4 OTTOBRE/NOVEMBRE 2018
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magazine bimestrale di economia, finanza, politica imprenditoriale e tempo libero
Mercati
vince l’Italia che fa sistema
editoriale
Aeroporto, non solo turismo di Andrea Prete, presidente Confindustria Salerno
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el servizio di copertina di questo numero di Costozero, spingiamo il tasto sulla necessità di internazionalizzazione delle nostre imprese. Lo facciamo con ottimismo, guardando a come la conquista dei mercati oltre confine possa presto essere coadiuvata anche da un aeroporto - il Costa d’Amalfi - finalmente pronto a decollare. È in dirittura di arrivo, infatti, la fusione tra la GESAC S.p.A.società che gestisce l’aeroporto Capodichino di Napoli - e l’Aeroporto di Salerno S.p.A.. Manca solo il via libera del Ministero delle Finanze alla concessione unica, ultimo atto perché l’integrazione complementare tra i due scali possa dirsi completa. La presenza di un aeroporto funzionante è un’opportunità che il nostro territorio deve essere pronto a cogliere. Innanzitutto perché un aeroporto consente di essere presenti nel mondo, in una orbita internazionale di visibilità turistica, attrazione culturale e sviluppo economico. Se si vuole crescere all’estero, poi, oltre che attrezzarsi per raggiungere mercati oltre confine, bisogna rafforzare le relazioni reali e non solo virtuali con quei mercati. Disporre di un aeroporto permette rapporti commerciali, visite e incontri in maniera più facile, rapida, efficace. Un aeroporto è inoltre una infrastruttura capace di catalizzare - certo non da sola - nuovi investimenti di impresa. Nello scegliere un sito per le proprie attività, la prossimità di uno scalo può senz’altro fare la differenza, specie se in aggiunta a strade, porti, ferrovie. La logistica che funziona ottimizza tempi e costi e, soprattutto, amplia la gamma di servizi per il
territorio. Prepariamoci al meglio, dunque, rafforzando l’offerta ricettiva ma, più in generale, organizzando servizi di qualità. Ciò che deve motivare tutti, è che il successo del nostro aeroporto sarà possibile solo grazie a uno sforzo congiunto, ripagato da un incremento della competitività economica non solo del turismo ma di tutte le attività produttive, capace di generare nuovo valore e occupazione. La nascita della rete aeroportuale campana è qualcosa di più, di molto di più, di una ambiziosa prospettiva. C’è un piano industriale stabile a fare da garanzia, sostenuto dalla 2i Aeroporti, uno dei più grandi Fondi di investimento operanti in Italia dedicato a investimenti nel settore delle infrastrutture, che oggi detiene l’87% di GESAC S.p.A.. Questo equivale a guardare lontano, a scenari di medio-lungo periodo, forti di una solidità finanziaria indispensabile per reggere gli investimenti e impegnarsi a ottenere ritorni economici già letti, previsti, attesi. Del resto, a riprova di ciò, ci sono le ottime performance dell’aeroporto di Napoli, definitivamente entrato ormai nella top ten degli scali italiani più dinamici. In questi anni, Capodichino - brillantemente guidato da Armando Brunini, amministratore delegato Gesac - ha vissuto una crescita esponenziale, puntando su una strategia di marketing condotta a livello internazionale che ha valorizzato il patrimonio turistico, un’offerta diversificata per le destinazioni e prezzi decisamente competitivi. Insieme - Napoli e Salerno - possono, dunque, solo essere più forti. Ottobre | Novembre 2018
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sommario
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EDITORIALE Aeroporto, non solo turismo di A. Prete
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PRIMO PIANO - INTERNAZIONALIZZAZIONE Made in Italy, un Piano di supporto alle eccellenze di R. Venerando
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Mercati, vince l'Italia che fa sistema Intervista a V. De Luca
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Mattioli, Confindustria: «Continuità perchè il nostro export resti da record» Intervista a L. Mattioli
Internazionalizzazione, la strategia 11 digitale dell'ICE Intervista ad M. I. Aronadio Prete, Unioncamere: «Il Piano va 13 esteso alle PMI con minore fatturato» Intervista ad A. Prete Scafuro: «Collaborare per competere» 15 Intervista a N. Scafuro
BUSINESS Collezione Puntini, un altro capolavoro 29 per Francesco De Maio a cura della Redazione Più export: Magaldi Power si aggiudica forniture 30 per due unità produttive della centrale termoelettrica “Carbon Dos” in Messico a cura della Redazione Di nuovo in piedi, i prodigi della robotica 31 riabilitativa del Centro Renzullo a cura della Redazione SOFTLAB, la rinascita di una delle aziende 33 simbolo dell’IT a cura della Redazione
FOCUS 17 Legalità e impatto sulla crescita di C. Carreras
NORME E SOCIETÀ A rischio di nullità le fideiussioni 35 rilasciate sullo schema ABI di M. Marinaro
CONFINDUSTRIA 19 Educare alla differenza Intervista ad A. Pedone
Preuso di un marchio (di fatto) e invalidità 37 di quello successivamente registrato di M. Galardo
Premio BP per l’Innovazione, 21 avanti tutta con la XII edizione a cura della Redazione
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Crescita, più di una soluzione finanziaria 23 per le pmi con UniCredit di R. Venerando PARLIAMO DI... 24 Bioplastiche: scenari presenti e futuri a cura della Redazione Martucciello, Aristea: «Le ragioni del mio no alla direttiva Ue sulla riduzione 25 dell’inquinamento da plastica» Intervista a V. Martucciello NEW ENTRIES RCS 75 Community, informazione 27 e spettacolo al centro della scena a cura della Redazione
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28 Infotel Sistemi, la software house che cercavi a cura della Redazione
Il ripensamento della Pubblica Amministrazione di L. M. D' Angiolella
FISCO Misura 4.2.1: finanziamenti 40 alle aziende agroindustriali di G. Arleo Semplificazione fiscale, i contenuti 41 della proposta di Legge n. 1074/2018 di M. Villani, F. Attanasi Innovazione, la Regione Campania stanzia 43 10 milioni di euro per le Micro e le PMI di A. Sacrestano Concordato in continuità: attenzione 45 al riporto delle perdite fiscali di M. Fiorentino
PRIVACY Diritto all'oblio: cittadini italiani tutelati 47 anche al di fuori dei confini europei di P. Di Stefano LAVORO Licenziamento per diffamazione sui social: 49 illegittimo se la chat è privata di M. Ambron Dal mobbing allo straining: 50 il lavoratore va risarcito di L. De Valeri MERCATI 52 Turchia: la crisi sul Bosforo di D. Trimarchi RICERCA Dalla sperimentazione meccanica 54 in laboratorio al "virtual testing" di R. Citarella EVENTI 56 Turismo Archeologico, la XXI BMTA sta arrivando a cura della Redazione SALUTE 58 Calvizie, le nuove frontiere per fermarla di A. Di Pietro 59 Gli anziani e il diabete/II parte di G. Fatati BON TON Bon ton e ritocchino, ciascuno 61 faccia ciò che ritiene (in silenzio) di N. Santini FINISTERRE Eugenio Barba e Nicola Savarese, due maestri 62 del teatro raccontano la storia dell'attore di A. Amendola LIBRI/HOME CINEMA 64 Eleanor Oliphant sta benissimo a cura di R. Venerando
NUMERO 4 OTTOBRE | NOVEMBRE 2018 Bimestrale di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg. Trib. di Salerno N. 67 7 del 22/10/1987 Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Andrea Prete Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano Redazione Raffaella Venerando Project Management Vito Salerno Società Editrice/Direzione e Redazione Assindustria Salerno Ser vice Srl Via Madonna Di Fatima, 194 84129 Salerno Tel. 089 335408/Fax 089 5223007 P. iva 039711 70653 redazione@costozero.it www.costozero.it Stampa Ar ti Grafiche Boccia/Salerno Foto Archivio Costozero/Vito Salerno Massimo Pica/Ag. Fotografica Studio Fotografico Cerzosimo Grafica e Impaginazione Moreplus/www.moreplus.it
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64 La terra dell'abbastanza a cura di V. Salerno Ottobre | Novembre 2018
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primo piano | internazionalizzazione
Made in Italy, un Piano di supporto alle eccellenze Nel documento approvato dalla Cabina di Regia la decisione di aggiungere, alla programmazione ordinaria, tra i 130 e i 150 milioni di euro per il 2019 di Raffaella Venerando
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ici Made in Italy e l’export decolla. Nonostante gli anni difficili della crisi, qualità e creatività italiana – rappresentate al meglio nelle aree dell’automazione meccanica, dell'abbigliamento, arredamento e agroalimentare – hanno tenuto a galla la nostra economia, permettendo
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al saldo commerciale di restare positivo (nel 2017 le esportazioni italiane sono cresciute, rispetto al 2016, del 7,4%, Istat). Risultati senz’altro lusinghieri, ma non sufficienti, considerato l’alto potenziale del nostro marchio tra i più noti e apprezzati al mondo, cui si riconosce una combinazione unica di cultura,
«In tema di lotta alla contraffazione e sviluppo tecnologico, la Cabina di Regia sta lavorando all’utilizzo del Blockchain per la certificazione dei prodotti Made in Italy, investimenti fondamentali per una efficace strategia promozionale»
manifattura, stile, territorio, artigianato, storia, che insieme generano quella eccellenza che ci deve rendere ancora più forti all’estero. Proprio per incrementare i volumi - aumentando di rimando il numero di imprese italiane stabilmente esportatrici, soprattutto dal Sud Italia - e per strutturare il percorso di crescita sui mercati, in particolare nei Paesi emergenti, riuscendo al contempo a incrementare la capacità di attrarre investimenti, lo scorso 11 settembre alla Farnesina si è riunita per il settimo anno la Cabina di Regia che, attraverso un’azione di sostegno coordinata e coerente da parte delle varie articolazioni del governo, ha determinato le linee strategiche dell’internazionalizzazione del nostro sistema produttivo, fissando le attività da porre in essere e le risorse a esse destinate. La Cabina di Regia, co-presieduta dal ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi, e dal vice presidente del Consiglio e ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro e delle Politiche Sociali, Luigi Di Maio, ha visto la partecipazione del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria; del ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e del Turismo, Gian Marco Centinaio, del ministro per i Beni e le Attività Culturali, Alberto Bonisoli; del sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i Trasporti, Michele Dell’Orco e - in collegamento video – del presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini. Hanno partecipato
Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi e il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria
inoltre ai lavori della “Cabina”, rappresentanti di associazioni del panorama imprenditoriale e finanziario, quali Unioncamere, Confindustria, R.ETE. Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative Italiane e ABI. Dalla riunione è emersa sostanzialmente la necessità di fare in modo che il Piano Straordinario per la Promozione del Made in Italy e l’Attrazione degli Investimenti, conclusosi con il 2017, diventi strutturale, con uno stanziamento finanziario adeguato e continuato nel tempo. Nel documento approvato dalla Cabina di Regia si è condivisa, infatti, «l’esigenza di uno stanziamento per il 2019 che si attesti intorno ai 130-150 milioni di euro di risorse aggiuntive rispetto a quelle della programmazione ordinaria». Programmazione ordinaria del valore di circa 16,5 milioni di euro. A cosa andranno destinate queste risorse? Il traguardo che ci si pone è innanzitutto l’aumento del numero delle aziende stabilmente esportatrici, soprattutto tra le PMI, attraverso un più
«Il "Made in Italy", come indicazione di origine del prodotto, ha una triplice valenza: geografica (provenienza da un territorio); doganale (per il pagamento del dazio in dogana sulla base di accordi preferenziali (Ue) o non preferenziali, con paesi terzi); commerciale (origine da un'azienda situata sul territorio italiano)» consistente ricorso alla creazione di competenze, specie in materia di e-commerce, insieme a quello di attrarre in Italia investimenti diretti esteri. Tra le misure previste, la terza edizione dei voucher per le PMI per contrattualizzare TEM e la conferma del Piano Export Sud, coordinato dall’ICE. Per creare sviluppo e occupazione stabile, la linea è tracciata: occorre crescere al di fuori dei confini nazionali e crescere “dentro”, grazie a solidi investimenti diretti esteri che possano concorrere all’aumento dell’accumulazione del capitale interno, rendendo la base produttiva più efficiente.
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Mercati, vince l’Italia che fa sistema L’intenzione della Cabina di Regia è di passare da un Piano Straordinario per il Made in Italy a un Piano Strategico per il Made in Italy di Raffaella Venerando Vincenzo De Luca direttore generale per la Promozione del Sistema Paese Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
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irettore De Luca, il nuovo Piano Straordinario per la Promozione del Made in Italy, rispetto alle precedenti scelte strategiche governative in ambito internazionale, punterà ad aumentare il numero di imprese italiane stabilmente esportatrici, soprattutto del Sud Italia, con un focus specifico sui canali digitali. Le risorse saranno concentrate su poche attività ma strategiche. Quali saranno nello specifico e quali obiettivi ci si è posti? Gli obiettivi sono chiari: aumentare il numero di imprese stabilmente esportatrici ma anche l’intensità di esportazione (in termini di fatturato e di numero di mercati) di quelle che già operano sui mercati internazionali, con una particolare attenzione alle piccole e medie imprese e alle aziende del Sud. Prestare, poi, attenzione ai territori, promuovendo un’azione capillare di formazione e informazione per meglio sfruttare le opportunità che derivano dall’accesso ai mercati esteri. Per quanto riguarda le risorse è necessario, innanzitutto, che queste - in passato stanziate su base straordinaria - si trasformino in strutturali. L’intenzione è di pas-
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«Dal 19 al 26 novembre prossimi, giungerà alla sua terza edizione la “Settimana della cucina italiana nel mondo”, un progetto speciale ideato dalla Farnesina nel 2016 per promuovere in maniera integrata e coordinata uno dei tratti distintivi della nostra identità culturale e del “Marchio Italia”: l’eccellenza delle nostre filiere agro-alimentari e lo straordinario patrimonio rappresentato dalla tradizione culinaria italiana, ambiti in cui anche la provincia di Salerno esprime storie di successo emblematiche»
sare da un piano straordinario per il Made in Italy a un piano strategico per il made in Italy. Anche in termini di sostegno finanziario riteniamo che il gruppo Cassa Depositi e Prestiti, anche grazie al suo polo per l’export rappresentato da SACE e SIMEST, possa dare un contributo significativo alle imprese che esportano, moltiplicandone la “potenza di fuoco”. Infine, dobbiamo continuare la valutazione di impatto delle misure adottate, per verificare sia l’efficacia e l’efficienza dell’investimento pubblico, sia la portata in termini di crescita, produttività e occupazione in Italia. Quali Paesi e settori sono stati individuati come prioritari dal Piano? Se l’obiettivo ultimo è la competitività trasversale del Paese, privilegiando solo alcuni comparti non si ri-
schia di lasciare indietro molte Pmi? L’identificazione dei mercati avviene considerando sia le esigenze delle imprese, sia il più ampio quadro di interessi del Paese a partire dalle questioni di politica estera e di sicurezza. Oltre i mercati maturi o tradizionali per il nostro Paese (Europa, Nord America, Mediterraneo) vogliamo puntare, per il 2019, su mercati che possano dare impulso alla nostra crescita per via del potenziale tuttora poco esplorato, in primis Russia, Cina e India, che rappresentano anche mercati di un’ampiezza tale da doversi necessariamente presentare come sistema Paese, e non come singole imprese per rafforzare la propria presenza. Anche la scelta dei settori prioritari è stata frutto di un processo condiviso con le stesse associazioni imprenditoriali
e con gli operatori economici e comprende i comparti tradizionali del nostro tessuto economico e quelli a più alto potenziale: dalla manifattura meccanica all’agroalimentare, dall’energia e infrastrutture alle tecnologie verdi, dalle industrie creative e culturali al settore farmaceutico e sanitario. Una buona iniziativa promozionale è tale se… Sono molteplici i fattori determinanti per il successo delle iniziative di promozione del “Made in Italy” sui mercati globali. Tra i principali identificherei sicuramente la capacità di definire gli obiettivi concreti che si intendono conseguire, la conoscenza approfondita dei punti di forza e di debolezza del “prodotto” che si intende promuovere e un’analisi obiettiva delle caratteristiche dei mercati target. Sulla base di queste premesse, è essenziale poi avvalersi di tutti gli strumenti utili a massimizzare i risultati, come ad esempio una struttura organizzativa, motivata e in grado di esprimere elevate professionalità; una solida rete di partner e di contatti; un’attenta cura degli aspetti comunicativi, anche attraverso le nuove tecnologie. Facciamo un esempio pratico. Dal 19 al 26 novembre prossimi, giungerà alla sua terza edizione la “Settimana della cucina italiana nel mondo”, un progetto speciale ideato dalla Farnesina nel 2016 per promuovere in maniera integrata e coordinata uno dei tratti distintivi della nostra identità culturale e del “Marchio Italia”: l’eccellenza delle nostre filiere agro-alimentari e lo straordinario patrimonio rappresentato dalla tradizione culina-
ria italiana, ambiti in cui anche la provincia di Salerno esprime storie di successo emblematiche. Punto di partenza è stata l’ambiziosa idea di provare a realizzare un brand univoco sotto cui riunire tante iniziative di promozione dell’enogastronomia italiana all’estero, magari sorte in maniera spontanea ma prive del carattere di sistematicità. Proprio in funzione di questo obiettivo, il MAECI ha deciso sin da subito di operare in rete, coinvolgendo le istituzioni nazionali, gli enti territoriali, le associazioni di categoria, il sistema camerale, i consorzi di tutela, le scuole di cucina, i cuochi e i sommelier e canalizzando le idee emerse da questo confronto attraverso la rete diplomatico-consolare e degli Istituti Italiani di Cultura, la quale - grazie all’elevato grado di conoscenza del territorio consente di adattare il progetto alle specificità delle singole realtà locali. I frutti di questo intenso lavoro di squadra non si sono fatti attendere: nelle prime due edizioni abbiamo realizzato oltre 2400 eventi in 110 Paesi, tra conferenze, workshop, iniziative destinate al grande pubblico e appuntamenti enogastronomici di varia natura, nel corso dei quali le eccellenze della nostra filiera agro-industriale e le caratteristiche della nostra immensa tradizione culinaria, indissolubilmente legata all’unicità e alla bellezza dei nostri territori, sono state illustrate agli operatori del settore, al mondo accademico, al grande pubblico e ai media locali. Ma oltre ai numeri, pur importanti, i risultati sono stati vincenti sotto il profilo qualitativo. Si pensi
ad esempio al network di contatti che queste iniziative hanno consentito di sviluppare tra realtà produttive italiane e operatori locali, all’attenzione suscitata su questo tema nelle nuove generazioni attraverso campagne di comunicazione mirate o ancora all’immagine corale e positiva del nostro Paese che è stato possibile veicolare contemporaneamente in tutto il mondo attraverso i media e le reti sociali. In definitiva, un esempio di cooperazione win-win tra istituzioni pubbliche e settore privato che continuerà anche nei prossimi anni a promuovere – in maniera integrata - un elemento identitario della nostra economia e della nostra cultura. Quali sono gli ostacoli che ancora incontrano le imprese nella penetrazione dei mercati esteri? Le imprese italiane scontano un vincolo dimensionale che, da un lato, non consente di creare al proprio interno strutture permanenti dedicate all’internazionalizzazione e, dall’altro, non permette di diversificare il rischio sui mercati. Considerato che il 42% delle imprese italiane che esporta, lo fa su un solo mercato, spesso l’azienda si lega strettamente alla domanda del singolo Paese in cui esporta. Il vincolo dimensionale può essere però superato creando reti di imprese e filiere che consentano di aumentare la “massa critica”. Un altro ostacolo che le imprese incontrano è quello relativo ai canali distributivi. Per questo motivo, uno sforzo significativo di sistema si sta facendo nel sostenere l’ingresso dei prodotti italiani sia all’interno della grande distribuzione organizzata, sia
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sulle piattaforme digitali di e-commerce. La sfida globale si gioca sul fronte dell’attrazione degli investimenti esteri, competizione che ci vede ancora nella parte bassa della classifica. Su questo aspetto, quali sono le ambizioni del Piano? L’attrazione degli investimenti è un’attività strategica per l’internazionalizzazione a cui il Piano 2018 dedica risorse specifiche, proprio con il fine di scalare le classifiche di cui parlate e sfruttare le potenzialità del nostro Paese. Le nostre ambizioni puntano a far fronte ai problemi concreti che gli investitori esteri possono incontrare quando arrivano in Italia e a selezionare quegli investimenti che possono avere un maggiore impatto di lungo periodo. Un primo punto del piano è rafforzare l’attuale governance dell’attrazione degli investimenti che ha il suo perno nell’attività del Comitato per l’Attrazione degli Investimenti Esteri. L’obiettivo è fornire all’investitore un iter chiaro e interlocutori qualificati definiti quando si approccia all’Italia. Un altro punto è la sburocratizzazione e la semplificazione delle procedure amministrative. Sono misure ponderate e funzionali. Diversi studi, da ultimo uno studio di AIBE proprio di quest’anno hanno, difatti, individuato le criticità del nostro Paese per gli investimenti: carico normativo, burocratico e fiscale e certezza e chiarezza del quadro normativo sono ai primi posti. Torno, però, sul discorso delle classifiche. Anche su questo stiamo lavorando come sistema. Non sempre gli indicatori internazionali ci collocano in posizioni corrispon-
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«Considerato che il 42% delle imprese italiane che esporta, lo fa su un solo mercato, spesso l’azienda si lega strettamente alla domanda del singolo Paese in cui esporta. Il vincolo dimensionale può essere però superato creando reti di imprese e filiere che consentano di aumentare la “massa critica”» denti ai reali dati macroeconomici del nostro Paese. Per questo abbiamo costituito quest’anno un gruppo di lavoro con l’obiettivo di identificare le classifiche in cui migliorare il nostro posizionamento, con particolare riferimento a quelle più penalizzanti per il nostro Paese. Naturalmente, è anche importante saper promuovere adeguatamente l’Italia che resta, comunque, la 7° economia manifatturiera e la 2° in Europa, con un surplus commerciale che ci colloca tra i primi 5 dei Paesi G20 e un marchio Paese, quello del “Made in Italy”, che è il terzo brand più noto al mondo. In questo le nostre Ambasciate e i nostri Consolati sono in prima linea, non solo perché sono il primo punto di contatto per i grandi investitori istituzionali all’estero, ma anche perché lavorano capillarmente e costantemente per comunicare i punti di forza e le prospettive politico-economiche del nostro Paese. Ci sono poi degli obiettivi di politica industriale su cui puntiamo: da un lato, aumentare il numero di nuovi progetti di imprese multinazionali in Italia, i c.d. greenfield e brownfield, che hanno un impatto evidente su occupazione
e crescita economica. Dall’altro lato, attirare partner industriali e finanziari per le nostre aziende, in particolare le PMI, nella misura in cui queste collaborazioni siano finalizzate a rafforzare il nostro sistema imprenditoriale, incrementando occupazione, disponibilità finanziaria e opportunità di sbocco per i nostri prodotti e non mirino, invece, all’acquisto di nuove tecnologie. Infine, punteremo sui progetti legati al settore delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare porti e snodi logistici, per le ricadute che questi hanno sul nostro sistema economico. Una migliore internazionalizzazione concorre a una più elevata occupazione nel nostro Paese? Dal 2010 al 2017, le esportazioni sono la componente del PIL che ha consentito di mitigare gli effetti della crisi prima e, in seguito, rilanciare il graduale processo di crescita. D’altra parte, secondo recenti indagini, il fatturato “esportato” dalle imprese italiane è aumentato di oltre un quarto tra il 2010 e il 2017 (+26,3%), mentre nel 2017 il fatturato interno delle imprese non aveva ancora recuperato i livelli di fatturato del 2010 (-3,3%). L’internazionalizzazione ha poi consentito, non solo alle imprese direttamente coinvolte di crescere, ma anche di attivare processi di filiera che hanno innescato un circolo virtuoso. Come Farnesina, abbiamo commissionato uno studio indipendente sulle commesse e i contratti assegnati a imprese italiane all’estero che hanno beneficiato del sostegno delle nostre Ambasciate: l’impatto positivo in termini occupazionali in Italia è stato di 307mila posti di lavoro sostenuti.
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Mattioli, Confindustria: «Continuità perché il nostro export resti da record» Straordinari i risultati dell’efficace collaborazione pubblico-privata: da gennaio 2017 ad oggi sono state organizzate 20 missioni all’estero e oltre 6mila incontri di business, che hanno coinvolto 885 imprese, di cui il 74% PMI. «Vogliamo perseguire il percorso intrapreso e migliorare i numeri finora ottenuti» Licia Mattioli vice presidente Confindustria per l’Internazionalizzazione
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ice presidente Mattioli, in relazione al Piano Straordinario per la Promozione del Made in Italy, Confindustria aveva chiesto «continuità» con quanto deciso e fatto in precedenza. Così è stato. Allargare le competenze delle imprese - specie quelle digitali - e attrarre investimenti diretti esteri in Italia sono le due direttrici lungo cui si muoverà la nuova strategia. Ne condivide impostazione e finalità? Confindustria è convinta della necessità di adottare delle politiche di sostegno all’attività internazionale efficaci e coerenti rispetto alle esigenze delle imprese. Poter contare, come abbiamo fatto negli ultimi tre anni, su di una dotazione finanziaria significativa, che si avvicina a quanto dispongono i nostri competitor europei, è stato di grande importanza e ha contribuito ad ottenere quel risultato record, ormai ben noto a tutti, dei 448 miliardi di euro di export nel 2017. Solo per richiamare brevemente alcuni traguardi raggiunti grazie a questa efficace collaborazione pubblico-privata, ricordo che da
gennaio 2017 ad oggi abbiamo organizzato 20 missioni all’estero e oltre 6mila incontri di business, coinvolgendo 885 imprese, di cui il 74% PMI. Come Confindustria vogliamo perseguire il percorso intrapreso e migliorare i risultati finora ottenuti. Condividiamo, con la nuova strategia governativa, anche l’attenzione per il tema dell’attrazione degli investimenti esteri, convinti del fatto che le imprese globali, multinazionali, internazionalizzate, rappresentano un fattore di competitività strategico per il nostro Paese. Oltre all’attrazione, però, non dobbiamo dimenticare che dobbiamo trattenere chi ha già investito in Italia. Quali Paesi e settori sono stati individuati come prioritari dal Piano? Se l’obiettivo ultimo è la competitività trasversale del Paese, privilegiando solo alcuni comparti non si rischia di lasciare indietro molte Pmi? Insieme agli attori della Cabina di Regia - Maeci, Mise, Mef, Mibact, Mipaaft, Conferenza delle Regioni, Unioncamere, Confindustria, R.ETE Imprese
di Raffaella Venerando
Italia, ABI e Alleanza delle Cooperative Italiane - abbiamo, come ogni anno, identificato i paesi prioritari per le attività di internazionalizzazione. In tale sede Confindustria ha presentato i risultati dell’indagine annuale che svolge presso il proprio Sistema Associativo; quest’anno hanno preso parte all’indagine 69 associazioni che rappresentano 80.000 imprese ed è stato confermato l’interesse per alcune economie avanzate – USA, Canada, Giappone, Messico, Australia - ed emergenti, tra cui Cina, Russia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e India. Un ragionamento a parte merita il continente africano, che richiede una strategia ad hoc, in grado di consentire alle imprese italiane, in particolare alle PMI, di cogliere appieno le diverse opportunità di collaborazione industriale che soprattutto l’Africa Sub sahariana può offrire. Sono proprio le PMI ad essere al centro dell’azione di sostegno all’internazionalizzazione. I diversi strumenti nati con il piano - cito soltanto i Voucher per i Temporary Export Manager,
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il progetto “Alti potenziali”, gli accordi con le catene di distribuzione, le missioni di incoming di operatori stranieri - hanno come obiettivo quello di rafforzare le competenze delle nostre PMI, favorendo la loro competitività internazionale. L’attenzione ai comparti non esclude le PMI, anzi mira a coinvolgerle maggiormente attraverso lo sviluppo delle filiere. La crescita delle piccole imprese sui mercati stranieri avviene anche rafforzando le partnership con le grandi imprese già presenti all’estero, che, per realizzare i propri progetti, necessitano di competenze e tecnologie che le nostre PMI sono in grado di fornire. Quali sono gli ostacoli che ancora incontrano le imprese nella penetrazione dei mercati esteri? Ad oggi un enorme fattore di rischio per l’intero sistema industriale italiano è senz’altro rappresentato dall’inasprimento delle misure protezionistiche che si registra nelle economie avanzate dall’inizio del 2018. La crisi dei negoziati multilaterali, e il ricorso più intenso a barriere tariffarie e non, ostacolano inevitabilmente l’accesso delle nostre imprese ai mercati esteri, pregiudicando soprattutto le nostre PMI che, per crescere all’estero, necessitano di regole certe e standard omogenei. Per contrastare tali minacce protezionistiche occorre prevedere adeguate misure di accompagnamento delle nostre imprese all’estero; gli accordi commerciali che l’Unione Europea sta continuando a negoziare con determinazione rappresentano la cornice necessaria all’interno
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«Dobbiamo ulteriormente incrementare le vendite sui canali digitali, soprattutto nei mercati in cui l’e-commerce registra volumi e tassi di crescita consistenti, come in Cina, USA e in alcuni Paesi europei. In questa ottica, abbiamo promosso progetti con piattaforme B2C leader, ad esempio con il Gruppo Alibaba e con Yoox, solo per citarne alcuni»
della quale le nostre aziende possono continuare ad operare all’estero. Sempre con riguardo agli ostacoli per le nostre imprese, ricordo la difficoltà con la quale molte piccole imprese cercano di consolidare la propria presenza all’estero; al riguardo, il nostro obiettivo è quello di aumentare il numero degli esportatori “abituali”, prevedendo in particolare adeguati strumenti finanziari in grado di supportare la loro crescita all’estero. Le modalità distributive e di vendita oggi si sono spostate di molto sul digitale. Il made in Italy quanto si vende on line e quali strategie sono necessarie per favorire il sell out delle Pmi del nostro Paese sui grandi marketplace on line? La presenza sulle principali piattaforme mondiali e-commerce è ormai una scelta obbligata per le nostre PMI che vogliono internazionalizzarsi; una scelta che però molte delle nostre imprese ancora stentano ad intraprendere. Dobbiamo ulteriormente incrementare le vendite sui canali digitali, soprattutto nei mercati in cui l’e-commerce registra volumi e tassi di crescita consistenti, come in Cina, USA e in alcuni Paesi europei. In questa ottica, abbiamo promosso progetti con piattaforme B2C leader, ad esempio con il Gruppo Alibaba e con Yoox, solo per citarne alcuni.
Per vendere attraverso questi canali è indispensabile preparare le nostre imprese ancora legate a modelli di vendita tradizionali. La strategia deve quindi essere fortemente incentrata su progetti di affiancamento nell’approccio ai marketplace e di formazione specifica e mirata affinché la digitalizzazione aziendale diventi una prassi consolidata. Una migliore internazionalizzazione concorre a una più elevata occupazione nel nostro Paese? In generale, il contributo fornito dall’internazionalizzazione alla crescita economica interna è particolarmente significativo; basti ricordare che il surplus della bilancia commerciale nel 2017 ha inciso per il 2,8% sul PIL nazionale. La dinamica del numero degli addetti continua a essere migliore nelle imprese esportatrici rispetto a quelle che operano esclusivamente sul mercato interno. La caduta dell’occupazione causata dalla crisi del 2008 è stata peraltro meno accentuata nel caso delle imprese esportatrici e si è arrestata prima. Concentrerei l’attenzione anche sul valore che crea l’azienda che si internazionalizza. Il valore aggiunto per addetto risulta infatti mediamente raddoppiato nelle imprese esportatrici rispetto a quelle che non esportano.
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Internazionalizzazione, la strategia digitale dell’ICE Obiettivo: stimolare le vendite sui canali informatici e intercettare le opportunità presenti nei mercati in cui l'e-commerce registra i volumi e i tassi di crescita più consistenti di Raffaella Venerando Maria Ines Aronadio direttore ufficio coordinamento Promozione del Made in Italy - ICE
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ottoressa Aronadio, il Piano Straordinario per la Promozione del Made in Italy 2019 è in linea con le precedenti scelte strategiche governative in ambito internazionale. Si punterà ancora ad allargare le competenze delle imprese - specie quelle digitali e ad attrarre investimenti diretti esteri nel nostro Paese. Nello specifico quale sarà il ruolo dell’Ice? Per il posizionamento dei prodotti Made in Italy sulle principali piattaforme di e-commerce è stato investito quest’anno circa il 6% del totale del Piano Promozionale ICE. È stata attuata una strategia digitale che punta su tre pilastri principali: l’accordo con le maggiori piattaforme digitali globali, per generare traffico sui negozi virtuali italiani presenti su di esse; l’avvio di partenariati con i principali distributori digitali dei settori più importanti dell’export Made in Italy e l’estensione all’e-commerce delle promozioni già avviate con i distributori fisici e le catene della GDO internazionale. La strategia mira naturalmente a stimolare le vendite sui canali
digitali e a intercettare le opportunità presenti nei mercati (USA, Cina, Unione Europea) in cui l’e-commerce registra i volumi e i tassi di crescita più consistenti. In linea con quanto definito in sede di Cabina di Regia, per il 2019/2020 si intende, da un lato, garantire continuità all’azione di sostegno all’internazionalizzazione, con uno stanziamento finanziario adeguato allo scopo e, dall’altro lato, riteniamo opportuno continuare a focalizzare l’azione verso quelle attività strategiche che presentano maggiori margini di miglioramento e più diretti impatti su crescita e occupazione. In tale contesto, l’aumento del numero delle aziende stabilmente esportatrici, soprattutto tra le PMI, attraverso un più consistente ricorso alla creazione di competenze, anche in materia di e-commerce, è la priorità principale del piano, insieme a quella di attrarre in Italia investimenti diretti esteri, particolarmente in progetti di green economy, progetti ad alto contenuto tecnologico e progetti greenfield ad alto moltiplicatore in termini di
produttività, PIL e occupazione in settori quali infrastrutture, trasporti, telecomunicazioni e digitalizzazione. In questo, l’Agenzia ICE continuerà ad avere un ruolo di primaria importanza, e ciò in quanto soggetto centrale della gestione delle misure di intervento previste dal Piano promozionale nazionale. La sfida globale si gioca sul fronte dell’attrazione degli investimenti esteri, competizione che ci vede ancora nella parte bassa della classifica. Su questo aspetto quali sono le ambizioni del Piano? La Cabina di Regia ha convenuto sulle opportunità di potenziare le risorse allocate all’attività di attrazione degli investimenti e di garantire un’ulteriore strutturazione della governance del sistema, attraverso il Comitato Attrazione Investimenti. In particolare, è stato ribadito che il Comitato continuerà a dedicare un’attenzione particolare alla promozione di un’azione riformatrice dell’assetto normativo e regolamentare a livello generale e anche settoriale allo scopo di snellire le procedure amministrative e di sburocratizzare il
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sistema Italia, favorendo così gli investimenti, non solo esteri, del Sistema Paese. Eppure l’afflusso di capitali esteri più che un segnale di grande vitalità da alcuni è ancora ritenuto una minaccia per il modello italiano... Provi a convincere gli scettici… Naturalmente andrà valutata con attenzione la tipologia di investimenti da favorire, privilegiando quelli che apportano maggiore valore aggiunto in termini di occupazione e innovazione e facendo particolare attenzione ai potenziali rischi per i settori strategici. L’ICE si muove da sempre anche sul versante della formazione alle imprese. È cresciuta la consapevolezza delle aziende in questi anni? Nel 2017 le iniziative formative hanno registrato oltre 2.300 partecipanti. In linea con le indicazioni della Cabina di Regia, è stata ampliata l’offerta di servizi tenendo conto dei sempre più diversificati fabbisogni formativi delle imprese coinvolte, generando una ampia gamma di corsi di breve durata, contraddistinta da un alto tasso di innovazione. Particolare enfasi è stata data a nuove iniziative sulle tematiche legate alla digitalizzazione delle imprese per recuperare il gap della piccola e media impresa nelle competenze relative all’utilizzo dei nuovi strumenti digital nell’export. Di tutti i servizi formativi ICE, quelli rivolti alle imprese rappresentano circa l’80% delle attività e coinvolgono tre target imprenditoriali: aziende da internazionalizzare, aziende da stabilizzare sui mercati esteri, aziende già internazionalizzate alla ricerca di nuovi mercati.
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«Nonostante lo spazio sempre più ampio conquistato da altre forme di sostegno, comprese quelle di tipo digitale, la presenza ad una fiera estera rappresenta lo step più solido per conoscere il mercato, ricercare partner distributivi, condurre azioni di benchmarking sulla concorrenza, conquistare nuovi clienti»
È prevista una riedizione del programma Tender Lab? Certamente, si ritiene opportuno rafforzare l’impegno per attività sul territorio mirate, una di queste è la continuazione del progetto “Tender Lab - In gara con noi”. Il target degli interventi saranno sempre le PMI italiane potenzialmente interessate e/o con esperienza nelle gare internazionali.Il percorso di accompagnamento è rivolto agli imprenditori, responsabili dell’ufficio acquisti, rappresentanti di organizzazioni intermediarie (consorzi, associazioni, regioni, etc.), business development manager e consulenti (in rappresentanza di azienda/e). Sul Piano Export Sud, invece, ci saranno variazioni, cambiamenti, miglioramenti specie, come richiesto da molte pmi, rispetto ad azioni di follow up? Il Piano Export Sud ha dimostrato la sua piena efficacia, a ragione dei risultati raggiunti nella prima edizione e nella prima annualità della seconda edizione, l’obiettivo resta quello di aumentare la quota di export italiano generata dalle imprese del Mezzogiorno ed estendere la base degli esportatori abituali. Attualmente il Piano ha una dotazione finanziaria pari a euro 50.000.000 con durata fino al 2021 a valere sulle risorse del Programma Operativo Nazionale
Imprese e Competitività 20142020 FESR Asse III, Azione 3.4.1 Progetti di promozione dell’export destinati a imprese e loro forme aggregate individuate su base territoriale o settoriale. Ci sono progetti, da approntare e definire d’intesa con il MISE, per potenziare il programma di attività rivolto alle PMI, rafforzando anche il ruolo di startup, consorzi industriali, reti d’impresa, incubatori e parchi tecnologici. La fiera resta uno strumento importante per spingere sull’internazionalizzazione? L’organizzazione delle partecipazioni collettive italiane a manifestazioni fieristiche estere rappresenta ancora la forma più diffusa di sostegno all’internazionalizzazione delle PMI italiane. Nonostante lo spazio sempre più ampio conquistato da altre forme di sostegno, comprese quelle di tipo digitale, la presenza ad una fiera estera rappresenta lo step più solido per conoscere il mercato, ricercare partner distributivi, condurre azioni di benchmarking sulla concorrenza, conquistare nuovi clienti. La strategia dell’ICE comunque tende a privilegiare la partecipazione collettiva a fiere che all’estero rappresentano una vera vetrina a livello globale per il settore/filiera oggetto della manifestazione.
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Prete, Unioncamere: «Il Piano va esteso alle PMI con minore fatturato» Si stima ci siano quasi 50.000 imprese potenziali od occasionali esportatrici, con un giro d’affari medio intorno ai 3 milioni e con tutte le carte in regola per andare sui mercati internazionali. «Questa potenzialità, se colta - rimarca il vice presidente vicario - può valere almeno 6 punti in più di export» Andrea Prete vice presidente vicario Unioncamere
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ice presidente Prete, tutte le voci interessate all'internazionalizzazione riunite nella Cabina di regia hanno lavorato fianco a fianco per promuovere in maniera coordinata il Made in Italy nel mondo. Unioncamere è soddisfatta del Piano emerso? Condividiamo in larga misura sia l’impostazione, sia gli obiettivi. Necessaria è ancor di più la premessa al Piano, quella di rendere strutturale la strategia di supporto all'internazionalizzazione, seguendo un approccio integrato che passa non solo attraverso la promozione del Made in Italy ma anche attraverso l’innovazione e la cooperazione scientifica, la promozione culturale e turistica, l’utilizzo efficace delle tecnologie e delle piattaforme digitali, gli investimenti esteri. Siamo tutti convinti che l’export sia centrale per la crescita e l’occupazione. I dati di Unioncamere dicono che, lo scorso anno, le PMI manifatturiere operanti all’estero hanno programmato assunzioni in misura doppia rispetto a quelle che invece
non esportano. E, giustamente, il Piano indica tra le priorità l’aumento delle imprese esportatrici, oltre alla crescita del fatturato all’estero. Ma se vogliamo raggiungere questo obiettivo, dobbiamo rendere le nostre aziende - soprattutto le più piccole - consapevoli delle opportunità offerte dai mercati internazionali e attrezzate a sfruttarle. Fin qui, il target di riferimento del Piano è stato l’impresa con un fatturato medio di 14 milioni di euro: occorre innanzitutto allargare questa platea e coinvolgere anche le imprese con un fatturato più piccolo. Stimiamo che ci siano quasi 50.000 imprese potenziali od occasionali esportatrici, con un fatturato medio intorno ai 3 milioni e con tutte le carte in regola per andare sui mercati internazionali. Questa potenzialità, se colta, può valere almeno 6 punti in più di export. Pur condividendone impostazione e finalità, Unioncamere in sede di Cabina di Regia rilievi al Piano ne ha fatti. Quali? Il primo attiene alle moda-
di Raffaella Venerando
lità operative delle missioni all’estero, di gran lunga migliori rispetto al passato ma ancora non del tutto adeguate alle aziende più piccole. Molte di loro ci riferiscono, infatti, la necessità di una formula diversa: sarebbe preferibile metterle insieme per filiere e che per ciascun gruppo ci sia un soggetto che faccia da interlocutore unico, le coordini, le segua nella missione e curi poi il follow up. Azioni come questa aumenterebbero le chance di internazionalizzazione delle piccole e piccolissime aziende. C’è poi un secondo punto: come scaricare meglio a terra il Piano. Per farlo, serve che ci sia un presidio attivo e strutturato sui territori, in grado di dare gambe alle attività previste e aumentarne la ricaduta nelle diverse aree del Paese, specie al Sud. Questo è il ruolo che stanno svolgendo le Camere di commercio, ovviamente in collaborazione con il mondo delle associazioni di categoria. Un ruolo che in quest’ultimo
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anno si è rafforzato attraverso le intese stipulate da Unioncamere con il MISE e con la rete degli Uffici ICE, nonché, a livello territoriale, attraverso gli accordi tra le Regioni e molte Camere di commercio e Unioni Regionali. Non solo… Sì, per quanti ancora non lo sapessero, in parallelo abbiamo voluto riorganizzare le nostre aziende speciali per l’estero creando Promos Italia, la struttura unitaria di sistema che offrirà servizi specialistici di informazione, formazione e assistenza all’estero. Abbiamo poi avviato, prima dell’estate, un piano di formazione a tappeto per circa
«Vorremmo veder valorizzato di più all’interno del Piano il ruolo di Ambasciate, Uffici dell’ICE, reti delle altre strutture ma anche quella delle Camere di commercio italiane all’estero, presenti in 55 Paesi del Mondo con 130 sedi operative e 490 dipendenti»
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300 funzionari ed esperti delle Camere di commercio. Il nostro programma di intervento - partito nei mesi scorsi, dopo l’approvazione della riforma camerale - si articola su due linee principali: 1. Una serie di contatti “porta a porta”. Abbiamo individuato e stiamo contattando una a una circa 10.000 piccole imprese dell’agroalimentare, del manifatturiero e dei servizi che presentano una più elevata probabilità di proiezione all’estero. 2. Un aiuto personalizzato. Assisteremo oltre 1.500 piccole imprese a sviluppare un piano personalizzato di presenza all’estero, anche utilizzando la leva del digitale e del commercio elettronico, attraverso i PID camerali. Questo tema di come rafforzare il presidio territoriale per far
crescere l’export va, dunque, ribadito con più chiarezza nel Piano. Anche per dare supporto alle azioni di attrazione degli investimenti: pure su questo punto, una precisazione nel Piano sarebbe utile. Vorrei fare un’ultima osservazione sulle reti che operano all’estero: vorremmo veder valorizzato di più all’interno del Piano il ruolo di Ambasciate, Uffici dell’ICE, reti delle altre strutture ma anche quella delle Camere di commercio italiane all’estero, presenti in 55 Paesi del Mondo con 130 sedi operative e 490 dipendenti. Una rete che, con il presidente Gian Domenico Auricchio - va potenziata proprio per l’assistenza alle imprese più piccole, per lo scouting di opportunità di affari e per l’aiuto all’insediamento all’estero.
primo piano | internazionalizzazione
Scafuro: «Collaborare per competere» Per il vice presidente di Confindustria Salerno, delegato all’Internazionalizzazione, «le azioni messe in campo potrebbero irradiare più forza per l’intera filiera di riferimento se si ricorresse con maggiore frequenza a strategie condivise e ad aggregazioni delle produzioni» di Raffaella Venerando Nicola Scafuro vice presidente Confindustria Salerno per l’Internazionalizzazione
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ngegner Scafuro, quanto l’internazionalizzazione è una strategia diffusa tra le imprese dell’area salernitana? E i risultati, sono soddisfacenti? L’internazionalizzazione oggi non è più una delle possibilità per le aziende, quanto una necessità. Negli ultimi anni la sfida dei mercati esteri ha spinto molte delle nostre imprese a cambiare mentalità e metodo, a istruirsi e attrezzarsi per avere una visione quanto più possibile globale. È un processo di crescita, però, che non si improvvisa ma si pianifica. Internazionalizzare non significa solo vendere all’estero. Per questo è fondamentale che le aziende - e con esse Confindustria Salerno - continuino a investire nella cultura dell’internazionalizzazione, sviluppando nella propria organizzazione competenze e conoscenze strategico-operative per affrontare l’estero con maggiore consapevolezza. I risultati sarebbero anche migliori, poi, se la penetrazione nei mercati avvenisse non in ordine sparso ma in una logica di sistema, perché le azioni messe in campo irradino maggiore forza per l’intera filiera
di riferimento. Gli interlocutori esteri, infatti, preferiscono offerte complete e aggregate, volumi e numeri importanti di forniture che potremmo soddisfare solo ricorrendo a strategie condivise e ad aggregazioni delle produzioni ma, da questo punto di vista, ancora facciamo fatica a superare l’approccio individualista. Quali sono gli ostacoli che ancora incontrano le imprese nella penetrazione dei mercati esteri? Il nostro tessuto produttivo è disomogeneo. Accanto a veri e propri campioni italiani, resistono realtà ancora impreparate all’aprirsi a nuovi mercati, per eccesso di conservatorismo, per una mancata padronanza delle lingue, per dimensioni aziendali ridotte, per difficoltà di approcciare culture diverse o, ancora, per arretratezza tecnologica. Vero è che questo tipo di ostacoli condizionano ormai anche la competizione domestica, minandola. Se hai già difficoltà a stare sul mercato italiano, a fornire i beni richiesti in termini di volumi e logistica, come puoi pensare di resistere oltre confine? Nel Piano Straordinario per la
Promozione del Made in Italy figura nuovamente il Piano Export Sud. Quali miglioramenti si aspetta? La prima edizione del Piano Export Sud e la seconda attualmente in corso, hanno consentito alle regioni target di mettere in campo importanti iniziative, sul fronte della formazione e della promozione. Abbiamo sperimentato, ad esempio, interessanti azioni di incoming di operatori esteri per diversi comparti - alimentare e sistema casa/arredo/design, - ma resta valida l’esigenza di affinare ancora di più lo scouting degli operatori, coinvolgendo solo ed esclusivamente quelli realmente interessati ad avviare contatti di business con le nostre aziende. Come si diceva una volta per certi annunci: astenersi perditempo. Fondamentale è poi il follow up per valutare gli sviluppi effettivi degli incontri e, si spera, degli accordi. Da qualche anno Assoservice Salerno supporta le aziende socie (e non solo) di Confindustria nel percorso di posizionamento sui mercati esteri. In che modo? Per potenziare la capacità di presenza all’estero, Confindustria Salerno da anni porta avanti un
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programma di azioni, info-formative e promozionali per favorire quel necessario processo di ampliamento sia culturale, sia teso a facilitare occasioni di incontro con operatori esteri. In una logica di ampliamento dei servizi alle imprese, Assoser-
vice Salerno - braccio operativo di Confindustria Salerno - si è specializzata nella capacità di assistere e accompagnare le aziende nei loro percorsi di internazionalizzazione. Accreditata dal 2015 presso il Ministero dello Sviluppo Economi-
co, è inserita nell’apposito Albo per la gestione di progetti di Temporary Export Management (TEM). Quest’anno ne stiamo gestendo circa una ventina. Ci siamo, insomma. Siamo al fianco delle nostre, ambiziose, imprese.
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iverse aziende socie e non di Confindustria Salerno, beneficiarie del voucher internazionalizzazione del MISE, hanno scelto Assoservice Salerno per la gestione di progetti realizzati attraverso Temporary Export Manager per quattro tipologie di servizio: analisi e ricerche di mercato; valutazione delle potenzialità commerciali dell’impresa cliente;
affiancamento consulenziale nell’individuazione di potenziali partner industriali e/o commerciali e nella identificazione/acquisizione di nuovi clienti; assistenza legale, organizzativa, contrattuale e fiscale e sviluppo delle competenze. La Campania - con quasi il 17% dei voucher assegnati per un importo complessivo di circa 5,8 milioni di euro - è stata la regione più reattiva.
Due le tipologie di voucher previste:
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early stage pari a 10.000 euro a fronte di un contratto di servizio con una società TEM del valore minimo di 13.000 euro
2.
advanced stage pari a 15.000 euro, incrementabili fino a 30.000 euro, a fronte di un contratto di servizio con una società TEM del valore minimo di 25.000 euro
Di seguito l’elenco delle aziende che stanno svolgendo questo percorso di internazionalizzazione insieme ai TEM, in qualità di esperti di Assoservice Salerno (www.assoservicesalerno.it) EARLY-STAGE • CIANCIULLO MARMI S.R.L. • GANA SPORT S.R.L. • GRAFICA METELLIANA S.P.A. • "HOTEL SCAPOLATIELLO" S.N.C. DI GIUSEPPE SCAPOLATIELLO & C. • INDUSTRIA ALIMENTARE TANAGRINA S.R.L. • INES S.R.L. • MGR. S.R.L. • PLASTICA-ALTO SELE S.P.A. • SIP & T S.P.A.
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ADVANCED-STAGE • ANTICHE FORNACI D'AGOSTINO S.R.L. • BUSINESS COMPANY S.P.A. • CERAMICA FRANCESCO DE MAIO S.R.L. • CERAMICA VIETRI ANTICO S.R.L. • CONSORZIO ECOEM • CTI FOODTECH S.R.L. • ELIA HOTEL S.R.L. • KARMA S.R.L. - DECORA • M.A.V. S.R.L. • MEID4 S.R.L. • RINALDI GROUP S.R.L. • SMEA.N LTD S.R.L. • WORLD OF ITALY S.R.L.
focus
Legalità e impatto sulla crescita Da interviste effettuate dall’ISTAT, nell’ambito dell’indagine sulla sicurezza dei cittadini 2015-2016, è emerso che il 7,9% delle famiglie italiane è stato coinvolto, almeno una volta nella vita, in dinamiche corruttive. Gli ambiti più a rischio sono quello lavorativo, sanitario e degli uffici pubblici di Consuelo Carreras ricercatrice servizio economia delle imprese e del territorio - SRM c.carreras@sr-m.it
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RM approfondisce, oramai da 5 anni, un tema che assume in Italia e nel Mezzogiorno un ruolo rilevante nell’analisi delle potenzialità economiche del territorio; si tratta del rapporto tra crescita economica e funzionamento ed efficacia della Giustizia e dell’impatto sulle dinamiche creditizie. In particolare dallo scorso anno, l’attenzione di SRM si è incentrata sul tema della legalità, intesa non solo nella sua accezione di valore istituzionale, con tutte le implicazioni morali e civili, ma anche e soprattutto come asset di competitività e di sviluppo. Legalità interpretata, altresì, come svolta culturale ed economica per il nostro Paese, che caratterizzi e contraddistingua tutti i settori dell’economia e dia impulso a un nuovo concetto di cultura d’impresa. Un efficace stato di diritto riduce la corruzione, combatte la povertà e protegge le persone dalle grandi e piccole ingiustizie. È la base per ogni comunità in termini di equità, opportunità, sviluppo, sostegno alla pace, governo responsabile e rispetto dei diritti fondamentali. Garantire la legalità risulta però molto spesso difficile, intendendo non tanto l’aspetto formale dello stato di diritto, nel quale il nostro Paese ha un’elevata tradizione e cultura, ma la sua effettiva applicazione nei
vari aspetti della vita quotidiana, sia economica sia sociale, per le nostre realtà produttive e per i nostri concittadini. La diffusa bassa efficienza media della macchina giudiziaria - la cui complessità comporta il più delle volte una eccessiva lentezza nel giudizio, la difficoltà di applicazione delle sanzioni, cioè in definitiva, una non chiara certezza del diritto – si traduce in meccanismi di mercato in cui si avvantaggia l’attore economico più spregiudicato, prepotente e addirittura illegale. Il tutto ai danni di chi opera nella legalità, nella trasparenza delle proprie attività o nella qualità del rapporto con i propri dipendenti o fornitori. Ecco pertanto che, nella sua valorizzazione in un’ottica di sviluppo e di competizione leale, assumono un rilievo significativo quelle istituzioni atte a controllare e gestire i cosiddetti “fallimenti del mercato” e ad agire con trasparenza e tempestività per limitare fenomeni distorsivi e lesivi delle regole del mercato, quali ad esempio la corruzione, il sommerso e il riciclaggio dei proventi delle attività criminali.La legalità quale principio base per la libera concorrenza è strettamente unita a competitività e trasparenza. L’attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali dell’amministrazione della res pubblica è il modo attraverso cui si possono individuare e, quindi, pre-
venire situazioni illecite e di conflitto di interessi. L’Italia è notoriamente, tra gli Stati dell’Europa occidentale, il Paese che mostra livelli più alti di corruzione. In particolare, il Corruption Perception Index (CPI) - elaborato da Transparency International posiziona l’Italia al 54esimo posto su 180 Paesi considerati. Il punteggio assegnato all’Italia è di 50, in crescita rispetto al 47 del 2016, con un trend di miglioramento consistente della collocazione del nostro Paese nella classifica generale. In questo modo, la classifica di Transparency International dimostra di apprezzare le norme approvate negli ultimi anni tra l’altro su whistleblowing, trasparenza amministrativa e istituzione dell’ANAC. Tuttavia, risulta ancora marcata la distanza rispetto ai maggiori Paesi europei: il Regno Unito e la Germania sono rispettivamente all’8° e al 12esimo posto, la Francia al 23esimo, la Spagna al 42esimo. L’Italia, quindi, con il suo punteggio di 50 si trova sul punto mediano della scala che va da 0 (corruzione elevata) a 100 (trasparenza elevata). Il nostro Paese, inoltre, si colloca sopra il punteggio medio globale, che per il 2017 risulta essere 43. Da interviste effettuate dall’ISTAT, nell’ambito dell’indagine sulla sicurezza dei cittadini 2015-2016, a 43mila persone tra i 18 e gli 80 anni di età, è emerso Ottobre | Novembre 2018
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Corruption Perception Index 2017
Fonte: Corruption Perception Index Transparency International, 2018
che il 7,9% delle famiglie italiane è stato coinvolto, almeno una volta nella vita, in dinamiche corruttive. Gli ambiti nei quali il maggior numero di famiglie italiane ha ricevuto una richiesta di denaro o altro in cambio di servizi, sono quello lavorativo, sanitario e degli uffici pubblici. In particolare, il settore sanitario e quello dei servizi di assistenza hanno mostrato la maggior incidenza di simili fenomeni negli ultimi anni, e dunque sono da ritenersi maggiormente a rischio. Quanto ad una visione territoriale del fenomeno, la situazione appare notevolmente diversificata. L’indicatore complessivo di corruzione stimato varia tra il 17,9% del Lazio - che si distacca notevolmente dalle altre regioni - e il 2% di Trento, con valori molto elevati anche in regioni quali Abruzzo, Puglia, Basilicata e Molise. Il quadro è molto variegato anche a seconda del settore considerato. Al Centro, gli ambiti più a rischio 18
sono quelli del lavoro, degli uffici pubblici e della giustizia; al Nord, con percentuali tendenzialmente più basse, i settori più colpiti sono quelli della giustizia, sanità e lavoro; mentre al Sud i più colpiti sono i servizi assistenziali, dove quasi l’8% delle famiglie ricorse a questo tipo di supporto si è imbattuto in richieste di denaro o altro, un dato almeno doppio rispetto a quello registrato in altre aree del Paese. Osservando in particolare i rischi nel mondo del lavoro, il 5% del totale ha riscontrato nel proprio ambito di attività scambi illeciti o inopportuni. Ben sopra la media nazionale, si trovano Lazio, Veneto e Liguria, rispettivamente con il 7,5%, il 7,2% e il 6,9%. La Campania risulta invece seconda tra le regioni del Mezzogiorno dopo la Sardegna, con circa il 5%. In conclusione, l’Italia rimane comunque in condizioni che richiedono ancora interventi aggressivi nel contrasto ai fe-
nomeni corruttivi. Contro corruzione, illegalità e mancanza di trasparenza la reazione da parte delle istituzioni è stata decisa, con provvedimenti quali il piano nazionale anticorruzione, l’osservatorio sulla corruzione, la banca dati lavori pubblici e l’utilizzo sempre più spinto delle nuove tecnologie per garantire la trasparenza, specie quella dei procedimenti amministrativi “sensibili” (quelli cioè che hanno ad oggetto autorizzazioni, concessioni, appalti pubblici, erogazioni di benefici economici a persone o enti pubblici o privati). Queste azioni, però, da sole non bastano. Una lotta efficace si realizza anche con la diffusione di una cultura della legalità. Solo partendo da un’azione sinergica tra istituzioni pubbliche, associazioni di cittadini, imprese e rappresentanze economiche sul territorio si può delineare un percorso comune per l’affermazione di una cultura della legalità e della trasparenza.
confindustria
Educare alla differenza Il Comitato Femminile Plurale di Confindustria Salerno prosegue nella promozione di percorsi esperienziali personal-professionali anche in ottica gender equality. «Il nostro impegno - queste le parole della presidente Alessandra Pedone - è contribuire al rafforzamento di abilità personali fuori degli stereotipi, oltre i pregiudizi e i limiti di genere» di Raffaella Venerando
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residente, la formazione esperienziale personal– professionale è da sempre uno degli asset delle attività del Comitato Femminile Confindustria Salerno. In tale ambito, particolare consenso ha registrato attorno a sé il piano dello scorso anno “Innovation Lab 4.0”, tanto da volerlo riproporre arricchito e ampliato per il 2019. Il programma Innovation Lab 4.0 - che ha visti coinvolti lo scorso anno Jobiz Formazione, il Politecnico di Milano, il Dipartimento di Informatica e quello di Scienze Aziendali dell’Università degli Studi di Salerno - è stato un “azzardo” in cui abbiamo creduto molto fin dall’inizio. È stata una scommessa vinta perché studiata a lungo e partita da lontano, rispondente in pieno a i valori cardine - formazione di qualità, networking, innovazione e crescita culturale - cui si ispira il lavoro del Comitato sin dalla presidenza di Stefania Rinaldi che ha preceduto la mia. Per la prima volta, infatti, a beneficiare delle oltre 160 ore interaziendali di formazione finanziata da Fondimpresa su vari aspetti legati a innovazione, finanza innovativa e lean
Alessandra Pedone, presidente Comitato Femminile Plurale Confindustria Salerno
industry, non sono state solo le aziende del Comitato Femminile di Confindustria Salerno, ma anche altre realtà iscritte alla Territoriale salernitana cui è stata estesa l’opportunità esperienziale personal-professionale. Il corso attivato è stata la nostra risposta concreta a chi erroneamente poteva ritenere che le nostre attività mettessero al centro della discussione solo le donne. Non è così. Anzi, il Comitato vuole lavorare per la parità in tutte le sue accezioni e farlo senza creare squilibri al
contrario, ma puntando a smussare in concreto - a partire dalla formazione - la segregazione di genere comunque presente nel mercato del lavoro. Ma vi siete spinte anche oltre i confini associativi. Con la formazione aperta non solo alle donne, il Comitato si propone quest’anno come modello di “buona pratica” in ottica gender equality. È questo il presupposto su cui si fonda il sodalizio con l’Ateneo salernitano per la realizzazione di un importante progetto Horizon 2020: “R&I Peers: Pilot Experiences For Improving Gender
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14 settembre, seminario Università e Impresa: l'Innovazione nella Formazione
Equality In Research Organisations (Esperienze pilota per migliorare l’uguaglianza di genere nelle organizzazioni di ricerca), di cui l’Università di Salerno è capofila con il supporto dell’Osservatorio per gli studi di Genere e le Pari Opportunità e 7 partner della Comunità europea. Come si svilupperà questa collaborazione? È così. Dopo aver allargato a tutte le imprese di Confindustria Salerno potenzialmente interessate la possibilità di prendere parte ai nostri percorsi formativi, quest’anno vogliamo estendere la nostra capacità di fare network anche oltre l’Associazione. Lo faremo con il nuovo piano TASK-Induction training, promosso dal Comitato Femminile, presentato da Jobiz Formazione e finanziato da Fondimpresa, che partirà dal prossimo mese di novembre con sessioni formative in Confindustria Salerno. Il primo naturale interlocutore per noi donne di impresa è senz’altro l’Università con cui - attraverso il progetto Horizon 2020 - intendiamo collaborare sia avvalendoci delle professionalità del corpo docente, sia offrendo ad alcuni studenti l’opportunità di par20
«Il primo naturale interlocutore per noi donne di impresa è senz’altro l’Università con cui - attraverso il progetto Horizon 2020 - intendiamo collaborare sia avvalendoci delle professionalità del corpo docente, sia offrendo ad alcuni studenti l’opportunità di partecipare come uditori ai nostri corsi» tecipare come uditori ai nostri corsi. Rinsaldando il legame con l’Università e la relazione diretta con gli studenti siamo certe potranno crearsi nuove e reali
occasioni di lavoro per i nostri giovani nelle nostre aziende e non solo. La chiave di azione resta quindi l’educazione alla differenza? Sì, educare alla differenza significa formare persone capaci di sviluppare le proprie abilità personali fuori degli stereotipi, oltre i pregiudizi e i limiti di genere. Per questo la formazione che ci piace, quella su cui da sempre puntiamo è la formazione on-the-job, tesa a migliorare innanzitutto le competenze del singolo. Saranno queste, e solo queste, a fare poi la differenza.
confindustria
Premio BP per l’Innovazione, avanti tutta con la XII edizione La call per la raccolta dei progetti si chiuderà il 12 novembre. Le giornate conclusive dell’evento di punta di Confindustria Salerno si terranno il 6 e 7 dicembre alla Stazione Marittima a cura della Redazione
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odici anni e non sentirli. Anzi, il Premio Best Practices per l’Innovazione - dal 2006, quando è nato per iniziativa del Gruppo SIT di Confindustria Salerno, capitanato oggi da Edoardo Gisolfi - non si è mai fermato. Anno dopo anno, con nuovi partner, eventi mirati, community e momenti di confronto, continua a promuovere la “cultura” dell’innovazione, contando anche sulla recente collaborazione con il Comitato
Piccola Industria e del Gruppo Giovani di Confindustria Salerno. Lo fa da sempre in modo concreto, attraverso la presentazione e promozione di progetti - dai risultati misurabili - capaci di coinvolgere il mondo dei giovani, della ricerca e dell’impresa. Con un’attenzione strategica all’open innovation, negli anni il Premio - diventato un punto di riferimento nel sistema Confindustriale nazionale - ha coinvolto oltre 1100 tra aziende
e startup, protagoniste di casi reali di innovazione, contribuendo a creare, insieme a numerosi e qualificati partner, un vero e proprio ecosistema, in cui ciascuna forza agisce in vista di un condiviso risultato finale dando il massimo in virtù del proprio ruolo e delle proprie competenze. Nella top ten dei partner storici del Premio BP, figura anche quest’anno TIM che inserisce un'azienda e una startup nel proprio albo fornitori, mettendo a disposizione la propria rete di distribuzione nazionale. Oltre a TIM, presente alla XII edizione SELLALAB Gruppo Banca Sella che, insieme con l’Università degli Studi di Salerno, organizza l’Hackathon Young Talent. Durante l’evento del 6 e 7 dicembre 2018, infatti, studenti e dottorandi di informatica, ingegneria informatica, ingegneria gestionale, economia aziendale, comunicazione e management d’impresa, si cimenteranno nella soluzione delle challenge aziendali, individuando - opportunamente assistiti nel lavoro di gruppo - strategie innovative funzionali al servizio di esigenze reali, evitando così sprechi di risorse e di tempo. Lo scorso anno, due giovani partecipanti hanno fatto l’en plein: oltre a
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di conoscere e sperimentare le soluzioni digitali più avanzate che trovano applicazioni nell’Industria 4.0. Saranno, inoltre, organizzati incontri e workshop ai quali potranno partecipare gli studenti dell'ultimo triennio degli Istituti di Istruzione Media Superiore (Tecnici e Professionali) della regione tra cui quattro seminari gratuiti dedicati alle tecnologie abilitanti “Stampa additiva”, “Data Meaning”, “Design Innovativo e sostenibile”, “Robotica nella piccola e media impresa”.
kenzophotographer.com
vincere la competizione, sono stati assunti da una delle due società che aveva lanciato la sfida. Consapevoli poi che la manifattura debba rimettersi in gioco, il Premio Best Practices per l’Innovazione quest’anno ospiterà un laboratorio di “Fabbricazione Digitale”. L’iniziativa, realizzata dal partner Medaarch in collaborazione con Confindustria Salerno e Banca Sella, offrirà ai partecipanti al Premio e alle altre PMI manifatturiere e artigiane che interverranno alla manifestazione, la possibilità
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confindustria
Crescita, più di una soluzione finanziaria per le pmi con UniCredit Molto partecipato l’incontro che ha passato in rassegna incentivi e strumenti disponibili per le imprese che vogliono investire ed essere competitive
di Raffaella Venerando
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a voglia di rischiare e di crescere delle pmi - in dimensioni e mercati - spesso è contrastata dalla insufficiente solidità finanziaria e patrimoniale. Per proporre soluzioni innovative utili a utilizzare sinergicamente credito, finanza e strumenti di incentivazione, UniCredit ha organizzato il 19 settembre scorso in Confindustria Salerno un incontro, cui hanno preso parte oltre 60 imprenditori della provincia di Salerno, sulle agevolazioni di Industria 4.0 e quelle fiscali dedicate agli strumenti di leasing, un mercato che in Campania è cresciuto del +13,2% nel 2017. Sono state inoltre approfondite dagli esperti dell’istituto e dal rappresentante di ELITE le soluzioni per aiutare le imprese ad agganciare il capitale di rischio. Ad aprire i lavori Antonello Sada, vice presidente Confindustria Salerno con delega al credito, che ha rimarcato «quanto sia fondamentale per l’impresa conoscere in maniera puntuale gli strumenti di finanza al fine di scegliere con consapevolezza quelli meglio congeniali ai piani di azienda, che siano essi rivolti ad approcciare nuovi mercati o a introdurre innovazioni di processo e di
prodotto». A seguire Elena Goitini, direttore regionale Sud di UniCredit ha spiegato il contesto in cui si inserisce l’iniziativa che, rientrando tra le attività collaterali del “Patto per la crescita della Campania” firmato lo scorso maggio a Salerno tra UniCredit, Università degli Studi di Salerno e Confindustria di Salerno e di Avellino, ha, come strategia, la promozione sinergica tra gli attori del territorio come fattore propulsivo di sviluppo e, come traguardo, la creazione di nuovi progetti imprenditoriali, specie giovanili. Successivamente sono stati illustrati i vantaggi del leasing e non solo, da Massimo Cannone, responsabile Sales, Marketing & Network di UniCredit Leasing e da Pio Guenzi, referente agevolato di UniCredit Leasing, che si è soffermato sulle opportunità fiscali offerte da Industry 4.0. Ad approfondire per la platea in sala il tema della crescita per linee esterne, con un focus dedicato alla flessibilità offerta da bond e minibond, è stato Ferdinando Natali, responsabile corporate Sud e Sicilia di UniCredit. L’incontro si è poi concluso con l’intervento di Mauro Iacobuzio, di ELITE Club
deal manager, il programma di Borsa Italiana che supporta le aziende nei progetti di crescita, che si è soffermato sulle opportunità legate all’apertura delle imprese al mercato dei capitali, al fine di agevolarne l’accesso al credito. Testimone della validità del percorso Mario D’Amico, responsabile controllo di gestione della D&D Italia D’Amico, azienda salernitana del food che, a partire dal 1971, si è specializzata nella conservazione di ortaggi, funghi e olive, fino ad arrivare alle ben 150 referenze di oggi, molte delle quali lavorate dal fresco. D’Amico, dopo una breve panoramica sulla storia della sua azienda oggi alla terza generazione, ha raccontato con efficacia quanto la quotazione sia solo una delle opzioni previste da Elite. «Noi abbiamo da poco concluso la prima fase, ma abbiamo già sperimentato quanto il programma sia utile alle aziende per strutturarsi non solo per risultare attraenti agli investitori. Con Elite si cresce innanzitutto in consapevolezza, managerialità e trasparenza, caratteristiche oggi indispensabili per competere con successo sui mercati». Ottobre | Novembre 2018
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Bioplastiche: scenari presenti e futuri La sostenibilità ambientale come grande occasione per il settore produttivo al centro di un incontro organizzato dal Gruppo Chimica, Gomma e Plastica in collaborazione con il Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno a cura della Redazione
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l 27 settembre scorso, presso la sede di Confindustria Salerno, ha avuto luogo il seminario dal titolo “Le bioplastiche: scenari presenti e futuri”. L’incontro, organizzato dal Gruppo Chimica, Gomma e Plastica, in collaborazione con il Comitato PI di Confindustria Salerno, ha affrontato il tema delle bioplastiche, il quadro normativo vigente e i possibili scenari futuri, con approfondimenti tecnici anche su innovazione tecnologica e di processo, certificazione delle bioplastiche e, infine, legalità e green economy. Sono intervenuti, in qualità di relatori, Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, Michele Buonomo - Legambiente nazionale, Roberto Pantani dell’Università degli studi di Salerno, Mario Malinconico del CNR e Barbara Calabria del TUV AUSTRIA. A dare l’avvio ai lavori il vice presidente delegato ambiente, sicurezza e privacy di Confindustria Salerno, Lina Piccolo, insieme con il presidente del Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno, Gerardo Gambardella. Nelle inedite vesti, invece, di moderatore il presidente del Gruppo Chimica, Gomma e Plastica di Confindustria Salerno, Alfonso Campitelli. A lui il compito di dare il là alla discussione, catalizzando l’attenzione su di uno specifico punto: la necessità di colmare la carenza di senso civico degli italiani in tema di rifiuti che, in questo campo, riceve una esplicita rappresentazione. «Si fa un gran parlare di ambiente, ecologia, di riciclo, ma il percorso è ancora lungo per raggiungere risultati apprezzabili. C’è bisogno di insistere ancora sulla sensibilizzazione ad una corretta cultura ambientale. Se tutti conferissero correttamente i rifiuti, oggi più che di bioplastiche compostabili e biodegradabili - pure importanti sul fronte dell’innovazione di prodotto - parleremo, ad
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esempio, del problema della carenza di impianti di riciclo, che è già realtà in Campania. Il corretto conferimento dei rifiuti, una seria risposta impiantistica, unitamente ad una crescente sensibilità del cittadino al rispetto dell’ambiente, potrebbero rappresentare la soluzione reale al problema dell’inquinamento da plastiche. Inoltre, non dimentichiamo che il rifiuto, opportunamente recuperato, è ricchezza, “economia che si rigenera». Si è discusso poi sulla sfida delle bioplastiche biodegradabili e compostabili, anche alla luce della cogente legislazione europea, sottolineando - da più parti - quanto da un lato l’industria debba attrezzarsi per rispondere in maniera adeguata e tempestiva, dall’altro quanto quella in campo non può, né deve essere inquadrata come una battaglia tra buone e cattive plastiche. «In qualità di rappresentante del Gruppo Chimica, Gomma e Plastica di Confindustria Salerno - ha sottolineato Campitelli - chiedo al legislatore di guardare certamente con attenzione all’emergente settore delle bioplastiche e alle nuove frontiere della ricerca e dell’innovazione in tale ambito, ma di considerare, con particolare impegno, quello delle plastiche monouso che verrebbe fortemente penalizzato, qualora questo materiale fosse messo al bando».
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Martucciello, Aristea: «Le ragioni del mio no alla direttiva Ue sulla riduzione dell’inquinamento da plastica» Per il titolare dell’azienda di Battipaglia la risposta più efficace alla dispersione dei rifiuti, e in parte al marine litter, non è la messa al bando delle stoviglie monouso ma il riciclo in un contesto di economia circolare di Raffaella Venerando
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a direttiva UE sulla “riduzione dell’inquinamento da plastica” prevede, tra l’altro, la messa al bando di piatti e posate monouso: lei, però, non è il solo ad essere contro questo orientamento legislativo. Innanzitutto perché? La proposta di direttiva della Commissione Europea sui prodotti in plastica monouso, che mette al bando posate e piatti di plastica, si basa su alcuni fondamentali errori e opinioni “poco scientifiche”. In primis, mi preme precisare che non è vero che le stoviglie in plastica usate in Europa sono in buona parte di provenienza extraeuropea, mentre lo sono la gran parte dei prodotti in bioplastica o polpa di cellulosa, a discapito della nostra bilancia commerciale. Inoltre, la quantità di plastica utilizzata per produrre posate e piatti incide per meno dello 0,6% (fonte Pro.Mo.) sul totale di quella utilizzata in Europa per tutto il packaging plastico e per l’industria automobilistica, dell’edilizia, dell’arredamento, etc.. Considerando che il 90% dell’inquinamento marino mondiale è causato da 10 fiumi extraeuropei e che i piatti di plastica non figurano nemmeno tra i primi 10 oggetti trovati sulle spiagge europee, restano forti dubbi sull’efficacia di un intervento come quello proposto. Altro dato non trascurabile è, poi, secondo lei il ruolo del consumatore
e l’incidenza dei suoi comportamenti sbagliati nel fenomeno della dispersione nell’ambiente dei rifiuti. Plastica o non plastica, è sulla cultura della prevenzione che bisogna insistere? Indubbiamente. Non esistono prodotti buoni o cattivi, sono i comportamenti degli utilizzatori che ne determinano la pericolosità rispetto all’ambiente. Le faccio un esempio: l’inquinamento dei mari è dovuto in maniera importante alle microplastiche provenienti da prodotti come i cosmetici e dal lavaggio continuo dei nostri indumenti, nonché dalle reti e altri accessori della pesca abbandonati in mare, prodotti di certo non banditi ma che, in funzione dei nostri comportamenti, possono risultare più o meno inquinanti. Noi da sempre crediamo che la vera sostenibilità del prodotto “mono uso” debba basarsi sulla riciclabilità del materiale, sulla raccolta differenziata e quindi sull’uso del materiale riciclato come materia prima seconda. Abbiamo colto l’opportunità data dalla filiera della raccolta differenziata delle bottiglie in PET e dal marchio di certificazione PSV (Plastica Seconda Vita) messo a disposizione dall’IPPR (Istituto per la Promozione della Plastica Riciclata di emanazione ministeriale), mettendo sul mercato articoli per la tavola (bicchieri, piatti, coppette) e foglia per l’industria del packaging
Vincenzo Martucciello
in PET contenenti almeno il 70% di r-PET, ossia di scaglie di PET proveniente dalla raccolta differenziata post consumo. La direttiva impone il principio della responsabilità estesa del produttore per lo smaltimento, in virtù della quale il produttore è tenuto a coprire il costo di raccolta, trasporto e trattamento di questi rifiuti, oltre che della pulizia delle coste e dei mari. Una scelta a suo parere del tutto iniqua… Non ritengo condivisibili le disposizioni che richiedono la responsabilità estesa del produttore per specifici prodotti in plastica, attribuendo per intero all’industria i costi per la raccolta, il trasporto, il trattamento dei rifiuti, per le campagne di sensibilizzazione e la pulizia dell’ambiente, quando la responsabilità dell’impatto ambientale è prevalentemente attribuibile appunto alle cattive
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condotte comportamentali a valle della filiera. Non c’è dubbio che il costo sociale del fenomeno debba essere condiviso in maniera più ampia. Inoltre, i prodotti monouso sono anche altri prodotti come siringhe, involucri per farmaci, dosatori monouso dell’industria farmaceutica e alimentare. Peraltro, come riportato nel documento di Confindustria sulle osservazioni in merito alla “Proposta di direttiva sulla riduzione della plastica monouso”, tale approccio sarebbe in aperto contrasto con quanto previsto dalla Direttiva imballaggi e rifiuti d’imballaggio per la quale la minimizzazione del littering (rifiuti, ndr) richiede l’impegno congiunto di Autorità, produttori e consumatori. Le aziende sono disposte a tutti gli sforzi necessari affinché il prodotto “monouso” possa risultare più sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico. Più che di costi, parlerei di investimenti necessari per rendere la filiera più virtuosa, nei limiti delle risorse disponibili. Le amministrazioni dovrebbero impegnarsi di più soprattutto dal punto di vista della diffusione della cultura della raccolta differenziata e della conoscenza dei materiali. Il vero nodo risiede però nelle ricadute occupazionali per il nostro Paese. La messa al bando delle stoviglie in plastica danneggia in particolare la nostra industria produttrice, la più importante in Europa con una quota di export superiore al 30%. Ma queste aziende produttrici non potrebbero riconvertirsi? L’impatto occupazionale è notevole. Dati del gruppo Pro. Mo di Unionplast indicano 3.000 occupati nel settore. Si stimano
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circa 18000 lavoratori considerando tutto l’indotto. La conversione delle industrie è realizzabile solo in parte e solo per chi potrà permetterselo, impegnando notevoli risorse finanziarie, soprattutto alla luce dei tempi ristretti che sembrerebbe imporre la direttiva europea. La plastica è una risorsa anche come rifiuto, può essere rimodellata e riutilizzata più e più volte, con l’aggiunta di piccole quantità di materia prima vergine. Così facendo diminuirebbero i fabbisogni di materia prima e quindi l’immissione sul mercato di “nuova plastica” e si creerebbero nuovi posti di lavoro nella filiera del riciclo (in un contesto di economia circolare). Lo studio comparativo di Life Cycle Assessment - LCA - sull’impatto ambientale del ciclo di vita delle stoviglie ha fatto emergere un dato curioso che, forse, non tutti conoscono: le stoviglie monouso in plastica hanno un impatto ambientale mediamente inferiore ad altri tipi ritenuti maggiormente ecosostenibili… L’impatto ambientale di un prodotto si misura considerandone l’intero ciclo di vita: dall’estrazione o coltivazione delle materie prime, produzione dei materiali di base, fabbricazione dei prodotti, distribuzione, fase d’uso e quindi al fine vita. Nel 2015 la società Quotasette S.r.l. ha realizzato uno studio di LCA comparativo di stoviglie per uso alimentare nel contesto della ristorazione collettiva commissionato da Pro.mo/Unionplast. Da quanto emerso, gli impatti sull’intero ciclo di vita delle stoviglie in plastica sono mediamente inferiori a quelli dei medesimi prodotti in altri materiali, anche di quelli ritenuti più “green”.
Da un lato, la Commissione chiede gli LCA per valutare realmente le migliori opzioni ambientali, dall’altro poi limita o vieta determinati prodotti in plastica senza analizzare quale opzione sarebbe la più sostenibile. La risposta al problema per lei allora qual è? Riciclo della plastica ed economia circolare? Come già detto, i materiali plastici possono essere riciclati e, come nel caso del PET, quando la filiera funziona i risultati si vedono. Oggi il mercato della scaglie di R-PET è in continua crescita. Pertanto, la risposta è sì, il packaging in plastica può e deve essere riciclato e questa è la vera risposta alla dispersione dei rifiuti e in parte al marine litter, che come abbiamo visto poco dipende da questo tipo di prodotti. Le altre materie prime alternative derivano dai vegetali, quali mais, canna da zucchero, cellulosa, e non sono sostenibili, per impatti ambientali, ripercussioni sociali e aspetti economici. Per la coltivazione dei vegetali da cui ottenere le materie prime è necessario utilizzare tanto terreno che diversamente potrebbe essere utilizzato per coltivazioni destinate a nutrire la popolazione. Inoltre, sarà necessario utilizzare molta chimica come concimi, antiparassitari, insetticidi, nonché risorse come acqua ed energia. La plastica viene sì prodotta dal petrolio, ma da quei sottoprodotti che ci sarebbero comunque. E non bisogna trascurare i vantaggi del monouso in plastica, che tutti noi conosciamo: costi contenuti; igienicamente sicuri; riciclabilità; resistenza alle varie temperature d’uso; meccanicamente stabili e sicuri; facilmente individuabili e caratterizzabili.
new entries
RCS 75 Community, informazione e spettacolo al centro della scena Campagne pubblicitarie, comunicazione digitale a mezzo social-network, prodotti audio-video e organizzazione eventi di rilevanza sociale e culturale rivolti alla musica, all’intrattenimento e allo sport nel portfolio delle competenze dell’azienda di Lucio Rossomando a cura della Redazione
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l Gruppo RCS 75 Community nasce nel 2013 per sintetizzare e supportare le attività inerenti il mondo della comunicazione e dell'organizzazione di eventi. Grazie all'esperienza maturata dall'editore di Radio Castelluccio (emittente storica che fa parte delle attività di RCS75) Lucio Rossomando e dal suo staff, RCS 75 si configura oggi come un’azienda in grado di realizzare campagne pubblicitarie e di comunicazione in genere, di garantire la gestione della comunicazione digitale a mezzo social-network, di creare prodotti audio-video, di organizzare e promuovere eventi di rilevanza sociale e culturale rivolti alla musica, all’intrattenimento e allo sport, come nel caso della famosissima Ciclolonga. La Ciclolonga, la più importante pedalata in bicicletta della provincia di Salerno, è una giornata dedicata alla bici, alle attività ecosostenibili, alla valorizzazione e promozione dell'intero territorio provinciale ed è giunta quest’anno, con successo, alla sua quarantaduesima edizione. Una manifestazione, che per i partecipanti è completamente gratuita, all’interno della quale la prospettiva sportiva si unisce a quella gastronomica attraverso interessanti tappe-degustazioni che mettono in evidenza la straordinaria vocazione agro-alimentare della Piana del Sele e delle realtà circostanti.RCS 75 Community trova oggi il suo luogo fisico all’interno del nuovissimo life style center “La Fabbrica di Salerno”. Una nuovissima sede “in vetrina” e tutta in digitale, nata anche come supporto ai giovani con voglia di fare e di emergere. RCS 75 Community srl RCS75 prevede, infatti, corsi di formazione afferenti al mondo della comunicazione, Via Brodolini, 16 84091 - Battipaglia (SA) rivolti soprattutto agli studenti universitari, già legati da qualche anno all’emittente radiofonica attraverso stage e tirocini.RCS 75 è, in sintesi, un laboratorio di T. +(39) 0828.381032 www.radiocastelluccio.com iniziative, una fucina di idee, un luogo dove l’informazione, l’intrattenimento, la rcs75community@virgilio.it comunicazione e lo spettacolo prendono forma.
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Infotel Sistemi, la software house che cercavi L’elevata specializzazione consente alla società di Battipaglia di offrire soluzioni informatiche web based, pacchettizzate e personalizzate su misura di ogni business a cura della Redazione
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ssere una software house che risponde alle esigenze di una clientela sempre più attenta alle nuove tecnologie e in linea con i costanti mutamenti normativi: è questo l’intento della Infotel Sistemi s.r.l., società nata dall’intuizione dell’ingegnere Secondo Martino e dalla sinergia di lavoro di più aziende, tutte con sede operativa nello stesso moderno stabile direzionale sito in via Fiorignano, 29 - Palazzo Colosseum, a Battipaglia (SA). Il marchio si è distinto tra le numerose realtà che operano nel settore dell'Information & Communication Technology grazie ai traguardi raggiunti, agli ingenti investimenti per la ricerca, l'innovazione, la progettazione, lo sviluppo e le attività promozionali ma soprattutto alla professionalità e alla dedizione al lavoro di uno staff divenuto sempre più competente. A fare la differenza, l'intuizione, la capacità, l'impegno e la volontà del team che ha reso la Infotel Sistemi una realtà operativa all'avanguardia. L'attività e l'esperienza maturata consentono di offrire soluzioni informatiche web based, pacchettizzate e personalizzate (D.Lgs. 81/2008, L.L.P.P., Urbanistica, Sanità), tecnologicamente innovative nei diversi settori con un adeguato supporto in termini di consulenza e aggiornamento. In particolare, la produzione software riguarda i seguenti macro settori: • Sicurezza D.lgs. 81/08 e s.m.i. • Formazione - Un gestionale per le attività formative e una Piattaforma E-learning a disposizione per l’erogazione dei contenuti • Privacy - GDPR 2016/679 • Edilizia Pubblica (gestione Opere Pubbliche, gare d'appalto, contabilità lavori edili, capitolati speciali d'appalto) • Edilizia Privata (abusi edilizi, permessi a costruire, condono edilizio). Numerose sono le importanti realtà aziendali del panorama nazionale
e internazionale che hanno scelto di affidarsi alla competenza della Infotel Sistemi per la gestione dei propri servizi, nonché progettazione e realizzazione di prodotti software. Negli anni la specializzazione ha portato allo sviluppo di prodotti di punta aziendali particolarmente riconosciuti: “Sicurweb” Sistema Software Web Based - H.S.E. per la gestione dei processi della Salute, Sicurezza e Ambiente ed “Erudio” il Sistema di Gestione delle Attività Formative con Piattaforma E-learning Integrata.«Lo sguardo attento alle esigenze del mercato e la soddisfazione del cliente costituiscono - secondo l’amministratore unico della Infotel Sistemi, l’ingegner Martino - la linea guida dell’operatività aziendale.Con orgoglio rappresento una realtà che ha scelto di puntare sulle risorse ed eccellenze professionali del Sud per offrire soluzioni innovative sul mercato globale, che possano al tempo stesso contribuire ad uno sviluppo delle nostre aree».
Infotel Sistemi srl Via Fiorignano, 29 84091 - Battipaglia (SA) T. +(39) 0828 370132 www.infotelsistemi.com info@infotelsistemi.com 28
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Collezione Puntini, un altro capolavoro per Francesco De Maio Disegnata da Alessandro Mendini, è stata presentata al CERSAIE, il Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell'Arredobagno, tenutosi a Bologna dal 24 al 28 settembre a cura della Redazione
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n caleidoscopio di colori. Toccature pastello di dimensioni diverse, piccole, piccolissime oppure grandi, grandissime. Stiamo parlando della Collezione Puntini, firmata da Alessandro Mendini. L’ultimo eccezionale colpo messo a segno dalla Ceramica Francesco De Maio è stato presentato al CERSAIE, il Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell'Arredobagno, tenutosi a Bologna dal 24 al 28 settembre. Una collaborazione magica quella tra il raffinato artista e l’azienda di Nocera Superiore,
un incrocio policromo perfetto tra l’eccellente antica tradizione della ceramica vietrese, di cui la Francesco De Maio è emblema mondiale, e la creatività Made in Italy di Alessandro Mendini, tra i più apprezzati designer contemporanei. Le maioliche, 20x20cm, nascono da un’opera d’arte realizzata lo scorso luglio dalla Ceramica di Vietri Francesco De Maio: un pannello, dalle dimensioni 280x240cm composto da 25.950 pennellate a forma di puntini che ha dato vita al progetto speciale “Pointillisme” di Alessandro Mendini, realizzato e donato al Museo della Casa Rossa di Anacapri, Isola di Capri, in occasione della terza edizione del Festival del Paesaggio. «La tradizione della ceramica di
Vietri è sempre stata nella mia mente: i materiali, le pennellate, i colori mediterranei», ha dichiarato Alessandro Mendini. «Ora finalmente la Ceramica Francesco De Maio mi ha offerto la fortunata possibilità di realizzare io stesso una collezione. L’occasione è data da una parete che dovevo preparare per il museo della Casa Rossa di Anacapri, parete fatta di piastrelle policrome tutte uguali, ricoperte di infinite piccole pennellate. Ecco allora nata, sotto forma d’arte, la matrice “puntinista” della mia collezione per Francesco De Maio. Un sistema di puntini, ora piccoli, grandi e isolati, ora allineati in verticale o in diagonale, al fine di ripercorrere quel sistema complesso che genera da tanti anni lo stile di Vietri, con le sue rare armonie». Ottobre | Novembre 2018
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Più export: Magaldi Power si aggiudica forniture per due unità produttive della centrale termoelettrica “Carbon Dos” in Messico Grazie a due bond emessi da UniCredit e garantiti da SACE, l’azienda salernitana ha sottoscritto un contratto del valore complessivo di 19 milioni di euro a cura della Redazione
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niCredit e SACE SIMEST, il Polo dell’export e dell’internazionalizzazione del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti, sostengono la crescita internazionale di Magaldi Power, azienda campana specializzata nella produzione di macchine e impianti industriali per il trasporto di materiali ad alta temperatura. Nell’ambito dell’operazione, UniCredit ha emesso due bond garantiti da SACE, relativi alla corretta esecuzione del contratto e alla restituzione degli anticipi versati - che hanno permesso a Magaldi Power di aggiudicarsi la fornitura, del valore totale di 19 milioni di euro, di due impianti di estrazione e trasporto di ceneri per
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due unità produttive della centrale termoelettrica “Carbon Dos” situata nello Stato del Cohauila in Messico. L’operazione è stata coordinata dall’Area Corporate Campania Sud, Basilicata e Calabria di UniCredit con sede a Salerno e dagli uffici SACE di Napoli. Una collaborazione consolidata, quella tra SACE e il gruppo salernitano, che ha permesso all’azienda di ampliare le destinazioni del suo export. Magaldi ha recentemente usufruito anche del supporto di SIMEST per un finanziamento destinato a rafforzare la presenza nel mercato statunitense, hub per gli scambi commerciali in Canada e Messico. Attraverso questa operazione SACE SIMEST conferma il proprio sostegno alle imprese della Campania, motore per le esportazioni del Sud Italia. «Fin dagli anni ’90 il Messico è stato una terra di grandi opportunità per il Gruppo Magaldi e il progetto Carbon II rappresenta il tal senso un eccellente esempio, trattandosi del più grande contratto singolo mai firmato da società del gruppo», ha dichiarato Simone Savastano, Direttore Commerciale Divisione Stem e Messico di Magaldi Power. «Oltre l’indubbio valore in termini economici, l’assegnazione del contratto alla nostra società rappresenta una importante conferma della assoluta qualità delle soluzioni
tecnologiche da noi proposte, tutte brevettate e prodotte in-house». Fondato nel 1929, il Gruppo Magaldi è leader mondiale nella ricerca e produzione di nastri trasportatori per materiali ad alta temperatura e in condizioni di processo severe, usati in centrali termoelettriche, fonderie, acciaierie, impianti di trasformazione dei minerali, cementifici, impianti di termovalorizzazione e centrali a biomasse. Il Gruppo, che ha al suo attivo 250 brevetti proprietari depositati in tutto il mondo e ha fornito oltre 1.200 installazioni in 39 paesi in 5 continenti, è da sempre attento a cogliere nuove opportunità di crescita sui mercati esteri e negli ultimi anni si è distinto per la messa a punto di progetti all’avanguardia nel settore delle energie rinnovabili, sviluppando e brevettando in Sicilia il primo impianto CSP (solare a concentrazione termodinamica) al mondo, che utilizza sabbia quale mezzo di accumulo dell'energia generata dall'irraggiamento. L’azienda, che ha sedi negli Stati Uniti, Australia, India e Germania, fornisce in tutto il mondo soluzioni basate su una vasta gamma di tecnologie brevettate in grado di assicurare elevata affidabilità, vita utile più lunga, minima manutenzione, risparmio di acqua ed energia.
business
Di nuovo in piedi, i prodigi della robotica riabilitativa del Centro Renzullo Sotto la guida medica, l’esoscheletro robotizzato - usufruibile nelle versioni adulta e pediatrica - permette ai neurolesi e alle persone paraplegiche di stare in posizione eretta e camminare, gestendo da sole il proprio corpo e, via via, di progredire a cura della Redazione
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ochi passi per riprovare, magari dopo anni, la sensazione di essere di nuovo in piedi. Un sogno possibile grazie ad un’avanguardistica attrezzatura disponibile al Renzullo Centro di Riabilitazione di Sarno, diretto da Nello Renzullo. Stiamo parlando dei prodigi che consente Lokomat®, un esoscheletro robotizzato utilizzabile dai pazienti dell’unica struttura privata in Campania, e tra le poche in Italia, ad essersene dotata. Lokomat® è pensato e realizzato per il recupero della facoltà di camminare a 360 gradi. Attraverso questo straordinario
ausilio scientifico, gli operatori della struttura riabilitativa sarnese possono monitorare velocità, frequenza, lunghezza del passo, escursione delle articolazioni del ginocchio e delle anche, nonché l’ampiezza dei movimenti articolari e la forza muscolare impiegata. Misurando in modo costante questi parametri, la riabilitazione può essere adattata al paziente e calibrata per consentirgli di accelerare i tempi di ripresa del cammino. Possono godere di questo straordinario passo in avanti della scienza, tutti quei pazienti colpiti da patologie deambulatorie, quali la paralisi di entrambi
gli arti inferiori (paraplegia), paralisi di tutti e quattro gli arti (tetraplegia), e di tutta una serie di altre patologie della sfera motoria quali Paralisi Cerebrali Infantili, Ictus, Lesioni Midollari, gravi Cerebro-Lesioni acquisite, Sclerosi Multipla e Parkinson. Ma cos’è e come funziona il Lokomat®? «Il Lokomat® si presenta formato da due ausili indossabili, agli arti superiori e inferiori, i quali vanno ad alleggerire e quasi annullare il peso corporeo - ha spiegato Nello Renzullo, direttore della struttura sarnese - favorendo l’atto del deambulare su di un tapis roulant, il Ottobre | Novembre 2018
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Lokomat® è costituito da due ortesi robotizzate control-
late da un software e consente di colmare i deficit motori attraverso un training deambulatorio personalizzato. Le ortesi si muovono sincronicamente ad un tapis roulant mentre il paziente visualizza una realtà virtuale attraverso dei monitor. Questo passo simmetrico e costante imposto dal sistema robotico, permette un afflusso di informazioni sensoriali dalla periferia del corpo in grado di modulare l’attività nervosa centrale e, di conseguenza, favorire il recupero in pazienti affetti da numerose patologie a carico del sistema nervoso anche di carattere degenerativo. Tra le diverse patologie neurologiche e neuromotorie per le quali trova applicazione, si ricordano soprattutto: esiti di traumi spinali e cranici, ictus, patologie degenerative (es. Parkinson), sclerosi multipla, esiti di paralisi cerebrale infantile.
tutto collegato ad un sofisticato software il quale riesce ad elaborare in tempo reale le attuali condizioni deficitarie del paziente e i potenziali miglioramenti che quest’ultimo sarà in grado di raggiungere».
Sotto la guida medica, l’esoscheletro robotizzato - usufruibile nelle due versioni, quella adulta e quella pediatrica - permette ai neurolesi e alle persone paraplegiche di stare in piedi e di camminare, gesten-
do da sole il proprio corpo e progredendo. Al Centro Renzullo i pazienti possono tornare a sognare un futuro meno cupo e, già questo, migliora la vita. Lo dice la scienza.
Sarno - la sede del Centro Renzullo
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Da sinistra il presidente Sargis Gazharyan, l'amministratore delegato Giovanni Casto e il vice presidente Leonardo Iacovelli
SOFTLAB, la rinascita di una delle aziende simbolo dell’IT Con una nuova governance, in soli due anni contrassegnati da un alto livello di crescita - la società ha rafforzato la propria presenza su settori di attività già consolidati e, al contempo, è sbarcata su nuove aree di mercato a cura della Redazione
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on è un’esagerazione parlare di rinascita per un’azienda come Softlab, attiva ininterrottamente sul territorio romano dal 1985. Chiunque sia oggi un professionista del settore IT di Roma, quasi sicuramente
ha vissuto parte della propria esperienza professionale interfacciandosi con Softlab come interno, esterno o in qualità di partecipante a uno dei molti corsi di formazione organizzati dall’azienda (sono almeno 7000 le risorse altamente specializzate formate negli ultimi trent’anni). Rilanciare un brand molto noto e dotato di una propria storia, oltre che di una propria identità, è la sfida che il nuovo management ha raccolto per dare vita a Softlab 2.0. È il 2017 quando Softlab affronta un cambio strutturale a tutti i livelli della governance. A prendere le redini in qualità di presidente è Sargis Ghazaryan, già Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, Slovenia, Croazia, Malta e San Marino, e Incaricato d’Affari in Portogallo, alla FAO, all’IFAD e al WFP. Esperto nello sviluppo di strategie per le relazioni governative, Ghazaryan all’epoca ha meno di quarant’anni. A ricoprire la carica di Amministratore delegato subentra Giovanni Casto, azionista di maggioranza della Softlab Holding. Dal 2010, Casto è il fondatore e CEO di Wiseview, azienda specializzata nel mercato dell’ICT in soluzioni legate ai Big Data a
supporto dei processi strategici e decisionali di Digital Transformation.È proprio nell’ottica di una rinascita di Softlab come azienda all’avanguardia nella digital trasformation italiana che l’impronta manageriale manifesta da subito la volontà di un ripensamento dell’immagine e dell’offering dell’azienda. Questa volontà si traduce, in prima battuta, in una serie di interventi a livello organizzativo e strutturale in tutti i processi interni. Pur mantenendo la vocazione al man power che, sin dalla fondazione, ha caratterizzato l’azienda, con la nuova governance si dà il via anche a un piano di espansione commerciale che prevede il rafforzamento della presenza dell’azienda su settori di attività già consolidati e, al contempo, il lancio di Softlab su nuove aree di mercato che negli ultimi anni sono state caratterizzate da una crescita esponenziale nel volume di affari. In soli due anni, Softlab si conferma come riferimento nel Finance, nell’Oil & Energy e nella Pubblica Amministrazione, grazie alla promozione tool di Application Management, Business Process Management, Business Intelligence & Analytics e Knowledge Management. Parallela-
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mente, l’offerta commerciale viene arricchita con strumenti e soluzioni per l’IOT, la Cybersecurity, la Logistica, l’Editoria, i Media e le Telco. Il nuovo viaggio di Softlab si riassume nella formula TRIPS (Talento, Responsabilità, Innovazione, Performance e Successo) ed è segnato da due eventi di grandissima rilevanza. Il primo è stato la realizzazione di una nuova sede a Salerno, nella meravigliosa cornice della Stazione Marittima, che a luglio ha festeggiato il primo anno di operatività. In occasione dell’evento tenutosi il 13 luglio sono state raccontate, anche alla presenza di numerose Istituzioni, operazioni strategiche quali la costruzioni di una piattaforma tecnologica dedicata al Food Delivery dal nome Freshitaly (già premiata all’interno dell’evento “Best Practice per l’Innovazione” nel dicembre scorso a Salerno e che ha ricevuto un primo round di
L'intervento dell'amministratore delegato Casto all'evento del 13 luglio scorso
finanziamento da parte della Regione Campania) e l’operazione di “salvataggio” dell’azienda Jabil Circuit con il coordinamento del Mise. Il secondo è stato l’inaugurazione della sede romana in un altro luogo altamente simbolico e votato all’innovazione: Palazzo degli Uffici, nel cuore del complesso monumentale dell’EUR.
Presentazione aziendale, 13 luglio 2018 Stazione Marittima - Salerno
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L’ultimo passo del processo evolutivo di Softlab è la combinazione delle competenze e dei valori dell’azienda con quelli di Wiseview al fine di creare un organismo complesso e superiore. Oggi, le due aziende condividono l’obiettivo di valorizzare le vocazioni specifiche di ciascuna per perseguire una vision comune.
norme e società
A rischio di nullità le fideiussioni rilasciate sullo schema ABI I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto che l’accertata violazione della normativa antitrust, in seguito all’adozione di una modulistica conforme allo schema predisposto dall’Associazione Bancaria Italiana, si ripercuote anche sui contratti stipulati precedentemente a tale accertamento
Marco Marinaro avvocato cassazionista www.studiolegalemarinaro.it
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n tema di accertamento dell'esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla legge antitrust, la stipulazione "a valle" di contratti o negozi che costituiscano l'applicazione di quelle intese illecite concluse "a monte" (in particolare quelle relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa da parte dell'Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d'Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 14 e 20, in vigore fino al trasferimento dei poteri all'AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016) a condizione che quell'intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo,
considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza. Si tratta del principio testualmente affermato dalla Prima Sezione Civile della Cassazione con l’ordinanza n. 29810 del 12 dicembre 2017. In sostanza i giudici della Suprema Corte, nel riformare la sentenza della Corte di Appello di Venezia avente ad oggetto una fideiussione rilasciata in favore di un istituto bancario, hanno ritenuto che l’accertata violazione della normativa antitrust in seguito all’adozione di una modulistica conforme allo schema predisposto dalla ABI (Associazione Bancaria Italiana) si ripercuote anche sui contratti stipulati precedentemente a tale accertamento (il provvedimento della Banca d'Italia n. B423 è del 2 maggio 2005). Al riguardo, occorre preliminarmente evidenziare che le Sezioni Unite della Cassazione
(sentenza n. 2207 del 2005) hanno da tempo precisato che la legge antitrust (legge n. 287 del 1990) ha posto regole a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata. Infatti, un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza pregiudica il consumatore quale acquirente finale del prodotto offerto dal mercato che vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, per cui il contratto “a valle” costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Ebbene, nel caso giunto all’esame dei giudici veneti e poi della Cassazione, il consumatore (fideiussore) Ottobre | Novembre 2018
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aveva chiamato in giudizio la banca chiedendo di accertare la nullità dell'accordo contrattuale in quanto conforme alle NBU (norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI), oltre al risarcimento dei danni. La Suprema Corte sul punto puntualizza che, una volta accertata la violazione della legge antitrust, non è possibile escludere la nullità di quel contratto per il solo fatto della sua anteriorità rispetto all'indagine della Banca d’Italia e alle sue risultanze, poiché se la violazione "a monte" è stata consumata anteriormente alla negoziazione "a valle", l'illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula della fideiussione travolge necessariamente il contratto concluso "a valle", per la violazione dei princìpi e delle disposizioni regolative della materia. Se da un lato, quindi, è ammessa la nullità dei contratti “a valle”, dall’altro non può essere esclusa tale nullità perché la stipula è precedente all’accertamento della violazione concorrenziale accertata dall’Autorità competente. Considerato dunque che la fideiussione sottoscritta “a valle” (conformemente a quanto previsto dalle NBU) costituisce lo sbocco dell’intesa dichiarata anticoncorrenziale quale estrinsecazione e attuazione della stessa, il giudice è chiamato a valutarne la potenziale nullità. La giurisprudenza di merito sulla questione sembra orientata ad una rigorosa applicazione di quanto espresso dalla Cassazione in quanto le prime pronunce, dopo aver rilevato la nullità della fideiussione per lo più in giudizi nei quali il fideiussore si era opposto al decreto ingiuntivo ottenuto
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dalla banca creditrice, se in taluni casi negano la concessione della provvisoria esecuzione al decreto opposto (Tribunale di Roma, ordinanza del 26 luglio 2018) per l’altro accolgono la richiesta di sospensione della esecutività della sentenza di primo grado (peraltro con eccezione di nullità proposta per la prima volta in sede di gravame; in tal senso si è espressa la Corte di Appello di Firenze, ordinanza del 18 luglio 2018), sino a giungere alla declaratoria di nullità integrale della fideiussione (Tribunale di Salerno, sentenza n. 3016 del 23 agosto 2018) che pur trova opinioni dissenzienti da parte della dottrina quanto meno nel suo automatismo applicativo e anche in giurisprudenza (secondo il Tribunale di Treviso, sentenza del 30 luglio 2018, non può essere dichiarata la nullità né in termini di nullità derivata, né per illiceità della causa, né ai sensi dell’art. 1418 co. 1 c.c.). La questione interpretativa traspare nella sua estrema delicatezza anche perché appa-
«La questione interpretativa traspare nella sua estrema delicatezza anche perché appaiono potenzialmente esposte alla sanzione della nullità tutte quelle fideiussioni rilasciate in favore delle banche se redatte in conformità alle norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI»
iono potenzialmente esposte alla sanzione della nullità tutte quelle fideiussioni rilasciate in favore delle banche se redatte in conformità alle norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI. Nullità che, peraltro, può essere eccepita anche nei processi pendenti e in qualunque grado del giudizio (essendo altresì rilevabile ex officio dal giudice); questione rimessa dunque alla prudente interpretazione dei giudici di merito che sono chiamati a decidere sempre più frequentemente sulla dedotta nullità.
norme e società
Preuso di un marchio (di fatto) e invalidità di quello successivamente registrato In virtù del principio di unitarietà dei segni distintivi, il preuso di un marchio, così come quello di altri segni distintivi, può comportare l’invalidità, per mancanza del requisito di novità, di un marchio successivamente registrato
Maurizio Galardo avvocato cassazionista e dottore di ricerca in diritto commerciale Studio legale Galardo & Venturiello mgalardo@galardoventuriello.it
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na interessante sentenza del Tribunale di Bologna, Sez. Imprese n. 159/2018, ha affrontato il problema della coesistenza del preuso di un segno distintivo con i marchi similari successivamente registrati da un’altra impresa. Nel caso di specie, la società attrice chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare che l’utilizzo da parte della convenuta di un determinato marchio costituiva una contraffazione dei marchi registrati dall’attrice stessa, nonché violazione della propria denominazione sociale e atto di concorrenza sleale. A sua volta la convenuta chiedeva in via riconvenzionale dichiararsi, nei confronti dell’attrice, la nullità di un marchio nazionale figurativo e di un marchio nazionale denominativo successivamente esteso con marchio internazionale, nonché sotto altro profilo, accertare la nullità dei marchi attorei per evidente malafede del depositante. La società attrice invero deduceva di avere utilizzato sin dal 1990 uno specifico segno distintivo quale marchio per contraddistinguere parte dei propri prodotti, lo stesso avrebbe così acquisito nel tempo notevole
notorietà, anche grazie all’attività commerciale e promozionale svolta, e di avere registrato nell’anno 2000 una serie di marchi nazionali e comunitari, aventi ad oggetto tale segno distintivo. Esponeva altresì l’attrice che la società convenuta aveva depositato il 19.9.2013 domanda di un marchio nazionale figurativo per contraddistinguere un’ampia serie di prodotti e servizi per i quali i marchi della prima erano stati registrati; chiedeva pertanto, ai sensi della normativa in materia di proprietà industriale nazionale e comunitaria, di accertare la violazione da parte della convenuta, dei diritti sui suoi marchi registrati e sulla sua denominazione sociale, nonché l’accertamento della sussistenza di una fattispecie di concorrenza sleale per confusione ai sensi dell’art. 2598 n. 1 c.c., e disporsi l’inibitoria dall’utilizzo del segno distintivo, il ritiro dal commercio dei relativi prodotti e la pubblicazione della sentenza su due noti quotidiani nazionali; nonché la condanna della convenuta al risarcimento del danno e alla retroversione degli utili ex art. 125 CPI, deducendo come l’attività posta in essere dalla stessa avesse
causato un danno da “diluizione” al proprio marchio, sia sotto il profilo dell’infangamento, che sotto quello della perdita di unicità distintiva. La società convenuta, costituendosi in giudizio, precisava di operare ininterrottamente da 38 anni nel settore della produzione e commercio di utensili manuali e professionali per l’industria e per l’after market e, dopo avere chiarito di avere sempre effettuato ingenti investimenti per la promozione dei propri prodotti, esponeva di aver sin dall’inizio della propria attività imprenditoriale, risalente al 1977, utilizzato, sia come denominazione sociale che come marchio di fatto, il segno distintivo il cui utilizzo era oggetto di contestazione, così acquisendo, con riferimento allo stesso, una notorietà estesa e qualificata, idonea a fondare il diritto all’uso esclusivo del segno come marchio di fatto e come denominazione sociale, peraltro successivamente fatto oggetto di domanda di registrazione presso le competenti autorità come nome a dominio (nel 1999) e come marchio registrato (nel 2013). La convenuta deduceva inoltre, in via riconvenzionale, che la conOttobre | Novembre 2018
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dotta tenuta dall’attrice, che aveva registrato il nuovo segno distintivo, procedendo nel 2011 anche alla modifica della denominazione sociale, integrava una condotta scorretta, sia con riferimento al profilo della concorrenza sleale per confusione ai sensi dell’art. 2598 n. 1) c.c., che con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 2598 n. 3) c.c. , quale ipotesi di adozione di mezzi non conformi alla correttezza professionale. Ne conseguiva pertanto secondo la convenuta in primo luogo la nullità dei marchi nazionali e comunitari registrati dalla società attrice aventi ad oggetto il segno distintivo oggetto di contestazione, in quanto utilizzato di fatto e preventivamente come marchio della convenuta; in secondo luogo, asseriva la nullità degli stessi segni, in quanto registrati in malafede, in violazione della normativa nazionale e comunitaria. Orbene, l’art. 20 del CPI, sancisce, al primo comma lett. b), «che il titolare del marchio ha facoltà di uso esclusivo e può vietare a terzi di usare nell’attività economica un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità tra prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni». Nello specifico la tesi della convenuta di avere pre-usato il proprio marchio, è stata considerata fondata dal Tribunale, il quale ha ritenuto sussistere in capo alla stessa, il preuso con notorietà generale per prodotti di ferramenta sin da epoca antecedente alla domanda di registrazione del marchio della società attrice. Il Tribunale evidenzia, in particolare, che la notorietà del segno come marchio, implica che il marchio di fatto, per costituire anteriorità invalidante 38
del successivo marchio registrato, deve, in primo luogo, essere stato pre-utilizzato effettivamente come marchio per i prodotti interessati; in secondo luogo, il preuso deve essere caratterizzato da notorietà non solo locale; infine l’uso effettivo del segno deve essere stato omogeneo e costante nel tempo. Nel caso di specie è stata ritenuta raggiunta la prova documentale che il segno distintivo oggetto di contestazione fosse stato preutilizzato dalla convenuta con le modalità sopra descritte. Accertato pertanto il preuso, secondo il Tribunale ne consegue l’impossibilità di accertare la contraffazione dei marchi registrati dall’attrice. Per quanto riguarda invece la domanda proposta in via riconvenzionale dalla società convenuta, occorre evidenziare che: l’art. 28.1 del CPI (convalidazione) prevede al suo primo comma che «Il titolare di un marchio di impresa anteriore e il titolare di un diritto di preuso che importi notorietà non puramente locale, i quali abbiano, durante cinque anni consecutivi, tollerato, essendone a conoscenza, l’uso d un marchio posteriore registrato uguale o simile, non possono domandare la dichiarazione di nullità del marchio posteriore né opporsi all’uso dello stesso per i prodotti o servizi in relazione ai quali il detto marchio è stato usato sulla base del proprio marchio anteriore o del proprio preuso, salvo il caso in cui il marchio posteriore sia stato domandato in mala fede, il titolare del marchio posteriore non può opporsi all’uso di quello anteriore o alla continuazione del preuso». Per quanto attiene invece al marchio figurativo comunitario, l’art.54 del Regolamento (CE) n. 207/2009 del 26 febbraio 2009 prevede che: «1. Il titolare di un marchio comunitario che, per cinque anni consecutivi, abbia tollerato l’uso di un marchio comunitario posteriore nella Comunità, essendo al corrente di tale uso, sulla base del marchio anteriore
non può più domandare la nullità del marchio posteriore né opporsi all’uso di quest’ultimo con riferimento ai prodotti o ai servizi per i quali esso è stato utilizzato, a meno che il deposito del marchio comunitario posteriore non sia stato effettuato in malafede. 2. Il titolare di un marchio anteriore di cui all’articolo 8, paragrafo 2, o di un altro contrassegno anteriore di cui all’articolo 8, paragrafo 4 che, per cinque anni consecutivi, abbia tollerato l’uso di un marchio comunitario posteriore nello Stato membro in cui il marchio anteriore ovvero l’altro contrassegno anteriore è tutelato, essendo al corrente di tale uso, sulla base del marchio o dell’altro contrassegno anteriore non può più domandare la nullità né opporsi all’uso del marchio posteriore con riferimento ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio posteriore è stato utilizzato, a meno che il deposito del marchio comunitario posteriore non sia stato effettuato in malafede. 3. Nei casi di cui ai paragrafi 1 o 2, il titolare di un marchio comunitario posteriore non ha la facoltà di opporsi all’esercizio del diritto anteriore, benché tale diritto non possa più essere fatto valere nei confronti del marchio comunitario posteriore». Le considerazioni sopra svolte comportano nel caso di specie una legittima coesistenza tra i due segni; tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che tale coesistenza debba indurre all’inserimento, da parte di entrambi i titolari, di modifiche ai rispettivi segni, al fine di escludere le conseguenze della confusione sul mercato. Il Tribunale giunge in definitiva al rigetto delle domande proposte dalla parte attrice nei confronti della parte convenuta e all’accoglimento parziale della domanda riconvenzionale proposta dalla società convenuta nei confronti dell’attrice, dichiarando, tra l’altro la nullità di un marchio denominativo e di uno figurativo dell’attrice.
norme e società
Il ripensamento della Pubblica Amministrazione I distinguo necessari in tema di idonea motivazione nel caso di autotutela amministrativa
Luigi Maria D’Angiolella avvocato | studio D'Angiolella dangiolella@studiolegaledangiolella.it
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n questa rubrica siamo portati ad illustrare, brevemente, problematiche di diritto amministrativo che, al di là della loro importanza giuridica, presentino aspetti pratici, utili alle attività di imprese e cittadini. In questo numero trattiamo dell’autotutela amministrativa e cioè l’atto amministrativo di ritiro, revoca e/o annullamento di un provvedimento emesso precedentemente, anche con effetti ampliativi, come ad esempio un permesso di costruire o una licenza commerciale. Non si analizzano in questa limitata sede i molteplici sviluppi che, da un cinquantennio, si sono avuti in ordine alla corretta attività di autotutela, che ha visto una ponderosa giurisprudenza e interventi legislativi che hanno anche limitato l’intervento della Pubblica Amministrazione. Si dice da sempre, comunque, sia necessaria una adeguata motivazione, ben più ricca di qualsiasi provvedimento amministrativo, perché la P.A. deve giustificare il ripensamento e, dunque, tener conto delle esigenze dei destinatari dell’atto che nel frattempo vi hanno fatto affidamento.
La giurisprudenza, via via, specie di recente, ha avuto modo di porre dei “paletti” e agevolare, per quanto è possibile, l’attività della amministrazione procedente. Il Consiglio di Stato (da ultimo Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. 7 settembre 2018, n. 5277) ha ribadito l’importanza della motivazione in questo di tipo di provvedimenti e indicato i presupposti di un atto - ad esempio - di annullamento in autotutela (motivazione minima che deve tener conto della illegittimità del provvedimento da annullare, analisi di un interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, tutela delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari). Ha però precisato che tali presupposti vanno valutati assieme ad altri elementi e, in particolare, all’attitudine del privato e se al suo comportamento iniziale per verificare che esso non sia connotato da negligenza o dalla produzione di atti che abbiano indotto in errore l'amministrazione. In altre parole, la tutela del privato in caso di autotutela è garantita solo se questi non ha agito in malafede o inducendo in errore la P.A. per ottenere
- ad esempio - un titolo edilizio. Quando il richiedente il titolo abbia presentato atti falsi o anche, più semplicemente, prospettato la situazione in maniera errata o equivoca sul piano urbanistico o riguardo le norme edilizie applicabili, si amplia il margine di annullamento e contano di meno, o vengono quasi del tutto annullati, i principi garantistici della tutela del privato destinatario che ha operato in forza di un atto amministrativo. Tali principi resistono solo se lo stesso destinatario ha agito in buona fede e correttezza. Senza di ciò, la P.A. ha molti più spazi di manovra e le maglie dell’autotutela, che la legge considera stringenti, tornano ad allargarsi. Ciò comporta, come corollario, la valenza decisiva dell’attività e la conseguente responsabilità dei tecnici progettisti. Così come è sempre più necessaria una particolare qualificazione della burocrazia nell’istruttoria preventiva al rilascio del titolo, anche per resistere a eventuali azioni risarcitorie che il privato, travolto dall’azione amministrativa di annullamento, potrebbe avviare. Ottobre | Novembre 2018
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fisco
Misura 4.2.1: finanziamenti alle aziende agroindustriali La logica dell’agevolazione è quella di integrare il sistema di produzione agricolo con il rispetto dell’ambiente lungo la filiera produttiva
Giuseppe Arleo dottore commercialista giuseppearleo@libero.it
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on la misura 4.2.1., pubblicata il 10 luglio 2018 sul Burc e inerente la “Trasformazione, commercializzazione e sviluppo dei prodotti agricoli nelle zone agroindustriali”, la Regione Campania ha l’obiettivo di migliorare - attraverso gli investimenti da parte delle imprese operanti nel settore dell’agroindustria e di quelle che esercitano la sola attività agricola e che a seguito degli investimenti effettuino lavorazione/trasformazione/commercializzazione di prodotti agricoli - i processi di produzione e il prodotto finale, andando a privilegiare in contemporanea gli investimenti che conferiscano attenzione all’ambiente, anche dal punto di vista energetico. La logica dell’agevolazione, quindi, è quella di integrazione tra il sistema di produzione agricolo e il rispetto dell’ambiente lungo la filiera produttiva, auspicio questo e anche priorità dell’Unione Europea per lo sviluppo rurale con l’ulterio-
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re obiettivo di migliorare la qualità dei prodotti finiti, creando valore aggiunto, ottimizzando le filiere produttive, il tutto valorizzando l’indotto fino alle associazioni e alle organizzazioni interprofessionali. La Regione Campania ha messo disposizione 34,3 milioni di euro per sostenere tutto ciò, di cui 28,3 milioni sono destinati alla lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli afferenti alle filiere ortofrutticola, florovivaistica, vitivinicola, olivicolo, olearia, carne, lattiero casearia, piante medicinali e officinali. I restanti 6 milioni di euro esclusivamente alla filiera cerealicola. Gli investimenti ammessi sono inerenti alla costruzione, ampliamento e miglioramento dei beni mobili destinati all’attività d’impresa, alla commercializzazione dei prodotti agricoli, attrezzature e macchinari nuovi di fabbrica inerenti al ciclo produttivo, all’efficienza energetica e fonti rinnovabili, all’acquisto bre-
vetti licenze programmi informatici e diritti d’autore. L’importo massimo di spesa ammissibile è pari a 4 milioni di euro per le società di capitali e 2 milioni di euro per le ditte individuali, società di persone e imprese di nuova costituzione. L’incentivo è concesso sotto forma di contributo in conto capitale sulla spesa ammissibile e varia a seconda della tipologia delle imprese richiedenti. Per le PMI è pari al 50%, per le imprese intermedie è pari al 25% e per le grandi imprese è del 10%. Fanno eccezione i prodotti che una volta trasformati non rientrano nell’allegato I del Regolamento UE 1305/2013 e a tale condizione il contributo è pari al 45% per le micro e piccole imprese (MPMI) e del 35% per le medie imprese. Le domande di finanziamento dovranno essere inviate entro e non oltre le ore 16:00 del 05 novembre 2018 e la valutazione delle stesse sarà a graduatoria di merito.
Semplificazione fiscale, i contenuti della proposta di Legge n. 1074/2018 Sostegno alle attività economiche e delle famiglie, contrasto dell’evasione e, più in generale, riduzione degli oneri amministrativi a carico dei contribuenti per facilitare il dialogo con il Fisco
di Maurizio Villani e Federica Attanasi studio tributario Villani avvocato@studiotributariovillani.it www.studiotributariovillani.it
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n data 06/08/2018, è stata presentata alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 1074, avente ad oggetto un programma di semplificazione fiscale e di riduzione degli oneri amministrativi a carico dei contribuenti. La suddetta proposta di legge, presentata su iniziativa dei deputati di maggioranza (appartenenti a M5S e Lega) Ruocco, Gusmeroli, D’uva, Molinari, Trano, Centemero, Aprile, Cavandoli, Cabras, Covolo, Cancelleri, Ferrari, Caso, Gerardi, Currò, Alessandro Pagano, Giuliodori, Paternoster, Grimaldi, Tarantino, Maniero, Martinciglio, Migliorino, Raduzzi, Ruggiero, Zanichelli, Zennaro, si compone di 36 articoli e ha come finalità quella di ridefinire i contorni di un Fisco più semplice e collaborativo con i contribuenti. Nel
dettaglio, la proposta di legge, sembra codificare alcune semplificazioni “trasversali” finalizzate al dialogo tra cittadini, operatori economici e amministrazione finanziaria; essa si suddivide in 5 Capi, di cui: • il Capo I, composto da 18 articoli, rubricato “Misure di semplificazione fiscale”; • il Capo II, composto da 6 articoli, rubricato “Interventi per il sostegno delle famiglie e delle attività economiche”; • il Capo III, composto da 6 articoli, rubricato “Agevolazioni per la promozione dell’economia locale mediante la riapertura e l’ampliamento di attività commerciali, artigianali e di servizi”; • il Capo IV, composto da 4 articoli, rubricato “Riduzione dell’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto relativa ai beni e servizi essenziali per i bambini e le persone disabili o non autosufficienti”; • il Capo V, composto da 2 articoli, rubricato “Disposizioni per il contrasto dell’evasione fiscale”. Ebbene, sull’intervento legislativo, è intervenuta la prima
firmataria, on.le Carla Ruocco (presidente pentastellata della commissione Finanze) chiarendo che, in via generale, l’intento della manovra è quello di far debuttare nuovi modelli di dichiarazione a ridosso delle scadenze fiscali e di far coesistere vari modelli per dichiarazioni che potrebbero facilmente essere accorpate in una sola (si prevede l’ampliamento dell’ambito applicativo del modello di pagamento unificato F24 a tutta una serie di imposte e tributi e l’abolizione del modello F23). Tra le altre novità anche l'estensione del regime di cassa ai tributi, a partire dalle tasse sulle locazioni, misure per garantire «maggiore certezza nel quando, quanto e come si deve adempiere ai tributi» e l'abolizione delle comunicazioni Iva in concomitanza con l'avvio dell'obbligo di fatturazione elettronica. Il disegno di legge Ruocco prevede, poi, lo spesometro a cadenza annuale, lo stop alla richiesta di dati già acquisiti in passato e lo slittamento dal 31 ottobre a fine anno delle dichiarazioni Unico e Irap. Si punta poi a introdurre il contraddittorio obbligatorio tra Ottobre | Novembre 2018
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fisco
contribuente e uffici finanziari «in tutti i procedimenti di controllo fiscale, da attuare in via preventiva rispetto alla formazione dell'atto impositivo». Tra gli altri, anche l’introduzione di un plafond per lo split payment, cioè la possibilità di utilizzare senza limitazioni, entro un determinato tetto, i crediti IVA che sono conseguenza diretta dell’applicazione della scissione dei pagamenti. Invero, posta la fisiologica posizione creditoria relativa all’IVA dei soggetti tenuti all’applicazione del regime della scissione dei pagamenti (split payment), si è voluto introdurre con l’articolo 17, in alternativa al rimedio del rimborso dell’IVA in via prioritaria, un meccanismo simile al plafond utilizzato dagli esportatori abituali, così da evitare l’addebito dell’IVA da parte dei fornitori, fino a concorrenza dell’importo delle operazioni attive rientranti nell’ambito di applicazione della disciplina di tale regime. Ma vi è di è più. Il c.d. “Decreto semplificazioni”, con l’art.15, rubricato “Disposizioni in materia di sanzioni per violazioni tributarie”, mira a ridisciplinare e mitigare il trattamento sanzionatorio in ipotesi di violazioni fiscali. Ebbene, da un’analisi della norma emerge che la proposta di legge n. 1074/2018, in tema di sanzioni amministrative, con il suddetto art. 15 ha inteso mitigare il trattamento sanzionatorio, prevedendo: • nei casi di omessa, errata o tardiva emissione delle fatture elettroniche, la riduzio-
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ne della sanzione alla metà del minimo edittale (ma tanto solo limitatamente al primo anno di applicazione dell’obbligo di fatturazione elettronica delle operazioni relative all’IVA e dunque fino al 31 dicembre 2019); • nel caso di errata applicazione dell’inversione contabile prevista all’articolo 17, commi quinto e sesto, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, la non applicazione delle sanzioni (ma solo qualora questa non abbia comportato un errato o minore versamento dell’imposta). Contestualmente la proposta di legge n.1074/2018, con l’art.15 co.3 cit., ha disciplinato la modifica del comma 5-bis dell’articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (il quale attualmente prevede che non siano punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e del versamento del tributo)
«Il disegno di legge Ruocco prevede, tra gli altri, lo spesometro a cadenza annuale, lo stop alla richiesta di dati già acquisiti in passato e lo slittamento dal 31 ottobre a fine anno delle dichiarazioni Unico e Irap» stabilendo in via generale che non sono soggette a sanzione, tranne che nei casi di omessa dichiarazione con imposta a debito, le violazioni che non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo. In definitiva, in via generale, dall’esame del testo emergono spunti interessanti, che hanno buone probabilità di trovare accoglimento in sede parlamentare, posto che lo stesso ha come obiettivo la semplificazione fiscale e la riduzione degli oneri amministrativi a carico dei contribuenti, mediante l’implementazione del dialogo tra fisco e cittadini, l’eliminazione di inutili adempimenti, nonché lo sblocco di risorse per professionisti e piccole e medie imprese.
Innovazione, la Regione Campania stanzia 10 milioni di euro per le Micro e le PMI Sono ammesse al contributo le imprese con sede legale e/o unità locale in Campania, anche se costituite in Reti di Micro, di Piccole e Medie Imprese. Gli imprenditori che intendono costituire una rete di imprese possono scegliere tra due possibili forme giuridiche alternative tra loro: l’adozione di un modello contrattuale “puro” o la creazione di un nuovo soggetto giuridico
Alessandro Sacrestano management consultant Sagit&Associati srl amministratore unico Assindustria Salerno Service srl asacrestano@studiosagit.it
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a Regione Campania mette a disposizione ben 10 milioni di euro per l’attuazione di processi di innovazione aziendale. Le risorse sono stanziate a valere sul POR FESR 2014/2020. Azione 3.5.2. e sono destinate alle Micro e alle PMI. Sono ammesse al contributo le imprese con sede legale e/o unità locale nella regione Campania, anche se costituite in Reti di Micro, di Piccole e Medie Imprese e che intendano realizzare un progetto di rete. Le Reti devono essere costituite in “contratto di rete”, ovvero reti di imprese senza personalità giuridica (Rete Contratto) o reti di imprese con personalità giuridica (Rete Soggetto). Si ricorda che la differenza fra tali modelli aggregativi è fondata, per le reti dotate di un fondo patrimoniale comune, sulla possibilità di acquisire su base volontaria un’autonoma sogget-
tività giuridica, mediante l’iscrizione del contratto al Registro delle imprese delle Camere di Commercio nella cui circoscrizione è stabilita la sede della rete. Pertanto, gli imprenditori che intendono costituire una rete di imprese possono scegliere tra due possibili forme giuridiche alternative tra loro: • l’adozione di un modello contrattuale “puro” (c.d. “rete-contratto”), • la creazione di un nuovo soggetto giuridico (c.d. “rete-soggetto”). In definitiva, dunque, una “rete” può scegliere, opzionalmente, di divenire rete soggetto, affiancandosi, ma senza sostituirsi, a un modello contrattuale “puro” di rete di imprese, che non acquisisce la soggettività giuridica. Attenzione, perché la rete dotata di fondo patrimoniale comune che acquisisce la soggettività giuridica con iscrizione del contratto
di rete nella sezione ordinaria del Registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede, diviene un nuovo soggetto di diritto e, in quanto centro autonomo di imputazione di interessi e rapporti giuridici, acquisisce rilevanza anche dal punto di vista tributario, configurandosi come un autonomo soggetto passivo di imposta, “distinto” dalle imprese che hanno sottoscritto il contratto e che mantengono una loro soggettività tributaria. Tale autonomia è riconosciuta anche ai fini degli adempimenti tributari in materia di imposte dirette e indirette, tanto che la rete-soggetto acquisisce una propria indipendenza rispetto alle singole imprese partecipanti e, dunque, ai fini del prelievo fiscale, esprime una propria forza economica ed è in grado di realizzare, in modo autonomo e unitario, il presupposto d’imposta. Fermo restando, dunque, la susOttobre | Novembre 2018
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sistenza della soggettività tributaria delle imprese partecipanti, nel momento in cui la rete acquisisce la soggettività giuridica diventa un autonomo soggetto passivo d’imposta con tutti i conseguenti obblighi tributari previsti dalla legge. Fatta questa opportuna precisazione, tornando al merito dell’incentivo, sono agevolabili i piani di investimento aziendali costituiti da uno o più dei seguenti interventi: a) implementazione e applicazione dei risultati (tecnologie, prototipi, brevetti, ecc.) della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale nel processo produttivo; b) implementazione di tecnologie open source basate sull’uso di Internet e di altre tecnologie web, per semplificare e migliorare i processi produttivi e la gestione aziendale, nonché per l’interazione e la collaborazione con gli altri attori della catena del valore (clienti, fornitori, progettisti, rivenditori, etc.); c) adozione e/o potenziamento dei servizi di e-commerce; d) attivazione di tecnologie per il perfezionamento o la creazione di prodotti e/o processi produttivi nella fase di simulazione e ingegnerizzazione (manifattura digitale); e) ogni altra soluzione che favorisca l’evoluzione verso un sistema di manifattura digitale; f) sviluppo di soluzioni ICT in grado di ricombinare assieme “saperi tradizionali” e competenze “digitali”; g) sviluppo di sistemi di sicurezza informatica; h) la condivisione e lo sviluppo di tecnologie open source e di si-
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stemi ICT al fine di potenziare la cooperazione e la collaborazione tra imprese in particolare negli ambiti della co-progettazione, dell’attività di co-markership, della razionalizzazione logistica; i) soluzioni tecnologiche innovative per l’operatività di sistemi di informazione integrati quali le soluzioni ERP, i sistemi di gestione documentali, i sistemi di customer relationship management, la tracciabilità del prodotto, le piattaforme di gestione integrata delle funzioni aziendali, gli strumenti di business intelligence e di business analytics nonché per il commercio elettronico, la manifattura digitale, la sicurezza informatica ed il cloud computing; j) soluzioni e applicazioni digitali che secondo il paradigma dell’Internet of Things consentano uno scambio di informazioni tra macchine e oggetti. In tali ambiti, sono ammissibili le spese per impianti, macchinari, attrezzature e attivi in genere, nonché l’acquisto di tecnologie open source e di altre tecnologie web. Pure ammesso l’acquisto e l’installazione di hardware, apparati di networking, inclusa la
fornitura della tecnologia wi-fi, attrezzature, strumentazioni e dispositivi tecnologici e interattivi di comunicazione e per la fabbricazione digitale, nonché l’acquisto e l’installazione di sistemi di sicurezza della connessione di rete. Infine, è agevolato l’acquisto di software, brevetti e prototipi solo se dalle loro applicazioni si conseguono risultati innovativi nel processo produttivo e sono legati al progetto da agevolare, nonché licenze o altre forme di proprietà intellettuale anche a canone periodico o a consumo. Sono ammissibili esclusivamente i Piani di investimento aziendale con un importo uguale o superiore a 50mila euro, innalzabile a 150mila euro se presentate dalle Reti Contratto. Il contributo è pari al 70% delle spese del Piano di Investimento ammesse e comunque nella misura massima di 150mila euro innalzate a 750mila euro per Piani di investimento presentati dalle Reti Contratto. Domande a decorrere dalle ore 10.00 del 09 ottobre 2018 e fino alle ore 13.00 del 30 ottobre 2018, salvo proroghe.
Concordato in continuità: attenzione al riporto delle perdite fiscali In ogni tipologia di concordato qualificabile come “in continuità indiretta”, nessun preventivo scomputo di perdite pregresse, ACE o interessi passivi, dovrà essere effettuato, per l’intrinseca assenza di imponibili futuri e, pertanto, le sopravvenienze da esdebitazione saranno integralmente detassate
Marco Fiorentino Fiorentino associati / Synergia Consulting Group marcofiorentino@fiorentinoassociati.it
L’
effetto perdurante della crisi dei mercati ha provocato, come è noto, un massiccio ricorso da parte delle imprese in difficoltà alle procedure paraconcorsuali previste dalla normativa (RD 267/42), per scongiurare il rischio di fallimento e la conseguente chiusura delle attività. In particolare, grazie anche alla recente riforma (e in attesa di quella nuova e complessiva dell’intera disciplina), per comporre (o tentare di comporre) tali situazioni di difficoltà, largo uso è stato e viene tutt’ora fatto dell’istituto del concordato, sia nella fattispecie liquidatoria, sia nella versione cc.dd. “di risanamento” o “in continuità”. Ovviamente la normativa tributaria disciplina, diffusamente e non sempre senza incertezze, le ricadute fiscali degli effetti giuridici delle suddette procedure e le disposizioni più rilevanti hanno ad
oggetto senza dubbio il trattamento ai fini IRES/IRPEF delle sopravvenienze attive derivanti dallo stralcio dei debiti verso terzi. A tal proposito, si ricorda che il comma 4ter dell’art. 88 TUIR, come modificato dal D.lgs. 147/2015, stabilisce che le componenti positive di reddito originate dall’esdebitazione non devono, in linea di principio, avere rilevanza fiscale, così da evitare che l’elevato ammontare delle imposte da pagare (che deriverebbe dallo stralcio contabile di debiti) comprometta ogni tentativo di componimento. Ciò detto, il suddetto principio di irrilevanza fiscale non è assoluto, ma si declina in modo diverso a seconda della tipologia di concordato adottato. In sintesi, le sopravvenienze da esdebitazione: • in presenza di un concordato preventivo liquidatorio (anche fallimentare), sono
integralmente detassate; • in caso di concordato di risanamento (volto quindi alla continuazione dell’attività dell’impresa), sono detassate per la quota del loro ammontare che eccede le perdite fiscali (senza tener conto del noto limite dell’80%) e le altre deduzioni di cui in seguito. Le motivazioni di questo differente trattamento fiscale possono così riassumersi.
«Il concordato liquidatorio avendo, come detto, l’obiettivo della estinzione dell’impresa, non può mai generare preoccupazioni sull’eventuale utilizzo futuro di perdite pregresse, posto che, appunto, l’azienda al termine del procedimento (almeno in linea di principio) cessa» Ottobre | Novembre 2018
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Il concordato liquidatorio avendo, come detto, l’obiettivo della estinzione dell’impresa, non può mai generare preoccupazioni sull’eventuale utilizzo futuro di perdite pregresse, posto che, appunto, l’azienda al termine del procedimento (almeno in linea di principio) cessa. Nel concordato di risanamento, invece, l’azienda sopravvive e quindi occorre evitare che questa possa conseguire una impropria ottimizzazione fiscale, utilizzando le perdite fiscali formatesi durante il periodo di crisi, non già a scomputo dei componenti positivi intraconcordato, ma a deduzione dei redditi che si formeranno nei periodi d’imposta in cui essa sarà ritornata produttiva. Per queste ragioni “antielusive”, quindi, le sopravvenienze attive devono essere tassate nel citato limite dell’ammontare delle perdite fiscali pregresse, delle deduzioni ACE, nonché dell’eccedenza degli interessi passivi di cui all’articolo 96, comma 4 TUIR (il famoso meccanismo del ROL). Nella pratica professionale, il concordato di risanamento ha avuto molto più successo rispetto a quello liquidatorio, in virtù dell’assenza di percentuali minime da riconoscere ai creditori chirografari e questa vantaggiosa circostanza ha fatto sì che, nel tempo, si siano sviluppati vari schemi di “continuità” alternativi alla modalità liquidatoria, che, nella sostanza, prevedono l’abbandono della concezione da legal entity (chi continua è la società in crisi) e lo spostamento sul concetto di azienda (ciò che continua è il business). Questa evoluzione ha partorito,
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in particolare, quello che ora viene comunemente definito concordato in “continuità indiretta”, dove la società in crisi: a) trasferisce (in vari modi) l’azienda (tutta o parte) a terzi, che continueranno a gestirla; b) cessa la sua attività. Tale procedura, definita in dottrina come “ibrida”, ha tuttavia ingenerato incertezze sul suo inquadramento fiscale, relativamente al trattamento dei benefici della esdebitazione, con riferimento sia all’ammontare sia al soggetto beneficiario, in quanto il già citato art.88 disciplina in modo netto gli effetti fiscali solo del concordato in continuità diretta strictu sensu e di quello liquidatorio, ma non contiene alcuna previsione per le versioni “miste”. In Telefisco 2018 l’AGE diede già una prima risposta sommaria, affermando che, in caso di continuità indiretta, la detassazione integrale (e non per l’eccedenza sulle perdite pregresse) è subordinata alla condizione che il piano concordatario preveda espressamente la cessazione dell’imprenditore, perché, come sopra accennato, solo in tale scenario non possono verificarsi maliziosi utilizzi futuri delle perdite pregresse che il legislatore vuole evitare. L’ulteriore novità sulla tematica è data dalla recente risposta all’interrogazione parlamentare proposta dall’onorevole Foti, dello scorso 20 settembre, con la quale il MEF ha finalmente risolto il dubbio, chiarendo che sotto il profilo della detassazione delle sopravvenienze attive, il concordato in continuità indiretta e quello liquidatorio sono perfettamente identici, proprio perché in entram-
«Nella pratica professionale, il concordato di risanamento ha avuto molto più successo rispetto a quello liquidatorio, in virtù dell’assenza di percentuali minime da riconoscere ai creditori chirografari e questa vantaggiosa circostanza ha fatto sì che, nel tempo, si siano sviluppati vari schemi di “continuità” alternativi alla modalità liquidatoria, che, nella sostanza, prevedono l’abbandono della concezione da legal entity (chi continua è la società in crisi) e lo spostamento sul concetto di azienda (ciò che continua è il business)» bi gli scenari le imprese perdono di fatto la propria operatività e cessano di esistere. Ne consegue quindi che, in ogni tipologia di concordato qualificabile come “in continuità indiretta”, nessun preventivo scomputo di perdite pregresse, ACE o interessi passivi, dovrà essere effettuato, per l’intrinseca assenza di imponibili futuri e pertanto le sopravvenienze da esdebitazione saranno integralmente detassate. Questa condivisibile risposta da parte del Mef ne contiene in realtà anche un’altra, relativa a chi sia, nel concordato in continuità indiretta, il soggetto “titolare” della fiscalità pregressa. Viene infatti confermato il diniego alla possibilità che il subentro da parte del terzo assuntore/acquirente dell’azienda significhi anche subentro nelle posizioni fiscali dell’impresa in concordato (perdite pregresse, ecc.), che quindi restano di competenza esclusiva di quest’ultima.
privacy
Diritto all’oblio: cittadini italiani tutelati anche al di fuori dei confini europei Recentemente il Garante della Privacy ha accolto il ricorso di un cittadino italiano residente negli Stati Uniti, ordinando a Google di deindicizzare gli url allo stesso riconducibili e risultanti dalla ricerca associata al suo nominativo, sia nelle versioni europee, che in quelle extraeuropee del motore di ricerca perché contenenti informazioni non più attuali e lesive della sua reputazione
Piera Di Stefano Avvocato del Web™ T.R.ON® - Tutela della Reputazione ONline www.avvocatodelweb.com info@avvocatodelweb.com
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ra gli obiettivi strategici di un’impresa o di un’attività, oggi senz’altro ritroviamo quello di investire nella costruzione e nel posizionamento di un’immagine sul web dell’imprenditore o del professionista che sia forte e accattivante. Quell’immagine deve però anche essere tutelata e salvaguardata, monitorandola e utilizzando tutti gli strumenti giuridici, informatici e di web communication che siano in grado di eliminare - o quantomeno ridurre sensibilmente - gli effetti negativi che vicende personali, giudiziarie, commenti diffamatori e recensioni negative inevitabilmente producono, offuscando quella stessa immagine e rendendola non più in linea con la realtà. L’esigenza di tutela della propria immagine su Internet è divenuta sempre più impellente atteso
che il web è di fatto il principale canale di raccolta esistente di informazioni (vere o meno che siano), nel senso che esso viene utilizzato prevalentemente come prima fonte di “conoscenza” di una persona, di un prodotto, di un’azienda, salvo poi opportunamente andare ad approfondire ciò che si ritiene rilevante. In termini di business, una pessima reputazione su Internet può comportare un rischio di perdita di clienti potenziali, i “lead”, oppure può innescare “criticità” nelle relazioni d’affari o commerciali in essere, sia B2C che B2B. Ma, attenzione: non si tratta di crearsi o far creare per noi, o per la nostra azienda o attività, una falsa reputazione. Pensiamo alle false recensioni. Sul punto è da segnalare una sentenza storica del Tribunale penale di Lecce che si è pro-
nunciato sul fenomeno dilagante della compravendita dei pacchetti di recensioni false su ristoranti e strutture di ospitalità in Italia, scritte sotto falsa identità, destinate alla piattaforma di TripAdvisor. Il Tribunale ha condannato a nove mesi di reclusione, oltre alla pena pecuniaria per truffa continuata (iniziata nel 2015), il titolare di un’agenzia di comunicazione dedita all’attività fraudolenta. TripAdvisor ha collaborato con gli inquirenti nel corso delle indagini, si è costituita parte civile contro l’agenzia nel conseguente processo e ha rimosso un migliaio di recensioni fake costruite a tavolino su pagamento dalla medesima agenzia. Attualmente sulla piattaforma gli iscritti sono invitati a collaborare fattivamente contro le recensioni-truffa, segnalando attraverso una e.mail dedicata quelle sospette. Va ricordato, Ottobre | Novembre 2018
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peraltro, che per impedire ab origine che si formulino recensioni sotto falsa identità, occorrerebbe rinunciare al “privilegio-garanzia” dell’anonimato. Sul piano, invece, dell’immagine personale sul web e del diritto all’oblio si sono fatti grossi passi in avanti. A partire dalla “codificazione” del cd. diritto ad essere dimenticati dalla rete attraverso l’art. 17 (“Diritto alla cancellazione”) del Regolamento Europeo della Privacy (Reg. UE 679/16) che ha trovato applicazione in Italia a far data dal 25 maggio 2018. Ad oggi l’interessato ha, infatti, il diritto – normativamente previsto e tutelato - di ottenere dai motori di ricerca la “de-indicizzazione” di tutti gli url contenenti articoli, notizie, commenti contenenti informazioni non più attuali e lesive della propria reputazione. Tale diritto oggi prescinde dal mero “diritto ad essere dimenticato” dopo un certo lasso di tempo (per cui sarebbe invocabile soltanto per notizie ed in genere contenuti molto datati), configurandosi piuttosto come il diritto al corretto trattamento dei propri dati on line in termini di proporzionalità, necessità, pertinenza rispetto alla finalità per la quale a suo tempo sono stati raccolti. Recentemente il Garante della Privacy, nel provvedimento n. 557 del 21 dicembre 2017, ha accolto il ricorso di un cittadino italiano residente negli Stati Uniti, ordinando a Google di deindicizzare gli url allo stesso riconducibili e risultanti dalla
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ricerca associata al suo nominativo, sia nelle versioni europee, che in quelle extraeuropee del motore di ricerca. Il Garante ha ribadito anche in questo provvedimento che la costante associazione del nominativo di un interessato a risultati reperibili sul web dal contenuto non corretto, inesatto o comunque non più attuale, cioè non rispondente all’interesse attuale all’informazione costituzionalmente garantito, lede la sua sfera privata e professionale, con un impatto altamente negativo. Il Garante ha così fatto riferimento alle Linee Guida dei Garanti UE del 26 novembre 2014 adottate a seguito della sentenza cd. Costeja della Corte di Giustizia europea (C-131/12, del 13 maggio 2014), le quali hanno stabilito che la de-indicizzazione di un risultato di ricerca è da ritenersi legittima se vi sono inesattezze in termini di circostanze oggettive e se ciò genera un´impressione inesatta, inadeguata o fuorviante rispetto alla persona interessata. Va precisato che Google, oltre alle argomentazioni a sua
difesa, aveva chiesto al Garante italiano la sospensione della decisione sul ricorso del cittadino italiano, atteso che la questione sulla deindicizzazione globale è ancora oggi all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-507/17) a seguito di deferimento effettuato in data 21 agosto 2017 dal Consiglio di Stato francese chiamato a decidere sull´opposizione presentata da Google avverso una decisione dell´Autorità di protezione dei dati francese (CNIL). L’Autorità ha disatteso le richieste di Google, non ha sospeso il giudizio e al fine di rendere effettiva la tutela assicurata nel caso di specie al ricorrente, tenuto conto anche che quest´ultimo risiedeva al di fuori dell´Unione europea, ha ordinato al colosso americano la rimozione degli URL sia dalle versioni europee che extra europee dei risultati di ricerca. Per la nostra Autorità Garante per la Protezione dei Dati personali, pertanto, il diritto all’oblio dei cittadini italiani va tutelato anche al di fuori dei confini europei.
lavoro
Licenziamento per diffamazione sui social: illegittimo se la chat è privata La Cassazione, con sentenza n. 21965/2018, richiama le imprese ad un’attenta valutazione prima di ricorrere a provvedimenti di tipo espulsivo
Massimo Ambron avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it
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on la sentenza n. 21965/2018 la Corte Suprema di Cassazione ha rigettato i motivi posti a fondamento del ricorso presentati da una impresa che opera in Puglia, ritenendo illegittimo il licenziamento disposto nei confronti del dipendente con mansione di guardia giurata ed eletto rappresentante sindacale. I fatti. In primo grado il Tribunale aveva giudicato legittimo il licenziamento intimato al dipendente che - durante una conversazione su Facebook con altri colleghi iscritti al sindacato - aveva rivolto offese nei confronti dell’amministratore delegato, dissentendo sui suoi metodi “schiavisti” e apostrofandolo con espressioni certamente censurabili. La Corte di Appello di Lecce, invece, aveva successivamente accolto il reclamo proposto dal dipendente, in quanto la prova della conversazione era limitata alla stampa di una schermata pervenuta tra l’altro da soggetto anonimo; inoltre, la recidiva non poteva essere richiamata sia perché
la sanzione conservativa era stata impugnata dallo stesso dipendente con ricorso in giudizio pendente presso il Tribunale di Taranto, sia perché la conversazione sul social, era avvenuta in data anteriore alla prima sanzione. La Corte di Appello aveva ritenuto, inoltre, che la pagina Facebook non dava garanzie sulla rispondenza al contenuto originale, peraltro disconosciuto dal dipendente licenziato: di conseguenza veniva a mancare la prova del fatto addebitato. Da ultimo la Corte di appello aveva sostenuto che, anche qualora le frasi offensive fossero state effettivamente pronunciate, occorreva considerare il ruolo di sindacalista del dipendente, il quale si era limitato a dare una sua opinione nell’ambito di una conversazione privata tra colleghi. La Corte di Cassazione confermava la sentenza di secondo grado, rigettando tutti motivi del ricorso. In particolare, la S. C. sosteneva che le espressioni adoperate dal dipendente sindacalista durante la chat, chiusa e
privata rivolta al limitato gruppo che vi aderiva, pur censurabili, dovevano essere valutate alla stregua del diritto di critica e quale reazione alla provocazione dell’amministratore delegato che l’aveva intimidito e sollecitato a cambiare sindacato. Inoltre, la S.C. non ravvisava nei confronti del medesimo amministratore condotta diffamatoria, che consiste nel ledere il bene giuridico della reputazione di un soggetto, portando a conoscenza nell’ambiente sociale, il contenuto delle frasi denigratorie. Nel caso di specie, invece, ciò non è avvenuto, in quanto la conversazione era da essi stessi intesa e voluta come privata e riservata, uno sfogo in ambiente ad accesso limitato che nessuno voleva rendere noto. È, pertanto, da escludersi qualsiasi intento di diffusione denigratoria e mancanza di antigiuridicità della condotta addebitata al lavoratore. Da qui il rigetto del ricorso, con condanna alle spese del giudizio di legittimità proposto dall’impresa. Ottobre | Novembre 2018
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lavoro
Dal mobbing allo straining… il lavoratore va risarcito Azioni vessatorie anche non reiterate nel tempo, se provocano un danno alla salute del dipendente, possono fondare l'indennizzo ex art. 2087 del codice civile
Luigi De Valeri Ordine avvocati di Roma studiolegaledevaleri@gmail.com
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uanti lettori saprebbero definire cosa si intende per “straining”? Il termine anglosassone, coniato dal professor Harald Ege, psicologo del lavoro, deriva dall’inglese “to strain” e significa “mettere sotto pressione”. Quando si parla di “straining”, dunque, ci si riferisce ad un grave disagio lavorativo. È la pressione cui viene sottoposto il lavoratore da parte di un superiore o direttamente dal datore di lavoro mediante un comportamento ostile che provoca stress ed effetti negativi nel tempo senza che la vittima possa liberarsi dalla soggezione nei confronti dello strainer. A differenza del mobbing (“to mo”b ovvero assalire, molestare) che prevede una serie di condotte ostili reiterate nel tempo ai danni del lavoratore che provocano un danno alla sua salute come diretta conseguenza delle vessazioni, l’ipotesi di straining non prevede continuità delle molestie nel tempo, ma anche una sola azione che però produce effetti duraturi nella vittima “stressata”
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come nel caso del demansionamento. Quest’anno in tema di straining a febbraio e a luglio sono state pubblicate due decisioni della Cassazione che possono aiutare un lettore-lavoratore a comprendere quando si configura e ciò secondo la costruzione dei giudici, i quali hanno come riferimento la disposizione dell’art. 2087 del codice civile per il rispetto dell’integrità fisica del lavoratore che pone a carico del datore-imprenditore l’obbligo di adottare le misure idonee a tutelarla. La recentissima controversia decisa dalla Cassazione con ordinanza pubblicata il 10 luglio 2018 era stata originata dal ricorso al Tribunale di Roma di una lavoratrice che sosteneva di essere stata vittima di una condotta “mobbizzante” da parte del datore di lavoro, una società per azioni, e chiedeva pertanto la condanna della stessa al risarcimento di tutti i danni subiti anche non patrimoniali. La dipendente chiedeva, inoltre, l’accertamento della responsabilità della società in ordine all’insorgenza e
alla prosecuzione di una malattia da cui era affetta che aveva determinato le sue assenze dal lavoro. Il protrarsi della malattia aveva causato il suo licenziamento per superamento del periodo di comporto e, pertanto, costei chiedeva la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno commisurato alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento alla reintegra. Il Tribunale non accoglieva la domanda e anche la Corte di Appello confermava il rigetto per cui la lavoratrice ricorreva in Cassazione, procedimento deciso con l’ordinanza n. 18164/2018. Va elogiata la difesa della lavoratrice che, soccombente in primo grado, in appello, considerando opportunamente le risultanze dell’istruttoria svolta sceglieva la via dell’accertamento dello straining a carico del datore e in sede di legittimità contestava l’inammissibilità della domanda di cui la controparte aveva eccepito la novità, reputando che questa fattispecie poteva definirsi come un mobbing
attenuato, ma non per questo non meritevole di tutela risarcitoria per la dipendente. La Corte, accogliendo i motivi di ricorso, ha precisato che lo “straining” è effettivamente una modalità illegittima di atteggiarsi nei confronti del dipendente e, pur non evidenziandosi il requisito della continuità delle azioni vessatorie, in ogni caso gli episodi dimostrati - avendo prodotto un danno all’integrità psico-fisica del lavoratore (dimostrato dalla consulenza tecnica effettuata in corso di causa) - rientravano nella tutela ex art. 2087 c.c. «norma di cui da tempo è stata fornita un’interpretazione estensiva costituzionalmente orientata al rispetto di beni essenziali e primari quali sono il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli artt. 32, 41 e 2 Cost. (Cass. 3291/2016)». La difesa della lavoratrice, pertanto, non aveva violato il divieto di domanda nuova disposto dall’art. 112 cod. proc. civ. dopo aver qualificato i fatti come ipotesi di mobbing in primo grado e aver paventato in appello una fattispecie di straining. Per la Corte «si tratta soltanto di adoperare differenti qualificazioni di tipo medico-legale, per identificare comportamenti ostili, in ipotesi atti ad incidere sul diritto alla salute, costituzionalmente tutelato, essendo il datore di lavoro tenuto ad evitare situazioni “stressogene” che diano origine ad una condizione che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto possa presuntivamente ricondurre a questa forma di danno anche in caso di mancata prova di un preciso intento persecutorio». Il ricorso è stato accolto e cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della domanda della lavoratrice. Sempre in tema
di atteggiamenti ostili del datore di lavoro o dei suoi dipendenti nei confronti di subordinati una precedente ordinanza della sezione lavoro della Cassazione, n. 3977 pubblicata il 19 febbraio 2018, aveva deciso una controversia, in cui era parte un dipendente pubblico, qualificandoli come straining. In quel caso una dipendente dichiarata inidonea all’insegnamento era stata assegnata alla segreteria di una scuola pubblica e, dopo che la stessa aveva lamentato la carenza di personale per l'espletamento dei servizi amministrativi, un dirigente scolastico l’aveva privata degli strumenti di lavoro, attribuendole mansioni didattiche, sia pure in compresenza con altri docenti, nonostante l'accertata inidoneità e, per ultimo, l’aveva privata di ogni mansione per cui la lavoratrice era del tutto inattiva. La consulenza tecnica d'ufficio disposta dal Tribunale aveva evidenziato che la condotta illegittima, anche se non mobbizzante, integrava un'ipotesi di straining e la lavoratrice aveva ottenuto la condanna del Ministero dell’Istruzione al risarcimento. Il giudice di appello, a seguito di impugnazione del MIUR, rilevava che «non compete al ricorrente la qualificazione medico-legale della fattispecie ritenuta produttiva di danno risarcibile» per cui sostenere per il ricorrente l’ipotesi del mobbing non pregiudica che il giudice all’esito dell’istruttoria possa invece ritenere l’esistenza dello straining.La Corte di Appello di Brescia ritenne dimostrato il nesso causale fra le condotte denunciate dalla lavoratrice e il danno biologico di natura temporanea, confermando la liquidazione effettuata dal Tribunale sulla base delle indicazioni riportate nella consulenza tecnica espletata. Il Ministero, pertanto, ha proposto ricorso in Cassazione, successivamen-
te respinto dalla Suprema Corte. In sintesi la sezione lavoro ha evidenziato che non integra violazione dell'art. 112 del codice di procedura civile fare riferimento alla “nozione medico-legale dello straining anzichè quella del mobbing” perchè lo straining altro non è se non “una forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie”, azioni che se si dimostri abbiano prodotto un danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, giustificano la pretesa risarcitoria fondata sull'art. 2087 codice civile. L’obbligo posto a carico del datore di lavoro di tutelare l'integrità psicofisica e la personalità morale del prestatore prevede che costui eviti qualsiasi “condotta che sia finalizzata a ledere detti beni, ma anche di impedire che nell'ambiente di lavoro si possano verificare situazioni idonee a mettere in pericolo la salute e la dignità della persona”. Infine la Corte ha aderito alla decisione del giudice del merito per cui era stata dimostrata la responsabilità del Ministero in quanto la dipendente era stata oggetto di azioni ostili, descritte e provate nel giudizio di primo grado, “consistite nella privazione ingiustificata degli strumenti di lavoro, nell'assegnazione di mansioni non compatibili con il suo stato di salute ed infine nella riduzione in una condizione umiliante di totale inoperosità”. Conclusivamente la categoria giuridica dello straining quale “mobbing attenuato” potrà assumere nel tempo contorni sempre più delineati grazie all’elaborazione giurisprudenziale e rappresentare la possibilità per il lavoratore di veder accolta la propria domanda risarcitoria nelle ipotesi certamente prevalenti in cui non si configuri la condotta vessatoria reiterata nel tempo ai suoi danni da parte del datore.
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mercati
Turchia: la crisi sul Bosforo Il rischio Paese è molto più alto di prima, ma tutto nelle mani dei principali mercati europei che difficilmente vorranno perdere i propri soldi. Il ribasso economico, quindi, dovrebbe essere solo temporaneo
Daniele Trimarchi Studio Trimarchi daniele@studiotrimarchi.com
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a Turchia, Paese dalle mille contraddizioni, sembra essere in crisi. A chi avesse avuto modo di visitarla nelle ultime settimane, sarà capitato di trovare una situazione di quasi normalità. Cosa realmente stia accadendo in Turchia lo vedremo, però, a breve. Valutiamo prima gli aspetti riscontrati personalmente nella vita quotidiana. Cominciamo dicendo che buona parte della popolazione turca sembra voglia esorcizzare questa crisi…snobbandola! Questo, anche grazie al fatto che ancora non c’è stato un vero aumento dei prezzi dei beni primari. Infatti, se guardiamo i prodotti alimentari, questi mostrano prezzi simili a quelli di un anno fa. A metà settembre, ad esempio, un filone di pane costava circa 0,20 euro (1,5 TL), oppure un salmone intero era venduto al prezzo di circa 4 euro/ kg (30 LT/Kg), così come un vasetto di Nutella 825gr a circa 2,10 euro (16 LT). Diversamente, nel settore dell’elettronica (pc, tablet, etc.) e altri
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prodotti similari importati, si sono registrati immediati adeguamenti anticipando, di fatto, quello che succederà nel mercato a breve. Infatti, il vero effetto della svalutazione si vedrà solo tra ottobre e novembre, cioè quando saranno stati importati i prodotti ordinati da metà agosto in poi, momento in cui la Lira ha perso la maggior parte del suo valore. Due sono gli elementi che caratterizzano questa crisi: la svalutazione della Lira e l’aumento dell’inflazione. La moneta locale (YTL = Yeni Türk lirası -> Nuova Lira Turca) da 3,7 di gennaio 2018 è passata a oltre i 6,0 sul dollaro. Mentre l'inflazione, che negli anni 2009-2016 si attestava intorno ai 6-7% annui, nel 2018 ha superato il 17,9% (Fonte inflaction.eu) e potrebbe raggiungere facilmente il 20%. Purtroppo, questa crisi nasconde vicende economiche che stanno condizionando anche l’economia del nostro mercato, con riflessi che si estendono all’Europa intera. La Turchia con un PIL di $851 miliardi,
circa un terzo rispetto al nostro, è un Paese storicamente legato all’Italia per i molteplici rapporti in essere tra le due economie. Oggi si contano circa 1.500 aziende italiane operanti sul territorio turco, con interessi spesso rilevanti. Tra queste, figurano alcuni dei più grandi gruppi dell’industria manifatturiera italiana con impianti produttivi nei principali segmenti industriali. Abbiamo presenze strategiche in mega progetti, quali la recente realizzazione del
terzo ponte sul Bosforo (un’opera firmata Astaldi) e nella finanza, con la partecipazione dell’Unicredit (il 41%) nella turca YapiKredit Bank. Il motivo di questo legame tra le due nazioni non è da imputare unicamente ai bassi costi dei fattori della produzione, quanto piuttosto alla posizione strategica della Turchia. Questo Paese, infatti, rappresenta un HUB strategico, uno snodo principale del traffico delle merci e dei servizi in un’area altrimenti per noi difficilmente penetrabile, come quella dei ricchi mercati limitrofi. Inoltre, buona parte dell’export italiano in Turchia, viene a sua volta riesportato magari come prodotto finito (vedi settore dell’Automotive o del Bianco) verso i mercati dell’Europa centrale o in Africa. Per questi motivi e altri che vedremo a breve, le preoccupazioni da parte degli investitori sono congrue e giustificate. La causa primaria di questa crisi è la quasi totale dipendenza della Turchia dall'estero. In primis l'importazione di energia che rappresenta un elemento di debolezza; l’elevato import che alimenta un saldo negativo della bilancia commerciale, non più compensata da settore turistico. Nel solo periodo gennaio-luglio di quest’anno il Paese ha importato circa 143 miliardi di dollari (di cui $ 6,5 MLD dall’Italia) e ne ha esportato circa 96 (di cui $ 5,8 MLD verso l’Italia) (Fonte: Camera di Commercio Italiana in Turchia), registrando un deficit di circa 47 MLD di dollari (il 5,5% del PIL).
È, quindi, indispensabile per la Turchia attrarre capitali stranieri che però, a causa della recente riduzione del rating sovrano turco da parte delle agenzie di rating (Moody's, Standard & Poor's e Fitch), oggi, sono divenuti molto più costosi. Il piano presentato dal ministro dell’economia per combattere la crisi turca prevede proprio una serie di azioni per attrarre capitali dall’estero. Inoltre, sono previsti tagli alla spesa pubblica e una razionalizzazione dei progetti che saranno o sospesi o realizzati in partnership con investitori privati e internazionali. Qualche meccanismo è già in atto. A metà settembre la Banca Centrale ha aumento i tassi di interesse al 24% (dal 17,75%) al fine di limitare la svalutazione della moneta locale. Inoltre, è stato fatto obbligo, nell’arco di un mese, di convertire in TL tutti i contratti in essere in valuta straniera, cosa che sta portando non poche ripercussioni interne. Il rischio percepito è che le aziende turche avranno difficoltà a ripagare il loro debito denominato in dollari/euro con la Lira così deprezzata. Conviene, quindi, aumentare il grado di attenzione verso importatori da questo Paese. Al contrario, le aziende che esportano stanno generando profitti. Dovrebbe essere un beneficio solo temporaneo,
tipico delle prime fasi di un periodo di grossa svalutazione. Tuttavia, non bisogna dimenticare che i prodotti Made in Turchia hanno raggiunto standard qualitativi alti e, quindi, non mi sorprenderei se questa crisi favorisse una maggiore penetrazione dei propri prodotti verso l’Europa. Infatti, la Turchia, come buona parte dei mercati emergenti (EM), si è evoluta negli ultimi due decenni. Il suo principale partner commerciale per le esportazioni e le importazioni rimane l'Unione Europea, Germania in testa. La maggior parte dei prestiti a questo Paese proviene da banche europee. Tra queste, le più esposte sono BBVA spagnola, l’UniCredit italiana, BNP Paribas francese e la ING olandese, tutti istituti che se fossero costretti a cancellare interamente i prestiti turchi, non avrebbero grossi problemi di solvibilità. Concludendo, sembrano esserci tutte le condizioni per un temporaneo ribasso dell’economia turca. Prima, o poi, bisognerà tornare a reinvestire così come il turismo ricomincerà a portare liquidità nel sistema. Da questo punto di vista, la Turchia è ancora un mercato che offre grandi opportunità e per questo dovrebbe restare un partner importante, ancora per lungo.
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ricerca
Dalla sperimentazione meccanica in laboratorio al “virtual testing” L’esperienza del gruppo di Costruzione di Macchine dell’Università di Salerno che, negli ultimi dieci anni, ha sviluppato specifiche competenze per la simulazione in ambito vibroacustica, attuata attraverso collaborazioni con aziende leader quali FCA e il Centro Italiano per le Ricerche Aerospaziali di Roberto Citarella Professore Associato di Costruzione di Macchine Università degli Studi di Salerno rcitarella@unisa.it
I
velivoli diventano sempre più efficienti, affidabili e sicuri, ma anche più complessi e la loro modellazione richiede una conoscenza approfondita delle prestazioni di ogni singolo componente. Nonostante gli ingegneri possano prevedere il comportamento di ogni sottosistema attraverso i test sperimentali, questi ultimi stanno diventando improponibili nel contesto odierno a causa del loro costo, anche perché la gestione della complessità richiede un numero via via più elevato di prove in un campo operativo sempre più ampio. Lo sviluppo del virtual testing ha aiutato l’azienda a ridurre i tempi e i costi di sviluppo, consentendole nel contempo di ridurre i rischi legati al fare innovazione di prodotto molto spinta su prodotti complessi. In questo tentativo di trasferire quanto più possibile lo sforzo sperimentale verso le simulazioni numeriche si inquadra l’attività di ricerca del gruppo di Costruzione di Macchine del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Salerno (DIIn). Il DIIn è impegnato da lungo tempo
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in tematiche concernenti la progettazione meccanica, la vibroacustica, il comportamento dei materiali e la risposta delle strutture a carichi statici e affaticanti, con particolare riguardo alla caratterizzazione meccanica, all’instabilità strutturale, al danneggiamento e alla frattura. L’impegno e la qualificazione raggiunta sono comprovate dalla partecipazione a ricerche europee e a convenzioni e collaborazioni con l’industria. Per quanto attiene la sperimentazione di laboratorio, essa riguarda provini e strutture soggette a condizioni di carico monoassiale e multiassiale. Il gruppo, in aggiunta a macchine standard, dispone infatti di una attrezzatura di prova multiassiale di tipo prototipale, progettata nell’ambito del progetto cofinanziato POR Campania 20002006 - Centro Regionale di Competenza “Nuove Tecnologie”. L’attività sperimentale e di modellazione di giunti incollati è culminata con la progettazione di un dispositivo per le prove di resistenza alla frattura in modo III su ingiunzioni incollate, cui fa seguito la realizzazione del
relativo brevetto (Attestato di brevetto italiano N.0001411873 del 07.11.2014). Le competenze del gruppo si estrinsecano attraverso la capacità di ricostruire i legami costitutivi dell’interfaccia incollata (leggi coesive) e conseguente loro implementazione in codici di calcolo commerciali. Queste esperienze consentono la trattazione di riparazioni mediante incollaggio di strutture sia metalliche, sia in composito. In tale campo di ricerca il gruppo ha ricevuto un finanziamento dal MIUR tramite il programma PRIN2007 (Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale). Oltre a una vasta esperienza nell’ambito dello studio del comportamento di materiali metallici, il gruppo di Costruzione di Macchine vanta ricerche nel settore dei materiali compositi, con la partecipazione a progetti nazionali e internazionali tra i quali si annovera EU FP6 ITOOL, nel quale si è svolta una estensiva attività di modellazione agli elementi finiti (FEM) di compositi ad uso strutturale aeronautico con fibre intrecciate. Nello specifico, sono state usate tecniche di
omogeneizzazione e multiscala per a b modellare le proprietà meccaniche, compreso il processo di rottura, sia del materiale che delle strutture nella loro globalità. L’attività di simulazione numerica riguarda principalmente la modellazione del comportamento del materiale, Macchina per prove di fatica multiassiale analizzando aspetti quali: failure, danneggiamento, frattura, creep, Figure 5: a) Prototype of servo-hydraulic multi-axial testing machine; b) Sketch of the machine with the overall dimensions buckling. In aggiunta, negli ultimi è stato analizzato dal gruppo di attività di supporto e consulenza 10 anni si è sviluppata una specifica Costruzione di Macchine di Salerno sia a carattere sperimentale che competenza per la simulazione in attraverso simulazioni e test sperinumerico, con l’ausilio di codici FEM ambito vibroacustica, attuata attramentali. Ulteriormente, nell’ambito e BEM. In particolare si annoverano verso collaborazioni con aziende dei processi di pressatura di polveri gli studi su sedili per il trasporto leader quali Fiat Chrysler Automometalliche per la realizzazione passeggeri. Essi, infatti, devono bile (FCA) e il Centro Italiano per le di pezzi sinterizzati, il gruppo di assolvere a diversi compiti, che non Ricerche Aerospaziali (CIRA). ricerca ha sviluppato un modello di si limitano alla sola accoglienza dei Con quest’ultimo il gruppo sta materiale che ha implementato in passeggeri e dunque al loro comfort partecipando al progetto europeo un codice FEM. di marcia, dovendo anche soddisfaCASTLE per la riduzione di vibrazioni Le simulazioni numeriche del prore i requisiti di sicurezza passiva per e rumore in cabina di aeromobile. cesso di carico e scarico permettourti da impatto. I risultati ottenuti dai vari ambiti no, infatti, di ottenere informazioni Da segnalare infine la collaboraziodi ricerca sono riscontrabili nella utili per una corretta progettane scientifica su tematiche di fatica cospicua produzione pubblicistica in zione degli stampi, attraverso la e meccanica della frattura applicate riviste internazionali specializzate. valutazione del comportamento a turbine aeronautiche, con l’azienNel 2011, membri del gruppo del manufatto e le azioni della da aeronatica GE-Avio, stabilimento hanno ricevuto dall'associazione polvere sulle pareti della matrice. di Pomigliano D’Arco (NA); nello nazionale di settore il premio AIAS, Per quanto attiene il trasferimento stesso ambito si sviluppa la collaquale miglior contributo scientifico tecnologico verso aziende del borazione con il Federal Research inerente l'Analisi delle Sollecitazioni, territorio e internazionali, il gruppo Center “Kazan Scientific Center of per la caratterizzazione numerico di ricerca ha svolto negli ultimi anni Russian Academy of Sciences”. sperimentale di pannelli aeronautici caricati nel piano e soggetti al fenomeno dell’instabilità. Il gruppo ha anche partecipato al progetto PON a3_00007 NAFASSY per la simulazione agli elementi finiti delle sollecitazioni magnetomeccaniche in dispositivi superconduttori. In tale ambito si segnala anche la collaborazione con il Max Planck Institute di Greiswald in Germania, impegnato nello sviluppo di un esperimento di fusione nucleare denominato “Stellarator”: l’effetto Figure 22: Numerical-experimental comparison of the deformed shape – specimen n. 2 danneggiante di cricche rilevate Confronto numerico-sperimentale del comportamento all'instabilità di un pannello aeronautico caricato a taglio nello scudo termico del “vessel”
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eventi
Turismo Archeologico, la XXI BMTA sta arrivando Palco d’onore quest’anno per gli archeologi che prestano la loro opera di studio dell’antichità al servizio dei viaggiatori attuali e futuri e per il sito di Palmira, che tornerà fruibile dal 2019. L’appuntamento è dal 15 al 18 novembre a Paestum a cura della Redazione
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a XXI Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico si svolgerà da giovedì 15 a domenica 18 novembre 2018 a Paestum: per migliorare i servizi a espositori e visitatori, per la XXI edizione la location per il Salone Espositivo e il Programma Conferenze sarà il Centro Espositivo del Savoy Hotel, a soli 2 km dal Parco Archeologico, dal Museo e dalla Basilica, dove avranno luogo le altre sezioni (ArcheoExperience, ArcheoLavoro, la Mostra ArcheoVirtual, le Visite Guidate, il Workshop ENIT e AIDIT). Un format di successo testimoniato dalle prestigiose collaborazioni di organismi internazionali quali UNESCO e UNWTO oltre che da 12.000 visitatori, 120 espositori di cui 25 Paesi esteri, circa 50 tra conferenze e incontri, 300 relatori, 120 operatori dell’offerta, 100 giornalisti accreditati. Paestum celebrerà il 20° Anniversario dell’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO dell’area archeologica (alla presenza di Irina Bokova già
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Direttore Generale UNESCO, Mounir Bouchenaki Consigliere Speciale del Direttore Generale UNESCO e Taleb Rifai già Segretario Generale UNWTO) così come Troia, presente con Rüstem Aslan Responsabile dell’area archeologica. Protagonisti, inoltre, saranno la Grotta di Chauvet, a rappresentare il grande successo della Preistoria in Francia, con la Conservatrice Marie Bardisa e il sito di Angkor con Azedine Beschaouch Segretario Scientifico dell’ICC-Angkor, il Comitato Internazionale di Coordinamento
per la Salvaguardia e lo Sviluppo. Poi, le presenze prestigiose, per le loro grandi scoperte, di Paolo Matthiae, che portò alla luce l’antica città di Ebla in Siria, e di Dan Bahat, per decenni l’archeologo ufficiale di Gerusalemme. Il dialogo interculturale avrà i suoi appuntamenti di punta nel gemellaggio tra Paestum e Palmira e nell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” (alla 4a edizione) che premierà la scoperta archeologica dell’anno alla presenza di Omar archeologo e figlio di Khaled al-Asaad,.
ArcheoVirtual, Mostra e Workshop internazionali dedicati alle tecnologie multimediali, interattive e virtuali in collaborazione con CNR ITABC Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali, presenterà lo stato dell’arte del digitale nei musei archeologici a cura della Direzione Generale Musei del MiBAC. Il Direttore Ugo Picarelli: «Da quest’anno cercheremo di valorizzare le destinazioni turistico-archeologiche quali fattori di sviluppo locale e di promozione dei territori, oltre che di rendere merito agli archeologi che prestano la loro opera di studio dell’antichità al servizio dei viaggiatori attuali e futuri. Inoltre, la BMTA continuerà a dedicare particolare attenzione al sito di Palmira, che tornerà fruibile dal 2019 come annunciato dai media, con la presenza di una delegazione siriana tra cui il Governatore di Homs. Per quanto riguarda l’aspetto economico, nel rispetto del nome Borsa, il Workshop si arricchirà dei buyer nazionali, che si aggiungeranno a quelli europei selezionati dall’ENIT, con la partecipazione degli associati dell’AIDIT Associazione Italiana Distribuzione Turistica di Federturismo Confindustria». Numerose le sezioni speciali: • ArcheoExperience con i Laboratori di Archeologia Sperimentale per la divulgazione delle tecniche utilizzate nell’antichità per realizzare i manufatti di uso quotidiano; • ArcheoIncontri conferenze stampa e presentazioni
«Per quanto riguarda l’aspetto economico, il workshop si arricchirà dei buyer nazionali, che si aggiungono a quelli europei selezionati dall’ENIT, con la partecipazione degli associati dell’AIDIT Associazione Italiana Distribuzione Turistica di Federturismo Confindustria»
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di progetti culturali e di sviluppo territoriale; ArcheoLavoro orientamento post diploma e post laurea con la presentazione dell’offerta formativa, a cura delle Università, e delle figure professionali; ArcheoStartUp in cui si presentano nuove imprese culturali e progetti innovativi nel turismo culturale e nella valorizzazione dei beni archeologici; Incontri con i Protagonisti, quali noti archeologi e divulgatori della TV; Premio “Antonella Fiammenghi” alla migliore tesi di laurea sul turismo archeo-
logico; • Premio “Paestum Archeologia” a coloro che contribuiscono alla valorizzazione del patrimonio culturale; • Visite guidate ed educational per giornalisti. La BMTA si conferma, quindi, un evento originale nel suo genere: sede dell’unico Salone Espositivo al mondo delle destinazioni turistico-archeologiche; luogo di approfondimento e divulgazione di temi dedicati al turismo culturale e alla valorizzazione; occasione di incontro per gli addetti ai lavori, gli operatori turistici e culturali, i viaggiatori, gli appassionati; opportunità di business con il Workshop tra la domanda e l’offerta del turismo culturale e archeologico. Istituzioni, Enti, Paesi Esteri, Regioni, Organizzazioni di Categoria, Associazioni Professionali e Culturali, Aziende e Consorzi Turistici saranno presenti nel Salone Espositivo, per vivere da protagonisti quattro giorni straordinari in occasione della XXI edizione dal 15 al 18 novembre 2018. Info: www.bmta.it
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salute
Antonino Di Pietro direttore dell’istituto dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it | www.istitutodermoclinico.com
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Calvizie, le nuove frontiere per fermarla
Tra i trattamenti più dibattuti c’è il cosiddetto PRP - o Plasma Ricco di Piastrine - attraverso cui si inietta nel cuoio capelluto un concentrato di fattori di crescita ricavati dal plasma sanguigno. Alcuni studi scientifici internazionali hanno dimostrato che è in grado di favorire il rinvigorimento dei capelli e una ricrescita sostanziale in circa l’80% dei casi
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i può vivere bene anche senza, tuttavia perdere i capelli intacca fortemente la qualità della vita, specialmente nelle donne. Un’analisi su Jama Dermatology ha mostrato che più della metà delle persone colpite da alopecia percepiscono il loro disturbo come fortemente invalidante e manifestano sintomi di ansia o depressione. Sappiamo che nell’alopecia androgenetica c’è una compromissione dell’attività delle cellule germinali all’interno dei bulbi, che rappresentano una sorta di “sala regia” per la formazione del capello. Plasma arricchito di piastrine Tra i trattamenti più dibattuti c’è il cosiddetto PRP - o Plasma Ricco di Piastrine - attraverso cui si inietta nel cuoio capelluto un concentrato di fattori di crescita ricavati dal plasma sanguigno per rinvigorire i centri nevralgici del capello. Alcuni studi scientifici internazionali hanno dimo-
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strato che questo è in grado di favorire il rinvigorimento dei capelli e una ricrescita sostanziale in circa l’80% dei casi. È stato osservato che la riuscita di questa tecnica dipende molto dalla preparazione utilizzata per isolare i fattori di crescita dal plasma. Anche il semplice utilizzo della centrifuga per isolare il plasma arricchito di piastrine può avere influenza sui risultati del trattamento. Il consiglio generico per quanti intendono sottoporsi a PRP, pertanto, è quello di riferirsi sempre a centri specializzati e autorizzati a questo trattamento che, in alcuni regioni italiane, necessita di un via libera da parte di un centro trasfusionale ospedaliero. La PRP funziona con maggior successo nelle fasi iniziali, in cui si riesce ad arrestare la perdita dei capelli e a rinvigorire quelli presenti. In caso di calvizie in fase avanzata, la terapia ha scarsi risultati poiché i bulbi sono ormai in fase di atrofia. Le ricerche in corso per affinare questa tecnica sono molte: alcune prevedono l’utilizzo combinato di fattori di crescita ricavati da batteri al fianco della PRP, altre si concentrano sulla tecnica di iniezione del plasma arricchito di piastrine nel cuoio capelluto. Stanno aumentando i lavori scientifici che dimostrano la possibilità di ricorrere alla tecnica dell’elettroporazione, che permette di far penetrare nella pelle i fattori di crescita attraverso un debolissimo campo elettrico, risparmiando così il fastidio della puntura. Ma le nuove frontiere della ricerca guardano anche alla possibilità di restituire una chioma naturale anche a quanti l’hanno persa da molto tempo. La promessa in questo caso arriva dalla medicina rigenerativa e dall’utilizzo di cellule staminali ricavate dalla pelle o da altri tessuti per stimolare la crescita di capelli dove ormai non ce ne sono più.
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Giuseppe Fatati presidente Fondazione ADI associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica
Gli anziani e il diabete/II parte
Un evento acuto, che in un soggetto in buona salute può essere rapidamente ed efficacemente controllato, in uno fragile può portare a gravi conseguenze
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a malattia diabetica è in costante aumento e rappresenta, secondo l’OMS, un rilevante problema di salute pubblica tanto da far parte di quel ristretto novero di malattie croniche divenute prioritarie nell’agenda dei decisori mondiali. I casi di diabete sono per il 90% del tipo 2 - che insorge prevalentemente in età adulta - e, quindi, destinati ad aumentare considerando l’incremento della vita media. Il miglioramento delle terapie, l’allungamento della sopravvivenza delle persone con diabete, la qualità dell’assistenza e la possibilità di anticipare la diagnosi sono altri fattori che incidono sull’incremento dei soggetti diabetici. In Italia su 100 persone affette da diabete, 70 hanno più di 65 e 40 più di 75 anni. Nell’anziano la “fragilità” è condizione caratterizzata da una riduzione della riserva funzionale con incremento della vulnerabilità età-dipendente. Questo significa che un evento acuto, che in un soggetto in buona salute può essere rapidamente ed efficacemente controllato, in un soggetto fragile può portare a gravi conseguenze. È il caso dello scompenso glico-metabolico acuto, sia inteso come iperglicemia, sia soprattutto come ipoglicemia. Per ipoglicemia si intende un valore di glicemia inferiore a 70 mg/dl. La valutazione del rischio di ipoglicemia e la sua
prevenzione sono strumenti fondamentali per un corretto percorso di diagnosi e terapia, da valorizzare in considerazione delle ricadute pratiche. I principali fattori di rischio di ipoglicemia nell’anziano sono l’età avanzata, la malnutrizione, le malattie acute intercorrenti, l’isolamento sociale, l’assunzione di politerapia e la depressione. Al contrario di quanto avviene per altri fattori di rischio, l’ipoglicemia ha effetti decisamente negativi sull’apparato cardiovascolare. Potremmo dire che nel paziente anziano si manifesta la cosiddetta “sindrome metabolica inversa”: l’iperglicemia, l’obesità, l’ipertensione arteriosa e l’insulinoresistenza non sono più predittori di mortalità ma al contrario di sopravvivenza. Essendo il rischio di ipoglicemia più elevato nei pazienti più anziani, una scelta oculata dei target terapeutici può essere un elemento chiave per modificare la prognosi cardiovascolare. Per questi motivi sono stati proposti standard di emoglobina glicata (HBA1c) meno rigidi per le persone con diabete non più giovani. L’emoglobina glicata permette di sapere se la glicemia ha superato i limiti accettabili. Secondo i nuovi standard italiani, gli obiettivi di emoglobina glicata potranno essere più ambiziosi per pazienti autosufficienti, in condizioni generali buone e aspettativa di vita di almeno 8-10 anni (HbA1c% 7.0 – 7.5%). Negli anziani fragili, nei quali il rischio di ipoglicemia è alto, è appropriato un obiettivo meno restrittivo, pari ad un valore di HbA1c% tra 8.0 e 8.5%. Estremamente interessante la proposta statunitense del Department of Veteran Affairs, che direziona gli obiettivi glicemici sulla guida delle comorbidità e delle complicanze microvascolari arrivando a considerare accettabili, in particolari casi, anche valori di HBa1c fino al 9%.
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bon ton
Nicola Santini esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella
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Bon ton e ritocchino: ciascuno faccia ciò che ritiene (in silenzio)
Non esistono regole precise se non quelle, sempre valide, del buon gusto e della misura
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i viene chiesto spesso, dato il successo della materia, di esprimermi in merito alla chirurgia e ai ritocchini. Nello specifico, mi si domanda se esiste un galateo sul tema, in particolare quando si tratta di mettere le mani sulle facce, i décolleté, le natiche delle persone. Tra le domande più bizzarre, tra le virgolette una per rendere l'idea: «è bon ton farsi il botulino?». A questa inorridisco, non perché abbia qualcosa contro il botulino di cui, faccio coming out, ho fatto uso anche io, quanto sul genere di domanda e sulla scelta lessicale. Non si chiede mai se una cosa è bon ton o meno, al massimo ci si domanda che cosa chiede il bon ton, oppure banalmente se è buona educazione. E credo che ognuno con la propria faccia, possa fare quello che vuole. Quello che trovo molto discutibile invece è il farne continua ostentazione o argomento di conversazione. Se un uomo vede una bella donna e fa un apprezzamento, la contraerea femminile ha già pronta la pallottola in canna: "è rifatta". Per non parlare delle
conversazioni tra signore e signore. Medicina estetica nei casi più soft - ma a volte non meno responsabili di veri e propri attentati estetici - e chirurgia, dovrebbero essere argomenti abbastanza privati. Per intenderci, è come quando due persone si incontrano per strada e alla domanda “Come stai?”, uno dei due inizia a elencare i valori delle transaminasi sballate. Non c'è niente di male a dare un rinforzo a un paio di labbra che non hanno il volume desiderato, se non fosse che poi - per una ragione che non mi spiego - ognuno sente il bisogno di metterci del proprio in aggiunta, finendo con l’assumere espressioni che esasperano, in modo visivamente imbarazzante, il lavoro già esagerato che ha fatto il medico di turno. Vale la stessa cosa per il “davanzale”. Passare da una prima scarsa a una quarta è già un'impresa, c'è davvero bisogno di gridare al mondo "A quarant'anni mi sono spuntate le tette?". Giusto adeguare il look alle nuove misure, ma è come se una persona ingrassata 5 chili, decidesse da un giorno all'altro di indossare soltanto caftani con la speranza di coprire qualcosa di troppo, con il risultato finale però di enfatizzare e ingrandire otticamente l’imperfezione. Un elenco di regole vero e proprio non esiste, dunque. L'imperativo di regolarsi o di darsi una regolata è il consiglio più spassionato che mi sento di dare. E se per caso vi venisse in mente, guardando un amico o un'amica di suggerire un ricorso a questo o a quel sistema, dottore, estetista, o quel che sia, ricordatevi che non c'è peggior consiglio, anche in termini di buone maniere, di quello non richiesto.
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finisterre
Eugenio Barba e Nicola Savarese, due maestri del teatro raccontano la storia dell’attore I due autori conducono il lettore nei secoli e nei territori, dentro un avvicendarsi di indagini critiche e di metamorfosi che hanno portato il teatro a evolversi e a esprimersi in maniera sempre più interna alle strutture sociali e storiche del tempo
di Alfonso Amendola docente di sociologia degli audiovisivi sperimentali Università di Salerno alfamendola@unisa.it
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l desiderio di ricostruire una “storia dell’attore” tra testi e figure “con un continuo rinvio dagli uni alle altre” ha una prima origine nel volume curato nel 1983 dal regista e fondatore dell’Odin Teatret, Eugenio Barba, e da Nicola Savarese (storico del teatro e studioso delle relazioni tra teatri occidentali e orientali): L’arte segreta dell’attore. Un dizionario di antropologia teatrale. Da qui l’esigenza di ritornare a parlare di attori in un viaggio tra epoche e geografie sempre dentro un’angolazione di natura antropologica e sociale. Quello che Barba e Savarese hanno realizzato con I cinque continenti del teatro. Fatti e leggende della cultura materiale dell’attore (Edizioni Pagina) non è un libro. È una vera e propria “epopea”. E come “un’ampia narrazione di gesta eroiche” procede con una vigoria e una generosità narrativa che respira di epica. Un volume che ripercorre il teatro
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analizzandolo nelle sue prodezze e imprese. Il tutto partendo da una formula interrogativa. Eugenio Barba ci invita ad uno straordinario viaggio nel mondo e nelle pratiche del teatro principiando da alcune essenziali domande: “Da dove vengo? Chi sono? Dove vado?”. Per rispondere a queste, dobbiamo rivedere da un’altra prospettiva le innumerevoli forme, esperienze, reperti e misteri che la storia della nostra professione ci tramanda. È l’unico modo di costruirci una bussola personale per attraversare i cinque continenti del nostro mestiere: quando, dove, come, per chi e perché si fa teatro. E davvero troviamo tantissime risposte in questa epopea antologica, narrativa e di concretezza visionaria. La sintesi storica che ci propongono Barba e Savarese è sia una profonda riflessione sul sistema teatrale, sia un quadro di prospettive per comprendere
gli sviluppi futuri. Nell’arco dell’intero volume viene ininterrottamente analizzata la multiforme trama del teatro e di tutti gli elementi che generano lo spettacolo (i rituali, il mecenatismo, il concetto di impresa, la centralità della rappresentazione, la nascita dei teatri nella loro dimensione architettonica, le prime scuole di teatro, la definizione di teatro-scuola, lo statuto spettatoriale, la storia della censura) per evidenziare, anzitutto, come l’esperienza del teatro nel tempo si muova sempre come un corpo vivo, dinamico, pulsante. Il tutto costantemente intervallato da citazioni, rimandi, memorie, spazi di riflessione critiche di autori che hanno avvicinato il teatro, da Charles Baudelaire a Johann Wolfgang von Goethe, da Walter Benjamin a Plinio il Vecchio, da William Blake a Colette, da Lev Tolstoj a Wislawa Szymborska. La densità di questo lavoro, da
leggersi in maniera “trasversale”, è anche quella di coprire svariati territori disciplinari: l’economia, la storia, la geografia, il marketing, la tecnologia, la sociologia, la politica. Inoltre gli autori (che gioiosamente e autoironicamente si definiscono “la premiata ditta”) grazie alla visione comparata di tecniche ausiliari ci mostrano che “la cultura materiale dell’attore, nella diversità dei processi, forme e stili, ha le sue radici nel modo di rispondere degli attori alle stesse esigenze pratiche”. Il libro ci conduce dentro tutti i momenti più significativi della storia dei teatri per poterne contenere i radicali cambia-
«La bellezza e il fascino di questo lavoro azzera di netto la logica del nostro contemporaneo, sovente consumato dall’impero dell’economia “fast and furious” e dall’egemonia delle passioni tristi. E il teatro recupera tutta la sua forza, irruenza e necessità. E ritrova un ruolo da “protagonista” decisivo nella storia dell’uomo»
menti e le sostanziali variazioni rispetto alle lezioni canoniche e strettamente accademiche. Ne risulta, quindi, un’esplorazione profonda. Una navigazione abitata da sensibilità, visioni, senso della costruzione e
lungimiranza. Barba e Savarese ci conducono nei secoli e nei territori, dentro un avvicendarsi di indagini critiche, di sintesi storiche, di metamorfosi che hanno portato il teatro ad evolversi e ad esprimersi in maniera sempre più interna alle strutture sociali e storiche del tempo. La bellezza e il fascino di questo lavoro azzera di netto la logica del nostro contemporaneo, sovente consumato dall’impero dell’economia “fast and furious” e dall’egemonia delle passioni tristi. E il teatro recupera tutta la sua forza, irruenza e necessità. E ritrova un ruolo da “protagonista” decisivo nella storia dell’uomo. Un libro-epopea da leggere per smania di conoscenza e come esplosione analitica e di autodeterminazione. Un teatro che ritrova la memoria. Come un fiore che non muore mai e si trasforma fino a far parte della nostra quotidianità. Un teatro come urgenza di uno sguardo utopico. Un immergersi nella storia per cogliere tutti i cambiamenti e futuri possibili. Un teatro che naviga la storia in cinque continenti e mette in campo una miriade di opzioni teoriche e chiavi di lettura. Donandoci degli strumenti rigorosi e indispensabili per capire, anche, la storia dell’umanità nel dialogo con le arti. Un modo diverso di analizzare le forme della rappresentazione ritrovando, finalmente, un respiro collettivo e una sempre rivoluzionaria consapevolezza della propria energia vitale. È importante questo ragionare sulla memoria del teatro come voglia di progettualità. Questo continuamente dirsi verso il futuro (parola, al contempo, bella e terribile come
«Nell’arco di centinaia di pagine compaiono i grandi nomi del teatro. Alcuni sono citati innumerevoli volte: Antonin Artaud, Bertold Brecht, Peter Brook, Jacques Copeau, Étienne Decroux, Jerzy Grotowski, Living Theatre, Mei Lanfang, Vsevolod Ėmil’evič Mejerchol’d, Molière, Max Reinhardt, Konstantin Stanislavkij. Quasi a stabilire una storia nelle storie»
gli angeli raccontati da Rilke). Un’ultima particolarità riguarda il finale “indice dei nomi” del nostro libro-epopea. Ulteriore traversata extra-testuale. Nell’arco di centinaia di pagine compaiono i grandi nomi del teatro. Alcuni sono citati innumerevoli volte: Antonin Artaud, Bertold Brecht, Peter Brook, Jacques Copeau, Étienne Decroux, Jerzy Grotowski, Living Theatre, Mei Lanfang, Vsevolod Ėmil’evič Mejerchol’d, Molière, Max Reinhardt, Konstantin Stanislavkij. Quasi a stabilire una storia nelle storie. Colpisce, poi, che alcune parole tornino ciclicamente: sipario, festa e Amleto. E nel nome di uno spazio specifico (il sipario), di una situazione fondativa (la festa) e di una figura sempre centrale (Amleto), è bello veder sintetizzata questa intensa epopea firmata Eugenio Barba e Nicola Savarese.
Ottobre | Novembre 2018
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LIBRI
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a cura di Raffaella Venerando
Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman
G
Garzanti libri
iacomo Leopardi diceva che «la solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo». Sembra ispirato a questa massima, alla scoperta del mondo che può esserci dietro e dentro la solitudine, il romanzo di Gail Honeyman: “Eleanor Oliphant sta benissimo”. Un autentico successo editoriale, venduto in 35 paesi, che si vocifera presto diventi anche un film. Protagonista è Eleanor Oliphant, una trentenne che aspira alla medietà, profondamente sola. Zero rapporti o incroci con il mondo esterno, neanche con i colleghi con cui divide un lavoro di ufficio da nove anni. Il suo unico ponte con il fuori sono le telefonate a cadenza settimanale - il mercoledì sera - con sua madre in galera. Eppure, Eleanor dice di stare benissimo. Sotto la coltre di una realtà ordinata e sempre uguale, man mano sarà svelato il suo difficile passato: una madre spietata che l’ha segnata nel corpo e nello spirito e che la ha indotta a compiere scelte dolorose fino ad approdare a un presente anestetizzato dalla ripetitività dei giorni, delle abitudini, degli automatismi. Sarà l’amicizia, irrotta nella sua vita per un caso del tutto fortuito, a farla riemergere lentamente da se stessa. Per se stessa. «Oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E all’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie paure, non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene. Anzi: benissimo».
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a cura di Vito Salerno
LA TERRA DELL’ ABBASTANZA di Damiano e Fabio D’Innocenzo
I
l primo film dei fratelli D’Innocenzo non è esagerato definirlo un piccolo capolavoro, un film che racconta come sia maledettamente facile assuefarsi al male. I protagonisti della storia sono Mirko e Manolo, due giovani amici della periferia di Roma. Bravi ragazzi, fino al momento in cui uccidono involontariamente un uomo investendolo e scelgono la via più facile, quella della fuga e del silenzio. La tragedia si trasforma inizialmente in un apparente colpo di fortuna: l’uomo che hanno ucciso è un pentito di un pericoloso clan criminale di zona e facendolo fuori i due ragazzi si guadagneranno un ruolo, il rispetto e il denaro che non hanno mai avuto nella loro vita. Un biglietto d’entrata per l’inferno che scambiano per un lasciapassare verso il paradiso. I due ragazzi cominciano a corazzarsi dai sensi di colpa per quanto compiuto, accumulando ulteriore carico di disumanizzazione. Quando, infatti, si apre lo spiraglio dell’attività criminale vedono miracolosamente concretizzarsi la pista alternativa della quale credono di avere bisogno: abituarsi al male al punto da non sentire più niente, coscienza compresa. In un mondo in cui la sofferenza è sinonimo di debolezza, i due ragazzi si spingeranno oltre il limite della sopportazione per vedere fin dove si può fingere di non sentire nulla. Figure essenziali dell’impianto narrativo sono quelle dei genitori dei due protagonisti, che seppur collocate agli opposti, sono entrambe vittime dell’inesorabile spirale tragica che non accenna a fermarsi: quella di un padre più immaturo dei protagonisti, che spinge il figlio su un treno che lui ha perso e che si ostina a inseguire e quella di una madre che il treno invece cerca invano di fermarlo.
4 OTTOBRE/NOVEMBRE 2018
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vince l’Italia che fa sistema