Costozero Gennaio-Febbraio n.1/2014

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GENNAIO > FEBBRAIO 2014

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EDITORIALE

NON SOLO CERVELLI IN FUGA DALL’ITALIA

MAURO MACCAURO PRESIDENTE CONFINDUSTRIA SALERNO

Sempre più imprese, specie se multinazionali, dicono addio al nostro Paese. Per attirare e trattenere le aziende, è prioritario che l’Italia pianifichi le sue strategie nei settori chiave, dall'energia alle infrastrutture

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eri era l’ex Pennitalia a Salerno, oggi l'Electrolux, domani chissà quale azienda – multinazionale o no, fa poca differenza – annuncerà di voler rinunciare a produrre in Italia o minaccerà di farlo se non troverà più le giuste convenienze. È notizia di questi giorni infatti (andremo in macchina prima che possa dirsi risolta la questione, ndr) la proposta avanzata ai sindacati dai vertici Electrolux che, per non chiudere i 4 stabilimenti italiani in favore di una delocalizzazione delle attività in Polonia, hanno chiesto una riduzione del salario netto degli operai pari all’8%. Non solo. Il colosso svedese del “bianco” intende anche congelare per un triennio gli incrementi del contratto collettivo nazionale di lavoro e gli scatti di anzianità, ridurre i premi aziendali, bloccare i pagamenti delle festività e tagliare del 50% pause e permessi sindacali. Al di là dell’oramai datata constatazione dell’impossibilità del nostro Paese di utilizzare il costo del lavoro come leva – il rapporto tra costo orario medio italiano (24 euro) e quello polacco (6,5 euro) ci vede assolutamente fuori mercato - la vertenza Electrolux ci pone dinanzi a due realtà interdipendenti con cui misurarci: la prima riguarda gli altri fattori di competitività, la seconda il futuro del Paese. In tempi di agguerrita e mondiale competizione, ad incidere sulla scelta del Paese dove localizzare la produzione, non c’è il solo costo del lavoro, ma almeno altri quattro aspetti da calcolare: il prezzo dell’energia, l’efficienza della PA, i tempi della giustizia, le infrastrutture. Senza poi considerare l’elevata pressione fiscale che pesa sulle tasche degli imprenditori e dei lavoratori creando una vera e propria voragine tra il nostro e gli altri Paesi e che si traduce in minore competitività e attrattività per gli investimenti, non solo dall’estero. La domanda, retorica, da porsi è quindi: le imprese dicono addio all’Italia solo perché da noi un operaio costa troppo o perché il Paese tutto non risponde in maniera positiva a nessuno di questi parametri? In più c’è un’altra peculiarità da considerare: le aziende appartenenti a gruppi multinazionali, oltre a dover fronteggiare la concorrenza esterna, acerrima per tutti, devono anche essere particolarmente attente a reggere il confronto con stabilimenti della stessa compagnia localizzati in Paesi low-cost. La guerra per loro – come dire – è innanzitutto intestina. E non fa sconti. La seconda riflessione da fare, pertanto, riguarda il futuro che vogliamo per il nostro Paese. Come le imprese sullo scacchiere internazionale si battono per conquistarsi fette di mercato, così anche gli Stati dovrebbero gareggiare per offrire un ambiente favorevole, bene organizzato ed efficiente a chi crea occupazione. Per questo chiediamo all’attuale Governo di restare in partita, accelerando i provvedimenti economici a favore delle imprese e dei lavoratori e impedendo che accada ancora che, dall’annuncio di un intervento normativo alla sua concreta attuazione, intercorrano distanze temporali siderali. Un esempio per tutti: la Nuova Sabatini (che finanzia l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature per le PMI) è stata introdotta dall’art. 2 del Decreto del Fare, pubblicato in G.U. n. 194 il 20/8/2013. Il decreto che ne stabilisce requisiti, condizioni di accesso, misura massima del contributo e modalità di erogazione è del 27/11/2013, è stato pubblicato in G.U. il 24/1/2014 ma ad oggi manca ancora la circolare ministeriale che fissa i termini per la presentazione delle domande. Quanti mesi dovranno ancora attendere gli imprenditori? Il mercato non aspetta di certo i tempi del Legislatore italiano che, in testa, dovrebbe avere una sola priorità: riformare, soprattutto in ambito “lavoro”, ma farlo guardando al futuro e non alle contingenze emergenziali del presente. Domani potrebbe essere già troppo tardi se in Polonia, oltre a traslocare lo “stabilimento” Electrolux, si trasferirà anche quell’operaio che era in forze a Pordenone e che, perso il lavoro in Italia, porterà via con sé la sua esperienza professionale e la sua famiglia in cerca di un posto migliore dove vivere. Non c’è più tempo da perdere se vogliamo che non sia il Paese tutto a chiudere i battenti. 1


SOMMARIO

NORME E SOCIETÀ di M. Marinaro, L. M. D'Angiolella e M. Galardo

EDITORIALE di M. Maccauro

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NON SOLO CERVELLI IN FUGA DALL'ITALIA

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LA GESTIONE DEL CONFLITTO NEL PERCORSO STRATEGICO DELL’IMPRESA ETICA

PRIMO PIANO

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SOCIETÀ MISTE E SERVIZI IN HOUSE: CONTRADDIZIONI E FALLIMENTI

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S.R.L.: LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI NEI CONFRONTI DEI CREDITORI SOCIALI

FISCO, PRESSING ALTO SULLE IMPRESE ITALIANE

Intervista ad A. Fontana di R. Venerando IN MEMORIA DI ANTONINO RUSSO, IL RE DELL’ORO ROSSO

LAVORO di G. Fontana

di G. De Angelis L'OPINIONE

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CASTALDO: «IL RICORSO ECCESSIVO ALLA CUSTODIA CAUTELARE È UNA DELLE SPIE DEL MALFUNZIONAMENTO DELLA MACCHINA GIUDIZIARIA»

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L’ARTICOLO 18 DOPO LA RIFORMA FORNERO

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RELAZIONI SINDACALI: LA RIVOLUZIONE COPERNICANA È COMPIUTA

FISCO di A. Sacrestano, M. Villani, I. Pansardi e M. Fiorentino

Intervista ad A. Castaldo di R. Venerando FOCUS di R. Venerando

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MUSEO DELLO SBARCO A SALERNO, LA MEMORIA ABITA QUI

CONFINDUSTRIA SALERNO

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EJARQUE: «PER VENDERE UN LUOGO OGGI OCCORRE UN NUOVO SGUARDO»

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DESTINAZIONE SUD UN PROGETTO COMUNE PER METE CONDIVISE

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CONFINDUSTRIA SALERNO, NEW ENTRIES PER IL SISTEMA

LEGGE DI STABILITÀ 2014: LA SANATORIA SUI RUOLI INTERESSI LEGALI IN CALO DAL 2014 PERDITE SU CREDITI ALCUNE NOVITÀ

CREDITO di F. Salzano e E. Alagna

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IL BILANCIO, DA ADEMPIMENTO NECESSARIO A STRUMENTO DI MARKETING

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LA VIGILANZA DELLA BANCA D’ITALIA SUGLI ISTITUTI DI CREDITO

GREEN ECONOMY

GREEN ECONOMY NETWORK UN'ALLEANZA A SUPPORTO DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE I-MOOD: DIECI AZIENDE, UNA SOLA IDENTITÀ

di R. V.

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REPORT di A. Panaro

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QUANDO LA GIUSTIZIA TRIBUTARIA È UN ACCIDENTE GEOGRAFICO

di O. Pastore

di R. V.

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Intervista a J. Ejarque di R. Venerando

di M. Lurgi

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PASSAGGIO GENERAZIONALE IN AZIENDA: IL METODO VIRVELLE

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PROGETTO IMP_EXP: PUBBLICATO IL BANDO DI SELEZIONE

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SETTORE DEL PACKAGING: LA RICERCA DI MATERIALI INNOVATIVI DI TERMOTECH ECO

Intervista ad A. Bruscino di R. V. SMART EXPO A SALERNO: LA FIERA DELLA GREEN ECONOMY

di V. Pellecchia SICUREZZA di F. Campanella e M. Anzolin

IL TRASPORTO MARITTIMO TRAINA LA CAMPANIA: +7% L’INTERSCAMBIO COMMERCIALE

STRATEGIE D'IMPRESA di R. Venerando

QUANTO CI COSTA ESSERE ITALIANI?

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CRITERI ISPIRATORI PER LA REALIZZAZIONE DI UN SITO DI RISONANZA MAGNETICA A SCOPO MEDICO

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LE OPPORTUNITÀ OFFERTE ALLE IMPRESE DAL BANDO ISI

UNIVERSTÀ di L. Liguori e P. Russo

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INNOVAZIONE IN CAMPO ENOLOGICO: DEALCOLAZIONE PARZIALE E TOTALE DEL VINO


RICERCA di M. Santoriello

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LA COMMISSIONE EUROPEA LANCIA A SALERNO IL DIBATTITO REGIONALE SULL’UE

INTERNAZIONALIZZAZIONE di E. Szajkowicz e M. De Carluccio

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STEREOTIPI E PREGIUDIZI: L’AFRICA NON È UN PAESE

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ESPANSIONE INTERNAZIONALE: CONCLUSO IL CICLO DI SEMINARI ORGANIZZATO IN CONFINDUSTRIA SALERNO

SALUTE di G. Fatati e A. Di Pietro

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DOLCIFICANTI A BASSO CONTENUTO CALORICO E SICUREZZA D’USO

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UNA PELLE GIOVANE E SANA PER IL NUOVO ANNO

BON TON di N. Santini

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ACCOGLIENZA: I PASSI GIUSTI PER ESSERE DEFINITI VERI SIGNORI

FINISTERRE di A. Amendola

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THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT

ARTE di A. Tolve

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GLI SPAZI DELLA CRITICA. IL DIBATTITO TEORICO ATTRAVERSO LE MOSTRE 1980-2010

RENDEZ-VOUS.ZERO di R. Bisogno

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EDITORIA E DISTRIBUZIONE: UN SETTORE IN TRASLOCO

SEGNALIBRO a cura di R. Venerando

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PICCOLO MANUALE PER IMPARARE A FARE E A RICEVERE CRITICHE

HOME CINEMA a cura di V. Salerno

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GRAVITY

COSTOZERO N.1 GENNAIO > FEBBRAIO 2014 REG. TRIB. DI SALERNO N. 677 DEL 22/10/1987 ISCRIZIONE AL ROC N. 23241/2013 DIRETTORE EDITORIALE MAURO MACCAURO DIRETTORE RESPONSABILE ALESSANDRO SACRESTANO SEGRETERIA DI REDAZIONE RAFFAELLA VENERANDO SEGRETERIA ORGANIZZATIVA VITO SALERNO SOCIETÀ EDITRICE DIREZIONE E REDAZIONE ASSINDUSTRIA SALERNO SERVICE SRL VIA MADONNA DI FATIMA, 194 84129 SALERNO TEL. 089 335408 FAX 089 5223007 PARTITA IVA 03971170653 REDAZIONE@COSTOZERO.IT WWW.COSTOZERO.IT STAMPA ARTI GRAFICHE BOCCIA > SALERNO FOTO ARCHIVIO COSTOZERO VITO SALERNO MASSIMO PICA - AG. FOTOGRAFICA GRAFICA E IMPAGINAZIONE MOREPLUS > WWW.MOREPLUS.IT GRAFICO EMANUELA MARIA RAGO LE OPINIONI ESPRESSE NEGLI ARTICOLI APPARTENGONO AI SINGOLI AUTORI DEI QUALI SI INTENDE RISPETTARE LA PIENA LIBERTÀ DI GIUDIZIO


FISCO, PRESSING ALTO SULLE IMPRESE ITALIANE

DI RAFFAELLA VENERANDO

Per Alessandro Fontana, Centro Studi Confindustria, la comparazione europea del livello di tassazione sul reddito aziendale e sul lavoro fa emergere un ampio divario tra il nostro e gli altri Paesi, che si traduce in minore competitività e, a cascata, in una minore attrattività per gli investimenti, non solo dall’estero. Il gap riguarda tutte le imposte che incidono sull’attività di impresa, ma in modo particolare quelle che pesano sul lavoro

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D

ottor Fontana, il fisco oggi pesa non poco sulla capacità competitiva delle imprese. Il confronto con gli altri Paesi poi è a dir poco avvilente. Cosa accade in materia di fisco fuori dell’Italia? Il livello, la composizione e la complessità della tassazione italiana originano nel nostro Paese un contesto ambientale che di fatto scoraggia notevolmente l’attività d’impresa. La comparazione europea del livello di tassazione sul reddito aziendale e sul lavoro fa emergere un ampio divario, che si traduce in minore competitività e, a cascata, in una minore attrattività del Paese per gli investimenti, non solo dall’estero. Il divario riguarda tutte le imposte che incidono sull’attività di impresa, ma in modo particolare quelle che pesano sul lavoro. Nello specifico, la tassazione dei redditi d’impresa in Italia è superiore alla media dell’Eurozona e dell’UE-27 (Tabella A). L’onere fiscale gravante sui profitti, nel 2011, è stato pari al 2,8% del PIL contro una media di 2,5% nell’Eurozona e di 2,6% nell’UE-27. Per l’Italia il gettito include, oltre all’IRES, anche l’IRAP sul valore aggiunto al netto del costo del lavoro. Tra i quattro più importanti partner europei, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, solo la Gran Bretagna ha registrato un’incidenza del gettito sul PIL superiore a quella del nostro Paese: 3,1%. L’aliquota implicita italiana è stata pari al 24,8%, inferiore, tra

ALESSANDRO FONTANA CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA

i paesi euro, solo a quelle di Portogallo (36,1%), Francia e Cipro (26,9%). Dal 1995 al 2011 l’Italia ha visto crescere in misura maggiore l’aliquota implicita, indicatore che deriva dal rapporto percentuale tra le imposte pagate, i contributi sociali e il reddito da lavoro indipendente e che – in quanto aliquota media – dà la misura di quante risorse di autofinanziamento di fatto vengano sottratte all’impresa. Sempre tra i paesi euro, l’incidenza del prelievo fiscale e contributivo sui redditi da lavoro, misurata con l’aliquota implicita, è stata in Italia seconda solo al Belgio: 42,3% nel 2011 contro il 42,8% del Belgio, il 37,7% dell’Eurozona e il 35,8% della media dei 27 paesi dell’Unione (Tabella B). Il fisco è invece decisamente meno vessatorio per i nostri più importanti part-


PRIMO PIANO TABELLA A. Italia: sopra la media europea la tassazione dei redditi d'impresa Le imposte sui redditi d'impresa non comprendono le imposte sul lavoro autonomo ma includono anche le imposte indirette riferite al reddito d'impresa qualora ve ne siano. Per l'Italia i dati si riferiscono all'IRES e alla quota di IRAP (privata) relativa al valore aggiunto al netto del costo del lavoro esclusa quella pagata dai lavoratori autonomi. L'aliquota implicita è calcolata facendo il rapporto percentuale tra il gettito e il margine operativo lordo (dati di contabilità nazionale). Dati ordinati in senso decrescente rispetto al gettito del 2011. Fonte elaborazioni CSC su dati Eurostat

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Dato riferito al 2008; 2dato riferito al 2009

ner europei che fanno registrare percentuali più ragionevoli e di gran lunga inferiori a quelle italiane: Francia 38,8%, Germania 37,1%, Spagna 33,2%, Regno Unito 26,0%. Vale la pena ricordare inoltre che in Italia oltre ai contributi sociali più elevati che altrove e legati all’ingente spesa pensionistica, le imprese sono vessate anche dalla quota di IRAP calcolata sul costo del lavoro. È dalla metà degli anni ‘90 che nel nostro Paese il livello di tassazione sul lavoro ha preso ad aumentare in maniera sostenuta, innalzandosi in modo netto al di sopra di quello dei principali partner europei (Grafico A), dando vita così a una forbice che rallenta di molto le performance competitive delle nostre imprese. La situazione poi è addirittura peggiorata con l’insorgere

della crisi che ha fatto crescere ulteriormente l’aliquota implicita sul lavoro, toccando il picco del 42,9% nel 2008, per poi tornare nel 2011 al livello del 2007. In media nell’Eurozona, nel 2011 l’aliquota implicita era invece a un livello inferiore a quello registrato nel 2007. Un riequilibrio sarebbe pertanto necessario tra tassazione sul lavoro e sui consumi. Ciò farebbe aumentare i prezzi dei beni importati mentre quelli dei beni prodotti internamente beneficerebbero della riduzione del cuneo fiscale e contributivo. Un altro modo per confrontare il livello della tassazione è l'elaborazione effettuata ogni anno dalla Banca mondiale nel rapporto Doing Business avendo come riferimento una Pmi-tipo per stimare il total tax rate, ovvero l’ammontare > 5


TABELLA B. Italia: elevata la tassazione sul lavoro a carico delle imprese Include PA e IRAP. Le imposte considerate si riferiscono principalmente alle imposte sul reddito da lavoro e ai contributi sociali ma includono anche imposte indirette che incidono sul lavoro. Sono eslcuse le imposte e i contributi a carico dei lavoratori autonomi ma inclusi quelli relativi ai parasubordinati. Per l'Italia, sono incluse anche la quota di IRAP relativa al costo del lavoro dipendente e le imposte e i contributi relativi ai co.co.co.. Le aliquote implicite sono ottenute facendo il rapporto percentuale tra il gettito derivante da imposte e contributi e i redditi da lavoro dipendente (dati di contabilitĂ nazionale). Dati ordinati in senso decrescente rispetto all'aliquota implicita. Fonte elaborazioni CSC su dati Eurostat

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PRIMO PIANO GRAFICO A. Italia: alta la tassazione sul lavoro (Aliquota implicita %) Le aliquote implicite sono ottenute facendo il rapporto percentuale tra il gettito derivante da imposte e contributi sociali e i redditi da lavoro dipendente (dati di contabilità nazionale). Fonte elaborazioni CSC su dati Eurostat

ITALIA

GERMANIA

FRANCIA

SPAGNA

complessivo delle tasse pagate da imprese aventi caratteristiche standard, ma residenti nei 189 paesi considerati (nel computo sono comprese le imposte, locali e statali, su profitti, immobili, autoveicoli e carburanti, tenendo conto di deduzioni e detrazioni e i diversi contributi sociali versati; mentre sono escluse le imposte sui consumi e quelle raccolte per conto delle autorità fiscali in qualità di sostituto

EUROZONA

d’imposta). Per il 2012, l’Italia ha fatto registrare un record negativo a livello mondiale: il suo total tax rate è risultato infatti il 16esimo più elevato al mondo: pari al 65,8% degli utili (Tabella C). Non solo. È anche il più elevato tra i più importanti paesi avanzati, seguito dalla Francia (64,7%) e, a distanza, dalla Spagna (58,6%). Ponendo sempre l’Italia in parallelo con altri paesi europei, qual è l’incidenza della evasione fiscale?

IN ITA L IA N O N S O L O L’EVASI ONE E L’ALTA TA S S A Z IO N E FR E N ANO LA COM PETI TI VI TÀ. QU E S T E S I A S S O CIANO A U N’ACCENTU ATA IN CE R T E Z Z A N ORM ATI VA CHE RENDE DIF F ICI L E A S S O L V E R E GLI OBBLI GHI FI SCALI E C O NTRI BU TI VI . INOLT R E , L E N O RM E VENGONO CAM BI ATE F RE Q UE N T E M E N T E E SPESSO APPLI CATE RE T RO A T T IV AM ENTE. CI Ò REND E P A R T ICOLARM ENTE O N E R O S I GLI ADEM PI M ENTI

Le ultime stime ufficiali ISTAT dell’economia sommersa in l’Italia si riferiscono al 2008. In quell’anno il sommerso era in aumento rispetto al 2007 di circa il 3,5% ed era compreso tra un minimo di 255 miliardi, il 16,3% del PIL, e un massimo di 275 miliardi, il 17,5%. In mancanza di aggiornamenti da parte dell’ISTAT, per i suoi calcoli il Centro Studi Confindustria si è avvalso delle ultime stime elaborate da Friedrich Shneider (stime che hanno il vantaggio di rendere possibili confronti internazionali) che indicano che in Italia l’economia sommersa nel 2012 era pari al 21,6% del PIL, il valore più elevato dell’Eurozona (dopo Estonia e Cipro). Sulla base di questo numero, in Italia, la pressione fiscale effettiva, quella che grava sui contribuenti che adempiono tutti gli obblighi fiscali, sarebbe pari al 56,2% del Prodotto Interno Lordo: la più alta in Europa e ben superiore a quella ufficiale (apparente) pari al 44,0% (Tabella D). Il gettito fiscale evaso, stimato applicando la pressione fiscale effettiva alla quota di Prodotto Interno Lordo sommerso, sarebbe pari a circa 190 miliardi, il 12,1% del Prodotto Interno Lordo; circa 9 miliardi in più del 2011 (Grafico B). >

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TABELLA C. Per le imprese italiane il prelievo più alto dal fisco (Total tax rate in % dei profitti, 2012) La definizione delle tasse è uniforme tra paesi. Per esempio la tassa sul reddito, sui profitti e la tassa sul reddito di impresa rientrano tutte come tasse sul reddito. Dati in ordine descrescente per il total tax rate. Fonte elaborazioni su dati Banca Mondiale, Paying Taxes 2014

E quale tributo sarebbe più facilmente o frequentemente non corrisposto?

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Guardi, la metodologia richiamata non permette di calcolare l’evasione singola per ciascun tipo di imposta. Perciòper il 2009, utilizzando una diversa metodologia di stima del sommerso, il CSC ha quantificato il gettito fiscale

evaso per singole imposte. Allora l’evasione complessiva era stimata in 124,5 miliardi, l’8,2% del PIL. Nel dettaglio, il mancato gettito si attestava sui 31,5 miliardi (2,1% del PIL), quello IRES in 8,0 miliardi (0,5%) e quello IRAP in 6,3 miliardi (0,4% del PIL), mentre 43,2 miliardi (2,8%del PIL) era la stima dei minori incassi dovuti all’evasione sui

GRAFICO B. L'evasione fiscale e contributiva è in risalita in Italia... (Italia, in % del PIL) La pressione fiscale effettiva è calcolata facendo il rapporto percentuale tra il gettito derivante da entrate tributarie e contributi sociali e il solo PIL emerso. Fonte elaborazioni CSC su dati Eurostat e stime F. Shneider (2013)

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PRIMO PIANO

TABELLA D ...ed è ai massimi nel confronto internazionale... (Anno 2012) La pressione fiscale effettiva è calcolata facendo il rapporto percentuale tra il gettito derivante da entrate tributarie e contributi sociali e il solo PIL emerso. Nella pressione fiscale ufficiale il gettito è rapportato al PIL inclusivo del sommerso. Dati ordinati in senso decrescente rispetto all'incidenza del gettito evaso sul PIL. Fonte elaborazioni CSC su dati Eurostat e stime di F. Shneider (2013)

contributi sociali, sulle altre imposte indirette e sui tributi locali. Se queste risorse fossero recuperate, ci sarebbero quindi i margini per ridurre le aliquote? Il contrasto effettivo dell’evasione, fino alla sua eliminazione, porterebbe a una riduzione media delle aliquote pari al 15,9%. Un abbassamento di non poco conto che comporterebbe un aumento in busta paga non certo trascurabile. Con tale diminuzione e sulla base dei dati OCSE riferiti al 2012, la retribuzione netta annua di un lavoratore-tipo aumente-

rebbe di 1.415 euro e, a parità di retribuzione lorda, il costo del lavoro comprensivo di IRAP si ridurrebbe di 1.711 euro all’anno. L’industria in senso stretto è il settore dove l’evasione è minore e quindi la tassazione incide in modo più accentuato (quasi il 93% del valore aggiunto è emerso). È anche il settore più esposto alla concorrenza internazionale e che ha bisogno più degli altri di contenere i costi. La lotta all’evasione diventa quindi, oggi più che mai, irrinunciabile ma va portata avanti abbandonando vecchi e sterili approcci del passato: non è più sufficiente infatti limitarsi ai controlli ai grandi contribuenti. Occorrono maggiori risorse e tecnologie più raffinate per > 9


TABELLA G. Italia: adempimenti fiscali troppo onerosi (Numero di pagamenti e tempi per assolvere gli obblighi fiscali e contributivi, anno 2012) La definizione delle tasse è uniforme tra paesi. Per esempio la tassa sul reddito, sui profitti e la tassa sul reddito di impresa rientrano tutte come tasse sul reddito. Dati in ordine descrescente rispetto al tempo complessivo di adempimento. Fonte elaborazioni su dati Banca Mondiale, Paying Taxes 2014

combattere l’evasione come fenomeno di massa. Il contrasto all’evasione però non è la sola priorità. Infatti, l’abbassamento dell’evasione fiscale ridurrebbe sì il carico fiscale - pagare tutti per pagare meno – ma, seppur accompagnata dall’abbassamento delle aliquote, non avrebbe alcun effetto sulla pressione fiscale (apparente) complessiva (e quindi anche sui numeri riportati in precedenza). L’eliminazione dell’evasione cambierebbe la distribuzione del prelievo tra settori ma non l’ammontare complessivo del gettito incassato. La via maestra per abbassare il livello di pressione fiscale nel nostro Paese resta la revisione della spesa pubblica che dovrebbe corrispondere anche a un miglioramento qualitativo dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione.

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La maggioranza degli imprenditori, poi, valuta il sistema fiscale poco chiaro, dominato dall'incertezza e dalla complessità dei tributi. Quali balzelli andrebbero eliminati subito per rendere il sistema più stabile e coerente? È così. In Italia non sono soltanto l’evasione e l’alta tassazione a frenare la competitività. Queste si associano a un’accentuata incertezza normativa che rende difficile assolvere gli obblighi fiscali e contributivi. La complessità normativa è riconducibile all’eccessivo 10

numero di regole, troppo spesso confuse e contraddittorie. Inoltre, le norme vengono cambiate frequentemente e spesso applicate retroattivamente. Ciò rende particolarmente onerosi gli adempimenti. Un esempio concreto di queste distorsioni? Uno su tutti: il numero dei pagamenti che un’impresa-tipo deve effettuare in un anno per assolvere agli obblighi fiscali e contributivi. Nel nostro Paese, un’impresa-tipo deve fare 15 l’anno, contro gli 8 del Regno Unito e i 9 della Germania. Numeri che la dicono lunga sul livello di farraginosità e macchinosità cui sono loro malgrado costretti a confrontarsi i nostri imprenditori. Come se non bastasse, poi, per preparare i documenti necessari ed eseguire materialmente i pagamenti delle imposte sul reddito d’impresa, dei contributi sociali e dell’IVA occorrono 269 ore l’anno, più del doppio del tempo richiesto nel Regno Unito (110), in Francia (132) e inferiore solo a quello necessario in Giappone (330) e Portogallo (275) (Tabella G). Perciò occorre intervenire urgentemente per semplificare la normativa e alleggerire il carico di adempimenti, che si aggiunge a quello della pressione fiscale nel penalizzare la competitività delle imprese che operano in Italia.


PRIMO PIANO

IN MEMORIA DI ANTONINO RUSSO, IL RE DELL’ORO ROSSO

DI GIOVANNI DE ANGELIS DIRETTORE ANICAV

L’avventura imprenditoriale e personale di un capitano d’azienda con una concezione antica del fare impresa; un imprenditore illuminato che, forte della sua capacità di riuscire a vedere lontano e a comprendere prima degli altri le evoluzioni del settore, dotato di un mirabile intuito,

C

on la scomparsa di Antonino Russo – avvenuta il 21 gennaio 2014 - il settore conserviero ha perso uno dei principali protagonisti di un comparto, quello del pomodoro, che rappresenta l’ossatura dell’economia salernitana e campana. Oltre il 50% del fatturato italiano dei derivati del pomodoro, pari a 2,5 miliardi di euro, è infatti realizzato tra le province di Napoli e Salerno. Ed è proprio sul confine tra le due province campane, tra i comuni di Angri e Sant’Antonio Abate che Russo inizia, oltre 50 anni fa, la sua avventura di conserviero che lo porterà ad essere definito il “re del pomodoro”. Quinto di dieci figli, Russo nasce a Sant’Antonio Abate l’11 febbraio del 1931 da una famiglia di commercianti di vino e crusca. Nell’immediato secondo dopoguerra, con il fratello Mario, inizia a lavorare nell’attività

di famiglia, ma subito dopo intuisce la forte potenzialità del settore delle conserve vegetali. Nel 1962, infatti, fonda la sua prima industria conserviera “La Gotica” posizionandosi fin da subito in maniera eccellente sul mercato, tanto che nove anni dopo vede la luce lo stabilimento Ipa di via Buonconsiglio a Sant’Antonio Abate. Nel 1979, poi, La Gotica viene assegnata ad una nuova società di capitali, la Conserviera Sud S.r.l.. In questo periodo Russo aderisce al mondo confindustriale, attraverso l’iscrizione ad Anicav prima e alla Territoriale di Salerno subito dopo. Nell’associazione di categoria dei conservieri ricoprirà ruoli di vertice (vice Presidente e consigliere incaricato) per più di un ventennio. Nel 1983 acquista un’azienda dismessa per creare, insieme a quattro soci, La Perla Con- >

ha dato vita a un importante gruppo

L'IMPRENDITORE ANTONINO RUSSO

industriale leader nel settore conserviero

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serve. Dopo le prime iniziali difficoltà, i soci lasciano, ma Russo, forte del suo intuito e della sua lungimiranza, riconverte la produzione e l’azienda inizia a volare. Sul finire degli anni ‘80, comprendendo, prima di altri, l’importanza di diversificare gli investimenti in una logica di presidio nelle diverse fasi della filiera produttiva, rileva un'azienda dalle partecipazioni statali trasformandola nella Velibox, che diventa così uno scatolificio moderno. Nel 2000 nasce il gruppo AR-Industrie Alimentari Spa, in cui confluiscono le società Ipa, Conserviera Sud e La Perla Conserve. Nel 2001 Russo rileva dalla Unilever il marchio di conserve Napolina, che fatturava 10 milioni di sterline, pagandolo 12 milioni di sterline. Vende, quindi, il 51% della quota del marchio alla Princes Limited, colosso inglese che fa capo ai giapponesi di Mitsubishi, con cui già nel 1970 Russo aveva sottoscritto un accordo commerciale per la distribuzione dei suoi prodotti in Gran Bretagna. Come ha affermato Russo in una delle ultime interviste rilasciate alla stampa, il marchio con cui vengono venduti pomodoro, paste alimentari, olio d’oliva e conserve, fattura circa 120 milioni di sterline e ha il 30 per cento della quota retail dell’UK. Nel 2002, i partner storici del gruppo AR, gli inglesi della Princes Ltd, acquisiranno una partecipazione del 7% del capitale dell’AR, avviando quella che sarà la vera svolta del gruppo. Nel 2007, Antonino Russo pone in essere “l’investimento della sua vita”: quasi 110 milioni di euro, in quattro anni, per costruire “lo stabilimento produttivo più grande in Europa per la trasformazione del pomodoro”, quello di Incoronata (Foggia). Con una superficie di 500mila metri quadrati, di cui 100mila coperti, lo stabilimento è 12

dotato di impianti produttivi che consentono la trasformazione di circa 400mila tonnellate di pomodoro fresco anche biologico e di impianti per la produzione di scatole in banda stagnata ed etichettaggio e confezionamento. Un investimento importante che rappresenterà “il fiore all’occhiello” della sua storia imprenditoriale. Lo stesso Russo ha dichiarato in una intervista: «Non avevo soldi, né terra. Mia madre possedeva solo 6mila metri di terreno e dopo molte insistenze, perché si preoccupava di cosa avrebbe lasciato agli altri figli, me ne cedette 2mila per iniziare. Ecco, tutto è nato da lì. E oggi, che ho quasi 1 milione di metri quadrati di suolo produttivo o commerciale, quasi mi viene da ridere. Si può dire che sono cresciuto di 20mila metri quadrati l’anno». Una storia, quella di don Antonino, di vero e proprio self-made man: capitano d’azienda, con una concezione antica del fare impresa e, al contempo, imprenditore illuminato che, forte della sua capacità di riuscire a vedere lontano e a comprendere prima degli altri le evoluzioni del settore, credendo fortemente nel suo intuito, ha realizzato un importante “gruppo industriale”. Nel 2012, risentendo inevitabilmente della crisi, Antonino Russo firma un accordo con Mitsubishi: al gruppo giapponese va il 51% della NewCo Pia Princes Industrie Alimentari, che avrà la proprietà dello stabilimento di Foggia e la sede legale e amministrativa ad Angri. AR Industrie Alimentari conserverà il controllo di tutti gli altri stabilimenti italiani del gruppo (Conserviera, Ipa e La Perla), che produrranno interamente per Princes Industrie Alimentari, di cui, don Antonino, sarà, fino alla sua dipartita, Presidente onorario.

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L'OPINIONE

CASTALDO: «IL RICORSO ECCESSIVO ALLA CUSTODIA CAUTELARE È UNA DELLE SPIE DEL MALFUNZIONAMENTO DELLA MACCHINA GIUDIZIARIA» DI RAFFAELLA VENERANDO

Per il professore e avvocato penalista, Andrea Castaldo, il Decreto Svuotacarceri non risolve il problema del sovraffollamento perché agisce sugli effetti e non sulle cause dello stesso. Bisognerebbe, invece, mettere in campo una politica criminale attenta e fare funzionare meglio l’amministrazione della giustizia

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rofessore Castaldo, i numeri della detenzione nel nostro Paese sono allarmanti: secondo i dati diffusi dal Ministero della Giustizia, al 30 novembre 2013 erano in più di 64.000 ad affollare le carceri italiane, a fronte di una capienza regolamentare di 47.649 posti. Un altro triste primato italiano vuole trattenute nel nostro Paese in custodia cautelare quasi 24.000 persone, il 38,1% della intera popolazione detenuta. La maglia nera a livello regionale spetta alla Campania dove la percentuale sale fino al 49,6%. Perché si ricorre con così tanta frequenza a questo strumento? È colpa anche di un retaggio culturale sbagliato? Da un confronto internazionale comparato sulle strutture carcerarie, in base al quale al 2012 in Italia erano 108 i detenuti ogni 100mila abitanti, il nostro Paese apparentemente non sembra essere messo così male. Se guardiamo infatti oltre confine, registriamo come, per esempio, negli Stati Uniti siano addirittura 716 le persone recluse. Inoltre superano il dato italiano la Grecia (111), l’Inghilterra e la Spagna (149). Hanno un minor numero di detenuti ogni 100mila abitanti, invece, la Germania (80) e la Francia (101). Possiamo quindi dire che, in relazione al generale fenomeno della detenzione, l’Italia è nella media. Il dato anomalo invece è proprio il tasso di popolazione carceraria in rapporto alla custodia cautelare: la percentuale italiana - sempre al 2012 - è del 38,1%. Peggio di noi solo l’Olanda con il 40,9%, mentre gli Usa hanno un tasso quasi dimezzato pari al 21,5%, l’Inghilterra al 12,7%, la Spagna al 15%. A tal proposito è quanto mai opportuno

ANDREA CASTALDO ORDINARIO DI DIRITTO PENALE FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA > UNIVERSITÀ DI SALERNO

chiarire qual è l’iter attraverso il quale si applica la custodia cautelare in carcere nel nostro Paese. La carcerazione preventiva, in Italia, è proposta dal PM (Pubblico Ministero) e disposta dal Giudice che procede (solitamente il giudice per le indagini preliminari). La sua concessione è ovviamente subordinata alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, al fatto, e alle esigenze che giustificano il ricorso alle misure cautelari: inquinamento probatorio, pericolo di fuga e di recidiva. Inoltre la misura cautelare in carcere deve essere applicata quale extrema ratio, soltanto qualora le misure meno afflittive risultino inidonee a soddisfare le esigenze cautelari. Effettivamente, stando ai dati del Ministero della Giustizia, esiste un problema di incontrollato ricorso a questa misura, la cui causa è > 13


sostanzialmente legata alla struttura complessa e al funzionamento non perfetto del nostro sistema giudiziario. Ritengo infatti che il problema da lei sollevato possa essere una spia della complessiva inefficienza dell’amministrazione giudiziaria che fa della custodia cautelare un uso disinvolto, nel dubbio che la pena detentiva finale non ci sia mai. Tra l’altro, aggiungo che, concretamente il vero dominus del procedimento de libertate non è purtroppo il giudice, il cui controllo sulla sussistenza dei presupposti e delle esigenze cautelari troppo spesso difetta di rigorosità poiché si limita all’esclusiva conferma di quanto richiesto dal PM. Né la Cassazione vieta – seppur entro certi limiti – tale distorsione applicativa della norma che continua a destare più di una perplessità tra gli addetti ai lavori. Il carcere di Fuorni - Salerno - non fa di certo eccezione con circa la metà dei detenuti trattenuta in regime di custodia cautelare… Sì, anche l’istituto di pena salernitano vive una situazione di emergenza carceraria. Potrebbero essere diverse le soluzioni per uscire dal sovraffollamento: amnistia, indulto, depenalizzazioni, misure alternative solo per citarne alcune. Ci spiega le differenze tecniche tra queste (portata e risultato)? L’amnistia costituisce una causa di estinzione del reato che viene così cancellato, mentre l’indulto estingue la sola pena, in tutto o in parte. Ambedue sono provvedimenti generali, a differenza della grazia che è invece misura ad personam; la depenalizzazione invece sottrae al perimetro applicativo del diritto penale un comportamento in precedenza considerato reato, in modo che diventi lecito o resti illecito ma in altri rami dell’ordinamento (per esempio illecito amministrativo); le misure alternative alla detenzione in carcere attengono alla fase dell’esecuzione di una pena già inflitta: in questi casi, non si ricorre alla detenzione per favorire il processo di reinserimento sociale del condannato imposto dalla Costituzione all’articolo 27, terzo comma. Che ruolo spetta alle autonomie locali in merito a questo settore? Agli enti locali è demandato un ruolo di primaria importanza: la prevenzione e la sensibilizzazione delle comunità al fine di contrastare qualsivoglia fenomeno di disadattamento, anche attraverso progetti di recupero sociale. Il sovraffollamento delle carceri non è solo un problema di ordine sociale o morale, ma anche di natura economica: sempre secondo le stime del Ministero della Giustizia un singolo detenuto costa alle casse dello Stato 116.68 euro/giorno (spesa totale nel 2010: 2 miliardi e 862 milioni di euro)… Vero, il sovraffollamento è anche un problema di costi. Nel nostro Paese c’è una monocorde e ossessiva attenzione verso il carcere, mentre ad esempio pene alternative come quella pecuniaria sono neglette. È altrettanto vero, però, che nei casi in cui vi sono

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condanne pecuniarie, l’80% di queste non vengono eseguite. Esiste quindi anche un problema di grave stato di ineffettività della pena pecuniaria. Eppure questo tipo di sanzione potrebbe essere un’importante risorsa per le casse del Ministero della Giustizia, se le numerose inefficienze della macchina amministrativa fossero sanate. Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone – la stessa che ha proposto le cosiddette tre leggi (modifica delle Fini-Giovanardi e Bossi-Fini, introduzione del reato di tortura e lotta al sovraffollamento delle carceri) ha definito il «nostro diritto penale un diritto da stato etico». Concorda o dissente e perché? L’affermazione di Gonnella non mi trova d’accordo. Il nostro è uno Stato laico, e tale è pure il diritto penale che nulla ha a che vedere con l’etica. Il reato infatti non è necessariamente un fatto moralmente illecito o eticamente riprovevole. Vi possono essere comportamenti illeciti che non sono però rilevanti penalisticamente. È pur vero però che negli ultimi anni ci sono state delle spinte all’eticizzazione del diritto penale, per esempio con la proposta di introdurre il reato di negazionismo o quello di omofobia. Si tratta però di isolati e specifici temi, scivolosi, che creano tensioni proprio perché confinano con l’etica, con i valori culturali soggettivi. Per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri la Corte Europea dei Diritti Umani ci ha imposto di assumere un piano per le riforme in ambito penale e penitenziario nel nome della protezione della dignità umana. Il Governo italiano ha di rimando recentemente risposto al diktat europeo con il Decreto Legge (il cosiddetto “Svuotacarceri”) in materia di giustizia penale e carceri che, nei prossimi due mesi, il Parlamento dovrà convertire in legge. Cosa prevede questa misura? Il D.L. 23/12/2013 n. 146 “Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”, al di là dei proclami, si pone l’obiettivo di sfoltire le carceri alla luce tanto delle raccomandazioni europee, quanto dei ripetuti inviti da parte del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Tra le principali novità, va sottolineata l’estensione del margine di operatività della liberazione anticipata (che passa da 45 giorni a 75 per semestre); aumentano, inoltre, le possibilità di accesso all'affidamento in prova al servizio sociale, sia ordinario che terapeutico, per pene fino a 4 anni (prima 3). Ultima e, a mio avviso, più significativa innovazione riguarda la stabilizzazione dell'istituto della esecuzione presso il domicilio delle pene non superiori ai 18 mesi, già prevista dalla legge n. 199 del 2010. Questo pacchetto di misure, a suo giudizio, sarà efficace sul necessario decongestionamento del sistema ormai al collasso? Dato anche il carattere di urgenza della norma, ritengo che le misure adottate si riveleranno dei meri palliativi, dei provvedimenti tampone che tentano di risolvere un problema agendo sugli effetti e non sulle cause. Bisognerebbe, invece, mettere in campo una politica criminale attenta e fare funzionare meglio l’amministrazione della giustizia.

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FOCUS

MUSEO DELLO SBARCO A SALERNO, LA MEMORIA ABITA QUI

DI RAFFAELLA VENERANDO

L'operazione Valanga - la più possente azione anfibia fino ad allora (180mila uomini) superata solo 9 mesi dopo - il 6 Giugno 1943 - dal D-day in Normandia (350mila soldati), grazie all’ausilio di cimeli, reperti e filmati inediti provenienti spesso da collezioni private sparse per il mondo rivive nel Museo dello Sbarco nato nel settembre 2012

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a lotta dell'uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l'oblio. I ricordi si sono dispersi nel vasto mondo e bisogna viaggiare per ritrovarli e farli uscire dai loro nascondigli". Queste le parole di Milan Kundera in un suo scritto di più di trent’anni fa, un libro amaro perché segna su carta la riprovevole capacità di molti Stati di cancellare la memoria umana e di negare, mistificandola, la verità storica. Non certo per sconfessare la verità dei fatti, quanto piuttosto per dargli il futuro che merita, è nato nel settembre 2012 il Museo dello Sbarco e Salerno Capitale, uno spazio storico che ricostruisce l'Operazione Avalanche (Valanga) del 9 Settembre 1943, la più possente azione anfibia fino ad allora (180mila uomini) superata solo 9 mesi dopo il 6 Giugno 1943 dal D-day in Normandia (350mila soldati), grazie all’ausilio di cimeli, reperti e filmati

IL SOLDATO PAUL OGLESBY DEL 30° FANTERIA DELLA 3ª DIVISIONE, NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI, IL CUI TETTO È STATO BOMBARDATO IL 15 SETTEMBRE. LA FOTO, SCATTATA DA BENSON DEL SIGNAL CORP, È DI POCO DOPO LE 17 DEL 23 SETTEMBRE 1943, SOLO ALCUNI MINUTI DOPO CHE I PRIMI SOLDATI STATUNITENSI SONO, FINALMENTE, ARRIVATI AD ACERNO (SA)

inediti provenienti spesso da collezioni private sparse per il mondo. A rimettere insieme storie e protagonisti di un episodio troppo spesso dimenticato dai libri, trascurato nelle ricostruzioni e ignorato nelle commemorazioni, il giornalista Edoardo Scotti, appassionato cultore di storia, e il professor Nicola Oddati, presidente dell’associazione Parco della Memoria della Campania. Oltre ai mezzi pesanti - nell’armamento esposto compaiono addirittura un carro amato americano M4 Sherman da 35 tonnel- >


gonisti “altri”, spesso volutamente dimenticato, bandito, relegato nel luogo/non luogo dell’oblio sociale. Quella che oggi è solo una riuscita iniziativa culturale di respiro via via internazionale ha però tutte le carte in regola - in testa la ferrea tenacia promozionale di Edoardo Scotti - per diventare presto un interessante progetto economico. Investitori - pubblici e privati - non necessariamente con il bernoccolo della storia, ma senz’altro dotati di un lungimirante senso degli affari, potrebbero scorgervi notevoli opportunità sulla scorta di altri ottimi esempi come quello di Caen in Normandia dove una partnership pubblico-privato ha dato vita a un vero e proprio Memoriale che ripercorre le fasi e i momenti salienti dello Sbarco in Normandia. Un’occasione – anche questa – da non lasciare cadere nell’oblio che potrebbe portare nuova linfa vitale all’economia del territorio. «È un prezioso carburante per il nostro impegno, la simpatia del presidente di Confindustria Salerno, Mauro Maccauro - ha dichiarato Scotti - che con grande affetto sta seguendo la nostra attività. Ma il suo interesse ci entusiasma particolarmente perchè è un riconoscimento. L'attenzione del leader degli imprenditori per il Museo dello Sbarco significa che questa operazione culturale ha prospettive per l'economia del territorio. E se ne è convinto lui...».

11 SETTEMBRE 1943. TRUPPE INGLESI SBARCANO SUL LUNGOMARE DI SALERNO

late; un Ponton Bridge, il cosiddetto ponte di barche in mogano adoperato per attraversare i fiumi e uno dei vagoni usati dai nazisti per la deportazione degli ebrei - il patrimonio del Museo comprende più di duecento reperti tra uniformi, copricapi, stampe, medaglie, maschere antigas, paracadute in seta, bombe e un archivio fotografico notevole per quantità e peculiarità degli scatti. Quello allestito in via Generale Clark a Salerno è un luogo di straordinario fascino, idealmente patrimonio comune di tutta la cittadinanza, non solo nella memoria e nella visione, ma soprattutto nella partecipazione perché rivela, con un’umanità priva di retorica, le tante facce di uno degli episodi più sanguinosi del secondo conflitto mondiale quando inglesi, americani e canadesi diedero vita - sbarcando a Salerno - all’attacco tedesco che si concluse solo il primo ottobre di quello stesso anno. Furono giorni di strategia e di lotta, di coraggio e di paura, di solidarietà e di resa, di sangue e vita. Giorni resi eterni lungo il percorso museale. Quello di Salerno è un Museo che racconta la guerra per parlare di pace, in cui la storia non è ripercorsa in maniera stucchevole, non c’è alcuna esaltazione per i vincitori, né pietas per i vinti, ma solo voglia di rimarcare la necessità che ci siano molti più e più autentici “8 settembre” della democrazia. E che siano voluti da tutti perché la storia e il passato sono le radici di un popolo, non di una parte di esso. Il Museo dello Sbarco, anche attraverso le parole dei suoi fondatori, vuole essere testimonianza reale di verità, ma anche riflessione critica sui concetti di memoria e cultura in senso ampio. Alle pareti e nelle teche infatti non c’è solo una memoria ufficiale storica e celebrativa – documenti autentici, reperti unici - ma un memoriale eclissato, fatto da prota16

11 SETTEMBRE 1943. SOLDATO INGLESE FRATERNIZZA CON GIOVANI SALERNITANE

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CONFINDUSTRIA SALERNO

EJARQUE: «PER VENDERE UN LUOGO OGGI OCCORRE UN NUOVO SGUARDO»

DI RAFFAELLA VENERANDO

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l 28 e 29 novembre scorsi, Confindustria Salerno ha ospitato la prima edizione di “Destinazione Sud: analisi e progettazione per il turismo”, iniziativa promossa dal Gruppo Alberghi, Turismo e Tempo libero interno all'Associazione. Si sono così gettate le basi per costruire insieme a tutti gli attori coinvolti - pubblico e privato, ciascuno per la propria parte - un percorso di cambiamento e crescita delle politiche turistiche per il Sud Italia, un’unica progettualità, coesa, organica, in cui le componenti siano tra loro collegate e non slegate. Durante la due giorni è stato presentato un dettagliato studio realizzato Josep Ejarque, Amministratore Delegato di FourTourism ed esperto internazionale in tema di turismo, sulle potenzialità dell’offerta turistica di Salerno e provincia ed è stato avviato un percorso analitico, basato su un approccio industriale e quindi di marketing e comunicazione, focalizzato sul mercato tedesco e russo. Di seguito le teorie turistiche di Ejarque, alla luce delle quali è necessario per il Sud, così come per l’Italia tutta, una nuova strada di organizzazione turistica, risolvendo efficacemente le problematiche specifiche che il Paese ha in termini di attrattività e competitività trovando il modo giusto per incrementarle. La sfida che Federturismo – rappresentata proprio da Ejarque – vuole lanciare parte dal dimenticare i vecchi atteggiamenti sul turismo, gli habitus mentali ormai superati ripartendo dalla consapevolezza che il comparto turistico è un elemento di economia forte che deve dotarsi di un approccio di lettura nazionale. Per Josep Ejarque, stimato pofessionista del Destination Marketing e del Destination Management, attualmente presidente della Four Tourism, società di consulenza specializzata in

JOSEP EJARQUE PRESIDENTE FOUR TOURISM

management e marketing turistico delle Destinazioni Turistiche, «un tempo la Costiera Amalfitana, quella Sorrentina, Napoli, Salerno, Paestum e Pompei richiamavano i turisti in modo quasi spontaneo. Oggi il “naturale” richiamo delle sirene da solo non basta più perché il mercato si è fatto agguerrito e con esso la concorrenza. In più in Campania si continua a vendere un turismo che ha segnato il passo, figlio di una logica promozionale anni Ottanta/Novanta che non rende più come un tempo. Serve un nuovo sguardo sulle cose. Bisogna passare all’attacco forniti di una precisa strategia operativa, non come l’Armata Brancaleone». Professore, lei è il promotore di una piccola rivoluzione in campo turistico: è stato il primo a parlare del viaggio come esperienza, sostenendo che le destinazioni non sono più interessanti solo per natura, per geografia >

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territoriale e culturale, ma possono diventare attrattive in modo quasi scientifico. Cosa chiede oggi il turista? Quali sono gli elementi che più incidono nella scelta di una destinazione? Innanzitutto occorre fare una premessa fondamentale: un territorio oggi non è più ciò che io - operatore del settore - racconto ma ciò che gli altri – i visitatori, i turisti clienti – dicono di esso. Alla luce di questo passaggio culturale diventa pertanto necessario chiedersi cosa vuole il cliente, in che modo è opportuno ridisegnare le destinazioni che non potendo più essere solo un luogo, una risorsa, devono diventare una somma riuscita di servizi, in cui l’offerta – intesa come attrezzature e organizzazione della stessa – incontri i gusti e le aspettative del turista che vuole vivere sì il “mio territorio” ma secondo i suoi interessi. Il passaparola oggi più che mai in campo turistico è la forza. Analizzando il caso Campania, dal suo studio la cosa che emerge con maggiore forza è la mancanza di coordinamento e di cooperazione nella strategia di promozione e offerta turistica. Un male solo campano? Non esclusivamente. Un tempo la Costiera Amalfitana, quella Sorrentina, Napoli, Salerno, Paestum e Pompei richiamavano i turisti in modo quasi spontaneo. Oggi il “naturale” richiamo delle sirene da solo non basta più perché il mercato si è fatto agguerrito e con esso la concorrenza. In più in Campania si continua a vendere un turismo che ha segnato il passo, figlio di una logica promozionale anni Ottanta/novanta che non rende più come un tempo. Serve un nuovo sguardo sulle cose. Bisogna passare all’attacco forniti di una precisa strategia operativa, non come l’Armata Brancaleone.

Passando invece a Salerno, secondo lei perché è ancora debole il richiamo turistico della città e del territorio circostante? Per quello che le dicevo pocanzi: il turismo a Salerno è ancora fortemente incentrato sui luoghi più che sull’offerta di prodotti. Il turista oggi non è più indifferenziato e unico ma sa esattamente cosa cerca e non tutti i clienti cercano la stessa cosa. Pertanto o ci attrezziamo per rispondere in maniera adeguata o faremo molta fatica a ottenere buoni risultati. Nello specifico, poi, va recuperato il ritardo che sconta Salerno e tutta la Campania nella accessibilità delle informazioni sul web e il basso livello di commercializzazione dell’offerta. Oggi se non sei riconoscibile in internet non esisti. Il turista per sceglierti deve conoscerti, trovarti e poi prenotarti- ci prenoti. Del resto il turismo stesso funziona quando si sviluppa in una logica di rete in cui sono messi a fattor comune obiettivi ma anche responsabilità. Quale, quindi, il suo suggerimento perché Salerno e la sua provincia diventino una destinazione turistica di successo? Salerno è attualmente una buona destinazione che però ha delle potenzialità enormi ancora inespresse. Bisogna far sì che il territorio diventi una multidestinazione, ovvero la somma dei prodotti e delle attività che si possono vendere sul mercato turistico. Per riuscire in questo obiettivo, occorre creare prodotti turistici e procommercializzarli in modo efficace sul mercato dove si trova “quel” turista interessato. La risposta a quel punto – se il lavoro di tutti è stato svolto al meglio – potrà essere solo una: la prenotazione.

DESTINAZIONE SUD UN PROGETTO COMUNE PER METE CONDIVISE

MICHELANGELO LURGI VICE PRESIDENTE GRUPPO TURISMO CONFINDUSTRIA SALERNO COORDINATORE DESTINAZIONE SUD

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estinazione Sud è il titolo della “due giorni sul Turismo” - tenutasi in Confindustria Salerno il 28 e 29 novembre scorsi - nata dalla volontà di stu-

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dio, programmazione e confronto che gli imprenditori turistici - salernitani e non solo, aderenti a Confindustria - hanno voluto per iniziare a tracciare un cam-

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CONFINDUSTRIA SALERNO bio di rotta sull’approccio al turismo in ambito provinciale, regionale e nazionale. Gli imprenditori turistici salernitani hanno inteso creare un nuovo modello di approccio alle tematiche turistiche, forti dell’esperienza personale e quotidiana di ciascuno e di quella fatta con Confindustria dopo tre anni di formazione e confronto con docenti universitari, imprenditori di tutto il Sud Italia, rappresentanti delle istituzioni, tecnici ed esperti del turismo di fama nazionale. Da Salerno è partito così un nuovo modello di approccio tecnico al turismo. Personalmente, con il sostegno del presidente del Gruppo Turismo di Confindustria Salerno Lucia Scapolatiello e l’aiuto di alcuni membri del Direttivo e di alcuni associati anche esterni alla provincia di Salerno, abbiamo voluto mettere in piedi questa manifestazione al fine di costruire un modello e un progetto di lavoro comune che fosse replicabile in tutto il territorio nazionale. L’idea di creare un momento di studio, riflessione, programmazione e confronto sui temi del turismo è derivata dalla constatazione che mancando programmazione - e in particolare il confronto fra tutti gli attori della filiera turistica imprenditoriali e istituzionali - ognuno “viaggiava” liberamente. Oggi più che mai gli imprenditori del settore infatti avvertono la necessità di studio e confronto sull’approccio al turismo per predisporre una programmazione che veda tutti procedere nella stessa direzione, pubblico e privato. Ecco perché è nata Destinazione Sud. Abbiamo pensato inizialmente a una due giorni per fare in modo che, nella prima sessione aperta a soli imprenditori turistici, si potesse studiare e progettare mentre nella seconda giornata, aperta alle istituzioni, ci si potesse confrontare. Lo studio è stato orientato alle metodologie di approccio al mercato per far capire agli imprenditori il cambio di direzione registratosi negli ultimi anni e l’importanza strategica che internet ha ormai assunto nel settore turistico. A questo scopo abbiamo voluto con noi uno dei massimi esperti del turismo - Josep Ejarque - il quale ha analizzato le evoluzioni del mercato e delle metodologie di approccio, spiegando concretamente il perché sia necessario affrontare il mercato in modo diverso, alla presenza di tanti imprenditori provenienti da tutto il Sud Italia che – nella sessione pomeridiana della prima giornata – hanno poi applicato la sua lezione a due specifici mercati, quello tedesco e quello russo. In questo modo siamo riusciti a far nascere all’interno del gruppo imprenditoriale la consapevolezza dei punti di forza e di debolezza della offerta turistica campana e salernitana e, soprattutto, abbiamo creato una autentica occasione di confronto che, se produttivo come nel nostro caso, non può fare altro che generare progettualità condivise. Tali progettualità sono state presentate nel corso della seconda giornata alle istituzioni pubbliche che hanno il compito di favorire il turismo e l’impresa e ai privati rappresentati da imprenditori di tutti il Sud Italia. Questa prima edizione di “Destinazione Sud”

ha conseguito molti risultati importanti, anche se alcuni degli obiettivi che ci eravamo prefissati non sono stati raggiunti. Idealmente, i risultati positivi potremmo dividerli tenendo conto di due importanti aspetti: la partecipazione e l’operatività. Sotto l’aspetto della partecipazione abbiamo registrato: la presenza di 7 Territoriali di Confindustria Turismo Sud Italia provenienti da Sardegna, Puglia, Basilicata e Campania; l’adesione di 5 Università; la partecipazione di oltre 100 imprenditori di tutto il Sud Italia, di esperti del turismo, della KPMG, delle Istituzioni regionali, provinciali e comunali della Campania, nessuna esclusa. Ma non solo. Hanno preso parte alla due giorni anche alcuni rappresentanti delle istituzioni della Regione Basilicata e della Calabria. Quanto all’operatività dell’incontro, invece, possiamo dirci soddisfatti sia per l’impegno profuso dagli imprenditori nello studio, nell’analisi del mercato e nel confronto attivo sul metodo di lavoro, sia per la capacità mostrata nel fare squadra su progetti comuni e condivisi e nella coesione manifestata per raggiungere insieme gli obiettivi. In più, va registrata, la volontà delle Università di lavorare, da subito, insieme agli imprenditori, quella di alcune istituzioni pubbliche di prendere in considerazione quanto emerso dal confronto, due elementi che rappresentano per noi il vero successo di questa prima edizione. Dobbiamo però evidenziare che non tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati sono stati portati a compimento. C’è ancora molta strada da fare – da parte di tutti, in particolare da parte di alcune istituzioni – perché si realizzi un vero cambiamento nell’approccio alle tematiche turistiche e non solo. Per questo motivo, e per verificare quanto sarà stato fatto e quanto ci resta da fare per la definizione di una strategia unica per il turismo, vi diamo appuntamento alla seconda edizione di Destinazione Sud il 27/28/29 novembre 2014.

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CONFINDUSTRIA SALERNO, NEW ENTRIES PER IL SISTEMA

DI ORESTE PASTORE RESPONSABILE SVILUPPO ASSOCIATIVO E RELAZIONI CON GLI ASSOCIATI CONFINDUSTRIA SALERNO

Sempre più vasto e variegato il mondo delle Aziende che scelgono di associarsi a Confindustria per realizzare un percorso di crescita e condivisione delle proprie esperienze

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l 28 gennaio scorso, nella sede di Conf industria Salerno, il Presidente Mauro Maccauro, con il Vice Presidente delegato al Marketing Associativo, Pasquale Gaito, ha dato il benvenuto alle nuove aziende associate. L’evento, ottavo di una serie di appuntamenti denominati “Welcome Day”, rappresenta un momento di conoscenza e di primo ascolto per condividere con gli imprenditori neo iscritti opinioni, proposte ed esigenze con l’obiettivo di ampliare, migliorare e modernizzare sempre di più l’offerta dei servizi agli associati. Durante il discorso di benvenuto, il Presidente Maccauro ha colto l’occasione per rendere note ai rappresentanti delle aziende neo associate le linee programmatiche in corso di attuazione e le attività già avviate, registrando con interesse e partecipazione i contributi dei colleghi imprenditori. Cantieristica nautica e industria aerospaziale, trasformazione agro-alimentare e lavorazioni meccaniche hi-tech; ma anche nobilitazione tessile, tour operating e ricettività per target di lusso, costruzioni ed immobiliare, e-commerce e produzione di liquori e distillati; inf ine, servizi di comunicazione e marketing, lavorazione di marmi pregiati, edizioni in self publishing ed agenzie per il lavoro, studi di progettazione e stampaggio della plastica: è sempre più vasto e variegato il mondo delle Aziende che scelgono di associarsi a Conf industria per realizzare un percorso di crescita e condivisione delle proprie esperienze. «Piccole e medie imprese, soprattutto - come ha sottolineato Maccauro - vera risorsa dell’economia italiana, le cui esigenze e aspettative complesse rendono l’impegno dell’Associazione una sfida sempre nuova e affascinante».


CONFINDUSTRIA SALERNO

GREEN ECONOMY NETWORK UN'ALLEANZA A SUPPORTO DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

DI RAFFAELLA VENERANDO

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13 DICEMBRE 2013 UN MOMENTO DELL'INCONTRO

nato in Confindustria Salerno il 13 dicembre 2013 il network dell'economia “verde" che, attualmente, raggruppa 22 aziende salernitane tutte afferenti all'ampio scenario della green economy. Le imprese - che hanno così avuto la prima possibilità di conoscersi meglio, scambiarsi informazioni e cominciare a gettare le basi per i futuri programmi ed iniziative - hanno deciso di entrare a far parte di questo progetto perché, a diverso titolo, impegnate per "natura" in attività che mirano a uno sviluppo inclusivo, intelligente e sostenibile, o perché hanno individuato nell'economia del recupero, delle fonti alternative, dei prodotti e dei materiali innovativi, il futuro delle proprie aziende. C'è infatti chi si occupa di tecnologie, chi di rifiuti, chi di energie alternative, chi di efficienza energetica, chi propone prodotti smart. Tutte in ogni caso hanno ravvisato in questa alleanza - aperta anche ad altre adesioni - il potenziale aumento della propria competitività, del proprio livello di innovazione ma soprattutto, la possibilità di nuove collaborazioni e di sviluppo del territorio. L'aggregazione di queste imprese trae origine dal protocollo d'intesa stipulato da Confindustria Salerno e Assolombarda e firmato lo scorso giugno, in virtù del quale le due associazioni si impegnano - tra le altre cose - a mettere a fattor comune esperienze, idee e progetti proprio in campo di sostenibilità ambientale ed energetica e di crescita delle imprese della green economy. «La Green Economy ha dichiarato il Presidente di Confindustria Salerno, Mauro Maccauro - rappresenta una filiera di grande interesse e sviluppo per la nostra economia. Le imprese che offrono prodotti, tecnologie e servizi per la sostenibilità ambientale ed energetica crescono, investono, fanno ricerca e stimolano l’innovazione. L’obiettivo del Green Economy Network di Confindustria Salerno è quindi quello di: costituire un punto di riferimento per gli operatori economici del settore; condividere esperienze, know how, scenari e prospettive; sviluppare progetti congiunti di crescita, innovazione, internazionalizzazione; attirare investimenti sul territorio nelle diverse filiere dell’ambiente e dell’energia; promuovere iniziative volte a favorire la competitività internazionale e il potenziale di offerta delle imprese aderenti». LE AZIENDE DEL GREEN ECONOMY NETWORK:

Agricola Imballaggi srl - Bioplast srl - Cartesar spa - Cicalese impianti srl - Consorzio Ecoem - De Iuliis macchine spa - Del Pezzo srl - Ellegi service srl - Emmeffeci srl - Facos innovation srl - Ge.i.s.a. srl - Gi group spa - Magaldi industrie srl - Metalsedi srl - Novare sistemi innovativi srl - Sabox srl - Salernitana combustibili srl - Sarim srl - Sider pagani srl - Uniplan software srl - Ecoplast srl - Nappi sud spa.

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I-MOOD: DIECI AZIENDE, UNA SOLA IDENTITÀ

DI RAFFAELLA VENERANDO

Una rete di imprese di Confindustria Salerno in cui aziende leader in diversi settori dell’arredamento si uniscono per un progetto dove qualità, capacità artigianale, cura del dettaglio e personalizzazione per garantire al cliente proposte di design adeguate ad ogni soluzione

I-MOOD Viale Danimarca, 84091 Battipaglia (Salerno) Tel. 0828.346473 info@i-mood.it www.i-mood.it

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recarietà, incertezza, crisi politica, economica, crollo dei valori, sconfortanti previsioni future: con queste ormai acquisite e scoraggianti premesse, l’export sembra essere l’unica soluzione per evitare alle aziende migliori di estinguersi. Volendo andare oltre questo mood che ci accompagna da troppo tempo, dieci imprese salernitane – tutte afferenti al Gruppo Sistema Casa di Confindustria Salerno - hanno pensato di invertire questa tendenza creandone uno tutto italiano: I-MOOD. Non solo la necessità, quindi, ma la ferma volontà di uscire da questo circolo vizioso e trasformarlo in virtuoso. I-MOOD - ovvero Italian mood - è uno stato dell’animo, uno stile di pensiero, una atmosfera accogliente tipica della creatività e del gusto italiano, un’immagine rinnovata del Made in Italy, un nuovo percorso da seguire, una nuova strada da battere, con la ferma volontà di cambiare le cose. Architetti, progettisti, interior design, collaborano con aziende che vantano anni di esperienza e know how nel settore dell’arredamento. L’obiettivo è coniugare estetica e rigore costruttivo, in una sintesi che traduca in forma e sostanza un’esigenza di qualità che è prima di tutto nostra. Una rete di imprese in cui aziende leader in diversi settori dell’arredamento si uniscono per un progetto dove qualità, capacità artigianale, cura del dettaglio e personalizzazione garantiscano al cliente proposte di design adeguate ad ogni soluzione. Essendo tutte PMI, le aziende del gruppo sono in grado di fornire risposte veloci e assicurare grande flessibilità. Per ogni spazio vi è una soluzione ideale e, attraverso la progettazione e l’analisi delle esigenze del cliente, si costruisce il giusto mood. I-MOOD offre infatti soluzioni personalizzate chiavi in mano per qualsiasi tipologia di spazio: contract alberghiero, hotel, ville, residenze, spazi espositivi. I-MOOD non è quindi solo un prodotto, ma un servizio al cliente rivolto a quanti non vogliono rinunciare all’Italian mood (design, qualità, artigianalità, ecc.). Il Presidente del Gruppo Sistema Casa di Confindustria Salerno, Paola Cianciullo, sensibile alle difficoltà che incontra soprattutto il comparto edile, non si arrende e propone ancora una volta di unire le forze e mirare ad obiettivi comuni anche attraverso questo originale tentativo di sintesi. Per provare comunque a servire, lì dove possibile, il mercato domestico ma focalizzando gli obiettivi comuni su particolari nicchie di mercato, individuate in quei paesi più sensibili al nostro design e ancora in grado di apprezzare la vera qualità come ad esempio Russia, Ucraina, Emirati Arabi Uniti, Nord Europa, Maghreb. In perfetta sintonia con quanto le istituzioni propongono e con l’appoggio di Confindustria Salerno, nasce quindi la rete di imprese I-MOOD: 10 aziende della provincia di Salerno, una sola identità. LE DIECI AZIENDE DELLA RETE I-MOOD

Cianciullo marmi, Valfex (Rinaldi Group), Thermalive, Hebanon Fratelli Basile, Garone Habitat, MGR group, Galleria Marf (Chechile), De Martino (cotto Rufoli), A4 Design, Tekla.


REPORT

IL TRASPORTO MARITTIMO TRAINA LA CAMPANIA: +7% L’INTERSCAMBIO COMMERCIALE

ALESSANDRO PANARO RESPONSABILE INFRASTRUTTURE E LOGISTICA SRM

Il trasporto via mare è il primo canale attraverso cui viaggia la merce in entrata e in uscita dalla regione

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l settore dello Shipping sta, negli ultimi anni, acquisendo sempre maggiore rilevanza conf igurandosi come uno degli elementi su cui puntare per lo sviluppo e la crescita del nostro Sistema Paese. SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Ufficio Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, ndr) ormai da tempo ne studia l’ampiezza, le dinamiche e le principali caratteristiche per fornirne una possibile chiave di lettura anche in relazione alle opportunità connesse ad un incremento delle relazioni economiche e commerciali che l’Italia ha con il resto del mondo. Parlando di interscambio marittimo, quindi, nel Mezzogiorno – con esclusione delle due isole che per loro natura primeggiano in tale comparto – la Campania fa registrare i flussi maggiori con oltre il 15% del totale della macro area. L’interscambio via mare tra la Campania e il resto del mondo nei primi 9 mesi del 2013 ammonta, nello specifico, a quasi 6,8 miliardi di euro (pari al 46% del totale regionale) ed è attribuibile per il 56,8% all’import e per la restante quota ai flussi in uscita. Analogamente a quanto registrato per l’intero territorio nazionale e anche grazie alla presenza di due dei principali porti nazionali, il trasporto via mare è, quindi, il primo canale attraverso cui viaggia la merce in entrata e in uscita dalla regione, seguito (con un peso di circa 20 punti percentuali in meno) dal trasporto su strada. Un ulteriore dato

positivo deriva dall’analisi di trend riferita agli ultimi anni. Se, infatti, da un lato emerge (rispetto all’analogo periodo del 2012) un aumento del 6,9%, dall’altro si evidenzia come il peso del trasporto via mare sul totale dei traffici regionali sia in costante aumento con un valore che passa dal 40,4% del 2011 al 46% del 2013. Il comparto marittimo, quindi, non solo non risente della contrazione generale degli scambi regionali ma può anche configurarsi come un possibile traino per gli stessi in ottica futura. Le principali aree con cui la Campania intrattiene rapporti commerciali via mare sono l’Asia Orientale, i paesi dell’UE 28, l’America settentrionale e l’Africa settentrionale. Con l’aria asiatica, in particolare, viene scambiata merce per un valore pari ad oltre 1,5 miliardi di euro (il 22,2% del totale regionale) e si tratta per lo più (il 75,7%) di importazioni campane. Per contro, nei confronti delle altre tre aree sopra citate (che pesano sul totale regionale per il 15,6%, il 14,5% ed il 12,2%) la regione è soprattutto area esportatrice. Se si escludono i prodotti energetici, le prime tre aree di riferimento restano le stesse, seppur con pesi differenti; i paesi dell’Africa settentrionale, invece, lasciano il posto a quelli dell’America centro-meridionale. Da un punto di vista qualitativo, infatti, i prodotti energetici non sono tra quelli a maggior impatto sugli introiti regionale con un peso sul totale che, nel loro > 23


L’INTERSCAMBIO COMMERCIALE DELLA CAMPANIA: PESO SUL TOTALE REGIONALE E VARIAZIONE ANNUA (III TRIM. 2010 – III TRIM. 2013)

FONTE ELABORAZIONE SRM SU DATI ISTAT COEWEB, 2014 VARIAZIONE ANNUA (III TRIM. 2010 – III TRIM. 2013)

insieme, è pari al 7% (circa 480 milioni di euro). Le aree di riferimenti principali per tale categoria sono l’Africa settentrionale (con il 53,5% del totale degli scambi regionali di prodotti energetici) e i Paesi dell’UE 28 (23%); in entrambi i casi si tratta quasi esclusivamente di importazioni campane. Alla base dei flussi commerciali regionali ci sono, per contro, i metalli e i manufatti in metallo (con il 19,6% del valore complessivo), i prodotti alimentari (17,9%), quelli dell’industria tessile (15,6%) e i mezzi di trasporto (10,9%). Per quest’ultima categoria e per i beni alimentari la Campania è soprattutto area di origine, mentre nei due restanti comparti prevalgono i flussi in entrata. Scendendo ancor più nel dettaglio degli scambi regionali è possibile notare come ogni singola area geografica del mondo sia il punto di riferimento per determinate categorie merceologiche. Per i rapporti con il Medio Oriente, ad esempio, emerge come circa la metà del valore complessivo della merce scambiata sia attribuibile a due sole categorie, ossia i prodotti alimentari (per lo più esportati) e quelli chimici (per lo più d’importazione). Un’analoga concentrazione si ha con i Paesi dell’UE 28 i cui rapporti sono basati per circa i tre quarti sull’importazione di metalli e manufatti in metallo e sull’esportazione di prodotti alimentari e mezzi di trasporto. Queste ultime due categorie sono le stesse che 24

caratterizzano i rapporti commerciali con i paesi dell’America settentrionale, con un peso sul totale di quasi il 55% e, anche in questo caso, la Campania è per lo più Paese di origine. L’importanza del trasporto marittimo (tanto merci quanto passeggeri) per l’economia regionale è confermata anche dalla presenza di numerose imprese specificatamente dedicate a tale attività. A fine 2013 si contano, infatti, 232 unità riferite per oltre l’86% alla provincia di Napoli. Si stima, inoltre, che per un panel di 104 imprese con bilanci disponibili al 2012, il fatturato complessivo è di oltre 980 milioni di euro; per il solo comparto merci, invece, per un panel di 13 imprese tale valore supera i 164 milioni di euro. Le analisi effettuate da SRM, per concludere, sottolineano tutta l’importanza che il trasporto marittimo riveste per l’economia regionale: esso è non solo una delle principali modalità di trasporto utilizzate per l’ingresso e l’uscita delle merci dal territorio campano, ma è anche, a differenza degli altri settori, in rilevante crescita rispetto al passato. Confrontando i dati al III trimestre del 2013 con quelli dell’analogo periodo del 2010, il commercio via mare registra, infatti, una crescita dell’8,4% a fronte di un calo per tutte le restanti modalità di trasporto (-8,9% per il ferroviario, -8,5% per quello su strada e -1,6% per quello aereo). Per ulteriori informazioni www.sr-m.it

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STRATEGIE D'IMPRESA

PASSAGGIO GENERAZIONALE IN AZIENDA: IL METODO VIRVELLE

DI RAFFAELLA VENERANDO

La società salernitana specializzata nella formazione continua con metodologie esperienziali fornisce da tempo un servizio di formazione e consulenza sul change management basato su una visione sistemica e costruttivista dell’azienda che integra aspetti organizzativoimprenditoriali, psicologico-relazionali e finanziario-tributari

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rasferire da una generazione all’altra know-how, conoscenze e competenze manageriali in azienda, maturate in anni di esperienza, rappresenta oggi uno dei passaggi critici del sistema produttivo italiano. Dati aggiornati confermano che circa il 30% delle imprese fallisce al primo cambio generazionale. Spesso le direzioni di impresa affrontano il momento del passaggio generazionale come una peculiarità da gestire solo attraverso variabili economico-finanziarie, ma i fatti dimostrano che queste non sono sufficienti a preservare l’esistenza dell’azienda.Virvelle, società salernitana specializzata nella formazione continua con metodologie esperienziali e operante nel settore dal 2006, eroga già un elaborato un servizio di formazione e consulenza sul passaggio generazionale basato su una visione sistemica e costruttivista dell’azienda che integra aspetti organizzativo-imprenditoriali, psicologico-relazionali e finanziario-tributari. «Esistono implicazioni valoriali, organizzative, psicologiche, etiche ed emotive, afferenti all’imprenditore, al successore e al sistema azienda, che ricoprono un ruolo fondamentale insieme a quelle legali, contabili e finanziarie - spiega Francesco Serravalle, partner Virvelle – un concentrato di elementi strategici, da prendere in debita considerazione, per gestire al meglio il processo di successione aziendale, trasformandolo in un’occasione di rilancio e crescita del business d’impresa». Il servizio integrato di consulenza e formazione realizzato da Virvelle vede diverse esperienze già attuate: «il passaggio generazionale che stiamo affrontando in azienda – racconta Franco Montuori, dirigente della Sip&T di Baronissi – è una fase naturale che non rappresenta una minaccia per la nostra sopravvivenza se programmata in anticipo, pianificata sagacemente e accompagnata da interventi formativi consulenziali a supporto e di valore, come quello realizzato insieme al team Virvelle». «L’intervento in Sip&T - evidenzia Mario Vitolo, partner Virvelle – si basa su diversi step di analisi degli asset finanziari e organizzativi con il fine di delineare, eventuali, migliori soluzioni dei modelli di governance da implementare attraverso diversi interventi formativi, realizzati con metodologie esperienziali e coaching, che permettano di assumere efficacemente i nuovi ruoli, tanto all’imprenditore quanto ai suoi eredi». Per il team Virvelle gli interventi devono essere progettati in considerazione dell’analisi strategica di impresa e dello studio dei fattori predittivi di un passaggio generazionale di successo, le attività strutturate in funzione dell’imprenditore, sia in qualità di committente dell’intervento, sia di attore principale, insieme all’erede, del passaggio generazionale. Per questo Virvelle ha composto un team di validi consulenti, esperti nei diversi settori della gestione aziendale, unito a formatori senior, specializzati nel passaggio generazionale e afferenti all’AIF (Associazione Italiana Formatori) pur mantenendo l’approccio metodologico che la contraddistingue da sempre: l’evidenza scientifica dei contenuti consulenziali e didattici a supporto della definizione di obiettivi formativi misurabili attraverso strumenti innovativi come l’utilizzo delle metodologie di Outodoor Management Training OMT®, già applicate nel 2010 durante interventi formativi con i dirigenti di alcune delle maggiori realtà industriali salernitane quali la Doria, Prysmian, De Iuliis Macchine, Silgan White Cap, Sicurglass, Gruppo Magaldi. 25


SETTORE DEL PACKAGING: LA RICERCA DI MATERIALI INNOVATIVI DI TERMOTECH ECO

DI RAFFAELLA VENERANDO

La sfida futura è quella di aiutare le aziende del settore “Food Packaging” ad individuare in maniera più precisa le caratteristiche chimiche, fisiche e meccanico-dinamiche dei materiali impiegati, applicare la tecnologia più innovativa di conservazione delle materie plastiche e ridurre o addirittura eliminare la cessione dei costituenti che caratterizzano qualsiasi prodotto finito, sia esso contenitore, rivestimento o imballaggio

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a qualche mese a questa parte il Centro di Ricerca e Laboratorio di Analisi Chimiche Termotech Eco persegue un obiettivo molto importante: quello di implementare la ricerca di materiali innovativi, processi e soluzioni per lo sviluppo di progetti nel settore del packaging lavorando per e con le Imprese in totale riservatezza. Centro di eccellenza del Sud Italia Termotech Eco è in grado di offrire supporto tecnico e consulenza alle aziende dell'industria del Packaging costituendo un determinante riferimento per il settore attraverso lo svolgimento di una serie di attività, che vanno dalla elaborazione di progetti di ricerca alla sicura finalizzazione degli stessi, coerentemente con le richieste del mercato. Una delle prerogative tipiche del Centro Termotech Eco è lo stretto collegamento con le aziende, sia produttrici che utilizzatrici di imballaggi. Completano le dotazioni del Centro di Ricerca Termotech Eco laboratori all’avanguardia con alta strumentazione scientifica e la presenza di uno staff qualificato con competenze esclusive nel campo della Scienza e Tecnologia dei Polimeri garantite da un consolidato Know-How maturato nel campo dei materiali polimerici, dei compositi rinforzati con fibre minerali o naturali, dei polimeri bio-rinnovabili, delle nano- tecnologie e coatings per utilizzi sia in campo civile, che in ambito industriale (aeronautico, automotive, nautico, edilizia e costruzioni). «I legami con l’Industria del Packaging – dichiara Stefania Lima, Ufficio Marketing e Sviluppo Termotech Eco - si concretizzano in importanti incontri periodici finalizzati alla verifica delle attività che ci vedono coinvolti nei loro progetti stabilendo così un rapporto di cura e attenzione costante nel tempo. L'attività del Centro di Ricerca Scientifica Termotech Eco è in continuo fermento relativamente all’investigazione e all'individuazione delle materie plastiche come prodotti finiti utilizzati nel packaging alimentare. La nostra sfida futura in tale ambito è quella di aiutare le aziende del settore “Food Packaging” ad individuare in maniera più precisa le caratteristiche chimiche, fisiche e meccanico-dinamiche dei materiali impiegati, applicare la tecnologia più innovativa di conservazione delle materie plastiche e ridurre o addirittura eliminare la cessione dei costituenti che caratterizzano qualsiasi prodotto finito, sia esso contenitore, rivestimento o imballaggio».


STRATEGIE D'IMPRESA

PROGETTO IMP_EXP: PUBBLICATO IL BANDO DI SELEZIONE

DI RAFFAELLA VENERANDO

Diventa Ambasciatore del Made in Italy: il Gruppo Iovine promotore di un’iniziativa in favore della mobilità transnazionale per 80 giovani laureati. Le candidature sono aperte fino al 16 febbraio 2014

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ella seconda metà di gennaio è stato pubblicato ufficialmente il bando del Progetto IMP_EXP, iniziativa promossa da Gruppo Iovine srl - società salernitana di consulenza ed ente di formazione - che ha ottenuto il contributo della Comunità Europea e che si pone l'obiettivo di promuovere la mobilità transnazionale di 80 giovani laureati, inoccupati, residenti nel territorio italiano, al fine di formare, mediante lo svolgimento di tirocini di 15 settimane all’estero (in Spagna, Portogallo, Polonia, Germania e Inghilterra), professionisti in materia di internazionalizzazione di piccole e medie imprese operanti nei settori agroalimentare, tessile e dell’artigianato di alta qualità, e in materia di promozione culturale e turistica. Nel dettaglio, le attività chiave della missione commerciale - che vedrà il coinvolgimento diretto anche di professionisti del commercio internazionale - saranno: analisi dei canali distributivi; studio di fattibilità per l’avvio di nuove attività nei mercati esteri; azioni di comunicazione e pubblicizzazione di prodotti; attività di monitoraggio dei mercati di riferimento e del sistema di distribuzione; sviluppo e gestione delle relazioni esterne, dei clienti e/o fornitori; scouting e business drink; cooking show. Prima di partire per il tirocinio poi i giovani selezionati frequenteranno corsi di formazione sugli aspetti tecnici, legali, finanziari e commerciali legati alle attività di import-export delle aziende pubbliche e private che operano sui mercati internazionali. Il progetto prevede la partnership di diversi operatori istituzionali: CCIAA di Salerno, CIA regione Campania, Ordine dei Commercialisti di Salerno, Ordine dei Commercialisti di Vallo della Lucania, Comune di Salerno, Comune di Fisciano, Comune di Bellizzi. Sarà possibile presentare le candidature a Gruppo Iovine entro il 16 febbraio. Per ulteriori informazioni consultare il bando pubblicato sul sito www.costozero.it (Sezione Business/Strategie di Impresa) o contattare il Gruppo Iovine ai seguenti recapiti: info@gruppoiovine.it - 089-7728547. 27


LA GESTIONE DEL CONFLITTO NEL PERCORSO STRATEGICO DELL’IMPRESA ETICA

MARCO MARINARO AVVOCATO CASSAZIONISTA > MEMBRO ABF ROMA info@studiolegalemarinaro.it

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el 2001 il Libro Verde della Commissione Europea ha definito la CSR (Corporate Social Responsibility) “l’integrazione da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Questa definizione costituisce un passaggio significativo nel percorso compiuto negli ultimi tre lustri dalla cultura d’impresa costantemente protesa verso un nuovo modo di intendere la sua azione sul territorio e nel mercato globale. Sempre più frequentemente infatti nell’azione dell’imprenditore emerge una rinnovata consapevolezza nel calcolo costo-benefici. La complessità del mercato globale in un’epoca di profonde e rapide trasformazioni postula un diverso approccio in una logica di lungo periodo che integri valutazioni e scelte responsabili. La consapevolezza della centralità dell’impresa nel mondo dell’economia non può prescindere da analoga consapevolezza della centralità dell’impresa nel contesto dello sviluppo sociale e della tutela ambientale. Qui nasce un nuovo modo di fare impresa in una logica del profitto che non è mera speculazione. L’impresa aderisce spontaneamente a standard etici e sociali che superano notevolmente le prescrizioni normative vigenti in una prospettiva di valorizzazione di tutti gli stakeholders (azionisti, dipendenti, fornitori, clienti, ambiente, collettività, organizzazioni sociali, autorità pubbliche). Si assume un modello gestionale competitivo e dinamico in grado di incrementare gli standard di sviluppo sociale, di tutela dell’ambien-

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te, di rispetto dei diritti fondamentali. Così la riduzione dell’impatto ambientale, la sicurezza dei lavoratori, la qualità e la sicurezza dei prodotti, la formazione e la valorizzazione delle competenze dei lavoratori divengono obiettivi dell’azione economica dell’impresa e non lacciuoli posti dall’ordinamento giuridico. Occasione di sviluppo socio-economico integrato che consente all’imprenditore di ottenere benefici economici consolidati. Il raggiungimento di obiettivi sociali ed ambientali in una prospettiva etica d’impresa si trasforma così in un notevole beneficio aziendale. La massimizzazione del profitto viene perseguita in una nuova logica in grado di valorizzare in una strategia relazionale la varietà degli stakeholders che influenzano sempre più l’attività imprenditoriale. La CSR si integra in tal modo nel management aziendale divenendo un investimento e non un costo. Essere “socialmente responsabili” significa investire sul capitale umano, sull’ambiente e sulle relazioni con gli stakeholders. Il percorso dell’impresa scopre così le certificazioni etiche ed ambientali (SA8000, ISO 14001 e Registrazione EMAS, OHSAS 18001), il bilancio ambientale e sociale, il report di sostenibilità; nascono i business plan e i budget nei quali si integra la dimensione sociale ed ambientale valutando le performance in queste aree, si conducono audits sociali e ambientali programmando aggiornamenti periodici, si adottano codici etici, etc.. L’impegno etico nell’azione imprenditoriale diviene un valore aggiunto e la trasparenza nella comunicazione trasferisce al brand credibilità ed affidabilità consolidandone la posizione sul mercato. Lungo questo sentiero è


NORME E SOCIETÀ singolare rilevare come proprio nell’ultimi anni seguendo percorsi autonomi si sia affermata anche una nuova logica nella gestione delle liti commerciali e, più in generale, del conflict management. Invero, il conflitto è potenzialmente insito nella contrapposizione di interessi e posizioni di due o più parti nel rapporto e diviene quindi strumento di azione e di valutazione di un’azienda che intenda operare secondo i criteri di CSR. A ben guardare il conflict management, sia nella fase fisiologica dei rapporti sia in quella patologica, nella quale il conflitto assume i connotati di una vera e propria controversia, diviene la “regia” della comunicazione e della interazione dell’impresa con i suoi numerosi stakeholders. È proprio mediante la sana gestione di un conflitto potenziale o attuale che vengono costruite, rinsaldate o ri-costruite le relazioni positive nell’azione d’impresa. In questa direzione l’azienda vive il conflitto quale risorsa alla quale attingere per migliorare ed intessere nuove relazioni superando la logica della contrapposizione anche nelle fasi patologiche del rapporto. Non sempre infatti sarà pos-

sibile gestire il conflitto trasformandolo immediatamente in una opportunità. Ma anche la controversia insorta costituirà una nuova occasione per misurare la capacità di pervenire ad una soluzione win-win mediante percorsi conciliativi ed in generale di A.D.R. (alternative dispute resolution). La scelta dei nuovi metodi per la soluzione delle liti, primo fra tutti la mediazione, sino ad arrivare all’arbitrato, offrono all’impresa un valore aggiunto consentendo alla stessa una gestione sostenibile del contenzioso, peraltro notevolmente ridotto da una proficua attuazione degli strumenti del conflict management. Una gestione responsabile e propositiva delle liti con tutti gli stakeholders contribuisce a creare nel momento della “crisi” la massima credibilità ed affidabilità anche qualora alla soluzione si dovesse pervenire senza un accordo. La gestione etica del conflitto nella logica win-win in azienda diviene così un valore ineludibile e prezioso attraverso il quale costruire un’impresa socialmente responsabile.

SOCIETÀ MISTE E SERVIZI IN HOUSE: CONTRADDIZIONI E FALLIMENTI

LUIGI M. D’ANGIOLELLA AVVOCATO AMMINISTRATIVISTA studiodangiolella@tin.it

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uando, qualche anno fa, il Legislatore introdusse la possibilità per gli enti locali di operare - oltre che attraverso i tradizionali strumenti - anche mediante società di capitali ad intero o parziale capitale pubblico (a partire dalla legge 142/90), la novità fu vista con grande interesse, perché si trattava di strumenti operativi più elastici che permettevano alle Pubbliche Amministrazioni di intervenire in alcuni settori con maggiore incisività. Pochi erano coloro che ponevano degli interrogativi di coordinamento di sistema. Col tempo, accanto, indubbiamente, ad una

maggiore vivacità di alcune operazioni della P.A. sono ben presto emersi diversi problemi. Da un lato, i politici hanno utilizzato nuovi veicoli societari soprattutto per soddisfare le clientele, ritenendosi svincolati dai divieti di assunzione e dalle restrittive regole concorsuali che operano per le Amministrazioni pubbliche e, dunque, appesantendoli oltremisura, al di là della validità del progetto imprenditoriale.Dall’altro, la possibilità di affidare direttamente i servizi pubblici a questi soggetti ha comportato una restrizione dei mercati, in quanto le società pubbliche o comunque mi- > 29


ste, con soci privati, hanno per anni ricevuto i servizi pubblici senza il necessario confronto concorrenziale delle gare. Per questi elementi e anche perché le società miste via via divenivano centri di spesa senza controllo, il Legislatore è tornato sui suoi passi, provvedendo ad una serie di norme tese a diminuire il raggio di intervento fino quasi ad eliminare la possibilità della gestione dei servizi pubblici attraverso società miste. Da ultimo con il Decreto Legge 95/2012 che ha obbligato allo scioglimento di molti di questi soggetti, pur con l’indicazione di alcune eccezioni. I danni però sono tutti sul tappeto e spesso a carico dei cittadini. I Tribunali purtroppo hanno incominciato ad arricchirsi di procedure fallimentari anche nei confronti di società pubbliche o miste, e sono sorte questioni di non semplice coordinamento tra procedure e regole pubblicistiche e altrettanto cogenti norme di diritto

civile che regolano le società di capitali anche se a partecipazione pubblica. Notevoli per esempio sono state le perplessità sull’applicabilità delle norme del fallimento e/o del concordato relativamente a società pubbliche o a parziale partecipazione pubblica che si sono solo di recente risolte con la possibilità, anche per questi soggetti, di essere sottoposti a fallimento. É questo un classico esempio italiano di come certe storie siano nate con i migliori auspici, ma inquinate dalla cattiva politica oltre che dal mal costume imperante delle nostre classi dirigenti. Ai più attenti sin dall’inizio era chiara la difficoltà su come fosse difficile inserire, nel corpo molle della Pubblica Amministrazione, società di capitali con regole codificate e per rapporti inter-privati, ma all’epoca – come spesso accade – i più accorti restarono tristemente inascoltati.

S.R.L.: LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI NEI CONFRONTI DEI CREDITORI SOCIALI MAURIZIO GALARDO AVVOCATO > STUDIO LEGALE GALARDO & VENTURIELLO info@galardoventuriello.it

Si sta consolidando l’opinione secondo cui anche nelle SRL sussiste la responsabilità degli amministratori tutte le volte in cui il patrimonio sociale della società sia divenuto insufficiente per i creditori a causa dell’amministratore negligente 30

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a disciplina della responsabilità degli amministratori nella società a responsabilità limitata è stata modificata con la riforma del diritto societario (D.lgs. N. 6/2003). Oggi infatti non vi è più un rinvio alla disciplina della società per azioni, bensì una norma specifica contenuta nell’art. 2476 del codice civile. Questa norma secondo parte degli interpreti prevedrebbe nei primi cinque commi l’azione di responsabilità della società nei confronti degli amministratori; secondo un’altra corrente di pensiero invece nelle società a responsabilità limitata non sarebbe più prevista l’azione sociale di responsabilità, almeno in senso tradizionale, e quella disciplinata nei

primi cinque commi dell’art. 2476 cod. civ. sarebbe un’azione promuovibile dal singolo socio a tutela della società. Al sesto comma viene invece prevista l’azione dei singoli soci e dei terzi che siano stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori. Non è invece più espressamente prevista un’azione dei creditori sociali analoga a quella prevista dall’articolo 2394 cod. civ. nella società per azioni. Per tale ragione parte della Giurisprudenza ha affermato che per effetto della riforma del diritto societario i creditori sociali non potrebbero più esercitare l’azione sociale, come era previsto nell’art. 2394 cod. civ., in quanto

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LAVORO quest’ultima non sarebbe più sostanzialmente riconducibile alla disciplina della società a responsabilità limitata. Secondo questa opinione, in buona sostanza, l’autonomia della disciplina della nuova società a responsabilità limitata non consentirebbe l’applicazione in via analogica dell’art. 2394 cod. civ.. In senso contrario un altro orientamento giurisprudenziale, che si sta sempre più consolidando, ritiene che l’art. 2394 del cod. civ. sarebbe comunque applicabile in via analogica anche alle società a responsabilità limitata, in quanto la mancata previsione di una responsabilità degli amministratori di questa società nei confronti dei creditori sociali sarebbe conseguenza in realtà di un vuoto normativo derivante da un difetto di coordinamento tra la disciplina delle società a responsabilità limitata e quella delle società per azioni. Pertanto, nonostante l’art. 2476 del cod. civ. non preveda più espressamente la possibilità per i creditori sociali di promuovere l’azione ex art. 2394 cod. civ., quest’ultima disposizione sarebbe, secondo questo orientamento, comunque applicabile alle società a responsabilità limitata perché oltre che sul principio generale di responsabilità degli organi gestori, ricavabile dal sistema complessivo, trova degli espliciti richiami normativi sia nell’art. 2486 cod. civ. secondo comma, ai sensi del quale tutti i creditori delle società di capitali, senza distinzioni tra società per azioni o società a responsabilità limitata, al verificarsi di una causa di scioglimento e fino alla nomina del liquidatore, possono esperire l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, nel caso in cui questi ultimi abbiano violato l’obbligo di gestire la stessa ai soli fini di conservare

l’integrità e il valore del patrimonio sociale, sia nell’art. 2477 ult. comma e nell’art. 2497 del cod. civ.. In particolare è stato osservato che l’art. 2497 cod. civ. laddove sancisce la responsabilità di società o di enti che esercitano attività di direzione e coordinamento di società, prevede per tutte le società di capitali indistintamente la possibilità per i creditori di agire per il risarcimento del danno loro cagionato dalla lesione all’integrità del patrimonio da parte di chi abbia preso parte al fatto lesivo o ne abbia consapevolmente tratto beneficio. Il creditore potrebbe inoltre far valere la responsabilità dell’amministratore di società a responsabilità limitata , ai sensi dell’art. 2476 cod civ. nella parte in cui prevede il diritto al risarcimento del “terzo” che sia stato comunque danneggiato da atti dolosi o colposi dell’amministratore, oppure in alternativa potrebbe invocare la tutela generale prevista dall’art. 2043 cod. civ secondo cui qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga chi l’ha commesso al risarcimento del danno. Alla luce, dunque, delle interpretazioni più recenti, tendenti a privilegiare una ricostruzione dell’istituto volta a non lasciare vuoti normativi nella disciplina della responsabilità degli amministratori delle società di capitali, si sta consolidando l’opinione secondo cui anche nelle società a responsabilità limitata sussiste la responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali tutte le volte in cui il patrimonio sociale della società amministrata sia divenuto insufficiente al soddisfacimento delle ragioni dei creditori per essere stato depauperato dall’amministratore negligente.

L’ARTICOLO 18 DOPO LA RIFORMA FORNERO

GIORGIO FONTANA AVVOCATO DEL LAVORO fontana.studio@virgilio.it

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na delle questioni più rilevanti poste dalla riforma dell’art. 18 l. n. 300/1970, a seguito della “legge Fornero”, è quella relativa alle condizioni che consentono al Giudice di provvedere ai sensi del V comma della sud-

detta disposizione di legge, ossia di condannare il datore di lavoro, in caso di accertata illegittimità del licenziamento, unicamente al pagamento in favore del lavoratore di un’indennità risarcitoria pari ad una somma > 31


NELLA MATERIA DEI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI RESTEREBBE INTATTA LA FONDAMENTALE NORMA DI CUI ALL'ARTICOLO 2106 DEL CODICE CIVILE: IL GIUDICE NON È TENUTO SOLO AD ACCERTARE L'EFFETTIVA SUSSISTENZA DEL FATTO CONTESTATO NELLA SUA MATERIALITÀ, MA DEVE VALUTARE – FRA L’ALTRO – OLTRE AI PROFILI SOGGETTIVI DI DOLO E COLPA, ANCHE SE ESSO RISULTI COSÌ GRAVE DA GIUSTIFICARE L'APPLICAZIONE DELLA SANZIONE DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE CON LA CONSEGUENTE RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

ricompresa fra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità di retribuzione globale di fatto. Difatti (al di là delle ipotesi contemplate dal I° comma dell’art. 18, che obbligano sempre il Giudice a disporre la reintegrazione del lavoratore, con tutela reale del posto di lavoro) occorre tener presente che il comma IV dell’art. 18 prevede ora l’obbligo di reintegra quando il Giudice «…accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa…per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi…» (così testualmente il primo alinea del comma IV, mentre il comma V dispone, come si è accennato, che “nelle altre ipotesi” il Giudice condanni il datore soltanto al pagamento dell’indennità succitata). Il discrimine è dunque dato dall’accertamento a) della violazione dei contratti collettivi, oppure b) dalla prova della sussistenza del fatto contestato. Se la prima ipotesi non appare per nulla problematica, dovendo il Giudice riscontrare soltanto se la fattispecie in esame è punita dai contratti collettivi con sanzioni conservative, ben più spinosa è la seconda. Si sono contrapposte al riguardo due diverse interpretazioni della norma. Da una parte si è ritenuto che il “fatto” – la cui sussistenza, si ripete, impedisce la reintegrazione del lavoratore, pur in presenza di un’accertata illegittimità del provvedimento datoriale – dovesse riferirsi al fatto materiale (ossia all’accadimento storico che dà luogo alla contestazione disciplinare). Da altro versante si è invece ritenuto che il “fatto” vada inteso in senso giuridico (comprensivo del profilo soggettivo, del requisito di proporzionalità, ecc.). L’importanza della questione, oltre che sul piano interpretativo, deriva dagli effetti che ne discendono. Se si sposa la prima ipotesi (il fatto come fatto materiale), il Giudice dovrà limitarsi ad accertare la mera sussistenza del fatto contestato e in tal caso condannare il datore unicamente al pagamento dell’indennità risarcitoria (da 12 a 24 mensilità) escludendo la reintegrazione; nell’altro caso (il fatto come fatto giuridico), il Giudice dovrà accertare in modo molto più pregnante la sussistenza di tutti quegli elementi che normalmente accompagnano il mero riscontro del fatto materiale e, soltanto in caso di accertata loro sussistenza, potrà

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evitare di disporre la reintegrazione del lavoratore limitandosi alla condanna di natura economica. La giurisprudenza sembra propendere per la seconda alternativa. Si consideri al riguardo la pronunzia del Tribunale di Bologna del 15 ottobre 2012 (in Corriere del merito, fasc. n. 3/2013 p. 272 ss.) , con la quale è stato affermato che «Ia norma in questione, parlando di fatto, fa necessariamente riferimento al fatto giuridico, inteso come fatto globalmente accertato, nell'unicum della sua componente oggettiva e della sua componente inerente I'elemento soggettivo». Per il giudice bolognese una diversa interpretazione violerebbe «i principi generali dell'ordinamento civilistico, relativi alla diligenza e alla buona fede nell'esecuzione del rapporto lavorativo». Si veda pure la sentenza del Tribunale di Ravenna, sent. 18 marzo 2013 (in Il Lavoro nella giurisprudenza, fasc. 6/2013 p. 567 ss.) secondo cui «il fatto valevole ai fini della scelta della sanzione non può che comprendere tutto il fatto nella pienezza dei suoi elementi costitutivi (sia l'elemento oggettivo sia l’elemento soggettivo) alla luce della nozione di giusta causa». La legge n. 92/2012 (che indirizza la valutazione sulla "insussistenza del fatto") richiederebbe dunque una valutazione giudiziale della rilevanza e della gravita dei fatti addebitati al lavoratore, alla luce del contesto in cui essi si sono verificati. Anche all'esito della recente riforma, pertanto, nella materia dei licenziamenti disciplinari resterebbe intatta la fondamentale norma di cui all'articolo 2106 del codice civile: il Giudice non è tenuto solo ad accertare l'effettiva sussistenza del fatto contestato nella sua materialità, ma deve valutare – fra l’altro – oltre ai profili soggettivi di dolo e colpa, anche se esso risulti così grave da giustificare l'applicazione della sanzione del licenziamento disciplinare con la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro (anche recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10337 del 21 giugno 2012, ha ribadito, ma per una fattispecie sorta prima dell’entrata in vigore della riforma, la centralità dell'apprezzamento del Giudice nella valutazione della fattispecie in base al principio generale di ragionevolezza e proporzionalità). Così interpretata, la disposizione di legge ha ora una portata molto meno “rivoluzionaria” di quella che ad una prima lettura sembrava possedere. Che ciò sia un bene o meno, è altra questione, che ciascuno potrà valutare secondo i propri orientamenti soggettivi.


LAVORO

RELAZIONI SINDACALI: LA RIVOLUZIONE COPERNICANA È COMPIUTA DI GIORGIO FONTANA

Finalmente pronto il nuovo modello sottoscritto da confindustria e da cgil, cisl e uil. L’aspetto più innovativo del testo unico sulla rappresentanza riguarda l’accettazione da parte di tutte le componenti sindacali del principio maggioritario anche a livello aziendale (ove c’erano state le più acute tensioni), in forza del quale i contratti collettivi aziendali sono efficaci erga omnes, vincolando tutte le organizzazioni sindacali, anche se sottoscritti soltanto dalla maggioranza (e non da tutti i membri) della rsu aziendale

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l 10 gennaio 2014 è stato sottoscritto da Confindustria e da Cgil, Cisl e Uil, il Testo Unico sulla Rappresentanza che, finalmente, chiude la lunga fase di gestazione del nuovo modello di relazioni sindacali (dopo la stipula dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013) con straordinarie innovazioni sia nel sistema contrattuale, sia nella rappresentanza sindacale. Il primo punto qualificante è la misurazione e la certificazione, a cura del CNEL, della rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini della contrattazione collettiva nazionale. Come nel settore pubblico, la rappresentatività dovrà essere attestata sulla base della media del dato elettorale (i voti ricevuti dalle singole organizzazioni alle elezioni per la RSU, azienda per azienda) e del numero di iscritti all’interno della categoria interessata. Così certificata, la rappresentatività sindacale determinerà sia il diritto di accedere alle trattative per il rinnovo dei c.c.n.l. (riservato ad ogni organizzazione sindacale che superi lo sbarramento del 5%, quale media ponderata elettorale e associativa), sia le condizioni di validità degli accordi (considerati “efficaci” se le associazioni dai categoria stipulanti conseguono nel complesso una rappresentatività pari almeno al 51%, da intendersi sempre come media ponderata). L’accordo sottoscritto il 10 gennaio regolamenta poi la rappresentanza sindacale in azienda, disciplinando le modalità di costituzione e di funzionamento della RSU in termini sostanzialmente conformi al vecchio Accordo Interconfederale del 23 dicembre 1993 (si ricorda che le RSU possono essere costituite, al pari delle RSA, soltanto nelle unità produttive con più di quindici dipendenti). L’aspetto innovativo, però, (seppure più volte oggetto di previsioni di legge e di accordi collettivi) è l’accettazione da parte di tutte le componenti sindacali del principio maggioritario anche a livello aziendale (ove c’erano state le più acute tensioni), in forza del quale i contratti collettivi aziendali sono efficaci erga omnes, vincolando tutte le organizzazioni sindacali, anche se sottoscritti soltanto dalla maggioranza (e non da tutti i membri) della RSU aziendale. Lo stesso dicasi se gli accordi sono stipulati con le RSA (si ricorda che le RSA, di fonte legale, e le RSU, di fonte negoziale, nel nostro ordinamento coesistono, ancorché non possano materialmente sovrapporsi dovendo le organizzazioni sindacali optare per l’una o per l’altra formula). Di grande importanza sono poi le nuove disposizioni in materia di esigibilità degli accordi e di sanzioni in caso di comportamenti “ostruzionistici” da parte sindacale, ovvero da parte dei soggetti dissenzienti, in caso di stipula degli accordi a maggioranza e non all’unanimità. Limitandomi a un commento estremamente sintetico, posso dire che quest’accordo è figlio, in realtà, del modello introdotto nel settore pubblico, grazie all’intuizione di un Maestro del Diritto del lavoro, Massimo D’Antona, che pagò con la vita il suo impegno riformista. Un modello ispirato ai principi democratico-maggioritari (l’efficacia degli accordi è la conseguenza dell’approvazione a maggioranza: la regola del 50% +1), in antitesi a quello tradizionale, finora vigente nel settore privato (incentrato su principi associativi: il sindacato contratta liberamente e gli accordi sono validi per gli iscritti, anche se “minoritari”). Il cambiamento è dunque “copernicano”, ha natura sistemica. Dimostra la duttilità e la capacità di adattamento delle parti sociali, che hanno voluto con decisione una riforma in grado di modernizzare il sistema di relazioni industriali nel nostro Paese.

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QUANDO LA GIUSTIZIA TRIBUTARIA È UN ACCIDENTE GEOGRAFICO

ALESSANDRO SACRESTANO TAX CONSULTANT PROGETTO ARCADIA SRL

Stor i e e vittime d i u n pro vinc ialismo au to- indo tto c he ostacola e c rea d an n i

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o apprezzato molto l’articolo di Massimo Adinolfi - pubblicato su Il Mattino lo scorso 23 gennaio - perchè tracciava uno spaccato cinico, ma reale, della nostra provincia. C’è un passaggio in cui Adinolfi dice che Salerno «…vive a pochi chilometri da una capitale, Napoli, e da almeno un paio di decenni ha deciso di soffrirne». Sembra la solita storia! Quella di un napolicentrismo mal digerito, ma contrastato spesso con mediocrità, sudditanza psicologica e raramente con segnali di eccellenza di rilievo nazionale che pure ci sono nella provincia. Possibile che Salerno finisca sui giornali solo per le indagini su un appartenente al clero con una presunta predilezione per il lato epicureo e materiale della vita? Possibile che di Salerno non si racconti una storia diversa, fatta di personaggi, di menti, di imprese e di iniziative che dimostrino fattivamente il superamento di un provincialismo intrinseco al nostro DNA? La sensazione è che molto di quel provincialismo che ci viene recriminato sia auto-indotto, frutto di scelte deliberate assunte in piena coscienza dai soggetti che operano nei centri nevralgici della nostra terra e che finiscono per contribuire non poco a delineare un quadro di promessa di belle speranze, finite però poi male. Per dimostrarlo, basta fare riferimento alla sede territoriale della giustizia tributaria. A Salerno, è bene ricordarlo, opera tanto un collegio di primo grado - la Commissione Tributaria Provinciale - quanto una sezione distaccata della Commissione Tributaria Regionale, cui sono destinati i giudizi di appello.

Le Commissioni Tributarie rappresentano l’estremo tentativo di difesa dei contribuenti che, raggiunti da atti contenenti pretese erariali o tributi locali, dopo aver cercato invano di dimostrarne la nullità o la parziale irregolarità all’ente emittente, chiedono al giudice tributario di fare da arbitro, in base alla legge, fra se stessi ed il Fisco. La funzione del giudice tributario è pertanto di elevato spessore. In un recente passaggio alla sede provinciale di Confindustria, il numero uno delle Entrate, Attilio Befera, ha dovuto ammettere che l’amministrazione finanziaria spesso rimane essa stessa vittima di un coacervo di norme fiscale scritte da un Legislatore disattento, quando non assolutamente incompetente; tuttavia, il Fisco è chiamato ad applicare quelle norme e, con sempre maggiore frequenza, a riempire spazi vuoti e ad interpretare zone grigie, lasciate colpevolmente incompiute dal Legislatore. È qui allora che entra in gioco il giudice tributario. Quando le norme lasciano spazi vuoti e zone grigie sono proprio i giudici tributari che “aiutano” il Fisco ad indirizzarsi verso interpretazioni e soluzioni coerenti con gli obiettivi che il Legislatore avrebbe voluto raggiungere e che, per un disegno del Destino, avverso ai contribuenti, non è stato in grado di esplicitare nella norma prodotta. Peccato che questo ruolo fondamentale sia affidato non a giudici specializzati, ben retribuiti e indipendenti (come da anni grida il mio amico Maurizio Villani, trasfondendo la sua amarezza in un progetto di riforma della giustizia tributaria di alto profilo), ma ad


FISCO una compagine di “volontari”, cui si chiede, di contro, competenza massima per decisioni che riguardano il destino (a volte non solo fiscale, ma di vita reale) dei contribuenti, ricevendo in cambio poche decine di euro a sentenza emessa (quasi fosse un lavoro a cottimo!). Proprio in questo strano e grottesco quadro si inseriscono storie di giudici tributari che, con la loro caparbietà e attenzione, sono in grado di “orientare” l’amministrazione (che, per definizione, tende ad offrire una visione più “rigida” del dettato normativo), dando una mano al Legislatore. Salerno, negli scorsi anni, si è spesso distinta per posizioni coraggiose e ben studiate. Recentemente, però, mi è capitato di imbattermi in un curioso orientamento pro Fisco da parte delle Commissioni Tributarie locali, soprattutto di quella regionale, che sa molto di “provinciale”. Niente di male se questo atteggiamento fosse di supporto a ragioni di diritto sacrosante. Non sempre, però, è stato ed è così. Un esempio. Capita, nel tran tran cui sono chiamati ad operare gli enti locali della nostra provincia, che alcuni uffici impieghino più tempo del normale per ottemperare ai propri compiti. È successo così che un Comune del Salernitano abbia impiegato quasi 4 anni (sic!) per completare il trasferimento di residenza da un altro Comune richiesto da un cittadino. E dire che la polizia locale aveva compiuto subito le indagini di rito, trasmettendo celermente gli esiti positivi del riscontro all’Anagrafe, che, però, si è rifiutato di completare la pratica perché l’istanza era redatta su un modello “non conforme”. Come se non bastasse, poi, lo stesso Comune dimentica di comunicare il blocco della pratica al richiedente che, ignaro, dorme sonni tranquilli. Almeno fino a quando a risvegliarlo non è uno di quegli atti tributari che nessuno vorrebbe mai ricevere. Il cittadino malcapitato, infatti, aveva richiesto la residenza nel nuovo Comune in quanto nello stesso aveva acquistato un immobile, e la legge fiscale impone – per godere di alcuni benefici in sede di acquisto – che il contribuente si attivi per ottenervi la residenza entro diciotto mesi dalla stipula notarile. Subito il cittadino, pressato dal conto salato presentatogli dal Fisco, si reca a protestare presso lo zelante funzionario comunale il quale, tronfio del suo eccesso di burocrazia, dopo aver opportunamente redarguito il contribuente, prende un modulo prestampato, lo fa firmare e, prendendo per buona la verifica compiuta 4 anni prima dai vigili urbani, attribuisce seduta stante la residenza (verrebbe da dire: efficienza “provinciale”). Nemmeno il tempo di gioire che il cittadino ripiomba nello sconforto. A nulla serve esibire al Fisco la residenza ottenuta, evidenziando che la sua parte il cittadino l’aveva fatta richiedendo il trasferimento proprio nei diciotto mesi richiesti dal Legislatore e che, di certo, non poteva farsi carico dell’inefficienza del Comune. Nulla! In uno Stato di vero diritto, il conto salato avrebbe dovuto pagarlo il burocrate ritardatario, ma nel nostro il cittadino incassa il niet dell’amministrazione finanziaria, secondo cui la legge non

ammette deroghe, nemmeno per la lentezza dei Comuni e, quindi, decorsi i 18 mesi il beneficio fiscale non spetta. Morale: il cittadino si tiene la multa! Come a dire, oltre il danno…la beffa. Passa qualche giorno e il cittadino multato si imbatte in un foglio di giornale in cui legge che la Cassazione (il Giudice finale anche dei processi tributari), per casi come il suo, ha sostenuto che il rigido riferimento cronologico dei diciotto mesi non vale nei casi di forza maggiore, ossia laddove il contribuente dimostri di essersi attivato in tempo e di non aver ottenuto la residenza per colpa del Comune. Ha ragione, è proprio così che la Cassazione dice. Non gli resta quindi che andare dai giudici tributari per far valere le proprie ragioni! Qui, però, il cittadino prende un altro bagno freddo. Sì, perché qualche parente lontano (solo per affinità intellettive) del tronfio burocrate comunale esamina la richiesta di cancellare la multa prodotta dal contribuente e, in ossequio ad un provincialismo preponderante, la boccia. Insomma, il giudice tributario di prima istanza non vede in quella richiesta la possibilità di sanare un’ingiustizia (del resto, il cittadino non era un evasore, e la sua parte, ripetiamolo, l’aveva fatta); no, in quella richiesta vede la possibilità di scrivere che «l’orientamento della Cassazione non lo convince» e di giocare a fare “competizione” con la Suprema Corte, a spese del contribuente. Caparbio, il contribuente non ci sta; decide che le sue ragioni saranno ascoltate dal grado successivo della giustizia tributaria che, per “fortuna”, ha anch’essa sede nella nostra provincia. É sicuro che ne uscirà vittorioso perché nel 2013 la Cassazione ha aggiunto un nuovo tassello alla storia dei diciotto mesi. I giudici togati, infatti, hanno evidenziato che il termine indicato dal Legislatore non è “perentorio” (ossia da rispettare a pena di perdere il beneficio fiscale) ma “ordinatorio” (ossia una sorta di stimolo al contribuente ad ottenere la residenza prima che scada il termine per il Fisco per fare gli accertamenti). É proprio il suo caso! Peccato che anche il secondo grado della giustizia tributaria sia affetto da provincialismo insuperabile. Infischiandosene di quanto la Cassazione va predicando, il giudice d’appello motiva il suo ennesimo rifiuto citando pronunce della Cassazione dell’ormai lontano 2010 (forse è a quella data che si ferma la sua banca dati, che si è dovuto comprare da sé, perché il Ministero non gliela passa). A questo punto, viene da chiedersi se si è figli di un dio minore. Come è possibile che la giustizia tributaria dica cose diverse a seconda del posto in cui viene interpellata? Ma soprattutto con chi dovrà prendersela il contribuente? Con il burocrate comunale? Con il giudice “in competizione” del primo grado, o con quello con la banca dati scaduta del secondo? O, forse, con l’avverso destino che lo ha fatto nascere in questa provincia che grida in faccia a tutti le brutture e l’inefficienza “napoletana” e che, ipocondriaca per una superiorità (inesistente) mal digerita, gioca a fare competizione al ribasso?

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LEGGE DI STABILITÀ 2014: LA SANATORIA SUI RUOLI

MAURIZIO VILLANI AVVOCATO TRIBUTARISTA IN LECCE avvocato@studiotributariovillani.it

L a n or ma c hiarisce ch e qu esta so rta d i con do no è ap p l icabile a tu tti i tipi di ruo li ( accer tamenti esecu tivi, d efi n i z io ne dei car ich i Irpef, I r es, Ir ap, a d ecor r ere dal p er i od o d’impo sta 2007, tranne c he p er le debito rie d el le somme da riscu otere per effetto di sentenze d i con danna della Cor te dei Co nti)

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na delle novità previste dalla legge di stabilità 2014 (Legge 27.12.2013 n° 147 , pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013) prevede la possibilità di pagare le cartelle esattoriali emesse da Equitalia fino al 31 ottobre 2013 - senza interessi. Con l'obiettivo di alleggerire il contenzioso tributario attivo e di reperire risorse, il pagamento dell'intero importo potrà essere effettuato in soluzione unica entro il 28 febbraio 2014. Infatti testualmente l’art. 1 della Legge citata prevede ai commi da 618 a 623, che: «618. Relativamente ai carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali, agenzie fiscali, regioni, province e comuni, affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013, i debitori possono estinguere il debito con il pagamento: a) di una somma pari all'intero importo originariamente iscritto a ruolo, ovvero a quello residuo, con esclusione degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo previsti dall'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, nonché degli interessi di mora previsti dall'articolo 30 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e successive modificazioni; b) delle somme dovute a titolo di remunerazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e successive modificazioni. 619. Restano comunque dovute per intero le somme da riscuotere per effetto di sentenze di condanna della Corte dei Conti. 620. Entro il 28 febbraio 2014, i debito-

ri che intendono aderire alla definizione prevista dal comma 618 versano, in un'unica soluzione, le somme dovute ai sensi dello stesso comma. 621. A seguito del pagamento di cui al comma 620, l'agente della riscossione è automaticamente discaricato dell'importo residuo. Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 30 giugno 2014, l'elenco dei debitori che hanno effettuato il versamento nel termine previsto e dei codici tributo per i quali è intervenuto il pagamento. 622. Entro il 30 giugno 2014, gli agenti della riscossione informano, mediante posta ordinaria, i debitori, che hanno effettuato il versamento nel termine previsto, dell'avvenuta estinzione del debito. 623. Per consentire il versamento delle somme dovute entro il 28 febbraio 2014 e la registrazione delle operazioni relative, la riscossione dei carichi di cui al comma 618 resta sospesa fino al 15 marzo 2014. Per il corrispondente periodo sono sospesi i termini di prescrizione. 624. Le disposizioni di cui ai commi da 618 a 623 si applicano anche agli avvisi esecutivi emessi dalle agenzie fiscali e affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013». A tenore della norma, l’agevolazione prevede lo sconto degli interessi (di mora e da ritardata iscrizione a ruolo) per i contribuenti che entro il 28 febbraio 2014 verseranno in un’unica soluzione


FISCO gli importi originariamente iscritti a ruolo, ovvero gli importi residui ancora dovuti (nei casi di pagamenti rateali già avviati oltre all’aggio della riscossione ad oggi dovuto nella misura dell’8%). Per meglio comprendere la natura dell’agevolazione è importante specificare la distinzione tra interessi di mora e interessi da ritardata iscrizione a ruolo: - interessi di mora: sono quegli interessi applicati dall’agente della riscossione quando il contribuente ritarda il pagamento di somme già iscritte a ruolo (ad esempio nel caso in cui il pagamento di quanto dovuto avviene decorsi i sessanta giorni dalla notifica della cartella, da quel momento fino alla data del pagamento decorrono gli interessi di mora che ad oggi ammontano al 5,23% e vengono stabiliti annualmente dal Ministero delle Finanze sulla base della media dei tassi bancari attivi); - interessi da ritardata iscrizione a ruolo: sono quegli interessi che vengono calcolati direttamente dall’ufficio, secondo il tasso fissato per legge, e decorrono dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione fino alla data

di consegna all’agente della riscossione dei ruoli in cui tali somme sono iscritte. Inoltre, la norma chiarisce come tale sanatoria è applicabile a tutti i tipi di ruoli (accertamenti esecutivi, definizione dei carichi Irpef, Ires, Irap, a decorrere dal periodo d’imposta 2007, tranne che per le debitorie delle somme da riscuotere per effetto di sentenze di condanna della Corte dei Conti). L’attivazione di tale procedura agevolativa non prevede un innesco da parte degli agenti della riscossione, se non a pagamento eseguito; infatti coloro che pagheranno entro il 28 febbraio 2014, riceveranno a pagamento effettuato ed entro il 30 giugno 2014, una comunicazione dell’agente della riscossione di “avvenuta estinzione del debito”. Al fine di agevolare tale procedura, la riscossione coattiva di tali somme e i relativi termini di prescrizione saranno sospesi fino al 15 marzo 2014. L’articolo è stato redatto in collaborazione con l’avvocato Francesca Giorgia Romana Sannicandro.

INTERESSI LEGALI IN CALO DAL 2014 DI MAURIZIO VILLANI E IOLANDA PANSARDI STUDIO LEGALE VILLANI

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al 1°gennaio 2014 gli interessi legali saranno ridotti dal 2,5% annuo all’1 per cento. La modifica è stata stabilita dal decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 13 dicembre. La disposizione stabilisce che la misura del saggio degli interessi legali di cui all’articolo 1284 del Codice civile è fissata all’1% in ragione d’anno, con decorrenza dal 1°gennaio 2014. Giova ricordare che la variazione del tasso di interesse non è automatica. Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha la facoltà di modificarlo, con decreto da emanarsi non oltre il 15 dicembre, sulla

base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno (articolo 2, comma 185, legge 662/1996). Qualora entro tale data non sia fissata la nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo. Il saggio legale di interesse è stabilito per legge e si applica a: s RAPPORTI TRA CITTADINO E 3TATO IN PRImis le pendenze fiscali), s CONTRATTI IN CUI NON Þ STATO STABILITO UN interesse diverso tra le parti. Di conseguenza, in ambito fiscale più leggeri i costi del ravvedimento operoso, che prevede, in caso di omesso, insuf- > 37


ficiente o tardivo versamento dei tributi, la corresponsione della sanzione e degli interessi moratori, calcolati dal giorno successivo a quello della scadenza dell’adempimento fino al giorno in cui il contribuente regolarizza la propria posizione. Per sanare gli omessi versamenti del 2013, regolarizzati con il ravvedimento operoso nel 2014, si dovranno perciò applicare due misure: il 2,5% fino al 31 dicembre 2013 e l’1% dal 1°gennaio 2014. Orbene, con il ravvedimento “sprint” da fare entro 14 giorni dalla scadenza, la sanzione ordinaria del 30%, applicabile sui tardivi od omessi versamenti di imposte, si riduce allo 0,2% per ogni giorno di ritardo fino al quattordicesimo giorno. Dal quindicesimo al trentesimo giorno di ritardo, si applica la misura fissa del 3%, prevista per il ravvedimento breve o mensile. I contribuenti che, ad esempio, hanno saltato l’appuntamento con i versamenti in scadenza il 2 dicembre 2013, ma che non hanno eseguito il pagamento nemmeno entro 14 giorni, hanno avuto tempo 30 giorni per il ravvedimento breve o mensile. Gli interessi legali da corrispondere saranno del 2,5% fino al 31 dicembre. Per chi si avvale invece del ravvedimento lungo o annuale, oltre alle imposte eventualmente ancora dovute, è applicabile la sanzione fissa del 3,75% più gli interessi dell’2,5% annuo fino al 31 dicembre 2013 e del 1% dal 1° gennaio 2014, per i giorni successivi alla scadenza, fino al giorno di pagamento compreso.

P IÙ LEGGERI SARANNO I COSTI DEL RAVVEDIMENTO OP EROSO, CHE P REVEDE - IN CASO DI OMESSO, INSUFFICIENTE O TARDIVO VERSAMENTO DEI TRIBUTI - LA CORRESP ONSIONE DELLA SANZ IONE E DEGLI INTERESSI MORATORI CALCOLATI DAL GIORNO SUCCESSIVO A QUELLO DELLA SCADENZ A DELL’ADEMP IMENTO FINO AL GIORNO IN CUI IL CONTRIBUENTE REGOLARIZZ A LA P ROP RIA P OSIZ IONE

PERDITE SU CREDITI ALCUNE NOVITÀ

MARCO FIORENTINO FIORENTINO ASSOCIATI > SYNERGIA CONSULTING GROUP marcofiorentino@fiorentinoassociati.it

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l tema della deducibilità f iscale delle perdite su crediti sta attraversando

un momento di grande popolarità, visto che negli ultimi 18 mesi, c’è stato

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FISCO un continuo susseguirsi di interventi legislativi ed interpretativi, tesi, nella sostanza, ad allargarne i conf ini. Qualcuno maliziosamente aveva osservato inizialmente che tale fermento fosse finalizzato essenzialmente, ad aiutare il sistema bancario (fine non illegittimo in verità), ma tale retro pensiero è stato poi mitigato dagli ultimi provvedimenti di legge, che hanno allentato in modo generalizzato la morsa fiscale sui crediti perduti. Per fare un quadro rapido di cosa sia cambiato è opportuno fare una breve cronistoria. Punto di partenza è stato l’art. 33, comma 5, del D.L. 83 del 22.6. 2012 (c.d. “Decreto sviluppo”) che, modificando il comma 5 dell’art. 101 TUIR, ha introdotto la deducibilità fiscale delle perdite su crediti di importo modesto, decorsi sei mesi dalla loro scadenza e previsto, solo per le imprese IAS ADOPTER, l’integrale deducibilità delle perdite derivanti dalla cd. “derecognition”. Tralasciando i successivi innumerevoli interventi di prassi e Dottrina, molto utile ai fini interpretativi, è stata la circolare AGE n. 26/E dell’1.8.2013, che ha fornito un quadro sistematico della nuova disciplina. Ultimo provvedimento normativo è stata la legge di stabilità 2014 (n. 147/2013), che, eliminando la disparità di trattamento tra imprese, ha allargato la deducibilità delle perdita da derecognition anche ai soggetti non IAS ADOPTER. Nella sostanza, le modifiche alla disciplina della deducibilità delle perdite su crediti ruotano intorno ad una nuova e più aperta definizione dei cd. “elementi certi e precisi”. Si ricorda infatti che, al di là delle tematiche connesse alle procedure concorsuali o paraconcorsuali, ai sensi dell’art.101 comma 5, la regola generale per la deduzione di una perdita su crediti è che essa sia provata da elementi certi e precisi (in seguito, le “Condizioni di Deducibilità”). Nel passato, in assenza di un chiaro riferimento legislativo, sulle Condizioni di Deducibilità l’Amministrazione Finanziaria ha sempre mantenuto un atteggiamento molto restrittivo, ritenendole sussistenti di fatto solo in situazioni, per così dire, estreme (pignoramento negativo – morte del debitore – ecc.) ed arrivando a negarne il loro verificarsi (ed in questo caso, supportata anche da robuste sentenze della Cassazione) nei casi di rinuncia o di transazione stragiudiziale, come pure nelle cessioni di crediti. Opinione dell’AGE era infatti che tali ipotesi estintive del credito non erano sufficienti ex se a giustificare il riconoscimento fiscale della perdita, ma che occorresse sempre (quindi anche in tali circostanze) dimostrare la sussistenza delle Condizioni di Deducibilità. Tali orientamenti oggi, con la nuova formulazione del comma 5, appaiono del tutto superati, almeno con riferi-

mento alle innovazioni normative, e dalla prova della presenza degli elementi certi e precisi si è passati alla prova del verificarsi di un solo specifico evento, che ex se esprime elemento certo e preciso della perdita. Ne consegue che la prova della “perdita” è ritenuta sussistente quando: a) i crediti sono di modesta entità (5.000 euro per le imprese di cui all’art.27 comma 10 D.L. 185/08 – 2.500 euro per le altre imprese) ed è decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del loro pagamento; b) il diritto alla riscossione del credito si è prescritto; c) il debitore è soggetto ad operazioni concorsuali o paraconcorsuali; d) il credito è cancellato dal bilancio di imprese (IAS e non IAS ADOPTER), in dipendenza di eventi estintivi (cessioni di credito – rinuncia – rimessione – transazione) secondo corretti principi contabili. In questa sede appare interessante approfondire la fattispecie di cui alla lettera d), in quanto l’AGE ha comunque tenuto a precisare, innanzitutto, che l’evento estintivo si verifica quando il soggetto creditore: - perde i diritti contrattuali sui flussi finanziari inerenti; - trasferisce (o comunque rinuncia a) tutti i rischi - benefici della proprietà dell’attività finanziaria. Ciò porta ad escludere che si verifichi evento estintivo, nel caso di cessioni di credito pro solvendo ovvero con clausole di retrovendita e similari, come pure, si ritiene, nel caso di crediti assicurati. In tali ipotesi, infatti, mancherebbe, ai fini della deducibilità, il passaggio del rischio dei flussi, ovvero addirittura il rischio stesso di perdita. Inoltre, l’AGE ha anche chiarito che gli atti che regolano tali eventi estintivi devono avere data certa (anche con appostazione di timbro postale), onde evitare fenomeni di allocazione temporale arbitraria di componenti di costo e sono comunque soggetti alle disposizioni antielusive, soprattutto quando avvengano tra controparti non tra loro indipendenti (operazioni intercompany), allo scopo di combattere possibili arbitraggi fiscali o salti d’imposta. Ovviamente, la classificazione sopra riportata non è tassativa, nel senso che essa descrive solo le fattispecie dinanzi alle quali, fatti salvi i casi di elusione, non sarà possibile per l’Amministrazione Finanziaria sindacare sulla deducibilità o meno della perdita (vedremo se sarà proprio così…). Ne consegue che, perdite su crediti generate da eventi o situazioni diverse da quelle sopra elencate, saranno sempre fiscalmente rilevanti, laddove sarà possibile dimostrare l’esistenza delle Condizioni di Deducibilità. Si tenga presente tuttavia che, in questo caso, saranno riesumabili e resteranno validi tutti i provvedimenti di prassi (e relativi approcci restrittivi) pubblicati dall’AGE nel passato in merito alle condizioni di sussistenza degli elementi certi e precisi.

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IL BILANCIO, DA ADEMPIMENTO NECESSARIO A STRUMENTO DI MARKETING

FABIO SALZANO SENIOR PARTNER INTESA SRL

Quando si ragiona di Bilancio generalmente si pensa ad un adempimento necessario e poco gradito; è visto perlopiù come uno strumento, anche un po’ obsoleto, funzionale al calcolo del risultato “fiscale” d’esercizio. Per la maggior parte degli imprenditori il Bilancio è, insomma, un adempimento burocratico necessario al calcolo delle imposte in un paese dove, ed è un fatto, la burocrazia e il fisco stritolano le imprese limitandone fortemente la capacità competitiva

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er rafforzare la già scarsa fama del documento, il legislatore ha posto poi una serie di obblighi normativi riguardanti la redazione del bilancio che spesso risultano inutili e talvolta contraddittori. Ricordiamo infatti che in Italia del Bilancio non si occupano solo i contabili ma anche la Legge che gli dedica una intera sezione del codice civile (dall’art 2423 all’art. 2435 bis). Uno spazio notevole per una materia tecnico/contabile; per quanto si cerchi nel codice civile non si trova altrettanta attenzione su altri aspetti tecnici ugualmente importanti, come ad esempio le formule usate dagli ingegneri per la progettazione dei fabbricati o i protocolli di intervento dei medici chirurghi. In altri Paesi, anche molto più severi del nostro in tema di falso in bilancio, le modalità di redazione sono materia da “contabili” e non da “giuristi” e i principi contabili non sono riportati nei Codici ma solo nei testi di dottrina. Anche a causa di questa attenzione un po’ morbosa (riservata in Italia alle grandezze misurabili con il simbolo: €) il Bilancio ha acquisito la fama di adempimento scomodo, che contrasta anche con la eccessiva attenzione alla “riservatezza” caratterizzante il nostro sistema imprenditoriale famigliare. Fuori da tali distorsioni, il Bilancio è invece un importantissimo strumento di marketing. Rappresenta, infatti, il mezzo principale che utilizza l’azienda per farsi conoscere dai terzi e tra questi c.d. stakeholders vanno inserite soprattutto le

Banche. Negli ultimi anni il fenomeno del credit crunch ha notevolmente penalizzato l’accompagnamento finanziario degli Istituti di credito alle PMI. Le motivazioni sono molteplici: la generalizzata crisi economica, la scarsa trasparenza, talvolta, dei bilanci aziendali, le sofferenze relative ai crediti in contenzioso che assorbono in modo considerevole il patrimonio disponibile delle banche e, ultimo ma non ultimo, il vincolo costituito dalle normative di Basilea I - II e, prossimamente di Basilea III. Tali direttive hanno imposto, in modo sempre più stringente, l’applicazione di regole nella valutazione del merito creditizio delle aziende. Con Basilea I, il vincolo stabiliva che le banche dovessero accantonare una quota fissa dell’8% del proprio patrimonio a fronte dei prestiti che concedevano alle imprese, prescindendo dalla tipologia degli stessi. Tale concetto fu ampliato successivamente con Basilea II che stabiliva percentuali diverse di accantonamento di patrimonio da parte delle banche in base ad una ponderazione dei rischi di credito. Senza dilungarsi ulteriormente sulle regole per l’accesso al credito, dobbiamo però ricordare che le valutazioni di cui abbiamo accennato sono basate essenzialmente sull’analisi dei bilanci forniti dalle aziende alle banche finanziatrici. Ecco che assumono un’importanza vitale elaborazioni che siano rappresentative della realtà aziendale anche mediante: la


CREDITO stesura di una nota integrativa puntuale sulla natura delle singole voci dello stato patrimoniale, una relazione degli amministratori che, oltre ad illustrare le attività svolte nell’esercizio, rappresenti ai terzi le strategie in termini di mercato piuttosto che di investimenti; tutto ciò a prescindere dagli obblighi normativi. A ciò sarebbe opportuno aggiungere elaborazioni che forniscano una visione immediata dello stato di salute di un’azienda, vale a dire una riclassificazione dello stato patrimoniale in un “Fonti e Impieghi” che consenta all’analista di verificare la capacità aziendale di garantire la copertura degli impegni aziendali (fonti a breve verso impegni a breve, idem per quelli a lungo); elaborazione di un rendiconto finanziario aziendale

che fornisca un’informazione precisa sulla cassa generata dalla gestione e, infine, di una riclassificazione del conto economico elaborato in funzione del settore dell’attività aziendale (le imprese commerciali hanno modalità di generazione del valore diverse rispetto alle aziende industriali). Appare ovvio che tali elaborazioni richiedano una professionalità ed una tecnica che non sempre sono appannaggio delle PMI, ma la strada intrapresa, ormai da anni dal sistema bancario, che vincola la concessione del credito alle sole aziende che godono di un “rating” che dia garanzia di affidabilità, obbliga le stesse ad adeguarsi a tale imperativo e quindi ad acquisire risorse professionali, interne o esterne, che consentano loro di stare al passo con i tempi.

LA VIGILANZA DELLA BANCA D’ITALIA SUGLI ISTITUTI DI CREDITO

EMANUELE ALAGNA DIRETTORE DELLA FILIALE DI SALERNO DELLA BANCA D’ITALIA

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esigenza di regolamentare l'attività bancaria trova la propria ragion d'essere, e quindi la giustificazione dei consequenziali vincoli posti all'iniziativa privata, nell'interesse sociale alla stabilità e all'efficienza del mercato finanziario. Per rendere conto di tale interesse pubblico occorre evidenziare la funzione economica dell'attività bancaria nonché i possibili effetti di situazioni di crisi. La banca, unitamente ai fondi comuni d'investimento e alle società di gestione di patrimoni mobiliari, costituisce il prototipo dell'investitore delegato, nei confronti del quale il depositante attua un completo trasferimento del rischio connesso alla gestione del proprio risparmio. La motivazione di tale trasferi-

mento sta nella fiducia che il delegante ripone nella capacità del delegato di selezionare professionalmente le modalità di impiego dei fondi affidatigli. Il contributo che l'intermediario reca all'efficienza del sistema economico dipende quindi dall'efficienza allocativa, oltre che operativa, dello stesso. Ma il contributo recato all'efficienza complessiva del sistema sarebbe nullo, o addirittura negativo, se gli intermediari disponessero delle stesse informazioni di cui dispongono tutti gli altri operatori poiché, in questo caso, sarebbe agevole per tutti determinare le iniziative più redditizie (al netto del rischio) e, quindi, immediato e meno costoso effettuare transazioni finanziarie dirette fra gli operatori. > 41


Ma tale ipotesi è lontana dalla realtà soprattutto perché le imprese preferiscono non divulgare informazioni che rendano edotto il mercato circa i loro programmi di investimento e di sviluppo e la loro situazione finanziaria e reddituale. Ciò per evidenti ragioni di competitività e anche al fine di non incentivare tentativi di acquisizione o scalate ostili nei confronti dei proprietari. Risulta pertanto più conveniente per le imprese comunicare le predette informazioni a intermediari che, nell'ambito di rapporti bilaterali e strettamente confidenziali, ne facciano uso per vagliare i progetti da finanziare e determinare il prezzo delle risorse disponibili. Le descritte funzioni dell'attività bancaria valgono già a rendere conto dell'interesse pubblico verso l'efficienza degli intermediari. Ma addirittura maggiore è l'interesse verso la stabilità del sistema bancario, considerato che, a livello aggregato, una crisi comporterebbe la diminuzione della quantità di credito disponibile per alimentare il processo di investimento, l'aumento del costo del denaro e il declino dell'attività economica. Posto quindi che esiste un interesse pubblico verso l'attività bancaria e, in particolare, verso obiettivi di stabilità ed efficienza degli intermediari, vediamo quali sono gli strumenti a disposizione dell’Organo di vigilanza. Gli strumenti di vigilanza possono essere classificati seguendo lo schema del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia in strumenti di vigilanza informativa, regolamentare e ispettiva. La vigilanza informativa consiste nei controlli che l'Organo di vigilanza effettua sugli intermediari a livello cartolare, sulla base delle informazioni che gli stessi enti vigilati sono tenuti a trasmettere sulla base degli specifici poteri attribuiti alla Banca d'Italia dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Il controllo cartolare, per quanto sofisticato, soffre completamente le limitazioni insite in un controllo che per definizione è un "controllo a distanza" ed è basato sulle segnalazioni degli stessi enti controllati. La rappresentazione generale costantemente aggiornata della situazione aziendale delle imprese bancarie consente di cogliere prontamente aspetti problematici e costituisce il punto di riferimento per le azioni da intraprendere per fronteggiare le anomalie rilevate e quindi per l'esercizio dei poteri di vigilanza regolamentare. L'Organo di vigilanza, parallelamente appunto allo sviluppo dei controlli cartolari, da tempo ha intrapreso un indirizzo di deregulation, dimensionando l'ampliamento dell'autonomia operativa alla consistenza patrimoniale. In tal modo l'Organo di vigilanza ha inteso incoraggiare il rafforzamento patrimoniale delle istituzioni creditizie. I poteri di vigilanza regolamentare previsti dal Testo Unico consentono ora interventi di vigilanza con modalità e intensità diverse in relazione alla specifica situazione aziendale e al livello di consapevolezza e di affidabilità degli organi gestionali. L'indagine ispettiva assume soprattutto il significato di strumento per l'eliminazione di qualsiasi diaframma tra la situazione dell'azienda e la rappresentazione che della situazione stessa l’impresa

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I POT ER I DI V I G I L ANZ A R EG OL AM ENT AR E PR EV I ST I DAL T EST O UNI C O C ONSENT ONO OR A I NT ER V ENT I DI V I G I L ANZ A C ON M ODAL I T À E I NT ENSI T À DI V ER SE I N R EL AZ I ONE AL L A SPEC I F I C A SI T UAZ I ONE AZ I ENDAL E E AL L I V EL L O DI C ONSAPEV OL EZ Z A E DI AF F I DABI L I T À DEG L I OR G ANI G EST I ONAL I . L ' I NDAG I NE I SPET T I V A ASSUM E SOPR AT T UT T O I L SI G NI F I C AT O DI ST R UM ENT O PER L ' EL I M I NAZ I ONE DI QUAL SI ASI DI AF R AM M A T R A L A SI T UAZ I ONE DEL L ' AZ I ENDA E L A R APPR ESENT AZ I ONE C HE DEL L A SI T UAZ I ONE ST ESSA L ’ I M PR ESA ESPR I M E AT T R AV ER SO L E I NF OR M AZ I ONI PER I ODI C AM ENT E T R ASM ESSE

esprime attraverso le informazioni periodicamente trasmesse. Per quanto riguarda i limiti dell'accertamento ispettivo essi sono sostanzialmente due: 1) La straordinarietà dell'intervento, nel senso che l'intervallo di tempo tra un accertamento e l'altro, per cospicui ed efficienti che siano i mezzi tecnici e umani a disposizione dell'autorità, non possono essere ridotti oltre certi limiti, mentre eventi di grande rilevanza e pericolosità possono maturare proprio in quegli intervalli di tempo. 2) Le necessità di indagini a campione, infatti è noto che l'apparente semplicità dell'impianto contabile di una impresa creditizia si traduce nella pratica, vuoi per le dimensioni dell'impresa stessa, vuoi per la multiformità del suo operare o per altre cause, in una estrema complessità che comporterebbe, per ottenere risultati attendibili, una dilatazione della durata degli accertamenti che è in pratica inaccettabile. Per questa ragione la cura degli aspetti organizzativi aziendali e, in ispecie, dei sistemi interni di controllo è stata oggetto, da anni, di particolare attenzione da parte dell'Organo di vigilanza poiché esso deve poter contare sulla loro continuità, efficacia, incisività; in tal senso può dirsi che i controlli interni sono complementari a quelli pubblici: su di essi convergono gli interessi delle autorità di vigilanza e della proprietà per assicurare la stabilità della struttura.


GREEN ECONOMY

QUANTO CI COSTA ESSERE ITALIANI?

DI RAFFAELLA VENERANDO

Un libro firmato da Angelo Bruscino, imprenditore della green economy, traccia i contorni del nostro strano Paese, da un lato ricco di eccellenze e belle speranze e, dall’altro, teatro permanente di grandi ipocrisie

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ottor Bruscino, dopo alcune pubblicazioni tecniche incentrate prevalentemente sulla green economy, lei ha deciso di allargare il suo orizzonte di studio e provare a fare il suo personale punto sulla situazione economica che vive attualmente il nostro Paese con il libro “Quanto ci costa essere italiani. Diario della giovane impresa ai tempi della crisi”. Partiamo quindi dal titolo...qual è il prezzo che scontiamo per lavorare e vivere nel nostro Belpaese? Il prezzo più alto è il tempo perso o comunque sprecato, siamo tutti vittime di quel domani che tutti sognano, raccontato e celebrano con mille promesse, senza mai impegnarsi sul serio per realizzarlo, soprattutto lo Stato nelle sue tante declinazioni, che vanno dalla Burocrazia, al Fisco, ai tempi della (in)Giustizia, ha segnato negli ultimi decenni una società ipertrofica nella regole e nei doveri e molto molto povera di diritti. In troppi soprattutto i ragazzi della mia e delle nuove generazioni, stanno morendo nelle loro aspettative di “frattempo”, quel tempo indefinito e tanto amato dai nostri politici, nel quale si attende il passaggio ad un Paese più civile e dove il merito e le buone pratiche superino gli antichi e pessimi vizi di cui troppo diamo spettacolo. Quanta denuncia c’è nel suo libro? Più che una denuncia, il mio libro cerca di creare filo rosso che parte da episodi giornalieri, impressioni, incontri, que-

ANGELO BRUSCINO AUTORE DEL LIBRO EDITO DA TULLIO PIRONTI

sto strano paese ricco di eccellenze e magnifiche promesse, dove si consumano anche grandi ipocrisie e bugie. Lei è sia imprenditore (green economy, ndr), sia giornalista: con quali lenti misura meglio la realtà, anche quella che racconta nel suo libro? La migliore lente è quella del cuore, che supera i miei orizzonti professionali, perché in questi anni tanto complicati, la passione e la rabbia nel volere andare avanti, nell’avere la testa più dura dei tanti muri che ho trovato sul mio percorso ha contato spesso più di ogni razionalità, spesso la ragione ci spinge a fuggire, sono i sentimenti positivi invece a farci restare, sono il coraggio, ma anche la sofferenza, l’orgoglio, l’amore per quello che facciamo e la promessa > 43


di quello che potremmo fare a darci la migliore di tutte le lettura possibile su questa Italia che nonostante tutto continua a raccontare al mondo il nostro essere comunque straordinari, imprenditori, professionisti, lavoratori, come dimostra il nostro Made in Italy, nelle tante produzioni, industriali, nella moda, nell’agroalimentare, ma anche nella capacità di distinguerci come uomini e donne nel mondo quando ci troviamo in contesti favorevoli. È però anche un “giovane”: se dovesse definire la sua generazione e il posto nel mondo che essa ha oggi quali sarebbero gli aggettivi più adatti secondo lei, quali le parole che meglio la descrivono? Sfortunata, ma coraggiosa, in crisi, ma ricca di opportunità. Un tempo in Italia c’erano tre cose fondamentali per far prosperare un’impresa: un mercato domestico per i propri prodotti; la possibilità di crescere grazie al credito bancario e un clima di fiducia e ottimismo specie verso l’impresa. Mancando queste condizioni perché un giovane dovrebbe scegliere la strada dell’imprenditoria? Quali risorse crede che oggi siano necessarie? Quella dell’imprenditore o del self made man, in Italia

L'ATTEG G IAMENTO V ERSO L'IMPRESA DEVE MODIFICARSI SO TTO IL PROFILO CULTURALE. GLI IMPRENDITO RI DEV ONO CONSIDERARSI E COMPO RTARSI COME I CREATORI DI RICCHEZZA DIFFU S A E B ENESSERE, QUALI SO NO E DOVREBBERO ESSERE, L O S TATO COME FACILITATORE DEI PR OCES SI CREATIV I E TUTO R DELLE R EGOLE E DEL MERITO Q UALE NON È

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è ormai quasi un percorso obbligato, di fronte a momenti come questo una delle poche opportunità rimaste è scommettere su se stessi, certo ci sarebbe bisogno di credito (soprattutto morale) e del reciproco coraggio della generazione precedente al sapersi mettere in gioco, di merito, di uno stato meno patrigno e più onesto, come sarebLA COVER DEL LIBRO be importantissimo che non si chiedesse sempre e solo ai giovani di fare la loro parte, ma pretendere coraggio anche dai loro (nostri) padri, le scommesse generazionali si fanno in due, in Italia spesso manca l’altra parte. Ma secondo lei nel nostro Paese esiste ancora o tornerà ad esistere l’imprenditorialità diffusa? Credo di sì, penso che nel nostro caso, la crisi ci abbia quasi obbligato verso questa direzione, ma sarà chiaramente possibile solo a fronte di cambiamenti, uno dei tanti, ma fondamentale è l’atteggiamento verso l’impresa che deve modificarsi sotto il profilo culturale. Gli imprenditori devono considerarsi e comportarsi come i creatori di ricchezza diffusa e benessere quali sono e dovrebbero essere, lo Stato come facilitatore dei processi creativi e tutor delle regole e del merito quale non è. Un’ultima domanda all’imprenditore, al giornalista e al cittadino campano: crede nella maggiore coscienza ambientale che pare finalmente farsi largo e trovare eco specie nei nostri territori? Credo, fortissimamente credo, nei tanti momenti positivi che hanno costruito una coscienza collettiva che punta ad una crescita felice, nelle rispetto delle regole, ricca di innovazione tecnologica e scientifica, nell’ ecologismo positivo che punta al futuro, mi spaventa molto invece quello del no a prescindere della protesta senza mai una proposta. Il mondo è pieno di errori, ma anche di esempi e soluzioni straordinarie che magari sono partite da una grande emergenza, un disastro ambientale … etc La Campania mai come oggi in questo ambito potrebbe essere per l’Italia e l’Europa se davvero si volesse un “Laboratorio di Speranza”. per il futuro ed il benessere di tutti.

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GREEN ECONOMY

SMART EXPO A SALERNO: LA FIERA DELLA GREEN ECONOMY

DI VINCENZO PELLECCHIA SUSTAINABLE MANAGER

Dal 4 al 9 giugno 201 4 l a c ittà sar à u n unic o p al coscenic o f i er isti co . Saranno i n fatti adibiti ad ar ee es po sitive i su oi l u o ghi più belli q u ali i l lungo mare, i l com plesso mon u mentale d i San ta So fia e Piazza Abate Con for t i

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o scorso 18 dicembre, presso il Salone dei Marmi di Palazzo di Città di Salerno, si è tenuta la presentazione della prima edizione di “Smart Expo Ambiente Mediterraneo”, esposizione interamente dedicata all’ambiente, alle economie “smart”, alle innovazioni tecnologiche e all’agricoltura e alimentazione di qualità. La prima edizione di “SAM” (Smart Expo Ambiente Mediterraneo) si svolgerà dal 4 al 9 giugno 2014 e vedrà la partecipazione non solo di grandi realtà imprenditoriali, ma anche di piccole e medie imprese di qualità, provenienti dall’area mediterranea, che intendono interfacciarsi all’interno della

rete globale. “SAM” annovera tra i suoi promotori Edizioni Ambiente, Quaranta srl e Phantasya srl. Per Roberto Quaranta, ideatore e organizzatore dello “Smart Expo Ambiente Mediterraneo 2014”, «sarà la prima esposizione interamente dedicata all’Ambiente che rappresenterà la vitalità economica delle Economie Smart e il loro radicamento nel territorio del Sud Italia e del Mediterraneo. Abbiamo pensato a Salerno perché è una città che sta mostrando un percorso esemplare all’interno del complesso scenario urbano del Sud Italia, e può quindi diventare a buon diritto punto di riferimento per gli operatori nazionali e internazionali». Lo stesso Quaranta con il supporto di una presentazione multimediale ha illustrato i contenuti e il programma dei tre giorni della fiera: «Dobbiamo combattere l’aura negativa che circonda il dibattito sullo sviluppo > 45


sostenibile e sulla tutela ambientale nel nostro territorio», queste le parole dell’organizzatore che non ha perso l’occasione di ringraziare pubblicamente «il mondo di professionalità e sensibilità che ruota intorno a quello che sarà un evento assolutamente innovativo». Alla giornata di presentazione sono intervenuti gli assessori all’Ambiente e al Turismo del Comune di Salerno, Gerardo Calabrese ed Enzo Maraio, l’Assessore all’Agricoltura della Regione Campania, Daniela Nugnes, il Presidente della Sezione Ambiente di Confindustria Campania, Luciano Morelli, il Consigliere dell’Ambasciata Algerina, Azeddine Riache, per l’ICE, Gianni Fiaccadori, il Presidente Legambiente Campania Michele Buonomo. Un intervento a sorpresa quello dell’ex Ministro (Governo Prodi2) dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio attualmente Presidente della Fondazione UniVerde che ha partecipato «l’emozione che si prova a ritrovarsi a parlare nella propria città di temi importanti come quello dello sviluppo della green economy, complimentandosi per la scelta del centro cittadino, un segnale positivo che va nella direzione di un rinnovamento del sistema fieristico italiano». Questo perché nei giorni dell’Expo la città di Salerno sarà trasformata in un unico palcoscenico fieristico utilizzando come aree espositive i suoi luoghi più belli quali il lungomare, il complesso monumentale di Santa Sofia, Piazza Abate Conforti. Una vera e propria “fiera diffusa”, che trova pochi riferimenti in Italia. Quello che contraddistingue questo tipo di fiere è la promozione e il radicamento al territorio; difatti le fiere locali sono l'unico strumento per promuovere i territori, mentre le grandi

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manifestazioni si stanno sempre più internazionalizzando, portando le mostre in giro per il mondo. Ciò comporta che ad accogliere i visitatori della manifestazione, certamente tra le più rilevanti del Sud Italia, non ci saranno solo i padiglioni fieristici o le aule dei convegni, ma l’intero territorio, con un programma ben articolato sul campo: un capannone con palazzina uffici al Centro Agroalimentare, spazi espositivi a Piazza Abate Conforti, e-shop per la valorizzazione e la promozione delle microimprese locali (negozio virtuale), un percorso tematico turistico-culturale nel centro storico con il coinvolgimento dei commercianti della zona, diversi info point dislocati sul territorio: in particolare nel complesso monumentale di Santa Sofia saranno organizzati i workshop tematici e i convegni dedicati ai principali settori delle Smart Economies. Cinque i temi di questa prima edizione di “Smart Expo Ambiente Mediterraneo”: Energie rinnovabili ed efficienza energetica; Edilizia eco-sostenibile; Agricoltura e alimentazione di qualità; Gestione e valorizzazione dei rifiuti; Turismo sostenibile. Per il Presidente di Edizioni Ambiente Roberto Coizet «l’obiettivo è quello di creare una rete tra le migliaia di microimprese smart che agiscono sul territorio, quello che ci proponiamo di fare è di intrecciare le diverse professionalità che operano nel mondo della green economy e di far sì che la rete che nascerà dopo Smart Expo possa consentire un reale sviluppo del settore smart». La Green economy che dialoga con la realtà locale per promuovere l’innovazione tecnologica e favorire quindi la capacità di fare rete; la Fiera come occasione di un confronto tra soluzioni di business e modelli di impresa, provenienti da paesi e settori diversi ma unificati dall’attenzione nei confronti dell’ambiente. Un’occasione importante, si legge nella presentazione, per le imprese smart, che già realizzano reti efficienti da un lato all’altro del Mediterraneo, ma


GREEN ECONOMY

CINQUE I TEMI DI QUESTA P RIMA EDIZ IONE DI “SMART EXP O AMBIENTE MEDITERRANEO”: ENERGIE RINNOVABILI ED EFFICIENZA ENERGETICA; EDILIZ IA ECO-SOSTENIBILE; AGRICOLTURA E ALIMENTAZ IONE DI QUALITÀ; GESTIONE E VALORIZZ AZ IONE DEI RIFIUTI; TURISMO SOSTENIBILE

anche per le imprese di qualità che ancora non operano in rete e possono trovare a Smart Expo gli argomenti e le opportunità per una svolta decisiva. Per il Presidente di Legambiente Campania, Michele Buonomo «ben vengano le iniziative che puntano a collegare la miriade di piccole realtà che lottano sul territorio per stimolare una economia che non entri in contrasto con l’ambiente». Buonomo ha anche spiegato come «il fatto di aver scelto la Campania come location per Smart Expo sia un segnale importante in un territorio difficile come indubbiamente è il nostro». Per l’Assessore all’Ambiente del Comune di Salerno Gerardo Calabrese «il progetto, nato insieme a Roberto Quaranta e ad Edizioni Ambiente, ci ha immediatamente entusiasmati e coinvolti. L’idea di organizzare nel centro storico e sul lungo-

mare della città una fiera di portata nazionale e addirittura internazionale è un qualcosa che va decisamente nella direzione intrapresa già da tempo dalla nostra Giunta». L’Assessore poi ha sottolineato come «a fronte dagli sforzi portati avanti dall’amministrazione sui temi della raccolta differenziata e della tutela ambientale non possiamo non plaudere a una fiera come Smart Expo che intende fare rete tra le realtà virtuose che si occupano di sviluppo sostenibile». Infine, va ricordato, che le fiere sostengono lo sviluppo del territorio anche attraverso il forte richiamo di visitatori in città per più giorni, contribuendo in molti casi a far conoscere i nostri borghi meno noti al turismo di massa, mediante la cosiddetta ospitalità diffusa, e dando contemporaneamente impulso a opere di recupero dei centri storici e riqualificazione urbanistica, a vantaggio dell’immagine e della vivibilità della città.

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S ettor e r ic e rc a , c er tific az i o n e e v e ri f i c a os ser vatori o d e l l a s i c u re zza a c ur a d ell a Di r ez ion e C e n t ra l e Prog r amm a zi o n e , O r gan iz z a zi o n e e C o n t ro l l o

CRITERI ISPIRATORI PER LA REALIZZAZIONE DI UN SITO DI RISONANZA MAGNETICA A SCOPO MEDICO FRANCESCO CAMPANELLA INAIL – SETTORE RICERCA, CERTIFICAZIONE E VERIFICA DIPARTIMENTO TECNOLOGIE DI SICUREZZA

N ell’ulti m o ventenn io , nessun ult erio re a ggior nam en t o d ella nor ma tiva è s t at o e ma na to , s eb b en e s ia sta to r eg is t rat o u n pr ofond o m u t am en t o degli scen ari ai q u ali questo co n t es t o nor ma tivo d i rifer im en t o v ien e a ncor a a p p lic at o . L’ intr od u z io n e d i a ppa r ec c h iat u re sem pr e p iù sofistica t e e c omunq u e d al l ayout m o lt o diver so d a q u ello t ipico de ll’ in iz io degli ann i ’ 9 0 h a pr ofond am en t e m odifica t o le pr oblemat ic h e leg at e a lla gestio n e d ei fa ttor i d i ris c h io c or r elati all’ u t iliz z o dei tomog raf i RM

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seguito di una prima fase di sperimentazione normativa, e conseguentemente gestionale, avviata in Italia con il d.m. 29.11.1985, la Risonanza Magnetica a scopo medico ha avuto un grande impulso fra il 1991 e il 1993, allorquando vennero emanati i primi e ad oggi gli unici, mai aggiornati, “standard di sicurezza”: requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi finalizzati alla “corretta installazione” e alla “gestione in sicurezza” di un tomografo RM. É quindi significativo sottolineare che, nell’ultimo ventennio, nessun ulteriore aggiornamento della normativa è stato emanato, sebbene sia stato registrato un profondo mutamento degli scenari ai quali questo contesto normativo di riferimento viene ancora applicato. L’introduzione di apparecchiature sempre più sofisticate e comunque dal layout molto diverso da quello tipico dell’inizio degli anni ’90 ha profondamente modificato le problematiche legate alla gestione dei fattori di rischio correlati all’utilizzo dei tomografi RM. L’utilizzo di campi magnetici statici e gradienti di intensità sempre più elevati, la presenza di quantità molto significative di elio liquido quale fluido criogenico nel caso di magneti superconduttori e l’adozione del “controcampo” per il contenimento della zona controllata rappresentano solo alcuni esempi dell’evoluzione tecnologica che ha connotato in questi anni il settore della RM. Dal 1991, inoltre, è profondamente mutato il contesto politico e normativo per la circolazione dei dispositivi medici in Europa, a seguito dell’emanazione di Direttive comunitarie e delle conseguenti leggi nazionali di recepimento che hanno regolamentato, con particolare attenzione, gli aspetti legati alla sicurezza dei dispositivi medici e pertanto anche

delle apparecchiature a Risonanza Magnetica. Le disposizioni cogenti relative all’obbligo di marcatura CE dei dispositivi medici e la necessità per questi ultimi di essere certificati da un organismo notificato, che ne assicuri una progettazione e una realizzazione nel rispetto di determinate condizioni di sicurezza, rappresentano il sistema di garanzia che ha in qualche modo codificato il settore creando degli standard di base aventi carattere sovranazionale, i quali vanno poi implementati dagli standard nazionali di riferimento emanati da ciascuno Stato membro. Ciò premesso, dunque, scopo di questo articolo è di evidenziare, secondo una chiave di lettura attuale, l’applicazione di quei principi fondamentali - sanciti dagli standard di sicurezza - necessari affinché l’installazione dell’apparecchiatura RM e la gestione dell’attività medica con Risonanza Magnetica avvengano – anche in Italia - nel rispetto delle condizioni di sicurezza previste dalla legge e perseguite dall’INAIL che, ereditando le prerogative già state per oltre un ventennio dell’ISPESL, è diventato l’organo elettivo di riferimento per l’attività di vigilanza in questo ambito. UBICAZIONE DELLE APPARECCHIATURE

L’ubicazione delle apparecchiature RM all’interno delle strutture sanitarie è spesso oggetto di grandi discussioni, soprattutto nei casi in cui le scelte sono limitate agli spazi strettamente utili a disposizione. Potendo scegliere, certamente i piani terra e i seminterrati (o comunque tutto ciò che sotto ha il terrapieno) sono sempre preferibili, in quanto consentono di avere meno problemi di progettazione e di spesa per


SICUREZZA le schermature legate all’estensione del campo statico fuori della sala RM, e anche meno necessità di rinforzi nei solai che tengano conto del peso - non certo poco significativo - del tomografo e della schermatura. Sebbene le moderne apparecchiature utilizzino il sistema del controcampo per il contenimento della sua estensione all’interno della sala magnete, prevedendo per lo più e al massimo sforamenti solo nel locale tecnico - tipicamente allocato nella parte posteriore dell’apparecchiatura-, il campo può, talvolta, estendersi significativamente in modo verticale. Quanto detto caratterizza molti tomografi RM con magnete “a sandwich” e a basso campo (fino a 0.4 Tesla), e le apparecchiature “a sandwich” realizzate con magneti superconduttori (tipicamente da 0.7 ad 1 Tesla). Il più delle volte, l’opportunità di avere locali con soffitti molto alti negli ambienti che ospitano questo genere di apparecchiature consente di trovare un equilibrio accettabile tra schermature e messa a punto dell’apparecchiatura, soprattutto in merito all’uniformità del campo lungo tutto il gantry. Nella scelta dell’ubicazione più opportuna per le apparecchiature, occorre tenere conto della necessità di prevedere un numero di locali e/o aree operative sufficienti per svolgere in sicurezza e con efficacia le attività che si intende poi mettere in atto. L’accessibilità al sito RM dovrà essere garantita anche ai pazienti disabili o barellati: dovranno essere perciò prese in considerazione tutte le misure necessarie all’abbattimento delle barriere architettoniche e/o alla realizzazione di sistemi mobili adeguati a tali necessità, come ad esempio rampe, montascale e ascensori porta barelle. Un altro parametro da tener presente nella scelta della giusta ubicazione per le apparecchiature RM è la necessità di dover posizionare il magnete trasportandolo dall’esterno e, quindi, la necessità di individuare un percorso di accesso che consenta il trasporto di un carico di grande peso e ampie dimensioni. Ulteriore indagine preventiva va condotta al fine di evitare eventuali interferenze fra il campo statico dell’apparecchiatura RM e le apparecchiature elettromedicali eventualmente circostanti, o anche masse metalliche in movimento quali ascensori, montacarichi, ecc.. Non va, poi, in alcun modo sottovalutato il posizionamento del tomografo rispetto all’ubicazione degli impianti accessori di sicurezza e protezione, necessari per lo svolgimento dell’attività RM; l’allocazione esterna delle macchine aerauliche di mandata e ripresa, i sistemi di filtraggio esterni dell’aria in mandata, il posizionamento della tubazione del quench e del suo terminale di sbocco sono esempi di scelte costruttive che devono essere valutate con giusto anticipo rispetto ai tempi di installazione dell’apparecchiatura. Particolare attenzione, inoltre, deve essere rivolta alla collocazione dell’apparecchiatura RM, nel caso in cui risulti limitrofa a proprietà terze rispetto a quelle della Struttura Sanitaria detentrice dell’apparecchiatura. Il campo magnetico presente nella proprietà terza non può, infatti, essere superiore ad 1 gauss, pari a 0,1 milliTesla (mT), limite esplicitamente raccomandato nel d.m. 2.8.91, quindi sarà necessario procedere all’individuazione di opportune misure di schermaggio in grado di garantirne il rispetto. IL SITO RM

Il sito RM si definisce come l’insieme di locali ed aree destinate in

via esclusiva a supporto dell’attività diagnostica RM: l’intero ambiente deve essere perimetralmente confinato al fine di garantire l’interdizione all’accesso nelle zone di rischio a tutti i soggetti non abilitati, ovvero l’accesso al solo personale autorizzato o ai pazienti (o volontari sani, nel caso di strutture di ricerca) da sottoporre ad esame diagnostico autorizzato dal Medico Responsabile del sito medesimo.Per quanto riguarda i lavoratori, l’autorizzazione all’ingresso al sito RM viene concessa dai Responsabili della sicurezza (Esperto Responsabile - ER e Medico Responsabile - MR) previa preventiva valutazione da parte del Medico Competente, che è evidentemente Responsabile della sorveglianza sanitaria, e che può non essere chiamato formalmente in causa solo nel caso di ingressi occasionali. Nel caso di lavoratori che prestino sistematicamente attività all’interno del sito RM, è responsabilità del Medico Competente individuare il più opportuno protocollo di sorveglianza sanitaria. In generale tutti i lavoratori, con obbligo specifico per quelli “occasionali”, prima di accedere alla zona ad accesso controllato devono essere edotti da parte del MR sui rischi specifici e aver compilato il questionario specifico per accertare eventuali contro-indicazioni alla mansione. I pazienti accedono al sito attraverso un unico accesso controllato o, se barellati, attraverso un eventuale accesso secondario ad essi esclusivamente dedicato. La porta di accesso al sito deve essere liberamente apribile solo dall’interno e normalmente chiusa dall’esterno; l’ingresso può avvenire solo attraverso l’inserimento di un codice alfanumerico riservato al personale oppure mediante chiamata tramite citofono o videocitofono, a seguito dell’espressione di consenso dall’interno del sito. All’ingresso deve essere affissa idonea segnaletica permanente che indichi con chiarezza la presenza di campo magnetico e il divieto di ingresso a portatori di pace-maker, e alle altre categorie di persone per cui esista controindicazione all’esposizione al campo magnetico. Altri eventuali ingressi al sito RM potranno essere utilizzati solo per la comunicazione interna tra reparti e riservati al passaggio del solo personale autorizzato; le porte dovranno essere configurate e debitamente attrezzate a mo’ di accesso controllato, e vi dovranno essere apposte la segnaletica e la cartellonistica del caso. Per quanto riguarda le uscite di emergenza previste dal piano antincendio, l’utilizzo delle medesime dovrà raccordarsi con le procedure di sicurezza previste dall’Esperto Responsabile. Gli ambienti che devono necessariamente trovarsi all’interno della zona ad accesso controllato, alla quale si accede tramite l’unica porta di accesso al sito RM sono: la sala magnete, la zona comandi, gli spogliatoi, i locali/aree di preparazione ed emergenza. Le sale di aspetto, l’eventuale segreteria. E l’accettazione amministrativa devono necessariamente trovarsi al di fuori dell’accesso controllato, mentre al locale tecnico si può avere accesso attraverso un varco che risulti solo preferibilmente interno al Il locale anamnesi, così come i locali igienici per i pazienti, possono trovarsi sia all’esterno e sia all’interno del sito RM, purché nel secondo caso risultino allocati fuori dalla zona controllata (valore del campo magnetico statico superiore a 5 gauss, ossia 0,5 mT)) ed il più possibile “esterni” alla zona di rispetto. 49


LE OPPORTUNITÀ OFFERTE ALLE IMPRESE DAL BANDO ISI DI MARCELLA ANZOLIN SERVIZI ALLE IMPRESE > CONFINDUSTRIA SALERNO

Nei tr e a n n i d i e m anazio n e d el ba ndo ISI h an n o a vuto a c c es s o a i fina nziam en t i 1 5 6 a zie n d e d ella pr ovinci a d i S a ler no. D i q u es t i pr ogetti p res en t at i 1 25 sono riv o lt i a d invest im en t i per adeg u am en t o di im pian t i p er l a r iduzio n e o l ’elim ina z io n e del r isch io e 31 a ll’ adoz io n e d i modelli o rg an iz z at ivi e di r esp o n s ab ilit à sociale. In t erm in i e conom ic i s i è pa ssati d a u n o stanzia m en t o p er la Campa n ia d i eu ro 5 mln nel 2 0 10 ( d i c u i 600 m ila d is t rib u it i a S a ler n o , o v vero il 1 2%) a 14 m ln d i eu ro nel 2012 ( 4. 0 0 0 . 0 0 0 distr ibuit i a S alern o , ovver o il 2 8%)

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nche quest’anno Confindustria Salerno, nell'ambito della campagna di sensibilizzazione che con l'Inail sta portando avanti da diversi anni, ha ospitato dirigenti e consulenti dell’istituto per un confronto costruttivo sulle modalità di presentazione del bando ISI. Sensibilizzare le aziende ad investire in sicurezza è fondamentale e con lo stanziamento di fondi del bando ISI - destinato ad investimenti in sicurezza - e la possibile riduzione del tasso medio dei premi che gravano sulle aziende - predisposto dall'oscillazione del DA SINISTRA EMIDIO SILENZI, tasso (Ot 24) - l’Inail fornisce validi strumenti per DONATA VOLINO E ANTONIO FERRARO ottemperare agli obblighi di legge e garantire la sicurezza dei lavoratori. «Negli ultimi anni molto è stato fatto - ha affermato Donata Volino, direttrice della sede Inail di Salerno - ma resta ancora da lavorare intensamente per portare le cifre delle morti bianche da due a una». Come evidenziato dal direttore regionale Emidio Silenzi, nel 2012 in Campania sono stati denunciati 1.947 infortuni in meno rispetto al 2011, con un calo percentuale dell'8,9%. Il bando ISI, rivolto alle imprese iscritte alla CCIAA, prevede per l’anno 2014 uno stanziamento nazionale di circa 307 mln di euro a fondo perduto per la realizzazione di interventi di prevenzione, l’adozione di modelli di organizzazione finalizzati alla sicurezza e da quest’anno anche la sostituzione o l’adeguamento delle attrezzature di lavoro messe in servizio anteriormente al 21 settembre 1996. L’incentivo ISI viene assegnato fino ad esaurimento dei budget regionali secondo l’ordine cronologico di arrivo della domanda di partecipazione ed è cumulabile con benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito, quali quelli gestiti dal Fondo di garanzia delle piccole e medie imprese e da Ismea. Per quest’anno a disposizione della Campania ci sono circa 27mln euro. La percentuale finanziabile in conto capitale sull’intero importo dei progetti è passata dal 50 al 65% per un valore massimo di 130mila euro e un valore minimo di 5mila. Per i progetti che superano i 30mila euro, è possibile ottenere un anticipo del 50% del finanziamento ottenuto, previa costituzione di garanzia fideiussoria. La soglia di punteggio da raggiungere è 120, di cui 13 punti saranno dati alle aziende che condividono il progetto con più parti sociali. A tal proposito, per il settore industria sarà possibile richiedere la collaborazione all’Organismo Paritetico Provinciale presente in Confindustria Salerno rappresentato dalle tre sigle sindacali e da tre rappresentanti di aziende associate. Nell’ottica del miglioramento e della semplificazione, l’esperienza dell’Inail nel valutare e finanziare i progetti presentati dalle aziende, ha portato a modificare alcune procedure rendendo più agevole l’accesso al finanziamento. In particolare, è stata introdotta la possibilità di integrare la documentazione fornita eliminando la dicitura “a pena di esclusione”. Questo manifesta la chiara intenzione dell’Istituto di agevolare l'erogazione dei fondi a disposizione, evidenziata anche dalla disponibilità a ricevere i referenti aziendali presso la sede di Salerno per supportarli nella presentazione della richiesta. Le domande vanno precompilate on line fino all’8 aprile; il 30 aprile poi sarà comunicata la data per l’inoltro delle domande in via telematica (click day). L’Inail si riserva di concludere l'istruttoria entro due mesi. Integrazione e chiarimenti richiesti vanno forniti entro 20 giorni pena l’inammissibilità del progetto.


UNIVERSITÀ

INNOVAZIONE IN CAMPO ENOLOGICO: DEALCOLAZIONE PARZIALE E TOTALE DEL VINO DI LOREDANA LIGUORI > ASSEGNISTA DI RICERCA DIP. DI INGEGNERIA INDUSTRIALE UNIVERSITÀ DI SALERNO > lliguori@unisa.it DI PAOLA RUSSO > PROFESSORE ASSOCIATO DI CHIMICA INDUSTRIALE E TECNOLOGICA DIP. INGEGNERIA CHIMICA MATERIALI AMBIENTE UNIVERSITÀ “LA SAPIENZA” > paola.russo@uniroma1.it

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Tra le tecniche di allontanamento dell’alcool dal prodotto finito, la distillazione osmotica è molto promettente in termini sia di efficacia e di fattibilità tecnica, sia energetici

alcool svolge un ruolo complesso nella società umana e sulla salute dell’uomo, fa parte di rituali di molte culture, tradizioni e religioni. Uomini e donne, adulti e giovani, assumono bevande alcoliche durante e al di fuori dei pasti, soprattutto in situazioni di socializzazione. Esiste una correlazione tra il consumo di alcool e gli effetti sulla salute. Se da un lato, studi epidemiologici dimostrano che l’organismo può beneficiare di un consumo moderato di alcool, dall’altro si rileva la tendenza ad un consumo crescente di alcool nei paesi più sviluppati, con il continente europeo in testa (a seguire le Americhe). Contestualmente ai consumi più elevati, si registrano i più alti tassi di morbilità e mortalità “alcool correlate” (alcolismo, disfunzioni epatiche, cancro e disfunzioni cardiache). Tutto ciò ha spinto le istituzioni a realizzare campagne di sensibilizzazione contro l’abuso di alcool e ad applicare severe norme restrittive per limitarne il consumo, soprattutto tra i giovani, contrastando così l’assunzione di tristi abitudini di genesi collettiva, come quella del binge drinking, l’abitudine cioè a consumare, in una sola occasione e in un tempo ristretto, eccessive quantità di alcool fino ad arrivare all’ubriachezza e all’intossicazione alcolica. Negli ultimi anni, inoltre, si rileva una crescente attenzione dei consumatori verso un’alimentazione in grado di mantenere lo stato di salute e prevenire

lo sviluppo di patologie, privilegiando il consumo di alimenti funzionali che contengono sostanze biologicamente attive o ridotte quantità di alcool e grassi. In questo contento si inseriscono i recenti studi sulla dealcolazione delle bevande, processo che consente di rimuovere parzialmente o del tutto il contenuto alcolico di bevande tradizionali, quali vino e birra, largamente consumate dalla popolazione occidentale. Le bevande, private della componente alcolica e conservando solo le componenti che hanno effetti benefici sulla salute del consumatore, possono essere consumate in grandi quantità ed essere inserite in un piano di “educazione al bere bene e in maniera consapevole”. Tali bevande possono poi essere rivolte a soddisfare le esigenze di diverse fasce di consumatori che per volontà o per motivi (religiosi, culturali o di salute) non possono assumere bevande alcoliche. La dealcolazione parziale del vino è una pratica enologica autorizzata dal regolamento della Comunità Europea n. 606/2009. L’eliminazione parziale dell’alcool dal vino consente di ridurre di alcuni gradi il contenuto in alcool etilico di vini molto alcolici e aromatici, frutto di una precoce maturazione delle uve con un eccessivo accumulo di zuccheri, a seguito delle temperature sempre più elevate e delle estati sempre più torride, conseguenza del riscaldamento globale. > 51


La dealcolazione parziale del vino è una pratica enologica autorizzata dal regolamento della Comunità Europea n. 606/2009. Al contrario la dealcolazione totale, e cioè la possibilità di allontanare dal vino una parte consistente dell’alcool, componente essenziale del vino stesso, rappresenta per gli esperti del settore “un’eresia” ed è un motivo di dibattito, già a partire dai dubbi linguistici relativi all’identificazione e all’etichettatura del prodotto. In effetti, la dealcolazione totale del vino mira alla produzione di una bevanda analcolica a basso contenuto calorico e che abbia lo stesso appeal del vino conservandone le caratteristiche organolettiche e sensoriali. Una bevanda innovativa, che vada ad occupare una nicchia di mercato al pari del caffè decaffeinato, del tè deteinato o della birra analcolica. I processi attualmente disponibili per la produzione di vino (e birra) a ridotto contenuto alcolico prevedono l’arresto del processo di fermentazione o l’allontanamento dell’alcool dal prodotto finito. L’interruzione della fermentazione alcolica, bloccando anche la formazione dei componenti aromatici che si sviluppano proprio durante tale fase, risulta una tecnica efficace nel controllare il contenuto di alcool presente nel prodotto finale, ma modifica significativamente le proprietà sensoriali della bevanda rendendola quasi del tutto priva della componente aromatica. Tra le tecniche di allontanamento dell’alcool dal prodotto finito, la distillazione osmotica è molto promettente sia in termini di efficacia e di fattibilità tecnica, che in termini energetici. Tale processo - che consiste nell’utilizzo di una membrana polimerica ai cui alti scorrono la bevanda da dealcolare (vino) e una soluzione di strippaggio (in genere acqua), a temperatura e pressione ambiente, presenta infatti consumi energetici limitati, ma anche, e soprattutto, non apporta danni ai composti termolabili presenti nel vino, come accade invece nella di-

LA DEALCOLAZIONE DETERMINA SOLO UNA P ARZ IALE P ERDITA DEI COMP OSTI RESP ONSABILI DELL'AROMA E DEL FLAVOUR DEL VINO

stillazione o nell’evaporazione. La distillazione osmotica, infatti, consente di allontanare i composti volatili presenti nella bevanda alcoolica sfruttando solo la differenza di pressione parziale dell’alcool tra le due soluzioni poste ai lati della membrana. In questo modo, la bevanda si impoverisce di etanolo che passa nella soluzione strippante. Gli studi condotti dal nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come la tecnica della distillazione osmotica possa essere efficacemente utilizzata per la rimozione parziale e totale dell’alcool dal vino (Aglianico), fino ad un grado alcoolico dello 0.2% vol (vino totalmente dealcolato). L’analisi dei principali parametri di qualità del vino durante il processo ha mostrato che la dealcolazione non apporta sostanziali modifiche in termini di pH, acidità totale, acidi organici, composti fenolici, esteri tartarici e flavonoli e determina solo una parziale perdita dei composti responsabili dell’aroma e del flavour del vino. Al fine di fornire un prodotto sensorialmente accettabile e che rievochi il gusto e il sapore del vino, sono allo studio bevande preparate arricchendo il vino dealcolato di specifici aromi o sostanze volatili recuperate durante il processo di dealcolazione.

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RICERCA

LA COMMISSIONE EUROPEA LANCIA A SALERNO IL DIBATTITO REGIONALE SULL’UE DI MIRELLA SANTORIELLO RESPONSABILE OPERATIVO CENTRO EUROPE DIRECT SALERNO E AIC msantoriello@pstsa.it Entro il mese di aprile, in Campania molte occasioni di confronto

L’

Europa a Salerno, l'Europa in Campania è il titolo dell’evento che si è tenuto lo scorso 20 gennaio, presso il Salone di Marmi del Comune di Salerno, voluto direttamente dalla Commissione europea con l'obiettivo di presentare le opportunità offerte dall’Europa nella regione Campania e lanciare il dibattito sul futuro dell'Unione europea. Nel corso della mattinata, la presentazione delle sfide che nel 2014 l’Unione deve affrontare, della nuova programmazione 2014–2020 che inizia a rendere disponibili i finanziamenti stanziati nei diversi settori di sviluppo territoriale, oltre che la testimonianza diretta del mondo confindustriale, consapevole dell’opportunità di crescita che tali fondi rappresentano per le imprese campane, hanno lanciato il dibattito sulle concrete implicazioni che le scelte europee hanno sulla vita quotidiana dei cittadini. Contestualizzare tre punti tematici, aiuta a chiarire il perché di Europa in Campania. 1. LA POLITICA DI COESIONE ECONOMICA E SOCIALE All’interno del cosiddetto obiettivo convergenza, la Campania è tra le regioni europee destinatarie di attenzione particolare da parte della Politica di coesione UE. Con una dotazione di 325 miliardi complessivi per periodo 2014-2020, di cui più di 29 all'Italia, la Politica rimane il principale strumento di investimento per creare sviluppo e occupazione. Il FESR sarà concentrato su 4 priorità chiave: innovazione e ricerca, agenda digitale, sostegno alle PMI ed economia a bassa emissione di carbonio. L’FSE, con una dotazione di 10 miliardi di euro all'anno, supporterà il miglioramento delle politiche per l'occupazione, prevedendo anche fondi aggiuntivi per l'attuazione di misure di garanzia per i giovani, in quelle regioni il cui tasso di disoccupazione giovanile superi il 25%. 2. INVESTIMENTI NELLA RICERCA E NELL'INNOVAZIONE Attraverso Horizon 2020, l'UE destinerà alle attività di ricerca e innovazione più di 70 miliardi di euro nei prossimi 7 anni. I dati relativi all'utilizzo del precedente PQ, rilevano che la Campania è la più attiva tra le regioni del sud, con una percentuale di successo del 17,5%, più alta della media italiana che è del 15,6%. Trattandosi di un programma a gestione diretta, senza allocazioni predeterminate per i singoli Paesi e per le regioni, i margini di miglioramento sono molto ampi. 3. AMBIENTE E USO EFFICIENTE DELLE RISORSE Nella strategia europea, ambiente ed economia sono facce di una stessa medaglia. Il nuovo paradigma impone di tenere conto dei limiti del mondo naturale e delle risorse disponibili. Secondo uno studio realizzato dalla Commissione del 2012, una piena attuazione della legislazione europea sui rifiuti, consentirebbe di risparmiare 72 miliardi di euro l'anno, incrementando di 42 miliardi il fatturato annuo del settore di gestione e riciclaggio rifiuti, creando oltre 400 000 posti di lavoro entro il 2020. A valle dell’evento dello scorso gennaio, il testimone passa ai Centri Europe Direct campani, che entro il mese di aprile, organizzeranno 3 momenti di dibattito cittadino in altrettante città campane (Salerno, Napoli, Caserta), su questioni molto concrete. L’evento salernitano, si occuperà di: rapporto tra rigore e crescita, Unione bancaria, Euro-bot. 53


STEREOTIPI E PREGIUDIZI: L’AFRICA NON È UN PAESE

ELY SZAJKOWICZ RESPONSABILE INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE CONFINDUSTRIA ASSAFRICA & MEDITERRANEO

Le stime di crescita per il Continente per il 2014 sono attorno al 6% e ben 7 delle 10 economie mondiali che registreranno i più elevati tassi di crescita nel quinquennio in corso (2011-2015) appartengono a Paesi Sub-sahariani. Cifre che fanno impallidire le flebili stime di crescita per l’area euro, che secondo il Fondo Monetario Internazionale sono l’1% per il 2014 e l’1,4 per il 2015. Per l’Italia va ancora peggio: 0,6% per il 2014 e 1,1% per il 2015. Sono cifre, appunto. E non opinioni

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Africa non è un Paese”. Bella scoperta, diranno i lettori. Invece è la risposta un tantino irritata di un ministro nigeriano allo scivolone in cui era incorso un rappresentante del mondo imprenditoriale italiano intervenendo all’incontro economico-politico che nel 2009 aveva riunito a Roma i ministri economici dei Paesi del Continente africano. Benché il relatore fosse incolpevole, tale lapsus (perché di questo innocentemente si trattava) rende l’idea del ritardo culturale, anche in termini di policy imprenditoriale, con cui fino a poco tempo fa si pensava all’Africa nel nostro Paese. Anche l’informazione economica sul continente non aiutava a superare il muro dell’indifferenza e della non conoscenza dei cambiamenti del continente, occupandosi di Africa soprattutto in relazione ai conflitti, all’aiuto umanitario e alla cooperazione allo sviluppo. Così le Missioni di sistema italiane in Africa subsahariana non erano molto gettonate, mentre invece quelle tedesche, francesi, e inglesi erano sempre molto affollate. Ciò era sicuramente dovuto in gran parte ai rapporti ereditati dal colonialismo: ma anche ad una informazione nazionale specializzata sull’Africa e all’azione politica ed economica delle diplomazie nazionali, due potenti catalizzatori di sviluppo internazionale di cui l’Italia era carente. Ammettiamolo con onestà intellettuale: gli imprenditori italiani operanti in Africa fino a qualche anno fa sono stati considerati dei visionari oppure dei cavalieri solitari. Ma chi ha incominciato qualche anno fa a lavorare

in Africa, soprattutto subsahariana, è stato un grandissimo innovatore, proprio perché non aveva dietro le spalle una politica estera molto attenta al supporto economico delle proprie imprese, come per esempio in Francia, dove però qualcosa si era incrinato nel rapporto privilegiato con i Paesi africani, in una sorta di disconnessione dalle esigenze di queste società in evoluzione. Così a dicembre 2013 il Rapporto Védrine-Zinsou ha formulato una Agenda economica condivisa per la crescita congiunta dell’Africa e della Francia, basata su quindici punti fondati su un concetto paritetico, rivoluzionando così le relazioni franco-africane che risentivano ancora del post-colonialismo. Le stime di crescita per l’Africa per il 2014 sono attorno al 6% e ben 7 delle 10 economie mondiali che registreranno i più elevati tassi di crescita nel quinquennio in corso (2011-2015) appartengono a Paesi Sub-sahariani. Cifre che fanno impallidire le flebili stime di crescita per l’area euro, che secondo il Fondo Monetario Internazionale sono l’1% per il 2014 e l’1,4 per il 2015. Per l’Italia va ancora peggio: 0,6% per il 2014 e 1,1% per il 2015. Sono cifre, appunto. E non opinioni. È indubbio quindi che allo scivolare del 2013 verso il nuovo anno da poco iniziato siamo entrati un altro Millennio, indipendentemente dal calendario. Le prime ad accorgersi che in Africa c’è sviluppo economico, crescita della classe media, consumi in ascesa, richiesta di infrastrutture, materiali e immateriali, sono state le imprese che, per tutto il 2013, hanno


INTERNAZIONALIZZAZIONE riempito le sale riunioni ogniqualvolta Confindustria Assafrica & Mediterraneo ha organizzato un incontro-Africa. Non a caso infatti il Trust Barometer 2014 indica che scende la fiducia nei Governi e cresce quella nelle imprese. Anche il Sistema Italia però sta cominciando a dare incoraggianti segnali di allineamento con questi cambiamenti epocali: il 30 dicembre il Ministro Bonino ha lanciato l’Iniziativa Italia-Africa che, per dirla con le parole del Ministro, va «a tutto campo, per riaccendere i riflettori nel nostro Paese sull'Africa», rilanciando il partenariato politico, economico, culturale tra l'Italia e l'intero continente africano. Per il mondo dell’industria i primi settori individuati sono energia e ambiente, agricoltura, salute (sicu-

rezza alimentare, sanità, veterinaria), cultura e infrastrutture. E nelle prime due settimane di gennaio il Ministro è andata in Senegal, Sierra Leone, Costa d’Avorio e Ghana. «Smettiamola di pensare all’Africa come un unico continente in difficoltà, perché il nostro ruolo è quello di rafforzare i paesi che sono a metà del guado, che hanno istituzioni forti e dove la questione dei diritti civili va di pari passo con la governance». Ma poi arriva l’indicazione economica. «Paesi come Ghana, Senegal, Angola, Mozambico, possono essere il trampolino di lancio dell’Africa» ha detto il Ministro. A parole nostre: l’Africa cresce e l’Italia può ricominciare (a crescere) con l’Africa.

BUILD AFRICA FORUM Delegazioni governative di alto livello, imprenditori e investitori si riuniranno a Brazzaville dal 5 al 7 febbraio 2014 per il Forum BUILD Africa. Attraverso workshop interattivi e conferenze di esperti il Forum - che si svolge per la prima volta in Africa sub-sahariana - sarà un appuntamento per scambiare idee, condividere esperienze e riflessioni sui temi della crescita e dello sviluppo del Continente, focalizzando l’attenzione sul fabbisogno infrastrutturale dell’Africa. Circa 70 i relatori invitati a prendere la parola nel corso del Forum. Unico italiano Cesare Trevisani, Amministratore Delegato del Gruppo TREVI, gruppo associato a Confindustria Assafrica & Mediterraneo.

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ESPANSIONE INTERNAZIONALE: CONCLUSO IL CICLO DI SEMINARI ORGANIZZATO IN CONFINDUSTRIA SALERNO

DI MONICA DE CARLUCCIO SERVIZI ALLE IMPRESE > CONFINDUSTRIA SALERNO

La formazione specialistica in materia di internazionalizzazione – suddivisa in 15 lezioni di aggiornamento professionale – ha ricevuto il plauso dei partecipanti per l’elevato interesse delle materie trattate e per la competenza certificata dei docenti

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e relazioni con l’estero restano, per molte imprese, una criticità evidente spesso per l’assenza di f igure specialistiche che si occupino in maniera eff icace di trasformare i “contatti” realizzati in f iere, missioni, viaggi, in veri e propri – nonchè prof ittevoli - accordi di affari per crescere a due cifre. Per meglio attrezzare le aziende socie, Confindustria Salerno ha ben pensato per l’anno 2013 di realizzare un percorso seminariale di aggiornamento professionale a supporto dell’espansione internazionale dell’impresa, percorso che, nei fatti, è stato attuato da Assindustria Salerno Service srl e reso possibile grazie al finanziamento della Camera di Commercio di Salerno. Quindici le giornate di aggiornamento - tutte a cura di qualificati docenti dalla comprovata esperienza – organizzate con il preciso intento di accrescere la cultura e la tecnica dell’internazionalizzazione dei partecipanti, rivoluzionando, laddove era necessario, approcci, credenze, strategie di ingresso e politiche per presidiare i mercati esteri. La finalità del ciclo di seminari di aggiornamento professionale proposto è stata, infatti, quella di stimolare i partecipanti ad individuare le migliori alternative di sviluppo della propria impresa sui mercati internazionali: oltre a prevedere moduli che favorissero conoscenze e competenze specifiche e specialistiche, il programma voleva essere la giusta occasione per rimodulare il ruolo e il coordinamento tra alcune funzioni aziendali, favorendo il passaggio da un’organizzazione a “compartimenti stagni” ad una “a vasi comunicanti”, più funzionale ad approcciare i mercati esteri con successo. Compatto il giudizio sui rappresentanti delle aziende da parte del corpo docente alternatosi in cattedra nel corso delle giornate di formazione: a detta degli esperti, infatti, visibile è stata la crescita per molte delle aziende intervenute, che hanno tradotto sul campo - in gesti quotidiani - le nozioni che prima avevano avuto modo di apprendere in aula. Per vincere sui mercati, infatti, è sì necessario presentarsi con gli skills giusti, ma più di ogni altra cosa è indispensabile che il capitale umano, oltre ad avere una brillante idea di business per realizzare e fare crescere il progetto di espansione internazionale, padroneggi al meglio tutti gli strumenti di gestione, abbia chiari obiettivi e strategie, pianifichi con cura e analizzi il mercato da penetrare con meticolosità e, infine, sia capace di un’elevata, etica e trasparente razionalità espositiva per condurre efficaci partite di business fuori dai confini domestici.


SALUTE

DOLCIFICANTI A BASSO CONTENUTO CALORICO E SICUREZZA D’USO

GIUSEPPE FATATI PRESIDENTE FONDAZIONE ADI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DI DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA)

L’EFSA ha recentemente dicembre 2013 - riaffermato che l’aspartame e i suoi prodotti di degradazione sono sicuri per il consumo umano ai livelli di esposizione attuali

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on il termine dolcificanti a basso contenuto calorico si indicano sia le sostanze che forniscono un sapore dolce con poche o nessuna caloria, sia le sostanze che hanno un gusto dolce così intenso da essere usate nei prodotti alimentari in concentrazioni tanto basse da non contribuire in modo significativo all’apporto calorico. Nell’UE i dolcificanti a basso contenuto calorico più utilizzati sono l’acesulfame K, l’aspartame, il ciclammato di sodio, la saccarina e il sucralosio. Un nuovo dolcificante a basso contenuto calorico è stato approvato nel novembre 2011. Si tratta dei glicosidi steviolici, derivanti dalle foglie della pianta Stevia. I dolcificanti intensi non calorici si sono conquistati, nel mondo dell’alimentazione, un ruolo di importanza crescente. Il loro gusto, e il loro potere dolcificante, in media molto elevato (200-300 volte più del saccarosio), ne fanno infatti strumenti eccellenti per garantire il gusto dolce in assenza di un significativo apporto calorico. I dolcificanti non calorici sono, sul piano normativo, additivi alimentari, soggetti alle stringenti regole di valutazione della loro sicurezza d’uso, basate sulla letteratura sperimentale periodicamente rivalutate dall’European Food Safety Authority (EFSA). Nonostante queste procedure siano di riconosciuto rigore, è diffusa la percezione di pericolosità associata all’uso di questi composti. Tale evidenza trova, probabilmente, spiegazione nell’intrinseca percezione di pericolosità che parte del pubblico attribuisce agli additivi di sintesi e nell’attenzione che i media dedicano ai report che supportano tale pericolosità. Ed è proprio questa differente visione dei dolcificanti uno dei motivi principali che hanno indotto NFI (Nutrition Foundation of Italy) e Fondazione ADI a organizzare a Roma il Convegno “Dolcificanti intensi non calorici: focus sulla sicurezza d’impiego”. I dati presentati e discussi durante il Convegno hanno ribadito come questi composti possano continuare a entrare nella formulazione degli alimenti che circolano nella Comunità Europea. Nonostante ciò, subito dopo, vi sono state rinnovate polemiche soprattutto nei confronti dell’aspartame. Oggi si calcola che questa sostanza sia utilizzata da oltre 200 milioni di persone in oltre 6000 prodotti, tra bevande, dolciumi e caramelle, yogurt, e in oltre 500 farmaci, soprattutto sciroppi per bambini. È importante sapere che l’EFSA ha recentemente (dicembre 2013) riaffermato nella sua prima valutazione completa del rischio dal dolcificante che l’aspartame e i suoi prodotti di degradazione sono sicuri per il consumo umano ai livelli di esposizione attuali. L'Authority con sede a Parma lo ha annunciato nel proprio sito precisando che «per eseguire la valutazione l'EFSA ha condotto un rigoroso esame di tutte le ricerche scientifiche disponibili sull'aspartame e sui suoi prodotti di degradazione, compresi studi sugli animali e sull'uomo». Il gruppo di esperti scientifici, in seguito a un'analisi dettagliata ha concluso che l'attuale dose giornaliera ammissibile (DGA) di 40 mg/kg di peso corporeo/die è in grado di tutelare la popolazione. Il parere dell’EFSA rappresenta una delle più complete valutazioni del rischio associato all'aspartame mai intraprese. Siamo fermamente convinti che la sicurezza di impiego di qualsiasi prodotto non può e non deve fare a meno dei dubbi sollevati dalla sperimentazione ma tali studi non vanno interpretati in modo acritico. Il processo periodico di rivalutazione dei dolcificanti ad opera dell’European Food Safety Authority è la migliore garanzia della loro sicurezza. 57


UNA PELLE GIOVANE E SANA PER IL NUOVO ANNO

ANTONINO DI PIETRO DERMATOLOGO www.antoninodipietro.it

Un’avvertenza: nessuna tecnica al mondo vi darà beneficio se non vi regalate insieme una vita più sana, una dieta corretta, non curate sport e interessi e non dormite almeno 7-8 ore a notte

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iso fresco, pelle tonica, niente borse sotto gli occhi, segni d’espressione appena accennati. Guardatevi allo specchio. Chi vi darebbe quarant’anni? Invece li avete, forse anche qualcuno in più. Potete scegliere di dichiararli, con franchezza. Oppure può restare un segreto fra voi e la vostra carta d’identità. L’importante è che comunque non li dimostrate. Dietro un aspetto giovane ci possono essere tanti apporti: un fattore genetico, una vita sana, la rinuncia al fumo, una dieta equilibrata, esercizio fisico all’aria aperta. Magari anche un piccolo aiuto da parte della dermatologia plastica. Un patto col tempo non lo potete fare. Ma un aspetto sano, fresco, naturalmente giovane, dopo i quarant’anni non è un dono che arriva dal cielo. Va costruito passo dopo passo. Sotto questo profilo, gli uomini rispetto alle donne hanno qualche marcia in più. La pelle maschile è molto più sottile di quella dell’altro sesso, quindi i segni dell’età in genere compaiono almeno 5 anni più tardi. In più, il grasso secreto dal volto maschile per effetto del pelo costituisce un naturale fattore protettivo contro le aggressioni del tempo. Lo stesso, passati i quarant’anni, si può cominciare a pensare a qualche soluzione soft per ridare al viso la tonicità e la compattezza del decennio precedente. La dermatologia plastica è una nuova branca della medicina che, senza bisogno di bisturi, aiuta la pelle a restare giovane. Potete consultare uno specialista e studiare insieme a lui una proposta su misura. L’ultima frontiera è rappresentata dalla biorivitalizzazione: si tratta di tecniche non invasive che possono restituire a volto e collo un aspetto naturalmente rilassato. Potrete cavarvela con periodiche sedute della durata di meno di mezz’ora l’una, che non lasciano tracce evidenti per cui subito dopo è possibile anche riprendere il lavoro. II “Dermolifting”, per esempio, è un trattamento a base di microiniezioni di enzimi che combatte la perdita di elasticità della pelle del viso. Oppure c’è la tecnica “cross linked”, per distendere i tessuti eliminando l’aspetto grinzoso dalle guance. Il “Picotage”, invece, è studiato per contrastare l’azione nociva dei raggi ultravioletti proteggendo la pelle dall’invecchiamento precoce ed è quindi, adatto a chi ama molto fare vita all’aria aperta. Per riempire le rughe profonde si può intervenire invece con i filler, ossia materiali di riempimento riassorbibili come l’acido ialuronico che evitano sgradevoli “fissità” e, nel tempo, non provocano effetti collaterali. Ancora, per ravvivare un colorito spento e opaco si può provare con i peeling, sempre effettuati dallo specialista, che facilitano la rimozione delle cellule morte. Un’avvertenza: nessuna tecnica al mondo vi darà beneficio se non vi regalate insieme una vita più sana, una dieta corretta, non curate sport e interessi e non dormite almeno 7-8 ore a notte. E i capelli? L’alopecia androgenetica, che porta al loro diradamento sino alla calvizie, interessa sino all’80% dei maschi sopra i 30 anni. Andate da un dermatologo esperto in tricologia per preparare con lui un piano d’attacco, più che di difesa, che partirà da un nuovissimo test che consiste in un esame digitale computerizzato del capello e in pochi minuti individua il tipo e il grado di problema. Ormai ci sono farmaci efficaci nel fermare il diradamento, per esempio quelli a base di minoxidil e di finasteride. Questo sul versante estetico. Su quello della salute, vi sottoporrete una volta all’anno ad una dermatoscopia, un check-up della pelle che può individuare in tempo eventuali tumori cutanei.


BON TON

ACCOGLIENZA: I PASSI GIUSTI PER ESSERE DEFINITI VERI SIGNORI

NICOLA SANTINI ESPERTO DI GALATEO, COSTUME E SOCIETÀ www.ttimestyle.com

Esistono regole precise di cortesia per andare incontro e per congedare un ospite, in ufficio, così come a casa

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uanti passi bisogna fare per essere definiti veri signori? In ufficio, come a casa, i più attenti ne fanno una questione di bon ton. Sì perché l’educazione e il saper stare si misurano anche in questo. Non c’è una misura, ma una regola, anzi due: tanti passi si fanno all’arrivo dell’ospite, altrettanti, se non di più, se ne faranno quando lo stesso si accomiata. E, più di riguardo è la persona che si presenta, più la strada per andargli incontro e per riaccompagnarlo sarà lunga. Pensavate di cavarvela alzandovi in piedi all’arrivo di un ospite? Quello è il minimo sindacale. Un ospite di particolare riguardo in ufficio, per esempio, ci vedrà non solo scattare in piedi ma anche andargli incontro quando bussa alla nostra porta, o quando si affaccia se la porta è già aperta. Indipendentemente dall’esito di un appuntamento, l’arrivederci ci vedrà alzare e riaccompagnarlo fino alla porta, che sarà chiusa solo quando l’ospite è già fuori dal campo visivo. Nulla di più maleducato e meschino di chi ti chiude la porta dietro. Se invece un incontro aziendale è andato particolarmente bene, o un ospite conosciuto a casa è stato particolarmente gradito, non solo lo accompagneremo alla porta ma fino all’ascensore e aspetteremo di vederlo sparire al piano di sotto. Se ci sono le scale, arriveremo fino al pianerottolo e gireremo i tacchi solo quando sarà sceso di un piano. Quando invece sappiamo fin dall’inizio che questo è l’incontro che ci cambierà la vita, potremo arrivare fino alla reception, al piano terra del nostro palazzo, o al cancello di casa per dimostrargli quanto ci teniamo al suo arrivo. Una raccomandazione: certe attenzioni non sono per tutti e non possono essere all’ordine del giorno, altrimenti perderebbero di valore. Riservatele alle persone cui tenete seriamente e accontentatevi, senza apparire troppo ossequiosi, di un paio di passi incontro all’ospite se questi è una persona che vi visita abitualmente, onde evitare che la forma si trasformi in formalità. La prima appartiene ai signori, la seconda ai maggiordomi.

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FINISTERRE

THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT

ALFONSO AMENDOLA DOCENTE DI SOCIOLOGIA DEGLI AUDIOVISIVI SPERIMENTALI PRESSO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO

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Piccoli racconti dal Novecento: dopo il tributo al regista francese Truffaut, un omaggio a The Smiths

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ell'esplosione plastic-onirica, post-modern, neo-barocca, iper-visual, reaganiana e tacheriana degli anni Ottanta, una dominante punk/post-punk/dark/new-wave (rigorosamente british) invade la scena musicale internazionale. La Gran Bretagna, a principiar dalla nascita del punk del 1978, diviene portatrice “bella e perversa” (rubando un titolo a Pier Vittorio Tondelli che sugli anni Ottanta ha scritto il maggior affresco letterario “Un weekend postmoderno”) di una marea di band che hanno segnato diverse generazioni. I nomi s'affollano e, alle volte, si confondono: dai Clash ai Joy Division, dai Siouxsie and the Banshees ai Cure, dagli Style Council agli Strangles. Tra questi gli alternative-rocker e new-romantic The Smiths! Nati nel 1982 nella periferia di Manchester dall'incontro tra Marr e Morrissey (rispettivamente chitarrista e cantante del gruppo). Immediatamente, “come un innamoramento”, i due trovano una sintonia estetica, culturale e produttiva che (seppur non li terrà uniti per molto tempo, in fondo il gruppo dopo appena 5 anni già si scioglie) saranno il nevralgico racconto di un'epoca e di un territorio davvero potente. Una eco ancor oggi centrale. Tutto parte dalla scelta del nome (The Smiths, cognome anglosassone anonimo e diffuso) per contrastare le roboanti e stratificate nominazioni dei gruppi della scena degli anni Ottanta. E tutto poi continua nell'intensità di cinque straordinari album, lucidi racconti della contemporaneità. Cinque assalti sistemici (tra il poetico e il politico) veri diamanti nella storia della musica: “The Smiths” (1984), “Meat Is Murder” (1985), “The Queen Is Dead” (1986), “Strangeways, Here We Come” (1987), “Rank” (1988). In questi cinque dischi (cui faranno seguito raccolte, antologiche, bootleg e altro ancora) c'è davvero la storia di un mondo e di un sentire collettivo. Da un lato la raffinatezza dell'artwork delle copertine in bicromia (volti, scene, frames, modelli) dall'evidente estetica omoerotica. Dall'altro, le performance del gruppo inglese sempre molto d'impatto scenico seppur dentro una matrice di grande eleganza. Ascoltare The Smiths significa perdersi e ritrovarsi in un universo molteplice che attraversa tutta la matrice wildiana e l'estetica video di Derek Jarman. Significa piangere girando attorno ad una fontana lontano simbolo d'infanzia (“di come prendesti con te un bimbo e lo facesti invecchiare”) e impegnarsi per le lotte sociali. Emozionarsi ascoltando gli accordi di Jhonny Marr. Riconoscersi nei volti di quei ragazzini delle copertine dei dischi. Commuoversi per gli amori impossibili. Provare rabbia per tutti quei lavoratori in cassa integrazione. Sperare che si salvi la ragazza in coma. Sentirsi, guardandosi per ore allo specchio, un “charming man”. E nel fine settimana andare nelle discoteche (ma quelle rigorosamente “off”, “underground” e molto “alternative”) per “pogare” con dolcissima violenza nel sentire il panico che si espande per Londra (“Hang the Dj, hang the Dj, hang the Dj, Hang the Dj, hang the Dj, hang the Dj”). Con The Smiths, gioiosamente, si scopre lo “splendore glamour” degli anni Ottanta, si ritrova tutta l'estetica di una tensione letteraria che trova sbocco necessario nella musica fino a diventare l'emblema di quegli anni e alla fine ci si immerge in una nostalgia adolescenziale che alle volte già il solo ricordo è festa d'emozioni. Emozioni che esplodono, generose e naturali, anche ascoltando un solo loro frammento musicale che diviene la pura forza di chi (forse per la prima volta) capisce che il mondo può esser veramente “suo” perchè in improvvisa dolcezza “questa notte ha aperto i miei occhi”.


ARTE

GLI SPAZI DELLA CRITICA. IL DIBATTITO TEORICO ATTRAVERSO LE MOSTRE 1980-2010 ANNI NOVANTA #9 ANTONELLO TOLVE ART CRITIC > INDEPENDENT CURATOR PROFESSOR AT THE ACADEMY OF FINE ARTS IN MACERATA

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el 1997, il 28 dicembre, presso la Royal Academy of Art di Londra, il collezionista d'arte contemporanea Charles Saatchi, cofondatore assieme al fratello Maurice dell'agenzia Saatchi & Saatchi (agenzia che diventa, dal 1986, la più grande impresa pubblicitaria del mondo), organizza una mostra - Charles ha già fondato a Londra, nel 1985, la Saatchi Gallery – il cui titolo, Sensation, pone l'accento su un'atmosfera artistica che vuole stupire e provocare lo spettatore mediante immagini violente, traumatizzanti, legate alle pulsazioni della vita e al chirurgico intervento estetico che disegna una morte senza nome. Grazie «all'abilità manageriale di Saatchi e alla sua rete di contatti sviluppata negli anni precedenti con la sua attività di pubblicitario, l'evento artistico del momento», segnato dalla sensazione fulminante, è non solo «un riferimento importante per il mercato dell'arte», ma anche il punto di partenza che porta alla ribalta un plotone di giovani artisti che, sotto la via maestra di una mostra e di un gusto estetico ben precisi, apre una discussione internazionale sul panorama creativo inglese. Gli artisti proposti, tutti collezionati da Saatchi - il sottotitolo della mostra (Young British Artists From The Saatchi Collection) evidenzia, senza mezzi termini, un preciso orientamento di gusto e di mercato – mostrano una quotidianità spinta ai limiti, setacciata in tutte le sue declinazioni, cristallizzata in attimi brucianti, rappresentata con una lama estetica che seziona, seleziona, fruga tra le psicopatologie della vita. Darren Almond, Richard Billimgham, Glenn Brown, Simon Callery, Jake & Dinos Chapman, Adam Chodzko, Mat Collishaw, Keith Coventry, Peter Davies, Tracey Emin, Paul Finnegan, Mark Francis, Alex Hartley, Marcus Harvey, Mona Hatoum, Damien Hirst, Gary Hume, Michael Landy, Abigail Lane, Langlands & Bell, Sarah Lucas, Martin Maloney, Jason Martin, Alain Miller, Ron Mueck, Chris Ofili, Jonathan Parsons, Richard Patterson, Simon Patterson, Hadrian Pigott, Marc Quinn, Fiona Rae, James Rielly, Jenny Saville, Yinka Shonibare, Jane Simpson, Sam Taylor-Wood, Gavin Turk, Mark Wallinger, Gillian Wearing, Rachel Whiteread e Cerith Wyn Evans. Questi gli artisti selezionati. Artisti accomunati da una etichetta (Young British Artist), da un marchio che diventa apertura verso il nuovo panorama visivo inglese e, nel contempo, brano di un racconto che mostra la potenza di un'operazione commerciale e la potenza di un circuito pubblicitario volto a diventare, esso stesso, parte integrante dell'esibizione e della sensazione. Definita dalla BBC «un gruppo di immagini sanguinolente di arti smembrati ed esplicita pornografia», Sensation polarizza difatti l'attenzione sullo scalpore. Su uno scalpore planetario che parte da Londra per sbarcare, via via, al Berlin Hamburger Bahnhof Museum (30 September 1998 / 30 January 1999) e al Brooklyn Museum of Art di New York (2 October 1999/9 January 2000) - nel piano strategico è prevista anche una tappa in Australia, alla National Gallery che però viene cancellata - con lo scopo di evidenziare, così, la potenza di un'idea imprenditoriale, la forza di una tattica, l'abilità di una figura. «Health warning», si legge sul flyer giallo diffuso a New York: «The contents of this exhibition may cause shock, vomiting, confusion, panic, euphoria and anxiety. If you suffer from high blood pressure, a nervous disorder or palpitations you should consult your doctor before viewing this exhibition». È un invito, ma anche una sorta di tattica promozionale: un marketing che ha reso vincente non solo l'esposizione più discussa del decennio, ma ha anche consacrato gli YBAs (Young British Artists) con, alla guida, la figura di Damien Hirst. 61


EDITORIA E DISTRIBUZIONE: UN SETTORE IN TRASLOCO

ROBERTA BISOGNO COLLABORATRICE C/O LABORATORIO DI EDITORIA ELETTRONICA UNIVERSITÀ DI SALERNO

Non ha più senso parlare soltanto della distribuzione che si fa vendita e viceversa

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a distribuzione è uno degli aspetti più in trasformazione della nuova strada che l’editoria è chiamata a percorrere. In editoria si può riconoscere più che altrove il cambiamento, fervido e inarrestabile, che investe non solo libri, ma scrittura, libreria, tecnologia e quindi industria, formazione, didattica e ricerca, e – poi ancora - società, f igure professionali: distributori, tipograf i, persone e oggetti f isici che si smaterializzano; non muoiono. Evolvono. Necessario è ricordare che da sempre l’editoria, l’impresa che realizza un bene “ambiguo” ha sempre vissuto accanto all’innovazione. E non si tratta nemmeno di materia nuova: il bene ambiguo deriva invece da un processo che già s’accennava nell’era moderna - quella industriale - seguendo quel f ilo che cominciò a nominare tutto come elettronico: era la musica, erano i capelli, erano gli abiti, erano gli accessori, è l’editoria. Ma nel momento in cui siamo, e in cui si ragiona, non si riesce a mettere un punto. È un’ansia del dove andiamo? La disponibilità della rete ci ha fatto re-interrogare su domande ataviche: chi siamo, dove andiamo, e perché? Ma la domanda da porci continuamente in questo momento è: a che serve? Qual è la sua funzione? Quale l’utilità? Aver presente che la tecnica e la tecnologia bastano a noi se nelle nostre vite rivestono una precisa funzionalità, necessarie all’utilizzo, quindi, non al tempo. Distribuzione, per essa s’intende quella parte della f iliera che permette al libro di spostarsi, di giungere f in nelle librerie, pronto all’uso vendita. Da quando tutto, o gran parte del lavoro s’è chiamato network, ha subito un ritmo diverso, con specif icità diverse. La distribuzione è divenuta insieme vendita: distributore e libraio lavorano insieme? La risposta non è immediata. Ciò che risulta immediato è invece quanta diversità c’è fra l’uno e l’altro store. Non ha più senso parlare soltanto della distribuzione che si fa vendita e viceversa; non più solo ragionare sul ruolo, per esempio, del libraio, ma ecco che visitando i vari (e tantissimi store in rete) si fanno avanti rif lessioni diverse. È possibile vendere la forma e il contenuto anche separatamente. Si compra l’e-reader, si compra l’e-book (in PDF, ePub, mobi), si compra il libro, si comprano i gadget. Il libro o l’opera dell’ingegno viene così servito a costi e tempi ridottissimi. Gli sconti su e-book sono tantissimi, tanti sono gli e-book. Store e librerie on line mostrano una vivace attenzione per l’organizzazione di una community, per scambio di idee e rif lessioni, per le recensioni (e questo sarebbe un ulteriore argomento da investigare), per f idelizzare attraverso un blog interno al sito l’utente-lettore. E poi c’è il self-publishing. Fenomeno inglobante, in un click, di tutta la f iliera del libro in una sola persona. Ecco dunque che non è solo chi offre un servizio a essere insieme distributore e libraio, ma anche l’utente che diventa cliente, lettore, re-


RENDEZ-VOUS.ZERO censore, parte del gruppo e probabilmente anche autore; prosumer, appunto. Tutto può diventare l’aggettivo indef inito adatto a tutti. Si pref igura così un percorso on line nel quale si possono comprare e-book dappertutto e dove la scelta di uno store rispetto a un altro diventa oggetto di gusto, di conf iden-

za e comunicazione con e dell’utente. Le linee della rete sembrano intersecarsi f ino a condurre più o meno sempre allo stesso punto. Un’equivalenza geometrica derivante dal caos. Editoria e tecnologia si incontrano nel momento esatto in cui forma e contenuto si scompongono.

LA TRIBÙ DISTRIBUISCE, VENDE, S’ORGANIZZA

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na breve divagazione a proposito di librerie on line (qui riportate alcune a titolo esemplificativo). Il mercato in rete ha permesso la vendita del prodotto libro/prodotto e-book a soggetti dalla provenienza diversa (spesso non evidentemente legata all’editoria) ma legata anche al commercio di materiali “cornice” a quelli editoriali. Kobo books. Nel 2012 l’azienda nippo-canadese di e-reader stipula un accordo con Mondadori: sui siti di entrambe è possibile acquistare sia l’e-reader Kobo, sia libri e contenuti digitali della casa editrice. Naturalmente, per quel fenomeno di concentrazione editoriale, la Mondadori propone titoli anche di Giulio Einaudi Editore, Sperling & Kupfer (e marchio Frassinelli), Edizioni Piemme. Hoepli, storica casa editrice e libreria milanese, offre oltre a libri e contenuti specialistici (manualistica, dizionari, test), contenuti molto vari fra loro, materiali multimediali, classifica top ten e LeggoLibri.it, blog ufficiale del sito. MrEbook.it, negozio on line di ebook nasce da Bruno Editore e Il Giardino dei Libri. Entrambe già esistenti in rete con store specializzati: il primo proprio di Bruno Editore (nel quale si può trovare un catalogo di e-book numeroso, e con titoli di ogni genere, anche impensabili) e il secondo, già libreria on line specializzata in pubblicazione relative alla categoria corpo-mente. Dall’azienda DigitPub s.r.l. (anche organizzatore di progetti e seminari sul futuro dell’editoria) nasce Bookrepublic, per la vendita e-book in formati PDF, ePub, mobi, specie di editori indipendenti, di piccole e medie dimensione. Vi si trova anche la sezione Rinati ebook, libri cartacei introvabili sul mercato e ora digitalizzati, ma anche audiolibri, e-book gratis e consigli di lettura. Excalibooks rivolta a un target giovanissimo di lettori cartacei e/o elettronici, propone libri di narrativa per ragazzi e varia. Legata a Licosa Spa, Libreria Commissionaria Italiana, distributore e fornitore di libri, riviste, abbonamenti a università, case editrici, enti pubblici e industrie ed esportatore all’estero di pubblicazioni italiane. Excaliblog è il suo blog dedicato ai piccoli lettori. Esistono anche siti e-commerce per acquisto e-book legate a web agency. È il caso di Omniabuk con proposte di narrativa di consumo: nata da DGLine, specializzata in marketing on line. Da Cosedirete s.n.c., web agency esperta nella creazione di siti e e-commerce, nasce libramente, fra i siti dalla grafica più essenziale, in un percorso di navigazione piuttosto facile, propone un ampio catalogo. ultimabooks, libreria dell’azienda Simplicissimus Book Farm (che in Italia nel 2006 importava e-reader) ha anche una sezione per la realizzazione di contenuti in ePub e per il self-publishing; il blog La Voce dei Librai; titoli gratis, e-book a noleggio; una sezione di “Discussione” intorno all’argomento editoria digitale/e-book. Libreriauniversitaria.it dal nome suggerirebbe la vendita di libri universitaria, lo fa invece solo in parte. Il sito offre una scelta di argomenti differenti, titoli di case editrici diverse, dvd, libri, e-book, giocattoli, libri scolastici, moleskine, musica, film, tesi e libri stranieri e certo il blog, paperback. cubolibri è un esempio di come la vendita e la distribuzione libraria sia divenuta territorio d’interesse anche per aziende esterne al settore editoriale. Cubolibri è l’e-book store di Telecom Italia. In essa si possono trovare e-book, magazine e quotidiani digitali e una scelta di prodotti editoriali delle maggiori case editrici nazionali. Inoltre, Telecom propone anche il proprio e-reader: il BibleteBook. Oppure net-ebook, libreria digitale di Mediaworld, azienda produttrice di informatica, telefonia, audio/video, fotografia digitale, elettrodomestici, home entertainment. Anche L’Unità e Il fatto quotidiano gestiscono un e-book store, entrambi in partnership con Simplissimus Book Farm.

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IL SEGNALIBRO PICCOLO MANUALE PER IMPARARE A FARE E A RICEVERE CRITICHE > BARBARA BERCKHAN

a c u ra d i Raffaella Venerando

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Fel tr i n el l i Editore Pagg. 16 0 Eu ro 13 ,00

figli della vicina strillano in continuazione. Come chiederle di tenerli a bada, senza far scoppiare la Terza guerra mondiale? E come spiegare poi alla vostra segretaria che non lavora come dovrebbe, evitando di sprofondarla in un vortice depressivo che peggiorerebbe ulteriormente la sua produttività? E a casa, come reagire alle continue lamentele di quell’insensibile di vostro marito che non capisce quanto fate per lui? Infine, ci sarà pure il modo di interloquire con la maestra di vostro figlio senza scatenare la sua arroganza? Non c’è dubbio: per le critiche, ci vuole abilità! Barbara Berckhan offre una guida pratica indispensabile, con esempi concreti e strategie mirate, dedicate: a chi vuole finalmente riuscire a dire cos’è che non sopporta o non approva, senza spiacevoli effetti collaterali; a chi non vuole semplicemente essere vittima di una critica, ma vuole trarne il meglio per sé. La vita è costellata di motivi di lamentela, brontolii, frustrazioni, quando non di vera e propria insoddisfazione. A volte non sappiamo bene cosa dire e come agire per non provocare tensioni o litigi, per non abbattere, o semplicemente perché il problema non sia ignorato, ma risolto. Talvolta, al contrario, potremmo essere noi il “problema”, l’oggetto della critica, troppo sensibili per non lasciare che sia colpita la nostra autostima, o per coglierla come un’occasione per migliorare. Con questo libro sapremo bene come fare in futuro.

HOME CINEMA GRAVITY > ALFONSO CUARÓN

a c u ra di Vito Salerno

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due super attori americani Sandra Bullock e George Clooney sono i protagonisti assoluti di “Gravity”, film di fantascienza con ben dieci nomination agli Oscar 2014. Lo sviluppo narrativo della pellicola, scritta e diretta dal versatile regista messicano Alfonso Cuarón, è molto interessante e intelligente. Sandra Bullock è la brillante dottoressa Ryan Stone, alla sua prima missione a bordo di uno shuttle. Con lei l’esperto astronauta Matt Kowalsky, interpretato da George Clooney. All'improvviso quella che sembrava una normale passeggiata nello spazio per riparare una stazione orbitante si trasforma in una catastrofe e lo shuttle viene distrutto da una tempesta di detriti, lasciando Stone e Kowalsky completamente isolati, collegati solo fra loro e fluttuanti nell’oscurità. Il silenzio assordante in cui i due sono immersi significa che hanno perso qualsiasi contatto con la Terra e ogni più piccola speranza di salvezza. Quando la paura si trasforma in panico, ogni sorsata d’aria riduce il poco ossigeno rimasto e allora forse l’unico modo per tornare a casa sarà addentrarsi in quel terribile spazio ignoto e infinito, nel quale tutto può accadere. La storia è scandita in maniera decisamente elegante, riuscendo a costruire un’atmosfera avvolgente, in cui il rapporto tra i due astronauti, piccoli e soli, e l’immensità dell’universo viene restituito con grande efficacia. Gravity è un thriller mozzafiato che trascina il pubblico ai confini dello spazio; ricco di avventura e di tensione, il film tocca in profondità le corde dell’animo umano, attraverso un perfetto equilibrio fra dialoghi intensi e splendide immagini fantascientifiche.

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