Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 6, Gennaio 2013 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999
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IL MONDO DI CETTO
AL VOTO!
Taurianova: Casse comunali al collasso Una nota di SEL
Polistena: Marcia della Pace per tenere desta la speranza
Varapodio: Carmelo Crucitti e i suoi presepi Giovane dell'anno
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Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663
sommario
Corriere della Piana del 25 Gennaio 2013
Riceviamo e pubblichiamo Taurianova: casse comunali
al collasso
Gentile Direttore,
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a un nostro breve, ma chiaro e significativo manifesto, reso noto tramite la stampa cartacea e on line nel Settembre 2012, avevamo evidenziato ed anticipato quelle criticità che hanno costretto l’attuale Amministrazione a procedere, in data 08 Gennaio 2013, a scelte forti, quale è stata l’approvazione della procedura di riequilibrio finanziario (che porterà sicuramente sacrifici economici per la collettività taurianovese, in un contesto di crisi globale). In sostanza, il carente incasso dei tributi comunali e il continuo ricorrere ad anticipazioni di cassa (di fatto somme da restituire con interessi), hanno portato sulla soglia del baratro il nostro Comune. La poca chiarezza dei residui attivi e passivi (male di moltissimi comuni), ma soprattutto quelli attivi, cioè somme accertate, o almeno così dovrebbe essere, ma non riscosse; per intenderci, trattasi, sostanzialmente, di tributi degli anni precedenti da incassare, ma non incassati o poco incassati, che hanno contribuito in maniera secca allo stato penoso delle finanze comunali (a tal proposito ricordiamo sempre come la Gioseta è stata una vera ecatombe per le entrate comunali). In tale situazione che fine faranno i servizi da prestare ai cittadini? E quanto dovranno aspettare certe opere incompiute, quali: il Palazzetto dello Sport; la villetta cosiddetta “Pineta” (in pieno stato di abbandono e oggetto di ruberie e atti vandalici); e la fantomatica e mai dimenticata Casa della Cultura, che doveva essere realizzata con i fondi derivanti dalla vendita dei terreni della contrada “Olmolongo”,tali terreni di proprietà del Comune furono venduti e i fondi derivanti che erano vincolati a finanziare la Casa della Cultura che destinazione hanno preso, insomma che fine hanno fatto??? Coordinamento SEL Taurianova
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Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati
Hanno collaborato a questo numero: Filippo Speranza, Giovanni Rigoli, Nicola Alessio, Rocco Militano, Michele Ferraro, Carmen Ieracitano, Ferdinando Mamone, Cecè Alampi, Caterina Sorbara, Carmen Lacquaniti, Paolano Ferrantino, Antonio Roselli, Luigi Maggiore Florio, Federica Zaccone, Veronica Iannello, Mara Cannatà, Gaetano Mamone, Diego Demaio Foto: Diego De Maio, Free's Tanaka Press Salvatore Greco, Gianluca Sapio Grafica e impaginazione:
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Mariachiara Monea sickie@alice.it Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Visual by Mariachiara Monea Stampa: litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 cordovaluigi@alice.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) e-mail: corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 22-01-2013 Visit us on
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Editoriale 2013 Anno nuovo, fisco vecchio? Dopo l'attentato a Delianuova La solitudine dei numeri uno
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Quando la preghiera diviene canto Concerto della Diocesi
Il Vescovo Mons. Milito vicino al mondo della scuola
Premio Best Cisco Academy per l'ITIS di Oppido
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L'Istituto Teologico Pastorale "Papa Giovanni XXIII" Una realtà di cultura e di fede
Da Polistena la sera di Capodanno Pace, Pace, Pace!
L'ultima fatica letteraria di Mimmo Gangemi "Il patto del Giudice"
Il Sindaco di Palmi firma la carta europea per la parità “Lavoro, famiglia e dignità umana: Vocazione e responsabilità”
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Gli alunni della 5ª B del '72 dell'agrario di Palmi si ritrovano dopo 40 anni Il bizzarro caso de "Il Previticciolo"
Michele Conia sulle ali di un'onda
L'elzeviro Tenebre e Luci
Cittanova "Natale in Fiera" 1° mercatino dell'artigianato
Carmelo Crucitti maestro dei presepi L'AVIS di Laureana festeggia i suoi 10 anni
La realtà degli extracomunitari Gli occhi di Ibrahim
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Antimafia dei fatti Breve vademecum e proposte
L'accoglienza degli immigrati nella Piana di GIoia Tauro
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"Prendete e mangiatene tutti..." Offerto un pranzo agli immigrati
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"I sammartinesi al fronte" Encomiabile studio sui caduti Esplosione di Bands
Una proposta musicale calabrese: Oltre il velo di Maya
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La dipendenza da lavoro Paolo Sesti riconfermato alla guida della FMI La decorata cornice della Piana Zomaro e Monte Tre Pizzi
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Editoriale
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I Gattopardi
5 di Luigi Mamone
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i è una grande verità nel pensiero di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore del Gattopardo. E' una verità semplice ed eterna, espressione della perfetta comprensione, da parte dello scrittore, di come andasse – e va – il mondo e di come, in quel lontano scorcio dell’Ottocento postunitario, si muovessero le cose del mondo in generale e della politica in particolare. In una delle più belle pagine de “Il Gattopardo”, infatti, Tomasi di Lampedusa, con riferimento agli equilibri mutati dopo l’Unità d Italia e a fronte dell’entusiasmo di un nipote che gli preannunciava “tornerò da Palermo con il tricolore!”, fa dire al Principe Salina “cambieranno tutto per non cambiare nulla”. Quel voler cambiare tutto e quel non aver cambiato nulla, a due secoli e oltre di distanza è ancora di schiacciante attualità se riferito alla esperienza del Governo Monti. Mario Monti e i suoi tecnici, giunti alla guida del paese, avrebbero dovuto gettare i semi di un rinnovamento politico e sociale, da attuarsi a tappe forzate parallelamente alle rigorosissime misure di politica fiscale e tributaria adottate per recuperare credibilità sullo scacchiere europeo e internazionale. L’azione riformatrice di Monti avrebbe dovuto incidere su quei patrimoni alti o altissimi che rappresentano una contraddizione tutta italiana, con stipendi e prebende per manager, discussi e discutibili, ampiamente superiori allo stipendio annuale di gente come Obama, la Merkel e la stessa Regina Elisabetta, certamente più meritevole quest’ultima, a prescindere dal blasone e dai titoli, dell’oscuro italico Befera Attilio, capo della Agenzia delle entrate e dell’Equitalia. Il capo di quelli che una volta erano i gabellieri e che, con metodi diversi e più moderni, riscuote le “decime” alla povera gente infischiandosene di qualsiasi difficoltà tale esazione possa provocare (chissà a quanto ammonta il compenso annuo dell’omologo britannico di Befera?). Senza scordare quel manager – già a capo dell’Alitalia – liquidato, dopo la crisi dell’Azienda, con “soli” 8 milioni di euro di buonuscita, o dei miliardi di euro che fino ad oggi è costata e costa la Società Ponte sullo Stretto di Messina. Per non parlare dei tantissimi ulteriori sprechi che l’apparato porta in seno: enti inutili, duplicazioni, consulenze e altro ancora che certamente – nel totale – è più dispendioso degli stipendi dei parlamentari, che avrebbero dovuto essere ridotti e non lo sono stati; delle spese per missioni militari all’estero, che avrebbero dovuto cessare, ma continuano; della tassazione sulle transazioni finanziarie (Tobin tax), che è stata glissata, e ultimo della lista, ma non per importanza, della
riforma elettorale con cancellazione del vergognoso porcellum. Che – manco a dirlo – non c’è stata. L’asserita lotta all’evasione ha consentito solo di fare terrorismo psicologico e di colpire nel mucchio con effetti addirittura impensati in termini di recessività della azione: i porti turistici sono rimasti svuotati; le vetture di 3000 cc vengono svendute seminuove; in molte località turistiche il crollo dei volumi d’affari è stato imponente soprattutto dopo lo spauracchio dei controlli operati dalla GdF sull’emissione di scontrini fiscali. Il costo dei carburanti, gravato da innumerevoli accise, continua a levitare. E così altre voci di spesa: Enel Telecom e Gas. Sulla intelligencjia dei boiardi di sempre, faccendieri e parvenues che razzolano nell’Aia dei palazzi del potere e della imprenditoria nessun serio controllo e, soprattutto, nessuna reale programmazione in quei settori che, ovunque nel mezzogiorno – ma anche nel centro – subiscono il peso di un impalpabile quarto livello di mafia: un livello impalpabile, che esula da riti di iniziazione e altre gestualità ndranghetistico mafiose e accomuna grand commis e faccendieri nella tela di interessi enormi: affari prima facie leciti, ma che solo per alcuni soggetti si sviluppano burocraticamente in piano. Uno per tutti: la crisi della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi. Serve una legge – nazionale – che vincoli e obblighi le regioni nella loro attività legislativa e che consenta di superare le logiche della termovalorizzazione indiscriminata e del rifiuto fonte di business solo per coloro che lo trasportano. Attualmente nelle strade della Piana del Tauro giacciono migliaia di tonnellate di materie prime, che andrebbero solo raccolte e riciclate. Perché tutto questo non avviene? Perché l’intelligencija regionale di Scopelliti, anziché intromettersi in fatti sportivi, non si occupa seriamente di programmare azioni volte a far decollare la differenziata, creandone i fattori di produzione indispensabili e obbligando i riottosi ad adeguarsi ? Perché non vengono realizzate nelle immense aree del porto di Gioia i centri per lo stoccaggio del differenziato? Da stoccare in containers da imbarcare poi verso le destinazioni di riutilizzo. Perchè non vengono coinvolti i forestali e i Consorzi di bonifica? E’ un interesse primario differenziare. Ma le mafie non lo consentono. E i politici, nella loro generalità, le mafie le lottano solo a parole, con marce e con convegni autoreferenziali, ma sterili di effetti. Qui è il malgoverno. Qui sono gli sprechi. Qui allignano i gattopardi! Qui c’è la malafede di una classe politica marcia e ottusa che andrebbe messa all’indice per la sua pochezza e la sua miopia. Al punto che non solo Tomasi di Lampedusa è attuale, ma perfino Dante: “Ahi, serva Italia, di dolore ostello / nave senza nocchiero in gran tempesta / non donna di provincia ma bordello.
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entre ci avviamo ad affrontare il nuovo anno, un 2013 che, a sentire i migliori economisti e i dibattiti politici, sarà il picco della crisi, oltre il quale si avrà una leggera ripresa, verrebbe da chiedere, ma la politica potrebbe fare qualcosa per attenuare l’impatto con la reale pochezza di lavoro e liquidità? Non adesso, si vota! Il corteggiamento dei politici durerà fino alla fine di Febbraio E intanto, noi comuni mortali, analizziamo la panoramica che ci attende nel 2013. In primis, un nuovo tributo (se ne sentiva una forte necessità), ma che effettivamente sostituisce qualcuno preesistente: infatti, debutta nel 2013, la TARES, tributo sui rifiuti e sui servizi indivisibili che prende il posto della TARSU e della TIA. La TARES ha due parti: una sostituisce quella che volgarmente viene chiamata la “tassa sull’immondizia”, ed un’altra rappresenta una maggiorazione per i servizi indivisibili pari a 30/40 centesimi per metro quadrato. Chiariamo innanzitutto cosa sono i famosi servizi comunali indivisibili: rappresentano quei servizi non tariffabili e non a domanda individuale, per esempio illuminazione pubblica, manutenzione strade, ecc. I tecnici più esperti hanno fatto notare che la maggiorazione di 30 centesimi a metro quadrato, a causa di un sistema di compensazione tra Stato e Comune, di fatto va nelle casse statali, stimando un ‘entrata di 1 miliardo di euro, mentre i Comuni possono ambire all’entrata derivante dall’eventuale aumento di tale tributo; in conclusione, è palese l’ennesima ingiusta e, forse, illegittima, destinazione di fondi comunali in casse non comunali. Per la TARES il Comune dovrà adottare un regolamento apposito e una delibera delle tariffe. Per i 6.700 Comuni che appli-
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Anno nuovo, fisco vecchio? cavano la TARSU bisogna programmare il tutto e bene. Il bilancio di previsione, salvo proroghe sicure, si approva entro il 30 Giugno 2013, anche se gli importi si possono modificare fino al riequilibrio. E l’ IMU ? Abolita? Non chiediamo troppo dalla vita. Ma ci sono colpi di scena positivi: a partire dal 2013 , grazie alla legge di stabilità, l’IMU è interamente devoluta ai Comuni, perciò viene eliminata la quota di imposta che aveva carattere erariale e che tassava gli immobili non abitazione principale, ma viene inserita una riserva a favore dello Stato relativo all’entrata IMU connessa ai fabbricati aventi categoria catastale D. La logica farebbe pensare che quest’anno l’IMU dovrebbe ridursi della metà, a meno che i Comuni nella determinazione delle aliquote giocano al rialzo e le aumentano in maniera netta. D’altro canto la riserva che lo Stato tiene per il gettito dell’IMU incassata per i fabbricati di categoria D, è l’ulteriore ingerenza, non moralmente corretta, nelle casse comunali; si consideri anche che il Comune, sapendo che una parte dell’IMU dei fabbricati D non entra nelle proprie disponibilità, aumenterà sicuramente le aliquote, pertanto vi sarà un maggiore salasso per le imprese, in quanto i fabbricati colpiti saranno le categorie D/1 opifici, D/7 fabbricati con finalità industriali, D/8 fabbricati con finalità commerciali. Ciò sarà particolarmente pesante per le piccole e medio imprese, che dopo innumerevoli sacrifici e investimenti per acquistare un capannone dove fare impresa si troveranno un esborso di tale tenore; il tutto mentre il Premier Monti si dimetteva, avrà voluto lasciare l’ultimo ricordino al mondo delle imprese che dice di amare tanto. L’IVA si porterà al 22% dal 01/07/2013, con conseguente riduzione dei consumi, i quali si stanno riducendo anche a causa di quella perversione fiscale chiamata redditometro, che misura la coerenza tra entrate ed uscite di una famiglia; chi comprerà un’autovettura con il rischio di un accertamento fiscale che gli pende sulla testa? Chi non lo sa, ovviamente! Dal lato spesa si rileva la riduzione delle spese sulla Sanità per 2,6 miliardi di euro, mentre al Fondo per la non autosufficienza sono riservati appena 275 milioni , inclusi i fondi per la S L A; a tal proposito, si ricordi la figura meschina del Governo Monti, che aveva praticamente dimenticato tale problematica, causando lo sdegno collettivo, e meno male che sono, anzi erano Tecnici! Nessuna traccia nella legge di stabilità del rifinanziamento dei bandi per i contributi alle imprese femminili, quella che era l’imprenditoria femminile 215/92, ferma di fatto al 2005; niente è pervenuto neanche per i crediti d’imposta, per acquisto di macchinari e attrezzature e per le agevolazioni relative alle assunzioni per ridurre il cuneo fiscale, siamo praticamente fermi al palo di partenza. Un desiderio per l’anno nuovo: per favore dateci un Governo degno di questo nome, non vittima o complice di interessi particolari, dateci un Governo libero, anche solo per un anno, GRAZIE.
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Dopo l’attentato Consiglio Comunale aperto a Delianuova
La solitudine dei numeri uno
I Sindaci lamentano a gran voce il disinteresse della regione e del governo.
Alla fine la proposta di una candidatura unitaria al parlamento di Luigi Mamone
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lla fine la nota dominante e univoca, vero grido di solitudine e di dolore di tutti i sindaci della Piana e del comprensorio pre aspromontano, è la sintesi del consiglio comunale aperto svoltosi il 27 dicembre scorso nel Municipio di Delianuova a pochi giorni dal misterioso ed inquietante “segnale”, rappresentato dall’ordigno esplosivo che ne ha distrutto la porta. E’ la conferma di come ormai tutte le amministrazioni comunali, grazie anche ad errori di prospettiva politica colossali, attuati dal governo centrale e dal muro di gomma che ormai da decenni è divenuta la politica regionale, versino senza risorse, senza possibilità di intervento concreto in favore delle popolazioni, senza la possibilità di concertare le linee di uno sviluppo e di un rilancio dell’economia. Il Sindaco di Delianova, Rocco Corigliano, è amareggiato, preoccupato per la violenza del gesto, ma serenamente convinto ad andare avanti. Non è la prima volta che subisce intimidazioni, ma un gesto come quello dell’ultimo attentato non può consentire di trovare spazio ai facitori del malaffare e agli sgherri dell’antistato. L’aula del Municipio di Deliese è gremita di Sindaci: Melicuccà, Laureana, Cittanova, Scido, Sinopoli, Taurianova, Gioia Tauro, Rizziconi, Giffone, Molochio, Melicucco ed altri ancora. Tutti lamentano le condizioni difficilissime nelle quali le amministrazioni sono costrette ad operare, oberate di debiti, travolte da valanghe di rifiuti che solo la miopia, la malafede e per qualcuno forse anche collusioni poco chiare, hanno fino ad ora impedito di trasformare in materie prime da riciclare rendendo la raccolta dello smaltimento dei rifiuti non un costo insopportabile, ma semmai una risorsa capace di generare un meccanismo economico in grado di riversare dei benefici sulla collettività, senza danneggiare l’ambiente. Certo è che per ogni comune ogni tonnellata di rifiuti da mandare ad incenerire ha un costo di 91 euro. Una cifra insostenibile. Presenti anche alla riunione l’Assessore Provinciale, Domenico Giannetta, delegato alle attività produttive, e il Presidente, Giuseppe Raffa, parti in causa, essi pure, essendo la Provincia di Reggio un ente intermedio fra i comune e la regione. Quest’ultima è stata presente con il Segretario Questore On. Giovanni Nucera, con il V. Pres. del Consiglio On. Alessandro Nicolò, il cui intervento però, incentrato su un elegante politichese, ha lasciato parecchi dubbi sulla reale volontà politica dell’intelligencija regionale di voler veramente affrontare le problematiche degli enti locali, della disoccupazione, della crisi agrumicola, della mancata riconversione del settore agricolo, della arretratezza strutturale di tutti i comparti produttivi calabresi e, prima per ordine di importanza, un’ azione efficace per combattere la crimi-
nalità organizzata. Lotta questa che non può essere esaurita dalla sola azione repressiva, ma che necessita di azioni sinergiche e costruttive, volte alla creazione di condizioni di benessere. All'intervento di Nicolò replicava, forte della sua conoscenza del bilancio regionale, l'esponente del PD Sopra: il Sindaco di Delianuova Demetrio Naccari Dott. Rocco Corigliano In alto: al tavolo della presidenza Carlizzi. La riula Dott.ssa Maria Angela Rechichi nione celebrata, senza alcuna enfasi retorica, dalla totalità dei sindaci, accomunati tutti dal senso di solitudine che circonda gli amministratori degli enti locali, in una realtà dove altre forze aggrediscono e tentano di imporre con la violenza le loro strategie, dà pienamente la misura di quanto la Calabria, per colpa di classi politiche assolutamente insufficienti, abbia negli ultimi venti anni, a prescindere da chi abbia avuto la guida della regione o sia stato eletto al parlamento, perso occasioni storiche di crescita. Restano solo macerie, e non solo, figuratamente calcinacci e vetri rotti residuati all’esplosione della bomba; macerie morali, macerie di sogni, di attese, di speranze; macerie di una Calabria incapace di rialzare la testa. Alla fine si leva una proposta accolta da un applauso: «che sia uno dei sindaci attuali, supportato da tutti gli altri primi cittadini, ad essere, a prescindere dal colore dello schieramento, candidato e possibilmente eletto, per far si che questo lembo della provincia reggina abbia un rappresentante nelle più elevate sedi istituzionali. Non sappiamo che farcene della Bindi, di Gasparri, di Pannella, di Berlusconi e di tutti gli altri esponenti di vertice del partitismo italiano che pensano di candidarsi in Calabria per far razzia di voti e poi continuare ad essere casta e a pensare che l’intera Calabria sia un contesto di malavitosi» viene detto a chiare note. La proposta riscuote l’entusiasmo di tutto il pubblico. Ex post l’analisi delle liste confermerà che un Sindaco, Aristodemo Alvaro, è candidato al Parlamento...
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di Giovanni Rigoli
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i fa tanta e non sempre corretta antimafia. Fare antimafia non è solo partecipare a cortei, manifestazioni, convegni fatti di slogan che lasciano il tempo che trovano, l’eco di, talvolta, ipocriti applausi. Fare antimafia è avere la convinzione che qualcosa può cambiare, ma per farlo servono coerenza, etica amministrativa, coscienza civile, coraggio. Che non significa diventare eroi, ma avere la forza di andare avanti per la propria strada rispettando le regole e la legge, coraggio di argomentare le proprie idee e denunciare tutto ciò che è malaffare. Spesso si confonde la mafia con altro: le origini della criminalità organizzata vengono confuse con il brigantaggio, ma durante l’analisi delle origini del fenomeno mafioso si evince che non è così. La criminalità organizzata è qualcosa che ha una forma, seppur in continua evoluzione, ben precisa ed affonda le sue radici in condizioni in cui anche i totalitarismi hanno trovato, specie nel passato, terreno fertile: miseria, disoccupazione, malcontento, ignoranza. Il fenomeno da un punto di vista sociologico, è una forma di quella che Renate Siebert chiama “signoria territoriale”, ovvero potremmo identificare il mafioso come il feudatario di un determinato territorio sul quale ha pieno potere. Facendo una comparazione tra il signore medievale ed il mafioso, simbolo tangibile di potere e dominio sul feudo, sul territorio, era il castello ed oggi è l’immobile che spesso spicca maestoso e sfarzoso in zone in cui non vi sono né scuole, né strade asfaltate. Le origini, come detto, non sono da confondere con il brigantaggio. Nei discorsi politici viene spesso utilizzato impropriamente il termine di “borghesia mafiosa” per indicare la collusione tra “colletti bianchi” e malavita. In realtà, come indicato da Umberto Santino, borghesia mafiosa non è da utilizzare come metafora per definire la cosiddetta “zona grigia”, bensì essa rappresenta una sorta di “nobiltà” dovuta ad un mix di fattori storico-carismatici e capacità di influenza della criminalità organizzata. Sono spesso indistinte anche due forme di criminalità organizzata: la ‘ndrangheta calabrese e la mafia siciliana. Esse hanno delle origini comuni, ma sono dei fenomeni differenti per storia, sviluppo, struttura, strategia, assurgendo a realtà criminali in espansione, addirittura globali. Nel caso della ‘ndrangheta, ad esempio, essa esporta il proprio modo di pensare ed agire al Nord Italia, in Europa ed oltreoceano, in-
ANTIMAFIA DEI FATTI Breve vademecum e proposte
filtrandosi nelle strutture pubbliche o nei mercati illegali. La ‘ndrangheta, nel mercato della droga, è diventata l’interlocutore preferito dai cartelli sudamericani per la qualità eccellente del servizio e per la garanzia e l’affidabilità che offre. Naturalmente, non si può parlare di legalità senza analizzare la legislazione vigente, che in tema di antimafia ha spesso avuto delle “accelerazioni”, degli input, derivanti da eventi delittuosi in cui si ritrovano elementi della strategia del terrore vissuta negli anni di piombo. Lo Stato ha dimostrato negli anni che reagisce e va a colpire la criminalità organizzata in modo quasi “chirurgico”. Superata la iniziale gran confusione derivante dalla non conoscenza della realtà mafiosa e della sua reale complessità, pericolosità e capacità di infiltrazione nelle economie, nella pubblica amministrazione ed in tutto ciò che può esservi di economicamente e politicamente sano, produttivo e redditizio, con il 416 bis c.p., con i rigori del 41 bis, che rende ardua la vita in carcere, relegando i boss ad un solitario esilio, con lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, con la legge 109/1996 con cui si sancisce la riutilizzazione sociale di un bene confiscato, con l’emanazione di uno specifico Codice Antimafia, lo Stato si è fornito degli strumenti necessari ed utili per combattere la mafia non solo da un punto di vista legale giudiziario ed amministrativo, ma anche da un punto di vista sociale. Nel passato anche non troppo lontano tanti, troppi uomini e donne sono divenuti martiri di una guerra che vede la legalità, la voglia di vivere rispettando il prossimo e le regole, contrapposta alla criminalità organizzata. Importante è avvicinarsi all’antimafia vera, non quella parolaia del “giorno dopo”, con coscienza e senza voler strafare, senza paura. Non bisogna essere eroi, martiri; bisogna semplicemente non avere timore di rifiutare ogni sorta di compromesso morale, ogni sorta di malaffare o favoritismo, avere il coraggio di vivere quotidianamente la legalità con i sacrifici e le rinunce che essa comporta. La storia d’Italia ci insegna che il fenomeno può essere sconfitto attraverso due fattori fondamentali: la presa di coscienza del popolo, che deve essere consapevole dei propri diritti. E’ fondamentale far comprendere al cittadino che rifiutare ogni sorta di compromesso è necessario per debellare il fenomeno. Senza mafia e malaffare funzionerebbero meglio i servizi, aumenterebbe sensibilmente la qualità della vita. È essenziale educare le nuove generazioni e i “professionisti del domani” a rifiutare ogni tipo di connivenza con il malaffare e far conoscere il fenomeno, studiarlo, approfondirlo, aiutare a rifiutarlo. Fare antimafia senza ipocrisia, con competenza, coerenza, onestà intellettuale, voglia di vivere e solidarietà sociale. Vera, per creare nei giovani condizioni di affrancamento dal bisogno, che resta il brodo di coltura nel quale tutte le mafie guazzano.
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Da Polistena la sera di Capodanno
Pace, pace, pace!
Una marcia che si ripete per accendere speranze di un futuro migliore nei deboli, nei poveri e negli afflitti in una terra abbandonata e che evoca la Macondo di Garcia Marquez di Nicola Alessio
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a marcia della pace, organizzata dall’Associazione “Il Samaritano” a Polistena, ha costituito nel giorno di Capodanno un appuntamento sentito e un momento di forte riflessione sui tanti aspetti che il termine ingloba e implica. Pace con se stessi; pace con e verso gli altri; pace nel mondo, costruzione e mantenimento della pace. Nella giornata che il Santo Padre Benedetto XVI ha inteso dedicare alla pace a livello mondiale, nel piccolo microcosmo marqueziano di macondiana memoria che è divenuta la Piana del Tauro, flagellata da conflitti sociali, politici, attese, speranze, illusioni, mancanza di lavoro e brodaglie varie – tutte nauseabonde – nelle quali le mafie trovano il modo di rafforzarsi e rigenerarsi. Ben venga la marcia notturna, fra canti e fiaccole, ad attraversare le vie del centro pianigiano dopo una solenne celebrazione eucaristica che ha visto, quest’anno, il Vescovo della Diocesi di Oppido Palmi, Mons. Francesco Milito, invitare tutti e, soprattutto i giovani, ad essere in ogni occasione costruttori di pace. Il lungo corteo, preceduto dallo striscione con i colori dell’iride del vessillo della pace portato da lavoratori africani dimoranti in Calabria e che ogni giorno vivono sulle proprie spalle il peso delle
difficoltà e della crisi economica, vedeva in testa, oltre al Vescovo, numerosi Sindaci dei Comuni della Piana: molti di essi, pochi giorni prima a Delianuova avevano gridato alto il loro grido d’aiuto contro la solitudine in cui i Sindaci e gli amministratori locali sono lasciati. Senza risorse e possibilità di intervento, paralizzati dai patti di stabilità, con tagli di bilancio e con un distacco sempre più evidente del Governo centrale, pronto a bacchettare e ad inviare commissioni di accesso, ma non a dar aiuto a chi è in difficoltà. Oltre a loro, Don Ennio Stamile, parroco di Cetraro e referente della Charitas che ha avuto accenti forti sulla plutocrazia che di fatto domina in Italia e che ha visto i ricchi sempre più ricchi e i poveri e il ceto medio sempre più in difficoltà, con politiche espressione solo della difesa di interessi finanziari consolidati e globalizzati. Ma la Piana di Gioia, con la Marcia della Pace ha anche lanciato un messaggio di fratellanza e solidarietà universale: Jean Renè Bilongo, senegalese, dirigente in Italia della CGIL, ha avuto accenti, nel suo intervento sulla costruzione di una pace che sia anche rispetto della diversità della razza e del colore della pelle, con pari dignità non solo davanti alla legge, ma – soprattutto – nella società civile e nel mondo del lavoro. Il lungo corteo – migliaia di lumini e di torce che hanno rischiarato con le loro tremule luci la notte di Polistena – si è snodato non solo attraverso il centro della città pianigiana, ma – se vogliamo, figuratamente – attraverso lo spazio e il tempo evocando una suggestiva visione di fraternità universale che nel nome della pace deve essere intesa nel primo giorno del 2013, come una chiave di lettura per affrontare, religiosamente o laicamente, non fa differenza – ma da persone sensibili ai valori dell’amore e della solidarietà sociale – un 2013 che con la genìa di politici che spadroneggiano in Italia, non lascia grande spazio all’ottimismo. La pace e la sua difesa come antidoto a quei contrasti sociali e di classe, che con l’ottusità che da destra a sinistra, passando per il centro, emerge nelle proposte politiche di geniè di variamente collusi (con le mafie, con i poteri bancari, con l’imprenditoria, con i mercati globalizzati e con le varie caste italiane), inevitabilmente, scoppieranno quando alla solidarietà sociale e al valore del risparmio, verrà fatto prevalere in maniera non più sostenibile l’interesse dei gruppi bancari e delle multinazionali, con ulteriori strette nelle politiche di rincari e di aumenti generalizzati. Pace, ovunque, allora. Nei cuori, nelle menti e nelle intenzioni di coloro i quali, per essere assurti a casta o a grand commis, pensino che il popolo sia un fastidioso branco da ridurre in cattività e trasformare in una gleba di miserabili che – senza voler parafrasare Victor Hugo – prima o poi si ribellerà levando alto un grido di dignità e distruggendo la suburra del terzo millennio, che, negli ultimi 20 anni, tutti i protagonisti della politica hanno contribuito a creare.
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Il Sindaco di Palmi firma la carta europea per la parità La cerimonia a conclusione del convegno “donne, diritti, dignità” organizzato dal club Soroptimist
Nella foto: il saluto della Dott.ssa Luisa Agresta, Presidente del club Soroptimist.
di Rocco Militano
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n occasione dell’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, emanata dall’ONU il 10 Dicembre1948, nella sala consiliare del Comune di Palmi, il Sindaco, Dott. Giovanni Barone, su iniziativa del club service Soroptimist International, presieduto dalla Dott.ssa Luisa Agresta, di fronte a tante socie e ad un vastissimo ed attento pubblico proveniente da molti paesi della Piana, a conclusione del convegno “Donne - Diritti - Dignità”, ha firmato la Carta europea per l’uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale, ponendo le basi perché la Città di Palmi faccia un ulteriore importante passo avanti nel campo del rispetto dei diritti e della socialità civica. Il documento, infatti, elaborato e promosso dal Consiglio europeo dei Comuni e delle Regioni ed indirizzato agli enti locali, impegna le singole amministrazioni ad adottare, entro due anni dalla firma, un Piano d’azione finalizzato alla eliminazione di ogni stereotipo che possa discriminare uomini e donne, giovani ed anziani nella quotidianità della vita e ad adottare provvedimenti che aiutino i cittadini a conciliare la vita lavorativa, quella privata e quella sociale, per permettere una
maggiore partecipazione alle attività che la comunità propone e richiede in ogni campo. E’ stata la Prof.ssa Marisa Militano, presentata dalla Presidente Agresta a nome del Consiglio Direttivo dell’Associazione, ad esporre, con importanti approfondimenti che il pubblico ha dimostrato di condividere pienamente, i vari aspetti del documento ed a far comprendere che le donne lottano per la tutela dei diritti e delle pari opportunità di tutti gli individui e di tutte le categorie che compongono la nostra comunità. Per questo la richiesta del Soroptmist all’Amministrazione comunale di coordinare la propria attività di governo della Città con le indicazioni dell’Unione Europea che, con la Carta, invita ad applicare interamente i diritti di tutti proprio nel livello locale, dove il loro esercizio è più concreto e dove maggiormente la diversità di genere deve essere considerata un valore ed una ricchezza per una qualità di vita migliore e non invece un elemento discriminante. Il dibattito ha visto la partecipazione non solo della Giunta comunale, con l’Assessore Natale Pace delegato alle Pari Opportunità e sostenitore della Consulta giovanile, e dell’Assessore alla Pubblica Istruzione, Giuseppe Saletta, ma anche del Consiglio, con la Sig.ra Antonietta Gagliostro, Consigliera di Parità comunale, con Antonio Papalia, Rappresentante del Consiglio dei Comuni aderenti alla Carta,e poi con la responsabile burocratica della materia, Dott.ssa Mariarosa Garipoli. La Dott.ssa Alessandra Polimeno, Presidente della terza commissione consiliare, competente sulle PP.OO. presso l’ente Provincia di Reggio Calabria, ha voluto poi assumere convinto impegno a stimolare la costituzione di un gruppo operativo che da Palmi avvii un tavolo di lavoro per coinvolgere altri comuni della provincia in uno sforzo condiviso di crescita culturale e sociale. Le conclusioni del Sindaco Barone sono state di grande apprezzamento per l’iniziativa, già pienamente condivisa dall’azione politica ed amministrativa, e di ulteriore impegno operativo secondo i dettami della Carta che, fra gli applausi generali, con sincera emozione, ha ufficialmente firmato, ponendo il Comune di Palmi all’avanguardia in Calabria in questo nuovo percorso di legalità e progresso civile.
« Applicare interamente i diritti di tutti
proprio a livello locale, considerando ogni diversità una ricchezza»
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Convegno pubblico di Azione Cattolica di Michele Ferraro
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“Lavoro, famiglia e dignità umana:
Vocazione e responsabilità”
i è svolto il 12 Gennaio u.s., nell’Auditorium diocesano “Famiglia di Nazareth” di Rizziconi, il VI dei convegni pubblici, organizzati nelle 16 regioni ecclesiastiche d’Italia, dal titolo “Lavoro, Famiglia e Dignità umana: vocazione e responsabilità”, promosso dalla presidenza nazionale di Azione Cattolica Italiana, in collaborazione con la delegazione regionale di AC e l’Azione Cattolica della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, in preparazione alla settimana sociale dei cattolici italiani, che si terrà a Torino dal 12 al 15 Settembre 2013, sul tema della famiglia. I lavori del convegno si sono aperti con i saluti del delegato regionale, Dott. Carmine Gelonese, che ha sottolineato l’impegno dell’azione a guardare alla famiglia, scavando in una delle sue ferite più profonde: quella di una crisi economica e di una prevista ripresa senza lavoro, che scardina, scompagina, riposiziona la vita delle nostre famiglie. “La famiglia, tuttavia – ha sottolineato il delegato regionale di AC – anche nei nostri territori è fondamento e cuore del vivere sociale” e. Mons. Francesco Milito ha portato agli ospiti presenti ed al numerosissimo pubblico i suoi saluti come vescovo della diocesi ospitante: “lavoro: ma chi è questo sconosciuto? chi l’ha visto? i giovani lo vedranno mai?”, è stato questo il grido d’allarme lanciato dal vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, una provocazione certo, ma per focalizzare ancor di più l’attenzione dei presenti sul basilare argomento. Con l’occasione, il Vescovo ha lanciato, dalla sede del convegno e durante il suo intervento, il nuovo sito web della diocesi all’indirizzo: www.oppido-palmi.chiesacattolica.it; a seguire, ha preso la parola, per un breve saluto, il Sindaco della città, Dott. Di Giorgio, e, successivamente, l’assistente generale dell’azione cattolica italiana, S. E. Mons. Domenico Segalini, il quale ha affermato che “parlare in Calabria del binomio lavoro-famiglia va nella giusta direzione del contributo che l’AC intende dare alla settimana sociale dei cattolici italiani”. A moderare i lavori del convegno la Prof.ssa Stefania Sorace, Presidente dell’Azione Cattolica della Diocesi di Oppido M.-Palmi; la prima riflessione su “il lavoro per l’uomo: la realtà calabrese” è stata proposta dal Prof. Domenico Marino, dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che ha criticato il modo di considerare il lavoro al pari di una merce di scambio, perché il suo centro è la personalavoratore: “in Calabria – ha riferito Marino – si ha il 40% della popolazione attiva, ma il restante 60% è composto anche da un’alta percentuale di giovani scoraggiati e di lavoratori in nero”. Per Marino, la disoccupazione non è solo un dato economico, ma sconvolge e coinvolge la persona umana: l’economista ha invitato
Nella foto: il Presidente nazionale di AC, Franco Miano, al centro fra Mons. Francesco Milito e Stefania Sorace
chi ci governa a puntare sulla conciliazione tra lavoro e famiglia, più efficace di ogni sgravio fiscale, e che realizza quella flessibilità che permette una migliore qualità del rapporto tra genitori e figli. Per l’economista, in Calabria, sono i genitori ed i nonni “i veri ammortizzatori sociali” dei figli e nipoti disoccupati ed è per questo diffuso e sentito il principio di coesione familiare che, in Calabria, forse, la crisi si è sentita di meno. Marino, infine, ha anche indicato alcuni “pilastri delle politiche del lavoro” che si dovrebbero perseguire in Calabria: politiche di incentivazione, industriali e territoriali, di valorizzazione del capitale umano, di creazione di reti di fiducia, politiche di emersione per combattere la piaga del lavoro sommerso e alimentare la legalità. Al Prof. Enzo Bova dell’Università della Calabria, è toccato catalizzare l’attenzione dei presenti su “famiglia e mutamento sociale”. Bova ha parlato di una famiglia che sembra aver perso di vista i valori fondanti, una famiglia che fa fatica a reggersi in una società sempre più scristianizzata. “La nostra società – ha affermato il sociologo – è sempre più secolarizzata e necessita di un nuovo impegno educativo che non tenga conto solo di ciò che può interessare i giovani, ma che cerchi anche di capirli offrendo loro una risposta, anche spirituale, alle tante domande di senso, più profonde”. In questa direzione il Prof. Bova ha invocato un impegno attivo del laicato cattolico. A seguire, molti e interessanti sono stati gli interventi e le domande dei partecipanti rivolti agli esimi relatori. Le conclusioni sono state tratte da Franco Miano, Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, il quale ha evidenziato la passione con cui i laici di AC affrontano tutte le tematiche che coinvolgono le persone. Ciononostante è urgente, “forte e chiaro un nuovo impegno educativo”. “Ci interpella – ha detto il Presidente Miano – una società attraversata da dinamiche di fragilità: sociali, economiche e psicologiche, che mettono a rischio l’unità e l’integrità della famiglia. Per questo da cristiani siamo chiamati a testimoniare una fede capace di diventare vita, anche nel mondo del lavoro. Anche il lavoro è il frutto di una vocazione, un atto generoso di risposta ad una chiamata, da affrontare responsabilmente per valorizzare sempre e comunque la dignità umana di ogni persona”.
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Quando la Politica è proposta e impegno di progettualità sociale
Michele Conia sulle ali di un’onda di Carmen Ieracitano
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ella Piana è già un volto noto, nonostante la giovane età. La passione politica di Michele Conia è forse un’attitudine congenita che comincia a esprimersi prestissimo, quando nel 1997, assieme al fratello Alberto e ad altri giovani cinquefrondesi, fonda il Kollettivo Onda Rossa, che si fa subito riconoscere come un modo diverso di dire che la sinistra giovanile nella Piana esiste e vuol farsi sentire. E puntualmente, in tutti questi anni, non ha mai declinato un invito a farlo. Dalla centrale di Melicucco all’inceneritore di Gioia Tauro, dal Ponte sullo Stretto al prendere a cuore le condizioni penose in cui vivono gli immigrati africani a Rosarno, il sogno di un mondo migliore, più equo-solidale nel senso più ampio del termine, più umano, più propenso ad essere di tutti e deciso a imporre la propria voce contro lo strapotere e il privilegio di pochi, ha viaggiato sugli striscioni e nei cori pacifici del Kollettivo Onda Rossa, con un leader sempre in prima fila, ma mai sul podio, pronto, come gli altri, a rimboccarsi le maniche in prima persona e dare olio ai gomiti quando c’è stata la necessità pratica di farlo. Senza dubbio non un vano teorico di esperta oratoria, modello dal quale ben pochi politici, anche tra quelli di nuova generazione, faticano a staccarsi. Dal 2007, Michele Conia, nel frattempo divenuto avvocato e pronto a mettere su famiglia, alla guida
della sua nuova creatura politica “Rinascita per Cinquefrondi”, rappresenta una veemente voce popolare all’interno del consiglio comunale della cittadina. E oggi balza agli onori di più alte cronache perché è proprio quella voce popolare che da lui si è sempre sentita ascoltata e portata in campo con dignità a volerlo, chiedendo, con un appello che riscuote ogni giorno numerosissime adesioni, la sua candidatura alla Camera dei deputati. Siamo andati a trovarlo per discuterne un pò. Conia, lei è giovane anche se temprato da anni di lavoro sul territorio, e non ha mai puntato a più alte cariche né in Provincia né in Regione. Come si sente a vedersi porre all’improvviso questa nuova e ben più grande sfida? L’ appello è nato da tanti soggetti in Calabria, ma non da me medesimo. Gli altri hanno detto: “scegliamo uno di noi che vada a discuterne in Parlamento”. E hanno scelto me. Io ho soltanto accettato di fare quello che in fondo ho sempre fatto: dare voce alle lotte presenti sul territorio: la questione dei migranti, quella del rigassificatore, della chiusura del Tribunale di Cinquefrondi e del carcere di Laureana, l’inceneritore, tutte le battaglie che ho sempre condotto e che continuerò a condurre. Non importa dove, in quale veste e in quale sala mi troverò a discuterne. La scelta di candidarsi con Antonio Ingroia e la sua Rivoluzione Civile, nonostante un background politico maturato nelle fila della sinistra più “classica” come è stata maturata? “Rivoluzione Civile” che nasce dal basso e racchiude tutte le realtà che hanno lottato sui territori. La nostra provincia non ha ancora una vera rappresentanza, una voce che parli chiaramente di lotta all’illegalità e ponga la questione morale. Nelle nostre fila ci sono anche Gabriella Stramaccioni di Libera, un rappresentante dei No Tav, un operaio della Fiom, pezzi reali di movimento e di lotta sul territorio. Ci opponiamo frontalmente al governo di Monti e delle banche, soprattutto della BCE, che mira a togliere la sovranità dello Stato e del popolo italiano. Il futuro dell’Italia sarà migliore del suo passato? E’ veramente difficile che sia peggiore. Quello che negli ultimi anni è accaduto in Italia si può considerare soltanto una devastazione sociale su tutti i fronti, perpetrata a danno delle fasce più deboli per tutelare i poteri forti. Il colpo finale inferto alla democrazia lo ha dato un governo non eletto dal popolo, che ha preso decisioni selvagge con l’appoggio trasversale di PD, PDL e UDC che oggi fingono di attaccarsi a vicenda. Una ulteriore presa in giro al popolo italiano, che ha maturato giorno dopo giorno e boccone amaro dopo boccone amaro la volontà di dire fermamente basta a tutto ciò, e, per fortuna, ha ancora la possibilità di farlo.
Siti
Partners
Circolo “Don Pietro Franco”
Centro servizi E.N.Te.L
Ente Nazionale Tempo Libero
Ufficio Zonale Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) info: 347.6954218
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l Natale cittanovese quest’anno è stato un “Natale in Fiera”, il primo mercatino dell’artigianato dedicato in particolare a quei prodotti, sapori e tradizioni locali che hanno ottenuto il riconoscimento di De. Co., Denominazione Comunale di Origine, tra i quali Cittanova può vantarne ben tre: il Torrone Ferro, La Biondina, un pasticcino caratteristico, e, naturalmente lo Stocco, denominati simbolicamente, re, principessa e cavaliere negli stand che li hanno presentati accanto ad altri prodotti di paesi limitrofi, quali le prugne di Terranova, diversi oli locali, insaccati, pane e prodotti da forno, marmellate e conserve di verdure sott’olio dei quali sono stati allestiti tavoli di degustazione. Il tutto si è svolto nei giorni tra il 21 e il 29 Dicembre, ad esclusione di 25 e 26, nei locali recentemente ammodernati dell’ ex Mercato Coperto in Corso Italia. A volerlo ed organizzarlo, sono stati i giovani di BCC Young, la neonata associazione affiliata della BCC, della quale, per saperne di più, abbiamo chiesto alla Presidente Mariateresa Dagostino: “BCC Young è nata tra Giugno e Luglio scorso da un input della Banca stessa; è un’associazione senza scopo di lucro che raggruppa giovani soci, figli di soci e di dipendenti, tra i 18 e i 35 anni, le cui finalità sono quelle di promuovere eventi e attività culturali, formative, artistiche. “Natale in Fiera” è la prima di queste e siamo molto fieri della sua riuscita. Vede, inoltre, per la prima volta, l’apertura al pubblico di questi nuovi locali dell’ex Mercato Coperto, che l’Amministrazione Comunale ha gentilmente concesso. Oltre alla fiera dei prodotti alimentari, al piano superiore è possibile ammirare diversi altri prodotti di artigianato locale, ricami, manifattura di mobili, vestiario ed
Cittanova,
mercatino natalizio dell’artigianato “Natale in Fiera”
di Carmen Ieracitano
intimo, bigiotteria, ceramiche, oggetti in legno, lavorazione del vetro, strumenti musicali tipici calabresi. Ed abbiamo anche promosso “Natum Videte”, il primo concorso per presepi artigianali, alcuni dei quali sono esposti qui, altri sono in giro in vari locali per il paese, la cui premiazione avverrà il 6 Gennaio, in occasione della Tombolata di Solidarietà che, ormai ogni anno, la BCC organizza in collaborazione con l’Associazione Lato 2 e che vedrà tre premi corrispondenti a tre libretti bancari del valore di 100, 200 e 300 euro”. Durante tutto il periodo di apertura, a partire dal pomeriggio dell’inaugurazione che ha visto gli interventi di Domenica Sorrenti, Consigliere Comunale con delega alle attività produttive, Rosario Previtera, agronomo esperto di sviluppo locale, Francesco Morano, Presidente di BCC e del Sindaco Alessandro Cannatà, è stato anche possibile assistere a spettacoli e interventi di animazione, balletti proposti dagli allievi del Centro Danze Sportive di Graziella Fazzalari e della palestra Gymnasium Sport, musica con il duo Rita De Blasio e Melania Guerrisi e con il Coro dell’Azione Cattolica della Parrocchia del SS. Rosario, e uno speciale “incontro” di Babbo Natale con i bambini.
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di Filomena Scarpati
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iuscire a suscitare emozioni attraverso Presepi che parlano al cuore della gente non è da tutti. Protagonista- nei giorni del Natale- di questo atto d’amore è il giovane Carmelo Crucitti di Varapodio, al quale il Presidente del Consiglio della Regione Calabria, Francesco Talarico, ha voluto donare in occasione dell’Epifania, presso il Palazzo Campanella, un iPad come riconoscimento del suo impegno nella realizzazione di presepi e che, per la bontà delle fatture e la raffinatezza con cui si pongono all’occhio del visitatore, nulla hanno da invidiare ai presepi napoletani, famosi in tutto il mondo. La genialità del giovane artista sta non solo nelle emozioni che riesce a stimolare con le sue rappresentazioni, ma anche nel fatto che Carmelo, divenuto diversamente abile per una malattia da cui è stato colpito qualche anno fa, nonostante le notevoli difficoltà motorie da cui non è più guarito, riesce a comunicare lo stesso con tutti e a realizzare, con l’aiuto della famiglia, delle vere opere d’arte. Per questo, Crucitti, considerato “giovane dell’anno della regione Calabria”, attraverso le sue opere riesce ad attirare a Varapodio numerose scolaresche da ogni parte del territorio per visitare i suoi presepi che si rinnovano anno dopo anno, nello scenario, nella movimentazione dei pastori e negli effetti speciali, contribuendo alla divulgazione del nome del paese e allo sviluppo della sua economia. L’iPad ben pensato come dono, in quanto favorisce la comunicazione e i contatti di Carmelo con l’esterno, gli ha consentito di inviare alla stampa un messaggio sulle impressioni e le sensazioni avvertite durante la manifestazione, tenutasi in forma privata, presso il Consiglio Regionale, dove è stato accompagnato, oltre che dal padre Rocco e dal fratello Nicola, dal Sindaco del paese, Orlando Fazzolari, che si è detto orgoglioso di un cittadino come Carmelo. Il messaggio composto per la stampa con l’assistenza della famiglia che di seguito si riporta, serve a far capire l’importanza del gesto per il giovane e la motivazione della realizzazione dei presepi. “Anche quest’anno come Associazione Culturale Presepisti Crucitti, che festeggia il 1° Anniversario, io e la mia famiglia abbiamo realizzato un incantevole presepe con molti
Carmelo Crucitti maestro dei presepi Giovane dell’anno nella regione Calabria
effetti speciali. Tante sono le emozioni che ho provato nell’ultimarlo e nel vedere la gioia e l’entusiasmo di chi l’ha visitato – ha scritto Carmelo nella missiva. Nell’ammirare la grotta in movimento con Giuseppe, Maria e Gesù Bambino, sembra che gli occhi lacrimano per l'emozione e lo stesso stato d’animo si avverte nel vedere gli umili pastori, gli effetti speciali della stella cometa, la neve che scende, la nebbia nel laghetto e le varie fasi della notte e del giorno, ecc.. Voglio ringraziare quei media e quegli operatori dell’informazione che mi hanno dato l’opportunità di far conoscere il mio presepe”. Nelle foto: due particolari dei presepi di Carmelo Crucitti.
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di Ferdinando Mamone
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aureana di Borrello, come per il passato, si conferma solidale verso coloro che, a vario titolo, ver-sano nel bisogno e nella sofferenza fisica. Domenica 16 Dicembre, l’intera comunità ha vissuto una intensa giornata di festa, improntata all’amicizia e alla condivisione. Infatti, l’AVIS comunale ha festeggiato il decimo anniversario di fondazione e contemporaneamente ha collaborato con TELETHON per la raccolta dei fondi da destinare alla ricerca scientifica, allestendo un accurato stand propagandistico nel Viale Margherita. A promuovere la manifestazione è stato il giovane Fortunato Curinga, vulcanico presidente dell’AVIS, che si è avvalso per l’occasione della collaborazione dell’Associazione “In…Canto”, rappresentata dall’insegnante Giovanna Marino, affiancata da Pina Virgilio Dimasi, entrambe impegnate nel volontariato locale. Telethon, com’è noto, è nata nel 1966 da un’idea dell’attore Jerri Lewis per la ricerca sulla distrofia muscolare. Quella lodevole iniziativa si radicò in Italia nel 1990 per impulso della scrittrice e parlamentare Susanna Agnelli (1922-2009) e l’Unione Italiana per la lotta alla distrofia muscolare (UILDM), allo scopo di finanziare la ricerca scientifica per combattere le malattie genetiche. Malattie rare che a macchia di leopardo sono pre-senti in tutte le regioni d’Italia e nel mondo. Senza la ricerca, infatti, difficilmente si otterrebbero risultati positivi per sconfiggere le malattie che da sempre affliggono l’umanità. Per questo motivo, ogni cittadino dovrebbe sentirsi impegnato in modo concreto in questa gara di solidarietà e civiltà. Alla cerimonia, svoltasi in un noto ritrovo cittadino, ha presenziato, tra gli
L’AVIS di Laureana festeggia i suoi 10 anni
con una iniziativa a favore di Telethon altri, il Sindaco, Prof. Paolo Alvaro, che ha evidenziato il valore del volontariato e della donazione gratuita. Hanno rela-zionato l’Avv.ssa Giovanna Chilà, dama UALSI e la Professoressa Barbara Vinci, Foular Blanc del Consiglio Regionale Calabria. Il Dott. Nicola Ritorto, Vice presidente provinciale AVIS di Reggio Calabria, ha evidenziato la necessità della donazione di plasma, perché tanti nostri conterranei ammalati dipendono dalle donazioni. Ha poi comunicato all’assemblea che il nostro sodalizio regionale, quest’anno ha raggiunto ottimi risultati, avvicinandosi all’autosufficienza. Grazie ai nuovi donatori, già in un prossimo futuro, la Calabria si avvarrà esclusivamente del sangue raccolto in Calabria. Ha quindi spronato i presenti a prodigarsi perché venga superata la donazione occasionale, comunque utile, ma venga diffusa la cultura della donazione periodica. Puntuale e profondo, come è sua consuetudine, l’intervento dell’Arch. Massimo Jusi, Presidente della sezione AVIS di Palmi, il quale ha avuto parole di incoraggiamento e di stimolo verso gli avisini intervenuti, sottolineando che i donatori e in genere i volontari non sono mai in vacanza, anzi sono sempre disponibili ovunque, anche per eventuali emergenze. Per il volontariato cattolico, è poi intervenuto il Dott. Vincenzo Chindamo, offrendo una emozionante testimonianza sul servizio di accompagnamento reso ai disabili. Era presente alla manifestazione il giovane Pasquale Martino di Bellantone, che, seppur relegato su una sedia a rotelle, non ha voluto mancare alla festa, offrendo una sua toccante attestazione di voglia di vivere. Una nota quanto mai festosa e di speranza l’hanno offerta alcuni bambini, allievi di Giovanna Marino e della valente pittrice Pina Virgillo, esibendosi in molteplici interpretazioni canore, ricevendo scroscianti e meritati applausi. A chiusura della cerimonia, sono stati offerti fasci di fiori alle signore presenti e consegnati diplomi di riconoscimento a tutti i soci AVIS, mentre all’instancabile Fortunato Curinga è stata donata un’artistica targa ricordo per il suo diuturno lavoro nel campo del volontariato laureanese.
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di Cecè Alampi
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Per un’accoglienza serena e fruttuosa degli immigrati
Una sola famiglia umana, una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze”. Queste parole del Santo Padre, nel Suo messaggio per la Giornata mondiale 2011 del migrante e del rifugiato, ribadiscono l’esigenza di un’accoglienza degli immigrati che rispetti le differenze, coniugando solidarietà e sicurezza. Siamo tutti consapevoli che la crisi economica sta colpendo duramente l’Italia e specialmente la nostra Piana del Tauro. La crisi, purtroppo, è un fenomeno che riguarda tanto gli italiani che gli stranieri immigrati con un’aggravante per questi ultimi, che hanno molto meno tutele, e la perdita del lavoro coincide con la perdita del diritto di soggiornare sul territorio dello Stato e la conseguente caduta nell’irregolarità. Il problema è anzitutto umano. Bisogna ripartire – ha detto il Santo Padre, più volte “dal cuore del problema. Bisogna ripartire dal significato della persona. Bisogna guardare il volto dell'altro e scoprire che egli ha un'anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me”. La Caritas Diocesana, insieme alle Caritas Parrocchiali della Diocesi, con un lavoro umile, silenzioso e discreto, ha promosso e sostenuto da sempre una cultura dell’accoglienza, dell’ospitalità, dell’integrazione e della solidarietà, che è passato e passa attraverso un’azione educativa sia nei confronti delle realtà ecclesiali, che di quelle laiche, perché non si corra il rischio di offrire “come dono di carità, ciò che è già dovuto a titolo di giustizia” (Ap Act, n.8). In quest’ottica, oggi, vogliamo ricordare e fare nostre, ancora una volta, le parole del Santo Padre Benedetto XVI, il quale, all’Angelus in piazza San Pietro, domenica 10 Gennaio 2010, riferendosi ai fatti di Rosarno, ha ribadito che “l’immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita”. Anche per questo, l’iniziativa del nostro Vescovo Mons. Francesco Milito, con il suo messaggio per l’avvento dal significativo titolo «Ancora al “freddo e al gelo”», (che il Corriere della Piana ha donato ai suoi lettori come inserto), rivolto ad ogni famiglia che può della diocesi di dare una coperta ai fratelli immigrati bisognosi, ha assunto un significato che è andato al di la del gesto stesso, perché ha fatto prendere coscienza, ancor di più, della situazione di emergenza che si stava vivendo. “Al freddo e al gelo” nelle tendopoli e nelle baracche oggi è “ancora lui che
nella Piana di Gioia Tauro soffre nei fratelli immigrati”, ha affermato, con grande sensibilità, Mons. Milito, chiedendosi sé è “ammissibile” e “concepibile, ancora la riproposizione di una scena così grave? Ve lo confido come un padre, che avverte acute le emergenze dei suoi figli e chiede ai fratelli di non dimenticarsi di farsi prossimo degli altri che soffrono: mi aspetto che scatti un moto immediato di solidarietà efficace”. L’appello di Mons. Milito è caduto in un periodo in cui le previsioni meteorologiche, recanti notizie di peggioramento delle condizioni atmosferiche “aggiungono un motivo in più all’urgenza di non perdere tempo. Se la risposta sarà tale da fronteggiare la pesante indigenza dei nostri fratelli immigrati, a Natale, quando riecheggeranno nelle nostre Chiese e per il mondo le parole rivelatrici del suo mistero ‘E il Verbo si fece Carne e venne ad abitare in mezzo a noi’, saranno pienamente concrete”. “Le precarie condizioni, in cui continuano a versare gli immigrati, che servono al lavoro, ma che il lavoro, per complessi, ma evidenti motivi, non riesce ad elevare – afferma il vescovo – non può lasciarci assolutamente indifferenti”. Il nostro Vescovo si è rivolto, quindi, agli organismi civili competenti, “senza latitanze, senza assenze e silenzi inspiegabili, senza rinvii, tocca prendere in mano la situazione, rafforzare
e completare gli interventi urgenti di prima necessità, a salvaguardia dei diritti primari della dignità e della salute”. All’importante messaggio è seguita la visita di Mons. Francesco Milito alla tendopoli di San Ferdinando, giorno 14 Dicembre, dove accompagnato dal Vicario Generale Mons. Pino Demasi e dal Direttore della Caritas Diocesana Diac. Vincenzo Alampi, dai Sindaci di San Ferdinando, Domenico Madafferi, e di Rosarno, Elisabetta Tripodi, e dai rappresentanti delle forze dell’ordine, si è voluto rendere conto di persona dello stato di degrado spaventoso in cui vivevano oltre mille immigrati africani. Accanto alla tendopoli, costruita l’anno scorso col concorso della Prefettura, della Regione, della Provincia, dei Comuni di San Ferdinando e Rosarno, della Caritas Diocesana e di tantissime altre Associazioni umanitarie della Piana, per far fronte a quella emergenza abitativa, quest’anno gli immigrati hanno costruito baracche e ripari con lamiere, cartoni, plastiche e rami di alberi. Sono condizioni che Mons. Milito, visibilmente turbato, ha definito “disumane ed inaccettabili”; “c’è da inorridire nel veder come vivono questi fratelli, ammassati in ambienti che di umano non hanno niente”. “Sono scene – ha aggiunto il Vescovo – di straordinaria inciviltà di fronte alle quali occorre uno scatto di carità ma anche di ci-
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viltà”. Poi ha lanciato, ancora una volta, un altro appello alle istituzioni perché decidano di intervenire, “per alleviare il più possibile le condizioni di vita di questi nostri fratelli che arrivano nella Piana con la speranza di poter lavorare”. “Spero tanto – ha concluso il vescovo – che le istituzioni non si girino dall’altra parte e facciano subito anch’esse qualcosa per permettere ai migranti di soggiornare in maniera dignitosa”. Informato poi delle difficoltà delle istituzioni pubbliche a reperire quarantamila euro occorrenti per sanare in parte la situazione, Mons. Milito ha subito messo
a disposizione diecimila euro dei fondi diocesani per affrontare urgentemente l’emergenza e subito dopo ha chiesto gli altri trentamila euro alla Caritas Italiana, che li ha subito concessi. Intanto le Parrocchie della Diocesi e le Caritas Parrocchiali, rispondendo alla grande all’appello del Vescovo, che nel suo messaggio aveva chiesto mille coperte, ne hanno raccolto oltre tremila, che insieme ad altro vestiario, come maglioni di lana, giubbotti, pantaloni, scarpe e gilet catarifrangenti per quelli che al buio vanno in bicicletta, hanno distribuito agli immigrati della tendopoli di S. Ferdinando, di Drosi, della Contrada Russo di Taurianova, delle Contrade Fabiana e Scattarreggia di Rosarno e a tutti gli altri poveri che ne hanno avuto bisogno. Negli stessi giorni, intanto, la Caritas Diocesana e le Caritas Parrocchiali, insieme a diverse altre Associazioni, tra cui il “Samaritano” di Polistena, ogni mattina alle cinque, presso la tendopoli di San Ferdinando, iniziavano a distribuire latte caldo e the con pane e biscotti agli immigrati che si recavano a lavorare. Da allora, ogni
«cheSpero tanto le Istituzioni
non si voltino dall'altra parte e facciano subito, anch’esse, qualcosa»
mattina, si continua a distribuire fino a 150 litri di latte e oltre 100 litri di the, insieme a pane e biscotti e poi ad altri alimenti come riso, pasta, marmellata e pomodoro in scatola. Intanto anche i medici cattolici della diocesi in un pullman, messo a disposizione da “Emergency”, attrezzato con due ambulatori, si recavano nei vari luoghi dove vivevano gli immigrati e iniziavano a visitare gli ammalati. Tante iniziative di carità, di socialità e di vicinanza che la Caritas Diocesana di Oppido Mamertina-Palmi e le Caritas Parrocchiali, insieme al loro principale compito che è quello pedagogico, ha voluto portare avanti, visto il momento di grande difficoltà e povertà, cercando, tra l’altro, di sollecitare gli enti pubblici, ai quali spettano gli interventi di assistenza sociale, ad unire le loro forze per combattere la povertà, promuovendo politiche serie e programmate di sostegno per gli immigrati, per le famiglie più fragili e le categorie più deboli. Le sedi delle Caritas sono diventati punti di riferimento cordiali che vanno oltre l’assistenza e l’aiuto alimentare e di vestiario, perché sono diventati punti solidali nel campo dell’accoglienza, dell’alloggio, del lavoro, della salute, della tutela dell’identità culturale e, soprattutto, dell’amicizia. Nelle sedi delle Caritas e di tante altre Associazioni ecclesiali, con gli immigrati si stabiliscono rapporti di amicizia vera e sincera che va al di la di ogni altro tipo di rapporto. Vogliamo sottolineare, in modo particolare, l’esperienza di Drosi di Rizziconi, dove la Caritas parrocchiale si è fatta garante con i proprietari di case sfitte e li ha affittate per gli immigrati della zona con ottimi risultati di integrazione non solo lavorativa, ma anche umana e sociale. Il famoso “modello Drosi”, come è stato più volte definito. Vogliamo sottolineare l’esperienza del Progetto “La tenda di Abramo” della Parrocchia S. Marina di Polistena, promosso in sinergia con “Il Samaritano” di Polistena, con la Caritas Diocesana e la Caritas Italiana, che ha dato ospitalità e assistenza agli immigrati feriti durante i “fatti di Rosarno”. Sono piccole cose, rispetto a quello che si potrebbe fare con un maggiore impegno delle Istituzioni Pubbliche a tutti i livelli e rispetto al fenomeno che si sta riproponendo quest’anno nella nostra Piana, ma sono segni e testimonianze che qualcosa si può fare. Sono numeri piccoli, ma danno il segno agli immigrati che qualcosa si muove e loro hanno qualche interlocutore a cui rivolgersi. Certo la tensione è sempre nell’aria. Qualche facinoroso, malgrado tutta l’attenzione, può uscire sempre fuori. Un messaggio forte che vogliamo, ancora una volta, far valere come Caritas, è quello della legalità e della giustizia e dell’impegno delle Istituzioni Pubbliche interessate che mai più devono sorgere ghetti nei nostri territori. Un messaggio forte che chiede, ancora una volta, ai rappresentanti delle Istituzioni pubbliche interessate di saper veramente promuovere iniziative per politiche di integrazione piena, per l’inserimento dignitoso degli immigranti nelle realtà locali e comprensoriale specialmente nel lavoro, nell’istruzione scolastica, nella sanità, nella socialità, nella tutela dell’identità culturale e religiosa, con un impegno nuovo, giusto, pacifico, solidale e strutturato. Quello che chiediamo, come Caritas, sono progetti e servizi non improvvisati per l’emergenza, ma programmati per l’ordinario, il quotidiano e il lungo termine. Chiediamo una giusta politica dei prezzi agricoli per far si che i produttori abbiano più garanzia per i loro prodotti anche con la tenuta dei prezzi e possano assumere legalmente e serenamente la mano d’opera, specialmente immigrata. Chiediamo, di conseguenza, una giusta retribuzione ai braccianti immigrati e un contratto di lavoro con l’assicurazione e i contributi previdenziali ed assistenziali; una dignitosa abitazione con luce elettrica, acqua corrente e servizi igienici. Chiediamo di ripartire "dal cuore del problema, dal significato della persona”. Ripartire da San Ferdinando, da Rosarno, da Drosi, da Taurianova e da tutta la Piana del Tauro, “per una cultura dell’altro”, per una “nuova civiltà dell’amore”.
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La dura realtà degli extracomunitari evidenziata a Territoriot
Gli occhi di Ibrahim di Carmen Ieracitano
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egli occhi di Ibrahim Diabate non c’è rabbia, non c’è l’astio diffidente di chi è stato emarginato per diffidenza cieca, non c’è nessuna voglia di fare proclami anti-razzisti mentre parla dal palco del Territoriot di Cinquefrondi. Il suo è semplicemente il discorso di un uomo che lavora ogni giorno in una dura realtà e mi colpisce per questo. E’ così che scopro che esiste l’Associazione AfriCalabria, nata dalla collaborazione fra i giovani cinquefrondesi del Kollettivo Onda Rossa e i migranti africani che lavorano negli aranceti di Rosarno e dintorni. Ibrahim ne è il portavoce e dice cose semplici, ma vere. “Siamo sfruttati, è vero, perché il governo guarda senza vedere, non solo noi africani, ma anche tutti gli altri immigrati da ogni dove e forse nemmeno gli stessi calabresi. Perché non capisce che se la Calabria non va avanti, l’Italia non va avanti.” Ero lì per altro, ma a quel punto non posso fare a meno di andare a prendere il bloc notes e chiedere a Ibrahim di raccontarmi qualcosa di sé e di AfriCalabria, è un impulso irrefrenabile a spingermi a farlo, un servizio imprevisto, ma che diventa doveroso proporre. Perché la questione degli immigrati non è finita quando fu sedata la rivolta di Rosarno di tre anni fa. Anzi, è ancora più “questione” oggi, nel silenzio quotidiano sotto il quale passano le dure giornate di lavoro nei campi ed il ritorno ad una tendopoli improvvisata con 40 tende, fornite dai Vigili del Fuoco, per 500 persone, con quattro bagni per tutti, ma dei quali, a quanto pare, solo uno ha completa funzionalità. Forse, alla fine, è diventato più difficile vivere nella “soluzione” proposta dalle autorità comunali che non nella fredda, fangosa e puzzolente ex-cartiera fatta sfollare e chiudere nel 2008. Ibrahim è sulla trentina, viene dalla Costa D’Avorio e vive a Rosarno da due anni. Raccoglie le arance per
40 euro al giorno. Gli chiedo, quindi, se tutto il sommovimento creato anni fa ha dunque portato a qualche miglioria generale, ma scuote la testa. Il suo è un caso singolo, dovuto al fatto di avere incontrato proprietari più coscienti ed equi. Ci sono ancora giovani che lavorano per 25 euro al giorno o a cottimo, in condizioni che differiscono dallo schiavismo solo per la possibilità di scegliere di andarsene e non mangiare. Mi racconta come è composta e vissuta la tendopoli e mi dice che sta silenziosamente divenendo un ghetto. Forse questa è la cosa peggiore. “Al di là del razzismo vero e proprio, che forse in Calabria non è così sentito come in altre regioni, soprattutto al Nord, il vero problema è l’ignoranza, intesa come non conoscenza, la diffidenza che viene dall’ignoranza. E’ per questo che diventa fondamentale portare a quanta più conoscenza possibile le nostre istanze, le nostre richieste. Tutto ciò che vogliamo è migliorare le nostre condizioni.” E così giungiamo a parlare di AfriCalabria, nata due o tre anni fa dalla collaborazione con il Kollettivo Onda Rossa, a cui la questione dei migranti è sempre stata particolarmente a cuore. “Con AfriCalabria abbiamo fatto appello a tutti gli enti presenti sul territorio, Provincia, Regione, Parlamento. Il Sindaco ci ha detto di rivolgerci al Prefetto, il quale non ha fatto nulla, sembra un continuo scaricabarile. Gli italiani dovrebbero essere i primi a ricordare cosa significa emigrare per lavorare, oggi è al contrario, da ovunque si giunge qui e la situazione migranti in Italia è di emergenza. Mi chiedo che cosa pensi il Presidente della Regione Calabria, che non ha mai visitato Rosarno, San Ferdinando e la tendopoli. E colgo l’occasione per invitarlo formalmente a farlo. Venga, signor Presidente, venga a vedere con i propri occhi”.
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La Chiesa e gli altri:
iniziativa della Caritas “San Giuseppe Moscati”
“Prendete e mangiatene tutti…” Offerto agli immigrati un pranzo per condividere un attimo della loro vita di Giovanni Rigoli
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Dovreste conoscere ciò che vuole dire povertà, forse la nostra gente ha molti beni materiali, forse ha tutto, ma credo che se guardiamo nelle nostre case, vediamo quanto è difficile trovare un sorriso e il sorriso è il principio dell'amore” (Madre Teresa di Calcutta) Aiutare i fratelli meno fortunati, senza pretendere nulla in cambio, ma svolgendo la propria opera di volontariato con certosina pazienza e zelo, è la base del modus operandi della Caritas “San Giuseppe Moscati” (Presidente Teresa Reitano ndr) della Parrocchia San Giuseppe di Taurianova. Coadiuvati dal Parroco Don Cosimo Furfaro, i gruppi parrocchiali si sono impegnati per collaborare all’iniziativa del pranzo da offrire agli immigrati. Protagonisti sono stati il gruppo “Giovanissimi” dell’AC parrocchiale, i quali si sono resi protagonisti di una colletta alimentare(un grazie alla proprietà ed al personale del Parco Commerciale “LA COMETA” per la disponibilità dimostrata), il gruppo catechiste, che ha contribuito con una raccolta “interna” di beni alimentari, ed i volontari della Caritas. Nel vero spirito di amore cristiano e “idem sentire” di essere vera comunità e Parrocchia, il 5Gennaio 2013, presso i locali della scuola “A. Monteleone”, gentilmente messi a disposizione dal dirigente scolastico, Professoressa Maria Aurora Placanica, è stato possibile un melting pot di culture e religioni differenti. Adulti, giovani e meno giovani di diverse culture e confessioni religiose, hanno pranzato insieme uno accanto all’altro nel pieno rispetto reciproco confrontandosi, dialogando e sempre più convinti che non vi debbano essere barriere innalzate da diversi colori della pelle, provenienza geografica o credo religioso. Il pranzo è stato abbondante e basato sul rispetto dei precetti di religioni differenti da quella cattolica: il tutto è stato preparato senza l’utilizzo di carne suina e bovina.
Dopo il pranzo, i partecipanti hanno preso parte ad un momento di convivialità con danze multietniche ed anche canzoni che hanno fatto la storia della musica leggera italiana. Durante tale momento, i “Giovanissimi” hanno “creato” palloncini di ogni forma, donandoli ai bimbi divertiti ed entusiasti. Dulcis in fundo, essendo il 5 Gennaio il giorno che precede l’Epifania, a far visita è arrivata anche la Befana, che ha distribuito calze ricche di dolciumi ai bimbi presenti regalando loro un momento di gioia e spensieratezza. Al di la della bella ed importante iniziativa fin qui raccontata, si rende necessaria una riflessione di carattere critico. La Chiesa, spesso (anche volutamente!) bistrattata dai mezzi di informazione contemporanei, si rende, invece, protagonista della reale coesione sociale e dell’abbattimento di muri invalicabili, costruiti su diseguaglianze economiche, xenofobia ed indifferenza. Aree troppe volte dimenticate dalle Istituzioni, in cui si fatica ad arrivare alla fine del mese, e martoriate dalla disoccupazione in cui solo le cosiddette “parrocchie di frontiera” offrono il loro aiuto e supporto anche a coloro che sono atei o di religione
non cattolica, a differenza della politica partitica clientelare. Tra i punti cardine della UE vi è la coesione economica e sociale; nella nostra Costituzione si evincono il principio di eliminare le diseguaglianze economico-sociali, il principio di non discriminazione e solidarietà; tra i precetti della religione cattolica, vi è l’uguaglianza vera e concreta (non quella pseudo-libertaria proclamata da ideologie politiche sfociate poi in assolutismi). Una vera e concreta sinergia ed unione di intenti tra Istituzioni e la Chiesa, senza pregiudizi di sorta, potrebbe realmente aiutare a migliorare la qualità della vita di tutti gli esseri umani, senza distinzione alcuna. Evitare sprechi, tornare alla sobrietà, e tendere la mano per aiutare chi, con molta dignità, chiede aiuto, senza pretendere nulla in cambio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
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Parrocchie di frontiera offrono il loro aiuto anche a coloro che sono atei»
Colori
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di Filomena Scarpati
Ser vizi
Uniti nella fede esultanti cantiamo
Quando la preghiera diviene canto Da un input di Mons. Milito
Concerto della Diocesi
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ra le tante manifestazioni che hanno contribuito a dare un tocco di armonia alle festività natalizie, rendendo ancora più profondo il concetto di fede, è stato il concerto dal titolo “Tamquam Sol a thalamo, Puer natus est”, che si inserisce nel contesto di un progetto ben più ampio promosso dal Vescovo Mons. Francesco Milito per la Diocesi di OppidoPalmi, denominato “Uniti nella fede, esultanti cantiamo!”. Coordinatore del progetto è il Maestro Seminarista Domenico Lando, direttore del coro polifonico “S. Cecilia”, delle comunità parrocchiali di Varapodio. Il Concerto ha allietato il pubblico presente, nella serata del 28 Dicembre scorso nella Chiesa Parrocchiale Santa Maria delle Grazie di Taurianova, alla presenza di Sua Eccellenza Milito, di alcuni sacerdoti e di Don Mimmo Caruso, Vicario Foraneo di Oppido M.-Taurianova, uno dei quattro nuovi assetti logistici della Diocesi. Le oltre cento unità, che compongono i nove cori parrocchiali partecipanti, hanno eseguito a voci unite, sotto la direzione dei Maestri Maria Francesca Esposito e Domenico Lando, diversi brani scelti per l’occasione, tra cui “Tamquam Sol a thalamo: Preludio ad libitum” e “Exulta Filia Sion” di G.M. Durighello, “I cieli immensi narrano” di Benedetto Marcello, “Jubilate Quia hodie natus est”di Valentino Miserachs, Adeste Fideles di Domenico Bartolucci, e i brani di Marco Frisina “Puer natus est nobis”, “In cordis Iubilo” e “Il verbo si è fatto carne”. Le musiche sono state eseguite all’organo da Silvia Scullari e i cori che hanno preso parte sono stati “Maria SS. della Colomba” di San Martino di Taurianova, “Maria SS. delle Grazie” di Tau-
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Fu un coro di Angeli ad annunciare ai Re Magi e ai pastori la venuta del signore sulla terra»
Don Caruso presenta al Vescovo alcuni cori della Diocesi
rianova e Tresilico, “Minulio” di Terranova S.M., “S.M. Vergine Addolorata e San Nicola di Oppido Mamertina, “Santa Cecilia” di Varapodio, “Santa Maria de Merula” di Molochio e il coro di Santa Cristina d’Aspromonte. Le voci recitanti sono state quelle di Paolo Tropeano ed Eleonora Alessi. Il tutto si è svolto sotto la direzione artistica dello stesso seminarista e coordinatore del progetto musicale dell’intera Diocesi, Domenico Lando. La rappresentazione musicale ha aperto, con questo primo concerto, una serie di concerti che avranno luogo in ogni vicariato della nostra Diocesi, per proseguire con il concerto Mariano in estate e quello conclusivo al termine dell'anno della fede; entrambi saranno eseguiti dall'unione di tutti i cori della diocesi che hanno aderito al progetto. La manifestazione è stata introdotta dal Vicario Foraneo Don Caruso, che ha paragonato la polifonia del Coro all'espressione della diversità nell'unità, come ricorda l'Apostolo Paolo che disse: “Pur essendo molti, siamo un Corpo solo”. A chiusura, invece, è intervenuto il Vescovo Mons. Milito, che ha ricordato che fu un coro, quello degli Angeli, ad annunciare ai Re Magi e ai pastori la venuta del Signore sulla terra, mentre ai coristi e ai loro direttori ha posto uno spunto di riflessione per camminare assieme sulle vie tracciate da Dio. Il progetto avviato si prefigge, infatti, obiettivi di unitarietà, come favorire la comunione tra le comunità parrocchiali e i rispettivi cori, sensibilizzare i fedeli alla musica sacra e liturgica e riscoprire, attraverso la proposta di un tema biblico o evangelico, il significato nascosto delle scritture.
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Il Vescovo vicino al mondo della scuola
Visita l’istituto industriale per l’informatica di Oppido
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n messaggio di fede e di speranza per il nuovo anno è stato lanciato da Mons. Francesco Milito, Vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi, agli alunni dell’Istituto Industriale Statale per l’Informatica di Oppido Mamertina, dove si è recato su invito della Dirigente Scolastica, Francesca Maria Morabito, per la benedizione di un presepe elettrizzato, realizzato con nuove tecnologie. Per gratificare la scolaresca, che è impegnata in attività che contribuiscono ad un maggiore inserimento nel mondo del lavoro, su indirizzo di un qualificato corpo
docenti, la Dirigente, ha ritenuto opportuno realizzare una manifestazione direttamente in sede. Applauditissimo è stato l’arrivo del prelato, seguito dall’accoglienza dei docenti responsabili del settore ITIS di Via Foscolo e Via Risorgimento, rispettivamente Pasquale Puntillo, Nicola Pedullà e di tutti i docenti presenti, oltre che della Dirigente, che ha aperto la manifestazione. Al suo intervento, sono seguiti i saluti e le istruzioni dell’alunno Domenico Rocciolo, che ha consegnato a Mons. Milito un telecomando da cui è partita la movimentazione del presepe. Intenso e coinvolgente è stato il messaggio del Capo della Diocesi rivolto ai giovani allievi che, prendendo spunto dalla notte seguita dal giorno, messa in evidenza nel presepe, ha paragonato alle tenebre il buio e alla luce, portata da Cristo in occasione del Natale, il giorno. Al suo messaggio di paterna solidarietà verso coloro che soffrono e cristianità, sono seguiti i ringraziamenti della Dirigente Morabito, che si è detta soddisfatta dell’andamento della Scuola, con particolare riferimento all’impegno degli alunni e dei docenti che lavorano in sinergia, consentendo all’Istituto di partecipare a numerosi progetti che accrescono le conoscenze e le competenze degli studenti, uniche a far testo per l’inserimento nel mondo del lavoro. E’ importante, commenta ancora la Dirigente Morabito, che siano gli allievi i veri protagonisti di una Scuola che deve mantenersi al passo con l’evoluzione civile, sociale e tecnologica. Dopo uno scambio di auguri, essendo a tre giorni dal Natale, la manifestazione è terminata con un rinfresco offerto dalla scuola. In rappresentanza dell’Amministrazione Comunale locale ha partecipato il Vice Sindaco, Maria Zerbi.
Premio Best Cisco Academy
per l’ITIS di Oppido Mamertina
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n importante riconoscimento ha distinto, per l’anno 2012, l’Istituto Industriale Statale per l’Informatica di Oppido Mamertina che, per i risultati raggiunti, ha meritato la targa Best Cisco Academy, consegnata dal Responsabile di Basilicata e Calabria, Filippo Sola, alla Dirigente Scolastica Francesca Maria Morabito, presso la sede di Via Foscolo. Tale riconoscimento viene assegnato da Cisco Systems Italia ogni anno e la Cisco Academy premia coloro che si distinguono per i risultati raggiunti all’ interno del programma Networking Academy. Nello specifico, vengono insignite del riconoscimento di Cisco, le cinque migliori università, le cinque migliori scuole superiori ed i cinque migliori centri di formazione professionale presenti sul territorio italiano. La migliore fra le 15 Platinum Academy, riceve il riconoscimento di Best Cisco Academy per quell’anno, commenta il responsabile, alla presenza della stampa, mentre consegna alla Dirigente Morabito la targa. Le scuole ad indirizzo tecnico inseriscono i percorsi di base offerti dal programma Networking Academy nella propria didattica curriculare, vista l’ampia corrispondenza con i contenuti dei programmi ministeriali, così come è avvenuto per l’ITIS di Oppido M. Questo permette di offrire in modo gratuito agli studenti percorsi ad alto valore formativo. Al termine di tali percorsi, tutti gli studenti che superano con successo gli esami previsti, ricevono un attestato riconosciuto in oltre 160 nazioni da tutte le aziende che operano in questo settore. Il Networking Academy ha lo scopo di preparare al meglio i giovani per entrare nel mondo del lavoro, in quanto alle tradizionali lezioni teoriche, affianca un’ampia attività di laboratorio finalizzata all’apprendimento delle competenze “facendo”. Per quanto riguarda l’ITIS di Oppido Mamertina, nello specifico, c'è da segnalare anche il rilevante numero di studenti “donne” coinvolte nei corsi Networking Academy. La Dirigente Francesca Maria Morabito, che ha ricevuto la targa, durante il suo intervento ha esternato la soddisfazione per i risultati raggiunti dagli allievi grazie al loro impegno e per la professionalità dei docenti che li seguono con attenzione, consentendogli di raggiungere quei livelli di competenze e conoscenza che oggi servono per l’inserimento nel mondo del lavoro. Nel ringraziare il Responsabile di Cisco, Filippo Sola, ha rimarcato ulteriormente l’importanza dei percorsi di alto valore formativo nel settore tecnologico e fortemente specializzanti, a cui gli allievi devono sottoporsi per inserirsi a pieni titoli nel mondo della produttività.
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L’Istituto Superiore Teologico Pastorale “Beato Giovanni XXIII”
Una realtà di cultura e di fede che brilla sul grigiore della realtà moderna
di Caterina Sorbara
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ioia Tauro: In una società in disfacimento, come la nostra, da parecchio, un demiurgo dispettoso, lo spirito del tempo, la corruzione, l'avidità, la mancanza di valori e di punti solidi di riferimento, hanno provveduto ad un rovesciamento manicheo, per cui è stato trasformato «il male in bene e il bene in male», e l’«essere», ormai, si è totalmente confuso con l’«avere» o con il «sembrare» I valori da salvare possono forse riassumersi in un unico ingrediente: l’osservanza di norme di comportamento che giovino non solo a noi stessi nella nostra individualità, ma anche e soprattutto alla società in generale. Tutti dovrebbero avere come imperativo categorico il pensare al bene comune, pensare agli altri, forse anche sacrificarsi per gli altri: l’altro inteso come mio fratello e mai come un antagonista o peggio un rivale. Bisogna fermare l’attaccamento ai cosiddetti “vitelli d’oro”, ai falsi idoli, figli della mentalità materialistica, egocentrica e anticristiana. Oggi, se ci guardiamo intorno, ci rendiamo conto che la nostra società è avviata verso una sorta di scristianizzazione, dove l'amore è sostituito dall'odio, dalle rivalità, dal sesso facile e spesso mercenario. Cosa fare? Di certo non esistono «ricette di vita» efficaci per tutti, ne «panacee» per l’armonia del creato. Non è però tardi: secondo me, una piccola speranza c’è. Ci si può salvare solo con qualcosa di attivo: guardandoci dentro, proiettandoci negli altri, riscoprendo la nostra umanità, la nostra ragione, i nostri sentimenti. recuperando i valori della solidarietà e del rispetto nei confronti
del prossimo, ritornando al Cristianesimo delle origini. Da qui l’importanza dell’Istituto Superiore Teologico Pastorale “Beato Giovanni XVIII” di Gioia Tauro, una realtà positiva che esiste da molto tempo e che ha appunto come scopo la formazione e la crescita culturale dei fedeli laici, avvicinandoli alla conoscenza della Sacra Scrittura e a tutti quei valori positivi che ne derivano. Chiunque può servirsi, per fini culturali e personali, delle attività proposte dall’Istituto, che prepara anche al Diaconato, al Lettorato e all’Accolitato. Si articola in un primo anno di base uguale per tutti gli studenti che si iscrivono al corso; un secondo anno, con tre distinti percorsi specialistici: liturgico, biblico-catechistico e sulla Dottrina sociale della Chiesa, a scelta dello studente. L’Istituto rilascia anche il Diploma a tutti quelli che, frequentando le intere lezioni del biennio formativo, hanno sostenuto almeno cinque esami tra quelli indicati nel piano di studio; rilascia, inoltre, il Diploma di specializzazione, se si frequentano tutte lezioni del biennio formativo e sostengono tutti gli esami richiesti dal piano di studi. Con la sua opera, l’Istituto è come un faro che può illuminare il cammino dell’individuo nel mare tempestoso che è la nostra società. Per questo credo che andrebbe di più valorizzato e, soprattutto, “pubblicizzato”, perchè solo promuovendo la conoscenza teologica e ritornando al divino l'individuo può salvarsi, salvando così l’intera società. Solo così si potrà evitare l’autodistruzione ormai in atto.
L’ultima fatica letteraria di Mimmo Gangemi
“Il patto del giudice” La presentazione a Rosarno con gli interventi di Arcangelo Badolati e del Sindaco Tripodi di Carmen Lacquaniti
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arà la mediateca “F. Foberti” di Rosarno ad ospitare, venerdì 8 Febbraio, la presentazione, in anteprima nazionale, dell'attesissimo nuovo libro di Mimmo Gangemi, “Il patto del giudice”, romanzo noir appena uscito in libreria per i tipi della Garzanti. All’evento, oltre l’autore, saranno presenti Arcangelo Badolati, giornalista e scrittore, ed Elisabetta Tripodi, Sindaco di Rosarno. Il reading di presentazione sarà curato da Andrea Naso e dal cantautore Nino Forestieri. Interverranno, inoltre, alcuni studenti del locale liceo Scientifico “R. Piria”. Ad ispirare l’autore, per questa seconda indagine di Alberto Lenzi, sono stati “i fatti di Rosarno”: tre neri vengono uccisi, mentre in città imperversa la ribellione – Rosarno non viene mai citata nel libro, ma il riferimento è lampante – e dopo qualche mese giunge al porto di Gioia Tauro un carico di cocaina che sparisce sotto gli occhi degli investigatori. Ancora una volta Alberto Lenzi, magistrato scioperato e donnaiolo, nonostante l’indolenza che lo contraddistingue, riesce a districare la matassa dei due complicanti casi, utilizzando anche le sibilline rivelazioni di un potente capobastone locale. Sui fatti di Rosarno, l’autore ha già avuto modo di esprimere il suo pensiero. Secondo Gangemi, infatti, non si trattò di razzismo, ma della risposta, sicuramente esagerata, di una parte della popolazione per l’oltraggio subito dalla città. Una reazione a cui partecipò anche la ndrangheta per dimostrare che non aveva perso il controllo del territorio. Un romanzo ben costruito e convincente, che svela ancora una volta agli occhi del lettore il fascino di una terra tragica e violenta, ma non del tutto perduta.
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Emozioni e ricordi alla «Luna Rossa» di Polistena,
Gli alunni della 5ª B del ’72 dell’Agrario di Palmi Si ritrovano dopo quarant’anni…
Polistena, 17 agosto 2012. Gli alunni della 5ª B: Rocco Aloi, Antonio Bivone, Franco Cicala, Clelia Cutrì, Paolano Ferrantino, Gaetano Filippone, Giuseppina Florio, Antonio Franza, Rosa Gatto, Giuseppe Gaudioso, Antonio Gelonese, Giovanni Gelonese, Angela Gerardis, Lidia La Rocca, Rocco Lionello, Rocco Marra, Andrea Palamara, Clemente Palamara, Giambattista Palamara, Filippo Rossi, Rosario Scarfone, Rosario Schimizzi Antonietta , Speciale, Maria Carmela Stillitano e Concetta Zagari.
di Paolano Ferrantino
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obri, e forse anche molto più impegnati, gli alunni di una volta. Ci tenevano tutti all’immagine della propria classe. Sapevano collaborare con gli insegnanti e tra di loro. La classe era una loro identità precisa. Era uno spazio autentico di solidarietà e di affetti, prima che un luogo di apprendimento e di cultura. Il far parte di una “bella” classe era un motivo di orgoglio. Ci si sentiva fieri. Così ci si impegnava nelle diverse discipline non solo per raggiungere voti alti, ma anche per rendere “bella” e significativa l’immagine della classe. Insomma, allora la scuola si “sentiva”. Era un diritto e un piacere. Socializzare, o meglio, fraternizzare con i compagni, era un dovere e un principio diffuso e importante. Rispettare i professori era importante. Altra scuola, certo. Altri tempi. La compattezza della 5ª B dell’Istituto Tecnico Agrario era fatta di questi sani principi e ogni alunno, dopo essersi diplomato nel 1972, si è portato questa immagine dentro. Dopo gli studi, quasi nessuno riuscì a trovare lavoro nella nostra terra. E molti lo cercarono al Nord, altri all’estero.
Passarono così quarant’anni di silenzio, fino a quando un nostro compagno di classe, il Dott. Rocco Marra, ebbe la magnifica idea di contattare tutti gli alunni della 5ª B per ritrovarci il 17 Agosto scorso. Impegnativo e davvero lodevole il lavoro svolto dal Dott. Marra: reperire tutti gli indirizzi di quasi trenta persone sparse un pò nelle diverse regioni dell’Italia. E poi telefonare e ritelefonare chissà quante volte. Ma ne è valsa la pena, perché alla fine la sua iniziativa è riuscita splendidamente. Dopo quarant’anni quasi tutti gli studenti della 5ª B erano di nuovo insieme. Ci siamo incontrati in una calda sera di Agosto alla «Luna Rossa» di Polistena. Un giardino ampio, un tavolo imbandito e noi ragazzi di una volta trasformati dagli anni. Quasi a gara si faceva a ricordare i piccoli fatti, i soprannomi, la severità dei professori, la compattezza della classe, le interrogazioni a sorpresa, i brutti voti, le avventure di quegli anni. È stata un’emozione grande e una serata indimenticabile. Grazie ancora Dott. Marra. Ci siamo salutati, cercando di immortalare in tante foto quella bella serata e con un augurio condiviso da tutti. Parafrasando Fred Uhlman: «Dopo esserci ritrovati, ora non dobbiamo disperderci».
Nota biografica Paolano Ferrantino è nato a Monsoreto (Vibo Valentia) nel 1953. Laureato in Pedagogia a Messina nel 1980, insegna lettere nella scuola media statale di Martinengo (Bergamo). Ha lavorato in Germania e in Svizzera e insegnato nei corsi per lavoratori a Winterthur e a Zurigo. Ha scritto due saggi sul suo paese natale: Monsoreto: la storia, la memoria e l’incanto (1988) e Monsoreto: campagne nei dintorni di una volta (1995), nonché diverse raccolte di poesie: Il pane lontano (1986), Lettere marine (1994), Fermate a parte (2002 , premio Montale), Poco prima dell’inverno (2005). Diario tra sentieri (2009) e Germoglio di vento (2011).
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Il bizzarro caso de “Il Previtocciolo”,
Le ortiche nella tonaca di Antonio Roselli
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farisei di ogni tempo ancora arricciano il naso. Le bigotte, vecchie cariatidi reazionarie, da quarto stato, tuttora trasecolano di tante sconcezze. E di quel che fu il macchiaiolo Nuzzo Ragno: “previtocciolo” per antonomasia, “testa nigrella” per macchietta narrativa , non resta che un silenzio difeso da tumuli di polvere sui centotrenta quaderni dalla copertina nera, che ancor oggi puzzano di vecchia sacrestia. Come tacere sul romanzo “Il Previtocciolo” di Don Luca Asprea, evento letterario dei tipi Feltrinelli 1971? Sessanta pagine delle memorie di questo “prete sbagliato per eccesso di vocazione” – come scrisse nella sua introduzione Franco Cordero – e la conquista dell’interesse di Carlo Falconi, che volle, per quell’opera rodomontesca, dalle pendenze mitomani, l’assunzione a best seller nella collana dei “Franchi Narratori”. Pressoché quarantenne – sono gli inizi degli anni ’60 – Carmine Ragno compone la sua opera alla chetichella nello studiolo della casa di Oppido che fa da angolo sulla piazza della Cattedrale. Quanto tormento tracciava quella penna! Il placet alla pubblicazione per Feltrinelli, affidato a Gian Piero Brega, si enunciò con le parole: “(…) ci troviamo di fronte a un bel soggetto, una vicenda mossa, piena di luci ed ombre, tanti sono i drammi minacciati e mai conclusi di cui è tessuta; abbiamo poi chi sa raccontarla, direi anzi chi non può rinunciare a farlo perché il ricordo di quelle vicende, autentiche o immaginarie, lo perseguita e lo assilla; comunque vadano le cose avremo dunque, a lavoro ultimato, un bizzarro ma, di sicuro, potente squarcio di vita
meridionale (…)”. La chiave della rimembranza, ne “Il Previtocciolo”, apre fondali scenici di vicende autobiografiche che ammaliano e talvolta asfissiano il lettore. Il paese del sud, descritto sull’impronta del tardo neorealismo, non è solo la civiltà contadina raccontata da Corrado Alvaro e da Carlo Levi o quella urbana celebrata da Saverio Strati. L’efficace spigliatezza descrittiva rappresenta il ponte su cui fondare un’accusa o, troppo spesso, una vendetta personale, alle figure peculiari di una società meridionale conturbata dagli sfregi cancrenosi dell’ultimo terremoto del 1908 e, quindi, dalla straripante indigenza, dall’analfabetismo e dalla degenerazione dei costumi. Ed è questo lo scenario che travolge l’esperienza del virtuoso seminarista Nuzzo, pollone di una stirpe contadina, intossicato dalla satiriasi e scaraventato allo sbando. L’aggressività lessicale dell’Asprea, soprattutto manifesta negli intercalari dialettali e nei motti popolareschi, snocciola il trinomio tematico e antropologico de “Il Previtocciolo”: i languori sessuali che tracimano finanche nei bambini, come risultato di un vizioso pansessualismo (…Nominavano le più belle ragazze del paese e le loro parti nascoste e le chiamavano e le invocavano gemendo. E continuavano a fare quel movimento sulla fioraccia lurida, dritta e sporca…); la tirannide di una Chiesa in un Seminario tetro, animato da un clero dozzinale e traviato (…Ancora oggi quella donna non sa rassegnarsi allo strappo violento e improvviso del frutto del suo seno, già rampollo rigoglioso, a causa della stupidità e dell’abietto bigottismo del prete Trippina e del testone pieno di merda del prete Naschia…); l’ organismo arcaico ed agropastorale dell’Onorata Società (…Il Giovane d’onore non ha né diritti né doveri. E’ guardato con occhi di “passione”. E perché venga eletto non sono necessarie tante ricerche. E’ ancora un bambino; e basta che appartenga a una famiglia senza macchia nell’onore…). Pare non stupirci se quel romanzo, che per l’autore fu il prodotto di un sacrilego travaglio intimo, abbia come epilogo l’avvento della seconda grande guerra, con il conseguente sfollamento dal seminario ed i nuovi tormenti di Nuzzo. Dopo l’edizione Feltrinelli del ’71, che constò per il successo della critica e per l’edizione “Le petit prétre de Calabre”, trasposizione in lingua francese della Gallimard dell’opera letteraria, dello scrittore Carmine Ragno non si seppe più nulla. Solo dopo un trentennio, nel 2003, s’infranse il silenzio con la nuova edizione de “Il Previtocciolo”, riveduta ed ampliata per i tipi di Luigi Pellegrini Editore. Quest’ultima edizione, che precorre di due anni la morte del Nostro, fu come il viatico per il Ragno e la consacrazione postmoderna di “unicum narrativo” nella storia letteraria italiana e meridionale.
L’Elzeviro di Luigi Maggiore Florio
Tenebre e luci Si rimane sorpresi se il Natale non ci prende sul serio Accendiamo milioni di luminarie e non vediamo la strada. Non sono piu' nostre le stelle che ancora indicano la grotta Potremmo sforzarci a riscoprire la luce, nel buio profondo
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Pubblicato un Encomiabile studio sui caduti di San Martino
Per non dimenticare le vittime delle due guerre mondiali
Ne “I Sammartinesi al fronte” l’elenco dei militari caduti o dispersi
di Federica Zaccone
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abato 22 Dicembre 2012, nel ristorante la Fontanella di Taurianova, è stato presentato il libro “I Sammartinesi al fronte”, opera che raccoglie un elenco dettagliato, corredato di fotografie, dei militari che vissero a San Martino di Taurianova, deceduti o dispersi durante la prima e seconda guerra mondiale. Frutto di un’accurata ricerca effettuata dai componenti dell’Associazione Socio Culturale “Il Castello”, questa opera, curata da Rocco Carpentieri, consegna alla storia un volume da tramandare ai posteri affinché quello che è stato il sacrificio di molti giovani e di molte famiglie, a causa delle guerre che, ancora oggi, a distanza di anni, soffrono per le gravi perdite subite, non vada mai dimenticato. La succitata associazione è stata sempre molto attenta ed interessata al sacrificio dei suoi giovani militari, tanto che il 4 Novembre 2011, in occasione della festa dell’Unità Nazionale e festa delle forze armate e in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la stessa ha omaggiato i suoi caduti incidendo, su una lapide commemorativa posta al monumento ai caduti eretto in piazza Kennedy, i nomi dei 42 figli di San Martino che, partecipando alle due guerre mondiali, persero la vita. Infatti, prima di allora, il Monumento ai Caduti, che ornava la piazzetta della popolosa frazione, non recava alcuna incisione. La ricerca che ha portato alla stesura dell’opera era iniziata nell’Agosto del 2010 e solo dopo tante ore , tanti mesi, spesi a redigere e curare le 42 biografie dei militari, corredate da foto dell’epoca, si è potuto giungere al suo compimento. Da precisare che durante il lavoro di ricerca sono venuti alla luce documenti e notizie inedite, degne di essere ricordate, delle quali neanche i parenti degli stessi militari erano a conoscenza. Leggendo i fogli matricolari di questi militari, si osserva che la maggior parte di loro era analfabeta e che essi erano per lo più contadini, qualcuno calzolaio. Dalle testimonianze dei parenti si è appreso che era tutta gente dedita solo ed esclusivamente al duro lavoro dei campi, obbligata ad imbracciare il fucile in paesi lontani senza sapere, spesso, chi fosse il nemico da combattere. Alcuni figli non conobbero mai il proprio padre, poiché erano ancora in fasce, tra le braccia della mamma, quando il genitore fu costretto a partire. Con sé questi soldati portava-
Nella foto: Da sinistra, Rocco Carpentieri, Pasquale Maio, Annamaria Fazzari e Giuseppe Riso
no e custodivano, gelosamente, la fotografia che ritraeva la propria famiglia; essa era la cosa più preziosa che avevano essendo l’unico oggetto che li teneva uniti ai propri cari. Da essa traevano la forza necessaria per continuare a combattere “la grande guerra”. Appese al muro delle loro vecchie case, invece, rimanevano le foto in divisa, unico conforto per mogli, mamme ed esclusivo ricordo per il figlio che non avrebbe mai avuto modo di conoscere il padre. Dai registri di matrimonio della locale parrocchia risulta che spesso i fidanzati contraevano matrimonio per procura, con la speranza di ottenere una licenza matrimoniale per ritornare in paese; ma, in diversi casi, gli sposi non si incontrarono mai, perché le licenze non vennero mai concesse. Nel libro si narra anche la storia di due ragazzi della Frazione Amato, che persero la vita durante la seconda guerra mondiale. Grande soddisfazione è stata espressa da ogni membro dell’associazione “Il Castello”; l’evento è stato per la cittadinanza tutta di tale importanza, tanto che si è pensato presentarlo al pubblico il 22 Dicembre, a ridosso delle feste natalizie, in modo tale che vi potessero partecipare anche i tanti figli san martinesi sparsi per l’Italia e di ritorno al paese natio in occasione del Santo Natale. Gremita, infatti, la sala locale che ha ospitato l’evento. Ad esso erano presenti numerose autorità militari, civili e religiose, tra cui il Dott. Orlando Fazzolari, primo cittadino di Varapodio e il Dott. Alessandro Cannatà, Sindaco di Cittanova, invitati dalla stessa associazione, poiché durante la ricerca è emerso che alcuni militari erano nativi dei due paesi citati. Alla manifestazione hanno relazionato il Prof. Giuseppe Riso, cultore di storia locale, il Dott. Pasquale Maio, che per primo avviò nel 1992 la ricerca sui militari di San Martino, e il curatore del volume, Rocco Carpentieri. Moderatore dell’evento l’Avv. Annamaria Fazzari, Presidente dell’associazione, che si è detta orgogliosa di consegnare, come figlia di San Martino, a tutta la cittadinanza, “un volume che rappresenta un grande patrimonio culturale e storico per il nostro paese”. Presenti alla presentazione anche i parenti dei militari, che da tempo attendevano il tributo e l’onore dovuto a questi giovani per il grande sacrificio da loro officiato. Dalla stessa voce del Presidente Fazzari veniamo a conoscenza della prossima ricerca che già stimola l’interesse dei nostri illustri storici e studiosi: riscoprire quelle che furono le radici storiche dell’antico paese della Valle delle Saline, che tanto ha dato lustro alla storia di tutta la regione. Attendiamo con ansia la prossima opera con l’augurio che sia altrettanto bella e esaustiva.
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di Veronica Iannello
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e n o i s o Espl … s d n a B di «Un giorno
resce tra i locali della Piana di Gioia Tauro ed oltre, la moda del “live”, esibizioni di gruppi musicali dal vivo, spesso proponendo proprie composizioni. C’è chi afferma e sostiene in modo insistente che in Calabria “non c’è niente”, che per divertirsi la sera bisogna andar via da qui. Ma per chi vive la notte, e vive di musica, c’è sempre modo di divertirsi! E’ ciò che ha voluto lanciare uno dei locali della zona ,in cui il “live” è di casa. Avete mai sentito parlare di “Jam Session”? Una jam session è una riunione di musicisti che si ritrovano per una performance musicale senza aver nulla di preordinato, di solito improvvisando su griglie di accordi e temi conosciuti. Il termine, che probabilmente deriva da “Jamu”, una parola Youruba (Africa occidentale) che significa “insieme in concerto”, è nato negli anni venti negli ambienti jazz e si è poi diffuso anche nel rock. Questi incontri spesso si trasformavano in vere e proprie competizioni fra virtuosi: ed è da questa idea che è nata la “Battle of the Bands”, svoltasi a Polistena, a Dicembre 2012, in uno dei locali serali più frequentato da giovani e giovanissimi. Hanno partecipato bands di varie località calabresi e non, esibendosi in varie serate, davanti ad una giuria scelta ed esperta, che con varie difficoltà, dovute all’ottima preparazione musicale dei gruppi, hanno premiato durante la serata finale la band “Oltre il Velo dei Maya”, un nome insolito si, ma i ragazzi hanno dimostrato grande passione e capacità, presentando i loro inediti. La presenza di una Radio Locale ha reso ancor più colorata ed interessante la serata conclusiva e ha offerto alle bands la possibilità di mandare in onda i loro brani in diretta. Il primo premio consisteva in un viaggio a Londra per la band, con la possibilità di suonare durante la trasferta in uno dei locali londinesi Jam Session, più targa di riconoscimento per tutti. Tra le bands si è creato da subito un clima di complicità, pur restando in competizione, un clima di vera collaborazione. Durante le serate i giovani hanno vissuto momenti di musica, ma anche di socialità. A volte si parla troppo in fretta e male di una terra dalle mille sorprese, la Calabria, che racchiude in sè giovani di infinito talento, che han voglia di mostrare le proprie capacità e di creare nel proprio territorio punti d’incontro che diano vita a scambi culturali e artistici, che allontanino dalle nuove generazioni idee di razzismo, emarginazione, delinquenza, perdita di valori o, ancora peggio, assenza di sogni. Tutto ciò che è Cultura rende l’uomo libero e se la Musica è arte anche in Calabria, in questo strano piccolo Mondo della Piana “dove le parole finiscono inizia la musica”.
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Noi facciamo della musica libera, dura, che picchi forte sull'Anima in modo da aprirla.» (Jimi Hendrix)
anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra.»
(Jim Morrison)
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"Oltre il velo di Maya" di Carmen Ieracitano
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i chiamano Oltre il Velo di Maya e il loro disco “Ipotalamo”. Detto così, a freddo, è un insieme che incute un po’ di soggezione. Ti aspetti minimo un incrocio fra il Battiato più cervellotico e l’istrionico di Morgan. Ma se vai “oltre” la copertina, appunto, eccoti felicemente premiato: benvenuto dentro tutta un’altra storia. “Ipotalamo” è un disco che ti colpisce al primo ascolto, canzoni come “Asini d’oro”, “Descrivi te stesso”, “L’iniziazione”, “La mia canzone dal fronte”, la stessa “Ipotalamo”, si insinuano dentro di te al secondo ed entro il terzo si fanno già cantare. Sonorità immediate sulle quali la voce suadente di Dario Gallo canta le sue riflessioni profonde, ma che possono appartenere a tutti, con parole che non cadono mai nella banalità, ma non vengono nemmeno da un glossario astrofisico, e sembra danzare, avvolgendo e coinvolgendo, avvincendo e convincendo. Un mix di un certo impatto insomma. Provare per credere. Del resto anche il video di “La mia canzone dal fronte”, opera del video maker Luca Mezzatesta, uscito il 31 Agosto 2012 come promo del disco, la dice lunga sulla filosofia guida del gruppo. Si può riflettere e far riflettere senza atteggiarsi a professori, anzi combattendo e distruggendo questi stereotipi. C’era, insomma, abbastanza materiale per saperne e volerne far sapere di più e ho incontrato Dario Gallo, Salvatore Bovalina (basso) e Alberto Catania (batteria), nucleo vitale della band, che, in live, si avvale anche della collaborazione della chitarra di Emmanuele Sergi, realizzando questa originale e simpaticissima intervista. Allora, ragazzi, innanzitutto facciamo un po’ di storia. Come e quando vi siete conosciuti e formati, perché avete scelto questo nome così particolare. Bovalina: Noi ci siamo formati nel
Una proposta musicale calabrese pronta per la ribalta mediatica
Dopo la brillante affermazione nella selettiva
Battle of Bands
2008, all’inizio come cover band rock anni 90, poi ci siamo specializzati sui Muse, per un breve periodo, nel 2009. Eravamo tutti d’accordo sul volere un nome assurdo e ne abbiamo vagliati parecchi, poi abbiamo capito che ci serviva un nome serio, deciso in base all’obiettivo, non scelto a caso. Gallo: E allora ho ripreso il nome di un mio vecchio progetto, partito nel 2003, periodo da cui vengono anche quasi tutti i testi del disco, un qualcosa che sentivo già mio. La filosofia del gruppo ci si rifletteva perfettamente e, quando abbiamo deciso che era giunto il momento di dar voce all’esigenza di produrre inediti, abbiamo capito che calzava a pennello su quello che volevamo fare. Una musica fuori dal cerchio. Fruibile all’ascolto, ma con testi che facessero riflettere, divenendo lo specchio di chi ci ascolta e facendo sì che chi lo fa vada anche, appunto, “oltre” il ritornello. Arriviamo quindi a “Ipotalamo”. Creatura partorita nel 2012 ma, da quel che ho capito, di ben lunga gestazione. Catania: Come ha detto Dario, i testi sono stati scritti da lui già nel 2003. Quando ce li ha portati erano completi, aveva inserito delle basi e non sapevamo se riprenderli così com’erano esattamente o modificarli. Avevamo bisogno di sentirli anche un po’ più nostri e gli abbiamo detto: “Portaci solo testi e accordi” e così il resto lo abbiamo costruito lavorando attorno a quel nucleo iniziale. Bovalina: Siamo stati in sala d’incisione dal Novembre 2011 fino a Febbraio 2012. Il disco è uscito in Settembre, subito dopo la pubblicazione del video su youtube, e da lì in poi si è avviata la promozione, in maniera molto semplice. Gallo: Sì, più che altro tramite il social network e i concerti. Suonare dal vivo è ciò che ci appaga di più. Poi cerchiamo contatti con le radio e le tv locali. Progetti per il futuro? Gallo: Siamo reduci dalla vittoria di un concorso che ha visto in gara sei band al Jam Session a Polistena, “The battle of the bands”, e questo ci darà la possibilità di suonare in un locale londinese per un week-end. Fra i nostri progetti, c’è anche quello di presentare il disco a qualche casa discografica più seria. E’ un curriculum che stiamo costruendo giorno per giorno e la nostra collaborazione è un po’ come quella di una piccola cooperativa. A proposito di concerti. Ho notato che vi presentate sempre in divisa mimetica dal vivo, è un messaggio che fa di voi dei combattenti? Gallo: (ride) E’ più che altro un richiamo al video, un’altra forma di promozione… ma… combattenti, sì, spariamo note e parole e se colpiremo nel segno, bene.
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di Mara Cannatà
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uesto tipo particolare di dipendenza comportamentale ha una storia abbastanza recente. Viene affrontata per la prima volta da Marilyn Machlowitz nel 1997, definendola workaholic a causa delle somiglianze fra i comportamenti messi in atto da queste persone e gli alcolisti. Come gran parte delle nuove dipendenze, anche questa non ha ancora trovato una definizione univoca all’interno della classificazione ufficiale psichiatrica e psicologica. Viene normalmente considerata work addiction, la compulsione lavorativa della persona con dedizione al lavoro superiore alle otto ore al giorno, spesso nel week-end e in altri spazi liberi. I pensieri e le preoccupazioni di queste persone sono progressivamente sempre più rivolte al lavoro, fino a creare confusione, dimenticanze e ottundimento del pensiero. A livello psicologico, queste persone possono mostrare sbalzi d’umore, depressione, perfezionismo, ipercontrollo, ossessioni, paure, fobie, isolamento e disturbi psicosomatici. A livello fisiologico, possono manifestarsi alcuni sintomi caratteristici dello stress quali emicrania, scompensi cardiocircolatori, dolori muscolari, problemi dermatologici e disturbi gastro-intestinali. Il comportamento tipico del work addicted porta l’individuo ad abbandonare progressivamente tutti gli interessi che non sono connessi alla sfera professionale. Il lavoro, in questo modo, viene vissuto piuttosto che come fonte di sostentamento personale, come uno stato d’animo che permette alla persona di evitare di provare emozioni, responsabilità e contatto con le altre persone. Il lavoro, per queste persone, diventa così l’unica maniera per dimostrare a se stessi e agli altri il proprio valore, diviene cioè il mezzo attraverso il quale si esprime e dipende la propria autostima.
La dipendenza da lavoro Un disturbo in forte espansione nelle società evolute
Anche per questo tipo di dipendenza, si possono riscontrare alcuni fattori comuni con le dipendenze da sostanze, come la tolleranza, ovvero la necessità di procedere nel lavoro sempre di più, per ottenere il medesimo precedente appagamento psico-fisico, e l’astinenza, cioè lo stato di sofferenza sempre più grave che viene a crearsi come conseguenza dell'impossibilità di lavorare. La sostanziale differenza fra coloro che presentano una particolare dedizione nei confronti del proprio lavoro e quelli che invece presentano una vera e propria dipendenza, si rende evidente nel momento in cui la persona non è più in grado di mettere dei limiti all’attività lavorativa e non riesce più a trovare per se stesso un po’ di tempo libero. Il cammino che conduce l’individuo verso la dipendenza da lavoro attraversa tre fasi: la fase iniziale, dove la persona inizia ad isolarsi progressivamente dalla famiglia, dagli amici e dalle altre attività sociali. La fase critica, dove la persona viene coinvolta in maniera totalizzante dall’attività lavorativa. Compaiono, inoltre, i primi sintomi psicosomatici a carico dell’apparato digerente e circolatorio (come ipertensione, gastrite, ulcere), accompagnati da sintomi depressivi. La fase cronica, dove la persona, se possibile, incrementa ancora di più l’attività lavorativa. Aumentano d’intensità, i comportamenti aggressivi, l’isolamento e i sintomi psicosomatici. Sono state riscontrate, fra le possibili cause che portano a questo tipo di dipendenza, alcune componenti caratteristiche, come i fattori familiari, storico-culturali, il bisogno di eccellere e di essere accettati. Il Workaholic, quindi, potrebbe soffrire di un disturbo compulsivo che lo porta a mascherare una serie di stati emotivi e a manifestare un’incapacità di adattamento che si esprime con sentimenti di scarsa autostima, paura di perdere il controllo e difficoltà relazionali. Per quanto concerne le possibili strategie di intervento su questa dipendenza, vengono individuate la psicoterapia individuale, la psicoterapia familiare e la partecipazione a gruppi di self-help. Proprio quest’ultimo approccio ha riscontrato particolare successo per la cura del work addiction. È stato formato per la prima volta nel 1983 il self-help Workaholics Anonymous. Questo tipo particolare di intervento consiste in un gruppo di auto-aiuto, in cui i soggetti condividono la loro esperienza, nel tentativo di risolvere il loro comune problema e di aiutare gli altri a superare la dipendenza da lavoro. I fattori terapeutici di questa tipologia di approccio consistono proprio nella condivisione dei propri problemi con altri individui che stanno superando il medesimo problema (o che lo hanno già superato) e che hanno la funzione di guidare i soggetti nel programma degli incontri. Il setting in cui si svolgono le attività del gruppo è accogliente e protetto ed è garantito l’anonimato; al suo interno vengono elaborati dei programmi di lavoro volti al progressivo abbandono della dipendenza.
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Paolo Sesti riconfermato alla guida della FMI
Con un consenso schiacciante ha vinto su Marco Tognoli
di Gaetano Mamone
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a Federazione Motociclistica Italiana, l’Ente morale preposto alla promozione dello sport e della cultura motociclistica, giunto ormai al suoi 101 anni di esistenza, ha rinnovato le cariche federali nel corso dell’Assemblea elettiva, svoltasi al Lido di Ostia lo scorso 16 Dicembre. I delegati, giunti da ogni regione d’Italia con il coordinamento dei rispettivi comitati regionali, hanno vissuto una intensa giornata nel corso della quale sono stati chiamati dapprima ad approvare o bocciare una serie di modifiche allo statuto federale, strumento questo in costante aggiornamento per essere sempre adeguato alle normative del CONI o alle esigenze evidenziate o recepite dall’organo di governo federale al fine di rendere la FMI sempre al passo con i tempi e con le esigenze di una realtà in continua evoluzione: in pista e sulle strade. Nel pomeriggio, dopo il conferimento di alcuni riconoscimenti a due club che hanno tagliato il traguardo dei loro primi cento anni di storia e la lettura di una lunga relazione da parte del Presidente Sesti, l’Assemblea elettiva, presieduta dall’Avv. Antonio De Girolamo, coadiuvato dall’Avv. Gianluca D’Aloja, si entrava nel vivo con gli interventi di vari soci ,come il calabrese Carlo Rogliano, Presidente del Mc Rombo di Makalla di Strangoli (KR), che poneva l’accento sul caro assicurazioni che sta penalizzando al sud in maniera molto grave la circolazione di migliaia di moto, invitando il vertice della FMI ad adoperarsi nel nuovo quadriennio olimpico a risolvere questo handicap, per il quale il Presidente Sesti, evidenziava nella sua replica, già si stanno ottenendo risultati positivi nel settore delle moto storiche: attraverso l’introduzione della tessera vintage, si potrà accedere ad un scoutistica di assoluto favore. Altri interventi, come quello di Roberto Marchetti, erano dichiaratamente più politici in quanto la critica al modo di promozione di alcuni settori della velocità si legava anche al dichiarato impegno di Marchetti nella cordata antagonista al presidente in Carica e che, per la prima volta da quanto 4 lustri or sono, Paolo Sesti assunse la guida della FMI, succedendo al taurianovese Avv. Francesco Zerbi, eletto Presidente Internazionale,- hanno visto un competitor alla carica di presidente. Nel caso di specie, Marco Tognoli, bergamasco concittadino, dunque, del
Paolo Sesti, Presidente della FMI (foto Free's Tanaka Press)
Presidente e che, veicolando la sua proposta soprattutto inizialmente attraverso i social network, e poi con un tour della penisola, aveva radunato un manipolo, sparuto ed eterogeneo, ma molto convinto di sostenitori che lo hanno appoggiato, dando così alla Assemblea un senso di competizione politica accesa. Tognoli, nel suo intervento, ha delineato alcune sue idee e opinioni in ordine alla conduzione della FMI: tesi peraltro note in quanto ampiamente amplificate da Facebook e Twitter. L’esito del voto, in tempo reale grazie a un sofisticato sistema di televoto, metteva fine ad ogni incertezza decretando con una messe schiacciante di voti – oltre 10.500, a fronte dei circa 3400 di Tognoli – la vittoria di Paolo Sesti. L’Assemblea procedeva poi all’elezione – per aree territoriali – dei consiglieri federali. Contesa asperrima per l’area Nord: 13 candidati per quattro posti, con la riconferma del Vice presidente Fabio Larceri, leader per preferenze con 4600 voti davanti all’outsider Carla Meret ex presidente del Gruppo Commissari, che conquistava il posto scalzando il veterano Ivan Bidorini e precedendo in termini di preferenze i riconfermati Mario Alberto Traverso e Ivano Zatta, nell’Area Centro, veniva riconfermato Lorenzo Bonvecchi e eletto l’ex Presidente del Co.Re. Lazio, Franco D’Ambrosio. L’area sud, con una scelta unitaria, proponeva ed eleggeva all’unanimità Tonino Schisano. In quota tecnici, veniva riconfermato Mimmo Sotera e, fra gli atleti, Giovanni Copioli e il rientrante Francesco Braccini. Numerosi i club calabresi presenti in Assemblea direttamente e come delegati di altri sodalizi. Fra i tanti i Motoclub Vittoria Taurianova, Nello Muià, di Polistena, Off Track di Cinquefrondi, A.S.M. Nicola Alessio di Molochio, Aquile del Sud di Bova Marina, T Rex di Palmi, FRC di Reggio Calabria, Nicastro, Vibo Valentia, Rombo di Makalla, Stilaro Racing di Stilo ed altri delle varie province. La FMI riprende così, fra conferme e sorprese, il proprio cammino in questo primo anno del suo secondo secolo di vita, di storia e di successi.
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La decorata cornice della Piana di Diego Demaio
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uando ancora non esisteva la veloce SGC Jonio-Tirreno, era inevitabile, nello scendere dallo Zomaro per Gerace, paragonare la singolare e pittoresca mole del MONTE TRE PIZZI alle rocciose montagne americane, ricorrenti spesso nei film western interpretati dai mitici Gary Cooper e John Wayne, con il conseguente desiderio di poter un giorno scollinare tra le tre “dita” gigantesche (l’altro appropriato toponimo è infatti MONTE TRE DITA) del poco distante litico rilievo. Anche per tale motivo, la meta di questo non difficile itinerario sarà la vicina località montana ricadente nel Comune di Ciminà. Saliti da Cittanova ai 953 m. del quadrivio dello Zomaro, si andrà a destra per proseguire sul rettilineo attiguo ai Piani di Marco, il console romano Marco Licinio Crasso (da non confondere con l’imperatore Marco Aurelio) che,
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Foto: archivio Dott Diego Demaio
Zomaro e Monte Tre Pizzi secondo l’autorevole studioso Domenico Raso, tra il 72 ed il 71 a.C., qui combattè vittoriosamente contro gli schiavi rivoltosi guidati dal gladiatore Spartaco. Raggiunto l’Ostello, si devierà verso il vicinissimo Villaggio per omaggiare la Madonna della Salute, custodita nella Chiesetta ricostruita nel 1957. Ritornati sulla strada principale si procederà lungo la dorsale tralasciando la diramazione a sinistra per Antonimina. Conclusa la breve e tortuosa salita, che inizia dalla pista del Passo di Cancelo, si continuerà ancora per poche centinaia di metri in direzione sud, per svoltare a sinistra, prima del Villaggio Moleti, ed immettersi nella deviazione che conduce a Ciminà. Superata la Fontana Nessi (dove si provvederà al rifornimento d’acqua), si proseguirà, tra lussureggianti faggete e pinete, sul falsopiano per iniziare, dopo qualche chilometro, la ripida discesa che porta ad un segnalato slargo sulla sinistra dell’asfalto. Da qui, parcheggiata la macchina, si camminerà lungo il crinale su un facile e ben identificabile sentiero, trascurando le piste laterali e l’adiacente vetta di Pettotondo (o Petrotondo). Durante il suggestivo percorso, tra lecci e frequentissimi corbezzoli, il paesaggio si rivelerà incantevole, dominando dal lato sinistro Antonimina e dal destro la sottostante Ciminà. Una volta arrivati ai tre grandi “PIZZI” rocciosi, si salirà sul panoramico pianoro (708 m.) che, essendo dotato di una ringhiera di protezione dal precipizio, consentirà di affacciarsi per spaziare magnificamente sulla Locride e sull’azzurro dello Jonio. Ma, come di solito accade nel nostro meraviglioso territorio, anche quassù, che si potrebbe definire un inaccessibile “nido per aquile”, la bellezza si abbina alla storia, offrendo all’escursionista l’ennesima risorsa culturale, ovvero gli interessanti ruderi (ancora presenti sulla destra) della Chiesetta dei Santi Pietro e Paolo, aperta al culto nel lontano 4 Ottobre del 1753. Secondo l’insigne Prof. Domenico Minuto, l’impianto religioso era già preesistente nel secolo XII, in quanto, in documenti medioevali, i Tre Pizzi ed un loro Monastero dedicato a San Pietro, sono menzionati più volte. La stessa storia locale sostiene che, anticamente, il luogo sia stato dimora e rifugio di eremiti basiliani. Arricchiti anche da questa ulteriore conoscenza si ritornerà, dallo stesso percorso, sulla strada asfaltata per fare ritorno nella Piana.
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