EDIT OR IA L E / MA GGIO GIUGNO 2015
Campania, pronti per la ripartenza Va riattivata con forza la dinamica positiva di produzione e investimenti sul territorio perché “impresa” possa chiamare “impresa”, riportando la nostra regione ad essere meta di attrazione e di scommesse vincenti da parte di imprenditori italiani e non solo
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ra che le elezioni regionali sono alle spalle, anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella chiede che si pensi a «produrre quei risultati indispensabili perché non si perda il treno della ripresa». Non fa di certo eccezione la Campania che, anzi, deve tornare a puntare su investimenti e crescita. Proprio con il neo presidente De Luca, così come con gli altri quattro candidati alla guida della Regione, nei mesi scorsi avevamo condiviso il nostro documento di proposte per la ripartenza e lo sviluppo della Campania. La prossima legislatura regionale sarà, infatti, un banco di prova fondamentale: le scelte che si compiranno dovranno essere indirizzate non solo al recupero delle quote di competitività perdute in questi anni a causa della crisi economica, ma anche a consentire all’intero territorio regionale di avanzare lungo una prospettiva di sviluppo a tutto tondo, coordinando intorno ad essa gli sforzi della politica e, più in generale, della collettività. Al centro di questo esteso disegno di rilancio, come imprenditori riteniamo sia indispensabile mettere la capacità diffusa di fare impresa e di creare un binomio - a nostro avviso inscindibile - tra il lavoro e la persona, l’unico in grado di legare sviluppo economico e crescita sociale. Va riattivata con forza la dinamica positiva di produzione e investimenti sul territorio perché “impresa” possa chiamare “impresa”, riportando la nostra regione ad essere meta di attrazione e di scommesse vincenti da parte di imprenditori italiani e non solo. Al contempo va sostenuta una politica di incentivi alle imprese basata su meccanismi automatici e su regolamenti di agevole applicazione. Questa deve essere la regola e non l’eccezione: preferire misure operative come il credito d’imposta, investimenti in nuovi macchinari e attrezzature e maggiore supporto del credito. Obiettivo di portata storica, poi, sarebbe quello di azzerare entro la legislatura le addizionali di competenza regionale che gravano sulle imprese. Una svolta che darebbe un’autentica scossa alla capacità attrattiva del nostro territorio. Solo a queste condizioni noi che già ci siamo potremo continuare a investire con fiducia e ritrovato slancio e chi verrà potrà credere nella nostra bella regione. Che la vittoria di Vincenzo De Luca, che da programma ritiene il lavoro la prima promessa di impegno, sia un punto di ripartenza per la Campania tutta e non solo un traguardo. Buon lavoro.
Mauro Maccauro Presidente Confindustria Salerno @MauroMaccauro
S O M M A R IO STRATEGIE D'IMPRESA
EDITORIALE 1
Campania, pronti per la ripartenza di M. Maccauro
PRIMO PIANO / EXPO MILANO 2015 4
Diana Bracco: «L'Expo è una grande missione Paese» di R. Venerando intervista a D. Bracco
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Senesi: «Sull’agroalimentare il Sud faccia squadra» di R. Venerando intervista a F. Senesi
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Sud Oltre EXPO, il racconto delle eccellenze alimentari del Mezzogiorno di R. Venerando intervista a P. Campiglia
Innovazione, la grande chance 28 dei fondi europei di M. Frizzarin Pasta Antonio Amato di Salerno è brand 30 ambassador del territorio di V. Salerno EDILIZIA INDUSTRIALE US PAVILLON, un’idea americana 32 made in Italy di F. Cipullo NORME E SOCIETÀ
L'OPINIONE Andrea Segrè sulla dieta italiana: 12 «Noi non mangiamo mediterraneo» di R. Venerando intervista a A. Segrè Alex Giordano, Rural Hub: «Il cibo torni 14 a evocare la comunità di cui è espressione» di R. Venerando intervista a A. Giordano 16 Il valore della Mediterraneità di R. Venerando intervista a G. Fatati
Il “Big Bang” dei sistemi di alternative 34 dispute resolution di M. Marinaro L’affitto d’azienda nella gestione 36 della crisi d’impresa di M. Galardo Procedura fallimentare, i versamenti 38 sui conti correnti sono revocabili di G. Sciancalepore
FOCUS LAVORO 18 La Moda nel Mezzogiorno, una filiera in evoluzione di A. Cozzolino CONFINDUSTRIA 20 Salerno-Colombia, la collaborazione va in video di R. Venerando 23
Pmi e finanza alternativa, le proposte di SACE di R. Venerando
Latuaideadimpresa®, Salerno prima con il Da Procida 24 di M. Pallotta She business Advanced, dall’idea 25 a cinque progetti di impresa di R. Venerando 26
Comunicare il prodotto attraverso il packaging di V. Sada
27 BtoB Meccanica Salerno, dal contatto al contratto di R. Venerando
Infortunio dell'atleta, lavoratore e responsabilità 40 della società sportiva - datore di lavoro di L. De Valeri 42
Diritto alle ferie e disabilità di M. Ambron FISCO
43 EXPO 2015, fisco e il progetto Otello di M. Villani 45 EXPO 2015, la deducibilità dei costi di M. Fiorentino Contratti di sviluppo, 47 bandi aperti dal 10 giugno di A. Sacrestano Spending review, 49 mind review ed “economia rurale” di L. Iovine
NUMER O 3 / MA GGIO GIUGNO 2 0 1 5 RICERCA 50 Progetto Pon “Safemeat”, carni più sicure più a lungo di L. Incarnato 51 Biodiversità vegetale campana, alla salvaguardia ci pensa Agrigenet 52 Ottica, un progetto per allungare la vita alle castagne 54 Ivalof, come si aggiunge valore all’ortofrutta Tom & Cherry, innovazioni lungo la filiera 55 dell’industria del pomodoro A cura della Redazione
SICUREZZA 56 Alimentazione e lavoro di T. P. Baccolo e M. R. Marchetti SALUTE Buon cibo fa buon sangue… 59 e buona circolazione di A. Di Pietro FIN ISTERRE 60 Il rituale dell'Expo nel tempo di A. Amendola BON TON Expo 2015, in vetrina anche 62 le buone maniere italiane di N. Santini
ARTE Narda Zapata 63 e l'estetica chojcho di A. Tolve LIB RI 64
Nel Blu di R. V. HOME CINEMA
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Birdman di V. S.
Magazine di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg . Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Mauro Maccauro Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano Redazione Raffaella Venerando Project Management Vito Salerno Società Editrice/Direzione e Redazione Assindustria Salerno Service Srl Via Madonna Di Fatima, 194 84129 Saler no Tel. 089 335408/Fax 089 5223007 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it Stampa Arti Grafiche Boccia/Salerno Foto Archivio Costozero Vito Salerno Massimo Pica/Ag. Fotografica Grafica e Impaginazione Moreplus/www.moreplus.it Grafica / Illustratrice Emanuela Maria Rago
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Diana Bracco: «L’Expo è una grande missione Paese» Numeri da record per la manifestazione: 149 Partecipanti (145 Paesi e 3 Organizzazioni: Unione Europea, Nazioni Unite e Cern), 53 padiglioni Self Built (un vero record: a Shanghai furono 42), 9 Cluster, 20 milioni di visitatori attesi, 11 milioni di biglietti venduti prima dell’apertura, 5 miliardi l’indotto per il Turismo. Milano, secondo il New York Times, sarà la prima meta da visitare per il 2015 di Raffaella Venerando
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residente Bracco, nonostante detrattori e apocalittici l’Expo a Milano è realtà e lo sarà per sei mesi. Ci riassume i numeri da record della nostra Esposizione Universale? Alla fine l’Italia ha fatto gol con l’ottimismo della volontà. Dopo settimane difficili, in cui scetticismo e autolesionismo la facevano da padrone, il 1° maggio è stata una giornata bellissima: l’Expo e il Padiglione Italia hanno aperto le loro porte a un
Diana Bracco Presidente Expo 2015 S.p.a.
pubblico già numeroso, soprattutto di famiglie e di giovani provenienti da tutto il mondo. É stata una giornata emozionante che mi ha ripagato delle tante preoccupazioni e polemiche spesso strumentali che ci hanno accompagnato nella preparazione dell’evento più complesso che esista. Tutti insieme – imprese, lavoratori e Istituzioni nazionali e locali – abbiamo dimostrato di che pasta siamo fatti noi Italiani. Perché ognuno fa la sua parte e getta il cuore oltre l’ostacolo, e di questo sono loro grata quando c’è in ballo l’immagine dell’Italia. Chi sperava nel flop è stato smentito dai fatti. L’Expo ha già dimostrato di avere uno straordinario impatto economico e occupazionale, e di essere una grande opportunità per rilanciare la crescita, il turismo, l’export e la stessa immagine del nostro Paese. Sono comunque le cifre che parlano chiaro. Ricordo qualche dato emblematico della nostra Esposizione Universale: 149 Partecipanti (145 Paesi e 3 Organizzazioni: Unione Europea, Nazioni Unite e Cern), 53 padiglioni Self Built (un vero record: a Shanghai furono 42), 9 Cluster, 20 milioni di visitatori attesi, 11 milioni di biglietti venduti prima dell’apertura, 5 miliardi l’indotto per il Turismo, Milano prima meta da visitare per il 2015 secondo il New York Times. Qual è e quale sarà l’impatto della manifestazione sull’economia e, più in generale, sul Paese? L’Expo, coi suoi 20 milioni di turisti attesi, di cui 7 milioni da tutto il mondo, potrà aiutare la crescita del contributo del settore turistico al PIL in modo duraturo. Altro obiettivo strategico da raggiungere, in particolare grazie alla vetrina del Padiglione Italia, è
4/ 5 l’incremento delle quote di export delle nostre grandi filiere produttive. Una rete di distretti e di eccellenze che spesso non riusciamo a portare all’estero come meriterebbero. L’Expo 2015 sarà infatti soprattutto una straordinaria opportunità per le nostre imprese. A Palazzo Italia nel 2015 sono attese oltre 500 delegazioni di Capi di Stato, Ministri dell’Economia e operatori economici. Per questo l’Expo sarà una grande occasione di B2B. Tra l’altro, un recente studio commissionato dalla Camera di Commercio di Milano alla Sda Bocconi ha dimostrato che l’Esposizione sarà un volano anticiclico e un’occasione concreta di crescita economica e occupazionale. Secondo la ricerca i posti di lavoro creati tra il 2012 e il 2020 da Expo saranno 191mila, con un valore aggiunto, cioè un margine economico effettivo al lordo delle tasse, in Italia di 10 miliardi di euro. Crede che Expo sarà capace anche di riabilitare la nostra immagine all’estero, di renderla più credibile, affidabile e sensazionalistica, ma in senso positivo? Sono convinta di sì. Ma soprattutto l’Expo potrà restituire fiducia e orgoglio a noi Italiani, a partire dai più giovani. L’Expo è una grande missione Paese, con l’obiettivo di rilanciare la nostra immagine globale. D’altronde l’Esposizione Universale è da sempre un’opportunità straordinaria, sia per le città ospitanti, sia per i Paesi che possono condividere il meglio della propria innovazione tecnologica, della propria produzione nazionale e della propria tradizione culturale. Anche per questo, quando ero a capo di Assolombarda mi impegnai in prima persona a sostegno della candidatura di Milano. Lei è Commissario del Padiglione Italia: come è strutturato e cosa c’è da visitare? Sviluppando il tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” abbiamo anzitutto puntato sulla valorizzazione dell’eccezionale biodiversità dell’Italia e delle sue culture stratificate. Una biodiversità che in Italia ha caratteristiche uniche, si pensi ai vitigni coltivati, ai molti prodotti tipici, alla varietà delle tradizioni alimentari locali (l’Italia ha oggi il più alto numero di prodotti Dop e Igp di tutta Europa). Per questo nel nostro Padiglione, al centro della bellissima Mostra dell’identità Italiana abbiamo scelto di porre, accanto al concept del Vivaio, il concetto delle “potenze”.
Questa narrazione sarà animata attraverso una serie di attrazioni di grande impatto, capaci di veicolare messaggi semplici ed emozionanti. Il Cardo ha i tratti di una grande via italiana, multiterritoriale e multiprodotto con piazzette, uno spazio d’incontro e di scambio, un’area a rotazione che ospita tutte le regioni italiane e tanti eventi dell’ANCI, oltre ad alcuni spazi tematici realizzati dai nostri grandi partner. Dall’area di Coldiretti, che illustrerà il ruolo del paesaggio collettivo e il prodotto agricolo italiano dal campo alla tavola, a quello voluto dal Mipaaf, che racconta la storia della vite e i territori del vino; da quello di Confindustria a quelli di Copagri e Confagricoltura. Senza dimenticare gli spazi dedicati alle tipicità gastronomiche italiane: il caffè, l’olio, l’acqua, la birra, la pasta e la pizza. Insomma, i contenuti sono i grandi protagonisti dell’Expo e di Padiglione Italia in particolare. Confindustria per Expo si è impegnata in un progetto in particolare, la mostra "Fab food. La fabbrica del gusto italiano". Come si articola questa iniziativa e quali obiettivi si pone? L’obiettivo della mostra, che ha l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è far conoscere ai visitatori come sia possibile ottenere, rispettando l’ambiente e le risorse del mondo, prodotti alimentari sicuri, di qualità, a prezzi accessibili e in quantità sufficiente per tutti grazie all’industria e alle sue tecnologie. Il progetto, curato dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, si sviluppa in un padiglione espositivo di 900 mq su due livelli, all’interno di Padiglione Italia, e propone attrazioni creative, ma puntuali per illustrare la complessità e le connessioni della filiera agro-alimentare italiana. Un percorso studiato soprattutto per giovani, scuole e famiglie, insieme al pubblico internazionale, accoglie i visitatori attraverso un’esperienza individuale e collettiva, interattiva, altamente emozionale. Ricordo che insieme a Confindustria hanno reso possibile la realizzazione del progetto, oltre al Ministero della Salute quale partner istituzionale, 10 associazioni di sistema: Federchimica, Federalimentare, Anima, Assolombarda, Acimit, Anie, Assica, Assocomaplast, Federunacoma e UcimuSistemi per produrre.
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L'Albero della Vita ideato da Marco Balich, Padiglione Italia
In Francia la Tour Eiffel, attrazione principale dell'Esposizione Universale del 1889, è ormai da più di un secolo il simbolo di Parigi e della Francia. Crede che anche Milano e l’Italia possano ricevere in eredità una dote di egual valore? L’Albero della Vita, ideato da Marco Balich, è già diventato la vera icona di questa Expo. L’Albero ha anzitutto un senso simbolico, inteso come l’approdo del Grand Tour che abbiamo immaginato quale filo conduttore del percorso espositivo di Padiglione Italia. Un invito al viaggio fatto di tappe straordinarie: le grandi e piccole bellezze dei nostri territori, le tradizioni regionali, il patrimonio enogastronomico, il mondo della ricerca, le associazioni, i nostri grandi prodotti. L’Albero è l’epilogo di questa storia, la metafora che rappresenta e conclude al meglio il nostro concept del Vivaio: le radici dell’Albero affondano nella
potenza e nella varietà delle eccellenze italiane e, con un gesto plastico e altamente simbolico, vengono proiettate verso il cielo quasi per ridistribuirle a favore dell'intero Pianeta. L’Albero della Vita è un simbolo fortemente italiano: ispirato al disegno stellare della pavimentazione studiata da Michelangelo Buonarroti per la piazza del Campidoglio, è un richiamo al Rinascimento che proietta però il nostro Paese nel futuro. Penso sarà un’icona che durerà nel tempo, a cui gli Italiani si affezioneranno. Un’ultima curiosità: che cosa è per lei il buon cibo? Il buon cibo per me è quello di qualità, in cui noi Italiani eccelliamo. E i piatti migliori sono quelli che ciascuno di noi lega ai propri ricordi più cari: io per esempio ho nella memoria i sapori e gli odori della cucina della mia infanzia.
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Senesi: «Sull’agroalimentare il Sud faccia squadra» Il presidente del Gruppo Alimentare di Confindustria Salerno insiste sulla necessità di una visione complessiva che accomuni tutti gli attori in campo: «Senza saremo costretti a ricavarci solo "nicchie" di mercato» di Raffaella Venerando
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xpo 2015 rappresenta una grande opportunità per promuovere le produzioni agroalimentari della Campania e della provincia di Salerno. Su quali asset vincenti, a suo giudizio, occorre puntare? Ritengo che l’Esposizione Universale in corso a Milano si configuri come irripetibile opportunità di realizzare una vera e propria piattaforma di business con tutte le aree del mondo con cui potenzialmente è possibile stabilire relazioni commerciali. Il problema di fondo è la carenza di organizzazione di sistema che emerge giorno dopo giorno. Nonostante gli sforzi messi in campo dalle singole imprese e dalle associazioni di rappresentanza, non siamo ancora riusciti ad ottimizzare la valenza della nostra proposta basata su un asset vincente molto semplice: la qualità che siamo in grado di esprimere e il know how operativo che ci consente di essere indicati come un modello virtuoso al di là delle strumentalizzazioni in chiave commerciale inerenti il grave problema della bonifica di alcune contenute porzioni di territorio regionale. Scontiamo, inoltre, forti ritardi nella rappresentazione in termini di marketing della qualità delle nostre produzioni e, nello stesso tempo, ancora non è possibile avvalerci di partnership con canali distributivi adeguati alla domanda di Made in Italy di Paesi
anche al di fuori della zona Ue. Il modello delle industrie alimentari salernitane punta sul rapporto fra alimentazione, territorio e cultura locale. In che modo questi tre concetti sono collegati? Alimentazione-territorio-cultura delle tipicità locali sono i pilastri del percorso di crescita che l’agroalimentare meridionale e italiano ancora non ha avuto la capacità di compiere fino in fondo. Ma, ripeto, il problema sostanziale deriva dalla mancanza di una visione complessiva che accomuni tutti gli attori in campo: filiere istituzionali e produttive, rappresentanze datoriali, corpi intermedi espressione del mondo del lavoro, componenti del circuito della formazione. Senza un gioco di squadra vero, non andremo avanti e saremo costretti a ricavarci solo "nicchie" di mercato, sebbene importanti. Insomma, l’italian sounding si combatte anche aumentando la capacità di penetrazione nella grande distribuzione internazionale. Non è solo una questione di rafforzamento dell’immagine del Made in Italy, ma soprattutto di reale impatto sulle dinamiche produttive e distributive, capace di sollecitare una maggiore tutela delle produzioni italiane a tutti i livelli. Restando in tema, come si articolerà
Francesco Senesi Presidente Gruppo Alimentare Confindustria Salerno l’iniziativa Expo e i Territori? Credo che la reale valenza di questa iniziativa sia individuabile proprio nella “filosofia” che ho provato a sintetizzare prima. Tutti gli attori del territorio – senza “guerre” perché abbiamo la fortuna specie al Sud di possedere profili di originalità in ogni singola provincia, oltre che in ogni singola regione quando si mettono insieme intorno ad un tavolo e fanno sinergia, esprimono un valore aggiunto che diventa determinante nel momento dell’offerta sui mercati. Si tratta di un approccio scontato al di fuori dell’Italia (vedi i casi virtuosi nell’agroalimentare di Francia e Germania), ma che evidentemente è ancora un’eccezione soprattutto al Sud. In ogni caso la strada, ormai, è tracciata e come sistema confindustriale stiamo profondendo il massimo sforzo: occorre trasformare le filiere produttive (tra le prime al mondo) in filiere operative a tutti gli effetti. E per raggiungere questo obiettivo la partnership pubblico/ privato deve diventare sempre più snella ed efficace.
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Sud Oltre EXPO, il racconto delle eccellenze alimentari del Mezzogiorno Il professor Pietro Campiglia, responsabile scientifico del progetto, pone l’accento sul ruolo oggi decisivo del sapere universitario nella valorizzazione dei prodotti tipici locali di Raffaella Venerando
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rofessore come si è articolata e qual era la ambizione dell’iniziativa Sud Oltre EXPO? Sud Oltre EXPO organizzata dall’Ateneo salernitano, in collaborazione con gli enti e le associazioni del territorio, si è svolta dal 22 al 25 aprile in quattro location differenti. Quattro giorni di racconto e interazione per le eccellenze agroalimentari del Sud, con più di 50 istituzioni coinvolte (tra enti, associazioni e aziende) e oltre 100 relatori partecipanti ai dibattiti e ai workshop in programma. Con un increasing immediato di visite sul sito ufficiale e sui canali social collegati, la manifestazione ha rappresentato non solo un’occasione di confronto sul contributo del Sud Italia ai temi dell’Esposizione Universale, ma soprattutto un percorso di conoscenza e
Pietro Campiglia Responsabile Scientifico Progetto Sud Oltre EXPO
di approfondimento sui prodotti agroalimentari di qualità del Mezzogiorno e sui modelli di best practices diffusi. Sud Oltre EXPO ha inteso dare spazio e voce alle eccellenze del Mezzogiorno, da sempre simbolo di ricerca e innovazione per la qualità dei prodotti alimentari e la diffusione della cultura della Dieta Mediterranea. Il campus di Fisciano, la città di Salerno, i suggestivi paesaggi di Centola-Pollica, Palinuro e CapaccioPaestum sono i luoghi che hanno ospitato gli eventi in programma, a testimonianza della forte collaborazione tra attori e territori. Nell'ottica di implementazione della Terza Missione dell'Università, Sud Oltre EXPO ha aggiunto un altro tassello al network di cooperazione e scambio di esperienze a favore del trasferimento tecnologico dell'Ateneo verso il mondo dell'impresa e verso i territori. Nel corso della prima giornata al Teatro di Ateneo del campus di Fisciano si sono avvicendati i contributi autorevoli di referenti istituzionali esperti e rappresentanti della Dieta Mediterranea, con focus tematici mirati sulle tematiche di ambiente, salute e innovazione. Contestualmente la Piazza del Rettorato si è trasformata in un anfiteatro di paglia e grano per ospitare le esperienze di circa 30 microproduttori locali, con le loro storie di ruralità contemporanea e di innovazione “dal basso”. La seconda giornata si è articolata, in sessioni parallele, tra il Salone Bottiglieri di Palazzo S. Agostino, la Camera di Commercio e la sede di Confindustria Salerno, con la presenza del Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo. Il programma della giornata ha previsto in contemporanea i workshop tematici su "Finanza sociale" e "Futuro post-digitale", organizzati rispettivamente dalla Fondazione Carisal e dal circuito
P R I M O P IA NO / E X PO MI L AN O 2015 Rural Hub, entrambi partner dell'iniziativa. La seconda serata di Sud Oltre EXPO è stata animata dalla performance singolare del dj, economista, appassionato di gastronomia, Don Pasta. Artista di fama internazionale, considerato dal New York Times come “uno dei più inventivi attivisti del cibo”, Don Pasta si confronta con l’eredità di Pellegrino Artusi e la sua performance è un omaggio spassionato ad un uomo che fu uno dei padri della patria con il suo ricettario presente in tantissime case italiane. Sul palco del Teatro Ghirelli di Salerno, l'artista ha passato in rassegna le ricette più tradizionali della cucina italiana domestica e familiare, rispettandone gusti e geografie. I suggestivi paesaggi di Pollica e CentolaPalinuro sono stati, infine, teatro degli eventi e delle rappresentazioni in programma nel calendario della terza giornata di Sud Oltre EXPO. A Pollica, con la firma dell'insediamento del Gruppo europeo di Cooperazione Territoriale DIETAMED con le comunità emblematiche di Spagna, Grecia e Marocco, si è aperto il tour di visite guidate presso le splendide location della città: dal Museo vivo del Mare all’Ecomuseo Dieta Mediterranea “Ancel Keys”. Un percorso di racconto e conoscenza, accompagnato dalla buona cucina delle mamme ai fornelli, per la degustazione di piatti tipici locali. Cartoline dal Cilento anche nel pomeriggio, quando Sud Oltre EXPO ha fatto tappa all'Antiquarium di Palinuro, lo splendido anfiteatro sul mare che ha ospitato focus e workshop tematici in compagnia di esperti del settore: Dipartimento di Ingegneria Civile Università degli Studi di Salerno, Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Salerno, Istituto Ancel Keys, Legambiente Campania e Slow Food. Con la conferenza “Il Territorio, Patrimonio Immateriale dell’Umanità: le Eccellenze e le Best Practices”, in programma a Paestum, si è conclusa anche l'ultima giornata della manifestazione. Italo Voza, Sindaco di Capaccio-Paestum ha definito il progetto «una leva importante per promuovere la qualità ambientale e le produzioni agroalimentari del territorio». Nel corso della conferenza è stata lanciata l'idea di un tavolo di lavoro permanente sulla Dieta Mediterranea per mettere in contatto università, enti locali e consorzi del settore. Quali sono stati i partner dell’iniziativa? La manifestazione è stata la risultante di un lavoro di squadra, promosso dall’Ateneo di Salerno, in collaborazione con le istituzioni, gli enti e le associazioni
del territorio attivamente impegnati sulle tematiche Expo. Il campus di Fisciano, la Provincia di Salerno, la Camera di Commercio, Confindustria Salerno, i comuni di Centola-Palinuro, Pollica e Capaccio-Paestum sono stati i partner organizzativi delle singole giornate della manifestazione, con la sinergia operativa del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Fondazione Carisal, Ordine dei Medici di Salerno, Scuola Medica Salernitana, Biodistretto Cilento. Sud Oltre EXPO ha rappresentato, per la pluralità di soggetti coinvolti, un percorso di conoscenza allargato sui prodotti agroalimentari di qualità del Mezzogiorno e sui modelli di best practices diffusi. La manifestazione ha inteso dare spazio e voce alle eccellenze del Sud, da sempre simbolo di ricerca e innovazione per la qualità dei prodotti alimentari e la diffusione della cultura della Dieta Mediterranea, con l’obiettivo di unire le “eccellenze del Sud” su progettualità specifiche nei settori dell’alimentazione e della nutrizione. Nel corso dell’evento sono state affrontate le prospettive di sviluppo dell’industria agroalimentare e del relativo indotto nel Sud Italia, in una dimensione di studio che mira alla crescita del tessuto socio-economico del territorio, dentro e oltre la prestigiosa vetrina di EXPO 2015. Uno dei punti cardine del modello delle industrie alimentari salernitane è il puntare sul rapporto fra alimentazione, territorio e cultura locale. In che modo la ricerca accademica può rinsaldare questo legame? L’industria alimentare, soprattutto quella di livello locale, si colloca tra le aree produttive che maggiormente beneficiano degli avanzamenti tecnologici realizzati al loro esterno. Da ciò è facile intuire il ruolo decisivo della ricerca universitaria in tale ambito. Sebbene la trasformazione, l’evoluzione dei processi produttivi è intrinsecamente “storica”, e in essa è preminente il ruolo che fattori di tipo socio-culturale esercitano sulle dinamiche dell’innovazione, il progresso tecnologico contemporaneo si è man mano imposto in forme assai più composite, rendendo necessaria l’attenzione di studi e analisi di livello universitario capaci di una sofisticata progettazione tecnologica, supportata dalla disponibilità di una base ormai allargata di conoscenze scientifiche. La ricerca alimentare è costantemente chiamata a perseguire obiettivi di salvaguardia della qualità e della sicurezza alimentare, con forte attenzione alle caratteristiche intrinseche dei cibi, inclusa la “tipicità”
1 0/ 11 della loro provenienza. Sottolineo questo aspetto per evidenziare il ruolo decisivo che il sapere universitario gioca all’interno del territorio nella valorizzazione dei prodotti tipici locali. Esempi concreti di come la ricerca accademica può fare da collante tra alimentazione, territorio e cultura locale sono le due eccellenze campane: il Pomodoro San Marzano, prodotto d’eccellenza dell’Agro Nocerino, il cui genoma è stato sequenziato in laboratorio per la rapida individuazione dei prodotti contraffatti e la Cipolla ramata, per la quale la ricerca ha implementato i “disciplinari di produzione e trasformazione” che aiutano
a mantenere e valorizzare le proprietà organolettiche e nutrizionali del prodotto. La sfida lanciata da Sud Oltre EXPO vuole sia rafforzare la cooperazione tra università, industrie, centri di ricerca ed enti pubblici nei settori dell’agro-alimentare, sia favorire il trasferimento tecnologico delle conoscenze, nella convinzione che solo una ricerca orientata strategicamente sulle scienze della nutrizione e sulle tecnologie alimentari potrà condurre allo sviluppo di nuovi prodotti e, quindi, ad un vantaggio competitivo per le nostre imprese nel mondo.
A cura di R.V.
VER S O U N F UTUR O P OS T - D I GI T A LE Industria e identità locali nella prospettiva dell'Esposizione Universale di Milano 2015
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nche Confindustria Salerno è stata ospite di un evento all’interno dell’ampio programma di Sud Oltre Expo. Il 23 aprile scorso, infatti, l’Associazione degli industriali della provincia di Salerno è stata sede di un workshop rivolto ad aziende e operatori della comunicazione d’impresa incentrato sul post-digitale con approfondimenti sul ruolo oggi fondamentale delle innovazioni tecnologiche per portare avanti i comparti tradizionali e quelli strategici, in primis agrifood e territorio, e per raccontare l’autenticità attraverso innanzitutto il digital Storytelling. Ad aprire il Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, che ha insistito molto sulla sicurezza alimentare,«questione molto articolata, che passa dalla capacità di riconoscimento dei prodotti, alla loro corretta comunicazione e
promozione. Expo sarà una piazza importante e significativa in questo senso e questo metodo di networking, promosso da Sud Oltre Expo, mi sembra il migliore per mettere insieme stakeholder pubblici e privati, le loro piattaforme produttive e comunicative, con i saperi provenienti dalla ricerca universitaria, a favore della sicurezza alimentare». Nell’ambito del dibattito i relatori hanno evidenziato che il Sud ha eccezionali margini di crescita se solo riuscirà ad affermare meglio e di più, nell'immaginario collettivo e attraverso i social network, la sua tradizione e i suoi valori, antichi e nuovi. Convinzione questa di cui Giuseppe De Nicola, presidente del Gruppo Servizi di Confindustria Salerno, da tempo è alfiere. A fare da testimonial al racconto delle identità e delle produzioni, presentati da Alex
Giodano, direttore di Rural Hub, alcune esperienze molto significative come: Viralbeat, un’agenza di social media marketing riuscita a comunicare food e territorio nell’esperienza dei mercati centrali di Firenze; Italia On Line, il più grande provider di comunicazione digitale italiano che ha deciso di puntare tutto sul food di qualità con il portale; la Società Cooperativa Primo Principio con i progetti WiForWine e VirtualZeroGreen dove il massimo della tecnologia è usata per dare nuove opportunità all’agricoltura di qualità; la Tenuta Vannulo, prima a implementare - anni addietro ormai - i robot di mungitura che consentono alle bufale l’autogestione con ritmo di vita più naturale e la Drone Experience, che punta il suo business sull’utilizzo dei drone per una agricoltura di precisione.
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Andrea Segrè sulla dieta italiana: «Noi non mangiamo mediterraneo» Il fondatore di Last Minute Market spinge sull'educazione contro lo spreco fin dai banchi di scuola: «Così si crea una sana coscienza alimentare»
di Raffaella Venerando
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rofessor Segrè, la “nostra” Esposizione Universale è dedicata all’alimentazione dell’uomo e del pianeta. Anche lei ne parla secondo un suo personale approccio nel libro “L’oro nel piatto”. Quale è il legame tra alimentazione umana e risorse naturali? È forse lo spreco di cibo l’indicatore preciso del rapporto viziato che unisce l’alimentazione alle risorse naturali: la Fao ha calcolato che un terzo della produzione agroalimentare mondiale si “perde”
lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola. Ciò equivale a uno spreco di natura, di risorse - suolo, acqua, energia - tutte limitate. Gettando via capitale economico - perché il cibo, lo ricordiamo, è capitale economico - buttiamo via anche parte del capitale naturale. Ovviamente, questo comportamento non è sostenibile nel tempo. La sfida di Expo dovrebbe partire da qui, dal ridurre, contrastare, prevenire lo spreco alimentare. E quanto c’è di questa battaglia in Expo 2015? Purtroppo molto poco, fatta eccezione per l’iniziativa che si è tenuta ai primi di giugno – all’interno del Padiglione della Biodiversità – insieme con il Ministero dell’Ambiente volta a recuperare il cibo non consumato in una sorta di showcooking. È testimonianza, invece, della lotta allo spreco la Carta di Milano, un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad assumersi le proprie responsabilità per garantire alle generazioni future di poter godere del diritto al cibo, redatto da un ristretto tavolo di coordinamento del ministro Martina.
Andrea Segrè Fondatore e Direttore Last Minute Market
Il cibo è diventato specie negli ultimi anni “l’argomento” di molte discussioni, iniziative, addirittura più semplicemente l’argomento più up delle conversazioni. Tutta questa attenzione però non ha in qualche modo eroso il valore reale del cibo? Come gli si restituisce valore? La dimensione e il valore del cibo negli ultimi anni
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È testimonianza della lotta allo spreco la Carta di Milano, un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad assumersi le proprie responsabilità per garantire alle generazioni future di poter godere del diritto al cibo
sono stati completamente snaturati, virtualizzati anche a causa dell’ascesa mediatica di quelli che io definisco “spadellatori” che, nelle loro performance finiscono solo per dare visibilità a loro stessi, e non certo per educare al giusto gusto. Bisogna ritornare al cibo medio. Il cibo alto – quello degli chef stellati, ad esempio va bene come riferimento per nutrire il pianeta, ma occorre ridimensionarne l’importanza privilegiando invece il cibo medio che poi vuol dire mediterraneo. Medio, nel senso non solo di non troppo alto, ma anche di non troppo basso, il cosiddetto cibo spazzatura che dovremmo, noi fruitori consapevoli, far scomparire dagli scaffali. Andrebbe ritarata la dimensione del cibo a livello mondiale perché viviamo oramai in un pianeta allo stesso tempo troppo affamato e troppo sazio. Restando in tema e in tema di valore, quindi, che peso ha e dovrebbe avere la Dieta Mediterranea di cui il Cilento è la culla? Cominciamo con il dire che noi italiani non mangiamo affatto mediterraneo, ma da lì dovremmo ripartire. Mangiare mediterraneo costa cinquanta euro a settimana contro i quarantotto della nostra dieta attuale, fatta di tanti grassi e poche fibre. Basterebbero quindi due euro in più per una dieta mediterranea sana ed equilibrata, due euro che andremmo a recuperare risparmiando nel tempo sui costi ambientali e sanitari. Il carrello Mediterraneo rispetta le indicazioni della Piramide alimentare, ricco com'è di cereali, verdura e frutta, e povero di grassi saturi. Al momento della spesa, dovremmo essere noi a
trascinare il carrello e non viceversa, esercitando il nostro potere e non facendoci scegliere dal cibo basso affinché questo non sia piú prodotto. Ad oggi a che punto è la normativa italiana sul cibo invenduto? La normativa c’è, ma a mancare è il coordinamento fra i vari Ministeri, perché le istituzioni di fatto non dialogano tra di loro. Le attività di Last Minute Market invece? Purtroppo vanno avanti molto bene. Ridurre lo spreco a zero è la nostra frontiera, ma nel frattempo proseguiamo a recuperare il più possibile perché molto viene ancora sprecato. Per questo sono sempre più convinto che bisognerebbe reinserire l’educazione alimentare nei programmi scolastici perché il mondo della scuola – intendendo con questo gli alunni a partire dalle materne, le loro famiglie e gli insegnanti – rappresenta un 30 per cento della società che potrebbe cambiare non solo il futuro ma anche il presente. Su questa nuova sfida però al momento i risultati sono modesti. Nessun ministero si è ancora assunto un impegno. Un’ultima curiosità: che cosa è per lei il buon cibo? Predica e razzola bene? Da qualche anno metto in pratica quello che “dico” sul cibo. Sono diventato molto rigoroso senza che questo significhi “complicare” il cibo perché si può mangiare bene con poco. Se è vero che il cibo dev'essere considerato un diritto, per tutti, è altrettanto vero che mangiare bene è un dovere. Bisognerebbe rifiutarsi di mangiar male. E io lo faccio, scegliendo cibi semplici e mediterranei.
L ' O P I N I ONE
Alex Giordano, Rural Hub: «Il cibo torni a evocare la comunità di cui è espressione» Per il Presidente e Direttore Scientifico del centro di ricerca non convenzionale su agricoltura e nuova ruralità «il prodotto di qualità non può soltanto arricchire chi lo vende e lo compra, ma deve creare valore nel territorio di cui è espressione» di Raffaella Venerando
A
lex, l’alimentazione - e più in generale il cibo - sono al centro della Esposizione Universale di Milano 2015. Il cibo e l’agricoltura sono anche una tua vasta area di interesse di studio, tant’è che da qualche anno è nato RuralHub. Cos’è e quali sono le naturali ambizioni di questo progetto? Rural Hub connette persone e competenze legate all’innovazione sociale in ambito rurale, promuove lo scambio e la condivisione di tecnologie e progetti sostenibili nel settore agroalimentare, un comparto strategico per lo sviluppo economico del Paese. Rural Hub è, soprattutto, un centro di ricerca non convenzionale su agricoltura e nuova ruralità che aspira a consolidarsi sempre più come agente di cambiamento. Credo che ogni soggetto, che sia economico o istituzionale, per generare innovazione deve rispondere ai bisogni del proprio tempo e del proprio territorio, rappresentando un’istanza di cambiamento. Il cibo è diventato, specie negli ultimi anni, “l’argomento” di molte discussioni, iniziative, addirittura più semplicemente l’argomento più up delle conversazioni. Tutta questa attenzione però non ha in qualche modo eroso il valore reale del cibo? Come si restituisce valore a un prodotto, specie se si tratta di un prodotto vivo, legato alla terra? Nella Conventional Value Chain, il prodotto è ridotto a effimero escamotage per mettere in moto altri meccanismi di valorizzazione economica come la logistica o il branding, che crea finte storie sui prodotti, o ancora la finanza, che opera attraverso interessi differenziali. Bisogna restituire valore al prodotto reintegrandolo nelle comunità in cui nasce. Le comunità non vanno
considerate come target da colpire ma come attori da coinvolgere nel processo, attraverso meccanismi di disintermediazione, uno storytelling autentico che racconti il valore evocativo dei prodotti, e una redistribuzione alle comunità del valore materiale e immateriale generato alle comunità. Il prodotto di qualità non può soltanto arricchire chi lo vende e lo compra, ma deve creare valore nel territorio di cui è espressione. E, in particolare al Sud, questo è vitale. Il legame prodotto-territorio quanto è autentico oggi? È assai poco autentico nel marketing, viceversa lo è
Alex Giordano Presidente e Direttore Scientifico Rural Hub
14/ 15 molto nelle narrazioni spontanee “dal basso” nei social. Diciamo che più che interrogarci su come vendere la mozzarella di bufala a New York dovremmo preoccuparci di capire come far venire i newyorkesi qui a mangiare la mozzarella e come far vivere le persone nel suo ecosistema. In un tuo recente libro sostieni che all’impresa più di tutto oggi manchi un nuovo modello organizzativo. Vale lo stesso per le imprese che si muovono nel mondo della ruralità? Ancora una volta parliamo di societing. In questo caso, a proposito delle reti di produttori. In ambito rurale stiamo ancora indietro, eppure comincia a cambiare la mentalità, nascono nuovi strumenti a supporto (come, ad esempio, contratti di rete) e moltissimi giovani con una cultura globale ed elevate job skills stanno generando un modello
sociale ed economico estremamente innovativo. È ciò che definiamo Rural Social Innovation System, un modello che tiene insieme People/ Planet /Profit in modi molto creativi. Le innovazioni tecnologiche trovano nuovi spazi nel mondo rurale? In ambito rurale è pieno di innovazioni molto sofisticate: dalla robotica all’utilizzo dei social media. A Rural Hub proponiamo programmi di formazione di alto profilo ma anche molto accessibili. Un esempio ormai mainstream è Arduino, il celebre progetto di hardware open source, che consente di realizzare con pochi euro e rapidamente prototipi agricoli utilissimi, come un impianto d’irrigazione automatica. La definiamo Smart Rurality, un ritorno alla terra che non ha nulla di retorico o di nostalgico.
La bio Personaggio eclettico, Alex, fin da bambino gioca con tutte le tecnologie per la comunicazione (fax, fotocopiatrice, radio, modem… ), è stato tra i pionieri italiani di internet. Fonda nel 2000 il collettivo NinjaMarketing primo blog/osservatorio sul marketing non-convenzionale ed i social media con il quale diventa un riferimento italiano nella cultura del social networking e, più in generale, dell’innovazione. È Membro dello IADAS (Accademia di Arti e Scienze Digitali di New York), autore con Mirko Pallera e Bernard Covà del best seller tra i manuali di economia e comunicazione “Marketing Non Convenzionale: virale, guerriglia, tribale, societing ed i 10 principi del marketing post-moderno” (Edizioni Il Sole 24 Ore). Formatore e progettista di diversi master, da anni presta docenza nei più prestigiosi atenei italiani (Milano, Urbino, Roma, Siena, Napoli, Salerno) ed in diverse realtò internazionali. Addvisory Board del progetto di ricerca “Responsible Business in the Blogsphere” presso il Center for Corporate Values della Copenhagen Business School; docente di web communication e marketing mediterraneo presso l’istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri e direttore scientifico del Forum Internazionale sul Marketing e Management Mediterraneo, progetto di ricerca italo-francese (Euromed-Bocconi) che lavora su un modello di Marketing sostenibile. Dal 2005 al 2011 è stato Chief Digital Strategist della Digital Media Company Ninjalab curando progetti per aziende del calibro di: Google, RAI, MTV, Cantine Antinori, Saiwa, Diesel, Heineken, Barilla, Tim, Mulino Bianco, Vodafone ed altri. Lavora al gruppo di ricerca sul Societing per la creazione di un modello applicativo di Etnografia Digitale come metodologia di base per i progetti di Social Innovation. Si occupa di ricerca in campo di Etnografia Digitale e Netnografia dirigendo il Centro Studi Etnografia Digitale da lui co-diretto con Adam Ardvisson. Direttore Scientifico delle scuole di perfezionamento sulla Netnografia "Digital Ethnography Week" organizzate dall'Università di Milano, dalla Fondazione Ahref e dal Centro Studi Etnografia Digitale. Ha curato le voci relative alla cultura digitale ed al social media marketing dell’Enciclopedia Treccani. Direttore scientifico del Festival di Internet di Pisa (2013) e membro del board della Maker Fair di Roma (2013). È considerato tra i massimi esperti di Social Innovation.
L ' O PI N I O NE
Il valore della Mediterraneità «Un modo di intendere la vita nel suo complesso», è questo lo stile mediterraneo sano da recuperare secondo il presidente dell’Adi Giuseppe Fatati
di Raffaella Venerando
P
rofessore, l’Expo di Milano si confronta con il problema del nutrimento dell'uomo e della Terra. Cosa vuol dire dedicare questa importante manifestazione al tema del cibo? Vuol dire aver preso coscienza di un enorme paradosso: la coesistenza della fame con l’abbondanza e il consumo esagerato delle risorse disponibili. I modelli alimentari globali sono cambiati drasticamente nel corso dell’ultimo secolo, in particolare negli ultimi cinquanta anni, accompagnati, almeno in Italia, da un allungamento della vita media. Questo dato può sembrare eccezionalmente positivo se non si tiene conto del fatto che sono aumentate anche le patologie croniche non comunicabili (PCNC) come le malattie cardiovascolari, l’ipertensione e il diabete che comportano una limitazione dell’autonomia personale, un evidente disagio psichico e un peggioramento della qualità di vita. Le PCNC vengono considerate una delle sfide epocali per tutti i sistemi sanitari, a causa delle loro inarrestabile crescita. Nello stesso tempo
anche nei paesi industrializzati sono aumentati i poveri e i malnutriti. I dati dell’Istat ci dicono che nel 2013, il 12,6% delle famiglie italiane era in Giuseppe Fatati condizione di povertà relativa (per Presidente Fondazione Adi un totale di 3 milioni 230mila) e il (Associazione Italiana di Dietetica 7,9% in termini assoluti (2 milioni e Nutrizione Clinica) 28mila). Il problema della fame e delle difficoltà di avere cibo disponibile spreco alimentare, favorire l’agricolcolpisce anche il nostro Paese. tura sostenibile e contrastare fame e obesità attraverso la promozione di Quale dieta è più in pericolo, quella stili di vita sani. dell’uomo o quella del pianeta? Nell’introduzione al testo si legge che Le due cose sono interdipendenti. il criterio e la rapidità con i quali le Solo negli ultimi anni si è posta una attenzione globale a tutto quanto vie- risorse naturali sono sfruttate stanno velocemente erodendo la capacità ne consumato nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo, compresi i del pianeta di rigenerare il capitale metodi di produzione e di stoccaggio ambientale da cui dipende il benessee al conseguente impatto sulla salute re di tutti i suoi abitanti. Secondo il umana, l'ambiente e i sistemi alimen- recente rapporto Millennium Ecosytari. Recentemente è stata presentata stem Assessment, nel corso degli ultimi 50 anni gli esseri umani hanno la versione finale del Protocollo di modificato gli ecosistemi nel modo Milano (Expo 2015). In particolare più veloce e massiccio dell’intera il Protocollo, promosso dalla Fondazione Barilla Center for Food and storia dell’uomo, principalmente nel tentativo di rispondere alla domanNutrition (Bcfn), fissa sulla carta da sempre crescente di cibo, acqua impegni concreti per combattere lo
1 6/ 17 potabile, legname, fibre e carburante. In conseguenza di ciò il quadro socioeconomico e ambientale attuale è afflitto da tre enormi paradossi globali: lo spreco di alimenti, la assenza di una agricoltura sostenibile e la coesistenza tra fame e obesità. Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione intorno alla nutraceutica. Vuole innanzitutto ricordarci cosa è? Con questo termine, un neologismo coniato nel 1989 dal dottor Stephen De Felice unendo i termini nutrizione e farmaceutica, si indica la disciplina che studia i comportamenti alimentari o i principi attivi presenti negli alimenti che hanno effetti positivi per il benessere e la salute ivi inclusi la prevenzione o il trattamento delle malattie. Fanno parte dell’area di studio e di applicazione di questa scienza gli stessi principi attivi, gli integratori alimentari ed erboristici, i preparati a base di piante officinali, gli alimenti funzionali, alcuni alimenti naturalmente ricchi di componenti bioattive fino ad arrivare ai designer food cioè gli alimenti ingegnerizzati. Crede che sia necessario un cambiamento culturale per poter adottare un approccio nutraceutico nella scelta dei cibi? Il nutraceutico è un prodotto usualmente pagato dal paziente e prescritto da un medico o consigliato da un farmacista. In entrambi i casi quindi un professionista si espone e il paziente si aspetta un risultato tangibile. Da qui nasce la necessità per il professionista di orientarsi fra i numerosissimi prodotti esistenti sul mercato per fornire un'indicazione sicura a salvaguardia della propria professionalità. Per alcuni nutraceutici esistono dati completi di farmacotossicologia preclinica e clinica, fino ad avere a disposizione addirittura
meta-analisi di trials clinici. Tuttavia nella maggior parte dei casi ciò che è noto non viene trasferito direttamente alla formulazione e distribuzione di prodotti efficaci e quindi alla pratica medica, a causa di una serie di impedimenti, per lo più di tipo commerciale. In senso generale per poter adottare un approccio nutraceutico nella scelta dei cibi c’è necessità di un cambiamento della cultura di base non solo dei professionisti ma anche dei consumatori. Quali sono gli errori tipici dell'italiano che mangia male? Il grasso corporeo e il peso si accumulano quando il contenuto energetico degli alimenti e delle bevande introdotte supera l’energia richiesta dal metabolismo e dall’attività fisica dell’individuo. Infatti, gli obesi e quelli con maggior peso sono più sedentari e associano all’inattività abitudini alimentari scorrette. Quali invece sarebbero i giusti comportamenti? L’obesità è un’epidemia globale e per essere gestita in modo adeguato è necessario concentrarsi soprattutto sugli stili di vita che lo sviluppo industriale ha creato. Fino ad oggi le risposte politiche si sono focalizzate su singoli fattori o hanno fatto appello alla responsabilità dei singoli attraverso campagne educative. Per la riuscita dell’intervento si devono assumere scelte politiche e programmi rivolti alla popolazione, insieme a normative e azioni ambientali, che facciano parte di una strategia coordinata di sanità pubblica a lungo termine. Che valore ha la Dieta Mediterranea oggi e quale potrebbe assumere in futuro? È opinione comune che l'aderenza di
una data popolazione ad un modello dietetico Mediterraneo (MDP) attraverso un giusto consumo in quantità, qualità e proporzione del cibo come indicato dalle piramidi alimentari, può influenzare non solo la salute umana, ma anche l'ambiente. È importante leggere questi dati ricordando che l’Unesco ha iscritto nel 2010 la Dieta Mediterranea nella Intangible Heritage Lists (IHL); dopo circa un anno si è avuta la pubblicazione della nuova piramide alimentare con alla base i comportamenti caratterizzanti l’area mediterranea e non più gli alimenti, in particolare la convivialità e tutto quanto è inerente la cucina e la gastronomia. Mediterraneità è un neologismo che descrive un atto complesso che risponde a tre quesiti principali: cosa mangiare, come mangiare e con chi mangiare. Indica un modo particolare di vivere l’atto alimentare che è caratterizzato da spazio (la cucina), tempo (il tempo dedicato al cibo), economia (corretto utilizzo delle risorse), relazioni (identità e appartenenza), cultura (coltivazioni adatte ai luoghi e alle esigenze del gruppo familiare), politica (la teoria dello stato). La via mediterranea all’alimentazione può essere considerata una storia dimenticata perché fino ad oggi l’attenzione anche del mondo scientifico è stata attratta quasi unicamente dai singoli alimenti iscritti nelle diverse piramidi proposte. Le problematiche della sostenibilità offrono una grande opportunità alla scienza della nutrizione e agli scienziati per svolgere un ruolo più centrale nella analisi politica dei sistemi alimentari futuri e capire che lo stile di vita mediterraneo è molto più che la dieta mediterranea una occasione unica.
F O CU S
La Moda nel Mezzogiorno, una filiera in evoluzione Il fast fashion e l’abbigliamento sartoriale sono le due aree di business di maggior peso nel Sud, che mantiene buoni ritmi di sviluppo grazie soprattutto al successo delle grandi griffe di Autilia Cozzolino Ricercatrice Srm a.cozzolino@sr-m.it
L
a moda è uno dei settori-faro del nostro made in Italy la cui presenza trascina, in una spirale virtuosa, ricadute di immagine positive per l’intera industria manifatturiera del nostro Paese. SRM recentemente ha svolto una ricerca sulla moda intitolata “Un Sud che innova e produce. La filiera abbigliamento-moda”, volume della collana di studi sui settori produttivi di punta del Mezzogiorno. La ricerca mette in luce il valore della filiera Moda per lo sviluppo economico del territorio analizzando il ruolo dell’Italia nel contesto internazionale ed europeo, la rilevanza delle relazioni produttive tra le imprese, il posizionamento del Mezzogiorno nella filiera nazionale ed infine l’importanza dei principali driver di competitività
per affrontare le sfide future quali la logistica, l’innovazione e l’internazionalizzazione. La filiera Moda - in continua trasformazione geografica e organizzativa - si presenta più lunga e complessa che in altri settori industriali e si caratterizza per un’integrazione con il territorio locale, nazionale e, negli ultimi tempi, soprattutto internazionale, diventando quest’ultimo un significativo presupposto strategico. Tuttavia l’utilizzo più intenso delle filiere internazionali da parte dei marchi italiani ha generato ormai una riduzione di alcuni degli anelli della filiera nel nostro Paese comportando in qualche caso una relativa de-specializzazione di aree di tradizionale forte presenza della filiera del Tessile Abbigliamento e Calzatu-
re (Tac), soprattutto nel Mezzogiorno, dove interi distretti di sub fornitura e faconismo risultano fortemente colpiti dalla concorrenza di Paesi emergenti a basso costo del lavoro. Ne deriva un Mezzogiorno con una filiera spesso incompleta all’interno del suo territorio, risultando spesso “terzista” del Centro Nord” e della filiera internazionale. Ciò comporta una larga dipendenza di quest’area dall’esterno – in termini di scambi di beni e servizi – ma anche un maggior effetto distributivo della ricchezza del Mezzogiorno nel sistema Italia ed internazionale. Di fronte ad un tale cambiamento l’Italia, ed il Mezzogiorno al suo interno, mantengono comunque la loro posizione di leadership soprattutto nella componente manifatturiera.
Alcuni dati economici della filiera Tac del Mezzogiorno / Fonte: elaborazione SRM su dati Istat. Export, Imprese attive 2014, VA fatturato e occupati 2012, Valore della produzione Prometeia 2012
1 8/ 19 Nel contesto europeo, infatti, il nostro Paese rappresenta il primo produttore e creatore con il 36,4% del fatturato complessivo, il 35,3% del Valore Aggiunto e il 24,2% degli addetti. L’industria della Moda europea ha quindi un’anima “molto” italiana. Si tratta di un settore vitale anche per la competitività industriale e la tenuta occupazionale del nostro territorio. Benché in forte calo - a seguito della crisi e dei connessi processi di riorganizzazione delle produzioni e del lavoro a livello internazionale e nazionale - l’occupazione nel settore rappresenta ancora il 13% del valore medio manifatturiero italiano e il suo fatturato è vicino agli 80 miliardi di euro. Il settore italiano della moda ha chiuso il 2014 con un fatturato in crescita del 3,7% trainato soprattutto dall’export mentre i consumi interni continuano a calare. É quindi un settore ben radicato nel territorio e con un peso rilevante nel Mezzogiorno dove sono presenti il 22,4% delle imprese nazionali. Esso è importante anche per l’economia meridionale, dal quale si origina oltre il 10% del Valore della produzione. Il fast fashion e l’abbigliamento sartoriale sono le due aree di business di maggior peso nella filiera della Moda del Mezzogiorno, che con le proprie caratteristiche produttive e dimensionali ed un percorso di crescita complesso, fa dunque la sua parte nel contesto nazionale, mantenendo buoni ritmi di sviluppo e tenendo il passo con le modificazioni
che stanno caratterizzando i mercati mondiali - sia sul fronte della domanda che dell’offerta- grazie soprattutto al successo delle grandi griffe. La ricerca sulla filiera Moda ha anche concentrato l’analisi sugli aspetti funzionali e operativi nonché sui fattori strategici su cui puntare per il futuro. Le imprese si caratterizzano infatti per un’elevata vocazione distrettuale che gli ha conferito nel tempo un posizionamento competitivo spesso migliore rispetto alle aree non distrettuali per una maggiore capacità di esportare, di effettuare investimenti diretti esteri, di registrare brevetti e marchi. Anche il Mezzogiorno, è peraltro sede di importanti distretti formali e informali della Moda, in primis quello San Giuseppe Vesuviano, che si configura come il più grande del Mezzogiorno. Un’altra caratteristica dell’industria del Tessile Abbigliamento e Calzature è la tradizionale gestione della sua competitività in presenza di una dimensione aziendale comunque mediamente piccola. Ciò rende le imprese più reattive ma dall’altro anche più vulnerabili ai cambiamenti bruschi del mercato globalizzato. Man mano che le filiere nazionali si trasformano per far posto a strutture più europee diventa importante per le piccole strutture attivarsi in network a livello dapprima nazionale e poi almeno europeo. E in questa direttrice competitiva il ruolo della dimensione è sicuramente un fattore determinante.
Per vincere la sfida della globalizzazione con una struttura organizzativa più “adeguata” entrano quindi in gioco strumenti quali le reti di impresa. Le aziende competitive sono infatti quelle che operano all’interno di un network di relazioni e di processi operativi competitivi. Lo strumento della rete nella filiera della Moda risulta variegato per l’elevato grado di differenziazione produttiva, e ancora scarsamente diffuso e poco formalizzato – solo lo 0,61% delle imprese di questo settore è coinvolto in contratti di rete. Un altro aspetto importante per la competitività della filiera nel suo complesso, analizzato nella ricerca, riguarda i processi innovativi. In questo caso le imprese italiane non sempre riescono a mantenere il passo con le dinamiche internazionali e ad esempio non sono state tra le prime a muoversi sul tema dell’innovazione legata alla sostenibilità ambientale, tema diventato importantissimo soprattutto per chi lavora per i grandi marchi, dal lusso fino a quelli più commerciali. Altro elemento di debolezza delle imprese nazionali della filiera è legato all’uso pervasivo degli strumenti ICT, che si estende fino alle pratiche di marketing di comunicazione alla comunicazione bidirezionale con i consumatori e infine ai cosiddetti processi di “customizzazione” ovvero la personalizzazione dei prodotti e lo sviluppo del digitale. In conclusione, se è vero che la filiera della Moda rappresenta un vero e proprio “ambasciatore” della qualità manifatturiera italiana nel mondo è anche vero che questo patrimonio richiede politiche all’altezza della sfida competitiva nuova che, anche complice la crisi, ci si prospetta.
C O N F I N DUS TRIA
Salerno-Colombia, la collaborazione va in video Un b2b svolto in collegamento Skype ha incrociato i profili di aziende salernitane con quelli di imprese colombiane della meccanica di Raffaella Venerando
U
na proficua occasione per migliorare le relazioni istituzionali, accademiche e imprenditoriali tra la Colombia e Salerno: questa la sintesi dell’obiettivo pienamente raggiunto della videoconferenza svoltasi lo scorso 29 aprile presso il DIIN/Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno, che ha visto la partecipazione fisica del Vicepresidente di Confindustria Salerno delegato all’internazionalizzazione, Nicola Scafuro, del professor Domenico Guida di Ingegneria Meccanica e di 10 imprese salernitane eccellenti del comparto meccanico (di seguito la presentazione di alcune di queste). Le aziende - vere protagoniste del tele-incontro - hanno avuto l’opportunità di presentarsi e dare approfondite informazioni sul proprio business ai
partner colombiani collegati in videoconferenza, anche grazie all’ausilio di slide che ben sintetizzavano le peculiari competenze di ciascuno. Collegati via Skype, oltre a realtà produttive che hanno mostrato interesse per le imprese salernitane, vi erano anche rappresentanti di università, istituzioni ed enti economici della regione colombiana di Manizales (Camera di Commercio di Manizales, Secretaria de TIC y competitividad de la Alcadia de Manizales, Universidad Nacional de Colombia, Universidad Católica de Manizales, Fundación Universidad Empresa Estado de Manizales e Invest in Manizales). Il professore Domenico Guida, direttore del master internazionale in Ingegneria Industriale sviluppato congiun-
tamente con la Universidad Nacional de Colombia, ateneo pubblico che si colloca da molti anni ai primi posti nelle classifiche delle migliori università del Paese e del Sudamerica, nel coordinare i lavori ha più volte sottolineato come un’iniziativa di scambio come questa fosse di elevata utilità sia per il mondo accademico, sia per quello imprenditoriale. «Da tempo – ha dichiarato il professore Guida – l’Ateneo di Salerno è impegnato nella realizzazione di azioni di progetti congiunti come questo, capaci in prospettiva di creare sia vantaggio all’economia del territorio, sia per gli studenti che possono avere all’interno del proprio percorso accademico maggiori opportunità di esperienza e apprendimento». L’ingegner Scafuro,
2 0/ 21 invece, in attesa di conoscere quali saranno i concreti risvolti di una tale operazione di business, ha voluto rimarcare in particolare la modalità scelta per questo incontro tra due mondi a distanza: «Trovo la collaborazione video maggiormente convincente per le aziende che, dopo un attento lavoro di incrocio dei company profile, decidono di aderire all’iniziativa perché realmente
interessate a indagare meglio i mercati coinvolti. Inoltre, lo strumento della videoconferenza è green, poiché consente di ridurre le spese di viaggio e di tempo. Spero che a questa iniziativa possano seguire occasioni di investimento economico tra le aziende». Buona la prima, quindi, per “Opportunità di Business in Colombia”, una delle azioni previste dal progetto “L’Impresa
salernitana sui mercati esteri – azioni promozionali e creazione opportunità di business”, promosso da Confindustria Salerno, realizzato col DIIN del nostro Ateneo col contributo economico della Camera di Commercio di Salerno, messe in atto per creare nuove vie di collaborazione alle relazioni tra i rispettivi sistemi di rappresentanza istituzionali e imprenditoriali.
O MIP S RL , u n p u n to d i r i feri ment o p er l a l a v oraz ion e della fru tta
L
a O.M.I.P. SRL, sin dal 1970, si è specializzata nella progettazione, costruzione e commercializzazione di impianti completi e macchinari per l’Industria Alimentare e Conserviera, divenendo un punto di riferimento mondiale per la lavorazione della frutta. Essa si colloca, infatti, tra le prime tre aziende a livello mondiale nel settore della denocciolatura delle pesche, prugne e similari. La sua capacità organizzativa e la qualità dei suoi prodotti le hanno permesso di imporsi su tutti
Pa gan o & A s c o li l l o Sp A , i m p ia n ti te c n ol o gi ci d el l a massima sicu rez z a
C
on sede legale a Firenze, in Ponte Vecchio, una sede operativa a San Pietro al Tanagro (SA) e una sede commerciale a Pesaro, la Pagano&Ascolillo SpA è pronta per raccogliere le sfide del mercato nazionale e internazionale. L'azienda progetta e realizza impianti tecnologici, offre integrazione di sistemi e servizi e opera con successo a livello nazionale da
i mercati: da quello italiano a quello europeo, da quelli Sudamericani e Californiani a quello Medio Orientale. Con tenacia, la OMIP SRL sta lavorando per consolidare sempre più la sua posizione nei mercati dove è già presente e riuscire a penetrare quelli dove ancora non lo è. É per questo motivo che è impegnata nella progettazione e costruzione di nuovi macchinari caratterizzati dalla semplicità di funzionamento, dalla versatilità e dall’abbattimento dei costi in produzione e manutenzione.
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C O N F I N D US TRIA oltre vent'anni specie nel settore infrastrutture. Le competenze acquisite, l’esperienza, il supporto di tecnici altamente specializzati, l'attenzione continua alla formazione, attrezzature e mezzi adeguati permettono alla Pagano&Ascolillo SpA di garantire prestazioni e servizi di elevata qualità per Enti Pubblici e privati. La Pagano&Ascolillo, che opera in totale sinergia con i
clienti e con i fornitori assicurando un elevato standard di qualità, competitività ed efficienza nella gestione di ogni attività e commessa, è accreditata presso l’AEEG come E.S.Co. per la promozione e realizzazione di interventi di efficienza energetica. Ha conseguito recentemente dal Kiwa-Cermet la certificazione secondo la norma UNI CEI 11352:2010 per l'erogazione di servizi energetici e di
misure di miglioramento dell'efficienza energetica. Sono imminenti l’apertura di un ufficio commerciale e di rappresentanza a Roma e una sede operativa in Veneto: spiega Vito Antonio Pagano, Amministratore Unico dell'Azienda, «questo ci permette di consolidare e potenziare la nostra presenza sul territorio nazionale, ma anche di iniziare a pianificare il nostro ingresso nei mercati esteri».
più di 90 paesi nel mondo distribuiti in tutti i continenti con un prodotto altamente personalizzato, applicabile su tutti i tipi di macchine perforatrici e capace di eseguire eccellenti prestazioni anche in situazioni difficili come nei deserti africani o nei canyon rocciosi americani. D’altronde la mission di SIP&T si identifica da tempo con l’export mondiale dei prodotti che contribuiscono all’offerta del miglior made in Italy nel settore degli utensili per la perforazione. Da alcuni anni, inoltre, SIP&T ha
incrementato la propria offerta con un prodotto interamente progettato, realizzato e assemblato in casa, dalla meccanica al sistema idraulico ed elettroidraulico, ovvero le macchine per micropali utilizzate per le micro perforazioni, le operazioni di ancoraggio e sondaggio. SIP&T investe molto nella Ricerca e Sviluppo e nella propria struttura dove si effettuano ricerche per la continua innovazione dei prodotti, per rispettare le normative internazionali e per l’ottenimento di certificazioni di prodotto.
SIP &T S p A , il m on d o p e r casa
S
ituata a Baronissi (SA) SIP&T è un’impresa di ingegneria meccanica con una lunga esperienza nella costruzione di attrezzature per la perforazioni quali aste telescopiche, utensili per la perforazione e accessori. I prodotti di SIP&T sono utilizzati per la realizzazione delle fondazioni speciali, nella costruzione di infrastrutture, lavori di ingegneria civile (autostrade, viadotti, diche, tunne, edifici, etc.) e per il rafforzamento del sottosuolo. Attualmente l’azienda è presente in
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Pmi e finanza alternativa, le proposte di SACE Utili strategie di sostegno, soluzioni e servizi assicurativi e finanziari offerti da un partner affidabile di Raffaella Venerando
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sostegno delle PMI che si aprono a nuovi mercati, o che comunque vogliono competere al massimo in un ambiente oggi molto dinamico, Sace ha presentato lo scorso 20 maggio in Confindustria Salerno il proprio carnet di strumenti. Per le aziende è sempre più importante, infatti, poter contare su un partner affidabile che possa consigliare le soluzioni più adatte e Sace si propone proprio di far questo in diversi ambiti: a supporto delle esportazioni, in materia di assicurazione del credito, protezione degli investimenti, garanzie finanziarie, cauzioni e factoring. Organizzata dal Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno, con il contributo della Camera di Commercio di Salerno, il seminario informativo rientrava nel progetto più ampio “Finanza alternativa al credito bancario”, promosso da Confindustria Salerno e finanziato dai fondi camerali del bando C.R.E.S.C.I.T.A.. Roberto Magliulo, Presidente P.I. Confindustria Salerno spiega così le ragioni dell’approfondimento con Sace: «I nostri piccoli imprenditori sono bravissimi produttori, ma non altrettanto esperti gestori di finanza. Per offrire quindi loro un supporto valido e qualificato abbiamo scelto di presentare in Confindustria Salerno gli strumenti messi a disposizione da Sace, nell’interesse prioritario di vedere al contempo aumentato il grado di conoscenza in
Roberto Magliulo e Antonio Bartolo materia di credito dei nostri Associati». La forza e la solidità del gruppo assicurativo e finanziario è stata ben sintetizzata poi nelle parole di Antonio Bartolo, Responsabile Campania che nel suo intervento di presentazione ha rimarcato come ormai «SACE rappresenti un punto di riferimento unico nel panorama italiano per le aziende italiane che puntano a sviluppare strategie di crescita efficaci». «L’offerta di SACE – ha proseguito - copre oggi tutte le esigenze delle imprese che competono dentro e fuori dall’Italia: accesso a finanziamenti per l’internazionalizzazione, anche attraverso fonti aggiuntive al sistema bancario (Fondo Sviluppo Export), assicurazione
delle vendite dal rischio di mancato pagamento, protezione degli investimenti esteri dai rischi politici, garanzie fideiussorie per gare e commesse, liquidazione dei crediti vantati con le controparti italiane o estere grazie a un’ampia gamma di servizi di factoring, servizi di recupero del credito e di advisory. Oggi abbiamo 13 uffici in Italia e 8 sedi internazionali nei principali mercati emergenti. Dallo scorso luglio le imprese campane possono contare sul nostro nuovo ufficio di Napoli che, grazie anche all'azione delle nostre società prodotto, ci ha consentito di servire circa 1000 imprese, soprattutto Pmi, per un totale di oltre 600 milioni di operazioni assicurate».
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Latuaideadimpresa®, Salerno prima con il Da Procida Gli studenti del liceo scientifico salernitano hanno vinto il Premio “LIKE” della competizione con il progetto C-Box di Massimiliano Pallotta Segreteria Gruppo GI Confindustria Salerno
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rappresentare Salerno alla finale del concorso Latuaideadimpresa®, gara nazionale tra le idee imprenditoriali degli studenti, ben due scuole: l’istituto “Cicerone” di Sala Consilina - che aveva sbaragliato tutti vincendo la competizione provinciale promossa sul territorio dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno in collaborazione con Polaris, l’azienda speciale per la cultura d’impresa della CCIAA di Salerno - e gli studenti del Liceo Scientifico Da Procida, il cui video è stato il più votato dalla web community di latuaideadimpresa.it. Il progetto, coordinato da Sistemi Formativi Confindustria (SFC) e patrocinato dal MIUR aveva come obiettivo principale quello avvicinare i giovani al mondo del lavoro attraverso un escamotage – la gara appunto – nuovo e creativo. Sana competizione, merito, confronto, creatività: Latuaideadimpresa® è nato per comunicare i valori della cultura d’impresa nelle scuole, renden-
Gli studenti dell'istituto Cicerone
doli esperibili direttamente dai ragazzi che, partecipando anche quest’anno a questa iniziativa, hanno avuto la possibilità di acquisirli sul campo in modo semplice, prendendo consapevolezza della propria motivazione e attitudine rispetto all'essere imprenditore. Gli studenti hanno messo in gara le proprie idee imprenditoriali su una piattaforma web che ha coinvolto studenti, insegnanti e imprenditori, favorendo il dialogo e l’interazione sul tema della cultura d’impresa, della formazione scolastica e delle professionalità necessarie per accedere al mondo del lavoro. I gruppi di studenti partecipanti, dopo aver elaborato le idee di impresa, le hanno dovute strutturare compilando il business plan per poi raccontarle anche in video. Le idee sono state quindi valutate e votate dagli imprenditori di ciascuna Associazione Industriale aderente al progetto. Sei gli Istituiti in gara in provincia di Salerno: il Liceo Scientifico “Da Procida” di Salerno; l’ISIS “Fortunato” di Angri; l’IIS “Ferrari” di Battipaglia; l’IIS “Cicerone” di Sala Consilina; l’IISS “Genovesi – Da Vinci” di Salerno e
Gli alunni del Da Procida l’Istituto Profagri di Salerno. “Smart Recycle 2.0 Alucompact”, il progetto dell’Istituto Cicerone arrivato primo a livello provinciale e che ha rappresentato Salerno nella competizione nazionale, ha l’obiettivo di ridurre i rifiuti, riciclare la materia e creare un sistema di incentivazione capace di innescare progetti virtuosi in un’ottica di sostenibilità ambientale. «Per uscire dalla crisi e ripartire con il piglio giusto abbiamo più che mai bisogno delle idee dei giovani», ha dichiarato il Presidente dei GI salernitani Francesco Giuseppe Palumbo. «Questa iniziativa è un gioco fatto sul serio poiché chiede ai ragazzi di sviluppare business plan adeguati, risolvere il problema dei finanziamenti, pensare ai mezzi di promozione della loro idea, al fine di “simulare” a tutti gli effetti la progettazione e la realizzazione di un’idea imprenditoriale. Tutti gli studenti in gara hanno dato buona prova di sé per le buone capacità di team working e di problem solving, abilità relazionali e comunicative e orientamento al raggiungimento degli obiettivi, requisiti ormai indispensabili per entrare nel mondo del lavoro con le carte in regola».
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She business Advanced, dall’idea a cinque progetti di impresa Si è conclusa con risultati soddisfacenti anche la seconda edizione del progetto di formazione esperienziale tutto al femminile, dalle docenti alle partecipanti di Raffaella Venerando
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nnovation & Networking sono state le parole chiave della seconda edizione di She Business, progetto di apprendimento esperienziale promosso dal Comitato Femminile Plurale di Confindustria Salerno e organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Studi e Ricerche Aziendali dell’Università di Salerno e il contributo economico della Camera di Commercio di Salerno. La formazione - articolata in 8 incontri a cadenza settimanale, più uno di apertura – ha avuto il suo culmine lo scorso 25 maggio in un evento di fine percorso durante il quale sono stati divulgati i risultati conseguiti dalle 35 donne imprenditrici, vera anima del progetto. Dopo i saluti istituzionali di Mauro Maccauro, Presidente di Confindustria Salerno e di Ciro Di Leva della CCIAA di Salerno, ha introdotto e coordinato l’incontro Stefania Rinaldi, Presidente del Comitato Femminile Plurale di Confindustria Salerno e al tempo stesso imprenditrice a scuola di business al femminile che ha voluto realizzare questo progetto formativo per consentire alle donne di emergere in azienda e guidare i processi innovativi e di cambiamento strategico. A sugellare la oramai riuscita sinergia con l’Ateneo salernitano il professor Pietro Campiglia, Delegato al Fund Raising,
25 Maggio 2015, i relatori che ha rimarcato con soddisfazione quanto università e imprese lavorino insieme per la crescita comune di tutto il territorio. Presenti all’incontro anche Stefano Azzalin, Responsabile Sellalab, che ha illustrato le attività svolte dall’incubatore di startup come “acceleratori d’idee”; Carmen Gallucci, Responsabile Scientifico progetto She Business, del DISTRA che ha sottolineato – dati alla mano – quanto oggi sia necessario che l’innovazione incroci lo sguardo interdisciplinare perché la nuova progettualità nasce solo dalla condivisione e, infine, Giuliana Saccà, Formatrice insieme alla sorella Francesca del percorso d’aula She Business, che ha fatto dell’empatia lo strumento precipuo per dare il tempo e lo spazio alle sue discenti di esprimersi liberamente e imparare. A conclusione è stato raccontato il caso di Viaggiart, di Giuseppe Naccarato, introdotto da Giuseppe De Nicola, Presidente Gruppo Servizi Innovativi e Tecnolo-
gici di Confindustria Salerno. Le 35 imprenditrici che hanno preso parte alla formazione hanno imparato in network come, favorendo il rafforzamento e l’accrescimento di competenze collettive, sia possibile giungere a decisioni più efficienti, più eque, più stabili e di più semplice attuazione. Tutte insieme, anche se divise in gruppi, hanno dato vita a 5 nuovi progetti imprenditoriali: Green.it, la sedia sostenibile realizzata con gli scarti di lavorazione delle imprese aderenti al progetto; l’Amante, sugo vegetale al pesto di basilico e/o rucola, primo di una linea di sughi naturali pronti; Do-village, un villaggio dei mestieri; B-bus, un progetto di un nuovo layout interno all’autobus che favorisca l’interazione tra passeggeri e infine B-relax (il cui prototipo sarà presentato nel corso di Salerno Letteratura a giugno), un’area relax mobile e componibile, con possibilità di degustare dei prodotti enogastronomici.
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C O N F I N DUS TRIA
Comunicare il prodotto attraverso il packaging Occhio all’eye-tracking, il sistema che cattura lo sguardo dell’osservatore quando viene colpito da un’immagine, da un prodotto o da un elemento grafico, utile alle aziende per focalizzare l’attenzione sul messaggio pubblicitario desiderato Valentina Sada Marketing per le Vendite Antonio Sada & figli s.p.a. valentina.sada@sadaspa.it
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l mondo in cui viviamo cambia velocemente e altrettanto velocemente cambiano i bisogni e le esigenze dei consumatori, in un contesto economico tanto mutevole e competitivo. E proprio in questo contesto, attraverso Costozero, i Giovani di Confindustria diffondono le loro esperienze, armandosi di innovazione e ricerca, per affrontare le sfide quotidiane. Come sono cambiati la comunicazione e il marketing oggi? Le 4P del Marketing Mix sono diventate 6. A price, place, product e promotion si sono aggiunte people e packaging. Il packaging non è solo lo strumento per proteggere e conservare il prodotto ma è diventato un veicolo di informazione e formazione, guida le scelte del consumatore e, con la sua forma e la sua grafica, crea un contatto, un legame, un senso di fiducia nei confronti del brand. L’attuale tendenza al downsizing, le mutate modalità e quantità d’acquisto, l’attenzione alla sostenibilità, si riflettono nelle strategie di marketing delle aziende. Nascono le monoporzioni, si creano trattamenti sugli imballaggi flessibili e sul cartone per allungare la shelf life dei prodotti freschi, nascono aperture facilitate, packaging richiudibili o inseribili direttamente nel forno o nel microonde. Riduzione, riuso e riciclo diventano i nuovi imperativi aziendali: usare meno materiale per la stessa funzione d’uso, utilizzare lo stesso oggetto più volte, inserire materiale riciclato nel proprio ciclo pro-
duttivo. Di conseguenza, i prodotti diventano più compatti e funzionali, si vestono di forme e colori diversi, la grafica diventa più ricca e personalizzata a seconda del canale di vendita di destinazione, nascono le edizioni limitate e i restyling, ogni azione è finalizzata alla creazione di gioia ed effetto sorpresa. É possibile verificare l’efficacia della propria campagna di marketing attraverso l’eye-tracking. Con questo processo si registra il percorso dello sguardo dei consumatori durante le loro scelte d’acquisto osservando il planogramma di un supermercato, guardando la grafica di un sito web o un cartellone pubblicitario. Questo sistema cattura lo sguardo dell’osservatore quando viene colpito da un’immagine, da un prodotto o da un elemento grafico indicandone sequenza e durata. Lo scopo è quello di distinguersi dalla massa e focalizzare l’attenzione sul messaggio pubblicitario desiderato.
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BtoB Meccanica Salerno, dal contatto al contratto Buoni affari in vista per aziende salernitane del comparto meccanico di Raffaella Venerando
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na delle azioni previste dal progetto “L’Impresa salernitana sui mercati esteri – azioni promozionali e creazione opportunità di business”, promosso da Confindustria Salerno e finanziato dai fondi camerali del bando C.R.E.S.C.I.T.A., è stata la giornata di business per la meccanica salernitana tenutasi lo scorso 20 maggio in Confindustria Salerno. L’Associazione degli Industriali della provincia di Salerno da tempo investe su questi percorsi di internazionalizzazione delle imprese locali, ritenendoli ormai fondamentali per la crescita e lo sviluppo delle aziende. Diverse imprese salernitane del settore meccanica hanno così potuto presentare le proprie attività e prodotti – in 45 minuti ciascuna - a nove operatori
commerciali provenienti da Polonia, Turchia, Repubblica Slovacca, Lettonia ed Egitto. In vetrina per i nove buyer stranieri erano presenti: Aeolia Windtech Spa; Artes Ingegneria; C.M.S. Costruzioni Metalliche Santonicola Srl; C.P.S. Srl; Cos.Mec.Impianti Sas; De Iuliis Macchine Spa; Dem Consulting Srl; Euroflex Spa; Ferraioli & C.; Fonderia Di Salerno; Jumbo Engineering Srl; Magaldi Industrie Srl; M.E.G.A. Srl; Selematic Spa; Sider Pagani Srl; Tecnoprogress Srl; Tesi Tecnologie E Servizi Innovativi Srl. Un b2b questo ben organizzato che, già nei giorni immediatamente successivi all’incontro, ha mostrato di avere un elevato volume di lead, essendo capace quasi da subito di generare contatti di qualità che per più di un’azienda si sono tramutati in contratti.
STRA TE GIE D I IMPRE SA
Innovazione, la grande chance dei fondi europei Programmi come Horizon 2020 costituiscono un’importante opportunità di crescita per l’Italia, una strategia di innovazione necessaria per avvicinarsi e integrarsi sempre di più a mercati esteri, una modalità per ottenere dei vantaggi competitivi e per disporre di tecnologie abilitanti, che aiutino ad abbattere il gap di concorrenza tra il mercato italiano e quello internazionale
Marco Frizzarin Business Manager / Dipartimento R&D Advisory / Lowendalmasaï Italia
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e recenti evoluzioni di mercato a livello globale hanno completamente trasformato l’approccio che le imprese devono adottare per poter mantenere il proprio vantaggio competitivo. Infatti, se all’interno di un mercato stabile è più semplice poter prevedere anche a lungo termine il percorso di crescita, in un mercato instabile, come quello attuale, diventa sempre più complesso poter pianificare una strategia e mantenerla nel tempo. I cambiamenti sono sempre più repentini e le aziende devono essere in grado di reagire, adattarsi ed eventualmente cambiare rotta, per conservare o migliorare la propria leadership di mercato. In questo contesto l’innovazione può ricoprire un ruolo chiave, proprio come leva di sviluppo della competitività aziendale. A questo proposito lo scorso anno la Commissione Europea ha lanciato Horizon 2020, l’ottavo programma quadro europeo per la Ricerca e l'Innovazione (2014–2020). Un sistema di finanziamento integrato il cui obiettivo è appunto quello di aumentare il vantaggio competitivo dell’Europa rispetto ad altri mercati come quello americano e asiatico. L’Europa grazie a questo programma dovrebbe sia incentivare la crescita, sia aumentare la competitività delle
aziende, incoraggiando l’innovazione. Ma come si sta comportando l’Italia in tema di innovazione? Secondo l’Innovation Union Scoreboard 2014, lo screening annuale sull'innovazione realizzato dalla Commissione Europea, l’Italia resta ancora indietro e si classifica tra i Paesi con una media di innovazione piuttosto bassa, i cosiddetti “innovatori moderati”. Un risultato che sorprende se si considera che in Italia possiamo vantare parecchie aree di eccellenza e che nei settori ad alta creatività ci posizioniamo tra i primi esportatori a livello mondiale. La difficoltà del nostro Paese nello sviluppo di processi di innovazione sembra riconducibile principalmente all’inefficacia del sistema legislativo, al carico fiscale, alla scarsa attenzione da parte delle istituzioni verso una chiara e condivisa politica di innovazione e sviluppo industriale e alla poca conoscenza, o errata informazione, di cui le aziende dispongono in merito ai programmi di ricerca e sviluppo e alle corrette modalità per parteciparvi. Non vogliamo ovviamente in questo articolo soffermarci su quanto si potrebbe fare per migliorare il sistema Paese, vogliamo invece porre l’attenzione sulle aziende e sul loro approccio per quanto riguarda la possibilità di utilizzare fondi
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Le aziende dovrebbero attenersi al TRL (Technology Readiness Level) per essere in grado a priori di comprendere se il proprio progetto ha tutte le caratteristiche di innovazione necessarie per richiedere il finanziamento
europei, come nel caso di Horizon 2020, per finanziare progetti di ricerca, sviluppo e innovazione. Come detto prima, in Italia ci sono ancora molte aziende poco o male informate sui progetti di finanziamento a livello comunitario. Anzi molto spesso queste realtà mostrano una certa reticenza nel partecipare ai bandi, con l’idea che alla fine i fondi richiesti non arrivino mai, oppure al contrario considerano i fondi uno strumento per risolvere problemi relativi al proprio business. Niente di più sbagliato. Le aziende devono imparare a modificare questo approccio e iniziare a concepire i fondi come uno strumento che può dare nuovo impulso alla propria attività. Programmi come Horizon 2020 costituiscono un’importante opportunità di crescita per l’Italia, una strategia di innovazione necessaria per avvicinarsi e integrarsi sempre di più a mercati esteri, una modalità per ottenere dei vantaggi competitivi e per disporre di tecnologie abilitanti, che aiutino ad abbattere il gap differenziale di concorrenza tra il mercato italiano e quello internazionale. Oggi le imprese italiane grazie ai programmi di finanziamento possono avere a disposizione tutti gli strumenti per evolvere velocemente, basta saper cogliere le opportunità. A programmi come Horizon 2020, e in generale ai fondi della Comunità Europea, possono aderire tutte le
aziende italiane, di qualsiasi dimensione. Ovviamente dipende dalla capacità di innovare e dalle caratteristiche proprie dell’azienda. Ad esempio, al bando Horizon 2020 hanno partecipato molte piccole medie-imprese, rappresentate per il 94% da aziende singole, non in cordata, e molte di esse sono aziende italiane e spagnole. Nonostante questo, il tasso di successo e accettazione dei progetti presentati è stato molto basso, perché molte imprese hanno partecipato al bando con proposte non in linea con i topic del programma oppure non avendo il tasso di innovazione richiesto. Infatti la Comunità Europea ha introdotto il concetto del TRL (Technology Readiness Level), una scala che identifica, in 9 livelli, lo stato di maturità tecnologica delle aziende relativamente ai singoli progetti. Nei bandi viene infatti segnalato il TRL di partenza e quello di arrivo, quello cioè che si deve dimostrare di poter raggiungere attraverso l’ottenimento del fondo. Le aziende dovrebbero attenersi al TRL per essere in grado a priori di comprendere se il proprio progetto ha tutte le caratteristiche di innovazione necessarie per richiedere il finanziamento. È evidente quindi che molto spesso non vi è da parte delle organizzazioni il corretto approccio metodologico per accedere ai bandi. Come può allora un’impresa partecipare a un programma di finanziamento con
tranquillità e soprattutto con buone chance di ottenere i fondi richiesti? Un’azienda potrebbe anche affrontare da sola questo percorso, ma dovrebbe allocare almeno una persona a tempo pieno in grado di muoversi nei corridoi di Bruxelles, per superare le complessità e le procedure che richiedono specifico know-how ed expertise. La strada corretta e più sicura è quella di affidarsi a un consulente esterno, che abbia alle spalle una struttura organizzata e possibilmente presente in tutta Europa e che possa aiutare l’azienda già nella fase di valutazione del progetto da presentare. In Italia però molto spesso la possibilità di appoggiarsi a un consulente viene ancora considerata come un costo, e non come un valore aggiunto. Bisogna considerare invece che nei bandi a livello europeo, se il progetto viene accettato, le spese di consulenza sono finanziate all’interno del progetto stesso, quindi l’azienda non ha spese dirette, perché è previsto che il 25% delle spese del progetto vengano aggiunte al contributo. L’innovazione e i programmi per la ricerca e sviluppo sono e devono essere considerati dalle aziende come una forte leva per aumentare la propria competitività, perché all’interno di uno scenario dove tutto cambia, vince chi non si limita a reagire al cambiamento, ma lo anticipa e anzi lo sfrutta a proprio vantaggio, con una metodologia e una visione chiara.
STRA TE GIE D I IMPRE SA
La pasta Antonio Amato di Salerno è brand ambassador del territorio La famiglia Di Martino rilancia lo storico pastificio salernitano con un ambizioso progetto industriale di Vito Salerno
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re otto del mattino, visita allo stabilimento Antonio Amato di Salerno, storico brand rilevato e rilanciato dal gruppo imprenditoriale Di Martino. Subito alle presentazioni vengo accolto e travolto con un «Piacere di conoscerla, sono Gaetano Di Martino, Presidente del Pastificio Di Martino Gaetano & Fratelli Spa. Lei sa che spesso di notte mi capita di sognare il pastificio?». Poche parole e capisco subito che il piacere sarà tutto mio. Durante la conversazione, seppur curioso, non gli chiedo l'età come si fa per rispetto alle persone avanti con gli anni ma poco importa, perchè quelli che contano davvero li custodisce dentro di sé e sono 103, cioè quelli che ha di esperienza la famiglia Di Martino di Gragnano, Città della Pasta, nello straordinario campo della produzione della pasta di semola, settore in cui l'Italia è leader assoluto nel mondo. «Siamo pastai da tre generazioni e siamo stati i primi nel 1915 ad attraversare con la nostra pasta il Canale di Panama» sottolinea con giusto orgoglio “Don Gaetano”, rammaricandosi di non potermi mostrare il documento ufficiale rilasciato delle autorità panamensi che attesta questo primato perchè lo conserva in un altro suo stabilimento, ed è quasi divertente la sincera modestia di questo “Re della Pasta”, un’autorità nel
campo dell’imprenditoria agro-industriale, la cui parola è legge più di qualsiasi atto ufficiale. Confessa di non aver avuto un debole per la scuola e di essere stato pertanto avviato giovanissimo dal padre al difficile lavoro di pastaio. Così è iniziata la sua carriera nel settore della pasta di qualità che lo ha portato a diventare uno dei più grandi maestri pastai. Ogni giorno, da quando si occupa della produzione per tutti i pastifici della famiglia Di Martino si sveglia alle quattro del mattino perchè non vede l’ora di entrare in fabbrica con le sue maestranze e seguire da vicino le diverse fasi della lavorazione della pasta, controllare gli impianti, selezionare i grani migliori e mettere tutta la sua sapienza nel processo produttivo. Dedizione, esperienza, duro lavoro, competenza e rispetto della materia prima: è così che nasce una pasta di qualità eccezionale che da più di un secolo è apprezzata in tutto il mondo. Il resto è la storia di uno straordinario progetto industriale che come tutte le operazioni sviluppate dalla famiglia Di Martino vede coinvolti in prima linea altri due personaggi: Giovanna e Giuseppe Di Martino. Giovanna è la responsabile acquisti e approvvigionamento di tutti i pastifici del Gruppo (Antonio Amato, Pastificio Di Martino e Pastificio dei Campi). Donna
elegantemente discreta, tiene in ordine, magistralmente e con fermezza, i conti economici delle aziende. Giuseppe, invece, è amministratore delle imprese, costantemente in giro per il mondo per offrire a tutti l’opportunità di apprezzare la qualità della pasta prodotta negli stabilimenti. Un vulcano di sogni e progetti in movimento trasmessi con competenza e una passione che contagia inevitabilmente dipendenti, clienti e chiunque abbia la fortuna di dialogare con lui e apprezzarne le affascinanti e lucide visioni imprenditoriali. Il 93% della produzione degli stabilimenti è esportata in 32 Paesi: dagli Stati Uniti al Sud America, dall’Est Europa all’Asia all’Australia, per un totale di 8 milioni di piatti di pasta prodotti al giorno e un fatturato di 80 milioni di euro nel 2014. L’ultimo successo imprenditoriale è la nuova pasta Antonio Amato, messa a punto personalmente da Gaetano Di Martino, e che da qualche mese sta tornando sulle tavole delle famiglie. Il rinnovato look e l’attraente packaging, caratterizzato dai motivi grafici e dai colori della ceramica locale famosa nel mondo, sottolineano il forte legame della pasta Antonio Amato con il territorio d’origine, Salerno e le costiere
3 0/ 31 in passato, quando si posizionava tra i primi dieci player in Italia, e consolidare all’estero i mercati storici del Pastificio, con l’effettivo ritorno del brand a scaffale in quelli mediorientali. Il piano di rilancio del marchio prevede, inoltre, l’attivazione del mulino, notevoli investimenti in tecnologia, la realizzazione del Centro di Ricerca e Sviluppo del gruppo a Salerno e la creazione di un think tank del food insieme alle giovani menti del NIB (Master di Gaetano e Giovanna Di Martino Architettura e Ambiente Ia Edizione amalfitana e cilentana. «Antonio Amato pastai gragnanesi. Uno dei parametri, in Salerno)». La nuova gamma di prodotti - spiega Alessia Passatordi, brand particolare, che contribuisce a definire è stata presentata a Tuttofood, la Fiera manager Antonio Amato di Salerno una pasta di semola di qualità è il suo Internazionale dell’Alimentare svoltasi vuole diventare il marchio che evoca la contenuto proteico e Antonio Amato a Milano dal 3 al 6 maggio scorso, e ha tradizione di un territorio, con prodotti offre adesso il 13% di proteine, come destato subito l’interesse di buyer e opeche ne rispecchino i valori e le qualità una pasta premium, garantendo una ratori provenienti dai cinque continenti. gastronomiche. La pasta è l’alimento perfetta tenuta in cottura e l’esaltazione Diventare, dunque, interpreti e ambaideale per raccontare la storia di un di ogni condimento. Sono questi gli ele- sciatori della creatività, delle tradizioni luogo e per questo Antonio Amato si menti su cui l’azienda campana punta e dei sapori tipici della gastronomia candida come ambasciatore di Salerno per riconquistare le posizioni di vertice salernitana. Concetti che pervadono la e delle due Costiere che la abbracciano. nel panorama dei principali marchi strategia di comunicazione web e social, Per quanto riguarda il posizionamento italiani di pasta di semola di qualità. orientata a un approccio spiccatamente della gamma, lo sguardo è rivolto alle «L’obiettivo che ci siamo posti – afferma di storytelling. Il nuovo sito web giovani famiglie, alla ricerca di piatti al Giuseppe Di Martino, amministratore (www.antonioamato.it) aziendale è estetempo stesso gustosi e genuini, come del Pastificio Di Martino Gaetano ticamente apprezzabile ed efficace sul insegna la gastronomia salernitana. & F.lli Spa – è recuperare la quota di piano dell’immagine e della comunicaPerchè il piacere, in fondo, è una cosa mercato che Antonio Amato deteneva zione al consumatore finale. È realizzasemplice». to sia in italiano che in lingua inglese, Forte di un assortimento di 80 refee le pagine, oltre alle canoniche notizie renze, arricchito con l’inserimento di sull’impresa e sui prodotti, propongono molte specialità tipiche della Dieta i cosiddetti “Diari Salernitani”, un’area Mediterranea (olio, pomodori, farine e nella quale, attraverso notizie e curiouna linea interamente dedicata al mare), sità relative al territorio si coniugano Antonio Amato rappresenta per la ricette e sapori, eventi e luoghi, leganfamiglia Di Martino un asset strategico do in modo indissolubile il marchio degli ambiziosi progetti aziendali, che Antonio Amato con la zona d’elezione prevedono uno sviluppo significativo e d’origine. Una comunicazione che nel retail nazionale e la valorizzazione risulta in linea con le tendenze social del patrimonio gastronomico del terridei giovani consumatori, dal momento torio “salernitano” in Italia e nel mondo. che Antonio Amato è online anche con L’obiettivo è proporre al consumatore la propria pagina Facebook e il profilo prodotti con un elevato rapporto quaInstagram per valorizzare l’esperienza lità-prezzo. Una pasta che è stata resa di acquisto dei consumatori attraverso il ancora più buona grazie all’alto valore dialogo diretto e il racconto di suggeaggiunto conferito dal know how dei Giuseppe Di Martino e Alessia Passatordi stioni e profumi del territorio.
ED I LI ZI A IND US TRIALE
US PAVILLON, un’idea americana made in Italy La grande struttura del padiglione americano nasce dalla collaborazione dello studio newyorkese Biber Architects, vincitore del concorso di progettazione bandito dal governo statunitense, e lo studio Genius Loci Architettura di Milano, incaricato dello sviluppo del progetto esecutivo e della Direzione Lavori di Francesca Cipullo Architetto francesca.cipullo@gmail.com
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osì come fu per l’inaugurazione dell’Esposizione universale di Milano nel 1906, anche questa volta, dopo più di un secolo, il giorno dell’inaugurazione 1° maggio 2015 è stato caratterizzato dal mal tempo. Nonostante la sfortunata partenza, l’evento dell’inizio del secolo scorso fu un grande successo. I visitatori furono 10 milioni e fu allora che Milano visse la sua ribalta internazionale guadagnandosi il titolo di città industriale alla stregua di altre simili aree europee. Come allora, Milano lancia in questi mesi il suo guanto di sfida al mondo e la combinazione climatica malaugurata di partenza lascia ben sperare. Milano si presenta con un tema tanto elementare quanto pregnante per tutto il contesto mondiale, l’alimentazione. Nutrire il pianeta, Energia per la vita è il titolo di Expo 2015. Espressione oramai entrata negli occhi di tutti noi che di Milano abbiamo fatto la nostra casa e che per 2 anni abbiamo convissuto con il rumore dei cantieri cui si è perdonato ogni disagio purché ci portassero a sventolare la bandiera EXPO. Bandiera che, al di là di tutte le polemiche e gli
scontri, ha infuso fiducia e speranza in uno dei periodi più bui della capitale del Nord Italiano dove l’entusiasmo della produzione è stato fortemente stoppato da una crisi dominante. La seconda Esposizione Universale di Milano non rappresenta un 2.0. La città non è infatti stata stravolta, né particolarmente riqualificata in occasione di questa manifestazione, ma si è risvegliata. Con i suoi stessi abiti e con qualche accessorio in più. Abiti che si è costruita addosso nel tempo e che hanno fatto di se stessa la propria forza. L’internazionalizzazione infatti è da molto tempo una delle caratteristiche di maggiore differenziazione di questa città rispetto al resto del Paese, prerogativa che le ha concesso di reagire con molta naturalezza quando la costruzione dei padiglioni ha evidenziato la necessità di impostare delle collaborazioni tra i professionisti dei rispettivi Paesi e locali milanesi. La grande struttura del padiglione americano nasce proprio così, dalla collaborazione dello studio newyor-
kese Biber Architects, vincitore del concorso di progettazione bandito dal governo statunitense, e lo studio Genius Loci Architettura di Milano, incaricato dello sviluppo del progetto esecutivo e della Direzione Lavori. Nel corso dei mesi di lavoro che hanno portato alla realizzazione del grande parallelepipedo ispirato al tradizionale edificio agricolo americano, l’interazione fra la necessità di mantenere palpabile l’identità nazionalistica del concetto e gli strumenti realizzativi è stata proficua. Il prodotto di questa sistematizzazione quotidiana è un edificio multipiano compatto che celebra la necessità di modelli di sviluppo e progresso alternativi. L’eliminazione di impianti di condizionamento suppliti da una disposizione di spazi e di flussi di corrente di aria naturale si collega alla sfida che gli Stati Uniti vogliono manifestare di costruire una vera e propria fattoria americana.
3 2/ 33 Coerentemente all’approccio light touch, imposto dal format del Bureau International des Exposition, metà del lotto è rimasto libero da costruzioni e l’altezza dell’edificio non supera il parametro imposto per limitare la monumentalità delle presenze architettoniche. L’edificio si sviluppa in lunghezza assecondando la caratteristiche del lotto che, per lo strano gioco della particolare geopolitica che Expo 2015 propone, confina con quello del Kuwait. L’ingresso si configura in una ampia scalinata che serve il piano primo sul quale si sviluppano le principali attività manifesto dell’American Food 2.0, così come il titolo del Padiglione stesso racconta. Il boardwalk è una romantica celebrazione dell’orgoglio statunitense. Il percorso infatti narra la storia USA portando a nuova vita
il legno salvato dall’incendio che nel 1932 distrusse Coney Island trasformandolo in doghe di rivestimento del piano di calpestio. Il tappeto ligneo continua la sua celebrazione terminando in prossimità di un maestoso motore firmato General Electrics, simbolo dello sviluppo sostenibile in quanto capace di produrre energia elettrica e termica utilizzando biogas e oli di scarto. La narrazione della storia continua sulle facciate. I colori della bandiera si alternano orizzontalmente sul prospetto SudOvest costruito in maniera compatta da una lamiera di alluminio stirata e microforata, realizzata dall’azienda bergamasca Metalltech, abituata a concretizzare sperimentazioni delle più note archistar internazionali. Le grandi righe blu, bianche e rosse si innestano nell’aggetto che,
STAKEHOLDERS PROGETTO ARCHITETTONICO Biber Architects, New York (USA) PROGETTO ESECUTIVO E DIREZIONI LAVORI GLA - Genius Loci Architettura (nelle figure di Andrea Grassi, Stefano Boninsegna, Enrico Santi) AZIENDE ITALIANE CHE HANNO CONTRIBUITO COME SPONSOR Mapei Opere di impermeabilizzazione/trattamento intumescenza boardawlk Isoclima Copertura della terrazza in pannelli fotocromatici FORNITORI ITALIANI IMPEGNATI NELLA REALIZZAZIONE Premetall spa / Struttura portante in acciaio e xlam Lanaro srl / Opere in lattoneria, struttura portante vertical farm Milani / Impianto elettrico Panzeri / Impianto meccanico Vanoncini / Opere interne/ finiture Peverelli / Vertical farm/zip tower Metalltec / Facciata Ovest in lamiera d’alluminio anodizzato stirata forata Gr Group / Pellicole/grafiche
a sostituzione delle stelle, accoglie piatto e forchetta la cui texture è resa più preziosa da una lavorazione di sublimazione. Anche per il secondo prospetto longitudinale è stato mantenuto un linguaggio materico compatto, ma questa volta vegetale. La parete verde si compone di una struttura portante di tubolari metallici a sostegno di zip tower, parallelepipedi a base quadrata colmi di terra e forati lateralmente al fine di consentire la crescita di ortaggi che saranno serviti all’interno del padiglione. Le zip tower sono infatti realizzate in serra e montate a parete successivamente cosicché l’ortaggio possa raggiungere una crescita sufficiente ad essere raccolto. L’azione di sostituzione avviene con una periodicità pari 2 settimane. Anche su questo fronte, le aziende operatrici sono italiane: Lanaro per la struttura e Peverelli per le zip tower e connesso sistema di irrigazione. Italiano è anche in parte il portafoglio che ha concesso la realizzazione di questo sogno americano. 14 sono stati i milioni di dollari necessari allo sviluppo integrale del progetto e alla sua costruzione, cifra integralmente proveniente da fondi privati e da sponsor tra cui si annoverano le nostrane Mapei e Isoclima. In questi primi giorni dopo l’inaugurazione, l’entusiasmo cittadino e nazionale per l’Expo sta finalmente emergendo, complice anche il grande impatto che le architetture stanno vantando. Assorbito il nobile tema della manifestazione, ciò di cui gli ospiti godono immediatamente sono forme libere da uno stretto funzionalismo e capaci di stupire con quella sperimentazione che solo le Esposizioni Universali concedono. Chapeau alle mani libere e a coloro che sanno rendere concreti quei tratti.
NO R M E E S OCIE TÀ
Il “Big Bang” dei sistemi di alternative dispute resolution È imminente l’attuazione della Direttiva europea per la soluzione stragiudiziale delle liti tra consumatori e imprese
Marco Marinaro Avvocato Cassazionista / Membro Abf Roma info@studiolegalemarinaro.it
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l Consiglio dei Ministri, nella seduta dell’ 8 maggio 2015, ha approvato in via preliminare, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, il decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il Regolamento (CE) n. 2006/2004 e la Direttiva 2009/22/CE (Direttiva sull’ADR per i consumatori). Nell’attesa della definitiva approvazione del testo normativo – la cui entrata in vigore è indicata al 9 luglio 2015 appare utile individuare i princìpi e le linee guida della nuova disciplina che è destinata a porre le basi per autentica rivoluzione culturale nella soluzione delle controversie. Si tratta di un vero e proprio Big Bang del sistema della giustizia civile in quanto l’adozione della Direttiva è destinata a scardinare definitivamente l’idea monopolista della giurisdizione statale consentendo la creazione di una serie di microsistemi autonomi pur fondati su comuni princìpi.
Una rivoluzione che si apprezza in primo luogo sul piano culturale e che riguarda prevalentemente i rapporti B2C, ma che non può ritenersi ivi limitata per la generale valenza dei princìpi codificati. Infatti, occorre precisare che l’àmbito di operatività delle nuove norme sarà quello delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nazionali e transfrontaliere, concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell’Unione e consumatori residenti nell’Unione attraverso l’intervento di un organismo ADR (Alternative Dispute Resolution). Entra quindi nel lessico legislativo italiano per la prima volta l’acronimo di origine anglosassone ormai globalmente adottato per individuare quei procedimenti stragiudiziali di risoluzione delle liti diversi dal processo giurisdizionale. La Direttiva 2013/11/UE nasce dalla necessità di offrire una soluzione semplice, rapida ed economica alle controversie tra consumatori ed imprese. E ciò se di primo impatto
34/ 35 sembra rispondere al solo interesse del consumatore, a ben vedere risponde in egual misura anche al soddisfacimento dell’interesse delle imprese, almeno di quelle imprese che hanno scelto di adottare un sistema di approccio strategico nella gestione del conflitto con i propri clienti, utile non soltanto a limitare il contenzioso ed i suoi costi, ma per consolidare nella fase critica del rapporto una relazione di fiducia posta in crisi dall’insorgere della contestazione. La tecnica legislativa adottata è quella della novella in quanto la nuova normativa sarà introdotta integrando e modificando il Codice del consumo (decreto legislativo n. 206/2005). Si afferma inderogabilmente che il consumatore non può essere privato in alcun caso del diritto di adire il giudice competente, qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale, ed inoltre che non si può imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura ADR di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR. Il sistema di dispute resolution che necessiterà di norme attuative rispetto alla disciplina primaria - consente l’introduzione di procedimenti ove l’organismo ADR propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole. Si escludono quindi dal novero di questi sistemi quelle procedure volte ad imporre una soluzione. Per “organismo ADR” si intende qualsiasi organismo istituito su base permanente che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR
ed è iscritto in un apposito elenco istituito presso ciascuna Autorità competente. Le Autorità individuate sono il Ministero della Giustizia, unitamente al Ministero dello Sviluppo economico, la Consob, l’AEEGSI, l’AGCOM e la Banca d’Italia. Ogni Autorità definisce il procedimento per l’iscrizione e verifica il rispetto dei requisiti di stabilità, efficienza, imparzialità nonché il rispetto del principio di tendenziale non onerosità del servizio per il consumatore. Le Autorità competenti possono promuovere e svolgere la formazione dei soggetti incaricati degli ADR, e devono monitorare i programmi della formazione se alla stessa vi provvedono gli organismi ADR. Il Ministero dello Sviluppo economico è designato quale unico punto di contatto con la Commissione europea e, al fine di definire uniformità di indirizzo nel compimento delle funzioni delle Autorità competenti, è istituito presso lo stesso Ministero un tavolo di coordinamento e di indirizzo. I princìpi fondamentali cui devono uniformarsi tutti i sistemi di ADR sono quelli tesi a rendere tali procedure di risoluzione alternativa delle controversie «indipendenti, imparziali, trasparenti, efficaci, rapide ed eque». Un punto nodale della Direttiva che ha vincolato anche il legislatore nazionale prevede che le parti possano partecipare alle procedure ADR senza obbligo di assistenza legale (e tale norma riguarda anche la mediazione nel medesimo àmbito di rapporti). Inoltre, le parti dovranno essere informate del fatto che non sono obbligate a ricorrere
Per le imprese si aprono nuove opportunità di gestione strategica del conflitto con la clientela: dalla gestione diretta del reclamo all'eventuale procedura ADR a un avvocato o consulente legale, ma possono chiedere un parere indipendente o essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura. Prosegue così incessante l’evoluzione e la diffusione a livello normativo e culturale dei metodi stragiudiziali di soluzione delle controversie in ambito civile in virtù della forza propulsiva espressa senza sosta dall’UE. Un percorso che arriva da lontano e che gradualmente sta penetrando nel tessuto socioculturale e tecnicogiuridico in Europa e anche in Italia. Il Bing Bang ormai imminente allarga e consolida un sistema complementare di dispute resolution rispetto alla giurisdizione statale chiamata a svolgere il suo ruolo fondamentale ed ineludibile, ma in funzione di extrema ratio rispetto ad una serie di opzioni alternative alle quali le parti e – in base alla nuova disciplina – in particolare i consumatori potranno avvalersi per soluzioni efficaci, tempestive, economiche, in grado di soddisfare al meglio gli interessi in contesa. Per le imprese si aprono nuove opportunità di gestione strategica del conflitto con la clientela: dalla gestione diretta del reclamo sino all’eventuale procedura ADR.
NO R M E E S OCIE TÀ
L’affitto d’azienda nella gestione della crisi d’impresa Una soluzione che può consentire una gestione “ponte” in vista della presentazione di una proposta di concordato preventivo da parte della società concedente o di un accordo di ristrutturazione dei debiti
Maurizio Galardo Avvocato / Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it
L’
affitto di azienda non è disciplinato in maniera articolata e puntuale dal codice civile che si limita, all’articolo 2562, a richiamare le disposizioni dettate in tema di usufrutto di azienda. Nella prassi, tuttavia, si utilizza spesso questo contratto perché consente all’imprenditore di concedere in gestione la propria azienda legittimandolo comunque a rientrarne in possesso al momento della cessazione del contratto. Il contratto di affitto di azienda assume una particolare utilità nel superamento di situazioni di crisi aziendale in quanto può essere stipulato dall’imprenditore in difficoltà nell’ambito di un programma diretto a lasciare i debiti in capo alla società concedente e a consentire la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte di una società affittuaria. Tale finalità, se perseguita in maniera corretta e trasparente, anche mediante la determinazione di un canone adeguato, può consentire una gestione “ponte” in vista della presentazione di una proposta di concordato preventivo da parte della società concedente o di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis o comunque di soluzioni transattive volte a ridurre l’indebitamento della società con-
cedente, evitando soluzioni di continuità nello svolgimento dell’attività d’impresa. Con specifico riferimento al concordato preventivo con continuità aziendale (art. 186 bis l. fall.) è controverso se l’affitto di azienda possa essere strumentale alla continuazione dell’attività, anche se in via indiretta, dell’impresa proponente il concordato. Com’è noto l’istituto del concordato preventivo in continuità è ammissibile in presenza di un piano che preveda la prosecuzione dell’attività d’impresa, o da parte dello stesso debitore oppure da parte di un cessionario o di un conferitario dell’azienda. É necessario in particolare che concorrano due diverse circostanze oggettive: 1) il piano dev’essere esplicito nel contemplare la continuità d’impresa e l’attestazione che lo accompagna deve precisare che tale continuazione è funzionale al migliore soddisfacimento dei creditori; 2) il proponente deve esplicitare espressamente nella domanda l’intento della continuità. Secondo quando dispone l’art. 186 bis l. fall. la continuazione può avvenire ad opera dello stesso debitore oppure da parte di un terzo che si renda cessionario
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La realtà dimostra che spesso la stipulazione di un contratto di affitto, se correttamente strutturato, attraverso il trasferimento ad un terzo della gestione dell’impresa, consente una continuità nelle attività non altrimenti perseguibile
o conferitario dell’azienda. Ora il problema che si pone è quello di stabilire se sia ammissibile un concordato con continuità in cui l’azienda del proponente anziché essere ceduta o conferita in un’altra società venga semplicemente affittata ad un altro imprenditore. Secondo la tesi prevalente sarebbe da escludere l’ammissibilità del concordato con continuità nel caso in cui, pur in presenza di una prosecuzione dell’attività di impresa, la proprietà dell’azienda rimanga, in via definitiva, in capo al debitore concedente. Questa tesi si fonda in particolare sul disposto dell’art. 186 bis lett. a) l. fall. secondo cui il piano deve contenere una analitica indicazione di costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa, delle risorse finanziarie e delle relative modalità di copertura: tale previsione non avrebbe ragion d’essere nel caso di affitto dell’intera azienda in quanto tali dati risulterebbero inesistenti, rilevando solo la misura del canone di affitto. Anche la previsione di cui alle lettera b) dello stesso articolo nel prevedere che l’attestazione debba prevedere che la prosecuzione dell’attività è funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori risulterebbe priva di rilievo, rilevando semplicemente il canone proveniente
dall’affitto. É stato inoltre precisato che la soluzione dell’affitto di azienda in tanto potrebbe ritenersi compatibile con l’istituto del concordato con continuità in quanto tale contratto si inserisca in un piano che preveda che l’affitto in corso di procedura sia strumentale ad una successiva cessione e cioè preveda che all’affitto faccia poi seguito, condizionatamente all’omologa, la cessione, a titolo definitivo dell’azienda. Orbene, occorre innanzitutto distinguere l’affitto d’azienda fine a se stesso da quello prodromico al trasferimento dell’azienda o di un suo ramo. Quanto poi all’ipotesi di affitto propedeutico alla cessione si deve distinguere a seconda che la stipulazione del relativo contratto costituisca un elemento del piano concordatario o che essa invece si sia già verificata in epoca anteriore al deposito del ricorso ex art. 161 l. fall.. La prima ipotesi è ritenuta compatibile con il concordato in continuità purché l’affittuario si obblighi irrevocabilmente all’acquisto. In tal caso dipendendo la fattibilità del piano dalla regolarità dei pagamenti, sia di quelli relativi al canone, sia di quello relativo al prezzo finale di acquisto, l’attestazione del piano deve
precisare l’idoneità dell’affittuario – promissario acquirente a far fronte alle obbligazioni assunte con il contratto solo grazie al patrimonio di cui dispone e alle garanzie eventualmente assunte, ma opportunamente anche in virtù di un adeguato piano industriale. Per l’ipotesi invece di contratto di affitto già stipulato in data anteriore alla presentazione della domanda di concordato, l’eventuale incompatibilità con la continuazione dell’attività d’impresa potrà evitarsi prevedendo l’affitto non dell’intera azienda ma soltanto di un suo ramo. Ad avviso dello scrivente le interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali dovrebbero essere più aperte ad ammettere un’ampia utilizzabilità del contratto di affitto anche nel concordato con continuità in quanto la realtà dimostra che spesso la stipulazione di un contratto di affitto, se correttamente strutturato, attraverso il trasferimento ad un terzo della gestione dell’impresa consente una continuità nell’attività d’impresa non altrimenti perseguibile. Ciò che dovrebbe assumere rilevanza è pertanto la circostanza che l’azienda sia in esercizio con tutto ciò che questo comporta sotto il profilo del mantenimento dei rapporti di lavoro e del patrimonio aziendale.
NO R M E E S OCIE TÀ
Procedura fallimentare, i versamenti sui conti correnti sono revocabili La Cassazione ha respinto il ricorso promosso da un istituto di credito affermando che il credito della banca derivante dall'anticipazione era stato soddisfatto con provvista di denaro ottenuta erodendo il patrimonio della società poi fallita
Giovanni Sciancalepore Professore Ordinario di Diritto Privato Comparato gianni.sciancalepore@libero.it
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erita adeguata considerazione la recentissima sentenza della Cassazione n. 8225 del 22 aprile 2015. Nella specie, il Collegio ha respinto il ricorso promosso da un istituto di credito, avverso l’azione revocatoria promossa dal curatore fallimentare, affermando che i versamenti effettuati dal cliente sul conto corrente non possono essere considerati atti di natura ripristinatoria della provvista correlata al fido e, come tali, sono revocabili - ai sensi dell'art. 67, comma 2, del Regio Decreto del 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare). La vicenda, da cui trae origine l’affermazione del citato principio giudiziale, può essere sintetizzata nei termini che seguono. Il curatore, nell’ambito di una procedura fallimentare, aveva agito in revocatoria, a mente dell’art. 67, comma 2, della legge fallimentare, nei confronti di una banca, assumendo l’inefficacia relativa del pagamento della somma di 500 milioni delle vecchie lire, attraverso cui una società aveva estinto - nel luglio 1999 - il proprio debito di corrispondente importo nei confronti della banca. La situazione debitoria de qua era scaturita dalla concessione di un anticipo all'esportazione, ovvero da un’operazione
finalizzata a creare disponibilità finanziaria a favore del cliente imprenditore, in relazione ai crediti vantati nei confronti di controparti estere, per aver fornito loro merce o reso servizi. Si trattava, a ben vedere, di un’operazione autoliquidabile, nella misura in cui l’anticipo veniva rimborsato con i fondi rivenienti dall’incasso del credito anticipato. Più specificatamente, al momento dell’erogazione (generalmente contenuta nei limiti dell’80% dell’importo della fattura) l’istituto creditizio ha ottenuto la cessione, ovviamente a favore di se medesimo, del credito vantato dal cliente nei riguardi del debitore estero. La Banca si costituiva ritualmente, opponendosi alla domanda spiegata, eccependo la funzione ripristinatoria e non solutoria della provvista su conto affidato e chiarendo che si trattava di pagamento di un credito privilegiato, poiché garantito da pegno, come tale non revocabile, a condizione il Curatore non avesse provato che il credito altrimenti non avrebbe trovato capienza. In primo grado il Tribunale intervenuto rigettava la domanda. I giudici di secondo grado revocavano il pagamento della somma e condannavano la Banca al pagamento, oltre agli interessi
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La soluzione giudiziale adottata è ancorata al presupposto del pagamento di debiti liquidi ed esigibili. I pagamenti di debiti, quindi, devono essere considerati atti giuridici distinti dal rapporto sottostante
e alle spese. Avverso tale sentenza la banca ricorreva in Cassazione. A questo punto vanno prese in considerazione le argomentazioni della Corte. L’istituto di credito, tra i quesiti posti a fondamento del ricorso in Cassazione, chiedeva se fosse ammissibile l'azione revocatoria di rimessa su conto affidato senza alcuna prova, da parte della curatela fallimentare, circa la natura solutoria della rimessa stessa, ancor più effettuata in correlazione al pagamento del prezzo di un contratto tra la società fallita e un terzo, e intervenuta nei limiti dell'affidamento. Sul punto specifico la Cassazione ha ritenuto l’irrilevanza del quesito, atteso che il fallimento, con l'appello, aveva svolto motivo specifico sull'erronea qualifica del conto anticipo export come conto affidato e la Corte d'appello aveva chiaramente ritenuto trattarsi di finanziamento. La difforme qualificazione giudiziale ha permesso di ascrivere l’operazione tra quelle revocabili, ex art. 67 legge fallimentare, in virtù – tra l’altro - della stessa terminologia adottata dalle parti e, soprattutto, dell'immediato addebito - da parte della Banca - del corrispondente importo nel conto anticipi della impresa decotta.
Con un ulteriore quesito, la banca ricorrente si chiedeva se il debitore avesse il diritto di imputazione di pagamento, ai sensi dell'art. 1193 c.c., e se ciò gli fosse consentito, indipendentemente dalle indicazioni del terzo in relazione ad un contratto, cui la banca creditrice è estranea. Conseguentemente, se fosse legittima la riscossione da parte della banca sul conto anticipo export del corrispettivo di un’anticipazione affidata, intervenuta con contestuale costituzione in pegno delle relative somme, cui si aggiungeva la volontà del debitore di imputare il pagamento alla estinzione di detto specifico rapporto. Il ragionamento seguito al riguardo dalla Cassazione ha evidenziato che la ricorrente avrebbe voluto ricostruire, in termini diversi, quanto accertato sul piano del fatto dal Giudice del merito. Infatti, la Corte d'appello ha escluso che il pagamento di cui si chiede la revoca fosse oggetto di pegno, rilevando che il credito della Banca derivante dall'anticipazione era stato soddisfatto non con le somme oggetto di pegno, provenienti dal credito verso il cliente estero, ma con il danaro pervenuto dalla ditta fallita, in pagamento della vendita della merce. Si trattava, quindi, di provvista ottenuta erodendo il patrimonio della
società poi fallita. A fronte di detta ricostruzione, incontrovertibile e decisiva, la Corte ha osservato che la ricorrente avrebbe voluto, attraverso modalità inammissibili, offrire la propria diversa interpretazionequalificazione dei fatti. Da tanto è conseguito che il riferimento alla non revocabilità del pagamento, in quanto collegato a negozio non revocato, è infondato, poiché i pagamenti solutori sono revocabili, ai sensi dell’art. 67 legge fallimentare, anche se non sono revocati i negozi cui essi accedono. La soluzione giudiziale adottata è ancorata al presupposto del pagamento di debiti liquidi ed esigibili. Infatti, su tale principio, la giurisprudenza ha affermato che, in tema di revocatoria di cui all’art. 67, comma 2, de quo, i pagamenti di debiti, appunto, liquidi ed esigibili devono essere considerati atti giuridici distinti dal rapporto sottostante. Questo costituisce la configurazione causale, quelli – piuttosto - rilevano nella loro obiettiva natura di atti estintivi delle obbligazioni del fallito; pregiudizievoli per la massa dei creditori, e quindi, suscettibili di autonoma iniziativa tesa alla revoca, indipendentemente dalla revocabilità dei negozi cui essi causalmente ineriscono.
LAVORO
Infortunio dell'atleta, lavoratore e responsabilità della società sportiva - datore di lavoro La Cassazione civile, sezione lavoro, decide la controversia tra un giocatore di pallacanestro professionista e la società per cui era tesserato. Il ricorrente deve contestare specifici comportamenti contra legem del datore di lavoro. Non si configura una responsabilità oggettiva in caso di infortunio in occasione di attività sportiva
Luigi De Valeri Ordine Avvocati di Roma studiolegaledevaleri@gmail.com
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pecifici lavori comportano per loro natura dei rischi per la salute del lavoratore, tra questi lo svolgimento di una attività sportiva agonistica, tenuto conto della sua pericolosità e dei rischi ineliminabili da parte del datore di lavoro rispetto alla possibilità dell'atleta di subire un infortunio nel corso della prestazione. La controversia che ha origine…dai campi di basket è stata esaminata e decisa di recente dalla sezione lavoro della Cassazione. Premetto quanto stabilisce l’art. 2087 c.c. «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Un giocatore di pallacanestro professionista nel corso di una partita subiva un grave infortunio al tendine di Achille, a seguito del quale, dopo interventi chirurgici e tentativi di riabilitazione, era costretto ad interrompere l'attività agonistica. Il giocatore proponeva una domanda risarcitoria ex art. 2087 c.c. convenendo
dinanzi il giudice del lavoro la sua società sportiva che veniva respinta per non avere il lavoratore esposto il comportamento datoriale che sarebbe stato fonte della responsabilità. Seguiva l’appello dove la difesa del giocatore sosteneva che, descrivendo il sinistro, aveva dato per presupposta la connaturata pericolosità dell'agonismo sportivo come disciplinata dall'art. 7 della Legge 91 del 1981 che prevede l’obbligo di sorveglianza sanitaria a carico della società sportiva presso cui l’atleta lavoratore è iscritto e che quest’ultima aveva omesso di effettuare i controlli sanitari e aveva consentito che egli continuasse a giocare dopo l’infortunio al tendine di Achille. La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado poiché nel ricorso introduttivo l’atleta non aveva mai fatto richiamo al tipo di obblighi specifici di sicurezza del lavoro o generici di diligenza o prudenza che il datore di lavoro sportivo avrebbe violato e che sarebbero stati in nesso causale con l'incidente, non aveva contestato l'omessa sottoposizione a controlli dei medici, che questi fossero
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Determinati lavori comportano per loro stessa natura dei rischi per la salute del lavoratore. Tra questi rientra l’attività sportiva agonistica, tenuto conto della pericolosità insita nel suo svolgimento e dei rischi ineliminabili, in tutto o in parte, da parte del datore di lavoro rispetto alla possibilità dell'atleta di subire un infortunio nel corso della prestazione lavorativa
stati superficiali o che, nonostante fosse emersa da questi controlli l'usura del tendine, la società avesse consentito comunque al dipendente di giocare. Pertanto quanto dedotto solo in appello, ovvero vari fatti materiali richiedenti accertamenti istruttori, era da ritenersi tardivo e quindi inammissibile. Successivamente la controversia giungeva in Cassazione a seguito del ricorso dell’ex giocatore. La Corte di Cassazione, sezione lavoro, decideva il contenzioso con la sentenza n. 8297 del 23 aprile 2015 che respingeva definitivamente la domanda dell’ex giocatore. Il lavoratore ricorrente, precisava la Corte, avrebbe dovuto dedurre l'omissione commessa dal datore di lavoro nel predisporre le misure di sicurezza necessarie ad evitare il danno, non essendo sufficiente la generica deduzione della violazione di ogni ipotetica misura di prevenzione. L'art. 2087 c.c. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche. Il lavoratore che subisce
l'inadempimento, pur non dovendo dimostrare la colpa dell'altra parte dato che ai sensi dell'art. 1218 cc, è il datore di lavoro che deve provare che l'impossibilità della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che colpisce la controparte derivano da causa a lui non imputabile - è comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale e anche le regole di condotta che assume essere state violate. L'obbligo incombente ex art. 2087 c.c. sul datore di lavoro va parametrato alle particolarità del lavoro e alla natura dell'ambiente e dei luoghi in cui il detto lavoro deve svolgersi. Determinati e specifici lavori comportano per loro stessa natura dei rischi per la salute del lavoratore. Tra questi rientra di certo l’attività sportiva agonistica, tenuto conto della pericolosità insita nel suo svolgimento e dei rischi ineliminabili, in tutto o in parte, da parte del datore di lavoro rispetto alla possibilità dell'atleta di subire un infortunio nel corso della prestazione lavorativa. Per queste attività lavorative che prevedono la necessaria accettazione del rischio alla salute del lavoratore non si configura, secondo la Corte, una
responsabilità ex art. 2087 del datore di lavoro, salvi i casi in cui possano addebitarsi alla società sportiva comportamenti specifici, da provarsi di volta in volta da chi assume di essere danneggiato, che abbiano causato l’aggravamento del rischio collegato alla natura dell'attività sportiva. Nel caso particolare la difesa dell’atleta si era limitata in primo a grado a descrivere «...le modalità del sinistro con la sola indicazione che la lesione del tendine di Achille si sarebbe verificata “correndo durante un'azione di gioco” ovvero nelle normali ed imprescindibili modalità di esecuzione della prestazione lavorativa tipica...». Non era stata prospettata la mancata adozione di specifici obblighi di sicurezza del lavoro o generici di diligenza e prudenza. Correttamente il giudice di secondo grado aveva qualificato come nuove le allegazioni di fatto e di diritto introdotte per la prima volta in appello e, quindi, inammissibili. Quanto alla presunzione di colpa gravante sul datore di lavoro è vero che questi deve dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il danno, ma il lavoratore ricorrente deve prospettare le circostanze dell'inadempimento e questo non era stato dedotto nel ricorso introduttivo.
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LAVORO
Diritto alle ferie e disabilità La Corte di Giustizia ha stabilito che i giorni di riposo retribuito spettano anche ai disabili che hanno prestato la propria attività presso i CAT, ovvero i Centri di Aiuto, perché a tutti gli effetti lavoratori subordinati Massimo Ambron Avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it
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a Corte di Giustizia Europea, su rinvio pregiudiziale da parte della Corte di Cassazione francese, con la sentenza “Fenoll” del 26 marzo 2015 nella causa C-316/13, si è espressa riaffermando la nozione comunitaria di lavoratore subordinato e pronunciandosi sull’applicabilità diretta della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il fatto. Il signor Fenoll, cittadino francese disabile, ha svolto alcune attività per quasi dieci anni presso un centro d’aiuto attraverso il lavoro (CAT), riservato alle persone con disabilità, che non possono, temporaneamente o permanentemente, lavorare nelle normali imprese. Il ricorrente proponeva ricorso dinanzi il Tribunale di Avignone al fine di ottenere il pagamento delle ferie retribuite maturate e non godute per il periodo fra il 1° giugno 2003 e il 31 maggio 2004 e fra il 1° giugno 2004 e il 31 maggio 2005. Il ricorso veniva respinto, in quanto il Tribunale riteneva che il calcolo effettuato dal CAT (6 giorni di ferie retribuite su 78 lavorati e pagati nel luglio del 2005), si fondasse su un’interpretazione corretta della normativa francese secondo la quale un lavoratore non può pretendere un’indennità sostitutiva delle ferie retribuite non godute a causa della propria malattia e i periodi di assenza dal lavoro per malattia non danno essi stessi diritto alle ferie retribuite. Infatti, le sole disposizioni del codice del lavoro francese applicabili ai disabili inseriti nei CAT erano quelle relative all’igiene e alla sicurezza sul lavoro, poiché il disabile, in tali circostanze, non era considerato dall’ordinamento interno come lavoratore subordinato. La sentenza è stata poi impugnata in Cassazione che ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia circa la possibilità di estendere la nozione di lavoratore, ai sensi delle direttiva 2003/88/CE, anche ad un disabile inserito in un centro d’aiuto. La Corte, con la pronuncia del 26 marzo 2015, in primis si è soffermata sulla nozione di lavoratore
subordinato, evidenziando in particolare che questa deve essere desunta da criteri obiettivi, chiarendo che caratteristica fondamentale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione. Pertanto, secondo la Corte, deve applicarsi l’art. 3 della direttiva 2003/88/CE anche al disabile che ha prestato la propria attività presso i CAT, con il conseguente diritto al beneficio delle ferie previsto dall’art. 7 della medesima direttiva. La seconda questione affrontata riguarda la possibilità di invocare, come fonte primaria del proprio diritto alle ferie, l’art. 31, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali (Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite) e la possibilità di disapplicare una norma interna che non riconosca tale diritto. La Corte di Giustizia, accogliendo le conclusioni dell’Avvocato Generale, ha affermato l’applicabilità diretta, in linea di principio, dell’art. 31 della Carta, ma allo stesso tempo specifica l’inapplicabilità nel caso in esame, in quanto la pretesa del sig. Fenoll relativa alle ferie retribuite riguardava il periodo dal giugno 2004 al maggio 2005, antecedente al 1 dicembre 2009, data in cui la Carta dei diritti fondamentali ha acquisito valore vincolante. Infine, la Corte indica la strada da percorrere qualora non fosse possibile interpretare il diritto nazionale in modo conforme a quello dell’Unione. In tal caso, non sussisterebbe che la possibilità, per il ricorrente, parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione, di ricorrere alla giurisprudenza Francovich (C 6/90 e C 9/90) vale a dire far valere la responsabilità dello Stato membro dinanzi ai giudici nazionali al fine di ottenere il risarcimento del danno subito.
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EXPO 2015, fisco e il progetto Otello Per i visitatori extra–UE che acquistano merci in Italia in occasione della manifestazione è disponibile una procedura automatizzata per l’esonero dall’IVA
Maurizio Villani Avvocato Tributarista in Lecce / Patrocinante in Cassazione avvocato@studiotributariovillani.it / www.studiotributariovillani.it
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l 6 marzo 2015 l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha pubblicato un provvedimento prot. 30144/RU che semplifica gli adempimenti per la fruizione del beneficio “tax free” per i viaggiatori extra-Ue che acquistano merci in Italia per uso personale. L’iniziativa rientra in una più generale strategia predisposta per Expo 2015. L’amministrazione doganale ha predisposto una serie di procedure innovative (sdoganamento in mare e in volo, controlli one stop shop, fast corridors, etc.) per velocizzare i transiti di merci destinati al sito espositivo, garantendo sia la sicurezza degli scambi, sia la agevole fruizione delle facilitazioni previste per i Paesi partecipanti. In questo contesto si colloca anche il progetto Otello (Online tax refund at exit: light lane optimization). Si tratta di un’applicazione telematica che digitalizza il processo per ottenere il via libera doganale al “tax free” o “tax refund”, previsto dalla normativa per i viaggiatori extra-europei. Il rimborso o lo sgravio dell'imposta per i soggetti domiciliati e residenti fuori
dal territorio comunitario è previsto, infatti, dall’art. 38-quater del D.P.R. 633/1972, il quale richiede le seguenti condizioni: • il valore dei beni riportati su ogni fattura deve essere superiore a 154,94 euro; • i beni devono essere destinati ad uso personale o familiare; • sulla fattura devono essere riportati gli estremi del passaporto o altro documento equipollente per comprovare che il viaggiatore è residente o domiciliato fuori dall’UE; • l’uscita dei beni dal territorio UE deve avvenire entro il terzo mese successivo dalla data di effettuazione dell'operazione ed è comprovata dal visto doganale; • la fattura dovrà essere restituita al punto vendita vistata dall'ufficio doganale di uscita, entro il quarto mese successivo all'effettuazione dell'operazione; • in caso di mancata restituzione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione dell’operazione a norma del primo comma dell'articolo 26, entro un mese dalla scadenza del
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La nuova procedura telematica è operativa dal 1°marzo 2015. In una prima fase di rodaggio sarà attiva solo presso l'aeroporto di Malpensa (codice ufficio 279100), quale scalo maggiormente interessato dall'evento EXPO Milano 2015 per poi essere successivamente estesa anche ad altri scali
suddetto termine. L'acquirente extra-Unione Europea che vorrà richiedere il rimborso o lo sgravio dell'IVA assolta in Italia per gli acquisti effettuati all’EXPO avrà a disposizione due diverse procedure, a seconda che l'esercente dal quale acquista i beni, sia associato o meno a società di rimborso presenti in aeroporto: 1) nel primo caso il viaggiatore potrà presentare la fattura di acquisto al desk indicato dalla società di rimborso, quest'ultima trasmetterà la richiesta tramite Otello e, terminati i controlli sui dati trasmessi telematicamente verrà rilasciato il visto doganale, indispensabile per la restituzione dell’IVA ad opera della stessa società di rimborso; 2) nel secondo caso invece, l'acquirente non residente dovrà rivolgersi direttamente presso gli uffici doganali i quali, eseguiti i controlli necessari, provvederanno a riconsegnare la fattura all'acquirente, allegandovi la stampa del file PDF prodotta da Otello in cui verrà riportato il visto doganale. L’Agenzia delle Dogane ha predisposto detto applicativo, che attraverso messaggi XML
scambiati con tutti gli stakeholders via Web Service favorisce: - la riduzione delle code per ottenere il visto doganale; - l’efficacia e l’efficienza dei controlli, basandoli sull’analisi del rischio (caratteristiche oggettive e soggettive delle richieste di rimborso/sgravio). Peraltro la procedura Otello ha il fine esclusivo di razionalizzare nonché semplificare la procedura connessa all’apposizione del visto da parte dell’autorità doganale ma non incide sulla normativa vigente in materia e sulla facoltà di effettuare controlli anche dopo l’apposizione del visto stesso. Gli attori del processo, compresi i viaggiatori, possono verificare lo stato di una richiesta di rimborso/ sgravio inserendo uno dei seguenti dati: 1) codice richiesta 2) visto doganale 3) partita IVA/numero fattura/ anno fattura. In risposta la maschera di ricerca disponibile fornisce: - il codice richiesta; il numero fattura; la data fattura; lo stato della richiesta; - se emesso: il visto doganale con la relativa data di rilascio. Le società di gestione
aeroportuale, le società di rimborso e gli esercenti che intendono avvalersi dei servizi offerti da Otello devono registrarsi al Servizio Telematico Doganale (Circolare 27 dicembre 1995, n. 333). La nuova procedura telematica è operativa dal 1°marzo 2015. In una prima fase di rodaggio sarà attiva solo presso l'aeroporto di Malpensa (codice ufficio 279100), quale scalo maggiormente interessato dall'evento EXPO Milano 2015. In seguito verrà estesa: - all'aeroporto di Fiumicino; - agli altri aeroporti, con priorità per quelli maggiormente interessati dall'evento. In caso di irregolare funzionamento del sistema informativo di uno o più soggetti coinvolti, gli attori del processo danno opportune informazioni ai viaggiatori e si applicano le procedure previgenti ad Otello. Le istruzioni per richiedere assistenza e segnalare cattivi funzionamenti sono disponibili sul sito istituzionale dell'Agenzia delle Dogane alla voce Assistenza online, seguendo il percorso: "Assistenza on-line -> Come chiedere assistenza".
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EXPO 2015, la deducibilità dei costi Quali spese, e in quale percentuale, sono detraibili per le aziende che partecipano alla manifestazione?
Marco Fiorentino Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group marcofiorentino@fiorentinoassociati.it
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bbiamo di recente assistito alla inaugurazione dell’Expo 2015, occasione veramente unica per il rilancio dell’immagine dell’Italia all’estero. Il tema è “Nutrire il pianeta” ma questa nobile tematica ha fatto sì che tutti i Paesi presenti abbiano simboleggiato la loro cultura, attraverso prodotti alimentari tipici. Pertanto, l’Expo 2015 è divenuto anche una enorme fiera del food, cui saranno presenti, quand’anche da visitatrici, soprattutto le aziende del settore. Ma che trattamento fiscale hanno le spese inerenti tali tipi di eventi? In linea di principio, i costi relativi a tali eventi vengono suddivisi in tre grandi macrocategorie: Spese di rappresentanza; Spese di pubblicità; Spese commerciali. Secondo il D.M. del 19 novembre 2008 (il “DM”), si definiscono spese di rappresentanza: - i costi di beni e servizi che sono erogati a terzi a titolo gratuito, senza obbligo di controprestazione; - aventi finalità promozionali o di pubbliche relazioni in senso lato; - il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza e abbia l'obiettivo di produrre benefici per l'impresa. Tuttavia, l’assenza di corrispettivo non deve far assorbire nelle spese di rappresentanza ogni operazione a titolo gratuito, ma solo quelle aventi anche gli altri requisiti sopra
citati. Infatti, non sono costi qualificabili come spese di rappresentanza (ad esempio): • i beni distribuiti gratuitamente in occasione di concorsi a premio; • gli oggetti promozionali consegnati ai clienti contestualmente ai prodotti venduti; • gli sconti; • le politiche di vendita "tre per due". Poi, secondo la Relazione illustrativa al DM, la finalità promozionale consiste nella divulgazione sul mercato delle attività dalla società, mentre le pubbliche relazioni consistono nell’attività necessaria a mantenere i rapporti con i rappresentanti della società civile, Istituzioni, Mercato, ecc.. Non bisogna dimenticare, infine, che l’ammontare delle spese non deve essere irragionevole rispetto alla finalità sopra descritta e deve sempre essere presente un legame, seppur generico, con l’obiettivo di dare benefici economici all’impresa. Tale legame, in un certo senso, può presumersi ove la spesa sia coerente con pratiche commerciali di settore. Diversamente il costo è indeducibile in assoluto. Il DM individua anche talune spese che, pur avendo natura di spese di intrattenimento in senso ampio (e quindi, in teoria, indeducibili per difetto di inerenza), possono considerarsi attinenti all’attività dell’impresa: • spese per viaggi turistici in occasione dei
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Le spese commerciali in senso lato possono sovrapporsi, talvolta, a quelle di rappresentanza, quando sono caratterizzate dalla gratuità nei confronti di coloro che ne beneficiano, sempre che entrambe abbiano come obiettivo lo sviluppo delle vendite
quali siano in concreto svolte attività promozionali; • spese per feste e altri eventi organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o festività ovvero di inaugurazioni di nuove sedi, uffici o stabilimenti; • spese per feste e altri eventi organizzati in occasione di fiere ed eventi simili. Le spese di rappresentanza, tuttavia, non sono deducibili tout court, ma nei limiti di un preciso plafond parametrato all’ammontare dei ricavi della gestione caratteristica dichiarati nel periodo d’imposta in cui le stesse sono sostenute. Come stabilito dall’art. 1, co. 2, del DM, le spese di rappresentanza sono deducibili nei seguenti limiti: a) 1,3 per cento fino a 10 milioni di Euro di ricavi (130.000 euro); b) 0,5 per cento per la parte che eccede i 10 milioni e fino a 50 milioni di Euro di ricavi (200.000 euro); c) 0,1 per cento per la parte che eccede i 50 milioni di Euro di ricavi. Ne consegue che, per una azienda con 50 milioni di fatturato, il plafond di deducibilità è pari ad euro 330.000. La parte di spesa eccedente, è indeducibile in via permanente dal reddito di impresa. Si precisa che lo schema del DLGS sulla internazionalizzazione ha innalzato la soglia di deducibilità (1,5 per cento per il primo scaglione, 0,6
per cento per il secondo scaglione e 0,4 per cento per il terzo scaglione). Le spese di pubblicità, invece, sono quelle sostenute in forza di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell'obbligo della controparte di pubblicizzare/ propagandare, a fronte della percezione di un corrispettivo, il marchio e/o il prodotto dell'impresa al fine di stimolarne la domanda. Quindi, occorre un rapporto sinallagmatico, la pubblicità di un marchio o di un prodotto/servizio e un collegamento con un mercato anche potenziale. Si precisa a tal proposito che la Giurisprudenza e la prassi più accreditata hanno affermato che, per aversi spesa di propaganda (e non spesa di rappresentanza), occorre che la manifestazione sponsorizzata, sia rivolta ad un pubblico, in grado, anche in via potenziale, di fruire dei beni dello sponsor. L’inerenza si presume in ogni caso (ex art.90 Legge 289/02) invece, per le sponsorizzazioni a favore di associazioni sportive dilettantistiche per attività giovanili riconosciute dalle Federazioni nazionali, nei limiti di euro 200mila. Le spese di pubblicità sono integralmente deducibili dal reddito d’impresa, senza soggiacere a limiti quantitativi, tenendo conto, per le prestazioni continuative,
dell’imputazione secondo il pro rata temporis. Le spese commerciali in senso lato possono sovrapporsi, talvolta, a quelle di rappresentanza, quando sono caratterizzate dalla gratuità nei confronti di coloro che ne beneficiano, sempre che entrambe abbiano come obiettivo lo sviluppo delle vendite. Affinché queste non ricadano sotto la scure fiscale, occorre che il link con lo sviluppo commerciale sia diretto, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo. Sono pertanto ammesse le spese commerciali - le cosiddette “spese di ospitalità”, sostenute per ospitare clienti o fornitori, anche potenziali, in occasione di fiere ed esposizioni - in cui sono pubblicizzati i beni dell’impresa, ovvero per visite a sedi dell’impresa. Come pure sono costi commerciali le spese sostenute per l’allestimento di stand espositivi in fiere dedicate a prodotti dell’impresa, nonché gli inerenti costi di preparazione. Ciò in quanto, la platea è rappresentata da interlocutori diretti dell’azienda, e la finalità anche teorica degli incontri è quella di “chiudere” accordi commerciali. Sono costi che l’impresa sostiene nel proprio interesse, senza alcuna ragione di liberalità, caratterizzati da un univoco vincolo di inerenza in rapporto ai ricavi generati che ne sancisce la deducibilità.
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Contratti di sviluppo, bandi aperti dal 10 giugno Per una buona partenza è necessaria la predisposizione di una domanda completa e corretta, che faciliti la preliminare attività di valutazione del soggetto gestore
Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com
È
ormai vicina la data di riapertura dello sportello dei contratti di sviluppo. La presentazione delle domande sarà, infatti, possibile dal prossimo 10 giugno, ore 12.00 e richiederà alle imprese interessate una fase di preparazione abbastanza impegnativa per l’accesso agli aiuti. Come per tutti gli strumenti agevolativi sottoposti a una incisiva attività istruttoria, anche per il contratto di sviluppo l’elemento fondamentale per una buona partenza è senz’altro la predisposizione di una domanda completa e corretta,
dagli investimenti complessivamente elencati (compresi quelli in ricerca e sviluppo o, per il comparto turistico, quelli in innovazione di processo e di organizzazione). Tutti i soggetti coinvolti dovranno attestare in che modo parteciperanno alla spesa per la parte posta a loro carico, attraverso risorse proprie o mediante finanziamento esterno. L’onere è adempiuto facendosi rilasciare da una banca o da un istituto finanziatore una dichiarazione sulla disponibilità a valutare la concessione di un finanziamento a medio-lungo termine o, per i mezzi propri, che confermi la disponibilità del socio o che faciliti la preliminare attività di dei soci di mezzi finanziari adeguati. valutazione del soggetto gestore. La ripartizione negli anni delle spese Pertanto, non è da sottovalutare e delle risorse destinate alla relativa la necessità di prestare particolare attenzione alle formalità imposte dalla copertura dovrà, inoltre, tenere conto procedura, allegando tutti i documenti dei tempi massimi previsti dalla normativa per la realizzazione dei richiesti, soprattutto quelli indicati progetti. nelle diverse sezioni del format della Dalla data indicata come avvio Proposta di contratto di sviluppo, che dell’investimento a quella di chiusura potrebbero facilmente sfuggire (non non possono passare più di 48 mesi. pochi e alcune volte non facilmente È, poi, opportuno descrivere sempre individuabili). in maniera chiara e dettagliata le Occhio anche alla corretta predisposizione dei piani finanziari per motivazioni e gli input sottostanti le previsioni dei ricavi di vendita la copertura del fabbisogno derivante
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Modalità di presentazione delle domande
Procedura telematica dal sito Invitalia (www.invitalia.it). Necessaria: • La registrazione, indicando un indirizzo di posta elettronica ordinario dove saranno inviate le credenziali per l’accesso all’area riservata; • Richiesta della delega al soggetto proponente per la presentazione della domanda, inserendo nell’area riservata le informazioni sul soggetto e l’indirizzo Pec per l’autorizzazione della delega; • Firma digitale di tutti i partecipanti.
Documenti e informazioni da produrre
• Dati anagrafici dei soggetti richiedenti le agevolazioni; • Dati relativi ai singoli progetti di investimento; • Caricamento sulla piattaforma della proposta di Contratto di Sviluppo redatta in base al fac-simile pubblicato sul sito Invitalia (con tutti gli allegati richiesti nelle diverse sezioni del format); • Dichiarazione requisiti generali per l’ammissibilità alla procedura di per ciascuna impresa partecipante; • Dichiarazione sulla dimensione imprenditoriale di ciascun partecipante.
e dei costi riportati nei piani economico-finanziari contenuti nella Proposta. A chi redige i piani è richiesto lo sforzo di evidenziare sia la capacità produttiva ante investimento che l’evoluzione della stessa negli anni fino all’esercizio a regime, esplicitando le quantità (nell’unità di misura più opportuna) e i relativi prezzi di vendita, oltre che il piano occupazionale e il costo medio annuo per addetto. Tutto ciò non può prescindere da una approfondita conoscenza del
ciclo produttivo aziendale. In ogni caso, la proposta progettuale dovrà essere predisposta utilizzando i format messi a disposizione sul sito del soggetto Gestore Invitalia spa (www.invitalia.it). I modelli sono differenti per le tre tipologie di contratto di sviluppo ammissibile: industriale, turistico o ambientale. La procedura di presentazione delle domande è completamente telematica con accesso all’apposita piattaforma disponibile sul richiamato sito internet.
Chi procede materialmente al caricamento on-line della domanda con tutti gli allegati dovrà ottenere specifica delega dal soggetto proponente, da inserire nel sistema, al fine del conseguimento dell’autorizzazione ad operare. A differenza dei precedenti bandi, tutti i soggetti sottoscrittori della proposta (proponente, eventuali soggetti aderenti ed eventuali partecipanti ai programmi di R&S e innovazione) dovranno provvedere ad apporre la firma digitale.
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Spending review, mind review ed “economia rurale” Come si fa in agricoltura per dare al terreno il tempo utile di rigenerarsi, anche per il sistema economico andrebbe attuato un “fermo fiscale” per stimolare la fiducia e spronare famiglie e imprese a ripartire Luca Iovine Amministratore Unico Gruppo Iovine info@gruppoiovine.it
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ella sfera economico-politica del nostro Paese ciclicamente tengono banco confronti e discussioni sulla spending review, argomento controverso, trattato talvolta con precisa cognizione, talaltra ignorandone addirittura l’esatto significato. Molti infatti, traducono spending review con politica di Riduzione della Spesa, trascurando quel postulato di macroeconomia in base al quale una riduzione della spesa, per tutta una serie di fattori, comporta una riduzione della domanda e dunque del PIL. Una cura quindi che - anziché rimettere ordine nel bilancio pubblico e far ripartire l’economia del Paese in sofferenza - finisce con il peggiorare le condizioni dell’ammalato. I governi succedutisi a Monti - Esecutivo che dopo tempo ha riportato in ballo la discussione sulla spending review - hanno tutti dovuto aumentare le aliquote fiscali per supplire alla riduzione di gettito determinata proprio dalla riduzione della spesa. Questo ha ingenerato un circolo vizioso che ha portato ad ulteriori riduzioni di Domanda e PIL accompagnate da un gravissimo crollo della fiducia. Se la riduzione della spesa non è il rimedio giusto, in che modo lo Stato italiano può allora trovare i soldi per fare ripartire investimenti, fiducia ed economia? Sostanzialmente o usando fondi europei o rivedendo la qualità della spesa. Nel primo modo si utilizzano risorse esogene e quindi i parametri economici migliorano senza che questo comporti la necessità di nuove tasse (che generano un effetto recessivo). Con il secondo, invece, si rivede - e non riduce - la spesa. Ma come? Abbassando quella improduttiva (tassi di interesse e varie forme di sprechi) e aumentando quella produttiva (investimenti, welfare “sano”, etc.). A parità di budget, l’aumento della spesa produttiva genera un effetto positivo
sul PIL e dunque su entrate fiscali e casse dello Stato; in seguito all’incremento del gettito fiscale, lo Stato può ridurre le aliquote generando un ulteriore incremento della Domanda, del PIL e delle entrate fiscali. Utopia? No, politica keynesiana di sviluppo: migliori il livello qualitativo della spesa e riduci le tasse! L’effetto volano sull’economia sarebbe poi maggiore se accompagnato da manovre che mirassero al suo sviluppo sostenibile, stimolando, con adeguate misure, gli investimenti privati. Il manager pubblico, applicando semplicisticamente i principi della partita doppia, potrebbe obiettare che non ci sono i soldi per politiche di sviluppo (riduzione delle aliquote). A guardar bene però, addentrandosi in una mirata analisi del margine di contribuzione, si potrebbe - anziché alzare le tasse come fatto finora - provare a ridurle sui “nuovi acquisti” per stimolare investimenti ad esempio nell’immobiliare, con un notevole effetto positivo per l’Erario. In agricoltura così come nella caccia e nella pesca, si attua il “fermo biologico”. Se non dai il tempo al terreno di recuperare i suoi elementi, rischi di depauperare il futuro dei tuoi figli. Bisogna aver rispetto dell’eco-sistema in cui si opera altrimenti l’utilizzo diventa sfruttamento “non sostenibile”. Per analogia, il sistema economico avrebbe bisogno di un “fermo fiscale” per stimolare la fiducia e spronare famiglie e imprese a ripartire. Non è dunque solo una mera questione di Spending Review quanto piuttosto una questione culturale di Mind Review. Se lo Stato impara ad aver cura del futuro e dei suoi cittadini, questi torneranno a rispettarlo e a fidarsi offrendo il loro ragionevole contributo. Il raccolto verrà, è sempre arrivato nel corso dei tempi, bisogna (solo) saper aspettare. Ad maiora!
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Progetto Pon “Safemeat”, carni più sicure più a lungo Tra le altre innovazioni di processo e di prodotto sono stati sviluppati imballaggi innovativi ecocompatibili, basati su polimeri nanocompositi, biodegradabili e materiali riciclati di Loredana Incarnato Dipartimento Ingegneria Industriale / Università di Salerno
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l progetto PON Safemeat propone una complessa attività di ricerca industriale finalizzata alla messa a punto di processi industriali innovativi volti al miglioramento della sicurezza alimentare e della shelf-life dei prodotti ottenuti dalla lavorazione delle carni. Gli obiettivi del progetto mirano a diversificare la gamma delle produzioni, in rapporto all’evoluzione della domanda dei consumatori e degli operatori del mercato, e ad adottare soluzioni innovative e a basso impatto ambientale per ciò che attiene gli imballaggi utilizzati. Le attività di ricerca, sperimentazione e formazione, che hanno avuto inizio a fine 2011 e che termineranno entro la fine del 2015, sono state sviluppate lungo cinque linee: 1. Nuovi metodi per il miglioramento della qualità e della sicurezza degli alimenti carnei. 2. Messa a punto di nuovi prodotti freschi e stagionati. 3. Sviluppo di nuove soluzioni di packaging. 4. Sviluppo di nuovi prodotti pronti da cuocere. 5. Sviluppo di un sistema innovativo di tracciabilità. I partner coinvolti sono diversificati tra università (Salerno – Dip. di Ingegneria Industriale; Foggia – Dip.
di Scienze degli Alimenti; Cosenza – Dip. di Modellistica per l’Ingegneria), enti pubblici di ricerca (CNR Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari) e aziende del settore (Salumificio Dodaro s.p.a, Ortoreale s.r.l., Sirinfo s.r.l.). Tutti i partner del progetto, pur operando secondo le specifiche competenze, hanno lavorato in maniera sinergica alla realizzazione degli obiettivi, condividendo risultati ed esperienze. In particolare, nell’ambito delle attività del progetto sono state messe a punto metodiche di controllo dei rischi connessi allo sviluppo di tossine e agenti patogeni durante il ciclo di lavorazione delle carni. Sono stati, inoltre, sviluppati sistemi analitici basati su biosensori per il monitoraggio del processo di produzione di salumi stagionati e software di simulazione per il controllo della stagionatura. Sul fronte dei nuovi prodotti, sono stati adottati nuovi conservanti basati su estratti naturali, e formulati nuovi piatti pronti da cuocere in cui la carne è abbinata a vegetali e spezie selezionate sia per conferire aromatizzazioni specifiche, sia con funzione di conservanti e antiossidanti naturali. Tali nuovi ingredienti consentono di ridurre l’uso di additivi chimici e di incrementare qualità
e valori nutrizionali senza ridurre l’identità distintiva dei prodotti tipici della norcineria italiana. Per ognuna delle tipologie di prodotto (carni fresche, stagionate, pronte da cuocere) sono stati progettati e sviluppati imballaggi innovativi ecocompatibili, basati su polimeri nanocompositi, biodegradabili e materiali riciclati. I prototipi di imballaggio, prodotti con gli impianti pilota presso i laboratori del DIIN (UNISA), sono stati testati su scala semi industriale dimostrandosi pienamente adeguati alla conservazione dei prodotti a base di carne. Sul fronte dei servizi, infine, è stato sviluppato un sistema di tracciabilità che integra le informazioni relative ai prodotti e ai processi ed innalza il livello di trasparenza sulle produzioni dell’industria alimentare a vantaggio sia dei consumatori, sia della distribuzione commerciale. I risultati, pressoché completamente conseguiti, consentiranno alle aziende del comparto di accrescere il livello di competitività su un mercato che nel panorama dell’economia regionale e nazionale ricopre un ruolo strategico, anche in termini di esportazione all’estero dove c’è un crescente apprezzamento dei prodotti tipici della tradizione gastronomica italiana.
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A CURA DELLA REDAZIONE
Biodiversità vegetale campana, alla salvaguardia ci pensa Agrigenet Il progetto si propone di individuare, caratterizzare e catalogare le risorse genetiche di accessioni vegetali campane per conservare in situ il germoplasma, reintroducendo sul territorio alcune varietà ed ecotipi a maggiore rischio di estinzione e per valorizzare le loro proprietà nutrizionali, sensoriali e nutraceutiche
L
a Regione Campania ha individuato nella misura 214 dello PSR 2007-2013 un piano quadriennale delle azioni mirate per il recupero delle risorse genetiche agrarie a rischio di estinzione. Questa misura per la Campania ha costituito il primo grande sforzo di individuare e caratterizzare la biodiversità vegetale regionale. In questo ambito, è stato finanziato il progetto “Network per la salvaguardia e la gestione delle risorse genetiche agro-alimentari” (AGRIGENET) che ha come obiettivi l’individuazione, la caratterizzazione e la catalogazione delle risorse genetiche di accessioni vegetali campane. Obiettivo del progetto è anche la formazione di un sito web delle risorse genetiche vegetali campane per la conservazione in situ del germoplasma, per la reintroduzione sul territorio delle varietà ed ecotipi a maggiore rischio di estinzione e per una valorizzazione delle loro proprietà nutrizionali, sensoriali e nutraceutiche. Le istituzioni scientifiche coinvolte, tutte operanti in Campania, sono: il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA, nelle sedi operative campane CRA-ORT, CRA-FRC e CRACAT), l’Ente Nazionale per Sementi Elette (ENSE), l’Università degli
Studi di Salerno, la Seconda Università di Napoli e l’Università del Sannio. Il responsabile scientifico del progetto è il dottor Marco Scortichini del CRA. Per l’Università di Salerno, tre dipartimenti hanno partecipato al progetto: il DIFARMA con le professoresse Antonella Leone ed Enrica De Falco sugli aspetti legati alla caratterizzazione agronomica e genetica del germoplasma vegetale campano, il DIEM con i professor Massimo De Santo e Francesco Colace che si sono interessati della progettazione hardware per la base dati, della progettazione applicazione
Web Based per consentire di inserire, consultare e gestire la base dati e della progettazione del portale web, e infine il DIIN con le professoresse Marisa Di Matteo e Donatella Albanese che si sono interessate della caratterizzazione chimicofisica, nutraceutica e sensoriale degli ecotipi vegetali campani. Per l’Università di Salerno il responsabile scientifico e delegato del Rettore è la professoressa Di Matteo. In questo primo studio sistematico di caratterizzazione della biodiversità vegetale campana sono stati caratterizzati nei vari
torzelle
broccolo dell’olio
ciliegia Camponica
melone Montecalvo irpino
RI CE RCA aspetti 120 accessioni e i primi risultati sono già consultabili nel sito web dell’AGRIGENET. Il progetto terminerà il 30 giugno 2015 con la fase di divulgazione dei risultati per permettere non solo agli agricoltori e agli operatori del settore di poter scegliere tra le specie vegetali gli ecotipi più
interessanti per la coltivazione e la commercializzazione in base alle loro caratteristiche, ma sarà molto utile anche ai semplici utenti che mediante un sito web di facile consultazione potranno avere le informazioni su tutte le caratteristiche più importanti degli ecotipi vegetali campani.
albicocca Resina
fagiolo occhio nero Altosele
Analisi dell’amido al SEM di accessioni di fagioli e cicerchie
cicerchia dei Campi Flegrei
Ottica, un progetto per allungare la vita alle castagne Tra gli obiettivi l’identificazione delle problematiche fitosanitarie che investono le coltivazioni e la gestione delle stesse per garantire una presenza più prolungata del prodotto castanicolo
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a castanicoltura da frutto in Campania ancora oggi occupa un ruolo preminente nell’economia agricola, nonostante il calo di produzione annua (oggi di circa 400.000 quintali rispetto agli oltre 1 milione di inizio secolo). Più del 50% della produzione nazionale è infatti campana e campano è pure circa il 10% della produzione mondiale. Le oltre 5000 aziende agricole impegnate nella fase di produzione e le 35-40 aziende di trasformazione rappresentano una filiera produttiva leader nel mondo con oltre 2000 addetti; il 70% dei marron glacé prodotti nel mondo utilizzano le castagne campane più
adatte alle trasformazioni dolciarie. Tra gli aspetti che generano maggiore difficoltà commerciali del prodotto fresco vi è la breve durata di vita dello stesso. Le attività di innovazione e ricerca di cui necessita il settore sono legate anche all'allungamento della shelf-life del prodotto fresco e trasformato (caldarroste, castagne IVa gamma etc.) che consentirebbe una migliore penetrazione commerciale verso i paesi esteri. Negli ultimi anni poi, si sono riscontrate delle carenze nella "curatura/sterilizzazione" delle castagne esportate in Nord America creando danni non solo economici agli esportatori ma anche di im-
magine al sistema di controllo e di certificazione italiano, e anche a tutta la filiera castanicola. In quest’ambito si pone il progetto “Ottica” che vede come partner il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Salerno (DIIn-UNISA), soggetto capofila, la Società Cooperativa Acerno Frutta Pacifico Michele a. r. l. e l’Ingino S.p.A.. Questo progetto si pone diversi obiettivi: • realizzare un protocollo agronomico per le produzioni biointegrate delle castagne per rispondere positivamente alle esigenze e ai bisogni dei mercati esteri, di
52 / 53 migliorare gli attuali sistemi di "sterilizzazione e curatura"; • innovare il packaging per prolungare la shelf-life del prodotto fresco; • innovare l’offerta del prodotto castanicolo con confezioni di castagne IV gamma e caldarroste pronte per il consumo da riscaldare anche al microonde e con una lunga shelf-life. La prima fase del progetto ha riguardato, oltre ad un rigido controllo e all’utilizzo di tecniche per l’abbattimento degli infestanti, anche un monitoraggio dei castagneti con l’elaborazione di quelle che sono le problematiche agronomiche e fitosanitarie preesistenti alla raccolta e azioni mirate per migliorare la qualità dei frutti. Nelle successive fasi sono state condotte analisi sull’ottimizzazione dei processi di curatura/sterilizzazione, affiancando al sistema tradizionale l’innovativa tecnologia di sanitizzazione con microonde, innalzando per pochi minuti la temperatura delle castagne alla temperatura letale degli infestanti senza pregiudicare la qualità del prodotto fresco. Questa tecnica, sviluppata con un impianto semindustriale, ha mostrato numerosi pregi che in futuro potranno essere sviluppati con impianti in linea per soddisfare le esigenze delle PMI impegnate nelle attività di trasformazione. Durante le fasi di sterilizzazione/curatura sono stati sperimentati anche alcuni prodotti per migliorarne la performance, specie nei confronti del marciume interno (Gnomoniopsis) che negli ultimi anni sta portando a perdite fino al 70% della produzione. Fra questi prodotti sono stati utilizzati alcuni ceppi di tricoderma con risultati molto apprezzabili. Per il
prolungamento della “vita” delle castagne fresche sono stati messi a punto dei confezionamenti attivi e non che hanno portato ad una shelf.-life di oltre 45 giorni. Ultimo obiettivo del progetto è stata la possibilità di offrire sul mercato castagne IV gamma, decorticate e incise, e caldarroste con una lunga shelf-life. Sono stati ottenuti dei risultati molto positivi agendo sia sul confezionamento, sia sulla linea di produzione e, attualmente si sta procedendo alla messa a punto del flow sheet. Con l’attuazione del progetto Ottica è stato possibile individuare un protocollo per il prolungamento della shelf life delle castagne. Il benessere del frutto e la sua reperibilità, per tempi più lunghi rispetto a quelli attualmente registrati, sono strettamente correlati al benessere dei castagneti. L’individuazione delle problematiche fitosanitarie che investono le coltivazioni e la gestione delle stesse è un punto cardine per una presenza più prolungata del prodotto castanicolo. Con questo scopo è stato predisposto un protocollo di gestione dei castagneti in cui vengono esaminati i vari agenti patogeni, viene descritto come riconoscerli e dettagliati gli interventi, mirati e specifici, da adottare per salvaguardare il benessere del castagno e del suo frutto. Correlate alle problematiche agronomiche vi sono gli aspetti legati alla prima fase di stoccaggio e alla prima lavorazione. Durante tali fasi, infatti, si presentano le maggiori problematiche del frutto, quali la presenza del balanino, cydie e l’insorgere delle muffe. Con il Progetto Ottica si è provveduto alla preparazione
castagne fresche confezionate
caldarroste in film microforato
di un protocollo mirato anche all’ottimizzazione dei processi produttivi, quali quelli di curatura/ sterilizzazione, con tecniche innovative e con l’utilizzo di composti capaci di aumentarne la vita di scaffale. Dagli studi condotti, infatti, è stato possibile ottenere un incremento della shelf life delle castagne superiore al 40%. Tra le innovazioni adottate nel progetto vi è l’utilizzo di impianti a microonde, che necessitano ancora di R&S per ulteriori sviluppi, per il trattamento di prodotto fresco. Tecniche innovative sono state proposte per l’ottenimento di castagne IV gamma e caldarroste. Le soluzioni proposte dal progetto sono estendibili ad altri prodotti ortofrutticoli, favorendo la diffusione del know how acquisito.
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Ivalof, come si aggiunge valore all’ortofrutta Le tecnologie e le innovazioni contenute nel progetto sono tutte facilmente attuabili nelle aziende del settore. Sono tecnologie a basso costo, basso impatto ambientale e di facile esecuzione che però innalzerebbero di molto il livello di competitività delle aziende campane sui mercati
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e aziende agricole campane si caratterizzano per produzioni di alta qualità e con un elevato orientamento alle richieste di mercato. Per prime hanno colto le opportunità offerte dal mercato della IV gamma riconvertendo le aziende a queste produzioni e ora che i vantaggi competitivi in questo particolare settore di mercato stanno riducendosi, sono alla ricerca di innovazioni che accanto al miglioramento della qualità permettano la riconversione di eccedenze di produzione e la trasformazione degli scarti di produzione da aggravio di costi a prodotti ad alto valore aggiunto. La sicurezza/qualità dei prodotti è senz'altro un obiettivo del settore e le problematiche microbiologiche, la presenza di inquinanti e di attacchi parassitari sono aspetti che gli operatori non sottovalutano per una buona commercializzazione dell’ortofrutta. Individuare tecnologie “pulite” capaci di affrontare il problema e risolverlo è un obiettivo importante poiché le soluzioni tradizionali fin qui adottate non hanno prodotto grossi risultati. Poter dichiarare che le confezioni di vegetali sono esenti da insetti, larve e uova di parassiti, problematica molto sentita dai consumatori e dalle GDO, consentirebbe loro un vantaggio commerciale non da poco. Il progetto Ivalof, finanziato nell’ambito del PSR Campania misura 124, è nato dalla interazione di competenze e di know-how tra il settore agro-alimentare e quello della ricerca per ottenere delle possibili soluzioni a problematiche le-
gate alla conservazione, trasformazione e commercializzazione dell’ortofrutta. Partner del progetto sono: Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Salerno e Soc. Agricola F.lli Esposito (Via Arenosola, Eboli); Azienda DO.GE. di Alfano Domenico e Gerardo (Via della Piana, Eboli); Azienda Agricola “Maisto Pierpaolo”(Via Piemonte, Pontecagnano Faiano); Terra Orti Società Cooperativa (Viale Eburum, Eboli); Optosmart s.r.l. (Via Pontano, Napoli). Il progetto intende dare possibili risposte a queste esigenze con tre linee di ricerca: • Implementazione della sicurezza dei prodotti ortofrutticoli freschi e di quarta gamma mediante lavaggio con ultrasuoni per l'allontanamento di insetti e controllo di inquinanti. • Preparazione di prodotti vegetali innovativi (snack /caramelle senza additivi e zuccheri aggiunti) per rendere economicamente vantaggiose eccedenze di produzione o colture di basso valore economico. • Recupero e valorizzazione degli scarti con produzione di composti ad alto valore aggiunto e/o trasformazione in compost da utilizzare anche per la produzione di materiale biodegradabili. Attualmente si stanno mettendo appunto, nelle aziende partner, dei sistemi di lavaggio con trasduttori e sensori per il controllo sia degli inquinanti, sia dei parassiti nei vari stadi (uova, larve e adulti). Le soluzioni fin qui adottate
hanno permesso una buona pulizia del vegetale, allontanamento di terra incrostazioni etc. e la morte/distacco degli insetti, delle uova e degli afidi. Questa tecnologia risulta non invasiva, di costo basso e sicura per i consumatori. Per l’utilizzo e la valorizzazione di eccedenze e di vegetali a basso valore di mercato sono stati messi a punto pretrattamenti per la preparazione di essiccati di alta qualità per la produzione di preparati per minestre, sughi, snack a basso contenuto calorico e di caramelle tutta frutta senza zuccheri e additivi aggiunti. Con questo progetto si è voluto valorizzare anche gli scarti di produzione e di lavorazione dell’ortofrutta. Sono state testate tecniche di estrazioni a basso impatto ambientale per l’ottenimento di coloranti, pectine, etc.. Sono stati ottenuti anche estratti da scarti di finocchi e di cavoli che presentano una spiccata attività atiafidica e antiparassitaria. Prove dell’efficacia di questi prodotti per ridurre le infestazioni su piante sono state avviate in laboratorio per poi passare al pieno campo. Le tecnologie e le innovazioni contenute nel progetto sono tutte facilmente attuabili nelle aziende del settore. Sono tecnologie a basso costo, basso impatto ambientale e di facile esecuzione anche da non ricercatori. Questo potrebbe portare alla loro attuazione con un miglioramento della competitività delle aziende campane sui mercati.
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Tom & Cherry, innovazioni lungo la filiera dell’industria del pomodoro In questo progetto gli scarti da costo diventano risorsa. I ricercatori dell’Università di Salerno hanno messo a punto dei processi innovativi per l’estrazione di sostanze di interesse nutraceutico e commerciale
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a filiera dei derivati del pomodoro del Sud è certamente una dei principali artefici del successo registrato a livello internazionale dal “made in Italy alimentare” anche perché queste produzioni hanno saputo coniugare la tradizione con una elevata qualità. Contemporaneamente, la filiera si trova ad affrontare i problemi legati agli scarti delle lavorazioni, che attualmente, per gli onerosi costi del loro smaltimento, costituiscono un punto critico anche a livello economico. Per venire incontro alle esigenze delle industrie conserviere e innovare un settore che poco è stato interessato da ricerche innovative, è stato messo a punto il progetto di ricerca “Tom & Cherry” che, finanziato nell’ambito dei PON 2007/2013, ha visto come attori 7 partner. Nello specifico 2 università, l’Università di Salerno e l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria; un ente pubblico di ricerca la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) e 4 aziende conserviere: De Clemente Conserve srl, Pancrazio spa, Pomilia spa e Salvati Mario & C spa. Il progetto ha riguardato lo studio dell’intera filiera dell’industria del pomodoro, dalla scelta delle cultivar più promettenti, all’ottimizzazione agronomica, a packaging innovativi, alla valorizzazione degli scarti attraverso l’estrazione dalle bucce di composti attivi da utilizzare sia in campo alimentare che cosmetico e l’estrazione dell’olio di semi di pomodoro per utilizzi alimentari ed energetici.
L’Università di Salerno, con il dipartimento di Ingegneria Industriale, ha partecipato a questo progetto interessandosi a diversi aspetti. Nell’ambito del progetto sono state caratterizzate 8 cultivar di pomodorini, sia rossi che gialli, appartenenti al patrimonio vegetale campano, per l’individuazione delle varietà più idonee alla trasformazione industriale. Dallo studio è emerso che le cultivar: ISI 47 730, Mascalzone, Quorum, Kendo ISI 48 130 (cultivar gialla) erano le più performanti alla trasformazione industriale. Sono stati proposti contenitori innovativi sia di materiale a base di polipropilene, sia di alluminio. Questi hanno mostrato di non dar luogo a cessioni, di avere shelf-life paragonabili ai contenitori tradizionali e di avere ottime performances per i consumatori. Altro importante obiettivo del progetto era la valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione industriale del pomodoro. L’industria di trasformazione dei pomodori produce grosse quantità di scarti costituiti principalmente da bucce e semi. Si calcola che ogni anno, dalla trasformazione dei pomodori, residuino
Creme alla luteina, carotenoidi e micro cellulosa
Pasta alla luteina
Contenitori innovativi utilizzati per la realizzazione di conserve di pomodoro
oltre 50mila tonnellate di bucce e semi che - oltre ad essere molto voluminosi sono fermentescibili e per la Campania costituiscono un rifiuto speciale con alti costi di smaltimento. Attualmente l’utilizzo di questi scarti trova un limitato impiego nella mangimistica zootecnica e per la concimazione dei campi. In questo progetto sono state esplorate delle alternative per rendere questi scarti da costo a risorsa e i ricercatori dell’Università di Salerno hanno messo a punto dei processi innovativi per l’estrazione di sostanze attive di interesse nutraceutico e commerciale. In particolare è stato messo a punto un processo di estrazione della luteina a bassi costi con solventi edibili. Anche per altri carotenoidi e per la micro cellulosa sono stati ideati ed ottimizzati processi innovativi di estrazione. Gli estratti sono poi stati inseriti in preparazioni sia alimentari quali pasta, pane e prodotti dolciari che cosmetiche dalle importanti proprietà antiossidanti.
SICUREZZA Settore ricerca, certificazione e verifica osservatorio della sicurezza a cura della Direzione Centrale Programmazione, Organizzazione e Controllo
Alimentazione e lavoro In azienda è importante informare i lavoratori sui corretti stili di vita e sui loro benefici e offrire cibi vari, sani e nutrienti, sicuri ed economici
di Tiziana Paola Baccolo e Maria Rosaria Marchetti Ricercatrici DiMEILA
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a scorretta alimentazione, l’abitudine al fumo, e la mancanza di attività fisica rappresentano abitudini e stili di vita non salutari e sono fattori di rischio per la gran parte delle malattie croniche (cardiovascolari, respiratorie, tumori, diabete) che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono la principale causa di mortalità nel mondo, rappresentando il 60% di tutte le morti (http://www.who.int/ chp/en/). Il controllo di queste abitudini, modificabili, è considerato una strategia di prevenzione a livello mondiale. Il sovrappeso e l’obesità, conseguenza di un’alimentazione sbilanciata o scorretta, oltre a poter ridurre la durata della vita, peggiorano la sua qualità favorendo l’instaurarsi di malattie croniche o il loro aggravamento se preesistenti. Dai dati del sistema di sorveglianza Passi 2010-2013 (che raccoglie dati di sanità pubblica della popolazione italiana adulta) emerge che
due adulti su cinque (42%) sono in eccesso ponderale, in particolare il 31% è in sovrappeso e l’11% è obeso. L’OMS ha stimato che nel mondo circa 3,4 milioni di adulti muoiono ogni anno per cause correlate al sovrappeso e all’obesità e che il 44% dei casi di diabete, il 23% delle malattie ischemiche del cuore e tra il 7% e il 41% di alcune forme di cancro siano attribuibili ad un eccesso ponderale (La sorveglianza PASSI. Sovrappeso e obesità. URL: http://www.epicentro.iss.it/passi/ dati/sovrappeso.asp). Il modello della Dieta Mediterranea, che è nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Intangibile dell’Umanità (UNESCO 2010), ben risponde ai requisiti di un’assunzione equilibrata di nutrienti. I suoi principi sono riportati nella “piramide alimentare della Dieta Mediterranea” dove sono rappresentati i cibi da consumare e la loro frequenza settimanale. È una dieta
che pone alla base dell’alimentazione la verdura, la frutta, i legumi, i cereali, il pesce e l’ olio d’oliva, consiglia un limitato uso di dolci, carne, formaggi, sale e condimenti e suggerisce un buon consumo d’acqua che, secondo i LARN 2014, dovrebbe essere di due litri per le donne e due litri e mezzo per gli uomini (LARN 2014 IV revisione http://www.sinu.it/html/pag/ larn-2014.asp). È, quindi, consigliabile mangiare verdura e frutta (almeno 5 porzioni al giorno) di colore diverso (rosso, giallo-arancio, verde, blu-viola, bianco), rispettando la stagionalità; privilegiare i cibi integrali e quelli cotti senza grassi aggiunti, condire con l’olio extravergine di oliva evitando condimenti a base di grassi animali (burro, maionese, strutto); consumare pesce e legumi almeno due volte la settimana; consumare preferibilmente acqua o spremute/ centrifughe di frutta e verdura fresche, bere moderatamente il vino; consumare porzioni piccole e fare
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All’interno degli ambienti di lavoro le attività di informazione, svolte da esperti, potrebbero insegnare le buone abitudini alimentari per produrre una ricaduta favorevole, non solo sul benessere dei lavoratori, ma anche sul fattore umano per la sicurezza sul lavoro, sul rendimento lavorativo e sulla produttività aziendale
cinque pasti al giorno (colazione, pranzo, cena e due spuntini) per tenere sotto controllo la fame. É comunque sempre indispensabile praticare una regolare attività fisica moderata (camminare di buon passo) per almeno 30 minuti al giorno. Nei luoghi di lavoro spesso è difficile seguire una dieta sana in quanto il più delle volte sono facilmente reperibili cibi ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. Ciò è dovuto ad una più facile commercializzazione (minor deterioramento), ad un basso costo e ad una maggiore appetibilità. La maggior parte dei lavoratori consuma almeno un pasto principale al lavoro e in azienda è possibile pianificare azioni volte ad informare i lavoratori sui corretti stili di vita e i loro benefici e predisporre l’offerta di cibi vari, sani e nutrienti, sicuri ed economici. Potrebbero essere riviste la durata delle pause per mangiare e le condizioni in cui vengono consumati i pasti. Dove è disponibile una mensa, con l’aiuto di un nutrizionista, si potrebbero proporre dei menù programmati controllando la tipologia degli alimenti proposti, la variazione settimanale e stagionale, il chilometro zero e le possibilità di scelta degli alimenti da parte dei lavoratori che desiderano
mantenere/ridurre il peso corporeo o che soffrono di patologie come l’ipertensione (dieta iposodica), il diabete (dieta ipoglicidica), l’iperlipemia (dieta a basso contenuto di grassi e zuccheri). Sarebbe auspicabile anche dare la possibilità ai dipendenti di acquistare il cibo salutare non servito alla mensa da poter consumare a casa (http://www.came.com/foodat-work/it). Ove non disponibile una mensa sarebbe opportuno mettere a disposizione ambienti confortevoli dove consumare i pasti con attrezzature idonee alla conservazione e riscaldamento dei cibi, oltre che alla detersione delle stoviglie. Se il cibo è portato da casa, è necessario utilizzare contenitori idonei, possibilmente termici e le aree identificate per il consumo dei pasti dovrebbero dare la possibilità di mangiare insieme favorendo la convivialità che, anche, è alla base della piramide alimentare. I distributori automatici, dovrebbero contenere anche frutta e verdura fresche già pronte all’uso, yogurt, succhi di frutta al 100% o essere idonei alla preparazione di spremute di arancia. Altra possibilità potrebbe essere quella di offrire buoni pasto spendibili nei locali limitrofi all’azienda che offrano menù salutari concordati con
l’azienda stessa e/o nelle frutterie/ supermercati. Nei meeting o nelle riunioni il catering dovrebbe prevedere piatti leggeri (senza salse, maionese, besciamella, burro, formaggi), insalate, macedonie o spiedini di frutta fresca o verdura e prodotti da forno senza dolci con le creme. All’interno degli ambienti di lavoro le attività di informazione, svolte da esperti, potrebbero insegnare le buone abitudini alimentari per produrre una ricaduta favorevole, non solo sul benessere dei lavoratori, ma anche sul fattore umano per la sicurezza sul lavoro, sul rendimento lavorativo e sulla produttività aziendale. Infatti, secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro un regime alimentare troppo povero o un’alimentazione troppo ricca sul luogo di lavoro possono provocare una perdita di produttività del 20% circa (ILO, 2005 Christopher Wanjek, Food at Work. Workplace solutions for malnutrition, obesity and chronic diseases, International Labour Office, Geneva, 2005). Alcuni studi hanno evidenziato la minore produttività dei lavoratori obesi e gli alti costi a carico delle aziende derivanti dall’assenteismo per le malattie correlate e dal “presenteismo” (presenza con minori prestazioni lavorative rispetto ai normopeso).
S TRA TE GIE D I IM PRE SA
Tecnocap Group, la disciplina dell’innovazione L’azienda consolida la sua leadership mondiale nel settore delle chiusure metalliche
di Vito Salerno
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tappi in metallo - le cosiddette chiusure metalliche - oltre a rappresentare un elemento tecnico funzionale, sono sempre di più un efficace strumento di marketing, capace di esaltare il valore aggiunto per un packaging di successo. Appeal a scaffale, efficienza dei costi di customizzazione rispetto all’uso di altri materiali, capacità di comunicare qualità ed orientare le scelte dei consumatori sono gli elementi vincenti e distintivi di questa soluzione di packaging. Il gruppo Tecnocap ha il suo headquarter a Cava de’ Tirreni (SA) ed è una delle più significative organizzazioni specializzate nella produzione di tappi metallici (Metal Closures) per l'imballaggio di contenitori in vetro e plastica nel settore alimentare e in quello dei prodotti per la cosmetica, la nutraceutica e la farmaceutica. Un brand che rappresenta il terzo produttore mondiale di Chiusure Metalliche per alimenti, leader negli U.S.A. nei settori cosmetica, farmaceutica e nutraceutica, con un volume complessivo di oltre 4 miliardi di capsule, un fatturato di 130 mln Euro, 6 stabilimenti produttivi e più di 700 dipendenti, distribuiti tra le aziende del gruppo. Oltre ad essere una multiplant corporate, Tecnocap group vanta una rete
di oltre 32 uffici commerciali ed un network mondiale di centri specializzati nell’assistenza tecnica. La società è stata, inoltre, selezionata per il progetto Elite di Borsa Italiana - London Stock Exchange Group e sta valutando la quotazione su AIM Italia. Michelangelo Morlicchio, CEO del gruppo Tecnocap, afferma orgoglioso: «Per rafforzare la nostra capacità produttiva e la presenza in Europa e negli Stati Uniti e per confermare la leadership nel core business delle Chiusure Metalliche per il Food e Beverage, il piano di sviluppo di Tecnocap group mira all’apertura di nuovi stabilimenti nel Far East e in Sud America e prevede ulteriori azioni finalizzate all’integrazione e razionalizzazione delle nostre reti produttive. Siamo convinti che per competere sul mercato globale sia necessaria un’organizzazione evoluta, razionale, efficiente e capace di lavorare spalla a spalla con clienti in tutto il mondo, garantendo qualità totale e smart problem solving». Il gruppo Tecnocap, dunque, scommette su nuovi mercati, ed è costantemente impegnato nella ricerca e sviluppo di soluzioni specialistiche capaci di anticipare le esigenze dei mercati. La leadership del gruppo nel mercato statunitense delle chiusure in metallo nei settori Cosmetica, Farmaceutica e
Michelangelo Morlicchio CEO del gruppo Tecnocap Nutraceutica si è tradotta – in un’ottica di diversificazione ed ampliamento della gamma di soluzioni specialistiche – nel lancio di nuovi brevetti dedicati a questi mercati. Oltre a rappresentare un’alternativa vincente alle tradizionali chiusure in plastica, le soluzioni concepite dal gruppo Tecnocap rispondono in pieno agli standard normativi ed ai requirements sempre più stringenti di questi settori, sia in termini di appeal, design e finiture premium che riguardo a sicurezza e salvaguardia delle caratteristiche del prodotto. «Quello dei Pharmaceuticals sarà uno dei mercati in più rapida ascesa da qui al 2018, favorito dall’allargarsi della fascia di popolazione anziana mondiale e dal boom dell’acquisto di farmaci degli
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S A LU TE
Buon cibo fa buon sangue… e buona circolazione Una corretta alimentazione può aiutare a combattere problemi di vene e capillari, problema che affligge più del 20% delle donne
Antonino Di Pietro Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it / www.istitutodermoclinico.com
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e ricerche dimostrano che più del 20% delle donne soffre di problemi a vene e capillari, e il processo inizia molto presto già dai 20 anni o con la prima gravidanza. I capillari bluastri che compaiono in superficie sono legati a molti fattori: una predisposizione genetica (spesso è visibile lo stesso fenomeno antiestetico nella madre o nelle sorelle), fattori ormonali o anche alle cattive abitudini di vita, come il fumo, l'alcool, e la poca attività fisica. Per combattere questo fenomeno dall’interno alcuni cibi sono più consigliati di altri per le loro proprietà: i frutti di bosco sono ricchi di flavonoidi e migliorano l’elasticità dei vasi sanguigni; l’ananas contiene la bromelina, un enzima con azione antiedemigena (riduce la quantità di liquido che rischia di accumularsi negli spazi interstiziali dei tessuti), e antinfiammatoria, contrastando così anche la ritenzione idrica tipica della cellulite. Anche il mirtillo con la vitamina A e C serve per stimolare il microcircolo, mentre il betacarotene contenuto in fragole, melone e mango protegge dai raggi UV. Per concludere la mela presenta oligoelementi, sali minerali e quercetina utili per migliorare l’assorbimento di ossigeno da parte delle cellule oltre a contenere flavonoidi e polifenoli dalla proprietà antiossidanti e anti-aging. Per quanto riguarda i trattamenti che è possibile adottare, ve ne sono di diversi più o meno indicati in base alla dimensione e al colore dei vasi.
La Scleroterapia Crea un’infiammazione acuta del capillare che ne determina la chiusura, si esegue tramite l’iniezione nel vaso di una sostanza chimica sclerosante. A volte si effettua in combinazione con il laser: si trattano con la scleroterapia i vasi più
ingrossati, e poi, a distanza di 4-6 settimane, si completa il trattamento dei capillari circostanti più piccoli con il laser. Una seduta costa circa 150 euro, un trattamento ne prevede 2-3. Presenta il rischio di una complicanza se il liquido iniettato si diffonde nei tessuti: può crearsi una piccola cicatrice dovuta ad una ustione chimica. Oggi si può evitare questo rischio grazie alla nuova scleroterapia con soluzione ipersalina, che per osmosi richiama l’acqua, concentra il sangue e lo coagula, senza rischi per i tessuti.
Il Laser Il laser può essere utile quando la pressione del sangue nei vasi sanguigni non è eccessiva. Un esempio è dato dal Laser Neodimioyag o dal Dye laser; il primo maggiormente adatto a capillari grossi e profondi, il secondo funziona meglio con quelli superficiali. Tale trattamento però rischia di dover essere ripetuto almeno una volta all’anno perché la pressione sanguigna rischia di riaprire il vaso. Infine è bene ricordare che se ci si espone al sole per troppo la pelle viene sottoposta ad un calore eccessivo e dannoso. Le alte temperature possono compromettere la corretta circolazione: il corpo tende a eliminare il calore assorbito dell’esterno dilatando i vasi sanguigni, di conseguenza le vene diventano più fragili e meno elastiche. Il risultato? Insieme a gonfiore e pesantezza possono comparire antiestetici reticoli bluastri di capillari (le teleangectasie). Si dovrebbe contrastare l’eccessivo calore facendo frequenti docce o nebulizzando spesso acqua termale o con semplice acqua minerale contenuta in comodi spruzzini senza trascurare l’applicazione di creme protettive per difendersi dall’azione dei raggi ultravioletti; utili creme rinforzanti e rigeneranti a base di fospidin.
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F I N I S TE RRE
Il rituale dell’Expo nel tempo La storia delle Esposizioni Universali, da spazio di conoscenza e innovazione a vero e proprio show
Alfonso Amendola Docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali Università degli Studi di Salerno
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ilano. Expo. 2015. Ma in principio ci son state quelle meravigliose e totalizzanti “Esposizioni Universali” che prima a Londra, poi a Parigi e infine in tutto il mondo rappresentavano il luogo magistrale di conoscenza del presente e del futuro. Oggi l’essere, per la nostra nazione, palcoscenico dell’Expo assume un valore simbolico, sociale ed economico-politico non indifferente e che da sempre è senso della storia, della società e dell’economia. A partire dalla prima esposizione a Londra nel 1851 fino alla nostra attualità milanese il capitolo “esposizioni universali” è tutto da esplorare e conoscere. Walter Benjamin, che ha dato un grande contributo sul tema in esame, scriverà pagine esemplari per comprendere il cambiamento e la modernità del nostro tempo. Soprattutto riflettendo su Parigi. In realtà la città-festa (come la nominava Hemingway) entra nel grande universo espositivo ufficialmente subito dopo la prima esposizione di Londra, anche se la capitale francese aveva “ceduto” al fascino di questa manifestazione già alla fine del XVIII secolo e precisamente nel 1798, quando venne organizzata la prima esposizione nazionale francese. L’Expositione périodique des produits de l’industrie francaise fu ideata e allestita con l’intento di promuovere i prodotti dell’industria francese, ma la manifestazione celava tutt’altre motivazioni. La reale aspirazione di questa primordiale esposizione risiedeva nella politica militare estera, voleva essere una sorta di sfida nei confronti dell’industria inglese e, contemporaneamente, l’avvio di un possente sistema economico quale espressione
della libertà dell’attività professionale faticosamente conquistata con la recente rivoluzione. L’esposizione del 1798 fu preludio del movimento espositivo, da quella manifestazione, infatti, le esposizioni
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Exposition Universelle des produits de l'Agriculture, de l'Industrie et des Beaux-Arts, ovvero: Esposizione Universale dei prodotti dell'Agricoltura, dell'Industria e delle Belle Arti. Si può, già dal tema, cogliere una delle differenze col cosiddetto modello inglese: la presenza, sempre costante nelle mostre francesi, dell’arte. L’area espositiva comprendeva, infatti, anche un padiglione dedicato alle Belle Arti con circa cinquemila dipinti in mostra. La manifestazione fu uno degli eventi più importanti organizzati durante l'impero di Napoleone III e si cercò di competere con la precedente expo costruendo anche qui un moderno palazzo: il Palais de l'Industrie, che suscitò però molte critiche in quanto non all’altezza del Crystal Palace per struttura e per funzionalità. Dell’esposizione londinese si adotta anche lo stile essenziale nell’allestimento, con la differenza dell’aggiunta di vetrine che racchiudevano alcune merci, scelta da molti criticata perché non permetteva di analizzare da vicino gli oggetti ma che segnò la scarsa importanza per l’aspetto didattico. Secondo i dati ufficiali l’esposizione del 1885 ospitò più di cinque milioni di visitatori e trentaquattro paesi vi parteciparono. Da lì una storia che continuerà (procedo random) tra Vienna, Philadelphia, San Francisco, Gerusalemme, Monaco, Brisbane, Shangai, Milano…
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Expo 2015, in vetrina anche le buone maniere italiane L’Esposizione Universale di Milano sarà un importante banco di prova per testare il buon senso del nostro popolo: dalla capacità di stare in fila, a quella di contenersi di fronte ad un omaggio
Nicola Santini Esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella
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xpo o non Expo? Questo è il dilemma. Se pensate di cavarvela senza passare dalla più grande esposizione che è costata teste di politici, proteste, cantieri a cielo aperto e, per i più fortunati, qualche kg sulla bilancia, sappiate che poi ci sarà da aspettare minimo un secolo. E non è detto che l’Italia potrà di nuovo ospitare un simile evento. Cosa c’entra l’Expo con l’etichetta? C’entra eccome. Perché mette a dura prova qualsiasi regola del vivere comune: dalla capacità di stare in fila, a quella di contenersi di fronte ad un omaggio, dalla convivenza tra persone di nazionalità differente, al saper cogliere, nel giro di poche ore o giorni, tutto il meglio, importando a casa propria qualche nozione in più su una stupenda vetrina sul mondo. Andiamo per ordine. Checché se ne dica, l’Expo è comunque una fiera, perciò valgono le regole che dovremmo rispettare sempre quando ci si aggira da un padiglione all’altro; regole che provengono più dal buon senso che dal bon ton, ma come sappiamo le due cose sono imparentate. Regola numero uno, quindi, rispettare la fila con compostezza e senza sbuffare. I trucchi per gli insofferenti (come me) sono due: comprare i biglietti on line per evitare quella della biglietteria e scegliere orari e giorni intelligenti per presentarsi alla porta d’ingresso. In entrambi i casi la risorsa principale è, ça va sans dire, il web. Inaugurato ormai da più di un mese, l’Expo è vittima
di qualsiasi tipo di feedback in grado di orientare i visitatori nelle scelte più smart per non cadere in trappola e godersi il meglio. Il padiglione svizzero è emblematico di come le persone, sapendo di ricevere un omaggio, siano pronte a qualsiasi cosa: provocatoria l’installazione che parla di risorse “non infinite”. Quattro torri di acqua, sale, caffé e mele rigorosamente gratuite destinate a scendere progressivamente, man mano che vengono prese le confezioni, stanno quasi per toccare il suolo. Come possano persone che pagano 27 euro di ingresso (+ viaggi, soggiorni, spostamenti vari) per entrare in visita all’evento, scannarsi per una mela gratis, a me risulta quasi più avveniristico dell’Expo stesso, ma tant’è. L’assaggio, laddove è offerto, dovrebbe essere un preambolo per un acquisto, una recensione, un momento di cultura di ciò che non si conosce, fatto per assaporare, unendo un ulteriore senso, alla vista e al tatto di un’esposizione universale dedicata alla cultura della tavola. Veniamo alle numerose bandiere presenti: sappiamo che ognuno ha la sua cultura. Quale migliore palestra per dare prova, da padroni di casa, di educazione e senso civico? Sorriso, disponibilità e sì, un buon guardaroba che non preveda infradito, sandali, pantaloni corti e canotta contribuiranno, anche da parte dei visitatori nostrani, a consolidare la bandiera dell’Italia come patria dello stile. Perché, se ce lo fossimo dimenticato, essere italiani significa anche questo.
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Narda Zapata e l'estetica chojcho La prima personale dell’artista – Caiman – è un viaggio nelle strutture profonde dell'antropologia per delineare una forma di conoscenza alternativa di Antonello Tolve Art Critic / Independent Curator / Professor at the Academy of Fine Arts in Macerata
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ata da una residenza romana, da un cortocircuito costruttivo che coniuga su una stessa piattaforma visiva alcuni studi intrapresi in Italia sulla figura di Santa Cecilia e una serie di analisi linguistiche sull'estetica boliviana chojcho, Caiman, la prima personale di Narda Zapata (La Paz, 1981) organizzata negli spazi del Lavatoio Contumaciale di Roma, presenta un'atmosfera ibrida che fa i conti con la grammatica culturale delle nuove società capitalistiche sorte dalle ceneri del colonialismo. Caiman, nome di una bevanda superalcolica diffusa in Bolivia e utilizzata come nettare di gioia per celebrare il culto di Santa Cecilia – «la protettrice della musica […] entrata nell'immaginario e nella cultura di tutti i paesi che hanno avuto un'influenza cristiana» – diventa per l'artista emblema di una trasformazione, di una impurità che investe il paesaggio e lo traveste con una patina che va oltre i confini del kitsch. Per esprimere questo brusio, questa condizione babelica, Zapata concepisce la mostra come una dimora il cui arredamento evidenzia una eccentricità contagiosa che immerge così lo spettatore nel clima del chojcho, di un fenomeno contemporaneo nato in Bolivia per designare un cocktail estetico esplosivo che, se da una parte rappresenta l'etiqueta peyorativa di modelli nati dalla società di massa e dalla sottocultura della megalopoli, dall'altra si smarca dalla negatività – propria del cholo – per mostrare un linguaggio allucinante e surreale, producto del mestizaje culturale. Partendo appunto da alcune ricognizioni agiografiche e da una serrata indagine iconografica riguardante la martire cristiana, ma anche dalla vita burrascosa di Beatrice Cenci (che rappresenta, per l'artista, una donna simbolo di integrità) e da una
Un particolare della mostra, Caiman pratica creola che prende sempre più piede nel panorama visivo – emotivo e sentimentale – della Bolivia, Narda Zapata concepisce un viaggio nelle strutture profonde dell'antropologia per delineare una forma di conoscenza alternativa, un'immagine complessiva che rispecchia appieno gli effetti e la genesi di una evoluzione sociale, di una civiltà che, per dirla con Greenberg, «produce contemporaneamente due cose del tutto diverse come una poesia di T.S. Eliot e una canzoncina di Tin Pan Alley, oppure un dipinto di Braque e la copertina del Saturday Evening Post». Un trittico composto dal ritratto di Stendhal (che nelle sue Chroniques Italiennes del 1829 racconta la veridica storia di Beatrice Cenci), una serie di bandierine che restituiscono l'effetto dei prestes (le feste organizzate, in Bolivia, per onorare Santa Cecilia), una scultura in cartapesta che delinea l'etichetta dell'Alcol Caiman e il disegno di un musicista boliviano strappato ad una delle tante orchestre popolari che sfilano per le strade di Sucre, La Paz o Santa Cruz il 22 novembre. Sono soltanto alcuni degli espedienti proposti da Zapata per delineare uno stile incandescente il cui volto mostra l'energia di un mixaggio – in cui confluiscono formule spagnole, brani indigeni e declinazioni culturali generati dai traumi della mondializzazione – che si concentra per dar luogo ad uno scenario complesso, ad una scena estetica che rispecchia il «sogno di evasione di una civiltà che lavora» (Elias).
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a cura di Raffaella Venerando
a cura di Vito Salerno
Nel blu Di Oscar Farinetti
Birdman Di Alejandro González Iñárritu
Q
uesto è, innanzitutto, un libro sulla bellezza, su tutta la bellezza che continua a essere il patrimonio del nostro Paese. Una bellezza visibile. Una bellezza che si tocca. Una bellezza che comincia dalla biodiversità, dalla varietà veramente immensa di organismi Feltrinelli, Pagine: 396 vegetali e animali. Prezzo 25,00 euro Una bellezza che ha a che fare con i venti che spirano, buoni, nel mare chiuso e si fanno più dolci dentro la cornice protettiva dei monti e delle colline. Il prosciutto di San Daniele non avrebbe la sua fragranza senza la Bora che si infrange contro le Dolomiti e la pasta buona si fa a Gragnano nella galleria del vento perché lì la brezza di Castellammare di Stabia si incontra con l’aria fresca del Vesuvio. I venti che portano la risposta della bontà e della bellezza. Eccoli. In questo libro impariamo di quante sfumature è fatta la biodiversità italiana. E lo impariamo regione per regione, prodotto per prodotto. Ma anche paesaggio per paesaggio, città per città come se bontà e bellezza volessero anche luoghi e nomi. Luoghi e nomi di una magia tanto semplice quanto delicata. Come semplici e delicati sono i diversi “caratteri” degli italiani di cui ci racconta Alessandro Baricco. Ed è questa un’urgenza che torna a livelli diversi, negli interventi di Paolo Crepet, di Carlo Petrini, di Vittorio Sgarbi e di Giovanni Soldini. Ricco di mappe, numeri sorprendenti (lo sapevate che ci sono in Italia 63 razze caprine autoctone e 538 cultivar di olive?), curiosità preziose (la terra riscaldata che fa crescere l’asparago violetto nella piana di Albenga), testimoni attivi della biodiversità. Nel blu è un libro necessario, un antidoto a tutte le forme di catastrofe, fra le quali va annoverata l’ignoranza, e massimamente l’ignoranza della terra chiamata Italia.
L’
ultimo pluripremiato film del regista Alejandro González Iñárritu è una black comedy che racconta le vicende dell’attore Riggan Thompson (Michael Keaton), una star che ha raggiunto fama e successo planetario per aver interpretato in passato il personaggio di Birdman, un mitico supereroe alato e mascherato. Ma la celebrità non gli basta, Riggan vuole dimostrare di essere anche un bravo attore per rilanciare una carriera ormai prossima al capolinea. Decide allora di lanciarsi in una ardita impresa: adattare un racconto per dirigerlo e interpretarlo in uno storico teatro di Broadway. Manca poco alla serata d’esordio quando il protagonista della commedia si ferisce accidentalmente durante le prove e deve quindi essere sostituito in tempi rapidissimi. Dietro suggerimento dell’attrice co-protagonista Lesley (Naomi Watts) e con l’incoraggiamento del suo miglior amico e produttore, Riggan sceglie con una certa riluttanza Mike Shiner (Edward Norton), una mina vagante che però piace al pubblico e può garantire una buona recensione della commedia. Il coraggioso progetto si trasforma in una donchisciottesca avventura per Riggan, che alle prese con le difficoltà della messa in scena della commedia, nei giorni che precedono la serata della prima, deve fare anche i conti con il suo tormentato io e tentare di recuperare la famiglia, la carriera e se stesso. Come tutti i film di Iñárritu, Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza) scandaglia in modo originale l’esistenza umana, osservandola attraverso gli occhi dei personaggi legati a Riggan, mantenendo il delicato equilibrio tra commedia e pathos, tra illusione e realtà, e lasciando spazio a molteplici interpretazioni.