Costozero Gennaio/Febbraio n.1/2015

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NUMERO 01

GENNAIO/FEBBRAIO 2015



EDIT OR IA L E / GENNA IO F EBBR A IO 2015

Legge di Stabilità e riforme, il Paese aspetta la primavera italiana Solo a marzo la Finanziaria 2015 - passato l’esame europeo - potrà entrare nel vivo, così come il Jobs Act di cui si attendono ancora i decreti attuativi

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l 22 dicembre scorso l'Aula della Camera dei Deputati ha approvato, in via definitiva, la Legge di Stabilità 2015 del Governo Renzi, un pacchetto di misure nato con il preciso intento di restituire competitività al Paese. Con buone probabilità - questa volta pare senza riserve, senza alcun beneficio del dubbio e senza provvedimenti aggiuntivi - la manovra finanziaria italiana supererà l’ultimo esame della Commissione Europea atteso il prossimo fine marzo, quando è previsto il voto finale dell’Europa sulle prospettive di correzione dei conti pubblici, aggiustamento che potrebbe essere di appena lo 0,25%, inferiore quindi a quello 0,50% stabilito dal Fiscal Compact. Il deficit strutturale italiano può essere modificato – lo ricordiamo - solo perché, proprio con la Legge di Stabilità 2015 il Paese, ancora in affanno come altri dell’Eurozona, sta provando a mettere in piedi quelle riforme ritenute propedeutiche per la ripresa definitiva dell’economia. Per l’Italia un’occasione di credito aggiuntiva sì, ma a scadenza e irripetibile. Agli occhi dell’Europa, quindi, ma anche degli italiani stessi, diventa fondamentale ora che le promesse di rilancio vengano mantenute, che si passi dagli impegni ai fatti anche per non vedere precipitare nel vuoto quegli “aiuti” extra provenienti nelle ultime settimane dalla BCE. Il contesto, questa volta, sembra nostro alleato. Secondo le proiezioni del Centro Studi di Confindustria, rese note nei giorni scorsi, c’è di che essere ottimisti: dopo più di sei anni di agonia, il 2015 dovrebbe essere l’anno del segno più per PIL e occupazione, merito anche della positiva combinazione di fattori esogeni alle dinamiche interne al Paese che aiutano il nostro e altri manifatturieri dell’Europa, come il crollo del prezzo del petrolio, la svalutazione del cambio dell’euro, l’accelerazione del commercio mondiale e la diminuzione dei tassi di interesse a lungo termine. Il beneficio dell’unione di questi elementi potrebbe portare il prodotto interno lordo italiano – dicono a Viale dell’Astronomia - al 2,1% nel 2015 e al 2,5% nel 2016. Restano da fare però – per dirla con Mario Draghi – i nostri compiti a casa, ovvero è il Paese che al suo interno deve recuperare le mosse e i tempi giusti. È necessario pertanto che, unitamente alla Legge di Stabilità, proceda senza più pause e a passo spedito il disegno di legge per certi aspetti ancora più importante sul lavoro. Le aziende attendono infatti i decreti attuativi della riforma del mercato del lavoro che dovranno rendere operativi da marzo sia il contratto a tutele crescenti, sia la Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASPI). Grazie a questi interventi dovrebbe essere possibile invertire il trend sull’occupazione, che da obiettivo diventerà finalmente risultato. Questo sarà il vero banco di prova perchè senza il rilancio degli investimenti ormai dovrebbe essere chiaro - che si chiami BCE, dollaro o Brent - non c’è alcun deus ex machina capace di salvare il nostro Paese.

Mauro Maccauro Presidente Confindustria Salerno


S O M M A R IO NEW ENTRIES

EDITORIALE 1

Legge di Stabilità e riforme, il Paese aspetta la primavera italiana di M. Maccauro PRIMO PIANO / LEGGE DI STABILITÀ

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Nuovo Bonus Ricerca&Sviluppo: intervento in chiaroscuro di A. Sacrestano

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Agevolazioni per nuove assunzioni di R. Venerando, intervista a A. Romano

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Degiorgis: «Gli effetti sul fisco? Bastone e carota per i contribuenti» di R. Venerando, intervista a M. Degiorgis

Reverse Charge e Split Payment: 10 scompare l’IVA dalle casse delle imprese di M. Fiorentino L'O PINIONE Un Occidente sotto scacco 13 di R. Venerando, intervista a M. Guandalini 14

SIP & T, un’azienda che ha del genio (non solo civile) di R. Venerando

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Tenuta dei Normanni, dimora di eccellenza a Salerno a cura della Redazione Costozero

28 Chi trova Openjobmetis, trova un lavoro a cura della Redazione Costozero Milite Group, consulenza strategica 29 e operativa per ogni azienda a cura della Redazione Costozero 30

16 Dove va il trasporto marittimo? di A. Panaro CONFINDUSTRIA SALERNO Welcome Day, Confindustria dà il benvenuto ai nuovi soci di G. Longobardi

20 Fattore innovazione di F. Serravalle e D. Mercurio

Card Project Srl, identità innovativa a cura della Redazione Costozero RICERCA

Sfide e opportunità nella virtualizzazione 32 di processo per l’ingegneria alimentare di F. Marra FORMAZIONE Bachrach, OBR Campania: «Sottoutilizzata la capacità 34 propulsiva della formazione finanziata» di R. Venerando, intervista ad A. Bachrach

Cattaneo: «Il 2015? Un altro anno senza crescita» di R. Venerando, intervista a M. Cattaneo FOCUS

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EDILIZIA INDUSTRIALE 36 Dove dimorano i creativi? di A. Siniscalco NORME E SOCIETÀ 38 In arrivo un Codice di autoregolamentazione per gli organismi di mediazione di M. Marinaro 40 Anatocismo, interessi passivi e commissioni non dovute: il “banco” perde di M. Galardo 42 Il trust nella crisi d'impresa di G. Sciancalepore

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Salerno-Milano, la giusta chimica di M. Zappile

42 Il progetto T.R.ON™ di P. Di Stefano

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Lavoratori sani e sicuri: arriva il Bando ISI di M. Anzolin

Edilizia premiale, come una buona legge può essere 43 inibita dalle titubanze regionali di L. D'Angiolella

STRATEGIE D'IMPRESA 23

Sabox, il buon esempio sia contagioso di R. Venerando

Cerrato Chiusure Metalliche, 24 un saldo bene di famiglia di R. Venerando

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La giustizia riparativa e il recupero dei detenuti di L. De Valeri LAVORO

46 Sezione lavoro: una sentenza che fa scuola di M. Ambron


NUMER O 1 / GENNA IO F EBBR A IO 2 0 1 5 FISCO Start Up Innovative e Reti d’Impresa: 48 più semplice l’iscrizione in CCIAA di A. Sacrestano Decreto legislativo sulla certezza del diritto: 50 novità per i reati tributari di M. Villani e A. Rizzelli ENERGIA 52

I Convegni di Ambientarsi FOSOF 2014 di V. Pellecchia SICUREZZA

Conflittualità professionali 54 per la tomografia computerizzata odontoiatrica di F. Campanella BON TON 57 Quando lo stile porta i pantaloni (senza rovescia) di N. Santini SALUTE 58 Il consumo di pesce: la lezione della storia di G. Fatati Farmacisti e dermatologi insieme 59 a Dermocosm a cura della Redazione Costozero ARTE 60

Wilderness (in un paese dove la felicità è sposata al silenzio) #1 di A. Tolve FIN ISTERRE

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Pino Daniele, tutta un'altra storia di A. Amendola LIB RI

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Cammellini che entrano ed escono dalle orecchie A cura di R. Venerando HOMECINEMA

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Boyhood A cura di V. Salerno

costozero Magazine di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg . Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Mauro Maccauro Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano Segreteria di Redazione Raffaella Venerando Project Management Vito Salerno Società Editrice/Direzione e Redazione Assindustria Salerno Service Srl Via Madonna Di Fatima, 194 84129 Saler no Tel. 089 335408/Fax 089 5223007 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it Stampa Arti Grafiche Boccia/Salerno Foto Archivio Costozero Vito Salerno Massimo Pica/Ag. Fotografica Grafica e Impaginazione Moreplus/www.moreplus.it Grafica / Illustratrice Emanuela Maria Rago L e opi ni oni espr esse negl i a r ti c ol i a ppa r tengono ai si ngol i a utor i dei qua l i si i ntende r i spetta r e l a pi ena l i ber tà di gi udi z io


P R I M O P IA NO / LE GGE DI ST AB I L I T À

Nuovo Bonus Ricerca&Sviluppo: intervento in chiaroscuro La Legge di Stabilità per il 2015 introduce un credito d’imposta a sostegno delle attività di R&S poste in essere dai soggetti d’impresa. Più che di una nuova misura di aiuto, le disposizioni del comma 35 dell’articolo unico della norma in esame sostanziano una ri-scrittura dell’incentivo disciplinato dall’articolo 3 del DL n. 142/2013

Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com

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a prima considerazione sull’intervento di restyling del Governo è che lo stesso si dimostra un provvedimento in chiaro-scuro, in cui il ridimensionamento di alcune anomalie strutturali dell’incentivo, secondo la sua versione originaria, sono mal compensate da un drastico taglio della misura dell’agevolazione e, soprattutto, dal differimento di un anno dell’operatività del credito d’imposta. In particolare, è proprio quest’ultima notizia che ha indispettito non poco gli imprenditori che, facendo fede sulle prime indicazioni legislative, avevano realizzato investimenti già nel 2014. A questo punto, proprio per i meccanismi intrinseci all’agevolazione, il sostenimento di spese nel 2014 non solo non viene agevolato, ma rischia di compromettere seriamente anche l’incentivo su quelli che saranno realizzati nel 2015, attesa la premialità collegata al valore incrementale rispetto alla media. Il bonus resterà fruibile fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019. Il credito d’imposta è attribuibile a tutti i titolari di reddito d’impresa, senza alcun vincolo tanto per il fatturato

realizzato che per la forma giuridica, il settore economico in cui operano e il regime contabile adottato. Le modalità di determinazione dell’agevolazione sono individuate dallo stesso Legislatore. La norma riconosce, di fatti, un credito d’imposta nella misura del 25% degli incrementi annuali di spesa nel settore ricerca e sviluppo, registrati in ciascuno dei periodi d’imposta di applicazione dell’incentivo, rispetto alla media realizzata nel triennio antecedente al periodo d’imposta in corso al 31/12/2015. Per le imprese operative da meno di tre esercizi, la media andrà costruita sull’intero periodo intercorso dalla loro costituzione. Insomma, si supponga che nel 2015 si sostengano spese agevolabili in R&S per euro 50.000 e che nel 2014, 2013 e 2012 la spesa sia stata rispettivamente di euro 15.000, euro 40.000 e euro 20.000, la media triennale sarà di euro 25.000 e l’incremento agevolabile sarà pari ad euro 25.000, cui, applicando la misura del bonus al 25%, si darà origine ad un credito d’imposta pari ad euro 6.250. Si fa obbligo, comunque, in capo ai beneficiari di realizzare ogni anno


4/ 5 almeno un investimento di 30.000 euro. La norma fissa anche un tetto massimo di godimento annuo dell’agevolazione, stabilito in cinque milioni euro. Quanto all’esatta individuazione della natura della spesa agevolata, è la stessa previsione normativa a stabilire puntualmente gli ambiti operativi della ricerca eligibile. Si tratta, in particolare, di: a) lavori sperimentali o teorici svolti aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette; b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c); c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi

commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo e‘ necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione e' troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida; d) produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Restano escluse le spese sostenute per la modifica ordinaria o periodica apportata a prodotti, linee di produzione e processi di fabbricazione, anche quando tali modifiche rappresentino dei miglioramenti. Ai fini della determinazione del credito spettante si terrà conto delle seguenti spese: − Personale altamente qualificato (dottori di ricerca o con laurea magistrale in discipline tecniche, così come elencate nell’allegato alla norma) impiegato nell’attività di R&S; − Quote di ammortamento delle spese di acquisto o utilizzo per strumenti e attrezzature di laboratorio, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di R&S e con costo unitario non inferiore a 2mila euro; − Contratti di Ricerca stipulati con Università e organismi di ricerca; − Competenze tecniche e privative industriali specifiche. Per le prime tre voci di spesa, precisa la norma, il bonus è riconosciuto nella misura del 50% delle medesime. Va sottolineato che l’indicazione contenuta nella norma – che rappresenta un’ulteriore novità rispetto allo schema

originario – non è al momento del tutto priva di dubbi applicativi. Solo tenendo conto dell’indicazione generale data dal Legislatore, che fissa la misura del bonus nel 25% dell’incremento di spesa, si è portati a ritenere che, nel calcolo della spesa annuale, le prime tre voci di spesa andranno computate per la metà. Se così fosse confermato, però, resterebbe dubbia la modalità di calcolo della media triennale, in cui le medesime spese andrebbero assunte parimenti al 50%, anche se la norma tace al riguardo. Il credito dovrà essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi e non concorrerà alla formazione del reddito né della base imponibile IRAP e sarà utilizzabile esclusivamente in compensazione. In pratica, sarà consentito compensare situazioni debitorie verso diversi enti destinatari dei versamenti unificati. In sostanza, l’utilizzo del bonus ricerca avverrà a scomputo di ogni somma suscettibile di esposizione sul modello di pagamento F24. A vigilare sul corretto utilizzo dell’incentivo tributario sarà l’Agenzia delle entrate. In ogni caso, le spese in R&S rendicontate dovranno essere supportate da apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale, o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale di cui al decreto legislativo n. 39 del 2010. La certificazione delle spese andrà allegata al bilancio. Le spese sostenute per l’attività di certificazione contabile saranno ammissibili al bonus entro il limite massimo di euro 5.000.


P R I M O P IA NO / LE GGE DI ST AB I L I T À

Agevolazioni per nuove assunzioni Opinabile, secondo il consulente del lavoro Alberto Romano, la scelta di abrogare in maniera permanente la Legge 407/90 in favore di un beneficio che, al momento, ha solo un anno di durata

di Raffaella Venerando

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ottor Romano la Legge di Stabilità mira a restituire competitività al sistema produttivo italiano riducendo il costo del lavoro. Ci spiega cosa prevede il bonus per i neoassunti? Nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2014 è stata pubblicata la L. 190/2014, meglio conosciuta come Legge di Stabilità, regolata - come di consueto - in un unico articolo che si snoda in 735 commi. Tra questi, i commi 118 e 119

Alberto Romano Consulente del lavoro

disciplinano una nuova forma di agevolazione per le assunzioni. Si tratta di uno sgravio triennale per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico, decorrenti dal 1° gennaio al 31 dicembre del 2015. L’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche) è previsto per un periodo massimo di trentasei mesi e per un importo massimo di 8.060 euro su base annua, fatta eccezione per i premi INAIL. Chi potrà beneficiarne? Ad avvantaggiarsi di questa nuova modalità agevolativa potranno essere tutti i datori di lavoro privati, a condizione che l’assunzione sia di un soggetto che nei sei mesi precedenti non sia stato occupato a tempo indeterminato presso un altro datore di lavoro e a patto che il lavoratore che si va ad assumere non abbia già usufruito di analogo incentivo per un precedente impiego a tempo indeterminato. L’esonero non è cumulabile con altri sgravi o riduzioni e non spetta ai datori di lavoro che vogliano assumere lavoratori già in forza, nell’ultimo trimestre del 2014, con un contratto a tempo indeterminato presso di loro o presso società controllate/collegate ai sensi dell’articolo 2359 c.c. o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.


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Per i datori di lavoro si amplia la platea dei soggetti per i quali poter godere di un’agevolazione contributiva, ma nel contempo la stessa non potrà essere superiore ad 8.060 euro all’anno per un triennio. Ciò significa che in caso di quota contributiva annua più alta, il datore di lavoro dovrà far fronte direttamente al pagamento dell’eventuale differenza

A quali settori è applicabile il bonus? Il comma 119 prevede che l’agevolazione si applichi anche al settore agricolo, per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato nel periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015, nel limite delle risorse disponibili e solo per quei lavoratori che nell’anno 2014 non risultino occupati a tempo indeterminato o per quelli a tempo determinato che risultino iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non inferiore a 250 nell’anno 2014. I benefici per le nuove assunzioni non hanno carattere strutturale in quanto si riferiscono esclusivamente alle assunzioni avvenute in un arco temporale di dodici mesi compreso fra il 1° gennaio e il 31 dicembre del 2015 e sono inoltre limitati alle risorse previste dal comma 120, riconosciute dall’INPS in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande. Nel caso di insufficienza delle risorse, l’Ente Previdenziale non prenderà in considerazione ulteriori domande.

per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati, sospesi o in CIG da almeno ventiquattro mesi. Tale sgravio era ripetibile, ricorrendone le condizioni, in capo al medesimo lavoratore. Per i datori di lavoro si amplia la platea dei soggetti per i quali poter godere di un’agevolazione contributiva, ma nel contempo la stessa non potrà essere superiore ad 8.060 euro all’anno per un triennio e ciò significa che in caso di quota contributiva annua più alta il datore di lavoro dovrà far fronte direttamente al pagamento dell’eventuale differenza. Inoltre, dal momento che tale beneficio è previsto solo per l’anno 2015, e la L. 407/90 è ormai abrogata, ci si chiede se il fine di «promuovere forme di occupazione stabile», indicato dal Legislatore nella Legge di Stabilità, si esaurisca con l’anno in corso o abbia seguito anche nei prossimi anni. Una domanda che al momento resta in maniera preoccupante senza risposta.

Nelle pieghe del provvedimento c’è però un aspetto non propriamente conveniente per le imprese del Mezzogiorno e per quelle artigiane, una sorta di compensazione punitiva in cambio di uno snellimento normativo. Ma in questo gioco il datore di lavoro vince o perde? È così. A fronte di questa nuova agevolazione, infatti, viene abrogata, in via definitiva, la Legge 407/90 la cui normativa prevedeva un esonero contributivo triennale nella misura del 50% (100% per le imprese operanti nelle zone svantaggiate del Mezzogiorno o per le imprese artigiane) dei contributi previdenziali e assistenziali, premi INAIL compresi, a carico del datore di lavoro

Un ultimo suggerimento per chi intende assumere? Da un punto di vista pratico, è importante che il datore di lavoro si assicuri, prima di procedere all’assunzione, che nei sei mesi antecedenti il lavoratore non abbia avuto alcun rapporto a tempo indeterminato. Oltre a una dichiarazione ex DPR n. 445/2000 da parte dello stesso, credo sia opportuno per i datori di lavoro acquisire, all’atto dell’assunzione, un attestato del Centro per l’Impiego che dimostri l’assenza di rapporti di lavoro a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti. Una cautela questa imprescindibile per non avere poi sorprese amare.


P R I M O P IA NO / LE GGE DI ST AB I L I T À

Degiorgis: «Gli effetti sul fisco? Bastone e carota per i contribuenti» Per Marco Degiorgis, Consulente Patrimoniale Indipendente, poco o nulla di nuovo sotto il sole con la Legge di Stabilità. «Se c’è una agevolazione da un lato, subito spunta un aumento dall’altro» di Raffaella Venerando

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ottor Degiorgis, con l’approvazione della Legge di Stabilità i contribuenti italiani avranno un fisco più leggero? La Legge di Stabilità 2015, approvata due giorni prima di Natale, ha portato alcuni “regali” dal punto di vista della tassazione. Innanzitutto aumenta la tassazione sulla previdenza in generale: sui rendimenti dei fondi pensione, che passa dal 11,50% al 20%, sulla rivalutazione del TFR,

Marco Degiorgis Pianificazione Patrimoniale, Previdenziale e Successoria

dal 11% al 17%, sui rendimenti finanziari delle casse di Previdenza, dal 20% al 26%, sulle polizze vita che passano da 0% a 26%. Secondo molte sentenze dei tribunali italiani e della Corte di Cassazione, le polizze vita sono strumenti assimilabili ai prodotti previdenziali quando hanno due caratteristiche: sono collegati ad un evento inerente la vita umana e prevedono un premio di maggiorazione per decesso all’età dell’assicurato. In pratica assumono la funzione di integrazione del reddito dei superstiti, beneficiari della polizza. La tassazione dei rendimenti di tali polizze era pari a zero, nei confronti dei beneficiari, mentre con la nuova legge sono ora tassati ordinariamente al 26% con in più un effetto retroattivo ai rendimenti del 2014. Rimangono, per il momento, escluse dall’asse ereditario, e quindi esenti da imposte di successione o donazione, ma non credo che questo vantaggio resterà ancora per molto tempo, considerando la media europea in tema di imposte di successione molto più elevata rispetto all’Italia e l’assenza o la scarsa presenza in Europa di esclusioni e franchigie. Ricordo che da noi la franchigia è di 1 milione di euro per erede. Anche l’aumento della tassazione sui fondi pensione li rende meno appetibili e convenienti per i pensionandi. Considerando anche la scarsa trasparenza sulle gestioni dei medesimi e i rendimenti non esattamente brillanti, viene da pensare se esistono alternative per costruire un reddito supplementare da utilizzare al momento della pensione. E sul TFR? Investirlo in strumenti a carattere


8/ 9 previdenziale rimane un investimento utile ad integrare la pensione? Non esattamente. Con la nuova legge viene data la possibilità ai lavoratori del settore privato (escluso quello agricolo e domestico) di incassare quanto versato e inoltre di ricevere in busta paga l’importo che l’azienda dovrebbe accantonare. Se queste somme venissero impiegate “cum grano salis” ed investite correttamente, potrebbero generare risultati integrativi della pensione molto più soddisfacenti rispetto ai tradizionali strumenti previdenziali, seppur appesantite dalla tassazione che in questo caso diverrebbe ordinaria e non più agevolata (ma sempre meno). Lo Stato sicuramente ci guadagna, perché la tassazione è più elevata, ma forse anche il lavoratore può trarne dei vantaggi, se non fiscali, almeno per quanto riguarda libertà di utilizzo di quanto versato e rendimenti generati nel tempo. Chi aderisce alla previdenza complementare, o versa il TFR alla medesima, è vincolato alle regole in materia pensionistica; difficoltà ad ottenere quanto versato se non per casi eccezionali, conversione in rendita almeno del 50% del versato (non viene restituito tutto il capitale a scadenza), e tabelle di conversione in rendita applicate dalle compagnie assicuratrici o dai fondi pensione, che pareggiano la rendita annuale con quanto versato mediamente dopo 18 anni (65+18=83 anni). Se il pensionato vive oltre, inizia a guadagnare qualcosa. Altrimenti, ci guadagna la compagnia o il fondo. Una buona notizia c’è però: è aumentato a 30.000,00 euro l'importo massimo per la deducibilità ai fini IRES delle erogazioni liberali in denaro (effettuate in maniera tracciabile) in favore delle Organizzazioni No Profit di Utilità Sociale, aumentando al 26% la percentuale di detraibilità ai fini IRPEF. C’è pure però il rovescio della medaglia, ovvero la nuova tassazione degli enti non commerciali, di cui fanno parte appunto gli enti No Profit, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato e i trust. In precedenza questi enti avevano una esenzione di imposta del 95%, pagavano quindi le imposte solo sul 5% degli utili distribuiti. Ora invece l’esenzione è ridotta al 22,76% e pagheranno quindi sul 77,24% degli utili. Retroattiva anche questa, a partire dal primo gennaio 2014. In pratica, se prima pagavano 27,5%*5%=1, 375%, ora pagano 27,5%*77,24%=21,24%, che significa un aumento di oltre 15 volte l’imposta. Inoltre, se gli enti hanno dei beneficiari individuati,

l’aliquota sarà quella marginale e quindi mediamente 43% invece del 27,5%, con un ulteriore inasprimento per il contribuente. La ragione del provvedimento è stata motivata con l’equiparazione tra tassazione degli enti non commerciali e quella delle persone fisiche, che appunto pagano mediamente il 43% di aliquota. Però non si comprende la ratio, perché le persone fisiche possono utilizzare gli utili e i dividendi per le finalità che ritengono opportune, mentre gli enti no profit devono reinvestire gli utili per i fini istituzionali e non possono utilizzarli diversamente. Di fatto gli enti no profit reinvestono gli utili in favore dei propri assistiti o dei beneficiari dell’ente, rimettendo in circolo il risultato generato. Quindi perché equipararli alle persone fisiche? E sull’Irap ci sono miglioramenti in vista? La retroattività non si applica allo sconto sull’Irap di imprese e professionisti, che decorre dal 2015. Potrà essere scalato interamente il costo dei soli lavoratori a tempo indeterminato, esclusi quindi collaboratori a progetto, collaboratori e tutti i lavoratori assunti con contratti a tempo determinato. Sono esclusi gli enti non commerciali. Ma si tornano però ad applicare le aliquote IRAP del 2013, più elevate rispetto al 2014, aumentando nuovamente dal 3,5% al 3,9% l’aliquota base, questa con effetto retroattivo al 2014. Viene annullato quindi il beneficio concesso lo scorso anno, che non entra in vigore. Chi ha già anticipato, dovrà integrare sulla base della nuova aliquota. Abbiamo scherzato, insomma! Sempre il bastone e la carota, non c’è verso di cambiare. Se c’è una agevolazione da un lato, subito spunta un aumento dall’altro. Ci sarà un credito di imposta in compensazione, aumentato al 10% dell’imposta lorda, per chi non ha dipendenti; è stato introdotto per bilanciare lo svantaggio di non poter utilizzare il taglio IRAP per i dipendenti per chi non ne ha. Il bonus IRPEF di 80 euro in busta paga diventa, da credito d’imposta precedente, una detrazione per l’azienda e diventa strutturale, non più provvisorio. È ovvio che più dipendenti, assunti a tempo indeterminato, ha un’azienda, maggiore sarà il vantaggio fiscale, che però, decorrendo dal 2015, diventerà effettivo solo a partire dai versamenti del 2016. Quindi tocca tirare la cinghia anche per il 2015!


PRI M O P IANO / LE GGE DI ST ABI L I T À

Reverse Charge e Split Payment: scompare l’IVA dalle casse delle imprese A seguito di queste nuove modalità di assolvimento dell’imposta, è prevedibile fin da ora uno scollamento temporale tra l’insorgenza del credito e il suo rimborso, perché non è immaginabile che gli Uffici Finanziari cambino le regole e i tempi delle loro procedure di verifica sostanziale

Marco Fiorentino Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group marcofiorentino@fiorentinoassociati.it

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a Legge di Stabilità 2015 (n. 190/2014) ha apportato rilevanti modifiche alle modalità di assolvimento dell’IVA, attraverso l’estensione del meccanismo del reverse charge ad ulteriori tipologie di operazioni imponibili e l’introduzione del cosiddetto “Split Payment” per le operazioni effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni. Il regime del reverse charge viene esteso al settore energetico, alla grande distribuzione organizzata e all’edilizia e si applica a far data dall’1.1.2015, ad eccezione delle operazioni con la GDO, che invece necessiteranno di apposita autorizzazione UE. Per il settore energetico, andranno in inversione contabile IVA, tra gli altri, i trasferimenti di quote di emissioni di gas ad effetto serra, i certificati relativi al gas e all’energia elettrica, le cessioni di gas e di energia elettrica, mentre per la GDO, il reverse charge riguarderà le cessioni di beni a supermercati, ipermercati e discount. Relativamente al settore edilizio, che rappresenta l’ambito certamente più significativo, è stata introdotta la lettera a) ter all’art. 17 co 6 DPR

633/1972, e quindi vanno in reverse charge le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici. Nella relazione di commento, il Governo ha precisato che tali disposizioni completano il recepimento dell’art. 199 par. 1 lett. a) Direttiva 2006/112/CE, avente intenti di contrasto alle frodi fiscali. Si precisa che il nuovo reverse charge va ad affiancarsi alle altre norme IVA, che già prevedono l’applicazione di tale regime, alle prestazioni di servizi, compresa la manodopera, rese in campo edile da soggetti subappaltatori nei confronti di imprese, che svolgono attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore o di un altro subappaltatore. Ne consegue che, nel settore edilizio si è determinata la coesistenza di due regimi di reverse charge e può essere utile analizzarne le differenze sostanziali. Il nuovo reverse charge non ha limitazioni soggettive circa i destinatari delle prestazioni sensibili: vi rientra


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Stando alla formulazione letterale della norma, ai fini dell’applicazione del nuovo reverse charge, non dovrebbe rilevare il codice attività del prestatore, ma piuttosto l’effettiva natura del servizio reso, a differenza del vecchio reverse charge, dove la qualifica dell’operatore è uno dei suoi presupposti

qualsiasi soggetto passivo IVA nei confronti del quale tali prestazioni sono rese, mentre nel vecchio reverse charge l’applicabilità è limitata solo ad alcuni operatori nell’ambito della catena di lavoro (sostanzialmente gli appaltatori, con espressa esclusione dei cc.dd. “Contraenti Generali”). Il nuovo regime non riguarda soltanto le prestazioni in subappalto, ma tutte le operazioni rese, anche nei confronti dei committenti o dei contraenti generali, a prescindere dal loro settore di attività. Così come per il vecchio reverse charge, anche il nuovo non trova comunque applicazione nel caso di committenti soggetti privati o equiparati (enti non commerciali e similari). Stando alla formulazione letterale della norma, ai fini dell’applicazione del nuovo reverse charge, non dovrebbe rilevare il codice attività del prestatore, ma piuttosto l’effettiva natura del servizio reso, a differenza del vecchio reverse charge, dove la qualifica dell’operatore è uno dei suoi presupposti. Molti rimangono i dubbi, tuttavia, sull’applicazione del nuovo regime.

Mi riferisco, ad esempio, al caso delle commesse cosiddette “chiavi in mano”, con classi di lavori miste (fuori e dentro reverse charge), ovvero alla esatta formulazione degli ambiti merceologici di applicazione, posto che la norma è abbastanza generica, per cui appare auspicabile un intervento di chiarimento organico dell’AGE. Sotto il profilo contabile è noto che il reverse charge pone l’obbligo dell’assolvimento del tributo in capo allo stesso soggetto che ha diritto alla detrazione dell’imposta. Ne consegue che il fornitore emette una fattura senza applicare imposta, con l’annotazione "inversione contabile" e l’acquirente integra la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e la registra sia tra le vendite che tra gli acquisti. Particolare attenzione occorre prestare alle sanzioni per omessa annotazione dell’inversione, che, pur in assenza di danno all’Erario, vanno dal 100% al 200% dell’imposta. Passando allo “Split Payment”, la norma prevede che in tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti

dello Stato ed equiparati, l’IVA sulle vendite, in deroga all’ordinario sistema, è versata non più dal cedente o prestatore, ma dal cessionario o committente. In sostanza, capovolgendo in un certo senso i principi dell’IVA, nelle operazioni con la P.A., il debitore d’imposta ai sensi dell’art. 17 – ter DPR 633 citato, è lo Stato stesso. L’ente pubblico liquida al fornitore solo l’imponibile e versa l’IVA direttamente all’Erario, secondo modalità da definirsi in un decreto ministeriale di prossima emanazione Con la Nota n. 7 del 9 gennaio 2015, il MEF ha affermato che il meccanismo dello Split Payment, si applica alle sole operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, mentre per le operazioni fatturate entro il 31 dicembre 2014 l’IVA dovrà essere assolta secondo le modalità ordinarie. La Nota ha anche chiarito che non sono soggette allo Split Payment le operazioni per i quali l'ente è tenuto agli obblighi di reverse charge, e le prestazioni assoggettate a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito (lavoratori autonomi).


P R I M O P IANO / LE GGE DI ST ABI L I T À La disciplina risulta efficace già dall’1.1.2015 ed è stata svincolata dall’autorizzazione da parte dell’UE. Tuttavia, in caso di mancato consenso, la Legge di Stabilità ha già previsto che le conseguenti minori entrate saranno coperte da un congruo innalzamento della accise. Quest’ultimo inciso consente di introdurre il delicato argomento degli effetti concreti che deriveranno alle imprese con il nuovo reverse charge e lo split payment. Tali istituti, sebbene profondamente diversi tra loro, appaiono in realtà accomunati dal solito unico obiettivo di fondo rappresentato dall’aumento del gettito. Basta poco infatti per comprendere che tutti i soggetti operanti nei nuovi regimi verranno a trovarsi con crediti IVA strutturali, venendo a mancare, in sede di calcolo delle liquidazioni periodiche, tutta l’imposta a debito relativa alle operazioni attive. Ed è per tali ragioni che il Legislatore ha dovuto prevedere la possibilità di richiedere a rimborso l’eccedenza con periodicità annuale e trimestrale ai sensi, rispettivamente, degli artt. 30 comma 3 lett. a) e 38bis comma 2 DPR citato, secondo un decreto attuativo, che disciplinerà le modalità di rimborso prioritario di tali crediti. Ma non credo che tale previsione sia sufficiente a compensare il danno che si creerà. Per un insieme di ragioni anche abbastanza banali. Innanzitutto, recuperare il credito IVA attraverso rimborso, sebbene prioritario o (addirittura) trimestrale, significa dare corso ad una clamorosa burocratizzazione delle attività dell’impresa, che

12 sarà costretta ad aprire tante “pratiche” con l’AGE, quante saranno le esigenze finanziarie che l’IVA non riscossa avrà generato, con quotidiani documenti da fornire, richieste da evadere e chiarimenti da dare. Appare poi facile prevedere uno scollamento temporale tra l’insorgenza del credito ed il suo rimborso, perché non è immaginabile che gli Uffici Finanziari – al di là di ogni proclama politico – cambino le regole ed i tempi delle loro procedure di verifica sostanziale. Non solo, ma mettere in sostanza il diritto allo scomputo dell’IVA acquisti nelle mani dell’AGE, vuol dire attribuire a quest’ultima, in deroga ovviamente alle regole generali, il potere di congelarlo in presenza, ad esempio, di debiti erariali a ruolo, ovvero di dubbi sulla documentazione ricevuta o sulle operazioni effettuate, con un rischio di atteggiamenti arbitrari veramente altissimo. Si creeranno di fatto due macro categorie di imprese: quelle ordinarie, che potranno scomputare come riterranno l’IVA vendite, e quelle, mi si passi il termine, sfigate, che, per lo stesso obiettivo, dovranno combattere praticamente ogni mese: da un lato, per cercare gli smobilizzi finanziari dell’IVA (a costi di mercato) e dall’altro lato per adempiere alle richieste dell’AGE locale. Effetto finale: minore equilibrio finanziario se non peggio (si pensi ad esempio alle imprese di pubblici servizi e forniture) e maggiori costi, sia finanziari che organizzativi. E quest’ultima considerazione si riscontra già nel concreto: molte aziende hanno dovuto rivedere in

Se l’obiettivo era quello di recuperare gettito, perché non si è ritenuto più semplice aumentare direttamente le accise, che sono peraltro trasversali a tutta la platea dei contribuenti, invece di mettere in piedi tutto questo meccanismo contorto, che colpisce solo alcuni? peggio i loro budget economicofinanziari del 2015 e successivi, proprio per tener conto dell’effetto distorsivo di tali norme. Ma se l’obiettivo era quello di recuperare gettito - magari per riprendersi un po’ di denaro dato con le maxi tranches di pagamento degli anni trascorsi - mi domando perché non si sia ritenuto più semplice aumentare direttamente le accise, che sono peraltro trasversali a tutta la platea dei contribuenti, invece di mettere in piedi tutto questo meccanismo contorto, che colpisce solo alcuni ed è foriero di contestazioni. Come pure, se i nuovi regimi sono dipesi anche da superiori ragioni antievasive, mi chiedo perché, anziché migliorare i sistemi di controllo sui “cattivi”, si continua a fare norme che penalizzano intere categorie di imprese e che, alla fine, mai colpiscono gli evasori, che, come noto, sulla violazione della norma, di qualsiasi norma, basano il loro operare. Domande banali, ma le risposte forse non lo sono.


L ' O PI N I O NE

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Un Occidente sotto scacco Gli errori e i passi falsi di un’Europa che non c’è laddove, specie nei Paesi dell’Area Med-Gulf – è necessario far sentire una presenza autorevole contro l'integralismo che pesca nella povertà e nella disperazione. Secondo l’economista Maurizio Guandalini «l’unica arma per non farsi abbattere è l'emancipazione economica diffusa e standard di qualità di vita decenti» di Raffaella Venerando

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rofessore, come commenta la strage compiuta da appartenenti alle milizie islamiche verificatasi di recente a Parigi? Quale secondo lei la causa o le cause di questa nuova ondata di terrore? La reazione “occidentale” all'attacco integralista-terroristico verificatosi in Francia nelle scorse settimane è da copione consolidato. È già iniziato infatti il ballo delle fazioni contrapposte, pro-Islam/anti-Islam, pro-immigrazione/anti-immigrazione: si andrà avanti così fino al prossimo attentato. Uno psicologo buono direbbe: nevrosi e ansia. Paura e depressione. Praticamente il gioco dei fanatici islamici. Se osservate il corso della storia recente non c'è alcuna manifestazione di Autorità da parte dell'Occidente. Lasciate stare le missioni di guerra, reattive, dopo (e prima) l'11 settembre. Quello che manca è un Occidente che, rivendicando propri valori e proprie regole, ne faccia la leva per aprire alle forme più liberali di integrazione. Gli attentatori “francesi” erano segnalati ai servizi segreti d'oltralpe. Risulta difficile capire quindi come mai erano ancora sul territorio francese. È nel dna di un Paese forte e senza paura affermare le proprie leggi e tenere saldo e sott'occhio l'ordine del territorio. L'Autorità, evidente e visibile, fa capire, soprattutto a coloro che vogliono entrare, come in un Paese girano le cose, l’aria che tira. Osservate lo stato di salute di molte periferie francesi, svedesi o italiane. Lì si tocca con mano come l'Occidente abbia realizzato l'integrazione con altre genti e culture. Le periferie cui mi riferisco sono il far west. È come tenere un leone in gabbia

senza mangiare per giorni. Quando alla fine gli apri la porta è uno sfracello di rabbia. Le periferie sono ghetti dove la legge non c'è, luoghi dove risulta facile il reclutamento della criminalità più torva. Il saldo del lavoro delle nostre classi dirigenti è questo, un misto di improvvisazione e sottovalutazione sotto la cappa della paura e del solidarismo di facciata. È un'immagine fragile che ha dato gioco facile a coloro che terrorizzano. E l'Europa, poi, in questo risiko è del tutto scomparsa. Cooperazione e sviluppo con i paesi del Med-Gulf? Ma in pratica, che vuol dire? In Libia, dopo che i raid europei hanno deposto il tiranno Gheddafi, è il caos: due governi che controllano il territorio, sangue, morti. Le primavere del Mediterraneo si sono trasformate in tenebre, notti buie, profonde, sporche. Ed era lì che si doveva far sentire l'Autorità europea, la nostra, che lavorava per quell'Islam moderato che tanti nostri imprenditori toccano con mano facendo business, dai paesi del Golfo fino alla Tunisia. L'integralismo che pesca nella povertà e nella disperazione può essere sconfitto solo con l'emancipazione economica diffusa e soprattutto con standard di qualità di vita decenti. *Guandalini è Editorialista de l’Huffington Post, diretto da Lucia Annunziata e di Metro, quotidiano free press. Ha scritto oltre 20 libri ed è economista della Fondazione Istud. Collegato al tema dell’Islam, a fine febbraio, a cura di Guandalini e del professor Victor Uckmar uscirà il libro «GULF&MED. Il mercato, gli investimenti e la finanza islamica. Hub Italia business per la crescita» (edizioni Mondadori Università)


L ' O P I N I ONE

Cattaneo: «Il 2015? Un altro anno senza crescita» Per uscire dalla crisi, l’economista Marco Cattaneo propone di ricorrere alla “moneta fiscale” con cui i singoli Paesi potrebbero rilanciare le proprie economie senza emettere debito in euro e sostegni da parte della BCE. Il tutto, senza una rottura deflagrante della moneta unica, perché quella fiscale si affiancherebbe all’euro, senza conversioni forzate di stipendi, pensioni, crediti, titoli o altro di Raffaella Venerando

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ottor Cattaneo, partiamo dalle ultime mosse di Draghi e della BCE per rilanciare la ripresa economia dell’Eurozona: ABS e Quantitative Easing. Quale delle due – per modalità e finalità – la convince di più? Nessuna delle due mi convince, purtroppo. Entrambe sono finalizzate a immettere risorse nel sistema bancario e nei mercati finanziari, che non si tradurranno in maggior potere d’acquisto per l’economia produttiva. Stiamo vivendo una profonda crisi di domanda che non è risolvibile in assenza di massicci stimoli di natura keynesiana. Serve un forte sostegno alla spesa, privata

Marco Cattaneo Economista

(via principalmente minori tasse) e/o pubblica. Le azioni varate dalla BCE non contribuiscono a questo. L’unica leva attualmente in azione che può dare un contributo apprezzabile all’andamento dell’economia reale nell’Eurozona è la svalutazione del cambio nei confronti del dollaro. Nelle scorse settimane l’euro ha chiuso a 1,12, contro l’1,33 medio del 2014. Nel caso dell’Italia, questo dà un contributo apprezzabile, anche se parziale perché il nostro interscambio avviene solo per metà nei confronti di paesi al di fuori dell’area euro. Si unisce, peraltro, a un ulteriore vantaggio dovuto al forte calo del prezzo del petrolio. Nei prossimi mesi sarà interessante valutare l’impatto di queste variabili. Per modificare sostanzialmente il quadro della situazione, comunque, la svalutazione dell’euro dovrebbe essere ancora più accentuata e protrarsi per almeno un paio d’anni. Fermo restando che i difetti strutturali dell’eurosistema resterebbero irrisolti, e che una pesante sottovalutazione dell’euro non può essere accettata all’infinito dagli USA e dal resto del mondo. Restando in tema, nella querelle tra Mario Draghi e Angela Merkel da che parte sta e perché? Per la verità, Angela Merkel non è parte della querelle in quanto rispetta il principio dell’indipendenza della BCE dai governi. Almeno formalmente. La controparte di Draghi in questo dibattito è Jens Weidmann, il capo della Bundesbank. La mia posizione è che, semplicemente, Draghi ha spinto per ABS e QE sperando che svolgano un’azione di stimolo dell’economia mentre Weidmann teme che creino distorsioni e inflazione. Hanno torto entrambi. Se le risorse non vengono indirizzate all’economia reale,


14/ 15 queste manovre incidono poco o nulla, sia sull’attività produttiva che sull’inflazione. Lei ritiene che l’Eurozona non sia più sostenibile. Perché? È ormai a fine corsa la sopravvivenza dell’euro? Con i vincoli che l’eurosistema impone ai bilanci pubblici dei singoli stati, per l’Eurozona è impossibile recuperare i danni prodotti da una crisi economica che dura ormai da più di sei anni. La situazione è risolvibile a livello politico, ma l’intransigenza tedesca non pare attenuarsi. Senza una totale revisione di questi meccanismi di funzionamento, l’Eurozona rimarrà in una situazione di stagnazione ed alta disoccupazione per un periodo di tempo imprecisato. Detto questo, tecnicamente l’euro può sopravvivere perché la BCE può sempre evitare lo scatenarsi di una crisi finanziaria, di un attacco speculativo ai titoli dei paesi in difficoltà, garantendoli (di fatto) grazie alla sua potestà di emettere moneta. Tuttavia, le tensioni sociali e politiche sono in crescita in tutti i paesi periferici dell’Eurozona. É questo che fa dubitare che il sistema sopravviva nella forma attuale. Se si applicasse il Fiscal Compact quali miglioramenti sarebbero realmente possibili? Il tentativo di applicare il Fiscal Compact sarebbe un’altra sciagura. Il Fiscal Compact comporta ulteriori politiche restrittive da mettere in atto da parte dei paesi che non riescono a centrare i vincoli di bilancio e di riduzione dei debiti pubblici previsti dall’eurosistema. Azioni di questo tipo inasprirebbero ulteriormente la crisi, senza peraltro fare nulla di positivo per riequilibrare i parametri di finanza pubblica. La caduta di PIL e occupazione, al contrario, peggiorerebbe l’incidenza del debito pubblico sul PIL. In realtà, il Fiscal Compact è un trattato, nei fatti, già decaduto. Una soluzione per salvare l’Eurozona per lei è il “progetto Moneta Fiscale”. Ci spiega cos’è? É l’introduzione, da parte di tutti i paesi in difficoltà, di una moneta nazionale utilizzabile per pagare tasse e, in generale, ogni tipo di obbligazione finanziaria verso l’amministrazione pubblica. La Moneta Fiscale può essere utilizzata per aumentare la spesa e per diminuire il carico fiscale che grava sulle varie economie. Quali sarebbero i vantaggi? I singoli paesi possono in questo modo rilanciare le loro economie senza emettere debito in euro e senza ricorrere a sostegni da parte della BCE. Le azioni di sostegno della spesa e di riduzione della fiscalità verrebbero

attuate emettendo Moneta Fiscale. Ne seguirebbe una rapida ripresa in quanto si risolverebbe l’origine della crisi, la mancanza di potere d’acquisto in circolazione e la conseguente carenza di domanda. Il tutto, senza una rottura deflagrante della moneta unica, perché la Moneta Fiscale si affiancherebbe all’euro, senza conversioni forzate di stipendi, pensioni, crediti, titoli o altro. Ma questa sua proposta non entra in contrasto con l’attribuzione del monopolio dell’emissione alla BCE? Il trattato di Maastricht (articolo 105, comma 2) precisa che banconote e monete metalliche possono essere emesse solo dalla BCE, o su sua autorizzazione. Ma la Moneta Fiscale sarebbe costituita da titoli statali e circolerebbe in forma elettronica e dematerializzata: non c’è necessità di emettere monete e banconote. Detto questo, la conformità ai trattati è, paradossalmente, un problema di importanza secondaria, in quanto il sistema dei trattati che governano l’Eurozona (vedi quanto detto sopra per il Fiscal Compact) è ormai, nel suo complesso, inapplicabile. A marzo la UE dovrà pronunciarsi sulla Legge di Stabilità 2015. C’è da preoccuparsi sul responso anche alla luce dei nuovi meccanismi di valutazione? In ogni caso qual è il suo giudizio su questa finanziaria? La definirei una “finanziaria di traccheggiamento”. Il governo Renzi ha cercato di evitare un ulteriore inasprimento dei vincoli di bilancio, e tutto il dibattito con la UE riguarda, in effetti, pochi decimi di punto di tagli di spese o di maggiore tassazione che l’Italia forse riuscirà a evitare, o forse no. Meglio il primo caso del secondo, ovviamente, ma la sostanza cambia ben poco. Il 2015 sarà un altro anno senza crescita, con ulteriori fallimenti di aziende e crescita della disoccupazione. L’unica variabile che può modificare questa situazione – tutta ancora da valutare nell’entità, negli impatti e nei tempi di ricaduta, peraltro – è la svalutazione dell’euro. Quale dovrebbe essere la priorità del Governo italiano? La revisione completa dell’architettura dell’Eurozona. Da concordare con i partner se è possibile, altrimenti da attuare in modo unilaterale. Il progetto Moneta Fiscale ha le caratteristiche per essere la strada da percorrere, in quanto non “spacca” la moneta unica ma si pone in affiancamento ad essa, ed è applicabile in modo da conciliare la ripresa dell’economia con la tutela della stabilità finanziaria e dei diritti dei creditori.


FO C U S

Dove va il trasporto marittimo? Per il 2015 opportunità di crescita in vista sia per gli scali di transhipment, sia per alcuni porti di destinazione finale del nostro Paese

Alessandro Panaro Responsabile Infrastrutture e Logistica SRM

É

da poco uscito il n. 2-2014 dei Maritime Indicators; si tratta della rivista statistica congiunturale di SRM che, con il supporto di dati e indicatori di settore, traccia il punto della situazione sull’economia dei trasporti marittimi

e la logistica nel nostro Paese. Alcuni tra gli indicatori presi in considerazione sono: l’import-export marittimo, il traffico portuale, la natimortalità delle imprese. Interessante l’analisi suddivisa per

Italia: traffico di merci per modo di trasporto in % / Fonte: Srm su dati Istat


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Traffico merci movimentate dai porti dell'UE 28 / Fonte: Srm su dati Eurostat macro aree territoriali. La logistica marittima è un settore di importanza strategica con un impatto sul nostro commercio estero di circa 230 miliardi di euro e un traffico portuale che muove quasi mezzo miliardo di tonnellate di merci movimentate. Il trasporto marittimo nel corso del 2014 è stato sostenuto da una ripresa del commercio internazionale, ma si rileva, come negli anni precedenti, che tale incremento non ha comportato per gran parte delle imprese del settore un aumento della redditività, gravata da una economia globale ancora fragile e dalla generalizzata situazione di oversupply: l’aumento percentuale dell’offerta di stiva continua ad essere maggiore rispetto alla crescita della domanda di trasporto, per tutte le categorie di merci. Entrando nel dettaglio dell’andamento dei singoli segmenti del trasporto marittimo, nel secondo semestre del 2014, due sono i fenomeni che si sono affermati con forza nel trasporto dei container: le grandi alleanze e l’orientamento al

rinnovo della flotta che a sua volta conferma la tendenza al gigantismo navale. I carrier stanno sperimentando che, riducendo il costo unitario di trasporto di ogni singolo TEU imbarcato, possono compensare il calo unitario dei ricavi conseguente a un mercato dei noli ancora piuttosto depresso. La configurazione del comparto del trasporto marittimo containerizzato è, quindi, sempre più legata alle strategie poste in essere dai grandi consorzi e dalle alleanze che stanno nascendo soprattutto sulle rotte est – ovest, che anche nel corso del 2014 hanno risentito della sovraccapacità dell’offerta. Secondo Alphaliner, le nuove alleanze armatoriali 2M, costituita da Maersk Line e da Mediterranean Shipping Company (MSC), e Ocean Three, formata da CMA CGM, China Shipping Container Lines (CSCL) e United Arab Shipping Company, immetteranno ulteriore capacità pari a 14.000 TEU alla settimana nei servizi programmati per collegare l'Estremo Oriente con

il Mediterraneo, con un incremento dell’11% rispetto alla fine del 2013. La maggior crescita di capacità della flotte portacontainer sarà registrata dai servizi per il Mar Adriatico e il Mar Nero, regioni per le quali le due alleanze hanno previsto l'inaugurazione di nuove linee. Tale aumento della capacità di carico, contrariamente a quanto auspicato dalle compagnie armatoriali, rischia di ribaltare il rapporto tra domanda e offerta mettendo a rischio la precaria ripresa del livello dei noli. In realtà, secondo l’Outlook di Drewry Shipping Consultants, nel 2015 i volumi trasportati sulle principali rotte navali dovrebbero crescere del 5,5%; la direttrice Asia-Nord Europa dovrebbe, da sola, crescere del 3,5%. La crescita della domanda in questo segmento di mercato si accompagna ad un forte aumento anche dell’offerta perché, sempre alla ricerca del conseguimento delle economie di scala per il contenimento dei costi, i grandi carrier continuano ad ordinare navi giganti.


FO C U S

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Se a settembre 2014 Alphaliner aveva per la prima volta previsto che entro il 2016, sulla base degli ordinativi in essere, la svizzera MSC sarebbe diventata l’azienda leader del comparto, dopo qualche giorno la Maersk Line (che attualmente detiene il primato) ha annunciato un investimento di 3 mld di dollari all’anno per il periodo 2015-2019 per finanziare i propri programmi di sviluppo della flotta, ovvero 30 Triple-E. Nel frattempo, in base alle previsioni dell’OSC, i cantieri coreani sono ormai pronti per costruire navi da 24.000 TEU, ovvero 5mila TEU più grandi rispetto a quelle da 19.000 TEU appena entrate in esercizio. Drewry Maritime Research, in un approfondimento sul settore intitolato "How carrier can make money", ha realizzato un’analisi

approfondita dei conti dei principali liner sottolineando che, come risulta dalle ultime trimestrali pubblicate, sono sempre di più quelli che sono tornati a guadagnare (da 5 a 10 nella classifica delle top 25 compagnie tra il primo e il secondo trimestre del 2014). Un altro elemento che, secondo gli analisti di Drewry, i carrier devono considerare per contenere i costi operativi dopo la tregua concessa negli ultimi tempi è il costo del bunker. In media il costo d’esercizio per TEU trasportato è salito dai 1.240 dollari del 2010 ai 1.327 del 2011 (+7%), soprattutto per un rincaro del 40% del bunkeraggio navale. Dal 2012 in poi, però, questo coefficiente è calato mediamente del 7% all’anno per tutte le compagnie di navigazione, ma non è possibile sperare in un’ulteriore flessione del prezzo del bunker del

carburante. Anzi, è semmai più probabile che aumentino gli oneri legati all’introduzione delle nuove normative in tema di sostenibilità ambientale (vedi zone ECA-Emission Control Areas). In Italia, in base ai dati disponibili, il traffico containerizzato nel 2014 si conferma sostanzialmente stabile. Con riferimento ai porti hub, per i primi 9 mesi dell’anno, Gioia Tauro ha movimentato meno di 2,3 milioni di TEU (-1,5%), Cagliari 471 mila (+1,1%) e Taranto 143mila (-3,7%). Per gli scali di transhipment, ma anche per alcuni porti di destinazione finale del nostro Paese, si aprono comunque delle importanti opportunità di crescita in quanto rientrano nei network di servizi di linea definiti dalle grandi alleanze. Per approfondire: www.srm-maritimeconomy.com

Principali aree di riferimento dell'import-export marittimo italiano / Fonte: Srm su dati Istat


C O N F I N D US TRIA

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Welcome Day, Confindustria dà il benvenuto ai nuovi soci di Gaia Longobardi Ufficio Studi e Comunicazione Confindustria Salerno

ph. Vito Salerno

L

Gli invitati al Welcome Day del 23 Gennaio 2015 o scorso 23 gennaio il Presidente Mauro Maccauro ha dato il benvenuto alle nuove Bcc Monte Pruno Di Roscigno e Di Laurino Sant'Arsenio Raccolta risparmio ed aziende associate a Confindustria Salerno, esercizio credito / Bst Consulting Salerno Associazione professionale consulenza illustrando le iniziative messe in campo e le linee alle imprese / Card Project S.r.l. Fisciano Sviluppo di sistemi operativi per smart programmatiche per il 2015, oltre a presentare card e di applicativi connessi alla produzione ed all'utilizzo delle smart card / loro attività e servizi. Il W-Day, giunto al nono Cesarmarine S.r.l. Salerno Commercio imbarcazioni e motori marini, assistenza tecnica / De Chiara F.lli S.r.l. Salerno Produzione porte interne ed infissi in legno appuntamento, si è rivelato anche un’importante / Del. Nas. Snc Scafati Servizi di consulenza ambientale ed agroalimentare / occasione per le imprese salernitane di conoscersi Easytech Closures Solutions Spa Fisciano Produzione coperchi easy open / reciprocamente, presentare la propria azienda e Eproinn S.r.l. Fisciano Produzione kit solare per ibridizzazione veicoli / Gefina Broker Salerno Broker assicurativo / Lamberti Design S.r.l. Cava De' Tirreni verificare possibilità di business e partnership. Arredi in metallo / Lloyd's Baia Hotel S.r.l. Salerno Albergo / Openjobmetis Spa Durante il suo intervento, Maccauro ha sottoliAg. di Angri Agenzia per il lavoro / Orakom S.r.l. Battipaglia Telecomunicazioni / neato che in un quadro storico di trasformazione Pontili Ventura Di Ventura A. & S. Snc Salerno Ormeggio imbarcazioni da diporto dei modelli economici e relazionali tra i vari / Seen Solution S.r.l. Salerno Conservazione elettronica documenti a lungo termine - consulenza ict / Sip & T S.p.a. Baronissi Costruzione di attrezzature ed attori dello sviluppo il ruolo delle associazioni utensili per la perforazione del sottosuolo / Stratego Comunicazione S.r.l. Salerno di categoria assume una valenza fondamentale Marketing e comunicazione, progettazione di applicativi e soluzioni software, per contribuire ad attivare dinamiche virtuose portali web, consulenza e trasf. tecnologico / Tenuta Dei Normanni - Playgarden di crescita. «Confindustria Salerno – ha detto S.r.l. Salerno Location per ricevimenti, eventi / Tortora Vittorio S.r.l. Nocera Inf. Trasporto e smaltimento rifiuti - bonifiche ambientali / Zarrella S.r.l. Nocera Inf. Maccauro – nel corso degli ultimi anni si è posta Lavorazione e commercio prodotti siderurgici / Cilento Incoming Soc. Cons. A.r.l. l’obiettivo di mettere in campo proposte concrete Capaccio Agenzia di viaggi - tour operator / Eurocarni S.a.s. di Fezza Tommaso tese ad innalzare i livelli di competitività delle & C. Pagani Produzione di salumi / F.lli Santonicola S.n.c. Siano Autocarrozzeria industriale / Fo.sa.pa. S.r.l. Teggiano Formazione professionale - editoria / Gi. Ma. imprese del territorio. S. S.r.l. Pagani Produzione imballaggi in legno / Glocal S.r.l. Fisciano Formazione È in questo contesto di riferimento che si e consulenza aziendale / La Maida Annunziata Atena Lucana Produzione tubi in collocano i servizi ed il supporto operativo che pvc / Magicomar Di Feola Luigia & C. S.a.s. Ascea Albergo 4 stelle / Manifatture l’Associazione offre quotidianamente agli iscritti Tessili Prete S.r.l. Scafati Tessiture in lino, canapa, cotone / Milite Group S.r.l. Unipersonale Battipaglia Consulenza e servizi per ecommerce e marketing / con la consapevolezza che la diffusione di una Motta S.p.a. Battipaglia Logistica e servizi / San Giorgio S.p.a. Castel San Giorgio cultura d’impresa sempre più adeguata alle sfide Prodotti di pasticceria e rosticceria surgelati / Scatolificio Salernitano Srl Mercato da vincere su scala globale resta il valore principaSan Severino Lavorazione banda stagnata le del sistema confindustriale».


C O N F I N DUS TRIA

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Fattore Innovazione I Giovani Imprenditori di Salerno si cimentano sul tema per chiarirlo, approfondirlo, diffonderlo di Francesco Serravalle / Direttivo GI Delegato Premio BP per l’Innovazione di Confindustria Salerno e Dino Mercurio / Direttivo GI

S

tart up, innovazione, venture capital, business angel e altri ancora, sono termini entrati con forza nel nostro linguaggio quotidiano. Ma ne comprendiamo il reale significato e soprattutto siamo coscienti, come imprenditori, della loro rilevanza nell’attuale scenario economico e di quanto essi possano servire per aiutarci nella ripresa economica? A questi interrogativi, insieme ad altri appassionati giovani colleghi imprenditori, abbiamo provato a rispondere a partire da questo articolo, cui ne seguiranno altri. La sensazione, infatti, è che si parli molto spesso di questi argomenti senza cognizione di causa o, peggio ancora, per “moda”. Sono passati più di dieci anni da quando Mark Zuckerberg ha sdoganato i “nerd” portandoli alla ribalta e trasformando la figura dello startupper dell’era digitale in qualcosa cui ambire e che riceve anche considerevole attenzione da parte dei media. Non ce ne vogliano i calciatori, categoria rispettabile, ma questo è sicuramente positivo! Infatti l’interesse verso il mondo delle start up e dei startupper che, permettetemi la forzatura altro non

sono che dei “proto-imprenditori”, è un messaggio importante di riscoperta di alcuni valori fondamentali per la nostra ripresa sociale ed economica: merito, competenza e “intraprenditorialità”. Questi i valori che animano anche il movimento dei Giovani Imprenditori, confermati nell’Assise tenutasi a Firenze nel febbraio 2014. Ma cosa significa in senso stretto innovare? Partendo dall’etimologia del termine, l’innovazione può descrivere tre processi. Il primo è quello classico, cioè del “fare nuovo”, realizzare qualcosa che prima non c’era; il secondo è “rinnovare qualcosa di obsoleto”, apportare quindi modifiche o correzioni a prodotti o processi già esistenti. Terzo e ultimo è “alterare l’ordine delle cose”. In un’accezione più ampia comunque un’innovazione è tutto ciò che implica un cambiamento, un aggiornamento, un adattamento. L’impresa che ha più possibilità di crescere oggi è soprattutto quella che riesce ad essere dinamica sui mercati, quella che risponde prontamente ad esigenze interne ed esterne, quella meno resistente ai cambiamenti e più pronta a mutare

asset e politiche in base ai contesti. Fino a qualche decennio fa erano le stesse aziende ad essere i principali attori nel campo dell’innovazione. Adesso, invece, sono all’ordine del giorno storie come quella di Nick D’Alosio, quindicenne residente a Wimbledon, che nel 2011 crea Summly. Summly è una App che riassume in 400 caratteri le notizie web e seleziona quelle più rilevanti per l’utente. Il 25 marzo ‘13 Yahoo! acquista Summly per 30 milioni di euro. Oggi, infatti, è possibile con risorse ben razionate creare applicazioni, progettare nuovi prodotti, informatizzare e ottimizzare processi, condividendo informazioni attraverso la Rete. Le idee possono viaggiare via web nel globo alla ricerca di chi può e vuole svilupparle, acquisirle o semplicemente investire su di esse. Come Giovani Imprenditori, e grazie a Costozero, reputiamo importante avere da oggi, con questo primo approfondimento cui seguiranno degli altri, una finestra aperta sul mondo dell’innovazione che possa aiutarci a diffondere contenuti di interesse sul tema.


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Salerno-Milano, la giusta chimica Un accordo tra la Territoriale di Confindustria e Federchimica per rendere disponibili alle imprese socie strumenti e conoscenze qualificate Cesare Puccioni Presidente Federchimica

di Mariarosaria Zappile Area Ambiente Confindustria Salerno

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na sinergia importante, rinsaldata dall’Accordo del 2 dicembre scorso, quella tra Confindustria Salerno e Federchimica (Federazione nazionale dell’Industria chimica) grazie alla quale si potranno realizzare diverse iniziative tese a incrementare il bagaglio di conoscenze in tema di sostanze chimiche. Più in dettaglio, Confindustria Salerno e Federchimica hanno sottoscritto il proprio impegno a: - a garantire ai propri Iscritti strumenti gestionali e opportunità di informazioni specifiche e di formazione manageriale, realizzare iniziative informative e formative sui “REACH”, “CLP”, Schede Dati Sicurezza, Biocidi e ADR; • accompagnare le Imprese nella soluzione di problematiche aziendali sui richiamati argomenti; • sperimentare e favorire forme di autocontrollo dell’Impresa, inizialmente e in via sperimentale, guidate e supportate da strumenti quali “Check List”, e momenti di confronto e approfondimento con le Autorità Competenti, Nazionali, regionali e Locali, per favorire la gestione autonoma degli adempimenti previsti dalle norme vigenti. La collaborazione – si legge nell’intesa - si realizzerà con

l’impegno di Confindustria Salerno e Federchimica in termini organizzativi e di risorse professionali dedicate. Nello specifico, Confindustria Salerno metterà a disposizione le proprie competenze e le relazioni con le Istituzioni del territorio e con le imprese associate, rendendosi disponibile ad organizzare incontri collettivi e individuali, sia offrendosi come location, sia garantendo il supporto competente di una figura professionale dedicata. Dal canto suo, Federchimica metterà a disposizione il proprio know how, tramite Esperti, che, in qualità di Docenti o Relatori, prenderanno parte ai Corsi di Formazione e ai Seminari di Aggiornamento realizzati in favore degli Iscritti, assicurando il massimo sostegno alle Imprese iscritte alla Territoriale salernitana nella gestione degli adempimenti di cui alla norma di settore vigente, per il tramite di Confindustria Salerno. L’Accordo, nei fatti, sarà reso operativo da una specifica task force mista Confindustria Salerno, Federchimica e Centro Reach Srl. «Con l’Accordo sottoscritto il 2 dicembre scorso - ha dichiarato il Presidente di Confindustria Salerno Mauro Maccauro - la nostra Associazione e Federchimica hanno condiviso

l’opportunità di una maggiore integrazione tra le due Associazioni al fine di offrire ai propri Soci più frequenti e qualificate occasioni di aggiornamento in materia. L’obiettivo che ci si pone con ambizione è quello di rafforzare sempre più una relazione tra le parti che possa nel tempo essere foriera, in campo chimico, di quelle conoscenze scientifiche e tecnologiche elevate, indispensabili alle aziende per sviluppare progetti innovativi utili anche per aumentare il livello di competitività». «Sono convinto che l'Accordo di Cooperazione che Federchimica ha recentemente firmato con Confindustria Salerno - ha confermato Cesare Puccioni, Presidente di Federchimica - possa valorizzare le competenze scientifiche e le esperienze industriali della filiera chimica presente nel territorio salernitano. Federchimica infatti ha avviato dallo scorso anno il Programma “Dall'applicazione delle norme alla generazione del business”, proprio per dimostrare come la responsabilità sociale delle Imprese nella gestione dei chemicals possa rendere disponibili agli utilizzatori a valle, prodotti e servizi innovativi che contribuiscano allo sviluppo sostenibile di Salerno e della Campania».


CO N F I N D US TRIA

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Lavoratori sani e sicuri: arriva il Bando ISI Le domande potranno essere inviate a partire dal 3 marzo. I finanziamenti saranno poi assegnati fino a esaurimento, secondo l’ordine cronologico di arrivo delle stesse. Il contributo a fondo perduto va da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 130.000 euro di Marcella Anzolin Servizi alle Imprese Confindustria Salerno

L’

INAIL investe sempre più sulle aziende che intendono migliorare i livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Annualmente infatti pubblica diversi bandi finalizzati ad incentivare le imprese “virtuose”, o che provano ad esserlo migliorando gli ambienti di lavoro, adottando modelli organizzativi e di responsabilità sociale, adeguando gli impianti e i macchinari, o semplicemente sensibilizzando e/o formando i propri dipendenti sui rischi legati all’attività lavorativa. A dicembre 2014 l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ha pubblicato il Bando ISI 2014 (Incentivi di Sostegno alle Imprese), destinato alle aziende, anche individuali, iscritte alla Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura, stanziando ben 267.427.404 euro per il territorio nazionale e 22.217.919 euro per la sola regione Campania. Le domande

Bando ISI 2010 ISI 2011 ISI 2012 ISI 2013

Progetti Investimento 11 60 54 154

Tabella_1 / Fonte Inail potranno essere inviate a partire dal 3 marzo. I finanziamenti saranno poi assegnati fino a esaurimento, secondo l’ordine cronologico di arrivo delle stesse. Il contributo a fondo perduto pari al 65% delle spese ammesse al netto dell’IVA - va da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 130.000 euro. Per le aziende che hanno meno di 50 dipendenti e che intendono adottare modelli organizzativi e di responsabilità sociale il limite minimo non è fissato.

Tabella_2 / Fonte Inail

ANNO ISI 2010 ISI 2011 ISI 2012 ISI 2013 ISI 2014

ITALIA € 60.000.000,00 € 205.000.000,00 € 155.000.000,00 € 307.000.000,00 € 267.427.404,00

Progetti su sistemi di gestione 3 9 19 7

CAMPANIA SALERNO € 5.000.000,00 € 600.000 € 18.000.000,00 € 4.100.000 € 14.000.000,00 € 4.000.000 € 27.600.000,00 € 22.217.919,00

Il Bando ISI, giunto alla quinta annualità, ha visto dal 2010 al 2013 la partecipazione in Campania di circa 320 aziende impegnate su progetti di investimento, adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale, progetti di adeguamento alle norme o sostituzione di attrezzature. Il coinvolgimento delle aziende salernitane è cresciuto in maniera esponenziale, come si evince dalla tabella 1 relativa ai progetti presentati. Per quanto riguarda invece lo stanziamento di risorse, la tabella 2 riporta la distribuzione territoriale nei diversi anni. Maggiori informazioni alla sezione Sicurezza sul lavoro > Incentivi per la sicurezza > Bando Isi 2014 del sito www.inail.it. Per chiarimenti è possibile rivolgersi al Contact Center INAIL al numero verde 803.164 oppure alla Sede INAIL in Via De Leo 12, Salerno.


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S TR A TE GIE D ’ IM PRE S A

Sabox, il buon esempio sia contagioso Per il quinto anno consecutivo, l'azienda ha aderito alla stesura del bilancio sociale per rendere conto delle sue performances - economiche, ambientali e sociali - agli stakeholder di Raffaella Venerando

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osa fa di un’azienda una buona azienda? Rispondere a questo quesito non è semplice, specie oggi alla luce di un contesto ambientale per le imprese sempre più fitto di connessioni sociali e politiche. I fattori sono tanti, ma di certo lo share value non può più essere il solo metro di valutazione. Occorrono più numeri e a più livelli. È senz’altro buona la Sabox, azienda di Nocera Superiore, specializzata nella produzione e progettazione di packaging in cartone ondulato per il settore conserviero-pastaio, con una vasta gamma di prodotti personalizzati e di alta qualità. Per il quinto anno consecutivo, infatti, la Sabox ha aderito alla stesura del bilancio sociale per rendere conto delle sue performances - economiche, ambientali e sociali - agli stakeholder, volontariamente informati quindi su quanto realizzato, con quali risorse e strumenti e con quali risultati, come ci ha raccontato Massimo Lombardi, Business Development Manager Sabox: «Oggi la società

civile è molto attenta all’operato imprenditoriale, il cui impegno anche etico non può più essere accessorio. Anzi. Diventa, quindi, di fondamentale importanza l’attività che un’impresa dedica al mantenimento delle relazioni con l’esterno: lo sviluppo di relazioni positive con gli stakeholders può diventare un elemento di valore aggiunto per l’impresa che, nel tempo, può generare un vero e proprio cambiamento di mentalità nel concepire l’azienda come un agente positivo, qualificata e qualificante per il territorio in cui opera. Il Bilancio 2014 è stato per noi poi di particolare valore poiché in esso abbiamo raccontato come è nata la Rete per il Packaging Sostenibile 100% Campania. Non solo abbiamo retto all’urto della crisi, quindi, ma ci siamo spinti oltre. La Rete è composta da aziende campane tutte operanti nella filiera della carta con circa 200 milioni di fatturato e oltre 400 dipendenti che hanno unito risorse e competenze per innovare e gestire su base territoriale la raccolta delle materie prime seconde necessarie

alla produzione di packaging ed altri prodotti, attuando compiutamente il principio del riciclo di prossimità». La Sabox dal 2004 è impegnata a seminare bene attraverso quelle che potrebbero essere considerate piccole scelte di comportamento collaterale, in grado davvero di fare la differenza, ma che a ben guardare sono tratti di una personalità e di uno standing aziendale di assoluta coerenza. Ne è prova la ormai rodata collaborazione con la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, continuata come partner ambientale con Formaperta che opera attivamente all’interno degli eventi Slow Food (Salone del Gusto e Terra Madre, Slow Fish, Cheese, Leguminosa) in qualità di progettista e fornitore. Pubblicare il Bilancio Sociale per la Sabox, quindi, anche quest’anno non è stato solo un fatto, scontato, di “carte”, ma l’esempio di come - pur nelle difficoltà chi crea vero valore - non si ferma per non restare indietro.


S TR A TE GIE D ’ IM PRE S A

Cerrato Chiusure Metalliche, un saldo bene di famiglia L’azienda, leader nel settore è una realtà cresciuta forte e sana perché, di generazione in generazione, ha saputo organizzarsi in maniera sempre più efficiente, impiantando nuovi macchinari e tessendo una rete commerciale capillare che attualmente copre quasi tutta la penisola e che la rende prima nel Centro e Sud Italia per fatturato e volumi di Raffaella Venerando

C’

era un fabbro, una bottega e un desiderio di famiglia. Comincia così, più di cento anni fa, la storia dei Cerrato: il nonno Carmine, piccolo artigiano abilissimo nel forgiare il ferro,

imprime a fuoco nel destino dei suoi due figli - Mario e Antonio la passione per quel mestiere che unisce in sé l’anima di chi lavora con le mani a quella di chi inventa con la testa. Negli anni ’70 i

due fratelli cominciano poi con lo sviluppare quell’attività paterna su scala più ampia, rendendo industriale un’esperienza ricevuta in dote. Da questo momento, i Cerrato


24/ 25 iniziano a produrre nello stabilimento di Montecorvino Pugliano chiusure metalliche di ogni genere, servendo un mercato locale che passa per la Campania, la Basilicata e il basso Lazio. A guardare i padri all’opera ci sono anche Giovanni e Orlando, la terza generazione. I due, giovanissimi, entrati in azienda intorno al 1994 per imparare, oggi ne sono amministratori con netta divisione dei ruoli: Giovanni si interessa di tutto quanto attiene alla produzione e Orlando del commerciale. La Cerrato – divenuta nel 2011 Cerrato Chiusure Metalliche – è una realtà cresciuta forte e sana perché, di generazione in generazione, ha saputo organizzarsi in maniera sempre più efficiente, impiantando nuovi macchinari e tessendo una rete commerciale capillare che attualmente copre quasi tutta la penisola e che la rende prima nel Centro e Sud Italia. Solo quest’anno ad esempio sono stati prodotti 7000 pezzi di infissi in metallo, di cui 4000 porte da garage, 2000 serrande avvolgibili e 1000 porte cantina, più ancora altri prodotti per il settore industriale. I due cugini non hanno mai smesso di credere “nell’affare di famiglia” e di crederci soprattutto all’unisono. «Abbiamo ricevuto dai nostri genitori - ci dice Orlando, con piglio da gran lavoratore - quello che davvero può chiamarsi “un buon esempio”. Vite in cui il pane quotidiano era il sacrificio. Sarebbe contro la nostra natura tradire quel mandato». Lo stile dei Cerrato è chiaro. Entrano su tutto, dal taglio di un

Lo stabilimento produttivo di Montecorvino Pugliano profilato alla organizzazione del post-vendita. Non lo fanno per manie accentratrici ma solo per “scuola”. Uno stile di management forse non ortodosso, ma che gli dà ragione visti i buoni risultati. «Di serrande ne ho montate anche io nella mia vita, così come Giovanni che adesso sarà nello stabilimento a seguire da vicino qualche fase della produzione. Il livello operativo è per noi irrinunciabile. È quello, è il guardare e fare con mano le cose che ti rende consapevole di ciò che produci e di come puoi farlo anche meglio». Due anni fa ad esempio, da un’intuizione dei due rispettivi genitori che molti imprenditori di terza generazione avrebbero erroneamente rottamato come due forge vecchie, è nato il secondo stabilimento di Montecorvino, quello dove oggi verniciano i propri prodotti anziché farlo, come prima, affidando l’appalto in esterna. Altra novità degli ultimi mesi è l’avvio dei Cerrato Point, nati anch’essi per non recidere il contatto con la tradizione: «Per non rinunciare alla clientela privata

che oggi non potremmo seguire direttamente, abbiamo dato vita a dei rivenditori autorizzati a marchio nostro. Per ora l’esperimento che sta dando risposte positive è attivo solo in provincia di Salerno, con nove punti vendita brandizzati Cerrato. Contiamo di replicare ed estendere l’esperienza su tutto il territorio nazionale». L’ultimo punto messo a segno dall’azienda salernitana è la fornitura e la posa in opera di 400 porte cantina per il Covexpo, consorzio di imprese che sta realizzando il villaggio residenziale che con 400 alloggi ospiterà le delegazioni internazionali durante l’Expo 2015 di Milano. Quella di un’azienda trasmessa come bene ereditario non è una dinamica di certo inconsueta. Più singolare è aver compiuto un passaggio generazionale sì lungo – i Cerrato hanno impiegato 10 anni – ma indolore, senza perdite di tenuta né economiche, né familiari. Contro i venti avversi il loro progetto di vita e di impresa si è mostrato davvero solido. Come il ferro.


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NE W E N T RIE S

SIP & T S.p.A., un’azienda che ha del genio (non solo civile) Pronto a partire un ampliamento di 2400 metri a ridosso della sede produttiva di Baronissi

di Raffaella Venerando

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er natura approfondiscono. Sarà perché sono specializzati nella produzione di attrezzature per la perforazione e leader nella costruzione di quelle da scavo applicate a macchine per la trivellazione – nel settore delle fondazioni speciali per grosse infrastrutture – ma il team “esteso” della SIP&T restituisce precisa l’idea che vadano a fondo di ogni aspetto del proprio business per migliorarlo e migliorarsi. L’azienda, nata a Montecorvino Rovella nel 1996, dal punto di vista logistico è articolata su due sedi produttive: la prima in Baronissi (Sa) con 900 mq di uffici e servizi e 2100 di produzione prevalentemente utilizzata per l'assemblaggio, la saldatura e la verniciatura dei prodotti. In questa sede si trova anche una macchina a taglio Plasma, due calandre a quattro rulli e un impianto di saldature ad arco sommerso. La seconda

sede operativa - a Montoro (Av) - si sviluppa su circa 900 mq tra cui 150 di uffici e servizi e i restanti 750 di officina. Qui vengono realizzati i semilavorati successivamente assemblati a Baronissi. Sarà di prossima realizzazione, inoltre, un ampliamento di 2400 mq a ridosso della sede produttiva di Baronissi. Con circa 50 dipendenti - impiegati e operai – e un fatturato di 9 milioni e mezzo riacquistato a colpi di innovazione dopo anni di qualche perdita di quote di mercato, oggi la SIP&T esporta l’80% dei prodotti fuori confine, soprattutto in America, Africa e Asia, mentre un ulteriore 15% è comunque veicolato all’estero attraverso aziende madri italiane per la fornitura di attrezzature di primo equipaggiamento. L’azienda è in grado inoltre di fornire macchine per la perforazione dietro richieste specifiche, oltre a poter offrire a noleggio attrezzature per la micro e grossa perforazione. Negli ultimi anni lo sviluppo dell’azienda non ha conosciuto sosta: sono stati inseriti 3 impianti di saldatura robotizzata, è stato acquistato un programma per ottimizzare i tempi

e innalzare la produttività dell’azienda dalla timbratura al prodotto finito, installati impianti a led e uno fotovoltaico della potenza di 200 kw, è stata ideata e realizzata infine una macchina intelligente da scavo che consente di adattare automaticamente i parametri di scavo alla tipologia di terreno. È Luca Galdi, direttore generale della SIP&T, a snocciolare numeri e performance con l’orgoglio autentico di chi sa di essere parte di un meccanismo complesso ma ben funzionante: «Con un pizzico di presunzione possiamo dire che il nostro prodotto è conosciuto in quasi tutto il mondo. Per lavorare scaviamo, ma la nostra aspirazione è di essere in vetta, realizzando servizi e prodotti unici nel loro genere». Attualmente la SIP&T è impegnata nel passaggio generazionale: il timone sta passando a Rossella Montuori, figlia di Francesco fondatore dell’azienda. Una fase che arricchirà la storia dell’azienda, innovandola, puntando a rendere ancora più ampia e di successo la produzione SIP&T già inconfondibile per tecnica e design.

SIP&T S.p.A. Via Giovanni Agnelli n.6 Zona P.I.P. / Baronissi (SA) www.sipdrill.it tel: 089.9566338 / fax: 089 9566254 email: info@sipdrill.it


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Tenuta dei Normanni, dimora di eccellenza a Salerno Il complesso è l’ideale per cerimonie ed eventi in sala e all’aperto. Ospitalità fino a 25 posti letto

a cura della Redazione Costozero

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a Tenuta dei Normanni è un complesso polifunzionale per ricevimenti, spettacoli, meeting, convegni, accoglienza, sport e il tempo libero. Estesa 140.000 mq, la Tenuta è sita nei territori che furono le riserve di caccia dei Normanni. La caratteristica villa del Normanno,

immersa in un parco naturalistico dalla vegetazione ricca e varia e con cascata d’acqua naturale, dispone di tre sale (200/100/70 posti) con cucine, idonee per banchetti e celebrazione di matrimoni, ricevimenti, cerimonie ed eventi di ogni tipo. Il garden e la corte dei mosaici offrono la possibilità di allestire buffet e banchetti all'aperto con molte postazioni di food station e angoli dedicati alla musica e al taglio torta. Nei cortili e nei giardini della “Tenuta” trovano posto oltre 500 invitati. Suite per gli sposi gratis. Cucina raffinata, vini di pregio e servizio impeccabile. Lo staff è coordinato da Maria D’Amato. Lusinghiere recensioni sui blog. Ospitalità fino a 25 posti letto. L'imponente Anfiteatro dei Normanni, in antica pietra arenaria, dove è possibile allestire spettacoli dal vivo, può ospitare oltre 1500 persone. Idoneo anche per serate danzanti, sfilate di moda, manifestazioni di vario genere, mostre e servizi fotografici.

TENUTA DEI NORMANNI Via Bottiglieri di Giovi, 64 /Salerno www.tenutanormanni.it tel: 089 722229 / 3402942205 email: tenutanormanni@live.it


N E W E N T RIE S

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Chi trova Openjobmetis, trova un lavoro Tanti gli ambiti produttivi serviti: dalla Grande Distribuzione Organizzata, alla Sanità, dal comparto dell’Industria ai settori della Finanza, delle Nuove Tecnologie e dello Sport System

a cura della Redazione Costozero

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penjobmetis è un’Agenzia per il Lavoro tra le principali oggi attive in Italia - a capitale interamente italiano - dal 2001 al servizio delle imprese lungo tutto il territorio nazionale. Oggi, Openjobmetis ha al proprio attivo numerose Divisioni specializzate, in grado di servire i più disparati ambiti produttivi: dalla Grande Distribuzione Organizzata, alla Sanità, dal comparto dell’Industria ai settori della Finanza, delle Nuove Tecnologie e dello Sport System. Altro settore dove l'Agenzia per il lavoro può garantire professionalità qualificate è quello della Ristorazione e dell’Accoglienza. Trasversale a tutte le aziende è poi la Divisione - denominata Diversity Talent - in grado di occuparsi efficacemente delle Risorse Umane con maggiori difficoltà di inserimento nel complesso mercato del lavoro. Oggi, a Salerno e in tutta la provincia, Openjobmetis è particolarmente attiva nei settori metalmeccanico e farmaceutico, nonché nella sartoria per l’alta moda e

nelle concerie, e ancora, nei comparti agroalimentare, sanità, automotive e nelle energie alternative. Le figure professionali maggiormente richieste dalle aziende di questi ambiti sono, solo per citare qualche esempio di riferimento, addetti al controllo qualità e alle attività di import – export (farmaceutica), operatori ponti radio (telecomunicazioni), caldaisti, frigoristi, saldatori e fresatori (metalmeccanica), manutentori elettrici, meccanici e personale amministrativo (settore carta), e infine, addetti alla logistica (automotive) ed esperti in negoziazione titoli (settore bancario).

OPENJOBMETIS Corso V ittorio Emanuele 199 / Avellino www.openjob.it tel: 0825786435 email: avellino@openjob.it


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Milite Group, consulenza strategica e operativa per ogni azienda La startup battipagliese è il giusto partner per trovare le migliori soluzioni di marketing, tecnica e amministrazione

a cura della Redazione Costozero

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redere nel successo di ogni azienda, performandone qualsiasi investimento attraverso una gestione light. È questa la vision di Milite Group, startup battipagliese che si occupa di consulenza marketing, tecnica e amministrativa per le imprese del territorio e che ha centrato il proprio impegno sulla ricerca di combinazioni per lo sviluppo del potenziale aziendale. Affidandosi a Milite Group, tutte le imprese troveranno le giuste soluzioni: per la crescita, con proposte strategiche ed operative per sviluppare il brand e produrre valore e successo; per la maturità, attraverso l’analisi del posizionamento e l’indagine

di nuovi mercati su cui introdursi; per lo stallo, con proposte di rinnovamento e re-introduzione nel mercato di riferimento. Il 2015 sarà l’anno decisivo per valutare i progressi delle società italiane emergenti. Il mercato delle start-up costituisce ormai un vero e proprio ecosistema, dove talento, innovazione e intuito si integrano e si completano per la creazione di valore. Il periodo di crisi permette alle imprese di mettersi in gioco. Milite Group ha raccolto la sfida. Il gruppo di lavoro, infatti, si pone l’obiettivo di individuare soluzioni effettivamente funzionali e su misura per l’azienda, dare supporto nei processi decisionali, trasferire una metodologia di lavoro che diventi patrimonio di conoscenze ed esperienze aziendali, collaborando con affidabili partner nazionali ed internazionali.

MILITE GROUP Via Brodolini, 34 / Battipaglia (SA) www.militegroup.it tel: 0828 346409 email: info@militegroup.it


N E W E N T RIE S

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CARD PROJECT Srl, identità innovativa L’azienda di Fisciano ha maturato una significativa esperienza nella progettazione e realizzazione di sistemi di bigliettazione elettronica per il TPL. Suo il progetto T.I.C. che costituisce il nuovo sistema di bigliettazione elettronica per le aziende di trasporto pubblico locale della Campania

Alessandro Tritto Amministratore Card Project

a cura della Redazione Costozero

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a forte dipendenza dalle comunicazioni e dalle applicazioni in Rete ha reso il Web il centro nevralgico dei processi di business e dei servizi che, sia le aziende private che le amministrazioni pubbliche, offrono ai cittadini. Siamo nel pieno della fase che la IDC, primo gruppo mondiale specializzato in ricerche di mercato, ha definito "terza piattaforma", tecnologie caratterizzate da accesso mobile ad alta velocità di connessione, dai servizi in Cloud, dai Big Data e dai Social media. Una "terza piattaforma" che renderà finalmente possibile l'Internet delle cose e dove sarà fondamentale la gestione dell'accesso ai servizi. Card Project è una startup nata nel 2012 con la mission di progettare e realizzare soluzioni interoperabili in vari settori, quali ad esempio le tecnologie legate ai trasporti pubblici, ai servizi avanzati della pubblica amministrazione, a quelli al cittadino. «I nostri ambiti privilegiati di intervento sono quelli della sicurezza e della identità digitale», ci riferisce l’Amministratore, l’ingegnere Alessandro Tritto. Il team è attualmente composto da giovani laureati in discipline scientifiche,

Informatica-Matematica-Elettronica. Le competenze spaziano dall'uso degli smart object, smart card, sistemi di pagamento e bigliettazione elettronica alle relazioni commerciali. Card Project ha maturato una significativa esperienza nella progettazione e realizzazione di sistemi di bigliettazione elettronica per il Trasporto Pubblico Locale e, in particolare, possiede approfondite conoscenze della tecnologia CALYPSO. Tra i successi e i riconoscimenti collezionati nel corso del 2014 annoveriamo la nomination al CALYPSO AWARD da parte della Calypso Network Association di Parigi per la categoria “Best Customer Value” nel corso della Calypso Annual Open Session per il progetto “Titolo Integrato Campania” (T.I.C.) che costituisce il nuovo sistema di bigliettazione elettronica per le aziende di trasporto pubblico locale della Campania. La nuova Smart Card regionale introdotta è stata progettata da Card Project per poter ospitare ulteriori servizi ed è aperta alla interoperabilità con altri sistemi di trasporto. L’ingegner Tritto afferma che «nella società contemporanea molti dei servizi di cui usufruiamo prevedono l'accesso

tramite una identificazione, sia fisica che virtuale». Proprio per rispondere a queste problematiche Card Project ha sviluppato e realizzato un prodotto che è stato premiato al concorso “Best Practices” indetto da Confindustria Salerno nel mese di Giugno 2014. Eliza Trapel, responsabile Marketing, ci spiega che si tratta della realizzazione di un sistema di gestione dell'identità digitale che consente l'accesso a servizi sia fisici, quali possono essere uffici, servizi sanitari, aree riservate e oggetti connessi, sia virtuali come servizi di e-government, e-commerce, entertainment, etc.. Card Project si pone l’obiettivo di crescere operando nel settore pubblico e privato anche attraverso la definizione di partnership con System Integrator. Il partner ideale di Card Project è la piccola azienda con la quale ci siano competenze complementari o la grande azienda che può far leva sugli skill verticali di Card Project.

C ARD PROJECT SRL Via Giovanni Paolo II, 50 / Fisciano (SA) www.cardproject.it tel: 089 8426262 email: info@cardproject.it


RI CE RCA

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Sfide e opportunità nella virtualizzazione di processo per l’ingegneria alimentare Negli ultimi anni l’Università di Salerno è divenuto un centro di riferimento per la comunità dei “virtualizzatori” di processo nell’ingegneria alimentare, sia per i numerosi contributi al dibattito scientifico, sia per le forti interazioni con il mondo produttivo cui fornisce supporto all’innovazione di Francesco Marra Ricercatore di Principi di Ingegneria Chimica / Dipartimento di Ingegneria Industriale, Sezione di Ingegneria Chimica e Alimentare / Università di Salerno fmarra@unisa.it

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e sfide globali nel settore agro-alimentare offrono molte opportunità per gli ingegneri di processo. Queste impongono, infatti, di assumere una visione più ampia rispetto ai soli ruoli tecnici di conduzione e gestione dei processi, includendo nella formazione dei nuovi ingegneri l’apprendimento di tecniche di ideazione, conceptual design e simulazione di processo/prodotto, racchiudibili tutte nel concetto di virtualizzazione. Nel settore IT, la parola virtualizzazione assume un significato ben preciso, riferito al concetto di virtual machine, ovvero sia alla possibilità di astrarre le componenti hardware, cioè fisiche, di un computer in modo da renderle accessibili a un software (un sistema operativo e una o più applicazioni) in forma di risorsa virtuale. Nel riferirsi ad un processo di trasformazione chimico-fisica (come può essere qualsiasi processo cui è sottoposto un prodotto alimentare) che avviene in un impianto, per ambiente virtuale è possibile intendere una astrazione del processo e di ogni

sua componente (il sotto-processo) e/o l’astrazione di ogni componente fisica dell’impianto in cui quel dato processo avviene. L’espressione virtualizzazione di processo nell’ingegneria alimentare intende quindi racchiudere in una visione unitaria tutte le attività indicate di volta in volta da parole chiave quali modeling, simulation, optimization, dynamic study, ovviamente riferite a processi che hanno come focus il trattamento e la trasformazione di una o più materie prime in prodotti semilavorati o finiti. Una volta creato, lo strumento virtuale consente di simulare ciò che avverrebbe in termini di trasporto di materia, di energia e di quantità di moto in un prodotto sottoposto ad un processo di trasformazione fisica o chimica, fornendo così la possibilità di prevedere le modifiche di tipo strutturale, organolettico, qualitativo e di sicurezza subite dal prodotto durante il processo stesso. La virtualizzazione di processo nell’ingegneria alimentare è uno dei settori di attività del gruppo di Principi di Ingegneria Chimica

presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli studi di Salerno. In questi ultimi anni l’Università degli studi di Salerno è divenuto un centro di riferimento per la comunità dei “virtualizzatori” di processo nell’ingegneria alimentare, sia per i numerosi contributi al dibattito scientifico (soprattutto per ciò che riguarda i processi di trasferimento di materia e di energia assistiti da campi elettromagnetici), sia per le forti interazioni con il mondo produttivo. In particolare, il gruppo fornisce il proprio supporto all’innovazione in aziende del comparto agroalimentare e della produzione di apparecchiature per l’industria alimentare e per l’uso domestico, grazie alla conduzione di esperimenti virtuali su prodotti, processi e impianti. Gli strumenti virtuali consentono infatti di ridurre il tempo complessivo necessario per lo sviluppo di nuovi prodotti, nuovi processi e nuovi impianti/ apparecchiature, riducendo i costi di sviluppo e di conseguenza il time to market.


FO R M A Z IONE

Bachrach, OBR Campania: «Sottoutilizzata la capacità propulsiva della formazione finanziata» Diventa sempre più facile e automatico l'accesso a Fondimpresa, ma in Campania 2 aziende su 3 aderiscono al Fondo e poi se ne disinteressano, senza mettersi in condizione di utilizzare le risorse che accumulano di Raffaella Venerando

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residente Bachrach, nel processo oggi quanto mai necessario di formazione continua dei lavoratori, un sostegno concreto e qualificato alle aziende è dato da Fondimpresa. Nonostante però il positivo bilancio del 2014, sono ancora molte – per non dire troppe – le imprese che, pur aderendo al Fondo, non

Andrea Bachrach Presidente OBR Campania

beneficiano a “costo zero” di tutte le opportunità loro disponibili. Che dimensioni ha questa distorsione, perché si verifica e come è possibile porvi rimedio per il nuovo corso? A livello nazionale siamo ormai a 270mila imprese aderenti con quasi 4,8 milioni di lavoratori che decidono di destinare a Fondimpresa, invece che all’INPS, lo 0,30% dei salari per fare formazione ai dipendenti. La Campania è la terza regione con 18.000 aziende e 250mila lavoratori nel 2014, ma con il 35% di aziende per un 60% di lavoratori ha i più bassi tassi di registrazione alla piattaforma di Fondimpresa. Significa che 2 aziende su 3 aderiscono a Fondimpresa per poi disinteressarsene e non essere in condizioni di utilizzare le risorse finanziarie che accumulano. Vi è un trend positivo, ma nel complesso in un anno è solo il 7-8% di aziende che presenta un Piano formativo. Lo scorso anno ne sono stati avviati circa 1.000 Piani Formativi con il Conto Formazione utilizzando finanziamenti per circa 9 milioni di euro, metà dei quali come contributo aggiuntivo alle risorse proprie delle aziende. Vi sono poi gli Avvisi pubblici del Conto di Sistema e si tratta di oltre 5 milioni di euro per la Campania. Queste risorse a disposizione delle aziende possono ancora aumentare, anche grazie ai nuovi automatismi di accesso e al supporto dell'OBR Campania.


32/ 33 Non crede che andrebbe potenziato il ruolo di Confindustria – come parte sociale del Fondo – sia nella gestione, sia nella partecipazione attiva alle attività formative promosse con Fondimpresa? Sì, Confindustria deve assumere un ruolo più attivo e diretto a supporto della divulgazione e della diffusione delle opportunità promosse da Fondimpresa. Rispetto alle criticità descritte, molto dipende dalla scarsa conoscenza che gli associati hanno del Fondo e dei vantaggi che ne derivano. La formazione finanziata, invece, può essere un argomento centrale per il rilancio e lo sviluppo delle aziende del nostro territorio. In qualità di Presidente dell'OBR Campania mi rendo conto che esiste uno scollamento tra la nostra struttura regionale e il sistema associativo, sia regionale che provinciale, nonostante la sede coincida proprio con Confindustria Campania. Quotidianamente compio uno sforzo di sensibilizzazione a favore dei miei colleghi imprenditori, purtroppo al di fuori dei momenti associativi che risulterebbero sicuramente più idonei ed efficaci. Stiamo lavorando per migliorare questo rapporto, creando opportune sinergie con le organizzazioni territoriali al fine di stabilire un canale di comunicazione più costante rivolto a dare maggiore visibilità alle continue novità che Fondimpresa propone, utilizzando gli spazi disponibili sia sulla carta stampata, sia sul web. Posso solo immaginare quanto potrebbe crescere il numero di aziende aderenti al Fondo che fanno formazione se Confindustria proponesse incontri tematici ad hoc per indirizzarle all'uso di una formazione corretta e adeguata alle loro reali esigenze e per agevolarle nei rapporti con le sigle sindacali nella stesura dei piani da concordare. Per il 2015 quali saranno le novità che interesseranno da vicino le aziende? Ecco la prima: il CdA di Fondimpresa ha disposto di trasferire sui conti formazione delle aziende aderenti ben 31,3 milioni di euro, derivanti da economie realizzate sui costi di gestione del Fondo negli anni passati, annullando così gli effetti del decreto del Governo che con lo "Sblocca Italia” ha disposto un prelievo forzoso sui versamenti dello 0,30% destinati dalle aziende ai Fondi interprofessionali per la formazione continua dei propri dipendenti.

Le aziende, inoltre, possono ora scegliere di accumulare sul proprio Conto Formazione l’80% anziché il 70% dello 0,30% dei salari; incrementando così le risorse direttamente a disposizione per la formazione. Il resto (26%) va sul Conto di Sistema e (4%) per spese di gestione. É stata eliminata la soglia per presentare un Piano formativo: prima erano necessari almeno 3.000 euro, oppure 800 per un voucher. I piani ora possono coinvolgere anche gli apprendisti. Un protocollo di intesa nazionale fissa a non più di 20 giorni l’attesa per gli accordi delle aziende prive di rappresentanza sindacale. Le richieste di accordo, inviate tramite PEC o raccomandata alle Commissioni paritetiche presso le Confindustrie provinciali, possono essere allegate in piattaforma Fondimpresa in caso di ritardo. Questa è una panoramica non esaustiva. É possibile informarsi meglio sia su www.fondimpresa.it che tramite info@obrcampania.it. Cresce in parallelo con la crisi economica il bisogno di formazione qualificata anche per ricollocare quanti purtroppo fuoriescono dal mercato del lavoro. In quest’ambito specifico quali sono le linee strategiche seguite dall’OBR Campania? L’OBR Campania non detta indirizzi strategici in campo formativo, ma possiamo trarre indicazioni dal lavoro di analisi dei Piani formativi. Fondimpresa ha offerto numerose opportunità con i contributi aggiuntivi del Conto Formazione, tra cui quelli per i lavoratori in Mobilità (2/2010) o per aziende con lavoratori in Cassa Integrazione (2/2014), ma anche con i vari Avvisi del Conto di Sistema, in particolare con quelli per l’Innovazione, l’Informatizzazione, l’Internazionalizzazione; sono state realizzate varie buone pratiche, ma la formazione come leva del miglioramento non è ancora sistema diffuso. Si fa più spesso formazione perché vi è un obbligo, perché vi sono dei finanziamenti o perché magari la si considera come benefit per i lavoratori. Non basta portare a termine un programma formativo per dire che è stato un successo. Occorre una formazione con impatti positivi e reali sui processi produttivi, sui prodotti e sulla professionalità dei lavoratori: Piani formativi con capacità propulsiva.


E D I LI Z I A IND US TRIALE

Dove dimorano i creativi? Smart city è un neologismo privo di senso se associato alla semplice implementazione di tecnologie elaborate altrove, all’interno del contesto urbano di riferimento. La sfida per la città intelligente è esserlo - divenire, cioè - polo d’attrazione del talento creativo di Alessandro Siniscalco Architetto / Dottore di Ricerca in Ingegneria Civile per l'Ambiente e il Territorio www.alanbuildingproject.com

L

o studio “Fondazione Symbola-Unioncamere, Io sono Cultura–l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi - Rapporto 2014” (www.unioncamere.gov.it/ download/3453.html) offre un dato inequivocabile sull’andamento dell’economia italiana dell’ultimo periodo: nonostante la crisi, l’industria della creatività italiana, il made in Italy, è un treno in corsa che da 22 anni aumenta la sua velocità e nel 2013 ha portato 41,6 mld di euro di export, totalizzando il 10,7% di tutte le vendite estere delle imprese italiane, con un surplus commerciale di 25,7 mld, secondo solo all’industria meccanica. Tale bilancio positivo si allarga se al paniere aggiungiamo l’industria della cultura in senso ampio, con un movimento di capitali pari a 214 mld e un flusso derivante dal turismo ad essa collegato di 73 mld nel solo 2013, di cui il 36,5% riconducibile direttamente alla filiera culturale. É un moltiplicatore economico nella misura in cui ogni euro investito ne restituisce 1,67. Paesaggio, Arte, Creatività…I “luoghi comuni” salvano l’Italia? Sembra

proprio di sì o, almeno, ne salvano l’economia. Ma non è un processo uniformemente distribuito lungo la Penisola. La più alta percentuale degli occupati legati all’industria della creatività e della cultura, così come la ricchezza prodotta dal settore, è concentrata nel centro del Paese dove incide nella misura del 6,2% dell’economia interna, seguito dal Nordovest e dal Nordest con percentuali leggermente al di sotto, mentre il Sud resta staccato con un indotto derivante dalla cultura che si ferma al 4% del PIL locale. La Campania, su scala nazionale, piazza le sue cinque province in ordine sparso nelle 110 posizioni. Per l’incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale sul totale economia, Salerno si posiziona al 49° posto con il 4,6%, Benevento, la prima della regione al 16° con ben il 6,1% derivante dalla filiera della cultura, Avellino è al 18° con il 6%, Napoli al 65° col 4,2% e Caserta all’81° con una percentuale del 3,8. Per l’incidenza degli occupati nel settore, Salerno è al 68° posto col 4,6%, Avellino è al 15° con il 6,6%, Benevento 37° col 5,4%, Napoli 83°col suo 4,3% e Caserta al

100° con una percentuale del 3,8. Le imprese del sistema produttivo culturale incidono sul totale economia delle nostre province nella misura del 6,1% per Salerno, collocandola al 64° posto, del 6,9% per Avellino che è al 46°, 6,2% è la quota per Napoli al 62° posto, 5,2% per Benevento all’82° e 4,5% per Caserta che chiude al 108° posto. Sebbene la creatività italiana sia una solida realtà – lo è soprattutto in relazione all’export estero – e il nostro Paese sia una meta ambita del turismo culturale mondiale, tanto di quello consolidato – Europa e USA – quanto di quello emergente – Cina, Brasile, Giappone, Corea del Sud, Australia e Canada – la sfida del presente, in un campo d’azione dell’economia che è ormai di scala globale, è quella di investire sull’innovazione intesa come incrocio “tra arte, genius loci e tecnologia”, puntando sul talento umano, attraendolo per mezzo delle città, oggi più che in passato incubatori della creatività. Secondo l’interessante studio ANCE-Ambrosetti (Le Città Dei Creativi – vision&progetti, 2005) nell’era dell’economia globale basata sull’innovazione si osserva un


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Secondo lo studio ANCE-Ambrosetti (Le Città Dei Creativi – vision&progetti, 2005) nell’era dell’economia globale basata sull’innovazione si osserva un fenomeno inedito per il quale non sono più semplicemente le persone che vanno nei luoghi dove si trovano le aziende ma sono queste che «vanno dove stanno i migliori talenti (creativi)»

fenomeno inedito per il quale non sono più semplicemente le persone che vanno nei luoghi dove si trovano le aziende ma sono queste che «vanno dove stanno i migliori talenti (creativi)». Talenti che, aggiungiamo noi, creano anche impresa nei luoghi dove dimorano. Questi luoghi, per elezione sono “le città”, città con caratteristiche di qualità assoluta, luoghi aperti di innovazione e sperimentazione, dove si concentrano altri talenti creativi con i quali intessere relazioni feconde per creare valore aggiunto nei propri campi d’interesse. Città tolleranti dove è possibile venire quotidianamente a contatto con la diversità, facilitatrici di un confronto dinamico con punti di vista profondamente differenti e condivisione di esperienze altre. Luoghi “plug and play”, città a burocrazia quasizero dove la filosofia della connessione permanente riguarda società, cultura e tecnologia e quest’ultima permette di creare ogni giorno nuovi ambiti da esplorare e nuove opportunità professionali. Gli edifici che incarnano i «nuovi archetipi architettonici», di iniziativa pubblica o privata eretti nelle città che da tempo hanno avviato politiche concrete per assumere il ruolo di «catalizzatori urbani», sono costruzioni ibride,

Venetocity, Mario Cucinella Architects

contenitori che racchiudono nello stesso articolato volume una “mixitè” (alla scala architettonica) funzionale, proiettata all’esterno attraverso un’immagine di architettura quasi spontanea o, all’opposto, con un forte segno iconico, spesso affidato alla firma di un archistar. All’interno di queste fabriche – realtà gestite anche con modalità differenti in termini di logiche operative e struttura finanziaria – convivono in un clima di inclusione sociale, spazi espositivi e museali, sale per esibizioni teatrali e performance artistiche di vario genere, laboratori

per l’ascolto e la produzione di musica, biblioteche, luoghi che offrono servizi al cittadino e fab lab. In termini di attrattività, i Territori della nostra provincia hanno una notevole potenzialità inespressa che non richiede ingenti investimenti economici per essere liberata. Una città smart non comporta rivoluzioni copernicane se non nell’approccio al tema. Forse basterebbe girare per le nostre città guardandole con “occhi nuovi” e sostituire nel lessico quotidiano i termini inaugurazione con manutenzione (creativa) e competizione con collaborazione.


NO R M E E S OCIE TÀ

In arrivo un Codice di autoregolamentazione per gli organismi di mediazione Sarà presentato ufficialmente il 6 marzo 2015, nel corso di un incontro organizzato presso la sala Vanvitelli dell'Avvocatura di Stato di Roma. Lo scopo è quello di aumentare il grado di fiducia degli utenti del servizio di mediazione, agevolando pertanto il ricorso a questa procedura di ADR, e di fornire ai litiganti e ai loro avvocati una scelta più consapevole tra i vari operatori

Marco Marinaro Avvocato Cassazionista / Membro Abf Roma info@studiolegalemarinaro.it

L’

ampio e variegato panorama dei sistemi di ADR (Alternative Dispute Resolution) è in rapida espansione e, negli ultimi anni, l’impulso dell’Unione Europea è stato determinante per avviare e consolidare nuove norme e prassi orientate ad una diversificazione dell’offerta di giustizia. Il legislatore italiano infatti - dal marzo del 2010 sino alla Legge di Stabilità per il 2015 - ha varato una serie di normative di rango primario e secondario volte ad introdurre, disciplinare, incentivare taluni procedimenti complementari alla giurisdizione statale ponendo anche filtri preventivi all’azione giudiziaria (con il meccanismo della condizione di procedibilità) con il precipuo obiettivo di deflazionare il carico degli uffici giudiziari ed al contempo creando percorsi coesistenziali indispensabili a ridurre il tasso di litigiosità. In questo scenario legislativo, si collocano la mediazione delle controversie, la negoziazione assistita dagli avvocati, l’arbitrato forense per la traslazione dei giudizi pendenti dinanzi al tribunale e alla corte di appello,

ed un’altra serie di procedimenti in specifiche materie (quali in particolare l’Arbitro Bancario Finanziario presso la Banca d’Italia e la Camera di Conciliazione e Arbitrato presso la Consob, rispettivamente per le problematiche bancarie e finanziarie). Tutti strumenti che offrono alle imprese e ai consumatori nuove opportunità per la soluzione delle controversie civili e commerciali in quanto utili alla ricerca di soluzioni non solo più rapide ed economiche, ma anche più adeguate a raggiungere i rispettivi interessi. La rapida diffusione dei nuovi procedimenti, determinata da una estesa obbligatorietà preventiva soprattutto con riguardo alla mediazione, richiede una particolare attenzione da parte degli operatori del settore per elevare e mantenere alti standard qualitativi. In questa prospettiva, su impulso di alcuni organismi operanti da oltre quindici anni nel campo della mediazione, e di esperti riconosciuti della materia, viene pubblicato in questi giorni un “Codice di autoregolamentazione” contenente regole, semplici e incisive, volte ad


3 6/ 37 accrescere significativamente la trasparenza dell'attività, interna ed esterna, degli organismi di mediazione iscritti al registro ministeriale di cui al decreto legislativo 28/2010. Lo scopo finale del Codice è quello di aumentare il grado di fiducia degli utenti del servizio di mediazione, agevolando pertanto il ricorso a questa procedura di ADR, e di

fornire ai litiganti e ai loro avvocati una scelta più consapevole tra i vari operatori. Facile e piena conoscibilità dei responsabili dell'organismo, delle regole e dei costi; netta distinzione tra l'attività di mediazione e altre, se compatibili, eventualmente svolte dall'organismo; pieno rispetto della normativa vigente e capacità organizzativa e finanziaria adeguata. Questi i punti qualificanti del Codice, che indubbiamente “alza l'asticella” dei requisiti di qualità previsti dalla normativa vigente, anche rispetto ad altri paesi europei. Tutti gli organismi di mediazione, pubblici e privati, in possesso dei requisiti descritti nel Codice potranno così esporre un marchio che sarà promosso in sede nazionale e comunitaria. Il rispetto del Codice sarà monitorato da un gruppo di valutazione indipendente, cui partecipano personalità conosciute

nel campo della risoluzione alternativa delle controversie. Si tratta dell’avvio di un percorso virtuoso che dovrebbe consentire in poco tempo agli organismi di mediazione che aderiranno al Codice di costruire in piena autonomia un sistema di qualità per l’offerta di un servizio sempre più efficiente e qualificato ad imprese e consumatori.

Codice di autoregolamentazione degli organismi di mediazione (stralcio) Trasparenza. Per agevolare le parti di una lite e i loro avvocati a compiere una scelta consapevole tra i diversi fornitori del servizio di mediazione, gli organismi di mediazione aderenti al Codice di autoregolamentazione (“organismi aderenti”) hanno un loro sito internet attivo che fornisce almeno le seguenti informazioni: oggetto sociale; nome del responsabile dell’organismo; nome di soci, associati, responsabili e finanziatori; regolamento di procedura con i criteri di nomina dei mediatori; statistiche dettagliate e aggiornate almeno semestralmente sulle procedure gestite. Sul medesimo sito sono consultabili inoltre i nomi e i curricula di tutti i mediatori, con in evidenza i dettagli del percorso formativo minimo previsto dalla legge e di quello ulteriore. Infine, le indennità di mediazione sono indicate in modo chiaro e facilmente calcolabile.


NO R M E E S OCIE TÀ

Anatocismo, interessi passivi e commissioni non dovute: il “banco” perde Una sentenza del Tribunale di Ancona stabilisce che l’istituto di credito restituisca al correntista le somme illegittimamente incassate perché mai concordate, oltre a farsi carico delle spese legali

Maurizio Galardo Avvocato / Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it

I

l Tribunale di Ancona con sentenza depositata il 18 novembre 2014 si è pronunciato in merito ad una domanda di restituzione da parte del cliente di una banca delle somme da questa illegittimamente incassate a titolo di interessi passivi anatocistici, indebitamente capitalizzati, interessi usurari, commissioni di massimo scoperto non convenute, provvigioni indebite, valute mai concordate e spese di tenuta conto illegittime. Il conto corrente era stato aperto in data 06/5/1992. In particolare veniva contestata la nullità della clausola relativa alla previsione degli interessi a debito in quanto mancante della specifica determinazione del tasso, nonché in relazione alla previsione di interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale per quelli a debito, rispetto alla capitalizzazione annuale per quelli a credito. La società correntista eccepiva inoltre l’illegittimità della previsione di valute d’uso e della commissione di massimo scoperto per mancanza di una causa giustificatrice e comunque per essere stata applicata nonostante non fosse stata prevista nel contratto originario. Veniva eccepito, inoltre, il fatto che,

considerando l’importo di commissioni, spese e remunerazioni a qualsiasi titolo, il tasso di interesse applicato fosse superiore al tasso soglia previsto dalla l. 108/1996. Per tali ragioni la società correntista chiedeva la restituzione alla banca delle somme indebitamente pagate ex art. 2033 cod. civ.. Il Tribunale di Ancona nella sentenza che si commenta, nell’accogliere la domanda dell’attore, ha dichiarato la nullità della clausola relativa al tasso debitore in quanto la stessa non conteneva l’indicazione numerica percentuale del tasso applicabile, in particolare ha ritenuto di dover dichiarare la nullità del contratto di conto corrente nella parte in cui nel determinare il tasso d’interesse passivo si faceva riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza. Tale convenzione contrasta infatti con gli artt. 1284 e 1418 cod. civ. in particolare ai sensi della prima norma richiamata “gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti sono dovuti nella misura legale”. Sotto tale profilo anche la giurispruden-


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Non esiste alcuna norma di legge che autorizzi il giudice a procedere ad una sostituzione della capitalizzazione trimestrale con quella annuale, né si può sostenere che ciò sia consentito e giustificato da ragioni di equità o che ciò corrisponda ad un uso normativo

za di legittimità ha evidenziato che la pattuizione relativa agli interessi può ritenersi validamente stipulata solo quando il relativo tasso risulti determinabile in base a criteri oggettivi indicati nel contratto; tale circostanza non si verifica quando vi è solo un generico riferimento alle “condizioni usualmente indicate dalle aziende di credito sulla piazza” come si è verificato nel caso di specie. A tale dichiarazione di nullità consegue che nel rapporto di conto corrente, per tutta la sua durata, gli interessi passivi vanno determinati e computati al tasso legale. Altra conseguenza dell’accertata nullità è la legittimità dell’azione di ripetizione in relazione alle somme corrisposte dal cliente alla banca per interessi superiori a quelli determinati dalla legge, in quanto tale azione non risulti prescritta. Il Tribunale ha inoltre dichiarato la nullità della clausola contenente la pattuizione degli interessi anatocistici con periodicità trimestrale, da ritenersi contra legem e non rispondente a nessun uso normativo, conformemente all’orientamento della giurisprudenza anche di legittimità. Sotto tale profilo il Tribunale ha stabilito che, alla dichiarazione di nullità della clausola anatocistica che prevede la capitalizzazione trimestrale, consegue che nessuna capitalizzazione possa essere applicata, neanche an-

nuale. Infatti l’art. 1283 cod. civ. ai sensi del quale “gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza , e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi”, ha natura imperativa e inderogabile. Pertanto, la circostanza che il contratto di conto corrente prevedesse la capitalizzazione annuale con riguardo agli interessi attivi non è un argomento sufficiente per concludere che possa procedersi alla sostituzione della capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito con quella annuale. Non esiste alcuna norma di legge, infatti, che autorizzi il giudice a procedere ad una sostituzione della capitalizzazione trimestrale con quella annuale, né si può sostenere che ciò sia consentito e giustificato da ragioni di equità o che ciò corrisponda ad un uso normativo. Il tribunale in applicazione di questi principi ha ritenuto che non possono essere riconosciuti all’istituto di credito interessi anatocistici dall’apertura del conto fino all’introduzione del giudizio, stabilendo altresì che alla società attrice andassero restituite le somme corrisposte per estinguere tali interessi, frutto di una illegittima capitalizzazione degli stessi per tutto il periodo di durata del conto corrente, senza doversi

considerare alcuna capitalizzazione, neanche annuale. Con riguardo alle commissioni di massimo scoperto l’attore aveva eccepito la nullità del contratto in quanto tali commissioni, in concreto applicate, non erano state oggetto di specifica convenzione e dunque per difetto del requisito di forma scritta ad substantiam. Il Tribunale ha ritenuto che l’assenza nel contratto di conto corrente di ogni riferimento alle commissioni di massimo scoperto determina l’illegittima applicazione di tale commissione perché pone a carico del correntista un’obbligazione non concordata. La stessa conclusione vale per tutte le altre commissioni e competenze non pattuite per iscritto. Ne consegue che all’Istituto di credito non possono essere riconosciute tali commissioni che pertanto vanno restituite. Per quanto concerne invece le valute queste vanno prese in considerazione dalla cosiddetta data contabile, considerata l’illegittimità per l’estrema genericità dell’oggetto del riferimento contenuto nel contratto alla“data valuta regolamento”. In applicazione dei suddetti principi il Tribunale ha condannato la banca a restituire alla società attrice la somma complessiva di euro 123.559,01 così come calcolata dal CTU oltre al pagamento delle spese legali.


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Il trust nella crisi d’impresa Una sentenza della Cassazione ha stabilito l’irriconoscibilità dell’istituto in caso di fallimento aziendale e di successiva liquidazione del patrimonio

Giovanni Sciancalepore Straordinario di Diritto Privato Comparato Università degli Studi di Salerno/ Socio fondatore BST Consulting Associazione Professionale

L

a riflessione che segue trae spunto da una sentenza della Cassazione (n. 10105 del 9 maggio 2014), laddove è stata affermata l’irriconoscibilità del trust, istituito nel contesto di una procedura fallimentare, al fine di procedere alla liquidazione del patrimonio aziendale a favore dei creditori. La non riconoscibilità, indotta dallo stato d’insolvenza preesistente all’istituzione del vincolo, ha – conseguentemente – determinato la nullità dell’atto di trasferimento dei beni al trustee per difetto di causa, a mente del co. 2 dell’art. 1418 c.c.. Coerentemente, è stato ritenuto che all’indomani della dichiarazione di fallimento il curatore legittimamente avrebbe proceduto alla materiale apprensione dei menzionati beni. Alcuna dignità ha avuto la condizione risolutiva apposta al trust in caso di fallimento della società proponente. Si tratta della prima sentenza della Cassazione sul delicato tema specifico, seppure precedenti fossero rinvenibili presso le Corti di merito. A tal punto, vanno favorite due differenti prospettive d’analisi: l’una, protesa alla valutazione (e alla forza persuasiva), in

punto di diritto positivo, della soluzione applicativa adottata; l’altra, orientata alla ponderazione dell’utilizzazione del trust in sé, quale rimedio a fronte della crisi d’impresa. In via di prima approssimazione, va rilevato che la tesi della nullità del trust, istituito dall’imprenditore o dalla società in stato d’insolvenza, costituisce l’orientamento prevalente della giurisprudenza (Trib. Milano, 16 giugno 2009, Corte App., Catania, 16 novembre 2012, Trib. Milano, 27 maggio 2013). Il ragionamento, attento al profilo causale della fattispecie, s’incentra sull’ambiguità in sé dell’atto, potenzialmente funzionale sia a sottrarre beni alla garanzia patrimoniale, che a proteggere il patrimonio del debitore da iniziative di singoli creditori che potrebbero compromettere un progetto di composizione della crisi d’impresa. Il sostegno sarebbe rappresentato dall’art. 15, lett. e) della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, laddove la disposizione nell’obbligare i singoli Stati al riconoscimento del trust non ostacolerebbe l’applicazione delle disposizioni a tutela dei creditori, rimandando dunque ad esse per la qualificazione dell’ipotesi di fatto e per


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A ben vedere il trust nella crisi d’impresa può avere virtù risolutiva, anche se istituito dall’imprenditore medesimo o da un terzo a suo supporto. L’osservazione implica la valorizzazione dell’autonomia negoziale e, simmetricamente, un certo ridimensionamento del dogma rappresentato dalla par condicio creditorum

l’individuazione dei pertinenti rimedi. Tuttavia, in concreto, l’eventuale pregiudizio che il trust può porre in essere, nel contesto qui eletto, consiste nella sottrazione dei beni alla procedura concorsuale e, quindi, alla pertinente liquidazione. Non si tratta di un pregiudizio atipico rispetto a quello consumato da qualsiasi altro atto dispositivo lesivo degli interessi del ceto creditorio; laddove, il rimedio a fronte è rappresentato dall’azione revocatoria, con conseguente inopponibilità al fallimento dell’iniziativa posta in essere. Discorrere di nullità s’atteggia come forma di discontinuità rispetto ad un sistema che organicamente reagisce con la menzionata inopponibilità al pregiudizio della garanzia patrimoniale accordata ai creditori. All’inverso, l’idea della nullità dell’atto che istituisce il trust veicola una certa confusione tra profili differenti, rappresentati dalla limitazione della responsabilità e dalla limitazione del patrimonio. Il trust attiene a questo, giammai a quello, in ragione della forza dirimente assunta dalla clausola di salvaguardia contenuta nella Convenzione dell’Aja (art. 15, lett. e). All’inverso, si giungerebbe al paradosso per cui tutti gli atti di disposizione

sarebbero considerati limitativi della responsabilità patrimoniale, e ricadendo nel divieto di cui all’art. 2740 c.c., sarebbero affetti da invalidità assoluta. Tuttavia, non va taciuto che il trust rappresenta un’avvincente prospettiva applicativa in tempi anteriori al fallimento. In argomento, appare interessante ricordare Trib. Milano (sez. fallimentare), 25 marzo 2010 (in Dir. Fall., 2010, 6, 2, 552, con commento di Greco), nella misura in cui, nel corso della istruttoria pre-fallimentare – in virtù dei poteri creativi di cui all’ 15, co. 8, L.F.- il giudice potrebbe ordinare l’istituzione di un trust per conservare i beni alla massa o per preservarne la destinazione produttiva. In simile ipotesi, la fase della liquidazione e della distribuzione non seguirebbe la legge, piuttosto il regolamento dell’atto istitutivo. A ben vedere, dunque, il trust nella crisi d’impresa può avere virtù risolutiva, anche se istituito dall’imprenditore medesimo o da un terzo a suo supporto. L’osservazione implica la valorizzazione dell’autonomia negoziale e, simmetricamente, un certo ridimensionamento del dogma rappresentato dalla par condicio creditorum. Esemplificativamente

(ma in senso emblematico), si ponga mente: ai piani attestati (art. 67, co. 3, lett. d), L.F.), ai concordati o agli accordi di ristrutturazione (art. 67, co. 3, lett. e), L.F.) e alla pertinente esclusione di taluni pagamenti dal novero di quelli revocabili; alle proposte di concordato fallimentare e preventivo (artt. 124, co. 2, lett. b) e 160, co. 1, lett. c), L.F.), attraverso cui è possibile prospettare trattamenti differenziati dei creditori, con il sistema della classificazione. Si tratta, quindi, di soluzioni negoziate della crisi d’impresa, costruite su rapporti di tipo fiduciario. Nel senso indicato, si consideri ancora l’art. 7 della l. 27 gennaio 2013, n. 3, nella misura in cui è disposto che il debitore possa elaborare un piano che contempli “l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori”. Le osservazioni formulate permettono di considerare realisticamente l’apparente incompatibilità tra trust e fallimento, nella consapevolezza che il “totem” della riserva legale delle cause di limitazioni della responsabilità e della graduazione dei creditori (arr. 2740 e 2741 c.c.) sta cedendo il passo all’autonomia negoziale, meritevolmente organizzata, al fine univoco di risolvere la crisi d’impresa.


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Il progetto T.R.ON™ Come tutelare la propria reputazione e la propria privacy nel vasto mare di Internet Pierina Di Stefano Avvocato - Studio legale Di Somma Di Stefano tron.web@libero.it / www.disommadistefanolegali.it

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l progetto T.R.ON™ - Tutela della Reputazione On line - ormai non ha più limiti, proprio come Internet. Il World Wide Web si è sviluppato in maniera esponenziale in questi primi venticinque anni, permettendo a tutti quelli che hanno un collegamento alla Rete di ottenere informazioni in modo facile, veloce e gratuito. Il potere che hanno e che danno le informazioni può tuttavia essere incontrollato e quelle stesse informazioni possono essere utilizzate in modo inappropriato per danneggiare altri. È in quest’ambito che T.R.ON™ interviene attraverso la devisualizzazione dai motori di ricerca (come ad esempio Google) delle informazioni negative (false o vere che siano) che possono riguardare persone e\o aziende. T.R.ON™ in sostanza nasce per garantire agli utenti del web la tutela della propria reputazione virtuale e della privacy. Il mondo intero diventerà digitalizzato, saremo connessi al web ininterrottamente e gestire i nostri dati (anche personali) sulla Rete diventerà quasi impossibile. Accade frequentemente che un imprenditore veda danneggiata la reputazione della propria azienda perché sul web circola un articolo, una foto, un video, un post o anche solo un commento che macchia, infanga, denigra, diffama o sbeffeggia la sua persona e la sua attività. E spesso, tutto questo si rivela essere una manovra sleale della concorrenza. Ma oltre ai motori di ricerca, anche i social network come facebook, twitter, istagram, youtube e tanti altri stanno diventando pericolo per la nostra privacy. Essi sono dei veri e propri raccoglitori di informazioni e dati personali, i quali una volta immessi nel web non sono più gestibili in quanto possono essere facilmente divulgati da altri o addirittura acquistati da multinazionali per sondaggi in ordine alle abitudini, ai gusti,

e alle tendenze di potenziali consumatori. T.R.ON™ nasce per fornire assistenza all’eccessiva leggerezza nella gestione della propria privacy, o per sottrarsi all’azione denigratoria scatenatasi nel web contro la propria persona e/o la propria azienda. T.R.ON™ in particolare riesce non solo a devisualizzare contenuti negativi dai motori di ricerca, ma anche ad eliminare informazioni false o manipolate inserite nei social network. Ma vi è di più. Accade sempre più frequentemente che si creano profili “falsi” sui social network, utilizzando immagini (foto), dati personali, informazioni di vario genere altrui. Tutti questi dati vengono utilizzati per clonare un profilo o un account, ovvero creare un duplicato perfetto del profilo facebook o twitter autentico: a volte a soli fini satirici, ma nella maggior parte dei casi per fini illeciti (truffe, diffamazione o addirittura estorsioni). Ebbene, è possibile porre un freno ai furti d’identità digitale; gli stessi social network offrono una sezione dedicata a simili segnalazioni, ma esse si rivelano alquanto stringenti proprio perché è interesse dello stesso social network non permettere una facile eliminazione del profilo o dell’account, o comunque in genere è molto più semplice iscriversi che cancellarsi o cancellare, proprio perché se fosse vero il contrario non si realizzerebbe il fine ultimo per il quale i social sono stati creati, cioè scambiare informazioni. In tutti questi casi, insomma non resta che affidarsi a Studi Legali specializzati che conoscono i rimedi più veloci ed efficaci per risolvere questo tipo di problematiche. T.R.ON™ nasce per offrire una soluzione in tutti quei casi in cui il singolo, anche inconsapevolmente, immette i propri dati personali nel web desiderando poi rimuoverli, oppure per devisualizzare o eliminare dati immessi da altri che minacciano la propria reputazione virtuale.


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Edilizia premiale, come una buona legge può essere inibita dalle titubanze regionali Dopo tre anni dalla Legge 106/2011, il legislatore campano, inserendo un comma casuale in un legge di bilancio complessa, ha deciso di mettere un freno alle attività dei Comuni bloccando così le pratiche già avviate Luigi D’Angiolella Avvocato e Presidente della Camera Amministrativa Comunitaria della Campania studiodangiolella@tin.it

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i assiste da molti anni a numerose leggi che hanno tentato di spingere e facilitare interventi edilizi. A partire dal governo Berlusconi, passando da quello Monti, Letta e da soprattutto da quello Renzi, numerosi sono stati gli interventi per accelerare e sburocratizzare le procedure edilizie, oltre che per agevolare costruzioni in zone non vincolate concedendo misure premiali. É il caso per esempio del D.L. 70 del 2011, poi convertito in Legge 106/2011, il cui comma 14° dell’art.5 prevede anche la possibilità di una volumetria aggiuntiva del 20% da riconoscere quale misura premiale nel caso di destinazioni residenziali o del 10% per gli edifici ad uso diverso, anche in deroga agli strumenti urbanistici. La legge costruisce un sistema per il quale le Regioni - che hanno una competenza primaria in materia edilizia e urbanistica accresciuta dagli interventi al titolo V della Costituzione - potevano intervenire con apposite leggi per supportare l’azione governativa. La norma, in maniera coerente e corretta, però, prevedeva che trascorsi 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, senza un’apposita legge regionale, la norma statale diventasse direttamente applicabile. Senonché, a distanza di quasi 3 anni dall’entrata in vigore della legge nazionale, dopo che molti Comuni avevano rilasciato i permessi in tal senso o avevano comunque fissato dei criteri applicativi, la Regione

Campania nell’ambito inusuale della legge di bilancio n.16/2014, ha inserito al comma 144° dell’art.1 un brevissimo passaggio, con tecnica legislativa assai discutibile, che di fatto blocca le misure premiali. Si legge infatti che «nelle more di un’approvazione di un’organica disciplina in materia urbanistica ed edilizia.. in attuazione del decreto legge 70/2011…» – obbligata da anni, ed ancora si dice in attesa, sono ammissibili soltanto modifiche di destinazioni di uso di volumetrie esistenti senza alcuna deroga per interventi puntuali riferiti a singoli edifici e sempre che si tratti di destinazione tra loro compatibili e complementari e senza modifica delle sagome. In altre parole il legislatore regionale, inserendo un comma casuale in un legge di bilancio complessa, pur avendo un obbligo discendente da una legge nazionale di predisporre una normativa organica in materia urbanistica ed edilizia, ha deciso di non decidere, mettendo un freno alle attività dei Comuni. Tra l’altro, la stessa tecnica legislativa, le parole utilizzate, sono quantomeno discutibili visto che quanto deciso dal Consiglio Regionale è anche di ardita interpretazione. In questa maniera però si lasciano interdetti i cittadini, si creano difficoltà agli operatori, si producono ingiustizie per chi ha ottenuto i permessi e per chi si vede bloccate le pratiche avviate. Ci sarà, alla fine, soltanto un inutile contenzioso ed è quindi naturale chiedersi – purtroppo - fino a che punto sia ancora oggi utile avere un legislatore regionale.


NO R M E E S OCIE TÀ

La giustizia riparativa e il recupero dei detenuti L'intento primario è promuovere la riconciliazione tra vittime e colpevoli e favorire la riparazione del danno da cui deriva un miglioramento del senso di sicurezza nella vita quotidiana, focus sul progetto Sicomoro di Prison Fellowship Italia

Luigi De Valeri Ordine Avvocati di Roma studiolegaledevaleri@gmail.com

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er comprendere il significato di giustizia riparativa dobbiamo far riferimento al diritto romano e la “actio in integrum restitutio” con la quale poteva ripristinarsi lo status quo ante eliminando gli effetti del contratto viziato dalla coercizione della volontà della parte danneggiata. Il principio, applicato nell’ordinamento italiano all’art. 2058 del codice civile “risarcimento in forma specifica”, consiste nel mettere il danneggiato nelle stesse condizioni in cui si sarebbe trovato se l’illecito non si fosse verificato. La realizzazione del modello di giustizia riparativa pone in primo piano l’autore del fatto criminoso e i danni provocati alla vittima del reato e si propone l’eliminazione delle conseguenze del reato mediante l’attività riparatrice posta in essere da costui. La riparazione si concretizza mediante la restituzione in forma specifica del maltolto, il risarcimento del danno in forma pecuniaria o l’esecuzione di prestazioni in favore della vittima o di un servizio utile in favore della collettività. Il concetto

riparativo di giustizia si differenzia dal concetto retributivo di giustizia per cui sono previste pene certe e proporzionate alla gravità del reato sancite dal legislatore mediante un codice di leggi, mentre in comune ha l’intento del concetto riabilitativo di giustizia, che persegue lo scopo di riadattare il colpevole alla vita sociale al fine di evitare la reiterazione del reato. La giustizia riparativa è una modalità di intervento sulla conflittualità sociale. Gli intenti primari per la realizzazione della giustizia riparativa sono promuovere la riconciliazione tra vittime e colpevoli e favorire la riparazione del danno, da cui far derivare per la collettività un miglioramento del senso di sicurezza e l’attenuazione dei conflitti sociali. Il principale strumento operativo della giustizia riparativa è la mediazione tra l’autore del reato e la vittima. In Italia è prevista la mediazione penale minorile nel corso delle indagini preliminari, durante l'udienza preliminare o nel dibattimento, nell'attuazione della sospensione del processo e messa alla prova,


4 4/ 45 nell'applicazione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione o della libertà controllata. Le tecniche della mediazione penale permettono di passare da una situazione di conflitto ad un possibile riavvicinamento tra le parti e la presenza di una terza parte neutrale è fondamentale per facilitare il dialogo in funzione della soluzione dei problemi derivanti dalla commissione del reato. La vittima, che spesso avverte la necessità di trovarsi di fronte a chi ha commesso il reato per chiederne ragione e motivazioni, deve assurgere a protagonista dell’incontro unitamente al reo. Nel sistema italiano la persona offesa ha il ruolo di informare l’autorità giudiziaria nelle ipotesi di reati perseguibili a querela e può diventare un testimone fondamentale nel processo ma i suoi interessi sono presi in considerazione solo marginalmente. Intento della giustizia riparativa è porre la vittima al centro dell’azione ristorativa favorendo la riconciliazione tra le parti. In Italia questi principi sono stati assunti dall’Associazione Prison Fellowship Italia Onlus, nata dall’esperienza statunitense dell’organizzazione mondiale Prison Fellowship International che, a partire dal 1976, ha dato il via ad una missione di recupero dei detenuti. Si voleva intervenire sul grave problema del crescente affollamento delle carceri in cui spesso di verificano episodi di violenza, difficoltà di condivisione di spazi inadeguati, concausa di ulteriori esasperate azioni

da parte dei detenuti. Ciò che ha ispirato il fondatore Ronald Nikkel è un lavoro di recupero e di rivalutazione del detenuto partendo dalla sua dignità di uomo. In Italia come in altre nazioni è stata compresa l’importanza di sviluppare alcuni dei progetti portati avanti dall’organizzazione internazionale, individuando un punto di inizio nel Progetto Sicomoro con una visione innovativa rispetto alla rieducazione genericamente intesa: attori del progetto sono i detenuti, ma anche le vittime dei reati, parte attiva e passiva rispetto all’esecuzione dell’atto criminoso. Da alcuni anni Prison Fellowship Italia con l’opera di vari volontari ed il supporto legale di chi scrive, ha sviluppato nelle carceri, anche di massima sicurezza, il progetto Sicomoro. Il progetto deve il suo nome all’episodio narrato nel Vangelo di Luca (Lc. 19, 1-9), in cui si racconta l’incontro tra Gesù e Zaccheo che, nascosto tra i rami del sicomoro, guarda passare Gesù credendo di non essere visto, ma viene scorto e riconosciuto da Gesù stesso che lo chiama per nome. Il riconoscimento di Zaccheo è il punto cardine di questo passo e avviene proprio attraverso Gesù che si manifesta agli uomini senza curarsi del loro stato, traendo spunto da questo i volontari costruiscono il percorso di riqualificazione della dignità umana che può portare benefici alle vittime, ai trasgressori, al sistema di giustizia penale, alla comunità. Il Progetto Sicomoro punta ad un inserimento nella

realtà carceraria che non si fermi a considerare la deriva morale e culturale del detenuto, ma parta dalla sua condizione di uomo cui offrire una possibilità di riscatto e di proficuo reinserimento nelle comunità civili. Nel promuovere un modello di giustizia riparativa, Prison Fellowship Italia ricerca soluzioni agli effetti del fatto delittuoso, oltre che nei confronti del reo, anche della vittima, aiutata a superare il dolore e le catene dell’odio ingenerato dal reato, e della comunità sottolineando la necessità della riparazione del danno causato dal comportamento criminale. Dopo una attenta fase di ricerca e discernimento sulla scelta dei soggetti con cui portare avanti il progetto detenuti e persone offese dallo stesso tipo di reato sono messe a confronto in un percorso di reciproca conoscenza che mira alla riabilitazione dei detenuti cui si accompagna la “giustizia restitutiva” in favore delle vittime. Il progetto è organizzato in un percorso a tappe attraverso otto sessioni con un tema affrontato e dibattuto a partire dalla Parola di Dio e da esempi concreti e semplici tratti dalla vita quotidiana. Applicato già nel carcere Opera di Milano e nella Casa circondariale di Rieti, il Progetto Sicomoro ha raggiunto risultati incoraggianti di recente nel carcere di Tempio Pausania. In conclusione va sottolineato che la riduzione della recidiva (art. 99 c.p.), ovvero la possibilità che il reo dopo il primo commetta altri reati, è uno dei principali risultati da perseguire nel quadro del concetto di giustizia riparativa.


LAVORO

Sezione lavoro: una sentenza che fa scuola Il 21 gennaio 2015 il Tribunale di Napoli ha dichiarato la sussistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra tre docenti “precarie” e il Ministero, condannando così il MIUR alle retribuzioni contrattualmente dovute per periodi di interruzione durante i contratti a termine e alla ricostruzione della carriera, oltre alle spese legali

Massimo Ambron Avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it

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o da alcuni anni la opportunità e il privilegio di potere scrivere su questa rivista brevi articoli in materia di lavoro, con l’obiettivo di dare un contributo informativo commentando principalmente sentenze della Suprema Corte di Cassazione, organo di riferimento per il giurista, insieme alla Corte Costituzionale. Il presente articolo, invece, che per la necessità di sintesi sicuramente

non rende giustizia alla complessa vicenda, è dedicato a tre sentenze emesse in questi giorni dal Tribunale di Napoli di eccezionale rilievo per la delicatezza dell’argomento, l’excursus dei procedimenti, la completezza delle argomentazioni e la ricostruzione puntuale e impeccabile di tutta la dinamica da parte del magistrato estensore, ma soprattutto per le sue ricadute nell’ambito della nostra società non solo nel precariato scolastico, ma nel pubblico in generale. Si trovano nelle medesime condizioni delle ricorrenti, e quindi sono potenzialmente coinvolti, oltre 150mila docenti precari che rappresentano più del 21% dell’organico ordinario, come rilevato nella relazione della Corte dei Conti del 2 maggio 2012 sul lavoro pubblico. Ma veniamo al “fatto”. Le ricorrenti convenivano in giudizio il MIUR (Ministero della Istruzione Università e Ricerca) rimasto contumace, esponendo di essere state assunte con plurimi contratti a termine come docenti; di avere complessivamente lavorato per oltre 36 mesi nell’ambito di un periodo


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La Corte di Giustizia Europea ricorda che l'accordo quadro, allegato alla direttiva 1999/70/CE, impone agli Stati membri di prevedere almeno una delle seguenti misure: indicazioni delle ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti, ovvero la determinazione della durata massima totale dei contratti o del numero dei loro rinnovi, oltre a prevedere una misura sanzionatoria proporzionata, effettiva e dissuasiva all’utilizzo abusivo

di 5 anni; di avere diritto alla conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato per abusiva reiterazione dei contratti a termine, in applicazione dell’art. 5, comma 4-bis, commi 3 e 4 del disegno legislativo n. 368/01, art.9 comma 18 D.L. 70/1, oltre all’art. 40 del CCNL Comparto Scuola che prevede al comma 4 la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per effetto di specifiche disposizioni normative. In subordine, esse richiedevano pure il diritto al risarcimento del danno oltre che il riconoscimento dell’anzianità di servizio e gli scatti stipendiali per il periodo di precariato. Le cause venivano poi interrotte in quanto lo stesso Tribunale di Napoli, con le ordinanze del 15 gennaio 2013, sollevava alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea una questione interpretativa pregiudiziale in ordine alla direttiva 1999/1970/CE (cause riunite C-22/13, C61/13,62/13), la quale prevede l’obbligo da parte degli Stati membri, e quindi anche dell’Italia, di creare un quadro normativo atto ad impedire l’abusiva reiterazione dei contratti a termine.

La Corte di Giustizia, in data 26 novembre 2014, si pronunciava con sentenza ricordando che gli Stati membri devono prevedere almeno una delle seguenti misure: indicazioni delle ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti, ovvero la determinazione della durata massima totale dei contratti o del numero dei loro rinnovi, oltre a prevedere una misura sanzionatoria proporzionata, effettiva e dissuasiva all’utilizzo abusivo. La Corte giungeva alla conclusione che la normativa italiana non prevedeva alcuna misura diretta a prevenire il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Pertanto, il processo veniva riassunto e si costituiva anche il MIUR davanti al medesimo Giudice del Tribunale di Napoli, il quale dopo la discussione, acquisita la sentenza della Corte di Giustizia, decideva la causa con sentenza del 21 gennaio 2015, dichiarando la sussistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le ricorrenti ed il Ministero, condannando così il medesimo alle retribuzioni contrattualmente dovute per periodi di interruzione durante i contratti a termine e alla ricostruzione della

carriera, oltre alle spese legali che seguono la soccombenza. Con le tre sentenze in esame il Tribunale di Napoli ha riconosciuto il diritto alla conversione del rapporto a tempo indeterminato, ma ha escluso il risarcimento del danno perché i contratti non sono illeciti ma conclusi in osservanza di leggi esistenti. Tale soluzione legittima - al contrario del risarcimento che consisterebbe in un esborso da parte delle casse erariali enormeavvantaggerebbe lo Stato Italiano come affermato dalla stessa Avvocatura dello Stato costituitasi in sede di riassunzione che ha sostenuto che la unica forma di risarcimento specifico che i docenti precari possono chiedere è la immissione in ruolo a mezzo della applicazione dell’art.5 comma 4 bis d.lgs. 368/2001. D’altra parte la esigenza oggettiva di sistemazione organica del settore scolastico è talmente sentita che il Governo stesso ha nel suo piano di stabilizzazione previsto la immissione in ruolo di docenti che finalmente coprano le carenze organiche del settore, evitando così anche le pesanti sanzioni da parte della Unione Europea.


F I SCO

Start Up Innovative e Reti d’Impresa: più semplice l’iscrizione in CCIAA Il primo mese dell’anno porta in dote due importanti semplificazioni in ordine ad altrettanti strumenti propulsivi di crescita del nostro sistema imprenditoriale

Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com

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uovi chiarimenti del Ministero dello Sviluppo Economico sul corretto inquadramento delle start up innovative, al fine della loro iscrizione alla sezione speciale del Registro delle imprese. Iscrizione indispensabile per accedere ai diversi benefici contemplati dalla normativa attualmente vigente (art. 25 e seguenti del d.l. n. 179/2012). Con apposita circolare (n. 3677/C del 20 gennaio scorso), il MiSE ha definito, in primo luogo e con maggiore dettaglio, gli adempimenti a carico delle “start up innovative a vocazione sociale” (operanti in uno o più settori individuati ai sensi del d.l. n. 155/2006). Per il riconoscimento del relativo status, che rappresenta per i soggetti che vi investono motivo di maggiorazione delle detrazioni/deduzioni fiscali fruibili, il legale rappresentante della società dovrà presentare un’autocertificazione con cui dichiari di operare in uno o più dei settori del sociale (indicandoli specificatamente), di realizzare una finalità di interesse generale, nonché di impegnarsi a dare evidenza dell’impatto sociale prodotto. Quest’ultimo adempimento si concretizza attraverso la redazione di un apposito “Documento di descrizione di impatto

sociale” da redigere in conformità alle indicazioni fornite dalla Guida ministeriale e da trasmettere, con cadenza annuale, per via telematica alla CCIAA competente territorialmente. Il MiSE ha fornito, inoltre, con diversi pareri, alcune importanti risposte ai quesiti posti dalle Camere di Commercio. Sulle perplessità sollevate dalla CCIAA di Milano, in relazione alla possibilità di procedere all’iscrizione come start up innovativa di un’attività di “civic crowdfunding”, il Ministero ha optato per un’interpretazione estensiva. Sebbene l’iniziativa, per come descritta (creazione di un portale web per la raccolta di fondi destinati al finanziamento di iniziative non profit e private), non sembrasse direttamente riconducibile al carattere di innovatività ed alto valore tecnologico richiesto dalla norma, in realtà tali aspetti possono desumersi dallo specifico ambito di operatività, ossia quello dell’ITC. Per il MiSE, infatti, il progetto di utilizzare uno strumento tipico della new economy per promuovere iniziative di pubblico interesse, configurerebbe un innovativo tipo di impresa del sociale (start up innovativa a vocazione sociale). Il conferimento dell’intera azienda in una


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Sui Contratti di Rete, Confindustria segna un punto decisivo nella partita della semplificazione: in particolare, va in soffitta la vecchia registrazione dei contratti di rete, soppiantata da una procedura più snella per accedere al Registro delle imprese che prevede l’iscrizione diretta da parte dei soggetti interessati

società, di cui il conferente (titolare di un’impresa individuale) è unico socio, costituisce una “trasformazione atipica eterogenea”. La fattispecie, sottoposta al vaglio dalla CCIAA di Verona, non rientra, pertanto, nella condizione ostativa al riconoscimento della qualifica di start up innovativa, in quanto non configurerebbe un’impresa “costituita a seguito di cessione di azienda” (in conformità a quanto già espresso dal MiSE in precedenti pareri). In ogni caso, al fine della verifica del periodo dei 48 mesi per la fruizione dei benefici della start up, bisognerà considerare l’intero arco temporale, ossia comprensivo del periodo di pretrasformazione e di quello successivo. A tal proposito, in un ulteriore parere, il Ministero richiama l’attenzione sul fatto che il termine da cui decorre il computo dei 4 anni è, comunque, quello della data di costituzione della società interessata.

snella per accedere al Registro delle imprese che prevede l’iscrizione diretta da parte dei soggetti interessati. Con la pubblicazione del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 7 gennaio scorso, infatti, si è completato l’iter che aveva come obiettivo quello di rendere più agile la procedura di costituzione dei Contratti di Rete. E così dall’8 gennaio scorso è possibile presentare al Registro Imprese, attraverso l’apposita procedura telematica predisposta dal ministero dello Sviluppo economico, il modello ministeriale standard per l’iscrizione del Contratto senza necessità di passare dal notaio. L’intervento sostanzia una novità di non poco conto, attesa con trepidazione dalle imprese interessate e salutata positivamente da Confindustria che ha sostenuto la riforma. «Si tratta di una novità per noi molto importante - ha detto Aldo Bonomi, presidente del comitato Contratti di Rete: Confindustria la spunta tecnico reti d’impresa di Viale Sui Contratti di Rete Confindustria dell’Astronomia - e sarà sicuramente segna un punto decisivo nella partita uno stimolo ulteriore per la creazione della semplificazione di questo di nuovi Contratti di Rete. fondamentale volano di collaborazione La direzione è quella giusta, di fra le imprese. semplificazione amministrativa e In particolare, dietro forti pressioni di digitalizzazione degli atti, temi cari viale dell’Astronomia, va in soffitta la a Confindustria per migliorare la vecchia registrazione dei contratti di competitività delle imprese». Introdotti rete, soppiantata da una procedura più nel nostro ordinamento dal decreto

legge n. 5/2009, i Contratti di Rete hanno subito incontrato un particolare appeal da parte delle imprese, che ne apprezzano i vantaggi, primo tra tutti la collaborazione di più imprese senza particolari vincoli burocratici. Lo strumento però ha subito, nel corso del tempo, una serie di interventi correttivi, tutti orientati ad allargarne la diffusione e l’utilizzo. In tal senso, la legge n. 134/2012, con cui è stato convertito il DL n. 83/2012, ha stabilito che gli adempimenti pubblicitari del Contratto di Rete potessero essere assolti redigendone il contenuto, alternativamente, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente da ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti. La trasmissione diretta da parte degli aderenti ai competenti uffici del registro delle imprese, comunque, non era ancora esperibile. Nonostante, infatti, il modello standard funzionale alla comunicazione sia stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 25 agosto 2012, non poteva però essere trasmesso. Si attendevano, in effetti, le specifiche tecniche da approvare con apposito decreto del Mise, cosa a cui il Ministero ha provveduto solo il 7 gennaio scorso.


F I SCO

Decreto legislativo sulla certezza del diritto: novità per i reati tributari Tra le modifiche, in caso di omessa dichiarazione è prevista la pena della reclusione da un anno e sei mesi a 4 anni, mentre la soglia di punibilità è innalzata da 30.000 a 50.000 euro di Maurizio Villani e Alessandra Rizzelli Studio Tributario Villani

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mportanti novità sono in arrivo per i reati tributari a seguito del Decreto legislativo recante «disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra il fisco e il contribuente», approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 24 dicembre 2014 ed ora al vaglio delle commissioni parlamentari. I cambiamenti riguardano sia le singole fattispecie delittuose, sia le norme procedurali, disciplinate dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74. In particolare, per quanto attiene ai reati tributari vengono innalzate le soglie di punibilità, viene introdotta con l’articolo 4, comma 1 ter una nuova fattispecie di reato “la dichiarazione infedele del sostituto di imposta”, vengono inasprite le pene. Di seguito si riporta una tabella con le principali modifiche. Per il Reato tributario le principali novità sono: in caso di Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2) è introdotta una soglia di punibilità di 1.000 euro di imponibile; nel caso invece di Dichiarazione fraudolenta mediante

La dichiarazione infedele del sostituto d'imposta è punita con la reclusione da 1 a 3 anni di chi indica nella dichiarazione annuale un ammontare dei compensi, degli interessi e di altre somme inferiore a quello effettivo, se l'ammontare delle ritenute non versate riferibili alla differenza è superiore a 50.000 euro altri artifici (art. 3) l’imposta evasa deve essere superiore, per ciascuna imposta, a euro 30.000; l’ammontare complessivo degli elementi sottratti ad imposizione deve essere superiore al 5% degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore ad 1 milione di euro. Per la Dichiarazione infedele (Art. 4) l’imposta evasa deve essere superiore, per ciascuna imposta, a euro 150.000; l’ammontare complessivo degli elementi attivi


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Le modifiche apportate dal decreto legislativo in commento, con la soglia di punibilità innalzata dai 50.000,00 euro ai 150.000,00 euro per l’omesso versamento dell’Iva e delle ritenute, avranno quale effetto immediato quello di far venir meno quasi un terzo dei procedimenti penali pendenti

sottratti all’imposizione dovrà essere superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore a 3 milioni di euro; non si tiene conto poi della non corretta classificazione dell’inerenza o della non deducibilità di elementi passivi reali. La Dichiarazione infedele del sostituto d’imposta (art. 4 comma 1 ter) è punita con la reclusione da uno a tre anni di chi indica nella dichiarazione annuale di sostituto d’imposta un ammontare dei compensi, interessi ed altre somme inferiore a quello effettivo, se l’ammontare delle ritenute non versate riferibili alla differenza è superiore a euro 50.000. Per Omessa dichiarazione (art. 5)è prevista la pena della reclusione da un anno e sei mesi a 4 anni; la soglia di punibilità è innalzata da euro 30.000 a euro 50.000. Per Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8) è introdotta una soglia di punibilità di 1.000 euro di imponibile. Per Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10) è prevista la pena della reclusione da un anno e sei mesi a 6 anni; per omesso versamento ritenute certificate (art. 10 bis) la soglia di punibilità è innalzata ad euro 150.000; il reato è commesso anche con la sola indicazione delle ritenute

in dichiarazione e, quindi, senza la certificazione. Per omesso versamento Iva (art. 10 ter) la soglia di punibilità è innalzata ad euro 150.000. Per quanto attiene, invece, alle novità da un punto di vista procedurale si segnalano le seguenti modifiche: qualora il debito tributario venga pagato prima della fase dibattimentale (anche mediante il ricorso agli istituti deflattivi): i reati di infedele od omessa presentazione della dichiarazione, omesso versamento Iva o ritenute si estinguono; per tutti gli altri reati la pena è ridotta sino alla metà. Vengono previste delle aggravanti di reato e la pena è aumentata della metà se: complessivamente nel periodo d’imposta le somme evase sono superiori ad 1 milione di euro; il reato viene commesso nell’esercizio di attività bancaria e finanziaria. Viene escluso il reato e, conseguentemente, la punibilità laddove le imposte sui redditi o l’Iva evase non siano superiori al 3% del reddito imponibile o dell’Iva dichiarata. Il raddoppio dei termini di decadenza dell’accertamento sarà possibile solo se l’amministrazione finanziaria avrà presentato o trasmesso la relativa notizia di reato alla Procura della Repubblica, entro la scadenza ordinaria dei termini di

accertamento in tema di imposte sui redditi e imposta sul valore aggiunto, prevista per quel determinato periodo di imposta. Le modifiche apportate dal decreto legislativo in commento, con la soglia di punibilità innalzata dai 50.000,00 euro ai 150.000,00 euro per l’omesso versamento dell’Iva e delle ritenute, avranno quale effetto immediato quello di far venir meno quasi un terzo dei procedimenti penali pendenti. L’effettiva approvazione della norma consentirà, quindi, a tutti gli indagati e gli imputati non condannati ancora in via definitiva di poter tirare un respiro di sollievo e di uscirne impuniti, con conseguente archiviazione del processo. Occorrerà, tuttavia, tenere in considerazione, sul fronte penale, il nuovo reato di autoriciclaggio disciplinato dall’art. 648 ter 1 c.p. (inserito dall’art. 3, comma 3, della Legge 15 dicembre 2014, n. 186, con decorrenza dal 01.01.2015) il quale punisce «chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa».


E N ERG I A

I Convegni di Ambientarsi FOSOF 2014 Due giorni di intenso approfondimento sul tema energia si sono tenuti a Pontecagnano Faiano, alla presenza di qualificati relatori che lo hanno letto e presentato in tutte le sue angolazioni di Vincenzo Pellecchia Moderatore e Coordinatore dei Convegni di Ambientarsi

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l 14 e 15 novembre si sono svolti "I Convegni di Ambientarsi 2014" - sesta edizione - presso la Sala Convegni di Fosof, il Salone del Software tecnico giunto, peraltro, alla ventitreesima edizione, nella nuova “location” dell’ex Tabacchificio Centola in Pontecagnano Faiano: il primo Convegno dal titolo "Nuove frontiere delle Fonti di Energia Rinnovabili, l'evoluzione del sistema degli incentivi, la Cogenerazione, la valorizzazione delle biomasse, la Smart House", il secondo dal titolo "Il Patto dei Sindaci, il Piano di Azione per l’energia sostenibile: il PAES, l’efficienza energetica nel residenziale e nel terziario: la domotica, i sistemi di storage e la mobilità elettrica". Trattandosi, come detto, della sesta edizione, la stessa ha registrato, nei relatori, degli autorevoli e graditi “ritorni”. L’ex Direttore del settore Trasporti ed Energia della Comunità Europea Enzo Millich, già presente nel 2007 e 2008 che ha rievocato la Strategia Europea in tema di energie rinnovabili nell’arco di ben 20 anni; l’ex (storico) Assessore all’Ambiente della Provincia di Salerno Angelo Paladino che, forte del suo decennale ruolo istituzionale, ha ricordato la fase di estrema emergenza, soprattutto in materia di rifiuti, che aveva caratterizzato il suo

mandato con quotidiane proteste dei cittadini di varia provenienza della provincia di Salerno per scongiurare l’impianto di discariche nei loro territori di pertinenza. Si precisa che nel periodo 19992009 essendo bassissima la percentuale di raccolta differenziata, tanto a Salerno quanto in provincia - a prescindere da poche realtà virtuose - la raccolta indifferenziata trovava unica destinazione nelle discariche che ben presto si saturavano con frequente ricorso all’”impacchettamento” dei rifiuti in ecoballe. Molto sentita la problematica inerente il sistema dei crediti formativi degli Ingegneri: il Presidente dell’Ordine della provincia di Salerno Michele Brigante ha evidenziato le criticità in seguito al D.P.R. 137/2012 che impone ai professionisti di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale, al fine di garantire qualità ed efficienza della

prestazione professionale resa al proprio cliente. É stato inoltre pubblicato il Regolamento per l'aggiornamento della competenza professionale degli ingegneri, sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 13 del 15 luglio 2013 adottato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, con la viva testimonianza del Presidente dello stesso Armando Zambrano. La tematica della formazione continua è stata anche evidenziata dal Presidente del Collegio dei Geometri e Geometri laureati della provincia di Salerno Felice Di Salvatore. Di grande rilievo la presenza, anche se in due Convegni diversi, sia dell’Assessore all’Ambiente del Comune di Pontecagnano Faiano Mario


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Vivone, sia del suo collega di Salerno Gerardo Calabrese: le tante emergenze ambientali che hanno visto coinvolti entrambi i Comuni tra loro confinanti hanno anche determinato una nuova concezione ambientalista di maggiore attenzione del territorio e della salute dei cittadini. Ricordando le discariche presenti nel Comune di Pontecagnano Faiano, passando per lo sventato pericolo di una centrale Termoelettrica da ben 800 MW al confine tra i due Comuni fino a giungere all’ennesima bomba ecologica di un Termovalorizzatore in località Cupa Siglia; di contro le buone prassi attuate da una significativa azione di raccolta differenziata che in uno all’impianto di Compostaggio nella zona industriale di Salerno, unico al momento in provincia, determinano notevoli economie derivanti dal mancato trasporto della cosiddetta frazione

umida in altre regioni, e rappresentano concretamente la strategia delle 4 R sancita dalla Comunità europea in materia dei rifiuti: Riduzione, Riuso, Riciclo e Recupero energetico. Veniamo al “patto dei Sindaci”. É il principale movimento europeo che vede coinvolte le autorità locali e regionali impegnate ad aumentare l’efficienza energetica e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili nei loro territori. È stato promosso dalla Commissione Europea per coinvolgere attivamente le città europee ad intraprendere azioni volte alla sostenibilità energetica ed ambientale. Ad illustrare il PAES del Comune di Salerno è stato il Coordinatore operativo dello stesso Giancarlo Savino, Energy Manager del Comune, che ha ricordato la collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno, nell’ambito di una convenzione, secondo una modalità già sperimentata per lo sviluppo del Piano Energetico Comunale; “SustAinabLe EneRgy NOw” è stato selezionato tra i quindici progetti finalisti del prestigioso Guangzhou Award for Urban Innovation, su oltre 200 progetti in concorso. Il progetto

stesso é stato presentato a Guangzhou (China) dal 15 al 17 novembre 2012, ottenendo il secondo posto ex-aequo con altri nove progetti. Al gruppo di lavoro è stata affidata la Direzione tecnica a Gianfranco Rizzo, Professore Ordinario del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’ Università di Salerno. Il Professore ha presentato Il progetto HySolarKit che propone lo sviluppo di un kit per convertire un autoveicolo convenzionale in un veicolo ibridosolare; non è fantascienza pensare ad una macchina parcheggiata al sole, che si ricarica, con un’autonomia pari a quella di un veicolo tradizionale con possibilità di recuperare l’energia delle frenate, di ridurre la potenza del motore termico con un migliore utilizzo dello stesso. Ma il contributo del Dipartimento di Ingegneria Industriale è stato anche rappresentato da Vincenzo Galdi, professore Associato del Dipartimento, che ha illustrato due casi di studio con la collaborazione dei Ricercatori Francesco Lamberti (i Sistemi di Storage) e Giuseppe Graber (Mobilita Elettrica), da Ciro Aprea, professore Ordinario sempre del DIIN, con la relazione “La macchina ad assorbimento tra cogenerazione e solar cooling”. Il ricco parterre degli interventi è stato infine completato da: Onofrio Fuoco, Amministratore delegato Solar Power, da Gennaro Cecere, Amministratore di ESSEQconsulting, da Vincenzo Fiorillo, Presidente Provinciale CNA Un. Installazione Impianti, da Aniello Lanzara, Tesoriere dell’ ANCE SALERNO e da Francesco Giordano in rappresentanza del Coordinamento Free e ancora dai Geologi Domenico Negro ed Alberto Alfinito per la risorsa Geotermica ampiamente sottoutilizzata in Italia.


SI CU R E Z Z A Settore ricerca, certificazione e verifica osservatorio della sicurezza a cura della Direzione Centrale Programmazione, Organizzazione e Controllo

Conflittualità professionali per la tomografia computerizzata odontoiatrica La gestione delle problematiche di sicurezza e qualità di apparecchi che implementano tale tecnica è questione delicata su cui incombe la diatriba aperta su chi sia effettivamente e legittimamente deputato ad utilizzarli di Francesco Campanella Ricercatore DiMEILA Sezione Tecnico Scientifica di Supporto Tecnico al SSN in materia di radiazioni

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a tomografia computerizzata cone beam o a fascio conico (CTCB) è una tecnica di imaging biomedico in cui una tomografia computerizzata viene realizzata mediate dei raggi x a forma di cono. La CT cone beam è diventata sempre più importante nella pianificazione del trattamento e nella diagnosi dell'implantologia, in particolare è indispensabile nelle tecniche di implantologia computer assistita. La gestione delle problematiche di sicurezza e qualità su un apparecchio come questo sono non banali e vedono il coinvolgimento di figure professionali specifiche. La diatriba esistente tra esperto qualificato (eq) ed esperto in fisica medica (efm, ovvero, fisico medico) per quanto attiene l’effettuazione dei cq previsti nel campo delle esposizioni mediche, e che gli esperti qualificati possono fare ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 187/00 se abilitati alla data di entrata in vigore del decreto medesimi, si reitera anche nel caso della cone beam CT, pure alla luce

delle pertinenti “Raccomandazioni ministeriali del 2008”, nelle quali si fa riferimento alla “verifica periodica della dose somministrata e della qualità delle immagini, che deve essere effettuata avvalendosi della collaborazione di un efm nell’ambito del programma di garanzia della qualità”. La Circolare del Ministero della Salute del 6/9/2012 chiarisce il senso del termine “avvalendosi” in quanto esprime il parere secondo cui “è necessario conferire un incarico scritto e non verbale all’efm”. Se si riconosce all’eq abilitato prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 187/00 la possibilità di effettuare, oltre ai cq periodici, anche la prova di accettazione (vedi sentenza TAR del 23/06/2009, che peraltro sembra contrastare quanto riportato nel D.Lgs. 187/00, che all’articolo 8 sembra statuire che i test di accettazione sono prerogativa esclusiva dell’efm), il responsabile dell’impianto potrebbe non avere il mezzo per avvalersi (con un rapporto stringente ed ufficializzato da incarico

scritto) dell’efm e rispettare così la Circolare del Ministero della Salute sopra richiamato. La Circolare del 6/9/2012, unitamente alla sentenza del 23/6/2009, non ha fatto altro che confondere i termini applicativi del DPR 187/2000 in quanto, da un lato hanno configurato il rapporto tra datore di lavoro ed efm come più stringente in quanto codificato da incarico scritto, dall’altro hanno “aperto” all’eq con vecchia iscrizione la possibilità di estendere la propria responsabilità operativa dai soli cq anche al test di accettazione. Per quanto riguarda il conflitto che vede da un lato i radiologi, che vorrebbero ovviamente assicurarsi il monopolio dell’utilizzo del CBCT (per la quale nuova apparecchiatura non mostrano di fatto gran interesse in quanto dovrebbero dotarsi di una nuova apparecchiatura, che in fondo poco aggiunge al ventaglio di tecnologie già per loro disponibili, TAC….) e dall’altro gli odontoiatri che cercano di “gestire nel modo più autonomo possibile” dei loro


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Le Raccomandazioni ministeriali assegnano all’odontoiatra la possibilità di utilizzare la CBCT - tecnologia di area radiologica - solo nel caso in cui questa attività presenti queste tre caratteristiche: contestualità, integrazione e non dilazionabilità

spazi operativi. Le Raccomandazioni ministeriali assegnano di fatto all’odontoiatra la possibilità di utilizzare la CBCT nel caso in cui questa attività, che va ovviamente vista come complementare a quella radiologica, presenti le seguenti tre caratteristiche: contestualità, integrazione e non dilazionabilità. Quest’ultimo aspetto è forse quello più contestabile, in quanto appare fortemente discutibile che l’esame con CBCT possa definirsi “indifferibile”, a meno di scenari particolari relativi a pazienti traumatizzati . L’autonomia operativa degli odontoiatri nell’utilizzo della CBCT è legata all’accertamento della “non dilazionabilità” dell’esame diagnostico su uno specifico paziente, requisito chiave in assenza del quale si rende necessario che la responsabilità clinica della prestazione venga assunta solo ed esclusivamente da un radiologo: sarebbe auspicabile, quindi, che radiologi ed odontoiatri possano collaborare per identificare quelle situazioni cliniche che, configurandosi quali “attività complementare” a quella radiologica, possano essere gestite direttamente e in modo autonomo da un odontoiatra, in ciò discriminandole da quelle che invece meritano di restare interamente all’interno dell’area ra-

diologica. Va anche evidenziato che l’attività complementare non è solamente quella odontoiatrica, ma può anche interessare gli otorinolaringoiatri ed altri specialisti che possono utilizzare le CBCT in relazione alla loro specifica attività. La Direzione Generale tutela condizioni di lavoro presso il Ministero del Lavoro, con una nota del 2005, ha precisato che è sufficiente il possesso del titolo di odontoiatra per un utilizzo lecito dell’ortopantomografo (OPT), per il quale possono - parimente alla CBCT - avanzarsi i dubbi in merito alla sussistenza dei tre requisiti che definiscono l’attività complementare: tale parere va colto come atto di indirizzo da porre evidentemente in luce, ma non può esimere dal continuare valutazioni e riflessioni approfondite sulla natura della pratica radiologica di cui trattasi. Le Raccomandazioni Ministeriali prescrivono che l’effettuazione dell’esame per attività complementare deve essere assicurata da parte del medico specialista o dall’odontoiatra opportunamente formato ed esperto, o anche dal TSRM, ma solo limitatamente agli aspetti pratici di esecuzione. Ora, mentre la formazione dell’EQ ed anche dell’EFM è facilmente documentabile, chi valuta se l’odontoiatra è

esperto e perché anche al TSRM non viene chiesta una formazione specifica per l’utilizzo della CBCT? Le Raccomandazioni prescrivono che l’aggiornamento quinquennale di cui all’art. 7, comma 8 del D.Lgs. 187/2000 preveda una specificazione formazione nell’utilizzo della tecnologia: a me non risulta che nei corsi di aggiornamento quinquennale sia sempre prevista questa parte specifica inerente la CBCT. La tomografia computerizzata cone beam o a fascio conico è una tecnica di imaging biomedico in cui una tomografia computerizzata viene realizzata mediate dei raggi x a forma di cono. La CT cone beam è diventata sempre più importante nella pianificazione del trattamento e nella diagnosi dell'implantologia, in particolare è indispensabile nelle tecniche di implantologia computer assistita. La gestione delle problematiche di sicurezza e qualità su un apparecchio come questo sono non banali e vedono il coinvolgimento di figure professionali specifiche. La diatriba esistente tra esperto qualificato (eq) ed esperto in fisica medica (efm, ovvero, fisico medico) per quanto attiene l’effettuazione dei cq previsti nel campo delle esposizioni mediche, e che gli esperti qualificati


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SICUREZZA possono fare ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 187/00 se abilitati alla data di entrata in vigore del decreto medesimi, si reitera anche nel caso della cone beam CT, pure alla luce delle pertinenti “Raccomandazioni ministeriali del 2008”, nelle quali si fa riferimento alla “verifica periodica della dose somministrata e della qualità delle immagini, che deve essere effettuata avvalendosi della collaborazione di un efm nell’ambito del programma di garanzia della qualità”. La Circolare del Ministero della Salute del 6/9/2012 chiarisce il senso del termine “avvalendosi” in quanto esprime il parere secondo cui “è necessario conferire un incarico scritto e non verbale all’efm”. Se si riconosce all’eq abilitato prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 187/00 la possibilità di effettuare, oltre ai cq periodici, anche la prova di accettazione (vedi sentenza TAR del 23/06/2009, che peraltro sembra contrastare quanto riportato nel D.Lgs. 187/00, che all’articolo 8 sembra statuire che i test di accettazione sono prerogativa esclusiva dell’efm), il responsabile dell’impianto potrebbe non avere il mezzo per avvalersi (con un rapporto stringente ed ufficializzato da incarico scritto) dell’efm e rispettare così la Circolare del Ministero della Salute sopra richiamato. La Circolare del 6/9/2012, unitamente alla sentenza del 23/6/2009, non ha fatto altro che confondere i termini applicativi del DPR 187/2000 in quanto, da un lato hanno configurato il rapporto tra datore di lavoro ed efm come più stringente in quanto codificato da incarico scritto, dall’altro hanno “aperto” all’eq con vecchia iscrizione la possibilità di estendere la propria responsabilità operativa dai soli cq anche al test di accettazio-

ne. Per quanto riguarda il conflitto che vede da un lato i radiologi, che vorrebbero assicurarsi il monopolio dell’utilizzo del CBCT (per la quale nuova apparecchiatura non mostrano di fatto gran interesse in quanto dovrebbero dotarsi di una nuova apparecchiatura, che in fondo poco aggiunge al ventaglio di tecnologie già per loro disponibili, TAC….) e dall’altro gli odontoiatri che cercano di “gestire nel modo più autonomo possibile” dei loro spazi operativi. Le Raccomandazioni ministeriali assegnano di fatto all’odontoiatra la possibilità di utilizzare la CBCT nel caso in cui questa attività, che va ovviamente vista come complementare a quella radiologica, presenti le seguenti tre caratteristiche: contestualità, integrazione e non dilazionabilità. Quest’ultimo aspetto è forse quello più contestabile, in quanto appare fortemente discutibile che l’esame con CBCT possa definirsi “indifferibile”, a meno di scenari particolari relativi a pazienti traumatizzati . L’autonomia operativa degli odontoiatri nell’utilizzo della CBCT è legata all’accertamento della “non dilazionabilità” dell’esame diagnostico su uno specifico paziente, requisito chiave in assenza del quale si rende necessario che la responsabilità clinica della prestazione venga assunta solo ed esclusivamente da un radiologo: sarebbe auspicabile, quindi, che radiologi ed odontoiatri possano collaborare per identificare quelle situazioni cliniche che, configurandosi quali “attività complementare” a quella radiologica, possano essere gestite direttamente e in modo autonomo da un odontoiatra, in ciò discriminandole da quelle che invece meritano di restare interamente all’interno dell’area radiologica.

Va anche evidenziato che l’attività complementare non è solamente quella odontoiatrica, ma può anche interessare gli otorinolaringoiatri ed altri specialisti che possono utilizzare le CBCT in relazione alla loro specifica attività. La Direzione Generale tutela condizioni di lavoro presso il Ministero del Lavoro, con una nota del 2005, ha precisato che è sufficiente il possesso del titolo di odontoiatra per un utilizzo lecito dell’ortopantomografo (OPT), per il quale possono - parimente alla CBCT - avanzarsi i dubbi in merito alla sussistenza dei tre requisiti che definiscono l’attività complementare: tale parere va colto come atto di indirizzo da porre evidentemente in luce, ma non può esimere dal continuare valutazioni e riflessioni approfondite sulla natura della pratica radiologica di cui trattasi. Le Raccomandazioni Ministeriali prescrivono che l’effettuazione dell’esame per attività complementare deve essere assicurata da parte del medico specialista o dall’odontoiatra opportunamente formato ed esperto, o anche dal TSRM, ma solo limitatamente agli aspetti pratici di esecuzione. Ora, mentre la formazione dell’EQ ed anche dell’EFM è facilmente documentabile, chi valuta se l’odontoiatra è esperto e perché anche al TSRM non viene chiesta una formazione specifica per l’utilizzo della CBCT? Le Raccomandazioni prescrivono che l’aggiornamento quinquennale di cui all’art. 7, comma 8 del D.Lgs. 187/2000 preveda una specificazione formazione nell’utilizzo della tecnologia: a me non risulta che nei corsi di aggiornamento quinquennale sia sempre prevista questa parte specifica inerente la CBCT.


B O N TO N

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Quando lo stile porta i pantaloni (senza rovescia) Se da una parte è la moda che ci impone che cosa comprare, dall’altra è il buon gusto che ci dice cosa fare con quello che compriamo Nicola Santini Esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella

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vunque vi troviate, non importa se da un lato all’altro dell’Oceano la settimana della moda è finalmente giunta al termine. E con essa il periodo dei saldi e, tranquilli: per la prova costume è prestissimo. Per i buoni propositi, invece non è mai troppo presto né mai troppo tardi. In particolare quando state già studiando come attualizzare il guardaroba prima del cambio armadi. Moda e stile, si sa, non sempre vanno d’amore e d’accordo: un po’ come scarpa e cintura dello stesso materiale e colore. Alcune stagioni mai senza, altre guai a metterle nello stesso outfit. Ma se da una parte è la moda che ci dice che cosa comprare, dall’altra è lo stile che ci dice cosa fare con quello che compriamo. Iniziamo dal fondo e dai capi formali: per esempio, la mania di chiedere il revers quando si sceglie di darsi un’aria bespoke, andrebbe inserita tra i reati non soggetti a indulto. La rovescia, e già chiamandola così dovrebbe innescarsi un sospetto tra chi ha l’abitudine di farsi delle domande anche quando sceglie cosa mettere, è un tratto distintivo del pantalone informale, quello, per capirci, che si mette nel week end o nel tempo libero. La sua natura è chiara, quanto inutile: proteggere, nelle passeggiate in campagna o in spiaggia, l’orlo del pantalone da polvere, terra e sabbia. A cosa serva durante un consiglio d’amministrazione, un red carpet o un happy hour, nessuno lo sa spiegare. Punto due. L’estate scorsa è stata decretata come la più piovosa degli ultimi cinquant’anni: sufficiente come punizione per coloro che, indecisi su dove tagliare un jeans o un pantalone hanno deciso per tutto l’inverno prima e per quello che sta per terminare, di andare oltre i 20 cm dalle scarpe esibendo, per di più, caviglie a vista? Ci schieriamo,

improvvisandoci maestri di eleganza, contro i pinocchietti in estate e poi in inverno alziamo l’orlo di due palmi buttando le calze nel dimenticatoio. Bene, anzi male. Anzi malissimo. Da questa moda, non ci guadagna nemmeno l’industria della moda. Ma quella farmaceutica, senza dubbio sì: mettendo i fantasmini anche con 0 gradi e la neve tutta intorno, è chiaro che a ogni centimetro di tessuto tolto dal guardaroba, corrisponda qualche migliaio di euro speso in paracetamolo. Saliamo su, verso la vita e cerchiamo un compromesso: gli ultimi anni ci hanno obbligato a indossare un pantalone con il punto vita abbottonato allo stacco coscia. L’ultima collezione in vetrina, subito sotto l’ombelico. Il risultato? Nano di corte nel primo caso, maggiordomo nel secondo. Spostiamo infine l’inquadratura sulla vestibilità della gamba e tiriamo l’ultimo sospiro, anzi, in questo caso vero e proprio respiro: dopo anni di onorata carriera, lo skinny, quello che vi ha fatto perdere qualsiasi autonomia respiratoria e circolatoria, è finalmente demodé.


S A LU TE

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Il consumo di pesce: la lezione della storia Dal passato illuminanti abitudini alimentari ecosostenibili, specie in relazione alla scelta del pescato non solo di mare ma anche di fiume e di lago Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Adi (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica)

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l consumo del pesce fresco - considerato aspetto peculiare dell’alimentazione mediterranea - sembra, al contrario, una caratteristica che non ha coinvolto il popolo italiano per lunghi secoli. É vero che il pesce di mare è tipico della cucina ricca di Roma antica ma nel Medioevo, e fino alla metà del ventesimo secolo, tende a continentalizzarsi e quello di acqua dolce dei fiumi, dei laghi delle paludi trova grande valorizzazione. Si assiste a tale fenomeno in modo generalizzato tanto che i pescatori anche nelle zone di mare hanno preferito per diversi secoli operare nelle acque interne. Per tutto il Medioevo il pesce più ricercato era l’anguilla, sia in Francia che in Italia. Lo storione era considerato un pesce nobile tanto da essere riservato, in Inghilterra, solo alla tavola del re. In Italia, il Po era ricco di grandi storioni, probabilmente ladani che al tempo potevano raggiungere anche la lunghezza di 9 metri. Molto pregiati erano anche la lampreda, il salmone e il luccio. Infine non mancavano trote, dentici, capitoni, tinche, lasche, ghiozzi, barbi e carpe, quest’ultime particolarmente feconde e quindi prescelte per il popolamento da vivaio. Data la grande presenza di paludi e di stagni, oltre ai pesci, gli uomini si cibavano anche di rane. Certamente poi non potevano mancare molluschi, crostacei, polpi, seppie, aragoste e in particolare gamberi, più volte presenti nei contratti. Martino IV, 189° papa della Chiesa cattolica è ricordato da Dante nel canto XXIV del Purgatorio che lo pone nella sesta cornice, tra le anime dei golosi, a causa della sua famosa passione per le anguille del lago di Bolsena e per la Vernaccia di San Gimignano. Monsignor Baldassarre Pisanelli scrivendo il trattato De Cibi nel 1589 dedica un capitolo ai pesci d’acqua dolce iniziando con una appassionata lode del carpione del Lago Benaco, cioè lago di

Garda e della trutta, la nostra trota, che nutrisce ottimamente, si digerisce presto, rinfresca il fegato e il sangue e però è buona nelle febbri ardenti. Nel Medioevo ogni monastero aveva la sua roggia e il suo stagno, appannaggio del Priore, in cui si allevavano tinche, carpe, anguille e lamprede. L’attentato terroristico dei brigatisti ghibellini di allora consisteva nel gettare nottetempo i lucci nello stagno del convento con conseguente strage dei poveri pesci destinati alla mensa abbaziale. Nel decennio 1951-1961 è impressionante notare come aumentino tutti i consumi: il consumo del pesce che era solo di 2.9 Kg sale a 7.2 Kg pro capite/anno. In questo periodo il boom del pesce come pietanza esclusiva è una conseguenza diretta del turismo diffuso, spesso unicamente balneare. Solo alla fine del secolo scorso si afferma il ruolo salutistico. La storia, dunque, ci dice anche che le acque dei fiumi e dei laghi sono state una risorsa importante che l’uomo ha cercato di utilizzare al meglio. E da sempre c’è stato un forte connubio tra acqua e religione. Il problema della sostenibilità dell’alimentazione e dell’ecosistema era già presente e veniva risolto grazie a leggi precise che regolamentavano la pesca e anche la vendita del pesce. Proprio nei monasteri e in riva ai laghi si assisteva alla messa in pratica di quei sistemi integrati che ancora oggi obiettivi difficilmente realizzabili. I laghi, ma anche i piccoli stagni interni, rappresentavano l’acquacultura dell’epoca ma servivano anche per irrigare gli orti limitrofi e le acque dei torrenti e dei fiumi fornivano energia per mulini e frantoi. Per terminare ci sentiamo di affermare che la tanto decantata dieta mediterranea dovrebbe ricordarsi anche dei prodotti dei fiumi e dei laghi e soprattutto delle proprie origini.


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Farmacisti e dermatologi insieme a Dermocosm Ad aprile, all’interno di Cosmofarma di Bologna, si terrà un congresso nato per creare sinergie vincenti tra le professioni. L’ideatore, il professor Di Pietro: «Vogliamo coinvolgere tutti i protagonisti di un settore oggi di traino per l’economia» A cura della Redazione Costozero

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attenzione al benessere e alla salute della pelle è un tema caldo in farmacia, che si sviluppa attraverso consigli dermocosmetici o nell’apertura di cabine estetiche, quando non di veri e propri centri estetici, dove al suggerimento dell’esperto si aggiunge anche la proposta di trattamenti per correggere inestetismi. Con questa tendenza in atto, la collaborazione tra lo specialista che si occupa della pelle e il farmacista diventa sempre più necessaria. Un’occasione unica per creare sinergia tra queste due professioni viene dal congresso Dermocosm Vita Cutis, organizzato all’interno della manifestazione fieristica Cosmofarma (Bologna, 17-19 aprile 2015), con il sostegno delle principali associazioni scientifiche dei dermatologi e di Federfarma. Promotore di questo evento è il professor Antonino Di Pietro, fondatore e presidente di Isplad, la Società internazionale di dermatologia plastica-ricostruttiva e oncologica, e direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis della Clinica Sant’Ambrogio di Milano. Professore, quali sono i temi che verranno trattati nel corso del congresso? Diversi, dalla corretta esposizione solare con i filtri di ultima generazione ai problemi che riguardano la formazione sulla pelle delle cheratosi, ormai riconosciute come forme di precancerosi della pelle, dall’acne e dalla rosacea all’invecchiamento cutaneo e alla cosmetica termale e delle Spa. Ma ci sarà spazio anche per parlare degli strumenti di alta tecnologia, come i laser, o dell’utilizzo di trattamenti moderni come la terapia fotodinamica. Infine si si discuterà anche della pubblicità legata ai prodotti di largo impiego, un tema di grande interesse sia per il dermatologo, sia per il farmacista.

Quali sono gli obiettivi di questo congresso? Dermocosm Vita Cutis ha due obiettivi. Il primo è di presentare ad una vastissima platea i risultati delle più recenti ricerche scientifiche e le novità dal mondo della scienza dermatologica e farmacologica sui temi del Antonino Di Pietro benessere cutaneo. Il secondo, Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis ancora più importante, è quello di presentare i progetti concreti che si svilupperanno a partire dal 2015 e per il prossimo triennio, in cui verranno coinvolti dermatologi e farmacisti. Parlare di progettualità in questo momento credo che sia il modo migliore per far ripartire il settore del benessere. Come seguire l’aggiornamento del programma del congresso? Dai primi di febbraio è attivo il sito dell’evento dermocosm.com, con il calendario degli eventi il modulo per la registrazione. Questo sito nasce per essere un punto di partenza propositivo e incoraggiante per il futuro prossimo. In quest’ottica, ci sarà una sezione in cui le aziende che sostengono il congresso presenteranno di persona il loro progetto per i dermatologi e i farmacisti. Inoltre, dermatologi e farmacisti che parteciperanno alle sessioni congressuali saranno visibili sul sito fin dal momento della registrazione. Vogliamo coinvolgere tutti i protagonisti di un settore oggi di traino per l’economia.


A RTE

Wilderness (in un paese dove la felicità è sposata al silenzio) #1 Comincia qui la prima di tre disamine del poetico lavoro di Daniele Girardi, artista perennemente in viaggio che si immerge spesso in nature incontaminate per ritrovare l'origine stessa della cultura di Antonello Tolve Art Critic / Independent Curator Professor at the Academy of Fine Arts in Macerata

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l fascino di un viaggio, suggerivo un po' di tempo fa ripensando L'invitation au voyage di Baudelaire, è rappresentato dalla «nostalgia di un paese mai visto», dalla curiosità, dal piacere che si nutre nell'attesa di giungere ad una destinazione, dall'intento di esplorare un vero paese «dove è dolce respirare la vita». Ma anche da una speranza, da un desiderio di trovare, dopo una lunga (o breve) peregrinazione alla ricerca di qualcosa. Forse semplicemente di ritrovarsi, di riscoprirsi (e ripensare alla propria fantasia), di rileggere il proprio corpo a corpo con la natura delle cose e di costruire un taccuino interiore, di creare un diario intimo – e proprio perché intimo - realmente prezioso. Sin dai suoi primi progetti e lavori, Daniele Girardi ha riposto fiducia in questa condizione sottile – la condizione del viaggiatore e dell'esploratore, più precisamente – per produrre itinerari estetici la cui natura formale si nutre di prefissi climatici, ambientali, socio-antro-

pologici. Inner Surface (2009), I Road (2011), What Remains (2012), Natural Industry (2012), Sketch Life Books (2012-2013) e The Great Valley Project (2013), seguono tutti questa inclinazione metodologica, questa declinazione poetica che invita lo spettatore a ripercorrere un catalogo poetico legato all'ecosostenibilità e ad una eticità che vuole prendersi cura del mondo per sentirne gli umori, gli odori, i sapori, le voci lontane che si perdono in una pastosa nostalgia di terra. Con la recente exploration/residence organizzata dal norvegese Atelier Austmarka, Girardi ha marcato,


6 0/ 61 con maggiore insistenza, questa sua vocazione poetica, questa sua volontà di eludere l'archeologia del sapere per favorire un discorso legato alla storia delle idee, «a tutto quel pensiero insidioso, a tutto quel complesso di rappresentazioni che scorrono anonimamente tra gli uomini», al rumore collaterale, alle tematiche secolari, alle lingue fluttuanti e ai temi (apparentemente) non collegati. Si tratta, infatti, di un procedimento che passa attraverso varie discipline – l'antropologia, la sociologia, l'archeologia della natura, l'alchimia e la frenologia ne sono alcune – per raccontare la storia degli aspetti secondari e marginali, per trattare e reinterpretare, con uno stile d'analisi liricamente olistico, lo splendore stesso delle cose semplici. Invitato dal 10 al 26 novembre 2013 nella vasta foresta di Finnskogen, l'artista si immerge in una natura incontaminata per ritrovare l'origine stessa della cultura. Di una cultura innocente, di una armonia intellettuale attraverso la quale avviare un esercizio plastico – fatto di immagini, parole, ogget-

ti, materiali minimi – che porta a nuclei espressivi dove il presente diventa continuamente passato, archivio d'una memoria che vuole conservare (anancasticamente) ogni traccia e ridefinirla, riconfigurarla, ridisegnarla secondo un dettato creativo mai pago di narrare una storia personale e passionale che si riversa naturalmente nel panorama pubblico, nel paesaggio sociale. I suoi ascoltatori assistono, così, ad una serie di scambi, di passaggi intermedi, ad una performatività postuma offerta attraverso fotografie – cremose come boza – che fungono da testimonianza d'un percorso, taccuini di viaggio (in alcuni casi volutamente cancellati, carbonizzati, ridotti a massa illeggibile), installazioni luminose che assemblano oggetti raccolti durante il cammino, cose catturate dallo sguardo, frammenti memoriali collezionati e catalogati con meticolosità.


F I N I S TE RRE

Pino Daniele, tutta un’altra storia Omaggio a un artista che fu immediatamente grande. Nella sua musica interpretazione, testo e melodia procedono assieme tra malinconia e innovazione Alfonso Amendola Docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali Università degli Studi di Salerno

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rimi anni Ottanta. C'è stato un tempo in cui si era punk, post-punk, new-wave, paninaro, melomane, fan dell'elettronica, pop, metallaro, cantautoriale, dj-television dipendente, jazzista, cultore del folk e delle tradizioni del nostro sud, psichedelico, rocker militante...C'è stato un tempo in cui qualcuno camminava con le movenze del Jacksoniano “moon walker” e, qualcun altro, era rigoroso allievo del Conservatorio nutrito a pane & Giuseppe Verdi. C'è stato un tempo in cui ognuno andava per la propria strada. Ogni tanto queste strade s'incrociavano e nascevano amicizie, amori ed anche belle sintonie di suoni e sperimentazioni. Altre volte queste strade si scontravano ed erano mazzate! Risse furibonde nel nome del dio look e della dea musica. Rocker contro Metallari, Metallari contro Dark e tutti uniti contro i Paninari. Ma in linea di massima nessuno interferiva negli ascolti altri. Fondendo assieme indifferenza e/o disprezzo. Ma questa indifferenza e/o disprezzo, che dir si voglia, per l'altrui stile musicale di fronte a Pino Daniele si placava. Insomma potevi amare ed ascoltare qualsiasi cosa. Ma tutti, davvero tutti, all'ascolto del cantautore napoletano si trovavano compatti nel dire “mi piace”. “Non capisco tutto quello che dice, ma mi piace”. E siamo decenni prima della retorica dell'attuale cooptazione dei “like” social. Era un “mi piace” vero, diretto, spontaneo. Talmente sentito e trasversale che ai concerti dei primi anni Ottanta di Pino Daniele trovavi una folla talmente variopinta che era un evento nell'evento. Pino Daniele fu immediatamente grande. Già a partire dalla potenza magnetica e indiscutibile di “Terra mia” (siamo nel 1977) dove compaiono brani che

ancora oggi sono opere di assoluto valore. Un brano su tutti (“Libertà”) per cogliere la forza di quest'autore che, circondato sempre da straordinari musicisti, ha regalato capitoli di perfetta miscela poetico-musicale. «Chiove 'ncoppa a 'sti palazze scure/ 'Ncoppa 'e mure fracete d'a casa mia/ Tutt'attuorno l'aria addora 'e 'nfuso/ Chi song'io/ Ce cammine 'mmiezo 'a via/ Parlanno 'e libertà/ Stà durmenno senza tiempo/ 'Nu ricordo ca nun penzo cchiù/ Ma che succede io sto' chiagnenno/ Penzanno a 'o tiempo ca se ne va/ E cammine 'mmiezo 'a via/ Parlanno 'e libertà». Questo brano (ma quasi tutti quelli di “Terra mia”) sono una sintesi perfetta e naturale di una rivoluzionaria riscrittura musicale. La grande melodia del Novecento, la densità della poesia napoletana (da Salvatore di Giacomo a Totò), la ricchezza di un'atmosfera musicale che guarda alle contaminazioni più varie (il blues, la fusion proveniente dalla sua band d'origine Napoli Centrale, gli archi, uno sguardo attento alla canzone d'autore). Interpretazione, testo e musica procedono assieme tra malinconia e innovazione. Il procedere denso di Pino Daniele continuerà sulla stessa scia di “Terra mia” con “Pino Daniele” (1979); “Nero a metà” (1980); “Vai mo” (1981); “Bella 'mbriana” (1982); “Musicante” (1984); “Ferryboat” (1985); “Bonne soirée” (1987); “Schizzechea with love” (1988). Poi le scelte degli anni Novanta lo portano verso altri territori. Altre ricerche. Altre collaborazioni. Molti dei suoi fan d'origine non lo seguono più. Ma un nuovo popolo di estimatori si avvicina alla sua melodia. Da qui nasce per molti l'accusa di non essere “quello di un tempo” (come se qualcuno di noi fosse ancora “quel che si


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era”). La risposta a questo “cambiamento” è lo stesso Pino Daniele a raccontarla nelle interviste. L'obiettivo principale dell'autore napoletano non è più “raccontare storie” ma è sempre di più la melodia. Insomma, la musica prevale sul testo. La melodia, infatti, è proprio ciò che cercava con sempre maggior costanza. Ovvero la capacità di raccontarsi naturalmente al primo suono. In realtà i volti, i tic, le microstorie dei suoi primi album erano già dentro una precisa struttura melodica. Rigorosa ed accattivante, ma senza ipocrisia e senza voler strizzare l'occhiolino a facili ascolti. Sempre nella tensione della ricerca e dello stile. Questioni di melodia. E così, abbandonata la tensione narrativa, il lavoro di Pino Daniele è continuato verso un intreccio di sonorità, sperimentazioni, conferme e scoperte. Ragionando in tal prospettiva non ci sembra strano il suo incrociare (cito a caso) la fusion di Pat Metheny o la lirica di Luciano Pavarotti, il jazz di Chick Corea e di Wayne Shorter o il rap dei 99 Posse, il rock di Eric Clapton e di Gino Vannelli o il pop di Giorgia, Jovanotti, Noa...Stabilendo con loro un dialogo vero, originario. Un dialogo nel nome della musica. Anche perché non era soltanto scelta del marketing o delle etichette a far nascere questi incontri, ma quasi sempre era un'adesione professionale ed amicale a nascondersi dietro queste collaborazioni. Altro capitolo denso nella produzione di Pino Daniele

sono le realizzazioni delle colonne sonore per i film. Seppur non tantissime sono tutte di grande attenzione ed originalità (dalla “Mazzetta” di Sergio Corbucci a “Opopomoz” di Enzo d'Aló). Ma è soprattutto nel dialogo con il cinema di Massimo Troisi che la musica di Pino Daniele diventa “tutta un'altra storia” e prende le vestigia di quell'incantesimo “necessario” in cui amicizia, produttività e ricerca divengono un'unica forza energetica. Ma a noi piace ricordarlo nella sua storia della produzione musicale giovanile. Dove per uno strano scherzo che spesso l'arte (quella vera) è solita tirare alla realtà, ti sembra che il confine tra quello che senti-desideri-vivi è dentro un potente cortocircuito. Dove una canzone ti racconta meglio di qualsiasi emozione provata. E cosi ti trovi in una incandescente e porosa Napoli. E vivi come se tutto fosse specchio del mondo: le prime paure, la voglia di rivoluzione, gli innamoramenti felici, il caffè come rituale indomabile, il mare, la nostalgia, la trasgressione, la militanza politica, gli amori “scapezzati”, le lacrime, le feste, lo stadio, la voglia di cantare assieme, le risse, gli amici perduti, lo sballo. Quando sai che alle volte basta pochissimo per essere felici. Quando sai che alle volte “basta 'na jurnata 'e sole/ e quaccheduno ca te vene a piglia'/ pé poté parla”.


LI B R I / H OME CINE MA

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a cura di Raffaella Venerando

Cammellini che entrano ed escono dalle orecchie di Filippo Martinez

U Bompiani Editore

n vecchio console, nella notte, viene depredato dei ricordi da una miriade di piccolissimi cammelli che attraversano le sue orecchie. Un oratore ha sette minuti per raccontare il genere umano alla sterminata Assemblea degli Universi. Un papa disorientato confida a Dio di aver perso la fede mentre osservava tre guardie svizzere; gli scrive così una lettera di dimissioni per poter finalmente indossare una cravatta a fiori. Un alfiere decide di vendicare sulla scacchiera l’amico pedone e il re sconfitto. Un’appassionante volata finale tra spermatozoi che si giocano tutto nella gara per la fecondazione. Un ciclope siamese descrive la malinconia di suo fratello. Le storie di Martinez sono “fiabe per bambini cattivi” che fanno sorridere per lo sguardo affilato con cui squadernano la realtà, a scoprire lo sberleffo, il paradosso e l’immaginazione che nascondono le tragedie quotidiane. Da leggere prima di addormentarsi per affrontare i nostri sogni e le nostre paure.

a cura di Vito Salerno

Boyhood di Richard Linklater

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critto e diretto da Richard Linklater, Boyhood è un piccolo gioiello di coraggiosa sperimentazione, un'esperienza cinematografica innovativa che copre dodici anni di vita di una famiglia. La storia è un viaggio emozionale e trascendente attraverso gli anni, dall'infanzia all'età adulta. In tutti i film, d’altronde, si gioca con il tempo, cercando di cogliere particolari di vita quotidiana per focalizzarli e dar loro una nuova prospettiva o facendo immergere lo spettatore in dimensioni oniriche, dove il tempo viene come immesso senza una logica precisa. L’originalità di Boyhood è di essere stato realizzato coinvolgendo lo stesso cast di attori nell’arco di dodici anni. Il risultato è un viaggio unico nel suo genere e allo stesso tempo epico e intimo, che parte dalla spensieratezza dell’adolescenza per giungere alle difficoltà della famiglia moderna attraverso il passare inesorabile del tempo. La pellicola descrive la vita del piccolo Mason (Ellar Coltrane) da quando era un bambino di sei anni, percorrendone le vicende familiari, fatte di controversie, matrimoni vacillanti e nuove nozze, cambi di scuola, primi amori, prime delusioni sentimentali, gioie e paure, il tutto tra stupore e meraviglia. Al principio della storia gli occhi sognanti di Mason devono affrontare un grande cambiamento: la sua amata e combattiva mamma single Olivia (Patricia Arquette) ha deciso che lui e sua sorella maggiore Samantha (Lorelei Linklater) devono trasferirsi a Houston per riavvicinarsi al padre spesso assente, Mason Senior (Ethan Hawke). Inizia così una nuova fase, movimentata da eventi dagli esiti spesso imprevedibili, che plasmeranno attraverso un’esperienza profondamente personale l’esistenza di Mason.



NUMERO 01

GENNAIO/FEBBRAIO 2015


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