MENSILE DI
ECONOMIA
E AT T U A L I T À
DI
SETTORE
corriereortofrutticolo THE FIRST ITALIAN MONTHLY ON FRUIT AND VEGETABLE MARKET |
ANNO XXXIII Nuova serie Novembre 2019 Euro 6,00
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PROTAGONISTI ROSARIO TOMASI Da Vittoria al Nord Europa puntando sulla qualità PAG.37 FERRARA • PAG. 29 IL SUCCESSO DI FUTURPERA Nell’anno orribile delle pere una fiera per il rilancio
RADICCHIO ROSSO • PAG. 33 CAMPAGNA IN RECUPERO Produzione posticipata per il clima Aspettative importanti per le feste
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GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR
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La svolta di Coldiretti Cosa sta succedendo in casa Coldiretti? “La Repubblica Affari&Finanza” ha dedicato l’articolo di apertura e ben due pagine a quello che ha definito “la nuova eccentrica superpotenza del lobbismo italiano: la Coldiretti”. La DC era la “Balena Bianca”, la Coldiretti nata 75 anni fa come costola “contadina” della DC, è diventata ora la “Balena Verde”, più viva che mai e la sua forza è data da 1,6 milioni di iscritti e da 4.114 sezioni comunali. Non c’è nessun partito che possa vantare una tale numero di iscritti e una così capillare organizzazione sul territorio!! Inoltre, questa forza le consente ora, come dice il presidente Ettore Prandini “di trasformare, strada facendo, i nemici in alleati”. Da tempo Coldiretti ha stretto rapporti con i consumatori diventando promotrice di nuovi modelli di consumo legati ai prodotti made in Italy e a chilometro zero, ora con Filiera Italia, l’associazione aperta alle industrie e alla grande distribuzione alimentare (si veda, "Così Coldiretti vuole fare piazza pulita di coop, OP, OI e delle altre organizzazioni agricole", sul Corriere Ortofrutticolo, dicembre 2018) , si propone di diventare l’interlocutore diretto del settore agricolo con le altre fasi della filiera, chiamate a difendere le nostre eccellenze alimentari. Proprio per evitare conflitti con Federalimentare che si sente un po’ accerchiata da Filiera Italia, l’organizzazione contadina sta pensando di trasformare la natura della holding che ha creato nel settore agroalimentare da associazione a fondazione, per accentuare i suoi obiettivi ideali e togliere eventuali aree di competizione con l’organizzazione di Confindustria. Le buone intenzioni di Prandini sono tutte da verificare, ma certamente sono un segnale della svolta che sta registrando la strategia di Coldiretti, forte del suo potere e della debolezza delle altre organizzazioni professionali agricole e cooperative, che non può essere messa in dubbio dall’incidente tra SIS, importante azienda attiva nella produzione e vendita di sementi controllata di fatto da Coldiretti, e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Il 9 ottobre 2019 l’Autorità Antitrust ha concluso la propria istruttoria rilevando lo sfruttamento della posizione dominante da parte di SIS a danno di coltivatori interessati alla semina e al raccolto del grano Cappelli, in particolare se non iscritti a Coldiretti. In attesa delle controdeduzioni da parte di SIS, tuttavia questa notizia non vuole essere un subdolo inciso per mettere in dubbio le intenzioni dl Prandini, ma un avvertimento che non tutti, soprattutto la vecchia Coldiretti, condividono la sua strategia. Un recentissimo segnale della volontà di Prandini di
✍ Corrado Giacomini *
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trasformare i nemici in alleati è la sua partecipazione, non prevista, all’Assemblea della Alleanza Cooperative Agroalimentari e della Pesca con un intervento nel quale ha aperto e chiesto la collaborazione su alcuni temi urgenti per l’agricoltura italiana: i dazi, le sanzioni al mercato russo, le carenze nella logistica e le difficoltà nel settore lattiero caseario, anche rivedendo, come chiede Granarolo, la posizione di Coldiretti circa la durabilità del latte fresco. Sul fatto che ci fosse una situazione di tensione tra le storiche organizzazioni della cooperazione (Confcooperative, Lega delle Cooperative e Associazione Generale Cooperative Italiane) e Coldiretti non ci sono dubbi, dopo che Coldiretti, accusando la cooperazione storica di tutti i misfatti possibili, aveva creato la propria organizzazione UECOOP. Non solo, per contrapporsi alla forza di Coldiretti le altre organizzazioni professionali agricole e quelle cooperative si sono anche unite in Agrinsieme. Purtroppo la politica, soprattutto in questi ultimi tempi, ci ha abituato che non si può mai dire mai, è anche vero però che questa politica ci ha mostrato che non si può raggiungere assieme un obiettivo se non si ha qualche cosa in comune. Mi auguro che Coldiretti e Alleanza delle Cooperative Italiane trovino quello che le unisce, altrimenti c’è il rischio che anche questa diventi solo una operazione di potere.
EDITORIALE
CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
*economista agrario
La Balena Verde ha cambiato passo ✍ Lorenzo Frassoldati
Caro Corrado, solo una postilla alla tua lucida e documentata analisi. Anch’io ho notato un cambio di passo della Coldiretti con la presidenza Prandini, dopo gli anni un po’ grigi e burocratici del suo predecessore Moncalvo. Un cambio di passo sui temi dell’internazionalizzazione, dell’export, delle infrastrutture, del
PUNTASPILLI
TRACCE Tracce del principio attivo del Viagra , il sildenafil, sono state trovate in un integratore alimentare in Inghilterra. E’ scattata l’allerta, ma il prodotto è andato a ruba. Perché non provarci con la nostra frutta, in crisi di consumi? *
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gap logistico ed energetico. In una parola si parla (finalmente) di rilanciare la competitività delle imprese, non solo di mercati contadini, chilometro zero e protezionismo a tutti i costi. Un’altra grande novità ci riguarda (positivamente) da vicino ed è la rinnovata attenzione al sistema ortofrutta, e non può che far bene al comparto che attraversa una fase di forti difficoltà sia per la cimice asiatica sia per il combinato disposto di prezzi bassi-consumi calanti-export in ritirata. E’ evidente che la Coldiretti non vuole più fare solo il sindacato, anche se la sua forza viene da lì. Vuole giocare a tutto campo come una grande forza sociale, economica e anche finanziaria grazie a quell’hub di importanti relazioni societarie e imprenditoriali messo in piedi con la doppia operazione Filiera Agricola Italia e Bonifiche Ferraresi. Da un lato si guarda al consumatore con la vendita diretta e i mercati di Campagna amica, dall’altro si cercano rapporti diretti con l’industria alimentare e la Grande distribuzione: ecco in sintesi la strategia del ‘tutto campo’. Inoltre l’aver puntato da sempre su una comunicazione martellante ha condizionato favorevolmente l’atteggiamento dei media e della politica a livello nazionale e regionale che spesso guarda alla Coldiretti (e alla sua forza elettorale) come l’unico sindacato agricolo in campo. Inevitabile che tanta arrembante strategia bipartisan
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(Coldiretti va d’accordo con tutti: con Renzi, Salvini, Di Maio, con Conte, con i giallo-verdi e i giallo-rossi, con i ministri di tutti gli schieramenti…) abbia creato qualche mal di pancia da un lato sul fronte imprenditoriale (Federalimentare) e dall’altro sul fronte cooperativo dove - dopo la nascita di ACI - la competizione è davvero spietata in particolare dopo il rilancio di UECOOP Coldiretti e la campagna-acquisti lanciata dalla nuova centrale nella casa ‘amica’ di Confcooperative. Ma anche qui piccoli segnali di svolta, e la presenza di Prandini alla recente assemblea di Alleanza Cooperative Agroalimentari - che tu segnali e che era passata quasi sotto traccia - fa capire che sono passati i tempi della competizione senza esclusione di colpi; o quantomeno sono prove di dialogo. Resta il fatto che mentre nel mondo delle imprese la tendenza all’aggregazione e alla semplificazione è una strada obbligata, in agricoltura continuano a duellare la Coldiretti da un lato e dall’altro il fronte opposto riunito in Agrinsieme (Confagricoltura, CIA, Copagri e Cooperazione) come fossero nemici e volessero cose diverse, mentre invece quasi sempre vogliono le stesse cose ma ogni schieramento le persegue per conto proprio. L’esperienza di Agrinsieme poi sembra motivata più che altro dalla necessità di fare fronte comune allo strapotere di Coldiretti che dalla volontà di creare qualcosa di nuovo…
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EDITORIALE
CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
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CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
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11 GEMMA EDITCO SRL - VIA FIORDILIGI, 6 - 37125 VERONA - I - TEL. 0458352317 /e-mail:redazione@corriereortofrutticolo.it / Poste Italiane Spa Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/04 n.46) Art. 1, comma 1, DCB VR
Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi, Mariangela Latella, Maurizio Nasato Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Duccio Caccioni, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore) Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 6.12.2019
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affermato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.
Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10%
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THE ROME TABLE 2019. Un evento utile con incontri di qualità
RUBRICHE EDITORIALE La svolta di Coldiretti
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La Balena Verde ha cambiato passo
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NOTIZIARIO
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FRESH CUT Vienna paradiso del fresh cut soprattutto se è biologico
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ATTUALITÀ Primo Piano - The Rome Table La formula funziona: incontri di qualità e buona organizzazione 19
DISTRIBUZIONE&MERCATI Il 2019 di Conad ha segnato l’aggancio con Coop Italia 41
Primo Piano - The Rome Table Una terza edizione che ha fatto la differenza grazie alla selezione dei buyer e all’efficienza dello staff 20
Selex oltre il muro degli 11 miliardi, punti vendita cresciuti del 33% in un solo anno 42
Primo Piano - The Rome Table Soddisfatti i partner. Enrica Onorati: “L’evento ci ha convinto” 22
Il network VéGé ingloba Bennet con i suoi 63 ipermercati
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Esselunga inventa il formato ‘la Esse’
Primo Piano - The Rome Table Mercati arabi interessati all’Italia E il Kenya attende frutta estiva 23
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Cambiamenti radicali ai vertici di Finiper-Unes
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LA DISTRIBUZIONE VISTA DA VICINO Il 39% della frutta di IV Gamma finisce nel bidone. Gli scarti nelle buste di insalata raggiungono il 29% 46
Primo Piano - The Rome Table Il battesimo della IV Gamma con Conor, McGarlet, Ortoromi, L’Insalata dell’Orto e Lady Leaf 26 FUTURPERA. Ferrara risponde alla crisi
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Vince la sfida Supermercato24
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L’annus horribilis della pera italiana: danni da cimice per 267 milioni euro
MONDO Zespri entra nel business del red
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Il dossier pere in primo piano nella trattativa con la Cina
Osservatorio sul mercato europeo degli agrumi
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LOGISTICA L’ombra cinese sui porti
Primo Piano - Radicchio Il cambiamento climatico impone una nuova programmazione 33
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Nuovi collegamenti di Maersk
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Copertina - Protagonisti ROSARIO TOMASI Da Vittoria al Nord Europa
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Bilancio 2018-19 di Melinda: superati 12 mesi non facili Il 27 novembre l’assemblea generale ordinaria dei soci del Consorzio Melinda ha approvato a larga maggioranza il bilancio consuntivo relativo all’esercizio 20182019 (1.8.2018 - 31.7.2019), così come illustrato dal presidente Michele Odorizzi, dal direttore generale Paolo Gerevini e dallo staff di direzione del Consorzio, con il supporto del revisore dei conti della FTC. Dopo una valutazione dei dati, è stato condiviso che i risultati ottenuti durante la scorsa stagione sono stati i migliori possibili rispetto ad uno scenario mondiale drasticamente negativo a livello commerciale. Un ricavo quello di Melinda indice di una struttura consortile che resiste alla crisi, grazie all’attenzione peculiare ed unica a tutto ciò che concorre a costruire il successo commerciale: dall’organizzazione sul campo alla razionalizzazione dei costi, al massimo efficientamento dei processi, alla promozione di una marca sempre più leader, fino alla presentazione del prodotto sul punto vendita. Il fatturato complessivo ha raggiunto i 256,8 milioni di euro (248,3 milioni con le mele e 8,5 milioni con i piccoli frutti). Alle 16 cooperative consorziate sono stati liquidati 172 milioni di euro. Il totale conferito di mele nel 2018 è stato pari a 443.600 tonnellate mentre nell’estate 2019
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sono state conferite 1.555 tonnellate di ciliegie e frutti di bosco. Questo il commento del presidente Odorizzi: "Il lavoro di tutti ci ha così permesso di chiudere un anno in modo dignitoso, soprattutto considerato il contesto di fortissima pressione commerciale europea e mondiale del nostro comparto".
Il Gruppo Salvi entra nel capitale di Bonifiche Ferraresi "L’investimento in Bonifiche Ferraresi SpA rappresenta per noi un importante passo nel percorso di crescita e sviluppo di tutti i comparti nei quali siamo leader da 125 anni, con grande attenzione all’innovazione e all’internazionalizzazione delle nostre filiere e un forte stimolo a nuove strategie per il futuro”. Con queste parole Marco Salvi (nella foto), ha annunciato il 28 novembre, durante la giornata di inaugurazione della terza edizione di Futurpera, l’entrata nel capitale sociale di BF SpA, il più importante gruppo agroindustriale italiano quotato alla Borsa di Milano. L’investimento in Bonifiche Ferraresi, che proprio in provincia di Ferrara, a Jolanda di Savoia, ha il nucleo produttivo più importante, è funzionale allo sviluppo di numerose sinergie in tutti gli ambiti in cui è presente Salvi, dai vivai fino alla commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli.
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La filiera frutticola contraddistinta dal marchio Salvi vede oggi coinvolte oltre 1.500 imprese agricole, due società commerciali, due consorzi e 8 cooperative di produzione, 4 poli per la conservazione e il confezionamento dei prodotti, 7 centri di raccolta, oltre all’attività vivaistica di Salvi Vivai. BF SpA è una holding di partecipazioni, quotata alla Borsa di Milano, che vede tra i suoi azionisti investitori istituzionali, istituti di credito ed imprenditori privati. La società è attiva, attraverso le sue controllate, in tutti i comparti della filiera agroindustriale italiana: dalla selezione, lavorazione e commercializzazione delle sementi (attraverso SIS Società Italiana Sementi SpA), alla proprietà dei terreni dai quali si ricavano prodotti agricoli 100% made in Italy, alla loro trasformazione e commercializzazione attraverso un proprio marchio di distribuzione (Le Stagioni d’Italia) oppure in partnership con le più importanti catene della GDO. La società è anche presente nel mercato dei servizi a favore degli operatori agricoli (attraverso IBF Servizi SpA in partnership con ISMEA, ente finanziario del ministero dell'Agricoltura). “Siamo felici e orgogliosi che il nostro omino verde che caratterizza il nostro brand, sia entrato
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a cura di C CSO SO It Italy aly
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a cura di C CSO SO It Italy aly
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Modera: Moder ra a:: Rossella Ro ossellla Gigli, Giglii, caporedattrice capor a re edattricce F Freshplaza re eshplla azza
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Modera: Moder ra a: Ivano Valmori direttore Va almorri dirre ettto orre di Agr Agronotizie ro onotizie
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ESPO SIZIONE CERTIFIC A ESPOSIZIONE ATA TA
nel mondo di BF Spa – ha precisato Marco Salvi -. Oggi due tra le più importanti realtà industriali del Ferrarese sono impegnate con serietà per consolidare le reciproche posizioni di leadership a livello nazionale producendo nuove e significative ricadute per il territorio di riferimento".
Via libera all’export di kiwi in Corea del Sud e Colombia Dal 21 novembre è ufficialmente possibile esportare kiwi in Corea del Sud anche per la campagna commerciale 2019/2020. Un risultato importante, esito dei sopralluoghi svolti dal 4 all’8 novembre scorsi da parte delle autorità coreane in quattro frutteti e stabilimenti, presi a campione tra quelli inseriti negli elenchi ufficiali in Veneto, Emilia-Romagna e Lazio, ovvero Frutta C2, Consorzio Frutteto, Agrintesa ed Agrilepidio. L’ “on site survey” è una visita annuale imposta dall’accordo bilaterale siglato tra Italia e Corea del Sud nel 2012 propedeutica all’apertura dell’export stagionale dei kiwi. In base alla comunicazione rilasciata dal ministero dell’Agricoltura italiano emerge soddisfazione in merito all’organizzazione della recente visita, tale da permettere una valutazione effettiva
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della gestione degli impianti secondo quanto richiesto dal protocollo. Rispetto al futuro, l’ispettrice coreana di competenza ha ritenuto che tale ispezione debba continuare a ripetersi ogni anno prima dell’inizio delle spedizioni. "Come CSO Italy siamo soddisfatti di questo esito e vogliamo ringraziare l’ICE per il supporto offerto, le imprese che si sono rese disponibili a ospitare le autorità asiatiche, i Servizi Fitosanitari di Veneto, Emilia-Romagna e Lazio e il Ministero", ha commentato Simona Rubbi, responsabile dei rapporti internazionali di CSO Italy. "Raccomandiamo a tutti gli operatori - sottolinea Rubbi - di prestare sempre la massima attenzione quando si esporta in mercati lontani e difficili, mantenendo un elevato senso di responsabilità collettiva". Una notizia altrettanto positiva arriva dalla Colombia, dove dopo tre anni riaprono i porti per i nostri kiwi. Nel 2016 era infatti stato imposto un blocco al prodotto italiano a causa del rinvenimento di organismi ritenuti nocivi come acari della specie Amblyseius Andersoni e del genere Allothrombium. "A seguito delle trattative e della documentazione predisposta, grazie anche al supporto e alla collaborazione di alcune imprese socie, CSO Italy è lieto di comunicare che le autorità competenti del Paese sudamericano hanno accettato le misure proposte a novembre 2018", dichiara la
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stessa Rubbi. “Ricordando che i suddetti accordi non prevedono il cold treatment - precisa a tal proposito - gli esportatori italiani dovranno richiedere il permesso di importazione attraverso la piattaforma SISPAP (Sistema de Información Sanitario para Importación y Exportación de Productos Agrícolas y Pecuarios) oltre a porre in essere tutte le misure di controllo, pulizia, inclusa l’aspirazione e la spazzolatura dei frutti, volte a garantire l’eliminazione degli organismi nocivi, specialmente quelli presenti nella parte esterna dei frutti. Dovranno poi essere assicurate tracciabilità e rintracciabilità del prodotto attraverso la tenuta di appositi registri, così come la pulizia dei materiali e degli imballaggi utilizzati”. Agli operatori è inoltre richiesto di assicurare le aree di lavorazione e carico per evitare infestazioni di insetti e organismi nocivi. Per quanto riguarda i controlli ufficiali, gli ispettori fitosanitari italiani dovranno controllare prima della spedizione un campione di 600 frutti per lotto, in accordo con lo standard ISPM 31.
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Il Pepero one Dolcce Italiano o
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VA ALORRE NEL PDV FEDELTÀ PROMOZIONI
Perla Nera diventa Bio e firma un’intesa con Canova L’anguria Perla Nera ha approcciato la stagione vendite 2019 con un’importante campagna social che ha visto anche la collaborazione di alcune influencer e un’impattante campagna televisiva. Per la prima volta infatti Perla Nera è approdata sul piccolo schermo con uno spot pubblicitario ed una telepromozione con Gerry Scotti nella veste di testimonial d’eccezione. Il lavoro sulla qualità e la spinta della campagna media ha portato Perla Nera ad affermarsi come brand riconosciuto ed apprezzato dai consumatori, un vero successo. La scorsa stagione sono stati inoltre effettuati i primi test di commercializzazione di una piccola quantità di Perla Nera Biologica che ha dato buoni risultati e ha quindi dato la spinta alla società consortile per cercare un partner commerciale per la realizzazione di un progetto ad hoc per il lancio di Perla Nera nel mercato biologico. Il partner è stato individuato in Canova srl, società del Gruppo Apofruit per la commercializzazione dei prodotti biologici, che dalla stagione 2020 si occuperà di vendere tutta la produzione Perla Nera Biologica nelle migliori catene della GDO e nei mercati specializzati. Bruno Francescon, presidente della Società Consortile Perla Nera, ha dichiarato: “Crediamo che il successo di Perla Nera possa essere esteso al mercato del biologico per offrire anche ai consumatori più sensibili un’anguria di alta qualità. Abbiamo trovato nell’azienda Canova, del gruppo Apofruit, il partner ideale grazie alla approfondita conoscenza del mercato biologico e al servizio che sono in grado di offrire ai clienti”. Ernesto Fornari, direttore di CaNovembre 2019
nova: “A partire dal prossimo giugno offriremo sul mercato la Perla Nera Biologica, siamo fortemente convinti che questa partnership di ampio respiro porterà a veicolare un prodotto premium biologico ad altissimo valore aggiunto. Oltre al prodotto classico venduto tal quale proporremo anche una soluzione di prodotto in fetta, non escludiamo inoltre un possibile co-branding Perla Nera – Almaverde Bio”. Perla Nera appartiene alla varietà Fashion, esclusiva dei tre partner dell’omonima società consortile OP Francescon, Peviani Spa e OP La Mongolfiera del gruppo Fratelli Giardina -. Essa rappresenta l’eccellenza delle angurie a buccia scura seedless di circa 4-6 kg. È caratterizzata da un elevato grado brix, mediamente superiore ad un’anguria tradizionale, con polpa croccante, un aroma unico e un’elevata digeribilità.
tra l’altro si è registrato un crollo verticale della Red Delicious. La buccia della Cosmic Crisp è di colore rosso scuro costellata di tante piccole macchie (lenticelle) più chiare. La presenza delle macchie sul colore scuro della buccia ha ispirato il nome Cosmic, perché secondo i produttori la buccia ricorda il cielo stellato. Ma una delle caratteristiche principali della nuova mela pare essere senza dubbio la conservabilità. Si parla di oltre dodici mesi. Insomma Cosmic Crisp - che è un marchio registrato e con rigorose licenze di coltivazione che impedisce di effettuarla al di fuori dello Stato di Washington - riuscirebbe a resistere in celle frigorifere ad atmosfera controllata per oltre un anno. Anche per questo, ma non solo, in passato la nuova varietà era stata definita “la più promettente e importante mela del futuro”. Lo Stato di Washington ci crede così tanto che è arrivato ad investire dieci milioni di euro per promuovere la nuova varietà. L’obiettivo è arrivare a poco più di due milioni di confezioni nel 2020-2021 e 21,5 milioni entro il 2026. Il Sud Tirolo non è stato a guar-
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Tra le mele irrompe l’americana Cosmic Crisp Debutta con 3.000 tonnellate Cosmic Crisp, nuova cultivar di mela nata negli Stati Uniti dall’incrocio di Enterprise e Honeycrisp dopo un ventennio di prove e innesti e selezionata dalla Washington State University. Lo Stato di Washington manterrà l’esclusiva per la coltivazione delle Cosmic Crisp per i prossimi dieci anni. Domenica 1 dicembre la mela a stelle e strisce ha visto il suo debutto commerciale negli Stati Uniti, dove punta a rivoluzionare il mercato in cui negli ultimi anni
dare. VOG e VIP si sono subito garantiti i diritti esclusivi di produzione e commercializzazione della varietà. Potranno inoltre usare il marchio per l’Unione Europea, l’Europa Orientale e i Paesi del Mediterraneo. I primi impianti sono stati messi a dimora con l’intento di coltivare i primi 500 ettari. I primi test commerciali arriveranno nell’autunno dell’anno prossimo per poi aumentare nel 2021-2022. www.corriereortofrutticolo.it
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Pannitteri si lancia nell’arancia bionda Prima stagione con 3.500 tonnellate Arancia Rosaria diventa anche bionda. È partita nella seconda metà di novembre la nuova avventura dell’OP Pannitteri che ha lanciato sul mercato la nuova tipologia di arancia con lo storico marchio. “Si tratta di prodotto esclusivamente italiano”, vuole precisare Aurelio Pannitteri, presidente dell’organizzazione di produttori di Belpasso (Catania). “Le richieste dei clienti e dei nostri produttori (sono una trentina i soci dell’OP siciliana, ndr) ci ha consentito di scommettere su questa nuova tipologia”. Le bionde a marchio Rosaria hanno dato riscontri commerciali positivi. “La risposta è stata subito
delle bionde, si allungherà da cinque a otto mesi, da novembre a giugno.
molto buona. Siamo molto fiduciosi sul prosieguo della campagna commerciale”, ha dichiarato l’imprenditore catanese. L’avvio del progetto prevede 3.500 tonnellate di prodotto coltivato su 240 ettari. “Siamo partiti con il mercato nazionale, ma l’obiettivo - afferma Pannitteri - è anche inviare la merce all’estero”. L’Arancia Bionda Rosaria si affianca così alle altre arance “marchiate”, l’Arancia Rossa Rosaria e la Baby Rosaria. Alle 30 mila tonnellate prodotte su 1.200 ettari nell’area ai piedi dell’Etna, ora si aggiungono quindi i volumi e le superfici della nuova nata. La stagione inoltre, grazie all’ingresso
L’ortofrutta debutta a Bologna con Marca Fresh Marca Fresh, nuovo concept dell’edizione 2020 di Marca by BolognaFiere, ideato per rendere protagonista il comparto dei freschissimi nel mondo della MDD, ha registrato a inizio dicembre un sold-out delle partecipazioni da parte di aziende della produzione ortofrutticola. Saranno infatti presenti a Bologna il 15 e 16 gennaio: AOP Luce, Agroama, Apofruit Italia, Canova/Almaverde Bio, Euro Pool System, Fri-El Greenhouse, Gestione Servizi Integrati, Annatura, La Costiera,
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Masseria Fruttirossi, OP Ortonatura, Oranfrizer, Ortoromi, Polymer Logistics Italy, Semillas Fito’ Italia, Torti Patate. La prima edizione del nuovo format all’interno di MarcabyBolognaFiere è dedicata al mondo ortofrutticolo con un taglio specialistico e verticale e punta a favorire il confronto tra gli operatori della produzione, della distribuzione e dei servizi su un tema di grande rilevanza: l’innovazione sostenibile. Il format consta di un’area, La Piazza dei Freschi, ospitata all’interno del padiglione 29 su una superficie di 250 mq, organizzata in spazi espositivi per 15 aziende protagoniste della produzione ortofrutticola e operatori media di settore. Mentre i momenti di approfondimento e confronto avranno luogo presso l’Agorà. Sono previsti seminari a cura delle aziende ed in occasione dell’apertura, avrà luogo il workshop, curato da SG Marketing, dal titolo “Ruolo dell’innovazione sostenibile per il consumatore italiano e le strategie del trade a sostegno delle performance del reparto ortofrutta”. In questa occasione verrà presentata un’indagine trade e consumer ad un parterre di player della produzione e della DM nazionale. Sono già in fase di studio le prossime edizioni, sempre inserite all’interno di MarcabyBolognaFiere, che si focalizzeranno, dopo l’ortofrutta, su altri comparti del segmento, declinati sempre in ottica MDD. A MarcabyBolognaFiere nella scorsa edizione erano presenti 750 aziende espositrici.
SanLucar in Italia in partnership con Giuliano e Aurorafruit La multinazionale SanLucar ha ampliato in novembre la propria presenza in Europa con la nascita Novembre 2019
di SanLucar Italia Srl, con sede a Verona. Dopo il successo sui mercati tedesco e austriaco, la multinazionale è sbarcata in Italia insieme a due attori del settore ortofrutticolo italiano: Giuliano e Aurorafruit. Da oltre 25 anni SanLucar collabora con la famiglia Giuliano per produrre uve di alta qualità provenienti dalla Puglia. La collaborazione con l’azienda è rafforzata da questa nuova avventura, mentre un nuovo maestro coltivatore si unisce a SanLucar per la fornitura esclusiva di fragole e piccoli frutti: Aurorafruit. Fondata nel 2008, Aurorafruit riunisce la pluriennale esperienza di produttori selezionati della montagna trentina e della pianura veronese. Queste due zone di produzione hanno una sinergia territoriale che permette la raccolta di fragole e bacche di qualità da aprile a dicembre. "Da tempo abbiamo voluto entrare in Italia e portare gradualmente al consumatore italiano la nostra vasta gamma di prodotti, disponibili tutto l’anno e con un comune denominatore: la qualità e il sapore eccezionale”, afferma Stephan Rötzer, fondatore e proprietario di SanLucar. “In Giuliano e Aurorafruit abbiamo trovato la collaborazione perfetta per intraprendere con successo questa nuova avventura in Italia". SanLucar è un marchio premium globale per il settore ortofrutta con filiali in Germania, Austria, Benelux, Spagna, Dubai, Ecuador, Sudafrica e Tunisia. L’azienda è stata fondata nel 1993 da Stephan Rötzer di Monaco di Baviera e oggi impiega circa 2.800 persone, la maggior parte di essi distribuiti nelle proprie aziende agricole in quattro continenti.
Con più di 100 varietà di frutta e verdura provenienti da oltre 35 Paesi, SanLucar è uno dei marchi con la più ampia gamma di prodotti di alta qualità sul mercato. SanLucar si sta espandendo negli stati del Golfo, in Russia e Canada.
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Pofferi di ACI nominato tra i vicepresidenti di COGECA Leonardo Pofferi, responsabile delle politiche europee di Alleanza Cooperative Agroalimentari, è stato nominato il 28 novembre vicepresidente di COGECA, il principale organismo di rappresentanza del settore delle cooperative agricole e della pesca europee, per il triennio 2020-2022. COGECA (Confederazione generale delle Cooperative agricole dell’Unione Europea) rappresenta gli interessi specifici e generali di circa 40 mila cooperative agricole che impiegano pressoché 660 mila addetti e rappresentano un fatturato annuale complessivo di oltre 300 miliardi di euro in tutta l’UE. Alla guida di COGECA è stato nominato lo spagnolo Ramon Armengol, che sarà affiancato da sei vice presidenti, in rappresentanza rispettivamente di Francia, Germania, Spagna, Italia, Polonia, Danimarca e Finlandia, tra cui Pofferi. Soddisfazione è stata espressa da Giorgio Mercuri, presidente Alleanza Cooperative Agroalimentari per il quale “la nomina è un grande motivo di soddisfazione per l’Alleanza e per tutta la cooperazione agroalimentare e della pesca, di cui Pofferi saprà farsi valido interprete”. Leonardo Pofferi, 49 anni, dal 1999 in Confcooperative, è attualmente responsabile dell’ufficio di Bruxelles. Dal 2014 è Presidente del comitato coordinamento cooperativo di COGECA. www.corriereortofrutticolo.it
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Rocco Zuccarella nuovo presidente del Club Candonga Cambio al vertice del Club Candonga, il Consorzio di valorizzazione della fragola della Basilicata. Dopo cinque anni di presidenza di Carmela Suriano, fondatrice del Club, il testimone passa a Rocco Zuccarella, giovane imprenditore del Metapontino e socio del Club dalla sua fondazione. “Il successo del Consorzio - spiega Carmela Suriano - è il risultato di un lavoro di squadra. La passione e l’impegno di tutti i soci hanno consentito di dare visibilità e valore alla nostra fragola, una cultivar di qualità superiore per caratteristiche organolettiche, salubrità e provenienza. Credo sia opportuno un avvicenda-
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mento dei soci alla guida del Consorzio, soprattutto dei giovani imprenditori come Rocco Zuccarella, per consolidare i risultati ottenuti e avviare nuovi progetti nel settore della fragola e dei piccoli frutti”. Zuccarella ha dichiarato: "La presidenza sarà svolta in continuità con la precedente e ci concentreremo sui temi strategici per il Club incentrati sul miglioramento della qualità delle produzioni e sulla valorizzazione del marchio".
Radicchio di Chioggia IGP: terzo mandato per Boscolo Palo Giuseppe Boscolo Palo è stato confermato per la terza volta presidente del Consorzio di Tutela del Radicchio IGP di Chioggia.
Nel triennio 2019-2021 sarà affiancato anche da un giovane vicepresidente: Mattia Perini, eletto nel CdA in rappresentanza della Organizzazione Produttori OPO Veneto. L’assemblea consortile ha confermato anche i produttori Vittorio Agostini, Emanuele Baldin, Michele Boscolo Nale, Roberto Boscolo Bacchetto e Claudio Ferro, presidente della Cooperativa CAPO di Conche e Roberto Pavan dell’azienda di confezionamento PEF. “Credo che questo gruppo dirigente sia stato riconfermato - afferma Giuseppe Boscolo - in quanto costituito da persone e organizzazioni fortemente motivate e decise ad agire per l’affermazione sul mercato nazionale ed internazionale del Radicchio di Chioggia IGP. Proseguiremo assieme, caparbiamente, nella sua valorizzazione e diffusione con azioni ancora più stringenti per
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mantenere viva nei produttori e nell’intero comparto la fiducia nell’investire in questo prodotto espressione del nostro territorio, confidando nel valore aggiunto, in termini di tracciabilità e qualità, espresso nell’area a Indicazione Geografica Protetta. Sarà un lavoro impegnativo, specie in questi tempi difficili per il comparto ortofrutticolo e per l’economia in generale, e soprattutto dovremo riuscire là dove finora l’azione intrapresa dal Consorzio non si è tradotta in una piena affermazione, ossia nell’aumento delle produzioni certificate e in una ancor più marcata identificazione del Radicchio di Chioggia attraverso la sua storia, le sue peculiarità e le caratteristiche che lo rendono unico e irriproducibile”. “Le azioni sviluppate in questi anni trascorsi - procisa il riconfermato presidente - ci hanno fatto conseguire visibilità anche oltre i confini nazionali. Inoltre, il ruolo fondamentale del Consorzio è stato confermato anche dal ministero delle Politiche Agricole, che ci ha rinnovato anche per il prossimo triennio l’incarico a svolgere le funzioni di tutela del prodotto e vigilanza in collaborazione con l’Ispettorato Centrale di tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari".
Gli investimenti in innovazione recuperabili con C2B4Food Recuperare gli investimenti in innovazione e sviluppo è possibile, utile e necessario. Sono centinaia le aziende agricole che investono in tecnologia e dati. Spesso però sottostimano gli sforzi che fanno e soprattutto non recuperano quello che spetta loro per legge. Serre tecnologiche, impianti di lavorazione del prodotto collegati via internet ai rispettivi centri di assistenza, raccolta dati con satelliti e droni, guida automatica senNovembre 2019
za operatore per i veicoli, elettrificazione: sono solo alcuni esempi di quello che succede in agricoltura. “Oggi non di rado - afferma Paolo Beltrami della società di consulenza C2B4Food con sede a Suzzara (Mantova) - sono le aziende stesse a fare innovazione, ricerca e sviluppo. L’azienda agricola è diventata il centro, il motore ed il produttore delle proprie soluzioni. Si tratta di investimenti che è necessario conteggiare nei propri bilanci e fare emergere, soprattutto perché recuperare l’investimento tramite le misure a favore della ricerca e sviluppo è possibile”. Che cosa far rientrare nel conteggio? “Le voci sono tante - precisa Beltrami, agronomo attivo da 25 anni nel settore dei progetti innovativi in Italia e all’estero - ed a volte consistenti, soprattutto per le aziende con personale tecnico. La prima voce da considerare sono proprio i tecnici dipendenti adibiti all’analisi del problema, alle sperimentazioni ed alla raccolta dei dati. Si tratta a volte di persone che vengono completamente sollevate dalle attività ordinarie e preposte alla sperimentazione. Poi ci sono i materiali utilizzati nelle parcelle, le consulenze esterne, le analisi funzionali dei software ed il loro sviluppo fino alla versione precedente l’utilizzo, lo studio delle soluzioni esistenti e l’analisi di fattibilità della loro applicazione, il prodotto non venduto perché sottoposto ai test ed, in parte, anche il costo dell’amministratore che spesso partecipa in prima persona alle sperimentazioni”. I dati a disposizione di C2B4Food dicono che una quota variabile, a seconda delle voci, tra il 25% ed il 50% di quanto speso può essere recuperata e il modo più rapido
per farlo è il credito d’imposta. La misura è cumulabile con altre forme di incentivo. La società di Suzzara ha sviluppato una procedura specifica per le aziende agricole di vari settori e la sta applicando con successo insieme ai suoi clienti. “Oltre al recupero dei benefici fiscali - sottolinea Beltrami - ci interessa far emergere l’investimento in agricoltura come un modo tangibile di garantire il consumatore ed essere imprenditori all’avanguardia”. Informazioni: info@c2b4food.com / pbeltrami@c2b4food.com
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Solo packaging plastic-free per la frutta esotica di McGarlet McGarlet, tra le più forti aziende italiane nell’importazione e distribuzione di frutta esotica, ha presentato Biopack, il nuovo packaging ecosostenibile e completamente plastic-free. L’azienda di Albano Sant’Alessandro, in provincia di Bergamo, ha varato la linea eco-sostenibile al 100%, per il massimo rispetto dell’ambiente a favore della Terra: tutte le referenze di frutta esotica verranno infatti confezionate in vassoi completamente biodegradabili e realizzati in cartone derivato dalla lavorazione di legname proveniente da foreste rinnovabili (certificazione FSC®). A questo si aggiungono le etichette e il film trasparente plastic-free, completamente compostabili e smaltibili nell’organico. Biopack, il packaging ecosostenibile di McGarlet, è - come informa la stessa azienda - il risultato finale di un’intensa fase di progettazione, ricerca e sviluppo portata avanti a stretto contatto con i fornitori, con l’obiettivo di eliminare definitivamente la plastica dagli imballaggi. I consumatori potranno così trovare sui banchi dei reparti ortofrutta dei superwww.corriereortofrutticolo.it
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mercati frutta esotica con packaging rispettoso dell’ambiente e realizzato con materiali biodegradabili e compostabili. In questo senso il nuovo packaging McGarlet è dotato nella parte inferiore di infografiche (immagine sottostante) per comunicare al consumatore il corretto smaltimento di tutte le componenti. A fine estate McGarlet aveva presentato il nuovo sito web
www.mcgarlet.it, punto-chiave dell’operazione di restyling dell’immagine aziendale. La storica realtà bergamasca ha infatti aperto un nuovo portale, più interattivo, coinvolgente, ricco di contenuti e approfondimenti dedicati, che è diventato parte fondamentale della nuova comunicazione aziendale, sempre più improntata allo story telling digitale anche attraverso i profili social. Oltre al
nuovo sito, McGarlet ha dato il via anche al restyling del logo aziendale, in cui campeggia, oggi come ieri, la figura stilizzata del pirata, accompagnato dal nuovo payoff “Exotic since 1927”. Logo e payoff evocano una storia che parte da lontano quando, nel 1927, il cavalier Felice Gandolini iniziò ad importare frutta esotica (al tempo banane) dalle colonie d’Africa, spinto da un naturale spirito d’avventura. Attitudine professionale, preparazione culturale e capacità relazionali hanno fatto del cavalier Gondolini il concessionario del Regio Monopolio delle Banane nella commercializzazione di questo frutto all’epoca poco diffuso in Italia. Spirito d’avventura, voglia di creare relazioni umane e desiderio di conoscere popolazioni, tradizioni e coltivazioni dei più remoti Paesi del pianeta sono ancora i valori che contraddistinguono McGarlet.
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La formula funziona: incontri di qualità e buona organizzazione Due giorni con 492 incontri d’affari, 120 aziende presenti tra cui 25 straniere provenienti da 16 Paesi e 5 catene della distribuzione nazionale. Questo è stato The Rome Table 2019 in cifre, anche se il dato più importante, quello relativo al volume d’affari sviluppato al B2B romano del 7 e 8 novembre scorsi, è impossibile da quantificare ma c’è un indicatore non secondario: la soddisfazione espressa dai partecipanti, sia italiani che stranieri per l’utilità e la qualità degli incontri e l’efficienza dell’organizzazione. Tra i partner dell’evento Italia Ortofrutta Unione Nazionale. Così il suo presidente Gennaro Velardo: “Questo evento funziona nel senso che è utile alle nostre aziende. Si sta dimostrando, quest’anno più che nelle due precedenti edizioni, un’occasione davvero unica. Ho infatti notato tra i nostri associati presenti agli incontri una grossa soddisfazione". Novembre 2019
Il 7 e 8 novembre nella capitale l’ortofrutta italiana ha goduto di un evento utile: 492 incontri d’affari, 120 aziende presenti tra cui 25 straniere e 5 catene della GDO italiana
Un momento di The Rome Table 2019. La catena croata Plodine incontra un potenziale cliente italiano supportata da un servizio di traduzione
Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati e direttore generale del CAR di Roma, part-
ner di The Rome Table: “Sono rimasto piacevolmente sorpreso. Ho visto un’atmosfera vivace e www.corriereortofrutticolo.it
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Foto di gruppo di una larga maggioranza dei buyer italiani e stranieri presenti a The Rome Table 2019 a conclusione della prima giornata di incontri d’affari. Gli stranieri presenti erano provenienti da 16 diversi Paesi
Una terza edizione che ha fatto la differenza grazie alla selezione dei buyer e all’efficienza dello staff di Antonio Felice Ha scritto su facebook il commerciale di un’azienda italiana di IV Gamma: “Ritorniamo a casa dall’evento The Rome Table 2019 contenti e soddisfatti con tanti amici in più da tutto il mondo e contratti già fatti per la distribuzione a Dubai e Kuwait”. Per chi ha organizzato per la terza volta questo B2B internazionale dedicato all’ortofrutta, iniziativa unica in Italia nel suo genere, ma impresa non facile, che richiede buona organizzazione e mesi di lavoro, queste sono le uniche soddisfazioni che contano. I riscontri raccolti sull’evento svoltosi a Roma il 7 e 8 novembre tra la maggioranza dei partecipanti sono peraltro positivi come mai prima e improntati ad uno sviluppo dell’iniziativa che tornerà nella capitale nell’autunno del 2020 con più buyer internazionali e più catene della distribuzione italiana, che quest’anno si sono affacciate a The Rome Table per la prima volta con 5 insegne: Conad, Eurospin, Gros Roma, Alì e Migross. Ma a fare la differenza con le due precedenti edizioni di The Rome Table sono stati molteplici fattori: la selezione dei buyer (per fare solo un esempio, erano presenti alcuni dei più quotati importatori arabi), la mancanza di defezioni tra gli stessi (la seconda edizione aveva avuto il neo di qualche defezione importante che non si era riusciti a colmare con valide alternative anche perché erano state defezioni dell’ultimo momento), uno staff con maggiore esperienza, più preparato e rafforzato da risorse umane in grado di esprimere qualità (che dunque ha potuto funzionare estremamente bene), una location adatta a rispondere alle esigenze dell’evento nel migliore dei modi (l’A.Roma Lifestyle Hotel nei pressi di Villa Pamphili). E ultimo fattore ma forse il più importan-
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te è stato l’affinamento della formula: un B2B secco, con pochi discorsi di contorno e tanti, tantissimi incontri d’affari, un fattore questo che distingue nettamente The Rome Table da una fiera di settore ma anche da incontri simili che avvengono in giro per il mondo quasi sempre collegati a momenti seminariali che a Roma proprio non ci sono stati. C’è invece un’emergenza: i produttori italiani devono esportare di più e debbono contemporaneamente recuperare sul mercato interno. The Rome Table è stato e vuole essere nel prossimo futuro una risposta concreta a questa duplice esigenza. Più di un buyer estero ha promosso The Rome Table con questo argomento: quando partecipiamo a una fiera di settore riusciamo a fare da sei a otto incontri d’affari al massimo al giorno ma in un contesto distratto da relazioni che si sovrappongono e da pause legate a momenti conviviali e di pubbliche relazioni, qui invece si possono fare fino a 20 incontri al giorno avendo a disposizione un tempo esclusivo da dedicare ad ogni singola azienda che si presenta. Possiamo aggiungere anche un altro elemento che, se opportunamente sviluppato, può dare un ruolo decisamente interessante a questo B2B: The Rome Table è l’unico evento dedicato all’ortofrutta che si svolga nel Centro-Sud del nostro Paese ovvero nell’area che esprime la produzione maggiore, la più grande varietà di specialità, di tipicità, che possono dare, se valorizzate, una marcia in più all’ortofrutta italiana. Inoltre, le autorità che sovrintendono alla produzione e alla commercializzazione ortofrutticola della capitale si stanno accorgendo di The Rome Table, di un evento che funziona, che può contribuire al ruolo internazionale di Roma nel settore specifico. Poi, come per ogni cosa, chi vivrà vedrà.
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questo ci dice che, senza nulla togliere alla funzione delle fiere, le imprese hanno bisogno di avere momenti di incontro molto stretti nel tempo anche per diversificare le proprie conoscenze". Enrica Onorati, assessore all’Agricoltura della Regione Lazio, principale sostenitore istituzionale, visitando The Rome Table la sera del 7 novembre, si è così espressa: “Ho sotto gli occhi un evento che sta funzionando molto bene, molto utile alle aziende laziali e italiane che intendono aprirsi ai contatti internazionali indispensabili oggi, in questo mercato globalizzato, per accrescere il proprio business. Non posso che esprimere grande soddisfazione e ribadire il nostro appoggio convinto ad un’iniziativa valida che mette Roma al centro di relazioni internazionali necessarie alla crescita del settore agricolo”. Sempre il 7 novembre ha visitato The Rome Table il vicepresidente di Confagricoltura Nicola Cilento e anche da lui sono arrivati commenti decisamente positivi per un’iniziativa che "in soli tre anni ha saputo irrobustirsi e crescere perché utile alle aziende”. The Rome Table 2019 si è tenuto per la prima volta all’interno dell’A.Roma Lifestyle Hotel, per l’organizzazione di Omnibus e grazie al sostegno dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Lazio, con l’agenzia regionale ARSIAL, e alla partnership di FruitImprese, Italia Ortofrutta Unione Nazionale, CSO Italy, Italmercati, Fedagromercati e Confagricoltura. L’evento ha inoltre avuto il sostegno di Euler Hermes, la società di assicurazione del credito presente in oltre 50 Paesi, parte del Gruppo Allianz, che ha valutato il profilo economico-finanziario dei buyer stranieri partecipanti, provenienti da Francia, Scandinavia (Svezia e Danimarca), Svizzera, Polonia, Croazia, Ucraina e inoltre da Medio Oriente (Kuwait, Dubai, Giordania, Libano), Kazakistan, Brasile, Argentina,
Giuliano Canella di Alì supermercati, una delle 5 insegne presenti a Roma, durante uno dei numerosissimi incontri d’affari che ha sostenuto a The Rome Table. Sotto l’azienda araba Promar di Dubai incontra Stefano Pezzo di Cherry Passion
Kenya e Uganda. Tra le aziende italiane due debutti: quello della IV Gamma che si è presentata con Ortoromi, Conor, L’Insalata dell’Orto, Lady Leaf e Mc Garlet, e quello della distribuzione italiana con Conad, Eurospin, Gros Roma, Alì e Migross.
Buona partecipazione delle OP del Centro e del Sud. La quarta edizione nell’autunno 2020. A gennaio saranno annunciate le date
Numerose ancora una volta le OP del Centro e del Sud ma non sono mancati i grandi nomi del settore a partire da Salvi-UNACOA. E’ stata l’edizione del balzo in avanti, ma Omnibus ha davanti ulteriori margini di miglioramento. Quello che la società organizzatrice si augura dopo questa terza edizione è di aver gettato le basi per un significativo sviluppo di The Rome Table. La quarta edizione si terrà a Roma nell’autunno 2020. Le date saranno annunciate nel corso di ‘Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana’ il prossimo 24 gennaio a Genova. www.corriereortofrutticolo.it
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Soddisfatti i partner. Enrica Onorati: “Sosteniamo The Rome Table con convinzione” A testimoniare l’importanza attribuita a The Rome Table 2019 dalla Regione Lazio Assessorato all’Agricoltura, le dichiarazioni e la visita dell’assessore Enrica Onorati, che ha voluto sottolineare il suo sostegno convinto non solo all’evento ma al settore ortofrutticolo laziale: “Patrociniamo e sosteniamo con molto piacere e convinzione manifestazioni come The Rome Table che, attraverso la promozione di incontri B2B, sono in grado di fornire alle nostre aziende ortofrutticole regionali delle concrete occasioni di apertura o consolidamento del mercato nazionale ed estero”. Nel pomeriggio del 7 novembre Enrica Onorati ha potuto intrattenersi con le aziende laziali presenti al B2B romano e sempre nell’ambito della stessa visita ha avuto incontri con il vicepresidente di Confagricoltura Nicola Cilento e con il presidente di Italia Ortofrutta Unione Nazionale Gennaro Velardo, pure presenti. Enrica Onorati ha espresso soddisfazione per The Rome Table congratulandosi con gli organizzatori. La Regione Lazio è stata, attraverso l’agenzia regionale ARSIAL, il main sponsor istituzionale. Del resto l’occasione era proprizia per un comparto ortofrutticolo laziale che sviluppa numeri importanti ed elevati standard qualitativi. Dopo il comparto chimico-farmaceutico, è proprio l’ortofrutticolo a dare il maggior contributo all’export del Lazio che nel secondo trimestre 2019 ha fatto segnare, complessivamente, uno straordinario +27%. Solo nel territorio dell’Agro Pontino nel 2018 l’ortofrutta ha fatturato oltre 180 milioni di euro (la metà del totale della produzione delle OP laziali che ammonta a 360 milioni). Numerose le iniziative dell’Assessorato a fa-
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Enrica Onorati, Assessore all’Agricoltura del Lazio, con Nicola Cilento, vice presidente di Confagricoltura e Gennaro Velardo, presidente Italia Ortofrutta
vore del settore, non ultimo il convegno dello scorso 19 settembre all’Auditorium Ente Parco Nazionale del Circeo di Sabaudia (Latina) su “Ortofrutta del Lazio La Rete che crea valore”, nel corso del quale era stata pure sottolineata l’importanza dello svolgimento a Roma di un evento come The Rome Table che mette al centro con concretezza lo sviluppo delle potenzialità dell’ortofrutta laziale e italiana. Nel corso della sua visita, l’assessore ha fatto una dichiarazione su un progetto che interessa il settore ortofrutticolo: “Siamo impegnati nel progetto della Zona Logistica Speciale (ZES) del porto di Civitavecchia in cui la Regione Lazio svolgerà un ruolo determinante soprattutto dal punto di vista della sburocratizzazione e semplificazione delle pratiche amministrative e commerciali. Si
tratta di un’iniziativa che apre orizzonti nuovi per il commercio ortofrutticolo laziale e non solo. L’obiettivo che ci siamo prefissati è di semplificare tutto quello che sta dietro la logistica; di aggregare filiere e comparti diversi tra di loro come pesca, merci, produzioni primarie e agroalimentari. È necessario riorganizzare la disciplina per favorire lo sviluppo di opportunità e rendere agevoli gli investimenti. Dobbiamo essere attrattivi per potenziare al massimo i nostri hub portuali”. Anche il CAR sta ponendo attenzione agli sviluppi portuali a Civitavecchia. Il Centro Agroalimentare di Roma ha del resto in essere un’intesa con l’Autorità Portuale di Civitavecchia. Il dg di CAR e presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini è stato tra le autorità presenti a The Rome Table.
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Mariangela Latella La partecipazione di grandi buyer mediorientali a The Rome Table ha messo in luce le ultime dinamiche di mercato che si stanno sviluppando in quella regione che possono costituire opportunità interessanti per i nostri esportatori e che confermano il ruolo strategico della piazza mediorientale per i prodotti ortofrutticoli italiani. “Con una finestra di mercato tra marzo e luglio dove non abbiamo mele e kiwi - ha spiegato a Roma Firas Ammar Abdul Ghafour, manager operations and amministrations di Batrouni Global Fruits Trading, operatore primario nella distribuzione all’ingrosso del Libano - guardiamo con crescente interesse al prodotto made in Italy. In questa fascia temporale il prodotto arriva soprattutto da Francia e Italia perché, anche se non siamo un Paese ricco, cerchiamo prodotti di qualità. I dazi nel nostro Paese sono elevati per cui una cassetta di mele può arrivare sul mercato anche a 10 dollari. Se a quel prezzo non corrisponde una certa qualità, non si vende. Le varietà di mela più apprezzate sono quelle tradizionali come Gala, Golden, Red Delicious e Granny. Un buon periodo per vendere è anche Natale, soprattutto per quest’ultima varietà, dove, anche se c’è ancora la nostra produzione sul mercato, spesso i nostri produttori stoccano la merce per rivenderla dopo ad un prezzo migliore”. Una tendenza degli ultimi due o tre anni che si sta sviluppando in Libano, è la nascita di supermercati specializzati solo nella vendita di frutta e verdura. Un canale esclusivo che ha fatto impennare la quota di mercato della GDO nella distribuzione ortofrutticola Novembre 2019
Dal Medio Oriente la rappresentanza più nutrita di compratori. Secondi sono stati i polacchi, interessati a dare risposte ai consumatori che a Varsawia cercano prodotti di qualità
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Mercati arabi interessati all’Italia E il Kenya attende frutta estiva
Gli incontri d’affari a The Rome Table durano 20 minuti scanditi da un timer
in un Paese in cui ha sempre avuto un ruolo dominante il canale tradizionale dei mercato all’ingrosso. Oggi la quota di mercato della GDO nella vendita di ortofrutta supera per la prima volta il 50 per cento. Gli Emirati Arabi Uniti confermano il ruolo di hub per la distribuzione ortofrutticola in tutta la regione mediorientale anche se hanno perso un po' di smalto. L’accordo appena siglato da Promar Trading, con sede proprio negli Emirati, con un partner saudita per la distribuzione nel vicino Paese, con debutto a gennaio, aprirà un ulteriore canale verso una piazza altrettanto strategica che si rivolge, a sua volta, al mercato del Kuwait, dell’Oman o del Bahrein. “Gli Emirati - ci ha detto Abdalla Sadek, category in charge F&V di Promar Trading - sono un importatore netto dal momento che
avendo un territorio desertico, riescono a soddisfare solo il 5% della domanda di prodotti ortofrutticoli. Il nostro obiettivo è quello di cercare di costruire valore aggiunto con prodotti di buona qualità. L’Italia per noi è interessante per le mele, i limoni, i kiwi ma anche per pesche e nettarine”. Non manca l’attenzione anche per i prodotti ad alto valore aggiunto come le baby leaf di IV gamma, dove l’Italia è leader produttivo. “Il fresh-cut sta crescendo nell’appeal dei nostri consumatori - ci ha detto a Roma T.X. Borgio, assistant general manager di Fit Fresh (Emirati Arabi) che provengono da diverse parti del mondo e richiedono prodotti facili da consumare. Le varietà che ci interessano maggiormente sono la rucola, la valeriana, la mitzuna e la red chard”. Interessata al made in Italy anche www.corriereortofrutticolo.it
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Sopra, uno dei numerosi incontri B2B. Sotto, Juan Gonzalez, sales director della argentina Salix Fruits
la Giordania che guarda al Belpaese come ad una valida alternativa, più vicina geograficamente, al competitor olandese, presente tradizionalmente nell’area mediorientale. "Importare dall’area del Mediterraneo - ci ha detto Ibrahim Abu Qaoud di Daisy Gates for International Trade - per noi è più conveniente sia in termini di qualità del prodotto che affronta un viaggio più corto, che in termini di costi. Cerchiamo soprattutto mele e kiwi e quelli olandesi sono senza sapore e costano molto”. The Rome Table ha visto anche una buona rappresentanza di aziende polacche. In quel Paese cresce la presenza di kiwi e mele greci mentre occupano una posizione di riguardo prodotti spagnoli, in particolare agrumi e verdure. Il prezzo è il fattore che fa guadagnare terreno ai produttori ellenici ma è determinante anche la struttura distributiva del mercato ortofrutticolo polacco, dominato sostanzialmente da un big retailer, Jeronimo Martins che con la sua catena di store Bedronka ed una flotta di quasi tremila punti vendita in tutto il Paese -detiene una quota di mercato nel trade ortofrutta che sfiora il 70%, seguito, al secondo posto Novembre 2019
dalla catena discount tedesca, Lidl. In questo quadro, il prodotto italiano sta perdendo quote in
Mele e kiwi restano i due cavalli di battaglia dell’export italiano. Ma nell’Est Europa le nostre aziende commerciali possono trovare spazio anche con la frutta esotica. Interesse anche per limoni, pesche e nettarine
Polonia a causa della sua scarsa competitività sui prezzi che regolano gli acquisti di un Paese fortemente orientato al risparmio e senza una cultura agroalimentare particolarmente marcata che spinga verso valori di salubrità e qualità propri dell’ortofrutta. Tuttavia la Polonia è il mercato Est-europeo più in crescita e non può essere trascurato. “Lo spazio dove può al momento giocare l’Italia – ci ha spiegato Kinga Materska, marketing manager di Fresh World, importatore ortofrutticolo legato al mercato all’ingrosso di Bronisze, il più grande in Polonia, a 20 minuti di www.corriereortofrutticolo.it
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Il battesimo della IV Gamma con Conor, McGarlet, Ortoromi, L’Insalata dell’Orto e Lady Leaf Per la prima volta la IV Gamma si è affacciata - e lo ha fatto con forza - sulla ribalta di ‘The Rome Table’, l’evento B2B dedicato all’ortofrutta che quest’anno ha fatto un deciso balzo in avanti sia organizzativo che qualitativo. Da parte italiana la IV Gamma si è presentata con Ortoromi, Conor, L’Insalata dell’Orto, Lady Leaf e Mc Garlet partecipando attivamente agli incontri B2B, in programma nel corso della due giorni romana, alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato. Quello che ha colpito gli organizzatori dell’evento è l’attenzione crescente verso la IV Gamma da parte dei buyer esteri e non solo provenienti dalle piazze più vicine, come, ad esempio, quelle del Nord e dell’Est Europa ma quelle più lontane a cominciare dal Medio Oriente per arrivare nell’Asia centrale (in particolare il Kazakistan). Le evoluzioni di mercato emerse rivelano la crescente spinta all’export di un settore per sua natura poco vocato, causa la delicatezza della materia prima, che lascia immaginare possibili sviluppi tecnologici in funzione della logistica di lungo raggio. Il readyto-eat del resto si sta consacrando come tendenza globale che non risparmia i Paesi con abitudini alimentari tradizionali e radicate, e un po’ tutti si guardano attorno per rispondere alla domanda crescente. Nel mondo arabo, ad esempio, portare a casa un’insalata già tagliata e lavata sta diventando quasi uno statussymbol, qualcosa di cui non si può fare a meno. McGarlet è parsa decisamente interessata al mercato kazako per le sue referenze tropicali fresche e di IV Gamma, soprattutto quelle prodotte in Italia e che, per fattori climatici, la Cina non riesce a
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Il corner espositivo di Agrocepi con il presidente Corrado Martinangelo, ultimo a destra. Ortoromi ha partecipato nella collettiva Agrocepi
coltivare. Ce lo detto a Roma Alessandra Menegon, manager dell’azienda. “Il Kazakhstan - ha precisato Menegon - è un mercato a cui da tempo guardiamo con interesse, non solo perché il tipo di prodotto che trattiamo è ancora poco presente per cui ha margini di crescita importanti, ma anche perché si colloca lungo la traiettoria di approvvigionamento ortofrutticolo Cina-Russia. Già prima dell’embargo russo avevamo iniziato a sondarlo partecipando alle principali fiere del settore ortofrutticolo. Avevamo notato che era una terra poco battuta dagli italiani con solo un paio di aziende presenti. In questo senso abbiamo stimato che il gap di fornitura di frutta esotica fresca e ready-to-eat dalla Cina, ammonta a circa il 50%. Un grande potenziale per il made in Italy che va studiato bene anche dal punto di vita logistico eventualmente spingendo anche su investimenti in innovazione”. All’indomani dell’embargo russo il canale verso l’ex Unione Sovietica ha subìto uno stop ma adesso, il forte dinamismo di tutta la regione centro asiatica impone
nuove riflessioni intorno alla fornitura ortofrutticola. “Quello che ha a lungo penalizzato il Kazakistan - ha detto a Roma Benson Adwar, responsabile acquisti di McGarlet - oltre alla logistica, che via camion è insostenibile per via della distanza, è anche il fatto che a lungo è rimasto dipendente dalla Russia. Dopo l’embargo russo all’UE, sono stati potenziate le forniture dalla Cina. Consideriamo poi che tutte le merci cinesi dirette alla Russia passano dal Kazakistan”. Questo apre uno scenario nuovo soprattutto alle forniture di frutta esotica made in Italy perché non tutte le cultivar possono essere prodotte in Cina. “I kazaki presenti qui a Roma - sottolinea Adwar - si sono dimostrati particolarmente interessati alla frutta tropicale italiana anche perché subirebbe minori tempi di viaggio e potrebbe essere raccolta al giusto grado di maturazione. Allo stesso tempo sono anche interessati ad alcune colture che la Cina non può produrre e che noi commercializziamo come ad esempio il cocco della Costa d’Avorio oppure mango e ananas dall’Est Africa e dal Sudamerica”. (m.l.)
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auto da Varsavia – è quello dato dalle eccellenze tipiche del Belpaese, come i fichi d’India, l’arancia rossa oppure l’uva da tavola. Importanti anche le novità di prodotto che vengono ricercate dal canale degli store specializzati in alta qualità, che pure si sta diffondendo nel nostro Paese, seguendo una tendenza legata allo sviluppo del potere di acquisto della popolazione. Attualmente i più abbienti rappresentano mediamente, su scala nazionale, il 10% della popolazione ma nelle grandi città come Varsavia, si può arrivare anche al 40%”. Negli ultimi cinque anni, il mercato F&V polacco ha avuto un’accelerata fortissima, tuttavia la crescita presenta non pochi rischi, secondo Łukasz Wolski di QFresh che ci ha spiegato a Roma che il rischio è rappresentato dal fatto che “il mercato potrebbe non essere ancora maturo. I consumatori polacchi solo da poco iniziano a chiedersi cosa c’è dietro ogni prodotto, a guardare le etichette e, fino ad ora, solo le catene più importanti, si stanno organizzando per fornire delle risposte. Nella maggior parte dei casi, i polacchi sono consumatori tradizionalisti e risparmiatori. Cercano, cioè, di avere i prodotti a cui sono abituati, al minor prezzo possibile. Quello che manca e che servirebbe per assecondare la crescita, è un percorso di educazione alimentare verso prodotti nuovi per creare il substrato culturale necessario per lo sviluppo di un mercato premium. Il nostro ruolo di buyer è quello di seguire le evoluzioni del mondo produttivo come ad esempio la crescita delle superfici italiane coltivate a limone e lime che tra qualche anno potranno rappresentare un’alternativa interessante alla Spagna”. Accanto alle mele e ai kiwi, che restano in ogni caso il cavallo di battaglia dell’Italia sul mercato polacco, si affaccia sulla piazza est-europea anche la produzione nostrana di frutta esotica come
Le aziende presenti al B2B sono state monitorate da Euler Hermes Italia
mango e avocado. “La crescita di questa domanda - ha affermato a Roma Mirosław Dybowski di Bury, uno dei più grandi importatori e distributori di ortofrutta in Polonia - arriva dal mondo della ristorazione, magari sono chef italiani che richiedono espressamente eccellenze tricolori come i pomodorini di Pachino, oppure che ci allertano sulla qualità della frutta esotica del mediterraneo”. Tra le tendenze emerse interpellando alcuni dei buyer presenti a The Rome Table 2019, c’è una curiosità: il Kenya si candida ad essere un mercato di sbocco per le drupacee italiane. Lo ha affermato Suresh Kerai, direttore della South Lemon Ltd di Nairobi che, già dalla prossima campagna 2020, potrebbe iniziare ad importare i primi container di prodotto.
"Abbiamo una finestra temporale in cui manca completamente questo genere di prodotto - ci ha spiegato Kerai - che va da maggio ad ottobre. Sono tre quattro mesi in cui attualmente la domanda rimane insoddisfatta. In questo periodo, infatti, non si trova più prodotto dal Sudafrica che è il nostro principale fornitore in contro-stagione, sicché stiamo cercando approvvigionamento dall’Italia che ha una lunga tradizione in questo tipo di coltivazioni. Trattandosi di un prodotto molto delicato, stiamo valutando con i produttori che abbiamo incontrato a The Rome Table, quali siano le migliori condizioni di trasporto che dovrà avvenire comunque via area”. Il target dei consumatori a cui si rivolge questo mercato, è medio alto, soprattutto concentrato nelle grandi città come Nairobi e Mombasa dove una classe media emergente ha un potere di acquisto via via maggiore. “In questo senso l’export verso il Kenya - ha precisato Kerai – è un’operazione che può rivelarsi redditizia per i produttori italiani considerato che possiamo immaginare di vendere una cassa da tre chili di pesche anche a 5 euro, dai quali naturalmente va sottratto l’euro e mezzo necessario per ogni chilo di prodotto trasportato via aerea”. www.corriereortofrutticolo.it
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Vittorio, agricoltore Cesena
Buono, uono, biologic biologico, o, B fresco! fr esco! Alc Alcee Ner Nero, o, il mar marchio chio del biologic biologico dal 11978, 978, è anche frutt frutta a e ver verdura dura fr fresca. e Una linea buona e sana: pr odotti prodotti biologici che nutr nutrono ono in modo ccorretto, orretto, frutt frutto o di un un’agricoltura ’agricoltura che rispett rispetta a la tterra erra e la ssua ua ffertilità. ertilità. P Prodotti rodotti che cconservano onservano ttutto utto il gusto, gust o, e i sapori, del cibo ver vero. o.
Alce Nero. Agricoltori biologici dal 1978
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FUTURPERA 2019. Terza edizione, la migliore di sempre
Ferrara risponde alla crisi Il comparto pericolo ha scelto FuturPera (28-30 novembre) come punto di riferimento per incontrarsi e confrontarsi sull’andamento del comparto. I numeri hanno premiato l’impegno degli organizzatori, Ferrara Fiere (parte del Gruppo Bologna Fiere SpA) e OI Pera, per questa terza edizione, che ha visto 150 aziende espositrici, visitatori in aumento, anche dall’estero, e 2.500 presenze ai convegni del World Pear Forum e agli incontri tecnici dedicati alle tematiche più rilevanti del comparto. Il Salone è stato inaugurato il 28 novembre, con il taglio ufficiale del nastro e gli interventi di Simona Caselli, assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, Alan Fabbri, sindaco del Comune di Ferrara, Paolo Govoni, presidente della Camera di Commercio di Ferrara, Stefano Calderoni, presidente della società FuturPera, Gianni Amidei, presidente dell’OI Pera, Filippo Parisini, amministratore delegato e presidente di Ferrara Fiere e Congressi e Albano Bergami, vicepresidente dell’OI Pera, che nell’occasione ha detto: "Sei anni fa, quando abbiamo deciso di reaNovembre 2019
Durante il salone ferrarese sono stati affrontati i temi della pericoltura italiana e internazionale e si sono cercate soluzioni contro i seri problemi del settore a partire dalla cimice asiatica lizzare una fiera dedicata unicamente alle pere, molti hanno pensato che fosse un azzardo. Non lo era per l’OI Pera perché l’Italia è il quarto Paese produttore di pere a livello globale e non esiste in nessun altro Paese del mondo una concentrazione di pereti così grande come in Emilia-Romagna (il 70% dei 30 mila ettari presenti in Italia). Oggi possiamo dire che la sfida di questa fiera è vinta, perché abbiamo il 30% in più degli espositori e abbiamo tutti gli strumenti necessari per un forte rilancio del settore". Il presidente di Ferrara Fiere, Filippo Parisini, ha sottolineato: “FuturPera è cresciuta in maniera incredibile rispetto alla sua prima edizione, abbiamo investito molto su questa manifestazione che valorizza l’economia agricola del territorio. Il successo di questo evento è talmente importante per il comparto che stiamo anche pensando a un evento intermedio nel 2020, per indagare altri cam-
pi e comparti della produzione locale”. Da parte sua Simona Caselli ha affermato: “Una fiera verticale dedicata alla pera non solo ha senso, ma è necessaria in questo momento complesso per il settore pericolo. La Regione ha sempre creduto nell’evento perché parla di un prodotto identitario. Realizzare questa manifestazione è stata un’intuizione eccezionale da parte degli organizzatori, anche grazie alla presenza di un’organizzazione Interprofessionale che ci ha investito”. A conclusione del Salone, Stefano Calderoni, presidente della società FuturPera, ha confermato: “Stiamo pensando a un evento intermedio nel 2020, un convegno internazionale che aggiorni il settore sulla lotta alle fitopatologie e sulle prospettive di mercato. Un auspicio, invece, per l’edizione 2021 è un maggiore coinvolgimento degli altri settori produttivi del territorio ferrarese”. www.corriereortofrutticolo.it
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L’annus horribilis della pera italiana: danni da cimice per 267 milioni di euro Risposte concrete e date certe per l’attuazione dei provvedimenti presi a livello regionale e nazionale per sostenere le aziende agricole colpite da cimice asiatica e altre gravi fitopatologie del pero. Questo ha chiesto il coordinamento di Agrinsieme Ferrara che riunisce CIA, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari - facendo il punto sulla situazione di aziende e cooperative in occasione di FuturPera. "Il coordinamento di Agrinsieme ha decretato uno stato di mobilitazione permanente - ha riferito Stefano Calderoni, presidente di CIA Ferrara e coordinatore di Agrinsieme - perché le nostre aziende non possono più attendere oltre, hanno bisogno di sapere quando arriveranno le risorse e saranno attuati i provvedimenti annunciati, in particolare gli stanziamenti straordinari da parte del ministero, la sospensione dei mutui di due anni e dei pagamenti dei contributi previdenziali all’INPS. Le nostre richieste, infatti, sono state accolte sia a livello regionale che nazionale, anche grazie alla visita della ministra Bellanova che si è resa conto del problema enorme che attraversa il settore. Ora, però, dobbiamo sapere concretamente se gli agricoltori dovranno pagare la rata di dicembre dell’INPS o se andando in banca potranno usufruire della moratoria sui loro mutui, senza naturalmente diventare cattivi pagatori. Perché la situazione è insostenibile e in questa fase non serve una politica degli annunci, ma scadenze e date precise". Anche Gianluca Vertuani, presidente di Confagricoltura Ferrara, ha ribadito che il coordinamento di Agrinsieme ha aperto un percorso unitario di mobilitazione che continuerà ad oltranza: “No-
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Roberto Crosara, presidente di Confcooperative Ferrara, Stefano Calderoni, presidente di CIA Ferrara e coordinatore di Agrinsieme, Gianluca Vertuani, presidente di Confagricoltura Ferrara
nostante gli importanti interventi e l’impegno dell’assessore regionale Caselli e della ministra Bellanova non abbiamo niente in mano e non riusciamo a dare risposte alle nostre aziende che devono chiudere i conti e avere una speranza e una prospettiva per ripartire". A Concetti ribaditi da Roberto Crosara, presidente di Confcooperative. Sempre a Futurpera gli ingenti danni provocati dalla cimice asiatica sono stati sotto la lente degli esperti nel corso del World Pear Forum. Sul palco del Forum si sono alternati esperti e ricercatori e tutti hanno concordato sull’esigenza di contenere la cimice asiatica attraverso una strategia che integri diversi strumenti: monitoraggio, difesa chimica, difesa biologica, dunque l’utilizzo di antagonisti e nuove sperimentazioni giudicate promettenti. Primo intervento del convegno quello sull’andamento generale della pericoltura italiana a cura di Elisa Macchi, direttrice di CSO Italy. “Il 2019 è stato un anno sicuramente difficile - ha detto la Macchi - perché ai problemi climatici si sono sommati i gravissimi effetti della cimice asiatica e
della maculatura bruna, che hanno finito per decimare come mai visto in precedenza le produzioni italiane. Parliamo di danni che nel Nord Italia e solo per le pere si attestano su 267 milioni di euro e una perdita occupazionale in tutto il comparto valutata in oltre 337 mila giornate/uomo. Per il prossimo triennio è possibile effettuare una proiezione della potenzialità produttiva dell’Emilia Romagna che stante le attuali condizioni al 2022 potrebbe posizionarsi sul -10% rispetto al dato attuale, con un’ulteriore perdita di 1.700 ettari nei prossimi 3 anni. Per questo le strategie di difesa contro cimice e maculatura bruna sono essenziali". Lara Maistrello del Dipartimento di Scienze della Vita (Unimore) ha messo a fuoco la diffusione della cimice e le sue particolari modalità di riproduzione. Luca Casoli del Consorzio Fitosanitario di Modena e Reggio Emilia ha spiegato le attuali strategie per debellare il fenomeno in Emilia Romagna e gli studi sui parassiti naturali, già presenti in campo. Una speranza per il contrasto alla cimice è arrivata dalle strategie di difesa attuate in Piemonte per il nocciolo.
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Il dossier pere in primo piano nella trattativa con la Cina Il dossier sulle pere andrà avanti rispetto a mele e uva nella trattativa per l’accordo bilaterale con la Cina. Lo ha deciso il tavolo fitosanitario costituito appositamente a Ferrara con i principali player del settore che ha avuto anche il placet di Assomela e, in genere delle organizzazioni melicole. “Abbiamo dato mandato agli uffici del Ministero - ha detto Marco Salvi, presidente di FruitImprese, nel corso del World Pear Forum di Futurpera - di dare priorità a questa filiera nei negoziati con la Cina. Adesso bisogna rimboccarsi le maniche ed iniziare a correre per arrivare ad una conclusione del dossier il prima possibile. Ho grandi aspettative per l’introduzione delle nostre pere su mercato cinese vista anche la felice esperienza con il kiwi che sta riscuotendo molta attenzione, specie quello giallo, più dolce”. Lo sbocco del mercato cinese rappresenterebbe un sospiro di sollievo per i produttori se si considera che la classe abbiente di un Paese di circa 1,5 miliardi di abitanti, è composta da molte centinaia di migliaia di persone. “Sono famiglie disposte a spendere per un prodotto di qualità - ha detto Raffaella Danielato, esperta sinologa dell’Ambasciata italiana a Pechino - cifre impensabili. Fino ad ora la richiesta di prodotti ortofrutticoli italiani in Cina è stata guidata dal canale horeca e dagli chef che richiedono un certo tipo di qualità. Ma adesso, anche grazie al delivery home sviluppato da Alibaba, che distribuisce direttamente nelle case i prodotti appena importati, si cominciano a conoscere e richiedere sempre di più prodotti made in Italy di qualità”. Nonostante certe prospettive, il nostro export ortofrutticolo è al palo, come nella stessa occasione ha ricordato Salvi: "Se nel 2017 la Novembre 2019
I player principali del settore hanno deciso che alle pere si dia semaforo verde nel principale mercato asiatico prima che alle mele e all’uva da tavola. Granata: Più attenzione al mercato domestico
Marco Salvi (Fruitimprese), Ilenio Bastoni (Apofruit) e Luca Granata (Opera)
produzione ortofrutticola italiana fatturava quasi 5 miliardi di euro in export adesso siamo arrivati a 4,5 miliardi perdendo circa il 10% della quota di mercato globale. Ma il dato peggiore è che nel corso di questo stesso anno, siamo passati da un saldo positivo della bilancia commerciale di 1 miliardo di euro ai 40 milioni dei primi otto mesi del 2019 con le importazioni che, fino a luglio, superavano le esportazioni. In pratica siamo un Paese importatore e non solo di esotico, ma anche di legumi e ortaggi di cui compriamo circa 800 mila tonnellate contro le 600 mila che esportiamo”. Per quanto riguarda gli agrumi, importiamo addirittura il doppio di quello che vendiamo oltre confine. In sostanza, dopo l’embargo russo, gli spazi italiani soprattutto nei mercati vicini come quelli europei, se li stanno contendendo tutti. “Sulla pera stiamo rischiando l’appiattimento - ha denunciato Salvi - dal momento che è la varietà Conference a farla da padrona perché, sul fronte distributivo, è più facile da gestire. E’ questo quello che interessa ai distributori anche se va a discapito delle proprietà organolettiche che inve-
ce fidelizzano i consumatori”. Le sfide da affrontare per il rilancio del comparto sono molte, a cominciare da una progettazione specifica su varietà di tipo club. “Siamo in una congiuntura tanto sfavorevole quanto rara - ha spiegato Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit -. Le chiavi strategiche a cui guardare per il prossimi 3-5 anni sono obiettivi ambiziosi che serviranno a dare maggiore reddito alla base. Non ultimo è il settore della trasformazione che aiuta a mantenere elevati e costanti i valori. Anche se la produzione europea di pere non aumenta, la domanda cresce per cui bisogna sapere sfruttare le occasioni che può offrire il mercato. Fondamentale, in questo senso, è l’innovazione varietale. Sulla pera fino ad ora siamo rimasti indietro a guardare dalla finestra, forse perché le varietà esistenti davano, fino a ieri, risultati alla produzione. Ma su tante altre filiere, l’innovazione varietale ha portato alla svolta sul reddito. Tuttavia bisogna prendere in considerazione molti elementi per gestirla, partendo dal fatto che l’obiettivo più ragionevole sarebbe arrivare a un prodotto club”. www.corriereortofrutticolo.it
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Un richiamo forte sull’export è venuto da Luca Granata, direttore di Opera, il Consorzio che aggrega il 24,5% della produzione italiana di pere. Granata sottolinea che il 98% delle esportazioni di pere italiane si ferma in Europa e in larghissima parte, intorno al 95%, in soli 5 Paesi: Germania, Francia, Austria, Romania e Inghilterra. Il rimanente 2% va per lo più in Nordafrica mentre nei cosiddetti mercati lontani, dall’Asia al Sudamerica, va una quota residuale bassissima. E - afferma Granata non è solo l’Italia a esportare poco nei mercati lontani. Lo stesso capita agli altri due player importanti della pera europea, Belgio e Olanda, i quali - precisa Luca Granata - esportano in un anno in Asia 10 mila tonnellate di pere, un quantitativo inferiore di 2 mila tonnellate alle pere che Opera vende in tre settimane. Granata ritiene pertanto che ogni sforzo
promozionale della pera italiana, a partire dalla varietà Abate, andrebbe concentrato in Europa e nei 5 mercati citati in particolare, cosa che allo stato delle cose non avviene. Dati che devono fare riflettere. A Futurpera si è approfondito il mercato europeo. In Francia mancano nella campagna 2019 centomila tonnellate di pere. A Ferrara Vincent Guerin, dell’Associazione dei produttori di pere francesi (ANPP) ha precisato che la produzione di quest’anno lascia insoddisfatta la metà della domanda del consumo da tavola. “Il Belgio - ha affermato da parte sua Marc Evard di BFV, Belgian Fruit Valley - ha subìto una contrazione dei volumi di Conference dell’8% e, guardando alla media degli ultimi cinque anni, la perdita è stata del 5% con giacenze al primo novembre di appena 150mila tonnellate, pari al 15% in
meno sul 2018. La qualità, per contro, è migliore con frutti di seconda categoria che si assestano intorno al 25-30% della produzione totale. Siamo partiti male ma confidiamo che da gennaio si andrà meglio”. I prezzi comunque non decollano sul mercato europeo. Il primo acquirente, la Germania, gioca al ribasso con la distribuzione ormai dominata dai discount che trovano, nell’accresciuta competizione europea, pane per i loro denti. Sugli scaffali tedeschi le pere hanno raggiunto il prezzo di 90 centestimi al chilo. “Un altro fattore con cui il settore pericolo a corto di prodotto, deve misurarsi – ha spiegato Wim Rodeburg, di Groenten Fruit Huis -, sono i boom produttivi della frutta concorrente ossia mele e kiwi”. Insomma, un panorama decisamente con più ombre che luci. (m.l.)
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Il cambiamento climatico impone una nuova programmazione Emanuele Zanini Il fattore meteo ancora una volta ha dettato legge. Gli effetti dei mutamenti climatici in corso negli ultimi anni sta influenzando in maniera sempre più netta anche il comparto ortofrutticolo. Non esce da questo trend il radicchio, che ancora in maniera più evidente quest'anno, è condizionato nel bene e nel male dalle condizioni meteorologiche: il caldo prolungato e quindi il ritardo dell'arrivo dei primi freddi e con loro delle prime gelate, ha tendenzialmente spostato in avanti i raccolti. Quest'anno a rendere più complicata la raccolta ci si sono messe le piogge che hanno imperversato durante ottobre e soprattutto novembre, rendendo spesso impraticabili i campi coltivati e creando non pochi disguidi alle aziende produttrici. La qualità delle produzioni, a detta degli operatori, rimane comunque eleNovembre 2019
Produzioni posticipate per le temperature sopra la media fino a tutto novembre. Restano importanti le aspettative commerciali per le festività di fine anno
Il Veneto è la regione vocata alla produzione di radicchio, in particolare nelle provincie di Treviso, Venezia e Verona dove si coltivano prodotti IGP
vata. E questo fattore lascia un cauto ottimismo sulla stagione, che ha come sempre nel periodo
sotto le festività natalizie il suo momento cruciale. La produzione si concentra nel Veneto. Abbiamo www.corriereortofrutticolo.it
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Francesco Arrigoni, direttore di OPO Veneto, Andrea Tosatto, presidente del Consorzio di Treviso e Castelfranco, e Giuseppe Boscolo Palo, presidente del Consorzio del radicchio di Chioggia
monitorato alcune delle principali realtà produttive sull’andamento stagionale. OPO VENETO Francesco Arrigoni, direttore di OPO Veneto, uno dei principali attori del settore, da noi sentito a metà novembre, conferma che la campagna autunnale è stata influenzata dal clima. A partire già da settembre, quando il primo radicchio di Chioggia è arrivato sul mercato con almeno una decina di giorni di ritardo per le temperature miti e con la piena maturazione spostata in avanti tra una e due settimane. Sulle produzioni precoci, ma non solo, i radicchi erano sottopeso. "Tuttavia - osserva Arrigoni - dal punto di vista commerciale l'interesse c'è stato e continua ad esserci. A livello produttivo però c'è una certa preoccupazione per mantenere gli standard di volumi previsti in raccolta”. Per il radicchio variegato di Castelfranco Veneto, partito a fine settembre, invece la situazione è apparsa meno problematica e la situazione rimane in linea con con le aspettative e la media degli scorsi anni. Per quanto riguarda il tardivo di Treviso, il prodotto di alta gamma rischia di arrivare sui mercati più avanti rispetto al solito. “La produzione di alta qualità si sposta di una decina di giorni, che non sono pochi per un periodo cruciale come quello pre-natalizio”, sottolinea Arrigoni. “La
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raccolta è iniziata il 15 novembre. La qualità è buona. Quello che ci ha preoccupato è che i produttori hanno faticato ad entrare nei campi a raccogliere a causa delle piogge molto abbondanti che hanno reso i terreni quasi impraticabili. L'interesse da parte della grande distribuzione rimane comunque buono. Le richieste non mancano. Fino a fine 2019 non dovremmo avere problemi”. OPO Veneto prevede un aumento del 20% del Tardivo rispetto allo scorso anno. Lo stesso incremento è atteso per il Variegato, mentre per il Chioggia si prevede un +5-10%. Seppur rimanga un comparto di nicchia, cresce il trasformato, che valorizza ulteriormente le produzioni IGP, specialmente per il Precoce. “Si registrano buoni risultati su prodotti a base di radicchio di Treviso come quelli sottolio, creme, pasta con ripieno come i tortellini o i ravioli”, conclude Arrigoni.
Attenzione crescente tra i produttori veneti alla sostenibilità delle produzioni e degli imballaggi. Nel Veronese prodotti e commercializzati i primi radicchi rossi biologici. Premiante la scelta di andare sul mercato con i marchi IGP
CONSORZIO DEL RADICCHIO DI TREVISO IGP Il fattore meteo ha sollevato timori anche nel Consorzio di tutela del Radicchio di Treviso e del Variegato di Castelfranco IGP dove si è atteso “con ansia il freddo”, come ha ammesso Andrea Tosatto, presidente del Consorzio. “A causa del clima troppo mite siamo partiti con un ritardo di una quindicina di giorni, con un rallentamento della crescita a causa del prodotto stressato. Nonostante i ritardi, tuttavia, la qualità è ottima. D'altra parte si stanno sviluppando varietà precoci in grado di ottenere produzioni di qualità anche con climi miti e minori sbalzi di temperature che da sempre sono fondamentali per il radicchio”. Le piogge continue e abbondanti di novembre non hanno aiutato le imprese dedite alla raccolta, “che viene fatta a mano". Con queste condizioni il livello dei costi di produzione si è alzato ulteriormente. Inoltre le temperature miti non hanno aiutato un cambio di assortimento di ortofrutta nei supermercati e quindi nei consumi. L'offerta è virata con macroscopico ritardo verso prodotti tipicamente invernali. Tosatto a fine novembre ci ha detto: "Siamo in una fase di attesa. Alcune catene hanno appena inserito il radicchio di Treviso, altre lo faranno a dicembre. Rimane un prodotto su cui ci sono aspettative e a cui la GDO non Novembre 2019
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RADICCHIO DI CHIOGGIA IGP Sul Radicchio di Chioggia IGP il clima non ha influito eccessivamente. Ad affermarlo è il presidente del Consorzio di tutela, Giuseppe Boscolo Palo, appena confermato per la terza volta. “Il caldo - afferma - ha tuttavia generato una concentrazione dell’offerta in generale, che si è presentata in contemporanea con quella di altri ortaggi e della frutta con risultati negativi sui prezzi. Con il calendario rivoluzionato dal meteo, inoltre, il prodotto novello fresco si è inevitabilmente sconNovembre 2019
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vuole e non può rinunciare. Ora auspichiamo l'arrivo del freddo per dare una svolta alla stagione. Siamo nella fase cruciale che culmina dall'8 dicembre in poi”. Per quanto riguarda il posizionamento e il valore assunto dal radicchio di Treviso IGP sugli scaffali dei supermercati, Tosatto afferma: “La grande distribuzione ha capito che il prodotto funzione se porzionato e offerto in vassoio o in confezione o a pezzo. A prescindere dal formato e dalla confezione, tra l'altro sempre più eco-sostenibile, l'aspetto fondamentale è che il radicchio va protetto dal packaging. Lo sfuso rischia di essere danneggiato generando sprechi inutili. La partenza della stagione è stata buona anche se l'aggressività dei prezzi da parte della GDO è stata notevole e ha creato qualche difficoltà”. Il Consorzio conta 130 soci che producono su 550 ettari (+10% sul 2018) prodotto certificato IGP. Si attende una resa totale attorno alle 2.000 tonnellate su Castelfranco, Treviso precoce e Tardivo. Il 70% del prodotto è destinato alla GDO, mentre il restante 30% è suddiviso tra negozi specializzati al dettaglio (20%) e mercati all'ingrosso (10%). Pochi spazi nell'horeca, “seppur rimanga un canale interessante ma difficile da avvicinare perché storicamente si orienta più sulle produzioni dei Centri agroalimentari".
Cristiana Furiani, presidente del Consorzio del radicchio di Verona e titolare di Geofur, e Chiara Zuccari, titolare dell’azienda Primo Mattino Baratella
trato con la produzione normale creando la necessità della frigoconservazione.I Mercati all’ingrosso, ad un certo punto erano pieni zeppi di prodotto. Tuttavia il radicchio di Chioggia ha tenuto. Dopo un buon inizio, tra settembre e ottobre, quando c'erano dei margini di guadagno, nella seconda metà di novembre la situazione si è fatta più complessa”. "In generale credo di poter dire conclude Boscolo Palo - che per mantenere vivo il comparto serve più programmazione. Per farla sarebbe necessario anche quel catasto orticolo che ancora manca e su cui si GEOFUR La partenza del radicchio veronese è stata buona secondo Cristiana Furiani di Geofur, che è anche la presidente del Consorzio di Tutela del Radicchio di Verona IGP. “Nonostante il caldo, il prodotto è
di ottima qualità - ci ha detto a metà novembre Furiani -. Un po' pesante la situazione dei prezzi anche se in recupero, ma la domanda è buona. C'è meno prodotto programmato. Qualche problema si riscontra solo per il radicchio tondo a causa delle piogge insistenti”. Il maltempo ha causato ovviamente un aumento degli scarti e quindi del lavoro di selezione all’interno delle aziende in modo che il prodotto inviato alle catene della GDO e ai Mercati fosse comunque di qualità. Il Radicchio di Verona IGP è in forte crescita: “L'attenzione sul prodotto certificato è nettamente aumentata - riferisce Cristiana Furiani -. Sono aumentati i volumi programmati e crescono l'interesse del mercato e quindi le azioni di valorizzazione, grazie anche all'attività del Consorzio. Ci sono buoni movimenti non solo nell'area del Veronese ma an-
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che in altre province e regioni dove il Verona IGP è più richiesto e presente, anche nel settore della IV e V Gamma”. Dal punto di vista commerciale in Italia a metà novembre stavano cominciando a prendere piede gli ordini, mentre per l'estero c'erano i primi timidi segnali. La Furiani prevede sull'estero un netto anticipo rispetto alla scorsa annata quando fino a gennaio il mercato fuori dall'Italia era rimasto bloccato: "Quest'anno ci aspettiamo un'inversione di tendenza. Speriamo bene. Abbiamo buone aspettative sul radicchio rosa, che rimane una nicchia che si vende da metà dicembre a metà marzo”. "Ci stiamo inoltre differenziando conclude la presidente del Consorzio di Tutela del Radicchio di Verona IGP - anche grazie alla ricerca di packaging sempre più ecosostenibili, che valorizzino il prodotto e lo mantenga più fresco".
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PRIMO MATTINO Anche Chiara Zuccari della Primo Mattino Baratella di Minerbe (Verona) è stata per settimane in attesa del freddo che tardava, nel timore di una maturazione anticipata e concentrata. E anche lei ha posto le proprie speranze sulle festività di fine anno, che spuntano per tradizione buone quotazioni. Una delle peculiarità dell'azienda scaligera è il radicchio biologico. E’ infatti tra le pochissime aziende a proporlo e forse lo ha fatto per prima. "Pur rimanendo una nicchia, visto che non arriva al 10% della nostra produzione, è un segmento in evoluzione su cui bi-
Resta elevato nella GDO l’interesse per le diverse varietà del radicchio rosso veneto
sogna insistere", afferma Chiara Zuccari. "Allo stesso tempo bisogna far capire al consumatore che le produzioni bio hanno dei costi superiori. Ma anche le nostre produzioni convenzionali sono molto vicine ad essere biologiche perché sono quasi a residui zero e sono il frutto di continui studi e ricerche per renderle il più possibile sostenibili”. Sulla sostenibilità Primo Mattino è costantemente al lavoro per cercare soluzioni sempre meno impattanti sull'ambiente. A partire dalle confezioni, con il lancio di vassoi in cartone, nonostante non sia sempre facile conservare in questi materiali prodotti freschi e piuttosto delicati come il radicchio. "La sensibilità sul tema sta aumentando e anche noi vogliamo dare il nostro contributo”, conclude l’imprenditrice veronese, che con il fratello guida quest’azienda di buona tradizione.
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ROSARIO TOMASI. Ha creato e gestisce Vittoria Tomatoes
Da Vittoria al Nord Europa Mariangela Latella Vittoria Tomatoes, fiore all’occhiello della produzione di pomodoro in provincia di Ragusa, è tra i pionieri in Sicilia per l’uso delle più avanguardistiche tecniche di coltivazione del "tesoro rosso”. Dopo avere iniziato, venti anni fa, a produrre nuove varietà di pomodoro, diversificando rispetto a quelle tradizionali siciliane (Rita e Noemi), e a investire nella produzione in serra e fuori suolo, Vittoria Tomatoes ha sviluppato, più di recente, serre hi-tech costituite da blocchi non più grandi di 5mila metri alti fino a 4,2 metri per favorire l’areazione dell’ambiente, applicando sistemi integrati di regolazione della temperatura e reti di ombreggiamento per coltivare anche in inverno prodotti premium. Tra le ultime tecniche produttive Novembre 2019
Pomodorini di qualità dalla provincia di Ragusa partono ogni anno verso la Scandinavia. La OP di Vittoria manda all’estero il 75% del prodotto costituito soprattutto da una singola varietà: Piccolo
In alto, Rosario Tomasi, fondatore e attuale direttore commerciale della OP Vittoria Tomatoes. Qui sopra, una delle serre di pomodorini Piccolo
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introdotte, l’uso di micorrize contro i funghi terricoli, quello di antagonisti naturali per contrastare i patogeni tipici del pomodoro, come il famigerato lepidottero Tuta Absoluta, l’impiego di erogatori di feromoni per creare confusione sessuale tra i parassiti ed impedirne la proliferazione e l’uso della solarizzazione per sterilizzare il terreno in sostituzione dei tradizionali trattamenti chimici. Tutte tecniche messe in campo per permettere di abbattere l’uso di fitofarmaci di sintesi ed arrivare ad un prodotto di prima qualità adatto ai mercati più esigenti come quelli del Nord Europa dove Vittoria Tomatoes realizza il 75% del suo fatturato complessivo di 20 milioni di euro l’anno. “Il nostro obiettivo - afferma Rosario Tomasi, responsabile commerciale dell’OP Vittoria Tomatoes - è quello di arrivare a residuo zero o per lo meno avvicinarci. Dall’anno scorso, in un’ottica di diversificazione produttiva e di rotazione dei terreni, abbiamo anche iniziato a testare, nelle nostre serre, la produzione di mini angurie. I risultati che ci hanno dato i primi due ettari di test sono stati molto soddisfacenti e da
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quest’anno prevediamo di arrivare a 15 ettari. Prevediamo inoltre la possibilità di iniziare a testare la varietà di melone cantalupo in verticale iniziando con 5.000 metri di produzione". La varietà di pomodoro con la quale l’OP si è affermata sul mercato europeo, e suo attuale cavallo di battaglia, si chiama Piccolo. Si tratta di un ciliegino dalle elevate caratteristiche organolettiche che è stato sviluppato dalla casa sementiera Gautier a ridosso
La varietà Piccolo, cavallo di battaglia di Vittoria Tomatoes
degli anni Duemila, intorno alla quale si è costituito un club di 20 aziende licenziatarie in tutta Europa, di cui solo tre sono siciliane. Una di queste è proprio Vittoria Tomatoes. L’OP l’ha lanciata sul mercato con il brand Cherry Vittoria, in omaggio alla propria terra di origine che, grazie alle peculiari caratteristiche pedoclimatiche, a cominciare dall’elevata salinità dell’acqua, permette lo sviluppo di un prodotto di qualità premium con un eccellente rapporto acidi-zuccheri e un grado zuccherino della bacca che raggiunge gli 8/9 gradi nei mesi invernali e arriva ai 10 con le produzioni estive. “Negli ultimi cinque anni - afferma Tomasi - lo scenario del mercato è cambiato drasticamente. Se prima il mercato di export occupava la nostra attività per otto mesi l’anno adesso la finestra commerciale nei principali mercati di sbocco si è drasticamente ridotta perché i mercati del Nord Europa quali, ad esempio, l’Irlanda, il Regno Unito, la Germania, l’Olanda, ma anche la Svizzera e l’Austria riescono, grazie al cambio climatico e all’introduzione di serre hi-tech, per giunta autosufficienti energeticamente, a proNovembre 2019
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durre da soli per un periodo di tempo più lungo che ormai occupa la maggior parte dell’anno con una stagione che arriva anche a otto mesi, da aprile fino a oltre novembre. Nei mesi in cui manca il loro prodotto nazionale sugli scaffali, a cui i singoli Paesi danno la priorità, ed inizia la nostra stagione, dobbiamo confrontarci con il prodotto standard che arriva con volumi massivi inimmaginabili dalla Spagna e, sempre di più dal Nord Africa, soprattutto dal Marocco e dalla Tunisia, Paesi con costi di produzione molto inferiori ai nostri. In pratica, guardando al solo mercato britannico, se fino a sei anni fa mandavamo fino a 12 bilici alla settimana, adesso non superiamo i tre con un calo del fatturato export che negli ultimi due anni si attesta intorno al 5-7% ad esercizio commerciale. Per questo motivo, grazie alle serre hi-tech, stiamo anticipando i trapianti al mese di agosto, grazie all’introduzione di reti ombreggianti che riducono l’esposizione solare fino al 30%, abbassando la temperatura in serra anche di cinque gradi, per riuscire ad iniziare a raccogliere quando sui mercati esteri non c’è nessuno. Né il prodotto locale, né quelNovembre 2019
lo dei competitor mediterranei”. Lavorare nei mesi caldi significa assicurare maggiore vigore alle piante nelle prime fasi vegetative. "Puntando sulla qualità - riferisce Tomasi - non possiamo pensare di riuscire a produrre con meno di 1,20-1,30 euro al chilo. Stiamo parlando di 12-13mila euro di costi vivi per ettaro a stagione che sono irriducibili a meno che non si taglino gli ettari in produzione. Non è possibile paragonare sul mercato chi fa qualità con chi la-
vora per la quantità perché sono due cose che si pongono in netta antitesi. Per ottimizzare i costi, abbiamo sempre prodotto in un contesto di filiera essendo presenti in tutte le fasi, da campo al confezionamento. Da due campagne a questa parte stiamo ragionando, pur continuando a lavorare sempre su prodotti premium, in termini di volumi per trovare il giusto bilanciamento tra rese e guadagno. A tal fine, abbiamo ridotto il numero delle varietà di
Alla OP Vittoria Tomatoes adesicono 15 aziende per complessivi 90 ettari di produzione in serra. L’OP valuta la possibiltà di crescere nel mercato interno
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CHI è VITTORIA TOMATOES
Nasce nel 2012 dopo avere capitalizzato l’esperienza ventennale nel settore della produzione di pomodoro, in serra e fuori suolo, della famiglia Tomasi che tutt’ora la guida. La storia di questa eccellenza siciliana, che oggi ha un fatturato di circa 20 milioni di euro e una costituzione recente, è il frutto di un’esperienza iniziata trent’anni fa con un’azienda di confezionamento di prodotto per passare ad addentrarsi nella produzione. Si è passati velocemente dalla coltivazione classica sotto serra a quella fuori suolo, sviluppando non solo sistemi produttivi altamente innovativi ma anche iniziando a testare varietà diverse da quelle tradizionali siciliane per rispondere alle richieste dei principali mercati europei. La svolta arriva all’inizio degli anni Duemila grazie all’incontro con il distributore inglese Billè che apre alla famiglia Tomasi il mondo dell’innovazione varietale e quello della distribuzione nelle grandi catene britanniche. “Quello che producevamo - precisa Rosario Tomasi - non era mai sufficiente. I volumi richiesti crescevano di anno in anno. Così siamo stati incoraggiati ad investire in maniera importante sia in serre hi-tech e, grazie alla consulenza di tecnici ultra selezionati del distributore, nell’allora nuova varietà di pomodoro denominata Piccolo che è diven-
pomodoro prodotte, rinunciando a quelle meno redditizie e mantenendo comunque il 60% della produzione sulla varietà Piccolo". Con la restrizione della finestra di mercato all’estero, Vittoria Tomatoes sta guardando con crescente interesse al mercato nazionale dove, fino ad ora è stata presente con il 25% della produzione, circa due milioni di chili di
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L'attuale responsabile commerciale dell’Op Vittoria Tomatoes è nato nel 1965. Pur essendosi affermato nel settore primario creando una delle realtà più importanti di Vittoria, ha alle spalle un background completamente diverso da quello agricolo. La sua famiglia, infatti, lavorava nel mondo della ristorazione e lui, sulla scia dei consigli paterni, si è diplomato in ragioneria. La passione per il settore ortofrutticolo nasce grazie alla sua prima importante esperienza lavorativa, quando ancora giovanissimo entra negli uffici am-
ministrativi del mercato di Vittoria, che negli anni Ottanta aveva un ruolo strategico nel commercio ortofrutticolo siciliano e non solo. Qui inizia a prendere dimestichezza con i commerci ortofrutticoli e ad appassionarsi a questo settore al punto da mettersi al lavoro in prima linea per cercare di superare, grazie alla sua lungimiranza, il divario esistente tra le produzioni tradizionali del territorio siciliano e i mercati ai quali queste ultime si affacciavano, come ad esempio quelli del Nord Europa. “Mi rendevo conto - ci spiega Tomasi - che le produzioni tradizionali siciliane di pomodoro, ossia le varietà Rita e Noemi, non erano in grado di soddisfare le richieste del mercato. Ce ne volevano altre che come queste fossero saporite ma che avessero una shelf-life più lunga per reggere i necessari tempi di transit time. Bisognava fare dei passi avanti, e anche velocemente, per non perdere il treno, sia in termini di tecniche colturali che di varietà”. Tomasi inizia così ad investire in prima persona in tecnologia creando a Vittoria la produzione fuori suolo di pomodoro. Un progetto che ha portato avanti, ed implementato, fino ad oggi, grazie alla vicinanza di un nucleo di produttori fedelissimi e di una squadra di otto consulenti agronomi altamente qualificati. (m.l.)
pomodoro l’anno su un totale di 8-9 milioni, distribuita fino ad ora da Carrefour Italia (con cui lavora da 20 anni) e, più di recente (sei anni) da Lidl. "Siamo interessati a cercare nuove collaborazioni con distributori nazionali - precisa Tomasi - anche se ci rendiamo conto che il mercato interno è già saturo perché fondamentalmente siamo prima di
tutto un Paese produttore. Peraltro, trovandoci nell’estremità meridionale del Paese, paghiamo lo scotto di una logistica arretrata al punto che, per arrivare, ad esempio, in Irlanda, che è una delle punte di diamante tra i nostri clienti, ci mettiamo sei giorni di viaggio su gomma per percorrere una distanza di circa 3mila chilometri".
tata, poi, il nostro core business e oggi rappresenta la varietà più richiesta dai nostri clienti europei". Oggi aderiscono all’OP Vittoria Tomatoes 15 aziende, tutte sparse nel territorio della provincia di Ragusa, per complessivi 90 ettari di produzione in serra e fuori suolo con una parte, circa il 20%, sempre in serra ma a terra e legata alle varietà prodotte per la marca del distributore di Carrefour. Il 75% della produzione di pomodoro di Vittoria Tomatoes, circa 9 milioni di chili l’anno, è destinato all’export ma cresce l’attenzione dell’OP per il mercato nazionale. (m.l.) Contatti: +39 (0) 932 984 202 commerciale@vittoriatomatoes.com www.vittoriatomatoes.com
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Conad chiude il 2019 con un fatturato di 14,3 miliardi di euro e una crescita del 5,9%, pari a un incremento di 800 milioni rispetto all’anno precedente e diventa il retalier che è cresciuto maggiormente nel mercato nazionale agganciando Coop (13,4%) grazie a una quota del 13,3%. I punti vendita sono complessivamente 3.651 con un incremento di 118 negozi rispetto al 2018, frutto anche dell’integrazione dei primi 66 negozi dalla rete Auchan. Nel corso del 2019 Conad ha consolidato la leadership nei supermercati con una quota del 22,8% (22,4% nel 2018). Caratteristica confermata è la massiccia presenza in Comuni con meno di 5 mila abitanti in cui sta svolgendo un ruolo di vicinato e servizio rispetto alle comunità locali. L’amministratore delegato Francesco Pugliese commenta: "I risultati conseguiti sono il frutto del modello imprenditoriale in cui a fare la differenza sono i nostri soci imprenditori, la nostra marca e la capacità di investire nell’innovazione. Abbiamo creato sviluppo in una delle fasi economicamente più difficili della storia del Paese, cresciamo investendo in una nuova imprenditorialità sui territori e cogliendo con coraggio le nuove sfide della sostenibilità, per contribuire alla ripresa duratura del Paese. Abbiamo avuto un incremento dell’occupazione di 3.582 addetti, comprensivi di quelli del gruppo Auchan, e complessivamente diamo lavoro a 59.587 addetti, a cui andrebbe aggiunto l’indotto. Per rispondere alle nuove esigenze dei consumatori abbiamo avviato un progetto di riorganizzazione e concentrazione del nostro gruppo: da ottobre è operativa Conad Nord Ovest e da gennaio un'unica cooperativa riunisce PAC 2000 e Novembre 2019
DISTRIBUZIONE
Il 2019 di Conad ha segnato l’aggancio con Coop Italia Una distanza minima dello 0,1% nelle quote di mercato della GDO nazionale. Aggregati nel corso dell’anno i primi 66 punti vendita della rete Auchan. Una presenza da primato nei piccoli centri
Francesco Pugliese, amministratore delegato di una Conad in crescita continua
Conad Sicilia". Il patrimonio netto - informa una nota aziendale - si è attestato a 2,6 miliardi di euro (+4% rispetto al 2018) e consente di affrontare con la necessaria solidità economica il piano degli investimenti 2019-2021: 1,2 miliardi di euro complessivi, di cui 482 milioni stanziati per il 2020 finalizzati a interventi innovativi sulla rete di vendita. Al 30 novembre sono 66 i punti di vendita Auchan che hanno cambiato insegna e 2.409 gli addetti del gruppo francese riassorbiti. Una "operazione salvataggio” al-
l’insegna del modello imprenditoriale Conad. L’integrazione della rete porterà a incrementare ulteriormente la presenza del prodotto locale e l’italianità a cui oggi concorrono 6.991 fornitori per un giro d’affari di 6,3 miliardi di euro. I risultati economici del 2019 confermano il ruolo della marca Conad, che registra un fatturato di quasi 4 miliardi di euro (500 milioni in più rispetto allo scorso anno) con una crescita dell’8%. La marca propria ha raggiunto una quota di mercato del 30,3% contro una media di mercato del 20,8% (fonte IRI) confermandosi un punto di riferimento per 9,7 milioni di famiglie italiane. "I dati della crescita sono da associare anche alla nostra marca commerciale, basata sul valore dell’italianità dei prodotti per rispondere ai bisogni di qualità, sicurezza e convenienza dei clienti, oltre che alla costante domanda www.corriereortofrutticolo.it
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DISTRIBUZIONE&
MERCATI
Selex oltre il muro degli 11 miliardi, punti vendita cresciuti del 30% in un solo anno In occasione dell’assemblea dei soci, tenutasi il 29 novembre nella sede di Trezzano, Selex Gruppo Commerciale ha stimato una positiva chiusura del 2019 e approvato budget e piano investimenti per il 2020. Quest’utimo è un progetto di sviluppo importante per il terzo gruppo della distribuzione italiana, con una quota retail del 9,7%, progetto che prevede 67 nuove aperture e 81 ristrutturazioni, dal Nord al Sud del Paese. Un totale di 148 punti vendita, +30% circa rispetto al 2018, per i quali sono stati stanziati 330 milioni di euro che garantiranno centinaia di nuovi posti di lavoro. L’investimento 2020 è frutto della continua crescita del Gruppo che prevede di chiudere il 2019 con un fatturato di 11,1 miliardi di euro, pari al +4,2%. Un risultato che, confrontato con il mercato che ad oggi si attesta sul +1,3% (Iper+Super Nielsen), è giudicato da Selex "molto positivo oltre che incoraggiante". "Abbiamo fatto scelte ponderate che si sono dimostrate efficaci commenta il presidente Alessandro Revello -. È evidente che il mercato è complesso e le variabili sono imprevedibili in questo periodo storico, ma è qui che la coesione del nostro Gruppo riuldi sostenibilità economica, ambientale e sociale di quanto è portato in tavola”, precisa il direttore generale Francesco Avanzini. "L’attenzione ai fenomeni di nicchia e alla polarizzazione del mercato è determinante e va di pari passo con la realizzazione di un’offerta in grado di intercettare nuovi modelli di consumo e le esigenze dei clienti legate ai trend sul benessere". Conad conta su 42 distributori di carburanti che hanno generato
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Maniele Tasca, direttore generale di Selex Gruppo Commerciale
ta fondamentale. Ogni volta che consideriamo nuovi investimenti e sfide legate a progetti innovativi sostenibili abbiamo lo stesso spirito pragmatico ma propositivo, perché veniamo da percorsi imprenditoriali differenti ma con valori comuni. Nel 2020 saremo sempre più focalizzati sui temi legati all’area digitale e al presidio di nuovi modelli di consumo". Con 2,5 miliardi di euro investiti negli ultimi dieci anni, Selex Gruppo Commerciale ha oggi una rete di oltre 2.300 punti vendita, pari a circa 2.130.000 mq di superficie. Un dato che aumenterà con le 67 nuove aperture. un valore di 492 milioni di euro. Le 139 parafarmacie Conad registrano un fatturato di 85 milioni di euro: 5,7 milioni di clienti, grazie agli sconti sempre attivi dal 15 al 40%, e un risparmio sui farmaci di oltre il 20% rispetto alla farmacia tradizionale. Nelle parafar-
Dopo Conad Nord Ovest una nuova aggregazione tra PAC 2000 e Conad Sicilia
Il direttore generale Maniele Tasca precisa: "Rinnovare e ampliare la rete è importante non solo per essere competitivi ma perché la crescita passa attraverso l’innovazione. Nel 2019 abbiamo ulteriormente arricchito l’offerta distributiva lavorando sul miglior rapporto qualità-prezzo e sulle marche del distributore, abbiamo approfondito il tema dell’omnicanalità partendo dal nostro portale e-commerce e sviluppato il network dedicato al mondo deli animali, con buoni risultati. Stiamo percorrendo una strada impegnativa, ma siamo ottimisti perché pensiamo sia la strada giusta". L’e-commerce “CosìComodo” (www.cosicomodo.it) sta riscuotendo sempre maggior apprezzamento. A poco più di due anni dall’avvio oggi sono 44 i punti vendita che offrono il Clicca&Ritira e l’home delivery, e il fatturato rispetto al 2018 è incrementato di oltre il 70%. In previsione nuove regioni garantiranno il click&collect e la consegna a domicilio, dopo la Campania dove il servizio è scattato nei primi giorni di dicembre. L’obiettivo generale del gruppo per il 2020 è un fatturato di 11,6 miliardi di euro, in crescita del 4%. macie sono occupati 460 farmacisti iscritti all’Albo. Nei 15 concept Ottico Conad lavorano 50 ottici professionisti. Il fatturato ha superato i 7 milioni di euro e 200 mila clienti hanno usufruito di sconti dal 20 al 50%, con un risparmio annuale di 2 milioni di euro. A questi servizi si aggiungono i 42 PetStore Conad (erano 26 nel 2018) che hanno raggiunto i 23 milioni di euro di fatturato, con oltre 8 mila prodotti in assortimento. Novembre 2019
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Si concretizza il sodalizio tra due primarie realtà della distribuzione italiana: il Gruppo VéGé accoglie al proprio interno Bennet, da oltre 55 anni leader nel settore degli ipermercati e dei centri commerciali nel Nord Italia, modificando l’assetto della GDO che si apre così a nuovi scenari. L’accordo porta in dote al network nazionale di Gruppo VéGé, dal 1° gennaio 2020, una consolidata rete commerciale di 63 ipermercati distribuiti in tutto il Nord Italia, che danno lavoro a circa 7.000 dipendenti e un fatturato di circa 1,6 miliardi di euro. "Accogliere Bennet tra le nostre imprese socie ci onora e corona degnamente un anno importante in cui festeggiamo il 60° anniversario del nostro Gruppo”, dichiara Nicola Mastromartino, presidente VéGé. "Bennet diventa un partner strategico nel nostro percorso di crescita, intrapreso da tempo, che ci porterà ad ulteriori importanti risultati non solo come Gruppo, ma anche in termini di soddisfazione dei nostri clienti. È un dato di fatto che siamo il Gruppo distributivo che più di tutti è cresciuto in questi anni e continueremo a farlo concretamente anche in futuro". Adriano De Zordi, consigliere delegato di Bennet, afferma da parte
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DISTRIBUZIONE
Il network VéGé ingloba Bennet con i suoi 63 ipermercati
Un’intesa che cambia il panorama della GDO basata sulla condivisione di valori
sua: "Siamo decisamente lieti di stringere questa alleanza con il Gruppo VéGé, perché crediamo fortemente nel progetto commerciale, portato avanti con successo, che garantisce libertà ed autonomia alle imprese aderenti. Condividendo gli stessi valori, la visione del mercato e gli obiettivi di crescita siamo certi che sarà possibile realizzare insieme un percorso di potenziamento ed espansione della rete vendita che ci permetterà di essere ancor più competitivi nel mondo del retail del futuro". A 60 anni dalla fondazione, Gruppo VéGé ha all’attivo 32 imprese, 3.416 punti di vendita, un giro d’affari di 7,5 miliardi di euro (stima 2019) e la leadership in Cam-
pania, Basilicata e Sicilia. Negli ultimi quattro anni, è stato il Gruppo che ha fatto segnare la performance di crescita di quota di mercato più elevata in Italia. Bennet, nata nei primi anni ‘60 da un progetto imprenditoriale della famiglia Ratti, ha una posizione rilevante in due aree di business: gli ipermercati ed i proximity malls, presenti in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria. Negli ultimi anni Bennet ha intrapreso una strategia di modernizzazione della propria rete di vendita e di sviluppo di nuovi format commerciali focalizzati sul fresco e su una nuova visione del non food che ha coinvolto quasi la totalità dei suoi punti vendita.
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MERCATI&
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A Milano un punto vendita che è anche un luogo di consumo dotato di tecnologie avanzate. Una nuova esperienza di acquisto dopo l’apertura del terzo superstore di Brescia Esselunga ha inaugurato il 4 dicembre, in Corso Italia a Milano, il format sperimentale della nuova insegna "la Esse" che, dopo l’apertura del Superstore di Brescia Triumplina, rappresenta un’ulteriore evoluzione dell’esperienza di acquisto proposta da Esselunga. La Esse, costruita su tre livelli per un totale di 400 mq, è stata ideata per rispondere alle nuove abitudini di acquisto: offre infatti al cliente un’esperienza ‘omnicanale' concentrata all’interno dello stesso negozio fisico, che soddisfa le esigenze di spesa quotidiana oppure di fruizione in loco. Nel bar del negozio con la sua cucina a vista, è possibile consumare un pasto comodamente seduti o bere un caffè gustando i prodotti della pasticceria Elisenda. Non mancano freschi, freschissimi e piatti pronti, mentre al piano me-
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no uno è stato sviluppato il classico market di vicinato, con un’offerta tradizionale per questo formato. Nel reparto ortofrutta, le bilance emettono un tag invece dell'etichetta cartacea e questo rende il checkout possibile in un unico momento, senza quindi passare ogni prodotto ma mettendo l’intero sacchetto. Per quanto riguarda Esselunga nel suo complesso, gli ultimi dati a disposizione sono quelli relativi al primo semestre 2019 e parlano di vendite semestrali per 4 miliardi e 25 milioni con un incremento di quasi il 3% sullo stesso semestre del 2018. Nel corso del 1° semestre 2019 non ci sono state nuove aperture mentre a novembre il Gruppo ha aperto il suo terzo store a Brescia. Nei primi sei mesi del 2019 l’e-commerce ha segnato un +27%.
Cambiamenti radicali ai vertici di Finiper-Unes
DISTRIBUZIONE
Esselunga inventa il format ‘la Esse’
Gli effetti dei cambi apicali in Finiper e Unes si fanno sentire. Così, dopo l’avvicendamento di Mario Gasbarrino, storico amministratore delegato di Unes, con Rossella Brenna, alla presidenza della stessa catena è stato chiamato Giuseppe Guzzetti, a lungo braccio destro di Marco Brunelli, patron di Finiper. Da qui una serie di cambiamenti in Unes di rilievo. Nella terza decade di novembre, infatti, è avvenuta una riorganizzazione aziendale che ha coinvolto diverse figure di primo piano. Il primo a essere licenziato è stato Maurizio Garbin, coordinatore della marca privata. Poi è stata la volta di Roberto Comolli, direttore acquisti della catena ed ex responsabile de Il Viaggiator Goloso, che è stato sospeso dalla funzione. Licenziati invece Carmelo Carriero, responsabile dei freschi, e Giuseppe Cantone, responsabile acquisti grocery. A Enrico Moda, category manager dei freschi, tra cui formaggi e salumi, è stato proposto il passaggio da dirigente a buyer. Nel complesso, è una riorganizzazione che ridimensiona o esclude alcuni dirigenti legati alla precedente gestione, targata Mario Gasbarrino. Le motivazioni addotte sono la necessità di ridurre i costi e, più in generale, di rivedere l’assetto societario. Nel 2018 Unes ha fatturato oltre 960 milioni di euro, con un Ebitda pari a 58,9 milioni di euro.
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DISTRIBUZIONE&
MERCATI
CORRIERE ORTOFRUTTICOLO
LA DISTRIBUZIONE VISTA DA VICINO
Il 39% della frutta di IV Gamma finisce nel bidone Gli scarti nelle buste di insalata raggiungono il 29%
di Maurizio Nasato Una polemica che periodicamente torna di attualità è come sia possibile che frutta e verdura pagate al coltivatore pochi centesimi, vengano poi vendute a due euro al chilo. E diventa l’occasione per mettere il dettagliante (Grande Distribuzione in primis) alla gogna, accusandolo di eccessivi ricarichi. Si parla sempre, in questi casLe ragioni degli scarti dal campo alla tavola sono sempre stati argomento di grande attualità. Il consumatore fatica a capire come ad esempio un’anguria pagata sul campo 12 centesimi, possa poi trovarsi in vendita a 49 cents. Non è consapevole di tutto il lavoro relativo alla selezione (esclusione delle angurie troppo piccole o grandi, danneggiate da urti, parassiti o volatili, ingiallite dal sole), all’imballaggio e al trasporto del prodotto al Mercato all'ingrosso o alla piattaforma della grande distribuzione. Da questa mancanza di consapevolezza nasce la facilità con cui si addossa la colpa all’eccessivo ricarico del venditore finale. Quest’ultimo deve affrontare poi un ulteriore nemico, ignoto ai più: il fenomeno dello scarto in vendita. Esso è dovuto all’appassimento o alla disidratazione fisiologica a temperatura ambiente del prodotto, agli urti subìti negli spostamenti, al deperimento naturale da mancata vendita. E’ correlato inoltre alla manipolazione del cliente che seleziona frutta e verdura, accantonando quella imperfetta (dimensione, colore, piccole macchie, eccetera), sfogliando insalate, cavolfiori, finocchi e altro alla ricerca di un miglior rapporto qualità- prezzo. Quanto pesa lo scarto di vendita? La frutta esprime scarti inferiori alle verdure, avendo al di sotto della media varietà importanti quali gli agrumi (arance 3%, limoni - 3%, clementine -5%) e le mele (-4%). Tuttavia troviamo sul versante opposto le ciliegie sfuse (- 28%), le fragole (- 18%) ed i meloni (-11%). Le carenze maggiori emergono nella verdura, in primis le verdure da cotto (cime di rapa, bieta, spinaci, eccetera) con una perdita del 32% e le insalate con il 29% (riccia e scarola oltre il 40%, gentile e trocadero al 32%, compensati da iceberg e belga al 10%). Interessanti le statistiche sul pomodoro ove le differenze sono quasi nulle per il confezionato (- 3%), mentre nello sfuso s’impennano al 12% per il cuore di bue, 10% per perino rosso e 8% il ramato. In positivo si distinguono gli ortaggi duri quali patate (3%), cetrioli (- 5%), carote (- 6%) e finocchi (- 12%). Nel banco della IV Gamma da evidenziare il “sacri-
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ficio” che la GD sta compiendo per sostenere l’affermazione della frutta pronta al consumo (macedonie, ananas tagliati) con un 39% che finisce nel bidone; altresì nelle insalate in busta pronte al consumo, ci attestiamo al 21%. Quasi tutte le insegne, nel corso degli ultimi anni, hanno integrato la loro proposta di frutta e verdura con una linea proveniente da agricoltura biologica, rigorosamente confezionata per evitare che venga confusa con l’analoga sfusa. Anche in questo caso, a causa della modesta rotazione e dei tempi maggiori di approvvigionamento dalla produzione al banco di vendita (minor freschezza rispetto al convenzionale) raggiungiamo scarti medi del 29%. Come contenere queste perdite? Purtroppo la tendenza delle insegne a ridurre i costi e dunque gli operatori nel reparto ed il servizio, contrasta con le azioni che sarebbero necessarie per ridurle. Per gli ortaggi in foglia sarebbe opportuno nebulizzare acqua (o soluzione affine) più volte nell’arco della giornata per combattere la disidratazione e serbare il turgore; bisognerebbe inoltre evitare massificazioni e pervenire ad una giacenza serale esigua. Queste due ultime azioni avrebbero valore anche per ridurre lo scarto della frutta. Si conferma comunque basilare per tutta la frutta e la verdura ridurre al massimo i tempi dalla raccolta ai banchi di vendita, anche privilegiando coltivazioni realizzate nelle vicinanze dei punti vendita. Con riferimento alla frutta e verdura venduta nelle bancarelle dei mercati rionali, gli operatori ben conoscono l’importanza dell’evitare che il cliente manipoli i prodotti, oltre alla riduzione dello stock alla chiusura della giornata di vendita. Curioso citare che dai sondaggi sulle opinioni del cliente si distingue una componente rilevante che rinuncia volentieri a “scegliersi” frutta e verdura, preferendo che la stessa venga toccata dal solo negoziante, adducendo motivazioni di maggior igiene.
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Supermercato24, marketplace italiano della spesa online con consegna in giornata, anche entro un’ora, si appresta a chiudere il 2019 con numeri da record e performance positive. Con il fatturato più che raddoppiato rispetto al 2018 e grazie alla recente acquisizione del player polacco Szopi, la scale-up italiana è il primo player europeo del mercato egrocery a espandersi a livello internazionale. Quest’anno Supermercato24 ha registrato progressi importanti anche rispetto al totale degli utenti che scelgono il servizio, duplicati rispetto al 2018, e al numero degli ordini consegnati, quasi raddoppiato negli ultimi 12 mesi.
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"Gli importanti traguardi raggiunti quest’anno e la continua e costante crescita della nostra azienda, sono la conferma che il nostro servizio piace ai consumatori, che hanno a disposizione una tecnologia innovativa, che rende semplice e veloce la spesa di tutti i giorni, consentendo loro di risparmiare tempo prezioso", dichiara Federico Sargenti, ceo di Supermercato24. "Crediamo che un ambiente smart, che metta in luce i talenti con percorsi di crescita adeguati e la meritocrazia, siano una leva fondamentale per la crescita e il successo del business. Per questo lavoriamo per offrire il meglio ai nostri dipendenti, abbracciando anche solu-
zioni come il remote working, che consente loro di organizzare al meglio la vita privata e quella lavorativa". I risultati positivi raggiunti, hanno consentito all’azienda di consolidare il proprio organico – che ha raggiunto ora i 111 dipendenti – e inaugurare una nuova sede operativa a Milano, per offrire al team un ambiente innovativo, stimolante, green e sostenibile, che rispecchi i valori e la mission aziendale. Nata a Verona nel 2014, Supermercato24 è stata la prima realtà ad applicare un modello innovativo che permette al cliente di scegliere il supermercato di fiducia, ordinare la spesa on-line e affidarsi ad un personal shopper che la consegnerà all’indirizzo desiderato entro un’ora o nella fascia oraria richiesta. Sono servite 31 province, includendo grandi e piccole città.
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MONDO
Osservatorio sul mercato europeo degli agrumi Dopo il recente avvio dell’Osservatorio europeo per l’Ortofrutta, la Commissione Europea ha lanciato il 12 novembre l’Osservatorio sul mercato degli Agrumi. Il progetto sarà supportato dal lavoro già svolto sul campo dall’organizzazione mondiale degli Agrumi che ha partecipato alla seduta dell’esecutivo europeo. Non è un caso che è stato chiesto a José Antonio Garcia Fernandez, direttore di Ailimpo, l’interprofessione spagnola per i limoni ed il pompelmo nonché uno dei promotori dell’Organizzazione Mondiale degli Agrumi (WCO), di presentare la struttura, il ruolo e gli obiettivi di questa nuova piattaforma che guarda al settore globale degli agrumi. L’importanza dell’Osservatorio deriva dalla possibilità di creare uno strumento per lo scambio di informazioni e la creazione di dibattiti su questioni di interesse comune per migliorare il funzionamento del settore agrumicolo. Tale piattaforma è in linea con gli obiettivi dell’Osservatorio europeo del mercato, che mirano a fornire trasparenza e tendenze di mercato. In questo senso, il lavoro dell’Organizzazione Mondiale degli Agrumi sarà utile per l’implementazione dell’Osservatorio Europeo sul mercato degli Agrumi. “Data la collaborazione con piattaforme internazionali dedicate alla frutta - si legge in una nota di Freshfel - la Commissione Europea confida in una fruttuosa collaborazione anche nel settore degli agrumi”. (m.l.)
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Zespri entra nel business del red Anche la multinazionale neozelandese lancia la varietà rossa. Intanto cresce il ruolo internazionale della Grecia che dopo il protocollo siglato con la Cina ha firmato anche con la Thailandia In Grecia, dopo il protocollo siglato con la Cina per l’esportazione del kiwi, un altro mercato di esportazione ha approvato l’ingresso del frutto, la Thailandia. Come annunciato dal governo greco, il Ministero dell’Agricoltura thailandese ha approvato lo scorso novembre l’esportazione di kiwi proveniente dalla Grecia. L’annuncio fa seguito alla visita di una delegazione thailandese arrivata per ispezionare le piantagioni di kiwi, in particolare le prefetture di Salonicco, Emazia e Pieria, oltre ai centri di classificazione e confezionamento. La delegazione ha poi avuto un incontro con i servizi fitosanitari greci per confermare i requisiti sanitari per le importazioni in Thailandia. La Grecia si conferma uno dei maggiori produttori di kiwi al mondo. In base ai dati ufficiali, nel periodo 2017-18 il Paese ha prodotto 274.619 tonnellate di kiwi e ne ha esportato 154.843 tonnellate. Restando al kiwi, il gigante Zespri non sta a guardare. Il primo test di Zespri Red, il kiwi rosso di Zespri, è stato superato con successo: si tratta di un prodotto a pigmentazione vermiglia con elevato grado zuccherino (e calibro leggermente più piccolo degli altri) grazie all’intenso lavoro del programma di ricerca varietale gestito in collaborazione con l’ente neozelandese Plant & Food Research. Nel corso di una prima campagna di lancio, i primi quantitativi sono stati distribuiti in alcuni supermercati neozelandesi ma il piano
di espansione, varato dal CdA del colosso neozelandese, prevede entro il 2020 il rilascio di licenze di produzione tra i 2.800 coltivatori neozelandesi, per circa 150 ettari. "Aggiungendo Zespri Red al nostro pacchetto di kiwi premium già sul mercato, che comprende quello verde ed il SunGold - spiega l’azienda in una nota ufficiale diffusa il 4 dicembre -, puntiamo ad aumentare la quota di mercato del kiwi anche nelle aree attualmente sotto-rappresentate per raggiungere un fatturato globale di 4,5 miliardi di dollari da qui al 2025, con una crescita del 45% del nostro giro d’affari su scala mondiale in cinque anni. Zespri Red è caratterizzato da un’intensa pigmentazione, una dimensione leggermente più piccola ed un elevato grado di dolcezza”. Per aiutare i produttori interessati a questa nuova varietà, il board di Zespri, nella nota ufficiale, pone l’attenzione su "possibili rischi legati alla commercializzazione. A tal fine entro marzo 2020 l’azienda divulgherà delle linee guida sulle tecniche di coltivazione e altri documenti informativi per l’ottenimento della licenza". Novembre 2019
LOGISTICA
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TRIESTE NEL MIRINO DI PECHINO. Siglato un importante accordo
L’ombra cinese sui porti Il porto di Trieste resterà italiano? Il memorandum d’intesa firmato a Shanghai a novembre tra l’Autorità portuale del Mare Adriatico Orientale e il colosso cinese CCCC, China Communications Construction Company, si propone di creare un canale logistico-distributivo tra Italia e Cina, sviluppando la dotazione infrastrutturale sui rispettivi territori, e non è che l’ennesimo tassello della strategia espansiva cinese in Europa. Come ha riportato un articolo del Corriere della Sera, si tratta di una strategia che ha trovato il suo perno (e il suo gioiello più prezioso) nel porto del Pireo, dato in concessione alla società statale cinese Cosco (che gestisce 37 porti in tutto il mondo), finanziata con soldi pubblici e poi a questa venduto al 67% per 368,5 milioni di euro. Una storia di successo se si guarda all’enorme sviluppo logistico del porto ma anche una spina nel fianco, se è vero che le imprese loNovembre 2019
Dopo il Pireo, Malta, Salonicco, Dunkerque, Saint Nazaire, Le Havre, Marsiglia, Bilbao, Valencia e Vado Ligure, il colosso cinese CCCC ha stretto un’intesa con il porto giuliano
Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità portuale del mare Adriatico Orientale, a destra, dopo l’intesa raggiunta durante un vertice bilaterale a Pechino
cali non riescono a intestarsi nemmeno un contratto d’appalto mentre le merci cinesi hanno tro-
vato un ampio porto d’approdo nel Mediterraneo. L’espansione è proseguita con il www.corriereortofrutticolo.it
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LOGISTICA
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Nuovi collegamenti di Maersk per il porto di Vado Ligure
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Soddisfazioni dal punto di vista commerciale e politico per Vado Gateway. La nuova piattaforma si è infatti già assicurata - a partire da febbraio 2020 - l’arrivo di due importanti collegamenti marittimi di Maersk Line: le navi del servizio ME2 di Maersk, che collega il Mediterraneo con il Medio Oriente e l’India, e del servizio MMX, che collega il Mediterraneo col Nord America. Del nuovo terminal Vado Gateway, Maersk ha parlato anche a Milano lo scorso 13 novembre, durante un incontro specifico organizzato dalla stessa Maersk per clienti e operatori dello shipping. Una platea selezionata e attenta ha assistito a una presentazione della nuova piattaforma e dei servizi avanzati che verranno messi a disposizione di tutti i player della supply chain che sceglieranno Vado come porta di ingresso, o di uscita, delle merci. APM Terminals, parte del gruppo Maersk, cercherà di sviluppa-
re ulteriori sinergie con la casa madre per rendere Vado Gateway un hub di riferimento per il sistema logistico internazionale. Giovedì 28 novembre il presidente della Liguria Giovanni Toti, l’assessore regionale allo Sviluppo Economico Andrea Benveduti, il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale Paolo Emilio Signorini e il sindaco di Vado Monica Giuliano hanno visitato Vado Gateway, che poi è stato inaugurato il 12 dicembre. La visita è stata utile per rendersi conto dello stato di avanzamento dei lavori del cantiere e delle prospettive future della piattaforma e dei traffici che genererà, nonostante le inevitabili ripercussioni sulla portualità di recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto l’entroterra ligure. Tutti i rappresentanti istituzionali hanno espresso soddisfazione per il lavoro realizzato.
porto di Malta (24,5%) e quello di Salonicco, rilevato da un consorzio cino-franco-tedesco, del quale però la società cinese China Merchants Holdings International ha poi rilevato la quota francese. Ed è proprio in Francia che si registra la maggiore presenza cinese, con l’acquisizione di quote nei porti di Dunkerque, Saint-Nazaire, Le Havre e Marsiglia. A seguire ci sono la Spagna, con Bilbao e Valencia, e il Belgio con Zeebrugge e Anversa. Infine l’Olanda con Rotterdam e l’Italia con Vado Ligure. Il nuovo terminal container savonese, controllato dall’olandese APM Terminals al 50,1%, da Cosco al 40% e da Qingdao Port International Development al 9,9%, è stato inaugurato il 12 dicembre. Imponente la dotazione infrastrutturale, a partire dalla piat-
taforma di 210 mila metri quadri sul mare, pari a quasi 40 campi di calcio. Ma torniamo a Trieste. L’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale e il colosso cinese China Communications Construction Company (CCCC), hanno siglato a Shanghai, alla presenza del ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione italiano Luigi Di Maio, un memorandum d’intesa che consente l’avvio di una partnership per lo sviluppo di aree industriali sino-italiane in Cina, che saranno collegate al porto di Trieste e al sistema logistico italiano. L’intesa, firmata dal presidente dell’Authority giuliana, Zeno D’Agostino e Jingchun Wang di CCCC, prevede che lo scalo triestino supporti CCCC nello sviluppo di progetti pilota, che saranno
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localizzati nelle aree ad alto potenziale economico di Guangzhou e di Jiangsu, nel retroterra dei porti di Shanghai, Ningbo e Shenzen, tutti scali dei servizi intercontinentali che fanno capo a Trieste. Nella prospettiva di rafforzare il ruolo di tutte le strutture logistiche della regione portuale del Mare Adriatico Orientale, si legge in una nota, CCCC e il porto di Trieste collaboreranno anche per permettere l’attivazione nel territorio regionale da parte del gruppo cinese di uno o più magazzini. "La firma - ha commentato D’Agostino - è importante perché definisce un ruolo attivo del sistema pubblico italiano nello sviluppo della logistica. Si tratta di un progetto a disposizione del Sistema Paese: le piattaforme logistiche potranno agevolare il trasporto delle merci provenienti da tutta Italia, a supporto delle grandi aziende e delle PMI”. L’Autorità di Sistema del Mare Adriatico Orientale non avrà alcuna partecipazione diretta al rischio dello sviluppo delle piattaforme, ma collaborerà come parte attiva aggregatrice, fornendo supporto alla definizione tecnica dei progetti, alla loro promozione presso le istituzioni e le imprese in Italia e attivandosi per la pianificazione o lo sviluppo di infrastrutture, servizi comuni o strumenti di trade facilitation utili al rinforzo del canale logistico integrato Italia-Cina anche attraverso il Porto Franco di Trieste. Il nuovo canale logistico/distributivo, aggiunge l’Authority, potrebbe essere testato già a breve nell’ambito del vino italiano, con particolare attenzione alla produzione della Regione Friuli Venezia Giulia. CCCC si assumerà il rischio delle operazioni collegate ai progetti di sviluppo e si impegnerà a favorire il made in Italy attraverso canali di diffusione dei prodotti italiani in Cina. Cosa poi accadrà in concreto è tutto da verificare perché certamente i cinesi risponderanno innanzitutto ai loro interessi strategici. Novembre 2019
FRESH CUT
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Mariangela Latella Con margini di prezzo sempre più assottigliati rispetto all’ortofrutta sfusa, come nel caso dei mix di insalate in foglia tradizionali dove si arriva a registrare appena un centesimo di utile industriale di differenza, il ready-to-eat rimane tuttavia una categoria in forte crescita nella GDO viennese. Smoothies, insalate arricchite (anche troppo), zuppe pronte e germogli sono i prodotti che guidano la crescita del settore, per i quali il consumatore viennese arriva a spendere anche più di 10 euro a meal-kit, a patto, però, che sia bio. Ogni catena che si rispetti dedica ormai ampi spazi del reparto F&V, esclusivamente al ready-toeat. In alcuni casi, come per esempio da Billa o Spar Gourmet, gli espositori-refrigerati abbastanza grandi da poter costituire l’anticamera di un reparto specializzato con la private label che spopola con i suoi brand quali (per le insalate arricchite) Freshy di Billa, Enjoy di Spar o Rita Bio di Denn’s. Merkure, nato dal gruppo Rewe, con quasi 40 punta vendita nella capitale asburgica, si spinge oltre, fino all’allestimento di un angolo bistrot (per fast e ai limiti anche del furious) con chef in store per confezionare insalate a richiesta, attingendo da un’esposizione di prodotti ortofrutticoli già tagliati e lavati da comporre come contorni per un secondo di carne, come il tradizionale wurstel viennese. Costo del piatto-bistrot 8,90 euro cadauno. Cenerentole del fresh cut, rimangono anche in Austria, come in Italia, i mix di insalate in foglia o le buste mono-prodotto, venduti a marca del distributore, che persino nei supermercati di prima Novembre 2019
notizie selezionate da freshcutnews.it
Vienna paradiso del fresh cut soprattutto se è biologico
Ampi spazi dedicati alla IV Gamma nei reparti F&V della GDO viennese
qualità difficilmente arrivano a superare gli 8 euro al chilo. Basti fare una carrellata dei brand come Simply Good (che si ritrovano nelle catene del gruppo Rewe: Merkure, Billa e Adeg) per vedere che difficilmente, in questi casi, i prezzi al chilo sono competitivi contro i circa 10 euro, per avere una misura, dell’insalata arricchita Bio di Denn’s. Ferma restando la qualità premium della materia prima (minimo sindacale imprescindibile) richiesta dal consumatore viennese
che è molto attento ai sapori ed ai profumi dell’ortofrutta fresca e matura al punto giusto, tra gli scaffali della GDO viennese l’offerta di microgreen e germogli, ancora poco diffusa, risulta promettente considerati anche gli alti prezzi dell’offerta. Le confezioni da 200 grammi di (impeccabile) valerianella, ad esempio, vendute negli scaffali di Spar gourmet hanno prezzi che sfiorano i 23 euro al chilo. Ancora, il tris di germogli (sprout), nello stesso negozio, sono venduwww.corriereortofrutticolo.it
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notizie selezionate da freshcutnews.it
FRESH CUT
Estratti e frullati di frutta vanno per la maggiore nella capitale austriaca
ti a 2 euro la confezione da 100 grammi. Il prezzo si dimezza per i germogli di soia tradizionali: 9,95 euro al chilo da Spar che arriva ai circa 13 da Billa. Con prezzi pret a porter e confezioni per tutti i gusti (dallo shot take away al formato famiglia) gli smoothies, sono i veri fenomeni della distribuzione viennese del momento con particolare attenzione a quelli realizzati con frutta esotica e, attenzione-attenzione, con gli agrumi per i quali i viennesi hanno una forte attenzione. Te li ritrovi ovunque e in tutte le salse. Arance, limoni, clementine o anche bergamotti, rappresentano per il viennese un must mediterraneo, il simbolo di un’area e
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di una cultura, quella sud-europea, a cui hanno sempre guardato con interesse. L’agrume è per gli austriaci quello che il tea rappresenta per gli inglesi. Non si produce in casa ma non se ne può proprio fare a meno. L’apoteosi per gli appassionati dei succhi ‘mild processed’ si realizza all’insegna Juice Factory, rigorosamente made in Vienna, che ha uno store-bar anche in aeroporto. Nelle ore di punta c’è la fila per un assortimento che parte da smoothies, estratti, concentrati o frullati realizzati al momento con la frutta fresca esposta a vista (i formati che vanno dai bicchieri short a quelli large da circa mezzo litro venduti a 6,50 euro l’uno).
Tra le referenze anche bowls di frutta e cereali (sempre preparate al momento) o anche sandwich e altri snack in pieno mood di snack fresco, buono e sano da consumare on-the-go. Bio e zuppe pronte (specie se in vaschetta, barattolo di vetro, o anche bottiglioni formato famiglia) completano il quadro dell’offerta convenience che, con le sue ricette, attinge ad una vasta gamma di tradizioni culinarie internazionali (asiatiche, mediorientali, mediterranee, tradizionali) tenendo bene a mente le tante culture che si incrociano nella metropoli austriaca che conta 1,8 milioni di abitanti a cui si aggiungono ogni anno circa 4 milioni di turisti da tutto il mondo. Un canale preferenziale viene riservato, nell’attenzione del consumatore, soprattutto viennese 100%, al convenience food bio, che in Italia è ancora poco diffuso. Da questo punto di vista, la catena tedesca Denn’s, specializzata in prodotti organici e a ‘km 0’, che a Vienna ha già dieci punti vendita, ha un assortimento molto variegato. Data la sproporzione tra domanda e offerta, quest'ultima ancora insufficiente, le confezioni da 250 grammi di insalate-piatto unico (a marchio Rita Bio), arricchite con formaggi, cereali, oppure anche pasta già cotta (da Spar il mix è fatto persino con i noodle), arrivano a sfiorare i 10 euro al pezzo a scaffale. Una segnalazione. Considerati i rigidi orari lavorativi rispettati nella capitale asburgica (non esistono turni o orari continuati, alle 6 di sera negozi e uffici sono tutti chiusi e non si parla proprio di aperture né straordinari durante i giorni festivi), la spinta al ready-to-eat non sembrerebbe data dalla mancanza di tempo per cucinare quanto dal maggiore desiderio di avere più tempo da dedicare alle propria vita privata, magari trascorrendolo all’aria aperta o con gli amici in bici o in monopattino, a pescare lungo il Danubio oppure al Prater. Novembre 2019
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