NUMERO 02
APRILE/MAGGIO 2016
PATRIMONIO
Campania
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EDITOR IA L E / A P R IL E MA GGIO 2016
Cultura, fare squadra per un bene comune Confindustria Salerno erogherà un contributo di quarantamila euro per il rifacimento del sistema di illuminazione del Parco Archeologico di Paestum
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o scorso 5 marzo, dopo aver ospitato qualche settimana prima presso la nostra Associazione Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Paestum, ho avuto il piacere di accompagnare una delegazione di settanta imprenditori al Tempio di Atena e al Museo Archeologico per una visita d’eccezione. A farci da guida è stato, infatti, proprio il giovane direttore che, nelle vesti di padrone di casa, con passione esigente e dovizia storica, ci ha mostrato il Parco dal “di dentro”, attraversandolo insieme a noi, raccontandone le glorie passate, il valore presente e il futuro che lo attende. Lo slancio fiero, visibile nello sguardo e nelle parole di Zuchtriegel, mi è parso più che familiare. La passione da lui mostrata nel raccontare quel luogo - patrimonio artistico mondiale dell’Unesco - mi è sembrata la stessa che anima un imprenditore manifatturiero quando, guardando una linea di produzione, presenta i suoi prodotti. Lo stesso entusiasmo che si ha per un bene che si sente fortemente proprio. Con quest’incontro abbiamo suggellato quel legame sempre più intenso che oggi - in una logica di complementarietà indispensabile per coniugare sviluppo culturale e attrattività territoriale - stringe tra loro mondo della produzione, cultura e territorio. E abbiamo voluto farlo a modo nostro, con concretezza: grazie alla condivisione del progetto proposto alla Fondazione Mezzogiorno Tirrenico, Confindustria Salerno erogherà un contributo di 40mila euro destinati al rifacimento del sistema di illuminazione del Museo che avverrà secondo i criteri del risparmio energetico. In più, quella di Paestum è stata anche l’occasione per molti imprenditori presenti di ragionare su possibili partnership che leghino il marchio della propria fabbrica con il brand Paestum. Anche il presidente di Unioncamere Campania, Andrea Prete, si è impegnato ad avviare una proficua sinergia ritendendo il sito archeologico un bene comune da difendere, tutelare e valorizzare. È innegabile che l'eredità culturale immensa del nostro territorio potrebbe procurare vantaggi competitivi anche alle nostre imprese, ma la spinta a farsi mecenati è emersa così spontanea e appassionata che - più che azionata dall’interesse economico - mi è sembrata mossa da un sentimento di autentico attaccamento alla propria terra. A Paestum abbiamo dato vita a una nuova pagina, scritta con vera intelligenza territoriale. Quando al cittadino, o anche all’imprenditore, arriva il messaggio che la conservazione del territorio equivale alla difesa del proprio benessere, si sviluppa una compartecipazione viva, una cooperazione elevata, una condivisione di problemi e bisogni e, soprattutto, un desiderio forte di valorizzare al massimo tutto il buono che c’è. Ripartire dalla bellezza è possibile. Lo abbiamo capito a Paestum. È una sfida di cui dobbiamo convincerci di esserne ancora all'altezza.
Mauro Maccauro Presidente Confindustria Salerno @MauroMaccauro
S O M M A R IO EDITORIALE 1
Cultura, fare squadra per un bene comune di M. Maccauro
PRIMO PIANO / CULTURA 4
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STRATEGIE DI IMPRESA 26
Innovare con dolcezza, le novità di Decora alla fiera Ambiente 2016 di Francoforte di R. Venerando
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Gruppo Sada, pensieri e azioni sostenibili di V. Sada
Parco Archeologico di Paestum, comincia il nuovo corso di R. Venerando, intervista a G. Zuchtriegel Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, un'esperienza lunga 19 anni di R. Venerando, intervista a U. Picarelli
EDILIZIA INDUSTRIALE 30 Leone X e i governi del fare di M. Capua NORME E SOCIETÀ
10 Museo Etrusco di Pontecagnano, a spasso nella storia di R. Venerando, intervista a G. Tomay
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Fallimento, il giudice italiano non può dichiararlo in caso di trasferimento effettivo della sede all'estero di M. Galardo
14 A Pioppi il Museo con il mare e la vita dentro di R. Venerando
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La riforma della giustizia civile per la competitività del Paese di M. Marinaro
16 Calabrese: «L'Ecomuseo come alleato per il business aziendale» di R. Venerando, intervista a V. Calabrese
L'OPINIONE
LAVORO 36
Sicurezza precaria? Rifiuto di lavorare legittimo di M. Ambron
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Infortunio sul lavoro e responsabilità del datore di lavoro e del RSPP di L. De Valeri
18 Turismo, l'esperienza di viaggio va co-creata di R. Venerando, intervista a A. Inversini
FISCO FOCUS 20 Credito e Giustizia: relazione e impatto sulle dinamiche economiche di S. Capasso
CONFINDUSTRIA SALERNO 22 Confindustria, è Vincenzo Boccia il nuovo presidente designato a cura della Redazione Costozero 23 Scuola/lavoro, la vera sfida per i territori di V. Iennaco
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Benefici al quadrato per chi investe di A. Sacrestano
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La gestione dei crediti in sofferenza sotto la lente di commercialisti, imprenditori e credit manager di A. Campitiello
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L'Agenzia delle Entrate sdogana le operazioni di merger leveraged by out di M. Fiorentino
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Agevolazioni: le misure attualmente fruibili dalle imprese di M. Villano
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Ricorsi contro le cartelle esattoriali vicino casa di M. Villani BUSINESS
NEW ENTRIES 24 D'Amico, natura a regola d'arte di R. Venerando
49 Mattone dopo mattone, non si arresta la ripresa del settore di R. Venerando, intervista a F. Elefante
NUMER O 2 / A P R IL E MA GGIO 2 0 1 6 INTERNAZIONALIZZAZIONE 50
Africa 2020: cara Europa, serve un nuovo Accordo di E. Szajkowicz RICERCA
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Soluzioni innovative per il controllo degli odori di V. Naddeo SICUREZZA
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Radiazioni ionizzanti: i compiti di ricerca, certificazione e verifica di F. Campanella SALUTE
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Alimentazione sostenibile e sprechi: la cucina autarchica/1 di G. Fatati
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Salute, più spazio all'innovazione tecnologica di L. Mari
58
Scabbia: un'infezione molto contagiosa ma facile da curare di A. Di Pietro BON TON
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Regole no, regolarsi sì di N. Santini
Magazine di Economia, F inanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg . Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Mauro Maccauro Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano Redazione Raffaella Venerando Project Management V ito Saler no Società Editrice/Direzione e Redazione Assindustria Saler no Ser vice Sr l V ia Madonna Di Fatima, 194 84129 Saler no Tel. 089 335408/Fax 089 5223007 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it Stampa Ar ti Grafiche Boccia/Saler no Foto Archivio Costozero V ito Saler no Massimo Pica/Ag . Fotografica Grafica e Impaginazione Moreplus/www.moreplus.it L e opi ni oni espr esse negl i a r ti c ol i a ppa r tengono ai si ngol i a utor i dei qua l i si i ntende r i spetta r e l a pi ena l i ber tà di gi udi z io
ARTE 60
Elogio della polimatericità Sante Monachesi di A. Tolve FINISTERRE
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Su Antonio Gramsci, critico teatrale di A. Amendola LIBRI/HOMECINEMA
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Purity a cura di R. Venerando
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Il Ponte delle Spie a cura di V. Salerno
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Parco Archeologico di Paestum, comincia il nuovo corso Quello di Paestum è uno dei i venti musei dotati di autonomia speciale nell’ambito della riforma Franceschini nel 2015. Si aprono così nuove prospettive per lo sviluppo del sito e di tutto il territorio
di Raffaella Venerando
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irettore, secondo un’analisi di Federculture, il bilancio del Mibact, il Ministero dei beni e attività culturali e turismo, è crollato del 36% in dieci anni. Oggi si investe un quarto rispetto ai fondi erogati nel 1955, sessant’anni fa, e lo stanziamento per la cultura rappresenta solo lo 0,19% della spesa pubblica. Come può un buon direttore far bene anche con poco? Credo sia importante inquadrare nel modo giusto la riforma attuale messa in atto dal ministro Dario
Franceschini, sottolineando innanzitutto come questa non punti al risparmio e alla riduzione dei costi come obiettivo finale, quanto alla creazione di una più efficiente organizzazione. Aver dato vita a Musei autonomi nella gestione, specie quella finanziaria, così come riorganizzare le soprintendenze, non equivale a un’operazione di spending review, ma a un miglioramento complessivo dell’offerta di servizi per i cittadini. È, nei fatti, un nuovo orientamento, un cambiamento di direzione. L’autonomia f inanziaria e gestionale concessa anche al Museo di Paestum in questo senso diventa un vantaggio? Un notevole vantaggio, una svolta per il Museo di Paestum che apre a nuove prospettive di gestione. Con la riforma, il Museo può ricevere donazioni e sponsorizzazioni direttamente, diventando anche stazione appaltante per i vari interventi che si renderanno necessari. Comincia da qui il nuovo corso per i Musei autonomi, una sfida audace ma molto motivante.
Gabriel Zuchtriegel direttore Parco Archeologico di Paestum
Una novità assoluta della riforma Mibact è la creazione di un responsabile dei rapporti con il pubblico che si occupa anche del reperimento dei fondi e del marketing. Che tipo di fundraising avrà Paestum? Flessibile e aperto a differenti fonti di f inanziamento? La riorganizzazione interna è partita ma non è ancora completa. Stiamo valutando come sviluppare le potenzialità già presenti al massimo, riconvertendo processi e metodi. Abbiamo messo tutto in discussione. Un primo passo fondamentale per ripartire.
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«Immagino un Museo interattivo, un luogo dove è piacevole fermarsi e ritornare» Ha trovato resistenze al cambiamento tra i suoi collaboratori? No, solo tanto entusiasmo. Su quali progetti orienterete le risorse disponibili per il Museo? Metteremo in piedi un’ampia gamma di progetti, facendo leva anche sulle risorse messe a disposizione dai fondi europei. Le attività andranno dalle passeggiate notturne a iniziative sui 200 anni dalla pubblicazione del “Viaggio in Italia” di Goethe. Un’offerta culturale che andrà messa a sistema, tenuto conto che una delle grandi lamentele dei visitatori stranieri verso il nostro Paese è la mancanza di programmazione e pianif icazione… Sì, questo è spesso uno dei punti deboli messo in luce dai visitatori che provengono da Paesi più lontani. Ci siamo dati questo primo anno di tempo per testare la risposta alle varie iniziative per poi arrivare a un programma fisso e articolato per il 2017. Che idea si è fatto f inora del rapporto tra le comunità “intorno” al Parco e il patrimonio culturale? Si respira una grande attenzione per Paestum. C’è una gran voglia di partecipare, collaborare. Penso ai buoni uffici con il Comune, con Legambiente, con imprenditori e cittadini. Finora ho percepito grande solidarietà tra tutti gli attori sul territorio.
Passando più da vicino al Museo, lei ha idee chiare su come rendere visibili i reperti presenti al Museo ma conf inati nei magazzini, in giacenza. Qual è il suo progetto per mostrare ciò che già c’è ma non si vede? Senz’altro studieremo un programma di visite guidate anche nei magazzini, di mostre per svelare questi tesori ancora nascosti su cui primeggiano le lastre dipinte delle tombe lucane, centinaia di queste interamente ricostruibili. Se dovesse qualif icare il Museo che ha in mente come lo def inirebbe? Immagino un Museo interattivo, un luogo dove è piacevole fermarsi e ritornare. Puntiamo a offrire non solo momenti educativi e scientifici ma un’esperienza più ampia, godibile, che veda partecipi grandi e bambini. E la cultura del Made in Italy cosa rappresenta per lei? È il saper fare le cose con qualità e cura, nel rispetto della tradizione. In Italia c’è un livello alto di qualità in vari settori, non solo in archeologia. Va, però, meglio comunicato questo patrimonio di immensa ricchezza ed è esattamente quello che intendiamo fare partendo dal territorio di Paestum e dalle sue inestimabili doti.
L’autonomia prevede, oltre alla figura del direttore, un Consiglio di Amministrazione, composto nel caso di Paestum dall’Onorevole Alfonso Andria, dal professore Emanuele Greco, dal professore Pasquale Stanzione e dalla dottoressa Mariella Utili. Inoltre sono attivi un Comitato scientifico e il Collegio dei revisori dei conti. Basilica, interno
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SOSTIENI IL SITO Donazioni La legge dell’ArtBonus (legge 29 luglio 2014 n° 106) prevede sgravi fiscali fino al 65% per donatori e aziende (//artbonus.gov.it/). Per godere degli sgravi fiscali, l’Agenzia delle Entrate richiede di indicare nella causale del bonifico il progetto e “Artbonus”, nonché di comunicare il codice fiscale all’Ente beneficiario.
All’ombra dei templi di Paestum è collocata una delle più importanti collezioni archeologiche d’Italia: quella custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Tra i ritrovamenti più spettacolari esposti nel museo spiccano le metope (lastre scolpite che decoravano un grande tempio) provenienti dall’Heraion di foce Sele, e la tomba del Tuffatore, una tomba dipinta di V secolo a.C., unico esempio di pittura greca monumentale di questo periodo
Sponsorizzazioni e pubblicità Con ritorno di immagine e agevolazioni fiscali per gli sponsor. Cause related Marketing Attività commerciali in cui le imprese e le amministrazioni sottoscrivono una partnership per promuovere un’immagine, un prodotto o un servizio, traendone reciproco vantaggio. L’impresa incrementa le vendite e spinge sul posizionamento del prodotto, la P.A. potenzia la raccolta fondi. Per maggiori informazioni Ufficio Promozione +39 0828 811023 pae.fundraising@beniculturali.it
Il tempio di Atena o tempio di Cerere (circa 500 a.C.) è un tempio greco che si trova a Paestum, costruito in posizione diametralmente opposta rispetto alla "Basilica" e rispetto a quest'ultima di dimensioni assai minori. Tradizionalmente il tempio era stato attribuito a Cerere ma in seguito al ritrovamento di numerose statuette in terracotta che raffigurano Atena, si propende per una dedica a questa divinità
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Gli imprenditori di Confindustria Salerno in visita a Paestum con il direttore Zuchtriegel
Gabriel Zuchtriegel e Mauro Maccauro nelle sale del Museo
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Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, un’esperienza lunga 19 anni L'edizione di quest'anno, che si terrà dal 27 al 30 ottobre prossimi, sarà come sempre ricca di contenuti. A garantirlo Ugo Picarelli, direttore della BMTA
di Raffaella Venerando
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irettore, tra la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico da lei ideata e il sito di Paestum esiste, ed è forte, una sorta di interdipendenza funzionale. Ma è stato così fin dagli inizi? La Borsa, evento unico nel suo genere, è nata nel 1998 come azione concreta e articolata di marketing territoriale capace di incidere sul territorio di Paestum attraverso una ricaduta economica per gli operatori
Ugo Picarelli Ideatore e direttore della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico
turistici. Oggi come allora la Borsa conserva intatto il suo scopo principale: promuovere il territorio di Paestum come destinazione turistico-culturale e non solo, all’interno di un più ampio progetto ben più ampio, combinando insieme cultura, innovazione e ospitalità nel segno di un patrimonio straordinario, tra i più importanti al mondo. Dopo il boom vissuto dalla città e dal suo litorale intorno agli anni ’60, quando forte era la domanda tedesca non solo relativa all’interesse per l’archeologia ma anche per il turismo en plein air, Paestum ha conosciuto un lungo periodo di crisi. La Borsa voleva, pertanto, sull’onda lunga positiva del riconoscimento dell'Unesco come patrimonio dell'umanità avvenuto proprio nel ‘98, invertire questo trend rilanciando il territorio nella sua interezza per quattro giorni, per lo più in un mese – novembre – in cui la domanda turistica era ancora tradizionalmente più bassa del solito. Per diciotto anni - il prossimo sarà il diciannovesimo - la Borsa ha messo quindi la competenza e la professionalità dei suoi protagonisti al servizio del territorio, integrando e, a volte, sostituendosi all’azione di alcune realtà locali. Senza tema di smentita, attualmente la BMTA è il punto di contatto tra la valorizzazione del patrimonio del territorio e la crescita del sistema locale di offerta turistica. In più, intesa esclusivamente come evento, la manifestazione è riconosciuta come una vera best practice… Negli anni il grande contenitore della Borsa ha avuto il privilegio e il merito di aver ospitato tante
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personalità in ambito culturale, alcune delle quali divenute veri e propri ambasciatori dell’evento. Penso ad esempio a Taleb Rifai Segretario Generale dell’Unwto, a Mounir Bouchenaki, già Direttore Generale alla Cultura dell’Unesco, a Silvia Costa, Presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento Europeo. La Borsa si è confermata, inoltre, un’importante occasione di business con gli incontri B2B svoltisi all’interno del Museo Archeologico, così come ha fatto da apripista a nuovi scenari come ArcheoVirtual, la mostra dedicata all’archeologia virtuale realizzata in collaborazione con Itabc Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR. Una delle novità più riuscite della Borsa è stato l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, il Premio intitolato al Direttore del sito archeologico di Palmira che ha
pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale. La prossima edizione, dal 27 al 30 ottobre, non mancherà di sorprendere ancora. Lei più volte ha incentivato gli imprenditori del luogo ad attivarsi, a organizzarsi meglio e di più… Realizzare una strategia di promozione integrata tra Comune, istituzioni ma anche tra albergatori e aziende è la strada maestra per rendere reale il rilancio del territorio. Tradotta in cifre questa direzione equivarrebbe a nuovi e più consistenti flussi turistici. Non possiamo aspettare che l’aeroporto salernitano decolli, perché rischiamo poi di essere in ritardo domani. Dobbiamo da subito offrire ai turisti anche tutti i servizi accessori, dalla disponibilità di una guida in albergo, all’autonoleggio, a itinerari esperienziali delle tradizioni locali enogastronomiche e artigianali.
PRI M O P IANO / CULTURA
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Museo Etrusco di Pontecagnano, a spasso nella storia La direttrice Gina Tomay racconta con passione il suo sito di frontiera, augurandosi che diventi polo culturale di riferimento per tutto il territorio dei Picentini
di Raffaella Venerando
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ei è da poco la nuova direttrice del Museo “Gli Etruschi di frontiera” di Pontecagnano. Che situazione la attende alla luce della riforma del Mibact, il Ministero dei beni e attività culturali? Cosa farà per fare bene? Con il recente decreto del ministro Franceschini è stata ampliata la mappa dei musei e dei luoghi della cultura affidati alla gestione dei Poli museali regionali. Quello di Pontecagnano entrerà infatti a far parte del Polo museale campano. Con questo passaggio
Gina Tomay direttrice Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Pontecagnano
si compie l’ultimo step di un processo che ha visto, oltre alla creazione di musei dotati di autonomia finanziaria e gestionale, anche l’accorpamento delle soprintendenze. Vedremo solo tra qualche anno gli effetti concreti di tali cambiamenti che, in sintesi, separano la valorizzazione del patrimonio archeologico dalla ricerca e dalla tutela sul territorio. Si è voluto operare questa distinzione perché si è ritenuto che nell’ambito delle soprintendenze i musei non fossero al centro di azioni e progetti adeguati di promozione e valorizzazione. Ho accettato il compito, assolutamente lusinghiero, di dirigere il Museo di Pontecagnano perché è uno dei Musei Archeologici più importanti della Campania, dove sono esposti reperti di eccezionale valore e importanza dal punto di vista storico e archeologico. A Pontecagnano e, in generale nel territorio picentino, sono state portate in luce tantissime testimonianze che hanno consentito agli archeologi di ricostruire nel Museo la complessa e articolata storia di questo comprensorio, che fin dall’Età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.) è posto al centro dei traffici del Mediterraneo. Devo ammettere, però, che mi mancherà quella parte del “mestiere di archeologo” relativa alla ricerca sul campo e alla tutela. In concreto cosa la aspetta? Con il passaggio di Pontecagnano al polo museale regionale il mio ruolo sarà essenzialmente legato alla promozione del Museo. L’ambizione è di far diventare il Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Pontecagnano un polo culturale di riferimento per tutto il territorio dei Picentini. In questa direzione
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«Penso alle sinergie possibili con gli altri musei del comprensorio salernitano, Paestum, il Museo Archeologico Provinciale di Salerno, ma anche il Museo dello Sbarco. Integrandoci potremo offrire al turista che arriva a Salerno un ventaglio di possibilità davvero straordinario, costruendo un dialogo positivo per tutti i soggetti coinvolti» sarà fondamentale il rapporto con le Amministrazioni e gli Enti locali e con le Associazioni Culturali che vorranno condividere con noi politiche e progetti di promozione culturale ad ampio raggio. Con il Comune di Pontecagnano già la Soprintendenza aveva instaurato una preziosa collaborazione, che annovera tra i risultati già conseguiti il trasferimento della Biblioteca Comunale proprio presso il Museo. In questi giorni si stanno completando i lavori, che hanno previsto il coinvolgimento da parte del Comune della Fondazione Alfonso Gatto di Salerno: l’artista Pino Roscigno sta decorando le pareti della biblioteca con murales ispirati ai versi del poeta salernitano. Ma questo è solo un primo passo. Un altro progetto cui si sta lavorando con il Comune è quello di realizzare un nuovo accesso al Museo, con la creazione di una piazza antistante che integri anche fisicamente il Museo con la città, stimolando, quindi, la partecipazione quotidiana della comunità di Pontecagnano alla vita e alle attività del “suo” Museo. Come intende rafforzare il senso di bene comune intorno al Museo? L’allestimento realizzato nel 2007, data di inaugurazione, è molto curato e soddisfa pienamente le esigenze dei visitatori sia sul piano didattico sia sul piano scientifico, ma ci sono così tanti spazi disponibili nell’edificio che stiamo pensando di arricchire l’offerta espositiva con mostre tematiche, che diano conto anche delle recenti scoperte della ricerca archeologica e che forniscano un buon motivo per tornare anche a coloro che hanno già visitato il Museo. Ad ottobre, poi, inaugureremo una Mostra di arte contemporanea dedicata alle opere di Pietro Lista. Si tratta in realtà della terza edizione di un Progetto intitolato “Contemporaneamente Museo”, curato da Adele Campanelli e Giovanna Sessa, che ha
ricevuto grande seguito e attenzione anche da parte dei non “addetti ai lavori” grazie al diffuso interesse che riscuote il connubio tra archeologia e arte contemporanea. Se l’offerta culturale che metteremo in piedi sarà valida, se il museo si radicherà ancora di più sul territorio e se la comunità lo percepirà come elemento fondante non solo del passato ma anche del futuro, sono certa che arriveranno anche investimenti privati, in un quadro di più ampia condivisione di obiettivi che possano incrementare lo sviluppo culturale e turistico di questo territorio. Penso, poi, alle sinergie possibili con gli altri musei del comprensorio salernitano, Paestum, il Museo Archeologico Provinciale di Salerno, ma anche il Museo dello Sbarco. Integrandoci potremo offrire al turista che arriva a Salerno un ventaglio di possibilità davvero straordinario, costruendo un dialogo positivo per tutti i soggetti coinvolti. Non bisogna infatti ragionare per compartimenti stagni, ci troviamo in una terra fortunatissima dal punto di vista storico-culturale e paesaggistico e per esaltare al massimo queste caratteristiche occorre fare squadra. Un’ultima domanda: come def inirebbe la cultura Made in Italy? Il patrimonio culturale del nostro Paese è fatto di grandi ma anche di tante piccole realtà. Quello italiano è un territorio variegato, multiforme, che si è arricchito e trasformato nel tempo nel segno dell’interazione e dello scambio. Mille campanili sì, ma tutti frammenti di un racconto corale che va preservato, promosso e valorizzato, perché è questo che restituisce una realtà unica e assolutamente peculiare. Il nostro è un Paese dai mille racconti e dalle mille storie.
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Museo Etruscodi frontiera Gli Etruschi
Il Museo ripercorre e fa rivivere la storia dell’insediamento di Pontecagnano dalle più antiche fasi di vita, attestate a partire dal 3500 a.C.. L’esposizione dei reperti è organizzata in senso cronologico, ma presenta anche approfondimenti tematici con focus dedicati – ad esempio - al banchetto e al sacrificio. Mirabile è la ricchezza della documentazione funeraria: sono più di 9000 le tombe recuperate dagli scavi che testimoniano lo sviluppo dell’insediamento etrusco-campano dagli inizi del IX secolo a.C., con l’arrivo di genti provenienti dall’Etruria, fino all’età tardo-antica. Preziosi oggetti provenienti da Siria, Fenicia, Egitto, Grecia ed Etruria testimoniano i contatti e gli scambi con gli altri popoli del Mediterraneo: le élites aristocratiche di Pontecagnano esibiscono nel corso del VII secolo a.C. corredi funerari principeschi che mostrano l’elevato livello di strutturazione sociale raggiunto dall’insediamento. Il sito è l’avamposto etrusco più meridionale, a diretto contatto con la frontiera greca rappresentata, al di là del fiume Sele, dalla città di Poseidonia-Paestum. La sua favorevole posizione geografica, posta allo sbocco di importanti valli fluviali e dotata
di facili approdi costieri, ha fatto sì che Pontecagnano divenisse un polo di attrazione per le popolazioni dell’interno: nell’ambito delle necropoli, numerose sono le sepolture appartenenti ad individui di ethnos irpino, perfettamente integrati nel tessuto sociale della comunità. Nella seconda metà del V secolo a.C. la comparsa in alcune tombe di oggetti estranei al consueto corredo funerario (armature con corazze a tre dischi e cinturoni in bronzo) mostra la presenza di elementi sanniti che, come avviene nello stesso periodo a Poseidonia, prenderanno di lì a poco il sopravvento sulla compagine sociale. Oltre che dalle necropoli la storia dell’insediamento è narrata attraverso le testimonianze provenienti dagli scavi dell’abitato e dei santuari, fino alla fondazione della colonia romana di Picentia nel 268 a.C. La città, ribelle al tempo dell’invasione di Annibale e durante la Guerra Sociale (80-79 a.C.), perde l’autonomia amministrativa ricadendo nell’orbita della vicina Salernum. Visitare il Museo di Pontecagnano è un po’ come leggere un libro di storia: una storia in massima parte non scritta, ma ricostruita attraverso il lungo e paziente lavoro di scavo e di studio degli archeologi.
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Particolare dell’esposizione museale
Elmo di impasto con figurine umane (IX sec. a.C.)
Coppa etrusco-corinzia del "Pittore del Lupo Cattivo" (VI sec. a.C.)
Applique di bronzo a testa femminile (IV sec. a.C.)
Brocchetta d’argento con elementi in oro (VII sec. a.C.)
Maschera equina in bronzo (fine dell’VIII se. a.C.)
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A Pioppi il Museo con il mare e la vita dentro Nati nel 1996 grazie all’impegno dell’amministrazione comunale del compianto sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, dal 2013 il Museo Vivo del Mare e quello della Dieta Mediterranea sono gestiti da Legambiente Onlus. Numerosi i progetti per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale locale
di Raffaella Venerando
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acchiudere il mare in una stanza. O meglio in un palazzo. Esplorarne le profondità, le specie viventi e non viventi che lo occupano per poi allargarsi alla terra che lo circonda, con i suoi frutti e la proposta di un modello di vita e di alimentazione sostenibile chiamato dieta mediterranea. È questa la filosofia alla base del Museo Vivo del Mare e del Museo Vivente della Dieta Mediterranea, complesso museale situato a Pioppi, una frazione del comune di Pollica, in provincia di Salerno, nato nel 1996 (con apertura al pubblico nel ‘98) grazie all’impegno dell’amministrazione comunale del compianto sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. Dal 2013 il Museo è gestito da Legambiente Onlus, impegnata in numerosi progetti per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale locale. Il Museo Vivo del Mare ha sede nel Palazzo Vinciprova, residenza storica risalente alla metà del XVII sec. e posto sotto la tutela del MIBACT, e comprende un piano dedicato interamente al mondo marino in cui si possono osservare dodici vasche distribuite in tre sale, che ricostruiscono diversi habitat marini tipici delle coste cilentane. Da segnalare la sezione multimediale interamente dedicata alle tartarughe marine; la vasca delle specie aliene, pesci tropicali che - migrando verso il Mar Mediterraneo - ne minacciano gli ecosistemi; e la vasca dedicata alla piaga dei rifiuti in mare. Quanto al Museo Vivente della Dieta Mediterranea, esso nasce in onore del medico epidemiologo statunitense Ancel Keys, che scelse Pioppi per trascorrere gli ultimi quarant’anni di vita e studiare il nesso tra il regime alimentare della popolazione
locale (e di altri 6 paesi nel mondo) e l’incidenza delle patologie cardiovascolari, scoprendo di fatto quello che tutti oggi conoscono come il regime alimentare, o meglio lo stile di vita, detto Dieta mediterranea, dichiarato nel 2010 dall’Unesco patrimonio immateriale culturale dell’umanità. Nelle sale museali il visitatore può trovare informazioni, video, immagini e attività pratiche che raccontano lo stile di vita della Dieta mediterranea, attraverso i profumi, gli odori e i sapori tipici del Cilento. E ancora, il Museo ospita la biblioteca personale di Ancel Keys, donata dalla famiglia al Comune di Pollica; al termine della visita, sullo straordinario terrazzo affacciato sul mare, si potrà gustare una tisana fredda fatta al momento con le benefiche erbe della macchia mediterranea che vi crescono tutt’intorno. Ma la peculiarità di questo Eco-Museo è che non si limita alle mura di Palazzo Vinciprova, ma continua anche al di fuori dell’edificio e di Pollica stessa, con sentieri, orti didattici, luoghi storici e progetti immateriali. Tra le esperienze proposte, ci sono i Sentieri della Dieta Mediterranea, che partendo proprio dal Museo si snodano sulle colline circostanti, attraversano uno dei paesaggi più suggestivi del Cilento, gli Orti sul lungomare di Pioppi, resi visitabili ed accessibili, dove nascono i prodotti e le erbe della Dieta mediterranea. Il target ideale della struttura museale è rappresentato dalle famiglie e dalle scolaresche, anche grazie alla ricca offerta formativa, consistente in visite guidate e laboratori che alternano percorsi interattivi al contatto diretto con la natura. L’obiettivo è quello di promuovere il territorio e la sua biodiversità,
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Vista dal Palazzo Vinciprova
attraverso la sensibilizzazione dei visitatori sui temi legati alla natura, all’alimentazione, al territorio. E ai processi di sensibilizzazione non partecipano soltanto i singoli, ma anche le aziende. Ad esempio il Museo Vivo del Mare già da qualche anno ha avviato un processo di collaborazione con l’azienda Mareblu, che ha scelto di puntare sulla qualità alimentare e sulla salvaguardia dell’ecosistema marino. E che oggi contribuisce a sostenere il centro di recupero tartarughe marine di Legambiente a Manfredonia, un centro che è monitorato in tempo reale da tre webcam
posizionate all’interno del Museo. Un’altra partnership importante è quella con l’organizzazione di produttori Alma Seges, che sostiene le attività didattiche sull’educazione alimentare e la Dieta mediterranea, o ancora il brand sartoriale Nato in Italia, che promuove il made in Italy e la sua cultura in italia e all’estero. In sintesi, il Museo Vivo del Mare e l’EcoMuseo della Dieta Mediterranea rappresentano un passaggio decisivo per comprendere il grande patrimonio di biodiversità che il Cilento custodisce e per insegnare alle nuove generazioni a preservarlo.
Laboratorio con gli studenti
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Calabrese: «L'Ecomuseo come alleato per il business aziendale» In programma tanti eventi per l'estate e da settembre una Summer School sullo studio in mare della Posidonia oceanica
di Raffaella Venerando
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dieci anni dalla fondazione, che bilancio è possibile trarre sulla vita del Museo del Mare? Senza dubbio sono stati anni di crescita costante. Noi siamo arrivati nel 2013, in un momento di difficoltà del Museo. Abbiamo investito lavoro e risorse in un'azione di rilancio della struttura, che si è completata quest'anno con i lavori di restauro dell'intero complesso museale di Palazzo Vinciprova. Il trend è positivo e i diecimila visitatori dell'ultimo anno (più o meno divisi equamente tra scuole e turisti) sono un dato che ci conforta, anche se sono ancora ampi i margini di crescita. Ci sono nuove iniziative o collaborazioni in campo? Certamente l'appuntamento più vicino è quello del prossimo 24 aprile, con la riapertura ufficiale del Museo con una due giorni di eventi, musica e laboratori, a cui tutti i vostri lettori sono invitati. Stiamo lavorando, poi, alla programmazione estiva e a maggio lanceremo il cartellone degli eventi. Siamo a lavoro, infine, per la realizzazione a settembre di una Summer School sullo studio in mare della Posidonia oceanica una pianta
Valerio Calabrese direttore Museo del Mare
acquatica fondamentale per l'ecosistema marino del Mediterranea - aperta a studenti e biologi marini, in collaborazione con tre università e alcuni centri di ricerca. Le nostre collaborazioni, però, non si fermano al mondo del pubblico, anzi. Spesso riusciamo a collaborare meglio con aziende private nostre partner, che vedono nel nostro lavoro (penso alla divulgazione della Dieta mediterranea) un utile alleato per il loro business.
Vista dal Palazzo Vinciprova Nella pagina successiva diversi scorci del Palazzo
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ÂŤIl 24 aprile la riapertura ufficiale del Museo. Stiamo lavorando, poi, alla programmazione estiva e a maggio lanceremo il cartellone degli eventiÂť
L' O P I N I ONE
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Turismo, l’esperienza di viaggio va co-creata Per Alessandro Inversini, Senior Lecturer alla Facoltà di Management dell’Università di Bournemouth, vince chi è capace di costruire una “wow experience”, coinvolgendo il turista in un percorso nuovo, esclusivo, prima, dopo e durante il soggiorno di Raffaella Venerando
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Alessandro Inversini Senior Lecturer alla Facoltá di Management dell’Università di Bournemouth (UK) dove é membro dell’eTourism Lab. In precedenza Alessandro è stato direttore esecutivo di webatelier.net (università della Svizzera italiana) e direttore generale del centro di competenze per le tecnologie digitali nel turismo del Ticino (Svizzera) @beanbol uk.linkedin.com/in/inversini
rofessore, cosa chiede oggi il turista? Quali sono gli elementi che più incidono nella scelta di una destinazione? Superfluo dire che, nel corso degli ultimi anni, sono cambiati i viaggi, i viaggiatori e le destinazioni. L’intero comparto turistico è in totale evoluzione, a ogni latitudine. Oggi il turista lo conquista il destination manager, il tour operator o semplicemente l’albergo che riesce a creare qualcosa di nuovo, qualcosa di inaspettato. Chi viaggia cerca un’esperienza esclusiva, qualcosa fuori dal comune, diversa da quella degli altri. Qualcosa da raccontare sia al proprio ritorno a famiglia, amici e colleghi ma soprattutto ai propri contatti online durante l’esperienza. In altre parole, vince chi è capace di costruire un’esperienza unica, una “wow experience”, coinvolgendo il turista in un percorso nuovo, in un ciclo di esperienza lungo, che si personalizza anche durante l’esperienza stessa e che comincia con la prenotazione e l’acquisto del soggiorno e finisce con il rientro a casa. Il turista si aspetta che l’operatore capisca e interpreti i suoi bisogni e che crei insieme a lui quell’esperienza esclusiva prima, dopo e durante il soggiorno. Gli operatori del settore vendono ai viaggiatori un’esperienza intangibile che si realizzerà solo nel futuro, al momento della fruizione dell’esperienza stessa. Gli operatori, in altre parole, vendono una promessa che poi si realizzerà. Quando un turista visita una destinazione o una struttura ricettiva, questa promessa deve essere mantenuta dagli operatori. Anzi: deve essere in qualche modo superata, andando oltre le aspettative del cliente. Questo può essere fatto avendo cura dell’esperienza di ogni singolo viaggiatore
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«I contenuti che vivono in Rete stanno rivestendo un ruolo sempre più importante nel processo di decisione del turista» e anticipandone i bisogni. Se questo obiettivo è raggiunto il viaggiatore si renderà conto del valore aggiunto di questo rapporto (con la destinazione e/o l’albergatore) e lo comunicherà sui canali a lui preferiti, che ultimamente sono i social networks che faranno da cassa di risonanza alla positiva esperienza. C’è un social media che funziona meglio o più di altri? Nel turismo vanno le community internazionali più solide, come TripAdvisor, Facebook e Instagram. Non dobbiamo dimenticare però che internet e i social sono media giovanissimi rispetto, per esempio a carta stampata, radio e televisione. Le potenzialità, pertanto, di questi strumenti sono enormi e di questo va tenuto conto fin da oggi. A livello aziendale sui social media non è importante esserci con mille profili per il proprio albergo per esempio, ma esserci bene. Vale a dire curare i contenuti, le recensioni e ultimamente la propria reputazione. Quali sono gli elementi necessari per una buona web reputation? Fino a pochi anni fa un’azienda che riceveva un reclamo poteva o prenderlo seriamente in considerazione o, nella maggioranza dei casi, serenamente cestinarlo, senza particolari conseguenze lesive. Oggi le recensioni sono pubbliche. Alcune di queste contengono dei reclami e delle opinioni talvolta forti sul servizio ricevuto. Se un operatore del settore, sia esso un albergatore o un ristoratore per esempio, disattende le promesse fatte al viaggiatore, tutti lo sapranno. Tutti avranno accesso alla review perché di fatto è un contenuto pubblico e cioè pubblicato su un sito web accessibile da chiunque. Bisogna quindi non solo essere bravi nella costruzione di una propria reputazione sul web di segno positivo, ma soprattutto attenti nel mantenerla tale. Non dimentichiamo che la web reputation è un costrutto economico e come tale può essere misurata, incrementata e gestita. Diventa pertanto un elemento cruciale per non essere messi fuori mercato. Una buona reputazione online porta vantaggio competitivo, innalza le barriere all’entrata e
permette di gestire virtuosamente la leva prezzo per la struttura. Un tempo era suff iciente progettare un buon portale per restare nella competizione e nel mercato. Oggi, invece, per comporre un’innovativa offerta turistica, le aziende di cosa devono tenere conto? Senza dubbio della conversazione. Vanno studiate tutte le informazioni create su e intorno alla struttura ricettiva e, su queste poi, va cominciato il lavoro di identità della propria offerta turistica e/o alberghiera. L’identità della destinazione è un concetto in divenire che va costantemente alimentato da quello che succede nel mondo web. Il passaparola telematico è “materiale” indispensabile per farsi un’idea dei reali nuovi mercati e dei profili di consumo. I contenuti che vivono in Rete stanno rivestendo un ruolo sempre più importante nel processo di decisione del turista. Il turista è costantemente in moto, produce contenuti diversi - dalla recensione dell’albergo alla foto del piatto - contribuendo in modo notevole ad aumentare la quota informativa intorno a una data destinazione. In più, questa mole di dati crea fiducia da parte di altri utenti, un’apertura di credito assimilabile a quella verso i siti ufficiali, se non ancora più grande. Le aziende turistiche devono concentrare la massima attenzione sulle persone, su quella ‘wow experience’ che deve essere nuova ogni volta e per ogni individuo. Al netto delle tecnologie, l’esperienza oggi è co-creata tra il turista e il provider turistico e tra i turisti stessi. Un buon albergatore oggi è colui che si occupa del proprio prodotto ed è consapevole che ogni viaggiatore è diverso e cerca esperienze uniche da vivere ma soprattutto da raccontare. Non stiamo parlando di grandi cose, ma di piccoli gesti che fanno sentire il viaggiare al centro delle attenzioni degli operatori del settore. Ultimamente è nella co-creazione tra turisti e provider di servizi turistici che si rinnova il prodotto. Capire ciò che viene detto on line rappresenta una grande opportunità per gli operatori del settore turistico in termini di valorizzazione dell’offerta.
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F O CU S
Credito e Giustizia: relazione e impatto sulle dinamiche economiche Un efficiente funzionamento del sistema giudiziario rappresenta una delle condizioni indispensabili per promuovere e garantire il buon funzionamento complessivo di un sistema economico e sociale
A cura di Salvio Capasso Responsabile Economia e Imprese, SRM s.capasso@sr-m.it
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l numero della rivista scientifica Rassegna Economica che SRM ha recentemente presentato, dal titolo Credito e giustizia: relazione ed impatto sulle dinamiche economiche, si pone in continuità dei precedenti, incentrati sulle dinamiche dell’economia sommersa e illegale e sulle problematiche di gestione delle aziende sequestrate alla criminalità organizzata attraverso cui è stato possibile approfondire l’analisi sull’impatto perverso dell’illegalità. In particolare, attraverso lo studio dell’economia sommersa e illegale si è voluto sottolineare, tra le altre cose, il contributo decisivo che una riduzione del suo peso può offrire in termini di crescita economica di un territorio, di aumento della produttività e di sviluppo sociale. Partendo dalla constatazione di un valore dell’Economia Non Osservata molto elevato in Italia (si aggira intorno al 30% del PIL nazionale) e ancora di più nel Mezzogiorno (40%) si è visto che, se l’economia sommersa e illegale italiana si adeguasse al livello medio dell’area euro, sarebbe possibile recuperare all’economia legale un valore pari a circa il 3,4% del PIL, pari cioè a circa 50 miliardi di euro, mentre se il Mezzogiorno si adeguasse alla sola media italiana porterebbe un vantaggio in termini di ricchezza emersa di circa 15 miliardi (il 4% del PIL meridionale).
Altrettanto interessanti sono stati i risultati dello studio sull’universo delle aziende sequestrate attraverso il quale è stato possibile analizzare l’attività investigativa, i vantaggi e i limiti della normativa di riferimento ma anche tracciare l’identikit delle imprese sequestrate. Si tratta in genere di realtà spesso piccole, giovani, che operano nei settori a bassa tecnologia, no export oriented, ad alta intensità di manodopera e ad alto coinvolgimento di risorse pubbliche. Esse sono poco patrimonializzate e indebitate ma presentano una liquidità ampia e una profittabilità inferiore alle imprese «legali» del medesimo settore. Il recupero competitivo di tali imprese (circa 1.700 in Italia, delle quali oltre la metà è concentrata tra Sicilia e Campania) rappresenta una questione importante dal punto di vista sociale ed economico che si scontra però ancora con la complessità delle procedure di gestione che spesso portano a risultati insoddisfacenti. La terza tappa del percorso di studio sull’impatto socio-economico dell’illegalità sui territori ha portato in questo numero della Rassegna Economica ad evidenziare il ruolo importante che riveste la giustizia nel sistema economico di un Paese per i suoi effetti diretti e indiretti sui diversi soggetti che vi operano e delle relazioni con gli operatori finanziari e creditizi.
Rapporto tra GIUSTIZIA e CREDITO GIUSTIZIA
SISTEMA CREDITIZIO
1. Relazione tra efficienza della Giustizia ed Impatto sull'Economia 2. Il rapporto tra funzionamento della Giustizia ed efficienza del credito 3. Il contributo del sistema creditizio nella prevenzione e contrasto alle attività criminali di natura finanziaria
21 I dati, tratti dagli studi della Banca Mondiale nel suo rapporto “Doing Business” e dal Cepej, la Commissione europea per l’efficienza della giustizia, dimostrano infatti che l’inefficienza della giustizia civile rappresenta uno dei fattori di contesto che più limitano competitività e capacità di crescita del Paese perché: • ha effetti negativi sui mercati finanziari inducendo tassi di interesse più elevati e minore disponibilità di credito; • influisce sulla nascita e sulla dimensione delle aziende rappresentando una barriera all’ingresso e riducendone la redditività e la produttività dei fattori; • non assicura “certezza del diritto” disincentivando gli investimenti delle imprese industriali (in particolare quelle estere). Pertanto un efficiente funzionamento del sistema giudiziario, in cui si incontrano la domanda di giustizia dei cittadini e l’offerta assicurata dalle istituzioni giudiziarie, rappresenta una delle condizioni indispensabili per promuovere e garantire il buon funzionamento complessivo di un sistema economico e sociale. Il settore produttivo e imprenditoriale soffrono - nell’ambito di una crisi economica globale rispetto alla quale la ripresa appare ancora particolarmente complessa - le criticità del
sistema giustizia in termini di tempi e costi. Il contenzioso compromette infatti l’immagine delle imprese sul mercato, riducendone la competitività. I costi giuridici ne appesantiscono i bilanci, impedendone la crescita e alimentando un già diffuso nanismo industriale. I dati della giustizia civile in Italia testimoniano l’ormai imprescindibile necessità di un sempre maggior ricorso alle procedure stragiudiziali di composizione delle controversie. Il numero 1/2015 della Rassegna Economica ha pertanto analizzato questi elementi chiave nell’ambito delle relazioni tra credito, giustizia ed economia, con particolare riferimento al rapporto tra funzionalità della sfera giudiziale ed efficienza del sistema economico-finanziario e agli effetti degli atti criminosi di matrice finanziaria sull’economia. Nel rapporto tra giustizia e credito assume, ad esempio, un ruolo di rilievo lo sviluppo di forme di vigilanza adeguate a contrastare l’infiltrazione del crimine organizzato nell’economia delle imprese. Si pensi alle regole da seguire in tema di antiriciclaggio - nella fase di concessione del credito, nella valutazione dei progetti e dei soggetti proponenti e nella segnalazione delle operazioni sospette - che costituiscono le basi portanti di una collaborazione importante tra istituzioni e mondo finanziario.
Le sinergie tra GIUSTIZIA e CREDITO: un fattore di competitività per il sistema Paese GIUSTIZIA
Un’inefficiente amministrazione della giustizia costituisce, altresì, all’interno dei rapporti creditizi un meccanismo che non disincentiva comportamenti opportunistici (si pensi alla lentezza nella risoluzione delle controversie legate all’eventuale fallimento del debitore), anzi ostacola contestualmente le opportunità di accesso al credito. Un debole e viziato rapporto tra creditore e debitore comporta un maggiore costo del finanziamento e una maggiore richiesta di garanzie, determinata da un più basso livello di fiducia. La struttura di questo numero della Rassegna Economica è stata pertanto articolata in due macro-blocchi. Una prima parte è dedicata al quadro generale delle relazioni tra credito, giustizia ed economia, con particolare
SISTEMA CREDITIZIO
riferimento al rapporto tra funzionamento della giustizia ed efficienza economica e del sistema finanziario ed agli effetti della criminalità “finanziaria” sull’economia ed il connesso ruolo della banca. I contributi riportano riflessioni ed analisi sul peso e sull’impatto nel sistema economico e produttivo di fenomeni quali la corruzione, l’insolvenza, l’usura ed il riciclaggio, e gli effetti dell’economia sommersa ed illegale nella prospettiva dello sviluppo imprenditoriale e dell’impresa. La seconda parte dà spazio ad alcuni peculiari casi di analisi. Le riflessioni riportate si incentrano sulla relazione tra efficienza ed efficacia della giustizia quale fattore rilevante per il sistema economico e finanziario, e sul rapporto tra credito e giustizia. Il volume è free download su: www.sr-m.it
C O N F I N D US TRIA S ALE RN O
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Confindustria, è Vincenzo Boccia il nuovo presidente designato Su 198 aventi diritti al voto, e 192 votanti, l'industriale salernitano patron della Arti Grafiche Boccia è stato designato presidente di Confindustria con 100 voti. Per l'elezione definitiva andrà al voto dell'assemblea privata il prossimo 25 maggio
a cura della Redazione Costozero
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o scorso 31 marzo, Vincenzo Boccia, amministratore delegato della Arti Grafiche Boccia SpA, è stato designato dal Consiglio Generale alla Presidenza di Confindustria. La Arti Grafiche Boccia Spa è iscritta a Confindustria Salerno dal 1986 e Vincenzo Boccia, oggi componente del Consiglio Direttivo della territoriale salernitana, è stato presidente dei Giovani Imprenditori salernitani e vice presidente dell’Associazione nel 1994. Grande l'orgoglio da parte degli imprenditori salernitani alla notizia della designazione di Vincenzo Boccia a presidente di Confindustria. Mauro Maccauro ha infatti dichiarato: «Boccia in questi anni ha dimostrato di essere un uomo di dialogo, capace di dare voce alle istanze degli imprenditori con competenza e auto-
revolezza, con una spiccata attitudine all’ascolto e alla proposta. Per tali ragioni saprà ben coniugare innovazione e continuità per una Confindustria sempre più forte e incisiva che darà un contributo importante allo sviluppo del sistema imprenditoriale italiano. Il suo operato, nella veste di presidente della Piccola industria e di presidente del Comitato tecnico credito e finanza, ha permesso il raggiungimento di importanti misure per il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese. Una per tutti, la moratoria sui debiti delle imprese concordata con Abi (Associazione Bancaria Italiana) che ha comportato la sospensione delle rate della quota capitale dei finanziamenti richiesti dalle piccole e medie aziende». Al presidente designato va il sincero augurio degli industriali sa-
Vincenzo Boccia
lernitani per l’importante traguardo raggiunto e il nostro in bocca al lupo per l’ultimo tratto da percorrere che lo porterà all’elezione a presidente di Confindustria da parte dell’Assemblea il prossimo 25 maggio».
ERRATA CORRIGE | Composizione Giunta Confindustria Salerno Rettifichiamo la composizione della Giunta di Confindustria Salerno pubblicata sul numero di febbraio/marzo 2016 perché imperfetta. Di seguito l’elenco completo: oltre al presidente Mauro Maccauro e ai past Agostino Gallozzi e Andrea Prete, la Giunta attualmente è formata dai vicepresidenti Pasquale Gaito, Gerardo Gambardella, Francesco Giuseppe Palumbo e Nicola Scafuro; i consiglieri Vincenzo Boccia, Antonio Ferraro, Domenico Iennaco, Gerardo Sica, il Tesoriere Nunziante Coraggio; il presidente di Ance AIES Salerno Vincenzo Russo e gli imprenditori Carmine Alfano, Giuseppe Amoruso, Antonia Autuori, Marco Augusto Baione, Giovanni Bartolomeo, Gianfilippo Bottone, Laura Caputo, Orlando Cerrato, Paola Cianciullo, Giorgio Criscuolo, Gianfranco D’Agosto, Maurizio D’Arco, Carmelina De Martino, Gerardo Di Agostino, Gianluigi Di Leo, Pasquale Aurelio Garone, Sabatino Giordano, Edoardo Gisolfi, Vincenzo Grattacaso (Ance), Gennaro Lodato, Michelangelo Lurgi, Roberto Magliulo, Pietro Mancuso, Francesco Manzo, Maurizio Mollica (Ance), Annibale Pancrazio, Francesco Pappacena (Ance), Alessandra Pedone, Pasqualina Piccolo, Marco Pontecorvo, Mariano Porcini, Valeria Prete, Alfonso Romaldo, Aniello Renzullo, Stefania Rinaldi, Alessandro Sacrestano, Antonio Sada, Giuseppe Salzano, Luigi Schiavo, Francesco Serravalle, Giovanni Sessa, Alessandro Tullio e Alfredo Valerio.
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Scuola/lavoro, la vera sfida per i territori Il buon esempio di interazione e comunicazione tra Confindustria Salerno e il Liceo Scientifico "Da Procida"
Vincenzo Iennaco Componente Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Salerno
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cuola/lavoro, l’alternanza del percorso eminentemente formativo con il momento dell’apprendimento “on the job”, rappresenta il nucleo centrale del nuovo modello dinamico che la legge 107/2015 tenta di introdurre nella realtà italiana. Non si tratta di un esperimento semplice, a cominciare dalla condivisione degli obiettivi tra le due componenti in campo: la Scuola (con la base forte di insegnanti e dirigenti) e le Imprese, con il variegato tessuto strutturale nel quale esse si esprimono e si riconoscono. La vera questione – in Italia, ma soprattutto nelle regioni del Sud – risiede in uno squilibrio ben noto: l’offerta dei profili professionali in uscita dal circuito scolastico e universitario non corrisponde alla domanda delle aziende. Periodicamente quindi vengono pubblicate indagini di autorevoli istituti di ricerca che indicano i lavoratori “fantasma”: addetti inseguiti e quasi mai rintracciati dalle imprese per inserirli all’interno del proprio ciclo produttivo. L’ origine di questa situazione affonda le radici in un modello scolastico che nel tempo ha finito per “declassare” prima di tutto gli istituti professionali, che, invece, in Germania rappresentano l’anello di collegamento tra i giovani e il lavoro. In altre parole, l’Italia è rimasta indietro, non cogliendo la necessità di attivare un dialogo permanente tra il mondo della produzione e quello della Scuola e dell’Università con l’obiettivo prioritario di rendere funzionante un efficace meccanismo
di interattività. All’interno di questo ambito di criticità si colloca un ulteriore gap con molti altri Paesi europei: la grave difficoltà nella trasmissione di tecnologia innovativa dal mondo della ricerca a quello produttivo. Siamo di fronte ad un quadro complessivo che evidenza quasi sempre una condizione di “incomunicabilità”. In questo modo si è arrivati ad un tasso di disoccupazione giovanile elevatissimo e, nello stesso tempo, a un massiccio ricorso all’auto/imprenditorialità. Due facce della stessa medaglia. Se al termine degli studi non ho alcuna opportunità di entrare nel ciclo produttivo, ricorro alla forma più diretta di occupazione: provo a lavorare in proprio, apro una partita Iva, avvio un’attività d’impresa. Così si spiegano gli elevati tassi di incidenza delle aziende “under 35” sul numero totale delle iscrizioni ai registri delle Camere di Commercio meridionali. È evidente che la ratio della legge sulla “Buona Scuola” coglie un aspetto rilevante del problema e cerca di fare interagire i processi formativi con le realtà territoriali. Ma la dimensione dell’emergenza occupazionale giovanile è più vasta. Confindustria Salerno sta promuovendo e sostenendo il progetto CTS - Comitati Tecnici Scientifici - attraverso azioni congiunte tra il mondo della produzione e quello della scuola. In particolare, attraverso il nostro magazine Costozero è stato attivato un progetto di web journalism in partnership con il liceo scientifico "Da Procida".
NE W E N T RIE S
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D’Amico, natura a regola d’arte Con centocinquanta referenze, molte lavorate dal fresco, l'azienda è prima sul mercato nella conservazione degli ortaggi, dei funghi e delle olive
di Raffaella Venerando
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ei primi anni del Novecento il geografo francese Jean Brunhes scriveva che «mangiare, è incorporare un territorio». Dovevano averla innata in sé questa filosofia i due fratelli, Mario e Francesco D’Amico, quando nel 1967 decisero di avviare la produzione di conserve ittiche, chiudendo in barattolo il profumo e il gusto salino delle alici della Divina Costiera perché in molti ne potessero godere. Dal mare, poi, qualche anno dopo i due D’Amico deciso di toccare anche terra, dedicandosi, a partire dal 1971, alla conservazione degli ortaggi, dei funghi e delle olive, fino ad arrivare alle ben 150 referenze di oggi, molte delle quali lavorate dal fresco. A primeggiare sugli scaffali alimentari vi sono i loro sottoli, i sottaceti, le olive, i condimenti per riso, i sughi pronti, i pesti, i vegetali al naturale, la linea del biologico. L’esperienza D’Amico racchiude in vetro o latta, con tecniche tra le più avanzate e certificate, tutto il buono che c’è in natura. L’azienda alla terza generazione, attualmente con 96 collaboratori di
I "Vasi d'Autore" firmati da Sergio Fermariello
Dettaglio produzione
cui il 60% donna, ha due siti produttivi, uno a Pontecagnano Faiano e uno a Rovereto, con una produzione di
Packaging "Vasi d'Autore"
34.500 pezzi. Sul mercato è presente con i marchi D’Amico, Logrò e Montello. Quella dei D’Amico è
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La famiglia D'Amico
una realtà concreta di come si possa ben bilanciare una solida storia aziendale, di famiglia, con la propensione verso l’innovazione tecnologica e creativa sia nell’organizzazione dei processi, sia nei prodotti. Spesso, il nuovo che avanza è, infatti, un richiamo al passato. Metodi di lavorazione improntati a elevati standard di qualità, applicati a ricette di un tempo lontano, danno vita a moderne referenze dal sapore antico, come la scarola napoletana, un contorno pronto come se l’intervento di macchine o procedure, dal raccolto alla conserva, quasi non ci fosse stato. Ogni passaggio produttivo, come in qualsiasi industria che funzioni, è studiato e regolato al secondo eppure nella fabbrica dei D’Amico, ovunque, questa ricerca per l’eccellenza sembra predisposizione naturale. Stretto è, poi, il legame con l’ambiente circostante, visibile in molti segni tra cui il colore verde, distintivo degli ambienti di lavoro e delle capsule dei prodotti, così come nella scelta di installare un
grande impianto fotovoltaico sui tetti dello stabilimento salernitano utile a coprire un terzo del fabbisogno energetico. Questa sensibilità ha inoltre una dimensione artistica, ben visibile nelle tante opere d’arte di maestri campani e non solo che vestono uffici e pareti in modo insolito per uno stabilimento di conserve, senza sembrare però fuori contesto. Opere d’arte sono diventate infatti anche le quattro capsule della linea “Vasi D’Autore”, firmata da Sergio Fermariello e ideata per i barattoli in vetro da 700 grammi. I Vasi D’Autore sono dei veri e propri pezzi di arredo, pensati per un nuovo uso creativo e/o una nuova vita anche da vuoti. Un’idea anche questa che strizza l’occhio alla natura, alla sostenibilità, alla genuinità, a quelli che sono i valori di sempre dell’azienda D’Amico. Dai tempi in cui Mario e Francesco custodivano in piccoli barattoli di vetro un pezzo di mare della Costiera Amalfitana insieme al loro sogno.
S TRATEGIE D I IMPRE SA
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Innovare con dolcezza, le novità di Decora alla fiera Ambiente 2016 di Francoforte Una vetrina importante la due giorni tedesca per Decora. Soddisfatto Pietro De Luca, export manager dell’azienda: «L'aver partecipato con due prodotti all'allestimento dell'installazione "La Dolce Vita", dell'architetto Paola Navone, e l'essere stati scelti con il Kit Compasso nella sezione Solutions, hanno significato un ulteriore riconoscimento della validità della nostra offerta commerciale» di Raffaella Venerando
agli esiti dell’esposizione tedesca, Ambientarsi pare sia stata la giusta occasione per Decora di dare bella mostra di sé. La gamma di stampi cioccolato in policarbonato è stata selezionata durante lo Speed Dating, evento di presentazione delle novità interessanti di fronte alla stampa internazionale. Il kit Compasso con 3 fascette dentate e tappetino è stato selezionato, invece, come soluzione funzionale e innovativa per la cucina. Il Coltello e il kit Compasso sono stati utilizzati nell’installazione chiamata la “Dolce Vita”, a cura dell’architetto Paola Navone nel Foyer Hall 4.1. stato l’anno dell’Italia e dei italiana anche Decora, un marchio «Possiamo dirci soddisfatti della suoi prodotti ad Ambiente commercializzato dall’azienda nostra partecipazione ad Ambiente 20016, la più importante Karma di Salerno, sinonimo di Made 2016» ha dichiarato Pietro De Luca, fiera mondiale dei beni di consumo in Italy, qualità e design con oltre export manager Decora. tenutasi a Francoforte il 15 e 16 1800 referenze diverse. Il marchio «I contatti sono stati interessanti e febbraio scorsi. Dopo Danimarca, nasce nel 1998 dall’esperienza meglio selezionati rispetto agli anni Francia, Giappone e Stati Uniti è ultraquarantennale della famiglia precedenti. Ci aspettiamo, quindi, di toccato al nostro Paese fare infatti da De Luca nel settore dell’attrezzatura chiudere buoni accordi con diversi partner. Tra le novità delle più grandi per la ristorazione e la pasticceria dei potenziali clienti incontrati. aziende specializzate nel settore, e dall'intuizione di proporre questi Ancor più interessante e produttiva a rappresentare i prodotti della prodotti anche ad un pubblico di per noi è stata poi la visibilità dataci migliore tradizione manifatturiera non esperti. E, stando ai numeri e dall'essere stati selezionati per
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Lo stand Decora ad Ambiente 2016
partecipare a ben tre degli eventi che si svolgono collateralmente alla fiera. In particolare, l'incontro con la stampa internazionale nell'ambito dell'evento denominato SpeedDating@Ambiente ci ha consentito di presentare, a una platea di influencers provenienti da varie parti del mondo, la nuova linea di stampi in policarbonato per cioccolatini, interamente disegnata all'interno della nostra Azienda e brevettata, sia per quanto riguarda i diversi modelli, sia per l'impugnatura. Nell'anno in cui il Paese partner di Ambiente era l'Italia, l'aver partecipato con ben due prodotti anche all'allestimento
dell'installazione "La Dolce Vita", realizzata dall'architetto Paola Navone, e l'essere stati scelti, con il prodotto Kit Compasso, nella sezione Solutions hanno significato un ulteriore riconoscimento della validità della nostra offerta commerciale. La nostra reputazione e l’immagine della nostra azienda, siamo certi, ne usciranno potenziate. Anche l’esperienza di Francoforte sarà utile per Decora ad aggiungere valore a valore, in una prospettiva dinamica costantemente orientata a cogliere, talvolta anticipandoli, i segni distintivi di un lifestyle in continua evoluzione».
Pietro De Luca, export manager Decora
Kit Compasso scelto per la sezione Solutions
Decora propone una linea completa per realizzare, decorare e presentare i dolci: Linea Food, Preparati, Aromi, Creme, Zuccherini Colorati e Pasta di Zucchero, si ispirano al concetto del dolce bello e buono che si concretizza nell'utilizzo di materie prime pregiate, senza grassi idrogenati e con coloranti di estrazione naturale; attrezzatura di qualità professionale ma fruibile da chiunque per creare dolci d’autore; la linea Cioccolato con stampi professionali in policarbonato, brevettati ed esclusivi; il Packaging per trasportare e regalare le creazioni più belle.
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S TR ATEGIE D I IM PRE SA
Gruppo Sada, pensieri e azioni sostenibili Con il rilascio della certificazione EPD® si amplia la possibilità di offrire ai clienti soluzioni di packaging ancora più vantaggiose e green di Valentina Sada R&D - Marketing Department Gruppo Sada valentina.sada@sadaspa.it
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l 13 agosto 2015 è stato il giorno dell’Overshoot Day, il giorno in cui abbiamo esaurito le risorse che avrebbero dovuto bastarci per tutto l’anno, secondo il tasso di rigenerazione naturale del pianeta. A dirlo è il Global Footprint Network, l’organizzazione no profit che misura la domanda e l’offerta di risorse naturali e di servizi ecologici. Secondo gli studi del network green per soddisfare la domanda umana servirebbero quasi due Terra (all’incirca 1.6). Con il passare degli anni si allarga sempre più la forbice tra il nostro consumo di risorse sul pianeta e la capacità di quest'ultimo di rigenerarle in un anno, con il risultato che la data dell’Overshoot Day ricorre sempre prima. Per contribuire a bloccare lo spreco di risorse, il Gruppo Sada, azienda che produce packaging, sul mercato da cinque generazioni, ha mostrato il suo impegno concentrando energie e conoscenze per produrre packaging di qualità senza dimenticare i valori e l’attenzione per l’ambiente, per il suo territorio e la comunità. Un impegno che soddisfa le esigenze di clienti e consumatori che oggigiorno richiedono e preferiscono prodotti realizzati con un utilizzo efficiente delle risorse e con un impatto sempre minore sull’ambiente, dimostrabile attraverso informazioni chiare, attendibili e confrontabili. Gli stabilimenti di Pontecagnano e di Nocera hanno pertanto intrapreso uno studio LCA (Life Cycle Assessment) per ottenere il rilascio dell’EPD® (Environmental Product Declaration). Lo studio ha consentito di individuare l’impatto ambientale complessivo dei prodotti oggetto dello studio e la sua distribuzione lungo l’intera filiera, a partire dall’approvvigionamento delle materie prime fino allo smaltimento, passando attraverso il loro utilizzo
e consumo. Oggetto di approfondimento sono state le principali composizioni di packaging in cartone ondulato prodotte nei due stabilimenti. Lo studio LCA è un passo importante per lo sviluppo delle politiche di sostenibilità del Gruppo Sada, oltre a poter fornire dati certificati sul packaging: • permette di raccogliere in maniera completa e organica i dati relativi alla fabbricazione del prodotto; • individua i punti deboli del processo produttivo, tenendo sotto controllo le emissioni, i consumi delle risorse e gli effetti connessi; • valuta la prestazione ambientale, individuando il processo o l’attività che crea emissione climaalterante; • individua le fasi sulle quali è possibile intervenire progettando possibili migliorie tecnologiche e gestionali, nell’ottica dello sviluppo sostenibile, compiendo azioni concrete per abbattere le emissioni; • permette di ottenere un abbattimento di costi attraverso una riduzione di materie prime, energia e trasporto, progettando un prodotto che generi minor impatto ambientale. Il sottoinsieme dei dati derivanti da LCA è il Carbon Footprint. Tale indice rileva le emissioni che hanno effetto sul fenomeno del cambiamento climatico (biosfera) la cui unità di misura è la CO₂ equivalente. Il rilascio dell’EPD® da un ente terzo riconosciuto permette di misurare gli impatti emessi e di sviluppare progetti di riduzione, di proporre ai clienti soluzioni di packaging più vantaggiose in ottica di sostenibilità, consentendo loro di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.
Info: Sviluppo Associativo Confindustria Salerno oreste pastore | tel. 089 200812 | o.pastore@confindustria.sa.it massimiliano pallotta | tel. 089 200837 | m. pallotta@confindustria.sa.it
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E D I LI ZI A IND US TRIALE
Leone X e i governi del fare La storia insegna che nel nostro Paese a lungo pubblico e privato si sono dati battaglia nella tutela del patrimonio, danneggiando in primo luogo proprio i beni culturali. Oggi, finalmente, potrebbe essere tempo di rinascita per l’economia della cultura in Italia
di Marcoalfonso Capua Architetto / Consigliere dell’Ordine degli Architetti Paesaggisti Pianificatori e Conservatori della provincia di Salerno Coordinatore della Commissione cultura e comunicazione dell'architettura
«(…) Però, essendo io stato assai studioso di queste antiquità e avendo posto non picciola cura in cercarle minutamente e misurarle con diligenza, e, leggendo i buoni autori, confrontare l'opere con le scritture, penso di aver conseguito qualche notizia dell'architettura antica. Il che in un punto mi dà grandissimo piacere, per la cognizione di cosa tanto eccellente, e grandissimo dolore, vedendo quasi il cadavere di quella nobil patria, che è stata regina del mondo, così miseramente lacerato...Non deve adunque, Padre Santissimo, essere tra gli ultimi pensieri di Vostra Santità lo aver cura che quel poco che resta di questa antica madre della gloria e della grandezza italiana, per testimonio del valore e della virtù di quegli animi divini, che pur talor con la loro memoria eccitano alla virtù gli spiriti che oggidì sono tra noi, non sia estirpato, e guasto dalli maligni e ignoranti; che pur troppo si sono infin qui fatte ingiurie a
quelle anime che col loro sangue partoriscono tanta gloria al mondo. Ma più presto cerchi Vostra Santità, lasciando vivo il paragone degli antichi, agguagliarli e superarli, come ben fa con grandi edifici, col nutrire e favorire le virtuti, risvegliare gl'ingegni, dar premio alle virtuose fatiche, spargendo il santissimo seme della pace tra li principi cristiani. Perché come dalla calamità della guerra nasce la distruzione e ruina di tutte le discipline ed arti, così dalla pace e concordia nasce la felicità a' popoli, e il laudabile ozio per lo quale ad esse si può dar opera e farci arrivare al colmo dell'eccellenza, dove per lo divino consiglio di Vostra Santità sperano tutti che si abbia da pervenire al secolo nostro…». Questo brano - tratto dalla Lettera di Raffaello Sanzio a papa Leone X del 1519 - è prefazione alla raccolta di disegni degli edifici della Roma imperiale eseguita dal pittore su incarico del papa Leone X, nato a Firenze, governatore e mecenate
degli artisti del Rinascimento, finalizzata a celebrare lo studio e la catalogazione del patrimonio classico ed è esempio di attenzione alla tutela del patrimonio culturale di uno Stato. La lettera parla di quanto siano gravi le conseguenze della guerra. Mi diverte considerarla dal ‘500 all’attualità e considerare gli anni di guerra tra il pubblico e il privato nel settore dei Beni Culturali italiani. Una guerra combattuta sul campo della tutela e valorizzazione che ha lasciato le macerie in cui si trovano oggi i beni storici e paesaggistici nazionali. Battaglie memorabili sono state le riforme del ministero: Veltroni (1998), Melandri (2001), Urbani (2003), Rutelli (2007), Bondi (2009). Scontri ormai nell’epoca del mito: il D.P.R. 14 gennaio 1972 n. 3 che trasferiva alle Regioni le funzioni in materia di “biblioteche di enti locali”, il successivo D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 che trasferiva alle Regioni la competenza in materia di interventi per la protezione della natura, le
31 o agricoltori, impotenti di fronte a una kafkiana macchina statale, spesso inadempiente agli obblighi di legge, che di fatto nega il sacrosanto ius aedificandi ma permette la generalizzata cementificazione e l’impermeabilizzazione del suolo ed è il partner peggiore con cui mettersi in affari (leciti). In un paese alle prese con l’annosa mancanza di fondi pubblici, in ogni campo dei settori culturali, si spera davvero che le innovative riforme del ministero possano garantire la tutela di quei Beni che costituiscono l’identità dei cittadini italiani? O il Paese è in vendita come dicono i critici Sposalizio della Vergine della riforma? Ancora guerra tra gli di Raffaello Sanzio - 1504 apparati dello Stato e chi li governa Olio su tavola, Pinacoteca di Brera e la società civile. Raffaello, pittore Milano e architetto tra i più celebri del Rinascimento, mi dà la speranza riserve e i parchi naturali, la legge che l’uscita da una terribile crisi 2 agosto 1982, n. 512 sul sistema economica sia l’occasione per d’esenzioni e agevolazioni tributarie, una rinascita dell’economia della finalizzate a promuovere un’attiva cultura in Italia. Una concezione partecipazione dei proprietari efficace e contemporanea di tutela e privati alla conservazione, restauro conservazione deve necessariamente e apertura al pubblico godimento considerare la ricerca e la formazione dei beni culturali (l’arte come nel campo culturale, per avere la petrolio dell’Italia) o nel 1986 la consapevolezza del valore storico, catalogazione informatica dei beni, culturale e paesaggistico dei Beni lanciata dall’allora Ministro del da tutelare. Né la conservazione può lavoro De Michelis sotto lo slogan di prescindere da una valorizzazione “giacimenti culturali”, per recuperare del progetto di conservazione, quelle risorse culturali dimenticate e che ai tempi nostri dovrebbe non sfruttate in maniera adeguata. essere anche capace di sostenersi Ma guerra è anche quella tra le economicamente. sovrintendenze, oggi accorpate Le università e i centri di ricerca e ridimensionate o snellite e hanno bisogno di attrarre fondi. modernizzate, e i costruttori e gli Possono farlo se lavorano con rigore, imprenditori che hanno preteso in campi attrattivi e competitivi negli ultimi anni di cementificare anche a livello internazionale ampie zone di un Paese dove come sono quelli dei vari ambiti ricostruire una strada franata non è, culturali italiani. Le imprese per lo Stato, cosa corrente. O forse private o le associazioni possono la guerra è quella sacrosanta dei e devono entrare in questo circolo cittadini: professionisti, imprenditori virtuoso se riescono a garantire
quegli stessi standard di qualità che caratterizzano il Made in Italy, potendo colloquiare con uno Stato che, unico e solo garante della tutela dei Beni Comuni, riesca a far proprie procedure semplici e trasparenti che a costo zero garantiscono legalità e rispetto della legge. Il paese è maturo perché le migliori forze dell’economia, bisognose di identità sul mercato globale, possano trovare nelle sterminate risorse culturali nazionali quelle materie prime cui attingere per creare economia e lavoro. Purtroppo l’Europa in Italia fa capolino solo a imporre l’ennesimo balzello o la prossima, inutile, certificazione. Ma in campo europeo è normale per lo Stato affidarsi a privati per affiancare la gestione di musei o teatri, è normale che la ricerca di un’università sia supportata dal territorio e l’arte, lo spettacolo e la cultura riescono a generare lavoro e economia. In un sistema economico aperto ai privati, le imprese possono partecipare attivamente alla conservazione e valorizzazione di un Bene Culturale, promuovendo attività di formazione, ricerca e comunicazione di attività culturali ove ve ne fosse un ritorno economico o soggetti passivi sostenendo economicamente le associazioni o lo stato o gli enti locali in tutte le fasi della tutela. Senza dimenticare la lezione di Giovanni Carbonara che a proposito di restauro dice: «Fra i doveri di verità (nel restauro, ndr), esiste anche quello di garantire il godimento delle opere d'arte, che sono per alcuni espressione di bellezza pura, per altri modello d'una conoscenza intuitiva e forse più sostanziale di altre, per altri ancora esperienza che modifica realmente chi la fa».
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Fallimento, il giudice italiano non può dichiararlo in caso di trasferimento effettivo della sede all’estero Non sussiste la giurisdizione del giudice italiano in merito alla richiesta di fallimento se il trasferimento all’estero della sede sociale é effettivo e ció trova conferma nella residenza all’estero dei soci e dell’amministratore nonché nella possibilità di notificare regolarmente l’istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale all’estero
Maurizio Galardo Avvocato, Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it
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a Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la recentissima sentenza numero 3059/2016, pubblicata il 17/02/2016, ha stabilito un principio fondamentale in materia di Giurisdizione del Giudice italiano nel procedimento per la dichiarazione di fallimento. Per comprendere meglio il significato della pronuncia è necessario descrivere brevemente il complessivo iter processuale. La vicenda tra origine da una pronuncia del Tribunale di Varese che aveva erroneamente dichiarato il fallimento, su istanza della Equitalia Nord Spa e del pubblico ministero, di una società a responsabilità limitata che aveva trasferito la sede legale in Svizzera in data antecedente al deposito del ricorso per dichiarazione di fallimento. Avverso la sentenza del Tribunale, la società propose reclamo dinnanzi alla Corte d’Appello di Milano, la quale, accogliendo il reclamo proposto e revocando quindi il fallimento, evidenziò che il Tribunale, a fronte del difetto di
giurisdizione eccepito dalla società resistente, la quale aveva trasferito la sede in Svizzera, aveva erroneamente applicato la regola enunciata dall’art. 9 comma 2 l. fall. dell’irrilevanza del trasferimento della sede attuato nell’anno antecedente all’iniziativa per la dichiarazione di fallimento, laddove invece doveva essere applicato l’art. 9 comma 5 di tale disposizione, secondo cui il trasferimento della sede all’estero non esclude la giurisdizione del giudice italiano, solo se avvenuto successivamente al deposito del ricorso per la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 6 l. fall., salvo però che tale trasferimento sia avvenuto in modo fittizio. Nel caso di specie la Corte d’Appello evidenziò che il Tribunale nel giudizio di primo grado non aveva svolto alcuna indagine concreta al fine di verificare che il trasferimento all’estero della sede sociale fosse stato effettivo. In particolare, nel caso di specie la società risultava, già prima del suddetto trasferimento, notevolmente indebitata con l’Erario ed esposta quindi al rischio
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«La pronuncia ha valorizzato il criterio della corrispondenza effettiva del “centro d’interessi”, riconoscibile dai terzi, con la sede legale, così applicando principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità relativi al collegamento, reale e significativo tra chi ha maggiormente operato per la società nello Stato straniero e alla mancanza di difficoltà nel notificare l’istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale»
di procedure esecutive e al fallimento. Al contempo però vi erano una serie di elementi che facevano propendere per ritenere effettivo e non fittizio il trasferimento della sede all’estero e precisamente: a) la circostanza che il socio unico, nonché legale rappresentante della società risiedesse stabilmente in Chiasso; b) il fatto che non vi fosse stata alcuna difficoltà nell’effettuare le notifiche nella fase prefallimentare. Per tali ragioni la Corte d’Appello accogliendo il reclamo proposto dalla società ha revocato il fallimento in considerazione del difetto di giurisdizione del giudice italiano. Avverso la sentenza della Corte d’appello, il curatore fallimentare ha proposto ricorso in Cassazione. La Corte di Cassazione ha respinto pertanto il ricorso della curatela, confermando la sentenza della Corte d’Appello che aveva revocato il fallimento evidenziando che secondo un principio giurisprudenziale consolidato sussiste la giurisdizione del giudice italiano con riguardo all’istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali già costituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi dell’impresa, abbia trasferito all’estero la sede
legale soltanto quando a questo trasferimento non abbia fatto seguito anche il trasferimento dell’effettivo esercizio dell’attività imprenditoriale e del centro dell’attività direttiva e amministrativa della società. In tal caso ai sensi dell’articolo 25 comma 1) della legge 218 del 1995 spetta al giudice del luogo di costituzione della società stabilire, in conformità al proprio ordinamento la sede effettiva della società. Al contrario nel caso di specie la Corte di Cassazione è giunta a escludere la giurisdizione italiana in quanto, pur essendo la società indebitata in maniera consistente con l’Erario già prima del trasferimento ed esposta ad azioni esecutive, aveva però adeguatamente dimostrato l’effettività del trasferimento della sede operativa della società, ritenuto provato nel caso di specie proprio dalla circostanza che il socio unico e legale rappresentante risiedesse stabilmente all’estero e che alcuna difficoltà vi fosse stata nel notificare gli atti della fase prefallimentare. La pronuncia in commento ha così valorizzato il criterio della corrispondenza effettiva del “centro d’interessi”, riconoscibile dai terzi, con la sede legale, così applicando principi enunciati dalla giuri-
sprudenza di legittimità relativi al collegamento, reale e significativo tra chi ha maggiormente operato per la società nello Stato straniero e alla mancanza di difficoltà nel notificare l’istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale. In una fattispecie diversa infatti la Cassazione (Cfr. Cass. Civ. Ord. Sezioni Unite N. 15880/2011) ha ritenuto dunque fittizio il trasferimento all’estero della società, così superando la presunzione di corrispondenza tra la sede sociale dichiarata e il centro effettivo di interessi della società, ricorrendo i seguenti elementi: a) cittadinanza italiana e mancanza di significativi collegamenti con il territorio estero da parte dei soci, di chi impersona l’organo amministrativo e dell’impiegata che risultava aver maggiormente operato per la società; b) difficoltà di notificare l’istanza di fallimento nel luogo indicato come sede della società all’estero; c) circostanza che la delibera di trasferimento all’estero della sede sociale fosse intervenuta in un momento in cui la situazione di crisi che ha poi determinato il fallimento era già sicuramente percepibile dagli organi sociali.
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La riforma della giustizia civile per la competitività del Paese Si apre una nuova stagione di modifiche al processo e riordino dei sistemi ADR
Marco Marinaro Avvocato Cassazionista / Membro Abf Roma www.studiolegalemarinaro.it
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ono mesi caldi per la giustizia civile. Il Ministro Orlando apre infatti a una nuova stagione di riforme con il primo passaggio alla Camera della (ennesima) modifica del Codice di procedura civile. A fronte di chi invocava un periodo di “fermo biologico”, il governo ha ritenuto di intervenire ulteriormente per semplificare e riorganizzare ancora una volta il processo civile introducendo «elementi in grado di tutelare meglio i diritti del cittadino e anche di fornire una giustizia che supporti la competitività del Paese». E proprio secondo quanto ha dichiarato il Guardasigilli, la prospettiva è strategica per il Paese: si tratta di un provvedimento che può essere considerato «il più strategico» in quanto con esso si punta a «un definitivo cambio di passo in una materia che è assolutamente essenziale per la competitività del Paese». Se gli obiettivi sono sicuramente condivisibili dalla lettura del testo della legge delega, a preoccupare gli operatori e gli studiosi del processo sono l’allargamento
delle competenze per i giudici onorari, le nuove sommarizzazioni delle tutele, le impugnazioni che non decidono il merito, nonché le nuove problematiche derivanti dai regimi transitori. Il tema è estremamente delicato e l’attuazione dell’obiettivo “competitività” richiede grande attenzione per poter essere correttamente coniugato nel mondo della giurisdizione ove il fine ultimo è la tutela dei diritti. Per cui appare sicuramente ragionevole e utile una estensione delle competenze del c.d. tribunale per le imprese (la cui denominazione dovrebbe divenire: «sezioni specializzate per l’impresa e il mercato»), mentre qualche dubbio suscita l’obiettivo di «valorizzare gli istituti del tentativo di conciliazione e della proposta di conciliazione del giudice» (artt. 185 e 185-bis del codice di procedura civile), prevedendo che «la mancata comparizione personale delle parti o il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituiscano comportamento valutabile
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«La Commissione di studio presso il Ministero della Giustizia deve, entro il 30 settembre 2016, elaborare un'ipotesi di disciplina organica e di riforma» dallo stesso ai fini del giudizio». La conciliazione del giudice in sede contenziosa non ha mai dato alcun risultato in quanto il giudice è chiamato a dirimere la controversia con la decisione piuttosto che ad accompagnare le parti verso un accordo. E anche la proposta conciliativa, dopo due anni dalla sua introduzione, ha dato qualche frutto soltanto se impiegata in modo combinato e coordinato con la mediazione demandata. Viene quindi in primo piano la mediazione delle controversie civili e commerciali che, dalle recenti statistiche ministeriali (aggiornate al 31 dicembre 2015), fa segnare una percentuale di riduzione del contenzioso in entrata (per le materie assoggettate alla condizione di procedibilità) pari al 16% nel biennio 2013-2015, dato che costituisce il doppio della percentuale (pari all’8%) registrata nelle altre materie. Un metodo di risoluzione delle controversie basato sulla negoziazione con l’assistenza di un terzo imparziale (mediatore) e che perciò mira a comporre il conflitto generando soluzioni condivise e quindi sostenibili. Una procedura che, superato il primo incontro con la presenza delle parti e i loro avvocati, registra una percentuale di accordi pari al 43,5%. Sono risultati di notevole rilievo in quanto soltanto negli ultimi due anni – dopo la riforma attuata nel 2013 con il decreto “del Fare” – il sistema è entrato a regime. Pur necessitando di adeguamenti e miglioramenti, la nuova disciplina si
va consolidando e affermando anche mediante prassi virtuose. E ciò non esclude, da un canto, la negoziazione assistita dagli avvocati (introdotta quale strumento di “degiurisdizionalizzazione” unitamente al cosiddetto arbitrato forense) e, dall’altro, l’allargamento dei sistemi di ADR per i consumatori, in particolare quelli istituiti presso le Autorità indipendenti (si pensi all’Arbitro Bancario Finanziario presso la Banca d’Italia, all’arbitro in fase di costituzione presso la Consob, ma anche ai sistemi conciliativi dell’Autorità garante delle comunicazioni e dell’Autorità dell’energia elettrica gas e sistema idrico). D’altronde la strada intrapresa a livello europeo sposta il baricentro delle soluzioni negoziali inevitabilmente fuori del processo. L’autonomia privata in un ambito regolamentato e assistito costituisce la sede naturale e privilegiata per la ricerca di soluzioni autonome (pur etero dirette) del contenzioso civile. Le Direttive europee per la mediazione (Direttiva 2008/52/CE) e in materia di ADR per i consumatori (Direttiva 2013/11/UE) descrivono infatti un contesto stragiudiziale regolamentato in equilibrato rapporto con la giurisdizione che non esclude forme di integrazione. Non quindi una contrapposizione tra la giurisdizione - chiamata a dirimere le liti con decisioni rapide ed efficaci rese all’esito di un giusto processo - e sistemi extragiudiziali finalizzati per di più a risolvere i conflitti mediante l’accordo attra-
verso percorsi negoziali diretti e indiretti, con e senza l’ausilio di un terzo imparziale. In questa prospettiva assume un notevole interesse la recente istituzione di una Commissione di studio presso il Ministero della Giustizia per l’elaborazione di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie. L’obiettivo dichiarato è quello di «armonizzare e razionalizzare un quadro normativo che attualmente sviluppa forme eterogenee di strumenti negoziali, a causa dei ripetuti interventi legislativi sulla materia, adottati per favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione, agevolandone l’uso e abbattendone i costi». La Commissione ha dunque il compito di elaborare, entro il 30 settembre 2016, «un’ipotesi di disciplina organica e di riforma che sviluppi gli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato». Un sistema della giustizia civile complesso, ma equilibrato e sostenibile, quello che si profila ormai in tutta la sua concretezza che non punti soltanto a una maggiore efficienza del processo civile (che costituisce un obiettivo imprescindibile per rendere effettiva la tutela dei diritti) e quindi della giurisdizione, ma che valorizzi - e non soltanto in chiave deflativa - i sistemi di composizione delle liti civili mediante i procedimenti di ADR (Alternative Dispute Resolution).
LAVORO
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Sicurezza precaria? Rifiuto di lavorare legittimo Nel caso in cui l’azienda non adotti idonee misure di sicurezza, o in assenza di queste, la Corte di Cassazione ha legittimato i lavoratori a non eseguire la prestazione, conservando il diritto alla retribuzione
Massimo Ambron Avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it
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inizio anno la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di sicurezza con una sentenza – la n. 836 del 19.1.2016di gran peso, in virtù della quale nel caso in cui il datore di lavoro violi l'obbligo di sicurezza previsto dall’art. 2087 c.c., il lavoratore può legittimamente rifiutarsi di eseguire la propria prestazione. Resta fermo, però, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivare al lavoratore conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore. Il fatto. Alcuni dipendenti nel settore assemblaggio di portiere di una azienda automobilistica hanno convenuto in giudizio, davanti il Tribunale di Torino, il datore di lavoro in quanto la caduta di alcune portiere delle auto durante la fase di assemblaggio aveva suscitato non poche preoccupazioni per l’incolumità degli stessi dipendenti che non si sentivano al sicuro. Pertanto, dopo l’ennesima caduta di una portiera, gli operai si erano rifiutati di proseguire il lavoro sino a quando l’azienda non avesse ottem-
perato agli obblighi di sicurezza. Dopo l’intervento di una squadra di manutenzione per interventi urgenti, gli operai avevano quindi ripreso il proprio lavoro ma non senza conseguenze. La società aveva addebitato agli stessi la retribuzione corrispondente al fermo di un'ora e 45 minuti qualificando il rifiuto della prestazione come sciopero. Contro questa decisione dei vertici, i dipendenti avevano adito il Tribunale di Torino al fine di ottenere la condanna della società al rimborso di quanto indebitamente trattenuto per la giornata. Il Tribunale di prime cure aveva rigettato la domanda dei dipendenti, ritenendo che la non gravità dell'inadempimento datoriale escludesse l'applicabilità dell'art. 1460 c.c. che prevede che, nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere alla sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre adempiere contemporaneamente la propria. La Corte di Appello ha successivamente accolto il ricorso dei lavoratori riconoscendo ai lavoratori la retribuzione per il periodo di sospensione dell'at-
tività, a prescindere dalla costituzione in mora e in assenza di una prestazione lavorativa. L’applicazione del principio è stato ritenuto corretto dalla Suprema Corte che, con la sentenza n. 836, richiamando una recente pronuncia (Cass. n. 6631/2015) ha evidenziato che «il datore di lavoro è obbligato a mente dell'art. 2087 c.c. ad assicurare condizioni di lavoro idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed è tenuto ad adottare nell’esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». La violazione di tale obbligo legittima il lavoratore a non eseguire la prestazione. Al fine di garantire l’effettività della tutela in ambito civile, il lavoratore può ricorrere sia ad azioni volte all’adempimento dell’obbligo di sicurezza, e alla cessazione del comportamento considerato lesivo, sia al potere di autotutela contrattuale costituito dall’eccezione di inadempienza, rifiutando di porre in essere la prestazione in ambiente non sicuro.
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Infortunio sul lavoro e responsabilità del datore di lavoro e del RSPP Un caso esemplare dalla recente giurisprudenza relativo a una violazione di norme di prevenzione rientrante nella responsabilità dell'imprenditore e del responsabile per la sicurezza
di Luigi De Valeri Ordine Avvocati di Roma studiolegaledevaleri@gmail.com
I
l datore di lavoro in base alle statuizioni dell’art. 2087 c.c. e del D.Lgs. 81/08 è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro per cui, qualora non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo che si verifichi ai danni del lavoratore o di terzi gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall’art. 40, comma 2, codice penale che prevede «non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». Il datore di lavoro, pertanto, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando che tali condizioni siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'opera. Tenuto conto dell’incremento degli infortuni sul lavoro verificatisi nel 2015, dopo anni in cui si era riscontrato un trend positivo, sembra lecito chiedersi quale importanza venga data dagli imprenditori-datori di lavoro al rispetto delle norme sulla sicurezza in azienda dopo che 6 anni fa il legislatore ha inserito l’art. 25 septies nel
D.Lgs. 231/01 con le fattispecie di omicidio colposo e le lesioni personali colpose commesse in violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro tra i reati presupposto in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Inoltre, considerato il disposto dell’art. 18 lettera f del T.U. Salute e Sicurezza sul lavoro che tra gli obblighi del datore indica espressamente «richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro…» quanti imprenditori hanno inserito nel codice disciplinare tra le infrazioni contestabili ai dipendenti il mancato uso dei dispositivi di protezione individuale previsti dall’art. 74 del T.U.? La responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. è di natura contrattuale e pertanto, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro, una volta che
il lavoratore abbia provato tali circostanze, l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno. Il datore di lavoro è sempre responsabile qualora si verifichi un infortunio sul lavoro? La Cassazione sezione lavoro con la sentenza n. 25395/2015 sostiene che «ai fini dell’applicazione dell’art. 2087 cod. civ., in forza del quale è configurabile la responsabilità del datore di lavoro in relazione ad un infortunio che sia riconducibile ad un comportamento colpevole del datore, alla violazione di uno specifico obbligo di sicurezza da parte dello stesso o al mancato apprestamento di misure idonee alla prevenzione di ragioni di danno per i lavoratori dipendenti, non può esigersi dal datore di lavoro la predisposizione di accorgimenti idonei a fronteggiare cause d’infortunio del tutto imprevedibili...». La responsabilità del datore di lavoro non esclude però la concorrente responsabilità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Anche il RSPP, che pure è privo dei
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L A VO R O poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detto pericolo. Inoltre qualora il RSPP, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro a omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, sarà chiamato a rispondere insieme a questi dell'evento dannoso che ne è derivato. Nel corso di un recente convegno ho esaminato alcuni casi decisi negli ultimi mesi dal giudice di legittimità da cui è emersa la responsabilità del datore di lavoro, del RSPP e di altre figure su cui gravano obblighi previsti dal D.Lgs. 81/2008. Rinviando i lettori a una disamina più completa visibile sul blog studiolegaledevaleri.blogspot. it, in questa sede sintetizzo il caso deciso dalla Cassazione Penale, Sez. IV, con la sentenza n. 18444/2015 relativa all’infortunio mortale di un lavoratore per cui sono stati condannati i vertici dell’azienda e un RSPP. Il lavoratore deceduto era alle dipendenze della società da soli 13 giorni come addetto al funzionamento di una pressa per scarti. L'incidente si era verificato perché non era stato assicurato il corretto funzionamento della pressa. Si configurava una violazione di norme cautelari rientranti nella sfera di rischio dei responsabili della società tra le cui attribuzioni vi è quella di assicurarsi che
le macchine operino in condizioni di sicurezza, a garanzia di tutti i lavoratori e anche dei terzi. Venivano imputati di omicidio colposo il presidente del consiglio di amministrazione della s.r.l.- datore di lavoro, un componente del consiglio di amministrazione con delega alla gestione del personale, presente sul luogo di lavoro al momento dei fatti e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. All'esito dell’istruttoria il Tribunale di Gela, disattendendo le risultanze delle perizie tecniche, riteneva che la posizione in cui era stato rinvenuto il lavoratore era la conseguenza di un tragico incidente collegato all'uso della pressa per cui un'altra persona, rimasta ignota, non accorgendosi della sua posizione l’aveva messa in moto salvo poi, resosi conto di quanto stava accadendo, azionare il tasto di emergenza bloccando così la macchina. Il giudice siciliano aveva appurato che la pressa doveva e poteva operare solo con entrambi gli sportelli, superiore e inferiore, chiusi in quanto i contatti elettrici di comando entravano in azione solo a seguito della chiusura. Il dispositivo di sicurezza era però stato visibilmente manomesso tramite un fil di ferro per funzionare con uno o entrambi gli sportelli aperti. Era stato accertato per testi infatti che la pressa veniva generalmente utilizzata con gli sportelli aperti per velocizzare le operazioni di lavoro. Il Tribunale osservava che il fatto che la pressa era stata con certezza manomessa nei suoi dispositivi di sicurezza, e l'esistenza di una prassi abituale per cui la lavorazione avveniva in tal modo, erano circostanze di importanza fondamentale nell'accertamento della responsabilità e del nesso di causalità. L'assenza della manomissione e il corretto funzionamento del dispositivo di sicurezza avrebbero impedito
che la pressa potesse essere attivata con lo sportello superiore aperto, con ciò determinando una condizione fondamentale perché si realizzasse l'evento, operante come concausa anche in presenza dell'intervento di una terza persona, non essendo qualificabile quest'ultimo quale causa eccezionale e atipica da sola sufficiente a causare l'evento. La responsabilità degli imputati, rilevavano i giudici di legittimità confermando le osservazioni dei giudici del merito, derivava dal fatto provato che la pressa operava abitualmente in condizioni di palese pericolosità ovvero con gli sportelli aperti, la macchina non rispondeva alle previsioni di sicurezza ed era abitualmente adoperata in tal modo, questa era circostanza nota o facilmente riscontrabile e pertanto riferibile agli imputati per violazione evidente del dovere di vigilanza. Con riferimento alla materia degli infortuni sul lavoro si è fatto riferimento, specie per quanto riguarda il cosiddetto comportamento abnorme del lavoratore infortunato, alla nozione di area di rischio nel senso che il datore di lavoro è esonerato da responsabilità per esclusione dell'imputazione oggettiva dell'evento solo quando il comportamento del lavoratore e le conseguenze che ne discendono presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute. La possibilità che un terzo, per errore o disattenzione, prema il pulsante di avvio è del tutto prevedibile, trattandosi di un banale errore umano, qualora il datore di lavoro abbia omesso di predisporre le opportune misure antinfortunistiche e tale omissione abbia consentito il verificarsi di un infortuno sul lavoro, l'attività imprudente della parte lesa o di terzi non può considerarsi una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l'evento.
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Benefici al quadrato per chi investe Due interessanti provvedimenti hanno recentemente rinverdito altrettante misure di agevolazione che, nell’immediato futuro, garantiscono un ritorno di grande appeal per le imprese
Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com
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ia libera alla fruizione delle agevolazioni fiscali per chi investe in start up innovative anche per il 2016. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (la n. 84 dell’11/4/2016) diventa, infatti, pienamente operativa la proroga contenuta nel decreto MEF del 25 febbraio scorso. Come noto, gli incentivi contemplati dall’art. 29 del DL n. 179/2012 a favore delle start-up innovative si articolano su due livelli: (a) vantaggi tributari per chi investe nel capitale delle start-up; (b) incentivi diretti alle start-up. Segnatamente ai primi, va ricordato che per le persone fisiche e giuridiche che investono in start-up innovative, sia direttamente che attraverso fondi specializzati, sono previste detrazioni di imposta. In particolare, nel caso delle persone fisiche, la detrazione di imposta è pari al 19% della somma investita (elevabile al 25% in presenza di start-up a vocazione sociale o che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico).
L’investimento massimo agevolabile è di 500.000 euro per ciascun periodo di imposta, con un vincolo di destinazione di almeno due anni (a pena di decadenza). Per i soggetti passivi Ires, la deduzione del reddito imponibile è pari al 20% delle somme investite (elevabile al 27% in presenza di start-up a vocazione sociale o che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico), per un importo massimo non superiore a 1,8 milioni di euro, a condizione che non dispongano dell’investimento prima di due anni. Qualora la detrazione sia di ammontare superiore all’imposta lorda, l’eccedenza può essere portata in detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche o giuridiche dovuta nei periodi di imposta successivi, ma non oltre il terzo, fino a concorrenza del suo ammontare. Le agevolazioni spettano fino a un ammontare complessivo dei conferimenti non superiore a 15 mil. per ciascuna start up innovativa. Le agevolazioni non spet-
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«Dall'undici aprile sono disponibili modello e istruzioni ministeriali per l'accesso al credito di imposta, utilizzabili dai soli titolari di reddito di impresa con strutture produttive localizzate in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo» tano per gli investimenti effettuati mediante organismi di investimento collettivo del risparmio e società, direttamente o indirettamente, a partecipazione pubblica e in quelle start up che possono qualificarsi come imprese in difficoltà ai sensi degli “Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà”. Parimenti esclusi gli investimenti nelle start up operative nel settore della costruzione navale e dei settori del carbone e dell’acciaio. Stringenti le condizioni di accesso ai benefici da parte degli investitori. Questi dovranno ottenere una certificazione della start-up innovativa che attesti di non avere superato il limite dei 15 milioni, una copia del piano di investimento della start-up innovativa, che ne riassuma anche attività, prodotti e andamento previsto e, infine, per gli investimenti effettuati in start-up a vocazione sociale o che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico.Il bonus investimenti Semaforo verde per il nuovo bonus investimenti destinato alle imprese del Mezzogiorno dalla Legge di Stabilità per il 2016. Dall’11 aprile, infatti, sono disponibili modello e istruzioni ministeriali per l’accesso al credito d’imposta. Come ribadito dal comunicato stampa delle
Entrate, il modello sarà utilizzabile dai soli titolari di reddito d’impresa con strutture produttive localizzate in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo. Attraverso il canale di richiesta automatico strutturato dal Fisco, saranno distribuiti ben seicentodiciassette milioni per ognuno degli anni dal 2016 al 2019. Possono presentare l’istanza, come detto, le sole imprese ubicate nelle menzionate aree in ritardo di sviluppo che vogliono sostenere investimenti per l’acquisto, anche in leasing, di macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o da stabilirsi in una delle regioni del Mezzogiorno. Gli investimenti agevolabili sono quelli realizzati dallo scorso primo gennaio fino al trentuno dicembre 2019. Ogni impresa può presentare una o più istanze, anche nel medesimo anno e ciascuna di esse può avere ad oggetto uno o più progetti d’investimento iniziale, ai sensi dell’articolo 2 del Regolamento UE n. 651/2014 della Commissione. Qualora la domanda si riferisce a più progetti d’investimento, per ciascuno di questi va compilato un distinto modulo del quadro A. La richiesta dovrà specificare la tipologia di investimento da implementare, distinguendolo, ad esempio, come “nuovo stabilimento”, “ampliamento”, “cambiamento” o “diversificazione” del processo produttivo. Da segna-
lare anche la natura “innovativa” o “ambientalista” dell’investimento. Non potranno presentare domanda le imprese del settore siderurgico, carbonifero, della costruzione navale, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, nonché nei settori creditizio, finanziario e assicurativo, che sono espressamente escluse dall’ambito soggettivo dei beneficiari. Accesso negato anche alle imprese “in difficoltà” secondo la classificazione comunitaria. Il credito d’imposta è spendibile in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del DLgs n. 241/97, portandolo in riduzione di imposte e contributi a debito. Sarà necessario, in ogni caso, utilizzare i servizi telematici delle Entrate, non essendo contemplata la compensazione col sistema CBI bancario. La prenotazione delle risorse avverrà secondo il rodato criterio dell’istanza telematica, da presentarsi, in proprio o con l’ausilio di un intermediario abilitato, tramite i servizi online Fisconline o Entratel, dal prossimo 30 giugno 2016. A tal scopo, l’Agenzia delle Entrate ha predisposto l’apposito software “Creditoinvestimentisud”, da prelevarsi sul sito www.agenziaentrate.it. Già da subito, comunque, gli aspiranti beneficiari potranno prendere confidenza col modello predisposto.
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La gestione dei crediti in sofferenza sotto la lente di commercialisti, imprenditori e credit manager Si è tenuto il 16 marzo scorso il primo di un ciclo di incontri organizzato dalla società Alfa Recupero Crediti e patrocinato da Confindustria Salerno e dall’Ordine dei Commercialisti, per valorizzare e mettere a fattor comune le competenze in favore della competitività delle imprese
Antonio Campitiello Human Resources & Communication Manager di Alfa Recupero Crediti
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revenire il rischio d’insolvenza, definire le modalità di recupero più efficaci, valutare opportunità derivanti dalla cessione del credito: questi gli obiettivi verso i quali si sono orientati imprenditori, commercialisti e credit manager, al tavolo del workshop progettato da Alfa Recupero Crediti tenutosi il 16 marzo scorso. Nella location di Villa Albani, a Nocera Superiore, il direttore responsabile di Costozero Alessandro Sacrestano, moderatore del seminario, ha stimolato l’attenzione dei partecipanti sulle problematiche connesse alla gestione dei crediti in sofferenza, con particolare focus sul recupero stragiudiziale e la cessione del credito. «Oggi in Italia un credito tra privati viene incassato in media a 98 giorni – l’apertura di Sacrestano-, dinamica che finisce per aumentare lo stress finanziario delle aziende meno solide e per condizionare negativamente anche l’economia delle
imprese sane. A partire dal 2015 la stessa problematica dei crediti in sofferenza ha fatto registrare, per la prima volta dal 2008, un trend in diminuzione. Per riavviarsi verso i livelli pre-crisi sarà necessario però che le imprese italiane agiscano al proprio interno, attraverso la definizione di credit policy più efficaci». Padroni di casa dell’iniziativa, l’Ordine dei Commercialisti e degli esperti contabili della Circoscrizione del Tribunale di Nocera Inferiore, rappresentati dal presidente Rosario D’Angelo. «L’intensificarsi dei controlli da parte dell’Agenzia delle entrate sulle perdite su crediti riportate nei bilanci delle società la sintesi del presidente D’Angelo, con conseguente inasprimento delle sanzioni comminate per carente applicazione di quanto stabilito dal legislatore in materia di deducibilità fiscale delle perdite, ci stimola a un’attenzione ancora
maggiore verso l’implementazione di corrette credit policy nelle imprese da noi affiancate». In linea con il pensiero del presidente D’Angelo, il Sottosegretario alla Difesa e dottore commercialista Gioacchino Alfano, intervenuto al seminario. «Iniziative come questa sono preziose - ha evidenziato il vice ministro - in quanto contribuiscono ad una positiva condivisione del know-how tra imprese e studi professionali. Da professionista so bene quanto, nella gestione dei crediti commerciali, il commercialista possa rappresentare un punto di riferimento importante, soprattutto presso le PMI, spesso prive della figura del Credit Manager». Il seminario si è arricchito inoltre di due interventi formativi, il primo dei quali tenuto da Generoso Moccia, Chief Financial Officer di Alfa Recupero Crediti. «La gestione del ciclo dei crediti in sofferenza non è un compito esclusivo della
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Alcuni momenti del corso
direzione finanziaria, ma di tutta l’azienda. Punto di partenza è l’area commerciale, chiamata ad acquisire la cultura della valutazione dei rischi connessi alle vendite. È necessario un approccio commerciale orientato a espandere il portfolio in maniera sicura e ragionata, puntando ai volumi ma soprattutto alla qualità e virtuosità dei clienti acquisiti». Moccia ha poi descritto i benefici del recupero stragiudiziale. «Un approccio dialogante con i clienti morosi –il pensiero di Moccia- evita il permanere dello stato d’insolvenza, accelera i tempi d’incasso e riduce i contenziosi legali. È fondamentale però la scelta di professionisti eccellenti, in grado di operare senza minare l’immagine della società creditrice». Infine il CFO di Alfa Recupero Crediti ne ha sottolineato alcuni benefici fiscali. «L’Agenzia delle entrate riconosce la relazione negativa rilasciata dalle agenzie di recupero crediti come elemento di prova utile per la deducibilità delle perdite su crediti, in caso di impossibilità di recupero per oggettiva insolvibilità del debitore». Il secondo intervento formativo, curato da Giorgio Contin, Amministratore di Teseo s.r.l., è stato invece utile a illustrare i benefici
derivanti dalla cessione del credito. «Uno strumento attraverso il quale è possibile in tempi brevi la deducibilità a titolo di perdita - ha evidenziato l’imprenditore veneto - è la cessione pro soluto dei crediti deteriorati, ovvero di crediti comprovatamente inesigibili. Per assumere valenza fiscale, la cessione deve essere effettuata a titolo oneroso, anche per un prezzo a volte simbolico, coerentemente con la tipologia del credito, con la data di maturazione dello stesso e, se scaduto, tenendo conto delle difficoltà di recupero». «Attraverso il factoring –ha relazionato Contin- il creditore cede la titolarità dei propri crediti a favore del soggetto economico munito di apposite autorizzazioni (il factor), a fronte di un corrispettivo pattuito tra le parti. Il Factor provvede alla gestione amministrativa dei crediti ceduti, si assume il rischio di mancato incasso, fa fronte ad un’anticipazione finanziaria del credito, con relativo miglioramento del cash flow per l’impresa». A completamento del workshop, la tavola rotonda che ha visto partecipazione di Tullio Martello, credit manager del mondo finanziario, del coordinatore macroregionale UNIREC Alessandro
Capobianco e di Ernesto Cirillo, consigliere ODCEC di Nocera Inferiore. L’esperto credit manager Tullio Martello ha illustrato le modalità di misurazione delle performance espresse dalle agenzia di recupero crediti. «La responsabilità sulla gestione di milioni di posizioni di credito - ha illustrato Tullio Martello - determina un’attenzione quasi maniacale sui soggetti impegnati nelle azioni di recupero. In rapporto all’affidato si assegnano obiettivi di recuperato, sfidanti in termini quantitativi e di gestione del tempo. Solo società di recupero crediti attente ai processi formativi, strutturate sul piano organizzativo e tecnologico, possono garantire le performance da noi attese». Al saluto finale, l’amministratore di Alfa Recupero Crediti Luca Falcone ha sottolineato l’impegno della sua azienda verso iniziative culturali. «Siamo convinti che la competitività delle nostre imprese passi dalla valorizzazione e dalla condivisione delle competenze. Questo seminario, patrocinato da Confindustria Salerno e dall’Ordine dei Commercialisti, è il primo appuntamento di un ciclo di iniziative formative che la nostra azienda intende realizzare».
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L’Agenzia delle Entrate sdogana le operazioni di merger leveraged buy out Sancita la piena deducibilità degli interessi passivi derivanti da operazioni di acquisizione con indebitamento
Marco Fiorentino Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group marcofiorentino@fiorentinoassociati.it
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elle acquisizioni di partecipazioni da parte di investitori specializzati (tipicamente fondi di private equity) italiani o esteri è frequente imbattersi in operazioni di LBO (leveraged buy out). Questa fattispecie prevede che l’acquisto di una società (denominata Target) avvenga, utilizzando un apposito veicolo societario (SPV o BidCo o NewCo), il quale viene dotato dei mezzi finanziari necessari per l’acquisizione, in parte attraverso apporti di capitale ed in parte (rilevante) mediante apposite linee di credito bancario a medio/lungo termine, che vengono poi rimborsate utilizzando i flussi di cassa, rivenienti dalla Target sotto forma di dividendi. Una variante molto diffusa di tale operazione, definita come merger leveraged buy out (MLBO), prevede - una volta operata l’acquisizione - la fusione tra la SPV e la Target, così da rendere possibile l’allocazione del debito direttamente dove vengono generati i flussi di cassa operativi.
Quella di MLBO è quindi un'operazione di finanza strutturata e consente l’investimento in partecipazioni, sfruttando le capacità di indebitamento della società Target che, allo stesso tempo, assicura anche i flussi di cassa necessari al rimborso del debito. Sotto il profilo giuridico, l’operazione di MLBO si realizza con una fusione con indebitamento, solo di recente disciplinata dal codice civile all’art.2501bis. Tale innovazione normativa si è resa necessaria per porre fine a tutte le incertezze in merito alla liceità di una operazione, che, secondo Giurisprudenza e Dottrina prevalente, poteva rappresentare una violazione delle norme imperative sul divieto di “assistenza finanziaria”. Le disposizioni di cui all’art.2501bis prevedono, in sintesi, che la fusione con indebitamento è giuridicamente lecita, solo se sia attestato da esperto indipendente che la Target è in grado di generare i flussi di cassa necessari a rimborsare il debito contratto per la sua acquisizione.
44 Tali fattispecie - pur in presenza di una specifica norma civilistica che ne ammette la liceità - hanno tuttavia attirato (come al solito) l’attenzione da parte dell’Agenzia delle Entrate (AGE), la quale ha intravisto in esse presunti elementi di abusività/elusività fiscale. Secondo l’AGE, con le operazioni di MLBO si poteva realizzare una indebita deduzione di interessi passivi da parte della Target (o della SPV ) post fusione, per difetto di inerenza degli stessi al reddito d’impresa. In altre parole, per il Fisco, spostare (con una fusione) il debito bancario e quindi gli interessi passivi dove sono i flussi di reddito significava, di fatto (fermo restando il rispetto delle note regole del ROL), ridurre impropriamente il reddito imponibile, con costi asseritamente sostenuti non nell’interesse della società ma dei suoi soci. Si badi che la contestazione di illiceità fiscale non si basava su presunti artifizi o raggiri, ma sul fatto stesso di aver posto in essere una operazione di MLBO, a nulla rilevando quindi le sue effettive ragioni economiche, creando di fatto l’equazione MLBO = elusione fiscale. Questo approccio integralista e apodittico ha determinato ovviamente il proliferare di innumerevoli accertamenti fiscali a carico di società, che, anche dinanzi ad operazioni di aggregazione industriale molto rilevanti, si sono trovate a gestire recuperi a tassazione milionari e lunghi e costosi contenziosi, che - altrettanto ovviamente - hanno visto l’Amministrazione Finanziaria in pratica sempre perdente. Proprio per il consolidarsi di tanta giurisprudenza avversa, l’AGE con la circolare 6/E del 30 marzo 2016 ha ritenuto inevitabile modificare
il suo atteggiamento, sancendo la piena deducibilità degli interessi passivi derivanti da operazioni di acquisizione con indebitamento, sia laddove posta in essere da un insieme di soggetti esclusivamente residenti in Italia, sia nell’ipotesi di presenza di soci e/o finanziatori non residenti. E tale deduzione viene confermata anche quando si proceda alla fusione tra veicolo e Target o qualora la deduzione avvenga nell’ambito della procedura di consolidato fiscale nazionale. La circolare precisa in modo inequivocabile, che le operazioni di MLBO vedono nella fusione il logico epilogo dell’acquisizione mediante indebitamento, necessario anche a garantire il rientro, per i creditori, dell’esposizione debitoria, fino a concludere che tutte le contestazioni formulate sulla base dell’abuso del diritto dovranno essere riconsiderate dagli Uffici ed eventualmente abbandonate, salvo alcuni specifici profili di artificiosità dell’operazione. A tal proposito, infatti, la circolare non dimentica di evidenziare alcuni aspetti patologici di tali operazioni che, evidentemente, possono determinare la perdita di eventuali benefici fiscali ottenuti. Uno tra questi è (da sempre in verità) rappresentato dalla partecipazione dei vecchi soci della Target alla operazione di MLBO o dal mancato trasferimento della maggioranza della Target a terzi. In buona sostanza per l’AGE, la costruzione di una MLBO ha senso fiscale, solo se possiede motivazioni industriali o finanziarie significative, ma se queste motivazioni sono assenti o non appaiono convincenti (e una di queste è proprio una operazione di MLBO senza cambio di
controllo), è evidente che potranno essere contestati eventuali vantaggi fiscali conseguiti. La circolare esamina, infine, anche altre tematiche ritenute significative nelle operazioni in specie. Una è rappresentata dalla deducibilità delle fees addebitate dai soci investitori, dagli advisors dell’operazione e così via, alla SPV e/o alla Target. In estrema sintesi, se le fees sono state addebitate a fronte di un servizio erogato nell’interesse esclusivo del fondo e dei relativi investitori, il relativo costo dovrà essere disconosciuto per difetto di inerenza, ai sensi dell’art. 109 comma 5 del TUIR. Diversamente, se la fee addebitata alla Target o alla SPV si riferisce ad una prestazione effettuata nell’interesse di queste ultime, essa è certamente inerente, ma, laddove proveniente da entità non residenti riferibili agli investitori, deve essere valutata, ai sensi dell’art. 110 co. 7 del TUIR, la congruità del corrispettivo addebitato. L’altra è rappresentata dai finanziamenti soci (shareholder loans) erogati dagli investitori per cofinanziare l’acquisizione: l’AGE sottolinea che le remunerazioni di tali prestiti devono essere in linea con il mercato dei capitali, pena la loro riqualificazione quali apporti di capitale, con ogni conseguenza del caso, in termini di deduzione degli interessi per la Target e di tassazione per i percettori. Tutto questo lascia intuire, da ora in avanti, verso quali direzioni saranno rivolte, nelle operazioni di finanza strutturata, le attività di accertamento dell’AGE. Tenuto conto che fees e shareholder loans sono quasi sempre di importo rilevante, occorrerà stare sempre “in campana”!
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Agevolazioni: le misure attualmente fruibili dalle imprese On line la Guida del Ministero dello Sviluppo Economico che le raggruppa in quattro macro-aree di intervento: competitività, innovazione, efficienza energetica e internazionalizzazione
Marcella Villano Servizi alle Imprese, Confindustria Salerno m.villano@confindustria.sa.it
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elle ultime settimane, il legislatore è intervenuto con diversi provvedimenti attuativi di misure agevolative di estremo interesse per le imprese, perché dirette a favorire la crescita e il rafforzamento della competitività. Di fatto, oggi, nell’ambito della pianificazione delle strategie di investimento, l’imprenditore può contare su un mix di strumenti, alcuni anche cumulabili, in grado di incidere positivamente sull’ottimizzazione dei risultati aziendali. Con l’obiettivo di fornire una panoramica esaustiva delle opzioni disponibili, il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato una guida che raggruppa le misure attualmente fruibili dalle imprese in quattro macro-aree di intervento: • Sostegno alla competitività. Beni strumentali “Nuova Sabatini”, Fondo di Garanzia PMI e relativi sezioni Microcredito - imprese femminili - editoria, Contratti di Sviluppo, Autoimprenditorialità, Assunzione personale altamente qualificato, Fondo Italia Venture.
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Sostegno all’innovazione. Credito d’imposta ricerca e sviluppo, credito d’imposta investimenti nel Mezzogiorno, Super ammortamento beni strumentali, Patent box, Sostegno alle start up innovative, Fondo nazionale innovazione, Disegni+3, Marchi+2. • Efficienza energetica. Certificati bianchi, conto termico. • Internazionalizzazione. Inserimento sui mercati esteri extra UE, Crediti all’esportazione, Studi di fattibilità e assistenza tecnica, Fondo di venture capital, Partecipazione al capitale, Patrimonializzazione delle PMI, Prima partecipazione a fiere e mostre. In questa sede ne analizzeremo alcuni, rinviando alla lettura della Guida e dei documenti normativi di riferimento per tutti i necessari approfondimenti. CREDITO DI IMPOSTA INVESTIMENTI Da tempo richiesto da Confindustria per favorire un forte rilancio degli investimenti nel Mezzogiorno, il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi è stato
46 finalmente introdotto dall’ultima Legge di Stabilità e reso operativo con un recente provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, che fissa al 30 giugno 2016 il termine per l’invio della comunicazione relativa all’investimento per il quale si chiede l’agevolazione. Il bonus è riconosciuto per le acquisizione effettuate dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019 ed è differenziato in relazione alle dimensioni aziendali: 20% per le piccole imprese, 15% per le medie, 10% per le grandi. Possono usufruirne, gli investimenti relativi all’acquisto, anche tramite leasing, di macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive nuove o già esistenti ubicate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia e nelle zone assistite del Molise, Abruzzo e Sardegna. L’agevolazione è commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti al netto degli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta e relativi alle stesse categorie di beni, con esclusione di quelli oggetto dell’incentivo. Anche il progetto di investimento agevolabile è soggetto a un limite massimo, distinto per dimensioni aziendali: 1,5 milioni di euro per le piccole imprese, 5 milioni per le medie,15 milioni per le grandi. Il credito d’imposta non si applica alle imprese in difficoltà finanziaria e a quelle operanti nei settori dell’industria siderurgica, carbonifera, della costruzione navale, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione e della distribuzione di energia, delle infrastrutture energetiche, del credito, della finanza e delle assicurazioni. Inoltre, non è cumulabile con gli aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto gli stessi costi, mentre è cumulabile con la misura del “Superammortamento” per beni stru-
mentali nuovi acquisiti dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016. In base a quest’ultima, introdotta dalla stessa legge del bonus, i titolari di redditi di impresa e gli esercenti arti e professione, indipendentemente dalla forma giuridica assunta, dalla dimensione aziendale, dal settore economico di attività, nonché dal regime contabile adottato, possono dedurre un costo figurativo aggiuntivo del 40% rispetto al prezzo di base, in relazione ai beni acquistati nel periodo sopra indicato. In termini pratici, a fronte di un costo di acquisizione effettivo di un bene pari a 100, la deduzione dell’ammortamento fiscale sarà effettuata su un valore figurativo pari a 140 e avverrà in via extracontabile, mediante una variazione in diminuzione in dichiarazione dei redditi. CREDITO D’IMPOSTA R&S La legge di Stabilità 2015 aveva invece introdotto, in sostituzione di quello mai divenuto operativo del c.d. Piano Destinazione Italia, un credito d’imposta, utilizzabile in compensazione, per la parte incrementale degli investimenti in ricerca e sviluppo effettuati dall’impresa tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2019, rispetto al costo medio sostenuto nel periodo 2012/2014. Sono ammissibili all’agevolazione le seguenti attività di R&S: Ricerca di base: lavori sperimentali o teorici svolti, con la principale finalità di acquisire nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette; Ricerca industriale o applicata: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permetterne un miglioramento, oppure creare componenti di sistemi complessi,
necessaria per la ricerca industriale, a esclusione dei prototipi; Sviluppo sperimentale: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale al fine di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati; […] realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota, destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida; Produzione e collaudo: di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. La misura dell’agevolazione è pari al 25% della spesa incrementale relativa alle attività di ricerca ammissibili, mentre aumenta al 50% per i costi di personale e per la c. d. “ricerca contrattuale”. Per accedere al beneficio, è necessario che il volume minimo di investimenti per ciascun periodo d’imposta sia pari a 30.000 euro, mentre il tetto massimo annuale non può superare i 5 milioni di euro. Importanti precisazioni sull’operatività della misura sono state fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 5/E del 16 marzo scorso. In particolare, con riferimento alla cumulabilità con altri strumenti agevolativi, il provvedimento chiarisce che il credito d’imposta R&S e il regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall'utilizzo di beni immateriali (software, brevetti, marchi) – patent box sono sinergici, in quanto diretti ad agevolare l'attività di ricerca e sviluppo nelle fasi di svolgimento della stessa.
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Ricorsi contro le cartelle esattoriali vicino casa Una sentenza importante della Corte Costituzionale rende meno difficoltosa la difesa del cittadino-contribuente nei confronti dell’agente di riscossione
Maurizio Villani Studio Villani | Avvocato tributarista avvocato@studiotributariovillani.it
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a Corte Costituzionale, con l’importante sentenza n. 44 del 03 marzo 2016, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 546/92 nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446 del 15 dicembre 1997 è competente la Commissione Tributaria Provinciale, nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale impositore. In sostanza, i ricorsi contro le cartelle esattoriali emesse dal concessionario della riscossione, se quest’ultimo ha sede in una provincia diversa da quella dell’ente impositore, devono essere proposti alla Commissione Tributaria Provinciale che ha la competenza territoriale su quest’ultimo, per evitare che il cittadino-contribuente debba sobbarcarsi costi aggiuntivi tali da rendere estremamente difficoltoso, nonché costoso, l’esercizio del proprio diritto di difesa o addirittura da indurlo a rinunciare ad impugnare la cartella esattoriale o l’avviso di pagamento. La giurisprudenza costitu-
zionale riconosce, infatti, un'ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali (tra le ultime, sentenze n. 23 del 2015, n. 243 e n. 157 del 2014), anche in materia di competenza (ex plurimis, sentenze n. 159 del 2014 e n. 50 del 2010). Resta naturalmente fermo il limite della manifesta irragionevolezza della disciplina, che si ravvisa, con riferimento specifico al parametro evocato, ogniqualvolta emerga un'ingiustificabile compressione del diritto di agire (sentenza n. 335 del 2004). In generale, la Corte Costituzionale ha chiarito, con riferimento all'art. 24 Cost., che «tale precetto costituzionale non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti (…) purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale (sentenza n. 63 del 1977; analogamente, cfr. sentenza n. 427 del 1999 e ordinanza n. 99 del 2000)» (ordinanza n. 386 del 2004). Alla luce di questi principi deve ritenersi
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che il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, abbia individuato un criterio attributivo della competenza che concretizza «quella condizione di sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 della Costituzione suscettibile di integrare la violazione del citato parametro costituzionale" (così, nuovamente, la sentenza n. 237 del 2007)» (ordinanza n. 417 del 2007). Difatti, poiché l'ente locale non incontra alcuna limitazione di carattere geografico-spaziale nell'individuazione del terzo cui affidare il servizio di accertamento e riscossione dei propri tributi, lo «spostamento» richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione, garantito dal parametro evocato, è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di «sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione» (sentenze n. 117 del 2012, n. 30 del 2011, n. 237 del 2007 e n. 266 del 2006) o comunque a «rendere "oltremodo difficoltosa" la tutela giurisdizionale» (sentenza n. 237 del 2007; ordinanze n. 382 e n. 213 del 2005). A questo proposito, lo stesso legislatore, all'art. 52, comma 5, lettera c), del d.lgs. n. 446 del 1997, ha precisato che l'individuazione, da parte dell'ente locale, del concessionario del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate «non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente». Ebbene, il fatto che il contribuente debba farsi carico di uno «spostamento» geografico anche significativo per esercitare il proprio diritto di difesa integra un considerevole onere a suo carico. Questo onere diviene tanto più rilevante in relazione ai valori fiscali normalmente in gioco e quindi tali da rendere non conveniente un'azione da esercitarsi in una sede lontana. Quanto alla individuazione del criterio
alternativo di competenza, essa non comporta un'operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte Costituzionale, in quanto non deve essere operata una scelta tra più soluzioni, tutte praticabili perché non costituzionalmente obbligate (sentenza n. 87 del 2013; ordinanze n. 176, n. 156 del 2013 e n. 248 del 2012). Difatti, il rapporto esistente tra l'ente locale e il soggetto cui è affidato il servizio di accertamento e riscossione comporta che, ferma la plurisoggettività del rapporto, il secondo costituisca una longa manus del primo, con la conseguente imputazione dell'atto di accertamento e riscossione a quest'ultimo. Ne consegue che, ritenuto irragionevole ai fini del radicamento della competenza territoriale, per le ragioni evidenziate, il riferimento alla sede del soggetto cui è affidato il servizio, non può che emergere il rapporto sostanziale tra il contribuente e l'ente impositore. Alla sede di quest'ultimo ai fini della determinazione della competenza non vi è quindi alternativa. É stata dichiarata, in accoglimento della sollevata questione, l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, con riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l'ente locale concedente. Deve essere preso in considerazione l'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo vigente a seguito della sostituzione operata dall'art. 9, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 156 del 2015. Infatti, «l'apprezzamento di questa Corte, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non presuppone
la rilevanza delle norme ai fini della decisione propria del processo principale, ma cade invece sul rapporto con cui esse si concatenano nell'ordinamento, con riguardo agli effetti prodotti dalle sentenze dichiarative di illegittimità costituzionali" (sentenza n. 214 del 2010)» (sentenza n. 37 del 2015). In applicazione del citato art. 27, quindi, trattandosi di disposizione sostitutiva contenente disposizioni analoghe in contrasto coi principi affermati nella odierna decisione (sentenze n. 82 del 2013, n. 70 del 1996 e n. 422 del 1995), deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 4, comma 1,del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo vigente a seguito della sostituzione operata dall'articolo 9, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 156 del 2015, nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del d.lgs. n. 446 del 1997 è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l'ente locale impositore. In conclusione, è stata dichiarata, in applicazione dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo vigente a seguito della sostituzione operata dall'art. 9, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 156 del 2015, nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l'ente locale impositore.
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B U SI N ES S
Mattone dopo mattone, non si arresta la ripresa del settore Positivi i dati del mercato immobiliare italiano, su scala nazionale, con una variazione del +4,7% nel numero di compravendite, rispetto al 2014. Bene anche Salerno e provincia con un +6,7% sull’anno precedente. A commentarli Ferdinando Elefante, Relationship Manager Gabetti Property Solutions e Regional Manager Professionecasa di Raffaella Venerando
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ome commenta l’andamento del mercato immobiliare? Il mattone f inalmente è in ripresa? Il mercato immobiliare italiano, su scala nazionale, ha fatto registrare una variazione del +4,7% nel numero di compravendite, rispetto al 2014, per un totale di 963.903 transazioni in termini NTN (Numero di Transazioni di unità immobiliari Normalizzate), questi i dati OMI elaborati dal nostro Ufficio Studi, che periodicamente analizza l’andamento del settore, in ogni suo aspetto. Buona, in particolare, la variazione segnata dal settore residenziale che ha evidenziato un +6,5%. Positivo anche il comparto commerciale (+1,9%). Restano invece in flessione il produttivo (-3,5%) e il terziario (-1,9%). Non si può parlare di ripresa piena ed effettiva, ma direi che ci siamo lasciati alle spalle i momenti più incerti e turbolenti. Ora diventa necessario rafforzare questo trend positivo. Più nel dettaglio, quali i dati relativi al comparto residenziale? Nel 2015, quel +6,5% rispetto all’anno precedente equivale a un totale di 444.636 transazioni, a conferma della crescita che va consolidandosi negli ultimi due anni. Nello specifico,
nel 2015 si sono registrate 95.455 transazioni nel I trimestre e 116.523 nel II trimestre, rispettivamente -3% e +8,2% a confronto con gli omologhi trimestri del 2014. I dati del III trimestre hanno confermato la crescita, registrando un totale di 105.105
Ferdinando Elefante Relationship Manager Gabetti Property Solutions e Regional Manager Professionecasa transazioni, 10,8% rispetto allo stesso trimestre del 2014, mentre nel IV trimestre si sono realizzate 127.553 transazioni, 9,4%. Quale il dato per il Sud? Nel 2015, tutte le macro aree hanno messo a segno una variazione positiva:
+8% al Nord, + 5,3% il Centro e + 4,6% il Sud. Nel complesso i capoluoghi presentano una variazione del +7,1%, mentre i non capoluoghi del +6,2%. Migliori performance, quindi, le hanno fatte registrare i capoluoghi del Nord (+8,4%), seguiti da quelli del Sud (+8,1%). Seguono i non capoluoghi del Nord (+7,8%). Con riferimento, invece, alle otto maggiori città italiane per popolazione, complessivamente, nel 2015, si sono registrate 79.305 transazioni, +6% rispetto al 2014. Le restanti province hanno poi registrato una variazione del +7,3%, maggiore rispetto alla media nazionale. Su base annua, è Milano il capoluogo a crescere di più (+13,4%), seguito da Palermo (+13%) e Firenze (+8,9%). E Salerno e la sua provincia come si posizionano? Le compravendite relative al settore residenziale nella provincia di Salerno fanno registrare un numero di transazioni pari 5.750, ovvero a un +6,7% paragonato al 2014. Dati promettenti che fanno ben sperare e che lasciano intravedere un futuro per il comparto più incoraggiante rispetto agli ultimi anni. Il percorso di risalita è tracciato. Ora bisogna insistere per non perdere la bussola.
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IN TE RN AZ IONA LIZ Z A Z I ON E
Africa 2020: cara Europa, serve un nuovo Accordo Nel suo Contributo alla Consultazione pubblica, Confindustria Assafrica & Mediterraneo ha con forza evidenziato come l’azione dell’Ue verso i Paesi ACP sia stata assai poco incisiva, proponendo che i Paesi di Caraibi e Pacifico vengano stralciati dall’Accordo di Cotonou, per diventare oggetto di una specifica e separata intesa che tenga conto delle loro peculiarità
di Ely Szajkowicz Responsabile Area Informazione e Comunicazione CONFINDUSTRIA ASSAFRICA & MEDITERRANEO
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n silenzio assordante ha accompagnato in Italia la Consultazione pubblica sul futuro del partenariato tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) per il dopo 2020 -quando cioè scadrà l'Accordo di Cotonou- lanciata dalla Commissione Europea il 6 ottobre 2015 e terminata il 31 dicembre scorso. Che "l'innamoramento" tra Italia e Unione europea sia in crisi, è argomento quasi quotidiano sulla stampa nazionale. Ma certo occorre riflettere sul fatto che se da un lato ci si interroga sulle soluzioni al problema dei flussi migratori dall'Africa subsahariana (e ai drammi umani, sociali, nonché ai problemi politici che comportano), poi si tralasci in modo così evidente la possibilità di interfacciarsi proprio con la cabina di regia che l'Unione europea (piaccia o no) rappresenta. E non è che sia andata meglio neanche negli altri paesi comunitari, in termini di risposta numerica.
I dati sulla partecipazione alla Consultazione resi pubblici non sono opinabili, sono numeri e basta: le risposte alla Consultazione sono state 103, di cui 65 autorizzate alla pubblicazione. Dall'Italia sono pervenuti alla Commissione solo due contributi e di questi solo Assafrica & Mediterraneo ne ha autorizzato la pubblicazione. «Un risultato certamente non all’altezza dell’importanza di un tema che coinvolge i futuri rapporti politici ed economici di 106 Stati (28 Ue+78 ACP), quasi il 55% degli Stati Membri dell’ONU», rileva Giovannangelo Montecchi Palazzi, Presidente del Comitato Scientifico di Assafrica, che ne ha predisposto il testo. Appare allora opportuno fare chiarezza su un tema complesso, eppure centrale per la macroregione Europa-Africa. L'Accordo di Cotonou, sottoscritto nel 2000 da Ue e Paesi ACP riguarda (ma ci verrebbe da dire "riguardava") i rapporti tra l'Unione europea e
78 Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico ed è una pietra miliare nell'evoluzione delle relazioni tra queste due aree, indirizzandole verso l'affermazione del principio di reciprocità. Se le tappe previste dalla sua architettura avessero funzionato nei tempi e nei modi previsti, nel 2020 si sarebbe aperta la Zona di libero scambio Europa-Africa, la più grande del mondo. Una fase fondamentale, anche se intermedia, era costituita dagli EPA-Economic Partnership Agreements, una serie di accordi commerciali per lo sviluppo del libero scambio tra l’Ue e i gruppi regionali dei Paesi ACP. Per circa dieci anni i negoziati hanno avuto un andamento "stop & go" finché, a partire dal 2014, si è registrato qualche effettivo avanzamento. Ma nel frattempo la Storia è andata più veloce delle architetture comunitarie: da giugno 2015 in Africa si lavora all’Area Tripartita di Libero Scambio (TFTA), per la creazione della più grande area commerciale integrata
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«Un risultato certamente non all’altezza dell’importanza di un tema che coinvolge i futuri rapporti politici ed economici di 106 Stati (28 Ue+78 ACP), quasi il 55% degli Stati Membri dell’ONU»
del Continente africano che legherà 26 Paesi, dall’Egitto al Sudafrica, integrando le tre aree di libero scambio già esistenti (Comesa, Sadc e EAC). Un mercato di 625 milioni di persone e 900 miliardi di dollari di PIL. Sarebbe già bastata la comparazione tra la lentezza dei negoziati comunitari e la velocità della TFTA per suggerire alla Ue una riflessione sul suo approccio (evidentemente obsoleto) verso un Continente che, seppure a macchia di leopardo, in questi ultimi quindici anni sta registrando tassi di crescita elevati e in cui la classe media avanza, creando nuovi consumi e non necessariamente di basso livello. E invece le 43 domande formulate dalla Commissione Europea, per la verità, sono parse assai generiche e forse questo ha contribuito allo scarso feedback ricevuto. Un risultato che non è in linea neanche con l'attuale evoluzione della Cooperazione allo Sviluppo internazionale (e di quella italiana "per attrazione"), sempre più orientata alla verifica dell'efficacia degli aiuti e al maggior coinvolgimento del settore privato per la creazione di progetti che abbiano impatto di sviluppo sui paesi destinatari e che soprattutto non sembra tener conto di quanto siano cambiati il tessuto industriale e il peso economico di molti
paesi ACP, tuttora considerati in modo indistinto. Nel suo Contributo alla Consultazione pubblica, Confindustria Assafrica & Mediterraneo ha con forza evidenziato come l’azione dell’Ue verso i Paesi ACP sia stata assai poco incisiva, proponendo che i Paesi di Caraibi e Pacifico -portatori di interessi diversi e meno rilevanti per l’Ue rispetto a quelli dell’Africavengano stralciati dall’Accordo di Cotonou, per diventare oggetto di uno specifico e separato Accordo che tenga conto delle loro peculiarità. Non basta: perché Confindustria Assafrica & Mediterraneo ha invitato l’Ue a concentrarsi con maggior forza su Africa, Mediterraneo e Medio Oriente, sottolineando il grande ruolo di agente di sviluppo endogeno che il settore privato può attivare nelle economie nazionali dei Paesi della macroregione. Un tema che appartiene al DNA di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, che sin dai primi passi delle politiche di sviluppo dell’Ue (Trattato di Lomé II del 1980) si è battuta -insieme alle consorelle europee- arrivando nel 2000, attraverso una serie di passaggi successivi e non facili, ad ottenere l’inserimento del ruolo del settore privato nell’Accordo di Cotonou. E per tornare all'inizio di questo ragionamento complesso per temi
e tempi, Confindustria Assafrica & Mediterraneo ha sottolineato come non siano stati inclusi nel corposo questionario di domande proposto dalla Commissione Ue sul post-Cotonou i due grandi temi che viceversa stanno quasi monopolizzando l’attenzione di politici e opinion leader europei, di grande impatto anche sul futuro degli Stati membri: a) gli effetti in termini di flussi finanziari delle rimesse degli immigrati; b) il tema, non solo umanitario ma, come si diceva, anche politico, dei grandi flussi migratori provenienti dall’Africa. Nella precedente Consultazione sui temi della Cooperazione internazionale, uno dei nostri suggerimenti è stato recepito dal documento finale della Commissione. Questo vuol dire che se le idee sono buone, arrivano al destinatario. Ma il dubbio che la Ue sia in ritardo su questi temi e -soprattutto- che l'Italia abbia perso un'altra occasione per ribadire le sue ragioni e le sue opinioni, resta. ------------------------------------https://ec.europa.eu/europeaid/publicconsultation-eu-acp-new-partnership_ en.
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RI CE RCA
Soluzioni innovative per il controllo degli odori Fiore all’occhiello dell’Ateneo salernitano è la divisione di ingegneria sanitaria ambientale SEED del Dipartimento di Ingegneria Civile, risultata primo in Italia per la qualità della ricerca nello studio delle tematiche ambientali per la caratterizzazione, il monitoraggio e la valutazione degli odori, della qualità dell’aria, dei rifiuti, delle acque potabili e reflue, degli interventi di bonifica dei suoli contaminati
di Vincenzo Naddeo Ph.D Associate Professor in Environmental Engineering Sanitary Environmental Engineering Division (SEED) | Università di Salerno vnaddeo@unisa.it
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li odori rappresentano una delle principali sfide ambientali per diverse attività industriali. La produzione di cattivi odori da attività antropiche rappresenta spesso la causa principale di opposizione alla localizzazione di nuovi impianti o l’elemento di conflitto in diatribe che coinvolgono cittadini e gestori di attività artigianali o imprenditoriali. Sebbene non siano sempre dimostrabili rischi di natura tossicologica-sanitaria direttamente correlabili alle molestie olfattive, le emissioni odorigene vengono immediatamente associate dalla collettività a condizioni di scarsa igiene e insalubrità dell’aria. Le molestie olfattive determinano un peggioramento della qualità dell’aria e della vita delle persone esposte, portando alla manifestazione di diversi sintomi quali stress psicologico, insonnia, inappetenza e irascibilità. Questi aspetti generano una serie di impatti negativi sul territorio che si manifestano con
il deprezzamento dei suoli, la ridotta appetibilità delle abitazioni, l’impoverimento delle attività commerciali e turistiche nelle aree esposte a cattivi odori, che possono degenerare nella riduzione di qualsiasi tipo di investimento nella zona interessata. La particolare e complessa natura delle sostanze che causano impatto da odori, la loro variabilità nello spazio e nel tempo dovuta alle condizioni meteo-climatiche e alla soggettività della percezione olfattiva, sono elementi che rendono particolarmente complessa una loro univoca regolamentazione. Il quadro normativo internazionale in materia di odori, infatti, risulta particolarmente disomogeneo proponendo diversi approcci metodologici. In Italia, se a livello nazionale manca un riferimento normativo in materia di odori ambientali, diverse regioni tra cui Lombardia e Puglia hanno legiferato in autonomia proponendo approcci diversi per la valutazione
dell’accettabilità delle emissioni di odore. Tante altre Regioni hanno istituito tavoli tecnici per la definizione di una norma specifica di settore. Le tecniche disponibili per la caratterizzazione degli odori ai fini della valutazione dell’impatto ambientale si classificano in tecniche di natura analitica, sensoriale e senso-strumentale. Le tecniche analitiche consistono essenzialmente nella determinazione qualitativa e quantitativa della composizione di una miscela odorigena mediante tecniche di separazione e identificazione. L’olfattometria dinamica, regolamentata attraverso la norma UNI EN 13725:2004, è la tecnica sensoriale maggiormente diffusa e contempla l’impiego del naso umano come sensore, consentendo la caratterizzazione di una miscela odorigena sulla base della sensazione olfattiva provocata direttamente in un panel di esaminatori esperti. Tra i metodi senso-strumentali, particolare importanza sta
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assumendo l’utilizzo del naso elettronico (eNose), uno strumento in grado di caratterizzare e memorizzare, una volta addestrato, l’impronta olfattiva di una miscela odorosa e offrire il vantaggio sostanziale di poter effettuare misure in continuo. Il naso elettronico è un’apparecchiatura che simula il funzionamento del sistema olfattivo dei mammiferi e trova applicazione in diversi settori quali quello ambientale, agroalimentare, biomedico, aerospaziale, dei processi industriali. La divisione di ingegneria sanitaria ambientale SEED (Sanitary Environmental Engineering Division) del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università degli Studi di Salerno, coordinato dal professor ingegner Vincenzo Belgiorno, è centro di eccellenza nello studio delle tematiche ambientali per la caratterizzazione, il monitoraggio e la valutazione degli odori, della qualità dell’aria, dei rifiuti, delle acque potabili e reflue, degli interventi di bonifica dei suoli contaminati. Il SEED sviluppa le
dell’impatto ambientale nonché nella progettazione delle tecnologie di controllo delle emissioni odorigene. Presso il SEED, negli ultimi anni si è sviluppalo un nuovo prototipo di naso elettronico (seedOA) capace di monitorare gli odori ambientali in tempo reale con elevata precisione mediante l’impiego di sensori selezionati e l’utilizzo di una innovativa camera di flusso (CODE) brevettata dei ricercatori del SEED. Il Laboratorio del SEED è inoltre dotato di moderne attrezzature per il monitoraggio ambientale, di software all’avanguardia per la modellazione Gruppo di lavoro del Seed della dispersione atmosferica, nonché di un laboratorio mobile sue attività di ricerca, didattica, utilizzato per le numerose attività di formazione e consulenza, in un monitoraggio svolte. laboratorio unico nel suo genere nel Il laboratorio mobile è munito di centro-sud Italia per strumentazioni strumentazioni utili al prelievo e infrastrutture. Anche per questo e trasporto indisturbato dei il SEED è risultato primo in Italia campioni, ed all'esecuzione di analisi per la qualità della ricerca (ANVUR, direttamente in situ. VQR 2004-2010) nel settore I risultati e i riconoscimenti scientifico dell’ingegneria sanitaria conseguiti hanno fatto diventare ambientale (ICAR-03). il Laboratorio Olfattometrico del Da circa un ventennio il SEED SEED il punto di riferimento si occupa di odori ambientali nazionale e internazionale a supporto con consolidate esperienze nelle di professionisti, enti di controllo, tecniche di rilievo, caratterizzazione, amministratori locali e gestori di modellazione e valutazione attività artigianali e imprenditoriali.
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S I CU R E Z Z A Settore ricerca, certificazione e verifica osservatorio della sicurezza a cura della Direzione Centrale Programmazione, Organizzazione e Controllo
Radiazioni ionizzanti: i compiti di ricerca, certificazione e verifica La Sezione Tecnico Scientifica di Supporto Tecnico al SSN, in qualità di consulente del Ministero della Salute, esprime pareri tecnici a fini autorizzativi di Francesco Campanella Responsabile della Sezione di Supporto Tecnico al SSN in materia di Radiazioni
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el modello organizzativo dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), venutosi a sviluppare successivamente al 2010 allorquando il medesimo ha assorbito le competenze e le risorse del già Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), all’interno dell’Area Ricerca Certificazione e Verifica è stata creata una nuova struttura dal nome Sezione Tecnico Scientifica di Supporto Tecnico al SSN in materia di Radiazioni (SSTR), attualmente collocata nel Dipartimento Medicina Epidemiologia Igiene del Lavoro e Ambientale. La declaratoria della Sezione assegna alla medesima le seguenti competenze in materia di radiazioni ionizzanti: • pianificare e attuare e attività a supporto tecnico del Servizio sanitario nazionale relativamente a rilascio di pareri tecnici per la concessione dei nulla osta di categoria A finalizzati all'autorizzazione alla detenzione ed impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti;
•
contribuire alla standardizzazione delle metodologie di misura e di valutazione del rischio rispetto alle radiazioni ionizzanti anche per il tramite della emanazione e divulgazione di buone prassi; • partecipare all'elaborazione di proposte normative sulle tematiche di competenza come consulente degli organi dello Stato deputati in materia. Relativamente al primo punto, ovvero all’espressione di pareri tecnici a fini autorizzativi, la Sezione è consulente del Ministero della Salute ai sensi della Legge 833/78 e, per conto del Ministero medesimo, esprime il parere in merito alle valutazioni tecniche effettuate per le richieste di nulla osta di categoria A all’utilizzo di radiazioni ionizzanti previsto ai sensi degli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 230/95 e s.m.i. Il parere dell’Istituto – emesso per il tramite della SSTR - viene fatto proprio dal Ministero della Salute e inviato per quanto di competenza al Ministero dello Sviluppo Economico, cui spetta la titolarità del procedimento di rilascio del decreto
autorizzativo di cui trattasi. Tutta la produzione tecnico scientifica della SSTR per i suoi vari aspetti di competenza, anche diversi dall’ambito delle radiazioni ionizzanti, è reperibile sul sito istituzionale dell’INAIL, all’interno dello spazio dedicato all’Area Ricerca Certificazione Verifica, secondo una alberatura che prevede come parole chiave in cascata le seguenti: • Supporto al SSN Radiazioni Ionizzanti ed Imaging Medico Radioprotezione • Sicurezza in RM. Relativamente ai compiti di normazione, infine, la Sezione è consulente del Ministero della Salute per qualunque procedimento di emanazione di dispositivi di legge concernenti l’utilizzo dell’energia nucleare, ed in particolare è al momento coinvolta nella Commissione Interministeriale di recepimento della direttiva EURATOM 2013/59 insediata presso Ministero dello Sviluppo Economico. La Sezione gestisce la procedura operativa che porta all’espressione di parere secondo un proprio codice disciplinare interno che prevede:
55 1. verifica e studio documentale dell’istanza (entro 30 gg), 2. eventuale sopralluogo tecnico sul campo (entro 60 gg), 3. espressione di parere (entro 90 gg). Vale la pena evidenziare che i dati relativi alle richieste di nulla osta di categoria A oggi in essere sul territorio nazionale sono, per quanto riportato nella banca dati della SSTR, sintetizzabili alla data del 31 dicembre 2015 come nelle figure A e B. Relativamente alla standardizzazione e alla codifica di buone prassi, la Sezione è coinvolta in diversi filoni di attività: 1. in co-coordinamento con l’ISS, Gruppo di Studio per l’Assicurazione di qualità nelle scienze radiologiche ai fini di un focus sulle problematiche di sicurezza e di qualità nell’utilizzo delle radiazioni ionizzanti a scopo medico, riferite sia ai pazienti e sia agli operatori; 2. su iniziativa autonoma, indicazioni operative per la gestione degli aspetti di sicurezza nella radioprotezione degli operatori. In tal senso si riporta a titolo di esempio alcuni lavori svolti in questi anni, ove presenti evidenziandone le collaborazioni intraprese: Indicazioni operative per la gestione di ciclotroni, radiofarmacie, medicine nucleari e diagnostiche PET. Indicazioni operative per la qualità della misura in radioprotezione (AIFM, ANPEQ, AIRP, ENEA). Linee guida in tema di impiego delle apparecchiature di diagnostica operanti con radiazioni ionizzanti installate su mezzo mobile (Min. Salute, SIRM, AIFM, ANPEQ). Protocolli di vigilanza per le Aziende Sanitarie Locali nei servizi di radiodiagnostica, medicina nucleare ed in riferimento sulla CBCT. Indicazioni per l’applicazione di una
Ambito d'interesse dei nulla osta di categoria A all'utilizzo di radiazioni ionizzanti rilasciati in Italia Figura A: ripartizione dei nulla osta di categoria A ai sensi del D.Lgs. 230/95 e s.m.i.
Figura B: collocazione geografica delle strutture titolari di nulla osta di categoria A
strategia di sicurezza finalizzata alla prevenzione di eventi anomali a fini di minaccia nelle strutture sanitarie che utilizzano radiazioni ionizzanti (SIRM, AIMN, AIFM, ANPEQ,
AIRP, Comando Carabinieri Tutela della Salute). Manuale del sistema di garanzia della qualità ai sensi del D.Lgs. 187/2000 per la radiologia odontoiatrica (ANDI).
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S A LU TE
Alimentazione sostenibile e sprechi: la cucina autarchica/1 Prima tappa di un viaggio nella dieta e nel tempo, alla ricerca di una consapevolezza e di un impegno educativo in parte perduto
Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Adi (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica)
S
empre più spesso sentiamo parlare di alimentazione e dieta sostenibile. Nel 2010, la FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) ha sviluppato la seguente definizione di consenso di diete sostenibili: diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale e di vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili sono protettive e rispettose della biodiversità e degli ecosistemi, culturalmente accettabili, accessibili economicamente, giuste e convenienti, sono nutrizionalmente adeguate, sicure e sane, e in grado di ottimizzare le risorse naturali e umane. Sebbene in apparenza ridondante, questa definizione racchiude un concetto essenziale: non ci può essere rispetto per la salute degli esseri umani se non c’è rispetto per la salute dell’ecosistema. Lo sviluppo di un sistema alimentare globale, in grado di garantire a tutta la popolazione un apporto nutrizionale equilibrato, richiede ai professionisti della salute, in particolare, ma anche a tutti noi, una consapevolezza e un impegno educativo sempre più complesso. Un aspetto importante, che richiede un profondo cambiamento nelle abitudini consolidate, riguarda il problema dello spreco di alimenti
e dell’accumulo di rifiuti connessi al packaging delle derrate alimentari. Va al riguardo detto che la crisi economica se non altro ha portato un vantaggio definito in un netto calo negli sprechi alimentari. Nel 2011 la FAO ha stimato che gli sprechi alimentari nel mondo ammontavano a 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, il che rappresenta un terzo della produzione totale di cibo destinato al consumo umano. Questa cifra enorme comprende tanto le perdite che si creano nelle fasi di produzione quanto quelle che si realizzano durante la trasformazione, il trasporto la vendita e il consumo. Secondo i dati Eurostat (2006), in Europa la quantità di cibo annualmente sprecato ammonta a 89 milioni di tonnellate, pari a 180 kg pro capite, ma questo dato non considera le perdite in fase di produzione e raccolta agricola. La FAO ci ricorda che la quantità di cibo che finisce tra i rifiuti nei Paesi industrializzati (222 milioni di tonnellate) è pari alla produzione alimentare disponibile nell’Africa sub sahariana (230 milioni di tonnellate). Purtroppo la sostenibilità sembra essere un concetto di cui tutti parlano senza però avere la minima idea di come metterlo in pratica. Franco La Cecla in un bellissimo e recente saggio (Babel food, 2016) ha sottolineato
come «stiamo passando da una cultura di competenza alimentare, quale quella del nostro Paese, a un dilettantismo affascinato dal luccichio di un cibo petulante e pronto solo a essere una commodity, un prodotto come un altro, un bene da acquistare e consumare. Un simbolo di questa Babele è stata la grande fiera paesana battezzata con l’altisonante nome di Expo. A Milano, lungo un decumano, decine di padiglioni inventati da annoiate archistar hanno offerto il mondo del cibo come qualcosa in cui anithing goes, tutto fa brodo…facevano sfoggio di sé prodotti da sempre simbolo della peggiore agricoltura industriale e della devastazione del pianeta». La scarsa consapevolezza dell’entità degli sprechi che ognuno produce, del loro impatto ambientale e del loro valore economico, certamente non aiuta ad affrontare il problema della sostenibilità alimentare. Eppure non sempre è stato così. Le padrone di casa delle generazioni passate sapevano come ottimizzare l'utilizzo delle risorse che avevano a disposizione e come risparmiare, senza, imporre ulteriori sacrifici alla famiglia. Evitare sprechi nell'alimentazione era un esercizio quotidiano e la cucina era tanto più autarchica quanto più povera era la famiglia.
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Salute, più spazio all’innovazione tecnologica Dalla App che cura l’acufene al farmaco personalizzato stampato in 3D, in pochi anni si è avuta una decisa accelerazione nel progresso scientifico con tante novità nei modelli di cura e assistenza Lino Mari Senior Technical Architect at Healthware International www.healthwareinternational.com www.linomari.com
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prossimi anni saranno i più ricchi di novità e soluzioni tecnologiche in grado di migliorare drasticamente la qualità e le aspettative della nostra vita. Le ragioni di questo ottimismo sono dovute ai traguardi raggiunti dalla ricerca negli ultimi anni, ma soprattutto perché nell’area salute è in corso una trasformazione radicale grazie alla tecnologia e alla spinta innovativa dovuta agli enormi investimenti da parte di colossi come Google, Microsoft e IBM e, in tempi recenti, da parte di piccoli imprenditori, makers e start-up. Intelligenza Artificiale Questa tecnologia che permette alle macchine di imparare è molto promettente in tantissimi campi. Esistono già, ad esempio, automobili in grado di guidare da sole e di imparare a farlo sempre meglio. Presto questa tecnologia supporterà i medici che avranno a disposizione assistenti virtuali capaci di analizzare una specifica cartella clinica e suggerire la terapia migliore o i farmaci migliori in base anche ad analisi genetiche. Per esempio, l’assistente virtuale può imparare senza sosta, analizzando database di cartelle e casi clinici, effettuare delle previsioni su singoli pazienti o su intere comunità puntando sulla prevenzione ed evitare
che una malattia si manifesti. Una App ci può curare? Da tempo esistono applicazioni che aiutano medici e pazienti nel trattamento di una patologia. Esistono applicazioni che aiutano a mantenersi in forma e condividere i propri dati con una comunità di utenti con gli stessi interessi. La vera novità di quest’anno è un’applicazione validata dal Sistema Sanitario nazionale (quello tedesco) come farmaco vero e proprio. Parliamo di Tinnitracks, un’applicazione per il trattamento dell’acufene, un disturbo uditivo che colpisce circa il 15% della popolazione. Tinnitracks è stata sviluppata da Sonormed, una start-up di Amburgo. Utilizzando l'applicazione è possibile impostare la propria musica e utilizzarla per curare l’acufene. L’app modifica le tracce audio e invia dei segnali personalizzati direttamente al cervello utilizzando la capacità di adattamento permanente. A presentarla, durante l’evento Frontiers of Interaction, è stato Jörg Land, co-founder di Sonormed che ha raccontato come questa applicazione sia oggi disponibile a tutti i tedeschi e rimborsabile dal Sistema Sanitario nazionale come lo sono i farmaci tradizionali. Siamo di fronte ad una trasformazione radicale di tutto il
settore e che siamo solo all’inizio. Farmaci personalizzati attraverso la stampa 3D La stampa 3D è diventata il simbolo della tecnologia fai da te. Oggi questa permette di ridisegnare il concetto di farmaco e di produzione dei farmaci. È di pochi mesi fa la notizia che la FDA ha approvato una pillola che può essere prescritta e “stampata” utilizzando un processo di stampa 3D. Questa pillola potrebbe presto essere utilizzata da oltre 3 milioni di pazienti solo negli Stati Uniti. Si tratta di una notizia importante per varie ragioni. Innanzitutto perché viene approvato un processo di produzione di un farmaco utilizzando questo tipo di tecnologia. In secondo luogo perché consente di prescrivere farmaci con dosaggi personalizzati. Altro motivo è la delocalizzazione della produzione in qualsiasi parte del mondo evitando così i tempi di trasporto e i rischi di deterioramento dei principi attivi. L’inizio di questo grande processo di trasformazione che sta avvenendo nell’area salute è davvero promettente. Possiamo dire che presto ci saranno tecnologie ancora più potenti a costi sempre più accessibili in grado di farci vivere non solo più a lungo, ma con una qualità della vita sempre più elevata.
S A LU TE
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Scabbia: un'infezione molto contagiosa ma facile da curare Da cosa dipende questa infezione, come si trasmette, con quali sintomi si manifesta e quali sono i rimedi per debellarla
Antonino Di Pietro Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it / www.istitutodermoclinico.com
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a diversi mesi si parla molto del ritorno della scabbia, una ricomparsa che sta suscitando parecchia preoccupazione tra la gente, erroneamente convinta della sua pericolosità. In realtà, è importante avere bene chiaro che, seppur si tratti di una malattia molto contagiosa, dalla scabbia si guarisce con grande facilità. Ma da cosa dipende questa infezione? Come si trasmette? Con quali sintomi si manifesta e quali sono i rimedi per curarla? Le cause. La scabbia è provocata da un piccolissimo acaro, il Sarcoptes scabiei, che si nutre delle cellule più superficiali della cute. A scatenare l'infezione è la femmina che, penetrando sotto la pelle, scava microscopici cunicoli, in cui depone due-tre uova. Quando queste si schiudono, rilasciano nuovi acari che migrano in altre aree del corpo. Il contagio. La trasmissione della scabbia si verifica a seguito di un contatto intimo, come un rapporto sessuale, o prolungato con una persona infetta. Può anche avvenire indossando indumenti o dormendo in letti, materassi o coperte in cui si è annidato l'acaro. I sintomi. È possibile sospettare di avere l'infezione se, nelle ore notturne, si viene assaliti da prurito intenso. Con il caldo del letto, infatti, gli acari iniziano a muoversi nei cunicoli, scatenando il fastidioso pizzicore. Se il prurito è molto forte, il malato può grattarsi, rompendo la pelle e causando graffi e ferite. Generalmente, le zone più colpite dal parassita sono
quelle in cui la cute è più tenera: l'interno di gomiti e ginocchia, gli spazi tra le dita, i genitali e l'areola mammaria. I rimedi. In presenza di prurito intenso e notturno è fondamentale rivolgersi a un dermatologo e non limitarsi a usare farmaci capaci di ridurre il disturbo. Il rischio è infatti di peggiorare la situazione. Lo specialista, attraverso il microscopio, può verificare la presenza dell'acaro, stabilendo la conseguente terapia. La cura della scabbia è per fortuna rapida e si basa su una pomata con permetrina o ivermectina, spesso efficace in un’unica applicazione. La crema va applicata la sera su tutto il corpo, dopo aver fatto il bagno o la doccia e aver passato sulla cute una spugna di crine, in modo da facilitare la penetrazione del medicinale. È inoltre importante lavare ad alta temperatura tutti gli indumenti con cui si è venuti a contatto.
B O N TO N
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Regole no, regolarsi sì! Qualche anticipazione del Galateo rivisto e corretto con il vademecum “Non lo faccio più”, che sarà presentato in anteprima al prossimo Salone del Libro di Torino
Nicola Santini Esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella
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ra le varie promesse che ho fatto a me stesso, c’era quella di riscrivere il Galateo, prima di compiere quarant’anni. E adesso che il conto alla rovescia è iniziato, ho deciso di condividere con i lettori di Costozero una piccola anticipazione del mio libro che presenterò in anteprima al prossimo Salone del Libro di Torino. Un’esclusiva meritata dalla pazienza di Raffaella Venerando che mi corre sempre dietro per avere gli articoli un minuto prima della stampa di questo giornale. Si chiama “Non lo faccio più” ed è un semplicissimo ABC che insegna, senza troppi fronzoli, a chiamare le cose con il loro nome, per vivere in sella al buon senso, scritto da pentito del bon ton. In realtà, il segreto di Pulcinella è fondamentalmente uno: per trasgredire le regole, bisogna, anzitutto, conoscerle. Ecco la mia anteprima: #BUON APPETITO É vero che non sarà la cosa più elegante da dire nelle occasioni formali, ma ho avuto a che fare con gente che di fronte all’esclamazione più bannata dal Galateo, dopo il “piacere”, storceva il naso con una tale stitichezza da rendersi così sgradevole facendo rimpiangere chi, in modo un po’ rustico, ricorda i tempi in cui il proprietario terriero, una volta l’anno, mettendo a tavola i propri lavoratori, augurava loro di mangiare di buon appetito. A queste tavole, sono succedute quelle in cui non si parlava di politica, calcio, salute, gravidanza, mentre oggi, purtroppo, si parla e si sparla di tutto. Se l’esclamazione è caduta in disuso è perché oggi a tavola in talune occasioni ci si siede, per lo più, per convivialità, per affari, per relazioni sociali e non certo per fame. Ma proprio perché si decide di attribuire a un pasto la capacità di rendere rilassato e gradevole un rapporto, ecco che alzare gli occhi al cielo quando qualcuno augura il buon appetito per consuetudine, è altrettanto inadeguato. Specie
se chi punta il dito, con la stessa consuetudine, ha il vizio di fotografare il piatto e aggiungere l’hashtag foodporn o magridomani. Se, come dovrebbe essere, stare in silenzio o non postare alcunché e limitarvi a un sorriso per attendere che il padrone di casa o la persona più anziana inizi a mangiare vi risulta impossibile, fate pure, ma ognuno pensi a sé, senza inutili snobismi. C’est-à-dire, di cavolate a tavola ne sento talmente tante, che buon appetito mi sembra il male minore. #CONSIGLI Altro che 8X1000: se per ogni consiglio non richiesto la gente devolvesse un centesimo di euro, le associazioni umanitarie sarebbero quotate in borsa. Poi, però, quando chiedi un consiglio realmente, ti rifilano un giudizio, che col consiglio non c’entra un tubo. E comunque non esiste niente di peggio e di più maleducato di un consiglio non richiesto. Quando poi chiedete se potete dare un consiglio e non aspettate nemmeno la risposta, che molto probabilmente sarebbe no, cosa bisogna fare? Odiarvi? Ovvio. Due cosine sulle quali riflettere quando sentite l’impeto di dire la vostra a tutti i costi: aver montato una lampada dell'Ikea non fa di voi Renzo Piano, canticchiare sotto la doccia non vi rende autorevoli come Simon Cowe. Quindi meglio diventare dei buoni ascoltatori e mostrare un sorriso rassicurante. Piuttosto annuite, fate domande e guidate la conversazione senza esprimere un solo pensiero di cui potrete pentirvi. Ma il peggio lo date quando chiedete e ottenete un consiglio, ad esempio su un ristorante, un film, un libro. Lo prendete per buono e non tornate più sull’argomento, gettandomi nel dubbio più atroce, ossia se sono io che chiedo dei consigli del cavolo o se avete disabilitato l’opzione grazie quando però lasciate feedback su ebay, tripadvisor e airbnb.
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ARTE
Elogio della polimatericità Sante Monachesi Caricature, gessi, fusioni, allumini, gomme, terracotte e terrecrude, legni, cartoni, lastre e strutture di polimetilmetacrilato fluorescente, spaghi, gommapiume Pirelli, evelpiume e residui quotidiani sono per lui strumenti, i materiali utili ad accendere una metamorfosi chimica cosmica e biologica, a dominare l'etere, a disegnare le orme escatologiche dell'universo di Antonello Tolve Art Critic / Independent Curator Professor at the Academy of Fine Arts in Macerata
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omo dalla penna facile, sperimentatore sottile, rivoluzionario che rottama e rinnova continuamente i linguaggi dell'arte, Sante Monachesi è tra le voci più eleganti di un progetto che trova corrispondenza nella polimatericità, nella misura semanticospaziale dell'atmosfera plastica, in una felice polifonia estetica densa di rimandi al presente, di termini mobili e, allo stesso tempo, essenziali. Tra i fondatori del gruppo futurista maceratese (1932), la cui Accademia lo celebra oggi con una retrospettiva negli spazi della GABA.MC, Monachesi presenta sin dalle sue primissime cariche espressive, la chiara visione di un ricercatore che attraversa la ricchezza delle proposte e delle esperienze avanguardistiche per collaudare in prima linea le mille e una ipotesi dei gusti depositati nell'ampio spazio del movimento. Ad una verve stilistica che «si distingue per forti qualità plastiche e per un senso di astrazione calda e commossa» (Marinetti) o a una «maturità visionaria, poetica e febbrile» rilevata da Emilio Villa già nei suoi primi lavori, l'artista addiziona la volontà di cogliere e accogliere gli impulsi di un mondo in trasformazione, l'irruzione del nuovo, l'abbondanza di ispirazioni e aspirazioni libere da marmellate ideologiche o ideografiche. Ne sono esempi brillanti le strutture spiraliche e diagonali del 1929-1934, le consistenze cromatiche che assorbono il pulviscolo della realtà, i paesaggi paramondrianei, i muri ciechi
Muri ciechi di Parigi 1956
parigini che si illuminano di flussi fauve e cubisti («tra le pitture più belle degli anni cinquanta: in mezzo a tanta musica sporca, quei timbri netti, quei colpi larghi e secchi restano inconfondibili» suggerisce Sinisgalli in un martedì colorato) o i
61 meravigliosi esprimenti che, dagli anni Sessanta del Novecento – del 1964 è il I° manifesto agrà – lo portano a interrogare i caratteri del gesto compositivo. Dopo un primo periodo legato ai flussi futuristi, a una estroflessione della superficie metallica (con i Lamierini a luce mobile), a una dissacrazione programmata (si pensi ai vari ritratti escremenziali e alle Incazzature fine anni Trenta) e a una stesura cromatica che troneggia sulla tela per assottigliare col tempo le icone, Monachesi procede con passo rapido fino a investire «profondamente ogni composizione con la sua spinta verso l'alto e con la sua volontà decisa di spezzare i vincoli della materia per avanzare suggestioni immediate e pregnanti, per convincere al miracolo sempre ripetuto della nascita» (Maurizi) e dell'antigravità: dell'agrà, più precisamente, intesa come liberazione dalla falsa cultura dei monopoli. «Lirico e romantico, egli non vuol concedere nulla alla realtà obbiettiva», puntualizza Giorgio Bassani: sul versante della pittura «ogni quadro è un autoritratto, un'occasione per farci sentire la sua voce robusta, baritonale, per mostrarci la schiettezza del suo gesto». Di un gesto che è esso stesso profondo e indispensabile prefisso costitutivo dell'opera, corpo estraneo di un racconto che scavalca la stabilità e la monumentalità per far assistere lo spettatore (e in particolare con le gommapiume) a una teoria della formatività, al frutto di scelte libere e inventive, all'esigenza di un gusto che si
mobili, mutabili, autofinanziati da una freschezza riflessiva sulla natura di un'azione che mostra le trasformazioni della forma. Le lucide incursioni nel campo del disegno industriale, le architetture arzigogolate e impazzite di luce, assieme a tutte quelle indagini, ricerche o verifiche che entrano nel campo fertile del suo fascicolo evolutivo, mostrano l'ulteriore declinazione un progetto babelico, di una insaziabile sintesi e integrazione tra le arti, di un clima visivo che sfoggia le impennate irrequiete (gioiose e giocose) dell'artista, le ricerche esclusive del teorico, l'abilità funambolesca e versatile del conoscitore e dell'anticipatore, l'inarrestabile Sante Monachesi con Ivo Pannaggi sete dell'uomo curioso. Macerata 1933
precisa nello sforzo prorompente di modificare la composizione e presentare - sulla superficie così come negli ambienti - corpi spaziali perfettamente liberi e in movimento. Caricature, gessi, fusioni, allumini, gomme, terracotte e terrecrude, legni, cartoni, lastre e strutture di polimetilmetacrilato fluorescente, spaghi, gommapiume Pirelli, evelpiume e residui quotidiani sono per lui gli strumenti, i materiali utili ad accendere una metamorfosi chimica cosmica e biologica, a dominare l'etere, a disegnare le orme escatologiche dell'universo. Come dei saggi plastici, le sue opere attraversano il tempo della vita e condensano sensazioni, intuizioni spaziali, espressioni polifunzionali che assorbono lo spazio del segno per concepire dispositivi
Monachesi a 20 anni a Macerata
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F I N I S TE RRE
Su Antonio Gramsci, critico teatrale È ancora percorribile e solida l’eredità del pensatore sardo che viveva il teatro come luogo d’azione sociale e lotta politica Alfonso Amendola Docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali Università degli Studi di Salerno
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ra il 1915 e il 1920 Antonio Gramsci, entrato a far parte della redazione del quotidiano “L’Avanti!” come editorialista e polemista politico, scrive una serie di critiche teatrali. La volontà dichiarata di Gramsci è quella di pensare a quelle critiche esattamente come se fossero parte integrante della sua lotta politica e sociale. La critica teatrale come uno strumento attraverso il quale determinare quei cambiamenti che in quegli anni erano rappresentati dalla prospettiva socialista. Il pensiero del teatro come spazio sociale vitale si basa sulla prospettiva che, negli anni in cui Gramsci scrive, il teatro è ancora la forma di spettacolo che più di tutti incontra il gusto del pubblico (la forma mediale che più di tutte determina ed è determinata dal consenso popolare e che è spazio di condivisione non soltanto di narrazioni e saperi ma altresì di un’esperienza collettiva). Il pensatore sardo comincia a occuparsi di teatro in un periodo in cui il teatro italiano si trova in una evidente posizione di retroguardia rispetto a quello teatro europeo, attraversato da venti di cambiamento dovuti alla nascita del fenomeno del teatro di regia e che, grazie a figure fondamentali come quelle di Edward Gordon Craig in Inghilterra, Appia e Antoine in Francia, o il poliedrico Max Reinhardt e i Fratelli Menninger in Germania e Stanislavskij e Mejerchol’d in Russia, si trova in una situazione di estremo mutamento estetico e produttivo. Insomma mentre in Europa il dibattito sul nuovo teatro sembra essere febbrile l’Italia non sembra esserne toccata. Uno degli scopi principali delle cronache
teatrali è quello di costringere il sistema teatrale italiano, inteso non soltanto dal punto di vista estetico ma altresì da quello produttivo, a fare i conti con la realtà europea e gli scenari dell’innovazione che essa determina, insomma di costringere la realtà italiana, e con essa un intero sistema produttivo - che Gramsci chiamerà trust - a fare i conti con le novità teatrali dell’epoca. Le Cronache quindi possono essere prese come una specie di cartina di tornasole sulla quale leggere la nascita del teatro del Novecento. Ma oggi in cosa possono esserci ancora utili? Le cronache teatrali possono essere lette anche come un vademecum metodologico a partire dal quale provare a impostare una lettura del fenomeno teatrale che tenga insieme più piani: il piano estetico da un lato e il piano sociologico-culturale dall’altro. Per Gramsci i due piani non possono essere separati e per comprendere a pieno le dinamiche del teatro del proprio tempo si rende conto che i due percorsi devono essere pensati insieme: estetica teatrale e industria culturale. In questo spazio Gramsci affina strumenti di diversa natura: filosofica, sociologica, critico-letteraria al fine di comprendere la natura essenziale del fenomeno teatrale. Scriverà in un articolo del 1917 intitolato programmaticamente l’industria culturale: «Il teatro ha una grande importanza sociale: noi ci preoccupiamo della degenerazione di cui è minacciato per opera degli industriali, e vorremmo reagire, per quanto ci è possibile, ad essa. C’è un gran pubblico che vuole andare a teatro
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«Uno degli scopi principali delle cronache teatrali è quello di costringere il sistema teatrale italiano, inteso non soltanto dal punto di vista estetico ma altresì da quello produttivo, a fare i conti con la realtà europea e gli scenari dell’innovazione che essa determina, insomma di costringere la realtà italiana, e con essa un intero sistema produttivo - che Gramsci chiamerà trust - a fare i conti con le novità teatrali dell’epoca» e l’industria lo sta lentamente abituando a preferire lo spettacolo inferiore, indecoroso, a quello che rappresenta una necessità buona per lo spirito». Ecco, questa è la grande eredità ancora percorribile e solida della critica gramsciana. Un teatro non soltanto da vivere come straordinaria e magica forma di spettacolo ma altresì il teatro per lui luogo d’azione sociale e lotta politica. Luogo in cui le forme
dell’arte si aprono ad uno spazio di condivisione e di respiro collettivo. Scriverà in un articolo del 1917 intitolato programmaticamente l’industria culturale: «Il teatro ha una grande importanza sociale: noi ci preoccupiamo della degenerazione di cui è minacciato per opera degli industriali, e vorremmo reagire, per quanto ci è possibile, ad essa. C’è un gran pubblico che vuole andare a teatro e l’industria lo sta lentamente
abituando a preferire lo spettacolo inferiore, indecoroso, a quello che rappresenta una necessità buona per lo spirito». Ecco, questa è la grande eredità ancora percorribile e solida della critica gramsciana. Un teatro non soltanto da vivere come straordinaria e magica forma di spettacolo ma altresì il teatro per lui luogo d’azione sociale e lotta politica. Luogo in cui le forme dell’arte si aprono ad uno spazio di condivisione e di respiro collettivo.
LI B R I / H OME CINE MA
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a cura di Raffaella Venerando
a cura di Vito Salerno
Purity di Jonathan Franzen
Il Ponte delle Spie di Steven Spielberg
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entidue anni appena e un presente già carico di responsabilità da gestire per Purity “Pip” Tyler: un debito universitario che non riesce a pagare, un padre di cui non sa nulla, un rapporto con la madre inquinato dall’azzardo morale, incontri personali altrettanto rischiosi. La possibilità di una nuova Purity Di Jonathan Franzen vita le viene incontro Traduzione di Silvia Pareschi quando Annagret, una Einaudi bellissima e misteriosa pp. 656 euro 22,00 attivista tedesca nella casa di Oakland che Pip occupa con altri squatter, le offre uno stage presso la sede sudamericana del Sunlight Project, l'organizzazione clandestina che divulga via rete notizie riservate sui traffici di mezzo mondo. Purity accetta, non tanto per la nobile causa del progetto che tanto nobile non le sembra, quanto attirata dalla possibilità di carpire informazioni sull'identità di suo padre, che la madre si rifiuta da sempre di rivelare, per indurlo a metter mano al portafogli. Il contatto con l’ideatore del progetto Andreas Wolf - un uomo ossessionato dalla purezza e per questo rivale di Julian Assange - coinciderà per Pip con la scoperta di sé, del suo passato, della differenza tra profonda tra realtà e verità. Tutti i protagonisti di Purity vorrebbero rivoluzionare il mondo, senza tenere conto che i primi a doversi purificare dai misteri e dalle ossessioni del passato sono loro stessi, ammettendo che tra purezza e verità c’è un abisso tutto da affrontare. «Visto che da allora sono sempre stato sotto gli occhi del pubblico, credi che se qualcuno avesse della sporcizia su di me non l’avrebbe già sparsa per tutto Internet?» (Andreas Wolf )
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n film raffinato e di bruciante attualità, profondamente consapevole della sua funzione sociale. Diretto da Steven Spielberg, Il Ponte delle Spie è un avvincente thriller ispirato a fatti realmente accaduti. Il film racconta l'incredibile storia di James Donovan (Tom Hanks), un avvocato assicurativo di Brooklyn, che si ritrova catapultato nelle complesse dinamiche della Guerra Fredda. Negli anni ’50, al culmine della tensione fra USA e URSS, l’FBI arresta Rudolf Abel (Mark Rylance), un agente sovietico che vive a New York, accusato di aver inviato messaggi in codice alla Russia. Abel, rinchiuso in una prigione federale in attesa di processo, rifiuta di collaborare e il governo americano nella necessità di trovare un avvocato indipendente che assuma la sua difesa, si rivolge a James Donovan, persona che gode di grande considerazione all’interno della comunità legale per la sua spiccata abilità di negoziatore. Donovan sa che questo caso potrebbe renderlo impopolare ed esporre la propria famiglia al pubblico sdegno e persino al pericolo, tuttavia, da convinto sostenitore della giustizia e della tutela dei fondamentali diritti umani, alla fine accetta di rappresentare Abel, perché riceva un processo equo. Mentre prepara la sua strategia di difesa per evitargli la pena di morte, fra i due uomini nasce un legame basato sulla comprensione recproca. Nel frattempo, un aereo spia americano viene abbattuto mentre sorvola lo spazio aereo sovietico e il pilota, viene arrestato e condannato a 10 anni di prigionia. La CIA, temendo che il pilota possa rivelare informazioni riservate, contatta Donovan per affidargli una missione: negoziare lo scambio fra Abel e il pilota americano.
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NUMERO 02
APRILE/MAGGIO 2016
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Campania