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13Esioso, Teogonia
I due piani, quello ideale e quello fenomenico, vengono fatti coincidere nella “formula” esplicativa del loro senso matematico, la cui esattezza razionale viene assunta come realtà logico-fattuale, operando una sintesi cognitiva che risponde solo alla congruenza coi proprii postulati ipotetici, così da vedere nelle formule matematiche e nel loro senso “il vero essere della natura stessa” e nella matematizzazione della natura “l‟operazione decisiva” della conoscenza, “per la vita” stessa dell‟uomo.308 E‟ pur vero, come afferma icasticamente Husserl, che “l‟abito ideale” confezionato da ciò che “si chiama matematica e scienza naturale matematica” non è il “ vero essere” ma “è soltanto il metodo”, il quale “rappresenta il mondo della vita […] per gli scienziati e per le persone colte, in quanto „natura obiettivamente reale e vera‟”;309 ma ciò che Husserl non dice è che la rappresentazione unitaria del mondo quale universalizzazione del pensiero cognitivo, è un ideale che la scienza moderna ha ereditato dalla filosofia quale scienza appunto universale o degli universali, e che la materia del contendere, tra scienza e filosofia, non verte sul principio dell‟universalità della conoscenza scientifica (in senso empiristico o trascendentale), ma sul “metodo” per conseguirla. In altri termini, né la scienza né la filosofia mettono in discussione che l‟essenza della conoscenza razionale, e quindi metodica, consista nel riportare all‟unità ideale il molteplice, ossia nell‟idealizzare l‟esperienza fenomenica rifacendosi alla sua implicita essenza. Conservata questa premessa metodologica, la ricognizione di Husserl dei fondamenti teorici del pensiero moderno si dispiega in un continuum di acquisizioni teoriche progressive in sé lineare e consequenziale ma che, nondimeno, rimane a-storico, in quanto disancorato dai processi culturali e spirituali entro i quali esso ha conservato la sua permanente validità applicativa. Diversamente dalla filosofia stessa, la quale, come è comprovato dalla posizione di Husserl medesimo, non può prescindere da quei processi culturali per definire la sua pregnanza spirituale, essendo partecipe intimamente di essi. Infatti, come ha chiarito Mannheim,
308 Ivi, pagg. 72-73. 309Ivi, pag. 80.
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La conoscenza scientifico-naturale è legata alla sua propria storia solo nella misura in cui si può sostenere che la conoscenza successiva presupponga tutti i risultati scientifici precedenti come sue necessarie premesse. Al contrario, la conoscenza che ha a che fare con la realtà storico-culturale è così strettamente legata nella sua struttura alla posizione spirituale da cui viene conseguita che, per tutte queste scienze, corso e struttura dello sviluppo sono del tutto diversi rispetto alle altre scienze. Si può osservare questa mancanza di linearità nella storia della filosofia, dal momento che, per quanto riguarda i suoi risultati, possiamo parlare di una continua rinascita e non di una continuità lineare.310
L‟efficacia del metodo scientifico, rispetto a ogni analisi veritativa di tipo metafisico, è legata alla possibilità che la scienza ha di uniformare – sia pure in termini di astrazione ipotetica – la molteplicità della realtà fenomenica in “una forma universale del mondo”; possibilità che, come abbiamo detto, viene rivendicata dalla filosofia come scienza universale, ma che è preclusa alla filosofia in quanto conoscenza metafisica dell‟essere. Husserl confonde i due piani, e intende fondare una ontologia come scienza della verità dell‟essere, contendendo perciò alla scienza naturale la sua analoga pretesa teoretica, senza metterla in dubbio. Ora, proprio questa pretesa totalistica e universalistica viene ribadita dal metodo fenomenologico, il quale, non diversamente dalla scienza matematizzante, trascende i processi in divenire della realtà fenomenica, ossia da quella “totalità” che è il contenuto della conoscenza metafisica, per concentrarsi sull‟analisi di particolari aspetti dell‟esperienza vissuta, considerati come tali, cioè oggettivati attraverso quella peculiare presa di distanza che è l‟epoché fenomenologica. Questa operazione scientifica è possibile nei limiti di una ideale “rappresentazione” del mondo che, rispetto ad altre rappresentazioni, offra un grado di maggiore universalità, e cioè unità razionale, ottenuta sempre a condizione di trascendere la reale molteplicità fenomenica, che la cognizione formalizzata assume come un piano di realtà informale e quindi non-vero. In tal senso, l‟unità formale conseguita dalla scienza attraverso il suo metodo razionale universale, si lascia dietro l‟informe molteplicità del mondo fenomenico, che viene metodicamente recuperato alla “verità”
310 K. Mannheim, Il carattere specifico della conoscenza sociologico-culturale, tr. it. cit., pag. 80.
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scientifica attraverso la sua trasposizione oggettivata nel campo ideale unitario, facendogli cioè perdere quel carattere intuitivo-soggettivo caratteristico dell‟esperienza comune, pre- ed extra-scientifica. Il dualismo tra mondo informale e cosmo metodico viene rimosso nella preferenza valoriale tributata al mondo razionale oggettivo su quello soggettivo, preferenza essa stessa di carattere culturale e solo in tale ambito “universale”, ma non metafisicamente risolto. Infatti, la dottrina galileana della soggettività delle qualità specificamente sensibili, fu “ripresa da Hobbes e diventò la dottrina della soggettività di tutti i fenomeni concreti della natura sensibilmente intuibile e del mondo in generale”,311 facendo nascere appunto il problema della validità dell‟esperienza mondana extra-scientifica.
Galileo, considerano il mondo in base alla geometria, in base a ciò che appare sensibilmente e che è matematizzabile, astrae dai soggetti in quanto persone, in quanto vita personale, da tutto ciò che in un senso qualsiasi è spirituale, da tutte le qualità culturali che le cose hanno assunto nella prassi umana. Da questa astrazione risultano le pure cose corporee, le quali però vengono prese per realtà concrete e che nella loro totalità vengono tematizzate in quanto mondo. Si può ben dire che soltanto con Galileo si delinea lidea di una natura concepita come un mondo di corpi realmente circoscritto in sé. Oltre che la ma tematizzazione […], ciò ha come conseguenza una causalità naturale in sé conclusa, entro cui qualsiasi accadimento è preliminarmente e univocamente determinato. Evidentemente ciò prepara anche quel dualismo che si presenterà ben presto con Cartesio.312
L‟idea moderna di una natura unitaria come “mondo di corpi realmente e teoreticamente in sé concluso”, lascia fuori di esso il “mondo psichico”, il quale, però, “dato il suo specifico riferimento alla natura, non porta a una mondanità autonoma” che infici la credenza nuova che “la scienza naturale matematica [sia] il modello esemplare di qualsiasi autentica conoscenza”, ma anzi, in base a quel modello, tutta “la conoscenza doveva diventare, anche al di là della natura, un‟autentica scienza”, seguendo “l‟esempio della matematica pura”, reso allettante dai suoi “successi teoretici e pratici”. E così
311 E. Husserl, Die Krisis der europaischen Wissenschaften und die traszendentale Phanomenologie (1954), tr. it. cit., pag. 83. 312 Ivi, pagg. 88-89.
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il mondo e, correlativamente, la filosofia assumono un volto completamente nuovo. Il mondo deve essere in sé un mondo razionale, razionale nel senso nuovo proprio della matematica e della natura matematizzata; corrispondentemente, la filosofia, la scienza universale del mondo, deve poter essere costruita “more geometrico”, come una teoria unitariamente razionale.313
Ma la ricerca teoretica dell‟unità razionale del mondo nasce dalla vocazione della filosofia come “scienza universale”, il cui metodo viene modernamente acquisito nel senso della esemplarità della logica matematica, che consente la costruzione more geometrico del cosmo razionalizzato, ma la cui tendenza fondamentale è immanente al pensiero filosofico in quanto pensiero della totalità, che coinvolgeva non soltanto i rapporti formali tra i fenomeni naturali, ma che si estendeva, come abbiamo visto in Hobbes, agli stessi rapporti intersoggettivi, della coesistenza sociale.
La matematizzazione della natura […] implicava la supposizione che la coesistenza della totalità infinita dei suoi corpi […] fosse, in sé considerata, una coesistenza matematicamente razionale; senonché le scienze naturali, in quanto induttive, potevano avere appunto soltanto un accesso induttivo ai nessi che in sé erano matematici.314
E da qui l‟esigenza di estendere il modello razionale per eccellenza, quello appunto matematico, a qualunque conoscenza che volesse accreditarsi come scientifica. Husserl imputa alla scienza moderna ciò che invece è proprio della filosofia, cioè la tendenza a proporsi come conoscenza universale, e pare non cogliere che la riuscita del proponimento alla scienza moderna sia legata alla sua capacità metodica di eludere in senso unitariamente razionale la differenza ontologica tra l‟Uno (ideale) e il Molteplice (fenomenico) attraverso una rappresentazione fisicalistica del mondo sull‟analogia del cosmo naturale, le cui leggi relative sono le uniche leggi dell‟unico mondo razionalmente pensato come “oggettivo”. Da qui il tentativo di definire una psicologia unitaria che superasse ogni differenza tra vitale e meccanico, tra logico e fisiologico, tra mondo naturale e realtà storica, tra livello sociale e livello spirituale. E il fondamento unitario dei due termini fu trovato,
313 Ivi, pagg. 89-90. 314 Ivi, pag. 89.
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modernamente, nella soggettività, così come in passato era stato trovato nella socialità.
L‟originario genio fondatore della filosofia moderna nel suo complesso [fu] Cartesio. Se poco prima Galileo era giunto alla fondazione originaria della nuova scienza, fu Cartesio a concepire e ad avviare una realizzazione sistematica della nuova idea della filosofia universale nel senso di un razionalismo matematico, o meglio fisicalistico, di una filosofia come “matematica universale”.315
Nelle sue Meditazioni Cartesio fornisce, insieme ai “fondamenti radicali del razionalismo”, anche un pensiero fornito di una sua “nascosta duplicità”, tale da prefigurare una possibilità di lettura “di cui soltanto una rivestiva per Cartesio il carattere dell‟ovvietà”, lasciando nell‟ombra l‟altra, più “essenziale”, che l‟avrebbe condotto, se svolta radicalmente, a un “ filosofico”.
Infatti, stupito di fronte a quest‟ego scoperto nell‟epoché, egli si chiede di quale io si tratti […]. Poi esclude il corpo proprio – in quanto, come il mondo sensibile in generale, soggiace alla epoche – e l‟io viene così a determinarsi per Cartesio come mens sive intellectus. 316
Cartesio non si avvede, secondo Husserl, che nella epoché la concezione dell‟anima “non ha senso”, così come non ce l‟ha la considerazione del proprio corpo. Infatti,
l‟ego non è un residuo del mondo, è bensì la posizione assolutamente apodittica, che è resa possibile soltanto dal‟epoché di tutte le validità del mondo, l‟unica che da essa sia resa possibile. Ma l‟anima è il residuo di un‟astrazione preliminare del puro corpo; dopo questa astrazione essa non è che un elemento integrativo del puro corpo. Ma quest‟astrazione non risulta dall‟epoché; essa è un prodotto dell‟atteggiamento del naturalista o dello psicologo che operano sul terreno naturale del mondo già dato, ovviamente essente. [Perciò] tra le considerazioni fondamentali delle Meditazioni e le conseguenze che ne derivano si produce una frattura determinata appunto dall‟identificazione di quest‟ego con la pura anima.317
Il percorso soggettivistico cartesiano, pur fondato sul soggetto coscienziale, in realtà “si mantiene nel puro obiettivismo”, in quanto
315 Ivi, pag. 102. 316 Ivi, pag. 107. 317 Ivi, pag. 108.
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