Corriere Ortofrutticolo aprile 2020

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MENSILE DI

ECONOMIA

E AT T U A L I T À

DI

SETTORE

corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |

ANNO XXXIV Nuova serie Aprile 2020 Euro 6,00

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PROTAGONISTI SERENA PITTELLA “Puntiamo di più sui valori dell’ortofrutta” PAG.43 EFFETTO VIRUS • PAG. 13 VENDITE SOTTOSOPRA Code ai supermercati mentre l’Italia si scopre regina europea dell’e-food

PRIMO PIANO• PAG. 51 IMBALLAGGI Sempre più prodotto confezionato e vola il packaging, soprattutto se attento alla sostenibilità

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GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR





Dàgli alle imprese Nei primissimi giorni dell’emergenza Covid-19 abbiamo lanciato sul nostro sito la campagna “Comprate più italiano: la GDO ci sta?”. Era il 10 marzo e l’Italia stava entrando in quarantena. Adesso ci stiamo avviando verso la Fase 2 faticosamente e in una grande confusione istituzionale, ma è giusto qui ricordare che le imprese produttive e commerciali dell’ortofrutta non hanno mai chiuso, hanno continuato a lavorare, a rifornire i Mercati generali, i negozianti al dettaglio, i mercati rionali, le piattaforme delle catene della GDO. Non hanno mai chiuso, come non hanno mai chiuso i Mercati generali, che hanno dimostrato di esserci, eccome. Anche le catene della GDO non hanno mai chiuso, anzi hanno goduto di un boom di vendite di ortofrutta (in particolare confezionata e bio) che da un lato ha fatto bene ai loro bilanci e insieme ha fornito un contributo importante alla normalità della nostra vita di tutti i giorni. Un ruolo importante, importantissimo. Per questo abbiamo chiesto alle principali catene di battere un colpo, di dare un segnale positivo a favore delle produzioni italiane, per sostenere lo sforzo delle imprese produttive e commerciali. La nostra campagna, bisogna dirlo, è andata oltre le attese. Tutte le principali catene hanno risposto (vedere l’elenco qui sotto) dichiarandosi a favore delle produzioni italiane, impegnandosi anche per un contenimento dei prezzi (che in alcuni casi sono stati anche bloccati), prezzi che invece si stavano surriscaldando nei piccoli negozi al dettaglio (pure loro sballottati nel caos di chiusure, aperture, norme di sicurezza, ordinanze di Regioni, Comuni, ecc). Parlando di prezzi dell’ortofrutta, non è mancato il solito teatrino durante l’emergenza. Coldiretti (forse incautamente) ha parlato di prezzi al consumo “40 volte l’inflazione” (che alcuni giornali hanno equivocato in “prezzi aumentati del 40%”); ha replicato Pallottini, n.1 di Italmercati, che non c’era nessun allarmismo, stando ai prezzi all’ingrosso. Poi le catene della GDO, chi più chi meno, hanno tenuto i prezzi calmierati, recuperando marginalità sui volumi venduti (in deciso aumento). La riscoperta del negozio di prossimità (magari gestito da extracomunitari) o del mercatino rionale è stato un fatto positivo ma è proprio qui che i prezzi dell’ortofrutta sono schizzati. Chi ha ragione? Nel teatrino italiano, tutti e nessuno. Abbiamo vissuto momenti di grande tensione, di economia quasi di guerra, tutti hanno avuto i loro problemi e ognuno si è arrangiato come ha potuto per sbarcare il lunario. D’altronde queste polemiche lasciano, come sempre, il tempo che trovano (ricordate i frullati d’aria fritta sulle zucchine d’oro in pieno inver-

✍ Lorenzo Frassoldati

Aprile 2020

no?). E’ più importante capire cosa succederà adesso, come conviveremo col virus, il che significa convivere con la crisi che durerà ancora per molti mesi. Capire come ne usciremo, certamente più poveri (PIL in caduta libera tra -6 e -10%), quindi con meno consumi, meno volumi, prezzi in caduta libera o comunque in preda ad un mercato schizofrenico (come ha denunciato l’amico Giacomo Suglia di Fruitimprese) mentre sono certi, certissimi gli aumenti dei costi così come è certo il minor potere di acquisto dei consumatori, mentre i prestiti del DL Liquidità sono in balìa delle banche e della burocrazia per cui le aziende agricole e commerciali dell’ortofrutta vivono nell’incertezza e nella confusione. Sul nostro Corriere on line ci siamo sforzati di seguire (e continueremo a farlo) queste settimane di quarantena/lockdown attraverso gli interventi dei nostri esperti di economia e di food strategy come il prof. Giacomini o Claudio Scalise. Rimando alle loro analisi, puntuali e ben argomentate (le trovate sul nostro sito) su temi come l’e-commerce e le nuove tendenze del mercato. Dove atterrerà dopo la crisi il sistema Ortofrutta Italia, dove si fermerà la sua resilienza? Qui ci vorrebbe davvero la sfera di cristallo. Certo che tante cose cambieranno, e non necessariamente in

EDITORIALE

CORRIERE ORTOFRUTTICOLO

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“Comprate più italiano” Successo della campagna Il 10 marzo, in un momento drammatico per il nostro Paese, il direttore Lorenzo Frassoldati lancia un appello alla grande distribuzione affinché sostenga la produzione italiana. La campagna ha un nome: "Comprate più italiano”. La risposta supera le aspettative. L’appello è raccolto con convinzione e concretezza; da parte di qualcuno persino con trasporto. Rispondono all’appello le seguenti insegne attraverso i responsabili acquisti ortofrutta: Aldi, Basko-Sogegross, Carrefour, Cedi Gros, Cedi Marche, Conad Bologna, Conad Adriatico, Conad Sicilia, Coop Alleanza 3.0, Despar Nord Est, Gabrielli, Gruppo Selex, Lidl, Maiora, Metro, Pam Panorama, Realco, Sait, Unicoop Tirreno. La cosa più importante: alle parole sono seguiti i fatti, come tanti produttori italiani di ortofrutta hanno potuto verificare. Hanno condiviso l’appello personaggi come Paolo Bruni, presidente di CSO Italy, Felice Poli, presidente di UNAPROA, e tanti altri. Pensiamo di avere fatto qualcosa di utile. Grazie a tutti!

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ANNO XXXIV Nuova serie Aprile 2020

3 GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR

Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 - 37135 Verona Tel. 045.8352317 redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Duccio Caccioni, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore) Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 - 37135 Verona redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Chiusura in redazione il 28.04.2020 Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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EFFETTO VIRUS. La spesa per l’e-food è la più alta d’Europa

RUBRICHE EDITORIALE Dàgli alle imprese

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NOTIZIARIO

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ATTUALITÀ EFFETTO CORNONAVIRUS

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La corsa alla manodopera

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La bozza di decreto sulle OP

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meglio. Abbiamo capito che siamo un Paese ammalato di burocrazia, di mala-burocrazia, questo è il virus che non riusciamo ad estirpare. Chiunque dica di voler eliminare la burocrazia mente sapendo di mentire, o non sa quello che dice. Perché comandano gli apparati non i politici. La politica è debole, paralizzata dall’indecisionismo, dalla carenza di leadership, da una campagna elettorale permanente. Sono i burocrati che decidono, che scrivono le leggi, le ordinanze, i DPCM (e si vedono i risultati). Nel Paesemanicomio è impossibile capire chi comanda (il Governo? le Regioni? i Comuni?). Le norme nascono da un mix micidiale e devastante di burocrazia e di confuso sentimento anti-impresa (il contagio da Covid19 assimilato a infortunio sul lavoro!). Ci sono 15 task force al lavoro per quasi 500 esperti. Manca quella per l’agroalimentare, e forse è un bene perché servirebbero altre centinaia di incarichi visto il moltiplicarsi delle rappresentanze. Mentre gli altri Paesi facevano arrivare la manodopera stagionale con ponti aerei, noi ci siamo bloccati davanti a logori pregiudizi vetero-sindacali. Ultima riflessione: il mondo del vino si sta preoccupando di limitare la produzione Aprile 2020

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PAG. 13

La mazzata delle gelate

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FOCUS FRAGOLE

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FOCUS PICCOLI FRUTTI

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Copertina - Protagonisti SERENA PITTELLA Dobbiamo crederci di più

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PRIMO PIANO IMBALLAGGI

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con misure nazionali e comunitarie (distillazione, vendemmia verde, ecc) perché i consumi (e l’export) caleranno. L’ortofrutta che fa? Ci sarebbe bisogno di un progetto strategico condiviso perché, come noto, la produzione italiana è largamente eccedentaria rispetto ai consumi e c’è il rischio di ritrovarsi con una guerra tra poveri sui prezzi all’origine, in uno scenario prossimo venturo di forte calo dei redditi quindi calo dei consumi e pressione sui prodotti di maggior convenienza. Invece si naviga a vista, con gli attori sulla scena che procedono come sempre in ordine sparso . Per la ripresa servirebbe uno scatto nuovo , come nel secondo Dopoguerra; non ci si può limitare solo ad aspettare l’elemosina dello Stato, sotto forma di bonus o reddito di cittadinanza/emergenza. Può essere una occasione per ripartire , per ridare alla nostra ortofrutta il ruolo di un bene pubblico da tutelare e valorizzare perché fa bene, fa ambiente, fa innovazione, fa economia-sviluppo-occupazione. Oppure può essere una tempesta perfetta che saremo costretti a subire e solo chi ha spalle larghe ce la farà. l.frassoldati@alice.it www.corriereortofrutticolo.it

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Apofruit affida un ruolo centrale alla gestione per category "Dal 2015 al 2019 il Gruppo Apofruit è cresciuto oltre il 50%, sia per volumi sia per fatturato, attraverso lo sviluppo di linee interne e acquisizioni esterne. Abbiamo ampliato la presenza geografica, ma anche il paniere dei prodotti ha subìto un processo di forte cambiamento. Diversi progetti il cui percorso è iniziato alcuni anni fa sono confluiti nel corso del 2019 in Apofruit, creando le condizioni per poterne razionalizzare la gestione. Credo che queste siano le giuste premesse da cui partire per affrontare il prossimo triennio con nuove strategie”. Questa la premessa del presidente Mirco Zanotti al Piano strategico 2020-22 del Gruppo Apofruit che intende “attuare un percorso di razionalizzazione e organizzazione, tenendo conto della necessaria flessibilità necessaria a rispondere ai mercati in un contesto produttivo diventato più complicato a causa dei cambiamenti climatici e presenza di nuove avversità". Apofruit ha sviluppato il biologico, oltre a una produzione integrata sulle superfici di fragole, kiwi giallo, mele a club, delineando progetti per lo sviluppo di piccoli frutti e frutta secca, in modo particolare il mandorlo. Al contempo in alcuni territori si è registrato un ridimensionamento

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delle produzioni estive. Proprio sulla risposta flessibile a mercati che mutano rapidamente è stato costruito il nocciolo del Piano. Lo spiega il direttore generale Ilenio Bastoni: “Abbiamo deciso di implementare un’impostazione per category, strutturando un gruppo di figure di riferimento in grado di avere, in ogni fase della filiera, una fotografia puntuale e precisa della produzione”. L’organizzazione per category prevede di individuare all’interno dei diversi settori di Apofruit commerciale, tecnico e gruppo operativo di magazzino - precise figure come punti di riferimento con l’obiettivo di ottimizzare i risultati della programmazione, della gestione e valorizzazione dei singoli prodotti. Questo gruppo di figure è chiamato a fare un lavoro preparatorio molto importante per avere un preciso quadro preventivo della produzione, comunicare alla base agricola gli obiettivi e organizzare i magazzini in un’ottica di massima flessibilità, prendendo, quando necessario, decisioni su chiusura o meno dei magazzini, razionalizzando così anche l’aspetto economico con contenimento dei costi. Oltre a occuparsi del lavoro preparatorio, il Gruppo Category sarà punto di riferimento quotidiano durante le campagne di raccolta e al termine si occuperà di fornire un’analisi consuntiva per comprendere ed evidenziare le criticità incontrate. Altra linea di intervento del nuovo Piano è quella relativa all'introduzione di maggiore informatizzazione e automazione di alcuni processi quali

contabilità industriale, gestione delle giacenze di magazzino ed altro. “Nel piano strategico triennale precisa Bastoni - investimenti saranno indirizzati all’innovazione del packaging in linea con le richieste del mercato e con un occhio rivolto all’eco-sostenibilità”. il Gruppo cercherà di sostenere le produzioni estive, soprattutto le varietà che potranno avere nuovamente interesse e sviluppo sul mercato.

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Richiesta sostenuta per le mele: giù le giacenze di magazzino Il 14 aprile il Comitato Marketing di Assomela ha esaminato le giacenze italiane all’inizio del mese e le dinamiche del mercato. Sulla scia di quanto accaduto nei mesi passati, le vendite del mese di marzo, certamente influenzate anche dagli effetti del Covid-19 sugli acquisti, in special modo di quelli italiani ed europei, sono state sostenute, superiori alle 224 mila tonnellate. Le giacenze hanno così raggiunto al 1° di aprile le 556.714 tonnellate, quota del 18% inferiore alla media delle stagioni precedenti (escludendo l’aprile 2018, su cui ha influito la scarsità di produzione nel 2017). Il trend positivo di vendita si registra per tutte le varietà. Per la Golden, che fa registrare buone vendite nel mese di marzo, la giacenza, di 314 mila tons, è del 18% inferiore alla media degli anni

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NOTIZIARIO

precedenti. Le vendite di Gala in febbraio sono state molto consistenti, superando le 31 mila tons. Stessa situazione per la Red Delicious con uno stock del 23% inferiore rispetto alle scorse stagioni. Anche per la Granny Smith le vendite sono state fluide ed al 1° di aprile si registrano giacenze più basse di sempre, di poco superiori alle 27 mila tons. Buona prestazione anche per la varietà Fuji, con stock inferiori alle 40 mila tons. Per tutte le altre cultivar, tra cui in modo particolare le varietà club, i piani di decumulo procedono così come impostati all’inizio della stagione commerciale. Al momento si confermano buone prospettive per il prosieguo della stagione, sia in termini di vendita che di quotazioni. Ottime prestazioni si registrano per il trasformato, in modo particolare per i succhi di frutta. In Europa gli iniziali problemi logistici sembrano essere superati, mentre qualche problema residuo, ma in via di risoluzione, rimane per alcune destinazioni extra UE.

Kiwi /1 Jingold lancia la nuova varietà Jingold Plus L’impegno di Jingold continua, seppur nel complicato contesto attuale. L’azienda romagnola ha infatti lanciato una nuova varietà, di cui Jingold detiene l’esclusiva, venduta a marchio Jingold Plus. Si tratta di un kiwi a polpa verde ma molto diverso dalla comune varietà Hayward. La varietà in questione mantiene infatti un sapore molto dolce e delicato pur possedendo ben il doppio della vitamina C normalmente contenuta in un kiwi verde (il che significa ben 4 volte quella contenuta in un’arancia). Questo aspetto è stato subito apprezzato dai consumatori, specie da coloro che a maggior ragione in questo

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periodo intendono aumentare le difese immunitarie senza ricorrere ad integratori, attraverso un prodotto del tutto naturale e gustoso. Altro punto di Jingold Plus è sicuramente - avverte l’azienda - il packaging, attrattivo e realizzato in sola carta, dunque 100% ecosostenibile.

Kiwi / 2 La stagione di Zespri parte da SunGold Tutto pronto per l’inizio della nuova stagione neozelandese del kiwi Zespr in Europa perché la prima nave, la Crown Topaz, che trasporta oltre 1.253 milioni di trays di SunGold™ Kiwifruit, ha attraccato il 20 aprile al porto belga di Zeebrugge. Per il kiwi verde si prevede di dare il via alla stagione dalla 20esima settimana. “Prevediamo di fornire circa 55 milioni di trays del nostro kiwi Zespri premium in tutta Europa. Le nostre ultime stime mostrano, per quest’anno, una fornitura di 20 milioni di trays di SunGold™ e circa 35 milioni di trays Green”, annunciano i responsabili di Zespri. Nei prossimi mesi sono attese 25 navi a Zeebrugge. Le prime tre saranno navi frigo e le successive 22

porta-container. Oltre a quelle dirette a Zeebrugge, sono previste circa 11 navi tra il porto ligure di Vado e quello spagnolo di Tarragona. Nele Moorthamers, acting general manager per l’Europa di Zespri, afferma che “mentre si sta combattendo il Covid-19, tutti i porti europei funzionano bene. Continueremo a monitorare da vicino la situazione e adotteremo un approccio precauzionale. La sicurezza delle persone e dei frutti rimane la nostra priorità”. Il raccolto ha beneficiato di un clima mite e di una eccellente impollinazione. Per questo si prevede una stagione speciale con una pack house completamente rinnovata a Zeebrugge. Ci sono stati alcuni ritardi dovuti al COVID19, ma sono attive tutte le infrastrutture dello scorso anno per iniziare la stagione e l’obiettivo è di essere pienamente operativi nel nuovo deposito entro la metà di maggio. Un nuovo marchio, con la tag line globale “Make your healthy irresistible”, verrà progressivamente implementato sulle confezioni Zespri che saranno sugli scaffali da maggio in poi.

Arancia rossa: stagione super. Rosaria cresce anche all'estero Peccato non ci sia stato più prodotto in campagna, sarebbe stato un anno eccezionale. OP Rosaria sta terminando la raccolta da parte delle aziende agricole associate e conferitrici, e chiude la commercializzazione della produzione 2019-20 delle sue arance con circa un mese di anticipo per effetto di tre settimane di richieste eccezionali, anche tre volte più alte della media del periodo. Pure i prezzi di vendita sono stati sostenuti mentre si registra una crescita del 30% delle vendite all’estero. Aprile 2020


“Davanti alle difficoltà che ci sono state e ci sono - afferma il presidente della OP Aurelio Pannitteri - tutta la filiera ha saputo rispondere e risponde a questa emergenza sanitaria nazionale nella maniera migliore. In campagna le operazioni di raccolta sono andate avanti regolarmente, i dipendenti, i trasportatori, tutti hanno fatto fronte alla situazione, con le misure di precauzione del caso, e meritano un plauso. Lo sforzo richiesto dalla GDO nell’ultimo periodo è stato eccezionale. Evidentemente abbiamo in mano un prodotto, come Arancia Rosaria, che esprime salubrità e sicurezza e il consumatore lo premia specie in periodi di emergenza come quello che stiamo disgraziatamente attraversando e che ha colpito in modo particolare e drammatico il nostro Paese”. “All’estero con la nostra arancia rossa – precisa il presidente Pannitteri – abbiamo sfondato abbondantemente i quantitativi preventivati. Un aumento del 30% dell’export soprattutto verso i mercati scandinavi ha richiesto l’organizzazione di spedizioni con volumi non indifferenti. Da una parte ha influito la generale reazione dei mercati europei alla pandemia in atto, ma dall’altra va sottolineato che l’arancia rossa siciliana sta acquisendo una considerazione sempre maggiore nei mercati nordici rispetto agli agrumi di altre provenienze ed è un dato che si potrà rafforzare anche in stagioni più normali.” Aprile 2020

Nella campagna che si sta ultimando il marchio Rosaria si è presentato per la prima volta con tre categorie di prodotto: affiancando all’Arancia Rossa Rosaria, la Rosaria Arancia Bio e l’Arancia Bionda Rosaria, una segmentazione dell’offerta dalla quale l’OP si aspetta risultati di crescita per il prossimo futuro, soprattutto in abbinamento al rinnovamento varietale in corso, in grado di allungare la stagione, in condizioni normali, fino a otto mesi. “In 14 anni di presenza sul mercato – conclude Aurelio Pannitteri – Rosaria ha portato il Tarocco siciliano alla sua massima espressione. E’ tempo di gettare le basi del futuro. In questa direzione stiamo operando a vari livelli e pensando all’organizzazione, non appena le condizioni generali lo permetteranno, di un momento di incontro e di riflessione ma anche di celebrazione dei 15 anni del nostro marchio”.

Bellanova firma il decreto sulle rotazioni nel biologico Teresa Bellanova ha firmato a metà aprile, dopo il via libera dalla Conferenza Stato-Regioni, il Decreto Rotazioni, provvedimento atteso dalle aziende impegnate nell’agricoltura biologica, che punta a fare chiarezza su uno degli aspetti centrali del metodo

biologico, quello degli avvicendamenti colturali. “Abbiamo accelerato l’emanazione del decreto, nonostante la complessità del tema, per dare le giuste certezze agli agricoltori che devono pianificare la propria attività”, ha precisato la ministra Bellanova, aggiungendo: “Ci siamo dotati di norme chiare e trasparenti a livello nazionale in materia di rotazioni in agricoltura biologica, fornendo ulteriori garanzie ai consumatori che fino ad oggi hanno costantemente premiato il biologico italiano. Un settore che negli ultimi anni ha fatto registrare una costante crescita, come testimonia l’incremento dei terreni destinati a queste coltivazioni, e che rende il nostro Paese leader europeo per numero di operatori biologici. Adesso, e proprio per questo abbiamo prorogato al 31 maggio i termini di partecipazione ai bandi per le mense biologiche, dobbiamo fare di tutto perché l’emergenza sanitaria in corso non metta a repentaglio i successi raggiunti. E approvare presto la legge sul biologico”. L’agricoltura biologica coinvolge in Italia 79 mila imprese. Il numero degli operatori del settore è cresciuto dal 2010 di oltre il 65%. In 5 anni (2014-18) i consumi sono cresciuti del 102%.

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Despar sale nella top 10 della distribuzione italiana Despar Italia ha presentato i risultati 2019 che confermano i trend positivi registrati negli ultimi anni posizionando stabilmente l’insegna tra le prime dieci nel panorama della distribuzione italiana. Con un fatturato di vendita al pubblico di 3 miliardi 615 milioni di euro, il Consorzio è cresciuto del 3% rispetto all’esercizio precedente. Con l’ingresso a partire dal 1° gennaio 2020 del Gruppo 3 A nel www.corriereortofrutticolo.it

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qualità dei nostri prodotti, investendo in particolare sulle linee salutistiche e sulla riduzione delle quantità di sale, zuccheri e grassi nelle referenze a marchio Despar”, dichiara Lucio Fochesato (nella foto), direttore generale di Despar Italia. Consorzio, ai 1.240 punti vendita operativi del 2019, tra diretti ed affiliati, si sono aggiunti ulteriori 149 esercizi. Despar, attraverso questa operazione, è oggi presente anche in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Dal punto di vista dello sviluppo della rete, nel 2019 le società del Consorzio hanno investito complessivamente oltre 95 milioni di euro, impiegati prevalentemente per l’apertura di nuovi punti vendita e per interventi di ristrutturazione. A fine 2019 il personale impiegato dalle sei aziende del Consorzio ammontava a 13 mila collaboratori, considerando punti vendita, sedi e piattaforme logistiche. Per quanto riguarda le stime per l’anno in corso, è evidente che l’attuale stato emergenziale causato dall’epidemia ha modificato drasticamente gli scenari, condizionando i protagonisti della distribuzione nella revisione delle proprie strategie. In questa direzione, Despar si è attivata immediatamente sia per accrescere la propria rapidità nel reagire ai cambiamenti, alcuni dei quali diventeranno strutturali come per esempio il ricorso alla spesa on line, sia per tutelare il potere d’acquisto dei consumatori. Saranno consolidate nell’anno in corso le partnership di lungo periodo con produttori italiani, che già rappresentano oltre il 98% dei fornitori. “Le nostre strategie future si orienteranno su alcuni principi strategici, il primo dei quali è certamente relativo alla sicurezza che sarà un fattore sempre più decisivo che orienterà le scelte dei consumatori. Accanto a questo continueremo a puntare sulla Aprile 2020

Roberto Lion nuovo direttore del Mercato di Milano Roberto Lion è dal 2 aprile il direttore generale di SOGEMI, la società che gestisce il Mercato Agroalimentare di Milano, dopo Expo 2015 battezzato Foody. Il manager, classe 1965 e una laurea in Economia aziendale conseguita all’Università Ca’ Foscari di Venezia, era alla guida di HDS (Holding Dei Sapori). Dal 2006 ad oggi ha ricoperto diversi ruoli nella direzione e gestione di società nel mondo alimentare. E’ stato consigliere d’amministrazione di ICA Foods, direttore generale del Gruppo Pellegrini e general manager Galbani nel gruppo Lactalis. Roberto Lion affianca il presidente Ferrero nel piano di sviluppo della società con l’obiettivo di portare il Mercato di Milano a rappresentare uno dei più importanti hub agroalimentari europei in grado di competere con i mercati di Parigi, Madrid e Barcellona (e cercando magari una buona collaborazione con il CAR di Roma e la rete Italmercati di cui già fa parte). Il piano di sviluppo prevede nel prossimo triennio un investimento di oltre 100 milioni di euro, finalizzato alla riqualificazione dell’infrastruttura mercatale, e una significativa crescita del volume d’affari. La competenza ed esperienza di Lion sono viste in SOGEMI come un tassello fondamentale del rafforzamento organizzativo.

Nuova edizione aggiornata di Italian Apples

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L'editoriale del Corriere Ortofrutticolo rilancia, dopo il successo del 2016-17, Italian Apples, pubblicazione in inglese dedicata alla mela italiana e rivolta ai buyer esteri. A 4 anni dalla prima edizione le situazioni aziendali, di produzione e di mercato sono cambiate e meritano una rinnovata e approfondita attenzione. La seconda edizione di Italian Apples presenterà un’analisi aggiornata della melicoltura italiana, con dati sulla produzione, le varietà, i territori di produzione, i canali di vendita, i mercati di sbocco, i consumi. Una sezione a parte costituisce un vero e proprio repertorio delle aziende italiane di riferimento. La versione digitale di Italian Apples sarà disponibile a partire da metà ottobre e avrà una prima distribuzione in PDF a 2.000 indirizzi e-mail di importatori e distributori internazionali in Europa e nel mondo, comprese le maggiori insegne della distribuzione europea, asiatica e latino-americana. La versione cartacea sarà distribuita alle fiere autunnali se confermate. E’ prevista la distribuzione a Fruit Logistica 2021.

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PRIMO PIANO P

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EMERGENZA CORONAVIRUS

Code ai supermercati e la spesa per l’e-food è la più alta d’Europa “E’ triste constatare che ci sia voluto un dramma come questo perché la gente si accorgesse di noi, del ruolo che svolgiamo per la società e per l’economia. Lo dico senza retorica, nell’emergenza abbiamo dimostrato di essere un settore forte, responsabile e bene organizzato e di svolgere un servizio indispensabile”. Così Marco Salvi, presidente di Fruitimprese. Un settore allenato, del resto, a fare fronte con la sua filiera da una parte, a livello produttivo, alle bizze di una natura sempre più stressata dal cambiamenti climatico, e dall’altra, a livello commerciale, a confezionare, vendere, spedire e distribuire nel più breve tempo possibile un prodotto fresco o freschissimo, quindi quasi sempre altamente deperibile, era in grado di dare una risposta efficiente e lo ha fatto. Un servizio indispensabile certo, ma anche difficile, che richiede specializzazione e professionalità per fare arrivare sulle tavole degli italiani un prodotto controllato, buono, sano. Quando Aprile 2020

Gli effetti della pandemia sui consumi premiano la maggior parte delle categorie dell’ortofrutta. Penalizzati la IV Gamma e i prodotti ad alta deperibilità. Salvi: ‘Nel dramma la gente si è accorta di noi’

Mascherina e guanti, dotazioni obbligatorie per la spesa al supermercato

il consumatore si porta l’ortofrutta a casa non sa tutto il lavoro che c’è dietro. Forse questa tragica crisi è servita a farlo capire a quanti - e sono ancora troppi tra i decisori - guardano all’agricoltu-

ra e al settore ortofrutta con sufficienza. Rispetto alla situazione di metà marzo, descritta sul numero precedente di questa rivista, le tenwww.corriereortofrutticolo.it

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EMERGENZA CORONAVIRUS

P PRIMO PIANO

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Come cambierà il mercato per imprese e consumatori Alcune linee guida per prepararsi al post­Coronavirus di Claudio Scalise * Dopo i momenti più critici della pandemia, si inizia con prudenza a prefigurare un progressivo ritorno alla “normalità”. Non si conoscono ancora date precise per riprendere a muoversi “liberamente”, ma possiamo già dire che non tutto sarà come prima. Alcuni cambiamenti nel comportamento di acquisto e nelle scelte di consumo rimarranno presenti e caratterizzeranno il mercato dell’ortofrutta per i prossimi anni. Diviene dunque opportuno cominciare a ragionare su questi mutamenti per capire come le aziende potranno affrontare correttamente il mercato. Cosa caratterizzerà il comportamento del consumatore, quali fattori condizioneranno le sue scelte di acquisto? A questa domanda, come SGMARKETING, abbiamo cominciato a dare delle risposte, che a nostro avviso potranno offrire agli operatori prime linee guida per affrontare il prossimo futuro. Innanzitutto, va considerato il fatto che, purtroppo, l’area della popolazione che ridurrà il proprio potere di acquisto si allargherà ulteriormente. Il Paese sarà fortemente impoverito dalla pandemia, si parla di una riduzione del PIL di circa il 9% nel 2020: interi comparti produttivi fondamentali per l’Italia, come il turismo e l’Ho.Re.Ca., sono in ginocchio e questo aggraverà l’incertezza sul futuro. In termini di comportamento di acquisto, lo scenario delineato, si tradurrà in una maggiore richiesta di convenienza verso i prodotti alimentari, ortofrutta inclusa. Sarà dunque verosimile che la pressione della GDO crescerà e che le marche del distributore cercheranno di farsi portatrici di questo concetto nei confronti del consumatore. Le imprese della produzione, i brand dell’ortofrutta, se non vorranno essere ulteriormente schiacciati, dovranno porsi il tema di proporre esse stesse, riprogettando la propria offerta e la propria comunicazione, soluzioni al consumatore. Un secondo tema che rappresenterà un cambiamento nel consumatore è rappresentato dalla richiesta di rassicurazione circa la sicurezza alimentare. In questo ambito trovano la propria motivazione di acquisto diverse tipologie di prodotti. Assisteremo ad una rinnovata attenzione per i prodotti del territorio e l’origine italiana. Maggiore apertura di credito verrà riservata ai prodotti a filiera controllata e/o residuo zero. A questa motivazione si rifà lo spostamento di acquisto dallo sfuso al confezionato. Questo elemento per un insieme di motivazioni sarà

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uno dei mutamenti più strutturali nell’offerta della GDO dei prossimi anni. Qui, il fattore di rassicurazione è legato al fatto che il prodotto confezionato all’origine non può essere manipolato sul punto vendita dai clienti e, quindi, viene preservato da possibili contaminazioni. Un terzo ambito, anch’esso già presente, ma che subirà un ampliamento importante nelle scelte di acquisto, sarà quello legato al salutismo. Basti pensare alle vendite che si sono registrate in queste settimane di alcuni prodotti con un vissuto di questo tipo: arance rosse, limoni, kiwi, ecc. Quest’area verrà declinata dal biologico, ai prodotti “nutraceutici” o presunti tali: prodotti ad alto contenuto di vitamina C, antiossidanti, ecc. Tutti questi elementi avranno valore se verranno comunicati adeguatamente. Questa considerazione introduce il quarto elemento, che rappresenta sicuramente un’occasione di valorizzazione dei prodotti da parte delle imprese italiane. Per poter costruire un rapporto di valore, in particolare, i brand e le imprese che vorranno avere un ruolo da protagonisti dovranno comunicare i benefit legati al consumo dei propri prodotti. Il consumatore dovrà sentire la cura, l’attenzione posta dai produttori nel dare risposte alle proprie esigenze di consumo e nel rassicurarlo che con il proprio prodotto queste potranno essere soddisfatte. Bisognerà sviluppare una nuova modalità di comunicazione che abbia al centro (finalmente!!) il consumatore e le sue richieste e che ponga il brand come il soggetto che propone la soluzione alle sue incertezze. Una comunicazione in cui l’”effetto comunità”, cioè la capacità di costruire un rapporto alla pari tra esseri umani ed impresa, sia opportunamente enfatizzato. Questa strategia di comunicazione deve essere declinata in modo differente dal passato. Sarà necessario oltre alla declinazione ‘on pack’, prevedere un uso mirato e corretto dei social. La comunicazione digitale costituirà la strategia più adeguata per coinvolgere e costruire comunità di persone che si ritrovano intorno ai valori ed alle risposte proposte dai brand. Questo è il terreno proprio di comunicazione dell’impresa, che solo il produttore può garantire in modo autentico al proprio cliente e, quindi, potrà costituire la strada per preservare il valore del proprio prodotto nel mercato. *SGMARKETING Comitato di indirizzo del Corriere Ortofrutticolo

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PRIMO PIANO P

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Super-lavoro per i rider. Le consegne a domicilio sono “impazzite”

performance delle patate che, grazie a shelf-life lunga e prezzo contenuto, sono state apprezzate nel periodo facendo registrare +31% nei volumi e +37% in valore. La frutta fresca con codice Ean ha segnano nel periodo un +16% in volume, trainata da agrumi, in particolare arance per le quali i volumi esitati sono stati superiori del 25% rispetto al 2019. Le mele, nello stesso rapporto, evidenziano volumi che crescono del 16% con incremento più che doppio (+35%) in valore causa prezzi in sostenuto rialzo. Per le prime due settimane di marzo ISMEA evidenzia un aumento della domanda estera (in Germania, Belgio, Svizzera, Austria, Polonia). Questo fenomeno ha reso più fluido il mercato di alcuni prodotti determinando, in qualche caso, un rialzo dei listini all’origine e all’ingrosso, ciò che è accaduto per arance e pomodori. A livello internazionale, la società di consulenza americana Oliver

La GDO ha aumentato gli approvvigionamenti nei Mercati all’ingrosso e sono cresciute le vendite nei negozi di vicinato a causa delle lunghe code che ancora spesso si verificano davanti ai supermercati

Wyman ha svolto un’indagine su nove Paesi colpiti dalla pandemia tra cui Italia, Francia, Spagna, Svizzera, Germania, Regno Unito e USA. Le misure imposte dai vari governi per contenere l’emergenza hanno costretto ovunque le famiglie a cambiare le proprie abitudini: la maggioranza degli intervistati ha ridotto la frequenza con cui fa la spesa, dato confermato anche dal campione italiano (56%). Allo stesso tempo, com’era immaginabile, le limitazioni al movimento dei cittadini hanno dato una forte spinta alla spesa online: in Italia il numero di persone che ordinano su internet è più che raddoppiato, tanto che la percentuale italiana di consumatori di e-food, regolari o per lo meno saltuari, è oggi la più elevata in Europa (39%). Questo probabilmente anche per evitare le difficoltà riscontrate da chi continua ad andare nel punto vendita fisico, come le lunghe code d’attesa e l’assenza dei prodotti cercati, segnalate rispettivamente dal 44% e dal 49% del campione italiano. Ma i problemi non mancano anche per chi acquista online, con ben il 50% dei partecipanti che lamenta la scarsità di finestre orarie per la consegna. Nonostante ciò, e sebbene il 47% delle famiglie italiane dichiarino che stanno sperimentando un calo del proprio reddito (seconda percentuale più alta dopo il 58% della Spagna), la spesa per gli aliwww.corriereortofrutticolo.it

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denze di fondo, dopo un mese, non sono cambiate. L’ortofrutta ha registrato buone performace per quasi tutte le categorie con vendite in quantità superiori alla media stagionale e a buoni prezzi. Hanno sofferto i prodotti più deperibili, non adatti a fare scorte, e sono entrati in crisi tutti i fornitori dei canali di vendita dell’horeca. D’altra parte, hanno registrato una crescita esponenziale le vendite in e-commerce con consegna a domicilio. "Come in tutte le guerre - hanno scritto sul Corriere della Sera Milena Gabanelli e Fabrizio Massaro - c’è chi lotta per la sopravvivenza e chi va a gonfie vele”. E’ successo anche per l’ortofrutta, anche se ci risultano più numerosi quelli che se proprio non vanno a gonfie mele certamente non se la passano male a fronte di un duro lavoro. Secondo dati Confcommercio, a marzo il comparto alimentare ha registrato un +9,6% di vendite rispetto al marzo 2019, perché le famiglie hanno mangiato di più a casa e hanno fatto scorte di cibo. I ricercatori di Prometeia prevedono per l’intero 2020 un +6,5% nei consumi per alimentari e bevande, ma anche che l’export sarà penalizzato dalla cancellazione delle fiere di settore e dalle difficoltà negli spostamenti, e ciò, insieme allo stop imposto a ristoranti, hotel e bar, porterà a un consuntivo di fine anno del settore di segno meno. Un’altra analisi interessante è arrivata da un rapporto di ISMEA. Secondo l’istituto, i Mercati all’ingrosso, dopo una fase di difficoltà, hanno ritrovato equilibrio per due fenomeni: la necessità di approvvigionarsi anche da parte della GDO e la ripresa delle vendite dei negozi di vicinato che hanno visto crescere il numero di clienti in considerazione delle lunghe file presso i supermercati. Ismea ha analizzato le vendite dal 17 febbraio al 15 marzo dei prodotti alimentari confezionati nella GDO. Il report conferma le difficoltà della IV Gamma e l’ottima

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EMERGENZA CORONAVIRUS

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Servirebbe più fiducia nel ruolo sociale delle imprese per entrare con qualche problema in meno nella Fase 2 di Antonio Felice Il sistema sanitario e il sistema economico: i due poli attorno ai quali si muovono le sfide cruciali poste dall’epidemia da Covid-19. Ben oltre il nostro stare a casa, che pure è importante, ma che da solo ci pone nelle condizioni di un progressivo e drammatico impoverimento. Vivi (forse) ma poveri, sempre più poveri. Il sistema sanitario italiano ha reagito in ritardo all’emergenza, ha mostrato i suoi eroismi (individuali) e le sue lacune (di sistema), ma mentre a livello ospedaliero, dopo un primo sbandamento, ha retto, a livello territoriale ha svelato tutta la sua terribile inadeguatezza. Se l’Italia ha avuto per settimane il tragico primato del maggior numero di morti al mondo da Covid-19 e la Germania ne ha avuti e ne ha così pochi, se l’Italia è chiusa in casa mentre in Germania si va a lavorare, se in Italia gli infettati muoiono a casa o, più spesso, arrivano in ospedale quando è ormai troppo tardi, la differenza sta nella medicina sul territorio: quella che ti dovrebbe dare il primo soccorso a casa se necessario, che ti dovrebbe fornire i primi materiali per far fronte all’emergenza, quella che non c’è. La medicina territoriale è stata ridotta in Italia, a causa di una politica sanitaria miope e sempre più priva di risorse, a un fatto burocratico, a un velo sottile, del tutto inadeguato a resistere a qualsivoglia emergenza, figuriamoci se in grado di tenere davanti allo tsunami del Coronavirus. Il dramma ha colpito i medici stessi: 116 morti al 14 aprile. E anche per alcuni di loro non c’è stata assistenza, non c’è stato accesso all’ospedale. Così per il dottor Edoardo Valli, che prima di morire aveva scritto su facebook: “Ho la febbre da 3 giorni ma non mi fanno il tampone anche se sono un medico”. Così per il dottor Giovanni Tommasino, medico di base che ha avuto il coraggio di assistere i suoi pazienti in piena emergenza, trasferito da un ospedale all’altro per tre volte prima di morire. Gli ambulatori dei medici di base, in quasi tutta Italia, sono rimasti per settimane senza il minimo di attrezzature, i medici stessi senza una mascherina; menti è in crescita, anche se indirizzata maggiormente verso prodotti di primo prezzo e pacchi famiglia, con una ricerca dei formati più economici. Ben il 38% degli italiani - secondo la stessa fonte ha cambiato supermercato, con il

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alcuni hanno chiuso. In Germania la medicina di base ha dato e dà invece un supporto alla prevenzione e alla prima cura dell’infezione e fa la differenza. Ora, facendo un passetto in avanti, si può pensare che questa medicina territoriale italiana possa aiutare il Paese a entrare nella fase 2? Sì, se si è completamente privi di realismo. La fase 2 significa varie cose ma innanzitutto una: tornare a lavorare, riaprire le aziende. Il ministero dell’Interno ha ben pensato di emettere qualche giorno fa una circolare per dare il via a ispezioni della Guardia di Finanza nelle aziende rimaste aperte. I finanzieri – come spiegano i giornali del 15 aprile – dovranno verificare la veridicità delle comunicazioni delle aziende riguardo l’inclusione nelle categorie autorizzate e l’esistenza della relazione economico-commerciale tra le attività d’impresa appartenenti alle varie filiere consentite. Giusto. Ma non è per caso che vinca, ancora una volta, una certa politica italiana (che non c’è in altri Paesi d’Europa) diffidente riguardo al ruolo sociale delle imprese? Il 14 aprile il professor Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ha detto una cosa su cui riflettere: alla fase 2 si può passare solo se si chiede alle aziende di farsi parte attiva nel reperimento dei materiali e nell’applicazione delle regole atti a permettere la ripresa delle attività produttive. Perché non si danno alle aziende incentivi per provvedere alle necessità dell’emergenza e poi si manda la GdF a controllare se le risorse derivate da quegli incentivi sono state incanalate in modo appropriato? Perché non si vuole superare il retaggio che ci viene dall’éra pre-caduta del muro di Berlino, di un sindacato che fatica a vedere il ruolo sociale delle imprese che in Germania è ampiamente riconosciuto? Forse è venuto il momento di un salto di mentalità, che non vuol dire sdoganare furbetti e disonesti ma premiare i virtuosi. Sarebbe il momento di compierlo, altrimenti non ci resta che aspettare il farmaco o meglio ancora il vaccino, il che significa aspettare fino a una data imprecisata, forse troppo per evitare gravi difficoltà alla nostra economia.

13% che dichiara di averlo fatto in maniera definitiva. Nordal Cavadini, partner retail & consumer goods di Oliver Wyman, ha commentato: "Cambiamenti così marcati nelle preferenze a livello di prodotto, di punto

vendita e addirittura di canale pongono una sfida inaudita per gli operatori del settore. Molto spesso il problema non è l’offerta, quanto piuttosto la domanda che rimane di settimana in settimana difficile da anticipare”. (a.f.) Aprile 2020


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La corsa alla manodopera Il settore ammortizzatore sociale Si calcola che a fine marzo mancasse quasi un milione di lavoratori agricoli stagionali per le campagne di raccolta primaverili nei principali Paesi agricoli dell’UE, oltre 350 mila solo in Italia. A causa delle regole imposte a causa del Coronavirus, i 200mila stagionali rumeni, polacchi, tunisini, marocchini e di molti altri Paesi che ogni anno contribuiscono ai raccolti primaverili francesi non avevano ancora potuto raggiungere il Paese e la FNSEA, la Coldiretti d’Oltralpe, era in allarme. Il ministro dell’agricoltura Didier Guillaume ha invitato quanti si erano ritrovati senza lavoro a causa delle restrizioni imposte dal Covid-19 ad “unirsi alla grande armata dell’agricoltura francese!”, quasi una chiamata alle armi. Il ministro dell’Agricoltura tedesco Julia Kloeckner ha proposto di impiegare come lavoratori stagionali in agricoltura i lavoratori del settore alberghiero e della ristorazione per colmare il vuoto di circa 300 mila unità lasciato dagli stagionali polacchi e rumeni che pesa anche sulla Spagna rimasta, ad esempio, senza i soliti 10 mila lavoratori stagionali marocchini impegnati nella raccolta fragole e ha cercato nella popolazione nazionale come coprire questi posti vacanti e quelli delle campagne successive. In Italia la ministra Teresa Bellanova è intervenuta per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne. La proroga, secondo la circolare del ministero degli Interni, dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile ai sensi dell’articolo 103 comma 2 del D.L. 18. Aprile 2020

Apprensione nella frutticoltura nazionale. A fine marzo mancavano all’appello oltre 350 mila lavoratori agricoli stagionali per le raccolte primaverili. Forti assenze tra gli stranieri

L’on. Paolo De Castro, e il presidente di CSO Italy Paolo Bruni

Con la limitazione alla circolazione delle persone tra un Paese e l’altro, resta tuttavia aperto il rischio che nelle campagne italiani manchi manodopera. Nel 2019 sono arrivati dall’estero nel nostro Paese circa 370 mila lavoratori regolari. Quest’anno si sono registrate, soprattutto in marzo e nella prima settimana di aprile, disdette degli impegni di lavoro da parte di decine di migliaia di lavoratori stranieri che di solito coprono il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore agricolo in generale. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 107.591 occupati, davanti a marocchini con 35.013 e indiani con 34.043, che precedono albanesi (32.264), senegalesi (14.165), polacchi (13.134), tunisini (13.106), bulgari (11.261), macedoni (10.428) e pakistani (10.272). Sono molti i distretti ortofrutticoli dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta di fragole e

asparagi nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva, delle mele, delle pere e dei kiwi in Piemonte, dei pomodori, dei broccoli, cavoli e finocchi in Puglia. La situazione è così commentata dal presidente di CSO Italy Paolo Bruni: "Indicativamente, secondo le stime più recenti, quasi un terzo degli operai agricoli in Italia è di provenienza straniera. A causa dell’emergenza sanitaria, la chiusura delle frontiere nei Paesi UE ed extra-UE ne ha ostacolato quest’anno fortemente l’arrivo. Oltre al lavoro nei campi c’è tutta la parte delle lavorazioni di frutta e ortaggi presso gli stabilimenti che impiegano un ingente numero di maestranze provenienti principalmente da Paesi come Romania, Albania e Polonia. Nella criticità generatasi dal Coronavirus, permettiamo all’agricoltura di rappresentare un grande ammortizzatore sociale in un periodo in cui molte persone sono costrette a perdere il lavoro in altri settori www.corriereortofrutticolo.it

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L’esempio della Francia, invito alle raccolte primaverili come se si trattasse di una chiamata alle armi di Corrado Giacomini * Per caso ho aperto il sito della Fédération Nationale des Syndicats d’Exploitants Agricoles (FNSEA), la più grande organizzazione professionale francese, e nella prima pagina del sito è apparso subito un grande riquadro nel quale appariva un altoparlante acceso da cui usciva un invito: "Mobilison-Nous pour sécuriser nos assiettes", e continuava: “La manodopera manca come non mai. E’ necessario mobilitarci per rispondere ai bisogni alimentari della popolazione”. La FNSEA invitava quindi gli agricoltori che avevano bisogno di manodopera e chi aveva buone braccia (nell’invito è scritto che non è necessario avere fatto il liceo!) e del tempo da dedicare al lavoro in campagna a iscriversi su una piattaforma, di cui veniva riportato il sito. Sorpreso da questa iniziativa, ho continuato a cercare e ho scoperto che, in realtà, era stata lanciata dal Ministero dell’Agricoltura il 26 marzo e, secondo il presidente del Sindacato dei “Jeunes Agriculteurs”, altra forte organizzazione francese, già al secondo giorno erano iscritti 100 mila volontari che, sempre secondo il Ministero, verranno impiegati in agricoltura secondo contratti regolari e mantenendo l’indennità di disoccupazione o altre contribuzioni sociali, qualora ne usufruissero. FNSEA stima un fabbisogno di manodopera per le prossime operazioni di raccolta attorno a 200 mila addetti. Non se l’obiettivo verrà raggiunto, perché anche l’agricoltura francese ha bisogno di manodopera straniera, ma certamente è una iniziativa innovativa da apprezzare nel frangente in cui ci troviamo. Si stima che in Italia il fabbisogno di manodopera si aggiri attorno a 350/400 mila operai, purtroppo a causa del Coronavirus abbiamo perso la manodopera che veniva tradizionalmente dai Paesi dell’Est o ad accedere alla cassa integrazione o al reddito di emergenza". Il 20 aprile gli europarlamentari Paolo De Castro ed Herbert Dorfmann hanno lanciato un appello: "C’è una soluzione per dare una risposta immediata alla mancanza di lavoratori stagionali nelle campagne italiane, garantendo la loro e la nostra sicurezza contro il diffondersi del coronavirus. E’ la ‘quarantena attiva’, che può contribuire a salvaguardare un quar-

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(Polonia, Romania, Bulgaria, ecc.) per le operazioni di raccolta, soprattutto, nelle regioni settentrionali. Per fortuna (sic!) nelle regioni meridionali abbiamo ancora i famosi ghetti (Borgo Mezzanone, Rosarno, ecc), che non fanno più notizia nemmeno se scoppia un nuovo incendio tra le baracche, come è successo a Borgo Mezzanone poche settimana fa, e perfino se c’è la minaccia di diventare in questi giorni dei pericolosissimi focolai di Coronavirus per i poveri disgraziati che ci vivono e per la popolazione circostante. Ma anche quella manodopera non basta. I sindacati dei lavoratori non vogliono che vengano reintrodotti i voucher, le organizzazioni professionali agricole li chiedono e propongono che venga ripreso l’uso di impiegare pensionati, cassintegrati, studenti, familiari e i beneficiari del “reddito di cittadinanza”, nell’ambito della politica attiva del lavoro di cui dovrebbe essere strumento. Il ministro Teresa Bellanova sta cercando di aprire “corridoi verdi” per far riprendere l’arrivo di manodopera dai Paesi dell’Est e di riattivare al più presto il decreto sui flussi migratori aumentando il numero previsto. Insomma non sappiamo come uscire da questo impasse. L’unica cosa positiva che ho sentito nel corso di una intervista al presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, è che quella organizzazione ha deciso di espellere gli associati che dovessero ricorrere al caporalato per far fronte alle necessità di manodopera. E’ la prima volta che lo sento da parte di una delle nostre organizzazioni professionali e d’altra parte se ci sono i caporali che lucrano sulle spalle di quei poveri disgraziati vuol dire che c’è anche chi ne approfitta. Sono i caporali, sono le aziende agricole, è la grande distribuzione? Qualcuno certamente ci guadagna. Ormai i tempi stanno per scadere, bisogna trovare una soluzione che permetta di “sécuriser nos assiettes”, come dicono i francesi. *Economista agrario

to del made in Italy e la sopravvivenza di molte aziende agricole ormai in ginocchio per la mancanza di manodopera. Il protocollo per la ‘quarantena attiva’ sta già dando buoni risultati e prevede che nei primi 14 giorni dal loro arrivo, ai lavoratori stranieri venga concesso di svolgere le attività agricole, purché obbligatoriamente separati dagli altri dipendenti per quanto riguarda gli alloggi, occupati (a eccezione

delle famiglie) per la metà della loro capienza, con l’obbligo di seguire norme igieniche rigorose. Sui campi, invece, i lavoratori devono essere ripartiti in squadre di lavoro costanti e ristrette in termini numerici, in modo che in caso di sospetto di contagio, il dipendente possa essere immediatamente isolato e segnalato al Servizio sanitario nazionale al pari di tutti i componenti della sua squadra”. Aprile 2020


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Giansanti: “Nei campi disoccupati e cassintegrati”

L’INTERVISTA. Lorenzo Frassoldati Presidente Giansanti, ai tempi del Coronavirus sull’ortofrutta si addensano sempre più emergenze. Partiamo dalla prima: la manodopera che non si trova alla vigilia delle grandi campagne di raccolta. Senza manodopera non c’è prodotto. Che dice Confagricoltura? “Noi per primi - risponde il presidente di Confagricoltura - abbiamo proposto alle ministre delle Politiche agricole e del Lavoro di facilitare il ricorso alla manodopera, dando da un lato la possibilità solo per questa fase emergenziale di impiegare persone che hanno perso il lavoro, cassintegrati o fruitori del reddito di cittadinanza, senza far perdere loro tali diritti acquisiti, garantendo condizioni sanitarie ottimali e l’inquadramento nell’ambito del contratto collettivo nazionale; dall’altro abbiamo proposto di poter utilizzare in campagna le persone che si trovano momentaneamente inoccupate a causa del blocco di molte attività produttive, individuando velocemente un percorso comune, all’interno dello stesso CCNL, volto a dare garanzie a tutti. "Confagricoltura, inoltre, prima tra le associazioni imprenditoriali agricole, si è attivata per fare incontrare domanda e offerta di lavoro attraverso AgriJob, la piattaforma on line che facilita l’incontro tra aziende agricole e lavoratori." L’export di ortofrutta prima o poi dovrà ripartire… già era in difficoltà prima (il 2019 un mezzo disastro) adesso poi con i principali mercati europei ed extra-UE in difficoltà, non ne parliamo. Se non riparte l’export, rischiamo di ritrovarci con una Aprile 2020

Il presidente di Confragricoltura chiede facilitazioni speciali

Massimiliano Giansanti, Confagricoltura

produzione 2-3 volte eccedentaria rispetto ai consumi interni. Che si fa? Da più parti si cominciano a chiedere ritiri straordinari di prodotto… "L’export è un aspetto cruciale: il nostro Paese si è sempre contraddistinto per un’innata vocazione all’esportazione, pertanto sono convinto che l’attuale situazione emergenziale che stiamo vivendo ha soltanto rallentato il processo e che quanto prima le nostre imprese potranno tornare ad essere protagoniste sui mercati internazionali puntando sull’eccellenza e la qualità indiscussa e riconosciuta dei nostri prodotti. "Di certo alcuni comparti potranno soffrire maggiormente rispetto ad altri, e in questo senso la possibilità di ricorrere ad eventuali forme di ritiro straordinario potrebbe indubbiamente essere di supporto per le imprese, ma questo genere di interventi - che noi stessi come Confagricoltura abbiamo richiesto alla Commissione di mettere in campo quanto prima - devono essere pensati e percepiti come misure temporanee e di emergenza, e non certo

come vie alternative al recupero delle nostre posizioni commerciali sui mercati esteri, che rimane l’unica via da perseguire con determinazione". Emergenza gelate e cimice. La cimice è un problema del 2019 e i soldi per i danni non si sono ancora visti, per le gelate il danno è sul 2020. Che si fa? "Calamità naturali e fitosanitarie sono purtroppo minacce costanti che mettono in evidenza l’estrema vulnerabilità del settore e purtroppo anche l’inadeguatezza degli strumenti di contrasto oggi disponibili: per i danni causati dalla cimice asiatica, nel 2019 abbiamo sì apprezzato il varo dei recenti provvedimenti comunitari, ma in tutta sincerità ci attendevamo interventi di ben diversa portata e coraggio. Sul piano nazionale il dilatarsi dei tempi per l’accesso agli indennizzi compensativi ci mette chiaramente in allarme e stiamo costantemente monitorando e sollecitando il rapido varo del decreto che consenta la presentazione delle domande, auspicando una gestione flessibile di scadenze e termini che mal si concilierebbero con questa fase di estrema restrizione degli spostamenti. L’esperienza di questi ultimi anni, se mai ve ne fosse stato bisogno, mette tuttavia in luce che le classiche misure compensative ex-post non possono essere una risposta efficace, né tempestiva, alle esigenze delle imprese che subiscono danni da calamità, rendendo non oltre differibile una profonda riflessione sul funzionamento del Fondo di Solidarietà Nazionale. "Allo stesso tempo, ciò che emerge è l’urgenza di orientare con determinazione le politiche di sostegno per il settore oggi disponibili, sviluppo rurale e OCM innanziwww.corriereortofrutticolo.it

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tutto, per agevolare le imprese nell’introduzione di strumenti di difesa attiva dalle calamità, a partire dalle coperture antigrandine, antibrina e dalle protezioni antinsetto, oltre che un potenziamento degli strumenti assicurativi". Soldi del DL sulla liquidità alle imprese: la Bellanova dice che arriveranno anche alle imprese agricole. Lei è tranquillo? “Innanzitutto esprimiamo apprezzamento per le parole di rassicurazione della ministra Bellanova. Certamente la reale efficacia delle misure dipenderà dalla semplificazione burocratica e dai tempi di erogazione. Occorre agire urgentemente anche per tutti i pagamenti in sospeso della Pubblica Amministrazione verso le imprese, a partire dalla PAC e dal PSR. La burocrazia rischia di diventare un ostacolo ancora maggiore in un momento in cui, al contrario, abbiamo assoluta necessità di semplificazione per favorire la ripresa”. Consumi interni di ortofrutta: da anni arrancano. Non si potrebbe fare di più? Forse si dovrà fare di più… "La pandemia Coronavirus deve segnare il punto di svolta per riorganizzare la filiera ortofrutticola italiana e migliorare la sua generale tenuta sui mercati. Pensiamo che siano necessari più interventi. Da un lato occorre incentivare e migliorare la promozione per stimolare i consumi interni. Recentemente, ad esempio,

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come Confagricoltura abbiamo sostenuto la richiesta di poter anticipare già ai primi di aprile la campagna di promozione per la fragola, che in un mese ha perso il 15,5% del valore del prezzo all’origine nei due principali distretti produttivi, la Basilicata e la Campania. "Le difficoltà attuali nelle esportazioni e la chiusura delle mense e dei ristoranti stanno causando gravi problemi al comparto, che ha costi di produzione costanti. Servono quindi operazioni ulteriori, che vadano a incidere sul consumatore finale. Anche la GDO può fare la propria parte, sostenendo maggiormente il prodotto italiano in questo periodo di generale difficoltà economica per le nostre imprese". Come Corriere Ortofrutticolo abbiamo sollevato recentemente il tema dell’efficienza delle OP, delle loro dimensioni. Tutti chiedono, auspicano, sollecitano più aggregazione: il 50% attuale non basta per mettere il settore al riparo da cicliche crisi strutturali e di mercato. Bisogna crescere ma come? Altrove funziona l’Interprofessione, ma da noi non è mai decollata… "Confagricoltura storicamente ha sempre sostenuto il rafforzamento del sistema aggregato nel settore ortofrutticolo e oggi, come in passato, crede nell’aggregazione e nel suo strumento attuativo, ovvero le OP quali imprese che svolgono un ruolo essenziale nel corretto funzionamento del mercato

e che si avvantaggerebbero maggiormente con un sistema normativo più snello e più aderente al mutevole contesto in cui operano (cambiamenti climatici, nuove fitopatie, etc..). Per questo riteniamo che innalzare ulteriormente il numero dei soci come requisito per il riconoscimento delle OP imponendo per decreto assetti organizzativi che non nascono dalle scelte dei produttori, non favorisca di per sé una migliore qualità dell’aggregazione. Confagricoltura ritiene che se viene salvaguardato il principio fissato dal regolamento, vale a dire che l’OP nasce per iniziativa dei produttori e indirizza correttamente le proprie azioni verso obiettivi chiari, verrà premiata dal mercato a prescindere dalla dimensione più o meno ampia della propria base associativa. Quel che conta è la dimensione economica e la capacità competitiva della “impresa aggregata OP”, che non deve essere subordinata al rispetto di parametri. E’ un cambiamento di passo che chiediamo alle istituzioni. L’Interprofessione? “Confagricoltura è in Ortofrutta Italia e ritiene che la composizione dell’OI ortofrutticola sia la composizione con le giuste rappresentanze. L’OI è un ottimo strumento con delle notevoli potenzialità, ma serve crederci un po’ di più e avere un po’ più di coraggio per operare scelte più concrete e vicine a ciò che il mercato e le imprese richiedono”.

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Bozza di decreto sulle OP abbassa il numero minimo di soci Ridurre ulteriormente il numero minimo di soci per costituire una OP? Si può fare. E’ questo il senso di una bozza di decreto elaborata in sede ministeriale e circolante tra gli addetti ai lavori a fine marzo (con l’avvertimento che “Il presente documento è stato predisposto dall’ufficio PIUE V e non rappresenta ancora la posizione ufficiale” del ministero) recante il titolo “Disposizioni nazionali in materia di riconoscimento e controllo delle organizzazioni di produttori ortofrutticoli e loro associazioni, di fondi di esercizio e programmi operativi”. Qual è la novità, certamente dirompente, contenuta al comma 2 dell’art.3 di questa bozza? Eccola: “In deroga al comma 1, il numero minimo di soci è fissato in 5 produttori per le OP riconosciute unicamente per funghi e per noci (codice NC 080231 e NC 080232) e per i prodotti di cui ai capitoli NC 09 e NC 12 e in 10 per le OP il cui VPC è costituito per almeno il 90% da prodotti di quarta gamma o prima gamma evoluta”. Quindi si propone di abbassare il numero minimo dei soci a 10 per IV Gamma o Prima Gamma evoluta. Che non sono propriamente comparti marginali o dove è difficile trovare produttori. Basti pensare alla definizione “prima gamma evoluta” che si presta a tantissime eccezioni, una definizione talmente elastica che si può prestare ad accogliere tantissime OP, il cui nuovo standard minimo sarebbe, appunto, quello dei 10 soci. La bozza sta circolando tra gli addetti ai lavori che faranno loro proposte, emendamenti, integrazioni in vista del nuovo DM che varrà a regolare l’attività delle OP in Italia per l’anno 2021. C’è da dire che la proposta assume i contorni di una deregulation che va “in direzione ostinata e contraria” a quello che è stato detto in Aprile 2020

Potrebbe ridursi a 5 e in taluni casi a 10 produttori. Il documento, circolato tra gli addetti ai lavori, ha sollevato perplessità. Ecco le posizioni delle Unioni nazionali Italia Ortofrutta e UNAPROA

I presidenti Gennaro Velardo, di Italia Ortofrutta, e Felice Poli, di UNAPROA

decine e decine di convegni e tavole rotonde, cioè che bisogna puntare a OP più grandi e più efficienti, anche se non sempre la dimensione va di pari passo con l’efficienza. Però scendere a 10 soci dà l’impressione di una sanatoria di salvataggio per qualche struttura di stampo familiare con scarsa propensione all’integrazione. Oggi l’aggregazione nel comparto ortofrutticolo sta attorno al 50% del mercato, lontana dai parametri giudicati ottimali dall’Europa (65%), ma indubbiamente cresciuta rispetto al 30-35% di una decina di anni fa. Funziona? Non funziona? Il dibattito è aperto. A questa notizia, data dal nostro direttore Lorenzo Frassoldati il 26 marzo sul Corriere Ortofrutticolo online, non sono mancate le reazioni dei massimi rappresentanti delle Unioni nazionali che raggruppano le OP. Il presidente di Italia Ortofrutta Unione Nazionale Gennaro Velardo si è così espresso: "Il tema dei parametri del riconoscimento delle OP torna ciclicamente all’attenzione del settore organizzato ortofrutticolo e del Ministero. Taluni sostengono che l’aumento dei parametri di riconoscimento sia una 'conditio sine qua non' per rafforzare le OP, il lo-

ro ruolo commerciale e le performance del sistema organizzato. Italia Ortofrutta tuttavia, a fronte di determinati dati e di esperienze oggettive riscontrate durante i suoi numerosi anni di attività in materia, ha maturato un’idea differente che ha preso forma dai seguenti presupposti: 1. abbiamo potuto osservare che tutte le OP, anche quelle particolarmente affermate, sono state riconosciute con i parametri minimi conformi alla normativa dell’epoca; 2. le OP spagnole, che nostro malgrado stanno ottenendo migliori risultati competitivi sul mercato, hanno parametri di riconoscimenti in linea o inferiori di quelli italiani; 3. abbiamo pertanto maturato l’idea che il successo delle Organizzazioni dei Produttori e del settore tutto non sia necessariamente legato ai parametri da raggiungere per ottenere il riconoscimento". "Partendo da questo assunto - sottolinea Velardo - dobbiamo anche considerare che il 50% del settore ortofrutticolo italiano non è organizzato e pertanto crediamo che non si debbano creare troppi ostacoli alla nascita di nuove OP. In conclusione crediamo quindi che gli attuali parametri di 15 produttori e di 4,5 milioni di euro di VPC www.corriereortofrutticolo.it

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Ma può una OP svolgere la sua funzione se non ha una dimensione adeguata al suo mercato di riferimento? di Corrado Giacomini * Mi sono interessato altre volte della dimensione delle OP, ma l’articolo “OP, una bozza di decreto riduce il numero minimo di soci” sul Corriere Ortofrutticolo online del 26 marzo, mi solletica di nuovo. Credo che tutti concordiamo che per imprese che trattano delle commodity, come è l’ortofrutta fresca nel 95% dei casi, la dimensione è un fattore di successo molto importante, perché permette di raggiungere economie di scala e di accrescere il potere contrattuale. La conseguenza è che ogni impresa, per essere competitiva, dovrebbe adeguare la sua dimensione al mercato di riferimento. Nel caso delle OP la dimensione minima per ottenere il riconoscimento, in termini di numero di soci e di VPC, viene stabilita invece dalla Stato, salvo la possibilità per le Regioni di aumentarla, senza alcun riferimento alle circoscrizioni economiche entro le quali le OP dovrebbero operare. Circoscrizioni, che il nostro Ministero non ha mai delimitato (Francia e Spagna lo hanno fatto) malgrado lo richieda sia la regolamentazione comunitaria che nazionale. Riconosco che il Ministero per esigenze amministrative e per rispondere a quanto dettato dal Reg. 1308/2013 all’art. 154, paragrafo 1, lettera c). punto v), deve accertare per il riconoscimento, che l’OP abbia un numero minimo di membri e un valore minimo di VPC, anche se viene specificato “..nella zona in cui opera….”. A scusante del nostro Ministero, che non ne ha bisogno, ricordo che anche la Francia, che spesso porto ad esempio di migliore organizzazione delle filiere agricole, si comporta in maniera analoga. Se il nostro sistema di OP è caratterizzato da una forte frammentazione, causa della sua scarsa efficienza ed efficacia, è dunque colpa del Ministero che ha fissato limiti minimi troppo bassi? Direi di no, perché è l’imprenditore che deve cercare di arrivare alla dimensione che meglio gli permette di raggiungere il suo obiettivo, un obiettivo che è fortemente condizionato dai Programmi Operativi finanziati dalla UE. In sintesi, l’art. 160 del Reg. 1308/2013 stabilisce che le organizzazioni di produttori ortofrutticoli devono perseguire almeno uno degli obiettivi dell’art. 152, paragrafo, 1 lettera c), punti i), ii), iii). Questi obiettivi sono: “i) assicurare che la produzione sia pianificata e adeguata alla domanda, in particolare in termini di qualità e quantità; ii) concentrare l’offerta ed immettere sul mercato la produzione dei propri aderenti, anche attraverso la commercializzazione diretta; iii) ottimizzare i costi di produzione e la redditività dell’investimento in ri-

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sposta alle norme applicabili in campo ambientale e di benessere degli animali e stabilizzare i prezzi alla produzione”. Se analizziamo i tre obiettivi, di cui una OP può anche perseguirne uno solo, si può osservare che se vuole raggiungere soltanto il secondo ii) non occorre essere una OP, basta una cooperativa. Ma una cooperativa concentra l’offerta per migliorare la remunerazione dei soci, quindi tornano in ballo gli altri due obiettivi i) e iii), che vanno ben oltre l’obiettivo della gestione di una cooperativa, perché la pianificazione della produzione e la stabilizzazione dei prezzi alla produzione richiedono una capacità d’azione discendente o da una dimensione dell’OP capace di influenzare la formazione dei prezzi nel mercato di riferimento o da poteri riconosciutigli capaci di imporre comportamenti degli operatori non soci della stessa area conformi alle decisioni da essa assunte. L’estensione delle regole e i contributi obbligatori previsti dall’art. 164 per OP operanti in una determinata circoscrizione economica, considerate “…rappresentative della produzione o del commercio o della trasformazione di un dato prodotto…”, attribuiscono alla forma giuridica che l’ OP si è data, una cooperativa o una società di capitali, una funzione di tipo para-pubblico. Insomma, la dimensione di una OP, anche se si limitasse a perseguire solo l’obiettivo i), deve essere adeguata per ottimizzare i costi di produzione, la redditività dell’investimento e stabilizzare i prezzi alla produzione nell’area in cui opera e, persino, può diventare rappresentativa della produzione e del commercio di un dato prodotto in una circoscrizione economica, da cui discende il potere di estensione delle regole. In conclusione, le OP restando sui livelli minimi di dimensione fissati dal MIPAAF o dalle Regioni rinunciano all’obiettivo di ottimizzare i costi e stabilizzare i prezzi nell’area in cui operano e, ben che mai, a quello di estendere le regole, funzione finora mai richiesta nel nostro Paese. Non si deve pensare male, ma qualche volta ci si azzecca: la vera molla alla costituzione delle OP nel settore ortofrutticolo sembra la possibilità di ottenere i benefici dei Programmi Operativi, piuttosto che di regolare il funzionamento del mercato per il quale sono state ideate e sostenute dalla Comunità Europea. Obiettivo ripetuto anche nell’art. 42 della proposta di regolamento sul Piano Strategico Nazionale (PSN) della nuova PAC 2021-2027, che include anche le politiche di settore ponendo al primo posto tra gli obiettivi del settore ortofrutticolo la pianificazione della

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produzione e l’adeguamento della produzione alla domanda. Tornando all’articolo di Lorenzo Frassoldati sul Corriere Ortofrutticolo online del 26 marzo, a mio avviso l’aspetto da sottolineare non è la riduzione del numero minimo dei soci, perché la bozza di DM mantiene per funghi, noci, zafferano, timo, basilico, malissa, origano-maggiorana selvatica la deroga a 5 soci, presente anche nel precedente DM, ma l’introduzione di una novità assoluta, cioè, la fissazione a 10 soci del numero minimo di aderenti ad OP “il cui VPC è costituito per almeno il 90% da prodotti di IV Gamma o di Prima Gamma evoluta”. E’ la prima volta che le OP vengono classificate non in relazione al prodotto ortofrutticolo trattato, ma alla sua lavorazione. Ci sono anche le OP per prodotti destinati esclusivamente alla trasformazione, ma queste sono classificate in relazione al prodotto ortofrutticolo utilizzato assumendone i limiti sia per (Valore della Produzione Commercializzata) siano adeguati e siano da mantenere soprattutto in vista della tutela degli attuali processi di aggregazione e a garanzia di nuove Organizzazioni che aggreghino nuovo prodotto. Fermo restando la facoltà delle singole Regioni di aumentare tali parametri per i loro territori. Riteniamo invece necessario tutelare le OP esistenti da comportamenti opportunistici e/o disaggregativi dei propri associati ed abbiamo suggerito di inserire nel DM una norma in tal senso. Ovvero che “Ai fini del calcolo del VPC necessario al riconoscimento di una nuova OP non si terrà conto della produzione conferita da soci che abbiano receduto da OP già riconosciute. Ciò al fine di scongiurare lo spacchettamento delle OP già operanti ed a vantaggio di nuove Organizzazioni che aggreghino nuovo prodotto”. In questo modo, senza ostacolare la costituzione di nuove OP, otterremmo il raddoppio delle dimensioni economiche perché i 4,5 milioni di euro che rappresentano il valore minimo per il riconoscimento dovrà essere Aprile 2020

numero di soci che per valore del VPC. Questo inserimento, peraltro privo del riferimento alla dimensione economica, è un po’ strano e, aggiungendo anche il mio cattivo pensiero a quello di Lorenzo, mi domando se per caso non risponde a qualche richiesta interessata. Continuando a pensar male, mi permetto di raccomandare al Ministero di verificare se queste OP che operano nel campo della IV Gamma o della Prima Gamma evoluta rispondono sempre al dettato del comma 8, dell’art. 10, “Controllo democratico delle organizzazioni di produttori e delle loro associazioni” del DM n. 5927/2017, tuttora vigente, ripetuto anche al comma 7 dell’art. 10 della bozza di nuovo DM che recita: “ Fatti salvi i commi 2,3 e 4 le OP non possono essere società controllate ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 3 del codice civile”.

trovato in produttori che fanno parte del 50% non aggregato”. Da parte sua il presidente di UNAPROA, Felice Poli, ha affermato tra l’altro: "Il modus operandi di UNAPROA prevede che, raccolte le indicazioni degli associati, queste vengano sintetizzate e deliberate dagli organi sociali. La posizione di UNAPROA è stata quindi deliberata dal CDA del 27 marzo 2020 e, successivamente, trasmessa al competente ufficio ministeriale con un documento di sintesi riportante le indicazioni dell’Unione, sia per rispondere alle diverse sollecitazioni ministeriali, come ad esempio i parametri minimi per il riconoscimento delle OP ed il loro funzionamento, sia in materia di semplificazione delle procedure per i controlli sui programmi operativi. Il 27 marzo 2020 è stato deliberato di essere favorevoli ad un aumento del numero di produttori e del VPC per la costituzione di una OP, ma al momento non è possibile individuare una proposta operativa in quanto l’Unione ha attivato un’azione di monitoraggio con le OP associate. Analoga richiesta è stata

*Economista agrario inoltrata al Ministero per avere un quadro di riferimento nazionale. E' stata inoltre confermata la richiesta di mantenere il numero di 15 per le OP specializzate (ad esempio Prima Gamma evoluta, IV Gamma) che rappresentano realtà ad alto valore aggiunto e con un VPC ampiamente superiore agli attuali requisiti minimi previsti. Altresì è stato evidenziato che devono essere tutelate le OP la cui rappresentatività è coerente con le esigenze di mercato”. E ha aggiunto: “Mi corre l’obbligo di evidenziare che il decreto ministeriale rappresenta un’occasione per ricercare forme di semplificazione per l’esecuzione dei programmi operativi. Non dimentichiamoci mai - come amava ricordare spesso il compianto presidente di UNAPROA Antonio Schiavelli - che le OP/AOP commercializzano 'beni pubblici' ottenuti con tecniche di produzione che tengono conto sia della salvaguardia del territorio che della salute del consumatore. Crediamo sia fondamentale dare seguito ad un progetto che incentivi processi di aggregazione tra le OP". www.corriereortofrutticolo.it

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Le gelate fuori stagione una mazzata per il settore Gelate terribili, completamente fuori stagione, tra la fine di marzo e i primi giorni di aprile, si sono abbattute su tutte le produzioni di frutta e verdura nel momento peggiore, colpendo con violenza un comparto già gravemente provato dalle difficoltà del 2019 e mettendo centinaia di aziende, in particolare in Emilia-Romagna, persino a rischio di sopravvivenza. Le temperature sono scese sotto lo zero più volte, a partire dalla sera del 23 marzo, a causa di un'irruzione di aria artica proveniente dalla Scandinavia. “Un danno enorme - ha commentato Davide Vernocchi, presidente di APO Conerpo -. Dalle drupacee al kiwi, le gelate hanno colpito le produzioni in una fase cruciale per lo sviluppo dei frutti. In un momento così difficile è davvero un brutto colpo per tutto il mondo agricolo, frutticultori in primis”. E così Giancarlo Minguzzi , presidente di Fruitimprese Emilia Romagna: "L’anno scorso la cimice, per cui non abbiamo ancora visto alcun ristoro; quest’anno l’emergenza manodopera legata al Covid-19 e le gelate di fine marzo che hanno colpito il raccolto di pesche e nettarine, susine e albicocche con perdite percentuali tra il 60 e l’80 per cento. Le imprese frutticole che producono qui in Emilia-Romagna sono davvero all’anno zero. Le albicocche in alcune zone ad esempio sono quasi azzerate. Chiediamo che la zona colpita dalle gelate vada considerata area a tutti gli effetti depressa, con la concessione di tutte le agevolazioni fiscali conseguenti”. Ma il gelo ha colpito anche altre regioni, non solo al Nord, ma anche Campania, Puglia e Sicilia (sull’Etna è caduta la neve) danneggiando intere coltivazioni di carciofi, asparagi, bietole, finoc-

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Dal 23 marzo ai primi giorni di aprile le regioni di riferimento dell’ortofrutta italiana sono state colpite da sbalzi meteorologici micidiali per la frutta estiva e alcuni ortaggi del Sud

chi, rape, cicorie e piselli pronte per la raccolta. Il cambiamento climatico non può più essere un fattore da sottovalutare. L’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai la norma, con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che compromettono le coltivazioni nei campi. Lo sbalzo termico di questa primavera ha colpito le campagne dopo

un inverno che si è classificato in Italia come il secondo più caldo dal 1800 a livello climatologico facendo registrare una temperatura addirittura superiore di 2,03 gradi rispetto alla media di riferimento che ha favorito il risveglio della natura con l’anticipo delle primizie di stagione che poi sono state fortemente danneggiate quando non distrutte. Solo in Emilia Romagna si contano danni per 400 milioni di euro su una superficie interessata di circa 48 mila ettari di frutteti che coinvolge quasi novemila imprese di produzione. Aprile 2020


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La prorompente crisi spagnola salva una campagna difficile Emanuele Zanini Il comparto fragole ha subìto in maniera non secondaria gli effetti dell'emergenza sanitaria. Il mercato ha viaggiato sulle montagne russe per settimane intere, tra consumi e prezzi che oscillavano vertiginosamente. Un inizio promettente, poi un crollo rapido e verticale, quindi una ripresa che ha lasciato qualche speranza. Di certo quella del 2020 rimarrà per le fragole una stagione che non si dimenticherà facilmente. La campagna era partita con prospettive ben diverse rispetto a quanto poi accaduto. A febbraio e ai primi giorni di marzo le prime produzioni, mediamente, sono state di buona qualità e con quotazioni più che soddisfacenti, in certi casi ottime, grazie anche ad un momentaneo calo dell'offerta dovuta al clima che ha influenzato per qualche giorno il mercato a scavalco dei due mesi. Fattori che facevano presagire buoni risultati commerciali. Ma già in febbraio qualche operatore riscontrava un andamento dei prezzi insoddisfaAprile 2020

Sopra il titolo, un impianto di fragole della cooperativa Zuccarella, in Basilicata. Qui sopra, un messaggio di buon auspicio su una confezione di Coop Sole

cente a causa di un anticipo di maturazione dei frutti e un arrivo massiccio di prodotto sul mercato in un periodo in cui i consumatori non sono ancora orientati ad acquistare una referenza prettamente primaverile. Poi la tempesta del Covid-19 ha stravolto la situazione. I programmi pianificati da produttori e distributori sono stata cancellati o profondamente modificati. È cambiato tutto, da Nord a Sud. Il DPCM governativo entrato in vigore il 10 marzo ha dato la prima bastonata. Sono seguite settimane che possono essere definite

drammatiche. Lo stop al mondo dell'horeca - e quindi ad alberghi, ristoranti, bar e catering - ha chiuso le porte di un canale distributivo a cui venivano destinati volumi importanti di prodotto. Ad aggravare la situazione ci hanno pensato le nuove, rivoluzionate modalità di acquisto e consumo. I prodotti freschi e freschissimi, comprese proprio le fragole per antonomasia uno tra i prodotti più deperibili del mercato hanno subìto una brusca frenata nelle preferenze dei consumatori. Le aziende hanno iniziato ad appellarsi al governo, perché adotwww.corriereortofrutticolo.it

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Le importazioni in crescita Aumento del 20% in un anno Il 2020 è segnato da un calo delle superfici coltivate a fragole. Secondo dati CSO Italy gli areali sono diminuiti del 4%, a 3.646 ettari. Il Mezzogiorno, che rappresenta oltre il 60% della produzione italiana, ha registrato un -6% rispetto al 2019, mentre il Nord è sceso del 7%. In calo sia Campania che Basilicata, rispettivamente con 940 e 840 ettari, che soo le due regioni leader. In flessione anche Veneto ed Emilia Romagna, con un significativo 13%. Per quanto riguarda le cultivar, la Sabrosa Candonga continua a dominare lo scenario varietale in Basilicata dove rappresenta quasi l'80% del totale, mentre in Campania la varietà Melissa, che detiene quasi il 50% del panorama varietale, ha superato Sabrina, che non arriva al 30%. In base ai numeri diffusi dal Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara, lo scorso anno era stato positivo per l'export, cresciuto a

volume del 24% (quasi 13 mila tons) rispetto al 2018 e del 10% a valore (32 milioni di euro). Germania, Svizzera e Austria rimangono le principali destinazioni del prodotto fuori confine. In forte crescita la Repubblica Ceca, mentre è sceso il Regno Unito. Fa riflettere però che importiamo sempre di più. Il consistente aumento delle importazioni è rappresentato dalle 42 mila tonnellate inviate dai concorrenti esteri nel Belpaese, segnando nel 2019 un aumento di poco meno del 20%. Anche il valore dell'import è cresciuto, arrivando a 88 milioni, un record. Quasi otto fragole estere su dieci arrivano dalla Spagna, che lo scorso anno ha spinto ulteriormente aumentando l'export verso l'Italia del 23% con oltre 34 mila tonnellate. Segue, molto staccata la Germania, che però è cresciuta di un notevole 40% sul 2018 con poco meno di 3.000 tonnellate. (e.z.)

tasse misure di sostegno al settore, e alla grande distribuzione italiana affinché acquistasse prodotto italiano. Le enormi difficoltà riscontrate nei Centri agroalimentari ha fatto il resto. A ciò si è aggiunta, ciliegina sulla torta, la drammatica assenza di manodopera in campagna, specialmente al Nord. Gli operai agricoli dell’Est Europa, con il ri-

Tra clima, virus, Spagna, Pasqua, chiusura dell’horeca e politiche di acquisto della GDO, per la fragola italiana è stata una campagna davvero ardua. Eppure ne usciamo senza le ossa rotte

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schio di essere messi in quarantena, hanno deciso per la stragrande maggioranza dei casi, di rimanere nel proprio Paese d'origine, lasciando le aziende produttive sguarnite di persone dedite alla raccolta. Per fronteggiare l'emergenza, che di fatto ha anche fortemente limitato le esportazioni, c'è chi ha iniziato a spingere sulle consegne a domicilio e sull'e-commerce, nonostante i problemi da affrontare a causa dell'alta deperibilità delle fragole. La situazione si è parzialmente - e finalmente - risollevata nel periodo pasquale, con le richieste che sono tornate a risalire, i prezzi che hanno tenuto, con un calo fisiologico subito dopo Pasquetta, per risalire leggermente già con il fine settimana successivo. Ad aiutare le aziende italiane ci ha pensato la prorompente crisi spagnola. Il Paese iberico, che era partito come di consueto con una politica aggressiva invadendo il mercato italiano, è stato travolto a sua volta dagli effetti del coronavirus specialmente dall'inizio di aprile, quando però la campagna si avviava verso la conclusione. La Spagna ha chiesto a sua volta aiuti all'Europa per affrontare la crisi. Mentre scriviamo (20 aprile) la campagna del Nord Italia è pienamente in corso e ancora da definire con precisione. Gli effetti della pandemia si sentiranno certamente anche nelle aziende del Settentrione, anche se si potrebbero aprire nuovi spiragli nell'attesa, e speranza, che l'emergenza rientri gradualmente.

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Emanuele Zanini Sul’altalenante e in parte drammatica campagna 2020 della fragola italiana abbiamo raccolto i pareri di cinque aziende, con particolare attenzione all’analisi della situazione nel Mezzogiorno. Eccoli. Mirco Zanelli, direttore commerciale di Apofruit, uno dei colossi italiani nella produzione e vendita di ortofrutta, fragole comprese, traccia un primo bilancio della campagna, effettuando una panoramica con riferimento particolare al Nord Italia. Zanelli sottolinea come l'avvio della campagna sia stato abbastanza anticipato per il clima mite del mese di gennaio ma anche come conseguenza dei test di Apofruit su nuove varietà, effettuati nell’ottica di allungare il più possibile la campagna di produzione e commercializzazione. Sono seguite fasi alterne di mercato influenzate non più solo dal clima, ma anche dall’emergenza sanitaria. “Complessivamente ad oggi (21 aprile, ndr) il bilancio è tutto sommato discreto sia per i volumi raccolti sia per i prezzi medi realizzati e soprattutto per la qualità del prodotto. Nel complesso prevediamo di gestire direttamente ottomila tonnellate di prodotto tra Basilicata e Romagna ed altrettante insieme al partner Coop Sole attivo nell’area campana”. La quota del biologico si avvia verso un 1520% concentrata su Campania e Romagna. “Per quel che riguarda le produzioni del Sud abbiamo superato la metà dei volumi previsti e ci avviamo nelle prossime settimane verso una riduzione dei volumi complessivi per terminare in funzione dell’andamento climatico nelle prime settimane di giugno. In questi giorni si avvia la Aprile 2020

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Cinque pareri e una conclusione Fragolicoltura fuori dal dramma Mirco Zanelli di Apofruit, Pietro Ciardiello di Coop Sole, Andrea Badursi di Asso Fruit Italia, Serena Pittella di AOP Luce e Marco Eleuteri di OP Armonia analizzano un’annata senza precedenti

Pietro Ciardiello, direttore della OP Sole di Parete, provincia di Caserta

campagna produttiva in Romagna dove i volumi negli ultimi anni si sono ridotti, ma comunque rimane una produzione interessante soprattutto per l'export verso Svizzera e Germania. Buone le richieste anche dall'estero fino ad oggi, con una produzione spagnola che nelle ultime settimane ha diminuito la pressione”. Analizzando le conseguenze derivate dal Covid-19, Zanelli osserva che “l’emergenza sanitaria è intervenuta nel momento in cui si sono registrati aumenti di volumi, influenzando in maniera importante i consumi nelle prime settimane di campagna. Sicuramente i consumatori nei primi giorni di lockdown hanno modificato le loro modalità di acquisto prediligendo prodotti maggiormente conservabili, a scapito dei prodotti freschi”. Il manager romagnolo ricorda come anche le lunghe file ai supermercati abbiano condizionato gli acquisti. Ma

nei giorni successivi al primo sbandamento, anche i Mercati generali hanno risposto tornando a volumi di vendita in linea con le aspettative, grazie anche al fatto che molti dettaglianti sono tornati ad essere protagonisti negli acquisti giornalieri e si sono organizzati nelle vendite a domicilio. Per quello che riguarda l’organizzazione del lavoro “ci si è attivati da subito con smart working dove possibile. In magazzino e in campagna si sono seguite e anticipate le disposizioni sanitarie previste, con l'aumento dei distanziamenti e l'utilizzo dei dispositivi di protezione, chiaramente con un impatto soprattutto sui costi a discapito delle aziende agricole, ma non prescindendo mai dalla tutela dei produttori e dei lavoratori”. Pietro Ciardiello, direttore di Coop Sole di Parete (Caserta), socio di Apofruit, analizza così la situazione. A fine marzo l'imprenditore osservava come la produzione fosse in forte anticipo con una consistente crescita dei volumi in Campania. Il 27 marzo Ciardiello ricordava come “alcune settimane fa eravamo al 50% in più, il freddo rallenterà la maturazione e chiuderemo il mese con un +20-30%. Alcune settimane fa il prodotto spagnolo aveva invaso i supermercati. Ora si sta assistendo ad un graduale ridimensionamento e all’arrivo delle prime produzioni italiane”. Ma la situazione, ricordava, non è particolarmente rosea: “La domanda non c’è, anche se le fragole sono uno dei pochi prodotti freschi al momento presenti. Per alcuni www.corriereortofrutticolo.it

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Andrea Badursi, direttore generale di Asso Fruit Italia, Mirco Zanelli direttore commerciale di Apofruit, e Marco Eleuteri amministratore di OP Armonia, tre dei cinque manager che abbiamo intervistato

prodotti, come le fragoline di bosco, utilizzate molto in ristoranti, gelaterie e pasticcerie chiusi a causa del Coronavirus, il mercato si è quasi azzerato”. Ad aprile, grazie anche al periodo pasquale, “i prezzi sono ritornati ad essere buoni, seppur con volumi inferiori, con un mercato vivace. Le esportazioni verso l'Europa centrale (Germania, Svizzera e Austria) sono state soddisfacenti. Ciardiello precisa che “a causa del coronavirus, il mercato a fine marzo era stato comunque terribile. I prezzi erano bassi con il prodotto spagnolo a farla da padrone. Oggi (21 aprile, ndr) sul mercato l'Italia è quasi da sola e può approfittarne, in attesa dell'imminente arrivo del prodotto tedesco. La domanda è buona. Ma il coronavirus, tutto sommato, a parte l'horeca, ha creato più problemi nell'organizzazione del lavoro. I grattacapi maggiori dobbiamo però ammettere ce li ha dati, come ogni anno, la Spagna”. Il manager campano, tra i più specializzati in Italia nel prodotto specifico così conclude: “Dal punto di vista varietale stiamo effettuando delle prove con nuove varietà. L'ottica è quella di insistere sul prodotto premium, su cui ci sono ottimi spazi e possibilità, così come sul biologico. Ma dovremmo fare delle scelte ed effettuare una selezione. Non possiamo puntare su troppe tipologie di fragole”. Intanto la nuova creatura di Coop Sole, la linea di fragole SìBon, marcia.

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Andrea Badursi, direttore generale di Asso Fruit Italia di Scanzano Jonico (Matera), sottolinea come la fragolicoltura stia vivendo un momento particolarissimo, probabilmente unico nella storia più recente. Tuttavia le notizie che giungono dai mercati e dai consumi più in generale se per un verso non sono delle migliori che ci si possa aspettare, dall’altro offrono buoni spunti per un prosieguo incoraggiante della campagna fragole: “Sul fronte della qualità i nostri associati hanno raggiunto livelli produttivi e qualitativi elevatissimi: sapore ottimo, consistenza, shelf life e sicurezza alimentare sono i canoni a cui i fragolicoltori associati si ispirano e che attuano”. Riguardo la concorrenza estera, Badursi afferma: “E’ noto che gli spagnoli, ma non solo loro, hanno quantitativi ingenti, ma noi continuiamo a puntare al consumatore che cerca alta qualità. La sfida della nostra fragolicoltura dunque è qualitativa ed è la strada che intendiamo proseguire forti dell’esperienza aggregata che

Il settore ha rispettato rigorosamente le norme di sicurezza sanitaria e ha cercato nuovi sbocchi alla chiusura dell’horeca approcciando il canale di vendita dell’e-commerce

contraddistingue in tutti i contesti produttivi, e non solo, di Asso Fruit Italia”. A fare un interessante resoconto del 2019 e a fotografare l’attuale situazione per Asso Fruit Italia è Giuditta Signorella, agronomo responsabile dell’ufficio tecnico. Il 2019 ha registrato una campagna negativa che ha risentito molto dell’influenza di un clima che non ha rispettato le caratteristiche del territorio lucano dando origine a fasi altalenanti dei flussi produttivi. Dopo un forte ritardo e rallentamento dovuto al freddo di gennaio e febbraio, si è visto un incremento successivo, quando i campi hanno ripreso a produrre quantità interessanti. Il periodo post festività di Pasqua ha visto poi il consueto crollo della domanda. A quel punto, osserva Signorella, ci si è messo nuovamente il freddo che ha accompagnato i campi per tutta la primavera provocando oltre ad una scarsa produzione anche un precoce abbandono delle produzioni rispetto ad altre annate. Con questo andamento climatico e le consuete concorrenze dei prodotti stranieri, il bilancio della campagna 2019 per molte aziende è stato uno dei peggiori degli ultimi anni per produttività e reddito. Solo poche imprese hanno raggiunto le 40 tonnellate per ettaro e i prezzi medi sono stati accettabili solo per alcune varietà come Sabrosa. Sulla stagione 2020 Signorella spiega come sia partita con un Aprile 2020


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Zuccarella: “La qualità premium assicura vendite costanti” La cooperativa Zuccarella è una delle storiche realtà italiane dedite alla produzione di fragole. Siamo in Basilicata, in campi dopo si applicano le più avanzate tecniche di produzione. Un’esperienza maturata nel corso di tre generazioni, ha fornito strumenti per una crescita sia nella qualità sia nella sicurezza alimentare. Il presidente, Rocco Zuccarella, attento all’innovazione e alla sperimentazione, anche quest’anno, oltre alla classica "Candonga Fragola Top Quality" ha prodotto in via sperimentale diverse varietà che si sono rivelate all’altezza e che dalla campagna 2021 entreranno a pieno titolo fra le produzioni dell’azienda. “Nel settore della fragolicoltura è fondamentale guardare al futuro per poter programmare al meglio ed essere sempre pronti a offrire al consumatore il prodotto migliore, realizzato secondo schemi avanzati, rispettosi dell’ambiente e che assicurino gusto e tenuta”, afferma il presidente. Commentando l'andamento di mercato, Zuccarella fa una premessa sulla campagna 2019: “Ha generato risultati soddisfacenti, anche perché il mercato ha sempre le sue turbolenze ma, quando si punta sulla qualità, e per noi questo è un impegno quotidiano, si ottengono fidelizzazione dei clienti e vendite costanti”. Sull'andamento della campagna 2020, abbiamo sentito Zuccarella l'11 aprile, quando la produzione si attestava fra il 35 e il 40% del consuntivo annuale. Ecco la sua dichiarazione: “Siamo stati indubbiamente rallentati dall’emergenza sanitaria e dalla collegata difficoltà nel reperimento della manodopera. Come azienda abbiamo adottato fin da subito tutte le precauzioni necessarie all’osservanza delle norme go-

vernative. Quanto ai lavoratori, raggiungono i campi con gli autobus che viaggiano con un numero inferiore a quello massimo: meno della metà dei passeggeri consentiti. Tutti hanno mascherina, guanti e osservano il rispetto della distanza di sicurezza. Le stesse disposizioni sono state adottate nei campi, in magazzino e negli uffici. L’intera filiera lavorativa è stata rimodulata per rispettare le esigenze sanitarie. Riguardo al mercato, non dobbiamo dimenticare la presenza di importanti quantitativi di fragole di origine spagnola, greca e albanese. È di fondamentale importanza tenere in debito conto la presenza di questi nostri competitor anche se offrono un prodotto che non raggiunge nemmeno lontanamente i nostri elevati standard qualitativi. Nonostante le difficoltà che hanno coinvolto tutti, la nostra azienda sta registrando un andamento soddisfacente dei prezzi. Lo dobbiamo anche al buon nome delle fragole della Basilicata, che sono ricche di proprietà nutrizionali, contengono vitamina C e sali minerali. Lo dobbiamo all’arrivo della Pasqua che favorisce la crescita della domanda, e anche al netto miglioramento del clima che incide sulla resa qualitativa”. “La nostra cooperativa quest’anno - precisa Rocco Zuccarella ha lanciato con successo la linea premium di Fragole Candonga Top Quality®, che in Basilicata si esprimono al massimo diventando un indiscusso testimonial di qualità superiore. Stiamo passando tuttavia una fase delicata saremmo in difficoltà come settore se la grande distribuzione non avesse favorito la produzione italiana. Come azienda debbo ringraziare i nostri collaboratori per il loro impegno”. (e.z.)

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trend positivo: “L’inverno mite ha offerto lo slancio alla produzione. I campi sono andati in produzione precocemente, le fragole italiane sono arrivate sui mercati già a fine gennaio con ottime qualità organolettiche con frutti saporiti, dolci, di buona pezzatura e colorazione. Il flusso produttivo e la qualità del prodotto hanno presentato circa un mese di anticipo rispetto all’ordinario anche se tendenzialmente i quantitativi raccolti non sono stati subito adeguati alle aspettative. La situazione ha fatto intravedere una stagione potenzialmente positiva ma poi ci siamo dovuti imbattere nelle problematiche derivate dal Coronavirus”. Un'emergenza che “inizialmente non ha avuto effetti sul mercato italiano della fragola se non quando il decreto del ministro dello Sviluppo Economico del 26 marzo ha ristretto il numero delle attività produttive autorizzate a rimanere aperte. Con la chiusura di ristoranti, pasticcerie, bar, mercati rionali, in concomitanza di un momento climatico favorevole allo sviluppo della pianta e alla maturazione dei frutti, si è assistito ad una forte flessione nella domanda ed un conseguente crollo dei prezzi di vendita. Probabilmente questi effetti si sono avuti non solo per la chiusura di parte di attività commerciali ma anche a causa dell’influenza che il Decreto #IoRestoaCasa ha avuto sulle abitudini di vita limitando e concentrando le uscite da casa solo per lo stretto necessario e orientando gli acquisti verso beni di consumo più duraturi. La problematica è stata avvertita in maniera più lieve dalle varietà e dalle produzioni che per le loro caratteristiche qualitative sono destinate alla GDO. Questo momento di forte criticità sembra aver trovato una sospensione quando le condizioni climatiche, con qualche giorno di temperature più basse, hanno riequilibrato l’offerta alla domanda con un miglioramento anche dei prezzi. Dal periodo pre-pasquale si è assistito

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ad un momento di euforia che ancora si sta prolungando anche se con una leggera flessione. Il prodotto che a Pasqua è arrivato sulle tavole degli italiani è stato di ottima qualità, i produttori hanno spuntato prezzi buoni. Oggi (metà aprile, ndr) si registra una leggera flessione, anche se non problematica, di prezzi e domanda di fragole. È comunque ancora presto per capire come si evolverà la situazione in quanto le variabili che influenzano l’andamento della campagna sono molte ed a queste di aggiunge l’incertezza sulle modalità del futuro sblocco del lockdown e sulle ripercussioni che si avranno sulle domande di generi alimentari ortofrutticoli. Va comunque detto che il settore ha risposto prontamente, seppure con qualche difficoltà iniziale, a tutti gli adempimenti previsti mettendo in pratica tutte le misure di contenimento del contagio. Per questo motivo, nelle nostre aziende non si sono riscontrati grossi problemi nella continuità di reperimento della manodopera”. Serena Pittella, responsabile marketing di AOP Luce (nostra Protagonista dell’Ortofrutta Italiana di aprile, come potete legge nelle pagine seguenti) sottolinea come l'emergenza sanitaria abbia influito sul mercato del-

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la fragola pesantemente, con la domanda crollata anche del 40% rispetto al 2019 specialmente a causa della chiusura del canale horeca, sul quale AOP Luce evidentemente è abituata a fare volumi importanti. Dopo un marzo da dimenticare, in cui oltre al virus ha pesato la concorrenza spagnola, la situazione è leggermente migliorata a inizio aprile. Un effetto positivo hanno avuto "le politiche di acquisto nazionale intraprese dalla grande distribuzione nostrana e la massiccia campagna di comunicazione delle rappresentanze dei produttori, fortemente ripresa dai media generalisti”, fattori che si sono riflesse in termini positivi sulla domanda, invertendo "un trend negativo devastante". La situazione del mercato è migliorata nettamente durante le festività pasquali e, dopo una flessione fisiologica nei giorni successivi, si è subito dopo ripresa con prezzi in deciso aumento. Marco Eleuteri, amministratore di OP Armonia di Battipaglia, tracciando il quadro della scorsa annata, parla di un anno abbastanza regolare per le fragole, sia in termini di volumi che di quotazioni. L’OP ha prodotto 500 tonnellate di fragole con un fatturato intorno ai due milioni di

euro. “Lo stesso non si può certo dire per quest’anno”, osserva Eleuteri. “Prima un clima bizzarro ha favorito un forte anticipo produttivo che ci ha portato a produrre volumi importanti già a febbraio, in una fase stagionale di consumo non ancora pronta a sostenere i maggiori volumi prodotti, e questo ha generato già da febbraio, una marcata flessione delle quotazioni medie. Poi ci si è messo il coronavirus che purtroppo ha peggiorato ulteriormente lo scenario. Infatti la fragola per la sua limitata shelf life è sicuramente uno dei prodotti più penalizzati dalle nuove abitudini di consumo e dalla minore frequenza con cui vengono fatti gli acquisti. Questo ha prodotto nella seconda metà di marzo una flessione dei prezzi molto marcata con quotazioni ben inferiori ai costi di produzione. I costi tra l’altro sono aumentati per l’adeguamento che le strutture produttive e di confezionamento hanno dovuto sopportare in merito alle condizioni di lavoro, dovendo garantire necessariamente le più stringenti condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro per limitare al massimo i rischi di contagio”. “La forte riduzione delle vendite di ortofrutta nei mercati all’aperto - precisa Eleuteri - ha ulteriormente ridotto gli sbocchi di mercato di questo prodotto, che vedeva in questo canale commerciale, specie per le vendite di prodotto non confezionato, un importante veicolo distributivo. Anche le modalità di vendita sono molto cambiate, essendosi spostate pesantemente sul prodotto confezionato, più per mere questioni igieniche che altro. Dopo un miglioramento fisiologico del mercato durante la settimana di Pasqua, favorito anche da una minore produzione seguita alle giornate particolarmente fredde degli ultimi giorni di marzo ed i primi giorni di aprile, prevedo che il mercato tornerà a posizionarsi nuovamente su quotazioni non particolarmente soddisfacenti”. Aprile 2020


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Emanuele Zanini Quale è stata l'evoluzione del comparto della fragola negli ultimi anni e quali sono le prospettive e le tendenze dal punto di vista dell'innovazione varietale? Domande a cui ha risposto per il Corriere Ortofrutticolo il CIV, Consorzio Italiano Vivaisti di Ferrara, tra i leader italiani ed europei nella selezione, ricerca e innovazione varietale nel settore delle fragole ma non solo, attraverso Marco Bertolazzi, international business development manager dell'azienda emiliano-romagnola. Per comprendere l'attuale andamento del mercato italiano è necessario fare un passo indietro, ricordando come negli anni Settanta e Ottanta l'Italia fosse leader in Europa per la coltivazione della fragola con aree dedicate che arrivavano quasi a 14 mila ettari, di cui circa il 60% nel Nord Italia e il restante 40% nel Mezzogiorno. Le superfici sono progressivamente diminuite perdendo oltre 10 mila ettari: nel 2019 infatti gli ettari investiti sono stati inferiori a 4 mila ettari. Negli ultimi anni la contrazione si è tuttavia arrestata. Di questi 4 mila ettari le percentuali delle aree di coltivazione si sono praticamente invertite: solo poco più del 30% al Nord e quasi il 70% al Sud. Un cambio spiegato dall'evoluzione varietale e colturale del prodotto: ad oggi, le varietà coltivate al Nord sono tendenzialmente unifere (caratterizzate da una singola fioritura primaverile che produce frutti prima dell’estate) ad alto fabbisogno di freddo, mentre quelle al Sud, sempre unifere, sono a basso fabbisogno di freddo. “L'evoluzione della tecnica colturale - precisa Bertolazzi - è passata da una pianta refrigerata a una pianta fresca a radice nuda, che Aprile 2020

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La sfida del CIV: selezionare varietà adatte ai climi più diversi Il Consorzio Italiano Vivaisti intende avviare progetti integrati con la GDO al fine di portare sugli scaffali le varietà più rispondenti alle esigenze del consumatore

Flavia, una delle varietà di maggior successo tra quelle selezionate dal Consorzio Italiano Vivaisti

permette di ottenere una campagna di raccolta molto estesa da gennaio a giugno”. Questo fatto ha reso il Meridione un areale più vocato alla coltivazione della fragola, consentendo di allungare la stagione allargando la finestra produttiva e commerciale, che tradizionalmente era da metà aprile a metà maggio, periodo tipico delle produzioni al Settentrione". L'areale del Nord Italia sta subendo sempre più la concorrenza del Nord Europa, a partire dalla Germania, e si vede schiacciato tra le produzioni del Meridione sempre più tardive, e quelle nordeuropee, che puntano sulla precocità. Le unifere a basso fabbisogno di freddo a pianta fresca hanno trovato uno degli areali più vocati d’Europa a Huelva, in Spagna, dove sono coltivati oltre 5 mila ettari.

"L'Italia dal punto di vista pedoclimatico ha caratteristiche uniche, in quanto permette di coltivare tutte le tipologie di fragole. “Per esempio, grazie all’altitudine delle nostre montagne riusciamo a compensare la latitudine meridionale alla quale siamo ubicati rispetto ai Paesi nordici, dove le temperature nei mesi estivi sono miti e non causano un blocco vegeto-produttivo della pianta, come quello che invece si ha in ambiente padano e/o costiero. Grazie all’altitudine, quindi, il CIV riesce a testare varietà rifiorenti ad alto fabbisogno di freddo (come quelle coltivate nelle zone montane del Veronese, a poco più di 100 chilometri da Ferrara, sede del CIV, ndr) che sono le stesse che si piantano nel Regno unito, in Belgio e in Olanda", sottolinea il manager del Consorzio emiliano. www.corriereortofrutticolo.it

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Marco Bertolazzi, a sinistra, con il presidente CIV Pier Filippo Tagliani

Il CIV collabora nel Sud Italia con diverse realtà del Casertano, della Sicilia e di Policoro, in Basilicata, riuscendo a testare fragole unife-

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re a basso fabbisogno di freddo, oltre a quelle ad alto fabbisogno di freddo al Nord, grazie alle condizioni pedoclimatiche eteroge-

nee che si trovano lungo lo Stivale. “Lavoriamo a 360 gradi su tutte le tipologie di fragola" spiega Bertolazzi ed aggiunge: “Storicamente il nostro Consorzio si è inizialmente concentrato sullo sviluppo di varietà unifere ad alto fabbisogno di freddo, alcune delle quali hanno avuto un’enorme diffusione in Europa e nei Paesi dell’ex URSS, come la Clery per citarne una, che tutt’ora ricopre un ruolo centrale nel segmento precoce. Ma per quanto attiene alle fragole rifiorenti adatte al Nord, Murano è certamente il nostro cavallo di battaglia e, ad oggi, è una delle varietà più apprezzate dai supermercati inglesi ed olandesi, ricoprendo nei rispettivi areali ampie superfici in coltivazione”. Il lavoro del CIV si è negli ultimi anni fortemente orientato sullo sviluppo di unifere a basso fabbisogno di freddo, dato che, a livello di mercato potenziale, l'area mediterranea può contare su circa 10 mila ettari (anche di più se si aggiungesse il Nordafrica) tra la zona di Huelva in Spagna, il Sud Italia e l'area del Peloponneso in Grecia. In questi areali, il CIV è conosciuto per la varietà Nabila, molto produttiva, che mantiene una significativa nicchia di mercato nella zona del Casertano; mentre la più recente Flavia è oggetto di test commerciali avanzati sia nella zona di Battipaglia, sia nel Policorese, dove il Consorzio conta nei prossimi anni di aumentarne la presenza, vista la maturazione precoce e l’alta qualità. “Come obiettivi generali, per quanto attiene all’attività del CIV in questi ambienti caldi a basso fabbisogno di freddo, stiamo lavorando su varietà precoci che consentano, nell’emisfero Nord, di entrare sul mercato già nel periodo natalizio", osserva Bertolazzi. "L'obiettivo è arrivare con una produzione precoce, ma di alta qualità, anticipando almeno di due settimane l'attuale picco produttivo, che oggi cade in media Aprile 2020


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Nel campo della ricerca e dell’innovazione varietale nel settore fragolicolo stanno acquistando sempre più importanza i temi della qualità e della sostenibilità. In passato, infatti, i breeders hanno focalizzato l’attenzione sulla ricerca di varietà molto produttive, a scapito della qualità organolettica. Il mercato è stato invaso da quantitativi ingenti di fragole con scarse caratteristiche organolettiche, determinando una perdita di valore e un prodotto commodity. Ad analizzare l'evoluzione del settore è Nova Siri Genetics di Nova Siri (provincia di Matera), specializzata nell'attività di ricerca, sperimentazione e moltiplicazione di nuove varietà di fragola. “Oggi le richieste del mercato si incentrano su una fragola che abbia determinate caratteristiche organolettiche quali sapore, aroma e shelf life”, spiega Nicola Tufaro, genetista di Nova Siri Genetics. “Una fragola, cioè, che possa soddisfare sia le esigenze del produttore che la domanda dei consumatori. L’attività di ricerca di Nova Siri Genetics è fortemente orientata all’innovazione. Il nostro obiettivo è quello di individuare varietà che possano conciliare elevate caratteristiche organolettiche e rusticità della pianta, per ridurre l’uso di prodotti fitoiatrici e adottare tecni-

che di produzione integrata o a residuo zero”. Nova Siri Genetics fa parte di un gruppo di imprese specializzate nella ricerca, produzione e commercializzazione di prodotti vivaistici e coltivazione di fragole e berry. Il gruppo di imprese, che fa capo agli imprenditori Rocco Suriano, Pasquale Casalnuovo e al genetista Nicola Tufaro, si muove in una logica di filiera, partendo dalla ricerca di nuove cultivar per giungere, direttamente o tramite altre società, alla commercializzazione dei prodotti ottenuti sui principali mercati europei. Ad oggi Nova Siri Genetics ha brevettato 7 cultivar e altre selezioni sono in corso di valutazio-

ne. Le varietà selezionate sono adatte agli areali mediterranei, ossia a quelli di Italia, Nordafrica, Grecia, Spagna e Portogallo. Le varietà di NSG vengono moltiplicate in differenti Paesi europei, a seconda della tipologia di pianta che si vuole ottenere. Le piante ottenute vengono distribuite ai produttori delle più importanti aree fragolicole nazionali ed estere. Le varietà lanciate nel corso degli anni sono Melissa, Marisol e le novità dell'ultimo anno: Rossetta® (nome commerciale della varietà NSG 120), Marabella® (nome commerciale della varietà NSG 203) e Gioelita® (nome commerciale della varietà NSG 207). (e.z.)

verso fine marzo/metà aprile (dipende dalle temperature invernali ovviamente). In questo modo i produttori sarebbero soddisfatti perché potrebbero raggiungere la metà della produzione totale annuale a inizio marzo spuntando prezzi molto buoni. Parallelamente, sempre sulle unifere a basso fabbisogno di freddo per il Sud, stiamo lavorando su varietà

medio tardive. In questo modo l'intenzione nostra è offrire al produttore un paio di proposte di fragole precoci e medio precoci, affiancate da altre soluzioni medio tardive, resistenti alle alte temperature, contraddistinte da una qualità elevata del frutto da metà aprile fino a metà giugno, quando di solito, con l'aumento delle temperature molte varietà

mostrano un decadimento della consistenza della polpa e della shelf life". Per gli areali mediterranei e a basso fabbisogno di freddo, il Consorzio Italiano Vivaisti sta lavorando sulla nuovissima CIVS115 a marchio Parthenope®, contraddistinta da precocità e forma conica regolare del frutto, e su una selezione molto precoce

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Da Nova Siri Genetics tre nuove varietà adatte ai climi dell’area mediterranea

Rossetta, una delle tre nuove varietà di fragola lanciate da Nova Siri Genetics

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CIVL519 (che spera di convertire in varietà il prossimo anno), di pezzatura e qualità intrinseche e shelf-life ottime, oltre che sulla già conosciuta Flavia, precoce e di qualità organolettica eccellente, che sta dando riscontri positivi in certi areali. Infine, la CIVS906*, a marchio commerciale Elide, che da metà aprile in poi mantiene inalterata la qualità all’aumentare delle temperature, anche a giugno. Per l'areale della Pianura Padana, oltre a Francia, Germania e Paesi dell'Est, dove si piantano unifere ad alto fabbisogno di freddo, come Clery, Joly, Dely, Aprica e Sibilla ed oltre alle rifiorenti da Nord, come la Murano, il CIV sta lavorando a varietà interessanti. Un altro aspetto che Bertolazzi tiene a sottolineare è il rinnovato interesse da parte dei retailer verso i programmi di miglioramento genetico delle fragole. L'attenzio-

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ne iniziata all'estero, in particolare nel Regno Unito, dove la grande distribuzione organizzata per prima si è interessata ad acquisire nuove varietà di frutta in forma esclusiva o co-esclusiva, si sta ora riscontrando anche in Italia. "Ci siamo resi conto che alcune catene distributive, anche nel nostro Paese, si stanno muovendo per cercare d’inserire all’interno dei propri private label nuove varietà, possibilmente made in

Marco Bertolazzi: “Ci siamo fortemente orientati sullo sviluppo di varietà a basso fabbisogno di freddo perché è l’area del Mediterraneo il più grande mercato potenziale della fragola potendo contare su almeno 10 mila ettari”

Italy”, precisa il manager. “Negli ultimi due anni - conclude Marco Bertolazzi - ci stiamo quindi muovendo nella direzione di aumentare il livello di collaborazione tra il nostro Consorzio, che sta alla base della filiera impegnato a produrre nuove varietà, e la GDO, che invece rappresenta l’anello finale della catena distributiva e possiede il contatto diretto con il consumatore. Da qui l'opportunità d’implementare progetti integrati, dove gli attori della filiera vengono scelti tra CIV e GDO al fine di portare negli scaffali dei supermercati frutta di nuove varietà, migliorata da un punto di vista organolettico e quindi garantire maggiori introiti a tutti i partecipanti al processo produttivo e distributivo. Un approccio appunto già conosciuto nel Nord Europa che ora si sta progressivamente affacciando in Italia”.

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Continua la corsa dei berry ma importiamo ancora troppo Il settore dei berry, nel panorama frutticolo italiano, sta registrando una crescita continua ed ha conosciuto una forte evoluzione, spinto dall’esplosione dei consumi di prodotti - dai mirtilli ai lamponi, dalle more alle fragoline di bosco, ai ribes - ricchi di principi attivi e pertanto considerati un toccasana per la salute. L’offerta nazionale resta comunque fortemente deficitaria, con la Spagna, il Perù e altri Paesi dell’Emisfero Sud che, almeno in determinati periodi dell’anno, dominano il mercato. Ma che previsioni si fanno ora, nell’aprile 2020, per questo comparto che dà soddisfazioni economiche a produttori e distributori ma che richiede una forte specializzazione, perché si occupa di prodotti delicati e difficili da trattare? Abbiamo rivolto sei domande a tre produttori: il numero uno italiano, la cooperativa trentina Sant’Orsola, il Gruppo Apofruit, prima cooperativa ortofrutticola italiana, e un operatore fortemente specializzato, il Consorzio Piccoli Frutti di Verona che gestisce il marchio Aurora Fruit. Aprile 2020

Ecco le nostre domande: 1. Che quantità di piccoli frutti producete in un anno e di quali prodotti si tratta? 2. A che punto siete della vostra campagna di produzione? 3. Che valore esprime in un anno la vostra produzione di piccoli frutti? 4. Quali sono i vostri canali di vendita e come ha impattato sulle vendite l’emergenza Covid19? 5. Comperate prodotto dall’estero? Esportate? 6. Come giudicate la situazione generale del comparto piccoli frutti in Italia? SANT'ORSOLA Leader in Italia, Sant’Orsola, con sede a Pergine Valsugana, in frazione Cirè, dove il 7 aprile 2019 ha inaugurato un nuovo grande stabilimento, si pone come polo

Le tendenze e gli sviluppi del mercato nazionale visti da Sant’Orsola, Apofruit e Aurora Fruit. In vendita solo confezioni da 125 grammi nella GDO: troppo poco

nazionale di una coltura che richiede una forte specializzazione ma che, come poche, può dare valore aggiunto ai produttori. Sant’Orsola mantiene la sua identità trentina ma, nello stesso tempo e sempre di più, si fa inevitabilmente, per le dimensioni raggiunte, polo trainante del settore, in grado di accogliere nuovi soci, di formarli e assisterli, di fornire i distributori per 12 mesi all’anno e di esportare in Europa prodotti che sono il risultato di una filiera controllata tutta made in Italy. Sant’Orsola tratta tutta la gamma di piccoli frutti: lampone, mirtillo, mora e ribes accompagnati da fragola e ciliegie, oltre a una serie di frutti minori come uva spina e kiwi arguta. La produzione nel complesso si aggira sulle 6.000 tonnellate. “Abbiamo appena concluso il ciclo di produzione autunno-invernale - riferisce il direttore generale Matteo Bortolini - e siamo praticamente agli inizi della campagna 2020 con la produzione dei nostri soci in Sicilia e Calabria. Dalla metà maggio in poi inizia anche la produzione dei nostri sowww.corriereortofrutticolo.it

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ci in Trentino”. L'ultimo fatturato della cooperativa, per la sola frutta, s'è aggirato sui 50 milioni di euro. "La commercializzazione - precisa Bortolini - coinvolge tutti i canali: la grande distribuzione organizzata, i mercati, l’horeca e, come ultimo arrivato, la vendita on-line. L’emergenza sanitaria in corso ha cambiato le vite e le abitudini al consumo di tutti i cittadini. La chiusura quasi totale di alberghi e ristoranti è stata molto negativa sull’attività dei mercati ortofrutticoli, tuttavia i consumi si sono rovesciati sul canale della distribuzione consentendoci di collocare tutto il prodotto conferito dai soci, del quale registriamo un significativo aumento". "L’acquisto del prodotto estero riferisce il direttore - è limitato ai periodi in cui la produzione dei soci non è sufficiente a coprire le richieste dei nostri clienti. Ciò av-

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viene tipicamente nel periodo invernale e ad inizio primavera, mentre le esportazioni hanno luogo principalmente durante l’estate. Raggiungiamo normalmente i Paesi della Comunità Europea e stiamo lavorando per creare nuovi canali di vendita". Sulla situazione generale del comparto dei piccoli frutti in Italia, Bortolini afferma: "È una situazione che ha visto e vede tuttora una crescita importante, penalizzata in questa fase dal cambiamento di vita indotto dall'emergenza sanitaria, ma speriamo che si possa presto tornare alla normalità. La produzione dei piccoli frutti in Italia è ormai presente in tutte le regioni. Registriamo un continuo aumento dei consumi e notiamo che, essendo il settore disponibile a seguire le richieste del mercato, i margini di crescita sono ancora importanti. L’Italia è ad oggi un importatore di piccoli

frutti, piuttosto che un esportatore, il che ci spinge a cercare soluzioni tecniche e varietali in grado di coprire sempre più periodi dell’anno ed ulteriori quote di mercato”. APOFRUIT Se non sono gli ultimi arrivati, i piccoli frutti sono certamente tra le specializzazioni più recenti del colosso Apofruit, che tuttavia ha tanta voglia di crescere in fretta nel comparto. "Negli ultimi anni i nostri volumi di piccoli frutti - riferisce il responsabile commerciale del Gruppo, Mirco Zanelli sono cresciuti fino a circa 100 tonnellate e in quest’annata prevediamo il raddoppio delle produzioni. I volumi principali sono relativi a lamponi e mirtilli , con uno spazio per more e kiwi berry. Le aree produttive interessate vanno dalla Sicilia alla Basilicata, alla Campania, al Lazio, alla To-

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I consumi mondiali di piccoli frutti in dieci anni sono raddoppiati con un valore che è passato da 600 milioni di euro nel 2005 a 1,3 miliardi nel 2015. Un trend che vede l’Europa protagonista, con il Regno Unito e la Germania ai vertici. Entro il 2020 è previsto un ulteriore raddoppio dei consumi rispetto al 2004. Le esportazioni spagnole verso l’Inghilterra nel 2010 ammontavano a circa 100 milioni di euro, nel 2015 ad oltre 250 milioni. Per quanto riguarda la produzione, dati aggiornati al 2017, la Cina è il Paese con i maggiori volumi con 3,8 milioni di tonnellate (ma praticamente non li esporta), mentre l’Italia è al 14esimo posto. Per quanto riguarda più nello specifico le varie tipologie di berry, la Russia è al primo posto per il lampone (150 mila tons, ma non esporta), l’Italia è al 22esimo posto. Per il mirtillo i maggiori produttori sono gli Stati Uniti (240 mila tons, esportano), l’Italia è al 14esimo posto. I

Paesi europei maggiori esportatori di frutti di bosco sono la Spagna, la Grecia e la Turchia, con questi ultimi due orientati principalmente verso il mercato russo. Tra novembre e dicembre, in particolare per i mirtilli, il mercato europeo è dominato dai piccoli frutti importati da Sudafrica, Perù, Cile e Argentina. L’Italia è un forte importatore, anche se negli ultimi anni ha cominciato ad avere una piccola quota di export grazie ad un nuovo dinamismo delle aziende produttrici. La Spagna però è davanti e allunga il passo. La Onubafruit di Huelva è uno dei più grandi produttori europei di mirtilli e si prepara a rivoluzionare il mercato con un programma varietale e produttivo che dovrebbe permetterle di coprire il mercato europeo da novembre a metà luglio avendo a disposizione volumi pressoché illimitati. Francisco Sánchez, manager dell’azienda, ha dichiarato che Onubafruit disporrà nel 2022 di “almeno 10

milioni di piantine” di mirtillo. Attualmente l’azienda conta su mille produttori. Non sappiamo se un programma così ambizioso sarà realizzato fino in fondo, certo non c’è niente di simile in Italia. Ma gli spagnoli devono stare attenti all’altra faccia della super-produzione: il suo effetto sui prezzi, perché di mirtilli nel mondo se ne producono già tanti. Secondo l’International Blueberry Organization, i volumi complessivi di prodotto (fresco e destinato alla trasformazione industriale) sono passati nel mondo dalle 864 mila tonnellate del 2016 alle 1.165.000 tonnellate del 2018, con un incremento del 35% in due anni. Intanto il vertice dell'Organizzazione internazionale del mirtillo (IBO), che si sarebbe dovuto svolgere a Trujillo, in Perù, tra il 10 e il 12 agosto 2020, è stato ufficialmente riprogrammato. L'evento si terrà nella stessa città peruviana tra il 22 e il 25 agosto 2021.

scana, all’Emila-Romagna, al Veneto, al Trentino e alla Lombardia. Questo per evidenziare come si tratti di un prodotto trasversale in termini produttivi, adattabile con le dovute tecniche a diverse aree produttive, per prolungare al massimo la campagna di disponibilità di prodotto di filiera italiana". "Attualmente - precisa Zanelli siamo in produzione con i lamponi in Basilicata, Calabria e Campania e con i mirtilli in Sicilia e Calabria. Poi, nei mesi prossimi, ci sposteremo con le produzioni soprattutto dei mirtilli in Lazio per poi terminare nelle regioni del Nord Italia. Attualmente abbiamo raccolto circa un 40 % dei volumi previsti”. Nel pacchetto di prodotti del

Gruppo Apofruit, attualmente il valore dei piccoli frutti rappresenta un modesto 2%, ma per le previsioni di aumento ipotizzate e soprattutto per la possibilità dei berry di essere prodotti in tanti territori, Apofruit si aspetta una crescita piuttosto rapida. I berry offrono infatti una grande opportunità per aziende agricole come quelle del Gruppo, che a volte hanno necessità di differenziare le loro produzioni. "I canali di vendita - riferisce sempre Mirco Zanelli - sono per circa il 60% la GDO nazione e per il 40 i Mercati Generali. L’emergenza sanitaria ha impattato nelle prime settimane di chiusura sul consumo dei prodotti freschi a favore di prodotti più conservabili, poi le modalità di acquisto si

sono riallineate portando alla normalizzazione del comparto". Apofruit compera dall’estero piccoli frutti da metà novembre ad aprile. Per l’export vengono gestite quote di prodotto solo nei momenti di massima produzione e per testare un mercato "che ancora deve conoscere le peculiarità del prodotto Italiano che si discosta come sulle fragole da produzioni di altri areali produttivi". Per rispondere alla domanda di clienti internazionali in termini di completamento di gamma e per dare un servizio di continuità agli stessi, in particolari periodi Apofruit ricorre a piccoli frutti acquistati in altri Paesi. Finché la produzione interna al Gruppo non crescerà, questo è anche funzionale allo sviluppo del progetto di

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Dalla Spagna al Perù al Cile Sono questi i “colossi” che ci schiacciano

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category sui piccoli frutti, commercializzati da Apofruit attraverso una linea dedicata a marchio Chicche di Natura. AURORA FRUIT Il Consorzio Piccoli Frutti di Verona, che si presenta al mercato con il marchio Aurora Fruit, produce 250 tonnellate di mirtilli, 200 di lamponi, 100 di more e 30 di ribes rosso. La nuova stagione, nel Veronese, deve ancora iniziare, partirà a inizio maggio con i lamponi, a giugno con i mirtilli e le more, per poi proseguire nelle zone di montagna del Veronese e del vicino Trentino. La produzione diretta del Consorzio, esclusa la fragola, è di 5 milioni di euro a cui si aggiunge il fatturato delle importazioni dall’Emisfero Sud nei mesi freddi. Per il 40% l’azienda vende nella GDO, per il 30 nei Mercati Generali e per il 30% esporta. Quest’ultima percentuale

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è più alta se si considerano solo i mirtilli. In tempi di Coronavirus il mercato è instabile. Dice Luciano Mattivi, il titolare: “L’andamento delle vendite ha risentito dei decreti e dei loro effetti sui punti vendita e sui consumatori. Abbiamo avuto sia qualche momento di euforia sia periodi di depressione, per esempio per la quota venduta nei Mercati all’ingrosso, che però si sono un po’ ripresi quando i negozi di prossimità si sono conquistati, in questa confusione, la loro fetta di mercato. Per fortuna in questa stagione la produzione diretta non è partita. Commercializziamo ancora prodotto di importazione sulla base di quanto ci viene ordinato. Speriamo di non risentire di assenza o penuria di manodopera nelle fasi che seguiranno”. Sulla situazione generale del comparto, Mattivi afferma: “Siamo molto distanti dai consumi del Nord Europa. In Inghilter-

ra chi era nel commercio dei berry ha fatto una fortuna. Gli inglesi li mangiano a colazione. Ne mangiano 20 volte di più degli italiani. C’è stata una campagna molto forte a favore dei consumi perché i piccoli frutti fanno bene. Da noi c’è un maggiore interesse rispetto al passato ma siamo molto lontani dal Nord Europa. Ai berry dovrebbe essere dedicato più spazio sugli scaffali della GDO. Non si dovrebbero vendere solo le confezioni da 125 grammi ma anche quelle da 250, la qual cosa avrebbe un effetto benefico sui prezzi al consumo, che rischiano di essere troppo alti se si vendono solo confezioni piccole. Ciò sarebbe di beneficio al consumatore perché i berry fanno bene davvero con i loro valori di antiossidanti e polifenoli. E i vantaggi ci sarebbero anche per la GDO che potrebbe veder lievitare i fatturati del reparto ortofrutta”. (s.t.)

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Stefania Tessari La fotografia degli ultimi anni del vivaismo dei piccoli frutti in Italia registra un dato inequivocabile. È un mercato all’insegna della crescita. “In generale, possiamo dire che il mercato dei piccoli frutti è, da Nord a Sud, un mercato in crescita, sia per quanto riguarda la richiesta di piante da parte dell’agricoltore sia per quanto riguarda la richiesta del consumatore finale” conferma Alessandro Gualandi, technical and sales manager della Vivai Molari di Cesena. Il panorama attuale deve ovviamente tenere in considerazione la situazione creata dal Covid-19. Questo, rende più ostica l’accuratezza dell’analisi. Non sembra, tuttavia, essere in grado di oscurare la prospettiva di crescita che i vivaisti si aspettano. Le ragioni delle buone performance del mercato dei piccoli frutti sono diverse. “L’attenzione sempre maggiore verso l’alimentazione degli ultimi anni ha messo sotto i riflettori l’importanza dei piccoli frutti nella nostra dieta, sia per i loro preziosi valori nutrizionali, sia per gli effetti benefici del loro consumo”, sottolinea Marco Vuocolo della Vivaio Piccoli Frutti di Eboli, in provincia di Salerno. Un trend di crescita decisamente importante, ma anche caratterizzato da frammentazione. "La ragione principale è da ricercarsi nel fatto che le varietà di recente costituzione sono spesso di proprietà di grandi gruppi commerciali, che cercano di differenziarsi nel mercato della frutta", rileva Ilario Ioriatti, titolare di Berry Verona. E aggiunge: “Questo ha fatto sì che convivano molte varietà diverse, anche quelle non necessariamente migliori, il che rende più difficoltoso il lavoro di Aprile 2020

Vivaisti di piccoli frutti, un lavoro non facile ma in fase di forte evoluzione. Da Ilario Ioriatti a Marco Vuocolo ai manager della Vivai Molari gli specialisti a confronto. Trend di crescita nel 2019 noi vivaisti per coprire il mercato”. Lo scenario appare comunque positivo, anche per il livello di specializzazione raggiunto dai principali players italiani del vivaismo dei piccoli frutti, sia in termini di innovazione varietale, sia di selezione di piante atte a garantire nelle fasi successive di produzione e consumo garanzie di qualità e salubrità. Lo afferma con convinzione Alessandro Gualandi di Vivai Molari: “Grazie a breeder di fama internazionale che lavorano da anni su progetti di ricerca, ad oggi nel mondo dei piccoli frutti si è raggiunto un livello molto elevato di miglioramento genetico e quindi di innovazione varietale”. In tal senso, la chiave per rispondere prontamente ai potenziali rapidi cambiamenti delle esigenze del mercato appare lo sviluppo del breeding. Perseguendo l’obiettivo di innovazione varietale, Berry Verona ha recentemente costituito un’azienda, la Berrytech Srl che “ha rilevato le attività di migliora-

Ilario Ioriatti, trentino dell’Altopiano di Pinè, titolare di Berry Verona

PICCOLI FRUTTI

Troppe le varietà sul mercato E non sempre sono le migliori

mento genetico precedentemente svolte da Berryplant e si occupa ora, come attività principale, di ricerca ed innovazione su lampone e mora nell’area del Triveneto. Vanta già la costituzione di cinque varietà di lamponi e altre tre sono in dirittura d’arrivo”. A livello commerciale, il 2019 è stato un anno positivo con fatturati interessati da crescite più o meno importanti rispetto all’anno precedente. Un ruolo rilevante è svolto anche dalla quota di esportazione verso altri Paesi. Il volume d’affari del mercato estero pesa notevolmente per alcune realtà vivaistiche. Ad affermarlo è Monia Dall’Ara, office and sales manager di Vivai Molari: “I principali Paesi di esportazione risultano essere per noi quelli europei, soprattutto Est Europa e penisola Iberica e fuori dall’Europa soprattutto in Marocco. Relativamente invece all’interesse verso le varietà da noi brevettate, il riconoscimento è mondiale, con ormai tutti i continenti coinvolti. Nello specifico, possiamo segnalare uno sviluppo importante di un progetto in Messico e un avanzamento rilevante per quanto riguarda l’Australia”. Nel caso di Berry Verona la quota di export è limitata e, pur riguardando anche grosse quantità, è legata a progetti a breve termine, specie nei paesi dell’Est. Non risulta quindi strategica. Vivaio Piccoli Frutti precisa invece che la loro fragolina di bosco vanta una richiesta annua crescente anche oltreconfine: “Noi riforniamo l’Italia da Nord a Sud, l’Europa dell’Est e ultimamente www.corriereortofrutticolo.it

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anche il Nordafrica”. Un tema meritevole di approfondimento è quello della specializzazione a livello di prodotti e delle eventuali prospettive di segmentazione dell’offerta. Ioriatti di Berry Verona risponde con convinzione: “Il nostro obiettivo per il futuro è quello di specializzarci sempre più sui piccoli frutti, che rappresentano in realtà un settore variegato e complicato, perché ogni piccolo frutto richiede cure colturali molto diverse dall’altro”. Tra i progetti innovativi di quest’azienda figura quello della vendita on line dei piccoli frutti “perché nel territorio italiano molte aree sono sguarnite di distributori specializzati nel settore hobbistico”. Vivaio Piccoli Frutti precisa che la punta di diamante dell’azienda è la fragolina di bosco, la "fragraria vesca", ma la gamma dei prodotti proposti dall’azienda è comunque eterogenea tra frutta da pianta arborea ed erbacea, e ortaggi misti con coltivazione a tutto campo. Matteo Molari, marketing and communication manager di Vivai Molari, sostiene: "Crediamo che il nostro punto di forza sia l’attenzione alle esigenze ed agli obiettivi dei nostri clienti. L’attenzione al

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prodotto e alle varietà è massima, sotto ogni aspetto. Il nostro catalogo comprende numerosi formati indirizzati a target specifici per coprire al meglio tutte le tipologie di clientela”. E precisa: "I progetti per il futuro sono tanti, rivolti soprattutto al miglioramento genetico delle varietà di piccoli frutti e ai relativi programmi di marketing e branding”. Altri progetti riguardano la tutela di marchi e brevetti, l’ampliamento delle strutture e una maggiore strutturazione aziendale da un punto di vista organizzativo, grazie a un team manageriale già oggi in gradi di portare l’azienda "verso nuovi importanti traguardi futuri”. Interpellati rispetto agli effetti dell’emergenza Covid-19, i vivaisti rispondono in maniera piuttosto univoca: le vendite ai produttori erano state programmate, ma vi è incertezza su una presenza di manodopera sufficiente alla raccolta. “Ad oggi non riscontriamo grossi cambiamenti per quanto riguarda le consegne di questo periodo, che per noi è storicamente il periodo di picco di lavoro - sottolineano a Vivaio Molari . Chiaramente gli effetti si faranno sentire anche nel nostro settore, ma crediamo a scoppio ritar-

dato rispetto ad altre realtà. Le attuali condizioni di mercato stanno cambiando il modo di fare gli acquisti da parte del consumatore finale e questo potrebbe incidere su tutta la filiera”. Da parte sua BerryVerona registra l’impatto del contagio da Coronavirus sul settore hobbistico, "essendo i mesi di marzo e aprile i più importanti dell’anno per le vendite”. Cosa aspettarsi dal futuro, quindi? E qual è il ruolo del vivaismo italiano nel mercato dei piccoli frutti? Gli auspici raccolti sono chiari. “Innovazioni varietali importanti e una migliore cura dei clienti potranno permettere al settore di essere più competitivo e di seguire l’andamento crescente dei consumi”, afferma Ioriatti di Berry Verona. E anche i manager di Vivaio Molari sono d’accordo, precisando l’importanza di nuove varietà "che si possano adattare a nuovi mercati e a nuovi territori” ma che nello stesso tempo rispondano alle aspettative salutistiche dei consumatori. Anche dagli auspici di Marco Vuocolo di Vivaio Piccoli Frutti emergono chiaramente le parole d’ordine per il futuro: innovazione, cura e valorizzazione del made in Italy.

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SERENA PITTELLA. Da La Linea Verde alla AOP Luce, dal Nord al Sud

Dobbiamo crederci di più Chiara Brandi AOP Luce è una realtà da 35 milioni di fatturato e circa 25 mila tonnellate di output, costituita nel 2015 dall’unione delle Organizzazioni di Produttori Giotto di Sessa Aurunca in provincia di Caserta e La Flacca di Fondi (Latina). Quando è nata, l’Associazione di OP raccoglieva l’eredità di un’idea di Gennaro Galdiero, mancato prematuramente nel maggio 2014, che ambiva ad unire i produttori ortofrutticoli dell’areale compreso tra il basso Lazio e la provincia di Caserta. Un progetto che con determinazione e coraggio è stato ripreso e dato a nuova vita da Giacomo Galdiero, Felice Petrillo e Serena Pittella, oggi rispettivamente amministratore delegato, presidente e responsaAprile 2020

Giovane ma con una forte esperienza già alle spalle Serena Pittella lancia un appello al settore: “Puntiamo su noi stessi e sul valore del nostro lavoro. Comunichiamolo. Dobbiamo ripartire da qui”

I pomodori rappresentano il 25% della produzione di AOP Luce, attiva tra Lazio e Campania con 200 ettari di impianti sotto serra e 450 ettari di frutteti

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CHI è AOP LUCE

È un consorzio di Organizzazioni di Produttori che dal 2015 associa parte degli imprenditori ortofrutticoli dell’areale al confine tra Lazio e Campania. Con 200 ettari di impianti sotto serra, specializzati nella produzione di ortaggi e 450 ettari di frutteti (oltre ai 50 ettari di serre dedicati a fragole), AOP Luce è una realtà da 35 milioni di euro di fatturato con una produzione annua di circa 25 mila tonnellate di frutta e verdura. La produzione di ortaggi si concentra principalmente nella piana di Fondi-Sperlonga, lungo la fascia costiera caratterizzata da terreno sabbioso e da un microclima particolare, ideale per la coltivazione di cetrioli, insalate, melanzane, pomodori, sedano e zucchine. Alla lavorazione degli ortaggi è dedicato lo stabilimento di Fondi, in provincia di Latina, di 2.500 metri quadri, la cui superficie è in fase di ampliamento grazie alla realizzazione di ulteriori 2.500 mq. I terreni al confine tra Lazio e Campania, di origine vulcanica, dunque particolarmente ricchi di minerali, sono invece dedicati alla produzione di frutta. La lavorazione e stoccaggio avvengono nell’impianto di Sessa Aurunca, nel Casertano, dove i lavori di realizzazione di un nuovo stabilimento, terminati a maggio 2019, si sono tradotti in 4.000 metri quadri di area al coperto e 8.000 mq scoperti, in aggiunta ai 4.000 mq coperti già esistenti. Giovane e promettente realtà del Centro-Sud, AOP Luce è la scommessa di una nuova generazione di imprenditori agricoli: il presidente è l’avvocato quarantunenne Felice Petrillo, già vice presidente dell’OP La Flacca e vice presidente del MOF (Mercato Ortofrutticolo di Fon-

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di). Petrillo ha saputo portare avanti con successo la professione da giurista senza mai tradire il forte legame alla terra d’origine ed entrando fin da giovanissimo nell’azienda di famiglia specializzata in orticole (pomodoro rosso a grappolo in primis). Amministratore delegato di AOP Luce è il presidente dell’OP Giotto, Giacomo Galdiero. Nato 45 anni fa a Napoli, Galdiero segue sin da piccolo le orme del padre nella gestione dell’azienda di famiglia a Sessa Aurunca (Caserta), specializzata da tre generazioni nella produzione di drupacee e Melannurca Campana IGP.

SERENA PITTELLA

Bresciana, classe 1984, laureata in Economia all’Università degli Studi di Brescia, Serena Pittella trascorre gli ultimi 7 mesi

del percorso universitario in India a studiare le strategie di marketing internazionale delle imprese italiane nelle economie emergenti, in collaborazione con Ferrero. Rientrata in Italia viene assunta all’ufficio marketing di La Linea Verde - Dimmidisì, l’azienda di Manerbio (BS) leader nel comparto della IV Gamma, dove rimane per quattro anni. Trasferitasi in Campania per amore, non lascia il settore ortofrutticolo continuando a lavorare per quella che diventerà AOP Luce. Passano gli anni, alle gioie delle due gravidanze e ai successi lavorativi si alternano il profondo dolore per la perdita del compagno e le difficoltà che ne conseguono. Sono periodi bui che Pittella affronta a testa alta con coraggio e determinazione per realizzare il sogno di portare coesione e unità in un territorio che, per quanto ricco a livello produttivo, sconta fin troppo la sua frammentazione e la disaggregazione organizzativa. Oggi Serena Pittella è responsabile marketing di AOP Luce e vice presidente dell’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta con delega di rappresentanza per la Regione Campania.

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PROTAGONISTI La Melannurca Campana IGP è un fiore all’occhiello di AOP Luce. La domanda di questa mela speciale continua a crescere

bile comunicazione e marketing di AOP Luce. La vision aziendale è chiara e in linea con quella pregressa, così come lo sono i driver che concorrono a raggiungere l’obiettivo finale. Tra questi, la valorizzazione del territorio attraverso i prodotti della terra. “Al giorno d’oggi la crescita di un’azienda non può prescindere dall’innovazione sostenibile, in termini ambientali ed economici. Per noi questo percorso passa attraverso il recupero di varietà antiche ad elevato valore aggiunto, perché radicate nel territorio ma anche elementi importanti della nostra biodiversità nazionale, orgoglio e peculiarità unica che ci contraddistingue da qualsiasi altro Paese in Europa e non solo”, mette subito in chiaro Serena Pittella. Una filosofia che AOP Luce traduce quotidianamente nella pratica dando vita a prodotti straordinari, di origine protetta e/o presidi Slow Food. Un omaggio a sapori di antica memoria, che alimenta l’indotto locale a vantaggio dei produttori e dell’ambiente. Stiamo parlando del sedano bianAprile 2020

co di Sperlonga, dei pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP, delle fragole Favette di Terracina e della Melannurca Campana IGP, vero fiore all’occhiello dell’AOP. “Fino a una quindicina di anni fa la Melannurca rappresentava un prodotto relegato al consumo locale o poco più. Oggi è uscito dal suo status di nicchia e, sebbene rappresenti solo il 5% della produzione melicola italiana, la domanda è in continua crescita, soprattutto al Nord. Un risultato raggiunto attraverso un piano di valorizzazione importante, portato avanti insieme al Consorzio di Tutela di cui siamo soci”, spiega

Serena dà un tocco di qualità all’azione coraggiosa di AOP Luce nata dall’unione delle OP Giotto, con sede nel Casertano e La Flacca, con sede a Fondi. L’organizzazione sviluppa un fatturato di 35 milioni di euro e una produzione di 25 mila tonnellate

Pittella al Corriere Ortofrutticolo. La campagna 2019/20 si è conclusa con soddisfazione per questa varietà: a fronte di volumi in calo rispetto all’anno precedente, a causa di avversità climatiche abbattutesi su un’annata fisiologicamente scarica, i prezzi sono stati più che positivi, confermando il buon momento di una mela dal gusto unico e dalla storia affascinante, che deve il colore rosso vivo e l’elevato grado brix ai 15 giorni di arrossamento passati su appositi cuscini di paglia, chiamati melai, in fase di post-raccolta. Un’altra produzione importante di AOP Luce, pari al 5% dei volumi totali e all’8% del fatturato, è quella delle fragole. L’attuale campagna tuttavia registra un andamento infausto. L’emergenza sanitaria da Covid-19 sta avendo effetti negativi sulla domanda, crollata a marzo tra il 30% e il 40% rispetto alla stagione 2019. “Una contrazione sensibile dovuta in parte alla chiusura del canale horeca e in parte al cambiamento del comportamento di acquisto. In questo periodo di quarantena il consumatore va al suwww.corriereortofrutticolo.it

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permercato con minor frequenza e non si abbandona a gesti di impulso, attenendosi con rigore alla lista della spesa, che per ovvie ragioni non comprende prodotti ad elevata deperibilità come le fragole”. Durante l’ormai famosa ‘settimana di svuotamento’ dei supermercati (tra l’8 e il 15 marzo) anche questi ‘falsi frutti’ hanno seguito un trend in linea con il generale incremento delle vendite. Dalla settimana successiva la situazione ha però preso una piega differente, con richieste significativamente ridotte da parte della GDO e i produttori costretti - in casi estremi - a lasciare il raccolto in campo. Tra fine marzo e i primi giorni di aprile si è tuttavia intravisto qualche spiraglio positivo: “Il mese scorso - precisa Serena Pittella - oltre alla crisi dei consumi abbiamo fortemente subito la concorrenza della Spagna. Con l’arrivo della pandemia anche là, la situazione è cambiata: i problemi logistici e di reperimento della manodopera hanno creato di fatto un blocco alle esportazioni spagnole. A questo si sono aggiunte le politiche di acquisto nazionale intraprese dalla grande distribuzione italiana e la massiccia campagna di comunicazione delle rappresentanze dei produttori, fortemente ripresa dai media generalisti, che si sono riflesse in termini positivi sulla domanda, invertendo un trend negativo che sarebbe stato devastante. Ovviamente ci siamo dovuti adeguare ai prezzi a cui le importazioni spagnole di inizio stagione avevano abituato il mercato, eliminando di fatto il premium price del prodotto italiano. Nei giorni prima di Pasqua, tuttavia, la situazione è migliorata in modo deciso grazie ad un buon aumento dei consumi. La curva ha poi subito una lieve flessione fisiologica alla riapertura dei supermercati dopo il lungo weekend per riprendersi molto bene già da metà settimana con domanda e prezzi in forte aumento". www.corriereortofrutticolo.it

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La campagna delle fragole è dunque la prima a subire gli ‘effetti collaterali' del Coronavirus. Evidenza non riscontrata per le produzioni di ortaggi, che al contrario registrano un aumento delle richieste (anche le lattughe stanno andando bene dopo una prima fase critica). Lo stabilimento di Fondi, deputato alla lavorazione di tutti gli ortaggi dell’AOP, funziona a pieno ritmo, pur nel rispetto delle nuove misure di sicurezza e a dispetto delle gelate che hanno colpito l’areale nei primi giorni di aprile, superate senza gravi problemi poiché le produzioni sotto quasi tutte sotto serra. In questo periodo storico senza precedenti, tuttavia, le possibili minacce sono tante. All’orizzonte si è ormai delineato un’ulteriore criticità, solo in parte scongiurata dall’apertura dei cosiddetti ‘corridoi verdi’, relativa al reperimento e alla gestione della manodopera per le campagne estive. “Attualmente non stiamo riscontrando grandi difficoltà in questo senso ma siamo preoccupati in prospettiva dell’apertura della stagione estiva. Abbiamo bisogno di strumenti contrattuali maggiormente flessibili per andare incontro alle esigenze di tutti, che siano in grado di rispettare la sicurezza dei lavoratori e rispondere ai bisogni della collettività e dei nostri produttori. Da parte nostra abbiamo adottato tutti i dispositivi di sicurezza necessari, introducendo anche lo smart working laddove possibile. In generale - sostiene Pittella - questa pandemia cam-

La valorizzazione del territorio da parte della AOP passa anche dal recupero di varietà antiche: oltre a Melannurca, il sedano bianco di Sperlonga, i pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP e le fragole Favette di Terracina

bierà l’organizzazione del lavoro nel lungo periodo, ovvero anche dopo la fine dell’emergenza, e per questo vorrei venissero affrontate da subito questioni relative al reperimento del personale e alla logistica. Aspetti importanti da definire affinché ci si possa preparare con serenità e in sicurezza all’arrivo della prossima campagna, per noi fondamentale nel tracciare il bilancio dell’intero anno”. Tra i prodotti di punta dell’AOP ci sono infatti le drupacee, che rappresentano il 25% della produzione totale, e i pomodori, un altro 25%. Aspettando l’inizio della nuova stagione, Pittella ha tirato le somme dell’andamento 2019. Per le drupacee, le perdite dovute ai bassi prezzi corrisposti non sono state compensate dagli elevati volumi movimentati; “solo i frutti di calibro più grande, dall’AA a salire, hanno avuto quotazioni premianti”. Per i pomodori, invece, il sentiment è migliore: “Qualche problema di allegagione lo abbiamo avuto con il tondo liscio, i costoluti e il pomodoro oblungo verde con conseguenze sui quantitativi, ma i prezzi sono stati buoni. Durante la campagna abbiamo avuto alcune problematiche con la tuta absoluta (o tignola del pomodoro, uno degli insetti più dannosi per questa pianta) ma siamo riusciti a contrastarla molto bene nel periodo del picco di caldo estivo attraverso mezzi tecnici e biologici. Solo a fine estate la situazione è peggiorata ma fortunatamente la maggior parte della produzione era già stata raccolta e i danni sono stati limitati”. Arrivata a Sessa Aurunca dopo anni trascorsi all’ufficio marketing di La Linea Verde, azienda leader nel comparto della IV Gamma, Serena Pittella ha portato con sé una logica manageriale innovativa e originale se calata nella realtà della prima Gamma di ortofrutta. “Ho cercato di sfruttare le mie esperienze pregresse anche in questo comparto, cominciando da ciò che si poteva valorizzare al meglio, la MelanAprile 2020


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Serena Pittella, sesta da destra in piedi è vicepresidente dell’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta

nurca, e come detto prima, i risultati sono arrivati. Per motivi legati al budget e all’awareness del brand ( AOP Luce produce in gran parte a marchio del distributore), le attività su cui ho puntato sono più dirette al punto vendita, ovvero laddove è possibile arrivare al consumatore comunicando vis-à-vis. Abbiamo realizzato materiale espositivo, cartellonistica e postazioni video, distribuito gadget e previsto la presenza di hostess. In linea con questo abbiamo dato particolare attenzione al packaging, di forte impatto visivo e ‘parlante’. Grazie all’introduzione di un apposito QR Code e di leaflet interni alla confezione, abbiamo cercato di ‘iniziare’ la Melannurca al magico mondo dello storytelling”. Altrettanto importanti le attività sui social, oggi tra i principali canali di comunicazione, ancora più in questo periodo di quarantena. “Al momento stiamo puntando molto sul canale web e social per cercare di comunicare la rilevanza dell’ortofrutta. L’intenzione è di mostrare ciò che c’è dietro ad ogni prodotto, ovvero persone che con le dovute precauzioni lavorano per garantire frutta e verdura salubre e fresca a chi resta a casa. Vorrei ricordare ai consumatori e alle Istituzioni che l’agriAprile 2020

coltura è uno dei motori dell’economia, che non si ferma mai. Nemmeno ora. Lo si dovrebbe tenere sempre presente, anche quando l’emergenza sarà finalmente passata. In una fase di difficoltà senza precedenti, il nostro settore regge l’intera struttura. Non andrebbe mai dimenticato”. In conclusione Pittella fa un appello all’intero comparto: “Crediamo più in noi stessi e nel valore del nostro lavoro quotidiano; uniti cerchiamo di comunicarlo all’esterno, anche ai non addetti ai lavori. E’ da qui che dobbiamo ripartire insieme”. La coesione e l’unità sono per Serena Pittella una strategia importante da adottare per crescere. Un valore che difende insieme alla rete di donne professioniste del settore, l’Associazione Nazionale

L’esperienza ha portato Serena Pittella a queste conclusioni: “I risultati arrivano quando si valorizzano al meglio i prodotti promuovendoli insieme al territorio. Importante il packaging che deve essere di forte impatto visivo”

Le Donne dell’Ortofrutta, di cui è vice presidente e delegata per la Regione Campania. “Con la nostra Associazione, insieme a Citrus l’Orto Italiano e Fondazione Umberto Veronesi, abbiamo appena concluso un’esperienza unica quanto innovativa. Sto parlando del progetto ‘Donne per(il)bene’, dove alla vendita di box di ortofrutta prodotta da alcune delle socie, parte del ricavato è stato devoluto alla ricerca contro i tumori che colpiscono le donne. Purtroppo il periodo di lancio è stato sfavorevole poiché il progetto è stato proposto in GDO nelle due settimane tra l’approvazione dei due decreti emanati per far fronte al dilagare dell’epidemia da Coronavirus. La confusione e il panico generale suscitati da quei primi provvedimenti non si sono mostrati lo scenario ideale per questo tipo di proposta d’acquisto. Sui social però la risonanza è stata straordinaria, con influencer seguitissime che parlavano di noi, delle nostre box e della bontà della frutta e della verdura made in Italy. Un successo eccezionale che mi rende orgogliosa di aver contribuito a raggiungere con la nostra Melannurca e che sprona l’Associazione a riproporre l’iniziativa anche in futuro”. www.corriereortofrutticolo.it

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IMBALLAGGI

Speciale

Sormapeel, Less Plastic. L’imballaggio ultraleggero e riciclabile Sorma, gruppo leader a livello mondiale nella progettazione e realizzazione di sistemi di confezionamento, selezione e pesatura per il settore ortofrutticolo, ha lanciato in occasione di Fruit Logistica 2020 una novità destinata a rivoluzionare il comparto del packaging di frutta e verdura. Si tratta di SORMAPEEL, un’inedita soluzione patent pending sviluppata dal gruppo romagnolo che, in nome dell’economia circolare e frutto di una ricerca pluriennale di proposte funzionali e sostenibili, offre vantaggi concreti a tutta la filiera ortofrutticola e non solo, dal confezionatore, al consumatore finale, fino a chi si occupa del recupero di plastica e carta. SORMAPEEL è la nuova linea di packaging applicabile a tutta la linea di macchinari Sorma e non adibiti al confezionamento di frutta e verdura. La sua adozione non richiede quindi alcun nuovo investimento per modificare o cambiare le macchine già in dotazione. Il secondo punto di forza consiste nelle prestazioni: la nuova soluzione mantiene infatti le medesime caratteristiche di visibilità del contenuto, traspirabilità, resistenza, velocità e forza applicate a tutta linea di confezioni Sorma. Il contenuto di innovazione è dato dall’introduzione di una banda in carta “spellicolabile” (da qui “Sormapeel”), cioè facilmente rimovibile da parte del consumatore, che potrà quindi riciclare separatamente e velocemente la plastica e la carta. Inoltre, la componente in plastica è mediamente inferiore di oltre il 50% rispetto a un imballaggio tradizionale ed è completamente riciclabile: in monomateriale, o tutta in PE (Polietilene ad alta densità) o tutta in PP (polipropilene), rende ancora più semplice e immediato il recu-

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Pratico ed economico, è la soluzione del Gruppo Sorma per l’economia circolare pero del materiale. La banda in carta conferisce a sua volta una molteplicità di vantaggi. In primo luogo, oltre a essere un materiale che conferisce robustezza, permette di avere un film plastico più sottile del 70% rispetto alla norma: la carta funge da protezione al sottilissimo strato di plastica che compone il film. In secondo luogo, questa innovazione vanta l’economicità dei costi (vicini rispetto alla linea standard dell’azienda), rispetto ad altre soluzioni decisamente molto più dispendiose. Grazie quindi al minor contenuto di plastica e alla sostituzione parziale con la carta, la nuova linea è in definitiva ultraleggera, superando sia le versioni in poliaccoppiato eterogeneo non riciclabile che quelle in monomateriale. In concreto, il formato da 1 kg di Rosapack e di Sormabag, rispettivamente 2,79g e 2,22g, è più leggero persino delle retine a clip che pesano 2,88g e non riciclabili. Sormabag da 1 kg, nello specifico, pesa meno di una moneta da 1 cent. “Con SORMAPEEL – commenta Andrea Mercadini, AD del Gruppo – possiamo dire di avere vinto una difficile sfida contro il tempo

e a favore dell’ambiente. Da anni, come Gruppo, siamo impegnati nella ricerca di materiali innovativi e di soluzioni “amiche” di quell’economia circolare sempre più necessaria per il rispetto delle risorse del nostro pianeta. Oggi compiamo un importante passo in avanti perché, in un momento storico in cui è in corso un ampio dibattito sui polimeri plastici e il loro futuro, Sorma offre una soluzione che tiene conto degli aspetti più diversi in termini di packaging: praticità, economicità e recuperabilità. E la convivenza di questi aspetti la rendono una soluzione concreta, che davvero può essere pensata per tutte le linee di prodotto, e non solo per una piccola selezione di categorie specifiche, come la bio. Una soluzione talmente innovativa, peraltro, per cui è in corso l’ottenimento del brevetto”. “Abbiamo inoltre utilizzato materiali di largo consumo – continua Mario Mercadini, Large Scale Manager - dove il sistema di riciclo che sta a valle è consolidato, in grado di gestirli facilmente e di smaltirli in modo efficace, a differenza di altri materiali come ad esempio i prodotti compostabili. Al nostro interno, l’innovazione SORMAPEEL ha comportato un cambiamento nel processo produttivo, ma già da ora siamo in grado di rifornire con costanza tutti i clienti interessati, in ogni Paese del mondo”. Aprile 2020




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Packaging verso nuovi orizzonti spinto da un’innovazione continua Antonio Felice C’è chi è avanti, chi è indietro (bisogna vedere rispetto a che cosa) e chi sta nel mezzo. In ogni caso il settore del packaging per l’ortofrutta è in Italia un settore importante, radicato nei distretti della produzione ortofrutticola, ben presente a livello internazionale, a sua volta globalizzato perché attrattivo per i grandi gruppi internazionali. Fa tanta innovazione. Produce in diversi materiali e in forme e dimensioni le più svariate. E’ sempre più attento al prodotto che contiene al punto, in taluni casi, di interagire con esso per conservarne se non addirittura per allungarne la shelf-life. Offre soluzioni che sempre più valorizzano l'ortofrutta che quindi diventa più attrattiva per il consumatore finale. Il packaging comunica, quasi è diventato parlante. Il settore sta attraversando una cruciale fase di transizione se non di conversione, come nel caso del passaggio dalla plastica punto-ebasta alla plastica riciclabile e alla bio-plastica, dal cartone a nuoAprile 2020

La ricerca sui materiali, dalle plastiche di nuova generazione al cartone, protegge e valorizza l’ortofrutta come non era mai successo in passato

vi materiali misti sofisticati e rispettosi dell’ambiente, all’uso infine di ancor più nuovi materiali vegetali di scarto che dopo studi impegnativi si presentano oggi come soluzioni affidabili e performanti sul mercato mondiale. Decidendo di occuparcene, ci siamo trovati davanti ad un’esplosione di situazioni, di materiali,

di aziende che vogliono dire qualche cosa, anche se alcune non hanno certo bisogno di farsi conoscere. Presentiamo in questo numero la posizione di cinque aziende. Il nostro viaggio negli imballaggi per l’ortofrutta avrà una seconda, importante puntata nel numero di maggio della nostra rivista. www.corriereortofrutticolo.it

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Da 26 anni l’ortofrutta rappresenta per Polymer Logistics - società italiana entrata nel 2019 nel network internazionale della società americana Tosca - il settore di riferimento ed ha portato all’offerta sul mercato di una gamma molto ampia di imballaggi specifici: cassette, bins, pallet, dolly e altro. L’attività ha avuto negli ultimi anni una forte evoluzione. Ne parliamo con Gian Paolo Mezzanotte, managing director di Polymer Logistics. "L’ottica di Customer Social Responsibility dell’azienda - ci riferisce il manager - è sempre stata quella di sviluppare imballaggi in plastica durevoli e riutilizzabili, declinati con gli standards dei diversi mercati internazionli dove Polymer opera, che potessero permettere la massima efficienza nella filiera logistica, la migliore protezione ed integrità dei prodotti ortofrutticoli trasportati, ma soprattutto la più alta sostenibilità ambientale attraverso il design, i materiali, i sistemi e servizi di gestione (noleggio con servizio pooling). "Imballaggi quindi - spiega Gian Paolo Mezzanotte - che da un lato hanno sempre guardato ai concetti di Retail Ready Packaging, cioè al fatto di poter essere immediatamente esposti sulle superfici di vendita, e dall’altro, con la gestione in pooling, hanno pienamente sposato i concetti di 3R (riduzione, riutilizzo, riciclo) e quindi di economia circolare e sostenibilità ambientale ormai ampiamenti comprovati dagli studi di LCA – Life Cycle Assesment svolti nel settore. Inoltre, la nostra mission per la sostenibilità è stata accompagnata in questi ultimi anni da una spiccata vocazione per processi di innovazione dei nostri imballaggi: innovazione di funzione (ad esempio bins con siAprile 2020

Agli imballaggi in plastica durevoli e riutilizzabili prodotti dall’azienda si abbinano sistemi di gestione efficienti sempre più apprezzati dai distributori. Ulteriori sviluppi con il network Tosca

stemi automatici per il sollevamento della base quando svuotati dal prodotto), di processo (sistemi IoT per la digitalizzazione e la tracciabilità) ed in particolare di design. A tal fine, in particolare, occorre ricordare tutta la linea delle cassette abbattibili Effetto Legno che, insieme agli espositori Effetto Legno, hanno rappresentato la migliore soluzione integrata espositiva dei reparti ortofrutta per molte superfici commerciali, garantendo funzionalità, gradevolezza, percezione di genuinità e aumento della shopping experience e dei sell out dei negozi”. Abbiamo rivolto al direttore di Polymer Logistics alcune domande. Eccole, con le sue risposte. Qual’è stata l’evoluzione dei vostri prodotti nel 2019 e come si è chiuso il bilancio economico dello scorso anno per queste categorie di prodotti? "Il 2019 è stato sicuramente un ottimo anno, abbiamo avuto au-

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Effetto legno e servizi di pooling rafforzano Polymer Logistics

menti significativi di attività e giro d’affari, nell’ordine di un 35% sul 2018. Alla base di questi risultati troviamo nuovi ed importanti retailers che hanno scelto le soluzioni di imballaggi in pooling di Polymer Logistics e di conseguenza si è anche notevolemente ampliato il parco dei produttori e fornitori ortofrutticoli serviti. Certamente il driver di questa crescita è stata la linea delle Cassette Wood Effect (Effetto Legno) offerte in servizio pooling. Questo prodotto ha rappresentato una innovazione che il mercato sta sempre più apprezzando in quanto interpreta al meglio la valorizzazione espositiva dell’offerta ortofrutticola nelle superfici di vendita". Come si presenta il primo trimestre 2020? "Il 2020 è cominciato molto bene in quanto si sono attivate nuove collaborazioni commerciali con ulteriori retailers, oltretutto introducendo il pooling di cassette (quindi la sostenibilità) in circuiti di distributori commerciali che precedentemente facevano utilizzo di imballaggio a perdere. L’attuale emergenza sanitaria, pur nella sua drammaticità umana, sociale ed economica per tante persone, ha rappresentato un acceleratore della nostra attività e dei volumi svolti in particolare nelle prime settimane di marzo, con picchi di richiesta di difficile gestione, e tutto questo in relazione alle dinamiche di accaparramento merce ed impennate dei consumi che hanno caratterizzato il mercato in quel periodo. In quewww.corriereortofrutticolo.it

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ste ultime settimane stiamo invece riscontrando volumi di richiesta cassette per ortofrutta che stanno ritornando a livelli più normali. In qualità di azienda che lavora nella filiera agroalimentate siamo consapevoli del fatto di essere stata e di essere una azienda privilegiata, fortunata, che non è stata colpita dal lockdown che invece sta drammaticamente impattando su tante altre attività economiche del Paese, ma allo stesso tempo siamo consapevoli di aver contribuito per la nostra parte alla continuità della filiera e dell’offerta ortofrutticola in momenti difficili. Allo stesso modo siamo sinceramente grati sia ai nostri collaboratori, che in modalità smart working hanno gestito tutta l’attività di coordinamento centrale, sia ai nostri operatori e partners logistici. Consci della fortuna avuta per non aver dovuto interrompere l’attività è stato

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ancora più forte l’impulso ad attivare iniziative di solidarietà verso strutture sanitarie pubbliche." Su cosa si focalizzano i progetti per il prossimo futuro? Come vedete l’evoluzione del vostro mercato di riferimento? "Pur permanendo un’incognita l’andamento del mercato dei prodotti ortofrutticoli nei prossimi mesi in relazione alla possibile erosione del potere d’acquisto di una fascia di consumatori a causa della crisi pandemica, tuttavia, alla luce del continuo allargamento della base dei retailers che si avvalgono del servizio pooling di Polymer Logistics nel settore ortofrutta, il nostro outlook 2020 ci porta a identificare per fine anno un aumento delle movimentazioni nell’ordine di un 75% verso il 2019, il che ci porterà a diventare il secondo player nel segmento

servizi imballaggi in pooling per il settore ortofrutta in Italia. "In parallelo a questo sviluppo commerciale ci stiamo concentrando sulla realizzazione di due nuovi impianti di lavaggio e sanificazione cassette (uno già attivato ad inizio aprile) che si andranno ad aggiungere ai tre già esistenti, per aumentare la qualità e capillarità del servizio offerto. L’aumento delle vendite online sta incrementando inoltre la richiesta di imballaggi riutilizzabili e sostenibili che abbiamo specificatamente sviluppato per questo segmento. Ma soprattutto, il processo in corso di integrazione nel Gruppo americano Tosca determinerà sinergie operative, commerciali e finanziarie per sviluppare attività di imballaggi in pooling anche in altri settori dei prodotti freschi (quali carni, eccetera) dove Tosca è leader di mercato negli USA".

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E’ da tempo e con un certo anticipo che Ulma Packaging ha posto in primo piano la ricerca di soluzioni di packaging sostenibili. Forte di una presenza a livello globale con filiali in 21 Paesi del mondo, Ulma ha sentito la responsabilità di porsi in prima linea nel conciliare crescita e rispetto dell’ambiente. L’introduzione dello slogan “We care” all’interno della propria immagine commerciale rappresenta la nascita di una rinnovata filosofia aziendale che pone la massima attenzione allo sviluppo di sistemi di confezionamento che possano ridurre i materiali di origine plastica e nel contempo privilegino la riciclabilità favorendo il

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Un 2019 molto positivo per l’azienda di Piacenza. Anche il comparto del confezionamento floowpack ha visto uno sviluppo spinto dall’esigenza di materiali vegetali biodegradabili concetto di “economia circolare”. Filosofia che con uno sguardo attento alle nuove generazioni si fa inoltre promotrice dell’utilizzo di materiali di origine naturale che grazie alla loro biodegrabilità possano generare il minimo impatto ambientale possibile. "Il 2019 - afferma Maurizio Zioni, general manager della società, che ha sede a Piacenza - ha confermato la crescita a due cifre del nostro comparto termosigillatura di vaschette preformate che trova

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Ulma, crescita a due cifre con le vaschette preformate

la sua massima espressione nelle categorie merceologiche di uva, ciliegie e pomodoro. Allo stesso tempo anche il comparto del confezionamento flowpack ha vissuto un incremento spinto dalla rinnovata esigenza di utilizzare materiali vegetali biodegrabili e compostabili quali PLA e cellophane che in questa tecnologia trovano ampia applicazione”. Abbiamo chiesto al general manager di Ulma Packaging Italia come si è presentato il primo tri-

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Arrivano in Europa i contenitori in polpa di canna da zucchero Un imballaggio per ortofrutta in polpa di canna da zucchero si sta diffondendo in Australia e Nuova Zelanda ed è disponibile anche in Europa. Lo commercializza l’azienda BioPak di Sidney, leader in Australia negli imballaggi sostenibili, producendolo in partnership con un’azienda cinese. BioPak distribuisce direttamente, oltre che in Oceania, anche in Inghilterra mentre in Europa continentale la distribuzione avviene attraverso l’azienda svedese Duni di Malmö, capofila di Duni Group di cui BioPak è parte. Si tratta di una gamma di vassoi che, superata completamente la fase sperimentale, si presenta in commercio come un’alternativa naturale ai vassoi in plastica per ortofrutta. Jon Owen, responsabile delle vendite di BioPak, ha dichiarato nei giorni scorsi che il vassoio è robusto, repellente all’umidità, resistente alle temperature della catena del freddo e di aspetto gradevole per il consumatore. È inoltre compatibile con le pellicole avvolgenti e può essere termo-saldato. Può entrare nel forno e nel microonde così come nel freezer. È certificato per rispondere agli standard europei come prodotto compostabile. La linea dei vassoi in polpa di

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canna da zucchero è stata inserita nell’offerta BioPak con lo specifico obiettivo del suo utilizzo nel settore ortofrutticolo dopo alcuni anni di sperimentazioni avvenute in Australia con produttori e confezionatori di ortofrutta e la catena di supermercati Woolworths, sperimentazioni superate brillantemente. Il prodotto risponde alle logiche dell’economia circolare. La polpa di canna da zucchero è infatti un prodotto di scarto da cui si ricava qualcosa di utile e sostenibile. In Cina ve n’è una grande disponibilità e proprio un’azienda cinese fornisce la materia prima che viene lavorata attraverso un processo di pressione a vapore. “Abbiamo sentito dai nostri clienti – afferma Owen – che nelle loro conversazioni con i supermercati non dicono solo di fornire ortofrutta di qualità ma anche ortofrutta confezionata con un grande imballaggio”.

mestre 2020 e quale impatto sta avendo sull’attività l’attuale situazione di emergenza sanitaria. Ecco la risposta di Maurizio Zioni: "Credo di poter affermare che il settore alimentare sia tra quelli al momento meno colpiti dalla emergenza sanitaria ed anzi in alcuni comparti stia vivendo una crescita indotta da maggiori consumi. Anche per noi il primo trimestre 2020 presenta contro ogni previsione un incremento di circa il 25% rispetto allo stesso periodo del 2019 le cui ragioni principali sono da ricercarsi in una maggior richiesta di prodotto confezionato per la maggiore sicurezza che rappresenta”. Sui trend del prossimo futuro Zioni non ha dubbi: "Dobbiamo

Maurizio Zioni: “Pronti alle nuove sfide per reggere la domanda di sostenibilità” essere pronti alle nuove sfide che ci si prospettano, consapevoli che si dovranno mettere in campo tecnologie capaci di reggere la domanda di sostenibilità senza rinunciare alla sempre maggiore richiesta di confezionamento che lo stile di vita e le esigenze di igiene e salubrità vanno determinando. In altre parole vedo un mercato del packaging in costante crescita ma sempre più esigente in termini di specializzazione, il che inevitabilmente favorirà le aziende che sapranno mantenere il passo offrendo soluzioni mirate e tecnologicamente sostenibili”. Aprile 2020


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Innovazione e sostenibilità spesso coincidono. Sicuramente vale per Ciesse Paper, l’azienda di Borgo Virgilio di Mantova, che come dice il nome stesso lavora fin dalle origini sul materiale carta e su tutte le evoluzioni di questo materiale in grado di rispondere alle necessità dei clienti che trattano prodotto fresco e freschissimo. Come si sta sviluppando il lavoro di Ciesse Paper in questa direzione? "Siamo stati la prima azienda europea - ricorda Lorenzo Govi, direttore commerciale, della terza generazione dei Govi ai vertici di Ciesse Paper - che a partire dal 1986 ha risposto alle esigenze del mercato lanciando vassoi prodotti solamente con carta, adatti al confezionamento sia con film estensibile sia con flowpack, che stampati con tecniche moderne valorizzano il contenuto dando al contempo informazioni sul prodotto e sul marchio".

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Nell’azienda mantovana innovazione e sostenibilità coincidono da quando sono stati lanciati i primi vassoi prodotti solamente con carta. Quota export del 35% verso i Paesi più evoluti "I vassoi - precisa Lorenzo Govi rappresentano una soluzione sostenibile e rapidamente biodegradabile e soprattutto sono riciclabili se smaltiti nella carta. Oggi utilizziamo più di 250 diversi formati sia in cartone microonda sia in cartone teso per soddisfare le più svariate esigenze dei nostri clienti. Abbiamo introdotto nuovi materiali e modelli che eliminano completamente vassoi e vaschette realizzati in qualsiasi tipo di plastica tradizionale”. Abbiamo rivolto a Lorenzo Govi alcune domande. Eccole, insieme alle sue risposte. Quale è stata, per quanto riguarda il packaging dell’ortofrutta, l’evoluzione dei vostri prodotti di maggior suc-

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Ciesse Paper, combinazioni vincenti tra carta e bioplastiche

cesso nel 2019 e come si è chiuso il vostro bilancio economico dello scorso anno? "Il bilancio economico si è chiuso con un notevole incremento. Per quanto riguarda i nostri prodotti abbiamo continuato il nostro impegno nell’innovazione, con le vaschette con coperchio e finestra in bioplastica (PLA) e con soluzioni 100% carta, come i vassoi accoppiati a fascette (sleeve, letteralmente ‘maniche') realizzate completamente in cartone che sostituiscono i materiali in plastica attualmente utilizzati per il confezionamento. Queste sleeve sono compatibili con le vaschette già correntemente in uso permettendo sempre che il prodotto sia visibile al consumatore. Questa soluzione è già stata adottata sia in

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Come sono andate le vendite all’estero e quali sono stati i mercati con i risultati migliori? “I mercati esteri sono sensibili già da tempo al tema dell’eco-sostenibilità, e questo ha facilitato la nostra crescita. Il Paese in cui maggiormente esportiamo è la Francia, seguita da Svizzera, Germania e Austria, Gran Bretagna e penisola scandinava, tutti mercati molto evoluti. L’export è aumentato anche grazie alla certificazione FSC (Gestione Sostenibile delle Foreste) e alla BRC, che garantisce standard qualitativi

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applicati agli ambienti produttivi. Tali certificazioni hanno dato modo di espandere le vendite in Paesi in cui tali requisiti di qualità sono di fatto auspicati. Aggiungo che negli ultimi anni si è incrementato l’export verso i Paesi dell’Est Europa ed in particolare verso la Repubblica Ceca, Slovacchia , Slovenia e Ungheria. La nostra quota export è del 35%”. Come si presenta il primo trimestre 2020 e quale impatto sta avendo sulla vostra attività e sul vostro mercato la particolare situazione provocata dall’attuale emergenza sanitaria? "L’emergenza sanitaria ha chiaramente comportato un diverso modo di lavorare, anche se l’utilizzo del sistema di gestione BRC, focalizzato sulla qualità e sulla sicurezza igienico sanitaria da noi già applicato, ha velocizzato l’ap-

prendimento delle nuove regole comportamentali da parte dei nostri collaboratori. L’azienda, già in sviluppo dal 2019, non ha subìto contrazioni anche perché con il Covid-19 i consumatori hanno preferito per motivi igienici la frutta confezionata rispetto a quella sfusa".

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Italia che all’estero. Inoltre, a Fruit Logistica 2020 a Berlino e al Macfrut 2019 a Rimini abbiamo presentato un tipo di vaschette in materiale completamente compostabile già adottato da chi produce soprattutto prodotti biologici”.

Su che cosa si focalizzano i progetti dell’azienda per il prossimo futuro? Come vedete l’evoluzione del vostro mercato di riferimento? "Già da qualche anno Ciesse Paper ha iniziato ad investire sulla base del Piano Nazionale Industria 4.0, con l’acquisto di nuovi macchinari. L’intenzione è quella di migliorare il servizio, ridurre le tempistiche e ottemperare sempre più alla richiesta di prodotti personalizzati da parte dei clienti in un mercato che è in continua evoluzione".

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Ringraziare - Grazie ai Produttori Agricoli; - Grazie alle Centrali Ortofrutticole Private e Cooperative; - Grazie alla Distribuzione Moderna e Tradizionale; - Grazie alle Aziende di Trasporto; -

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Angolari di qualità per rispondere alla tenuta in massima sicurezza dell’unità di misura della logistica dell’ortofrutta, il pallet, ma non solo angolari bensì anche soluzioni di imballaggio per rispondere a necessità più ampie. Che effetto ha avuto sull’attività e sul risultato economico di Graziani Packaging questa segmentazione dell’offerta? Come è nata e si è sviluppata questa idea di offrire al mercato non più solo varianti su uno stesso prodotto ma un più ampio sistema di soluzioni? Abbiamo rivolto questa e altre domande al presidente dell’azienda di Mercato Saraceno, 27 km da Cesena, Roberto Graziani e alla marketing and sales manager Alessandra Graziani. "La nostra azienda - precisano Roberto ed Alessandra Graziani ha sempre avuto nella propria storia un range di articoli ampio e variegato. Ciò che è cambiato è solo il passaggio per diversi prodotti dalla commercializzazione alla produzione. Ed in questi ultimi anni, anche a lavorazioni esterne con partnership produttive. Chiaro che il core business dell’azienda si è concentrato soprattutto su materiali relativi alla logistica, tra cui angolari, reggette, reti, sacchi PP e contenitori". Come si è chiuso il 2019 di Graziani Packaging? Come procedono le vendite e la presenza all’estero? "Il 2019 è stato un anno positivo con una crescita costante soprattutto all’estero, sia nell’Unione Europea che oltreoceano. Il fatturato generale è cresciuto del 5%. E’ stato anche un anno di svolta per i nuovi progetti organizzativi e produttivi". Come si presenta il primo trimestre 2020 e quale imAprile 2020

L’azienda romagnola, specialista assoluta degli angolari per pallet, che vende in tutto il mondo, ha accresciuto le sue capacità produttive e commerciali segmentando l’offerta anche di servizi

patto sta avendo sulla vostra attività e sul vostro mercato la particolare situazione provocata dall’attuale emergenza sanitaria? "Il primo trimestre non ha risentito della attuale situazione. Facciamo parte dei codici di filiera essenziali, e quindi abbiamo sempre lavorato. Ad aprile, si è visto un cambiamento più a favore del mercato Italiano e più problematico all’estero. La nostra azienda è stata messa in sicurezza già da febbraio perché lavorando con mercati molto operativi sulla Cina, come il Sud America, abbiamo avuto le prime avvisaglie con un certo anticipo. Ora siamo, piuttosto, molto preoccupati dei danni climatici sia in Italia che in altri Paesi dell'Unione Europea". Su che cosa si focalizzano i progetti dell’azienda per il prossimo futuro? Come vedete l’evoluzione del vostro mercato di riferimento? "Pensiamo che il 2020 sia destinato a divenire un anno di passaggio in attesa di tante nuove soluzioni e strategie. Al momento abbiamo messo in stand-by i nuovi progetti ed abbiamo deciso di studiare nuove strategie organizzative, soprattutto commerciali”.

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La qualità c’è, la sfida di Graziani sono le strategie organizzative

Innovazione ma anche sostenibilità. Come vedete il contributo della vostra azienda alla costruzione di un’economia più sostenibile? "Già da diversi anni lavoriamo su innovazione sia di prodotto che di processo. Oggi abbiamo un controllo di gestione anche produttiva che ha portato il numero di contestazioni, sia di prodotto che di servizio, ad un valore molto vicino allo zero. Nel 2019 è stato portato a termine un progetto triennale che si chiamava ‘Graziani Evoluzione’. Da cinque anni abbiamo un laboratorio interno che ci permette di controllare in tempo reale sia i nostri prodotti e materiali che quelli del nostro network. Nel packaging il principale obiettivo perseguito è divenuto quello di materiali sempre più leggeri con caratteristiche di resistenza meccanica sempre migliori. Con la nostra linea Magic Packaging System® studiamo costantemente questi processi per prodotti bio e compost. Questo naturalmente prevede la partnership con altre aziende Italiane e straniere con le quali procedere in questi progetti, carte o plastiche che siano. Siamo infatti certi che il problema ambientale non si risolva con la scelta dell’uno a scapito dell’altro, bensì con lo studio di una migliore gestione comune sia delle materie prime che dei prodotti finiti. E la diffusione di una cultura comportamentale che, se non seguita, dovrà essere pesantemente sanzionabile. Solo così difenderemo l’ambiente e noi stessi". www.corriereortofrutticolo.it

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CPR System, leader italiana degli imballaggi in plastica riutilizzabili si conferma un’azienda innovativa, proiettata con coerenza sui temi della sostenibilità ambientale e mai come ora questi argomenti sono all’ordine del giorno. L’emergenza di questi mesi ha messo in evidenza il ruolo fondamentale della produzione e distribuzione di alimenti in Italia ed ha suscitato una grande attenzione sul tema della sostenibilità ambientale e della sicurezza alimentare. Sono emersi con forza, in questo momento di grande trasformazione, le priorità per una vita sostenibile: rispettare l’ambiente e difenderlo dall’inquinamento, tutelare la salute con sempre maggiore attenzione a tutta la filiera di produzione alimentare, sviluppare modelli di economia circolare che non producano impatto sulla terra. Con questa consapevolezza e nel rispetto delle indicazioni dell’Unione Europea su questi temi, CPR prosegue dunque con coerenza nella linea della circolarità sostenibile e del riutilizzo degli imballaggi che da sempre è suo elemento caratterizzante e che oggi diventa sempre più importante. Le cassette in plastica a sponde abbattibili CPR System, per l’ortofrutta, ma anche per carne e pesce, sono infatti un esempio vincente di riutilizzo dei materiali nel panorama produttivo italiano e non solo. I pilastri dell’economia circolare, come è noto, sono le 4 R (Ridurre, Riusare, Riciclare e Recuperare) e dovrebbero stare alla base dei processi produttivi in atto r ancora di più nel prossimo futuro. Il riuso o riutilizzo è definito dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs 152/2006 art. 183) come "qualsiasi operazione attraverso

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la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti". Riusare quindi significa non generare rifiuti e reimpiegare all’infinito il prodotto di partenza. Una enorme valenza ambientale e un modello di business che non inquina, questo è il valore del riuso messo in pratica da oltre vent’anni da CPR System. “È evidente - dichiara Monica Artosi, direttore generale di CPR System, che qualsiasi soluzione si scelga per gli imballaggi, prevede un consumo di risorse, indipendentemente dalla materia utilizzata. Il riuso, non creando rifiuti, è il modello di consumo che aiuta l’ambiente. Abbiamo voluto rappresentare questo concetto chiave per la sostenibilità, identificando l’idea del riuso con un boomerang che si lancia, percorre l’ambiente e ritorna sem-

Una rete di 20 centri di lavaggio e deposito distribuiti sull’intero territorio nazionale sono la chiave del successo dell’azienda ferrarese

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Cassette a ciclo continuo senza immettere rifiuti nell’ambiente. È la formula di CPR

pre indietro. Un ciclo continuo, senza immettere rifiuti nell’ambiente". “CPR - sottolinea Monica Artosi – è un esempio virtuoso di come, con il riutilizzo si riesca ad evitare inquinamento da rifiuti nell’ambiente creando un modello a ciclo chiuso. É molto importante in questo momento capire la valenza enorme del riutilizzo per trovare soluzioni adeguate ai tanti problemi di gestione dei rifiuti nell’ambiente.” CPR si definisce un’azienda all’avanguardia "che rappresenta un modello di riferimento di grande interesse per tutta la movimentazione di prodotti nella GDO, non solo per i freschi quali ortofrutta, carne e pesce ma, potenzialmente, per tantissime altre merceologie". Il trend di crescita del gruppo di Gallo è costante, con 150,7 milioni di movimentazioni di cassette a cui seguono 6,7 milioni di movimentazioni di pallet (dati 2019). L’azienda, con base operativa a Ferrara, dove produce tutti gli imballi immessi sul mercato, dispone di 20 centri di lavaggio e deposito, distribuiti sull’intero territorio nazionale.

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Strategia in 2 tappe per Novapack Sud Novapack Sud ha sede a Vittoria, nel cuore di uno dei distretti ortofrutticoli più importanti della Sicilia e d’Italia, e la sua nascita e la sua evoluzione sono a questo territorio strettamente legate. L'azienda ha investito al fine poter utilizzare quote crescenti di materiale riciclato proveniente dal fine vita degli imballaggi scegliendo di convertire l'intera gamma produttiva in materiali R-ecuperabili e riutilizzabili, pricipalmente diminumendo le diversificate sigle dei materiali polimerici verso la grande famiglia degli R-PET. Ne riferisce la responsabile dell’azienda, signora Lisa Pisani. “Siamo testimoni - afferma la signora Pisani - di un’epoca che avverte l’esigenza di conciliare il fattore produttivo con il ‘rispetto per l'ambiente e per il pianeta’, il che ci deve porre in una posizione di ascolto rispetto a ciò che è sostenibile oggi ma anche a ciò che sarà sostenibile domani sulla base di strategie politiche utili a perseguire modelli anche produttivi in grado di segnare un cambio di passo in n-anni. Venendo all'oggi, lo slogan 2020 di Novapack Sud è 'RiCiclo’ perché crediamo che l'unica soluzione a breve sia dotarsi di strumenti utili a garantire la realizzazione di un’economia circolare, che nel nostro settore significa re-immettere nella catena produttiva buona parte del packaging a fine vita, risparmiando tra l’altro i

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L’azienda di Vittoria verso gli R-PET e il cartoncino. Comunque la domanda cresce costi di smaltimento. Nella prospettiva di medio-lungo termine invece, Novapack Sud ha avviato investimenti, in particolare puntando su linee di produzione interamente in cartoncino per offrire ai clienti un’alternativa valida e performante. Grazie alle tecniche di trattamento e laminazione dei materiali utilizzati, l'alternativa cartoncino è oggi una reale soluzione di diversificazione ricercata e gradita anche dalla GDO”. Ma qual’è stata nel 2019 la tenuta degli imballaggi in plastica? Ecco la risposta dell’imprenditrice: "Abbiamo temuto, fino a tutto l'ultimo trimestre, che la demonizzazione della plastica seppure con certificazione R-, determinasse le condizioni di una contrazione della domanda a favore di altre categorie merceologiche. Al contrario, abbiamo assistito ad un aumento della domanda di packaging in materiali plastici certificati che ha espresso un tenore di gran lunga superiore rispetto alla quota, tuttavia crescente, dei materiali eco- sostenibili, tra cui PLA e cartoncino. Occorre precisare che la frontiera tecnologica avanzata raggiunta nell'esperienza dei materiali plastici è an-

cora una prospettiva lontana per i nuovi materiali. Inoltre, le risorse disponibili per l'industria del packaging non sono sufficienti a supportare una conversione significativa. Possiamo quindi dire che l'unica via d'uscita per migliorare o ridurre il terrificante impatto ambientale resta la via del riciclo che, nell'esperienza italiana ed europea, è un virtuoso e potente circuito con sufficienti mezzi atti ad aumentare le quantità e le categorie dei prodotti”. Arriviamo a questa prima parte del 2020. Così la descrive Lisa Pisani: “Ormai è noto. La filiera alimentare ha conservato la propria vivacità anche nel trimestre di emergenza sanitaria. Abbiamo assistito alla rivisitazione dei modelli di packaging ispirati alla sicurezza alimentare, dalle mono-porzioni alle confezioni completamente richiudibili, agli involucri salva-contatto. La ricerca e sviluppo è oggi impegnata ad impiegare materiali completamente ‘barrierati' e in questo la plastica è in totale riuso, con design funzionali. E’ ancora presto per poter analizzare compiutamente l'impatto dell'emergenza sul settore ortofrutticolo, ma possiamo celebrare un momento di patriottismo e italianità a cui non assistevamo da anni. La domanda interna ha premiato il prodotto interno, scegli italiano ha vinto, complice la difficile situazione logistica che ha inciso sull'import ma anche grazie ad efficaci politiche di difesa del prodotto interno a cui abbiamo assistito e che speriamo possano rappresentare un risultato mantenibile”.

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