Arte Cinetica

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ARTE CINETICA Museo di Santa Giulia, Brescia



ARTE CINETICA Progetto a cura dei corsi e laboratori di storia dell’arte contemporanea dello S.T.Ar.S. dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia

Museo di Santa Giulia, Brescia - Sala dell’affresco 23 maggio - 8 giugno 2014

Con il patrocinio di


Mostra promossa, organizzata e curata dai docenti dello S.T.Ar.S. presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia: - Fabio Paris, docente del Laboratorio di organizzazione di eventi espositivi, responsabile per l’organizzazione, l’allestimento, la grafica, la comunicazione e il catalogo; - prof. Paolo Bolpagni, docente del corso di Istituzioni di storia dell’arte contemporanea, responsabile per la selezione delle opere, la supervisione dei testi e i rapporti istituzionali; - dott. Kevin McManus, docente del Laboratorio di scrittura critica, responsabile del coordinamento della schedatura delle opere; - prof.ssa Elena Di Raddo, docente di Storia dell’arte contemporanea, referente complessiva nello sviluppo del progetto.

Con il contributo degli allievi del Laboratorio di organizzazione di eventi espositivi:

Con il contributo degli allievi ed ex allievi del Laboratorio di scrittura critica, che hanno contribuito alla schedatura delle opere:

Marta Arizzi Maria Giovanna Barbaglia Lara Bessi Letizia Bonomi Marta Cavalieri Chiara Chiarelli Giuditta Colombi Davide Fogassi Silvia Frugoni Luca Gabbriellini Giorgia Ghiretti Lorenzo Guajana Marisa Paderni Enrico Ratti Chiara Rigolli Linda Rocco Camilla Sartori Maria Serena Seghezzi Diego Taetti Chiara Turati Alessandra Van Zwam Giulia Vitali

Silvia Andrini (SA) Celeste Baracchi (CB) Chiara Chiarelli (CC) Elena Facchetti (EF) Cinzia Guida (CG) Giovanni Lamera (GL) Chiara Rigolli (CR) Camilla Sartori (CS)

Con il contributo di

Sponsor tecnico

Traduzione delle schede in inglese: Lucas Padovani


La collaborazione tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei per la realizzazione della mostra “Arte cinetica”, allestita presso gli spazi espositivi della Sala dell’affresco nel Museo di Santa Giulia, da venerdì 23 maggio a domenica 8 giugno, conferma l’impegno dell’Ateneo a collaborare con le Istituzioni territoriali. L’iniziativa dà conto di un percorso professionalizzante, altamente formativo, condotto da docenti della “nostra” Università, e valorizza il lavoro degli studenti. “Arte cinetica” è, di fatto, una mostra-saggio finale, che nasce nell’àmbito dei corsi e laboratori di storia dell’arte contemporanea del percorso formativo in “Ideazione e produzione nell’organizzazione artistica” del corso di laurea S.T.Ar.S. (Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - Sede di Brescia. In particolare, il laboratorio di “Organizzazione di eventi espositivi” (dott. Fabio Paris), che si è occupato dell’organizzazione, dell’allestimento, della grafica, della comunicazione e del catalogo della mostra; il corso di “Istituzioni di storia dell’arte contemporanea” (prof. Paolo Bolpagni, che, oltre a dedicare alcune lezioni di approfondimento monografico al tema dell’arte cinetica, oggetto della mostra, si è occupato della selezione delle opere da esporre e della supervisione dei testi); il laboratorio di “Scrittura critica” (dott. Kevin McManus), che ha coordinato il lavoro di schedatura delle opere esposte; e il corso di “Storia dell’arte contemporanea” (prof.ssa Elena Di Raddo, che è stata la referente complessiva nello sviluppo del progetto). La mostra presenta ventiquattro importanti opere d’arte cinetica e programmata, provenienti da collezioni private. L’obiettivo è fornire al visitatore gli strumenti utili a riconoscere il pensiero generativo di questa tendenza, sviluppatasi soprattutto negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, tenendo presente che il centro dell’attenzione, in queste opere, è lo studio della percezione visiva e della resa in termini pittorici e plastici del movimento, della luce e dei fenomeni ottici, e che il linguaggio utilizzato dagli artisti è di matrice astrattista, ma va oltre le mere istanze compositive e formalistiche. Una novità, nell’allestimento, che coniuga il binomio “qualità-innovazione”, è l’audioguida realizzata sotto forma di applicazione, scaricabile gratuitamente e funzionante tramite telefoni cellulari e tablet: ogni opera esposta è stata collegata a una TAG e, di conseguenza, a una scheda esplicativa, accedendo alla quale è possibile ascoltare la spiegazione e il commento dell’opera stessa. In sintesi, un’occasione importante di “incontro”, per un approfondimento e per una lettura ragionata dell’arte cinetica, forma d’arte che, impiegando il movimento, reale o virtuale, come mezzo di espressione, si pone in antitesi a ogni concezione dell’oggetto artistico come forma statica. Luigi Morgano

Direttore della sede di Brescia Università Cattolica del Sacro Cuore



Con tenacia e competenza, già da alcuni anni Brescia ha saputo inserirsi nei circuiti del turismo culturale, in virtù di un patrimonio museale, artistico e monumentale – in particolare quello archeologico – fra i più significativi del nord Italia: un’eccellenza per la quale la città sta assumendo sempre maggiore riconoscibilità in Italia e all’estero. È stato un percorso faticoso, tuttora costellato di impegnative salite, ma del cui valore strategico, anche da un punto di vista economico, siamo pienamente coscienti, e che pertanto non ammette inversioni di marcia. Al contrario: la strada intrapresa necessita di passi coraggiosi, di un piano volto a ridefinire l’intero sistema, compreso quello museale, che dell’economia della cultura costituisce il settore principale. Accanto ai fondamentali compiti di tutela, conservazione e formazione, che rimangono tali e imprescindibili, è necessario che i nostri musei si pongano ora come obiettivo urgente un processo di modernizzazione e di sviluppo che coinvolga in particolare gli ambiti dei servizi al pubblico, della tecnologia, delle occasioni esperienziali, della contaminazione dei linguaggi e delle tipologie di pubblico. Tutto ciò richiede nuove dotazioni economiche, nuove modalità di governance, nuove relazioni con il privato: ed è verso queste prospettive che l’Amministrazione si sta muovendo con impegno. Ma c’è dell’altro: per gestire tutto ciò servono anche nuove figure professionali, giovani preparati da un percorso formativo adeguato e in grado di muoversi con competenza in un contesto che richiede loro non tanto (o non solo) di essere intellettuali, ma di essere realmente professionisti della cultura, e quindi con capacità organizzative e manageriali. Responsabilità, questa, che è propria delle istituzioni scolastiche e universitarie in particolare. La rassegna che qui presentiamo è allora per me un motivo di grande soddisfazione, perché è una riuscita testimonianza della capacità dei nostri Musei di farsi partner di progettualità didattiche e formative, in questo caso con l’Università Cattolica di Brescia, che costituiscono una vera esperienza di crescita culturale e educativa per tutti gli attori coinvolti. La mostra “Arte cinetica”, organizzata in ogni suo dettaglio dagli studenti del corso di laurea S.T.Ar.S., coordinati da quattro propositivi e lungimiranti docenti, è una bella occasione di collaborazione fra le istituzioni del territorio e, soprattutto, una preziosa prova sul campo per le nuove professionalità nei musei. Sulle quali non possiamo che far affidamento per ogni futura crescita. Laura Castelletti

Vice Sindaco Assessore alla Cultura Creatività e Innovazione Comune di Brescia

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Non è un caso, credo, che i docenti dei corsi e dei laboratori dell’indirizzo in “Ideazione e produzione nell’organizzazione artistica” del corso di laurea S.T.Ar.S. abbiamo scelto come oggetto di questa mostra l’arte cinetica. Non alludo qui alle ragioni didattiche di questa scelta, che senza dubbio ci sono e sono numerose: l’arte cinetica si presta molto bene a richiamare discipline e approcci differenti agli oggetti e ai fenomeni d’arte – dalla storia dell’arte alla psicologia della percezione, dalla semiotica alla critica, fino alle connessioni con altri ambiti artistici (la fotografia, il cinema, il teatro) nello spirito delle avanguardie novecentesche. Ma, ripeto, non sono tali ragioni a interessarmi in questo momento. Alludo, piuttosto, al concetto stesso di arte cinetica, e in particolare all’idea che ne è alla base: il movimento come strumento di espressione artistica. Un’arte dunque che rifiuta la stasi dell’oggetto d’arte come anche la passività dello spettatore, e vede piuttosto in una comune attivazione di oggetto percepito e attività percettiva l’evento generatore del fenomeno estetico. E mi interessa richiamare questo aspetto perché esso rimanda indirettamente allo spirito stesso del corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo (S.T.Ar.S.). Lo S.T.Ar.S. è per sua natura un corso di laurea che riconosce nel movimento e nel cambiamento un forte elemento di caratterizzazione e di identità. Non solo l’architettura complessiva del corso è chiamata di anno in anno a ripensarsi per rispondere sempre meglio alle esigenze dei mercati del lavoro di riferimento; ma anche i singoli insegnamenti sono di volta in volta riprogettati. Tale riprogettazione è resa possibile da una struttura modulare che fa dei laboratori, delle esercitazioni e dei workshop pratici non uno strumento marginale e accessorio della formazione, ma piuttosto una parte integrante e sinergica degli insegnamenti storici e teorici. Si spiega in tal modo l’organizzazione di questa mostra, che nasce appunto da questa sinergia tra corsi, laboratori, esercitazioni. Ma nasce soprattutto dall’aspetto di movimento che ci sta più a cuore: il coinvolgimento degli studenti, la sollecitazione e l’incanalamento delle loro energie ideative e organizzative, il loro ruolo attivo nei processi di formazione. Perché l’apprendimento è sempre un processo, un evento: un movimento, appunto.

Ruggero Eugeni

Coordinatore del corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo (S.T.Ar.S.) Facoltà di Lettere e Filosofia - Brescia Università Cattolica del Sacro Cuore

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Arte cinetica. Un profilo storico L’arte cinetica e programmata, sviluppatasi tra la metà degli anni Cinquanta e i primi Settanta, è stata definita l’ultima delle avanguardie. Difficile dire se oggi sia ancora valida una tale lettura di quel fenomeno, che non costituì un movimento, bensì una tendenza ampia, entro cui operarono sia singoli, sia gruppi e collettivi. Ci fu una forte connotazione geografica, con una radicata presenza in Europa (ma con il basilare apporto di molti latino-americani), negli stessi anni in cui gli USA vedevano tramontare le esperienze informali e affermarsi il New Dada e la Pop Art. La contrapposizione – anche ideologica – tra vecchio e nuovo continente, tra l’arte “consumistica” e soggettiva degli statunitensi e quella “rivoluzionaria” e oggettiva degli europei, era evidente. Al centro dell’attenzione, nelle opere cinetiche, programmate e optical, sono lo studio dei meccanismi della visione e l’aspirazione a una resa in termini pittorici e plastici del dinamismo, dei fenomeni ottici e della luce. Il linguaggio impiegato è aniconico, ma si pone al di là di ogni movenza compositiva tipica dei vari astrattismi precedenti e contemporanei. L’intento è di superare la nozione tradizionale di arte come espressione, e di puntare al coinvolgimento dello spettatore non sul piano puramente formale o emozionale, ma su quello percettivo e psicologico. E quindi: – stimolare effetti di modularità, distorsione, reversibilità, pulsazione; – indagare l’instabilità e la mutevolezza della visione (“l’unique chose stable c’est le mouvement”, diceva Jean Tinguely); – sperimentare le facoltà cinetiche dell’opera, sia dotandola di movimento proprio, meccanico (per esempio tramite congegni elettrici), oppure virtuale (cioè suggerendo l’idea di dinamismo grazie a particolari procedimenti compositivi), sia attraverso l’utilizzo della luce come medium; – “programmare” – ovvero preordinare – il risultato estetico, individuando un metodo di “costruzione” dell’immagine rigoroso e oggettivo, quasi scientifico. L’arte cinetica, programmata e optical, come ogni importante tendenza, ha naturalmente i suoi precursori (esponenti delle avanguardie storiche, soprattutto di àmbito futurista, dadaista, Bauhaus e costruttivista, e inoltre Alexander Calder, con le “sculture a motore” e i mobiles); i suoi iniziatori (il già citato Tinguely, il nostro Bruno Munari, Nicolas Schöffer, François Morellet, Jesús Rafael Soto, Yaacov Agam e Victor Vasarely in Francia); i suoi studiosi ed esegeti (il più grande è probabilmente Frank Popper, autore nel 1967 di un libro essenziale, Naissance de l’art cinétique. L’image du mouvement dans les arts plastiques depuis 1860, tradotto in italiano tre anni dopo). E le mostre fondamentali – sia coeve, sia retrospettive – rimaste quali indiscussi punti di riferimento: nel 1955 “Le Mouvement” nella Galerie Denise René di Parigi; nel 1961 “Bewogen Beweging”, allestita allo Stedelijk Museum di Amsterdam, e “Nove Tendencije”, alla Galerija Suvremene Umjetnosti di Zagabria (da qui nascerà il movimento della “Nuova Tendenza”, che raccoglierà i gruppi di “cinetisti” attivi in tutta Europa); nel 1962 “Arte programmata” nella Galleria Vittorio Emanuele di Milano; nel 1965 “The Responsive Eye” al MoMA di New York; nel 1967 “Lumière et Mouvement” al Musée d’Art moderne de la Ville di Parigi; fino all’ultima monumentale rassegna storica, “Dynamo”, nel 2013 al Grand Palais, sempre nella capitale francese.

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Come si diceva, l’arte cinetica vide fiorire negli anni Sessanta, in tutto il continente e in particolare in Italia, un notevolissimo numero di gruppi, che talora firmavano le opere collettivamente, in ottemperanza al principio del superamento dell’esaltazione romantica del pittore individualista e schiavo della ricerca del capolavoro. Di una simile “galassia” di artisti, correnti, raggruppamenti e sperimentazioni la nostra mostra non aspira certo a fornire un’immagine esaustiva, né organica, quanto piuttosto uno spaccato interessante e significativo, tanto più in considerazione della provenienza dei pezzi esposti da collezioni private del Bresciano, e del fatto che questa città fu importante nella storia dell’arte cinetica e programmata, poiché ospitò l’attività del Centro Culturale Sincron di Armando Nizzi: un indubbio nucleo d’irradiazione e diffusione della “Nuova Tendenza”, che organizzò mostre, attirò autori internazionali (pensiamo a García Rossi), e coltivò affezionati estimatori e collezionisti. Abbiamo dunque lavori di esponenti del Gruppo N (nato in realtà come Gruppo Ennea) di Padova (Alberto Biasi, Ennio L. Chiggio e Toni Costa), del Gruppo 63 di Roma (Lucia Di Luciano e Giovanni Pizzo, che in seguito lasciarono gli altri due colleghi, Lia Drei e Francesco Guerrieri, per unirsi nell’Operativo “r”), del GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel) di Parigi (Horacio García Rossi, Julio Le Parc e Francisco Sobrino), fondato nel 1961 ma anticipato l’anno precedente dal CRAV (Centre de Recherche d’Art Visuel), di cui faceva parte anche Hugo Demarco, poi staccatosi dalla compagine. Inoltre vi sono artisti attivi singolarmente, o dai percorsi più molteplici e accidentati: il milanese Mario Ballocco, il quale, isolato quanto pionieristico, già dal 1952-1953 realizza opere sorprendenti, che precorrono esperienze cinetiche e optical; il veneziano Franco Costalonga, che nella seconda metà degli anni Sessanta entra nel gruppo Dialettica delle Tendenze, per poi avvicinarsi alla formazione Sette-Veneto, presieduta da Bruno Munari; la straordinaria Dadamaino, partita nell’àmbito di Azimuth, per orientarsi via via verso l’arte programmata, ma sempre con una libertà e apertura d’interessi che la condurranno a sperimentazioni personalissime sul colore, sul segno e sulla spazialità. Marina Apollonio, triestina, figlia del critico e teorico Umbro Apollonio, gravita attorno al Gruppo N di Padova e al Gruppo T di Milano e, in antagonismo a una nozione di astrazione espressiva, persegue l’ideale di un’arte depersonalizzata, adottando sequenze cromatiche alternate e materiali industriali. I tedeschi Hartmut Böhm e Ludwig Wilding, entrambi membri della “Nuova Tendenza”, creano strutture tridimensionali che rispettivamente danno vita a rilievi basati su calcoli metematico-geometrici e a schemi visivi intercambiabili incentrati sul pattern bianco-nero. Il venezuelano Carlos Cruz-Diez, proveniente dal mondo della grafica pubblicitaria, lavora sulla luce e sui concetti di interferenza e induzione, usando lamelle trasparenti e strisce di carta colorata disposte a intervalli costanti. Lo svizzero Hans Jörg Glattfelder, convinto neo-costruttivista e autore di testi sull’arte concreta, dal 1961 al 1997 visse in Italia, dove realizzò la serie dei “rilievi piramidali”, mentre in seguito si interessò al tema delle geometrie non-euclidee. Marcello Morandini, infine, porta avanti ancor oggi una ricerca di assoluto rigore ed estrema perfezione tecnica, erede della “Nuova Tendenza” ma aperta anche a soluzioni applicative nel campo del design e del graphic design.

Paolo Bolpagni

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Marina Apollonio Dinamica circolare 6KN Circular Dynamics 6KN 1966/1969 Vernice su legno. Paint on wood. Diametro 64 cm. Diameter 64 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

L’artista, a partire dal 1965, inizia il suo approfondimento sulla comunicazione e percezione visiva, realizzando le prime “Dinamiche circolari”. Dopo aver scelto una forma elementare come il cerchio, ne studia le possibilità strutturali per renderla attiva, ottenendo il massimo risultato con la massima economia. Il lavoro non vuole, ovviamente, spingere l’osservatore a un’interpretazione di tipo simbolico, poiché la finalità di Marina Apollonio è di perseguire una precisa funzione comunicativa a livello visivo, in opposizione al concetto di astrazione espressiva. Attraverso la sua “Dinamica circolare”, l’artista riesce a realizzare strutture che, nella visione dello spettatore, si trasformano in spazi dinamici e fluttuanti. (CB) Beginning in 1965, Apollonio embarked on a research on visual communication and perception, exemplified by her early “Circular Dynamics” pieces. After adopting a simple shape such as the circle, the artist studies the possible structural devices capable of activating it, achieving the maximum result with the maximum economy of means. Obviously, this artwork does not elicit a personal, symbolic interpretation from the viewer; Apollonio’s goal is to achieve a very precise communicative function on a strictly visual level, in opposition to any expressive form of abstraction. Through her “Circular Dynamics”, the artist gives life to structures that become dynamic, fluctuant spaces in the viewer’s perception. (CB)

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Mario Ballocco Tensioni formali da instabilità luminosa Formal Tensions of Luminous Instability 1967 Acrilico su tela. Acrylic on canvas. 70 x 70 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

L’arte di Ballocco evolve dal 1952 verso la geometria pura e la modularità: l’irregolarità delle opere precedenti si trasforma in un’analisi esatta e misurabile concernente i vari fenomeni della percezione visiva, spesso di matrice gestaltica. Il pittore ne studia le cause e indaga le reazioni di quei fenomeni, con particolare interesse al ruolo del colore. L’opera qui presentata produce, pur senza l’utilizzo dei colori, un’impressione di curvatura, di convessità della composizione, che ovviamente si trova soltanto nel nostro cervello. Una volta pero appurata l’origine dei fatti, Ballocco non li esalta per ostentare la scoperta di effetti attraenti, ma esibisce soltanto quei dati che possono contribuire “al conseguimento di un ordine visivo più logico”. (CB)

Ballocco’s art since 1952 evolved towards pure geometry and modularity: the irregular configuration of his previous works is replaced by an exact, measurable analysis of the different phenomena of visual perception, often inspired by the theory of Gestalt. The painter detects the causes and studies the reactions of such phenomena, focusing in particular on the function of color. This piece, although not using any color, produces the impression of curvature, as if the surface were convex: such convexity, however, only exists in the viewer’s brain. Once the effect has been explained, Ballocco does not dwell in its sheer attractiveness; instead, he chooses to exclusively show the elements that might contribute to “the achievement of a more logical visual order”. (CB)

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Alberto Biasi Gocce Drops 1967 Lamelle in stoffa sintetica su legno. Synthetic fabric on wood. 71 x 48 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

Biasi approda per la prima volta ai “Rilievi ottico-dinamici”, di cui fa parte Gocce, a partire dal 1960. Realizza sul tema diverse opere originali e multipli serigrafici. Strutturalmente i rilievi sono composti da due configurazioni lineari e luministiche, poste su due piani diversi ma lette come giacenti su un unico piano. Gli elementi opachi posti anteriormente si sovrappongono ai retrostanti segmenti luminosi, creando marezzature scure in movimento. Queste configurazioni, inesistenti ma percettivamente reali, fanno sì che sia l’occhio a creare le forme, suscitando un dinamismo reso attraverso un’azione otticomentale. (CB) In 1960 Biasi began working on his “Optical-Dynamic Reliefs”, the series to which Drops belongs. He studied this theme through a number of works, both unique pieces and serial silkscreens. From a structural viewpoint, the reliefs are the result of two flat luminous configurations arranged on different planes, but perceived as belonging to one plane. The opaque elements of the foreground overlap the luminous elements in the back, originating dark, dynamic interference patterns. Such formal dynamics, which do not actually exists but are nonetheless real on a perceptive level, invest the eye with the power of creating shapes by simulating movement through an optical-mental process. (CB)

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Alberto Biasi Accade di vedere… It Happens to See… 1974 Lamelle in stoffa sintetica su legno. Synthetic fabric on wood. 80 x 80 cm Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia.

Accade di vedere… si inserisce all’interno del ciclo dei “Politipi”, una continuazione dei “Rilievi ottico-dinamici” degli anni Sessanta. Biasi realizza il primo “Politipo” nel 1965 come un Omaggio a Fontana, e in seguito approfondirà tale ricerca per oltre vent’anni. Questi lavori giocano sulle diverse percezioni da parte dell’osservatore, ottenute per addensamento o rarefazione di punti e linee su piani diversi. Ne derivano immagini in espansione o in contrazione, che finiscono per produrre, quasi involontariamente, figure regolari e geometriche. Alberto Biasi vuole qui riflettere, attenuando l’esasperazione cinetica e basandosi sulla tensione di lamelle deviate, su alcuni di questi elementi formali. (CB) It Happens to See… is part of a cycle titled “Polytypes”, in many ways a prosecution of the “Optical-Dynamical Reliefs” from the 1960s. Biasi produced the first “Polytype” in 1965, as a Homage to Fontana, and kept working to the series for over twenty years. These works address the variety of the viewer’s perceptions, obtained through the thickening and rarefaction of dots or lines on different planes. The result is a series of expanding and contracting images, which seem to produce regular geometrical shapes almost by chance. Alberto Biasi aims at analyzing these regularly or irregularly shaped formal elements. (CB)

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Hartmut Böhm Quadratrelief XVIII Quadratrelief XVIII 1967 Materiali plastici. Plastic materials. 58 x 58 x 3,5 cm Collezione Prestini (già Collezione Cavellini). Prestini Collection (formerly Cavellini Collection).

Böhm, che partecipò nei primi anni Sessanta a numerose mostre collettive internazionali di arte cinetica, basa le proprie opere su princìpi matematici e geometrici, tramite effetti dinamici in grado di generare, pur nella loro costruzione logica, un’impressione di caos, allo scopo di coinvolgere lo spettatore. In questo lavoro, l’artista posiziona gli elementi con inclinazioni differenti, producendo nello spettatore percezioni di tensione. L’opera è fondata e costruita sulle tre dimensioni: gli elementi applicati sono in rilievo, con l’obiettivo di superare la composizione pittorica in favore di un’animazione della superficie ottenuta mediante il posizionamento irregolare di effetti di luce e ombra, che hanno la funzione di dar vita a diverse forme, mutando la superficie e creando in questo modo l’illusione dinamica e il coinvolgimento emotivo. La funzione dell’occhio è spostata verso una percezione di instabilità, causata dall’asimmetria che caratterizza la composizione dell’opera. (GL)

In the early 1960s, Böhm took part to many international group exhibitions of kinetic art. He based his research on mathematic and geometric principles, working on dynamic effects able to generate the impression of chaos within a very rational construction, in order to involve the viewer in the recreation of the formal process. In this work, the artist gives each element a different angle, thus producing a perceivable formal tension. The work is constructed in the three dimensions: the applied elements are in relief, thus going beyond the pictorial surface towards the literal presence of effects of light and shadow, produced by the irregularity in the arrangement of the pieces, which provides the illusion of movement and viewer-activation as well. The function of eye is that of perceiving the instability caused by the basic asymmetry of the composition. (GL)

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Ennio L. Chiggio Interferenza lineare 14.5/B Linear Inteference 14.5/B 1969 Lastre di plexiglas serigrafate. Plexiglas sheets with silkscreen. 83,5 x 83,5 x 15 cm Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia. Ennio Chiggio (Napoli, 1938) fu uno dei fondatori – insieme a Costa, Biasi, Landi e Massironi – del Gruppo N di Padova. Questa esperienza lo portò a operare su spazi sequenziali e ripetitivi, sviluppando la componente fenomenica dell’atto artistico. La serie delle “Interferenze lineari” si basa su ricerche visive e cinetiche collegate alla psicologia della percezione, e finalizzate alla realizzazione di oggetti e ambienti che coinvolgano lo spettatore. Chiggio è riuscito a dare dinamicità all’opera grazie alla sovrapposizione di due lastre in plexiglas trasparente, serigrafate con elementi geometrici che fanno emergere uno spazio inesistente e fluttuante, che crea l’illusione del movimento. (CC) Ennio Chiggio (Naples, 1938) was among the founders of Group N in Padua (the others being Costa, Biasi, Landi and Massironi). Within such experience, he worked on repetitive sequences of space, developing the phenomenical element of art. The cycle titled “Linear inteferences” is based on a research of visual and kinetic elements conducted within the field of Gestalt psychology, and aimed at the realization of objects and environments involving the viewer. Chiggio was able to produce dynamism in this piece through the overlapping of two sheets of transparent Plexiglas, on which some geometric elements are silkscreened, creating a virtual, fluctuating space that provides the illusion of movement. (CC)

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Toni Costa Dinamica visuale Visual Dynamics 1969 Torsione di lamelle in stoffa sintetica su legno. Torsion of sheets of synthetic fabric on wood. 90 x 90 cm (diagonale 128 cm). 90 x 90 cm (diagonal 128 cm). Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia.

Toni Costa (Padova, 1935-2013) fonda insieme a Biasi, Chiggio, Landi e Massironi nel 1959 il Gruppo N di Padova. In questo periodo abbandona il linguaggio dell’Informale per dedicarsi a studi e ricerche sui fenomeni ottici e percettivi. La serie di opere intitolate “Dinamiche visuali” è frutto di sperimentazioni collettive, il cui intento è quello di riprodurre l’illusione del movimento attraverso la manipolazione dei materiali e l’utilizzo o l’assenza del colore. Questi lavori generano una continua instabilità percettiva e forniscono, come scrisse Giulio Carlo Argan, “impulsi d’immagine, segni atti a determinare un comportamento ordinato e costruttivo dell’immaginazione”. (CC) In 1959 Toni Costa (Padua, 1935-2013) founded Group N in Padua, together with Biasi, Chiggio, Landi and Massironi. He then abandoned his research with Informel painting and embarked on a study of optical and perceptual phenomena. The series of works titled “Visual Dynamics” is the result of a number of group experimentations on how to reproduce the illusion of movement through the manipulation of materials and the use or the absence of color. These works produce a continuous perceptual instability or, as Giulio Carlo Argan wrote, “image stimuli, signs aimed at determining a disciplined, constructive attitude of imagination”. (CC)

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Franco Costalonga OCGBMN Oggetto cromocinetico girante OCGBMN Chromo-kinetic Rotating Object 1972 Sfere in metacrilato metallizzato e motore elettrico. Spheres of metallic methacrylate and electric motor. 75 x 75 x 11 cm Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia.

Con quest’opera, Costalonga chiude il periodo dedicato al lavoro a pennello e realizza i primi oggetti tridimensionali in plexiglas e PVC metallizzato, proiettando la sua ricerca nel campo della pura visualità. Comincia nel 1965 la serie degli “Oggetti cromocinetici”, composti da semisfere di metacrilato. Le sfere erano metallizzate all’interno, con l’aggiunta di un piccolo cilindro colorato collocato nel mezzo, in modo che il suo riflesso sulla parete concava generasse un doppio raggio colorato, che, simile a un’elica, ruota a seconda del punto di vista dell’osservatore, e di come egli si muove attorno all’opera. I temi che stanno a cuore all’artista non cambiano, ma cambia il materiale con cui queste ricerche sono espresse in forma artistica. Gli elementi che spiccano maggiormente nelle opere cromocinetiche sono la scomposizione della luce e la capacità di ricostruirla in altri modi. L’intento di Costalonga è di sovvertire la visione dello spettatore, guidandolo alla scoperta della molteplicità della forma e del movimento. (EF)

Works like this mark the end of Costalonga’s production as a painter and the beginning of a series of three-dimensional objects in Plexiglas and metallic PVC, continuing his research on pure vision. In 1965 he launched the series of “Chromo-kinetc objects”, made of hemispheres of metallic methacrylate with a small colored cylinder in the middle; the reflection of the cylinder on the concave surface would generate a double colored beam, similar to a propeller which rotates according to the viewer’s perspective and his/her movements vis-à-vis the artwork. The themes of research are always the same, while the materials used vary. The outstanding elements of these chromo-kinetic works are the articulation of light and the different ways in which it can be recomposed. (EF)

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Franco Costalonga PR B IB PR B IB S.d. [anni ’70]. Undated [1970s]. Materiale plastico (sistema modulare) e alluminio. Plastic material (modules) and aluminum. 70 x 70 cm Collezione Prestini. Prestini Collection. Franco Costalonga (Venezia, 1933) lavora alla continua scoperta di nuove basi per la creazione di opere tridimensionali. Le sue opere si sviluppano attorno a una ricerca sulla luce, sulla variazione cromaticopercettiva delle strutture e su una meticolosa organizzazione geometrica. L’artista tende a dilatare la percezione verso l’esterno attraverso l’interazione tra forme, creando movimenti dei piani che ne trasformano l’organizzazione ottico-dinamica, con una continua deviazione del punto di vista dell’osservatore. Considerato che il gradiente di luminosità di un colore è in relazione alla quantità di bianco e nero fusi nel colore stesso, e considerato che il bianco e il nero non sono colori ma presenza e assenza di luce, Costalonga si pone l’obiettivo di catturare l’ombra o la luce sul colore variando l’orientamento del supporto modulare. (EF) Franco Costalonga (Venice, 1933) works to discover new criteria for the construction of three-dimensional artworks. His pieces develop around the research on light, the chromatic-perceptual variation of structures and a meticulous geometric organization. The artist tends to expand perception outward through the interaction between shapes, providing planes with a set of movements that alter their opticaldynamic arrangement, with a continuous deviation of the viewer’s perspective. Since the gradient of luminosity of a given color is determined by the quantity of black and white it contains, and assuming black and white are not downright colors, but rather the absence and presence of light respectively, Costalonga works to seize light or shadow on the specific color by modifying the orientation of the modular support. (EF)

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Franco Costalonga Operazione PR SGA IB Operation PR SGA IB S.d. [anni ’70]. Undated [1970s]. Materiale plastico (sistema modulare) e alluminio. Plastic material (modules) and aluminum. 70 x 70 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

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Carlos Cruz-Diez Inducción cromática blanco+azul+negro = amarillo (bozzetto) Inducción cromática blanco+azul+negro = amarillo (sketch) 1977 Matita e matite colorate su carta millimetrata. Colored pencils on graph paper. 42 x 49,5 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

Dopo aver studiato alla Scuola di Belle e Arti Applicate di Caracas, Cruz-Diez basa la sua attività pittorica sugli studi sul colore, la linea e la percezione, ponendosi nel solco dei movimenti cinetisti degli anni Sessanta. Si concentra sul movimento dello spettatore, che diventa fruitore attivo dell’opera. Costante, durante tutta la sua carriera, è l’utilizzo di forme astratte geometriche, al fine di suscitare un’esperienza visiva nuova: Cruz-Diez rompe la relazione tra colore e forma, creando profondità e spazi nuovi sulla tela. I suoi esperimenti e i suoi studi si fondano sulle variazioni della posizione dell’osservatore in rapporto all’opera, sull’uso della luce e sul rapporto tra i colori. (CS) After attending the School of Fine and Applied Arts in Caracas, Cruz-Diez dedicated his activity as a painter to studying color, line an perception together with the kinetic movements of the 1960s. As in the work of Op artists, Cruz-Diez focused on the movement of the viewer, who becomes an active user of the artwork. A constituent presence in his career, geometric-abstract shapes create a new visual experience, through which the artist breaks down the relationship between color and shape, creating new depth and new spaces on the support. His works are concerned with the viewer’s ever-changing perspective, the use of light and color relations. (CS)

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Dadamaino Disegno ottico dinamico Optical-Dynamic Drawing Senza data [1961-1965]. Undated [1961-1965]. China e tempera su carta. India ink and tempera on paper. 44 x 35 cm Collezione privata, Brescia. Private Collection, Brescia.

Il nome d’arte dell’artista milanese Eduarda Emilia Maino nasce, a causa di un errore di stampa, durante una mostra in Olanda nel 1961. L’anno successivo, Dadamaino aderisce al movimento Azimuth. Nella prima metà degli anni Sessanta, l’interesse per il movimento e le riflessioni scientifiche sull’ordine matematico delle cose la spingono a realizzare una serie di opere di carattere ottico-dinamico. Attraverso figure quadrangolari bianche o nere diverse tra loro per forma e dimensione, lo spazio del disegno risulta dinamico, e suddiviso in quattro sezioni circolari animate da un movimento interno, che in realtà esiste soltanto nella percezione dello spettatore. Citando Piero Manzoni, “Dadamaino ha superato la ‘problematica pittorica’: altre misure informano la sua opera; i suoi quadri sono bandiere di un nuovo mondo, sono un nuovo significato; non si accontentano di ‘dire diversamente’: dicono cose nuove”. (CG)

The pseudonym of Milanese artist Eduarda Emilia Maino derives from a misprint in the presentation of an exhibition in the Netherlands in 1961. The following year, Dadamaino took part to the activities of the Azmiut Gallery. In the first half of the 1960s, her interest in movement and in the scientific discourse on the mathematical order of things encourage her to produce a series of optical-kinetic works. Black and white quadrangular elements, diversified by shape and size, turn the space of the drawing into a dynamic one: this space is divided into four circular sections, animated by an inherent movement that only exists in the viewer’s mind. To use Piero Manzoni’s words, “Dadamaino has gone beyond the ‘pictorial question’: other criteria inspire her work; her paintings are the flags of a new world, a new meaning; to ‘talk in a different way’ is not enough for them, they actually say new things”. (CG)

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Hugo Demarco Arabesques Arabesques 1971 Acciaio, motore elettrico, materiali vari. Steel, electric motor, various materials. 60 x 60 x 10 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

Hugo Demarco, autorevole interprete del filone di indagine sul movimento virtuale tridimensionale, indaga l’instabilità delle forme, la variabilità dei rapporti cromatici e l’ambiguità della percezione. Il suo metodo è rigoroso, geometrico-matematico, basato sull’armonia dei rapporti strutturali. Mediante un processo di riduzione dell’elemento formale, Demarco articola fin da subito la propria indagine in due direzioni: la prima come ricerca nel campo del colore puro, la seconda verso la mera struttura, ridotta dall’artista alla linea. A questa seconda categoria appartengono queste costruzioni, in genere in acciaio, che tracciano lo spazio ritmicamente e sinuosamente. Statica o in movimento, la linea-scultura di Demarco cattura la luce, la riflette e la lascia scorrere, in un gioco di perpetui richiami. (CR) An important figure in the research on virtual movement in the three dimensions, Hugo Demarco studies the instability of shapes, the variability of chromatic relations and the ambiguity of perception. His rigorous, geometrical-mathematical method is based on the harmony of structural relationships. Through a process of reduction of the formal element, Demarco divides his research in two sub-themes: pure color on the one hand, pure structure, reduced to the simplicity of the line, on the other. These constructions belong to the latter group of works; usually made of steel, they trace the rhythm of space in elegant fashion. Either still or moving, Demarco’s lines-sculptures capture light, reflect it and make it flow in a perpetual play of echoes. (CR)

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Hugo Demarco Tension X Valeur couleur Tension X Valeur couleur 1972 Acrilico su tela. Acrylic on canvas. 80 x 80 cm Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia.

La ricerca cromatica compiuta da Demarco è finalizzata a liberare il colore dallo “stato di quiete”, per esaltarne “dinamismo latente e potenzialità plastica” tramite opposizioni altamente ragionate di scale cromatiche. L’artista opera nella convinzione che ogni colore abbia una propria geometria interna, da cui scaturisce una certa struttura, così da costruire un continuum visivo che si definisce entro lo spazio del quadro, travalicandolo allo stesso tempo. L’ipnotica attrattiva di Demarco sta nella capacità di trasmutare l’oggettività dell’osservazione e la sistematicità del procedimento in peripezia, in avventura vertiginosa. Mentre la materia si depura in pura geometria, si avverte la vocazione di scoperta, di frontiera aperta a un livello di percezione che aiuta a vedere oltre la forma. (CR) Demarco’s research on chromatic phenomena aims at freeing color from its “condition of quiet”, in order to activate its “hidden dynamism and plastic potential” through rational contrasts between chromatic scales. The artist works under the belief that each color has its own inherent geometry, which in turn originates a specific structure contributing to the construction of a visual continuum both defined by the space of the canvas and transcending it. The hypnotic appeal of Demarco’s work lies in its ability to turn the objective rationality of vision and the repetitiveness of its process into an overwhelming adventure. As matter purifies itself to become pure geometric form, one envisions the vocation towards the discovery of new level of perception that reaches beyond mere shape. (CR)

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Lucia Di Luciano Senza titolo Untitled 1963 Morgan’s su masonite. Morgan’s paint on masonite. 62 x 61 x 2 cm Collezione privata, Brescia. Private Collection, Brescia.

Nel segno del superamento dell’Informale, Lucia Di Luciano è tra gli artisti che costituiscono il Gruppo 63, con l’intento di razionalizzare la ricerca artistica attraverso un metodo scientifico basato sulla teoria della forma, la Gestalt, la psicologia sperimentale, la fenomenologia e lo studio della percezione. A causa di divergenze metodologiche relative alla coerenza tra operazione estetica e logica matematica, il gruppo si divide, e Di Luciano entra nell’Operativo “r”. In quest’opera l’artista crea una strutturazione ritmica, articolando alternativamente moduli geometrici prodotti da linee, quadrati e rettangoli, che diventano immagini segniche realizzate in bianco e nero. La progressione logicomatematica di tali elementi, unita all’equilibrio percettivo della sequenza, suggerisce allo spettatore una serie di procedimenti mentali volti a funzionalizzare il rapporto con il mondo esterno. (CG)

Lucia Di Luciano is among the founders of Gruppo 63, created with the goal of moving away from Informel and rationalize artistic work through a method rooted in science and based on the theory of form, Gestalt, experimental psychology, phenomenology and the theory of perception. The group experience ended very soon, due to different approaches towards the connections between aesthetics and mathematics; Di Luciano then entered “Operativo r”. This piece has a rational structure based on rhythm, which alternates geometric modules produced by lines, squares and rectangles turned into images in black and white. The logic-mathematical progression of such elements, together with the perceptual balance of the sequence, invites the viewer to activate a series of mental processes aimed at enhancing his/her perceptual relationship with the world. (CG)

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Horacio García Rossi Cinétique Cinétique 1959/2000 Acrilico su tela. Acrylic on canvas. 150 x 150 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

García Rossi partecipa a numerose esposizioni collettive in Argentina e in America Latina, e nel 1960 diventa co-fondatore a Parigi del Centro di Ricerca di Arti Visive e del GRAV (Gruppo di Ricerca di Arti Visive) con altri artisti importanti, quali Julio Le Parc, François Morellet, Francisco Sobrino, Joël Stein, Yvaral. García Rossi si interessa principalmente dell’analisi dei fenomeni visivi; sperimenta soprattutto forme geometriche, e non manca di utilizzare il bianco e nero in composizioni bidimensionali. La sua pittura, come quella degli altri esponenti del gruppo, si impegna contro l’idea di stabilità, e ricerca un’arte quasi scientificamente fondata. In quest’opera García Rossi riproduce sulla tela una serie di forme geometriche moltiplicate nello spazio; cambiandone l’angolazione riesce a ottenere un’illusione dinamica, con effetti percettivi dovuti a una moltiplicazione dei punti di vista. Sperimenta i fenomeni della visione attraverso forme cinetiche e punta al coinvolgimento dello spettatore. (CS)

In 1960 García Rossi was among the founders of the Research Center for the Visual Arts and the GRAV, tohether with important artists such as Le Parc, Morellet, Sobrino, Stein and Yvaral. Rossi’s main interest lies in the analysis of visual phenomena studied on the canvas, in particular with geometric shapes; even though his main line of inquiry is that on color, he used black and white in two-dimensional compositions, always looking for effects of perceptual instability. He reproduces on canvas a series of geometric shapes reiterated in space, and achieves the illusion of movement through different angles and the multiplication of viewpoints. (CS)

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Hans Jörg Glattfelder Pyr 78 Pyr 78 1969 Acrilico su polistirene. Acrylic on polystyrene. 90 x 90 cm (diagonale 128 cm). 90 x 90 cm (diagonal 128 cm). Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia.

Sin dalla fine degli anni Sessanta, Glattfelder si interessa alle possibilità di una produzione seriale di opere d’arte con mezzi industriali. Quest’idea è esemplificata nella realizzazione industriale di un modulo piramidale, assemblato poi in forme e colorazioni variabili. L’utilizzo di questi nuovi materiali consente di comunicare appieno la modernità di una nuova concezione artistica. Fondamentali, in quest’opera, sono i contrasti cromatici, aventi lo scopo di esprimere il dinamismo e quindi di suscitare nello spettatore precise reazioni psicologiche e percettive. La reiterata regolarità geometrica di queste piramidi suddivise orizzontalmente nei due colori provoca la formazione di linee orizzontali, verticali e diagonali, che a loro volta creano l’illusione del movimento. Il risultato è un coinvolgimento attivo tra l’opera e lo spettatore. (GL)

At the end of the 1960s, Glattfelder embarked on a research on the possibility of a serial production of artworks through industrial processes. Such idea is exemplified by the construction of a pyramidshaped module that can be assembled in different shapes and colors. The use of these new materials makes it possible to communicate the modernity of a new definition of art. Contrasts of color are an essential part of this work, as they express dynamism and provide the viewer with very specific psychological and perceptual reactions. The repeated geometric regularity of these pyramids, divided horizontally in two colors, produces the perception of a series of parallel horizontal, vertical and diagonal lines, thus giving the impression of movement. The outcome is a reciprocal involvement between artwork and viewer. (GL)

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Julio Le Parc Relief 26 - Variation N° 9 Relief 26 - Variation N° 9 1981 Lamelle in alluminio, acrilico su legno. Aluminum sheets, acrylic on wood. 60 x 60 cm Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia. Membro del GRAV parigino, Le Parc avvia la propria autonoma ricerca con un’indagine sulle “Superfici-sequenza”, nelle quali introduce l’uso di trame di superfici in cui uno o due parametri sono regolarmente modificati. Servendosi dello schema di uno scacchiere, ottiene progressioni e giustapposizioni, facendo variare il diametro di cerchi neri e bianchi, creando sequenze su diverse gamme di colori, o inclinando gradatamente la posizione delle linee. A partire dal 1960 avvia la serie dei “Reliefs”, riprendendo il principio delle progressioni, applicato però a livelli differenti. Questi esperimenti creano una vera e propria trappola per la luce: gli elementi materiali spariscono per mescolarsi con i riflessi delle forme, le ripetizioni guardano alle ombre, e tutte le variazioni sono rimandate ai diversi punti di vista possibili. (CR) A member of the GRAV in Paris, Le Parc launched his own personal research with an inquiry on “Sequence-Surfaces” in which he introduced configurations of surfaces where one or two parameters are continuously modified. Starting from a chessboard-like pattern, he obtained progressions and juxtapositions by varying the diameter of the black and white circles, creating sequences based on different colors, or bending the structural lines. In 1960 he started the cycle titled “Reliefs” by applying the principle of progression to different levels. These experiments tend to entrap the light: the material elements disappear and mingle with the reflections of each shape; their reiterations are intertwined with shadows, and all the variations are divided into the ambiguity of the many possible points of view. (CR)

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Marcello Morandini 478 A 478 A 2005 Inchiostro su legno. Ink on wood. 70 x 70 cm Collezione Prestini. Prestini Collection.

Marcello Morandini (Mantova, 1940) si occupa di graphic design dal 1962, collaborando con Umberto Eco per Bompiani. Nel 1965 è alla Biennale di San Paolo presentato da Dorfles, nel 1968 alla Biennale di Venezia, che gli dedica una sala personale. Le sue ricerche sono volte alla rappresentazione visiva del movimento quale soggetto autonomo e non legato a temi figurativi. Lo studio dei diversi tipi di movimento nello spazio (torsione, tensione, espansione, sovrapposizione) crea opere grafiche e plastiche, bi- o tridimensionali, sempre in bianco o bianco e nero. Il rigore, la purezza della forma, l’essenzialità geometrica si trasformano in creatività continua, mai uguale a se stessa. Sono opere che puntano a coinvolgere il fruitore, il cui effetto optical dà talvolta un senso di vertigine. Opere di una precisione che sembra quasi irreale, ma la cui pulizia fa avvertire il senso di compiutezza. Dalla grafica alla scultura, dall’architettura al design, Morandini è coerente e riconoscibile, rigoroso e creativo, conferendo anche alle funzioni della quotidianità una dimensione estetica e artistica. (SA) Marcello Morandini (Mantua, 1940) has been working as a graphic designer since 1962, when he started collaborating with Umberto Eco for the publisher Bompiani. In 1965 he took part to the São Paolo Biennale, where he was sponsored by Gillo Dorfles; in 1968 he had a personal exhibit at the Venice Biennale. His research is aimed at the visual representation of movement as an autonomous subject, relieved of figurative functions. The analysis of the different forms of movement in space (torsion, tension, expansion, overlapping) generates graphic and sculptural works, both in two and three dimensions, always in black and white. The accuracy and clearness of shapes, its geometrical concision become a perpetual, ever-changing source of creativity. These artworks include the viewer with their optical effects providing a sense of unease: while their precision seems unreal, it also projects a feeling of completeness. Moving from graphic arts to sculpture, and from architecture to design, Morandini remains coherent and recognizable, accurate and original to the point of investing everyday functions of an aesthetic and artistic dimension. (SA) 46



Giovanni Pizzo Sign-Gestalt 15 Sign-Gestalt 15 1965 Morgan’s su masonite. Morgan’s paint on Masonite. 61 x 131,5 cm Collezione privata, Brescia. Private Collection, Brescia.

Giovanni Pizzo nasce a Veroli nel 1934. Nel 1960 partecipa all’VIII Quadriennale di Roma e nel 1963 costituisce con Lucia di Luciano, Lia Drei e Francesco Guerrieri il Gruppo 63. Nello stesso anno fonda l’Operativo “r” con Lucia di Luciano, Carlo Carchietti e Franco Di Vito. Nei suoi lavori, basati sulle teorie della Gestalt, i processi operazionali creano la forma stessa. Le immagini/segno sono legate tra loro da un rigore geometrico; la spinta a tale impostazione è data dall’osservazione dei dipinti di Piet Mondrian alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. I formati delle opere sono legati alla sezione aurea; sul fondo bianco si stagliano figure perimetrate con china nera e campite con nero Morgan’s paint. Tutti i titoli delle opere di questo periodo presentano il prefisso “Sign-Gestalt”, per indicare che i processi operazionali che creano la forma sono molto più importanti della forma stessa. (SA) Giovanni Pizzo was born in Veroli in 1934. In 1960 he took part to the 8th Rome Quadriennale, and in 1963 e created Gruppo 63 together with Lucia Di Luciano, Lia Drei and Francesco Guerrieri. In the same year he founded Operativo R with Di Luciano, Carlo Carchietti and Franco Di Vito. In his works, inspired by Gestalt theory, operative process determines the final form. These sign/images are connected by their geometric rigor; the source of such language is Piet Mondrian, whose paintings Pizzo could see at Galleria Nazionale d’Arte Moderna in Rome. The formats are linked to the golden ratio: Indian-ink black shapes, filled with Morgan’s paint, stand out against a white background. All titles from the period use the definition “Sign-Gestalt”, as to suggest that the form-producing process is more important than form itself. (SA)

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Francisco Sobrino Senza titolo Untitled 1959/1975 Acrilico su tela. Acrylic on canvas. 60 x 60 cm Collezione privata, Brescia. Private collection, Brescia.

L’effetto ottico che l’artista vuole proporre è ottenuto tramite la successione seriale di rettangoli neri di diversa grandezza, separati da linee rette bianche verticali e orizzontali. Lo schema utilizzato è quello della “Griglia di Hermann”, una delle più note applicazioni del fenomeno dell’inibizione laterale, alla base di molte illusioni ottiche: osservando l’opera, si riceve l’impressione che all’incrocio delle linee bianche si formino punti grigi. Sobrino modifica lo schema di base rendendo irregolari le dimensioni di ciascuna casella, e aggiungendo così l’ulteriore illusione della convessità della superficie. (GL)

The optical effect, here, is obtained through a serial sequence of black rectangles of different sizes, separated by vertical and horizontal white lines. The scheme is that of the Hermann Grid, one of the most popular applications of the phenomenon of lateral inhibition, the basis of many optical illusions: looking at the composition, the viewer has the illusory impression of grey dots appearing at the intersections between white lines. Sobrino modified the basic grid by varying the size of the rectangles, thus adding the illusion of a convex surface. (GL)

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Francisco Sobrino Senza titolo Untitled 1959/1980 Acrilico su tela. Acrylic on canvas. 100 x 100 cm (diagonale 141 cm). 100 x 100 cm (diagonal 141 cm). Collezione Prestini. Prestini Collection.

L’artista conduce una ricerca sulla possibilità e i modi di riprodurre il movimento mediante effetti ottico-pittorici. Lo sguardo dello spettatore assiste alla crescita e al mutamento dell’opera pittorica: è invitato a muoversi dinanzi al quadro e ne riporta sensazioni visive diverse e mutevoli per via degli effetti ottici che l’autore ha costruito attraverso l’intersezione di linee rette inclinate di 45 gradi. Fondamentale è anche il cambiamento delle tonalità di grigi, che, insieme alla ripetizione formale geometrica dei rombi (quindi delle diagonali), suscita l’illusione del movimento. (GL) Sobrino’s research is concerned with the ways of producing the impression of movement through optical pictorial effects. The viewer’s gaze contributes to the development and mutation of the artwork; it is invited to take part to it by moving in front of the painting and record different feelings caused by the optical effects. These effects are produced by the particular angle of the parallel lines (45 degrees) and the gradual change in tone: together with the obsessive repetition of the geometrical shapes resulting from the grid (rhombi), these strategies provide the illusion of outward movement. (GL)

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Ludwig Wilding Single Z1 Single Z1 1970 Serigrafia su legno e su plexiglas. Silkscreen on wood and Plexiglas. 100 x 100 x 13,5 cm Collezione Prestini (già Collezione Cavellini). Prestini Collection (formerly Cavellini Collection).

Ludwig Wilding è un artista tedesco che nel 1961 divenne membro del gruppo della “Nouvelle Tendance”. Caratteristica principale delle sue opere è il loro consistere in strutture tridimensionali, che creano schemi intercambiabili attraverso il loro pattern bianco e nero. Da un rapporto diretto tra sfrondo e primo piano scaturisce un effetto stereoscopico. La visione binoculare permette infatti di ottenere il senso della profondità grazie alla fusione delle diverse immagini che si formano nell’occhio destro e in quello sinistro. Le oscillazioni percettive di questi lavori dipendono da linee interspaziate, trame ortogonali, trasparenze, ripiegamenti, superfici concave o convesse. Anche per Wilding perno e riferimento dell’opera è lo spettatore. (EF) German artist Ludwig Wilding entered the group “Nouvelle Tendance” in 1960. The main element of his works is their three-dimensional configuration made up of black-and-white interchangeable patterns. The direct relationship between background and foreground originates a stroboscopic effect: binocular vision allows to perceive depth thanks to the unification of the images forming in each of the two eyes. The apparent unsteadiness of these pieces is determined by their spaced lines, perpendicular overlaps, transparences, folds and concave or convex surfaces. For Wilding, too, the viewer constitutes the center of the artwork. (EF)

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Ludwig Wilding Single Z 23 Single Z 23 1970 Serigrafia su legno e su plexiglas. Silkcreen on wood and Plexiglas. 100 x 100 x 13,5 cm Collezione privata, Brescia. Private Collection, Brescia.

Anche in questo lavoro di Wilding si può percepire la discordanza tra sfondo e primo piano, che porta il fruitore a non avere una visione omogenea dell’opera. Si viene anzi a creare un movimento, tipico dell’arte cinetica, che ci permette di giocare tra queste due dimensioni. Non ci sono colori, ma emerge l’abilità dell’artista nell’uso del solo bianco e nero per ottenere una visione stereoscopica. (EF)

This work by Wilding is also based on the contrast between background and foreground, resulting in what the viewer perceives as a kind of flickering. The illusory movement thus originated, typical of kinetic art, invites the viewer to move back and forth between the two alternative conditions of stability and instability. The absence of color allows the artist to showcase his ability in creating the impression of stereoscopic vision using only black and white. (EF)

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Arte cinetica Catalogo della mostra ‘Arte cinetica’ Con un saggio critico di Paolo Bolpagni Publisher: Corsivo Books, Brescia 2014 http://www.corsivobooks.com/ Foto per la collezione Prestini: Foto Fabio Cattabiani Pubblicato con Licenza Creative Commons BY 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by/3.0/ Stampato e distribuito da: Lulu.com www.lulu.com ISBN 978-1-291-86575-2


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