Costozero Novembre-Dicembre n.4/2013

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EDITORIALE

COSTOZERO.IT, UNA SCELTA DI INFORMAZIONE “RIVISTA” E CORRETTA

MAURO MACCAURO PRESIDENTE CONFINDUSTRIA SALERNO

Fi n al i tà d ella ri m odula zion e d el proge tt o ed it or ia le è sf ru tt a r e a l m eg li o gl i stru m en t i of f er ti dal l a te c n o lo g ia per rend er lo pi ù f ru ib ile, asseco n d a n d o le di verse a b it u d in i di lettu ra d ei p u b b lic i di ri ferim en t o , con l ’ob iet t iv o di costit u ir e u n n e tw or k d el q u a le facci ano p a r t e di versi m ed ia

L’

avvento dell’era digitale non è di certo una notizia di ieri, quanto piuttosto un dato di fatto con il quale anche Conf industria Salerno nel decidere del presente - prima ancora del futuro - della sua rivista Costozero ha dovuto misurarsi. Lo abbiamo fatto adeguandoci, provando a cambiare le cose dall'interno, trasformando e arricchendo il progetto editoriale che dà voce alle istanze degli imprenditori salernitani dal lontano 1987. Tra web e carta stampata, oggi noi abbiamo scelto l’integrazione tra i due strumenti, impegnandoci a coniugare qualità giornalistica e presenza su tutte le piattaforme - carta, pc, video - mettendoci così nelle condizioni di raggiungere chiunque e dovunque. Negli ultimi mesi, infatti, abbiamo dato vita a un sito sempre più social con la possibilità di condividere articoli, cui si aggiungono una sezione video collegata al canale Youtube del magazine, una sezione foto e immagini con Flickr, e un blog aperto alla community dei nostri lettori per stimolare discussioni e rif lessioni sui temi di più stringente attualità. Finalità della rimodulazione del progetto editoriale è sfruttare al meglio gli strumenti offerti dalla tecnologia per renderlo più fruibile, assecondando le diverse abitudini di lettura dei pubblici di riferimento, con l’obiettivo di costituire un network del quale facciano parte diversi media. Vogliamo offrire ai lettori un servizio più completo, innovativo e sempre più adatto al loro stile di vita. Fare web ed essere nel web signif ica, d’altra parte, presentarsi e trovarsi in molteplici circuiti, in cui i propri dati e le proprie informazioni devono essere intrecciate per essere facilmente visibili e rintracciabili. Crediamo che, grazie al nuovo progetto editoriale, il magazine potrà essere ancora di più un tassello determinante per contribuire al posizionamento strategico di Conf industria Salerno sul territorio e non solo. La strada che abbiamo scelto di seguire è quella di elevare ulteriormente la qualità e l’autorevolezza del prodotto realizzato per le aziende associate e – più in generale - per i lettori del magazine. L’impegno è quello rendere fruibili i temi dell’economia e dell’impresa nel contesto salernitano, analizzando l’impatto delle politiche nazionali sul territorio, attraverso gli strumenti di comunicazione più avanzati, garantendo un’informazione completa e obiettiva a tutto tondo, al servizio della comunità, oltre che delle aziende e del mondo economico. La sf ida è ardua, certo, ma l’abbiamo lanciata con entusiasmo e con l’ambizione di riuscire a distinguerci con successo nel panorama variegato dei periodici di informazione economica.

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SOMMARIO

EDITORIALE di M. Maccauro

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Costozero.it, una scelta di informazione “rivista” e corretta

PRIMO PIANO

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di R. Venerando

Costozero.it sbarca al Marte Maccauro: «Un territorio che vuole crescere non può che ripartire da se stesso»

L'OPINIONE

CREDITO

29

L'ora del credito, al via gli incontri della PI di Salerno Intervista a R. Magliulo > R. Venerando

30

L'attività bancaria in pillole

31

Principi di finanza d'impresa

di G. Pisano di A. Sacrestano

34

Transazioni commerciali: ancora alto il rischio di insolvenza in Italia

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Jeremie, un fondo a disposizione delle imprese salernitane

37

Prelievo forzoso: il precedente di Cipro dimostra l'inaccettabilità della proposta

a cura di Euler Hermes Italia

di V. Salerno

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Padovani, Svimez: «Contro il declino, occorre una strategia di sviluppo a lungo termine» Intervista a R. Padovani > R. Venerando

NORME E TRIBUTI

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Revisiting Taylor, cento anni dopo Il libro che ha sconvolto un secolo

Appalti, la Corte Europea interviene e bacchetta l'Italia di L. M. D'Angiolella La mediazione delle liti tra emergenza deflattiva e trasformazioni culturali

Intervista a R. G. Zuffo > V. Salerno

18

Morelli: «Senza visione non c’è futuro» Intervista a J. Morelli > R. Venerando

CONFINDUSTRIA

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Scuola-impresa, Orientagiovani e Pmi day 2013 a Salerno

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Gli operatori turistici salernitani in Svezia per promuovere il sistema Salerno nel mondo

38 39 41

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Contaminazione e responsabilità ambientali

24

L’onda lunga del Premio Best Practices di Confindustria Salerno

di F. Angeloni

di R. Venerando

di M. Marinaro

Il concordato "in bianco" rivisto dal decreto del fare: maggiori obblighi informativi per l'istante di A. Piluso

di M. Villano e M. Pallotta

di Redazione Costozero

di S. Cannavale

FISCO

42 44 45

Tarsu e alberghi di M. Villani e P. Rizzelli

Nessun ritorno a Tarsu o Tia, per il 2013 è dovuta la Tares di M. Villani e P. Rizzelli

I finanziamenti dai soci sotto la lente dell'Agenzia delle Entrate di M. Fiorentino

LAVORO GREEN ECONOMY di R. Venerando

25

Impronta ambientale dei prodotti alimentari: l’imperativo è misurare per ridurre

47 48

La disciplina degli intervalli tra contratti a tempo determinato di G. Baselice

Un caso di licenziamento illegittimo di M. Ambron


SOMMARIO

STRATEGIE D'IMPRESA di R. Venerando

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Sicurezza alimentare, la competenza sinergica di Termotech Eco e del Chibi Lab al servizio delle aziende

SICUREZZA

51

di G. Amicucci e F. Fiamingo

Le nuove norme per la protezione dai fulmini

INTERNAZIONALIZZAZIONE

53

di B. Criscuolo

L'analisi dei margini di Ottaviano

ENERGIA di V. Pellecchia

55

I consumi finali dell’energia e il registro delle imprese energivore

SALUTE

58 59

Nutrigenomica e obesità: il futuro della dietetica di G. Fatati

L'herpes: un virus ribelle! di A. Di Pietro

FINISTERRE di A. Amendola

60

Piccoli Racconti dal Novecento

BON TON di N. Santini

61

Galateo sotto l'albero

ARTE

di V. Salerno

62

Calendario De Luca 2014 dedicato a Pasquale Avallone

IL SEGNALIBRO

63 64

Societing Reloaded, pubblici produttivi e innovazione sociale di Vito Salerno

Ti racconterò tutte le storie che potrò A cura di Raffaella Venerando

HOME CINEMA

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A cura di Vito Salerno

Il Caso Kerenes

COSTOZERO N.4 NOVEMBRE > DICEMBRE 2013 REG. TRIB. DI SALERNO N. 677 DEL 22/10/1987 ISCRIZIONE AL ROC N. 23241/2013 DIRETTORE EDITORIALE MAURO MACCAURO DIRETTORE RESPONSABILE ALESSANDRO SACRESTANO SEGRETERIA DI REDAZIONE RAFFAELLA VENERANDO SEGRETERIA ORGANIZZATIVA VITO SALERNO SOCIETÀ EDITRICE DIREZIONE E REDAZIONE ASSINDUSTRIA SALERNO SERVICE SRL VIA MADONNA DI FATIMA, 194 84129 SALERNO TEL. 089 335408 FAX 089 5223007 PARTITA IVA 03971170653 REDAZIONE@COSTOZERO.IT WWW.COSTOZERO.IT STAMPA ARTI GRAFICHE BOCCIA > SALERNO FOTO ARCHIVIO COSTOZERO MASSIMO PICA - AG. FOTOGRAFICA GRAFICA E IMPAGINAZIONE MOREPLUS > WWW.MOREPLUS.IT GRAFICO EMANUELA MARIA RAGO LE OPINIONI ESPRESSE NEGLI ARTICOLI APPARTENGONO AI SINGOLI AUTORI DEI QUALI SI INTENDE RISPETTARE LA PIENA LIBERTÀ DI GIUDIZIO


COSTOZERO.IT SBARCA AL MARTE

DI RAFFAELLA VENERANDO

La sede d ella Me di atec a d i C a v a de ’ Ti rren i, lo s c or s o 25 n ovem b r e, ha ospi t a t o la pre se n t a zio n e uff i ci al e d el n u o vo progett o ed it or ia le pe r poi la s c ia r e il campo a u n di batti to a p iù v o c i su l rap p o r t o c h e lega l ’in f or m a zion e econ om ic a , lo svi l u ppo e il Me zzog ior n o

I RELATORI DEL DIBATTITO

C

ostozero è sbarcato su Marte. Anzi – più correttamente - è sbarcato “al Marte”. È successo il 25 novembre scorso quando, alla Mediateca Marte di Cava de’ Tirreni, è stato presentato il nuovo progetto di network editoriale della storica rivista degli industriali salernitani. Al di là del gioco di parole, Costozero – testata registrata dagli industriali salernitani nel 1987, la cui pubblicazione però fu sospesa dopo pochi anni per poi essere ripresa, con la formula di mensile free press, dal 2000 – da quest’anno ha deciso di lanciarsi in una nuova avventura, valicando la frontiera dell’editoria tradizionale e aprirsi al web per continuare, con l’impegno di sempre, a diffondere la cultura d’impresa. A illustrare il nuovo progetto editoriale è stato il Direttore responsabile del magazine, Alessandro Sacrestano che, con cuore ed energia, ha spiegato alla qualificata platea presente le ragioni del cambiamento. «La nuova filosofia editoriale di Costozero ALESSANDRO SACRESTANO ILLUSTRA IL NUOVO PROGETTO EDITORIALE

ha rimarcato Alessandro Sacrestano - si fonda sulla stretta integrazione tra carta e web. Come dimostrano le più importanti esperienze editoriali, la complementarietà tra la carta stampata e le nuove tecnologie è il terreno sul quale operare perché la carta rimane un valore che consente sempre e comunque la qualità, l'approfondimento, il commento. L’utilizzo dei social media, invece, rende possibile moltiplicare all’infinito le informazioni, i commenti, le prese di posizione su una singola notizia e l’aggiornamento continuo. In questo scenario in continua, rapida evoluzione – ha concluso il


PRIMO PIANO direttore Sacrestano - si inserisce il nuovo progetto editoriale di Costozero, il magazine economico di Confindustria Salerno. La scelta di esserci anche nell’universo digitale, siamo certi sarà per noi fonte di arricchimento identitario». L’iniziativa, inoltre, è stata l’occasione per avviare un dibattito sul rapporto tra informazione economica, sviluppo e Mezzogiorno al quale hanno preso parte: Alfonso Amendola, docente di Sociologia degli audiovisivi sperimentali dell’Università degli Studi di Salerno e Direttore Artistico del Marte; Mauro Maccauro, Presidente di Confindustria Salerno; Vincenzo Boccia, Presidente Piccola Industria di Confindustria; Alessandro Laterza, Presidente del Comitato Mezzogiorno di Confindustria e Ottavio Lucarelli, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania che ha moderato e coordinato la discussione. Proprio Lucarelli nel suo intervento ha sottolineato la bontà e la validità del progetto Costozero, plaudendo all’impegno dell’Associazione Industriali di Salerno che, anche in un momento storico non facile, ha deciso di investire e potenziare l’informazione sul doppio veicolo della carta stampata e del web. «Si tratta – ha dichiarato il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania - di due forme complementari che confermano la valenza strategica della comunicazione per le imprese, valorizzando il potenziale di sviluppo del settore dell’editoria per l’economia locale e regionale». Ad avvalorare questa tesi, il presidente di Confindustria Salerno e Direttore editoriale di Costozero Mauro Maccauro che, nel suo intervento, ha chiarito di «aver voluto “alzare l’asticella” verso un prodotto editoriale contemporaneo, consapevoli che sul tema della comunicazione in tempo reale si giocano oggi le più importanti partite tra leader politici, Istituzioni e sistemi di rappresentanza. Le riviste, i quotidiani e, più in generale, l’editoria, partecipano alla costruzione della memoria collettiva. Solo uno sguardo autonomo e indipendente, infatti, consente una visione critica e consapevole degli accadimenti che coinvolgono un Paese, una comunità, un territorio, una parte sociale. Per tale ragione abbiamo ritenuto importante rivisitare “in chiave moderna” il nostro magazine e, al contempo, avviare un confronto con i maggiori esponenti dell’editoria meridionale al fine di stimolare una riflessione sul binomio cultura e impresa come asset di sviluppo per il territorio». In ragione dell’importanza di questo driver, Maccauro ci ha tenuto a dire che la scelta del Marte come location per la prima uscita ufficiale di Costozero.it non è stata di certo casuale: «Abbiamo scelto il Marte perché è una delle più moderne dimore di cultura che offre il nostro territorio nata per volontà e impegno di una cordata di imprenditori alcuni dei quali sono da tempo Soci di Confindustria Salerno». La parola è poi andata a due importanti uomini di Sistema, a due grandi imprenditori del settore, a due eccellenti comunicatori: Alessandro Laterza e Vincenzo Boccia: «Lo stato dell'editoria italiana nel 2012 e nel 2013 - ha affermato il Presidente del Comitato Mezzogiorno di Confindustria, Laterza - presenta ancora le conseguenze di una lunga crisi che ha cominciato a manifestarsi nel

2011 e che oggi fa sì che nel campo dell'editoria libraria ci sia una riduzione di giro di affari dell'ordine non inferiore al 20%, la stessa cosa si può dire anche per quanto riguarda l'editoria di giornali, soprattutto periodici. Il digitale non è un nemico, anzi, potrebbe essere uno sbocco per l'editoria ma di certo non è da solo la soluzione. Attualmente i numeri in Italia sono ancora molto bassi, siamo ben lontani dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. Positiva quindi la scelta di integrazione tra web e carta stampata operata da Costozero». «Questa iniziativa pone l’accento sul valore della conoscenza e dell’informazione nella nostra società», così si è espresso Boccia, Presidente uscente della Piccola Industria di Confindustria. «È fondamentale che la stampa – largamente intesa – riporti la questione industriale al centro del dibattito nazionale partendo dal Mezzogiorno». A chiudere il cerchio, il professor Amendola presente anche nelle vesti di padrone di casa al Marte che, con il suo connaturato eloquio elegante, ha tributato a Costozero il merito di essere uno strumento leggero, «che resiste al tempo, trasformandosi e adattandosi ai cambiamenti. Non subendoli ma trovando il modo per trarre da questi nuova linfa ed energia».


MACCAURO: «UN TERRITORIO CHE VUOLE CRESCERE NON PUÒ CHE RIPARTIRE DA SE STESSO» DI RAFFAELLA VENERANDO

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ubblichiamo di seguito ampi stralci della Relazione del Presidente di Confindustria Salerno Mauro Maccauro all'Assemblea Pubblica 2013 dal titolo "Bond, investimenti e territorio: Salerno ha i titoli", tenutasi lo scorso 12 novembre al Teatro Municipale Giuseppe Verdi.

12 NOVEMBRE 2013 ASSEMBLEA PUBBLICA DI CONFINDUSTRIA SALERNO IL PRESIDENTE MAURO MACCAURO DURANTE IL SUO INTERVENTO

(…) Una seria politica industriale ha il credito tra le sue priorità. Senza credito – viene da sé - non c’è ripresa economica. Lo ha ricordato poche settimane fa il Presidente della Repubblica - in occasione della giornata mondiale del risparmio – quando ha sollecitato comportamenti responsabili da parte delle banche nell’esercitare un ruolo che può essere cruciale in questi mesi in cui l’Italia scommette sull’aggancio della ripresa. Diciamolo con franchezza: i crediti

spazzatura che talune banche hanno nei loro bilanci, a causa di connubi perversi con il mondo della politica e di quegli pseudo imprenditori/finanzieri che hanno fatto della leva del debito e della rendita le sole tecniche del proprio successo, non possono ora gravare sui tanti piccoli e medi imprenditori onesti che, invece, in questi anni hanno ipotecato anche la vita, pur di onorare i propri impegni. L’offerta di credito bancario, dunque, è destinata a contrarsi negli anni a venire, sia per consentire alle banche di ricostruire i propri bilanci e ridurre la leva finanziaria, sia perché con le regole di Basilea il rischio che gli istituti di credito assumono pesa molto sul loro capitale (…). Stante così la situazione, se le imprese vogliono tornare a crescere, in presenza di vincoli sul credito bancario, è necessario ora più che mai svi-


PRIMO PIANO

TAVOLA ROTONDA: “ATTRAZIONE INVESTIMENTI ESTERI: MODELLI INNOVATIVI E MARKETING TERRITORIALE" DA SINISTRA > CLAUDIO GUBITOSI MANAGING DIRECTOR DEL GIFFONI EXPERIENCE, ENRICO CISNETTO MODERATORE E M.V. CEYHAN GENERAL MANAGER AND PRESIDENT OF EXECUTIVE BOARD OF POLINAS-TURKEY

luppare con decisione le fonti alternative di accesso ai capitali. Non è una strada semplice, ma è l’unica percorribile. (…) Nuovi percorsi per raccogliere capitali sono stati inaugurati con il Decreto Sviluppo varato dal Governo Monti che ha dato vita ai cosiddetti “mini bond”, uno strumento che dà la possibilità anche alle aziende non quotate di emettere prestiti obbligazionari sul mercato. Questa è certamente una possibilità apprezzabile, ma se pensiamo, che - oltre ad una serie di condizioni tecniche cui bisogna adeguarsi - le aziende che vogliono emettere un mini bond, e quindi attrarre l’interesse degli investitori istituzionali, devono avere un margine operativo lordo mediamente compreso tra i 50 e i 100 milioni di euro, allora comprendiamo bene che questo strumento potrà aiutare medie aziende a finanziarsi, ma di certo non potrà mai essere risolutivo per le tante PMI del Mezzogiorno che per lo più non hanno dimensioni e organizzazione aziendale tali da gestire questa forma di credito alternativo. Crediamo, piuttosto, che il Governo debba intervenire per la creazione di micro-bond semplificando così le procedure per la loro emissione e rendendoli accessibili anche ad un tessuto di imprese medio piccole. La strada, comunque, è ormai tracciata. (…) (…) Un altro strumento per raccogliere capitale per le PMI

è certamente il private equity (…). Nel 2012, i nuovi investimenti di private equity hanno riguardato per l’83% le PMI, quota in crescita del 5% rispetto a cinque anni prima. Come a dire che la crisi ha dato maggiore contezza ai nostri imprenditori che, per continuare a stare sul mercato, era necessario aprire il proprio capitale a nuovi investitori. Non è un caso, dunque, se negli ultimi mesi più di un imprenditore ci ha prospettato di voler intraprendere questa strada, talvolta incentivato da un passaggio generazionale in corso, manifestando la volontà di entrare in contatto con un fondo (…). A livello locale nella Finanziaria 2013 la Regione Campania ha previsto la costituzione di un fondo per il sostegno alle imprese in private equity denominato “Fondo di sviluppo per le imprese” che potrà esercitare la possibilità di entrare nel capitale sociale delle aziende fino al 49% e per un importo massimo di euro 500.000. Valutiamo più che positivamente questo strumento ma - nel mentre sollecitiamo la pubblicazione delle Linee Guida per renderlo immediatamente operativo - chiediamo che la dotazione dello stesso, per aver un senso compiuto, sia maggiormente cospicua e che si possa elevare il tetto della partecipazione ad almeno 1.000.000 euro. Anzi, rilanciamo con una nostra proposta aggiuntiva, mutuando un esempio ben riuscito in un’altra area del Paese: la Regione Trentino Alto Adige sul bilancio 2013 ha appostato uno stan- > 7


I RELATORI DELLA TAVOLA ROTONDA “NUOVI STRUMENTI DI FINANZA ALTERNATIVA: UN’OPPORTUNITÀ PER IL TERRITORIO” DA SINISTRA > DOMENICO ARCURI AMMINISTRATORE DELEGATO DI INVITALIA, ENRICO CISNETTO MODERATORE, STEFANO CALDORO PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE DELLA CAMPANIA E GABRIELE CAPPELLINI AMMINISTRATORE DELEGATO DEL FONDO ITALIANO DI INVESTIMENTO

ziamento di 500 milioni euro per concorrere alla promozione e al sostegno di fondi che perseguano lo sviluppo del territorio. Le Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, invece, hanno costituito un’unica Sgr con l’obiettivo, tra gli altri, di supportare le aziende con un fatturato compreso tra 10 e 100 milioni. Sarebbe possibile – chiediamo al Governatore Caldoro - immaginare una operazione equivalente per i nostri territori ricercando la collaborazione, per esempio, della Regione Puglia o della Basilicata? Forse varrebbe la pena quanto meno pensarci. Anche per quanto concerne le iniziative di accelerazione della spesa del POR FESR Campania 2007/2013 apprezziamo il fatto che sia stato potenziato il Fondo di garanzia e creato un Fondo Regionale per lo Sviluppo a favore delle PMI che contempla quasi tutti gli strumenti sollecitati dal sistema confindustriale, ma è, anche in questo caso, altrettanto evidente che la dotazione finanziaria dovrebbe essere adeguata, incrementandola. D’altro canto, trattandosi per l’appunto dell’accelerazione della spesa dei fondi residui 2007/2013, ci aspettiamo che tali capitoli, congiuntamente ad un credito d’imposta per gli investimenti, possano essere il futuro fiore all’occhiello della strategia del riparto dei fondi della programmazione 2014/2020 per ridare definitivamente centralità alla politica industriale di questa regione. Un ruolo strategico poi nell’ambito della raccolta dei capitali potrebbe svolgerlo la Camera di Commercio. L’Ente Camerale dovrà impiegare circa euro 8 milioni a valere sul budget per l’anno venturo. Salvaguardando poche, ma qualificate iniziative che caratterizzano i singoli comparti, sarebbe utile destinare più risorse sul capitolo del credito, a vantaggio dei Confidi che operano in questa provincia. Un plafond complessivo di almeno 1,5 milioni di euro darebbe 8

la possibilità ai Confidi di garantire affidamenti per 30 milioni di euro. Tante nostre imprese, al di là del settore di appartenenza, ne trarrebbero di certo un considerevole vantaggio. È un periodo di crisi quello che viviamo – come negarlo - ma anche di grande fermento. (…) A Salerno, il premio di matrice confindustriale “Best Practices” – che a giugno raggiungerà l’ottava edizione - va nella direzione della grande sensibilità verso tutte le aziende innovative, specie le start up. Anche in ragione di questa iniziativa, con interesse, stiamo seguendo il regolamento in materia di raccolta di capitali di rischio da parte di start up innovative tramite portali on line e, nel contempo, stiamo avviando rapporti di sinergia con qualificate SIM di livello nazionale al fine di render quanto più nota, diffusa ed efficace la tecnica del crowdfunding. Pure in questo contesto, un capitolo ad hoc del bilancio camerale per esempio di 500mila euro - con la collaborazione di uno o più Confidi di riferimento - potrebbe sviluppare affidamenti complessivi per circa 10 milioni. Si tratterebbe di più di una boccata di ossigeno per l’avvio di start up che, con interventi medi di 100mila euro, aiuterebbe circa 100 nuove attività. Anche questa tipologia di azienda esercita il suo appeal verso investitori istituzionali, i cosiddetti business angels. Utile, a tal proposito, sarebbe impegnarsi per costituire un comitato composto da soggetti istituzionali, sistema camerale, bancario e associazioni categoriali che possa proporsi come facilitatore di tante start up nel trovare business angels interessati ad entrare nel loro capitale. Una volta tanto avremmo costituito un comitato “per” qualcosa e non “contro” qualcosa o qualcuno. Noi siamo disponibili, da subito, a fare la nostra parte nella ricerca dei capitali perduti. Lo dimostra il

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PRIMO PIANO lavoro svolto in questi mesi per individuare, come sistema confindustriale, soluzioni al credito alternativo alle imprese che fossero tagliate su misura delle reali esigenze delle nostre realtà produttive. É con estrema soddisfazione, infatti, che oggi presentiamo il nostro bond di territorio che abbiamo voluto chiamare “Salerno bond”, nato dal sodalizio con Banca Sella. Con la firma dell’accordo di questa mattina, Banca Sella provvede all’emissione di un prestito obbligazionario subordinato a tasso fisso di 7,5 milioni di euro che dovrà essere collocato entro tre mesi. Il taglio minimo è di 1000 euro, sottoscrivibile da imprese e privati cittadini che potranno scegliere di coniugare l’esigenza di un investimento ben remunerato, con la possibilità di contribuire a dare liquidità alle aziende iscritte al nostro sistema associativo verso cui sarà impiegata questa raccolta, utile sia per finanziare il circolante, sia gli investimenti, a condizioni economiche interessanti e ancor più vantaggiose in caso di assistenza di un Confidi. Nostro partner in questa iniziativa sarà il Gafi Sud, unico Confidi 107 della nostra regione. Banca Sella, infine, metterà a disposizione delle imprese, fin da subito, un ulteriore plafond di euro 3.5 milioni. Un bond di territorio, dunque, dal valore complessivo di 11 milioni di euro, una risposta concreta da parte del nostro sistema d’impresa a questi venti di crisi, nata dalla consapevolezza matura che un territorio può crescere solo se riparte da se stesso (…). (…) Il nostro territorio con il suo bagaglio di conoscenze ed

eredità deve essere arricchito, non depredato ancora. Nonostante le difficoltà storiche e contingenti, non ci stiamo ad abbandonare il campo. Piuttosto vogliamo comporre, pezzo dopo pezzo, un più denso e strategico disegno, preparandoci anche per un’altra avvincente sfida: quella dell’attrazione di nuovi investitori sul nostro territorio. A pensare alla desertificazione industriale e sociale cui stiamo assistendo, agli storici gruppi che abbandonano le nostre aree A.S.I., verrebbe solo da piombare nel più cupo e avvilente sconforto. Da imprenditori, però, in questa fase di declino e di grandi cambiamenti nei partiti politici italiani ci iscriviamo e ci candidiamo alla guida del partito della resilienza. La resilienza, secondo i principi della scienza dei metalli, indica la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate e, più in generale, la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi. La natura, dunque, ci ha fatto resilienti, con l’attitudine cioè ad affrontare le avversità della vita provando a superarle. Come i metalli, quindi, possiamo piegarci ma non ci spezzeremo. Chiediamo anche a tutta la comunità di questo territorio di essere resiliente perché dovrà essere in condizione di “allargare e allungare” lo sguardo in maniera “intelligente” per affrontare le sfide cruciali che ci attendono. Per portare nuova linfa sul territorio, dobbiamo, con l’aiuto delle istituzioni locali candidarci ad avere un ruolo da protagonisti nell’ambito del piano presentato dal Governo denominato “Destinazione Italia”. La Regione Campania ha istituito – in attuazione della >

ARRIVANO I SALERNO BOND

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razie a un accordo siglato lo scorso 12 novembre - in occasione dell'Assemblea Pubblica degli industriali salernitani - con Confindustria Salerno e il confidi Ga.Fi Sud, Banca Sella mette a disposizione delle imprese salernitane un plafond dedicato, al quale si aggiungono le somme raccolte attraverso l’emissione di un prestito obbligazionario per finanziare a tasso agevolato i progetti d’investimento e di ricapitalizzazione delle imprese salernitane, finalizzati a migliorare le capacità competitive delle aziende del territorio e favorire nuova occupazione. IL BOND DEL TERRITORIO Banca Sella mette immediatamente a disposizione un plafond dedicato di 3,5 milioni di euro finalizzato a finanziare le imprese del territorio aderenti a Confindustria Salerno. Contestualmente la banca emette un prestito obbli-

L’ACCORDO “SALERNO BOND, OPPORTUNITÀ DI CRESCITA” È STATO FIRMATO (NELLA FOTO DA SINISTRA) DAL PRESIDENTE DI GA.FI SUD ROSARIO CAPUTO, DAL RESPONSABILE DI TERRITORIO DI BANCA SELLA, GENNARO CRESCENZO, DAL VICE DIRETTORE GENERALE DI BANCA SELLA GIORGIO DE DONNO E DAL PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI SALERNITANI MAURO MACCAURO

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gazionario a tasso fisso, con un rendimento annuo lordo del 3%, per un importo complessivo di 7,5 milioni di euro, che può essere sottoscritto dai risparmiatori con un importo minimo di mille euro, dal 13 novembre 2013 al 13 febbraio 2014. La somma raccolta attraverso la sottoscrizione del bond da parte dei risparmiatori andrà ad alimentare il plafond a disposizione delle imprese locali, in due fasi successive (il 13 gennaio e il 13 febbraio 2014). Le tre tranche potranno avere un importo massimo complessivo di 11 milioni di euro, pari al valore del plafond stanziato inizialmente da Banca Sella e alla somma raccolta con la sottoscrizione del bond. I FINANZIAMENTI Grazie a questo plafond, le imprese aderenti a Confindustria Salerno potranno richiedere finanziamenti per i progetti di investimento fino ad un massimo di un milione di euro e finanziamenti dedicati alle necessità legate al capitale fino ad un massimo di 500 mila euro. I finanziamenti potranno essere supportati anche dalla garanzia del confidi Ga.Fi. Sud e dovranno essere finalizzati a migliorare le capacità competitive dell’impresa e a favorire nuova occupazione, con particolare attenzione per gli investimenti dedicati all’internazionalizzazione e allo sviluppo dei processi aziendali, soprattutto tramite le nuove tecnologie digitali (finanziamenti con durata massima di 72 mesi) o dovranno essere finalizzati a finanziare le esigenze relative al capitale circolante dell’impresa, come ad esempio il pagamento dei fornitori o di tasse e imposte (finanziamenti con durata massima pari a 18 mesi meno un giorno). IL VALORE DELL’INIZIATIVA «La crescita e lo sviluppo del nostro territorio – ha detto Gennaro Crescenzo, responsabile del territorio di Banca Sella – è da sempre una nostra priorità e passa anche dalla capacità di ‘fare sistema’ tra i vari attori del tessuto economico. I bond territoriali vanno proprio in questa direzione, coniugando una nuova opportunità per i risparmiatori al sostegno alle imprese locali e alla loro capacità di investire per crescere e innovarsi». «Abbiamo deciso di lanciare un bond di territorio -spiega il Presidente degli industriali salernitani Mauro Maccauro - perché siamo fermamente convinti che bisogna stimolare il mercato delle obbligazioni e aprirlo alle PMI. In tal modo, sono gli asset produttivi locali virtuosi che si rendono disponibili ad operazioni di raccolta sul mercato degli investitori istituzionali. Un modo concreto e coraggioso rispondere all’esigenza di credito delle imprese e rilanciare la necessità di costruire reti; di fare veramente sistema; di presentarsi compatti alla sfida della competitività nazionale ed internazionale». «La stipula di questo accordo – ha dichiarato Rosario Caputo, Presidente di Ga.Fi. Sud - è frutto di una partnership avviata con Confindustria Salerno e di un consolidato rapporto con Banca Sella. Ga.Fi. Sud ha sposato sin da subito l’iniziativa, dando anche un segnale molto forte, sia in un ottica di promozione della propria attività di garanzia, sia in un ottica di servizio reale e concreto per le aziende salernitane. Infatti, in deroga alle nostre condizioni, ci siamo impegnati ad applicare una riduzione del 20% delle commissioni di garanzia rispetto al nostro listino, con l’obiettivo condiviso di rendere i “Salerno Bond” maggiormente competitivi. Questa intesa, frutto della capacità di “fare sistema” degli attori in gioco, riveste a mio avviso una importanza particolare per il tessuto economico salernitano, perché raggiunta in un momento di drammatica difficoltà congiunturale, aggravato da un credit crunch sempre più asfissiante per le imprese».

normativa nazionale - il Desk per valorizzare le opportunità di investimento nella nostra regione, operando in raccordo con il desk Italia e con le due agenzie ICE e Invitalia. Chiediamo che, a livello regionale, venga avviata al più presto una task force per l’attrazione degli investimenti, operativa sui temi più rilevanti (fiscalità, semplificazione amministrativa, infrastrutture, occupazione) per preparare al meglio la localizzazione di possibili nuovi investimenti anche provenienti dall’estero. Al Governo, invece, chiediamo di non sottovalutare - per questo come per altri provvedimenti di legge – la variabile tempo e le sue incidenze. Sappiamo bene, e a nostre spese, che la decisione di una politica economica di per sé diventa poca cosa 10

dal momento che troppo spesso, in Italia, dall’annuncio di un intervento normativo alla sua concreta attuazione intercorrono distanze temporali siderali, in cui può succedere tutto e il contrario di tutto. Proprio in ragione di questa consapevolezza - per non fare mera e improduttiva astrazione, ma per “farci i conti” davvero - esortiamo il Governo a lavorare alacremente ai decreti attuativi relativi al Piano Destinazione Italia, oltre che a quelli previsti per avviare gli strumenti tracciati nel Decreto del Fare. In dote portiamo la nostra esperienza. Non ci presentiamo, infatti, a mani vuote. Di azioni ne abbiamo portate a compimento! In particolare, sul fronte del fisco abbiamo sancito nelle scorse settimane, su

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PRIMO PIANO nostra proposta, un importante accordo con l’Agenzia delle Entrate regionale che segue ad uno precedente con Equitalia affinchè gli adempimenti fiscali non diventino ostacolo agli investimenti e terreno di scontro in qualche commissione tributaria, ma creino le condizioni per un civile e corretto rapporto tra l’amministrazione finanziaria e il mondo dell’impresa. Da più di un anno, poi, abbiamo sottoscritto un’intesa con le forze sindacali volta a rivedere le regole del mercato del lavoro rendendole le più attraenti possibili in presenza di concrete opportunità di investimento in nuovi insediamenti industriali. Abbiamo dato il nostro fondamentale contributo in fase di approvazione di regolamento per insediamenti produttivi in zone ASI, favorendo un più agevole percorso per arrivare in maniera celere all’ottenimento dei nulla osta; nell’ambito della conoscenza, dei saperi e della ricerca vantiamo un Campus in continua crescita, nonostante le difficoltà e i ripetuti tagli delle risorse destinate alle università; possiamo mettere in campo, usando le leve della cultura, una diplomazia dell’attrazione di tutto rispetto, con in testa il patron del Giffoni Experience – Claudio Gubitosi - che candidiamo, da subito, a primo ambasciatore nel mondo della nostra regione. Questi che per Destinazione Italia sono alcuni dei 50 punti su cui si fonda il piano, sono per noi già delle best practices che si uniscono alle naturali bellezze paesaggistiche, ai numerosi siti di interesse storico-archeologico, ad importanti snodi ferroviari e a una fitta rete autostradale. E ancora, nel nostro carnet ci pregiamo di un porto che - grazie alla sua posizione baricentrica nel Mediterraneo – assume e merita sul campo un importante ruolo fondamentale nell’economia marittima italiana, assolvendo un ruolo strategico al servizio del sistema industriale e commerciale dell’area campana e non solo. Senza tralasciare lo sviluppo del comparto della crocieristica che riceverà un impulso ancora più forte con il completamento della Stazione Marittima. Il sogno nel cassetto – vero - resta il decollo mancato dell’aeroporto. Anche rispetto a questo nodo gordiano, non smettiamo di credere che in un tempo non troppo lontano, il sistema aeroportuale campano potrà contare a pieno titolo anche sul Costa d’Amalfi. Lo merita il territorio e lo meritano i tanti imprenditori che attraverso i loro diritti camerali stanno supportando questa importante infrastruttura. Questi punti a favore non vogliono valere da spot pubblicitario, ma essere più naturalmente la testimonianza che Salerno ha i titoli giusti per agganciarsi a questa partita lanciata dal Governo per l’attrazione degli investimenti (…). (…) La sfida intanto è aperta e noi dobbiamo coglierla. Dobbiamo essere nel cambiamento. Anche il tema delle acquisizioni da parte di gruppi stranieri deve essere affrontato in maniera “laica” e pragmatica. Non possiamo accodarci a quanti gridano allo scandalo se in questa fase storica non abbiamo la possibilità di difendere i cosiddetti “gioielli di famiglia”. Recriminare le condizioni che hanno determinato tutto ciò e

non guardare al futuro con concretezza, significa non saper reagire alle nuove sfide che il mercato ci impone. Addirittura – meglio dirselo a viso aperto per molte PMI accettare il corteggiamento di imprese straniere potrebbe essere l’unica strada per far fronte alle esigenze di liquidità. Se un’azienda è forte, ha un proprio know how, una specificità di prodotto o un radicamento sul territorio è L'INTERVENTO DI VINCENZO BOCCIA difficile pensare che PRESIDENTE PI DI CONFINDUSTRIA la stessa possa essere svuotata e trasferito altrove il suo valore. L’afflusso di capitali esteri deve essere visto, pertanto, come un segnale di grande vitalità dal momento che è divenuta anacronistica la difesa strenua del modello italiano in un mercato ormai globale. Il vero scandalo non sono le cessioni, la più grande vergogna è vedere una produzione industriale crollata del 20% negli ultimi anni, un Paese che resta secondo in Europa nel manifatturiero ma che in più di 15o anni non è riuscito a colmare le distanze tra il nord e il sud e che da tempo immemorabile non ha un disegno industriale a fare da guida (…). (…) La sfida globale si gioca su questo fronte: i Paesi competono tra loro per attrarre investimenti. L’Italia è in fondo alla classifica. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla verità. A questa verità. In condizioni di normalità, un Paese che sa farsi scegliere dagli investitori esteri è un Paese migliore anche per le imprese nazionali. Che il Governo tracci la strada per rendere più attrattivo il nostro Paese agli occhi di investitori stranieri è, come detto, a nostro parere condivisibile, ma dobbiamo pretendere che lo Stato italiano sia tanto disponibile e aperto quanto irreprensibile e duro in caso di mancato rispetto di accordi ben definiti a vantaggio della comunità locale dove l’investimento estero viene implementato. Il caso della BTP Tecno di Battipaglia e degli impegni non mantenuti da parte della multinazionale francese Alcatel grida ancora vendetta. Le mancate commesse promesse in sede contrattuale rischiano di mettere in ginocchio un solido gruppo industriale italiano, con le logiche conseguenze negative in termini di occupazione. Vogliamo fare un appello anche da questo teatro affinchè il Governo intervenga con determinazione in questa vicenda (…). 11


PADOVANI, SVIMEZ: «CONTRO IL DECLINO, OCCORRE UNA STRATEGIA DI SVILUPPO A LUNGO TERMINE» DI RAFFAELLA VENERANDO

Serve u n ri posi z io n a m en t o competit ivo d el si ste m a p r o d u t t iv o nazi on ale ne l l ’am b it o d i un proget t o c h e in croci g li in t er es s i de l M ez zo g io r n o con quelli d ell’ I t a lia , il cu i f ilo r o s s o d ev e essere u n a p o lit ic a in du str ia le a t t iva

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ncora crisi, ancora emergenza sociale, civile ed economica al Sud e nel resto del Paese. Il Direttore della Svimez, Riccardo Padovani, analizza le cause e propone le possibili soluzioni al "rischio declino" che investe il Mezzogiorno. Direttore Padovani, il Rapporto Svimez 2013 evidenzia quanto il Sud sia arretrato ancora rispetto al resto del Paese e non solo: lo scorso anno la Campania era la regione più povera d’Italia, con un reddito pro capite di appena il 64% del livello nazionale e un divario di sviluppo tra Nord e Sud del Paese drammaticamente riaperto e vicino ai 40 punti. Oggi qual è la situazione? Non vi sono sostanziali mutamenti, anzi il divario strutturale tra Centro-Nord e Sud tende ad aumentare. Prevediamo che il Mezzogiorno, anche nel 2013, subirà una contrazione del PIL più marcata, del -2,5% contro il calo del -1,6% nel Centro-Nord: ciò, per parte non trascurabile, è dovuto all’effetto aggregato delle manovre correttive. La Campania quest’anno andrà peggio della media meridionale: -2,9%. Il 2012 è stato il quinto anno consecutivo in cui il tasso di crescita del PIL meridionale è stato negativo: il prodotto dell’area si è ridotto nel quinquennio del 10,1%, quasi il doppio della flessione del Centro–Nord. Tale peggior andamento è dovuto, oltre che allo stimolo inferiore offerto dalle esportazioni a causa del notevolmente minore grado di apertura internazionale dell’economia dell’area, soprattutto ad una più sfavorevole dinamica della domanda interna, sia per i consumi, in netta flessione, sia per il crollo degli investimenti pubblici. La Campania sta pagando particolarmente cara la crisi,

RICCARDO PADOVANI nel quinquennio 2008–2012 ha perso il 10,8% del PIL, più della media meridionale e quasi il doppio del Centro–Nord, a causa del peggior andamento dell’industria in senso stretto, delle costruzioni e dei servizi. La vittima silenziosa della crisi e degli errori commessi dalle classi dirigenti politiche nazionali e regionali sono le giovani generazioni. I livelli di occupazione del Sud sono tornati oggi come quelli di 35 anni fa. Come è stato possibile e in che modo si recupera un danno così grave? L’Italia ha vissuto cinque anni di crisi, che hanno accentuato gli squilibri strutturali del mercato del lavoro. La lunga fase di declino e poi di crisi ci ha restituito un Mezzogiorno in cui si sono ulteriormente ridotte le opportunità di realizzazione individuale delle giovani generazioni, colpendo soprattutto coloro che si sono diplomati e laureati, i quali nel Sud hanno tassi di occupazione, rispettivamente del 31,3% e del 48,7%, decisamente più bassi rispetto a


L'OPINIONE quelli del resto del Paese. Tra il 2001 e il 2012 il saldo migratorio netto verso il Centro–Nord è stato pari a 647mila meridionali, il 70% dei quali, 453mila, giovani, e più di un terzo, 162mila, laureati. Di fronte a quest’emergenza economica, che si intreccia con un’emergenza civile e sociale, la SVIMEZ ritiene che la soluzione sia tornare subito a crescere, a partire proprio dal Sud. Ciò che serve è un riposizionamento competitivo del sistema produttivo nazionale nell’ambito di un progetto che incroci gli interessi del Mezzogiorno con quelli dell’Italia, il cui filo rosso deve essere una politica industriale attiva. Emerge inesorabile il crollo dell’industria, al Sud a serio “rischio di estinzione”. La Svimez sottolinea da anni quanto un disegno di politica industriale al Sud sia il grande assente. É dalla fine degli anni ’90 che la SVIMEZ sottolinea l’ indispensabilità di una politica industriale in grado di arrestare il declino

- in particolare dopo che, con l’ingresso nell’euro, è venuta meno anche la leva del cambio come principale strumento di competitività - e di affrontare le difficoltà del nostro sistema produttivo ad adattarsi ai grandi cambiamenti intervenuti negli ultimi due decenni. La prolungata recessione ha successivamente acuito i problemi strutturali dell’apparato produttivo italiano, perché gli effetti della crisi, che hanno indebolito il sistema industriale nazionale, si sono rivelati fortemente asimmetrici, colpendo più intensamente il Mezzogiorno. L’ampiezza della caduta dell’attività di accumulazione al Sud dimostra che nel corso della crisi sono stati fatti investimenti insufficienti anche solamente a compensare il deprezzamento fisico del capitale, determinando una consistente erosione dello stock di capitale netto del settore manifatturiero, ridottosi in Italia del 4% in termini nominali tra il 2009 e il 2012 e al Sud presumibilmente ben di più. La riduzione della base industriale del Mezzogiorno è stata di entità tale da rendere sempre >

SUD, SVIMEZ: «LO STATO IGNORA QUANTO SPENDE PER LO SVILUPPO» L a p r o p o s t a em e rs a ne l s e m i nari o “ P rogr ammazion e di bilan cio, spes a or d in a r ia e Me z z o g i o rno ” , t e nut osi il 27 n ove mbr e a Roma: pas s a r e d a l b il anci o d i co m p e t e nz a al bilan cio di cas sa e in se r ir e n ei c a p it o li d i s p e s a d e l b i l anci o d e l l o S tato la r ipar tizion e M ezzo g io r n o /Ce nt ro - N o rd

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n merito a un tema di scottante attualità – ovvero la programmazione di bilancio, spesa ordinaria e Mezzogiorno - il Consigliere della SVIMEZ e del CNEL Manin Carabba nel corso di un convegno tenutosi a Roma il 27 novembre scorso notare, senza mezze misure, ha sottolineato come «nonostante ci troviamo in un tempo di crisi e spending review, attualmente nel bilancio dello Stato manca una chiara quantificazione delle risorse aggiuntive destinate allo sviluppo del Mezzogiorno, sia in termini di stanziamenti che di impegni e pagamenti». Denuncia e rimostranza di un problema notevole, cui però il Consigliere oppone anche un ragionevole correttivo: «per una migliore trasparenza e monitoraggio dei risultati delle politiche, occorrerebbe invece passare dal bilancio di competenza a quello di cassa, e introdurre in ogni capitolo di spesa la destinazione territoriale Mezzogiorno/Centro-Nord». Carabba poi ha precisato: «Se il bilancio dello Stato è il documento in cui si traducono in numeri concreti le scelte politiche, anche in materia di riduzione degli squilibri territoriali, occorrerebbe di rimando una classificazione che articoli le spese in relazione alle politiche, e non ai settori. Essendo inoltre la spesa aggiuntiva destinata allo sviluppo del Sud per sua natura intersettoriale, spesso si confonde con gli stanziamenti delle politiche ordinarie». Ma il paradosso non si esaurisce a questo. Un altro limite deriverebbe infatti dal bilancio di competenza, colpevole di non rendere chiaro allo stesso Parlamento l’impatto delle misure che approva. Anche in questo caso, una soluzione potrebbe essere a portata di mano: servirsi del disegno di legge sui contenuti delle leggi di bilancio in attuazione dell’articolo 81 c.6 Cost, “Politiche pubbliche di bilancio e amministrazione di risultato” approvato dall’Assemblea del CNEL il 20 giugno 2013 - relatore lo stesso Carabba - non ancora messo all’ordine del giorno delle Commissioni parlamentari competenti. Il tramonto dei luoghi comuni – «Al Sud le risorse arrivano, e pure in maniera copiosa…è solo la mala- >

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gestione delle stesse a rappresentare un problema…»: nulla di più infondato. Stando ai dati 2012, infatti, scomponendo la spesa in conto capitale tra intervento ordinario e aggiuntivo, emerge che solo il 27,6% del totale nazionale della spesa ordinaria è attribuibile al Mezzogiorno, mentre la spesa aggiuntiva è ferma al 67,3% del totale, ben lontana dalla percentuale dell’85% stabilita dalla legge. In più, la distribuzione territoriale della spesa pubblica complessiva in conto capitale delle Amministrazioni Pubbliche mostra una quota del Mezzogiorno sul totale pari al 35,9% nel 2012, ben al di sotto del peso del Mezzogiorno in termini di valore medio tra popolazione e superficie (38%). Infine, la spesa pro capite del Sud sia corrente che in conto capitale è più bassa del Centro-Nord. Escludendo la spesa degli enti previdenziali, la spesa pro capite al Sud nel 2011 è risultata pari al 92% del livello pro capite del Centro-Nord. Negli ultimi anni, dal 2007 al 2012, nelle regioni a statuto ordinario le spese correnti sono diminuite al Sud in media del 2,1%, nel Centro-Nord dell'1,2%.

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più concreto il rischio dell’innesco di processi di “desertificazione”. Dal 2007 al 2012 il settore manifatturiero meridionale ha ridotto di un quarto il proprio prodotto (-25%), di poco meno gli addetti (-24%), e ha quasi dimezzato gli investimenti (-45%). La contrazione non è stata così profonda nel Centro-Nord, dove il calo di produzione e di occupazione è stato di circa 10 punti inferiore e quello degli investimenti meno accentuato di oltre 20 punti. La debolezza dell’industria del Sud risente della maggiore fragilità strutturale delle imprese, dovuta a una amplificazione dei problemi strutturali dell’industria italiana, in particolare, sul fronte delle tecnologie e della capacità innovativa, che, insieme al grado di internazionalizzazione, costituisce uno dei due indicatori principali della capacità di competere con successo sui mercati. Per contribuire alla ripresa della crescita economica, serve un’azione che riproponga la centralità dell’industria manifatturiera, vero architrave del sistema economico, a partire proprio dal Sud: una politica mirata a contrastare la deindustrializzazione e a mettere in campo “interventi attivi” per favorire una ristrutturazione del sistema produttivo italiano e meridionale. Nel Mezzogiorno, spesso, il problema non è stato la mancanza di risorse ma la loro cattiva gestione. La costituzione dell’Agenzia per la Coesione potrebbe avere risvolti positivi? Cosa non bisogna sbagliare nel ciclo di programmazione 2014-2020? Debbo premettere che c’è stato e ancora c’è un problema di inadeguatezza delle risorse, se si pensa che la spesa pubblica complessiva in conto capitale della PA al Sud è calata dal 40,3% nel 2001 al 35,9% nel 2012 e che quella straordinaria, invece di essere aggiuntiva, è stata sostitutiva di quella ordinaria. Per quel che riguarda la gestione delle risorse, riteniamo che l’ “Agenzia per la Coesione Territoriale” presso la Presidenza del Consiglio possa imprimere una svolta al nuovo ciclo 2014-2020; sia ricomponendo politiche, piani e attori in una cornice unitaria e mettendo un argine alla sempre lamentata debolezza progettuale, alla complessità procedurale e alle difficoltà realizzative; sia riportando correttamente allo Stato la responsabilità di coordinare la politica di coesione con le politi14

che nazionali, di cui essa deve essere parte integrante, per superare la logica ghettizzante che finora ha delegato la responsabilità della politica di coesione esclusivamente alle Regioni, stralciando di fatto il Mezzogiorno dall’agenda nazionale. L’Agenzia rappresenta una decisiva opportunità ed è davvero l’ultima spiaggia per dare senso alla prossima agenda dei Fondi strutturali, recuperando una visione di sistema, una strategia di sviluppo di respiro nazionale da declinare sui territori. Quanto al ciclo di programmazione 20142020, di fronte ai rischi di ampliamento dei contenuti della politica di coesione che tendono a manifestarsi in sede europea, occorre un disegno chiaro delle scelte, anche dal punto di vista finanziario, che eviti frammentazioni e proliferazioni di interventi e identifichi poche direttrici significative - riqualificazione urbana, energia ed efficienza energetica, sviluppo delle aree interne, infrastrutture e logistica - e specifici progetti fondati sulle potenzialità dei territori in collegamento con le politiche ordinarie e i programmi di investimento nazionali. La Svimez però non si ferma alla denuncia, ma indica una precisa strada per far ripartire il Mezzogiorno. Quali le tappe fondamentali per avviare la risalita? Abbiamo individuato alcuni drivers - città e rigenerazione urbana, energia, infrastrutture, logistica - attorno ai quali costruire una strategia per tornare a crescere, in grado di coniugare un’azione di breve periodo in funzione anti ciclica con una politica di sviluppo di medio - lungo periodo. Prendendo le mosse dalla rigenerazione urbana, un ambito che si presta efficacemente all’avvio di un piano di primo intervento e che può svolgere un prezioso ruolo iniziale di traino degli altri drivers. Riteniamo insomma che, per arrestare il declino, non basti perseguire la logica del mercato e dell’austerità, ma serva una strategia di sviluppo, nell’ambito della quale il Mezzogiorno resta la grande opportunità da cogliere, il cui filo conduttore sia una logica “di sistema”, che richiede investimenti strategici anche a redditività differita e una progettazione a lungo termine.

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L'OPINIONE

REVISITING TAYLOR, CENTO ANNI DOPO IL LIBRO CHE HA SCONVOLTO UN SECOLO

DI VITO SALERNO

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iccardo Giorgio Zuffo, docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni all'Università di Chieti e Pescara, nel suo ultimo libro “Revisiting Taylor”, edito da Franco Angeli, propone una interessante riflessione su quanto oggi resti dell ’esperienza, delle concezioni e dei valori dell ’“uomo di Philadelphia”. Di quanto siano ancora forti le influenze del pensiero originario di Frederick W. Taylor sul lavoro, l'organizzazione e i modelli di management, ma anche di molto altro, abbiamo parlato con l’autore in un’intervista. Come possiamo riassumere il significato che ha avuto storicamente il pensiero di Taylor? Quasi cento anni dopo la storica intuizione di Adam Smith sulla centralità della divisione del lavoro come fattore determinante della generazione di valore, iniziano a delinearsi le prime concezioni dell’industria moderna e di quello che sarà definito Scientific Management. Taylor esprime opinioni concordanti con quelle di Adam Smith quando sottolinea l’importanza di un clima di intima e cordiale collaborazione fra le parti sociali allo scopo di accrescere la produttività per aumentare la quantità e la qualità di risorse disponibili per i portatori d’interesse. Quindi, come sostiene Raoul Nacamulli, uno degli autori del testo, sia Smith che Taylor partono da un quadro di valori di fondo omogeneo, per arrivare a precisare

RICCARDO GIORGIO ZUFFO

come alla base del problema organizzativo ci sia una situazione d’interdipendenza finalizzata ad accrescere la felicità individuale e al contempo ampliare il bene comune. Con il volume Principles of Scientific Management si verifica fino in fondo il sorpasso della cultura industriale americana su quella europea ed un salto epocale nella storia della modernità e della industrializzazione. È la prima teorizzazione del processo produttivo, della fabbrica intesa come “macchina delle macchine”, di una analisi di secondo livello dello sviluppo delle tecniche nel loro complesso che trascende > 15


il singolo aspetto di innovazione o di una tecnicalità specifica. Il pensiero di Taylor è storicamente importante tanto che un secolo dopo una rilettura delle sue opere assume il valore paradigmatico di una riflessione più ampia, che ci può indurre anche a ripensare il presente e quali aspetti della sua opera e della sua azione possano essere in qualche misura ripresi e focalizzati. Qual è la principale finalità dell’Organizzazione Scientifica del Lavoro? Taylor definisce l'ordinamento scientifico come: "Scienza, non regola empirica. Armonia, non discordia. Cooperazione, non individualismo. Massima produzione, invece di una produzione ristretta. Sviluppo di ogni uomo al suo maggiore grado di efficienza e di prosperità." Pertanto la principale finalità dell’organizzazione scientifica del lavoro è quella di assicurare il massimo di prosperità sia per il datore di lavoro, sia per il lavoratore. Per il primo, questo obiettivo non significa solo profittabilità elevata nel breve termine, quanto lo sviluppo di tutte le dimensioni dell’impresa verso una condizione di benessere duraturo. Per il secondo, prosperità non significa avere subito un più elevato saggio salariale, ma disporre della possibilità di svolgere il proprio lavoro al massimo livello di efficienza, di valorizzazione individuale e anche, naturalmente, di riconoscibilità economica. Una pietra di paragone pensando a Taylor è Ford. Quali sono le differenze fra il fordismo e il taylorismo? Entrambi sono il risultato dei cambiamenti indotti dalla produzione di massa in un paese le cui dimensioni del mercato domestico inducevano enormi potenzialità di consumo. È comunque fuorviante e parzialmente riduttivo definire Ford come un perfezionatore e successore di Taylor nel nome della razionalizzazione produttiva. Taylor configura un modello nel quale tecniche di produzione, macchine utensili, attrezzi di lavoro, processi e gli uomini iniziano ad essere lucidamente raccordati. La na-

CON TAYLOR SI ASSISTE ALLE PRIME TEORIZZAZIONI DEL PROCESSO PRODUTTIVO

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tura dei problemi da affrontare è profondamente diversa da quella che Ford si troverà davanti approssimativamente trent’anni più tardi, quando il sistema imprenditoriale sarà molto più evoluto, il rapporto con le “tecniche” meno occasionale e a-sistematico, la struttura e la concezione dell’impresa consolidata e pronta ad entrare nella sua fase più matura. Taylor è un intellettuale di Philadelphia, la città più aristocratica, dotta e ricca degli Stati Uniti del tempo: è attento alle applicazioni concrete ma è un intellettuale che propone un modello, diremmo ad “alta valenza sociale”, che trascende la specificità del servizio al singolo cliente. Taylor propone un modello di un sistema produttivo che elimini gli sprechi, pensa a un mondo migliore, nella consapevolezza del bene comune e del benessere del suo paese. Ford è invece un contadino benestante, creativo e geniale, un tecnico d’avanguardia, meno sofisticato, con una cultura meno ampia ma focalizzata, che diventa industriale per passione della tecnica e delle sue possibili applicazioni. Il fordismo, al di là delle possibili dichiarazioni di facciata, si propone di garantire il massimo dell’efficienza quotidiana delle linee di montaggio, di semplificare con la forza della tecnica e della catena semovente il modo di lavorare e le modalità di controllo. Ford, con il progetto five dollars day vuole assicurare che la giostra corra la sua corsa 24 ore al giorno e che la spossatezza indotta dal lavoro alienato sia compensata dalla certezza del salario, dalla rassicurante figura di una moglie a casa e dalla morigeratezza dei costumi. Ma quanto sono ancora forti oggi le influenze del taylorismo sul lavoro, l'organizzazione e i modelli di management? Un secolo dopo è difficile discriminare precisamente i confini del contributo di Taylor. Tuttavia è possibile affermare che le influenze del taylorismo sulle organizzazioni sono state e sono tuttora ancora molte. Le origini e lo sviluppo del knowledge management possono essere, come sostiene Raoul Nacamulli, fatte risalire ai pensieri ed agli strumenti elaborati da Taylor. La funzione del knowledge management è quella di permettere il ri-uso, il perfezionamento e la ridefinizione dei

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L'OPINIONE

LA CRITICA PIÙ AMPIA RIGUARDA IL TAYLORISMO COME PARADIGMA ORGANIZZATIVO E QUINDI IL MODELLO BASA TO SU UNA FORTE DIVISIONE D EL LAVORO, SU MANSIONI RISTRETTE, SULLA NETTA SEPARAZIONE TRA CHI PROGETTA E CHI ESEGUE, SULLA PRESENZA DI LUNGHE CATENE GERARCHICHE E DI PESANTI STRUTTURE DI STAFF

metodi e dei tempi di lavoro: il ri-uso consente di utilizzare modalità già testate positivamente riguardo a fasi omogenee di processi organizzativi differenti, il perfezionamento tiene conto delle economie di esperienza cumulate nel tempo, la ridefinizione delle modalità di lavoro può essere innestata da processi d’innovazione delle tecniche e di contesto. Quali elementi del modello taylorista possono, invece, essere considerati ormai superati? Il modello taylorista è un modello di razionalità, che trova la sua forte giustificazione nella scienza positivista. Certamente oggi in parte superato come ha dimostrato la logica della “razionalità limitata” di Simon, ma funziona se si vuole produrre ampi volumi in una quantità di tempo limitato. Come sostengono Bartezzaghi e Brivio, l’analisi del lavoro di Taylor ha portato a mettere in evidenza fin dagli anni venti del secolo scorso i limiti di alcune delle soluzioni proposte e a mettere in discussione i presupposti di base ed i criteri per la progettazione della mansione. In primo luogo, sono stati messi in evidenza gli effetti negativi di una eccessiva specializzazione dei compiti e della divisione del lavoro, che comporta non solo aumento della fatica e della monotonia per il lavoratore, ma anche perdite

di produttività e quindi un risultato effettivo per l’organizzazione contrario alle attese. Vi sono poi altre critiche sostenibili come la sottovalutazione dei parametri psico-fisici e delle differenze tra i diversi individui; la visione semplicistica del rapporto lavoratore-prestazione; la visione individualistica che portava a escludere la dimensione sociale nel lavoro. La critica più ampia riguarda il taylorismo come paradigma organizzativo e quindi il modello basato su una forte divisione del lavoro, su mansioni ristrette, sulla netta separazione tra chi progetta e chi esegue, sulla presenza di lunghe catene gerarchiche e di pesanti strutture di staff. Si tratta quindi di una struttura caratterizzata da profonde “fratture organizzative”, dalla frammentazione del lavoro, dove il coordinamento per la realizzazione degli obiettivi dell’organizzazione si basa principalmente sulla gerarchia. Tale modello organizzativo comporta inevitabilmente elevati costi di struttura e una sostanziale rigidità, che emerge con evidenza e con conseguenze negative nei contesti produttivi caratterizzati da elevata variabilità di mercato e da differenziazione dei prodotti. L’analisi delle teorie di Taylor può fornire una chiave di lettura della crisi economica attuale, forse anche in termini etici? Lo Scientific Management nasce come equilibrio tra scienza, istanze etiche, generazione di valore. Ci si immaginava in una concezione smithiana che permettesse il massimo sviluppo delle risorse. La scienza era considerata buona e portatrice di libertà. La storia del ‘900 ha dimostrato come anch’essa può piegarsi ad interessi ambivalenti quali l’uso massiccio dell’ICT in ambito bellico, ad esempio, e delle biotecnologie nelle manipolazioni genetiche. Taylor può, dunque, rappresentare un buon esempio per il management e per il rapporto tra sistemi produttivi e società civile in un tempo che scompone e sembra non mettere insieme parole chiave come ricerca, efficienza, benessere, generazione di valore, salvaguardia del lavoro. Taylor era un idealista, non aveva dubbi sulla distinzione tra il bene e il male e, pur all’interno delle contraddizioni sociali del tempo, era in lui chiara la volontà di produrre un sapere finalizzato alla generazione di una maggiore ricchezza per tutti. Lo sviluppo dei consumi, il superamento della miseria erano sicuramente temi forti e centrali nell’ideologia positivista e nella cultura del ‘900. Oggi, invece, si ha la sensazione che lo sviluppo dell’economia e delle nostre discipline scientifiche di riferimento non sempre possa rispondere al miglioramento della qualità della vita degli uomini.

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MORELLI: «SENZA VISIONE NON C’È FUTURO» DI RAFFAELLA VENERANDO

P er i l pr es id en t e d e i Gi ovani I m p r en d it o ri di C on f in d u s t r ia Jacopo M o r elli, il G over n o d ev e per pri m a c o s a abban don a r e la navi gaz ion e a vis t a «fatta di pi ccol e r if or m e, aggi u st a m en t i con tabili, r ev is io n e del l ’esis t en t e, e abbracc ia r e u n a trai etto r ia p iù coragg io s a . Su l fi sco e s u lla p olit ic a in du stria le, c om e sul l a s cu ol a e s u lla s p es a pu bbl i c a , d o b b ia m o ri pen sa r e l’ I t a lia c he v ogl i am o c os t r u ir e d a qu i a 10 a n n i. T u t t o ci ò ri n e g o zia n d o , s e n ece s s a r io, il rapport o d ef ic it /p il i n E u ropa p er c on s en t i re di m etter e in a t t o azi on i co m p les s e e s tru ttu r a li»

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residente Morelli, tracciamo un bilancio del Convegno tenuto il 18/19 Ottobre scorso alla Stazione Marittima di Napoli: perché i ragionamenti fatti non restino puro esercizio accademico, quali proposte emerse nella due giorni – innanzitutto dei Giovani Imprenditori - ritiene siano meritevoli di attenzione da parte del Governo? Come Giovani Imprenditori e come Confindustria negli ultimi anni abbiamo avanzato decine di proposte operative, individuando azioni specifiche, norme da modificare e coperture finanziarie per attuarle. Ma da questo Convegno credo che l’indicazione maggiore sia stata non tanto nel merito delle azioni quanto piuttosto sul metodo con cui definirle, ossia un piano strategico pluriennale. Se il Governo vuol porre ascolto al messaggio di fondo dovrebbe cioè abbandonare la “navigazione a vista” con cui sta procedendo, fatta di piccole riforme, aggiustamenti contabili, revisione dell’esistente, e abbracciare una traiettoria più coraggiosa. Sul fisco e sulla politica industriale, come sulla scuola e sulla spesa pubblica, dobbiamo ripensare l’Italia che vogliamo costruire da qui a 10 anni. E tutto ciò rinegoziando, se necessario, il rapporto deficit/PIL in Europa per consentire di mettere in atto azioni complesse e strutturali. Da oltre 22 mesi, da quando è stata approvata la riforma delle pensioni, non abbiamo più intravisto alcun altro piano di

JACOPO MORELLI PRESIDENTE GI CONFINDUSTRIA

cambiamento radicale. Ma in una condizione eccezionale come quella delle larghe intese, o si ha la capacità di trasformarle in intese lunghe nell’orizzonte temporale e profonde nella coesione programmatica, per mettere in campo azioni epocali, o è l’ennesima occasione sprecata. La Legge di Stabilità è divenuta il topic “imprevisto” dell’evento: quali aggiustamenti sarebbero necessari prima della sua approvazione? L’abbiamo definita una Legge di Stabilità di nome e di fatto, nel senso che non incide sulle condizioni strutturali della nostra economia. La ratio della finanziaria, abbassare cioè il prelievo fiscale su lavoro e impresa, è giusta ma la quantità delle risorse impiegate è insufficiente. Ridurre di nemmeno un punto percen-


L'OPINIONE pubbliche e locali. Ma non è un problema soltanto della politica: anche la grande industria e le associazioni di rappresentanza dovrebbero interrogarsi se al loro interno applicano davvero criteri meritocratici. L’età media della dirigenza e la consistenza di certe buonuscite anche a manager che hanno distrutto l’azienda loro affidata ci dovrebbe porre qualche dubbio.

DA SINISTRA > IL PRESIDENTE DEI GI DI CONFINDUSTRIA SALERNO GENNARO LODATO INSIEME A NUNZIA PETROSINO PRESIDENTE GI DELLA CAMPANIA E JACOPO MORELLI PRESIDENTE NAZIONALE GI CONFINDUSTRIA

tuale la pressione fiscale in tre anni è un obiettivo modesto, considerando che le nostre imprese scontano un differenziale di 20 punti percentuali sulla tassazione di impresa rispetto a quelle tedesche. O prevedere poche decine di euro in più in busta paga, non può certo risolvere la situazione finanziaria di 9 milioni di italiani che vivono con una spesa al di sotto della soglia di povertà relativa. Per questo, l’unico aggiustamento utile dovrebbe essere quello di aumentare le risorse, per incidere, davvero, sul basso livello di competitività e concorrenzialità del nostro sistema produttivo (al momento dell'intervista era appena iniziato il lungo iter per l'approvazione della Legge di Stabilità, nda). Nel corso dei due giorni, in più di un intervento, più di un relatore - emblematico è stato l’attacco sferrato da Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale L’Espresso – ha messo in discussione i criteri di selezione e di ricambio della leadership nel nostro Paese, definendo la crisi che stiamo vivendo morale, prima ancora che economica. Come si cambiano gli uomini al comando per cambiare il futuro dell’Italia? Attuando il criterio del merito. Che, purtroppo, è uno slogan buono soltanto per le campagne elettorali ma viene subito dimenticato quando c’è da mettere mano, ad esempio, ad una legge elettorale indecente che favorisce la cooptazione interna, o ai criteri di nomina nelle partecipate

Il lavoro sembra il grande assente nelle ultime manovre politiche del Governo Letta, eppure la disoccupazione è a livelli record… I Giovani imprenditori a Napoli provocatoriamente hanno chiesto di cancellare il primo articolo della Costituzione… Preciso, non abbiamo chiesto di cancellarlo, ci mancherebbe, ma anzi di applicarlo di più, tutelando e promuovendo il lavoro dal punto di vista fiscale, della formazione, del valore sociale e culturale. Oggi in Italia è più conveniente investire in immobili o in obbligazioni finanziarie piuttosto che creare una start up, ammodernare l’azienda, assumere. Ma un Paese che incentiva più la rendita che la produzione è un Paese che tende solo all’autoconservazione e quindi, inesorabilmente, al declino. Un’ultima domanda: se dovesse raccontare dell’Italia a un suo collega estero, quali aggettivi utilizzerebbe oggi e quali si augura di utilizzare nel prossimo futuro? Tenace, capace, audace. Tenace perché “nonostante tutto” riusciamo a restare il secondo Paese manifatturiero, a brevettare, ad accrescere quote di mercato in settori sensibili e ad alto valore aggiunto come la robotica. Capace perché ce lo testimoniano i tanti italiani che sono alla guida delle più prestigiose università e centri di ricerca all’estero, come il MIT, che vegono contesi per ridisegnare le capitali mondiali, che sono ambasciatori di gusto e ricercatezza nel food e nel luxury. Audace, perché sono convinto che, come abbiamo superato l’8 settembre del '43, anche questa volta avremo il coraggio e anche la temerarietà per dare un taglio al passato e riprenderci il futuro. E poi la sorte aiuta gli audaci perché l'audace è sicuro di sé, e non esiste forza più grande.

UN PAESE CHE INCENTIVA PIÙ LA RENDITA CHE LA PRODUZIONE È UN PAESE CHE TENDE SOLO ALL’AUTOCONSERVAZIONE E QUINDI, INESORABILMENTE, AL DECLINO

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SCUOLA-IMPRESA, ORIENTAGIOVANI E PMI DAY 2013 A SALERNO

DI MARCELLA VILLANO E MASSIMILIANO PALLOTTA SEGRETERIA PICCOLA INDUSTRIA E GRUPPO GIOVANI IMPRENDITORI DI CONFINDUSTRIA SALERNO

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ell'ambito della XII Settimana della Cultura d'impresa, Confindustria Salerno ha promosso due eventi per parlare di impresa, lavoro, formazione e futuro: Orientagiovani e PMI Day. In occasione della XX edizione di Orientagiovani, la giornata che Confindustria dedica al consolidamento dei rapporti con la Scuola e l'Università, i giovani imprenditori salernitani hanno tenuto lo scorso 14 novembre un incontro con gli studenti all’Istituto Tecnico Agrario “Giustino Fortunato” di Eboli. L’incontro è stato per gli studenti un’occasione per conoscere più da vicino la realtà imprenditoriale della provincia e avere indicazioni utili al successivo inserimento

nel mondo del lavoro. I partecipanti sono stati accolti da: Gennaro Lodato, Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori e Roberto Magliulo, Presidente del Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno. A seguire Vito Pacelli di BookSprint ha presentato il caso della sua Start up e infine la dottoressa Angela Barbagallo di Gi Group ha risposto alle domande degli studenti su come intraprendere la ricerca del lavoro e affrontare i colloqui di selezione. «In un periodo di congiuntura economica non favorevole - ha dichiarato il Presidente dei Giovani Imprenditori Gennaro Lodato - siamo più che mai chiamati a dare ai giovani un segnale di dinamismo e

ORIENTAGIOVANI 2013: UN MOMENTO DELL’INCONTRO ALL’ISTITUTO TECNICO AGRARIO GIUSTINO FORTUNATO DI EBOLI

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CONFINDUSTRIA SALERNO

PMI DAY 2013 > LA VISITA ALLA ARTI GRAFICHE BOCCIA DI SALERNO

di entusiasmo, dando voce alle storie di imprenditori locali per condividere l’esperienza di chi, nonostante tutto, ce l’ha fatta». «Con Orientagiovani - ha proseguito - rispondiamo alle crescenti richieste del sistema scolastico di organizzare incontri di orientamento, intensificando il nostro impegno per favorire la conoscenza reciproca tra mondo delle aziende e della scuola. Gli istituti scolastici hanno, infatti, la necessità di decodificare tutti i segnali per indirizzare l’offerta e formare figure professionali pronte ad entrare con il piede giusto nel mondo del lavoro». «Agli studenti - ha concluso Lodato - cerchiamo di infondere i valori della cultura imprenditoriale e la passione del nostro impegno quotidiano a favore della crescita e dello sviluppo della provincia di Salerno e dell'intero Paese». Lo scorso venerdì 15 novembre ha avuto luogo la Quarta Giornata Nazionale delle Piccole e Medie Imprese - Pmi Day, l’evento promosso dalla Piccola Industria di Confindustria finalizzato ad accrescere la consapevolezza sulla forza e sul ruolo delle PMI, vero motore di sviluppo economico e sociale del Paese. Durante la giornata, le Pmi salernitane hanno aperto le loro porte ai giovani e alle comunità locali per mostrare come si svolge l’attività produttiva e per raccontare, storia, conquiste e progetti futuri delle aziende. «L’impresa – ha spiegato Roberto Magliulo, Presidente del Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno - è il luogo dove si crea ricchezza e occupazione mettendo al centro le persone e il loro impegno quotidiano a favore

della crescita del Paese. Con questa iniziativa le piccole e medie imprese salernitane intendono far conoscere la realtà produttiva del territorio, i loro valori e il loro essere parte integrante del contesto sociale nel quale operano». «Esprimiamo la nostra soddisfazione per la risposta positiva da parte delle scuole - ha concluso Magliulo - che ancora una volta hanno mostrato la volontà di creare un link diretto tra formazione e impresa e, dunque, lavoro». Hanno aderito al Pmi Day: Del Regno Giuseppe Srl; Maf di Mastalia Anella & C. Sas; Termotech Eco Srl; Molini Pizzuti Srl; Arti Grafiche Boccia Spa; Ceramiche De Maio Francesco Srl. Le scuole partecipanti all’iniziativa sono state: Istituto Tecnico Industriale “A. Pacinotti” di Scafati; Istituto Tecnico Industriale “Focaccia” di Salerno; Istituto Tecnico Agrario “G. Fortunato” di Eboli; Liceo Classico “De Sanctis” di Salerno; Liceo Artistico “Sabatini Menna” di Salerno e Liceo Artistico “Galizia” di Nocera Inferiore.

DUE INIZIATIVE CONFINDUSTRIALI CHE ANCHE QUEST’ANNO HANNO FUNZIONATO DA OTTIMI LINK TRA IL MONDO DELLA FORMAZIONE E QUELLO DELLA PRODUZIONE

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GLI OPERATORI TURISTICI SALERNITANI IN SVEZIA PER PROMUOVERE IL SISTEMA SALERNO NEL MONDO A CURA DELLA REDAZIONE COSTOZERO

I l works h op in Svez i a ha con sen t it o a lle az i e n de p a r t ec ip a nt i di avvi ar e r a p p or t i d i col l abo r a zio n e c on partn er n or d eu r ope i

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l Gruppo Alberghi, Turismo e Tempo Libero di Confindustria Salerno ha preso parte al Workshop Svezia che ha avuto luogo il 14 novembre scorso a Stoccolma presso l’Hotel Scandic Grand Central. Il workshop - promosso da Intertrade, azienda speciale della Camera di Commercio - nell’ambito delle attività di marketing territoriale, ha consentito alle aziende partecipanti di avviare rapporti di collaborazione con partner nord europei per favorire la visibilità dell’area salernitana all’estero, presentando e valorizzando le opportunità e le eccellenze territoriali attraverso l’organizzazione di incontri d’affari con gli operatori locali. Hanno partecipato alla missione: Casa Albertina, Positano; Fadi Incoming Service Tour Operator, Salerno; Giroauto Travel Tour Operator, Salerno; Hotel 2 Torri, Maiori; Hotel Aurora, Amalfi; Hotel Margherita, Praiano; Hotel Mediterranea, Salerno; Hotel Rufolo, Ravello; Hotel Scapolatiello, Cava Dei Tirreni; Terme Capasso, Contursi; Villaggio Elea, Ascea. «Gli operatori svedesi – ha dichiarato la Presidente del Gruppo Alberghi, Turismo e tempo libero di Confindustria Salerno, Lucia Scapolatiello - hanno manifestato un forte interesse per il nostro territorio. In particolare il mercato svedese è molto attratto dai settori dell’enogastronomia, del cicloturismo ed, in particolare del trekking e del biking, oltre alle offerte relative all’honeymoon (luna di miele) e al wedding (matrimonio)». La Svezia gode di un’economia estremamente salda, con un basso tasso di disoccupazione ed un PIL pro-capite tra i più alti in Europa. Grazie anche alle garanzie sociali del welfare state ed alla moneta in ripresa, la maggioranza della popolazione è in grado di effettuare viaggi all’estero anche più volte all’anno. Il turista svedese appartiene ad una categoria socio-economica medio-alta e il desiderio di sole e mare e l’interesse culturale rapLUCIA SCAPOLATIELLO presentano le principali motivaPRESIDENTE GRUPPO TURISMO, zioni che lo spingono a visitare il ALBERGHI, TEMPO LIBERO nostro Paese. CONFINDUSTRIA SALERNO


CONFINDUSTRIA SALERNO

CONTAMINAZIONE E RESPONSABILITÀ AMBIENTALI

FRANCESCA ANGELONI PARTNER DI HOGAN LOVELLS STUDIO LEGALE

D u e sem in a r i p er approf o n d ir e il t em a del l a co n t a m in a zio ne am bi ent a le e del l e co n s eg u en t i r e spon s a b ilit à , con l 'ob iet t ivo di sti m o la r e n e l l 'i m p r en d it or e la con sapevo lezza c h e gl i obb lig h i d i leg g e n on i mp o n g on o s o l o u n a serie d i m er i ade m pi m en t i t ec n ici , e ve n tu a lm en t e d a del egare a l s u o con su l e n t e t ec n ic o , ma i m p lic a n o preci se , lu n g im ir a n t i e "re spo n s a b ili" modal i tà d i g es t io ne del l 'az ien d a ch e pos s on o con di z io n a r n e si gn i fi ca t iva m en t e l o svi l u pp o

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l ciclo di seminari sul tema delle responsabilità ambientali è stato organizzato in due giornate, l’8 e il 24 ottobre scorso in Confindustria Salerno ed è stato promosso da Confindustria Salerno, attuato da Assindustria Salerno Service srl e finanziato dalla CCIAA di Salerno. Nel primo incontro si è voluto sensibilizzare l'operatore sulla esistenza di una pluralità di responsabilità derivanti dall'esistenza di una contaminazione ambientale. La scelta dell'argomento è derivata dal dato di esperienza per cui, rispetto alla contaminazione di un sito, si tende a ipotizzare che i rischi - in termini di obblighi o sanzioni e relativi costi - siano esclusivamente quelli connessi allo svolgimento della procedura di bonifica per il risanamento. Tale prospettiva, purtroppo semplicistica, trascura che l'imprenditore rimane invece esposto a una molteplicità di conseguenze negative, che possono avere impatto pregiudizievole sul suo business, in termini di costi, impedimenti o restrizioni alla sua attività e sanzioni individuali. Pertanto, l'obiettivo è stato promuovere la percezione del complesso delle problematiche causate dall'inquinamento e dei relativi rischi, sull'assunto che l'identificazione e gestione dei secondi si rivela necessariamente parziale e inadeguata senza la previa comprensione delle prime. In questa prospettiva, in estrema sintesi, si è evidenziato che la contaminazione ambientale determina una serie di responsabilità, quali: obbligo di eseguire la procedura di bonifica; responsabilità penale; responsabilità civile; responsabilità "amministrativa" ex d.lgs. 231/2001; sospensione/interruzione dell'attività della società; risarcimento del danno ambientale. La gestione di tali molteplici responsabilità richiede notevole impegno economico (anche sotto forma di prestazione di garanzie finanziarie e con obblighi contabili di iscrizione di riserve nei documenti di bilancio), capacità di previsione e precauzione, analisi dei rischi, verifica degli impatti su altre operazioni imprenditoriali (es. operazioni di acquisizione / dismissione e operazioni immobiliari), utilizzo di molteplici competenze. In altre parole, la compliance ambientale rappresenta uno dei criteri di gestione dell'impresa. Con il secondo incontro ci si è focalizzati sulla procedura di bonifica di siti contaminati, regolata dal d.lgs. 152/2006, attribuendo rilevanza ad alcuni specifici aspetti della medesima e selezionando i seguenti: peculiarità dei SIN / SIR (in considerazione del territorio interessato e dalla possibile inclusione delle aziende partecipanti al seminario all'interno del SIR del Bacino del Sarno); contaminazione storica; siti dismessi - siti in esercizio; titolarità dell'obbligo della messa in sicurezza di emergenza (a motivo dei gravosi obblighi di intervento e degli ingenti costi e delle richieste in tal senso da parte delle pubbliche autorità sia all'inquinatore che al proprietario del sito); regime delle acque emunte (per i costi e gli impedimenti della gestione di tali acque nel contesto del procedimento di bonifica); "voltura" della procedura di bonifica (nella prospettiva di investimenti imprenditoriali di acquisto e cessione, a vario titolo, del sito contaminato e delle responsabilità che ne possono conseguire rispetto agli obblighi di conduzione della procedura di bonifica sul sito medesimo). Gli argomenti individuati sono stati discussi – anche in questa occasione - con la finalità di chiarire che la procedura di bonifica, con i correlati adempimenti di dettaglio, non è avulsa dalla gestione aziendale ma al contrario ne è parte essenziale, ed in alcune occasioni può condizionarne in modo critico l'andamento e le scelte, e che quindi in tale prospettiva deve essere valutata sia dall'imprenditore sia dal suo consulente ambientale. 23


L’ONDA LUNGA DEL PREMIO BEST PRACTICES DI CONFINDUSTRIA SALERNO

DI RAFFAELLA VENERANDO

I n fi e ri u n a partn e r s h ip c on dPi x el , u n o d ei pl aye r n a zio n a li pi ù atti v i s u l f r o n t e del l a dif f u s io n e d el l a cu l tu ra d ' im p r es a tra i gi ovan i a t t r a ver s o i su oi pr og r a m m i di accel era zio n e t r a g l i s tartu pp er s it a lia n i

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a fatto tappa a Salerno nei giorni scorsi, nella sede di Conf industria, il percorso Startup Revolutionary Road, un progetto di selezione e formazione ideato dalla dPixel per Microsoft Italia, Fondazione Cariplo e Fondazione Filarete. Il progetto ha il preciso intento di scovare su tutto il territorio nazionale innovativi progetti di impresa ad alto potenziale. Il programma ha previsto un tour del Barcamper lungo tutto lo “Stivale” per dare occasione alle idee ad elevato impatto di uscire allo scoperto e crescere. Conclusa la fase di Techmeeting, l’ultima tenutasi per l’appunto a Salerno - tre sessioni da 2 giorni di lavoro in aula con un mentor dPixel – (nello specif ico Antonio Concolino) – svoltesi una a Milano, una a Roma e una a Salerno per tutto il Sud Italia, che hanno visto il coinvolgimento di una ventina di progetti ciascuna. I “Primi” venti progetti – primi in quanto ritenuti i più meritevoli – avranno accesso diretto alla TechWeek, ovvero a una settimana di formazione di impresa intensiva che avrà luogo a Milano. Successivamente, i dieci progetti migliori sono stati presentati a Roma nel corso di un evento dedicato organizzato assieme a Microsoft e Fondazione Cariplo. «Abbiamo scelto Salerno come location - ha dichiarato Antonio Concolino della dPixel - non solo per la sua nevralgica posizione geograf ica che le consente di essere una base ideale per il Sud Italia e perché ha un Ateneo di buon livello, ma soprattutto perchè grazie al Premio Best Practices organizzato da Conf industria Salerno la città sta esprimendo negli ultimi anni ottime idee di impresa, tanto da poter aspirare legittimamente a diventare un hub di innovazione di interesse regionale. Il nostro percorso volto a favorire la cultura dell’innovazione nei territori di riferimento attraverso l’individuazione delle migliori idee da inserire in programmi di accelerazione non poteva, pertanto, avere una sede migliore». L’iniziativa è un’ulteriore riprova dell’incremento notevole di interesse che il Premio Best Practices nel tempo sta registrando non solo in casa propria. Il presidente del Gruppo Servizi Innovativi di Conf industria Salerno, Giuseppe De Nicola, nonché ideatore del Premio Best Practices, ha sottolineato infatti «l’importanza della sinergia avviata con dPixel, uno dei player nazionali più attivi sul fronte della diffusione della cultura d'impresa tra i giovani attraverso i suoi programmi di accelerazione tra gli startuppers italiani. Nel segno di questa positiva collaborazione, prevediamo un loro coinvolgimento attivo nel Premio con la presenza nei comitati scientif ici che andranno ad esaminare i progetti di innovazione che animeranno la prossima edizione della competizione di idee».


GREEN ECONOMY

IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI ALIMENTARI: L’IMPERATIVO È MISURARE PER RIDURRE A CURA DI RAFFAELLA VENERANDO

Present a t o in Con fi n du s t r ia Sa ler no il modello m es s o in cam po d a lle im p r es e del l a filier a d el pom od o r o e d ella pasta p er d im in u ir e e compens a r e l’ im p a t t o am bi ent a le d ei p r o p ri prodott i “ f in o a llo scaff al e”

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ornire ai consumatori informazioni affidabili e confrontabili sugli impatti ambientali e sulle credenziali dei prodotti vuol dire metterli in condizione di operare scelte consapevoli perché i prodotti non sono tutti uguali, ancor di più – per restare aderenti all’attualità – non tutti i prodotti alimentari made in Campania rappresentano una minaccia per i consumatori. Anzi. Occorre quindi fare chiarezza, specie in termini di requisiti e di buone pratiche lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti. Ormai da anni Greener Italia, ramo aziendale di Sabox, azienda di Nocera Superiore specializzata nella progettazione e produzione di packaging sostenibile ha lanciato la sfida ad altri produttori della filiera del pomodoro e della pasta perché investano in modo convinto sulla produzione sostenibile, così come richiedono i principali mercati d’esportazione in Europa, USA e Giappone. Molte aziende del distretto dei conservieri e pastai della provincia di Salerno infatti hanno tra i loro principali clienti i big retailers della GDO mondiale. Molti di questi – Tesco, Mark&Spencer e Sainsbury’s, solo per citarne alcuni - hanno definito chiari e ambiziosi obiettivi di riduzione della CO2 , anche lungo la loro supply chain richiedendo quindi la collaborazione dei fornitori. Proprio per questo l’imperativo è adeguarsi, ottenendo in cambio non solo un vantaggio competitivo in termini di opportunità di mercato e differenziazione, ma soprattutto di innovazione sostenibile e immagine. A tutti i livelli la credibilità oggi conta più di qualsiasi altro asset. Proprio per dare eco al progetto di cui fa parte Greener Italia, lo scorso 14 ottobre in

Confindustria Salerno, ha avuto luogo l’incontro sul tema: “L’impronta ambientale dei prodotti alimentari - Esperienze e prospettive di etichettatura della “Environmental Footprint” in Europa e in Italia come opportunità di innovazione e leva competitiva della filiera del pomodoro e della pasta nella provincia di Salerno”. L’evento rientra nell’ambito del Progetto: “Verso la sostenibilità della filiera agroalimentare provinciale: promozione e sperimentazione dell’applicazione di un modello per la sostenibilità di processo e prodotto” promosso da Confindustria Salerno, realizzato e finanziato dalla locale Camera di Commercio, in collaborazione con Legambiente e Greener Italia. Il progetto ha lo scopo di promuovere l’adozione di un modello di sviluppo sostenibile come driver per l’innovazione e la competitività per le aziende della filiera dell’agroalimentare provinciale, attraverso l’implementazione di un programma che punti alla riduzione progressiva delle emissioni di Co2 di prodotti e processi. Il modello presentato è stato realizzato grazie alla collaborazione di alcune aziende rappresentative della filiera del pomodoro che hanno aderito volontariamente al progetto. Il progetto ha consentito di definire delle linee guida utili alle imprese anche di altri comparti, interessati alla realizzazione della carbon footprint di prodotto. Come dicevamo, queste buone pratiche all’estero hanno già “preso piede” tanto che in Inghilterra sono già 25mila i prodotti con il marchio Carbon Footprint (CFP), letteralmente impronta di carbonio. Negli ultimi > 25


anni anche l’Italia si sta adeguando, con un numero sempre maggiore di prodotti italiani, specie alimentari, affinché i criteri di scelta dei consumatori non comprendano più solo qualità e convenienza, ma anche impatto ambientale di ciò che si acquista. Misurando l’impronta ambientale di un prodotto si ha infatti l’opportunità di individuare meglio le proprie emissioni lungo tutta la catena di fornitura e ottimizzare e ridurre notevolmente l’impatto climatico dei prodotti e delle attività. Forte il sostegno di Confindustria Salerno al progetto di sostenibilità ambientale della filiera dell’agroalimentare provinciale, espresso chiaramente in occasione del seminario di presentazione da Antonio Ferraro: «Confindustria Salerno - ha dichiarato Ferraro - crede fortemente nel valore della sostenibilità ambientale come leva di sviluppo e competitività. Attraverso questo progetto intendiamo accompagnare le aziende nei percorsi di sostenibilità affinché la responsabilità ambientale dell'impresa non riguardi più i processi di produzione, ma coinvolga tutta la “catena del valore” relativa al prodotto e ai servizi offerti. In tal modo offriamo alle imprese gli strumenti necessari per avviare processi di trasparenza e tutela ambientale che troveranno il sicuro interesse dei consumatori». La voglia di credere in una green economy che non sia solo di facciata è stata ben rappresentata poi da Anna Savarese, vicepresidente di Legambiente Campania: «Sono sempre più numerosi i cittadini che presterebbero attenzione ad un indicatore sintetico, un voto, un giudizio sulle conseguenze ambientali delle proprie scelte di consumo e della fruizione di servizi. Le aziende devono assumersi quindi la responsabilità di misurare l'impatto dei propri prodotti e di dichiararlo in un modo verificabile, così i cittadini che scelgono sulla base di tali dichiarazioni saranno consapevoli delle conseguenze ambientali che li coinvolgono.». Credere sì, ma anche investire è necessario, sostenendo le migliori imprese del comparto agroindustria, da sempre settore

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trainante del Salernitano. Proprio per questo il presidente della CCIAA di Salerno Guido Arzano ha colto l’occasione per rimarcare la volontà di consolidare e sviluppare ulteriormente il comparto anche mettendo a confronto le tante best practices territoriali del nostro Paese: «In tal senso, la Camera di Commercio di Salerno unitamente a quelle di Brindisi, Latina, Modena e Torino, ha dato vita, nell’ambito di Unionfiliere, al Comitato di Filiera dell’Agroindustria ad Alta Qualità Ambientale con l’obiettivo di definire modelli di sviluppo condivisi, fondati su principi oramai irrinunciabili quali la difesa del territorio e la valorizzazione della biodiversità, in grado di coniugare sostenibilità e competitività sui mercati internazionali».

CONFINDUSTRIA SALERNO CREDE FORTEMENTE NEL VALORE DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE COME LEVA DI SVILUPPO E COMPETITIVITÀ. ATTRAVERSO QUESTO PROGETTO, INFATTI, VENGONO OFFERTE ALL E IMPRESE GLI STRUMENTI NECESSA RI PER AVVIARE PROCESSI DI TRASPARENZA E TUTELA AMBIENTALE CHE TROVERANNO DI CERTO L’INTERESSE ANCHE DEI CONSUMATORI


REPORT

CAMPANIA: IL 46% DELLA MERCE VIAGGIA VIA MARE

ALESSANDRO PANARO RESPONSABILE INFRASTRUTTURE E LOGISTICA SRM

L’i n ters c a m b io via mare tr a la r eg ion e e i l rest o d el m on d o al pri m o s em es t r e 20 13 am m o n t a , n ell o spe ci fi co, a d olt r e 4,5 m i l ia r d i d i eu r o - pari a l 46 % d el total e reg ion a le - e d è attri bu ib ile p er il 56,2% a ll’ im p or t e pe r la resta n t e q u o t a a i fl u ssi i n u s c it a

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ra i settore core per lo sviluppo e la crescita del Sistema Italia non può mancare il trasporto marittimo, soprattutto se si considerano le opportunità connesse ad un incremento delle relazioni economiche e commerciali che il nostro Paese ha con il resto del mondo. Ormai da tempo le analisi di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno concentrano la loro attenzione su di esso, in quanto segmento di primaria importanza nel più ampio ambito del filone di ricerca indirizzato al settore dei trasporti e della logistica. Tra i diversi aspetti monitorati da SRM figura quello delle relazioni commerciali, utile non solo per valutare l’ampiezza del fenomeno ma anche per valutare la capacità del nostro Paese di cogliere e gestire i flussi esistenti e quelli futuri che potranno essere l’origine di una nuova domanda e di una nuova competitività delle imprese e delle infrastrutture del territorio. Parlando di interscambio marittimo del Mezzogiorno ed escludendo le due isole che per loro natura primeggiano in tale comparto - la Campania fa registrare i flussi maggiori con oltre il 15% del totale della macro area. L’interscambio via mare tra la Campania e il resto del mondo al primo semestre 2013 ammonta, nello specifico, ad oltre 4,5 miliardi di euro - pari al 46% del totale regionale - ed è attribuibile per il 56,2% all’import e per la restante quota ai flussi in uscita. Analogamente a quanto registrato per l’intero territorio nazionale e anche grazie alla presenza di due dei principali porti nazionali, il trasporto via mare è, quindi, il primo canale attraverso cui viaggia la merce in entrata e in uscita dalla regione, seguito (con un peso

di circa 20 punti percentuali in meno) dal trasporto su strada. Un ulteriore dato positivo deriva dall’analisi di trend riferita agli ultimi anni. Se, infatti, da un lato emerge come, rispetto all’analogo periodo del 2012, si registra un aumento del 5,7% a fronte di un calo del 3,3% del commercio complessivo della regione, dall’altro si evidenzia come il peso del trasporto via mare sul totale dei traffici regionali sia in costante aumento con un valore che passa dal 40,7% del 2010 al 46% del 2013. Il comparto marittimo, quindi, non solo non risente della contrazione generale degli scambi regionali ma può anche configurarsi come un possibile traino per gli stessi in ottica futura. Le principali aree con cui la Campania intrattiene rapporti commerciali via mare sono l’Asia Orientale, i paesi dell’UE 28, l’America settentrionale e l’Africa settentrionale. Con l’aria asiatica, in particolare, viene scambiata merce per un valore pari a 915,8 milioni di euro (il 20,2% del totale regionale) e si tratta per lo più (il 77%) di importazioni campane. Per contro, nei confronti delle altre tre aree sopra citate (che pesano sul totale regionale per il 15,3%, il 14,1% ed il 13,2%) la regione è soprattutto area esportatrice. Se si escludono i prodotti energetici, la situazione non cambia per le prime tre aree di riferimento; i paesi dell’Africa settentrionale, invece, lasciano il posto a quelli dell’America centro-meridionale.Da un punto di vista qualitativo, infatti, i prodotti energetici non sono tra quelli a maggior impatto sugli introiti regionali con un peso sul totale che, nel loro insieme, è pari al 6,3% (circa 287,6 milioni di euro). > 27


L’INTERSCAMBIO COMMERCIALE MARITTIMO DELLA CAMPANIA: PESO SUL TOTALE REGIONALE E VARIAZIONE ANNUA (I SEM. 2010 – I SEM. 2013)

FONTE ELABORAZIONE SRM SU DATI ISTAT COEWEB, 2013

Le aree di riferimenti principali per tale categoria sono l’Africa settentrionale (con il 59,4% del totale degli scambi regionali di prodotti energetici) ed i paesi dell’UE 28 (18,2%); in entrambi i casi si tratta quasi esclusivamente di importazioni campane. Alla base dei flussi commerciali regionali ci sono, per contro, i metalli ed i manufatti in metallo (con il 21,6% del valore complessivo), i prodotti alimentari (18,8%), quelli dell’industria tessile (14,3%) ed i mezzi di trasporto (10,8%). Per quest’ultima categoria e per i beni alimentari la Campania è soprattutto area di origine, mentre nei due restanti comparti prevalgono i flussi in entrata. Scendendo ancor più nel dettaglio degli scambi regionali è possibile notare come ogni singola area geografica del mondo sia il punto di riferimento per determinate categorie merceologiche. Per i rapporti con l’Asia Orientale, ad esempio, emerge come circa la metà del valore complessivo della merce scambiata sia attribuibile a due sole categorie, ossia i prodotti alimentari (per lo più esportati) e quelli dell’industria tessile (quasi esclusivamente d’importazione). Un’analoga concentrazione si ha con i Paesi dell’UE28 i cui rapporti sono basati per oltre i tre quarti sull’importazione di metalli e manufatti in metallo e sull’esportazione di prodotti alimentari e mezzi di trasporto. Queste ultime due categorie sono le stesse che caratterizzano i rapporti commerciali con i paesi dell’America settentrionale, con un peso sul totale di quasi il 60% e, anche in questo caso, 28

la Campania è per lo più paese di origine dei flussi commerciali. L’importanza del trasporto marittimo (tanto merci quanto passeggeri) per l’economia regionale è confermata anche dalla presenza di numerose imprese specificatamente dedicate a tale attività. Si tratta, in particolare, di 235 unità riferite per oltre l’85% alla provincia di Napoli. Si stima, inoltre, che per un panel di 84 imprese con bilanci disponibili al 2012, il fatturato complessivo è di oltre 790 milioni di euro; per il solo comparto merci, invece, per un panel di 13 imprese tale valore supera i 164 milioni di euro. Le analisi effettuate da SRM, per concludere, sottolineano tutta l’importanza che il trasporto marittimo riveste per l’economia regionale: esso è non solo una delle principali modalità di trasporto utilizzate per l’ingresso e l’uscita delle merci dal territorio campano, ma è anche, a differenza degli altri settori, in rilevante crescita rispetto al passato. Confrontando i dati del primo semestre del 2013 con quelli dell’analogo periodo del 2010, il commercio via mare registra, infatti, una crescita del 18,1% a fronte di un trasporto aereo pressoché stabile e di un trasporto terrestre in calo (-26,2% per il ferroviario e -8,3% quello stradale). Per approfondire questa tematica è possibile scaricare le ricerche di SRM su www.sr-m.it così da poter apprendere anche quali sono le possibili strategie da seguire per il rilancio del comparto.

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CREDITO

L'ORA DEL CREDITO, AL VIA GLI INCONTRI DELLA PI DI SALERNO

DI RAFFAELLA VENERANDO

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er migliorare le competenze finanziarie in materia di costo, andamento e accesso al credito e a fonti di finanza alternativa delle PMI, il Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno, presieduto da Roberto Magliulo, ha programmato un ciclo di incontri formativi che, a partire dal 31 ottobre e fino alla seconda settimana di dicembre, mirano a promuovere la conoscenza degli strumenti pensati per le piccole e medie imprese che vogliono muoversi per raccogliere capitale ma anche per perfezionare le proprie competenze in materia di credito. Già realizzati alcuni incontri su temi specifici, tra cui “L'attività bancaria in pillole” (giovedì 31 ottobre 2013), “La Finanza d’impresa, (mercoledì 6 novembre 2013), “Il Bilancio” (mercoledì 20 novembre 2013), “Il Controllo di gestione” (mercoledì 27 novembre 2013). Altri invece sono in calendario: “Il rating” (mercoledì 4 dicembre 2013); “Gli strumenti a disposizione delle PMI: le azioni intraprese da Confindustria” (mercoledì 11 dicembre 2013). È proprio Roberto Magliulo a dirci il perché e la portata di questa iniziativa. Presidente, è sempre più reale per molte PMI il rischio di espulsione dal canale del credito, quanto meno da quello bancario. Proprio per questo il Governo con il Decreto Sviluppo ha cercato – tra l’altro - di fornire impulso all’evoluzione del mercato dei capitali di debito nel nostro Paese, ad oggi scarsamente sviluppato. Confindustria sul tema ha pensato per le sue imprese a un ciclo di incontro formativo. Ritiene che una maggiore conoscenza degli strumenti anche di finanza alternativa possa incrementare la propensione al loro utilizzo e aiutare le imprese nella raccolta di capitali? In termini generali sì, ma in termini specifici è chiaro che non basta informare/formare. Le

ROBERTO MAGLIULO PRESIDENTE PI CONFINDUSTRIA SALERNO

condizioni perché una PMI possa ricorrere a strumenti di finanza alternativa sono di varia natura e ovviamente soggettive, per lo più. Cominciare però a oltrepassare il confine della mera informazione per passare ad una presentazione attiva, che coinvolga gli imprenditori attivamente con case studies e simulazioni realistiche, può consentire ai beneficiari di acquisire quella consapevolezza necessaria ad affrontare concretamente il tema. La raccolta di capitali in Italia è ancora oggi un tema molto poco sviluppato, rispetto ad altre economie a noi simili. Il limite è dato principalmente dalla dimensione media delle nostre SME (Small Medium Enterprises), ma anche da una scarsa propensione all’investimento in mercati di tipo azionario che prevedono un rischio maggiore rispetto all’acquisto dei classici titoli di stato. Forse in questo momento la diversificazione degli investitori potrebbe consentire anche alle > 29


nostre imprese di ottenere risultati in tal senso superiori a quelli che conosciamo.

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Molte Pmi hanno poi esigenza di innovare anche le modalità di gestione aziendale: questo aspetto sarà approfondito nel corso degli incontri? Quali altre tematiche saranno affrontate? Certamente sì: tutta la struttura del ciclo formativo si basa sul concetto di gestione aziendale efficace anche dal lato finanziario. I nostri piccoli imprenditori sono bravissimi produttori, spesso bravi “commerciali”, molto meno frequentemente gestori accorti di finanza. L’uso degli strumenti finanziari da parte delle PMI è piuttosto statico e non aiuta l’offerta delle banche che presentano sempre la stessa tipologia di prodotti: lo scoperto di conto corrente (oggi camuffato con anticipo su fatture auto liquidanti ma è pur sempre un’anticipazione di cassa) e il credito a medio termine. l secondo viene spesso

impacchettato in modo accattivante e nuovo ma rimane un finanziamento a medio termine basato su una garanzia chirografaria (o ipotecaria quando possibile). Altro di nuovo all’orizzonte non c’è. Nel corso degli incontri abbiamo previsto anche una sessione con un rappresentante della Banca d’Italia che ci parlerà della Centrale Rischi e del suo funzionamento e stiamo cercando di avere conferma di una disponibilità a suo tempo già acquisita per far presentare il sistema di rating dai rappresentanti delle due principali banche italiane. L’idea è di far vedere ai partecipanti come, a fronte di un bilancio tipo, la banca assegna un rating, quali sono i fattori che lo fanno variare e soprattutto come e quanto incide il cosiddetto “andamentale”. Speriamo così di aver coperto delle esigenze reali dei colleghi e di dare loro una mano a migliorare il loro rapporto con il sistema bancario.

L’ATTIVITÀ BANCARIA IN PILLOLE

GUIDO PISANO VICEPRESIDENTE COMITATO PICCOLA INDUSTRIA CONFINDUSTRIA SALERNO

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a banca è un fattore di sviluppo economico grazie all’effetto moltiplicatore della moneta. La banca, infatti, nell’accezione tradizionale, raccoglie il denaro dai risparmiatori e lo utilizza “prestandolo” alle attività economiche sotto forma di mutui alle famiglie, di finanziamento alle imprese, di finanziamento delle grandi opere pubbliche, eccetera. Prima dell’ultima riforma del sistema creditizio, esistevano istituti specializzati nelle singole “missioni”: alcune si occupavano di credito a breve termine di natura commerciale, altre effettuavano operazioni a lungo termine per sostenere gli investimenti durevoli. Tale specializzazione aveva ingessato il sistema per la impossibilità di integrazione delle risorse disponibili. La recente riforma del sistema del credito ha

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eliminato la separazione dell’oggetto dell’attività bancaria facendo sorgere le cosiddette banche universali. Il denaro raccolto dagli istituti, cioè la provvista, non diviene di proprietà della banca (non viene comprato, non va in magazzino) ma rappresenta un debito verso i risparmiatori e viene contabilizzato fra le passività di bilancio; il denaro concesso sotto forma di finanziamento non viene venduto, ma rappresenta un credito verso il prenditore e viene contabilizzato fra le attività. Oggi si sente tanto parlare della “qualità degli attivi“ delle banche, cioè della qualità dei debitori, imprese e famiglie, nella prospettiva della restituzione del denaro prestato. Alla luce dell’Accordo di Basilea 2, l’istituto bancario, sotto la sorveglianza della Banca d’Italia, deve mantenere/impegnare


CREDITO una porzione del proprio patrimonio a fronte del rischio di “perdita” sui crediti concessi alla clientela. Questa regola costituisce una forma di cautela del “risparmio” poiché evita che le banche facciano “troppo (cattivo) credito” e che rischino il fallimento. A seguito di tale evento funesto la vittima sarebbe il risparmio. Fino ad alcuni anni orsono la quota di accantonamento era dell’otto per cento fisso del valore del prestito senza discriminazione in merito alla qualità del beneficiario (famiglia o impresa). In tal modo tutti i prenditori “valevano” 8% ai fini degli accantonamenti. Basilea 2 (e in futuro Basilea 3) ha introdotto il principio della selezione del rischio in base alle caratteristiche dell'imprenditore disponendo accantonamenti diversi, in termine di oneri, in proporzione al rischio da assumere: ogni azienda deve essere pertanto valutata e classificata, deve avere la propria “pagella”, il proprio merito creditizio. Da un lato l’accantonamento non è più fisso e uguale per tutti, sempre in termine di onere, dall’altro la necessità della selezione accurata dovrebbe diminuire le perdite. Il sistema creditizio è salvaguardato e, di conseguenza, ripetiamo, viene salvaguardato il risparmio. Il merito creditizio viene espresso con una valutazione “individuale”, il rating. A un cattivo rating fa riscontro un costo maggiore e quindi ogni impresa deve curare con la massima attenzione la gestione del proprio rating sia presso le banche con cui è in relazione sia anche per instaurare eventuali nuovi rapporti bancari. La gestione del proprio merito creditizio (rating) deve partire dalla conoscenza dei fattori che lo determinano; gli elementi valutativi sono “scelti “ dalle singole banche sulla base dei criteri della politica creditizia adottata: oggi, per esempio, alcuni settori economici sono pesati e valutati “difficili” e da “evitare”. Altri fattori valutativi sono oggettivi e riguardano la struttura patrimoniale e finanziaria del cliente: il rapporto patrimonio/mezzi propri sull’attivo immobilizzato; una buona capacità finanziaria di generare flussi di cassa sufficienti al servizio del debito; la capacità di “creare valore“ e il rafforzamento del patrimonio, scegliendo ad esempio di mantenere gli utili in azienda. Altri fattori, sempre comunque valutati dalle banche nel “processo del rating“, hanno carattere soggettivo, pensiamo alla presenza di programmi di sviluppo, la capacità di management, il passaggio generazionale, la qualità del portafoglio clienti, la fiducia goduta presso i fornitori, il peso della quota di mercato, l’assenza di pendenze giudiziarie, tributarie, eccetera. Altro elemento valutativo è l’andamento del rapporto con la Banca. Il rating è un complesso di informazioni, comportamenti, situazioni di fatto che consente l’analisi del cliente stando alla scrivania anche da parte di personale privo di esperienza e professionalità specifica. Tale atteggiamento ha determinato l’allontanamento, sia fisico sia tecnico, della banca nei confronti del cliente e la spersonalizzazione della relazione. Il gestore bancario del rapporto, tradizionale sostenitore del cliente, ha perso ogni capacità di giudizio ed ogni potere deliberativo: il vero “dominus” è il rating. Lo squilibrio contrattuale fra banca e cliente, già favorevole all’istituto, si è, quindi, ulteriormente ampliato e irrigidito. In questo contesto il cliente dovrebbe operare in funzione del miglioramento del proprio rating. Dovrebbe essere “attore/partecipe” nelle procedure di determinazione del rating, conoscere i criteri, i fattori valutativi utilizzati dalle banche,

le proprie criticità ed i propri punti di forza. L’impresa perciò deve dedicare sempre maggiore attenzione alla gestione del proprio merito creditizio e, sia pure in maniera empirica, seguire alcuni criteri di miglioramento dell’andamento del rapporto. Non esiste una ricetta specifica ma possiamo elencare alcune “istruzioni per l’uso”: 1) Essere tempestivi nella consegna dei documenti necessari. 2) Evitare sempre gli sconfinamenti programmando il ciclo monetario non solo a fine mese. 3) Utilizzare al minimo gli assegni bancari: tale strumento di pagamento è di difficile gestione anche da parte della banca. 4) Evitare gli insoluti da parte della clientela e i richiami delle nostre RIBA, i richiami degli assegni versati, pagare le RIBA o le fatture a nostro carico. 5) In caso di necessità di gestione della liquidità, non versare assegni a traenza diretta da una banca all’altra, meglio giri conto ovvero assegni circolari. 6) Cercare contatti frequenti con il Gestore e chiedere notizie in merito al proprio rating; tenersi informati sulle scadenze delle linee di credito. 7) Mantenere gli impegni: alcuni nostri comportamenti che ci appaiono normali possono creare serio intralcio al lavoro della banca e creare “imbarazzo” del Gestore nei confronti degli Organi di controllo e delibera. 8) Non utilizzare più del 70% dei fidi: avere margini di utilizzo è un buon segnale. 9) Prestare attenzione allo scadenzario degli impegni con le banche a fronte degli accordati “a tempo”. 10) Informarsi sulle possibili “assenze di lunga durata” del Gestore: l’eventuale sostituto non dedica l’attenzione necessaria. Le banche inoltre utilizzano ulteriori elementi di valutazione di insorgenza di “crisi”: dai documenti contabili, dall’andamento del rapporto, da fattori esterni dalla Centrale Rischi di Banca d’Italia. I sintomi di crisi incidono pesantemente sul rating poiché “allarmano” la Banca. Ne citiamo solo alcuni: un incremento di crediti in percentuale maggiore dell’incremento delle vendite; un aumento dei debiti in misura maggiore degli investimenti; la rivalutazione di cespiti non in presenza di disposizioni legislative; accantonamenti e ammortamenti in misura ridotta; un aumento ingiustificato del magazzino; la presenza di cassa sproporzionata rispetto all’attività e all’indebitamento; rilievi di Sindaci e Revisori; aumento ingiustificato di ratei attivi e risconti passivi. Per quanto riguarda il conto corrente, oltre a quanto già detto, l’utilizzo “teso” ed “eccedente” (sempre al limite); immobilizzo del conto con utilizzo (si parla di rapporto inchiodato); eccesso di movimentazione rispetto al ciclo economico (cioè movimentazione fittizia); difficoltà a fronteggiare il ritorno di insoluti; eccessiva richiesta di foglietti di assegni; concentrazione di Riba a carico di pochi clienti; recesso della garanzia da parte dei fideiussori. Tutti questi fatti possono essere giustificati adeguatamente ma, a causa della rigidità e “stupidità” del sistema di rating, comportano comunque difficoltà e attenzione da parte degli Organi di Controllo interno. Ulteriore componente della procedura di assegnazione del rating è la Centrale dei Rischi di > 31


“L’ORA DEL CREDITO” Il 31 ottobre scorso ha preso il via il ciclo di incontri “L’Ora del Credito” promosso dal Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno, finalizzato a migliorare le competenze finanziarie e creditizie delle imprese associate. Obiettivo del primo modulo, denominato “L’attività bancaria in pillole“, è stato offrire una prima informativa sugli aspetti “quotidiani” che regolano il rapporto Banca/Impresa. Gli argomenti affrontati sono stati: il ruolo della Banca; i rapporti operativi (conti, forme tecniche e durata dei finanziamenti); spese, commissioni, costi accessori; analisi della contrattualistica (documenti di sintesi, estratti conto); il rating bancario, influenza dell’andamentale, comportamenti e misure di cautela; il Confidi.

Banca d’Italia. La Centrale dei Rischi nasceva quale strumento di valutazione interna al Sistema Creditizio con caratteristica di assoluta riservatezza. Le banche segnalavano con cadenza mensile all’archivio di Banca d’Italia le posizioni di ogni singolo cliente con accordato e utilizzo (flusso di andata); dopo alcune settimane le stesse banche ricevevano il flusso di ritorno cioè la stato aggregato di ogni singolo cliente con tutte le banche che lo avevano segnalato. La segnalazione di ritorno era fatta in maniera aggregata e non dettagliata. Questa enorme mole di dati era riservata alle banche; paradossalmente le informazioni non erano disponibili per il soggetto segnalato (la persona fisica o l’impresa). Da alcuni anni, finalmente, le segnalazioni sono state rese aperte e disponibili per i soggetti; tramite richiesta alla Banca d’Italia, sia presso gli Sportelli sia a mezzo PEC, è possibile ricevere i prospetti della propria situazione dettagliata di fidi, utilizzi, garanzie, collegamenti a Gruppi, eccetera. Questo strumento consente un vero e proprio

monitoraggio dello “stato di salute creditizio“ ed è pertanto assolutamente necessario che ogni singola impresa (ma anche le singole persone fisiche) si forniscano del documento CR. Dalla Centrale Rischi possiamo conoscere quali sono le Banche che ci segnalano, con quali fidi, con quali scadenze e durata dei fidi (a breve termine, a revoca, a scadenza), gli utilizzi alla fine del mese, la natura delle operazioni, le eventuali anomalie, la garanzie date alle Banche (fidejussioni, pegni, ipoteche), l’eventuale collegamento con altri nominativi (gruppi, ATI ecc.). Come si intuisce, si tratta di una massa di informazioni di estremo interesse e utilità per il monitoraggio ed il miglioramento del nostro merito creditizio: la CR ci dice come siamo letti dal sistema creditizio e quindi ci consente di prevenire eventuali discordanze. I prospetti che rilascia la Banca d’Italia sono accompagnati anche da una guida alla interpretazione ma per i primi mesi è opportuno appoggiarsi a professionisti di gestione del credito, ovvero creare una struttura specifica interna.

PRINCIPI DI FINANZA D’IMPRESA

ALESSANDRO SACRESTANO TAX CONSULTANT PROGETTO ARCADIA SRL

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attività imprenditoriale è idealmente suddivisibile in cicli e, in particolare: ciclo tecnico-produttivo; ciclo econo-

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mico; ciclo f inanziario; ciclo monetario. Il ciclo monetario può far emergere fab bisogni di liquidità, derivanti da tem-

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CREDITO poranee eccedenze delle uscite sulle entrate, dovute allo sfasamento temporale fra il momento in cui si sostengono gli esborsi relativi ai costi dei fattori produttivi e il momento in cui si monetizzano i ricavi di vendita. La gestione finanziaria, attraverso la predisposizione di un budget di tesoreria, ha proprio il compito di: tentare di prevedere gli squilibri; quantificare gli stessi; individuare una modalità di copertura. L’imprenditore dovrà effettuare una corretta pianificazione finanziaria al fine di valutare e scegliere, fra le fonti di finanziamento che il mercato offre, la migliore. Uno dei principali finanziatori dell’impresa è il sistema bancario, che entra in contatto con l’impresa in due modi: sistemi di pagamento e credito. Oggi, infatti, l’imprenditore può, o deve (si pensi alla normativa antiriciclaggio), utilizzare in luogo della moneta legale, la moneta bancaria che può assumere varie forme: a. Assegno bancario e/o circolare b. Cambiale tratta e/o pagherò c. Bonifici e/o giroconti d. Servizi di pagamento (Ri.Ba., RID, MAV ). Allo stesso modo, il sistema bancario offre anche numerose forme di credito, basti pensare a: 1. Apertura di credito in conto corrente 2. Fido di castelletto (sconto cambiario) 3. Anticipo su cambiali e su Ri.Ba. 4. Anticipo su fatture. Ovviamente la scelta del mix di appoggio da parte delle banche deve essere fatta conoscendone opportunità, costi e limiti. Sotto tale profilo una riflessione a parte lo merita il problema della commissione di massimo scoperto (CMS). La CMS (abolita dal Legislatore del 2009) veniva applicata per la punta massima di "rosso" raggiunta nell'arco di un determinato periodo (generalmente il trimestre) e si at-

testava sullo 0,125%, con grave pregiudizio economico-finanziario dei correntisti. Ipotizzando un imprenditore che utilizzava il fido concesso (ovviamente nella forma tecnica dell’apertura di credito) per 100.000 euro, provvedendo il giorno dopo a reintegrarlo, si vedeva addebitata una commissione secca di 125 euro (oltre interessi passivi). Questa commissione rapportata al tempo, era ottenibile solo applicando un tasso d’interesse stratosferico, ovvero, conoscendo la formula computistica del calcolo dell’interesse I = C x i x g /365 e sostituendo i termini noti 125 = 100.000 x i x 1 /365 tramite semplici passaggi matematici si ottiene: i = 45,63% Un tasso del 45,63% è certamente un tasso usurario, senza contare che tale commissione sarebbe diventata, nel trimestre successivo, capitale sul quale calcolare altri interessi (cd. anatocismo). L’anatocismo, a differenza di ciò che avviene in altri contesti (art. 1283 cc), è consentito nel mondo bancario ma solamente per i contratti stipulati dopo il giugno 2000. Infatti, l’articolo 120 TUB rende legittime le clausole anatocistiche se nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori e a patto che al correntista venga inoltrata una comunicazione con pubblicazione in Gazzetta (Delibera CICR 9/2/2000). Non mancano tuttavia aule giudiziarie che dichiarano illegittima la capitalizzazione degli interessi, anche se praticata dopo il giugno 2000 (Tribunale Treviso 1101/2013). L’usura invece, nel contesto bancario, assume conseguenze sanzionatorie ancora più importanti. È infatti prevista un'aggravante specifica «se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare» (Art. 644 c.p. n 1).

UN TASSO DEL 45,63% È CERTAMENTE UN TASSO USURARIO, SENZA CONTARE CHE TALE COMMISSIONE SAREBBE DIVENTATA, NEL TRIMESTRE SUCCESSIVO, CAPITALE SUL QUALE CALCOLARE ALTRI INTERESSI (CD. ANATOCISMO). L’ANATOCISMO, A DIFFERENZA DI CIÒ CHE AVVIENE IN ALTRI CONTESTI (ART. 1283 CC), È CONSENTITO NEL MONDO BANCARIO MA SOLAMENTE PER I CONTRATTI STIPULATI DOPO IL GIUGNO 2000

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TRANSAZIONI COMMERCIALI: ANCORA ALTO IL RISCHIO DI INSOLVENZA IN ITALIA

A CURA DI EULER HERMES ITALIA

I n qu e s t o c on t es t o an cora p r ec a r io , l’assi cur a zion e cre di ti s v o lg e il s u o ru ol o di s elezion e, in di ri z zo e t u t ela de l bu o n f in e d elle forn i tu r e a d ila zio ne de l l e az ien d e ch e prod u c on o be n i o s er vizi, propon en d o s i c om e un o stru m en t o fl essi bi le e aff i dabile p er ri du rre l’ im p a t t o fortemente negativo ch e u n a im p r o vvis a man canza d i li qu i di tà p ot r eb b e ge n erar e a ll’ im p r es a

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Italia si appresta a chiudere il 2013 registrando la seconda recessione consecutiva (PIL -1,8%), ma un percorso di stabilizzazione graduale sembra già avviato. A partire dal secondo semestre 2013 il miglioramento del clima di fiducia da parte delle imprese consentirà un lieve recupero, che dovrebbe permettere al PIL di crescere del +0,3% nel 2014, grazie al positivo contributo della bilancia commerciale e a una contrazione più moderata della domanda interna. Michele Pignotti, Capo della Regione Paesi Mediterranei, Medio Oriente e Africa di Euler Hermes afferma: «Il rallentamento del numero degli insoluti tra le imprese è sintomo ormai che “l’effetto scrematura” tra le aziende meno solide finanziariamente è terminato, mentre, la crescita degli importi medi è lo specchio di una realtà fortemente deteriorata che non risparmia nemmeno le aziende più strutturate in termini di risk management». La mancata onorabilità dei debiti è poi ancora fortemente condizionata dai tempi di pagamento delle fatture tra imprese private, che supera ampiamente i 100 giorni in Italia. «Un miglioramento delle abitudini di pagamento, insieme alla ripartenza dell’economia nazionale, potranno rappresentare nel 2014 quella giusta miscela per ridurre i rischi d’insolvenza commerciale tra le

imprese», conclude Pignotti. I livelli di rischiosità delle transazioni commerciali nel mercato interno saranno ancora molto elevati per tutto il 2013 nella maggior parte dei settori del “made in Italy”. Entrando nel dettaglio settoriale, soffrono le Commodities che sono sopra i livelli pre-crisi del 2007 e sopra al picco della crisi registrato nel giugno del 2009, in termini di numerosità dei debiti non onorati (rispettivamente +59% e +47%), con in primis il comparto dell’energia e dei carburanti, fortemente caratterizzato da una bassa marginalità e da un’elevata necessità di circolante. Segnali di parziale ripresa dal Tessile, dove alcuni distretti hanno saputo collocarsi sulla fascia alta, crescendo al di fuori dell’Europa. Indicatori in miglioramento sul mercato interno anche per il Food, la Carta e l’Automotive. Il Food si conferma il settore anticiclico per definizione e uno dei motori trainanti del made in Italy mostrando segnali di miglioramento nelle dinamiche di pagamento. Contribuiscono positivamente al trend del settore una gestione di cassa più oculata (1°semestre 2013) dovuta anche all’implementazione della legge 62 sui tempi di pagamento, e una maggiore razionalizzazione delle reti distributive (in particolare GDO e commercio all’ingrosso). Per il cartario le buone performance sono confermate dal tissue, grazie

GRAFICO TREND MANCATI PAGAMENTI DELLE IMPRESE ITALIANE (9 MESI 2013) DOMESTIC

EXPORT

*Variazione y/y **variazione 9M 2013 vs 9M2012

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CREDITO TASSO DI INCIDENZA DEI MANCATI PAGAMENTI PER REGIONE (VAR.%) GIU 2009 VS DIC 2007 SETT 2013 VS DIC 2007

Note Dicembre 2007 inteso come pre-crisi; Giugno 2009 inteso come picco della crisi Fonte Euler Hermes

NEL PRIMO SEMESTRE 2013 I SETTORI MERCEOLOGICI CAMPANI CHE HANNO REGISTRATO LE MIGLIORI PERFORMANCE SUI MERCATI INTERNAZIO NALI SONO STATI IL CHIMICO, L’ENERGETICO, LA MECCANICA E IL METALLURGICO

al volano dell’export e dalle carte speciali di cui l’Italia mantiene importanti nicchie produttive; nell’automotive, nonostante la crisi delle immatricolazioni, resiste stabilmente il mercato degli OEM (Original Equipment Manufacturer) e della ricambistica per il comparto auto. Sul fronte regionale, a settembre 2013 rispetto ai livelli del 2007, quattordici Regioni sono al di sotto nella numerosità dei mancati pagamenti. Preoccupa, invece, la “severità” che a settembre, rispetto allo stesso periodo del 2012, nel Lazio è raddoppiata a causa delle difficoltà del comparto servizi e di quello delle costruzioni, mentre, in Friuli e in Umbria l’incremento supera il 50% e in Lombardia - motore economico dell’Italia - tocca il +19%. Entrando nel dettaglio della Campania, il PIL registrato nel 2012 (-2,1%) è in linea con quello della media nazionale. Il trend proseguirà anche nel 2013 con una flessione che si aggira ancora intorno ai due punti percentuali, mentre nel 2014 è prevista una variazione del prodotto regionale lordo intorno allo zero. La quota campana sull'export nazionale è intorno ai due punti e mezzo in percentuale, al decimo posto fra le regioni italiane. Nel primo semestre 2013 le esportazioni campane hanno registrato

una leggera crescita (+0,2%), quelle agroalimentari hanno raggiunto quota 1,2 miliardi di euro, in aumento del 6,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Numeri da record sia in quantità che in qualità per la vendemmia 2013. I settori merceologici della regione che hanno registrano le migliori performance sui mercati internazionali sono stati il chimico, l’energetico, la meccanica e il metallurgico, mentre il settore dei mezzi di trasporto (automotive, cantieristica e aeronautica) ha registrato una crescita molto più modesta. In terreno leggermente positivo anche il calzaturiero e il comparto abbigliamento. I prodotti da forno, i farinacei, il cuoio conciato e la pelletteria sono i punti di forza dell’Irpinia sui mercati esteri. A questo si unisce l’importante leva del turismo. Analizzando i pagamenti tra le imprese regionali, a settembre 2013 il tasso di incidenza dei mancati pagamenti era inferiore ai livelli pre-crisi di fine 2007, segno che il peggio della crisi è ormai alle spalle. In calo rispetto al 2012 la frequenza (numero), mentre risulta ancora in crescita la severità. In difficoltà le piccole imprese, specie nel comparto delle costruzioni (la domanda di nuovi mutui è in continuo calo) e del commercio. Proprio in questo contesto l’assicurazione crediti svolge il suo ruolo di selezione, indirizzo e tutela del buon fine delle forniture a dilazione delle aziende che producono beni o forniscono servizi, proponendosi come uno strumento flessibile e affidabile per ridurre l’impatto fortemente negativo che una improvvisa mancanza di liquidità potrebbe generare all’impresa. La polizza credito, tra l’altro, si propone non solo contratto di natura indennitaria, ma come una agevole guida per sviluppare in sicurezza le vendite su mercati esteri di cui spesso non si conoscono né la solvibilità dei clienti, né le abitudini di pagamento, né la legislazione locale. Agenzia Generale Euler Hermes della Campania Riccardo Raffaele Via San Josè Maria Escrivà, 62 - 81100 Caserta Tel. +39 0823.472573 ag_gen_campania@eulerhermes.com

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JEREMIE, UN FONDO A DISPOSIZIONE DELLE IMPRESE SALERNITANE DI VITO SALERNO

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FELICE DELLE FEMINE REGIONAL MANAGER SUD ITALIA DI UNICREDIT

n Campania, UniCredit è stata selezionata da FEI (Fondo Europeo degli Investimenti, Gruppo BEI) per la gestione del Fondo JEREMIE al fine di facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese del Territorio. Il Fondo ha una dotazione di 156 mln di euro ed è finanziato congiuntamente dalla Regione Campania per 70 mln (attraverso l’ utilizzo delle risorse del FESR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e da UniCredit per 80 mln. Pertanto i finanziamenti disponibili alle PMI sono composti per il 55 per cento da risorse proprie di UniCredit e per la restante parte da risorse intermediate tramite il FEI a tasso zero, il che rende le condizioni particolarmente favorevoli. «UniCredit – sottolinea Felice Delle Femine, Regional Manager al Sud di UniCredit - ha creduto fin dall’inizio in questa iniziativa ed ha profuso sforzi notevoli per promuoverla sul territorio e tradurla in supporto concreto al tessuto imprenditoriale locale. Nei mesi scorsi era già stato traguardato l’obiettivo di erogazione - concordato con FEI - dei primi 50 mln di euro, ad oggi l’erogato totale ha raggiunto l’importante soglia dei 100 mln di euro. Continueremo a lavorare per collocare l’intero Fondo a disposizione nella convinzione che in questo momento storico sia fondamentale - per la ripartenza dell’economia del territorio - rilanciare gli investimenti e JEREMIE mette a disposizione delle imprese risorse per avviare percorsi virtuosi di investimenti in innovazione». «Questo è il nostro sforzo - continua Delle Femine - che evidenzia un’attenzione particolare alle imprese. Essere riusciti ad erogare circa 100 milioni di euro di prestiti alle PMI in tempi rapidi risponde ad un’esigenza reale del tessuto produttivo campano che ha bisogno di strumenti concreti per mantenere i livelli occupazionali e poter avviare la tanto attesa ripresa. La Campania è stata la prima regione italiana ad adottare JEREMIE dimostrando un approccio innovativo che ha consentito di utilizzare in maniera efficace i Fondi Europei. Per questo siamo altresì convinti che le imprese salernitane, che da sempre hanno manifestato una particolare attenzione agli strumenti di finanza innovativa, debbano rivolgersi a JEREMIE come una grande opportunità. Ad oggi circa 23 milioni di euro sono stati erogati nella provincia di Salerno». La misura è rivolta ad imprese che operano in settori innovativi quali le tecnologie informatiche, le biotecnologie, l’aerospaziale, il risparmio energetico e le energie rinnovabili, ma anche in settori tradizionali come l’agroalimentare, l’artigianato, commercio e servizi. I finanziamenti per ciascun “gruppo economico” non possono superare 1.500.000,00 di euro; la durata massima per il rimborso è di 10 anni, variabile a secondo delle finalità dell’investimento e della forma tecnica del finanziamento richiesto dall’impresa. Finora le imprese che maggiormente hanno richiesto finanziamenti tramite JEREMIE sono quelle operanti nel settore dell’industria manifatturiera e agroalimentare per investimenti "materiali, in macchinari, impianti ed attrezzature", immateriali per ricerca e sviluppo e per il circolante collegato al sostegno dell’attività di espansione delle imprese.


CREDITO

PRELIEVO FORZOSO: IL PRECEDENTE DI CIPRO DIMOSTRA L’INACCETTABILITÀ DELLA PROPOSTA SANTOLO CANNAVALE ESPERTO IN MATERIE FINANZIARIE

Va ri ba d it o c o n deci si on e il “ n o ” e va res p in t o l’i pote t ic o p r eliev o su i sol i c on t i corre n t i p r es s o le ban ch e eu r o p ee. In si ste r e s u q u es t a propos t a s ig n if ic a sempl i c em en t e vol e r cr ea r e lo scom pi g lio t r a i ri spar m ia t o r i

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el marzo 2013 ai risparmiatori di Cipro venne imposto un prelievo forzoso del 10% sui saldi di conto corrente. L’intervento a carattere di urgenza fu concordato dal Governo di Cipro insieme ad Unione europea, Banca centrale europea e Fondo Monetario Internazionale. Era in discussione la possibilità di esentare o agevolare i conti con saldi fino a 100.000 euro. Grazie a questa imposizione forzosa, Cipro avrebbe incassato 5,8 miliardi di euro. Quello di Cipro sarebbe stato un intervento incisivo volto a colpire una quota limitata del patrimonio dei ciprioti (non tutti) e di quanti (russi, europei ed altri) utilizzavano le banche locali per custodire e gestire la propria liquidità. Già ai tempi, non si capiva il perché si ipotizzasse di colpire solo i depositi bancari e non, come sarebbe comprensibile ed equo, tutti i patrimoni di tutti i cittadini. Tassare in via straordinaria tutti i patrimoni consentirebbe di abbassare e di molto l’aliquota media applicata. Indubbiamente prelevare risorse in denaro contante prontamente disponibile è cosa agevole e veloce, ma disattende platealmente i criteri di ordinaria giustizia fiscale e morale. Ritorna prepotente alla memoria oggi proprio la vicenda finanziaria della Grecia ed i conseguenti atti sconsiderati posti in essere, considerato che il Fondo Monetario Internazionale, come contromisura all’esperimento fallimentare della moneta unica e nel tentativo di riportare il debito sovrano ai livelli pre crisi, ha aperto alla possibilità che le autorità europee possano imporre un prelievo forzoso del 10% sui conti correnti di 15 paesi dell’area euro. Personalmente da tempo ho avanzato la proposta in Italia di un “contributo patrimoniale” straordinario da applicare sui patrimoni personali onnicomprensivi (immobili, titoli, contanti, partecipazioni, ecc.) con possibile esclusione del valore relativo alla casa di abitazione, con aliquota del 5%. Quanto innanzi facendo leva su un patrimonio complessivo degli italiani pari (stima Banca d’Italia) a circa 8.000mila miliardi di euro. Il momento magico per l’applicazione in Italia di tale misura straordinaria ha coinciso con i primi mesi del “Governo tecnico” presieduto dal Professor Monti: Dicembre 2011 Maggio 2012. In quella fase storica, irripetibile, non vi è stata volontà e determinazione per una misura coraggiosa che avrebbe dato una spallata benefica e fruttuosa al nostro imponente debito pubblico (all’epoca 1.950 miliardi di euro) ed oggi l’Italia vaga per i mari della politica e della finanza in cerca di approdi indefiniti ed inesplorati. I 95 miliardi di interessi versati ogni anno dall’Italia per ripagare i sottoscrittori di BTP, in buona parte internazionali, segnalano visivamente la montagna di risorse nazionali sprecate e mal allocate. Avevo anche previsto e ipotizzato un concomitante intervento della Banca Centrale Europea, previa specifica decisione dell’Unione Europea, per un contributo all’Italia pari all’importo complessivo incassato con l’imposta o contributo patrimoniale. L’Italia sarebbe stata di esempio ed apripista per misure similari negli altri Paesi ad alto debito, contribuendo di fatto a consolidare una Unione Europea che oggi appare sofferente e che molti considerano a rischio di tenuta strutturale. Detto questo, va ribadito con decisione il “no” e va respinto l’ipotetico prelievo sui soli conti correnti presso le banche europee. Insistere su questa proposta significa semplicemente voler creare lo scompiglio tra i risparmiatori, azzerare il margine di fiducia attualmente accordato alle istituzioni comunitarie e, in ogni caso, non avere a cuore la soluzione possibile e accettabile dei problemi di alto debito degli Stati interessati. 37


APPALTI, LA CORTE EUROPEA INTERVIENE E BACCHETTA L’ITALIA LUIGI M. D’ANGIOLELLA AVVOCATO AMMINISTRATIVISTA studiodangiolella@tin.it

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er chiunque si occupi di lavori pubblici, e certo molti dei lettori di questa rubrica, l’istituto dell’avvalimento è senz’altro conosciuto. Si tratta di un contratto con il quale un’impresa non qualificata, si avvale di un’altra impresa (cosiddetta ausiliaria) che ha invece i requisiti per svolgere quel determinato lavoro, utilizzando mezzi e maestranze. É istituto comunitario, di origine giurisprudenziale, che all’inizio ha dato origine a non poche discussioni, ma che pare oggi si stia a poco a poco assestando anche in Italia, vista la quantità di contratti di tale fatta che si riscontrano nelle procedure di gara. Il Codice degli Appalti , agli artt. 49 e 50, disciplina tale istituto e tra i paletti vi è, però, il divieto di avvalimento plurimo, e cioè la possibilità per un unico appalto di avvalersi di più imprese. Orbene, la Corte di Giustizia Europea con la sentenza del 10.10.2013 sul ricorso C94/12 ha giudicato illegittime tale limitazione. Chiamata a pronunciarsi dal TAR delle Marche, doveva decidere proprio in merito all’esclusione di un raggruppamento temporaneo di imprese per essersi avvalso, appunto, di più imprese ausiliarie per dimostrare i requisiti di un'unica categoria di qualificazione. La Corte di Giustizia Europea con la citata sentenza ha giudicato illegittimo l’art. 49 comma VI del Codice degli Appalti che vieta, appunto, tale forma di avvalimento. Secondo i giudici europei il cumulo delle capacità di più imprese per soddisfare i requisiti richiesti dalla stazione appaltante è possibile sempre a patto che il candidato abbia effettivamente disponibili mezzi e maestranze delle imprese ausiliare di cui si avvale, e che il tutto non sia invece solo un contratto vuoto. L’intervento della Corte Europea è verso la massima apertura alla concorrenza, alla partecipazione agli appalti e indubbiamente ciò favorirà le piccole e medie imprese che potranno cumulare i propri requisiti e partecipare ad appalti più importanti in ausilio ad imprese già da tempo presenti nel mercato. Considerando che ciò comporta anche l’aumento della propria qualificazione, ciò permetterà ai piccoli operatori nuove e importanti possibilità di crescita.

L’AVVALIMENTO, COME PREVISTO DAL CODICE DEGLI APPALTI, NON VA BENE. SECONDO I GIUDICI EUROPEI IL CUMULO DELLE CAPACITÀ DI PIÙ IMPRESE PER SODDISFARE I REQUISITI RICHIESTI DALLA STAZIONE APPALTANTE È POSSIBILE SEMPRE A PATTO CHE IL CANDIDATO ABBIA EFFETTIVAMENTE DISPONIBILI MEZZI E MAESTRANZE DELLE IMPRESE AUSILIARE DI CUI SI AVVALE, E CHE IL TUTTO NON SIA INVECE SOLO UN CONTRATTO VUOTO

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NORME E TRIBUTI

LA MEDIAZIONE DELLE LITI TRA EMERGENZA DEFLATTIVA E TRASFORMAZIONI CULTURALI

MARCO MARINARO AVVOCATO CASSAZIONISTA MEMBRO ABF ROMA

Il VI R a p p or t o Isdaci su lla di ff u si on e d ella gi u sti z ia a lt er n a t iva in Ital i a s eg n a la c h e per i l 2 01 2 s on o state ben 243 . 28 1 le dom a n d e d i A D R deposi t a t e n ei Ce n tri d i r is o lu zion e ital i an i , c o n u n a cre sci ta d el 72% r i spetto a l 201 1 . I n qu esto c on t es t o il r u ol o dom in a n t e è ch i ara m en t e r i cope r t o d a lla me di az ion e c ivile e commer c ia le, le cu i dom a n d e, pari a 15 4 . 8 79 , fan n o s eg n a r e u n sost a n zio s o incre m en t o d el 154,7 % r is p et t o al l 'an n o p r ec ed en t e

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ono trascorsi appena due mesi dal ritorno della mediazione obbligatoria e non è quindi possibile effettuare alcuna analisi statistica sugli effetti che il ripristino e, soprattutto, le modifiche apportate dal legislatore possono aver prodotto sulla operatività del procedimento rispetto al periodo che ha preceduto la declaratoria di illegittimità costituzionale (sentenza della Corte costituzionale n. 272/2012 annunciata con un comunicato stampa del 24 ottobre 2012). Tuttavia, in questi giorni è stato reso noto il VI Rapporto Isdaci sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia che segnala un dato di particolare interesse. Infatti, nonostante il periodo di stasi determinato dalla citata pronuncia della Consulta, nel rapporto si registrano per il 2012 ben 243.281 le domande di ADR depositate nei Centri di risoluzione italiani, con una crescita del 72% rispetto al 2011. In questo contesto il ruolo dominante è chiaramente ricoperto dalla mediazione civile e commerciale, le cui domande, pari a 154.879, fanno segnare un sostanzioso incremento del 154,7% rispetto all'anno precedente. Un consistente aumento si segnala anche per le conciliazioni nelle liti in materia di telecomunicazioni presso i Corecom, che con un totale di 70.000 segnano un incremento del 25,7% rispetto al 2011. Altre forme di giustizia alternativa, quali ad esempio le negoziazioni paritetiche, con 17.626 domande e l'arbitrato amministrato, con 735 domande, sono rimasti stabili. Segnali dunque positivi come quelli che di recente sono stati resi noti in un altro rapporto che annualmente fornisce una serie di indicatori utili per fare

impresa. Si tratta dell’ormai noto “Doing business” (World Bank) che, tra gli altri dati, fornisce alle imprese anche uno specifico indicatore sulla giustizia civile (“enforcing contracts”) e, quindi, in particolare sulla celerità dei processi oltre che sui costi necessari a tutelare in quella sede i propri diritti. Ebbene, per la prima volta, dopo molti anni, il rapporto segnala una interessante variazione di tendenza. L’Italia, che si era attestata nel rapporto 2012 al 160° posto e nel 2013 al 140° posto (su 185 Paesi esaminati), per il 2014 si colloca al 103° posto. Una scalata significativa, in breve tempo, ma che non può essere pienamente soddisfacente ad una più attenta osservazione. Invero, dalla lettura dei dati emerge che, purtroppo, la pur importante inversione di tendenza deriva da una riduzione della durata del processo di soli 25 giorni. Infatti, se la durata media precedentemente era stimata in 1.210 giorni, attualmente è pari a 1.185. Ancora troppo poco per poter in qualche modo confrontare seriamente i dati del sistema giustizia italiano con quello francese che registra una durata media di 395 giorni (7° posto in graduatoria) e quello tedesco che segna una durata media di 394 giorni (6° posto in classifica). Tuttavia, questi dati appaiono significativi e teoricamente convergenti, in quanto l’incremento dell’utilizzo dei sistemi di ADR è destinato a condurre ovviamente ad un decremento del carico giudiziale in tal modo consentendo di pervenire in tempi più ragionevoli alla conclusione di un processo civile. Non senza rimarcare come la mediazione e gli altri sistemi di composizione delle con- > 39


troversie stragiudiziali potranno sempre più affermarsi e mostrare la loro utilità una volta usciti dall’emergenza deflattiva che distorce inevitabilmente ogni prospettiva. Una giurisdizione statale efficiente costituisce una condizione imprescindibile e prioritaria perché l’intero sistema giustizia nelle sue diverse articolazioni e peculiarità possa rispondere adeguatamente alla domanda. Sussiste infatti una stretta interdipendenza tra il funzionamento della giurisdizione statale e il corretto funzionamento dei metodi complementari alla stessa. Un panorama sempre più ampio e articolato nell’ambito dell’autonomia privata destinato ad allargarsi e consolidarsi con il recepimento della recente Direttiva 2013/11/UE (ADR per i consumatori) fissato il 9 luglio 2015. Sistemi negoziali o aggiudicativi, regolamentati e incentivati, sono destinati quindi ad ampliare l’offerta di giustizia per una domanda sempre più estesa e complessa rispetto alla quale la giurisdizione statale diviene la tutela ultima e irrinunciabile chiamata a dirimere quelle istanze che non hanno trovato migliore composizione seguendo percorsi che, adeguandosi alle singole controversie, tentano di offrire soluzioni in grado di soddisfare - con tempi e costi ridotti - gli interessi perseguiti dalle imprese e dai consumatori. In questa prospettiva particolare interesse suscitano anche le notizie che pervengono sia dal fronte giurisprudenziale, sia da quello legislativo. Sul versante giudiziario, infatti, sono sempre più frequenti le ordinanze con le quali i magistrati applicano le nuove norme in materia conciliativa. Il riferimento è, da un lato, alla mediazione delegata (e quindi alla possibilità per il giudice nel corso del processo di ordinare alle parti di tentare la mediazione in sede stragiudiziale) e, dall’altro, alla proposta conciliativa formulata dal medesimo giudice prima che l’istruttoria sia conclusa. Sono note in proposito le recenti ordinanze del Tribunale di Roma, del Tribunale di Milano, del Tribunale di Firenze, che in diverse materie e anche in un giudizio di appello, hanno separatamente o alternativamente proceduto con la mediazione delegata e/o con la proposta conciliativa. Nei prossimi mesi sarà interessante esaminare gli esiti di questa attività per valutarne la concreta utilità ai fini deflattivi invocati dal legislatore. Sul fronte normativo, invece, mentre l’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia ha finalmente avviato i controlli sugli organismi di mediazione (controlli “a campione “ e “su segnalazione”), è stata anche emanata una Circolare tecnica il 15.11.2013 (Dir. Gen. di Statistica-Min. Giustizia) che indica agli organismi le modalità di inserimento dei dati, precisando altresì che «la mancata comunicazione dei movimenti di procedimenti sarà considerato indizio di inattività dell’Organismo che potrebbe condurre alla sospensione, e nei casi più gravi, alla cancellazione dal registro, come previsto dall’art. 10 del DM 18 Ottobre 2010, n. 180 e ribadito nelle successive circolari ministeriali». E in attesa della preannunciata circolare interpretativa che dovrebbe a breve intervenire per fornire chiarimenti

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in ordine alla riforma attuata con il decreto “del fare”, il Governo con il piano “Destinazione Italia” approvato il 19 settembre 2013 (il cui testo è in consultazione con scadenza 9 dicembre 2013) ha previsto tra le misure per migliorare i tempi della giustizia civile (quale obiettivo essenziale per attrarre investimenti) l’intenzione di rafforzare gli incentivi alla mediazione (elevando la soglia per l’esenzione dall’imposta di registro per gli accordi raggiunti in mediazione). Inoltre si intende rendere possibile la rinuncia all’assistenza legale nel procedimento di mediazione. Un quadro complesso per un cantiere ancora aperto e destinato a rimanere tale a lungo. La forte spinta dell’emergenza deflattiva, le vincolanti indicazioni dell’Unione europea, l’esigenza di un riequilibrio ecologico del tasso di litigiosità, costituiscono i fattori condizionanti di un percorso verso l’abbandono di quella che è stata autorevolmente definita la “cultura del conflitto” verso la “cultura della conciliazione”. Un approccio alla soluzione del conflitto in chiave non distruttiva, ma costruttiva ove prevale l’approccio non avversariale, ma consensuale. Senza rinnegare anche contesti avversariali non distruttivi ove prevale il fair play e la cooperazione per una soluzione giusta o equa. Un percorso necessario e irreversibile che progressivamente trasformerà geneticamente l’approccio conflittuale esasperato di operatori e utenti frutto di una cultura del contenzioso ormai desueta. I benefici del sistema giustizia e del connesso sistema economico saranno notevoli e duraturi, perché in grado di incidere sul profilo relazionale del conflitto.

LA FORTE SPINTA DELL’EMERGENZA DEFLATTIVA, LE VINCOLANTI INDICAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA, L’ESIGENZA DI UN RIEQUILIBRIO ECOLOGICO DEL TASSO DI LITIGIOSITÀ, COSTITUISCONO I FATTORI CONDIZIONANTI DI UN PERCORSO VERSO L’ABBANDONO DI QUELLA CHE È STATA AUTOREVOLMENTE DEFINITA LA “CULTURA DEL CONFLITTO” VERSO LA “CULTURA DELLA CONCILIAZIONE”


NORME E TRIBUTI

IL CONCORDATO “IN BIANCO” RIVISTO DAL DECRETO DEL FARE: MAGGIORI OBBLIGHI INFORMATIVI PER L’ISTANTE ANTONIO PILUSO > DOTTORE COMMERCIALISTA PRESIDENTE ASSOCIAZIONE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DI SALERNO

Novi tà p er lo stru me n t o , u t ili si a pe r p r ev en ir e u n e ve n t u a le u so stru m en t a le de l l ’i stit u t o d a parte d i d eb it o r i de si de r os i d i “gu adag n a r e t empo” n ei con f ron t i d i possi bi li a zio n i esecu ti v e d ei credi to r i, s ia p er con cret izza zio n e un n u m ero c o n s is t en t e di i stan ze in p ia n i f atti bi li e a t t en d ib i l i

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articolo 82 del D.L. n. 69/2013, meglio conosciuto come “Decreto del fare”, convertito nella L. n. 69/2013 ha introdotto importanti novità in tema di concordato preventivo “in bianco”. L’istituto, previsto dal D.L. n. 83/2012, cd. “Decreto Sviluppo”, ha fatto registrare un notevole utilizzo da parte delle imprese nel suo primo anno di operatività, stante la possibilità per il proponente di beneficiare degli effetti protettivi connessi al deposito della domanda di concordato, ma allo stesso tempo di impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi in cui versa l’impresa. Questa “opportunità”, tuttavia, è stata oggetto, in alcuni casi, di un utilizzo “distorto” da parte di proponenti animati dall’unico intento di paralizzare le iniziative dei creditori e procrastinare la sentenza dichiarativa di fallimento. Il Legislatore del 2013 è quindi corso ai ripari, richiedendo maggiori obblighi informativi ai richiedenti, onde far emergere immediatamente gran parte delle situazioni patologiche. Nel dettaglio, il “Decreto del fare” ha cercato di rendere maggiormente trasparente lo “stato di salute” dell’impresa istante. In primis è stato previsto l’obbligo di deposito, ai fini dell’accesso alla procedura, non solo dei bilanci degli ultimi tre esercizi, ma anche dell’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, così da rendere immediatamente quantificabile la massa passiva a carico della futura ed eventuale procedura concorsuale. Per quanto concerne i Tribunali, ad essi viene riconosciuta la facoltà di nominare il commissario giudiziale già nel decreto che fissa il termine entro il quale il debitore dovrà depositare la proposta e il piano concordatario, nonché l’onere di disporre gli obblighi informativi periodici che il debitore dovrà assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, se nominato. La previsione in esame, pienamente rispondente alla ratio ispiratrice l’intervento riformatore, oltre a consentire un maggior monitoraggio da parte del Tribunale, sembrerebbe tutelare in maniera più incisiva i creditori, i quali avranno la possibilità di segnalare l’eventuale compimento di operazioni che avrebbero effetti pregiudizievoli sul patrimonio del debitore. Infine, il Tribunale potrà interrompere anticipatamente la procedura nelle seguenti occasioni: se il debitore non adempie agli obblighi informativi, se il commissario giudiziale segnala condotte fraudolente del debitore o se l’attività del debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano. In quest’ultimo caso il Tribunale potrà, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario se nominato, abbreviare il termine concesso per il deposito di tale documentazione, verosimilmente sino a renderne immediata la scadenza. La disciplina del concordato preventivo, così novellata, va sicuramente nella direzione di garantire un miglior soddisfacimento del ceto creditorio. Sicuramente tali novità, cercando di prevenire un eventuale uso strumentale dell’istituto da parte di debitori desiderosi di “guadagnare tempo” nei confronti di possibili azioni esecutive dei creditori, oltre a rappresentare un ulteriore sostegno per l’imprenditore “onesto ma sfortunato”, potrebbero consentire, differentemente da quanto accaduto finora, la concretizzazione di un numero consistente di istanze in piani fattibili e attendibili. 41


TARSU E ALBERGHI

DI MAURIZIO VILLANI E PAOLA RIZZELLI AVVOCATI TRIBUTARISTI IN LECCE avvocato@studiotributariovillani.it

Sempre p iù con sol i d a t o l’ori en ta m en t o ch e i n m a t er ia d i T AR SU d iv er s if ic a l e su perfic i in f u n zion e de l l ’u ti lizzo

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a Commissione Tributaria provinciale di Lecce, con la sentenza n. 329/02/13 dello 08.10.13, a pochi mesi di distanza dall’altrettanto recente sentenza emessa dalla medesima sezione in materia (la n. 227/02/13 del 9 luglio 2013), è tornata a pronunciarsi sulla questione inerente alla illegittimità della TARSU riscossa in violazione dell'art. 68 D.L.gs. 507/93, in considerazione del fatto che, anche per i campeggi così come per gli alberghi, il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare alle superfici destinate ad unità abitative la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni. La questione sottoposta al vaglio dei Giudici salentini è stata ancora una volta quella della illegittimità di una cartella di pagamento emessa in violazione dell’art. 68 del D.Lgs. n. 507/97, posto che anche per i campeggi il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni, limitatamente alle superfici destinate alle unità abitative, con conseguente disapplicazione del regolamento comunale e della relativa delibera. Innanzitutto, per meglio chiarire i termini della questione, è opportuno partire dall’art. 62 del D.Lgs. 507 del 1993 che ha stabilito i presupposti applicativi del tributo in oggetto, individuandoli nella semplice occupazione o detenzione «di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in via continuativa».

Il successivo art. 68 del D.Lgs. N. 507 cit., invece, ne ha disciplinato la regolamentazione da parte dei Comuni, così disponendo: «Per l'applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere: a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria; b) le modalità di applicazione dei parametri di cui all' art. 65 ; c) la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni di uso di cui all' art. 66, commi 3 e 4 ; d) la individuazione delle fattispecie agevolative, delle relative condizioni e modalità di richiesta documentata e delle cause di decadenza. L'articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: a) locali ed aree adibiti a musei, archivi, biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari; b) complessi commerciali all'ingrosso o con superfici espositive, nonché aree ricreativo- turistiche, quali campeggi, stabilimenti balneari, ed analoghi complessi attrezzati; c) locali ed aree ad uso abitativo per nu-


FISCO clei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri; d) locali adibiti ad attività terziarie e direzionali diverse da quelle di cui alle lettere b), e) ed f ), circoli sportivi e ricreativi; e) locali ed aree ad uso di produzione artigianale o industriale, o di commercio al dettaglio di beni non deperibili, ferma restando l'intassabilità delle superfici di lavorazione industriale e di quelle produttive di rifiuti non dichiarati assimilabili agli urbani; f ) locali ed aree adibite a pubblici esercizi o esercizi di vendita al dettaglio di beni alimentari o deperibili, ferma restando l'intassabilità delle superfici produttive di rifiuti non dichiarati assimilabili agli urbani. I regolamenti, divenuti esecutivi a norma di legge, sono trasmessi entro trenta giorni alla direzione centrale per la fiscalità locale del Ministero delle finanze che formula eventuali rilievi di legittimità entro sei mesi dalla ricezione del provvedimento. In caso di rilievi formulati tardivamente il comune non è obbligato ad adeguarsi agli effetti dei rimborsi e degli accertamenti integrativi.». Infine, ai sensi e per gli effetti del successivo art. 69, c. 2, del D.Lgs. N. 507/93, «Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3». Orbene, dal suddetto quadro normativo, si evince in maniera inequivocabile che i Comuni, per l'applicazione della tassa, devono adottare apposito regolamento che, a sua volta, deve contenere la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali e aree con omogenee potenzialità di produrre rifiuti tassabili, applicando a queste la stessa tariffa. Difatti, solo una motivazione rispettosa del dettato normativo di cui all’art. 69 cit., potrebbe giustificare una tariffa differente per le aree con omogenea potenzialità di produrre rifiuti. Sul punto, peraltro, è anche intervenuta la Suprema Corte (Cass., del 04 agosto 2005, nn. 16427, 16428, 16429), statuendo che «Anche il II motivo si manifesta infondato, atteso che in alcun modo la C.T.R., nel legittimo esercizio del menzionato potere di disapplicazione, si è sostituita alla P.A. nelle valutazioni di merito, avendo, invece, solo preso atto della riscontrata illegittimità delle delibere perché non rispondenti alle prescrizioni normative di cui all'art. 69 comma 2 D.L.vo 507/93; ed in particolare, perché carenti di qualsiasi indicazione in ordine alle "ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe" e ai "dati relativi ai costi del servizio"» e con ciò riconoscendo in capo al giudice tributario il potere di disapplicare le delibere comunali, in materia di tariffe TARSU, ai sensi dell'articolo 7 D.Lgs. n. 546/1992. Pertanto, facendo corretta appli-

cazione dell’enunciata disciplina normativa e dei suddetti principi giurisprudenziali, la Ctp di Lecce, con sent. dello 08.10.13, n. 329, ha, quindi, ritenuto legittima la tassazione delle aree non destinate ad uso abitativo, disponendo, invece, la riliquidazione della TARSU per tutte quelle superfici del campeggio destinate all'effettiva occupazione di strutture abitative. In questo modo, il Collegio salentino ha dato continuità a quel filone della giurisprudenza di merito che ormai si sta sempre più consolidando (Ctp Lecce nn. 612-614/2008 del 18.11.2008, 629/02/10 del 03.11.2010, 294-295 /02/11 del 10.05.2011.; 536/02/11 del 12.07.2011 del 09.07.13, n. 227/02/13; CTR Puglia – Sez. Staccata di Lecce – nn. 71, 72 e 73 del 04.06.2012), secondo il quale è irragionevole ritenere che un nucleo familiare in vacanza produca maggiori rifiuti di quelli prodotti ordinariamente nella propria abitazione e secondo il quale è «illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione il provvedimento con cui è stata determinata la tariffa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in cui dal provvedimento medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a ricostruire i presupposti di fatto e di diritto in ordine all'aumento della tariffa. Infatti, pur avendo il provvedimento natura di atto generale, si deve ritenere che nei confronti dello stesso non sia applicabile la disciplina prevista dall'art. 13 l. n. 241/1990, bensì, per il suo carattere di specialità e maggiore garanzia procedimentale, la disciplina prevista dall'art. 69, comma 2, d.lgs. n. 507/1993, secondo cui l'Amministrazione, quando determina le tariffe, deve dar conto delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, nonché dei dati e delle circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo; tale disposizione comporta l'obbligo per l'Amministrazione di motivare analiticamente le scelte espresse nella relativa deliberazione" (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 1° ottobre 2009, n. 1550; in questa stessa direzione cfr., anche, Cons. Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5616; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 127; T.A.R. Sardegna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 411)» (TAR Puglia, del 24 ottobre 2013, n. 2184). Né, infine, ad una diversa conclusione può indurre l’altrettanto consolidato principio giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, secondo il quale «la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di comune esperienza», in quanto se tale principio è stato enunciato a fronte della richiesta di equiparazione totale tra alberghi e civili abitazioni, manca, invece, una specifica statuizione della stessa in merito alla prospettata diversificazione delle aree a seconda della loro destinazione e sull’omessa motivazione della negazione di tale diversificazione laddove per l’appunto il Comune decida di agire diversamente. 43


NESSUN RITORNO A TARSU O TIA, PER IL 2013 È DOVUTA LA TARES DI MAURIZIO VILLANI E PAOLA RIZZELLI

N on h an n o mol to t em p o p er ade gu ar s i q u ei Com u n i c h e h a n n o man te n u t o i vec c h i regi mi in t r ib u t a r i in m ate r ia d i r if iu t i , e ch e r is c h ia n o pen a co n t en zios i con si de r evo li c h e i con trib u en t i potrebb er o a t t iva r e

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equivoco sul ripristino dei precedenti prelievi in materia di rifiuti, quali la TARSU o la TIA, nonostante, a decorrere dal 1° gennaio 2013, a norma dell’art. 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sia stato istituito in tutti i Comuni del territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), nasce dall’art. 5, comma 4-quater, del D.L. 102/2013, convertito con modifiche dalla L. 124/2013. Difatti, ai sensi e per gli effetti del suddetto c. 4-quater dell’art. 5 del D.L. cit., «In deroga a quanto stabilito dall'articolo 14, comma 46, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e dal comma 3 del presente articolo, per l'anno 2013 il Comune, con provvedimento da adottare entro il termine fissato dall'articolo 8 del presente decreto per l'approvazione del bilancio di previsione, può determinare i costi del servizio e le relative tariffe sulla base dei criteri previsti e applicati nel 2012 con riferimento al regime di prelievo in vigore in tale anno. In tale caso, sono fatti comunque salvi la maggiorazione prevista dal citato articolo 14, comma 13, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nonché la predisposizione e l'invio ai contribuenti del relativo modello di pagamento. Nel caso in cui il Comune continui ad applicare, per l'anno 2013, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) in vigore nell'anno 2012, la copertura della percentuale dei costi eventualmente non coperti dal gettito del tributo è assicurata attraverso il ricorso a risorse diverse dai proventi della tassa, derivanti dalla fiscalità generale del comune stesso». Conseguentemente, a fronte di tale dettato normativo e, nella specie, della formulazione di

quest’ultimo periodo, alcuni Comuni hanno ritenuto che la succitata norma abbia ripristinato i precedenti prelievi in materia di rifiuti. In ragione di ciò, quindi, gli stessi, anziché deliberare per l’anno 2013 la TARES, di cui all’art. 14 del D.L. 201/2011, convertito con modificazioni dalla L. n. 214/2011, hanno deliberato di continuare ad applicare anche per l’anno 2013 la TARSU o la TIA. Tuttavia, ad una differente soluzione induce la risposta scritta del 13 novembre 2013, data dalla Commissione Finanze della Camera, ad un quesito posto dall’Onorevole Paglia sulla possibilità di consentire agli utenti che sono anche soggetti passivi Iva di esercitare il diritto alla detrazione dell'imposta pagata sulla Tia 1 o la Tia 2, considerato che, in fase di conversione in legge del decreto-legge n. 102 del 2013, il Parlamento ha introdotto all'articolo 5 (Disposizioni in materia di TARES), il comma 4-quater, al fine di consentire ai Comuni di continuare ad applicare il regime del tributo (Tarsu) o della tariffa (Tia 1 o Tia 2) relativi alla gestione dei rifiuti urbani utilizzati nel 2012, derogando così al comma 46 dell'articolo 14, del decreto-legge n. 201 del 2011, che prevedeva l'abrogazione, a decorrere dal 1o gennaio 2013, dei vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, e quindi di mantenere sostanzialmente in essere per il 2013 il sistema di pagamento del servizio rifiuti già in vigore per il 2012. Nel rispondere al quesito, infatti, il Dipartimento si è trovato a dover risolvere la questione preliminare inerente al ripristino della TARSU o TIA, evidenziando che l'ipotesi interpretativa secondo la quale l'articolo 5, comma 4-quater, del decreto-legge n. 102/2013 consenta effettivamente ai Comuni di continuare ad applicare, anche per il 2013, il prelievo relativo alla gestione dei rifiuti urbani già utilizzato nel 2012


FISCO (TARSU, TIA1 o TIA2) in luogo della TARES, comporta notevoli criticità che meritano le seguenti riflessioni. (...) Dalla lettura del primo periodo del citato comma 4-quater, sembrerebbe emergere che la deroga a quanto stabilito nel comma 46, dell'articolo 14, del decreto-legge n. 201 del 2011 – il quale ha statuito, a decorrere dal 1o gennaio 2013, la soppressione di tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale, sia di natura tributaria, non possa assumere la portata di ripristinare, sic et simpliciter, i regimi di prelievo sui rifiuti espressamente abrogati, poiché la norma derogatoria consente ai Comuni di determinare i costi del servizio e le relative tariffe sulla base dei criteri previsti e applicati nel 2012 con riferimento al regime di prelievo in vigore in tale anno; mentre, la norma in questione, nel prevedere che «nel caso in cui il Comune continui ad applicare, per l'anno 2013, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) in vigore nell'anno 2012, la copertura della percentuale dei costi eventualmente non coperti dal gettito del tributo è assicurata attraverso il ricorso a risorse diverse dai proventi della tassa, derivanti dalla fiscalità generale del Comune stesso», potrebbe avere soltanto la finalità di disciplinare la particolare ipotesi in cui nell'anno 2012 i comuni fossero stati in regime di TARSU, precisando che in tale ipotesi si può fare ricorso solo a proventi derivanti dalla fiscalità generale del Comune. (…) Il Dipartimento ritiene, quindi, che la deroga relativa al comma 46 del menzionato articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 debba ritenersi limitata in ogni caso all'aspetto relativo ai co-

sti. Il Dipartimento precisa, infine, che ove si ritenesse, invece, che «con la norma si sia effettivamente voluto ripristinare i precedenti prelievi in materia di rifiuti, potrebbero sorgere problemi, non solo in ordine all'applicazione dell'IVA sulla TIA, ma anche sulla riscossione della cosiddetta maggiorazione standard di cui al comma 13 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, nonostante che lo stesso comma 4-quater disponga che «sono fatti comunque salvi la maggiorazione prevista dal citato articolo 14, comma 13, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nonché la predisposizione e l'invio ai contribuenti del relativo modello di pagamento». Infatti, l'articolo 10, comma 2, lettera c) del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, stabilisce che «la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato è riservata allo Stato ed è versata in unica soluzione unitamente all'ultima rata del tributo, secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché utilizzando apposito bollettino di conto corrente postale di cui al comma 35 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011», che è appunto quello previsto per la TARES». Ebbene, a questo punto, in ragione di quanto ampiamente esposto e nel silenzio di una risoluzione illustrativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a quei Comuni che hanno mantenuto il regime TARSU o TIA anche per il 2013, non resta che adoperarsi per gli opportuni aggiustamenti entro i tempi utili, considerato l’enorme contenzioso che i contribuenti potrebbero attivare.

I FINANZIAMENTI DAI SOCI SOTTO LA LENTE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

MARCO FIORENTINO FIORENTINO ASSOCIATI > SYNERGIA CONSULTING GROUP

S

i avvicina a grandi passi l’ennesimo adempimento fiscale rappresentato dalla comunicazione dei finanziamenti effettuati dai soci, prevista per il 12 dicembre prossimo. Infatti, con il provve-

dimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 94904 del 2 agosto 2013 sono state attuate le disposizioni di cui all’art.2 comma 36 sexiesdecies del D.L. n.138 del 13/8/11, che hanno introdotto l’obbligo di > 45


comunicare all’Anagrafe tributaria i dati relativi ai soci o loro familiari che hanno effettuato finanziamenti o capitalizzazioni a favore delle società, con l’obiettivo di acquisire dati utili alla ricostruzione sintetica del reddito delle persone fisiche. La comunicazione va inviata telematicamente entro il 12 dicembre 2013 per le operazioni del 2012 ed entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento per gli anni successivi. Tale nuovo obbligo più volte rinviato, per le notevoli difficoltà applicative, si differenzia dall’altro glorioso adempimento, sempre in scadenza il prossimo 12 dicembre, inerente la comunicazione dei beni concessi in godimento ai soci, che ha invece come obiettivo il controllo che beni d’impresa non divengano beni personali, senza scontare le imposte previste dalla legge per l’uso extra aziendale. Per inciso, sulla base della dottrina maggioritaria, la comunicazione sui beni va inviata solo qualora vi sia da “denunciare” un socio che non avesse pagato per l’uso del bene un importo di mercato. Diversamente, infatti la comunicazione non sarebbe necessaria. Mi domando, visto che il 95% delle nostre imprese è una PMI, quanti saranno gli amministratori che comunicheranno che il loro socio (spesso amministratore) ha evaso le tasse? Tornando ai finanziamenti, l’AGE ha precisato che essi vanno comunicati anche se non ineriscono ad operazioni finalizzate all’acquisto di beni da concedere in godimento, in aperto contrasto con la normativa istitutiva (DL 138), che invece prevedeva la comunicazione del finanziamento solo se esso fosse utilizzato per l’acquisto del bene (come correttamente rilevato dall’IRDEC con la circolare 27/2012). Siamo quindi dinanzi ad una estensione di un obbligo non supportato da una norma di legge. Sono soggetti alla informativa le persone fisiche che, nella loro qualità di soci, erogano, direttamente o per il tramite di loro familiari, somme di denaro a titolo di finanziamento o di capitale a favore delle seguenti società od enti residenti: a) società di persone, escluse le società semplici; b) società di capitali; c) società cooperative; d) stabili organizzazioni; e) enti privati di tipo associativo limitatamente alla sfera commerciale. Tuttavia, nel rispetto del de minimis, l’obbligo di comunicazione da parte della beneficiaria del nome dei soci finanziatori sorge per importi complessivi annui, per ciascun soggetto, pari o superiore ad Euro 3.600,00, al lordo delle eventuali restituzioni. L’AGE ha precisato che non vanno inoltre comunicati gli apporti di cui essa sia già informata, come ad esempio, i versamenti effettuati nelle sottoscrizioni di aumenti di capitale risultanti dal verbale dell’assemblea straordinaria od i finanziamenti regolati da scritture private autenticate (rarissime). 46

Ne consegue che, tra le capitalizzazioni, saranno da comunicare, ad esempio, i versamenti in conto capitale o a fondo perduto e similari, qualora non avvengano in atti assembleari soggetti a registrazione. Tra i finanziamenti, occorrerà comunicare quelli effettuati attraverso scambio di corrispondenza o comunque con modalità per le quali l’AGE ritenga di non poter reperire l’informazione. L’elencazione di ciò che va comunicato è di puro buon senso, perché nel concreto il contribuente non è in grado di sapere di cosa effettivamente l’AGE sia già informata. La considerazione non è banale se si pensa a quante banche dati ormai l’Erario può far ricorso, ivi compresa l’anagrafe di tutti i rapporti bancari. È molto probabile quindi che, per prudenza, verranno effettuate molte comunicazioni di cui l’Amministrazione Finanziaria abbia, per altre vie, già notizia. Sotto il profilo delle sanzioni, per l’omesso od infedele invio non si applica la soprattassa del 30 per cento, prevista per la comunicazione dei beni, in quanto non esiste base imponibile, né è applicabile la sanzione amministrativa residuale da 258 a 2.065 euro prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera a), del DLGS n. 471/1997. Ne deriva che dovrebbe risultare applicabile la sanzione generale stabilita dall’articolo 13, comma 2, del DPR n. 605/1973, secondo il quale chi omette dati da comunicare all’AGE è colpito da pena edittale da 206,58 a 5.164,57 euro. L’adempimento in questione è un esempio paradigmatico della contraddizione del nostro legislatore. Esso è nato come corollario al controllo sull’uso dei beni aziendali ed è diventato invece (sine lex) un autonomo strumento da redditometro, con l’aggravante di avere tutti i requisiti anche psicologici della autodenuncia. Cosa si pensa potrà succedere? È ragionevole immaginare che gli apporti dei soci subiscano una contrazione, a tutto danno del sistema imprese? Né vale a mio parere la considerazione che tale probabile effetto collaterale troverebbe la sua giustificazione nel superiore interesse del Paese alla lotta all’evasione. Per due ragioni. Innanzitutto l’insieme di informazioni oggi a disposizione dell’AGE rende del tutto ridondante una ulteriore specifica comunicazione. Inoltre, anche ammettendo l’imprescindibilità di tale informazione ai fini antievasivi (ed è tutto da dimostrare), sarebbe bastato prevedere uno specifico rigo nel modello Unico delle società beneficiarie ove allocarla e il risultato sarebbe stato raggiunto lo stesso, ma con un obbligo in meno. Ecco la contraddizione: da un lato si professa la crescita e la semplificazione e dall’altro lato si emanano norme che vanno nel senso esattamente contrario. È di questi giorni il dato del carico fiscale per le imprese del 65% rispetto alla media europea del 41% , non credo che adempimenti del genere lavorino nella direzione di ridurre tale irrazionale forbice.

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LAVORO

LA DISCIPLINA DEGLI INTERVALLI TRA CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

GIUSEPPE BASELICE RELAZIONI INDUSTRIALI CONFINDUSTRIA SALERNO

D al 28 g iu g n o 20 13 è s u f f ic ien t e r i spettar e u n inte rvallo d i 1 0 o 20 gi or n i a secon da c h e il pri mo c on t r a t t o abbi a un a d u r a t a fi n o a 6 m es i o su pe ri o r e. I l n u ov o t e rm i n e d i in t er v a ll o si appl ic a a n c h e se i l pr ec ed en t e con trat t o er a s or t o pri ma dell’ en t r a t a i n vi gore d ella n u o va n ormat iv a

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egli ultimi due anni i provvedimenti legislativi che hanno riguardato la materia del lavoro hanno interessato in particolar modo l’istituto del contratto a tempo determinato. Le spinte riformatrici si sono mosse nella contestuale e non antitetica direzione di evitare gli abusi sul ricorso a tale strumento da un lato, e di semplif icare l’accesso alle imprese dall’altro. Ricordiamo che l’istituto del contratto a termine trova la sua fonte giuridica nel Decreto Legislativo n. 368 del 2001, modif icato prima nel 2012 dalla Legge n.92 (c.d. Riforma Fornero) e poi nell’anno in corso dal D.L.67, convertito con la Legge n.99 (c.d. Riforma Giovannini). Di seguito cercheremo di fornire una ricostruzione temporale dei successivi interventi legislativi in merito all’intervallo temporale che deve intercorrere tra un contratto a tempo determinato e un altro con lo stesso lavoratore. Prima della Riforma Fornero al termine di un contratto a tempo determinato con un lavoratore, il datore poteva stipulare un nuovo contratto (a termine) con lo stesso dipendente solo dopo un intervallo di 10 giorni se il contratto iniziale aveva una durata f ino a 6 mesi e di 20 giorni se di durata superiore. La riforma del 2012, con l’intento di evitare abusi, aveva ampliato i suddetti termini a 60 e 90 giorni. Non potendo registrare in che misura la disposizione abbia consentito l’eliminazione delle “distorsioni”, abbiamo sicura evidenza delle diff icoltà riscontrate da Aziende e lavo-

LA RIFORMA 2013 È UNA PALESE CONFERMA DELLE RIGIDITÀ CHE LA NORMATIVA DELL’ANNO PRECEDENTE AVEVA IMPOSTO AL SISTEMA, RIGIDITÀ CHE NON SONO STATE IN GRADO DI COMPENSARE LA RIDUZIONE DEI PAVENTATI ABUSI

ratori nel rispettare dei termini di intervallo così ampi. Molte imprese, infatti, non potendo attendere tali intervalli e non potendo comunque ricorrere ad altre forme di inserimento in quanto attività legate a commesse temporanee, hanno dovuto bloccare le assunzioni a termine con gli stessi lavoratori. La norma prevedeva altresì la possibilità per la attività stagionali individuate dal DPR 1525/63, e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative > 47


sul piano nazionale, di dover attendere 20 o 30 giorni in luogo dei termini ordinari. Sulla base di tale possibilità, Conf industria Salerno ha assistito un’azienda associata nella stipula di un accordo con la O.S. di categoria per la riduzione dei termini di intervallo individuando uno specif ico caso legittimante che ha consentito quindi di assumere gli stessi lavoratori precedentemente impiegati decorsi 20 giorni (non 60). Tale assetto è stato oggi superato dal Decreto Legge 8 giugno 2013, n. 76, convertito con modif icazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, attraverso la previsione di intervalli più brevi. Dal 28 giugno 2013 è quindi suff iciente rispettare un intervallo di 10 o 20 giorni a seconda che il primo contratto abbia una durata f ino a 6 mesi o superiore. Il nuovo termine di intervallo si applica anche se il precedente contratto era sorto prima dell’entrata in vigore della nuova normativa. La riforma 2013 è una palese conferma che la normativa 2012 aveva imposto al sistema delle rigidità che non hanno compensato la riduzione dei paventati abusi. Si noti poi come il termine oggi previsto in via ordinaria è inferiore a quello previsto precedentemente per le fattispecie oggetto di disciplina speciale, ovvero le attività stagionali e i casi previsti dalla contrattazione collettiva. Per tali ultime fattispecie la normativa attuale prevede un

azzeramento degli intervalli ed è quindi possibile effettuare due assunzioni a tempo determinato senza soluzione di continuità dello stesso lavoratore se impiegato in una attività stagionale di cui all’art. 5, comma 4 ter del D.Lgs. 368/2001 o nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali. In tal senso è stato stipulato l’accordo nazionale tra le Associazioni industriali alimentari e le Organizzazioni Sindacali della categoria in attuazione dei rinvii al CCNL previsti dalla L. 99/2013. Nell’intesa le Parti specif icano, in quanto delegate, che l’Accordo dalle stesse sottoscritto in data 17 marzo 2008 sulla stagionalità soddisfa i requisiti legali per la non applicazione degli intervalli temporali. Inoltre si indica che a tutte le tipologie di assunzione a termine effettuate per le ragioni di cui all’art. 1 del D.Lgs. 368/2001 si applicano gli intervalli ridotti di 5 o 10 giorni rispettivamente per i rapporti a termine con durata f ino a 6 mesi o superiore, rimettendo però alle lettere individuali di assunzione l’indicazione delle fattispecie concrete che consentono di utilizzare i suddetti termini ridotti. Un indubbio passo avanti nella direzione della f lessibilità organizzativa intesa non come sinonimo di pregiudizio di diritti, ma come possibilità di cogliere f ino in fondo le possibilità offerte dal mercato, altrimenti non perseguibili.

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UN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO

MASSIMO AMBRON AVVOCATO DEL LAVORO avv.massimoambron@fastwebnet.it

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a recentissima sentenza della Corte di Cassazione sopra richiamata conferma le precedenti sentenze emesse, sia in primo grado, sia in Corte di

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Appello, rigettando il ricorso presentato dall’azienda presso cui era dipendente il lavoratore. Nei tre gradi di giudizio la posizione


LAVORO

CON LA SENTENZA N. 23365 DEL 1 5 OTTOBRE 2013 LA CORTE DI CASSAZIONE HA RIGETTATO IL RICORSO PRESENTATO DALL’AZIENDA COMMINATO A UN DIPENDENTE CHE DURANTE LA MALATTIA LAVORAVA PRESSO UN’AGENZIA IMMOBILIARE. NEL CORSO DELL'ARTICOLO SI FA LUCE SU I PERCHÉ, GIUSTIFICATI, DEL REINTEGRO

dei magistrati appare quindi nella fattispecie concorde e senz’altro unitaria. Sembrerebbe, invece, ad una prima rapida lettura, censurabile la posizione dei magistrati aditi, essendo in presenza di grave inadempimento contrattuale che va ad inf iciare e incrinare irreparabilmente il rapporto di f iducia che è alla base del rapporto di lavoro, oltre che a violare i doveri di correttezza e buona fede e gli specif ici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. Al contrario, se si analizza, soprattutto in punto di fatto la questione in esame, le sentenze emesse dai giudici e confermate dalla Cassazione appaiono giuste, logiche e congruamente motivate. A mio avviso il provvedimento di licenziamento rappresenta un momento molto delicato nella gestione della impresa e pertanto il datore di lavoro già dal momento in cui avvia il procedimento disciplinare, che può avere come conseguenza la espulsione dal processo produttivo, deve da un lato effettuare con cautela una istruttoria completa, genuina e oggettiva, e dall’altro coinvolgere già nelle fasi iniziali esperti in materia. Il caso in esame riguarda il licenziamento comminato da una azienda ad un suo dipendente che, durante l’assenza per malattia regolarmente certif icata, svolgeva attività lavorativa presso un soggetto terzo, una agenzia immobiliare. Il datore di lavoro, avendo avuto informazioni sul fatto, aveva dato incarico ad una agenzia investigativa,

che aveva relazionato, confermandone la circostanza. Il lavoratore si era difeso nei due gradi di giudizio e poi in Cassazione comprovando che l’attività era stata svolta in maniera occasionale e saltuaria collaborando con un proprio congiunto, senza alcuna retribuzione e comunque provando che l’attività era compatibile con la malattia sofferta e «non ne pregiudicava il recupero delle normali attività lavorative». Inoltre, la contestazione disciplinare era generica, non riportava dati specif ici su date, ore, modalità di esecuzione della presunta attività lavorativa e anche dalla relazione della agenzia investigativa, peraltro prodotta tardivamente, «emergevano attività per lo più varie e poco impegnative e comunque compatibili con la patologia cronica sofferta dal ricorrente, poi appellato». Le tesi esposte dal lavoratore sono state accolte in ogni sede, da ultimo presso la Suprema Corte con la sentenza che qui si commenta. La S.C. ha ritenuto infondati i motivi posti a base del ricorso presentato dalla Società. Il primo riguarda la lettera di contestazione che secondo la S.C. è assolutamente generica, non individua i giorni, né l’attività concretamente svolta e, pertanto, non consente al lavoratore di difendersi puntualmente da accuse genericamente formulate e al Giudice di valutare la gravità dei fatti addebitati. Il secondo motivo riguarda l’attività svolta presso il soggetto terzo che risultò sporadica, occasionale, svolta non durante l’orario di apertura dell’agenzia e comunque compatibile con lo stato di malattia certif icato «epatopatia cronica evolutiva» che, come emerse in base alle prove fornite, non poteva subire pregiudizio o «rallentarne il processo di guarigione». In conclusione, la S.C. ha ritenuto nel caso di specie il licenziamento illegittimo, in quanto tutti gli addebiti contestati, peraltro generici, sono stati smentiti dalle prove emerse in corso dei giudizi. Inoltre, non è stato provato che l’attività poteva portare pregiudizio al rapido rientro al lavoro e/o la eventuale simulazione fraudolenta della malattia. Diversamente la S.C. avrebbe deciso, riconoscendola, la legittimità del licenziamento come da costante e consolidato f ilone giurisprudenziale, se il datore di lavoro, sulle premesse di elaborare una contestazione disciplinare specif ica con allegazioni documentali e/o prove testimoniali, avesse comprovato la incompatibilità tra l’attività svolta e il tipo di patologia connessa alla sua malattia, la sua continuità e non occasionalità, tali da violare i doveri di correttezza e buona fede, oltre che gli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, condotte che non consentono la continuazione del rapporto di lavoro essendo venuto meno il vincolo f iduciario. 49


STRATEGIE D'IMPRESA

SICUREZZA ALIMENTARE, LA COMPETENZA SINERGICA DI TERMOTECH ECO E DEL CHIBI LAB AL SERVIZIO DELLE AZIENDE DI RAFFAELLA VENERANDO

U n accord o t r a i d ue e n ti d i r ic er c a c h e h a l ’o b iet t iv o d i fa vori re lo s vilu p p o d i proge t t i v o lt i a r a fforzare i m et o d i d i p re ve n zio n e d ei r is chi d i con tam in a zio n e, no n ch é q u ello d i g aran ti re elev a t i st an dard q u a lit a t ivi r is ol ven do p robl e m a t ic h e legate ai p r o c es s i d i l avora zion e e t r attam en t o d ei m ate ri ali p olim er ic i a ttrave rs o il s u p p or t o d i prove f is ic om eccan ic h e, t er m ic h e , r e ol ogi c h e, a n a lis i m i crosco p ic h e ed a nal i si ch im ic h e

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È

da poco diventata realtà la collaborazione tra il Centro di Ricerca Termotech Eco di Salerno e il Laboratorio “CHIBI Lab srl” di Pagani, consapevoli dell’importanza che riveste la tutela della sicurezza alimentare del consumatore nella valutazione del rischio di danno organolettico e tossicologico dei materiali a contatto con gli alimenti. L’accordo ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo di progetti di sicurezza alimentare atti a rafforzare i metodi di prevenzione dei rischi di contaminazione, nonché quello di garantire elevati standard qualitativi risolvendo problematiche legate ai processi di lavorazione e trattamento dei materiali polimerici attraverso il supporto di prove fisico-meccaniche, termiche, reologiche, analisi microscopiche ed analisi chimiche. Per le aziende che volessero avvalersi della esperienza dei due team, il Centro di Ricerca Termotech Eco ed il Laboratorio CHIBI Lab srl forniscono, a tariffe agevolate, consulenza e analisi di laboratorio nell'ambito della sicurezza alimentare e in particolar modo nella valutazione del rischio chimico nel settore dell'imballaggio. L’analisi del rischio comprende: valutazione delle tecnologie e dei materiali usati negli imballaggi destinati a contenere gli alimenti; valutazione della natura e della composizione delle materie prime utilizzate al fine di verificarne la corrispondenza con le proprietà dichiarate; valutazione di trattamenti di protezione o modifica delle proprietà strutturali o superficiali; analisi chimiche e prove di caratterizzazione; valutazione preliminare delle caratteristiche tecniche necessarie per la corretta individuazione dei parametri di processo; valutazione del rischio del danno organolettico; informazione sul rischio del danno organolettico per specifica applicazione; valutazione del rischio del danno tossicologico garantito nelle regolamentazioni specifiche dai limiti di migrazione globali (requisiti di purezza) e dalle liste positive; gestione del rischio, anche attraverso l'individuazione di tecnologie alternative e innovative. «La valutazione del rischio associato all'utilizzo degli imballaggi – dichiara Stefania Lima, Ufficio Marketing e Sviluppo Termotech Eco - è un impegno che coinvolge non solo l'Industria del food packaging alimentare ma l'intera Filiera: i produttori di materie prime (settore in cui vengono scelti e successivamente “generati” i materiali), i trasformatori (da non trascurare gli effetti delle attività di formatura, stampa, laminazione, taglio) e gli utilizzatori (produttori di imballaggi primari in materiale plastico e non e al loro riempimento, nonché utilizzatori che importano imballaggi pieni in materiale plastico non primario). All'Industria Alimentare spetta il compito di coordinare le attività dell'intera filiera sulla priorità della sicurezza alimentare. Solo chi lavora con spirito di trasparenza, correttezza e competenza potrà rimanere nel settore del food packaging. É importante per l'intera filiera coinvolta nel ciclo di fabbricazione degli imballaggi per alimenti conoscere tutti quei composti che possono migrare, nonché tutti i meccanismi e le condizioni in cui tali fenomeni possono verificarsi. Il tutto nel pieno rispetto di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27/10/2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari». Nei mesi a seguire Il Centro di Ricerca Termotech Eco ed il Laboratorio CHILAB Srl organizzeranno un workshop destinato ad un approfondimento in materia.


SICUREZZA

S e tto re r i c er c a , c e rtific a z i on e e v er i f i c a o s s e r va t or i o d el l a s i c u r ez z a

LE NUOVE NORME PER LA PROTEZIONE DAI FULMINI

a c u r a d el l a D ire zio n e C en t r a l e Pro gr a m m a z i on e, O rg a n izz a z i on e e C on t r o llo

DI GIOVANNI LUCA AMICUCCI E FABIO FIAMINGO INAIL – SETTORE RICERCA, CERTIFICAZIONE E VERIFICA DIPARTIMENTO TECNOLOGIE DI SICUREZZA

I cambia m en t i pri n ci pa li in t r o d o t t i ne l l a ed izion e aggi orn a t a ri gu ard a n o pri n ci pa lm en t e il me todo r ela t ivo al l ’an alis i d el r is c h i o

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i sensi del Testo Unico D.Lgs. 81/08 e s.m.i. è definito, per il datore di lavoro, l’obbligo di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (art. 28), compreso ovviamente il rischio dovuto al fulmine (art. 84). La valutazione del rischio delle perdite di vite umane o economiche a causa dei fulmini nelle strutture più critiche - quali ospedali, centri di controllo, centri elaborazione dati, etc. - può richiedere analisi complesse. In tutti i casi tale valutazione può avvenire con l’adozione del metodo contenuto nella parte due della serie normativa CEI EN 62305. Questa serie normativa, attualmente vigente, è alla seconda edizione. Le parti 1, 3, 4 (dal primo novembre 2011) e la parte 2 (dal primo marzo 2013) hanno sostituito la precedente edizione che rimane ancora valida fino al primo dicembre 2013, unicamente per consentire di terminare eventuali lavori già in corso d’opera con l’entrata in vigore della nuova edizione. Entrambe le edizioni definiscono il rischio annuo (R) di fulminazione di una struttura come il prodotto del numero di fulmini (N) che, durante un anno, interessano la struttura, per la probabilità (P) che si possa determinare una perdita, per l’entità media della perdita (L) conseguente. Il rischio totale per la struttura è valutato, secondo la somma di diversi rischi parziali, definiti dalla norma “componenti di rischio” di seguito brevemente riportati: • Componente R A – fulmine diretto sulla struttura (danni ad esseri viventi causati da tensioni di passo e di contatto); • Componente R B – fulmine diretto sulla

struttura (danni fisici prodotti da incendi o esplosioni causati da scariche derivanti dalla fulminazione); • Componente RC – fulmine diretto sulla struttura (danni agli impianti interni, fuori servizio di apparecchiature elettriche ed elettroniche causato dalle tensioni indotte di carattere impulsivo dovute alla rapida variazione del campo elettromagnetico e all'impulso della corrente di fulmine); • Componente R M – fulmine che cade nei pressi della struttura (danni agli impianti interni con fuori servizio di apparecchiature elettriche ed elettroniche a causa della rapida variazione del campo elettromagnetico); • Componente RU – fulmine diretto su linea entrante (danni ad esseri viventi dovuti a tensioni di contatto all'interno della struttura); • Componente RV – fulmine diretto su linea entrante (danni fisici prodotti da incendi o esplosioni causati da scariche derivanti dalla fulminazione); • Componente RW – fulmine diretto su linea entrante (le perdite possono essere di vite umane se esiste pericolo di esplosione, se si tratta di un ospedale o comunque se il fuori servizio delle apparecchiature può provocare perdita di vite umane); • Componente R Z – fulmine che cade in prossimità della linea (danni agli impianti interni con fuori servizio di apparecchiature elettriche ed elettroniche provocati da sovratensioni indotte). I cambiamenti principali introdotti nella nuova edizione riguardano principalmente il metodo (descritto nella parte 2 della serie normativa) relativo all’analisi del rischio; inoltre alcune novità riguardano la scelta e > 51


installazione dei limitatori e/o scaricatori di sovratensioni (oggetto della parte 4 della serie CEI EN 62305). La prima modifica introdotta riguarda la valutazione del rischio di danno agli esseri viventi a causa di tensioni di passo e/o di contatto che possono determinarsi a causa di fulminazione diretta della struttura. La vecchia edizione valutava tale rischio solo per le persone esterne all’edificio (in particolare entro tre metri dallo stesso); con la nuova edizione, a favore della sicurezza, si valuta la corrispondente componente di rischio per le persone interne alla struttura. Altra significativa modifica sono le formule, suggerite dalla nuova edizione, necessarie al calcolo del numero di fulmini che annualmente colpiscono le eventuali linee di energia e segnale entranti nella struttura (ad esempio le linee elettriche in media tensione o in bassa e le linee telefoniche o di trasmissione dati, quest’ultime solo se in rame). Le nuove formule, maggiormente cautelative rispetto alla prima edizione, determinano un aumento del numero di eventi e quindi, a parità di condizioni, determinano un valore maggiore da attribuire al rischio per le persone interne alla struttura. Ulteriore modifica si trova nella sezione riguardante il calcolo della probabilità di danno. Nella nuova edizione la probabilità di danno è data dal prodotto delle probabilità relative a tutte le misure eventualmente adottate o da adottarsi; ciò a differenza della prima edizione nella quale invece, tale valore, era considerato unicamente il minore tra i valori delle probabilità di danno associate ad ogni misura di protezione presente o da predisporre. Inoltre, è possibile, a differenza della prima edizione, con l’adozione di alcune misure di protezione (quali: trasformatori di separazione, accoppiatori optoelettronici, etc.) porre pari a zero la probabilità di danno, annullando conseguentemente la relativa componete di rischio. Ad esempio: in un ospedale in quelle aree in cui le linee elettriche entrano attraverso trasformatori ad uso medicale con schermo messo a terra (e idonee protezioni dalle sovraten-

sioni, nel lato del primario) si possono ridurre significativamente le componenti RU, RV, RW e R Z a valle del trasformatore. Nella nuova edizione, relativamente all’entità media delle perdite, una modifica rilevante riguarda il fatto che non sono più disponibili le formule per calcolare i valori di danno; questi infatti ora si ottengo moltiplicando valori definiti dalla norma per coefficienti di riduzione o incremento secondo il tipo di rischio considerato (la norma in effetti considera quattro tipi di rischio: R1 o perdite di vite umane, R 2 o perdita di pubblico servizio, R 3 o perdita di beni culturali, R4 o perdita economica). È stato introdotto anche il danno “esportato” ovvero vengono prese in considerazione anche le perdite che a causa del danno determinatosi nella struttura oggetto di analisi possono estendersi alle strutture adiacenti o all’ambiente (ad esempio a causa di emissioni pericolose chimiche o radioattive). Nei luoghi con pericolo di esplosione, quello che potrebbe verificarsi a causa di un fulmine, secondo la nuova serie CEI EN 62305, è da considerarsi anche in presenza di zone classificate 1, 12 , 2 e 21 e non solo per le zone 0 o 20. Ne consegue che aumenta il numero delle strutture classificabili (ai fini della CEI EN 62305) a rischio di esplosione rendendo, in tal modo, assai più complessa la valutazione del rischio e, in ultima analisi, la protezione. Un’ultima osservazione riguardo il rischio tollerabile: la norma fissa un valore tollerabile per il rischio di perdite di vite umane (10-5), per il rischio di perdita inaccettabile di pubblico servizio (10-3) e per il rischio di perdita di patrimonio culturale insostituibile (10-4), ma nulla è detto riguardo alle perdite economiche per le quali la definizione del valore di rischio tollerabile è demandata al datore di lavoro che, in ultima analisi, può definire qualsiasi valore come sempre tollerabile. Si evidenzia che il rischio tollerabile per perdite di patrimonio culturale insostituibile, nella nuova edizione, è stato ridotto di un ordine di grandezza.

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’ANALISI DEI MARGINI DI OTTAVIANO

BRUNO MARIA CRISCUOLO MASTER OF SCIENCE CANDIDATE ESCP EUROPE

L a pre o c c u p a zio n e pri n ci pa le p er u n man a g er c h e è i n te n zion a t o a i n te rn a zion a lizza r e l a su a a zien d a ri su l ta es s er e qu e l l a r ela t iva a i costi ad d izion a li l e gati a q u es t i ti pi di o p er a zion i, ch e si v a n n o a d aggi u n g er e a q u ell i sostenu t i p er le atti vi tà d o m es t ic h e e ch e r is c h ia n o d i rappre s en t a r e u n a grossa b a r r ier a al l ’i n gr es s o c h e sol o alc u n e a zien de ri e scono a s u p er a re con su c c es s o

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a un’analisi statistica dei dati disponibili a livello d’impresa, emerge la presenza di due driver fondamentali alla base dell’evoluzione dei fenomeni di export, import e di FDI: “il margine estensivo”, che si riferisce al numero di imprese coinvolte in attività internazionali, e il “margine intensivo”, inteso come la media delle esportazioni, importazioni e FDI per una singola impresa. Per Ottaviano, il “margine estensivo” è quello più importante, in quanto rappresenta il canale principale attraverso il quale si manifestano gli effetti del commercio aggregato e dei flussi di FDI. É un margine sottile, in quanto le Imprese Internazionali sono rare e distribuite molto anomala, e un piccolo numero di grossi players è responsabile della maggior parte delle attività relative al commercio. Il margine rappresenta un club esclusivo, poiché i player di caratura internazionale sono più grandi, generano maggiore valore aggiunto, pagano salari più elevati, impiegano un capitale maggiore per ogni singolo lavoratore e hanno una maggiore produttività. All’interno di questo contesto operativo, Ottaviano identifica i cosiddetti “Esportatori Superstar” e, portando ad esempio il caso della Francia, costruisce un modello econometrico che dimostra come le aziende che incluse nel 1°, 5° e 10° percentile siano responsabili rispettivamente del 45%, 70% e 80% delle esportazioni aggregate. Sezionando il primo percentile, inoltre, è possibile verificare che all’interno di questo 1% il top 0.001%, 0.01% e 0.1% generi rispettivamente il 10%, il 20% e il 40% delle esportazioni aggregate. Andando ad analizzare “l’intensità” delle esportazioni, Ottaviano nota che l’Italia gli esportatori sono il 75% delle aziende totali, ma che solo il 3% del totale esporta più del 90% del fatturato e

solo il 25% esporta più del 50% del fatturato. Secondo Ottaviano i top exporters esportano molti prodotti in molteplici location e le aziende che esportano più di 10 prodotti su più di 10 mercati determinano più del 75% delle esportazioni totali.Le esportazioni aggregate in sintesi sono riferibili a pochi major players che possono contare su grandi dimensioni d’impresa e un vasto range di prodotti differenziati su più mercati esteri. La concorrenza internazionale può essere tollerata solo da imprese grandi e con un portfolio di prodotti diversificato. Maggiore il numero di mercati servito, maggiore sarà la lontananza dal paese di origine. Le imprese internazionali ottengono risultati migliori anche per quanto riguarda la produttività totale dei fattori (TFP) e i salari per i lavoratori (misurati come produttività apparente del lavoro o ALP), una differenza particolarmente enfatizzata in termini di occupazione e di valore aggiunto. Per quanto riguarda il “premio salariare” e il “premio occupazionale” dovuti all’attività di export, l’Italia sembra piazzarsi al di sotto della media, ma tale discostamento sembra essere dovuto al fatto che i database nostrani contengono informazioni solo sulle grandi imprese, che comprendono anche un gran numero di non-esportatori che “viziano” il risultato finale. In ogni caso, gli esportatori tendono a pagare salari maggiori del 10-20% rispetto ai non esportatori. Gli esportatori, inoltre, sembrano essere più inclini ad avere proprietari stranieri, con picchi di crescita anche in Italia. Il quesito fondamentale che Ottaviano si pone è il seguente: le performance superiori degli esportatori sono la chiave per il loro accesso al mercato oppure la loro performance migliora in seguito all’accesso ai mercati d’esportazione? Dall’analisi dei dati non emerge un risposta chiara, ma risul- > 53


ta evidente che la performance di aziende che iniziano ad esportare è migliore di quelle che non esportano già dopo un anno o più da quando tali attività sono iniziate.

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LA TEORIA GRAVITAZIONALE DEL COMMERCIO Per analizzare l’effetto dei margini dell’export e dei FDI, Ottaviano ricorre alla cosiddetta “equazione gravitazionale”, che analizza l’effetto degli ostacoli al commercio e delle distanze fisiche e culturali nei flussi commerciali bilaterali tra nazioni. Per esempio, se un Paese A è il 10% più grande di un Paese B, allora attrarrà una quota di esportazioni superiore del 10% a quella del Paese B. Se il Paese A sarà il 10% più lontano del Paese B da una terza nazione, il flusso commerciale con A si ridurrà del 9%. A giocare un ruolo chiave sull’impatto negativo delle barriere al commercio e su quello positivo in termini di dimensioni della nazione importatrice, sarà il numero di imprese operanti in quel territorio che si dedicano ad attività di export. In termini di margini di prodotto, il numero dei prodotti esportati sarà di fondamentale importanza: paesi di grandi dimensioni avranno più esportatori, esporteranno più prodotti e i loro esportatori avranno un numero di esportazioni inferiore, in media e sui singoli prodotti. Prezzi e quantità non saranno immuni dall’effetto gravitazionale, in quanto essi saranno soggetti a eventuali riduzioni (o aumenti) delle barriere commerciali. Quando queste diminuiranno, le quantità medie esportate e i prezzi, rispettivamente, di norma, inferiori e maggiori in paesi di grandi dimensioni, diminuiranno. Ottaviano evidenzia anche come legami di carattere storico e una lingua comune siano promotori positivi che aumentano le esportazioni, rendendole più semplici anche per aziende meno efficienti. Per quanto riguarda i margini derivanti dagli FDI, essi saranno impattati da numero degli associati stranieri attratti sul mercato, più che in termini di vendite o fatturato: Paesi più grandi e con barriere commerciali ridotte attraggono più attività multinazionali. FOCUS: INTERNAZIONALIZZAZIONE ALL’ITALIANA I distretti italiani sono da sempre caratterizzati da alcuni tratti peculiari specifici: specializzazione della filiera, organizzazione del network, solide relazioni fiduciarie, qualità, flessibilità, forte concorrenza domestica e tradizioni imprenditoriali. La frammentazione della produzione mette in serio pericolo la struttura di simili meccanismi economici, soprattutto in termini di governance, carenza di innovazione, difficoltà di recepimento e assorbimento delle tecnologie e reperimento delle risorse da destinare a operazioni di finanza straordinaria. Tali problematiche hanno dato origine al cosiddetto “paradosso locale”, una sindrome di eccessivo attaccamento alle tradizioni territoriali che devono necessariamente adattarsi al nuovo contesto operativo, trans-locale, globalizzato e internazionalizzato. BEHAVIOURAL DOCTRINE Seconda la scuola “comportamentista”, il successo di questo complicato processo di ristrutturazione dipende fortemente dalla presenza di aziende leader. Tali imprese, spinte da elevati tassi di crescita, rappresentano il volano dello sviluppo industriale locale, in quanto capaci di generare spillovers in termini di innovazione, apertura ai 54

mercati e capitale umano. Il loro impatto su processo di crescita internazionale potrebbe tradursi in due risultati differenti: a. un effetto pull, che indurrà le imprese locali a “legarsi” alle aziende leader verso i mercati esteri; b. un effetto-sostituzione, che trasformerà le imprese leader in un ombrello protettivo per le imprese locali che potranno ridurre gli sforzi tesi all’internazionalizzazione e muoversi come free-rider, sfruttando gli sforzi già compiuti dai “pionieri” dei mercati esteri. L’IDEA DI PORTER Secondo la scuola “porteriana”, invece, la concorrenza a livello locale sarà una condizione cruciale per la competitività locale. La concorrenza su scala locale sarà il driver per la promozione di una nuova cultura imprenditoriale tesa alla competizione internazionale e indurrà le imprese a emulare modelli e strategie di successo per stimolare efficienze produttive e ottenere migliori risultati in termini di performance operative. É opinione corrente invece che le due dottrine strategiche siano complementari e possano essere coerentemente integrate in “cluster” di capacità e comportamenti da tradursi in pratica operativa. IL RUOLO DELLE MULTINAZIONALI La presenza di Imprese multinazionali (MNCs) è positivamente correlata con lo sviluppo endogeno di un Paese, in quanto queste forniscono ai distretti “un ponte” per i mercati esteri, determinando spillovers orizzontali (all’interno di un determinato comparto industriale), verticali (nelle relazioni clienti/fornitori) e laterali (creazione di un’atmosfera cosmopolita). In alcuni casi però le Multinazionali potrebbero appropriarsi unilateralmente dei “know hows” territoriali e determinare un effetto “crowding out” del distretto, determinandone quindi la distruzione. DETERMINANTI STRUTTURALI E COMPORTAMENTALI: INTEGRAZIONE DEI MODELLI Le performances dei processi di internazionalizzazione dipendono anche dagli atteggiamenti strategici assunti dalle imprese: la loro capacità di innovarsi e di adattarsi alle novità verrà massimizzata dalle esternalità cognitive che si generano dalle operazioni sui mercati stranieri, un processo virtuoso di accumulazione dell’esperienza che permetterà loro di superare la “liability of foreignness”, ossia il gap culturale-informativo che le separerà dai produttori locali. CONCLUSIONI 1. La presenza di imprese di grandi dimensioni aumenta le percentuali di successo del processo di internazionalizzazione di un distretto. 2. Una solida concorrenza domestica risulta essere un “allenamento” valido per favorire la crescita a livello internazionale. 3. Le imprese leader inibiscono gli sforzi in senso di internalizzazione delle società. 4. Le imprese multinazionali favoriscono lo sviluppo del processo di internazionalizzazione, ma non hanno impatti significativi sulla fase iniziale dello stesso processo. In altre parole, gli spillovers vanno a beneficiare solo le imprese che hanno già sviluppato una loro capacità di assorbimento e di crescita a livello globale.


I CONSUMI FINALI DELL’ENERGIA E IL REGISTRO DELLE IMPRESE ENERGIVORE

DI VINCENZO PELLECCHIA SUSTAINABLE MANAGER

Un’impresa italiana che consumi 1500 megawattora l’anno pagherà una bolletta di 26.850 euro, contro i 18.165 della Spagna e gli 11.325 della Finlandia

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iprendendo le considerazioni svolte nel precedente articolo del 30 settembre su Costozero.it “Energia la bolletta è salatissima”, nuove conferme arrivano da una recente ricerca dell’Eurostat: le imprese italiane “sopportano” i maggiori costi energetici in Europa; nel 2012 l’energia calcolata in megawattora, ci pone in confronto con l’Europa in una situazione di evidente svantaggio sia considerando le imprese piccole e medio-piccole che consumano tra i 500 a 2000 megawattora l’anno che quelle (aziende grandi e medio-grandi) che consumano tra i 20mila e i 70mila megawattora l’anno. Il prezzo applicato è il più alto di tutti: 17,90 centesimi per Kilowattora per le piccole e medio-piccole e 12,39 centesimi per Kilowattora per le medio-grandi e grandi. Se volessimo fare una comparazione tra i consumi elettrici delle imprese si evidenzia lo “spread” che grava sulle imprese italiane: un’impresa italiana che consumi 1500 megawattora l’anno pagherà una bolletta di 26.850 euro, contro i 18.165 della Spagna e gli 11.325 della Finlandia. Il graf ico 1 (elaborazione e stime Amici della Terra su dati Eurostat, PAN) dimostra la ripartizione dei consumi f inali di energia: la più consistente riguarda l’energia termica, seguita dai trasporti e dall’energia elettrica. Nel graf ico 2, invece, l’andamento storico dal 1990 al 2011. Come visto la principale voce nei consumi f inali di energia è proprio quella dei consumi termici e il consumo di energia

Consumi finali di energia termica 45%

Consumi finali di elettricità 21% Consumi finali di energia per trasporti 34% GRAFICO 1

elettrica è inferiore a quella per i trasporti. Nel 2011, i consumi di energia termica sono pari a circa 55.000 ktep, pari al 45% dei consumi f inali di energia. Essi sono più del doppio di quelli di energia elettrica che ammontano a circa 23.000 ktep, pari al 21% , inf ine i consumi di energia per trasporti sono di circa 41.000 ktep, pari al 34% . Nel disaggregare il dato dei consumi di energia per usi termici, i riscontri più recenti evidenziano il “sorpasso” che il settore residenziale, con il 46% dei consumi termici nel 2011, ha operato nei confronti dell’industria con il 35% , seguiti dal ter- > 55


Consumi finali di energia per trasporti Consumi finali di elettrocità Consumi finali di energia per usi termici

GRAFICO 2

ziario con il 15% e dall’agricoltura con il 4% , e questo nell’ultimo quinquennio (vedi graf ico 3). Anche qui è utile fornire il dato dell’industria, dove il gas naturale rappresenta il 49 % , i combustibili solidi e i prodotti petroliferi il 18 % circa ciascuno e il calore derivato, in genere da cogenerazione, che costituisce il

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Industria

GRAFICO 3

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13% dei consumi f inali di energia. Nel graf ico 4, poi, si rappresenta la domanda di calore nei processi produttivi dell’industria a livello europeo ripartita in funzione della temperature. Le opportunità legate alle fonti rinnovabili termiche possono rinvenirsi in un mio articolo, sempre su Costo-

Residenziale

Servizi

Agricoltura


ENERGIA

30%

43%

27%

Alte temperature >400° Medie temperature (100°-400°) Basse temperature (>100°)

GRAFICO 4

zero, dal titolo: “La geotermia applicata all’agricoltura sotto serra” Costozero agosto - settembre 2011 ed in altri due articoli, più recenti, riguardanti la Cogenerazione: “La Cogenerazione ad alto rendimento il nuovo sistema di incentivazione” su Costozero di Gennaio Febbraio 2012 ed il Conto Termico “Dal Conto Energia al Conto termico” di Maggio 2013. Il consumo di energia termica da fonti rinnovabili nel 2011 ha già raggiunto 5,3 Mtep rispetto ai 4,2 previsti dal Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili del 30 giugno 2010. Inf ine una interessante “novità” deriva dalla possibilità che da f ine novembre le piccole e medie imprese, e non solo,

ad alto consumo di energia possono iscriversi al registro dei consumatori energivori per fruire delle agevolazioni f iscali: infatti l’Autorità per l’Energia (AEEG) con la delibera 437/2013 del 4 ottobre scorso, “Modalità operative per la prima costituzione dell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica”, ha stabilito i criteri per benef iciare delle agevolazioni previste. Le imprese energivore sono le imprese consumatrici di energia che nell’anno solare 2012 hanno avuto i seguenti requisiti: 1. svolgere attività manifatturiera con codice ATECO 2007 da 10.xx.xx a 33.xx.xx. 2. Utilizzare per lo svolgimento dell’attività almeno 2,40 Gigawattora elettrici pari a 2.400.000 kWh annui. 3. Avere un Rapporto Indice Intensità Elettroenergetica (IIE) uguale o superiore al 2 % , riferito al costo del quantitativo di energia elettrica utilizzata nell’anno solare ed il fatturato dell’anno. Per le imprese in situazioni di crisi aziendale, è previsto che l’annualità di riferimento debba essere riferita all’ultimo anno utile prima della formalizzazione dello stato di crisi, la condizione dell’impresa in “stato di crisi” è relativa ai casi in cui il Ministero del Lavoro ha autorizzato il ricorso alla Cassa integrazioni guadagni straordinaria. Le aziende che hanno un costo totale superiore al 3% del fatturato avranno diritto ad agevolazioni sulle accise; quelle con rapporto tra costo dell’elettricità e fatturato superiore al 2 % benef iceranno di oneri agevolati. La Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico (CCSE) ha realizzato e reso fruibile via Web un sistema telematico di raccolta delle dichiarazioni di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto 5 aprile 2013.L’elenco delle imprese a forte consumo di energia è disponibile per via telematica dall’Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Ministero dell’economia, Ministero dello sviluppo economico, Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di f inanza.

L’AUTORITÀ PER L’ENERGIA HA FINALMENTE CONCESSO ALLE IMPRESE – NON SOLO ALLE PMI – LA POSSIBILITÀ DI ISCRIVERSI AL REGISTRO DEI CONSUMATORI ENERGIVORI PER FRUIRE DELLE AGEVOLAZIONI FISCALI. NELLO SPECIFICO, LE AZIENDE CHE HANNO UN COSTO TOTALE SUPERIORE AL 3% DEL FATTURATO AVRANNO DIRITTO ALLE AGEVOLAZIONI SULLE ACCISE; QUELLE CON RAPPORTO TRA COSTO DELL’ELETTRICITÀ E FATTURATO SUPERIORE AL 2% BENEFICERANNO DI ONERI AGEVOLATI

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NUTRIGENOMICA E OBESITÀ: IL FUTURO DELLA DIETETICA

GIUSEPPE FATATI PRESIDENTE FONDAZIONE ADI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DI DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA)

Oggi sappiamo che le conseguenze del nostro stile alimentare dipendono dal profilo genetico, specifico di ogni individuo, ma anche l’avverarsi del destino trascritto nei geni può essere, a sua volta, rallentato o anticipato dallo stile alimentare

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on l’avvento della biologia molecolare è stato possibile approfondire l’influenza diretta dei nutrienti sull’espressione genica e, già nel 1999, Dean Della Penna ha gettato le basi della genomica nutrizionale coniando, per primo, il termine nutrigenomica cui hanno fatto seguito altri neologismi omici, forse poco accattivanti ma appropriati come proteomica, trascrittomica, metabolomica. Da allora i progressi sono stati notevoli, non meno stupefacenti di quelli dell’elettronica e dei computer. La nutrigenomica è una scienza che studia come il cibo sia in grado di intervenire sul DNA: è deputata a studiare le interazioni fra geni specifici e nutrienti. Con il termine nutrigenetica, invece, si intende l'individuazione di eventuali variazioni genetiche che si traducono in una risposta anomala dell'organismo rispetto all'introduzione di particolari alimenti. La nutrigenomica, in pratica, descrive le modificazioni nell'espressione genica che vi possono essere in seguito a un intervento nutrizionale specifico e mirato. Quando nel 2000 si è imposta come nuovo campo di ricerca, gli scienziati hanno ritenuto che avrebbe un giorno determinato grandi cambiamenti nella produzione, nella trasformazione e nel consumo degli alimenti. Questa scienza ha la potenzialità di portare all'elaborazione di diete personalizzate specifiche per il corredo genetico dei singoli soggetti. In questo senso, la disciplina si dimostra promettente e ci si aspetta che migliori le condizioni di salute e prevenga malattie quali il diabete, l'obesità, le patologie cardiovascolari e il cancro. Troppo a lungo i principi alimentari sono stati studiati solo come fonti energetiche o cofattori del metabolismo cellulare e soltanto dopo l’ingresso della biologia molecolare nei laboratori si è potuta individuare, almeno in parte, l’influenza diretta dei nutrienti sull’espressione genica. Al contempo, la nutrigenomica solleva molte questioni etiche riguardanti gli aspetti di riservatezza connessi con diete e alimenti personalizzati, con la sperimentazione genetica e con i costi potenzialmente elevati dei nuovi alimenti funzionali. Per rispondere a queste preoccupazioni etiche, la NuGO, una rete di eccellenza europea finanziata a titolo del Sesto programma quadro per la ricerca, ha elaborato una relazione che riporta 19 linee guida in materia di bioetica. Gli orientamenti in questione riguardano aspetti quali il consenso informato, le informazioni relative al genotipo (tra cui i criteri di divulgazione dei risultati), le biobanche, nonché l'utilizzo e lo scambio di campioni e di dati. Oggi sappiamo che le conseguenze del nostro stile alimentare dipendono dal profilo genetico, specifico di ogni individuo, ma anche l’avverarsi del destino trascritto nei geni può essere, a sua volta, rallentato o anticipato dallo stile alimentare. Esistono predisposizioni razziali, etniche e familiari, nella interazione a determinati nutrienti e ciò spiega perché le risposte cliniche, ad esempio ai fitoestrogeni o alla soia, siano notevolmente diverse nelle donne indiane rispetto alle donne europee. La nutrigenomica con lo studio dei polimorfismi (piccole ma effettive differenze nella sequenza aminoacidica dei geni) fornisce delle spiegazioni plausibili sulla efficacia clinica di diversi prodotti. La Scienza della Nutrizione ha lo scopo di capire il ruolo dei nutrienti e di altri componenti della dieta nello stato di salute o malattia dell’uomo lungo tutto il ciclo della vita cercando la caratterizzazione dei nutrienti, la biochimica e fisiologia del loro metabolismo, la tipologia delle vie di segnale e del loro ruolo nell’omeostasi. In questo percorso le nuove acquisizioni scientifiche e lo studio degli errori del metabolismo presenti fin dalla nascita possono portare ad una migliore comprensione dei meccanismi di interazione gene-nutriente.


SALUTE

L’HERPES: UN VIRUS RIBELLE!

ANTONINO DI PIETRO DERMATOLOGO www.antoninodipietro.it

Nove italiani su dieci hanno incontrato il virus dell’herpes sulla loro strada. A curarsi regolarmente sono però in pochi. Meno del 20% di chi ne soffre

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più frequente del raffreddore e non risparmia quasi nessuno. Con il suo grappolo di antiestetiche e pruriginose vescicole, l’herpes che viene sulle labbra - e per questo detto labialis - ha di sicuro contagiato anche chi sta leggendo questo articolo. La sua diffusione è infatti incredibilmente ampia e la sua capacità di contagio tra le più elevate. A 5 anni il 90-95% della popolazione ha già contratto l’infezione, e solo un terzo, pur avendo nel siero gli anticorpi contro il virus, non manifesterà nell’arco della vita i segni della sua presenza. Ma a parte questi pochi fortunati, il 5% dei rimanenti dovrà fare i conti con una recidiva al mese, il 34% con un episodio annuale. A sostenerlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità in base a consolidate osservazioni epidemiologiche. In altre parole, 9 italiani su 10 hanno incontrato il virus dell’herpes sulla loro strada. A curarsi regolarmente sono però in pochi. Meno del 20% di chi ne soffre. La maggior parte, sfiduciati nelle terapie e affezionati a un improbabile “fai da te”, si rassegna. Sopporta stoicamente il fastidio e il disagio psicologico che la “febbre sulle labbra” comporta. Pensa che combattere l’herpes sia una battaglia persa in partenza. Una sorta di pedaggio da pagare quando lo stress prevalica le forze che ognuno ha a disposizione. Eppure, si tratta di un’infezione dominabile. Dalla quale certo non si guarisce, ma con farmaci e con qualche accorgimento i margini di miglioramento possono aumentare. Un parassita perfetto che gioca a nascondino con le nostre difese Vive bene con chi lo ospita, senza procurare grossi guai. Il virus dell’herpes è capace infatti di restare nelle cellule tutta la vita, senza che il sistema immunitario riesca a disfarsene per sempre. Subdolo e imprevedibile, dopo il contagio si va a barricare nei gangli del sistema nervoso periferico, posti dorsalmente ai lati della colonna vertebrale. Qui è capace di restare silente per mesi e anni, eludendo l’azione dei linfociti, dei macrofagi e delle sostanze predisposte alla difesa. Non appena l’organismo è debilitato, ecco che ritorna a replicarsi. Innumerevoli copie del virus escono dai gangli e piano piano percorrono il cammino inverso. Attraverso le vie nervose scendono fino alle labbra dove, dapprima con arrossamento e prurito, poi con papule e vescicole spesso accompagnate da dolore, danno luogo alla tipica lesione erpetica. Diventati visibili al sistema immunitario, i virus vengono neutralizzati, ma solo temporaneamente. Molti loro simili tornano infatti indietro e si nascondono di nuovo nei gangli nervosi, pronti a ripresentarsi con tutta la loro virulenza alla prima defaillance dell’organismo. Il gentil sesso è il più colpito Le donne vanno incontro a un maggior numero di recidive rispetto agli uomini che, pur essendo stati contagiati dal virus, il più delle volte non manifestano l’infezione. Il motivo va ricercato nelle frequenti oscillazioni ormonali cui l’organismo va incontro. Prima e dopo il parto e ogni mese in concomitanza con le mestruazioni. Non a caso l’herpes compare spesso poco prima dell’inizio del ciclo. 59


FINISTERRE

PICCOLI RACCONTI DAL NOVECENTO

ALFONSO AMENDOLA DOCENTE DI SOCIOLOGIA DEGLI AUDIOVISIVI SPERIMENTALI DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO E DIRETTORE ARTISTICO DEL MARTE Omaggio a François Truffaut

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è stato un tempo (tra il 1948 e il 1949) che alla Cinémathéque di Avenue de Messine e al Cineclub del Quartiere Latino del Cluny-Palace, andavano a cinema assieme Eric Rohmer, Jacques Rivette, Jean-Luc Godard, François Truffaut e André Bazin...così come se niente fosse. E proprio in quell'andare giovanile teso a divorarsi tutti i film (gli americani, gli italiani, i giapponesi, gli “altri” francesi, gli amici, i maestri) si formava lo sguardo di una generazione di critici e “auteurs” (la prima “nata nelle cineteche”) che saranno base e linfa di tutto il cinema contemporaneo. Tra questi, appunto, un giovanissimo Truffaut che successivamente racconterà la sua storia di cinéphile in due scritti critici: I film della mia vita e Il piacere degli occhi (ambedue in edizione Marsilio rispettivamente del 1978 e nel 1986). Se dovessimo sintetizzare cosa ci ha insegnato Monsieur François Truffaut troviamo un elenco intenso e prezioso: il piacere del guardare, il cinema come soavità inventiva, la profonda superficie dell'inquietudine dei sentimenti, la tentazione del far poesia con la macchina da presa, l'incandescente follia di poter dire con poco fiato in gola “eccomi”, la bellezza come vertigine, il necessario superamento tra “cinema d'autore e cinema di genere”, l'incantesimo dei baci rubati, la stordente consapevolezza che tutte le lettere scritte a mano sono sempre lettere d'amore, l'adolescenza come “sentire” infinito, il giocoso rincorrersi dell'amour-amitié, le canzoni sceme che diventano “il sale della vita” e quella sottile differenza tra “tatto ed educazione”... Il passaggio dallo sguardo critico alla perfezione poetica del suo cinema in Truffaut ha qualcosa di sublime, di meravigliosa leggerezza progettuale. E in tutto questo la seduzione sarà sempre la sua compagna più cara. Truffaut l’ha vissuta, la seduzione, con un amore testardo e limpido e ha realizzato sulla sua “meccanica celeste” pellicole straordinarie (su tutte rimando al cineromanzo L'uomo che amava le donne). Tra le tante pieghe del suo cinema mi è sempre piaciuta l’attenzione scrupolosa con cui ha tentato il confronto con un altro regista, così diverso da lui, Alfred Hitchcock (come non ricordare la sua mitica intervista del 1967) avendo cura di mostrare i debiti contratti con lui dentro il suo cinema. Un uomo leggerissimo, François Truffaut, cultore infaticato della bellezza. Nel suo penultimo film (La signora della porta accanto del 1981) il regista francese sembra donare a noi spettatori il suo diktat più vero e lacerante: i grandi amori come soglia dell'impossibile dentro quella voce strozzata che ripete “con te o senza te non posso vivere”. Parabola tanto dolorosa quanto necessaria per dircela tutta, la febbre che è alla base di ogni passione infinita e irrealizzabile. Ricordiamo sempre Truffaut e cerchiamone la voce, lo sguardo pungente, la svelta ironia nascostamente gloriosa, la bella eleganza, la felicità del lavoro, la sete di sapere, la levità come motore instancabile.


BON TON

GALATEO SOTTO L’ALBERO

NICOLA SANTINI www.ttimestyle.com

Quali regole è opportuno osservare per organizzare un Christmas party con i fiocchi

N

on accontentiamoci del pranzo di Natale: quello serve per mettere a tavola famiglia e parenti tra tradizione e ricordi. Il Christmas party è quello che arriva via sms, telefono, last minute, con il grande cartellino dell'informalità, per i saluti e gli abbracci con un bicchiere di vino, tanto per scambiarsi gli auguri. Sotto il grande file del Natale, si nasconde un calendario fuori-salotto che, appunto, dal ponte dell’Immacolata al giorno della befana, a vario titolo, coinvolge tutti, nessuno escluso: l’aperitivo con i colleghi, il saluto con gli amici per i quali non si ha mai tempo, la riunione annuale del club sportivo, tante tartine, una scusa unica e ufficiale, che è lo scambio degli auguri (e dei regali). Il Christmas Party ha una sua grammatica, tanto nel formulare l’invito quanto nell’accettarlo. Partiamo dall’orologio: parte più o meno all’ora dell’ aperitivo o del brunch se nel week end, ma senza le lancette spaccate del pranzo placé. Ai Christmas party si passa per fare un saluto e scambiare quattro chiacchiere con il padrone di casa, non ci si trattiene a lungo e il tutto si gioca sul turnover degli invitati. Gli approfondimenti tra chi si conosce in queste occasioni, rimandiamoli al post befana, dove la scusa successiva sarà bersi una tisana detox per smaltire i bagordi natalizi. Dura poco perché magari nello stesso giorno riceviamo più inviti e per queste occasioni è carino passare un po’ da tutti. Non serve, quindi, da parte di chi fa l’invito, avere a disposizione una serata intera o una casa gigante, ma quello che c’è e soprattutto chi ci sarà deve essere selezionato al meglio. A tavola, organizzata a buffet, si stuzzica, non si mangia. Si beve, casomai. O meglio, si brinda. A cosa? All’amicizia, all’anno sfigato (se c’è stato) perché se ne va, a quello nuovo e ai buoni propositi per renderlo migliore. Alzando i calici senza toccarli, guardandosi negli occhi e con l’ingrediente segreto e gratuito che è il sorriso. Trattandosi di un’occasione volutamente informale, l’invito può arrivare anche via whatsapp o sms. L’importante è che abbia risposta. Mettiamo il padrone di casa nella condizioni di calcolare bene cosa comprare e cosa servire. I regali sono obbligatori? Assolutamente no, anche se il bon ton vorrebbe che, come si fa in Oriente, il padrone di casa pensasse a un gift simbolico da dare a tutti coloro che passano a trovarlo. Può essere anche lo stesso regalo uguale per tutti, (un cd, un libro, un vasetto di marmellata) purchè il biglietto sia personalizzato. Il valore della parola spesa bene, per chi la riceve, vale più di mille strisciate di carta di credito. 61


ARTE

CALENDARIO DE LUCA 2014 DEDICATO A PASQUALE AVALLONE

DI VITO SALERNO

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PASQUALE AVALLONE, ESTATE, 1932 COPERTINA DEL CALENDARIO DE LUCA

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arà dedicato a Pasquale Avallone (Salerno 1884-1965), senza dubbio il più rappresentativo artista salernitano della prima metà del XX secolo, il Calendario 2014 di De Luca Industria Grafica e Cartaria, a cura di Marco Alfano, e sarà presentato a Salerno, nella Sala del Gonfalone di Palazzo di Città, il prossimo 12 dicembre, alle ore 17. Interverranno la professoressa Isabella Valente, dell'Università Federico II di Napoli, il curatore Marco Alfano, nonché gli assessori alla Cultura del Comune di Salerno Ermanno Guerra, la direttrice dei Musei Provinciali Barbara Cussino, Antonio Ilardi, vice-presidente della Camera di Commercio; modererà il giornalista Sigismondo Nastri. L’evento sarà l’occasione per la presentazione di una importante donazione al Comune di Salerno: quasi 80 opere, provenienti dalla collezione degli Eredi Avallone, tra disegni, schizzi, cartoni, riferibili ad un arco temporale molto ampio, che copre tutta l'attività del Maestro salernitano, dagli studi degli Evangelisti della chiesa dell’Annunziata (1919) ai bozzetti per i dipinti alla Camera di Commercio, ai numerosi disegni preparatori per il “fregio” del Salone dei Marmi ai progetti per il Monumento alle Vittime dell’alluvione (1955). Molte di queste opere sono analizzate e riprodotte negli “apparati”, sempre molto ricchi, pubblicati sul retro dei Calendari De Luca; una tradizione antica ormai, che è entrata a far parte del costume del nostro Natale, e che quest'anno assume un significato particolare con la dedica a Giuseppe De Luca, scomparso a novembre, che per primo ebbe l'idea di lanciare per la sua azienda questa iniziativa promozionale. Il Calendario De Luca illustra nei 12 mesi i vari periodi della carriera del Maestro salernitano, centrando l’attenzione su quelle opere in collezioni pubbliche, e provenienti da prestigiose collezioni private, consentendo una riscoperta articolata e approfondita del genio di un artista caro a tutti i salernitani; alcune opere infatti rappresenteranno una sorpresa per la loro modernità, opere che attestano l'importanza artistica e culturale di una figura, quella di Pasquale Avallone, che merita d'essere annoverato a pieno titolo nella cultura italiana, e dunque europea, del XX secolo. Ad aprire la sequenza delle opere a gennaio è una veduta degli anni giovanili Salerno com'era (1909), febbraio presenta uno dei suoi capolavori: Lo specchio, datato 1915, oggi alla Pinacoteca Provinciale, marzo un bozzetto preparatorio dal titolo La tessitura (1926), aprile Notturno del 1925, maggio e giugno due capolavori della maturità Pomeriggio e Estate (1932-1933), due olii su tela conservati rispettivamente a Palazzo di Città e alla Prefettura di Salerno, luglio Alla spiaggia (1933), agosto una luminosa Villa Rufolo a Ravello del 1947-1948, settembre Maria a Paestum 1934-1935, ottobre presenta una veduta di Salerno, databile al 1945-47, novembre L'attesa (1947); dicembre chiude la sequenza con La porta del giardino, del 1949, appartenente alla Camera di Commercio di Salerno.


IL SEGNALIBRO

SOCIETING RELOADED PUBBLICI PRODUTTIVI E INNOVAZIONE SOCIALE d i Vito Salerno

I

Eg e a , p a g g . 268 > euro 25

ADAM ARVIDSSON E ALEX GIORDANO

l societing nasce dalla fusione delle parole società e marketing. A questa nuova categoria concettuale è dedicata l’ultima raccolta di saggi, curata per Egea da Alex Giordano e Adam Arvidsson. Alex Giordano è uno tra i maggiori esperti in Italia di social media marketing, nel 2004 ha fondato “Ninja Marketing” ed è co-direttore del centro studi etnografia digitale dove si occupa di Netnografia. Adam Arvidsson è professore di sociologia della globalizzazione e dei nuovi media all'Università Statale di Milano e si interessa delle nuove forme di produzione ed organizzazione economica emerse con le ultime evoluzioni dei media, di social innovation e di open economy in generale. Italiano, della provincia di Salerno, il primo e svedese il secondo, sono entrambi considerati tra i massimi esperti al Mondo di Social Innovation. Arvidsson e Giordano sostengono che in una economia in crisi, per sopravvivere, è necessaria una diversa filosofia d'impresa capace di capitalizzare le risorse e dare una nuova direzione, affinché il sistema economico cambi radicalmente. Il problema più grande, in altre parole, non è la scarsità di idee né di proposte concrete e nemmeno di persone disposte a impegnarsi per un reale cambiamento. Ciò che manca è un nuovo modello organizzativo. Il processo produttivo - sostengono gli autori - si svolge sempre di più al di fuori delle mura della fabbrica, coinvolgendo consumatori, risorse comuni come l'open source software, comunità di innovazione a cui appartengono esperti amatori, fornitori e anche competitor, e sempre di più il pubblico della Rete, che crea reputazione e nuove forme di brand. D’altra parte, Bernard Cova e Gianfranco Fabris, tra i maestri che precedentemente avevano lavorato sul concetto di Societing, avevano già affermato che il marketing in senso moderno - quello della vendita di massa - è ormai morto. Questo libro rappresenta una sorta di testimonianza degli scambi avvenuti tra appassionati di ricerca convinti che la crisi non stia nell'idea di mercato in sé, ma in un certo modo di considerare e vivere il mercato che oggi, alla luce delle evoluzioni socio-culturali e tecnologiche in corso, non è più accettabile. «Crediamo – afferma Alex Giordano – che costruire una nuova sfera pubblica di questo tipo possa portare a una miglior connessione tra economia e società, una maggiore coerenza tra ciò che è socialmente desiderabile e ciò che ha valore economico». Il societing è, in definitiva, un tentativo di assecondare la socializzazione dei processi produttivi, in atto da qualche decennio, con una nuova filosofia d'impresa che riconosca il ruolo sempre più attivo dei consumatori e degli altri stakeholder, e che si apre a una loro partecipazione attiva anche nella determinazione del valore della ricchezza prodotta. “Societing Reloaded” contribuisce, inoltre, a far chiarezza su molte parole alla moda come social innovation, start up, monete alternative, peer to peer economy, smart city, stampanti 3d, storytelling, netnografia, dando loro un senso e cercando di dimostrare come già nel presente ci siano gli anticorpi per uscire da una crisi che non ha futuro. Il libro, già alla terza ristampa dopo pochi mesi dalla sua uscita, è utilizzato dalle principali business school innovative ed in primavera sarà tradotto dalla Stanford University Press. È possibile seguire le evoluzioni del gruppo di ricerca e di consulenza sul societing dal sito www. societing.org sotto la direzione scientifica di personaggi del calibro di Bernard Covà e Bill Emmott, già direttore de L’Economist. 63


IL SEGNALIBRO TI RACCONTERÒ TUTTE LE STORIE CHE POTRÒ > AGNESE BORSELLINO CON SALVO PALAZZOLO

a c u ra di Raffaella Venerando

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pp. 224 euro 18,00 Fe ltri n elli

i Paolo Borsellino, del suo esempio e del suo lavoro di contrasto alla mafia, si è sempre parlato molto. Negli ultimi tempi, forse, si parla di più della sua morte e dei misteri che la avvolgono. Ma della famiglia Borsellino, dell’uomo anziché del magistrato, non si sa tanto. Fin dai primi, terribili giorni dopo l’attentato di via D’Amelio, infatti, la moglie Agnese e i figli Lucia, Manfredi e Fiammetta – allora poco più che adolescenti – hanno mantenuto uno stretto riserbo e sono intervenuti solo raramente nel dibattito mediatico. All’inizio di quest’anno, la signora Agnese, che combatteva contro un terribile male, ha voluto raccontare la sua vita a Salvo Palazzolo, per lasciare dietro di sé – ai figli, ai nipoti, alle persone che mantengono vivo il ricordo di Paolo Borsellino e, in definitiva, a tutti gli italiani – i ricordi di un’esistenza segnata dall’amore per un eroe civile che era anche un uomo normale, innamorato della moglie, giocoso con i figli, timido ma provocatorio, generoso e indimenticabile. Agnese Borsellino se n’è andata il 5 maggio 2013, ma le sue parole sono rimaste impresse in questo libro, un libro carico di amore, di dolore, di indignazione e di speranza per il futuro del nostro paese. «Cara mamma, ci hai fatto un gran bel regalo, in parte anche inaspettato. […] Neanche noi figli conoscevamo tutti gli aneddoti e le confidenze che – stupendoci – ci hai voluto lasciare in questo racconto, prima che la tua malattia prendesse definitivamente il sopravvento. […] C’è tutto questo e molto altro ancora nelle pagine che ci hai lasciato in dono: non sono una biografia, una raccolta di testimonianze o una ricostruzione storica di eventi più o meno noti. Queste pagine sono molto di più: il tuo ultimo atto d’amore verso papà, anzi sono la vostra storia d’amore». (Manfredi Borsellino)

HOME CINEMA IL CASO KERENES > CALIN NETZER

a c u ra di Vito Salerno

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incitore dell’Orso d’Oro e del premio della Critica Internazionale all’ultimo Festival di Berlino, “Il caso Kerenes” conferma il regista Clin Peter Netzer una delle voci più interessante del cinema europeo attuale. Il film racconta la storia di Cornelia, una donna ricca e potente a cui non mancherebbe nulla se non l’affetto del figlio Barbu, al quale dedica le sue attenzioni in maniera ossessiva. Quando Barbu è coinvolto in un tragico incidente, Cornelia si dimostrerà pronta a tutto pur di evitare che finisca in prigione, senza capire che la vera libertà a cui il figlio aspira può concederla solo lei stessa. Netzer indaga con occhio impietoso la corruzione della società e di una nuova borghesia senza scrupoli, ma il centro emotivo della pellicola rimane il rapporto di struggente intensità tra madre e figlio, affidato alla prova memorabile dei due protagonisti. Una relazione quasi patologica che fa riflettere sul tema dei conflitti famigliari suscitando nello spettatore sentimenti, idee, esplosioni emotive in un racconto dall’autenticità quasi documentaristica. Il film ha una portata universale nella descrizione del rapporto fra madre e figlio, in cui tutti possono riconoscersi seppur se a livelli diversi, anche se spesso è difficile ammettere a se stessi questa identificazione. Ma, forse, il più importante risultato della storia è quello di affrontare alcuni temi chiave altrettanto universali: il perdono, l’accettazione, la comprensione.

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