NUMERO 05
SETTEMBRE/OTTOBRE 2015
EDITOR IA L E / SET T EMBR E OT TOBR E 2015
La ripartenza della macchina Italia Seppur ancora minimi, segnali positivi per Pil e occupazione riaccendono la fiducia nella crescita del Paese
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hi esagera la chiama “ripresa”, i più entusiasti “risveglio”, i bene informati “recupero”: ciò che è certo – al di là della esattezza o meno del termine utilizzato per parlarne – è che da più parti i segnali positivi per Pil e occupazione nel nostro Paese sono confermati. L’aggiornamento settembrino delle statistiche del Centro Studi di Confindustria, ad esempio, aggiunge uno 0,2% alla previsione del prodotto italiano per quest’anno. Non sarà l’optimum, ma quella variazione al rialzo è senz’altro lo stimolo necessario per ripartire, quella dose di fiducia indispensabile ad aziende e famiglie per orientarsi e credere finalmente in una ripresa economica più stabile e duratura. Se non tutto è perduto per il nostro Paese, parte del merito va senz’altro proprio al manifatturiero, capace in questi anni bui di coniugare saperi antichi con design, innovazione e ricerca e di rimodulare le mission aziendali riposizionandosi sul mercato internazionale. Vero è che non per tutti, già oggi, il tempo volge al sereno. Qualche comparto tarda a riprendere fiato: è il caso del settore edile e della filiera ad esso connessa - per citarne uno, forse il primo in ordine di urgente mancato recupero – che ancora stenta a tornare a galla, probabilmente perché il fatturato delle sue aziende dipende in larga misura dalle commesse interne e la debolezza degli investimenti in costruzioni le penalizza non poco. Ciononostante, crediamo che il nostro Paese abbia tutte le capacità e le possibilità per ripartire definitivamente, sia perché non vogliamo iscriverci nella lista dei gufi, sia perché vorremmo ormai superato il paradosso comunicativo che calcola gli effetti della crisi fin dal suo inizio, il 2009, quando - a dirla tutta - in molti e per più di un biennio neanche si accorsero di quello che stava succedendo e, di conseguenza, non seppero affatto porvi rimedio. Se ogni qualvolta si parla di crisi si parte dall’anno zero, è ovvio che il miglioramento delle performance economiche, quando c’è, è così minimo da sembrare risibile, ma se invece si cominciasse a fare più corretto riferimento agli ultimi tre anni, non si potrebbe non rilevare che gli sforzi per rimettere in piedi, e poi in sesto, i fatturati delle aziende si sono fatti e sono stati tanti. Piuttosto che rimuginare pertanto sulle negatività che hanno caratterizzato le analisi del passato, vogliamo – con prudenza - guardare a quanto di buono sta accadendo. Partendo dalle nostre fabbriche. Il combinato disposto tra le nuove regole contenute nel Jobs Act e gli sgravi contributivi triennali previsti per le nuove assunzioni a tempo indeterminato ha funzionato: le aziende messe nelle giuste condizioni di fare impresa non hanno tardato a rispondere, assumendo. E ancora più significativo, ne siamo certi, potrebbe essere l’aumento dell’occupazione se la prossima Legge di Stabilità 2016 rendesse strutturale la riduzione delle tasse alle imprese che assumono al Sud. Le aziende di questo hanno bisogno perché il timore del futuro lasci il posto definitivamente all’entusiasmo e torni prepotente la voglia di investire. Se riparte il mercato domestico, se ritornano le commesse interne, la macchina Italia - senza trucchi - può davvero riprendere a correre.
Mauro Maccauro Presidente Confindustria Salerno @MauroMaccauro
S O M M A R IO EDITORIALE 1
La ripartenza della macchina Italia di M. Maccauro
INTERNAZIONALIZZAZIONE Voucher per l’internazionalizzazione: 23 Confindustria Salerno al fianco delle PMI di M. De Carluccio
PRIMO PIANO
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L’Italia riparte, stabilità grande occasione per rilancio di G. Squinzi
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Paolazzi, direttore CSC: «Ripresa? Andiamoci cauti. Più corretto parlare di ripartenza» di R. Venerando, intervista a L. Paolazzi L'O PINIONE
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Prete, presidente CCIAA di Salerno: «La mia Camera come un’azienda» di R. Venerando, intervista a A. Prete
Antonio Calabrò: 10 «La nostra industria non è finita» di R. Venerando, intervista a A. Calabrò FOCUS Porti e logistica: 12 le strategie del Piano nazionale di A. Panaro
EDILIZIA INDUSTRIALE Accessibilità dal mare, 24 consapevoli disagi e ottimistiche prospettive di E. Smeraldo NORME E SOCIETÀ Polizze abbinate ai finanziamenti: 26 criticità e misure a difesa dei clienti di M. Marinaro Sicurezza nel cibo, primo step: 28 la corretta etichettatura di P. Di Stefano Lineamenti 30 dell'accordo preliminare di fusione di M. Galardo Nuovi strumenti per salvare 32 le imprese in crisi di V. Romano La videosorveglianza in negozio, 34 obbligo di segnalazione al pubblico di L. De Valeri
CONFINDUSTRIA Compliance, oltre la produzione 16 di V. Prete Ammortizzatori sociali, 17 la svolta di G. Baselice Apre l’ELITE Desk 18 di Confindustria Salerno di M. Villano NEW ENTRIES Meccanica Noschese, 20 l’automazione giusta per un’industria 4.0 a cura della Redazione Polis Energia, 21 largo alla bolletta leggera a cura della Redazione Nutrir, 22 l’esperienza del passato alimenta il futuro a cura di Raffaella Venerando
LAVORO Cassazione, 36 cosa rischia il lavoratore improduttivo di M. Ambron FISCO Riforma del processo tributario: 38 «Parziale ma buona» di R. Venerando, intervista a M. Villani Riforma degli incentivi 42 per l’autoimprenditorialità di A. Sacrestano Il rimborso dei finanziamenti dei soci: 44 mission impossible? di M. Fiorentino BUSINESS 46
Note spese, i vantaggi dell’outsourcing di P. Casoni
NUMER O 5 / SET T EMBR E OT TOBR E 2 0 1 5 SICUREZZA 46
Risonanza magnetica, le nuove linee guida dell'Inail di F. Campanella BON TON
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Bon ton 3.0, necessario un upgrade di regole e costumi di N. Santini EVENTI
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La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico sale a quota 18 a cura della Redazione SALUTE
54 55
Attività fisica, salute e dipendenza/2 di G. Fatati Colazione, il mattina ha l'oro in bocca di A. Di Pietro PARLIAMO DI...
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La casa 3.0 è anche ecologica A cura della Redazione ARTE
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Beyond the Lens al Tempio di Pomona di Salerno di V. Salerno
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Gli appunti di pittura di Antonia Di Giulio al Museo Canonica di Roma di A. Tolve FINISTERRE
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Jim Morrison e Rimbaud, due miti della gioventù ribelle di A. Amendola
Magazine di Economia, F inanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg . Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Mauro Maccauro Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano Redazione Raffaella Venerando Project Management V ito Saler no Società Editrice/Direzione e Redazione Assindustria Saler no Ser vice Sr l V ia Madonna Di Fatima, 194 84129 Saler no Tel. 089 335408/Fax 089 5223007 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it Stampa Ar ti Grafiche Boccia/Saler no Foto Archivio Costozero V ito Saler no Massimo Pica/Ag . Fotografica Grafica e Impaginazione Moreplus/www.moreplus.it
LIBRI 64
Nein, Un manifesto a cura di R. Venerando HOMECINEMA
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Se Dio Vuole a cura di V. Salerno
L e opi ni oni espr esse negl i a r ti c ol i a ppa r tengono ai si ngol i a utor i dei qua l i si i ntende r i spetta r e l a pi ena l i ber tà di gi udi z io
P R I M O P IA NO
L’Italia riparte, stabilità grande occasione per rilancio La Legge di Stabilità su cui il Governo sta lavorando può essere il primo determinante tassello di una strategia articolata per rilanciare gli investimenti, pubblici e privati, consolidare la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro, investire in ricerca e innovazione, sostenere l’internazionalizzazione delle imprese di Giorgio Squinzi Presidente di Confindustria
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l clima sta cambiando. Questa l’indicazione emersa dalle nuove previsioni del Centro Studi Confindustria che ha rivisto al rialzo le stime per il Pil italiano: un +1% quest’anno, +1,5% il prossimo, grazie soprattutto alla spinta che arriva da diversi fattori esterni – tra tutti, l’ulteriore riduzione del prezzo del petrolio – che contribuiscono a rafforzare un quadro che, finalmente, volge al positivo. Non solo. L'occupazione aumenta e anche gli ultimi dati Istat sulla fiducia di imprese e consumatori – ai livelli più alti registrati dall’inizio della crisi – sono altrettanti segnali di ripartenza che, però, vanno consolidati. E in fretta. L’occasione è proprio nella spinta aggiuntiva di quei fattori esterni: una finestra di opportunità incredibile, ma destinata a esaurirsi nel giro di un paio d’anni. Dobbiamo muoverci, andare avanti con decisione se vogliamo trasformare questo iniziale recupero in una crescita stabile e duratura. E la parola chiave è sempre quella: riforme. Il Governo ha avviato un percorso importante, ha adottato una serie di misure che hanno avuto ricadute positive – basta pensare a quanto accaduto in materia di lavoro – e ha annunciato che ne prenderà delle altre. Bene, perché su una cosa dobbiamo essere chiari: in assenza di politiche che accelerino la ripartenza, rischiamo non solo di non agganciare la crescita che ci servirebbe – almeno un 2% annuo – ma di tornare allo zero virgola. Non possiamo permettercelo.
L’economia italiana ha bisogno urgente di politiche e provvedimenti ambiziosi. Dobbiamo rimettere l’industria, il manifatturiero, al centro di una vera politica industriale, perché, come ripeto spesso con profonda convinzione, non c’è ripresa senza impresa. La crescita, l’occupazione, lo sviluppo vengono dalle
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Abbiamo sottolineato per il Sud l’assoluta necessità che il Governo spinga con forza l'acceleratore sull’utilizzo dei fondi strutturali, sfruttando tutto il margine della flessibilità europea per rilanciare gli investimenti pubblici, anche battendo i pugni sul tavolo di Bruxelles. La scadenza del 31 dicembre 2015 per i programmi 2007-13 è ormai imminente e non possiamo perdere tempo. Così come non va perso tempo per l'avvio dei programmi 2014-20, già in forte ritardo. Parliamo di una cifra complessiva di 100 miliardi di euro: vogliamo davvero perderli?
imprese. La Legge di Stabilità su cui il Governo sta lavorando può essere il primo determinante tassello di una strategia articolata per rilanciare gli investimenti, pubblici e privati, consolidare la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro, investire in ricerca e innovazione, sostenere l’internazionalizzazione delle imprese. Pilastri fondamentali su cui puntare per mettere in moto la crescita e la competitività del Paese, soprattutto delle regioni meridionali. Nel Mezzogiorno, infatti, il rilancio degli investimenti pubblici e privati è ancora più necessario e promette straordinari ritorni per lo sviluppo non solo di quelle regioni, ma di tutto il paese. Al Sud sono concentrati i maggiori ritardi nella qualità e nella quantità dei servizi pubblici, nella dotazione infrastrutturale, nei livelli di partecipazione al lavoro, nel grado di innovazione. Ma ci sono anche straordinarie opportunità di crescita, grazie a un tessuto imprenditoriale diffuso che sta mostrando coraggio, dinamismo, capacità di ripartire. Le imprese ci sono e sono pronte. Di recente, nella riunione del Consiglio Generale di Confindustria che si è tenuto a Taranto, abbiamo anche discusso e approvato una serie di proposte specifiche per il Sud: da un credito di imposta almeno triennale per l'acquisizione di beni strumentali nuovi, al rifinanziamento dei contratti di sviluppo, al potenziamento degli strumenti di garanzia per favorire l'accesso al credito, all’utilizzo di voucher per l'internazionalizzazione, alla definizione di un piano
per le infrastrutture che dia attuazione, con tempi e risorse certi, agli interventi già definiti in materia di ferrovie, porti, aeroporti, strade, autostrade, dissesto idrogeologico, beni culturali, edilizia scolastica, riqualificazione urbana. Abbiamo poi sottolineato l’assoluta necessità che il Governo spinga con forza l'acceleratore sull’utilizzo dei fondi strutturali, sfruttando tutto il margine della flessibilità europea per rilanciare gli investimenti pubblici, anche battendo i pugni sul tavolo di Bruxelles. La scadenza del 31 dicembre 2015 per i programmi 2007-13 è ormai imminente e non possiamo perdere tempo. Così come non va perso tempo per l'avvio dei programmi 2014-20, già in forte ritardo. Parliamo di una cifra complessiva di 100 miliardi di euro: vogliamo davvero perderli? L’ho detto prima e lo ripeto, le imprese ci sono e sono pronte a fare la loro parte. Non è una frase retorica, ma quello che ho modo di verificare personalmente tutti i giorni come imprenditore e come presidente di Confindustria. Nessuno di noi ha perso la voglia di fare e di battersi per le nostre imprese, i nostri dipendenti, i nostri territori, il nostro Paese. Siamo la quinta potenza industriale e l'ottava economia al mondo: lo siamo diventati non per materie prime o risorse energetiche, ma solo grazie a noi stessi: ritroviamo quello spirito e facciamo vedere a tutti di cosa siamo capaci.
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Paolazzi, direttore CSC: «Ripresa? Andiamoci cauti. Più corretto parlare di ripartenza» L’economia italiana sta accelerando ma ci vorranno anni per tornare ai livelli del 2007. Per il direttore del Centro Studi di Confindustria bisognerebbe, come la Spagna, fare le riforme il prima possibile, mettendo al centro l’impresa e il mercato e creando le condizioni per facilitare il credito di Raffaella Venerando
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irettore, le previsioni del Centro Studi Confindustria di settembre tratteggiano una ripresa – seppur ancora cauta – per l’economia italiana. Recessione archiviata? Per definizione, dopo due trimestri consecutivi di aumento del PIL la recessione è ufficialmente finita. E di trimestri con segno <+> ne sono stati infilati tre, tra il quarto 2014 (variazione quasi impercettibile) e il secondo 2015. Il CSC prevede che la serie positiva prosegua almeno fino alla fine del 2016, con un incremento medio annuo dell’1,0% quest’anno e dell’1,5% il prossimo. Il termine ripresa, però, non è appropriato né tecnicamente, né politicamente. Tecnicamente perché è la fase breve, al massimo un anno e mezzo, durante la quale si “riprende” appunto quanto perduto nella recessione; ma nel caso attuale ci vorranno anni per tornare ai livelli del 2007. Politicamente perché, proprio a causa della profondità della caduta e della durata del tempo necessario a colmare il gap, le difficoltà di molte imprese e persone saranno a lungo con noi. Ricordiamo, infatti, che ancora nel 2016 il PIL resterà pari al livello del 2000, il PIL per abitante (la misura principe del benessere economico) a quello del 1997 e l’occupazione a quella del 2006. Meglio parlare di ripartenza, di risalita, di recupero, al limite di ricostruzione. Fattori esogeni hanno spinto le stime al rialzo? Durante l’estate lo scenario globale è cambiato parecchio rispetto alle nostre precedenti previsioni. I cambiamenti principali riguardano il rallentamento del commercio mondiale, molto più accentuato, e la caduta ulteriore del prezzo del petrolio. La somma è positiva, nel senso che l’impulso che viene all’economia italiana dal risparmio sulla bolletta energetica vale un ulteriore aumento del PIL pari allo 0,2% quest’anno e il prossimo, mentre la frenata globale defalca uno 0,2% nel 2015 e zero nel 2016, quando ci aspettiamo che ci sia un miglioramento. Riguardo a quest’ultimo, il quadro va attentamente monitorato e potrebbe rivelarsi ottimistico. In aggiunta a ciò, sulle stime
per quest’anno ha influito la revisione al rialzo dei dati ISTAT relativi alla prima metà del 2015, che aggiunge uno 0,2% al PIL di quest’anno. Ecco perché abbiamo ritoccato all’insù le nostre previsioni. Sono fiducioso che l’economia italiana stia accelerando e penso che il risultato finale del 2015 possa essere addirittura migliore di quello che attualmente indichiamo. Restando in tema l’economia cinese, dopo un trentennio di crescita, ha avuto una battuta d’arresto. C’è da preoccuparsi? È assolutamente fisiologico che l’economia cinese rallenti. Perché, quando si raggiungono livelli più elevati di benessere, si esauriscono alcuni spazi di crescita, come l’aumento di produttività dovuto al trasferimento dall’agricoltura all’industria di una consistente parte della popolazione. E perché finora lo sviluppo cinese è stato guidato da export e investimenti e basato sull’industria, mentre ora il testimone deve passare ai consumi e ai servizi, e questo è il tentativo che le autorità cinesi stanno facendo. Dobbiamo tutti fare il tifo che esse ci riescano senza incidenti di percorso, perché una frenata brusca della Cina avrebbe ripercussioni molto forti per l’economia mondiale. La Cina, infatti, determina oltre un terzo dell’aumento annuale del PIL globale. Il CSC ha stimato che una caduta dal 7,3% (quale quello registrato nel 2014) al 4,0% della crescita cinese tagli di 1,1 punti percentuali l’incremento del PIL mondiale e di 0,5 punti quello italiano. Solo a giugno scorso il Governatore di Bankitalia Visco dichiarava che «fra i Paesi dell'Eurozona dal lato politico il progresso è ancora lontano». Questa arretratezza visibile quanto incide sulle performance economiche del nostro Paese? Non si possono dare cifre precise, ma è evidente che la disunione politica europea incida sulla stabilità e sulla fiducia, penalizzando i Paesi, che a torto o a ragione, sono percepiti come più fragili sullo scacchiere europeo. La seconda recessione in cui l’Italia è precipitata tra il 2010 e il 2014 è spiegata dalla difficoltà dell’UE di dotarsi di
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Luca Paolazzi una politica di bilancio comune e di gestire in modo meno titubante e distruttivo la crisi dei debiti pubblici. Per le nostre imprese meglio o peggio se la Fed dovesse prima o poi alzare i tassi? Un rialzo dei tassi da parte della FED è ineluttabile, perché l’economia USA è in salute ed è bene che inizi una graduale normalizzazione della politica monetaria. Ricordo che i livelli attuali dei tassi non hanno precedenti nella storia plurisecolare delle Banche centrali. L’avvio della normalizzazione darebbe certezza ai mercati e rassicurerebbe tutti sulle buone condizioni economiche statunitensi. Tornando a casa nostra, Pil in crescita quindi e disoccupazione in calo secondo le stime di CSC. In definitiva il mondo delle aziende promuove il Jobs Act? Assolutamente sì. Lo fa con i fatti, assumendo più persone di quante ne avrebbe altrimenti prese e trasformando a tempo indeterminato una serie di altri tipi di contratti. Oltre che il Jobs Act, importante è stata anche la riduzione dei contributi sociali sui nuovi contratti a tempo indeterminato siglati entro la fine del 2015; un incentivo che andrebbe rinnovato. Abbiamo condotto un’indagine presso le imprese associate a Confindustria e il 62% ha risposto che le norme varate dal Governo hanno influenzato positivamente le loro decisioni sull’occupazione, tanto che il 18% ha deciso di aumentare la manodopera e il 50% ha trasformato i contratti esistenti. Ciò dimostra che quando vengono prese le giuste misure di politica economica, il sistema produttivo reagisce rapidamente e nella direzione attesa. Resta il nodo di un CLUP troppo alto e di una scarsa redditività.
La contrattazione aziendale è l’unica via per risolverli? La dinamica del costo del lavoro è stata, prima e durante la crisi, totalmente sganciata dalla dinamica della produttività, e quindi dalla ricchezza creata. Questo ha fatto aumentare davvero molto il CLUP, penalizzando la competitività e mandando gambe all’aria i conti aziendali; come testimonia l’erosione della redditività, che nel manifatturiero è scesa ai minimi storici: è il più potente disincentivo a investire nel nostro Paese. Tutto ciò nasce dal sistema di contrattazione collettiva che centralizza a livello nazionale la determinazione degli incrementi delle retribuzioni, cosicché questi ultimi non possono tener conto dei guadagni di produttività che vanno considerati solo là dove si realizzano, cioè a livello aziendale. Ecco perché occorre cambiare il sistema di contrattazione, decentrando a livello di impresa gli incrementi retributivi. La scelta di riformare il sistema di contrattazione spetta alle parti sociali e Confindustria è impegnata con determinazione in tal senso. La defiscalizzazione e la decontribuzione degli aumenti retributivi erogati a livello aziendale in cambio di maggiore produttività sarebbe un potente incentivo anche per i lavoratori e i loro rappresentanti, perché aumenterebbe la busta paga netta. Altri Paesi però fanno molto meglio dell’Italia, ad esempio la Spagna. Quali riforme è necessario che il governo affronti con urgenza per non perdere – come suggerisce una citazione di Tito Livio in apertura del rapporto CSC – l’occasione attuale che va colta con prontezza per aumentare durevolmente la crescita economica dell’Italia? La Spagna cresceva più dell’Italia già prima della crisi. Tuttavia, allora lo faceva accumulando un grave squilibrio nei conti con l’estero e gonfiando un’enorme bolla immobiliare. Allo scoppio della crisi questi nodi sono venuti al pettine e c’era chi dava la Spagna per spacciata. Invece, la Spagna nel 2012 ha adottato le giuste misure: semplificazione delle norme, riforma del mercato del lavoro (rendendo più facili i licenziamenti, le ristrutturazioni aziendali e i cambiamenti di mansioni dei lavoratori), moderazione salariale (con lo spostamento della contrattazione a livello aziendale) e risanamento dei bilanci delle banche (grazie ai fondi europei, quindi anche con i soldi nostri). Tutto ciò ha permesso alla Spagna di ripartire prima e più brillantemente dell’Italia, tanto che ora cresce a un ritmo di oltre il 3%, il triplo del nostro. Insomma, la lezione è che le riforme vanno fatte il prima possibile e agendo contemporaneamente su più fronti, mettendo al centro l’impresa e il mercato e creando le condizioni per facilitare il credito.
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Prete, presidente CCIAA di Salerno: «La mia Camera come un’azienda» Per non rischiare di compromettere la capacità di promozione del territorio, a fronte di minori entrate per l’Ente, il neo presidente e la sua Giunta opereranno in un’ottica di contenimento: «Ci siamo già attivati in un’operazione di spending review e qualsiasi futura spesa sarà fatta in modo più che oculato, come siamo abituati a fare nelle nostre imprese» di Raffaella Venerando
L’
uomo giusto. In occasione del rinnovo dei vertici della Camera di Commercio di Salerno le forze imprenditoriali della città hanno trovato tutte comune accordo intorno al nome di Andrea Prete, eleggendo l’imprenditore - cotitolare della IMC cavi e past president di Confindustria Salerno - per acclamazione alla guida dell’ente, dopo le dimissioni di Guido Arzano del luglio scorso.
Andrea Prete Presidente Camera di Commercio di Salerno
Spetterà quindi al volitivo industriale - cui vanno riconosciute doti, non comuni, di tenacia, competenza e capacità di fare sistema - rimettere in campo la C.C.I.A.A. salernitana, nel breve periodo di tempo disponibile fino al termine della presente consiliatura (meno di dodici mesi, ndr), restituendole tutta la sua forza propulsiva in questa delicata fase di risveglio economico e di trasformazione del sistema camerale a seguito della riforma della Pubblica Amministrazione. Presidente, dopo le dimissioni di Guido Arzano l’Ente camerale salernitano ha scelto – compatto - lei come guida. I mesi di vacatio sono stati utili anche per riflettere sul ruolo, l’organizzazione e il futuro della Camera? È innegabile che la Camera di Commercio abbia vissuto giorni difficili che hanno portato alle dimissioni del presidente Arzano per scelte non del tutto condivise, ma per mia natura e per la responsabilità del ruolo che oggi ricopro, preferisco guardare all’impegno che spetta ora a me piuttosto che indugiare su fatti passati. Tutta la mia attenzione è concentrata sugli obiettivi da raggiungere, il primo dei quali - ritrovata l’unità dell’istituzione – è il recupero del rispetto, dell’autorevolezza e dell’importanza dell’Ente che deve tornare ad essere un presidio del territorio, la vera casa delle imprese. Va debellata con forza la falsa credenza che le Camere siano un luogo di sperpero di denaro
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Con la riforma si aprono nuovi spazi e nuovi ruoli per le Camere. Esse dovranno sempre più funzionare come braccio operativo delle istituzioni che governano il territorio, grazie alle proprie strutture snelle e capaci. Salerno, in questo mutato scenario, si candida anche a divenire a tutti gli effetti un’agenzia del territorio per l’attrazione degli investimenti
pubblico e fonte di ulteriore tassazione per le aziende, obbligate a pagare dei diritti annuali – seppur oggi ridotti – a fronte di servizi di non sempre chiara e certa utilità. In questa direzione, in un certo senso, la riforma della Pubblica Amministrazione potrebbe farci gioco, nonostante sia senz’altro una grossa cesoia per le casse dell’Ente. Se la riduzione del 35% del diritto camerale a conti fatti poco giova alle imprese, molto pesa invece sul sistema camerale. Nel caso di Salerno significa avere a disposizione del territorio dai 7 del passato ai circa 1,5 milioni di euro di oggi. Alla luce di minori risorse disponibili, pertanto, è necessario rivedere la mission della nostra Camera per non rischiare di compromettere la capacità di promozione del territorio. Ci siamo già attivati quindi in un’operazione di spending review e qualsiasi futura spesa dell’Ente sarà fatta in modo più che oculato, come se fosse fatta nelle nostre aziende. Un’area su cui insisteremo, poi, sempre alla ricerca di risorse è la riscossione dei diritti non pagati che, nonostante gli interventi di Equitalia, risulta insoddisfacente. Stiamo infatti valutando con attenzione strategie ad hoc per riuscire al meglio in questo obiettivo. Cosa farà per vedere incrementata la soddisfazione delle aziende, e non solo, per le scelte camerali? La Camera deve essere riferimento certo per le aziende. Proprio per le aziende la Camera reinvestirà le risorse recuperate nel potenziare il canale del credito, attraverso la rete dei confidi, implementando i fondi di garanzia; nel favorire
ancor di più l’internazionalizzazione e nel promuovere migliori infrastrutture. Dobbiamo difendere le nostre produzioni, al top in agricoltura e agroindustria; dobbiamo creare maggiore ricchezza sul territorio. Se con le nostre iniziative vedremo aumentato il prodotto interno di Salerno anche solo di un euro, vorrà dire che la Camera è riuscita nel suo intento. Con la riforma inoltre si aprono nuovi spazi e nuovi ruoli per le Camere. Esse dovranno sempre più funzionare come braccio operativo delle istituzioni che governano il territorio, grazie alle proprie strutture snelle e capaci. Il tempo delle sovrapposizioni e delle duplicazioni è finito. Ora si apra la stagione della ottimizzazione. Salerno, in questo mutato scenario, si candida anche a divenire a tutti gli effetti un’agenzia del territorio per l’attrazione degli investimenti. E l’aeroporto? Resta un impegno della Camera di Commercio di Salerno? Senza dubbio. È un impegno della Camera – che ne ha sostenuto il progetto per oltre 20 milioni - da più di venti anni e, oggi che il Consiglio dei Ministri lo ha dichiarato uno dei 38 scali di interesse nazionale, non potrebbe essere diversamente. Vero è che va fatto. Prima ancora che ragionare su quale segmento destinargli, su quali compagnie potranno volarci, l’aeroporto va fatto, ultimato, completato. A partire dall’allungamento necessario della pista e al rinforzo di quella attuale. Il traffico aereo aumenta e Capodichino non potrà da solo soddisfare la crescita del mercato. Non si può pertanto prescindere dal potenziamento di un secondo scalo per la nostra regione, seconda per popolazione solo alla Lombardia.
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Antonio Calabrò: «La nostra industria non è finita» Con una sinergia tra riforme, investimenti pubblici e intraprendenza privata l’impresa può ripartire e con essa il Paese di Raffaella Venerando
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l suo ultimo libro "La morale del tornio" è un’efficace arma di contrasto contro chi vuole la nostra industria in declino. Oltre all’ottimismo della volontà, quali sono le politiche e gli strumenti da mettere in campo con urgenza e quali nel lungo periodo? Lo Stato cosa deve fare? «Non c’è ripresa senza impresa», sostiene giustamente Confindustria. Le imprese migliori, più dinamiche, aperte alla cultura del mercato (e sono moltissime, in Italia, anche tra le piccole e medie) proprio in questi anni di crisi si sono ristrutturate, hanno puntato sull’innovazione, hanno migliorato sistemi di produzione e prodotti, organizzazione, relazioni industriali, rapporti con i clienti e con i territori. Bisogna consentire alle imprese di fare sempre meglio il loro mestiere, di rafforzare la competitività. Dunque, un fisco più leggero e semplice, una burocrazia efficiente e poco invasiva, una giustizia rapida ed efficace, una battaglia severa contro corruzione e criminalità organizzata. E un rafforzamento della spesa pubblica in ricerca, innovazione, inflastrutture tecnologiche: non si può affrontare la sfida di Industry4.0 e del digital manifacturing, la “quarta rivoluzione industriale”, senza un’adeguata diffusione della “banda larga”. Il Governo ha annunciato interventi. Speriamo sia di parola. Siamo il secondo Paese manifatturiero europeo, dopo la Germania. Una posizione da difendere. Con una sinergia tra riforme e investimenti pubblici e intraprendenza privata. E le aziende al loro interno? Cambiamento, è la parola chiave. Dunque maggior efficienza. Qualità. Sicurezza. E consapevolezza
Antonio Calabrò Consigliere Delegato Fondazione Pirelli, Coordinatore Gruppo Cultura Confindustria dell’importanza di insistere sulla crescita, per riuscire a occupare posizioni di rilievo nelle nicchie a maggior valore aggiunto, sui mercati internazionali. Fondamentale puntare sulle persone: migliorare la loro formazione e qualificazione, il senso d’appartenenza all’azienda. E insistere su un mix virtuoso tra le competenze dell’esperienza degli anziani e l’energia e la spinta innovativa delle nuove generazioni, cui dare spazio. Tre vizi e tre virtù della nostra industria. Imprese spesso chiuse, familiste, refrattarie ai
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«Abbiamo grandi eccellenze, nelle università e nei centri di ricerca, anche nel Mezzogiorno. Da mettere a sistema, in un dialogo fertile con l’impresa. Anche perché, “impresa è cultura”, fare impresa innovativa è una grande e vincente scelta culturale»
cambiamenti, ostinate nel difendere l’ideologia del “piccolo è bello” e dunque ostili a nuovi metodi, nuovi mercati, nuove azionisti, nuove alleanze. Le virtù, invece, stanno in una straordinaria capacità a essere flessibili, “resilienti”, abili a percepire tempestivamente le mutazioni dei mercati e ad agire di conseguenza. Un grande storico dell’economia, Carlo Maria Cipolla, ha parlato di «italiani abituati, fin dal Medio Evo, a produrre, all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo». Un’abilità che si conferma nell’eccellenza delle cosiddette 4 A (automazione meccanica, arredamento, abbigliamento e agro-alimentare) che insieme alla chimica, alla gomma-plastica, alla farmaceutica di nicchia, all’automotive hanno avuto un ruolo centrale per generare quei 128 miliardi di surplus manifatturiero che hanno tenuto in piedi, anche negli anni di crisi, il sistema Italia. Una delle sfide più difficili per il Governo pare essere rimettere in piedi e poi al centro il Sud del Paese. Quale sarebbe la strada da seguire? Sarebbe favorevole ad una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno? Sfida difficile, ma essenziale per lo sviluppo dell’intero Paese. Da affrontare su tutti i piani: una politica migliore, anche a livello locale; una pubblica amministrazione trasparente per una spesa produttiva e orientata alla crescita e non alle clientele; una diffusione della cultura della competizione, del mercato, del merito; un fisco che, attraverso il credito d'imposta, sostenga le imprese che investono. E infrastrutture che migliorino l’attrattività del Sud per le sue vocazioni: manifattura, turismo, cultura. E agricoltura legata all’agroindustria: se il futuro
dell’economia è green, il Sud ha un ruolo chiave da giocare. Per lei, che tra le altre cose è responsabile del Gruppo Cultura di Confindustria e Senior Advisor Cultura della Fondazione Pirelli, la cultura può essere uno dei fattori di rilancio del Paese, nonostante la recessione globale sia arrivata a lambire anche i settori della cultura, riducendo ulteriormente i consumi culturali degli italiani già piuttosto bassi se paragonati alla media europea? Naturalmente sì. È il nostro vero vantaggio competitivo. Penso a una “cultura politecnica” che metta insieme le consapevolezze critiche delle culture umanistiche con i valori e i metodi della scienza, come peraltro è avvenuto nella migliore storia italiana, dal Rinascimento all’illuminismo radicato a Milano e a Napoli, sino ai successi della ricerca più innovativa, segnati dal Nobel per la chimica a Giulio Natta, nel 1963. Abbiamo grandi eccellenze, nelle università e nei centri di ricerca, anche nel Mezzogiorno. Da mettere a sistema, in un dialogo fertile con l’impresa. Anche perché, “impresa è cultura”, fare impresa innovativa è una grande e vincente scelta culturale. Secondo lo scrittore Ernesto Ferrero “un buon libro deve regalare un momento di felicità”. Secondo lei, invece, quali sono le peculiarità irrinunciabili - sia per lo scrittore, sia per il lettore - perché uno scritto possa rimanere nel tempo? Sono d’accordo con Ferrero: innanzitutto il piacere del testo. Un buon libro deve dirti cose che non sai, farti entrare in altre vite e altre storie, aprire orizzonti. Rafforzare l’intelligenza del cuore. E aiutarti a fare un sorriso, di ironia e felicità.
F O CU S
Porti e logistica: le strategie del Piano nazionale Prevista la futura trasformazione delle Autorità Portuali esistenti in Autorità di Sistema Portuale (AdSP). Questa razionalizzazione comporterà una diminuzione nel numero delle Autorità che saranno tra loro accorpate di Alessandro Panaro Responsabile Infrastrutture SRM alessandro.panaro@intesasanpaolo.com
O
biettivo di questo articolo, tratto dalle analisi si SRM sul trasporto marittimo (www. srm-maritimeconomy.com) è illustrare e analizzare alcuni dei principali aspetti contenuti nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL), ritenuto uno degli stru-
menti programmatici strategici per rilanciare la competitività del nostro sistema portuale. Il Piano, varato dal Governo il 6 agosto 2015, si inserisce all’interno di una pianificazione più ampia in cui confluiranno i piani di settore, che detteranno le singole strategie. Questi verranno riuniti
in un Documento di Programmazione Pluriennale e saranno poi singolarmente avviati verso le fonti di finanziamento più opportune, in una logica di valorizzazione e razionalizzazione delle risorse. Le linee guida del Piano sono volte all’acquisizione di quote di mercato portuale nel breve pe-
Tab. 1_Traffico Container alcuni porti italiani / Fonte: elaborazioni SRM su dati Assoporti
Porto
TEUS 2005
TEUS 2013
TEUS 2014
Gioia Tauro Genova La Spezia Cagliari Livorno Trieste Venezia Napoli Salerno Taranto
3.208.859 1.624.946 1.024.455 639.049 658.506 198.319 289.860 373.626 418.205 716.856
3.094.254 1.988.013 1.300.432 702.143 559.180 458.597 446.428 477.020 263.405 197.317
2.969.802 2.172.944 1.303.017 717.016 577.470 506.011 456.068 431.682 320.044 148.519
Var % 13-14 -4,0 9,3 0,2 2,1 3,3 10,3 2,2 -9,5 21,5 -24,7
1 2/ 13
Porto
TEUS 2005
TEUS 2013
Algeciras Valencia Port Said Istanbul Pireo
3.179.614 2.409.821 1.621.066 1.185.768 1.394.512
4.349.755 4.328.000 3.957.970 3.438.185 3.163.000
Var % 05-13 36,8 79,6 144,2 190,0 126,8
Tab. 2_Traffico Container top 5 porti del Mediterraneo / fonte: elaborazioni SRM su dati Autorità Portuali estere
riodo e alla valorizzazione del patrimonio infrastrutturale nel medio-lungo periodo. I concetti chiave a sostegno del raggiungimento degli obiettivi prefissati sono l’integrazione, l’interazione e l’interoperabilità. Il Piano, infatti, dovrebbe permettere il rilancio del Paese attraverso il coordinamento di tutte le amministrazioni coinvolte nelle attività portuali. La nuova organizzazione, avrebbe l’obiettivo di fortificare il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo e negli scambi internazionali. La stesura e approvazione di questo Piano si è resa necessaria a causa della perdita di competitività e delle difficoltà incontrate negli ultimi anni dai nostri porti. Secondo il Piano, l’Italia ha per tradizione storica e situazione geografica numerosi punti di forza su cui far leva da mettere a sistema. La stessa conformazione territoriale italiana, però, può essere considerata sia un’opportunità, sia un punto debole. Il Paese ha infatti caratteristi-
che che limitano le possibilità di espansione e concentrazione lungo la costa. La distribuzione frammentata dei porti e la loro collocazione in prossimità dei centri storici rendono la penisola difficilmente comparabile ai paesi del Northern Range e ai restanti del bacino del Mediterraneo (tab. 1). Il Piano si fonda su 10 pilastri, divisibili in macro ambiti. I primi cinque mirano a rendere più competitivo il sistema logistico-portuale nazionale, due sono relativi all’innovazione e alla sostenibilità, mentre i restanti tre sono volti a promuovere una gestione finanziaria e amministrativa più performante. Nel dettaglio: 1. Semplificazione e snellimento. 2. Concorrenza, trasparenza e upgrading dei servizi. 3. Miglioramento dell’accessibilità dei collegamenti marittimi. 4. Integrazione del sistema logistico. 5. Miglioramento delle prestazioni infrastrutturali. 6. Innovazione.
7. Sostenibilità. 8. Certezza e programmabilità delle risorse finanziarie. 9. Coordinamento nazionale e confronto partenariale. 10. Attualizzazione della Governance del Sistema. Il primo obiettivo riguarda quello che sinora è stato considerato il maggiore punto di debolezza del sistema, ossia le lungaggini burocratiche. Per procedere allo snellimento delle procedure amministrative, autorizzative e di controllo, vengono individuate azioni come l’ultimazione dello Sportello Unico, i controlli e la semplificazione nell’approvazione dei progetti. In secondo luogo, il Piano considera l’integrazione delle informazioni all’interno del ciclo logistico come una leva strategica per l’aumento di competitività. Per questo motivo, le autorità pubbliche saranno attrezzate con sistemi interoperabili, secondo una logica “once” e full digital. Ciò dovrebbe consentire anche maggiore trasparenza (tab. 2).
F O CU S
Il porto di Salerno Tra gli interventi per il miglioramento della competitività, inoltre, prioritari sono quelli relativi l’accessibilità. A tale riguardo, è pianificata la rimozione dei colli di bottiglia lungo le infrastrutture stradali e ferroviarie per garantire un’elevata e fluida qualità viaria. Ancora in merito al sistema logistico-portuale, altri obiettivi riguardano l’espansione delle aree retro-portuali e industriali. Queste azioni faciliteranno lo sviluppo della domanda e del sistema produttivo nazionale, in un’ottica di integrazione sinergica tra la catena logistica e il comparto manifatturiero/industriale. Il Piano prevede anche interventi per adeguare le infrastrutture ai moderni standard operativi, come la lunghezza massima dei treni ammissibili o i limiti di
sagoma. In parallelo sono definiti incentivi dedicati ai servizi ferroviari per favorirne l’offerta. L’obiettivo relativo all’innovazione, considera lo sviluppo tecnologico come propulsore della portualità italiana. Al fine di rendere più agevole la gestione delle operazioni portuali, si prevede la partenza di progetti rivolti alla digitalizzazione della catena logistica. Inoltre, come precedentemente evidenziato, si promuove una maggiore interoperabilità tra i sistemi informativi e tecnologie istituzionali ad oggi non completamente integrati. Per quanto concerne le problematiche ambientali, all’interno del PSNPL vengono considerate misure atte a garantire la sostenibilità. Ad esempio, si promuove l’uso del mare come via di trasporto
meno inquinante. Simmetricamente si perseguiranno obiettivi di tutela dell’ambiente circostante le aree portuali e riduzione dei consumi energetici legati alle attività dei porti. Numerosi porti italiani stanno già attrezzandosi, prevedendo al loro interno impianti ad energie rinnovabili. Al fine di superare lo scetticismo circa la certezza nell’uso delle risorse finanziarie, verrà individuato un organismo centrale per il coordinamento dell’impiego di risorse pubbliche. Esso dovrà scegliere la fonte di finanziamento più idonea (tra FESR, Fondo di Sviluppo e Coesione, Piano Junker, etc.) da associare a ciascuna categoria di investimento per lo sviluppo portuale. Gli assetti organizzativi della portualità vedranno, invece, non
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A livello di singoli porti attualmente sedi di AP, si prevede la costituzione di uffici territoriali che assumeranno la denominazione di Direzioni Portuali (DP). Queste avranno compiti istruttori ai fini dell'adozione delle deliberazioni dell'AdSP di competenza
più il coordinamento ma la condivisione di una strategia compartecipata tra istituzioni centrali e personaggi chiave di settore. Si procederà al coordinamento nazionale e al confronto partenariale. In quest’ottica, si configura una nuova organizzazione degli organismi centrali di gestione del Sistema Mare. Il Piano delinea una Governance più forte e integrata. È inoltre previsto l’allineamento delle realtà portuali per specializzazione vocazionale, secondo modelli di settorializzazione evoluti. Sarà dunque ripensata l’intera struttura di ripartizione del territorio nazionale attraverso un’azione accorpatrice. I cambiamenti nell’organizzazione delle Autorità Portuali (AP) modificano radicalmente l’attuale strutturazione. Il ridisegno della Governance avrà conseguenze anche sui compiti e le funzioni di responsabilità dei diversi soggetti. Il Piano nel particolare prevede il riassetto della gestione portuale e la valorizzazione di tutti i settori della maritime economy. A questo scopo è prevista la futura trasformazione delle Autorità Portuali esistenti in Autorità di Sistema Portuale
(AdSP). Questa razionalizzazione comporta, chiaramente, una diminuzione nel numero delle AP, che saranno tra loro accorpate. Il nuovo assetto organizzativo si prefigge l’obiettivo di passare dall’odierna dimensione mono-scalo ad un modello di Governance multi-scalo, che vedrà al suo vertice un Presidente, nominato direttamente dal Ministro delle Infrastrutture, previa intesa con la Regione interessata. A livello di singoli porti attualmente sedi di AP, si prevede la costituzione di uffici territoriali che assumeranno la denominazione di Direzioni Portuali (DP). Queste avranno compiti istruttori ai fini dell’adozione delle deliberazioni dell’AdSP di competenza. È previsto inoltre lo snellimento del Comitato portuale (composto da non più di cinque membri) e l’istituzione di un Tavolo del Mare con funzioni consultive. L’introduzione di Sistemi Portuali multi-scalo dovrebbe permettere di ottimizzare le infrastrutture e le connessioni esistenti sulla base di una conoscenza dettagliata di traffici, operatori e tessuto logistico, in modo scevro da condizionamenti dovuti a interessi locali. L’eccessiva frammentazione delle realtà portuali ha condotto
negli anni a fenomeni concorrenziali tra porti distanti anche solo pochi chilometri. A livello finanziario, pur garantendo autonomia alle AdSP, il sistema prevede un vincolo delle risorse attribuibili al singolo porto incluso in una circoscrizione, pari a una quota del 50% delle disponibilità generate da ciascuno di essi. Viene così chiarita, almeno in fase di ripartizione delle risorse, un’annosa questione relativa alla configurazione dell’autonomia finanziaria portuale. La semplificazione della rete delle Autorità Portuali in Sistemi aggregati più ampi risponde, infine, all’esigenza di una visione unitaria delle Aree Logistiche Integrate (ALI). Queste costituiranno il modello operativo dei Programmi FESR 2014-2020 per la pianificazione infrastrutturale nelle Regioni meno sviluppate, come prescritto dall’Accordo di Partenariato che disciplina la prossima programmazione dei fondi strutturali per l’Italia. La nuova configurazione della Governance fa sperare in un rafforzamento della competitività e nella riduzione del differenziale di crescita con gli altri porti del Mediterraneo.
CO N F I N D US TRIA
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Compliance, oltre la produzione «La logica ti porta da A a B. L'immaginazione ti porta ovunque»: perché l'inventiva acquista sempre più valore anche nel fare impresa
Valeria Prete R.d.D. Tekla / Componente Gruppo GI Confindustria Salerno
O
ggi fare azienda è produrre, costruire, standardizzare, ridurre, aggiungere, diversificare ma è principalmente immaginare scenari migliori, proiettarsi in mondi inesplorati e nuovi. Abbiamo imparato che, anche per saper immaginare, ci vuole studio, bisogna crescere in competenze, ci vuole coraggio di osare e di rischiare oltre ogni limite che una crisi può portare con sé. Investire in creatività, in innovazione, in competenza e conoscenza, in rapporti e relazioni è per molte aziende alla base dei percorsi di compliance aziendale, capaci di apportare crescita personale e nuove consapevolezze andando oltre l’osservanza semplice di leggi e regole. Oggi essere compliance significa essere adeguati, adatti, pronti alla trasformazione e al cambiamento spesso dettato dall’esterno. In questo percorso, coadiuvati dall’avvocato Carmine Teodosio in tutta la parte didattica applicativa, come Tekla ci siamo contaminati con tante altre realtà vicine e lontane al mondo delle costruzioni, prendendo spunti innovativi per migliorare attività e processi interni. L’approccio alla creatività all’immaginazione produttiva è tipica di tante altre aziende del nostro territorio e
non solo e vede una della sue massime esternalizzazioni e oggettivazioni nell’ottenimento di un brevetto. Anche la nostra azienda - specializzata nella produzione di chiusure per interni ed esterni - quest’anno ha ottenuto, dopo due anni di studio, il brevetto per il primo infisso in legno/legno/ alluminio: il nuovo TK100Thermotech. L’idea si basa su un’innovazione di processo e su una di prodotto. La prima vede la realizzazione di un prodotto utilizzando un processo produttivo che ne limita i tempi di stoccaggio e ne riduce il lead time, la seconda consta in un prodotto unico nella sua fattura essendo costituito da un’anima centrale in legno che separa un esterno in alluminio e un interno in legno. La sua essenza sta nella sua flessibilità ad essere costruito con materiali differenti e diversamente componibili tra loro, attraverso dinamici sistemi di fissaggio e soprattutto nel rispetto della fine del ciclo di vita del prodotto stesso, essendo completamente scomponibile e riciclabile. Come noi, tante altre aziende hanno compreso che il percorso da seguire deve continuamente rinnovarsi e arricchirsi, perché anche “immaginare mete ovunque” porta ad andare lontano.
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Ammortizzatori sociali, la svolta CIGO, CIGS e CdS riformati, ridimensionati e accorpati in un unico testo organico. Termini più brevi per le aziende che intendono presentare domanda Giuseppe Baselice, Responsabile Relazioni Industriali / Confindustria Salerno g.baselice@confindustria.sa.it
I
l 24 settembre scorso è entrato in vigore il D.Lgs. 148/2015 che, in attuazione della Legge 183/2014 ( Jobs Act), ha raccolto in un unico testo la disciplina della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO), della Cassa Integrazione Straordinaria (CIGS) e del Contratto di Solidarietà (CdS), fino ad oggi disseminate in una pletora di fonti legislative. Riservandoci successivi approfondimenti sui contenuti della riforma, riteniamo utile evidenziare subito alcuni aspetti da tenere in immediata considerazione. Una prima modifica su cui si richiama l’attenzione riguarda l’estensione alla CIGO del requisito dell’anzianità lavorativa dei novanta giorni per i lavoratori beneficiari, precedentemente prevista solo per la CIGS. Si estendono poi i trattamenti di integrazione salariale anche ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, fino ad ora esclusi. Altra innovazione di rilievo è data dall’introduzione di un limite complessivo di ricorso alle integrazioni salariali: per ogni unità produttiva il trattamento ordinario e quello straordinario non possono superare la durata massima di 24 mesi in un quinquennio mobile. Ove però in tale periodo si faccia ricorso al Contratto di solidarietà, la soglia temporale è elevata a 36 mesi, in quanto il periodo di CdS viene computato nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente. I trattamenti richiesti prima della data di entrata in vigore del decreto si computano nel predetto limite solo per la parte del periodo autorizzato successivo per l’appunto al 24 settembre 2015. Viene quindi superato il previgente sistema dei 36 mesi nel quinquennio fisso per la CIGS (superabili tra l’altro attraverso il c.d. “CdS in deroga”). La durata complessiva globale appena evidenziata si interseca
con i limiti temporali legati ai singoli strumenti che sono rimasti inalterati. Ulteriore elemento di immediato impatto riguarda la modifica dei termini di presentazione delle domande di integrazione salariale rispetto alla disciplina previgente. Nello specifico, si prevede che la domanda di CIGO debba essere presentata dall’impresa all’INPS in via telematica entro il termine di 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa indicando la causa della sospensione, la presumibile durata, i nominativi dei lavoratori interessati e le ore richieste (ante riforma l’istanza andava effettuata entro 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui avesse avuto inizio la sospensione e non c’era l’obbligo di indicare i nominativi dei lavoratori). Su questo punto, un recente messaggio dell’INPS ha chiarito che le domande per gli eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa precedenti al 24 settembre potranno continuare ad essere presentate con le previgenti modalità, mentre, quelle riferite ad eventi verificatisi a partire dalla suddetta data dovranno, invece, seguire la nuova disciplina. Per quanto concerne l’intervento straordinario, la relativa domanda di concessione deve essere presentata entro 7 giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell’accordo collettivo aziendale al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e alle Direzioni Territoriali del Lavoro competenti per territorio (prima vigeva lo stesso termine della CIGO). Sempre per i trattamenti straordinari, a decorrere dal 1° novembre 2015, le sospensioni o riduzioni di orario non potranno decorrere prima del trentesimo giorno successivo alla presentazione della domanda. Aumenta poi il contributo addizionale per le imprese che fanno ricorso alle integrazioni salariali.
C O N F I N DUS TRIA
Apre l’ELITE Desk di Confindustria Salerno Le imprese del territorio potranno ottenere supporto e informazioni sul programma dedicato alla loro crescita da Borsa Italiana
di Marcella Villano Servizi alle imprese / Confindustria Salerno m.villano@confindustria.sa.it
L
o scorso 29 maggio, Confindustria e Borsa Italiana hanno firmato un Protocollo di Intesa per favorire la diffusione tra le imprese del Programma ELITE, lanciato nel 2012 in Italia da Borsa Italiana e sostenuto, sin dal suo avvio, da Confindustria e dalle più importanti istituzioni e organizzazioni economico–finanziarie del Paese. ELITE rappresenta un percorso di crescita e formazione per le imprese con obiettivi di sviluppo organizzativo e manageriale, ed è diretto ad evidenziare come l’adozione di certe metodologie proprie delle società quotate in termini di pianificazione, governance, controllo e comunicazione, siano utili alla crescita aziendale. ELITE significa, per l’impresa che decide di intraprenderlo, mettersi in discussione, approcciare le problematiche in un modo nuovo, analizzandole da altri punti di osservazione, adottare atteggiamenti differenti per affrontare i cambiamenti culturali, organizzativi e manageriali necessari per perseguire i propri
obiettivi di sviluppo. Il percorso proposto, per la cui promozione e divulgazione Confindustria Salerno ha attivato insieme a Borsa Italiana uno specifico ELITE Desk (ELITE Desk Confindustria Salerno, rif. Marcella Villano – 089.200841; m. villano@confindustria.sa.it - www. elite-growth.it), è strutturato in tre diverse specifiche fasi e prevede, attraverso una piattaforma di strumenti e servizi, attività che consentono alle imprese di: • acquisire gradualmente, a partire da una migliore analisi delle proprie condizioni e potenzialità, le competenze necessarie per approcciare il mercato finanziario; • rafforzare la capacità di una comunicazione trasparente ed efficace verso gli investitori, e conseguire visibilità nei confronti della comunità imprenditoriale e finanziaria, sia domestica che internazionale; • individuare lo strumento di crescita più adeguato alle caratteristiche dell’attività, es. quotazione, private equity, emissione di minibond, internazionalizzazione.
Significativi sono i risultati ottenuti in questi anni, sia in termini di partecipazione delle aziende (circa 200 italiane - di cui 2 salernitane, le associate Tecnocap Spa e Nuceria Group - e 70 straniere ad oggi), advisor in affiancamento per il coaching (150) e investitori (80), che di interesse mostrato da altri Paesi, tanto che Elite è stato introdotto in Inghilterra nel 2014 fino a diventare nel 2015 - anche a seguito di alcuni incontri presso BusinessEurope, associazione europea delle confederazioni d’impresa, organizzati su iniziativa della delegazione di Confindustria a Bruxelles - una piattaforma paneuropea in cui interagiscono imprese, advisor e investitori. È recente, poi, l’avviamento del progetto in Marocco. Ma quali sono i parametri per accedere e com’è strutturato nel dettaglio il percorso? Anzitutto evidenziamo che, nella valutazione dell’azienda, oltre agli indicatori economici (fatturato> euro 10 milioni oppure 5 mln di euro e una crescita ultimo anno > 15%, risulta-
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to operativo > 5% del fatturato, utile netto > 0 e PFN/EBITDA < 4), sono tenuti in debita considerazione anche gli aspetti qualitativi, quali la storia della società, il settore e posizionamento competitivo, credibilità del management, progetto di crescita intrapreso e o da avviare, necessità di fundraising, motivazione a partecipare e intraprendere cambiamenti culturali e organizzativi. Operativamente, il percorso è così strutturato: FASE 1 GET Ready: l’azienda, dopo l’invio della candidatura e l’avvenuta ammissione, avvia un percorso di formazione strutturato in 4 moduli formativi di 2 giorni, sui seguenti temi: - percorsi di crescita e internazionalizzazione; - cultura aziendale e governance a servizio della crescita; - l’impatto della crescita sul ruolo
del responsabile amministrativo e sui sistemi di pianificazione e controllo; - il reperimento delle risorse finanziarie per la crescita: strumenti, mercati e strategia per comunicare il valore d’impresa agli investitori. FASE 2 GET Fit: questa prevede la partecipazione dell’azienda ad una serie di iniziative ed eventi ELITE. In linea generale l’impresa, dopo un test di autovalutazione, individua le aree di miglioramento sulle quali lavorare (ad es. piano industriale, sistema di controllo di gestione, corporate governance, trasparenza informativa e comunicazione finanziaria) con l’affiancamento di un ELITE team (esperti e professionisti). FASE 3 GET Value: ottenimento del certificato ELITE e accesso ad una selezionata community internazionale composta da: private
equity e investitori istituzionali, sistema bancario, imprenditori e management di gruppi quotati, reti di professionisti di Borsa Italiana a servizio delle imprese. Le aziende ELITE hanno anche visibilità sulle principali testate giornalistiche nazionali e locali, in occasione della cerimonia di ingresso nella piattaforma, oltre alla possibilità di rilasciare un’intervista a RTL 102.5 che ogni settimana, nell’ambito programma “L’Azienda Italia, una Grande Azienda”, ospita una società ELITE. L’ambizioso obiettivo è quello di accrescere il numero delle imprese aderenti al progetto, arricchire la vetrina Elite di buone pratiche, così da creare valore aggiunto e favorire la diffusione di risultati di crescita e sviluppo aziendali in grado di impattare sul benessere generale del Paese.
NE W E N T RIE S
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Meccanica Noschese, l’automazione giusta per un’industria 4.0 L’elevata professionalità del capitale umano permette all’azienda salernitana di garantire ai suoi clienti soluzioni complete, partendo dalla fase di studio delle esigenze e arrivando, attraverso ideazione, progettazione e realizzazione, alla messa in funzione dei sistemi e alla successiva manutenzione e assistenza a cura della Redazione
L
a Meccanica Noschese srl nasce nel dicembre 2006 dalla scissione della Officine Noschese spa, società fondata nel 1960. Già dagli anni Novanta i fratelli Noschese operavano nel settore dell’automazione industriale con altre aziende successivamente confluite nell’attuale gruppo. L’azienda fornisce progettazione e realizzazione di macchine speciali, isole robotizzate di saldatura o manipolazione e impianti automatici di vario genere, software per la gestione della produzione. La forza dell’azienda è nel suo capitale umano, un
nutrito staff di progettisti meccanici, elettrici e sviluppatori software, oltre che personale meccanico ed elettrico addetto alla realizzazione e al montaggio. Ciò permette all’azienda di garantire ai suoi clienti soluzioni di automazione complete, partendo dalla fase di studio delle esigenze e arrivando, attraverso ideazione, progettazione e realizzazione, alla messa in funzione dei sistemi e alla successiva manutenzione e assistenza. Meccanica Noschese fornisce inoltre pacchetti software personalizzati di gestione della produzione e analisi dei con-
sumi completamente integrati agli impianti per un parco clienti che va dai grandi gruppi - Prysmian, Gruppo Fiat, Tower, Proma ed altri del settore automotive – a piccole e medie aziende dislocate sul territorio nazionale e all’estero. Sede, uffici e stabilimento produttivo dell’azienda sono a Pontecagnano Faiano.
Meccanica Noschese srl V ia Bellini 3, Pontecagnano (SA) Tel. 089 848318 – 089 382455 www.meccanicanoschese.it
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Polis Energia, largo alla bolletta leggera Più dell’8% di risparmio sui costi energetici e un servizio eccellente ritagliato su misura: questa la promessa della prima società in Italia ad offrire la formula “Soddisfatti o Rimborsati”
a cura della Redazione
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olis Energia è una giovane e dinamica azienda di fornitura di energia elettrica e gas che assicura a imprese e famiglie un risparmio reale, con una fattura precisa e trasparente e un servizio eccellente tagliato su misura. La società è ben presto diventata punto di riferimento nella customer experience applicata alla vendita di energia e gas al punto da creare un sistema innovativo denominato “Polis Experience che soddisfa le esigenze, previene i problemi e risolve istantaneamente qualsiasi criticità, rendendo la vita più che dura ai continui disservizi, lentezza nelle risposte e poca trasparenza. Grazie alla competenza maturata dal management interno in multinazionali e società di consulenza, Polis Energia è in grado – come già mostrato – di aiutare tanti imprenditori, commercianti e famiglie a risparmiare, ogni anno, più dell’8% sui costi energetici grazie alla collaborazione con i propri fornitori nel ricercare le migliori condizioni economiche di approvvigionamento sui principali
mercati di trading italiani ed europei. Con questo efficiente meccanismo fondato su trasparenza, competenza e professionalità, i clienti Polis Energia hanno più tempo da dedicare alla crescita della propria azienda e alla propria famiglia. La filosofia dell’azienda si basa sul concetto greco - democratico e armonico - di "Polis": un luogo, uno spazio, una comunità in cui è prevista
l'attiva partecipazione dei cittadini, un posto in cui, attraverso l'energia, ogni azienda può svolgere le proprie attività e realizzare i propri progetti.
EnergyPolis Srl V ia Degli Arcimboldi, 2 20123 Milano (MI) www.polisenergia.it
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NE W E N T RIE S
Nutrir, l’esperienza del passato alimenta il futuro Figlia del gruppo Pezzullo, l’azienda è ormai riferimento qualificato nel settore della alimentazione per animali da reddito
a cura di Raffaella Venerando
È
ancora giovane, ma riassume in sé tutte le doti di famiglia la NUTRIR s.r.l., azienda dei Pezzullo, nata nel 2007 con l’obiettivo di sviluppare la propria attività nell’ambito della filiera agro-zootecnica ed, in particolar modo, nel settore della alimentazione per animali da reddito. Bando all’improvvisazione, quindi, e largo all’esperienza di anni di lavoro nel settore dell’alimentazione animale che trovano espressione nella capacità di Nutrir di offrire alla propria clientela mangimi dalle caratteristiche nutritive costanti, di elevata qualità e in grado di soddisfare i molteplici fabbisogni degli animali da reddito. Non solo. Grazie ad una efficace e capillare rete distributiva, l’azienda – nota in tutte le regioni del sud Italia ma, principalmente, in Campania - garantisce sia un servizio di consegna puntuale e flessibile, sia un’organizzazione commerciale in grado di assistere gli allevatori prima, durante e dopo la vendita. A rafforzare le competenze in forze alla Nutrir uno staff di qualificati nutrizionisti ed alimentaristi italiani che sviluppano i controlli dei prodotti
presso le ditte produttrici e presso i clienti, coprendo così con attenzione l’intero processo produttivo. La gamma di prodotti alimentari che, direttamente e indirettamente, attraverso la filiera “Nutrir”, raggiungono il consumatore sono: · Uova (Allevamenti del gruppo Pezzullo con oltre 250.000 galline ovaiole in produzione); · Suini Lattoni e Grassi da Macello (Allevamento del gruppo Pezzullo, produzione annua di oltre 40.000 suini venduti agli allevamenti e ai macelli). Con la Nutrir quindi ma anche attraverso tutte le aziende controllate, il gruppo Pezzullo - di cui è stato indimenticato fondatore Sossio, imprenditore dalle maniere old style ma lungimirante e innovativo - realizza un vero progetto di filiera agrozootecnica, accurato e affidabile, sul territorio campano.
©Nutrir s.r.l. Località Pezza Grande Zona Industriale 84025 Eboli (Salerno) http://www.nutrir.it/
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I N TERN AZ IONALIZ Z AZ ION E
Voucher per l’internazionalizzazione: Confindustria Salerno al fianco delle PMI Attraverso la sua società di servizi Assindustria Salerno Service srl, accreditata dal Ministero dello Sviluppo Economico, la Territoriale salernitana mette a disposizione delle imprese l’esperienza di professionisti nei processi di internazionalizzazione per ottenere e utilizzare al meglio l’agevolazione governativa di Monica De Carluccio, Servizi alle Imprese / Confindustria Salerno m.decarluccio@confindustria.sa.it
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er contribuire a strutturare laddove assente, perché ancora a gestione familiare, e rafforzare, quando già radicata, quella cultura dell’internazionalizzazione necessaria per riprendere un ruolo da protagonisti sui mercati internazionali, il Governo ha messo a disposizione di Pmi e reti di impresa un sostegno economico a fondo perduto pari a 10mila euro, a copertura di servizi erogati per almeno 6 mesi per avere il sostengo delle competenze in azienda di un “Temporary Export Manager”. Per avere accesso al voucher l’impresa deve intervenire con un cofinanziamento che, per il primo bando, è di almeno 3mila euro (il costo complessivo sostenuto dall’impresa per il servizio deve essere, pertanto, di almeno 13mila euro, fatta salva l’entità dell’agevolazione). Dopo una serie di passaggi procedurali, tra cui registrazione e compilazione dei format sul portale del Ministero dello Sviluppo Economico, dal 22 settembre 2015 le aziende interessate hanno inviato la propria istanza telematica. A poche ore dall’inizio del click-day, sono pervenute domande per oltre tre
volte l’offerta, mentre le registrazioni sulla piattaforma on line, necessarie per poter presentare le richieste, hanno superato le 5.800 unità. Sul sito del MISE, immediato il commento del Vice Ministro Carlo Calenda: «A fronte di questo successo abbiamo deciso di aumentare da subito la dotazione finanziaria da 10 a 15 milioni di euro, consentendo così a 1500 aziende (500 in più del previsto) di accedere al nuovo strumento per l’internazionalizzazione. Il programma verrà ulteriormente potenziato nel 2016 con risorse aggiuntive». Il Ministero procederà all’assegnazione dei Voucher secondo l’ordine cronologico di ricezione delle domande e nei limiti delle risorse disponibili, tenuto conto delle riserve e della sussistenza dei requisiti di ammissibilità. Le agevolazioni saranno concesse dal MISE entro 45 giorni dal termine ultimo per la presentazione delle domande di agevolazione, fissato al 2 ottobre 2015. Entro i successivi 45 giorni dalla data di pubblicazione del decreto di ammissione, i beneficiari sono tenuti a trasmettere al Ministero le informazioni necessarie ai fini della
verifica della regolarità contributiva e il contratto di servizio sottoscritto con la società fornitrice prescelta. Per poter accedere al voucher, infatti, le aziende ammesse dovranno rivolgersi a una società fornitrice di servizi di export management, accreditata all’apposito elenco del Ministero dello Sviluppo Economico. A disposizione dei suoi iscritti e non solo, Confindustria Salerno offre – attraverso il suo braccio operativo Assoservice, presente nell’Albo del Mise per la chiara competenza – tutta l’assistenza tecnica necessaria per beneficiare del voucher, a partire dalla messa a disposizione di un Temporary Export Manager con skills ed esperienze specialistiche e certificate nel settore, che supporterà in maniera adeguata l’azienda nel suo intervento di internazionalizzazione. Per ulteriori informazioni: Monica De Carluccio, Servizi alle Imprese Confindustria Salerno, 089.200810 – m.decarluccio@confindustria.sa.it; Assindustria Salerno Service srl, tel. 089.335408 assoservice@costozero.it
ED I LI ZI A IND US TRIALE
Accessibilità dal mare, consapevoli disagi e ottimistiche prospettive Va potenziata la capacità di accoglienza della città di Salerno, elevando la qualità dei servizi offerti e della ricettività portuale e migliorando al tempo stesso l’interconnessione con il territorio e le sue proposte culturali, artistiche e naturalistiche
Emilia Smeraldo Architetto / Vice presidente Lega Navale Italiana di Salerno
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alerno, città di mare, per le sue caratteristiche orografiche, storiche, culturali, alimentari, artigianali e monumentali e per gli interventi di valorizzazione effettuati in questi ultimi anni rientra in quel ristretto gruppo di città "fortunate", vocato a trasmettere di sé un'immagine turistica di alto livello. Le sue potenziali energie in questo settore potrebbero tracciare ulteriori nuovi percorsi per contribuire alla ripresa economica e sociale necessaria e promuovere la competitività delle produzioni nel nostro paese. Il turismo rappresenta, per le citate caratteristiche, senza dubbio una grande ricchezza per competere con successo nella sfida della ripresa e del giusto posizionamento nell'auspicato sviluppo. L'immagine turistica contiene una forza persuasiva particolarmente incisiva, se ben proposta, capace di attrarre l'interesse dei visitatori influenzandone le scelte di soggiorno. Il fascino delle bellezze naturali e del patrimonio artistico-culturale di
Salerno e dintorni - nonostante gli indubbi sforzi che si stanno facendo per stravolgere quella pigrizia maturata in tanti anni di stasi e di incomprensione delle ricchezze possedute - risulta ancora oggi offuscato dallo scarso dinamismo nell'affrontare le sfide che la globalità ci propone. Le immense e preziose risorse di cui dispone il nostro Paese richiedono contesti sociali più evoluti e infrastrutture ulteriormente potenziate con capacità imprenditoriali forti per competenze, creatività e innovazione, in grado di far crescere armonicamente la valenza economica del nostro territorio per trasmettere con il giusto orgoglio le origini delle nostre comunità impegnandosi al contempo nel miglioramento della qualità dei servizi di ogni tipo, in sintonia con i profondi cambiamenti nell’accesso alla città che comprendono anche la trasformazione del porto commerciale per l'attracco di navi da crociera, significa incoraggiare un turismo sempre più qualificato.
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Le immense risorse di cui dispone il nostro Paese richiedono contesti sociali evoluti e infrastrutture ulteriormente potenziate con impiego di risorse umane qualificate, con capacità imprenditoriali forti per competenze, creatività ed innovazione, capaci di far crescere armonicamente la valenza economica del nostro territorio
Quanto detto, significa potenziamento della capacità di accoglienza non solo per gli ospiti delle navi da crociera che già potranno usufruire, come porta di ingresso alla città, della magnifica "Stazione Marittima" progettata da Zaha Hadid, ma anche per i diportisti nautici che attraccheranno non solo a Salerno ma anche in una delle numerose altre località della provincia e avranno l'esigenza di servizi di qualità sia allo sbarco che all'interno dei luoghi che si andranno a visitare o che avranno scelto per soggiornare. Vivendo a Salerno e frequentando l'ambiente nautico, quale vicepresidente della Lega Navale Italiana sezione di Salerno ho avuto modo di constatare l'immenso lavoro necessario, fatto anche di piccoli interventi, da aggiungere ad integrazione e completamento agli sforzi che l'Amministrazione ha fatto e sta facendo per rendere meglio vivibile, valorizzandolo, il fronte mare. Fronte mare che deve essere considerato anche come porta di ingresso al territorio, con qualificazione della ricettività portuale ed una più consapevole
interconnessione col territorio con proposte culturali, artistiche, di visite archeologiche, architettoniche, naturalistiche di cui l'entroterra e Salerno sono ricche. La Lega Navale di Salerno a questo scopo ha coinvolto l'Ordine degli Architetti e l'Ordine degli Ingegneri perché si organizzasse un incontro per confrontare proposte progettuali di architetti e ingegneri sulla problematica dell'accessibilità dal mare con un focus specifico sulle funzioni ricettive. Il workshop organizzato nella sede L.N.I. di Salerno e ripetuto nella sede L.N.I. di Scario (San Giovanni a Piro) è stata una esperienza entusiasmante che ha dato vita a molteplici suggerimenti tecnici, estetici, urbanistici che ci auguriamo possano essere stimolo per un critico interessamento da parte degli Enti locali deputati a vagliarne fattibilità e vantaggi per il territorio. In queste giornate di lavoro, i tecnici coinvolti hanno rilevato quanto sia importante lo studio del territorio e l’ascolto della comunità con le proprie rimostranze per far emergere aspettative e necessità che diano luogo successivamente
a proposte mirate a una maggiore funzionalità dei porti, delle strutture, anche con interventi sul piccolo dettaglio costruttivo inteso come potenziale miglioramento del vivere sociale. Nella qualità sia di vicepresidente della Lega Navale di Salerno, sia di architetto, rivolgo un appello a quanti abbiano sensibilità verso il territorio in genere e il mare in particolare affinché siano essi stessi diffusori e promotori di uno stile di vita consapevoli della grande ricchezza che si sta vivendo da protagonisti e richiedendo attivamente, consapevolmente e insistentemente a chi è preposto, quegli interventi significativi e qualitativi per poter migliorare con rispetto, la qualità del rapporto col mare. Il mare è una delle nostre più grandi ricchezze, non dimentichiamolo. Così come non dobbiamo dimenticare che il rispetto della costa e la funzionalità degli approdi possono concretamente incrementare il valore di questa risorsa dando, come indotto, molteplici opportunità di lavoro qualificato agli abitanti dei luoghi serviti.
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Polizze abbinate ai finanziamenti: criticità e misure a difesa dei clienti IVASS e Banca d'Italia inviano una lettera congiunta alle imprese e agli intermediari assicurativi, tra cui le banche, con la quale chiedono di innalzare il livello di tutela della clientela nella vendita di polizze abbinate a mutui e prestiti (PPI Payment Protection Insurance)
Marco Marinaro Avvocato Cassazionista / Membro Abf Roma info@studiolegalemarinaro.it
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on una lettera del 26 agosto 2015 indirizzata alle imprese di assicurazione, alle banche e agli intermediari finanziari e agli altri soggetti che operano in qualità di intermediari assicurativi, l’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) e la Banca d'Italia, anche in linea con le indicazioni rivenienti dagli Organismi internazionali, hanno chiesto congiuntamente di adottare iniziative per superare nel più breve tempo possibile le criticità rilevate nella produzione e nella distribuzione delle polizze abbinate a mutui e prestiti (PPI Payment Protection Insurance) le quali hanno lo scopo di proteggere il cliente da eventi pregiudizievoli che possano limitare la sua capacità di rimborso del finanziamento. Nell’ambito dell’attività di vigilanza condotta dall’IVASS e dalla Banca d’Italia sono emerse tuttavia una serie di criticità nell’offerta di tali polizze vendute abbinate ai finanziamenti, e in particolare ai contratti assicurativi caratterizzati da esclusioni, limitazioni e carenze tali da ridurre significativamente la portata delle garanzie. Criticità presenti anche nelle modalità di offerta
dei contratti, non sempre improntate a canoni di trasparenza e correttezza e infine relativamente ai costi che potrebbero essere eccessivi e poco giustificati. Tali criticità erano state segnalate anche dalle associazioni dei consumatori che avevano segnalato la pressione esercitata sui clienti dalle reti distributive, in prevalenza banche e intermediari finanziari, per collocare polizze PPI facoltative. Dati questi presupposti, le autorità vigilanti sono intervenute sui casi specificamente segnalati con i necessari accertamenti che hanno confermato le problematiche segnalate e, oltre all’adozione di provvedimenti sanzionatori, sono state emanate una serie di misure per una corretta rappresentazione alla clientela delle caratteristiche e dei costi connessi a tali polizze. Nella lettera del 26 agosto 2015 le due Autorità vigilanti hanno così formulato una serie di indicazioni cui le imprese e gli intermediari dovranno adeguarsi. Di particolare interesse appaiono talune tra le diverse sollecitazioni relative alle
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L’IVASS rivolge una raccomandazione alle imprese assicuratrici per la gestione dei contratti già stipulati e dei reclami, con specifico riferimento alla liquidazione dei sinistri al fine dell’adozione di policies che favoriscano soluzioni improntate nella sostanza ai princìpi di correttezza e trasparenza nei rapporti con gli assicurati
modalità di collocamento delle polizze: · tie-in (vendita combinata finanziamenti/polizze): la documentazione precontrattuale relativa ai due rapporti (finanziario e assicurativo) deve essere sempre distinta e in ciascuna di essa deve essere indicato, separatamente, il relativo costo; si dovrebbe indicare l’importo della rata dovuta per il rimborso del finanziamento separatamente da quella dovuta per il pagamento del premio; il cliente deve poter meglio valutare l’adeguatezza alle proprie esigenze delle caratteristiche della polizza; a tale scopo IVASS e Banca d’Italia auspicano che gli intermediari definiscano modalità e tempi di offerta atti a evitare condizionamenti nella negoziazione del finanziamento; · verifiche di adeguatezza in fase precontrattuale e in fase di stipula della polizza: il prodotto deve essere offerto solo alle persone in possesso dei requisiti di assicurabilità e al target di clientela cui è destinato, opportunamente individuato dall’impresa; devono essere effettuate verifiche non formali, ma sostanziali, di adeguatezza delle polizze alle esigenze assicurative del cliente; devono essere chiaramente illustrate
le caratteristiche, la durata, i costi e i limiti della copertura assicurativa; devono essere fornite le informazioni necessarie per consentire al contraente di compiere scelte consapevoli rispondenti alle proprie esigenze. Con riferimento poi ai contratti in esecuzione e con particolare riguardo al rimborso dei premi non goduti in caso di estinzione anticipata o di trasferimento del finanziamento, si precisa che le imprese di assicurazione devono attivarsi in via autonoma per la restituzione della quota parte del premio pagato e non goduto, senza attendere la richiesta del debitore/ assicurato, restando comunque ferma la facoltà dell’assicurato di chiedere il mantenimento della copertura assicurativa. Le imprese di assicurazione inoltre dovranno rivedere le condizioni di assicurazione per indicare in modo comprensibile i criteri e le modalità per il calcolo della quota parte del premio pagato da rimborsare; tale quota, come previsto dall’art. 49 Regolamento ISVAP n. 35/2010, deve essere comprensiva delle commissioni, potendo l’impresa trattenere solo le spese amministrative del contratto. Altro aspetto delicato che viene segnalato è relativo ai costi in
quanto le Autorità vigilanti ritengono che occorra evitare che gli stessi non rispecchino la natura economica delle attività sottostanti o che non siano coerenti con la qualità del prodotto o del servizio reso alla clientela. Su tali presupposti, l’IVASS e la Banca d’Italia intendono approfondire la struttura dei costi delle polizze PPI. Infine, l’IVASS rivolge una raccomandazione alle imprese assicuratrici per la gestione dei contratti già stipulati e dei reclami, con specifico riferimento alla liquidazione dei sinistri al fine dell’adozione di policies che tengano nella debita considerazione le criticità sopra rilevate, favorendo soluzioni improntate nella sostanza ai princìpi di correttezza e trasparenza nei rapporti con gli assicurati. IVASS e Banca d'Italia, nei rispettivi ambiti di competenza, verificheranno il rispetto delle indicazioni fornite e svolgeranno ulteriori approfondimenti anche sulla struttura dei costi delle PPI. Si tratta di un passaggio chiave nella trasparenza e nella correttezza delle attività in un settore particolarmente delicato e complesso che appare in continua espansione.
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Sicurezza nel cibo, primo step: la corretta etichettatura Dal 13 dicembre 2016 le disposizioni relative alle indicazioni nutrizionali, che riguardano il contenuto calorico, i grassi, i carboidrati con specifico riferimento agli zuccheri e il sale, espressi come quantità per 100g o per 100 ml o per porzione dovranno essere esposti nella parte anteriore dell'imballaggio Pierina Di Stefano Avvocato - Studio legale D|&|D T.R.ON™ Tutela della Reputazione ONline www.disommadistefanolegali.it
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n un periodo in cui l’Italia intera punta la riuscita della ripresa economica prevalentemente sulla straordinaria varietà quantitativa e qualitativa dei propri prodotti enogastronomici (l’Expo di certo va in questa direzione), per le aziende si ripropone nella sua essenziale importanza, tra le altre, la questione del rispetto della normativa sulla etichettatura degli alimenti. D’altra parte, i consumatori “informati” stanno aumentando esponenzialmente. Non solo. Una recente ricerca condotta dal Ministero per le Politiche agricole e forestali ha rivelato che l’82% degli italiani sarebbe disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto. Ma cosa si intende per etichetta di un alimento? La definizione ci è data dall’art. 1 del Regolamento Europeo n. 1169 del 2011, per il quale è etichetta «qualunque marchio commerciale o di fabbrica, segno, immagine o altra rappresentazione grafica scritto, stampato, stampigliato, marchiato, impresso in rilievo o a impronta sull’imballaggio o sul contenitore di un alimento o che accompagna tale imballaggio o contenitore». Il citato Reg. UE, che modifica il D.Lgs.
n. 109 del 1992, ha trovato applicazione in Italia a partire dal 13 dicembre 2014. Si applicheranno, invece, dal 13 dicembre 2016 le disposizioni relative alle indicazioni nutrizionali, che riguardano il contenuto calorico (energia), i grassi, i grassi saturi, i carboidrati con specifico riferimento agli zuccheri e il sale, espressi come quantità per 100g o per 100 ml o per porzione nel campo visivo principale (parte anteriore dell'imballaggio); tali indicazioni, tuttavia, ove riportate su etichette su base facoltativa dovranno essere conformi alla nuove disposizioni. Con il Regolamento è stato operato un complesso riordino della normativa previgente, facendo confluire in un unico testo le precedenti norme di carattere generale sulla pubblicità, sull’etichettatura, sull’indicazione degli allergeni e sull’etichettatura nutrizionale. Tra le novità vanno segnalate: 1) la leggibilità delle informazioni obbligatorie: al fine di migliorare la leggibilità delle informazioni fornite nelle etichette, viene stabilita una dimensione minima dei caratteri per le informazioni obbligatorie, fissata in 1,2 mm (eccetto confezioni < 80 cm2 – minimo 0,9 mm); 2) indicazione di origine: obbligatoria, a partire dall’aprile 2015, per le carni fresche suine, ovine,
2 8/ 29 caprine e di volatili; 3) modalità di indicazione degli allergeni: qualsiasi ingrediente o coadiuvante che provochi allergie deve figurare nell’elenco degli ingredienti con un riferimento chiaro alla denominazione della sostanza definita come allergene. Inoltre, l'allergene deve essere evidenziato attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri, per dimensioni, stile o colore di sfondo; 4) prodotti alimentari non preimballati: anche per i prodotti alimentari venduti nel commercio al dettaglio e nei punti di ristoro collettivo occorre riportare le indicazioni sugli ingredienti allergenici; 5) oli e grassi utilizzati: l’indicazione “oli vegetali” o “grassi vegetali” viene superata in quanto tra gli ingredienti si dovrà specificare quale tipo di olio o di grasso è stato utilizzato; 6) nanomateriali: la lista di quelli impiegati va inserita fra gli ingredienti; 7) acquisti online: qualora il prodotto alimentare sia venduto a distanza, la maggior parte delle informazioni obbligatorie sull’etichetta deve essere fornita prima dell’acquisto. Il Reg. UE, inoltre, stabilisce che deve essere indicato il soggetto responsabile della presenza e della correttezza delle informazioni sugli alimenti, cioè l’operatore con il cui nome o ragione sociale il prodotto è commercializzato, o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, l’importatore nel mercato dell’Unione. Sul punto, il Ministero dello Sviluppo economico (Mise) ha chiarito che A) in caso di prodotto con marchio contenente il nome del produttore (stabilito nell’UE), il produttore (titolare del marchio) è l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti [esempi analizzati: yogurt Danone, bibita Coca Cola]; B. in caso di prodotto dove il nome riportato nel marchio non corrisponde al
nome stesso del produttore, l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti è il titolare del marchio [esempio analizzato: margarina Flora, marchio della Unilever]; C. in caso di prodotto private label che riporta un marchio contenente il nome del distributore (stabilito nell’UE), il distributore (titolare del marchio) è l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti [esempi analizzati: confettura di albicocche Carrefour, fagioli in scatola Tesco]; D. in caso di prodotto private label dove il nome riportato nel marchio non corrisponde al nome stesso del distributore, l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti è il titolare del marchio [esempio analizzato: zucchero di canna Boni, prodotto private label a marchio della Colruyt]. In tutti i casi analizzati, l’operatore risponde delle informazioni sugli alimenti in caso sia di produzione diretta, sia in cui il prodotto commercializzato con il proprio nome sia realizzato da terzi (v. Nota informativa Mise prot. n. 170164 del 30/09/2014 reperibile sul sito http://www.sviluppoeconomico.gov.it/). Ciò chiarito, il regime sanzionatorio legato alle violazioni delle regole di corretta etichettatura degli alimenti ha come destinatari i Responsabili, così come sopra identificati, e gli accertamenti in materia sono di competenza di vari organi di vigilanza autorizzati a livello nazionale: Aziende Sanitarie Locali (ASL), Agenzie Ambientali delle Regioni (ARPA), Nucleo Antisofisticazioni (Nas), Ispettorato Controllo Qualità (ICQ), Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Le fonti normative delle sanzioni sono il D.Lgs. n. 146/2007 (Codice del Consumo), gli artt. 1218 e 2043
del Codice Civile che prevedono il risarcimento danni per fatto illecito e il D.Lgs. n. 109 del 1992. In particolare, l’art. 18 del citato D.Lgs. 109/1992 commina una sanzione dai 600 ai 3.500 euro nei casi di irregolarità di alcune delle indicazioni riportate in etichetta e per errori di natura formale; una sanzione dai 1.600 ai 9.500 euro nei casi di irregolarità delle informazioni che devono essere contenute nelle etichette, come la data di scadenza, la denominazione di vendita e simili, nonché nei casi di assenza delle indicazioni obbligatorie; una sanzione dai 3.500 ai 18.000 euro nei casi di violazione dei principi dell’etichettatura, di informazioni false e ingannevoli al consumatore e di infrazioni in materia di messaggi. Tale norma, come chiarito dal Mise nella circolare del 6.3.2015, sarà abrogata solo con l’adozione di un nuovo decreto legislativo recante il quadro sanzionatorio delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, ma verrà applicata soltanto ai precetti confermati dal regolamento. Inoltre, le sanzioni previste dall’articolo 18 del decreto legislativo restano applicabili alle violazioni delle disposizioni del decreto medesimo che restano in vigore, in quanto riguardanti materie non espressamente armonizzate dal Regolamento, quali, ad esempio, il lotto o i prodotti non preconfezionati. In materia di etichettatura degli alimenti ritroviamo, infine, anche sanzioni di natura penale, quali la reclusione dai 2 ai 3 anni (nelle ipotesi aggravate) o la multa fino a euro 2.065 per l’ipotesi di “Frode in commercio” (art. 515 cod. pen.) e la reclusione fino a due anni e la multa fino a euro 20.000 per l’ipotesi di “Vendita di prodotti mendaci” (art. 517 cod. pen.).
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Lineamenti dell'accordo preliminare di fusione L’importanza delle contrattazioni preparatorie nel determinare il contenuto del successivo progetto di fusione
Maurizio Galardo Avvocato / Studio Legale Galardo & Venturiello mgalardo@galardoventuriello.it
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e fusioni “alla pari”, ovvero intercorrenti tra società legate da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 cod. civ., vengono precedute da una intensa attività contrattuale preparatoria tra le società che vi partecipano. Concettualmente la fusione può suddividersi in due momenti: il primo anteriore alla stipula del progetto di fusione, nell’ambito del quale possono essere redatti una serie di contratti preparatori finalizzati a regolare le trattative oppure a definire il contenuto del progetto di fusione; il secondo è costituito invece dal procedimento al cui interno si collocano il progetto e la decisione di fusione. Orbene questa attività negoziale preparatoria alla fusione consiste in una complessa contrattazione preliminare prodromica alla stipula dell’atto conclusivo del procedimento. Prima di giungere infatti alla stipulazione dell’atto di fusione, non soltanto sussiste un’articolata fase procedimentale rappresentata dalla redazione del progetto e dalla decisione, quali atti funzionalmente preordinati all’individuazione del contenuto dell’atto di fusione , ma prima ancora di questa, vi è un’attività che è stata definita con il termine «trattativa da fusione». Il progetto di fusione infatti, che nell’impianto del legislatore dovrebbe costituire l’atto ini-
ziale del procedimento, rappresenta invece nella prassi, il momento culminate di tutta una serie di contrattazioni preparatorie, volte da un lato al raggiungimento di un’intesa sulla fattibilità dell’operazione e alla specificazione delle norme di comportamento cui dovranno adeguarsi le società, e al contempo diretto a stabilire le condizioni essenziali della fusione. Durante la fase preparatoria le società interessate alla fusione si scambiano inoltre un certo numero di documenti precontrattuali. A titolo esemplificativo possono essere stipulati accordi deal protection measures, con cui gli organi amministrativi delle società partecipanti alla fusione si vincolano a tenere determinati comportamenti durante le trattative: le parti si obbligano a negoziare secondo parametri di buona fede e correttezza superiori a quelli previsti dagli artt. 1337 e 1338 cod. civ.; disciplinano lo scambio delle informazioni aziendali e contabili; concordano come ripartire le spese relative all’operazione in caso di esito negativo delle trattative; si impegnano a porre in essere una preventiva due diligence; stipulano gli accordi di fiduciary out con i quali si attribuisce espressamente ad una delle partecipanti il diritto di recedere dalle trattative al ricorrere di determinate condizioni, oppure clausole con cui si concede
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Pattuizioni ricorrenti del merger agreement sono le clausole di confidenzialità dirette a preservare la riservatezza delle informazioni concernenti la società del cui acquisto o della cui fusione si tratta. Al fine di poter pianificare l’operazione in tutti gli aspetti ciascuna delle società partecipanti alla fusione deve consentire all’altra l’accesso ai libri sociali e alla documentazione contabile
la facoltà di recedere dalle trattative in seguito alla modifica della situazione patrimoniale della controparte. Ulteriori pattuizioni ricorrenti sono le clausole di best efforts, con cui gli amministratori si impegnano a strutturare il futuro progetto di fusione secondo le condizioni stabilite negli accordi, porre il massimo impegno per portare a compimento la fusione e a richiedere tutte le autorizzazioni necessarie. Sono frequenti intese finalizzate a regolamentare la gestione dell’attività sociale degli enti partecipanti per tutto il periodo del negoziato fino alla conclusione dell’operazione anche attraverso direttive per gli organi amministrativi con il fine di porre in essere politiche gestionali comuni e di evitare la concorrenza tra le stesse società. Per garantire il loro adempimento si concordano preventivamente eventuali procedure di controllo attuabili mediante l’istituzione di apposite commissioni ovvero mediante la partecipazione di un rappresentante di ciascuna società interessata nelle assemblee delle altre. Sono inoltre frequenti clausole di garanzia relative alle capacità reddituali o al mantenimento della consistenza patrimoniale delle società interessate durante il procedimento. Inoltre al fine di rafforzare gli impegni assunti possono essere utilizzate clausole penali al fine di quantificare preventi-
vamente il danno risarcibile, clausole compromissorie, clausole di recesso dirette a disciplinare preventivamente le conseguenze giuridico-patrimoniali derivanti dall’interruzione del procedimento o dal mancato perfezionamento dell’operazione di fusione. Tali clausole vengono quindi generalmente trasfuse all’interno di un unico contratto che nella prassi delle trattative relative alle operazioni di fusione viene denominato “accordo di fusione” o merger agreement. Pattuizioni ricorrenti del merger agreement sono le clausole di confidenzialità dirette a preservare la riservatezza delle informazioni concernenti la società del cui acquisto o della cui fusione si tratta. Al fine di poter pianificare l’operazione in tutti gli aspetti ciascuna delle società partecipanti alla fusione deve consentire all’altra l’accesso ai libri sociali e alla documentazione contabile. Ulteriore aspetto fondamentale da prevedere nell’accordo di fusione riguarda l’individuazione dei soci con cui si continuerà l’iniziativa economica; di fatto nella fusione la selezione dei soggetti con cui continuare l’attività imprenditoriale viene rimessa agli amministratori, i quali avendo la possibilità di scegliere la società con cui iniziare il procedimento, indirettamente incidono sulla composizione della compagine sociale della società
risultante dalla fusione. Anche il capitale della società derivante dalla fusione viene stabilito dagli amministratori nell’accordo di fusione. Rilevanza centrale assume nell’ambito dell’attività negoziale preparatoria alla fusione, la determinazione del rapporto di cambio, il quale è oggetto di una trattativa specifica tra i rappresentanti delle società partecipanti alla fusione i quali mirano ad ottenere il concambio più favorevole agli azionisti della propria società. Nel caso in cui tra le società partecipanti alla fusione ve ne sia almeno una che ha emesso azioni appartenenti ad una categoria speciale, alle trattative dovrà partecipare almeno un rappresentante di tale categoria speciale, dovendo il progetto di fusione indicare il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di titoli diversi dalle azioni. Ulteriore esigenza è quella di evitare che la controparte contrattuale possa portare avanti trattative parallele con altri soggetti. Clausole fondamentali sono poi quelle relative alla gestione interinale volte cioè a disciplinare la gestione delle società partecipanti alla fusione nel periodo compreso tra la data di conclusione del merger agreement e il momento in cui si produce l’effetto dell’incorporazione o la costituzione della nuova società.
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Nuovi strumenti per salvare le imprese in crisi Tra le novità, oltre a quelle che accelerano le procedure, anche l’apertura alla concorrenza nel concordato preventivo, con offerte per l’acquisto dei beni che possono essere presentate anche da terzi soggetti Valerio Romano Avvocato / Studio legale Romano-Sozio valerioromano@studioromanosozio.it
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on il decreto legge n. 83/2015, coordinato con la legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile sono stati introdotti novità di rilievo per le aziende in crisi in materia di esecuzioni. In merito agli interventi in materia di procedure concorsuali, sono previsti degli strumenti agevolati di accesso al credito nel corso di una crisi aziendale; l’Autorità Giudiziaria inoltre può ritenere di autorizzare dei finanziamenti interinali anche nel caso di concordato in bianco. A ciò si aggiunga che è stata disposta l’apertura alla concorrenza nel concordato preventivo, con offerte per l’acquisto dei beni che possono essere presentate anche da terzi soggetti. Il concordato preventivo potrà essere presentato anche dai creditori quando la proposta del debitore non
prevede la soddisfazione di almeno il 25% dei crediti chirografari, purché sia una proposta migliorativa. Per di più è stata prevista un’ipotesi di ristrutturazione dei debiti, ma l’accordo deve essere concluso con il 75% dei creditori finanziari, se questi rappresentano almeno la metà dell’indebitamento. Inoltre, è stata dichiarata definitivamente, l’incompatibilità tra il curatore e il commissario giudiziale. In caso di difficoltà nella ricerca dei beni pignorabili il creditore, debitamente autorizzato, potrà rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati come l’Anagrafe Tributaria, l’Inps o il Pra. É previsto un termine perentorio di 1 anno entro cui effettuare tali azioni. Sono stati introdotti, poi, dei limiti alla pignorabilità di stipendi e pensioni, con la possibilità di richiedere la ristrutturazione
del proprio debito, con rate più lunghe, per la conversione del pignoramento. Per quanto concerne i pignoramenti immobiliari, sono stati ridotti i tempi entro cui si deve depositare la documentazione ipocatastale: 60 giorni in luogo dei precedenti 120. Ulteriore innovazione è quella inerente la determinazione del valore dell'immobile pignorato, si dovrà far riferimento al valore di mercato, al posto della precedente previsione che prevedeva la moltiplicazione della rendita catastale o del reddito dominicale per un coefficiente (art. 15 c.p.c.). Anche per il giuramento assistiamo ad un’accelerazione nelle procedure. Il giuramento verrà effettuato in cancelleria, da parte del consulente stimatore, così come la presentazione delle offerte, al fine di ridurre inutili attese. Per la consegna all'acquirente dell'immobile pignorato, invece e
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Per le vendite giudiziarie, con il portale unificato internet, si consentirà a tutti gli interessati di acquisire le informazioni nell'ambito di un'unica area web gestita dal Ministero della Giustizia, su base nazionale
sempre in un’ottica di deflazione dei procedimenti, questi potrà entrare nel locale anche se ha ottenuto di versare a rate, purché presenti una fideiussione a garanzia del saldo. La riforma incide anche sul codice. É stata, infatti, introdotta la Sezione I-bis del codice civile, sull'espropriazione di beni oggetto di vincoli d'indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito. L'art. 2929-bis c.c. introduce una tutela rafforzata per il creditore in caso di pignoramento, grazie alla revocatoria semplificata. Una grande novità, a mio modesto avviso è quella che qualora il creditore si ritenga pregiudicato da un atto fraudolento del proprio credito, potrà iniziare l'esecuzione forzata indipendentemente dall'ottenimento della revocatoria, con cui si chiede l'inefficacia del trasferimento. Tuttavia, per poter opporre il pignoramento al debitore, il creditore deve aver trascritto quest'ultimo entro un anno dalla data di trascrizione dell'atto di trasferimento del debitore.
In caso contrario assisteremo alla perdita di efficacia degli atti di cessione, di donazione, ovvero di costituzione di fondo patrimoniale, trust e vincoli in genere, che sono da ritenersi sospesi sino al termine dell'anno dalla loro trascrizione. Decorso l'anno, ad ogni modo, il creditore avrà pur sempre la possibilità di agire con l'azione revocatoria ex art. 2901 c.c.. Per le vendite giudiziarie, con il portale unificato internet, si consentirà a tutti gli interessati di acquisire le informazioni relative alle vendite giudiziarie nell'ambito di un'unica area web gestita dal Ministero della Giustizia, su base nazionale. Previsti costi anche in capo al creditore per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche degli atti esecutivi riguardanti beni immobili o mobili registrati: il creditore dovrà versare 100 euro per ciascun atto esecutivo. La pubblicità sul portale è obbligatoria tanto che il decreto prevede che, ove questa non venga effettuata nel termine stabilito dal giudice, quest'ultimo dovrà
dichiarare con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo. Il portale delle vendite pubbliche dovrà, poi, inviare all'indirizzo di posta elettronica dell’interessato che ne abbia fatto richiesta e che si sia registrato, un avviso contenente le informazioni relative alle vendite di cui è stata effettuata la pubblicità. Con l’introduzione del PCT (processo telematico) viene attribuito valore legale al deposito con modalità telematica dei libelli introduttivi dei procedimenti di cognizione e di volontaria giurisdizione, quando effettuatati dai difensori o dai dipendenti pubblici. Una ulteriore novità è stata quella dell’aggiunta al secondo comma dell’art. 480 c.p.c., un nuovo periodo che introduce l’onere per il creditore di avvertire il debitore della possibilità di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo – mediante l’ausilio di un organismo di mediazione o di un professionista nominato dal Giudice – un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.
NO R M E E S OCIE TÀ
La videosorveglianza in negozio, obbligo di segnalazione al pubblico L'immagine costituisce un dato personale, rilevante ai sensi dell’art. 4 del Codice della privacy, trattandosi di dato immediatamente idoneo a identificare una persona
Luigi De Valeri Ordine Avvocati di Roma studiolegaledevaleri@gmail.com
L
a vicenda in commento, di evidente interesse generale per i gestori di attività commerciali aperte al pubblico, trae origine dall’accertamento in un esercizio da parte di agenti della P.S. di una telecamera collegata ad un monitor, sistema utilizzato dal titolare dell'attività per sorvegliare l'accesso degli avventori. Gli agenti constatavano la mancanza del cartello previsto dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 13, e di conseguenza procedevano alla contestazione dell'illecito amministrativo ex art. 161 «omessa o inidonea informativa all’interessato». L’azienda trasmetteva al Garante per la protezione dei dati personali un proprio scritto difensivo in cui chiedeva l’audizione sostenendo che l'installazione del videocitofono aveva esclusiva funzione di sicurezza. Al termine dell'attività istruttoria, il Garante adottava un’ordinanzaingiunzione a carico dell’azienda che presentava poi opposizione dinanzi il Tribunale di Palmi. Il giudice di merito riteneva che la videosorveglianza effettuata nell’esercizio commerciale rientrava nel
concetto di "trattamento", ma tuttavia non riteneva sussistessero gli estremi della definizione di "dato personale" poiché le modalità di raccolta dei dati personali - nel caso di specie - non configuravano una violazione delle garanzie di protezione previste dal Codice dalla privacy in quanto limitate nel tempo e specifiche nella loro finalità, opposizione che veniva accolta dal giudice calabrese. L'Autorità per la protezione dei dati personali presentava ricorso in Cassazione lamentando che l'interpretazione fornita dal Tribunale sulla nozione di dato personale contrastava con la normativa del Codice, introducendo un'esimente non prevista dal legislatore. Il ricorso dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali è stato accolto con la sentenza n. 17740 del 2 settembre 2015, in sostanza è stata confermata la sanzione a carico dell’azienda. Rileva la Corte che il giudice di merito aveva accertato che l'attività oggetto di contestazione integrava un trattamento rilevante ai sensi dell’art.
3 4/ 35 4 del Codice Privacy. Il Tribunale aveva considerato non rilevante che la videocamera installata non fosse destinata alla registrazione, poiché ex lege integra il trattamento anche la mera attività di raccolta di dati personali. Ai sensi dell’4, comma 1, lett. a) costituisce «trattamento, qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati». Il Tribunale riteneva di non poter ravvisare nella ripresa delle immagini di coloro che frequentavano il locale al piano terra la consistenza di un dato personale, l'immagine di una persona non può essere definita dato personale in assenza di elementi oggettivi che ne consentano una potenziale identificazione. Il giudice di merito di conseguenza reputava non configurarsi l'obbligo, per il titolare dell'esercizio, di apporre l'informativa. La seconda sezione civile viceversa ha ritenuto sussistere entrambi gli elementi in presenza dei quali l'art. 13, prescrive l'obbligo di informativa: il trattamento, consistente nella raccolta delle immagini delle persone che accedono nel locale e vengono riprese da una videocamera e il dato personale. Il principio da rispettare è che l'immagine costituisce un
dato personale, rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 4, comma 1, lett. b), trattandosi di dato immediatamente idoneo a identificare una persona, a prescindere dalla sua notorietà. Ricordiamo che con un provvedimento del 29 aprile 2004 il Garante ha precisato «a differenza dei soggetti pubblici, i privati e gli enti pubblici economici possono trattare dati personali solo se vi è il consenso preventivo espresso dall'interessato, oppure uno dei presupposti di liceità previsti in alternativa al consenso ex artt. 23 e 24 C. Privacy». Ergo «nel settore privato, fuori dei casi in cui sia possibile ottenere un esplicito consenso libero, espresso e documentato, vi può essere la necessità di verificare se esista un altro presupposto di liceità utilizzabile in alternativa al consenso, come indicato nel paragrafo successivo». Il provvedimento prevede che «un'idonea alternativa all'esplicito consenso va ravvisata nell'istituto del bilanciamento di interessi (art. 24, comma 1, lett. g, del Codice). Il presente provvedimento da attuazione a tale istituto, individuando i casi in cui la rilevazione delle immagini può avvenire senza consenso, qualora, con le modalità stabilite in questo stesso provvedimento, sia effettuata nell'intento di perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo attraverso mezzi di prova o perseguendo fini di tutela di persone e beni rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, o finalità di prevenzione di incendi o di sicurezza del lavoro». Per quanto
concerne la videosorveglianza senza registrazione si stabilisce che «nei casi in cui le immagini sono unicamente visionate in tempo reale, oppure conservate solo per poche ore mediante impianti a circuito chiuso, possono essere tutelati legittimi interessi rispetto a concrete ed effettive situazioni di pericolo per la sicurezza di persone e beni, anche quando si tratta di esercizi commerciali esposti ai rischi di attività criminali in ragione della detenzione di denaro, valori o altri beni (es., gioiellerie, supermercati, filiali di banche, uffici postali)». Con specifico riferimento alla videosorveglianza il Provvedimento 29 aprile 2004, stabilisce che «gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e dell'eventuale registrazione». Il supporto con l'informativa deve essere collocato nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze, deve avere un formato e un posizionamento tale da essere chiaramente visibile e inoltre può inglobare un simbolo o una stilizzazione di esplicita e immediata comprensione, eventualmente diversificati se le immagini sono solo visionate o anche registrate. Il titolare dell’esercizio può legittimamente procedere alla videosorveglianza del proprio locale. ma tale attività integra un "trattamento di dati personali" ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 4, lett. a) e b), riguardando la "raccolta dell’immagine" delle persone per cui deve apporre idonea informativa rivolta ai soggetti che accedono al locale ove viene installata la videocamera.
LAVORO
Cassazione, cosa rischia il lavoratore improduttivo Con la sentenza n. 14310/2015 la Suprema Corte ha confermato il licenziamento di un dipendente che ometteva di compilare il “performance dialogue", oltre ad avere un rendimento decisamente scarso
Massimo Ambron Avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it
I
l dipendente improduttivo rischia il licenziamento: a stabilirlo la recente sentenza n. 14310/2015 della Cassazione. Questa sentenza assume grande importanza sia per le aziende, sia per i dipendenti specie in considerazione della crisi economica diffusa e delle difficoltà a trovare lavoro, obiettivo ancora più arduo se non si presenta un buon curriculum e delle buone referenze. La Cassazione, con motivata pronuncia, conferma il licenziamento di un dipendente che ometteva di compilare i moduli richiesti dall’azienda necessari a valutare le attività svolte dai dipendenti nell'anno, il cosiddetto “performance dialogue". Oltre a tale motivo, l'azienda gli aveva contestato anche lo scarso rendimento lavorativo e anche per questo, anzi soprattutto per questo, gli era stata comunicata la risoluzione del rapporto di lavoro.
IL FATTO Il dipendente licenziato era un impiegato assunto a tempo indeterminato e inquadrato nel sesto livello del Contratto Metalmeccanico, addetto alla gestione dei contratti e degli incontri con fornitori e clienti. L'azienda aveva riscontrato sia che il dipendente non consegnava i moduli necessari alla sua valutazione, sia che le sue attività lavorative non erano conformi agli standard aziendali. Dopo avere esaminato documentalmente un arco di tempo congruo di oltre 5 mesi, l'azienda gli contestava lo scarso rendimento reiterato. Le giustificazioni rese non furono accettate dall'azienda, che notificò il licenziamento, impugnato tempestivamente dal dipendente. In primo grado il Giudice ritenne illegittimo il provvedimento espulsivo, ordinando la reintegrazione. La Corte di Appello, invece, riforman-
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La Suprema Corte ricorda che la contestazione riguarda non un singolo episodio, ma una condotta continuativa protrattasi nel tempo, da considerare unitariamente per valutare la sussistenza dell'inadempienza e la sua gravità nell’ottica di un corretto rapporto sinallagmatico
do la sentenza di primo grado, accolse il ricorso promosso dalla Società. La Corte sostenne, infatti, che lo scarso rendimento era dimostrato per tabulas sia in assoluto, sia per comparazione con quello di colleghi con il medesimo profilo professionale. La contestazione, inoltre, presentava il requisito della tempestività che, come da giurisprudenza consolidata, doveva rapportarsi al tipo di addebito contestato (lo scarso rendimento) che suppone una osservazione prolungata nel tempo. Inoltre, la Società non aveva violato il principio di buona fede non segnalando al dipendente le difformità della sua produttività rispetto agli standard, come invece dedotto e accolto dal giudice in primo grado. La Corte ritenne che era fuor di logica farlo, perché la obbligazione fondamentale del rapporto di lavoro è proprio quella di rendere la prestazione lavorativa. Anche la Cassazione ritenne fondate le motivazioni richiamate in sentenza dalla Corte di Appello, respingendo il ricorso promosso dal dipendente. Ad avviso della
Suprema Corte la contestazione non fu tardiva, ma tempestiva in relazione al tipo di addebito. Infatti, nel caso specifico l'imprenditore ha necessità di monitorare l'attività del dipendente per un congruo periodo, anche se, giorno per giorno, è al corrente dell'attività svolta dallo stesso. Il monitoraggio di 5 mesi fu ritenuto dalla Suprema Corte congruo e apprezzabile per valutare la violazione dei doveri di diligenza e collaborazione del dipendente e confrontarla con quella degli altri colleghi e con gli standard aziendali. La S.C. ricorda ancora che la contestazione riguarda non un singolo episodio, ma una condotta continuativa protrattasi nel tempo, da considerare unitariamente per valutare la sussistenza dell'inadempienza e la sua gravità nell’ottica di un corretto rapporto sinallagmatico. Vero è che nel contratto di lavoro subordinato il lavoratore si obbliga alla messa a disposizione delle sue energie e non già alla obbligazione di una opera o servizio, come nel lavoro autonomo, ma laddove oggettivamente siano individuabili parametri per accertare che la pre-
stazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, il discostamento da detti parametri può costituire segno, come nel caso in esame, di mancata esecuzione della prestazione di lavoro richiesta. La questione trattata suggerisce all'imprenditore che per la tipologia delle attività produttive ha possibilità di predisporre standard di produttività , meglio se con intese sindacali, cui i propri dipendenti debbono attenersi. Una corretta ed efficiente organizzazione aziendale dovrebbe prevedere comunque immediati interventi gestionali, nel caso si manifesti scarsa produttività del dipendente che, ad avviso di chi scrive, deve essere subito richiamato anche con formale contestazione ai suoi doveri di correttezza, buona fede e collaborazione. I risultati possono essere di pieno recupero del lavoratore agli standard fissati con conseguente reciproca soddisfazione. In caso contrario, l'azienda valuterà le conseguenze e provvederà a prendere i relativi provvedimenti, anche di natura espulsiva, come nel caso appena esaminato.
F I SCO
Riforma del processo tributario: «Parziale ma buona» Secondo l’avvocato tributarista Maurizio Villani si è persa l’occasione per poter finalmente equiparare quello tributario agli altri ordinamenti processuali e, in particolar modo, a quello civile, mediante l’istituzione di giudici tributari specializzati e dei mezzi istruttori del giuramento e della testimonianza di Raffaella Venerando
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vvocato, il 22 settembre il Consiglio dei Ministri ha dato il via definitivo agli ultimi cinque decreti attuativi della delega fiscale sul processo tributario: vuole ricordarci quali sono e quali obiettivi si pongono di raggiungere? Nello specifico, i decreti sono relativi a misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario; misure per la revisione della disciplina dell’organizzazione delle agenzie fiscali; misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione; misure per la revisione del sistema sanzionatorio; stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale. Ogni decreto è finalizzato al raggiungimento di determinati obiettivi al fine - come ha sottolineato il Governo - di introdurre «maggiore equità e trasparenza nel sistema e a favorire la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese». Vediamo di seguito le principali novità e gli obiettivi che si pongono di raggiungere i singoli decreti. Per quanto attiene agli interpelli, viene introdotta la possibilità di presentare istanza da parte del contribuente all’amministrazione finanziaria, relativamente a: l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili
alle medesime; la sussistenza delle condizioni e la valutazione dell’idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti; l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie. La risposta nel caso di cui alla lettera a) deve essere data nel termine di 90 giorni, nei casi di cui alle lettere b) e c) nel termine di 120. La mancata risposta, equivale a silenzio-assenso. Per quanto attiene al contenzioso, in particolar modo, viene potenziato l’istituto deflattivo della mediazione e la possibilità per il contribuente di avvalersi della conciliazione. In merito alle agenzie fiscali invece viene prevista la riorganizzazione delle strutture, al fine di contenere le spese di funzionamento, anche mediante nuove e più avanzate forme di comunicazione con il contribuente. Ancora, in tema di riscossione, obiettivo principale del provvedimento è di consentire e favorire l’adempimento di quanto dovuto da parte del contribuente, mediante modalità di rateizzazioni maggiori e più favorevoli. La novità più importante è la possibilità concessa a quanti siano decaduti dai piani di rateizzazione nei 24 mesi antecedenti l’entrata in vigore del decreto, di poter presentare, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso, un nuovo piano di rateazione, ripartito fino ad un massimo di 72 rate mensili. In caso di mancato pagamento di due rate si decade
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Per quanto attiene al contenzioso, in particolar modo, viene potenziato l’istituto deflattivo della mediazione e la possibilità per il contribuente di avvalersi della conciliazione. In merito alle agenzie fiscali invece viene prevista la riorganizzazione delle strutture, al fine di contenere le spese di funzionamento, anche mediante nuove e più avanzate forme di comunicazione con il contribuente
dal piano di rateazione. Altra importante novità introdotta dal decreto è la modifica dell’aggio sulle cartelle di Equitalia che passa dall’8% all’1%% in caso di riscossione spontanea; al 3% delle somme iscritte a ruolo riscosse, in caso di pagamento entro il 60°giorno dalla notifica della cartella; al 6% delle somme iscritte a ruolo e dei relativi interessi di mora riscossi, in caso di pagamento oltre tale termine. Per quanto riguarda la revisione del sistema sanzionatorio penale - tributario la novità più importante è quella relativa all’introduzione dell’art. 13-bis, rubricato “Circostanze di reato”. In particolare, con tale articolo, al primo comma, è stata prevista la diminuzione fino alla metà della pena, senza applicazione delle pene accessorie, se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle
speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie. Il comma 2, invece, prevede la possibilità di richiedere il patteggiamento per i delitti di cui al D.Lgs. n. 74/2000,
nel solo caso in cui sia stato pagato integralmente il debito tributario, prima dell’apertura del dibattimento ovvero nel caso in cui sia stato esperito il ravvedimento operoso. Da ultimo, il comma 3 stabilisce
Maurizio Villani Avvocato Tributarista in Lecce / Patrocinante in Cassazione
F I SCO
Le maggiori entrate, che possono essere ascritte ai risultati di contrasto e prevenzione dell’evasione fiscale e contributiva, sono attribuite al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Gli effetti della riforma saranno non solo quelli di tenere costantemente monitorata l’evasione fiscale e contributiva ma, altresì, di ridurre nel lungo termine la pressione fiscale
che le pene sono aumentate della metà se il reato è commesso dal compartecipe nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale, svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione di modelli di evasione fiscale. Per quanto attiene alla revisione del sistema sanzionatorio amministrativo, si rileva come una volta per tutte si sia giunti all’applicazione in tale ambito del principio di proporzionalità, in relazione a violazioni riguardanti le imposte dirette, l’iva e la riscossione dei tributi. L’obiettivo è stato quello di alleggerire il sistema sanzionatorio e ridurre le sanzioni per le violazioni più lievi. Così, per esempio, in caso di omessa dichiarazione la sanzione viene calcolata in proporzione al ritardo nell’adempimento, oppure se la dichiarazione viene presentata entro il termine per la dichiarazione dei redditi successiva, la sanzione base è ridotta alla metà. Viceversa, nell’ipotesi di condotte simulatorie
o fraudolente la sanzione è aumentata del 50%. Infine, la sanzione è ridotta di un terzo quando la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a 30.000 euro. Infine, viene previsto il monitoraggio e la revisione delle “spese fiscali”, nonché dell’evasione fiscale e contributiva e dei risultati conseguiti nell’azione di contrasto, mediante l’inserimento delle relative attività nelle procedure di bilancio in modo sistematico. Proprio in merito al monitoraggio dell’evasione fiscale, cosa cambia rispetto al passato e quali saranno i vantaggi nell’immediato della riforma? In relazione al monitoraggio dell’evasione fiscale, viene prevista la presentazione, contestualmente alla nota di aggiornamento del DEF (documento di economia e finanza), di un rapporto sui risultati conseguiti in materia di contrasto all’evasione fiscale
e contributiva, mediante la distinzione tra imposte accertate e riscosse, nonché tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento, evidenziando in particolare i risultati del recupero di somme dichiarate e non versate e della correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni. Tanto verrà effettuato evidenziando, ove possibile, il recupero di gettito fiscale e contributivo attribuibile alla maggiore propensione all’adempimento da parte dei contribuenti. Le maggiori entrate, che possono essere ascritte ai risultati di contrasto e prevenzione dell’evasione fiscale e contributiva, sono attribuite al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Gli effetti della riforma saranno non solo quelli di tenere costantemente monitorata l’evasione fiscale e contributiva ma, altresì, di ridurre nel lungo termine la pressione fiscale. Nello specifico, quali sono state le
4 0/ 41 linee direttrici che hanno guidato la riforma del contenzioso tributario? L'intervento normativo, così come chiarito nella relazione governativa, si è mosso prevalentemente sulle seguenti principali direttrici: 1. l'estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso; 2. l'estensione della tutela cautelare al processo tributario; 3. l'immediata esecutività delle sentenze per tutte le parti; 4. l'ampliamento della difesa personale e delle categorie di soggetti abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle Commissioni tributarie; 5. il rafforzamento del principio di soccombenza nella liquidazione delle spese di giudizio. Riguardo al punto 1): si è ritenuto opportuno estendere il reclamo finalizzato alla mediazione (art. 17- bis del decreto) a tutte le controversie indipendentemente dall'ente impositore (finora l'istituto era riservato alle sole cause dell'Agenzia delle Entrate). La conciliazione inoltre è stata estesa anche ai giudizio di appello. Riguardo al punto 2): la tutela cautelare è stata estesa a tutte le fasi del processo, codificando la giurisprudenza che solo da alcuni anni l'aveva ritenuta pienamente ammissibile, sia della Corte di Cassazione, sia della Corte Costituzionale. In merito al punto 3): l'applicazione del principio di immediata esecutività delle sentenze è stato recepito tenendo conto delle peculiarità del processo tributario, strutturato pur sempre come un giudizio amministrativo di impugnazione di atti autoritativi, ancorché nei confronti
di un giudice che ha cognizione piena del rapporto. Sul punto 4, invece, per quanto concerne la revisione delle soglie di valore delle controversie in relazione alle quali il contribuente può stare in giudizio anche personalmente, si è previsto l'innalzamento da 2.582,28 euro a 3.000 euro; si è inoltre ampliata la categoria dei soggetti abilitati alla difesa tecnica inserendo anche i dipendenti dei CAF per le controversie che scaturiscono da adempimenti posti in essere dagli stessi centri di assistenza fiscale. Infine, riguardo al punto 5): si è rafforzato il principio in base al quale le spese di lite seguono sempre la soccombenza, introducendo l'obbligo per il giudice tributario di attenersi alle disposizioni contenute nell'articolo 92, secondo comma, del c.p.c., come modificato dalla legge 10 novembre 2014, n. 162; il suddetto principio è esteso anche alla fase cautelare in cui il giudice è tenuto a decidere anche sulle spese di giudizio.
di condanna per lite temeraria; la possibilità di sospendere il processo tributario quando pendono altri processi collegati, ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Tra quelle, invece, non accolte, vi sono: la gestione e organizzazione del processo affidata ad un organismo terzo diverso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, quale il Ministero della Giustizia o la Presidenza del Consiglio dei Ministri; l’introduzione degli istituti del giuramento e della testimonianza; la possibilità per il contribuente di poter conciliare anche durante il ricorso per Cassazione; l’esclusione della possibilità, in caso di mancata riassunzione del processo, di dover pagare per intero l’importo indicato nell’atto oggetto del giudizio invece di fare riferimento al pronunciamento dell’ultima sentenza. Ritengo pertanto che il Decreto Legislativo di parziale riforma del processo tributario debba essere accolto positivamente in quanto costituisce, senza dubbio, un primo passo per risolvere alcuni problemi del Lei si è espresso molto sul tema: processo tributario. quali delle sue proposte sono state Tuttavia, a mio avviso, questa accolte e quali invece rigettate? A suo sarebbe stata l’occasione avviso si poteva fare di meglio? Cosa importante per poter finalmente andrebbe recuperato? equiparare il processo tributario Numerose sono state le proposte agli altri ordinamenti processuali modificative da me proposte e, in particolar modo, a quello e accolte, in particolare: la civile, mediante l’istituzione di possibilità di conciliare anche in giudici tributari specializzati, appello; l’immediata esecutività nonché attraverso l’introduzione della sentenza e il giudizio di dei mezzi istruttori del giuramento ottemperanza; la sospensione e della testimonianza, considerato dell’atto in appello e in Cassazione; che il processo tributario, così la sospensione dell’esecuzione come disciplinato, era e rimane, della sentenza in appello e in diversamente dagli altri processi, Cassazione; la condanna alle un processo esclusivamente spese processuali e la possibilità documentale.
FI S CO
Riforma degli incentivi per l’autoimprenditorialità Come funzioneranno le agevolazioni per nuove imprese giovanili e femminili e quelle in favore delle start up innovative
Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com
L
a riforma degli incentivi all’autoimprenditorialità prende piede. Il MiSE ha definito, con proprio provvedimento, i criteri e le modalità di concessione delle agevolazioni a favore delle nuove imprese giovanili e femminili, dando attuazione al restyling del titolo I del d.lgs. n. 185/2000, per come sancito dal decreto Destinazione Italia (d.l. n. 145/2013). Per la presentazione delle domande, però, bisognerà ancora attendere. Il termine iniziale di apertura dello sportello, presso Invitalia - soggetto gestore della misura - sarà, infatti, determinato da un prossimo decreto dirigenziale. I soggetti beneficiari sono individuati nelle imprese di micro e piccola dimensione con sede nell’intero territorio nazionale. Le stesse devono essere costituite sotto forma di società (comprese cooperative) da non più di 12 mesi alla data di presentazione della domanda. Condizione fondamentale è il possesso della qualifica di “impresa giovanile o femminile”, ossia la compagine societaria deve essere composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote di partecipazione, da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni ovvero da donne. La domanda di agevolazione potrà essere presentata anche da persone fisiche che intendano provvedere alla costituzione di una nuova società.
Il sostegno pubblico si concretizza in un finanziamento a tasso zero, a copertura del 75% delle spese ammissibili, che non potranno eccedere l’importo massimo di euro 1.500.000. Il conseguente risparmio di interessi è assoggettato alla normativa de minimis. Pertanto, le imprese dovranno verificare il rispetto della soglia massima di aiuti, pari a euro 200.000 (o 100.000 per il settore trasporti), concedibile a tale titolo nell’arco di tre esercizi finanziari. I progetti di investimento possono riguardare la produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli, oppure l’erogazione di servizi in qualsiasi comparto. Sono incluse anche le iniziative del commercio e turismo, nonché inerenti gli ulteriori settori individuati dal decreto ministeriale come di particolare rilevanza per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile (fruizione dei beni culturali e innovazione sociale). Rientrano tra le spese ammissibili, suolo aziendale, fabbricati e opere murarie, macchinari, impianti e attrezzature, programmi informatici e servizi per l’ITC, brevetti, licenze e marchi, consulenze specialistiche. Saranno finanziabili anche i costi sostenuti per la formazione specialistica dei soci e dei dipendenti.
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Il regime di incentivazione a favore delle imprese innovative del Sud Italia, meglio conosciuto come Smart&Start (dm 6 marzo 2013) chiude i battenti. Il MiSE, infatti, propone un nuovo meccanismo di agevolazione, che abroga completamente il precedente e che sarà rivolto alle sole imprese qualificabili come “start up innovative”, ma con sede sull’intero territorio nazionale e in possesso degli ulteriori requisiti previsti dal nuovo decreto ministeriale
Il finanziamento agevolato dovrà essere restituito nel tempo massimo di otto anni e dovrà essere assistito dalle garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale. L’impresa beneficiaria avrà, inoltre, l’obbligo di dimostrare la copertura del 25% dell’investimento complessivo con mezzi propri o finanziamenti di terzi. Le domande saranno istruite nel rispetto dell’ordine cronologico di presentazione e fino ad esaurimento delle risorse stanziate annualmente sull’apposito Fondo rotativo istituto presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Invitalia valuterà, in particolare, le competenze dei proponenti, l’introduzione di soluzioni innovative, le potenzialità del mercato di riferimento, la sostenibilità economico finanziaria dell’iniziativa. Su altro fronte, il regime di incentivazione a favore delle imprese innovative del Sud Italia, meglio conosciuto come Smart&Start (dm 6 marzo 2013) chiude i battenti. Il MiSE, infatti, propone un nuovo meccanismo di agevolazione, che abroga completamente il precedente e che sarà rivolto alle sole imprese qualificabili come “start up innovative”, ma con sede sull’intero territorio nazionale e in possesso degli ulteriori requisiti previsti
dal nuovo decreto ministeriale. Dalla pubblicazione in Gazzetta di quest’ultimo, non sarà più possibile presentare domanda a valere sulla precedente normativa. Tra le principali novità, non passa di certo inosservata la sostituzione della formula contributiva a fondo perduto con l’erogazione di un finanziamento a tasso agevolato. Saranno finanziabili i progetti di investimento, di importo compreso tra euro 100.000 ed euro 1.000.000, caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo, e/o destinati allo sviluppo di prodotti, servizi, soluzioni nel campo dell’economia digitale, e/o finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata. Nell’ambito dei piani di impresa potranno essere previste spese per investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali o costi di gestione. I soggetti beneficiari sono rappresentati dalle imprese di piccola dimensione, costituite da non più di 36 mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione, iscritte nella sezione speciale delle start up innovative del Registro delle imprese (ex art. 25, comma 8, del d.l. n. 179/2012). Per le imprese non ancora costituite, all’atto della
presentazione della domanda, il possesso di tutti i requisiti potrà essere dimostrato successivamente alla concessione delle agevolazioni. Il finanziamento agevolato a tasso zero copre il 70% delle spese ammissibili (80% per le start up costituite da giovani, donne o con presenza di un esperto in attività di ricerca all’estero). Tuttavia, per le imprese localizzate nelle regioni del Sud Italia (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia) e nel territorio del cratere sismico aquilano, una minima parte del prestito, pari al 20%, non dovrà essere restituita (costituendo un contributo a fondo perduto). Alle provvidenze di natura finanziaria si aggiungeranno i servizi di tutoring tecnico-gestionale alla fase di avvio dell’impresa, erogati in regime de minimis, dal soggetto gestore Invitalia. La procedura di accesso agli aiuti è valutativa a sportello. Il nuovo termine iniziale per la presentazione delle domande sarà definito con apposita circolare esplicativa del MiSE. Oltre alle disponibilità finanziarie residue dei precedenti stanziamenti, le imprese interessate potranno contare su un budget di ulteriori 110 milioni di euro.
FI S CO
Il rimborso dei finanziamenti dei soci: mission impossible? Prima di porre in essere dei prestiti alla società, è indispensabile che i soci scelgano con attenzione il “come”, tenendo conto sia dell’oggetto da finanziare che dei tempi di recupero del denaro
Marco Fiorentino Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group marcofiorentino@fiorentinoassociati.it
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empre più frequentemente la Giurisprudenza sta analizzando l’ambito di operatività delle disposizioni che regolano, o più propriamente postergano, il rimborso dei finanziamenti erogati dai soci, dandone, in linea di principio, una applicazione abbastanza estesa. Quest’approccio penalizzante (condivisibile o meno) sta assumendo ormai natura consolidata e apre pertanto ad una riflessione generale sul tema. Ciò in quanto gli apporti dei soci sono considerati dalle imprese uno strumento di finanziamento temporaneo molto flessibile ma, ovviamente, nel presupposto della loro restituibilità: se tale presupposto cambia e questi devono essere considerati alla stregua dell’equity, allora tanto vale mettere capitale oppure valutare percorsi alternativi. Partendo dal dettato normativo, cerchiamo di identificare i punti più delicati da tener presente, sulla base dei citati orientamenti giurisprudenziali, per scongiurare, ove possibile, la postergazione. In base alle disposizioni dell’art. 2467 cc, il rimborso dei finanziamenti dei soci, effettuati in qualunque forma, a favore della società a responsabilità limitata è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori (e, se avvenuto nell'anno
precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito), qualora questi sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, c’è uno squilibrio eccessivo tra indebitamento e patrimonio netto oppure quando la situazione finanziaria della società avrebbe invece suggerito un conferimento. I punti essenziali di applicabilità sono i seguenti: 1. un socio ha effettuato un finanziamento alla società; 2. la società ha una sua posizione debitoria, anche presumibile; 3. alla data del finanziamento: a) la società finanziata ha uno squilibrio eccessivo tra debito e mezzi propri; b) ovvero, ha una situazione finanziaria dove è più ragionevole un apporto di capitale che un prestito. Sul primo punto, il finanziamento deve essere effettuato da un soggetto che, al momento della erogazione, rivesta la qualifica di socio. Recente Giurisprudenza (in particolare, Tribunale di Milano 1658/15 ed altre stesso Foro) ha tuttavia precisato che, per ragioni di tutela del ceto creditorio, qualora, dopo l’erogazione, venga meno la qualifica
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Vale la pena rimarcare che la insufficienza finanziaria, che rende postergato un credito, può anche essere prospettica, in funzione dei programmi di investimento. In buona sostanza, la postergazione non si presenta come una condizione istantanea, ma evolutiva nel tempo, ed il suo verificarsi è essenzialmente rimesso al giudizio dell’organo amministrativo
di socio da parte del finanziatore, l’obbligo di postergazione permane comunque (in tal caso, nei confronti di un “non socio”). Secondo la dottrina prevalente, i crediti del socio soggetti a postergazione devono derivare da rapporti di natura finanziaria, con esclusione quindi dei rapporti di credito derivanti dalle prestazioni intercompany o di fornitura di beni e servizi. Non è tuttavia di questo avviso l’orientamento giurisprudenziale corrente (tra gli altri, Tribunale di Reggio Emilia 10.6.15, Tribunale di Milano 4.6.13 e Tribunale di Udine 21.2.09), che ravvede nei crediti soggetti a postergazione qualunque ragione creditoria del socio, che, al di là della sua origine (da prestazioni di opere e servizi), nel concreto assuma o abbia assunto la natura di assistenza finanziaria. Sul secondo punto, la giurisprudenza ha già superato la interpretazione più letterale, stabilendo che la postergazione dei crediti vale non solo rispetto ai debiti esistenti, ma anche rispetto ai debiti che ragionevolmente si ritiene che sorgeranno successivamente alla erogazione. Vale la pena rimarcare che la insufficienza finanziaria, che rende postergato un credito, può anche essere prospettica, in funzione dei programmi di investimento. In
buona sostanza, la postergazione non si presenta come una condizione istantanea, ma evolutiva nel tempo, ed il suo verificarsi è essenzialmente rimesso al giudizio dell’organo amministrativo. Sul terzo punto, sia la giurisprudenza che la dottrina sono concordi nel ritenere che l’analisi del verificarsi delle condizioni di squilibrio finanziario vada condotta caso per caso, tenendo conto anche degli standard di mercato, che di solito misurano il grado di solidità della struttura finanziaria del debitore, partendo però dal presupposto che lo stato di insolvenza ovvero il ricorso a taluna delle procedura disciplinate dalla legge fallimentare, rappresentino solo i casi più evidenti (casi di scuola) di tale squilibrio e di conseguente postergazione di crediti. In caso, poi, di procedure concorsuali, la Giurisprudenza considera sempre postergati i crediti della capogruppo verso le società in procedura. Ciò porta a ritenere però che, anche al di fuori degli scenari concorsuali, gli eventuali benefici compensativi o di gruppo (tipici del mondo intercompany) non siano tali da sottrarre i finanziamenti intercompany dalla postergazione, laddove ovviamente si determinino le condizioni di legge. I rimedi per evitare le tagliole della postergazione risiedono innanzitutto
in una adeguata pianificazione finanziaria, onde verificare se esistono flussi di cassa attesi per la durata del finanziamento, tali da rendere irragionevole un ricorso a forme di finanziamento non restituibili (ad esempio, capitale sociale). Se tale processo di analisi prospettica dovesse avere esito negativo, un’alternativa all’apporto di equity - nel presupposto ovviamente della liceità dell’operazione - potrebbe essere il ricorso all’obbligazione (convertibile o meno), che assumendo la natura di titolo di credito nominato, non è soggetto alle regole della postergazione (almeno in un ambito in bonis), ovvero a sue declinazioni (strumenti finanziari ecc.). Valutando i relativi costi e benefici e le specifiche fattispecie da finanziare, talvolta può farsi ricorso anche ad istituti un po’ più articolati, quali l’associazione in partecipazione di solo capitale, la costituzione di patrimoni o la erogazione di finanziamenti destinati ad uno specifico affare, ex art. 2447bis e 2447decies cc.. Insomma, prima di porre in essere dei prestiti alla società, il cui rimborso sta divenendo una missione impossibile, è indispensabile che i soci facciano qualche analisi sullo strumento più adatto, tenendo conto sia dell’oggetto da finanziare, sia dei tempi di recupero del denaro.
B U S I N ES S
Note spese, i vantaggi dell’outsourcing Affidare in esterna la gestione può rivelarsi una scelta operativa per ottimizzare i costi e le risorse
Paola Casoni Manager del Dipartimento Fiscal Cost Optimization Lowendalmasaï
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el corso degli ultimi anni le aziende hanno dovuto modificare i propri modelli e processi organizzativi per rispondere alle mutevoli esigenze economiche e sociali del mercato. In questo contesto le imprese hanno reagito con due diverse modalità: alcune realtà hanno adottato una strategia di ridimensionamento e di forte consolidamento di tutti i processi al proprio interno, altre si sono orientate verso modelli di esternalizzazione di alcuni processi di business, che vengono quindi gestiti in outsourcing. Anche se l’outsourcing di per sé non è una novità, questo fenomeno sta vivendo un periodo di enorme sviluppo. Inoltre, non sono più solo le grandi aziende ad adottare una strategia di outsourcing, bensì sempre più PMI si muovono alla ricerca di consulenti esterni specializzati in grado di gestire, con elevati standard qualitativi e di sicurezza, alcuni processi aziendali non core. Sempre più spesso, pertanto, l’outsourcing viene considerato dalle imprese una fase strategica della propria crescita, utile per diminuire i costi e liberare le risorse da dedicare ad attività più core, oltre che per migliorare i propri processi e aumentare le proprie
competenze. L’area forse più interessata dall’outsourcing è quella della gestione delle risorse umane, in particolare per quanto riguarda la gestione di buste paga e contributi, recruitment, formazione, gestione Comp&Benefit, e altre ancora. Esiste però un’ulteriore area, che impatta sul comparto HR, che ancora poche imprese tendono a esternalizzare: quella delle note spese. Molte aziende devono infatti gestire mensilmente un numero consistente di note spese. Questa attività, se svolta bene, richiede molto tempo e impegna molte risorse dell’ufficio personale e amministrazione. Affidando all'esterno il processo di gestione e controllo delle note spese, le aziende possono ottenere una serie di benefici in termini di abbattimento dei costi, maggiore efficienza del processo di validazione e liquidazione delle note spese ai collaboratori, diminuzione del rischio di rimborso di “spese non giustificate”, controllo e conformità con le policy aziendali. Un altro aspetto che molte volte viene sottovalutato è la possibilità di recuperare gli importi IVA, sia esteri sia locali, che vengono altrimenti imputati a costo. Cerchiamo però di comprendere in
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concreto come potrebbe essere gestito in outsourcing il processo relativo alle note spese, e quali potrebbero essere i benefici derivanti da questa attività. Anche se ovviamente l'azienda può decidere se dare in outsourcing tutta o solo parte della gestione delle proprie note spese, l'esperienza dimostra che si ottengono maggiori risultati se viene esternalizzato tutto il processo, dal momento della ricezione della nota spese inviata dal dipendente, al suo controllo in base alla travel policy vigente, alla gestione delle anomalie riscontrate, alla sua validazione, alla contabilizzazione, all’individuazione di giustificativi esteri e/o italiani idonei ai fini IVA, alla comunicazione al reparto HR degli importi da rimborsare e quindi da riportare nel cedolino, fino all’archivio della nota spese stessa. Successivamente è necessario decidere se far gestire l'attività dal partner scelto presso la propria sede oppure off site. Sicuramente la scelta di far risiedere il consulente presso la propria sede porta all’azienda notevoli benefici, permettendo un maggiore controllo sulle risorse e sui processi. Inoltre si facilita il trasferimento continuo di knowhow dai consulenti al personale dell’azienda, grazie a una costante condivisione degli obiettivi strategici. Viene anche resa più semplice ed efficace la gestione di eventuali anomalie e controversie. Prendiamo come esempio un’azienda che deve gestire al mese circa 1.500 note spese. Per processare un numero così elevato di documenti – da controllare, validare e contabilizzare - l’azienda dovrebbe dedicare più risorse full
time, scelta che un’azienda in genere non può permettersi. L’approccio più consolidato pertanto è quello di verificare le note spese a campione, prassi che implica, ovviamente, un elevato margine di errore, impedendo il controllo di tutte le eventuali anomalie. Se si pensa che di media possono essere identificati 30 diversi codici di anomalie, è facile comprendere come gli errori presenti nelle note spese, se non individuati e corretti, possano comportare per le aziende notevoli costi. Le anomalie più frequenti riguardano il superamento dei massimali definiti dalla policy aziendale relativi, ad esempio, alla somma che il dipendente può spendere per pranzi e hotel, oppure la compilazione errata delle schede carburante e dell’intestazione delle fatture. Il valore aggiunto portato da un consulente che gestisce in outsourcing le note spese, è proprio quello di poter verificare “a tappeto” tutte le note spese, segnalare all’azienda le eventuali anomalie riscontrate in fase di controllo per poterle correggere e trovare nuove strategie al fine che le stesse non possano ripresentarsi in futuro. Nello specifico gli step operativi per una corretta gestione delle note spese riguardano: il controllo della presenza di giustificativi allegati alla nota spese che rispettino le procedure aziendali, la richiesta o sollecito al dipendente di eventuali giustificativi mancanti, la verifica dei conteggi, la segnalazione al dipendente o alla direzione di eventuali anomalie e/o errori, la validazione e contabilizzazione delle note spese, l’individuazione dei giustificativi esteri e/o italiani idonei ai fini IVA, la trasmissione
dei saldi per ogni singolo dipendente all’HR, l‘archiviazione elettronica e/o cartacea della documentazione, il reporting. In questo processo il ruolo strategico del consulente esterno è anche quello di poter verificare con l’azienda se le policy adottate siano efficaci per garantire il minor margine di errore possibile e per facilitare i dipendenti nella compilazione delle note spese e dei vari documenti che vanno a esse allegati. Obiettivo finale è veder diminuire drasticamente le anomalie e di conseguenza i costi a carico dell’impresa. Altro aspetto che, come detto prima poche aziende tengono sotto controllo durante la rendicontazione delle note spese, è il recupero dell’IVA estera e locale. Infatti una volta validata la nota spese, è possibile controllare se le fatture allegate sono idonee e detraibili ai fini IVA, siano esse italiane o estere, per avviare in parallelo il processo di recupero. I due processi - gestione delle note spese e attività di recupero IVA sono tra loro fortemente sinergici e rappresentano per l’azienda una concreta leva strategica e operativa per trasformare un costo vivo in un’opportunità di guadagno. Se è vero che la tendenza delle aziende è quella di analizzare e rivedere i propri processi per cercare aree che consentano risparmi in termini di costi e risorse, l’esternalizzazione delle note spese deve essere considerata un’attività strategica in grado non solo di liberare risorse e migliorare i processi, ma anche di ottenere notevoli benefici in termini di risparmio.
SI CU R E Z Z A Settore ricerca, certificazione e verifica osservatorio della sicurezza a cura della Direzione Centrale Programmazione, Organizzazione e Controllo
Risonanza magnetica, le nuove linee guida dell’Inail A distanza di dieci anni un necessario aggiornamento su ruoli e compiti delle due figure professionali codificate negli standard come responsabili della sicurezza di Francesco Campanella fr.campanella@inail.it INAIL / Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale, Roma Responsabile della Sezione Tecnico Scientifica di Supporto Tecnico al SSN in materia di Radiazioni
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n Italia, l’installazione e l’uso delle apparecchiature diagnostiche a Risonanza Magnetica (RM) sono regolati da un quadro normativo ormai vetusto, nel quale l’atto più recente è rappresentato dal D.P.R. 542/1994 con il quale sono stati codificati gli standard di sicurezza ancora vigenti. Il profondo mutamento dovuto all’evoluzione scientifica e tecnologica che ha caratterizzato negli ultimi venti anni la diagnostica per immagini a scopo medico con tomografia RM (in particolare, utilizzando campi statici di induzione magnetica sempre più elevati, cui si associano radiofrequenze e gradienti sempre più spinti che danno vita ogni giorno ad apparecchiature via via più sofisticate e performanti), si è purtroppo accompagnato ad un’inopportuna stasi normativa relativamente alle modalità di installazione e
gestione in sicurezza dei tomografi, creando così una situazione dicotomica che ha generato livelli di rischio non sempre codificati, problematiche di carattere gestionale e operativo piuttosto significative e un’inadeguatezza - anche solo parziale - delle soluzioni precedentemente adottate. Nel 2004 l’ISPESL (ora INAIL, Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale) ritenne opportuno scrivere le prime “Indicazioni operative: procedure autorizzative e gestionali relative all’installazione ed uso di apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica”, che hanno rappresentato il primo tentativo di standardizzare l’approccio alla materia. A distanza di dieci anni è parso doveroso elaborare per le medesime un aggiornamento, che tenesse conto dei profondi cambiamenti
sopra introdotti e che si ponesse quale strumento utile per la comunità scientifica di settore, al fine di ispirare approcci gestionali e strategie prevenzionistiche più moderni - sempre nel rispetto degli standard sanciti nel 1994 - e finalmente bene allineati con gli attuali contesti operativi e, possibilmente, anche con quelli prossimi. Al centro dell’attenzione delle “Indicazioni Operative” 2015 – pubblicate on line dall’INAIL lo scorso 8 settembre (http://www. inail.it/internet/default/INAILcomunica/p/ListaPubblicazioni/ index.html) - come già avvenuto un decennio fa nelle precedenti Indicazioni operative, sono i ruoli e i compiti delle due figure professionali codificate negli standard come responsabili della sicurezza: il Medico Responsabile dell’attività dell’impianto (MR) e l’Esperto Responsabile della sicurezza (ER).
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Le “Indicazioni Operative” 2015 rappresentano la logica evoluzione di quelle del 2004, arricchite e maturate soprattutto grazie all’impegno profuso nelle attività di studio e di ricerca che l’INAIL ha sempre sostenuto e incoraggiato, così fornendo lo stato dell’arte relativo alle conoscenze di tutte le problematiche di sicurezza ad oggi note per un tomografo di risonanza magnetica, con particolare attenzione alla progettazione dei siti RM e degli impianti di sicurezza ad esso asserviti
È in particolare a loro e alle strutture sanitarie ove svolgono la propria attività che è rivolta la pubblicazione, proponendo una concezione di gestione complessiva, che affronta aspetti fortemente operativi, con l’obiettivo di rappresentare un valido ed efficace modello operativo di confronto senza tentare di imporre uno standard univoco. Le “Indicazioni Operative” 2015 rappresentano quindi la logica evoluzione di quelle del 2004, arricchite e maturate non solo alla luce della intensa attività ispettiva svolta in questo decennio, ma anche e soprattutto grazie all’impegno profuso nelle attività di studio e di ricerca che l’INAIL ha sempre sostenuto e incoraggiato, così fornendo lo stato dell’arte relativo alle conoscenze di tutte le problematiche di sicurezza ad oggi note per un tomografo di risonanza magnetica, con particolare attenzione alla progettazione dei siti RM e degli impianti di sicurezza ad esso asserviti. Per tutto quanto non esplicita-
mente trattato nel documento 2015, si rimanda in realtà a quanto già statuito con le Indicazioni operative del 2004 e con le successive pubblicazioni monografiche INAIL puntualmente richiamate nel testo. L’auspicio degli autori è che il risultato finale possa consentire di sistematizzare un patrimonio di esperienza e di condivisione al quale l’intera comunità scientifica ha in tanti anni contribuito, nella convinzione che la sicurezza non debba essere percepita come un ostacolo da superare per lo svolgimento della propria attività, ma piuttosto come parte integrante di una strategia propedeutica allo svolgimento dell’attività stessa, utile, se correttamente perseguita, a facilitarne l’intera gestione. L’obiettivo della pubblicazione dell’Istituto è quello di trasmettere non solo informazioni tecniche e procedure operative, ma anche una conoscenza di più ampio spettro, indirizzandosi, oltre che ai responsabili della sicurezza - quali principali attori in questo contesto
- a tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nella gestione e nell’utilizzo delle apparecchiature dai datori di lavoro, alla direzione sanitaria, ai medici radiologi, ai medici specialisti non radiologi, fisici medici, ingegneri clinici, medici competenti e anche, a completamento, alle unità di personale afferenti all’Organo di vigilanza locale. É auspicabile inoltre che le indicazioni ivi riportate possano essere di ausilio ai Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali, i quali, in sinergia con l’INAIL, svolgono ai sensi dell’art.7 del già citato D.P.R. 542/1994 e dell’art.9 comma 6 lettera i) del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. quelle attività di vigilanza e di controllo sulle quali l’INAIL intende perpetuare e rinnovare, anche con questo documento, il proprio impegno, al fine di vedere sempre garantita, sull’intero territorio nazionale, una uniforme e univoca applicazione degli standard di sicurezza normativamente vigenti.
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di Raffaella Venerando
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Bon ton 3.0, necessario un upgrade di regole e costumi Posto che le buone maniere è sempre bene conoscerle e praticarle, nel 2015, quando la moda ormai propone mise un tempo inimmaginabili, alzare il naso per una scarpetta è fuori tempo
Nicola Santini Esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella
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n genere preferisco non rifarmi troppo alle citazioni degli altri, ma nessuno meglio di Confucio saprebbe giustificare ciò che mi passa per la testa ultimamente: "chi non cambia mai idea o è il più grande dei saggi o è il più sciocco fra gli stolti". Con il rischio di non appartenere alla prima schiera, ultimamente sto rileggendo certe regole base dell’etichetta, che hanno contribuito in modo essenziale alla mia formazione, per capire che esistono momenti, luoghi e motivazioni, talvolta, per i quali forse sarebbe il caso di riscriverle, guidati dal buon senso a momentaneo scapito del bon ton. Da Talebano delle buone maniere, avvezzo a rispettare certe regole non sempre interrogandomi sulla loro utilità ma passando a consuetudine molto di ciò che era stato deciso da altri in altre epoche, faccio parte di quanti fino a poco tempo fa reputavano inconcepibile, ad esempio, consumare un buon piatto di pastasciutta in un piatto fondo. Il bon ton, infatti, lo riserva solo alle minestre, e i più bacchettoni, a domanda diretta, ti rispondono che si chiama pastasciutta e quindi si differenza da qualsiasi zuppa o minestra in brodo anche per il piatto che si sceglie per consumarla. Non sanno cosa si perdono. Per me ci sono voluti quasi quarant’anni (prendete nota perché non so quanto sarò disposto a confermare una dato anagrafico simile, ndr) per rendermi conto che stavo rinunciando a uno dei piaceri della vita. Gli amici campani mi fanno presente che un piatto di pasta e patate è inconcepibile in un piatto piano. “While in Naples do what neapolitans do” potrebbe
essere una risposta di comodo, ma la sola e unica cosa che ho pensato di ritorno a Milano, è che per me il tempo della pastasciutta nel piatto piano è finito. Il sugo è più godibile, la vista più gradevole...la scarpetta più facile. E qui tocco un altro tasto dolente perché so che a qualcuno andrà il tè di traverso. La scarpetta merita un discorso a parte. In un Paese come il nostro, che a tutti gli effetti è internazionale in qualsiasi angolo ci si rifugi, dove in città come Milano i dati riportano che un matrimonio su 3 è misto, non vogliamo accogliere il buono che arriva dalle culture africane o mediorientali dove pane e suoi simili non sono altro che strumenti per raccogliere, assaporare e goderci un sugo? Chiaro è che pulire il fondo di un piatto sostituendoci alla lavastoviglie non è mai giustificato nemmeno dalla fame più tremenda, vero è che per fare la scarpetta i gomiti possono comodamente rimanere al loro posto senza svolazzare e scomporre la figura, ma è anche vero che veder ripartire un piatto verso la cucina lasciandoci quel tot di sughetto che con un boccone di pane è la chiusura ideale di una pietanza, se da un lato è bon ton, dall’altro è, a parer mio, peccato mortale. Assaggiare per credere. Posto che le regole è sempre bene conoscerle, anche perché la trasgressione è più simpatica dell’ignoranza, nel 2015 quando la moda propone scarpe di pelle marroni a tutte le ore del giorno e, giustamente, nessuno si scompone, quando i piatti di design diventano quadrati, rettangolari, e addirittura conici, alzare il naso per una scarpetta non significa essere affezionati ai bei tempi, ma, semplicemente, non essere al passo coi tempi.
E VE N TI
La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico sale a quota 18 Ancora una volta Paestum sarà la location dell’evento in programma dal 29 ottobre al 1° novembre, giunto quest’anno alla diciottesima edizione. Coinvolti 30 buyers esteri per recuperare la domanda turistica europea
A cura della Redazione
L
a Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, ideata e organizzata dalla Leader srl, si svolgerà nell’area archeologica della città antica di Paestum da giovedì 29 ottobre a domenica 1 novembre. Il Salone Espositivo della Borsa, unico al mondo con 100 espositori di cui 20 Paesi Esteri, quest'anno vedrà non solo la presenza dell’India quale Paese Ospite, ma per la prima volta anche una Regione Ospite, il Lazio. Prestigiosa, poi, la partecipazione della città turca di Izmir che sarà per la prima volta tra gli espositori con l’Agenzia di Sviluppo, che ha gestito le candidature ad Expo 2015 e 2020, risultando poi sconfitta rispettivamente da Milano e Dubai. La Borsa si conferma, inoltre, un’importante opportunità di business con il workshop, in programma sabato 31 ottobre nella suggestiva location del Museo Archeologico, tra la domanda estera selezionata dall’Enit proveniente da 8 Paesi europei e l’offerta del turismo culturale e archeologico. ArcheoVirtual, la mostra dedicata all’archeologia virtuale realizzata in collaborazione con ITABC Istituto
Scatti della edizione 2014 della BMTA
per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR, presenterà “Immersi nel passato. I più innovativi progetti di DigitalHeritage2015 Expo” le tecnologie più avanzate che permetteranno ai visitatori di essere catapultati nell’antichità e cimentarsi così in un viaggio nel tempo. Tra le novità, l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, il Premio intitolato
al Direttore del sito archeologico di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale. La Borsa e Archeo, la prima testata archeologica italiana che nel 2015 celebra l’anniversario dei 30 anni, hanno voluto dare il giusto tributo alle scoperte archeologiche attraverso un Premio annuale assegnato in collaborazione con le testate internazionali media partner: Antike Welt (Germania), Archäologie der
52/ 53 31 ottobre, Syusy Blady, Diego De Silva, Alberto Angela; Francesco Erbani, Matteo Nucci, Paolo Rumiz, Alessandro Scillitani, Luigi Vicinanza nell’incontro “Alla ricerca dell’archeologia perduta”; Vincenzo D’Antona, Mimmo Jodice, Pino Musi “L’archeologia interpretata dai grandi fotografi”; Eva Cantarella, Licia Granello, Paola Villani “Il cibo dall’antichità ad oggi”; domenica 1 novembre, Cinzia Dal Maso, Giorgio Ieranò, Mariangela “Galatea” Vaglio “Dei, Eroi, Socrate e Didone. Quando l’antico è pop”; Roberto Ippolito, Viola Graziosi, Andrea Di Cesare “Abusivi show Storie dell’Italia ferita”. Consigliere Speciale del Direttore Schweiz (Svizzera), Current ArIl Premio “Paestum Archeologia”, chaeology (Regno Unito), Dossiers Generale Unesco e Direttore Arab d’Archéologie (Francia). Il Premio Regional Centre for World Herita- assegnato a quanti contribuiscono con il loro impegno al dialogo ge, Silvia Costa Presidente Comsarà consegnato venerdì 30 ottobre interculturale, alla valorizzazione del missione Cultura e Istruzione del all’archeologa Katerina Peristeri patrimonio culturale, alla promozioParlamento Europeo, Stefano De per la sensazionale scoperta della Tomba di Amphipolis in Grecia. In Caro Direttore Generale ICCROM, ne del turismo archeologico, verrà Taher Ghalia già Direttore del Mu- consegnato a Francesco Rutelli memoria dell'attentanto di Tuniseo del Bardo e attualmente Diretto- Presidente Associazione Priorità si dello scorso marzo, venerdì 30 re Divisione Sviluppo Museografico Cultura, al Museo del Bardo di Tuottobre avrà luogo la Conferenza nisi, alla Fondazione Museo delle Istituto Nazionale del Patrimonio “#pernondimenticare il Museo del Antichità Egizie di Torino e ritirato Bardo, 18 marzo 2015” cui interver- della Tunisia, Francesco Rutelli dal Direttore Christian Greco, ai Presidente Associazione Priorità ranno Alfonso Andria Presidente Centro Universitario Europeo per i Cultura. Negli “Incontri con i Pro- Gruppi Archeologici d’Italia per il 50° anniversario dalla nascita. Beni Culturali, Mounir Bouchenaki tagonisti” si succederanno: sabato Nei giorni della Borsa si svolgerà la Paestum Digital Storytelling School, il primo Corso di narrazione digitale sul campo, ideato e diretto da Cinzia Dal Maso e Giuliano De Felice in collaborazione con l’Associazione M(u)ovimenti. Il Corso è aperto a chiunque (archeologo, operatore culturale, insegnante, ricercatore, artista o semplice curioso) voglia approfondire le tecniche di narrazione del passato attraverso l’uso combinato di testi e immagini. A fine Corso il gruppo avrà prodotto il suo “racconto storico digitale”.
S A LU TE
Attività fisica, salute e dipendenza/2 Uno stile di vita attivo è sicuramente indispensabile per ottenere e mantenere un buono stato di salute, ma alcuni sportivi non professionisti possono presentare un rapporto patologico con l’attività sportiva, legato alla sensazione di ebbrezza e di benessere che essa provoca Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Adi (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica)
L’
attività fisica fa sicuramente bene; nonostante ciò alcuni sportivi non professionisti possono presentare sintomi tipici della dipendenza che vanno dalla semplice irritabilità, quando non possono praticare il loro sport preferito, fino a comportamenti esasperati che li portano a trascurare sempre più amici e famiglia fino a far diventare il programma di allenamento e il risultato da ottenere, l’obiettivo della loro giornata. La dipendenza da sport è un fenomeno sottovalutato, poco studiato, ma non per questo meno pericoloso. Secondo alcuni ricercatori il rapporto patologico con l’attività sportiva è legato alla sensazione di ebbrezza e/o di benessere che provoca. In chi pratica sport di resistenza può comparire il cosiddetto Runner’s High ovvero un senso di leggerezza accompagnato dalla convinzione di disporre di forze inesauribili. Qualcuno ha ipotizzato che in questi momenti il nostro cervello potrebbe produrre una quantità maggiore di neurotrasmettitori come le beta endorfine che hanno un potere analgesico ed euforizzante. Non tutti sono in accordo con questa teoria ed altri sostengono che la dipendenza da attività fisica possa spesso nascondere un disturbo alimentare. Sono stati proposti diversi questionari e auto-questionari per controllare il livello di dipendenza e già una risposta positiva ad una semplice domanda del tipo “Quando non posso allenarmi sono un po’ irritabile e di malumore?” viene considerata indizio di patologia. Ma è proprio così difficile capire quando lo sport diventa pericoloso? Mi sono posto questa domanda mentre camminavo a passo spedito, almeno per me, sul lungomare della cittadina balneare ove trascorro da quasi venti anni le mie ferie estive. Una quarantina di minuti, al mattino, di un’attività fisica che mi rilassa. E ho cominciato a guardare con occhio critico le persone che incrociavo. Mi sono soffermato
con attenzione su quelli dediti alla corsa. Ragazzi atletici, signore di mezza età in perfetta linea, signori con i capelli grigi e l’aria rassegnata. Ogni tanto compariva una figura dalla tipologia ben definita; peso forma perfetto, muscoli scolpiti, calzoncini attillatissimi, scarpette professionali con calzino a scomparsa, volti tirati, quasi sempre occhiali scuri o a specchio. Tutti sudatissimi e dotati di cardiofrequenzimetro, cuffiette, orologio gps da runner. I gesti stereotipati nel guardare l’orologio e l’omologazione delle tenute da corsa mi hanno fatto pensare che sarebbe stato bello poterli sottoporre ad un questionario. Lo psichiatra Michel Lejoyeux, dell'Ospedale Bichat-Claude-Bernard a Parigi, ha analizzato circa 300 frequentatori di palestre, scoprendo che il 40% di questi manifestava almeno un tratto tipico della dipendenza. Era il 13 agosto 2015 quando su “Il Corriere della Sera” a pagina 49 c’era questo titolo: «Sono gli amatori i veri professionisti del doping». Nell’articolo di Marco Bonarrigo si legge: «Sacro e profano a Chiaramonte Gulfi, nel ragusano, per le celebrazioni del Santissimo Salvatore, dove sabato scorso si è disputata la Coppa Ciclistica Santissimo per amatori, una delle 5mila corse di paese italiane...Nel filmato della questura di Ragusa gli uomini col fratino della Squadra Mobile - accompagnati i ciclisti alle loro auto per una perquisizione - li consegnano poi agli ispettori medici del Ministero della Salute per un prelievo di sangue e urine. L'hanno chiamata «Operazione Finti Atleti», gli investigatori siciliani. Finti soprattutto perché 34 di loro avrebbero acquistato, consumato e ceduto antitumorali, ormoni, Epo di ultima generazione. Roba pesantissima in mano (e in vena) ad amatori dai 35 ai 55 anni, beccati dopo mesi di intercettazioni…». Niente meglio di questo articolo può spiegare perché si deve stare attenti a non cadere nella trappola della dipendenza.
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Colazione, il mattino ha l’oro in bocca Fin dalle prime ore della giornata è importante nutrirsi correttamente per una pelle sana e fresca. Largo soprattutto alla frutta, ricchissima di vitamine
Antonino Di Pietro Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it / www.istitutodermoclinico.com
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na corretta alimentazione contribuisce a controllare l’invecchiamento cutaneo e a prevenire le rughe. Fondamentale, per la freschezza della pelle, il ruolo del microcircolo, vale a dire la rete dei piccoli vasi sanguigni che hanno il compito di portare sangue, e quindi ossigeno, ai tessuti. Alterazioni del microcircolo sono all’origine di inestetismi quali la couperose, la secchezza cutanea o, al contrario, un’anomala produzione di sebo. Per regolarizzare la microcircolazione si consigliano alimenti ricchi di flavonoidi, antocianosidi, vitamina C, presenti soprattutto nei frutti di bosco.
CAFFÈ: TONIFICA E STIMOLA Anche il caffè tonifica i vasi sanguigni e aumenta la velocità del flusso ematico grazie alla caffeina che giova pure a chi soffre di cellulite in quanto accelera l’assorbimento dei grassi.
LATTE E CIOCCOLATA Tra le bevande della prima colazione indispensabile il latte perché contiene aminoacidi che stimolano la produzione di collagene ed elastina, amici della freschezza cutanea. Una buona quota di flavonoidi, potenti antiossidanti che si oppongono ai radicali liberi, è presente nel cacao. Nella cioccolata troviamo invece il triptofano, precursore della serotonina, l’ormone della felicità.
ARANCE, POMPELMO E KIWI Trionfo della vitamina C in arancio e pompelmo. Le sue virtù? Combatte i radicali liberi, migliora l’elasticità dei vasi sanguigni e la motilità dei capillari, regola la produzione di melanina, ed è quindi indicata nel trattamento delle discromie cutanee (macchie scure e chiazze bianche). Infine, aumenta le naturali difese dell’organi-
smo. Overdose di vitamina C nel kiwi, ricco anche di vitamine A ed E.
FRUTTA A VOLONTÀ Si chiama bromelina l’ingrediente base dell’ananas: è antiedemigeno, antinfiammatorio e si oppone alla ritenzione idrica presente nella cellulite. Betacarotene, precursore della vitamina A, nelle fragole, nel melone e nel mango. Vitamine A e C, antocianosidi e flavonoidi, ideali per la stimolazione del microcircolo, caratterizzano il mirtillo. Quanto alla mela, è ricca di vitamine A e C, oligoelementi, sali minerali. Contiene anche la quercetina, che migliora l’assorbimento di ossigeno nell’organismo e stimola la capacità polmonare.
PANE E BURRO: UN CLASSICO Energia pronta nel pane. Nella versione integrale è ricco di crusca, i cui oligoelementi sono “amici” di capelli, unghie, strato corneo e responsabili di un buon equilibrio metabolico. Tra i più significativi il ferro, che trasporta gli atomi di ossigeno dal sangue ai tessuti, nutrendoli e rinvigorendoli, e lo zinco, che irrobustisce le membrane cellulari e stimola il sistema immunitario. Infine, il rame, che secondo dati recenti sembra prevenire e frenare l’incanutimento.
IL MIELE CONQUISTA TUTTI Dolcificante naturale e ricco di vitamine, aminoacidi, minerali: il miele dà al breakfast un sapore che conquista tutti.
TRASGRESSIONE QUOTIDIANA Brioches, croissant, cornetti? Concentrati di grassi e di calorie. Rappresentano la trasgressione, il peccato veniale che ci rende tutti più umani.
PA RLI A MO D I. . .
La casa 3.0 è anche ecologica L’Italia che costruisce e cresce. Abbiamo chiesto a Cesare Lanati, presidente di Bell Holding, quali sono gli ingredienti per far ripartire il sistema guardando anche all’ambiente
A cura della Redazione
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ostruire significa molto di più che mettere un mattone sopra l’altro: una parola con molte sfumature, che escono anche dal settore in cui lei opera. Qual è il significato che attribuisce a questa parola? Un significato che porta con sé dei contenuti strutturali ma anche finalizzati a realizzare nuove iniziative, creare posti di lavoro occupazione e, nel caso nostro, a dare vita a qualcosa che, pur essendo già presente nel mercato, non aveva più un’identità, una funzione: è quello che in questo momento il mercato immobiliare ha più bisogno venga fatto. Istintivamente, però, costruire, per me comunica “partire da zero”. Spieghi meglio il concetto di dare vita a qualcosa che non ha più un’identità. Costruire progetti su realtà esistenti vuol dire investire e pensare su qualcosa che era già edificato, significa non sottrarre verde e spazio di cui abbiamo sempre meno disponibilità. Vuol dire ridare vita a delle zone di una città che diversamente vivrebbero uno stato di totale abbandono e degrado. Pensiamo a certi centri direzionali, a certe realtà nate con uno scopo e che, assolto il proprio fine, poi non ispirano più una seconda vita. La nostra creatività spesso si concentra su questi progetti: diamo valore a qualcosa che probabilmente non rappresentavano più, con tutta una serie di elementi conseguenti che sono di estrema attualità:
Cesare Lanati, è presidente di Bell Holding, impresa che si occupa di realizzare immobili nel settore industriale direzionale e commerciale occupazione, progetto e utilizzo del progetto stesso. Utilizzo, nella maggior parte dei casi, che si traduce in attività industriale. Quando decide di buttarsi in un progetto quali sono le domande che si pone? Mi chiedo quale si la finalità che immagino possa essere rappresentata da quello che vedo rispetto
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Usare sensibilità nei confronti dell’ambiente e prepararsi a vivere una vita a misura di ecologia anche tra le pareti domestiche, o nei luoghi di lavoro, oggi si può, grazie all’impiego di materiali che offrono un impatto ambientale minimo e favoriscono il risparmio energetico
a quello che trovo. Se il mercato rispetto a ciò che immagino io potrà avere interesse a recepirlo, e quanto a pelle mi stimola rispetto alle idee che normalmente ho. Una componente di istinto e cuore gioca sempre il suo ruolo. E in che percentuale l’istinto o la creatività incidono nelle sue scelte rispetto alla razionalità? La partenza di qualunque progetto ha sicuramente una componente emozionale e di istinto: è chiaro che nel mondo del business non si può prescindere da quella componente razionale e numerica che possa dare concretezza al progetto stesso. La sfida è sempre quella di portare la componente emozionale, facendo anche valutazioni diverse, a coincidere con la parte razionale in modo da convincere anche altri oltre me. Si parla molto di bio architettura e bio edilizia. Cosa ne pensa? Usare sensibilità nei confronti dell’ambiente e prepararsi a vivere una vita a misura di ecologia anche tra le pareti domestiche, o nei luoghi di lavoro, oggi si può, grazie all’impiego di materiali che offrono un impatto ambientale minimo e favoriscono il risparmio energetico. Dimenticate però strutture inconsistenti, colori tristi e forme improbabili. Design, vitalità e creatività nel progettare restano invariati: scegliere di affidarsi a materiali eco-friendly è semplicemente un nuovo capitolo nell’edilizia che stiamo osservando per andare in una direzione di benessere anche quando si progetta e costruisce un’abitazione. Tra i materiali da costruzione più diffusi in bioe-
dilizia, è possibile trovare il legno che vanta numerose qualità ed inoltre è tra i materiali rinnovabili, riciclabili e biodegradabili. Ha infatti ottime caratteristica di isolamento termico, acustico, elasticità, flessibilità, resistenza alle sollecitazioni termiche e meccaniche, resistenza all'usura. Ottimo sia per la costruzione che per creare rivestimenti interni ed esterni. Altro materiale interessante è il sughero, che si trova sotto forma di pannelli o di trucioli che vengono aggiunti nella composizione di altri prodotti, come la pittura termica traspirante in sughero. É rinnovabile, poiché una volta prelevato, si rigenera naturalmente, anche in tempi abbastanza rapidi. Buono perché isolante. Altra caratteristiche importante è che il sughero è un materiale imputrescibile, ossia non soggetto a putrefazione: riesce a conservare nel tempo la sua consistenza, oltre che, idrorepellente, atossico, traspirante, ininfiammabile, anallergico, e capace di resistere all'azione degli insetti e dei roditori. La cellulosa, invece, si ottiene dal riciclo e dalla trasformazione della carta. Di forte componente naturale, ha ottime capacità coibentanti: viene utilizzata come isolante sia acustico, sia termico. Non contiene sostanze tossiche ed è nuovamente riciclabile. Ideale per: pavimenti, tetti e come materiale di riempimento. Ambienti che da un lato richiedono sempre più performance tecnologiche ma che vorrebbero riavvicinarci alla natura... In fondo siamo uomini, non macchine. Ogni tanto farebbe bene ricordarlo.
A R TE
Beyond the Lens al Tempio di Pomona di Salerno Dall’11 ottobre all’8 novembre 2015 la mostra personale di Carlo D’Orta
di Vito Salerno
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iunge a Salerno nel Tempio di Pomona Beyond the Lens, la mostra personale di Carlo D’Orta, curata da Italo Bergantini e Gaia Conti, dopo essere stata protagonista a Venezia negli spazi dell’Officina delle Zattere nei mesi di maggio e giugno scorsi, in occasione dell’apertura della 56° edizione della Biennale d’Arte di Venezia. La mostra raccoglie una selezione degli ultimi lavori dell’artista italiano tra grandi immagini, intriganti installazioni e delicate sculture di vetro. L’inaugurazione della personale del fotografo è fissata sabato 10 ottobre alle ore 18 e la mostra sarà visitabile dall’11 ottobre all’8 novembre tutti i giorni dalle ore 16 alle 20. Secondo Gaia Conti «Beyond the Lens è il racconto di un’evoluzione semantica che si realizza a partire dal
(S)Composizione Londra #1, 2012, serie (S)Composizioni
mezzo fotografico. Il racconto fotografico è il risultato di un lavoro di ricerca armonico, un’elaborazione astratta dell’ambiente urbano che ne trasfiguCarlo D'Orta ra le relazioni spaziali. Uno sguardo che va oltre - beyond - e disorienta rapporto di amicizia che si è tradotto lo spettatore togliendogli ogni tipo di in due importanti sponsorizzazioni di riferimento, trasformando le architetmie mostre. La prima è stata nel 2011, ture in trame di forme e colori. D’Orta quando l’azienda ha sponsorizzato la mette poi in atto lo stesso principio mostra “Astrattismi Paralleli” che ho anche nella serie installazioni, le [S] tenuto, insieme a Danilo Susi, presso lo Composizioni, nelle quali rende indiSpazio Oberdan di Milano, importante pendenti dal quadro fotografico le sue luogo espositivo gestito dalla Provincomponenti, riversandole nello spazio cia milanese. La seconda occasione è tridimensionale. La stessa tridimensio- stata la mostra Beyond the Lens, che nalità, de-strutturata nella forma, che si ho tenuto a Venezia a maggio-giugno fa infine scultura». 2015, in contemporanea con la BienMain sponsor dell’esposizione, che nale d'Arte, in uno spazio limitrofo al gode del patrocinio del Comune e della Provincia di Salerno, è l’azienda salernitana Arti Grafiche Boccia che secondo il maestro Carlo D’Orta «ha sempre avuto grande sensibilità per l'arte e altissima professionalità per le relative pubblicazioni. Per questo ho stampato sin dall'inizio con Arti Grafiche Boccia i miei cataloghi e (S)Composizione Roma Tiburtina #7, 2012, negli anni si è creato un serie (S)Composizioni
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Londra #3, 2012, serie Biocities II padiglione nazionale del Guatemala. La mostra Beyond the Lens giunge quindi a Salerno, sede storica di Arti Grafiche Boccia, dopo il bel risultato veneziano». «Abbiamo scelto di supportare questa mostra – spiega il direttore marketing di Arti Grafiche Boccia Monica Vitiello – perché crediamo fortemente nell’importanza della ricerca fotografica e nel grande valore di questa espressione dell’arte contemporanea. Le aziende come la nostra stampano milioni di immagini al giorno». Diverse opere di Carlo D’Orta sono state acquisite in collezioni pubbliche prestigiose come il Museo di AC Palazzo Collicola di Spoleto, la Banca d’Italia, la Camera Deputati. Negli ultimi 15 anni la sua visione fotografica è mutata profondamente. Abbandona il tradizionale approccio documentario per valorizzare immagini tendenti verso l’astrazione, con una visione metafisica e surrealista basata ora sulla de-contestualizzazione, ora
sulla deformazione dei soggetti e l’uso del colore conferisce alle sue fotografie una connotazione pittorica. Privilegia l’architettura, concentrandosi sulla de-contestualizzazione dei particolari e il continuo lavoro di ricerca operato da D’Orta approda nell’ultimo biennio alla serie denominata “(S)Composizioni”. «Il progetto “[S]Composizioni” – chiarisce D’Orta - è la naturale evoluzione della mia ricerca fotografica sulla geometria condotta con la serie “Biocities”. Nelle fotografie della serie “Biocities”, una scena architettonica caratterizzata da forme e colori particolari viene rappresentata, grazie alla prospettiva di scatto e al contrasto di luci, in modo tale da appiattirne la profondità e da trasformare, visivamente, il luogo architettonico di per sé profondo e tridimensionale in una composizione geometrica piatta e astratta. Con le installazioni della serie “[S] Composizioni” il processo di costruzione della nuova forma fa un passo in più. Infatti, singoli frammenti geometrici che compongono una fotografia della serie “Biocities” vengono presi e ristampati su lastre di plexiglass nella stessa forma e dimensioni che quei frammenti hanno nella fotografia. Poi questi frammenti geometrici vengono collocati nello spazio antistante la fotografia, ricostruendo, in questo modo, un luogo tridimensionale che è diverso dalle strutture architettoniche oggetto
Parigi Defence #11, 2013, serie Biocities II
Parigi Defence #13, 2013, serie Biocities II della fotografia, ma in qualche modo le rievoca e reinterpreta. In altri termini, è un cerchio che si chiude: nella prima fase la fotografia comprime, appiattisce e rende astratto il luogo tridimensionale reale; nella seconda fase l’installazione recupera la tridimensionalità del luogo originario, ma reinventandolo completamente. Un processo che è anche metaforico. È metafora della nostra capacità di trasformare, nel bene e nel male, l’ambiente in cui viviamo. Ed è metafora della nostra vita, che procede attraverso continue scomposizioni e ricomposizioni dei nostri valori e delle nostre emozioni, con esiti talvolta di crescita, altre volte autodistruttivi».
A RTE
Gli appunti di pittura di Antonia Di Giulio al Museo Canonica di Roma Nei suoi Appunti di pittura l’artista esprime al contempo «rigore ed autoironia»
di Antonello Tolve Art Critic / Independent Curator Professor at the Academy of Fine Arts in Macerata
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ome il ricordo d'un canto lontano, come nodi d'aria che si formano grazie alla partecipazione attiva dello spettatore o come brillanti fantasie d'avvicinamento allo straordinario corpus plastico di Pietro Canonica, le opere che Antonia Di Giulio propone con i suoi Appunti di pittura, tracciano un percorso intimo, una fabula de lineis et coloribus che diventa strumento e, via via, forma di pensiero utile a dialogare con la storia e la memoria del luogo. Disseminate nelle sette sale del museo, nell'atelier e nelle stanze private dell'artista, le opere di Di Giulio disegnano, infatti, mediante cortocircuiti costruttivi e seducenti ponti immaginifici, un appuntamento sovratemporale che, se da una parte non rinuncia al temperamento astratto e pungente della pittura, dall'altra crea sottili stati d'animo, muti rimandi alle
atmosfere plastiche che abitano la casa-museo dello scultore piemontese. Un'opera intitolata 1° marzo 1869, accanto ad altre cinque di grandi dimensioni (14 ottobre 1917, 23 settembre 1924, 9 aprile 1958, 18 novembre 1958 e 6 gennaio 1964 – le cui date sono volutamente ignote, private, affettive), è il primo omaggio immediato al padrone di casa, il primo atto dialogico con una collezione totale fatta di bronzi, di marmi, di bozzetti, di modelli originali, di studi, di repliche che mostrano l'itinerario intellettuale di un maestro indiscusso della scultura italiana. Alla committenza del monumento pubblico e alla galleria di ritratti che sfilano nei vari ambienti del museo, Di Giulio compara, seguendo un procedimento analitico, un progetto privato che indica un tragitto confidenziale per invitare il pubblico a riflet-
tere sul permanente e sul temporaneo, sul luminoso percorso scultoreo di Canonica, appunto, e sulle proprie irrinunciabili proairesi pittoriche che popolano trasversalmente gli ambienti museali. Con una geometria pungente che ridefinisce lo spazio della tela per dar vita a figure compatte la cui paralisi viene messa in discussione dalla stesura scomposta e nervosa del colore, le cinque grandi opere proposte da Antonia Di Giulio nelle sale espositive del museo tagliano volutamente la quiete del luogo con lo scopo di plasmare un urto estetico il cui riflesso invita a guardare due modelli che, da angolazioni differenti, ritraggono una metà dell'arte (il transitorio, il fuggitivo, il contingente) di cui l'altra metà è l'eterno e l'immutabile (Baudelaire). Accanto ai cinque grandi lavori che dialogano con la maestosità della
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Con una geometria pungente che ridefinisce lo spazio della tela per dar vita a figure compatte la cui paralisi viene messa in discussione dalla stesura scomposta e nervosa del colore, le cinque grandi opere proposte da Antonia Di Giulio nelle sale espositive del museo tagliano volutamente la quiete del luogo con lo scopo di plasmare un urto estetico il cui riflesso invita a guardare due modelli che, da angolazioni differenti, ritraggono una metà dell'arte (il transitorio, il fuggitivo, il contingente) di cui l'altra metà è l'eterno e l'immutabile (Baudelaire)
scultura e con un tessuto visivo che impone una forza espressiva realistica alquanto articolata, Di Giulio propone inoltre una serie di piccole ma preziose tele Senza titolo (appunti) – 13 precisamente – che, come intervalli visivi appartati, trovano la loro collocazione tra il primo e il secondo piano del museo per trasportare il fruitore al di là delle apparenze e delle immediatezze, verso tracce emozionali che coincidono con la scoperta della pittura, dello spazio, dei luoghi, della memoria, degli arredi. Nei suoi Appunti di pittura proposti al Museo Pietro Canonica, Antonia Di Giulio gioca ancora una volta «in una doppia dimensione tra ridondanza ed essenzialità, tra senso del gioco e disciplina, tra rigore ed autoironia» (Achille Bonito Oliva) per raccontare, dunque, e con un modus operandi volutamente estraniante e apparentemente spiazzante, la storia di un incontro impossibile, la magia di un dialogo creativo che non sa più qual mano si fece spola ad intrecciarne i fili.
photo di Mario Schifano
FI N I STE RRE
Jim Morrison e Rimbaud, due miti della gioventù ribelle Omaggio a due poeti silenziosi, introversi, quasi sempre in soggezione nella trama dell’adolescenza e poi esplosivi, ribelli, insofferenti, aggressivi nella successiva maturità Alfonso Amendola Docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali Università degli Studi di Salerno
«Q
uello che resta lo fondano i poeti», scriveva un grande tedesco di nome Friedrich Holderlin. Tutto quello che nel tempo persiste - sembra dirci il poeta/filosofo - ha qualcosa legato al sogno, al desiderio, alla speranza, alle illusioni (anche quando tutto sembra amarezza conclusiva, dominio della stanchezza, viaggio al termine della luce). E proprio a due poeti (diversi per stile ed epoca eppure accomunati da una simile inquietudine “generazionale”) sembra legata la “fondazione” del mito della gioventù ribelle. Parliamo di Arthur Rimbaud (il poeta ottocentesco delle barricate parigine e magistrale innovatore della poesia moderna) e Jim Morrison (il poeta-songwriter americano delle “porte della percezione”). Infatti proprio nell’American prayer ritroviamo caratteri ed analogie con il maudit francese. Un “dialogo” che ancora oggi è un segno potente e vivo. Provo a sintetizzare questi ponti di contiguità. In primo luogo la dichiarata avversione per il sistema autoritario e verso qualsivoglia convenzione sociale. Un ribellismo costante e sempre in movimento. Per entrambi, il poeta ha un compito ben preciso:
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diventare veggente! Un percorso verso l’alterazione dei sensi (tra mistica e sciamanesimo, tra droghe e assenzio, tra fuga ed azzeramento) che in diversi casi avvicina i due. Altro elemento che li unisce e che terribilmente, ancor oggi ce li fa sentire inquieti fratelli maggiori, è la loro indole timida. Silenziosi, introversi, quasi sempre in soggezione nella trama dell’adolescenza e poi esplosivi, ribelli, insofferenti, aggressivi nella successiva maturità. È cosa nota che il poeta di Charville fu un autore culto per Jim Morrison. In particolare la “rivelazione” è con “La lettera al veggente” dove il giovane Jim entra nel cuore delle visioni del giovane Arthur «io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi.
Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di pazzia». E tutto questo non poteva non animare Morrison che dell’idea rimbaldiana adorava in particolare la distruzione-amplificazione dei sensi. Altro testo d’innamoramento e amore per il cantante americano fu il saggio di Henry Miller dedicato a Rimbaud “Il tempo degli assassini” dove la teoria di fondo era eleggere la poesia ad assoluto strumento di liberazione. La conquista di un’identità visionaria e concretamente vissuta in prima persona per Morrison è totalmente dentro il corpus poetico di Rimbaud. Il poeta deve essere una sorta di magister e guerriero. Dove la “parola” è dimensione alchemica, vaticinante e libertaria. Il “poeta è ladro di fuoco” urlava Rimbaud e quest’urlo era completamente dentro Morrison. La lucidità per un poeta esiste soltanto nella sfida verso il sovrannaturale. Certo l’uso delle droghe e un largo sconfinamento alcolico acuiscono questo desiderio di visioni estreme, eccedenti, dissolutorie. E molte canzoni da risveglio tossico (quel “Sunday Morning” che successivamente canteranno i Velvet Underground) sono spesso un richiamo al “risveglio” post-dionisiaco di rimbaldiana memoria e al suo «noi abbiamo fede nel veleno. Sappiamo donare la nostra vita intera a tutti i giorni». C’è poi il tema della “danza” che ulteriormente avvicina i due. La danza nella “Stagione all’inferno” riecheggia nella danza dei concerti del Re Lucertola. Morrison era un demone danzante e inarrestabile sul palcoscenico. Era l’artefice di una provocazione che diventava corpo ed energia. Il tutto condito – altro violento tema di amalgama- da un vorace spirito autodistruttivo. Il finale della loro vita è per alcuni versi simile. Dopo il coro di urla infinite…il silenzio. Il grado zero e il rinnegare la propria storia poetica per il francese e il “pessimismo illuminato” e silente per l’americano. Poi il dopo morte è solo mito. Tutto diventa il contrario di tutto. E la parola maledettismo acquista - grazie a loro un sapore finanche dolce, soave, bambinesco. Un sapore d’infinita bellezza…
LI B R I / H OME CINE MA
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a cura di Raffaella Venerando
a cura di Vito Salerno
Nein, Un manifesto di Eric Jarosinski
Se Dio Vuole di Edoardo Falcone
“N
on voler dire niente è più difficile di quanto sembri”. È riassunto in questo tweet tutta la filosofia breve e bruciante che anima Nein, Un Manifesto, libro, rivista immaginaria, scritta da Eric Jarosinski - un «intellettuale fallito» come lui stesso si definisce trasformatosi con gaudio in «aforista su internet». Dopo aver creato nel 2012 pp. 144, 1° ed. 2015 l’account @NeinQuarterly Marsilio Editori per distrarsi da un libro da scrivere che più non lo entusiasmava ha deciso, smartphone alla mano, di darsi a Twitter dove, dando la caccia ai fantasmi di Marx, di Freud e di tutti i maestri del pensiero che a lungo sono stati la sua professione e la sua coscienza, sforna le sue caustiche pillole di saggezza sul quotidiano, oggi seguite da centomila follower. Il suo lavoro è stato ripreso da blogger e testate di tutto il mondo, dal «New Yorker» alla «Frankfurter Allgemeine Zeitung», e si è guadagnato una striscia su settimanali del calibro di «Die Zeit» per aver avuto il severo e stringato coraggio di dire all’editore che “i pezzi del suo giornale erano veramente troppo lunghi”.
Eric Jarosinski
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riginale e brillante è il debutto alla regia di Edoardo Falcone che ha saputo dar vita a una commedia intelligente, divertente e al tempo stesso dai contenuti profondi. In “Se Dio Vuole” uno dei protagonisti è Tommaso (Marco Giallini), stimato cardiochirurgo e uomo dalle certezze assolute. Una vita fa ha conosciuto sua moglie Carla (Laura Morante), affascinante e “pasionaria”, oggi sfiorita come gli ideali in cui credeva. Tommaso e Carla hanno due figli la più grande Bianca (Ilaria Spada) non ha interessi, non ha idee, non ha passioni: una simpatica mentecatta. Andrea (Enrico Oetiker) invece è un ragazzo brillante, iscritto a Medicina, pronto a seguire le orme del padre, con suo grande orgoglio. Ultimamente Andrea però sembra cambiato: è spesso chiuso nella sua stanza e la sera esce senza dire a nessuno dove va. Il dubbio che il ragazzo sia gay si insinua strisciante. Chiunque sarebbe entrato in crisi, ma non Tommaso. Lui detesta ogni forma di discriminazione. E il giorno del “coming out” arriva… Andrea, raduna la sua famiglia, prende il coraggio a due mani e finalmente si apre, confessando però non di essere gay ma di aver ricevuto la vocazione e di aver, perciò, deciso di diventare sacerdote. Per Tommaso, ateo convinto, un figlio prete è una mazzata terribile. Mentre finge di dargli appoggio totale decide di capirci di più e inizia a seguirlo di nascosto. Arriva così a Don Pietro (Alessandro Gassman), un sacerdote davvero “sui generis” responsabile secondo Tommaso di aver fatto il lavaggio del cervello a suo figlio. Approfittando dell’assenza di Andrea, in ritiro in un monastero, Tommaso sotto mentite spoglie comincerà una vera e propria guerra senza esclusione di colpi contro Don Pietro. Ma le cose non vanno mai come pensiamo…
NUMERO 05
SETTEMBRE/OTTOBRE 2015