questo momento, c’è un buco di 40 milioni di euro nel bilancio di previsione annuale della Regione, che mette a rischio l’assistenza socio-sanitaria e sociale in Calabria; concludendo, la Stancato ha, tuttavia, invitato le Istituzioni a fare maggiormente rete con le associazioni che lavorano nel campo socio-sanitario e sociale, soprattutto in questo periodo di crisi e difficoltà economiche; ultimo intervento è stato quello dell’On. Giovanni Nucera, segretario-questore del Consiglio Regionale, delegato ad intervenire in nome del Presidente del Consiglio Regionale, On. Talarico, impossibilitato a partecipare per impegni sopravvenuti, il quale ha riconosciuto le criticità esistenti nella nostra Regione, nel sociale, a causa dei fondi nazionali, quasi azzerati, evidenziando, tuttavia, un trend minimo ma positivo di crescita soprattutto dei fondi europei per il sociale, al momento unico bacino da dove la Regione riesce ad attingere risorse. L’On Nucera, nel suo intervento, ha rimarcato come la crisi economica, ma anche la mancanza di un tessuto sociale produttivo, rende difficoltosa una programmazione politica (anche in termini di partenariato) veramente adeguata ai bisogni sociali di una popolazione che già sopporta il peso di una gravissima disoccupazione e di una carenza cronica di servizi sanitari e socio-assistenziali. Dall’importante simposio, è venuto fuori un quadro abbastanza realistico di come nella nostra Regione la vita umana, soprattutto nelle situazioni di fragilità, non sia adeguatamente tutelata, il che mette in serio pericolo la democrazia reale. A tutti, alla politica in primo luogo, ma anche alle istituzioni caritative e ad ogni singolo uomo di buona volontà, l’impegno di assumere i doveri specifici del proprio ruolo e di riscoprire una modalità solidaristica nella costruzione della società civile, per ridare speranza e fiducia ad una terra che merita di essere amata, curata e possibilmente guarita.


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Comportamenti protettivi nei confronti del partner per le donne iperattività per gli uomini di Mara Cannatà

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La dipendenza affettiva

a Dipendenza Affettiva è un disturbo mentale che soltanto da pochi anni in Italia sta interessando clinici e ricercatori che a diverso titolo si occupano del fenomeno delle dipendenze, mentre negli Stati Uniti da più di 30 anni sono condotte ricerche su questa tematica. Possiamo definire la dipendenza affettiva come una forma patologica di amore caratterizzata da una costante assenza di reciprocità all'interno della relazione di coppia, in cui uno dei due (nel 99% dei casi la donna) riveste il ruolo di donatore d'amore a senso unico e vede nel legame con l'altro, spesso problematico o sfuggente, l'unica ragione della propria esistenza. La continua ricerca d'amore ha tutte le caratteristiche della dipendenza da sostanze, tanto da condividerne alcuni aspetti fondamentali: l'ebbrezza: la sensazione di piacere, che il dipendente prova quando è con il partner, gli è indispensabile per stare bene e non riesce ad ottenerla in altri modi; la tolleranza: il dipendente ricerca quantità di tempo sempre maggiori da dedicare al partner, riducendo sempre di più la propria autonomia e le relazioni con gli altri; l'astinenza: l'assenza del partner (per lavoro ad esempio) getta il dipendente in uno stato di allarme. Talvolta, il bisogno della presenza fisica dell'altro è tal-

mente forte che il dipendente sente di esistere solo quando il partner gli è vicino. Quest’ultimo, infatti, è visto come l'unica fonte di gratificazione, le attività quotidiane sono trascurate e l'unica cosa importante è il tempo che si trascorre insieme. Le cause di questa dipendenza vanno ricercate in particolari dinamiche familiari che hanno portato la persona dipendente a costruirsi un'immagine di Sé come di persona inadeguata, indegna di essere amata, dove il “termometro” della propria autostima è nella capacità di sacrificarsi per la persona amata. Sono persone che riescono a tollerare tradimenti o anche violenze da parte del partner, perché senza di lui si sentirebbero completamente perse. Teniamo anche presente che molte donne, dipendenti affettive, hanno subito abusi sessuali, maltrattamenti fisici ed emotivi durante l'infanzia, che non sono da sole riuscite ad elaborare. La dipendenza affettiva nasce prima dell'inizio del rapporto di coppia. La persona dipendente d'affetto ricerca inconsciamente un partner che possiede già tutte quelle caratteristiche che la porteranno a soffrire. Anche quando il rapporto finisce (normalmente il dipendente viene lasciato), la persona dipendente troverà una nuova relazione in cui metterà in atto le stesse dinamiche di coppia. La scarsa autostima all'origine della dipendenza affettiva fa sì che la persona si comporti nei modi più disparati pur di venire incontro ai bisogni del partner. Le donne dipendenti attuano comportamenti protettivi nei confronti del partner, rivestendo i ruoli di confidente, mamma o infermiera in base alle necessità. La donna tende a mettere da parte i propri bisogni nel rapporto di coppia e nelle situazioni conflittuali soffoca la rabbia, la rimuove o la dirige contro se stessa, manifestandola spesso in forma di sensi di colpa. Dietro tutto questo c'è sempre la paura che il partner possa abbandonarla. L'uomo dipendente, invece, è più facile che mascheri il proprio bisogno d'affetto proiettandolo fuori di sé, investendo gran parte delle energie nel lavoro, impegnandosi in hobby e sport o comportandosi in maniera protettiva, talvolta fino all'eccesso della gelosia patologica. La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all'evidenza, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due. Il partner che “sceglie” di stare con una persona dipendente d'affetto, ha spesso anche lui il bisogno di essere accudito e di avere una relazione di tipo figlio-madre anziché alla pari, per dinamiche e problematiche familiari irrisolte. Oppure, al contrario, può trovarsi ad esercitare un ruolo di persona sfuggente, irraggiungibile o rifiutante (per esempio quando il dipendente d'affetto cerca un partner sposato o non interessato alla relazione), per sentirsi così al centro dell'attenzione e compensare anche lui dei vuoti affettivi mai colmati. L'equilibrio di coppia si fonda sempre sul dialogo, sul rispetto di se stessi e sul riconoscimento dell'altro come individuo prima che come partner. Se manca uno di questi tre ingredienti occorre ripartire da lì. Per uscire da questa dipendenza bisogna prefissarsi l’obiettivo di acquisire consapevolezza, perchè scoprire la propria fragilità può trasformarsi in una forza che permetterà di avere una più chiara visione della realtà e, di conseguenza, la capacità di migliorare la propria vita.


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di Mina Raso

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l 05-11-2012, si è tenuta presso Villa Fava, l’inaugurazione del nuovo Istituto Comprensivo Monteleone-Pascoli che, nella realtà del ridimensionamento scolastico, ha portato all’accorpamento di 4 Scuole dell’Infanzia, della Scuola Primaria “A. Monteleone” e della Scuola Media “G. Pascoli”, creando una nuova , unica grande realtà, che sicuramente diverrà nel tempo un pilastro della società taurianovese. Il nuovo Logo della scuola è infatti rappresentato da 3 pezzi di puzzle che rappresentano le diverse tappe della crescita formativa, giallo per l’infanzia, blu per la primaria, verde per la scuola secondaria di 1° grado. Ospiti della manifestazione il Dirigente Scolastico, Maria Aurora Placanica, Monsignor Francesco Milito, Vescovo della Diocesi Oppido-Palmi, il Sindaco di Taurianova, Domenico Romeo, accompagnato dal Vicesindaco Bellantonio e dall’Assessore Coluccio, il Presidente dell’Associazione Culturale Aracne, Prof.ssa Lucia Ferrara, il Presidente del Consiglio d’Istituto didattico, Leonardo Iamundo, il delegato per il Giudice di Pace, Dott. Antonino Martino, il diacono Cecè Alampi, la Prof.ssa Cettina Nicolosi, Direttrice del Conservatorio F. Cilea di Reggio Calabria, il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri e il Preside della Scuola Media Contestabile, Prof. Antonio Loiacono. Moderatore e presentatore della manifestazione è stato il giornalista Toni Condello, l’inaugurazione ha preso il via sulle note dell’Inno di Mameli, eseguito dall ‘Orchestra dell’Istituto, diretta dal Prof. Calderone e dal Prof. Angelo Avati, di seguito è stato rappresentato dai giovanissimi Stefano e Cristian un ipotetico incontro tra Giovanni Pascoli e Alessandro Monteleone. La Dott.ssa Placanica ha ringraziato i presenti, spiegando con parole commosse quella che sarà la nuova realtà scolastica che prende il via con l’anno accademico 2012/2013. “In questa giornata speciale, che vede la nascita dell’I.C. comprensivo “Monteleone-Pascoli”, che accorpa due realtà scolastiche importanti già presenti sul territorio, e che vuole portare avanti i principi di legalità e correttezza, del vivere civile. Una Scuola senza discriminazioni, volta all’integrazione e che premi il merito, una Scuola a tutto tondo, che si prefigge obiettivi importanti e percorsi ambiziosi, che saranno sicuramente raggiunti grazie all’impegno di tutti e alla condivisione d’intenti con le famiglie.” A seguire l’intervento del Sindaco Domenico Romeo, che oltre ad augurare ai ragaz-

Inaugurazione dell’istituto comprensivo “Monteleone Pascoli” zi un buon anno accademico, ha posto l’accento sugli “sforzi dell’amministrazione comunale per ridare dignità ad una struttura (la Scuola Media Pascoli n.d.r) mortificata nel tempo, sforzi tesi ad una continuità didattica nel percorso formativo.” Monsignor Francesco Milito ha evocato con dolcezza la figura di G. Pascoli, Poeta, e di Alessandro Monteleone, scultore; “la poesia e l’arte che idealmente si uniscono in un Istituto che si pone come forza che plasma i giovani del futuro, il laboratorio dei sentimenti veri.” La manifestazione è stata allietata dalle esibizioni del corpo di ballo della Scuola su musiche coreografate dall’insegnante di danza Mimma Spanò, da Grease a Saremo Famosi. Il nastro d’inaugurazione è stato poi tagliato da Monsignor Milito, dalla Preside Placanica e dal Sindaco Romeo, seguito da un toccante momento di preghiera da parte di alcuni studenti che hanno affidato la nascita del nuovo Istituto alla Vergine Maria e dalla benedizione di Mons. Milito affiancato da Don Antonio Spizzica, parroco del Duomo di Taurianova. Dolcissimo l’Inno a Maria Immacolata cantato dai ragazzi, accompagnato e diretto dal Maestro Angelo Avati, il quale ha cantato anche la celebre “O Sole mio”. Anche il Direttore dell’Ufficio del Giudice di Pace, Dott. Antonino Martino (in rappresentanza del Giudice Alfano), è intervenuto con parole di augurio verso la nascita del nuovo Istituto. Da ultimo c’è stata la consegna delle targhe ricordo a Mons. Milito ed al Sindaco Romeo da parte della Dott.ssa Placanica e la presentazione del nuovo Gonfalone dell’Istituto sulle note di “We are the World”. Un plauso speciale va a tutto il personale, docente e non, che ha dimostrato ancora una grande professionalità e una profonda abnegazione, verso quello che non è solo un lavoro, ma una missione di vita; un impegno che si trasforma in sogno e la volontà che lo fa diventare realtà.


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Ad un anno dal suo ritorno alla Casa del Padre

Padre Alessandro Nardi

Il “piccolo” grande uomo che faceva innamorare tutti del Vangelo e della Parola di Dio

di Giovanni Rigoli

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n anno senza Padre Alessandro Nardi, al secolo Pasquale, nato nel 1923, divenuto frate Cappuccino nel 1952 e sacerdote nel 1958, tornato alla Casa del Padre il 22 Novembre 2011. Parroco amato e mai dimenticato della Parrocchia San Giuseppe di Taurianova (RC) per 24 anni (1987-2011). Al di là dei fondamentali riferimenti biografici, risulta estremamente arduo condensare in un articolo di giornale la descrizione di chi sia stato e cosa abbia rappresentato per tutti coloro che hanno conosciuto il “piccolo” grande uomo. Egli ha dedicato la propria esistenza al Signore, facendo dello stile francescano non un mero modus vivendi ed operandi “freddo” e schematico, ma trovando in esso la gioia di vivere il Vangelo e la Parola di Dio, di cui faceva innamorare tutti indistintamente, riuscendo a trasmettere ad ognuno qualcosa di unico. Padre Alessandro ha amato la vita monastica e parrocchiale ed è stato per la Parrocchia “San Giuseppe” un padre, un pastore, una guida. Sotto la sua opera sono cresciute intere generazioni che tutt’ora fanno del suo esempio una regola di vita. In Parrocchia, grazie a lui, sono nati e si sono sviluppati ed ormai divenute belle e solide realtà, diversi gruppi parrocchiali tra i quali: il gruppo catechiste, l’Azione Cattolica, la Corale TAU, la Caritas Parrocchiale San Giuseppe Moscati, il gruppo Ministranti. Per ognuno di questi gruppi aveva un obiettivo comune: la formazione come crescita spirituale e personale. La sua figura di frate umile ed obbediente, di parroco sempre presente ed attento, aiuta a riconciliare il cattolico con il mondo che è sempre più frenetico e che mette da parte la spiritualità. Padre Alessandro era estremamente dotto, colto, aveva una invidiabile biblioteca personale, leggeva quotidianamente “l’Avvenire” e settimanalmente Famiglia Cristiana. Egli dialogava senza remore con gli ultimi, con i peccatori, con i sapienti. Una parola di conforto nei momenti tristi, rimproveri e ramanzine quando non si aveva Dio nel cuore o quando si era disconti-

nui nell’essere cattolici. Tanti “no” per frenare iniziative dovute all’onda emotiva che, dopo primi e facili entusiasmi, sarebbero state semplici manifestazioni in cui l’apparire avrebbe soppiantato la Fede, la preghiera. Sempre presente in parrocchia e disponibile all’ascolto, si adirava quando veniva sminuita l’importanza dei Sacramenti: egli non amava cresimare o confessare “last minute”. Per ricevere da Padre Alessandro un sacramento, si doveva prima incontrarlo, parlargli, essere pronti spiritualmente e successivamente formarsi. Quando si parla di Parrocchia, è da intendersi non solo il perimetro della Chiesa, ma anche le case degli ammalati, degli anziani soli, che visitava costantemente per essere loro vicino nella preghiera e nello stare insieme. Diffidava dai pellegrinaggi che non avevano alla base una concreta intenzione religiosa e spirituale, ma piuttosto fini turistici. Era molto devoto a San Giuseppe Moscati ed a San Francesco d’Assisi e, da vero Padre, amava tutti i suoi figli/e della parrocchia. Per ogni gruppo aveva un pensiero particolare ed unico. Amava le catechiste perché formano il cristiano, amava l’Azione Cattolica (“azione significa essere in movimento, non stare fermi”) per il suo saper coniugare il cattolicesimo alla vita quotidiana, amava la Corale (“non è Natale senza Corale”) in quanto era convinto che con il canto la preghiera fosse più profonda, amava la Caritas per l’aiuto a chi è meno fortunato di altri, aveva una predilezione particolare per i Ministranti (“angeli dell’altare”). La parrocchia San Giuseppe educata da Padre Alessandro alla obbedienza delle disposizioni vescovili, alla sobrietà, all’unità e coesione tra le diverse realtà parrocchiali, alla preghiera ed al non serbare rancore nei confronti del prossimo, guidata dal nuovo Parroco Don Cosimo Furfaro, ha organizzato una “tre giorni” di ricordo e preghiera in suo onore. Al nuovo Parroco, dotato di fede ferrea e carisma, vanno i migliori auguri affinchè il suo mandato sia ricco di Fede, crescita umana e spirituale di tutta la Comunità della Parrocchia San Giuseppe.


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Cittanova: Festa dei Santi

Cosma e Damiano Premiati medici e intellettuali

di Alvise A. Cirigliano

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ornice di festa religiosa e culturale, nel corso dei Festeggiamenti in onore dei SS.Cosma e Damiano di Cittanova, a cura dell’Associazione Scientifico Culturale ONLUS SS. Cosma e Damiano, presieduta da Irene Marvasi: sono stati premiati alcuni medici del territorio pianigiano evidenziatisi non solo per le loro lodevoli capacità professionali, ma soprattutto per le doti umane e profondamente cristiane. I Santi Cosma e Damiano erano medici prima ancora che santi. Da medici avevano abbracciato la fede in Cristo Gesù, sfidando l’Autorità di Lisia, Governatore della Siria e che, in nome dell’Imperatore Romano, si distingueva per ferocia e barbarie nel perseguitare i seguaci di Cristo. Le nobili origini, le forze economiche e la proficua professione medica, non distolsero il loro animo da siffatta Fede, ma sono divenute il loro strumento ideale e materiale per avvicinarsi agli umili e diseredati, sino ad affrontare il martirio e la morte per decapitazione. In tale ottica è nata l’idea di dare giusto lustro in un momento in cui viene quasi celebrata la “mala sanità” a persone che praticano un martirio diverso, che consiste nello spendere il loro tempo tramite l’arte medica per sovvenire ai bisogni di tanti malati e di intere popolazioni. I medici premiati sono stati: Giuseppe Zampogna, Chirurgo, Primario del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Locri e VicePresidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Reggio Calabria; Giovanni Cassone, specialista in Diagnostica Radiologica, già Presidente dell’Ordine dei Medici ed attualmente impegnato a portare sollievo tramite la Fondazione “Clara Travia”, da lui istituita in memoria della moglie,al popolo africano ,trasportando la sua competenza in quelle zone sprovviste di tutto e promuovendo la costruzione di strutture ospedaliere; la Dott.ssa Luisa Agresta Calabrò, Presidente del Soroptimist e componente della Presidenza Provinciale Farmaceutica; la Dott.ssa Paola Serranò, Oncologa e Responsabile Regionale Organizzativa delle Cure Palliative, che si sta adoperando a far sorgere un Hospice a Melicucco; Luca Vigano,originario di Monza, specialista di Medicina Generale a Milano, ”missionario” per i malati terminali, ha sposato in pieno la Manifestazione “La Giornata della Vita”, fiore all’occhiello di tutta l’Attività dell’Associazione, tanto da essere sempre presente a Cittanova ogni prima Domenica di Febbraio, data della manifestazione; il Fisioterapista Daniele Tranfo, promotore del Telethon, è stato Rappresentante dell’Italia nelle Paraolimpiadi d’America. Alla Premiazione hanno partecipato con interventi ricchi di contenuti numerose Autorità: il Presidente dell’Ordine dei Medici, Dr Pasquale Veneziano, il Sindaco, Sandro Cannatà, il Cardiologo Michele Mammola. Il Coro “Euterpe di Palmi”, ha accompagnato la cerimonia con musiche e canti sacri e lirici, inframezzati tra le due parti da una brillante esecuzione da parte delle Majorettes della Città di Cittanova. Hanno consegnato i premi il Dottor Francesco De Matteis, il Dottor Franco Pisano, il Dottor Roberto Naso-Marvasi, la Dott.ssa Caterina Iamundo, e il Dottor Antonio Falletti. Ha chiuso i festeggiamenti un Concerto del Complesso Bandistico della Città di Cittanova, unitamente a meravigliosi fuochi di Artificio.

Sopra: Il Dott. P. Veneziano, Pres. dell' Ordine dei medici di Reggio Calabria, premia il Dott. G Zampogna alla presenza della Prof.ssa Irene Marvasi.

In alto: le statue dei Santi Cosma e Damiano. - Sotto: Dott. A. Falletti, G. Cassone, Agresta, Tropeano, Mammola, Zampogna, Calabrò, Naso Marvasi, Viganò, F. Pisano, Dematteis, G.Cassone, C. Iamundo, Veneziano, Valerioti.


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Cesare Berlingeri Ghiacci e Ombre messaggi di energie rinnovabili tra arte e cultura

Catanzaro, La Casa della Memoria Fondazione Mimmo Rotella, Catanzaro, Chiesetta del Sant’Omobono 27 Ottobre / 10 Gennaio 2013

di Salvatore Greco

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razie… ancora una volta a Cesare Berlingeri, messaggero di energie rinnovabili tra arte e cultura. Artista poliedrico, con un corposo carnet di premi e riconoscimenti conquistati in giro per tutto il mondo, nato a Cittanova, taurianovese d’adozione, abitante del creato. Questo ennesimo viaggio del maestro, perché di viaggio si tratta, è un percorso metaforico tra le righe o meglio tra le “piegature” di un tempo diverso, di uno spazio del corpo, di una collezione di memorie materiali che non si lasciano consumare né ti consumano… creazioni di "tra", spessore di corpi nomadici, tutto è originale, affascinante e rivitalizzante per l’occhio e la mente. Grado 0… In un mondo dove tutti possono “andare ovunque”, pochi si muovono veramente. Occasioni come questa sono un energico massaggio sul nostro atrofizzato muscolo della contemplazione sociale. Scardinando la cornice, musa non dimenticata, Berlingeri sembra ci elargisca di un sonoro mistero di colori, senza segreti, senza paura di sbagliare, raggiungendo il limite delle cose, il limite dell’audacia. Distruzione o terra promessa, inferno alla Orwell o paradiso alla Asimov? A lui non serve una risposta, solo un nuovo foglio bianco. Grazie…

Cesare Berlingeri a lavoro

l’arte è al livello più alto del pensiero immaginativo, come la scienza al livello più alto del pensiero razionale

Giulio Carlo Argan

Geometria rossa piegata, 2011 tecnica mista su tela piegata, cm 130x150

Segnato piegato, 2012 tecnica mista su tela piegata, cm 141x104

Veduta parziale della mostra alla fondazione Rotella di Catanzaro 2012

Avvolti con ombra nell’azzurro, 2012. Installazione nelle chiesa di Sant’Omobono Catanzaro. Carbone su tela avvolta, cm 250x500


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Presentato a Bagnara Calabra il libro “Scilla” di Oreste Kessel Pace

Una storia d’amore oscura, sinistra, drammatica e negativa. di Emma Ugolini

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iscontro positivo a Bagnara Calabra, lo scorso 2 Dicembre, per la presentazione del libro: SCILLA dello scrittore Oreste Kessel Pace (www.kessel.it), presso la bellissima sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso della cittadina di mare, perla della Costa Viola e patria della cantante Mia Martini. Organizzata dai giovani dell'Associazione Culturale “Fenice dello Stretto”, nel contesto de “L’artisti 'a Bagnara” promossa dalla S.O.M.S., la serata, dopo i saluti iniziali di Mimma Garoffolo (presidente SOMS), di Maria Francesca Fassari (Presidente Fenice dello Stretto) e dell’Amministrazione Comunale di Bagnara Calabra, ha registrato gli interventi di: Rorò Gramuglia, dello storico Natale Zappalà, con una relazione scientifica accurata, e del filosofo ed editore Salvatore Bellantone. L’autore, Oreste Kessel Pace, ha commosso i presenti dissertando non solo sui motivi personali e mitologici dell’opera (giunta alla seconda edizione), per poi entusiasmare, trascinare e appassionare gli ospiti con il suo carisma di profondo divulgatore ed oratore della letteratura, della storia locale e di quello che egli definisce: Il Respiro dei Nostri Antenati. A noi, Kessel, ha detto: “Non si tratta semplicemente di una storia d’amore. Bensì di una storia d’amore oscura, sinistra, drammatica e negativa. Il fatto stesso che prima di me, ne abbiano scritto alcuni tra i più grandi autori dell’antichità, è un segnale importante. L’opera comprende personaggi con elementi psicologici intensi: oltre Scilla, Glauco, Oceano, Teti, Circe,

etc., ma custodisce molti significati e la trama è assolutamente unica. Il tutto assume ancora più importanza se ci ricordiamo che il palcoscenico e le scenografie sono la nostra Costa Viola. Direi che si tratta di un sogno e di un incubo in un tempo senza tempo, in cui i nostri antenati erano personaggi di un inesorabile destino”. In “Scilla”, Oreste Kessel Pace ripropone una delle storie d’amore più belle e tragiche della letteratura mondiale, quella di Scilla e Glauco, allo scopo di riflettere sul senso dell’attuale culto dell’estetica, della ricchezza e del potere, quando si è privi dell’amore. Scrittore, poeta, giornalista, saggista, Oreste Kessel Pace nasce a Palmi nel 1974. Tra le sue pubblicazioni, si ricordano: Palmi anno 2100 (E.P. 1998), San Rocco di Montpellier (Laruffa 2005), Reghion e Artemide, Sant’Elia Juniore (Kaleidon 2012). Attualmente, vive e lavora a Palmi.


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di Gianluca Sapio

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a legislazione attuale parla, a proposito dei beni Archeologici, di “patrimonio indisponibile” dello Stato e tale termine appare decisamente adeguato per definire la grande ricchezza celata sotto terra. Con la nascita del metodo archeologico, durante la prima metà del XX sec., si inizia a percepire il sottosuolo come custode e testimone del processo storico, quasi un libro da “sfogliare” e “leggere”, nel quale sono celate le pagine della storia di un luogo e di una comunità. Alcuni siti poi, per la loro tradizione di studi e di scoperte, mantengono un fascino del tutto particolare, restituendo testimonianze storiche che trascendono quasi la dimensione locale. Medma, attuale Rosarno (Rc), è certamente uno di questi siti dalla lunga e prestigiosa storia e tradizione, a partire dagli scavi di Paolo Orsi tra il 1912 ed il 1914. I recentissimi ritrovamenti, avvenuti in seguito alla realizzazione di un nuovo tratto di rete fognaria comunale, hanno restituito un nuovo importante tassello per la conoscenza della topografia urbana dell’antica città. I resti di una casa, abitata tra la fine del V sec. a.C. ed il VI sec. a.C. (410-350 a.C.), e di alcune delle sue pertinenze per la soddisfazione delle necessità domestiche, permettono di confermare, da un lato, l’integrità della stratificazione archeologica in un settore del moderno centro ormai quasi totalmente urbanizzato, e, dall’altro, il fatto che la città greca si estendeva su gran parte del pianoro collinare con una maglia urbana non fitta e con aree di servizio esterne alle abitazioni. Particolarmente in buono stato di conservazione si sono rinvenuti un pozzetto

Il fascino dell' Antica Medma a Rosarno un patrimonio archeologico da difendere

Nelle foto i recentissimi reperti archeologici di Medma

di scarico, utilizzato durante processi di lavorazione, come produzioni ceramiche, ecc. ed una probabile fornace che doveva servire alle produzioni di stoviglie domestiche. Già durante una serie di interventi tra il 1977 ed il 1982, raccolti in un volume, curato dai Prof. M. Paoletti e S. Settis, contesti di questo tipo erano stati descritti, ma il recentissimo scavo avvenuto sotto la supervisione della Dott.ssa Iannelli della Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria e diretto sul campo da chi scrive, assume particolare importanza per la sua completezza ed unicità. La conoscenza di un sito come Medma è ormai legata a ritrovamenti occasionali o comunque circoscritti, visto che la presenza del centro moderno di Rosarno su buona parte della città antica non consente di effettuare scavi in estensione. Di sicuro in futuro (come suggerito anche dalle ultime importanti scoperte) molti nuovi dati scientifici e preziose testimonianze sull’antica Medma potranno provenire dall’area del parco archeologico, ma anche dal settore dell’ex Ospedale civile, ovvero luoghi in cui il paese moderno non si è sviluppato e la stratificazione archeologica del sottosuolo è ancora in gran parte integra. Sarà, a mio avviso, importante però investire concretamente su progetti di valorizzazione dei contesti archeologici, in modo da far diventare finalmente la grande potenzialità archeologica di siti come Medma, una vera ed effettiva risorsa per il nostro territorio.


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Jack Alviano prepara il tour 2013

“Rino Gaetano nel cuore” E la rabbia di gridare ancora il suo tour 2013 con prepotenti accuse contro ogni società codina, piccolo borghese e ipocrita

di Gaetano Mamone

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opo il successo della tournè 2012, che lo ha visto impegnato sulle più importanti piazze italiane, per Jack Alviano l’estate 2013 sarà ancora all’insegna della musica di qualità che da sempre lo vede impegnato in una scelta artistica che, negli ultimi anni, si è rivelata fonte di grandi successi, di critica e di pubblico, che sempre più numeroso segue con grande passione i suoi concerti. Jack, ormai considerato dai critici come uno dei migliori interpreti di Rino Gaetano, sta in questi giorni lavorando al suo nuovo programma e, insieme con i musicisti della sua Band, “I Mulini a vento”, che rispondono al nome di Salvatore Lombardo, batterista, Carmelo Gattuso, chitarrista, Saverio Caminiti, tastierista, Pasquale Mammone, fisarmonicista, Francesco Pochiero, bassista, sta forzando le tappe anche per la definizione del nuovo CD, che lo vedrà proporre brani interamente inediti e che segneranno una nuova tappa della sua produzione di cantautore. Negli ultimi anni, la ricerca musicale di Jack è proseguita, unitamente con un processo di matura riflessione sulla immagine stessa di una umanità svilita dall’ipocrisia e che da sempre, è stata al centro delle sue battaglia in difesa di valori puri di lealtà e di fratellanza. Fin dai tempi di “Vado a vivere da solo”, si è percepito nei testi di Jack Alviano un anelito di ribellione, che derivava e deriva ancor oggi dalla constatazione che i capaci e i meritevoli spesso siano condannati a restare al palo, mentre i parvenu e coloro che nel corso dei tempi hanno avuto gli appoggi politici giusti si siano trovati agevolati in tutto, dalla canzone, al giornalismo, all’accesso al mondo del lavoro. Questa cruda riflessione lo ha fatto sentire idealmente vicino al grande Rino Gaetano: il suo amore per i brani di Rino non è opportunità o facilità di interpretazione, ma un vero transfert con la capacità di calarsi dentro il mondo di Rino e di sentire che Rino vive nuovamente dentro di lui, quando lo interpreta sui palchi di tutta Italia con una travolgente energia. Applausi a scena aperta per Jack Alviano? Ovunque, o quasi. L’unico cruccio dell’artista Taurianovese è di non essersi potuto esibire, per ragioni misteriose di un ostruzionismo incomprensibile, nella sua Taurianova. A turno, sempre all’ultimo minuto, gli è sempre stato preferito qualcun altro. “Peccato – dice – e pensare che tanti anni fa, all’epoca del mio sodalizio con Renzo Arbore e l’Orchestra

Italiana, demmo vita a un memorabile concerto, tutto “italian swing” in Piazza Italia. Oggi prevalgono pulsioni che di artistico sanno poco. Pazienza - conclude. Io con le mie canzoni ho dato tanto alla Calabria e a Taurianova. Per converso, cosa ho ricevuto?” E qui, scatta istintiva, come una molla, la sua caustica riflessione di artista calabrese dall’animo sensibile: “certo – dice – dispiace pensare che l’ostracismo della mia città, assolutamente deplorevole, si è consumato in più di una circostanza tra “mercanti del tempio”, che andrebbero decisamente rovesciati come fece un tempo il buon GESU', e "lobby di potere" dominanti, che considerano la canzone d’autore, quella fatta di impegno civile e denuncia sociale, alla stessa stregua del loro caratteristico degrado morale e civile”. E scappa via, come un vero… FIGLIO UNICO!!!! sulla sua mitica Renault 4 bianco latte, la stessa con la quale a Roma si recava negli studi Rai, quando era ospite fisso a RadioRai e in tante trasmissioni TV. Ma la fibra di uomo e di artista di Jack Alviano è temprata da mille battaglie e la sua voglia di scrivere, di mettere in musica la sua visione del mondo e la sua carica di indignazione davanti ad ingiustizie e nequizie di ogni sorta è rimasta quella del ventenne che, chitarra alla mano, iniziava a percorrere la dura strada dell’arte


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Zungri (VV): scorcio delle antiche abitazioni rupestri. - Foto archivio Diego Demaio

La decorata cornice della Piana (3)

Nicotera, Santuario di Monte Poro, Città Rupestre di Zungri, Mileto e Paravati di Diego Demaio

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uesto nuovo itinerario ad anello, che si snoderà nella limitrofa provincia di Vibo Valentia, continuerà ad evidenziare le tante straordinarie peculiarità del nostro meraviglioso territorio. Lasciata la Piana si salirà, superando il fiume Mesima, sull’incantevole “balcone” della vicina Nicotera, preziosa, tra l’altro, per la Cattedrale che conserva la bellissima scultura marmorea della Madonna delle Grazie (attribuita ad Antonello Gagini) ed il pregevole Crocifisso ligneo del 1500 di Angelo Landaro. Usciti dal centro storico, dominato dal Castello dei Ruffo, si attraverserà la cittadina passando sotto la Chiesa della Madonna della Scala (dal sacrato si potrà osservare un incomparabile paesaggio che si estende sino all’Etna), per scendere verso Joppolo. Entrando nel paese si consiglia di svoltare a destra, prima del ponte della periferica contrada Siroto, per arrivare in breve, grazie alla ripida discesa, sul vicino lungomare. Da qui, andando a sinistra, si giungerà alla ben visibile Torre di Parnaso, risalente al XVI secolo. Dalla strategica ed ancora integra costruzione sull’omonima rocca si godrà dello spettacoloso affaccio a strapiombo sul mare, con sullo sfondo le isole Eolie ed il cono fumante dello Stromboli. Ritornati nella strada provinciale si procederà ancora di poco dentro Joppolo per curvare a destra, all’altezza del cimitero, ed intraprendere

la tortuosa e panoramicissima salita che porta alla frazione di Caroniti. Terminata l’ascesa, si arriverà ai 670 m. del celebre Santuario di Monte Poro, dedicato alla Madonna del Carmelo che, nel 1875, apparendo nel sonno all’umile pecoraio Carmelo Falduti, lo invitava ad edificare una Chiesa in Sua venerazione. Lo stesso pastore, che nel frattempo per vocazione si era fatto frate, esaudiva la divina richiesta realizzando il Tempio che veniva inaugurato il 1° Luglio 1894. Usciti dal Santuario, si proseguirà lungo il ridente e fertile altopiano, abitato da laboriosi contadini ed allevatori, per incontrare la veloce strada Vibo-Tropea. Da qui, svoltando prima a sinistra e poi a destra, si raggiungerà il paese di Zungri. Parcheggiata la macchina, si procederà brevemente a piedi lungo una segnalata via che conduce alle suggestive Grotte dell’antica Città Rupestre, l’unica in Calabria, risalente ai secoli che vanno dal X al XIV. Le tante spelonche furono scavate nel tufo dagli “Sbariati”, monaci eremiti basiliani che provenivano dall’oriente per sfuggire ai musulmani. All’interno di queste, oltre ad ammirare la perfetta architettura che ne ha garantito la conservazione sino ad oggi, si rifletterà certamente sulla semplicissima esistenza degli antichi anacoreti che vivevano nella preghiera e lontano dagli agi. Lasciata Zungri, si tornerà indietro per puntare verso il capoluogo di provincia, che non verrà comunque raggiunto in quanto, arrivando all’Eliporto dei Carabinieri “Luigi Razza”, si svolterà a destra per immettersi sulla Statale 18. Scesi, quindi, alla vicina Mileto, si visiterà l’imponente Cattedrale, dedicata a San Nicola, con l’interessante Museo Diocesano d’Arte Sacra. Uscendo dalla “capitale normanna” per fare ritorno nella Piana, sarà, infine, d’obbligo omaggiare, nell’attigua Paravati, la tomba di Natuzza Evolo, la mistica “Mamma”, ogni anno meta di decine di migliaia di pellegrini provenienti da tutta l’Italia ed anche dall’estero.


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