Costozero Maggio-Giugno n.3/2014

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Rivalutazione dei beni d’impresa: il Governo ci ripensi Il Paese sarà credibile nella misura in cui i cittadini, le imprese e i contribuenti tutti avranno la certezza e la serenità di poter pianificare i propri progetti basandosi su di una legislazione che non muti in maniera così repentina, innescando danni anziché benefici

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on l'approvazione della Legge di Stabilità (27/12/2013, n. 147), dal primo gennaio di quest’anno agli imprenditori è stata concessa la possibilità di tornare a usufruire dell'opportunità di rivalutare beni d'impresa e partecipazioni. Il Legislatore aveva stabilito, inoltre, che l’imposta sostituiva derivante da questa operazione potesse essere versata in un’unica soluzione, oppure in tre tranches annuali di eguale importo, ma senza alcuna maggiorazione di interesse. Quattro mesi più tardi - dopo cioè che le aziende decise a cogliere questa opportunità avevano già approvato i loro bilanci - tra i vari interventi del Decreto 24/4/2014 n. 66 ne spunta fuori uno che cambia le carte in tavola a gioco ormai avviato: l’art. 4 c. 11 di tale decreto, infatti, dispone che l’imposta sostitutiva sia corrisposta per intero e non in tre anni come originariamente era stato stabilito. Per meglio chiarire, quindi, entro il prossimo 16 giugno le aziende dovranno versare l’intero importo della imposta sostitutiva, almeno secondo quanto stabilisce la stesura attuale della norma in argomento. Per cercare di porre rimedio a questo cambio in corso d’opera, nelle scorse settimane abbiamo scritto al Presidente Giorgio Squinzi e al Presidente del Comitato tecnico per il Fisco di Confindustria Andrea Bolla. Condividendo i nostri rilievi, entrambi hanno prontamente risposto di aver chiesto il ripristino della rateizzazione alle Commissioni Parlamentari che se ne stanno occupando e di aver altresì segnalato l’opportunità di modificare la disciplina, prorogandola di un anno, così da permettere alle aziende di rivalutare i beni di impresa anche ai soli fini civilistici e avere di rimando bilanci di maggiore consistenza patrimoniale. Al momento in cui scriviamo, uno degli emendamenti del Governo, a firma del viceministro dell’economia e delle finanze, Enrico Morando, all’esame delle Commissioni Bilancio e Finanze del Senato, prevede il ripristino delle tre rate, ma solo fino a dicembre di quest’anno. Al di là degli evidenti effetti che tale modifica potrà comportare per le aziende in termini di ulteriore restrizione della propria liquidità, c’è un punto su cui invitiamo il Governo a riflettere. Il Paese sarà credibile nella misura in cui i cittadini, le imprese e i contribuenti tutti avranno la certezza e la serenità di poter pianificare i propri progetti basandosi su di una legislazione che non muti in maniera così repentina, innescando danni anziché benefici. La vicenda della Tremonti-bis del 2001 grida ancora vendetta.

Mauro Maccauro Presidente Confindustria Salerno


SOM M A R I O EDITORIALE 1

Rivalutazione dei beni d’impresa: il Governo ci ripensi di M. Maccauro

E DI LI Z I A I NDU S T RI A LE 26 Urban restyling per le aree industriali dismesse: il buon esempio del MAST di N. Pellegrino

P RIMO PIANO 4 6

Marco Gay: «Riaffermare la centralità delle imprese» di R. Venerando, Intervista ad M. Gay Garanzia Giovani, un’opportunità da cogliere a cura della Redazione Costozero L 'OPINIONE

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Lepore, Svimez: «No all’eccesso di burocratismo per l’Agenzia di Coesione» di R. Venerando FOCU S

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Riforma della portualità: sì alla cabina di regia di R. Venerando

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P3 Network e gli equilibri mondiali del trasporto marittimo di A. Panaro C ONFINDU STRIA SAL E R N O

NORM E E S OCI E TÀ 28 Le liti bancarie tra mediazione e arbitrato di M. Marinaro 30 Passaggio generazionale/1 di A. Calabrese 32 Fusione tra società e opposizione dei creditori di M. Galardo LAVORO 34 Morte da stress: la Cassazione riconosce la responsabilità del datore di lavoro di M. Ambron F I S CO 36 Adozione di misure cautelari: necessarie motivazione e sussistenza del periculum in mora di M. Villani e A. Rizzelli

14 Latuaideadimpresa®: a Salerno vince il liceo “Regina Margherita” di M. Pallotta

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17 Tratti di donne, in mostra tutti i colori dell'impresa a cura della Redazione Costozero

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S T RATEG IE D’IMPR E SA 19 Abaco Team: governare al meglio i processi immobiliari di R. Busso 20 Mobilità sostenibile: da Virvelle la formazione green per car elettriche di R. Venerando 22 Arti Grafiche Boccia lancia “Monstre S96" e La Città torna ad essere stampata a Salerno di V. Salerno N E W ENTRIES 24 Digitalizzazione dei processi aziendali più semplici con Seen Solution Srl a cura della Redazione Costozero 25 eProInn srl, Energy and Propulsion Innovation a cura della Redazione Costozero

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Cartella esattoriale: la motivazione deve essere dettagliata di M. Villani Cuneo fiscale: quello che Confindustria non dice…abbastanza di A. Sacrestano Cartella clinica elettronica: la figura del responsabile della conservazione di N. Savino e F. Ferrara Il “nuovo” redditometro e le procedure operative di M. Fiorentino CRE DI TO

44 La tassazione delle rendite finanziarie di M. De Giorgis 48 Il conto corrente condominiale: obbligatorietà, costi e funzioni di L. Bozzi RI CE RCA 4 9 Borsa della Ricerca ForSUD, la prima edizione a Salerno dal 2 al 4 luglio di P. Campiglia


NUM E R O 3 / M A GGIO GIUGNO 2 0 1 4

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Il format della Borsa, cos’è e come funziona di R. Venerando, Intervista a T. Aiello

Re g . Tri b . d i S a l e rn o N . 6 77 d e l 22 /1 0 /1 9 8 7 Is c ri z i o n e a l R o c N . 2 32 4 1 /2 0 1 3

Prodotti alimentari: il controllo qualità si fa facile con i biosensori di D. Albanese

Direttore Editoriale M a u r o M a ccaur o Direttore Responsabile A l e s s a n d r o S a c r e st ano

S ICU REZ Z A 53

Tomografo per RM: tutti i documenti da produrre per garantire la sicurezza dell’impianto di F. Campanella e M. Di Luigi

Segreteria di Redazione R a f f a e l l a V en er ando Segreteria Organizzativa V i t o S a ler no

IN TERNAZ IONALI ZZAZI O N E 55

Italia: il link sul Mediterraneo che non funziona ancora di E. Szajkowicz BON TON

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…Voglio il tuo profumo… (ma non te lo chiedo) di N. Santini S ALU TE

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Tempo, Dieta Mediterranea e Medioevo di G. Fatati Nasce l’Istituto Dermoclinico Vita Cutis di A. Di Pietro A RTE

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Viaggio al termine della parola Journey to the end of the word di A. Tolve

Società Editrice/Direzione e Redazione A s s i n d u s t r i a S a l e r n o S er v i ce S r l V i a M a d o n n a Di F a t i m a , 1 9 4 8 4 1 2 9 S al er no Te l . 0 8 9 3 3 5 4 0 8 /Fa x 0 8 9 5 2 23 0 0 7 P. i va 0 3 9 7 1 1 70 6 5 3 r e d a zi o n e @ c o s t o z ero.i t www. c o s t o z ero.i t Stampa A r t i Gr a f i c h e Bo c c i a / S aler no Foto A r c h i v i o C o s t oz er o V i t o S aler no M a s s i m o P i c a / A g. Fo t o g r afica Grafica e Impaginazione M o r ep l u s / www. m o r eplus.it Gr a f i c o / E m a n u el a M a r i a R ago L e opinioni espresse negli a r t ic oli a ppa r t en go n o ai singoli a ut ori dei qua li si int ende ris p e ttar e la piena liber t à di g i u d i z i o

FINISTERRE 61

Ritratto di donna: Omaggio a Virginia Wolf di A. Amendola @ C o s t o ze r o i t

C o s t o z e r oIT

Costozero

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Contenere i contenuti di R. Bisogno

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I sentieri del profumo a cura di R. Venerando Il capitale umano a cura di V. Salerno


DI R A F F A E L L A VENER ANDO

P RI M O P I A N O

Marco Gay, Presidente GI Confindustria: «Riaffermare la centralità delle imprese» Il nuovo leader dei Giovani Imprenditori chiede che l’impresa torni al centro dell’azione politica. «Per la mia parte – dichiara - lavorerò perché il Movimento dei GI diventi la casa di chi vuole mettersi alla prova sfidando i propri sogni per poter trasformarli in obiettivi»

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residente, la sua avventura di imprenditore parte dal metalmeccanico per approdare al vasto mondo della comunicazione digitale. La sua è stata un’evoluzione necessaria dovuta al cambiamento dei tempi o una scelta di attitudine personale? Se dovesse descriversi, in quale tipo di imprenditore crede di riconoscersi di più? La mia esperienza da imprenditore ha avuto inizio con il mio ingresso nell’azienda di famiglia, successivamente venduta a una multinazionale. Eravamo a fine anni novanta e i tempi mi parvero maturi per una avventura nuova e in solitaria: nel ‘96 infatti decisi di aprire una start up dedicata alla comunicazione anche in ragione

della mia passione per il marketing aziendale di cui da sempre mi ero occupato. Da lì, anche grazie alla partecipazione al Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria, la mia cultura di impresa si è arricchita spingendomi a investire in settori diversi da quelli a me fino ad allora noti: nel food and beverage e in una start up innovativa ora incubata al Politecnico di Torino. Credo che esistano alcune caratteristiche che rendano un imprenditore tale, a prescindere dal comparto in cui si muovono le sue attività. Un imprenditore è chi, dotato di forte spirito di avventura e coraggio, dà inizio ad imprese dove l’alea e l’incertezza del risultato sono gli ingredienti fondamentali. Ciononostante, però, rischia perché crede nel suo progetto, nella sua idea di impresa e vuole vederla realizzata. Oggi però fare impresa in Italia è tutt’altro che semplice, tanto che lei stesso ha dichiarato che «l'imprenditore non è considerato un alleato dello Stato». Perché e come si ribalta questa convinzione? È così, ma è fondamentale impegnarsi per contribuire al cambiamento. Purtroppo oggi l’eccessiva burocrazia, la poca certezza del diritto e delle regole, sono deterrenti forti per chi vuole aprire e far vivere un’azienda. Proprio per questo bisognerebbe riportare l’impresa al centro delle attenzioni della politica e delle istituzioni per creare un ecosistema finalmente favorevole all’unico reale motore di crescita sociale e di sviluppo economico. L'impresa è prima di ogni altra cosa lavoro e costruzione del domani.

Marco Gay Presidente GI Confindustria

Anche in virtù della sua esperienza, come legge e giudica il rapporto tra le generazioni oggi in impresa, in politica e più in generale nella società? In genere si parla di ricambio, di conflitto, di patto


4 /5 generazionale. Io preferisco invece puntare l’accento sulla convivenza possibile tra le generazioni in cui chi ha più esperienza la mette a disposizione di chi, per la sua parte, offre energia nuova e nuova visione. Un click, uno solo per creare un’azienda direttamente online. Parliamo di futuro o di prossimo presente? Mi auguro accada nel prossimo presente. La velocità con cui si permette a chi ha un’idea di tramutarla in un’impresa è indispensabile per essere reattivi e metterci al passo con gli altri Paesi, anche solo con quelli europei. Una semplificazione del genere, apparentemente banale, sarebbe invece un concreto incoraggiamento per nuova imprenditorialità vitale ed entusiasta. In termini di provvedimenti concreti, cosa serve al Paese per tornare ad avere un ruolo da protagonista nell’economia globale? Ci vorrebbe la bacchetta magica, ma purtroppo non c’è. Sono ormai divenute urgenti, prima ancora che necessarie, le riforme strutturali nel lavoro e nella pubblica amministrazione. Perché il nostro Paese torni

a essere grande, la politica - insieme con l’impresa e Confindustria in questo si dimostra da sempre un valido interlocutore - deve agire secondo una visione strategica lunga che ci porti da qui ai prossimi dieci anni. Fortunatamente la nostra bandiera all’estero restano le tante eccellenze del Made in Italy, che vanno per questo sostenute perchè rappresentano al meglio quel genio italiano che può ancora essere il vero driver del nostro sviluppo. “I giovani sono coloro che continuano a farsi domande invece che tentare esclusivamente di dare risposte”: a quale domanda lei vorrebbe trovare la giusta risposta? Porsi degli interrogativi è la maniera migliore per trovare risposte convincenti. La domanda che porrei al Paese è «che ruolo noi vogliamo assegnare all’impresa». Vorrei che la risposta fosse un ruolo di primo ordine che, nei fatti equivarrebbe, a essere sostenuti come imprenditori, a essere incentivati e di certo non solo economicamente. Per la mia parte lavorerò perché il Movimento dei GI diventi la casa di chi vuole mettersi alla prova sfidando i propri sogni per poterli trasformare in obiettivi.

Vincenzo Caputo: «Ripartiamo dalle persone»

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on l’elezione di Marco Gay, anche un campano è entrato nella squadra di presidenza. Stiamo parlando di Vincenzo Caputo, vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria con delega a Education e Capitale Umano (nella foto). «Ripartire dalle persone e dalla formazione», questo il suo invito e obiettivo. «La competitività –

ha dichiarato Caputo - si ritrova solo attraverso la valorizzazione delle nostre risorse umane, del capitale umano che ha fatto grande il nostro Paese nel mondo e che abbiamo troppo a lungo trascurato». Classe 1975, laurea in Economia e Commercio, Caputo è presidente del Consiglio di Amministrazione di Garn srl, società attiva nel settore alberghiero che gestisce l’Hotel di lusso “Palazzo Caracciolo”, albergo che rientra nell’esclusiva collezione MGallery del Gruppo Accor. «La strada per lo sviluppo passa proprio

dalla valorizzazione del capitale umano, attraverso percorsi formativi mirati all’occupazione. Solo così potremo contrastare il triste fenomeno dei Neet, una vera e propria emergenza sociale. È urgente realizzare un vero e proprio welfare della formazione che faccia del lifelong learning il suo fulcro. Le competenze, infatti, vanno curate, incrementate, aggiornate. È su questi temi che nel prossimo triennio lavoreremo intensamente per ripartire dalle persone, dalle loro idee, dalle competenze e dall’innovazione».


P RI M O P I A N O

Garanzia Giovani, un’opportunità da cogliere È partito il 1° maggio 2014 il Piano nazionale che intende combattere la disoccupazione giovanile mettendo in campo misure a sostegno dei Neet, giovani che non studiano, né lavorano, tra i 15 e i 29 anni. A disposizione un totale di 1,5 miliardi di euro, tra fondi europei e nazionali A cura della Redazione Costozero

È

partito il 1° maggio 2014 Garanzia Giovani, il Piano nazionale che intende combattere la disoccupazione giovanile mettendo in campo misure a sostegno dei Neet - giovani che non studiano, né lavorano - tra i 15 e i 29 anni. Garanzia Giovani fa parte di un più ampio Piano europeo (Youth Guarantee, maggiori informazioni sul sito ec.europa.eu) che si pone come traguardo la possibilità di costruire un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale. A disposizione un totale di 1,5 miliardi di euro, tra fondi europei e nazionali. Ad affiancare il Piano nazionale, i singoli programmi approntati dalle Regioni che coordinano e attuano le politiche mediante i Centri per l’impiego, sia pubblici che privati. Ma quali sono, nel dettaglio, le misure previste? Accoglienza, il primo step. Presso lo sportello

indicato dalla Regione di appartenenza, il giovane che vuole cogliere questa opportunità riceve le prime informazioni, dopodiché presso lo sportello dedicato Youth Corner - comincia la fase di orientamento. Il candidato sostiene un colloquio individuale con un operatore competente, che lo profilerà secondo le peculiarità personali, formative e professionali per costruirgli un percorso di inserimento personalizzato e consapevole. Lavoro sì, ma anche formazione. Garanzia Giovani offre infatti anche la possibilità di dedicarsi a un percorso di formazione, mirato al successivo inserimento lavorativo, oppure, per chi ha meno di 19 anni, al reinserimento nei percorsi formativi. Presso lo Youth Corner, inoltre i giovani vengono supportati nella ricerca del lavoro, fino alla preselezione e all’inserimento in azienda. Garanzia Giovani coadiuva i ragazzi anche nell’apprendistato,

ovvero per un contratto di lavoro simile al contratto a tempo determinato con durata minima di sei mesi, finalizzato alla formazione e al primo inserimento lavorativo. In merito al tirocinio invece – della durata di 6 mesi – i giovani con il Piano possono svolgere una esperienza reale in azienda, percependo un’indennità mensile che va dai 500 ai 3.000 euro. Il datore di lavoro, invece, riceve un incentivo qualora decida di assumere il giovane entro 60 giorni dalla fine del tirocinio stesso. Pure il Servizio Civile Nazionale Volontario rientra nel Piano Garanzia Giovani, consentendo ai giovani di provarsi all’interno di progetti di solidarietà, cooperazione e assistenza per 12 mesi con un compenso pari a 433,80 euro al mese. Sono previsti come parte del Programma anche servizi di supporto ai giovani titolari di imprese in fase di startup e nelle fasi successive, in grado di favorire l’accesso a incentivi per la creazione


6 /7 d’impresa e/o l’attivazione di incentivi pubblici. Attraverso l’assegnazione di voucher utili per coprire le spese di viaggio e alloggio per 6 mesi, il Programma vuole favorire la mobilità dei giovani in Italia e in Europa, così come favorire la formazione a distanza. Per le aziende che vogliono assumere, Garanzia Giovani prevede una serie di agevolazioni come la diminuzione del costo del lavoro per specifiche tipologie contrattuali (contratto a tempo determinato per 6-12 mesi, contratto a tempo determinato superiore a 12 mesi, contratto a tempo indeterminato). Proprio in merito a questo punto, vale la pena ricordare che Confindustria ha siglato un Protocollo con Finmeccanica, Ministero Lavoro, Ministero Istruzione per promuovere l’occupazione giovanile lo scorso 28 marzo, in occasione del Convegno Biennale del Centro Studi Confindustria a Bari. Il documento prevede un insieme di azioni che promuovono l’occupazione giovanile nell’ambito del Piano nazionale per la “Garanzia per i giovani”, attraverso un coinvolgimento attivo del mondo imprenditoriale. I principali contenuti del Protocollo di intesa sono azioni in materia di tirocini; di apprendistato; di orientamento e non solo (condivisione dati, curricula, strumenti, esperienze). Confindustria si è impegnata a promuovere il protocollo attraverso la propria rete con incontri, azioni di orientamento, alternanza e formazione, anche nell’ambito delle iniziative già avviate, con tutti gli strumenti disponibili tesi a favorire

A Salerno il 13 giugno l’Assemblea dei GI di Confindustria Salerno E proprio Garanzia Giovani sarà il tema clou - il prossimo 13 giugno - dell’Assemblea dei Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno. Dopo la Relazione del professor Luciano Monti, Docente di Politica Economica Europea alla LUISS, ne discuteranno Nunzia Petrosino, Presidente Gruppo Giovani

un ottimale incontro tra domanda e offerta qualificata. Anche la Regione Campania ha ovviamente aderito al Programma nazionale. I giovani della Campania infatti dal 1° maggio 2014 possono iscriversi al portale www.cliclavoro. lavorocampania.it. Il Piano attuativo regionale, in accordo con le rappresentanze istituzionali e le parti sociali e datoriali prevede, oltre allo stanziamento di 191 milioni di risorse europee, ulteriori risorse aggiuntive regionali per un impegno complessivo di circa 650milioni di euro destinati alle circa 400mila unità che in Campania non lavorano, non studiano e non sono in formazione. Per i giovani che aderiranno al Programma sono previste azioni di accompagnamento da parte dei servizi per il lavoro pubblici e privati per la redazione di un piano di intervento personalizzato, nel quale saranno proposti sulla base

Imprenditori Confindustria Campania; Franco Tavella, Segretario Generale CGIL Campania; Severino Nappi, Assessore al Lavoro Regione Campania e Pina Esposito, Assessore Politiche del Lavoro Provincia di Salerno. E per la prima volta a Salerno il neopresidente dei GI Marco Gay.

delle esigenze e caratteristiche dei singoli percorsi di avvio al lavoro, di rafforzamento delle competenze, di esperienze in servizio civile, di mobilità territoriale in inserimento lavorativo o in esperienze formative, di avvio di attività imprenditoriali. Per l’attuazione del programma è stata messa in campo una rete di operatori pubblici e privati sul territorio che offrono servizi di accoglienza informazione e servizi specialistici di orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro e all’avvio di attività imprenditoriali. Questi i soggetti coinvolti: 46 Centri per l'Impiego, 47 Centri Regionali di Orientamento e Formazione, 350 sportelli Informagiovani, la rete del partenariato sociale, 70 sportelli operativi APL autorizzati, 350 Enti di formazione accreditati, 100 Poli formativi della Campania, Servizi di placement dei 7 atenei campani e delle scuole secondarie superiori e diversi Sportelli Microcredito.


DI R A F F A E L L A VENER ANDO

L' OP I N I O N E

Lepore, Svimez: «No all’eccesso di burocratismo per l’Agenzia di Coesione» Il Consigliere Amedeo Lepore rimarca la necessità che l’Agenzia per la Coesione Territoriale abbia un board di tecnici, capace di scelte efficaci di programmazione e inter vento. La formazione della squadra però - dopo mesi di attesa - langue ancora

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rofessor Lepore, con il Decreto Legge 101 lo scorso 31 agosto è stata istituita l’Agenzia per la Coesione territoriale, una sorta di task force per migliorare l’efficacia dell’utilizzo dei fondi europei. Nelle premesse, e parzialmente anche negli obiettivi, l’idea governativa ricalca la proposta progettuale della Svimez di creare un’Agenzia per lo sviluppo del territorio nel Mezzogiorno. Ci spiega come funziona l’una e, invece, come era stata concepita l’altra, in cosa differiscono e quali sarebbero i vantaggi certi di ambedue le istituzioni? L’Agenzia per la Coesione Territoriale ha un

Amedeo Lepore Consigliere Svimez

compito specifico che è quello di programmare, coordinare, sorvegliare e sostenere la politica di coesione. Nel mese di ottobre scorso, essa ha avuto il varo definitivo con una legge che interessa più largamente gli obiettivi di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni, disposizioni urgenti approvate dal governo e modificate in sede parlamentare. C’è una sostanziale differenza tra il disegno originario proposto dal ministro Trigilia e quello parlamentare che ha introdotto diverse modifiche, tra cui quelle relative all’agenzia Invitalia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, inserita come ente di riferimento per la valutazione degli interventi da effettuare. I compiti dell’Agenzia hanno visto una finalizzazione ben precisa in merito ai fondi strutturali europei e a quello per la coesione. La Svimez, invece, aveva immaginato che l’Agenzia andasse anche oltre la mera gestione dei finanziamenti. Nel percorso parlamentare, inoltre, si sono inserite alcune attenuazioni dei poteri sostitutivi e un riferimento alle Regioni più pregnante anche nel comitato direttivo dell’Agenzia. La costituzione della squadra di supertecnici, dopo mesi di attesa, però langue ancora. La Svimez aveva richiesto con convinzione che l’Agenzia avesse un board di tecnici, capace di scelte efficaci di programmazione e intervento. Mi auguro che possano essere recuperati questi temi per dare vita a un modello nuovo che raccolga e sintetizzi in sé tutte le istanze della Svimez.


8 /9 Ambedue le Agenzie hanno carattere tecnocratico. Un requisito non trascurabile…. Se prendiamo a riferimento quella che fu la Cassa del Mezzogiorno, allora vale la pena rimarcare come la stessa fu un “modello” slegato dal rapporto con la gestione politica. La prima sollecitazione è quindi a far sì che si mantengano distinti i compiti; la politica dovrebbe indirizzare e controllare, mentre la gestione dei fondi dovrebbe essere necessariamente tecnica. Il ruolo svolto dalla Cassa agli inizi veniva giudicato dagli americani di primissimo ordine proprio perché era scevro da pressioni politiche, fino agli anni 70 quando purtroppo prevalsero logiche assistenziali dovute proprio a ingerenze politiche. Oggi la preoccupazione principale non è la commistione con la politica quanto, semmai, l’eccesso di burocratismo che può rivelarsi un forte elemento di freno. Il Governo deve dare una rassicurazione in questo senso, garantendo che nella elaborazione dei regolamenti prima e dello statuto dell’Agenzia poi, si tenga conto di qualificate competenze tecniche e capacità nell’affrontare i problemi. Una direzione burocratica dell’Agenzia è assolutamente da scongiurare. Sui fondi strutturali il problema numero uno resta non tanto l’impiego e la qualità dello stesso, ma il fatto che la spesa da questi generata non crea sviluppo ma esclusivo sostegno. Dove risiede la falla? A mancare è l’impegno da parte del Governo nazionale? L’esperienza di questi anni non è di certo positiva, tanto per il mancato impiego delle risorse, quanto per come sono stati utilizzati i fondi. È necessario che i finanziamenti europei vengano indirizzati verso impieghi produttivi. La lezione di Pasquale Saraceno è ancora viva: anziché ad accrescere il reddito, i fondi devono essere investiti per vedere aumentate le capacità produttive del Mezzogiorno, aumentando sia la base produttiva, sia la produttività delle attività economiche del Sud. Bisogna, pertanto, pensare a una concentrazione delle risorse verso sbocchi produttivi, capaci di dare risposte di carattere macroeconomico e non estemporanee e di corto respiro. Del vecchio ciclo quante risorse restano da spendere

entro dicembre 2015? Rispetto, invece, alla nuova Programmazione 2014/2020 cosa è cambiato? C’è da monitorare la spesa della vecchia agenda europea 2007/2013, cui si aggiungono i fondi nazionali per un ammontare di risorse pari a 22 miliardi di euro ancora da impiegare entro dicembre 2015. Il Ministro Trigilia ha fatto un accurato lavoro di riprogrammazione, ma ci sarà da tener conto anche delle osservazioni della Commissione europea. Il Paese corre il rischio di perdere 5 o 6 miliardi di risorse. Vanno allora fatti tutti gli sforzi possibili perché venga impiegato l’intero plafond residuale, pena dare dell’Italia una pessima prova di credibilità. Solo alle Regioni resta più della metà delle risorse ancora da spendere, di cui 10 miliardi del Fondo di sviluppo regionale e 2 miliardi e 3 del Fondo sociale europeo. Riuscire a recuperare il tempo perso è però ancora un risultato fattibile che deve essere conseguito. Per quanto concerne, invece, la riprogrammazione ritengo sia essenziale anche per questa ragione procedere all’attuazione dell’Agenzia perché – altro reale pericolo che corriamo – se la Commissione europea non approva entro luglio l’accordo di partenariato, tutto slitta all’inizio del 2015. Perderemmo così un anno di fondi e non possiamo permettercelo. Si fa un gran parlare di macroregioni in Italia: qual è la sua posizione a riguardo? Non si tratta di ragionare in termini separatisti, ma nazionali ed europei. Del resto da tempo è in discussione una possibile riforma costituzionale del Titolo V. Ripensare al modello delle Regioni non equivale al loro commissariamento, ma all’opportunità di individuare meccanismi utili a razionalizzare la spesa pubblica e poteri sostitutivi per rimuovere le tante inefficienze. Faccio mia in questo senso l’intuizione di Giorgio Ruffolo quando nel 2010 disse che al Sud occorreva un modello di grandi aggregazioni territoriali che consentissero di gestire grandi problemi, con una logica di insieme, con condizioni ambientali di sviluppo comuni. L’obiettivo istituzionale resta quello di semplificare e far crescere al contempo un nuovo modello. Questa è la stagione in cui cominciare a discuterne.


DI R A F F A E L L A VENER ANDO

F O CUS

Riforma della portualità: sì alla Cabina di Regia Industriali e Regione al lavoro per formulare una proposta come Campania, chiara e condivisa da tutti, da sottoporre al Ministro Lupi che metta in rete i servizi integrati dei trasporti e della logistica

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opo aver incontrato in Confindustria Salerno lo scorso 28 aprile il Sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti Umberto Del Basso De Caro, gli industriali salernitano hanno preso parte - il 5 maggio scorso a palazzo Santa Lucia a Napoli - ad un incontro con il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, per ragionare insieme ancora una volta del destino dei porti campani alla luce della ventilata riforma da parte del Ministro Lupi. Nel corso dell’incontro si è deciso di dar vita ad una cabina di regia, che metta insieme la Regione, le istituzioni locali e le imprese. Al termine dei lavori, Caldoro ha sottolineato che «la Regione ha scommesso sulla portualità, lo ha fatto individuando percorsi e risorse per Napoli, Salerno e altri porti. Il tema non è lo scioglimento delle Autorità portuali, ma ragionare su un sistema di governance integrato e un piano industriale, portuale e della logistica che tenga conto delle

esigenze e della potenzialità di Salerno, di Napoli e della stessa realtà di Civitavecchia. Faremo una proposta come Campania, sono certo dal confronto emergerà una posizione chiara e condivisa da tutti». Per Caldoro il problema numero uno non sono le risorse, quanto la necessità che si arrivi a «percorsi trasparenti e più veloci». Gli industriali salernitani, rappresentati dal loro presidente Mauro Maccauro, hanno invece ribadito «la necessità di una riforma che non punti al mero accorpamento delle Autorità Portuali ma al più complessivo ridisegno di una sovrastruttura che lasci intatte le autonomie dei singoli scali portuali e miri a mettere in rete i servizi integrati dei trasporti e della logistica». Non resta che attendere che la proposta condivisa, da sottoporre in sede ministeriale capace di valorizzare eccellenze e le best practices dell’intero territorio campano, passi dalla potenza all’atto.


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P3 Network e gli equilibri mondiali del trasporto marittimo Un cambiamento ingente negli assetti della portualità e nella definizione degli scambi commerciali tra i Paesi Atlantici, Europei e Orientali grazie alla nuova alleanza che sta per nascere tra i tre carrier europei, leader mondiali del trasporto marittimo container, la danese Maersk, la svizzera MSC e la francese CMA CGM, insieme detentrici di una quota di mercato del 37% dei teus (6,5 milioni) trasportati sul globo terrestre (Alphaliner 2013) Alessandro Panaro Responsabile Infrastrutture e Logistica SRM

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RM ha inaugurato il nuovo portale scientifico denominato Osservatorio permanente sui Trasporti Marittimi e la Logistica, www.srm-maritimeconomy.com; si tratta di un progetto di ricerca che consolida una materia di cui ci occupiamo ormai da tempo e che seguiamo in tutti i risvolti della sua complessa filiera; dai porti allo shipping, dagli interporti al sistema ferroviario, dai terminal alle imprese intermodali; l’Osservatorio sarà presentato a Napoli il 13 giugno nel corso di un evento sul trasporto marittimo che si terrà presso il Banco di Napoli. Il portale ha varie sezioni tutte molto interessanti e cogliamo l’opportunità che ci dà Costozero per evidenziare uno dei numerosi argomenti che stiamo analizzando: le grandi alleanze e le grandi fusioni navali. Da tempo i grandi carrier che si occupano di trasporto container stanno stringendo accordi e ridefinendo le rotte da seguire e queste joint venture vanno assumendo sigle più strane tra cui G6, Ckyhe, HALO-CSAV, e soprattutto P3 Network, un nickname che fareste bene a tenere ben impresso in memoria poiché annuncia un cambiamento di portata mondiale negli assetti della portualità e nella definizione degli scambi commerciali tra i Paesi Atlantici, Europei e Orientali. P3

Network è il nome della nuova alleanza che sta per nascere tra i tre carrier europei, leader mondiali del trasporto marittimo container, la danese Maersk, la svizzera MSC e la francese CMA CGM, insieme detentrici di una quota di mercato del 37% dei teus (6,5 milioni) trasportati sul globo terrestre (Alphaliner 2013). Economie di scala, efficienza gestionale, ottimizzazione del servizio sono gli obiettivi primari che si sono posti i tre titani ma ciò induce anche a preoccupazioni da parte degli operatori del trasporto marittimo che si pongono quesiti cui solo il tempo potrà rispondere. La nuova rete di servizi vede assegnata una flotta di 255 portacontainer per una capacità di stiva pari a 2,6 milioni di teus e sarà suddivisa in cinque principali rotte di traffico: i collegamenti Asia-Nord Europa, che saranno realizzati con otto rotazioni; la rotta Asia-Mediterraneo/Mar Nero, che sarà coperta con cinque rotazioni; i collegamenti Asia-USA (West Coast) e Asia-USA (East Coast), realizzati rispettivamente con cinque e quattro rotazioni; le linee transatlantiche, che presenteranno cinque rotazioni. L’alleanza porterà ad ottimizzare i container trasportati e a rendere le navi piene di merci nei limiti del possibile, contrariamente


F O CUS

Interscambio commerciale Italia vs. principali competitor europei / fonte Coeweb 2013

a quanto successo sinora dove le big ships hanno spesso trasportato contenitori vuoti. A questo seguirà un minor numero di navi in circolazione poiché giocoforza le rotte verranno razionalizzate e ciò verosimilmente porterà all’utilizzo di mezzi più grandi; saranno utilizzate le grandi navi “madri” 19.000 teus per coprire la rotta Asia Nord -Europa denominata Albatros che nel Mediterraneo, come porto Europeo, tocca soltanto lo spagnolo Algesiras e qui già l’Italia è tagliata fuori così come in quasi tutti i servizi che prevedono questa rotta e che vedono passare le le 13 e 14 mila teus. Sono comunque cinque i porti italiani inclusi nella rete di servizi del network, che CMA CGM, Maersk e MSC intendono avviare dopo aver ricevuto il benestare dalle autorità competenti. Il porto di Gioia Tauro verrà scalato nell’ambito dei collegamenti AsiaNord Europa (servizio Silk), Asia-

Mediterraneo/Mar Nero (servizi Dragon e Jade) e nei collegamenti transatlantici (servizi Medusa e MedGulf ). I porti di Genova e La Spezia saranno interessati dal servizio Dragon sulla rotta Asia-Mediterraneo, dal servizio Medusa sulla rotta Mediterraneo-USA costa orientale e dal servizio MedGulf sulla rotta Mediterraneo-Golfo USA, mentre il solo scalo spezzino sarà incluso anche nel servizio Jade che percorrerà la rotta Asia-Mediterraneo/Mar Nero. Il porto di Trieste sarà scalato dal servizio Phoenix sulla rotta Asia-Mediterraneo. Il porto di Napoli farà parte del servizio Medusa che collegherà il Mediterraneo con la East Coast USA. Le nostre realtà saranno comunque protagoniste della rotta Asia-Mediterraneo-Mar Nero e delle rotte transatlantiche mentre ad ora non sono coinvolte negli interessanti servizi che attraccano sulle west e east coast degli Stati Uniti.

Si è avviato anche quindi un processo di selezione dei porti che almeno per ora vede tre infrastrutture del nord – Genova, La Spezia e Trieste – e 2 del Mezzogiorno – Napoli e Gioia Tauro, protagoniste. Non volendo soffermarsi su quale potrà essere il ruolo svolto dagli altri porti hub e in generale dagli altri porti italiani che stanno comunque conseguendo buoni risultati, è bene affacciarsi a quelle emergenze che ora dovremmo affrontare alla luce di questo fenomeno, verosimilmente pensando che per forza di cose possano succederne altri dello stesso tipo. Più che altro si tratta di emergenze che i nostri porti dovranno comunque affrontare anche a prescindere da P3 ma che ora diventano sempre più pressanti. Un buon inizio potrebbe essere quello di fare un punto della situazione sui dragaggi dei fondali, il disegno dovrebbe essere completato e fare una scelta che ha anche risvolti ambientali


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Le imprese logistiche in Italia / fonte Unioncamere 2013 è opportuno. La P3 ha anche fissato il tonnellaggio delle navi che devono attraccare e rendersi conto che queste hanno bisogno di sbarchi e imbarchi rapidi nonché di fondali disponibili sarebbe una presa di coscienza di non poco conto. Iniziare i lavori poi sarebbe un altro passaggio necessario e da fare al più presto. Un secondo passo

potrebbe essere quello di chiudere ormai l’annosa vicenda della riforma portuale; la legge 84/94 ormai ha 20 anni e non si intravedono orizzonti di cambiamento strutturale, salvo una ridefinizione territoriale delle competenze delle Autorità. Al di là della normativa sarebbe anche in questo caso ottima cosa cercare di

L’interscambio commerciale nel Mezzogiorno per modalità di trasporto / fonte Unioncamere 2013

definire almeno i punti riguardanti l’autonomia finanziaria e quelli che dovrebbero rispondere alla domanda “quali sono le risorse annualmente disponibili per lo sviluppo del nostro settore portuale”. Si rende necessario quindi un articolato piano di sviluppo portuale - così come fanno la Spagna e altre nazioni europee - che indichi di quante risorse si hanno disponibilità e per fare cosa, ma in modo puntuale e sicuro. Il nostro sistema portuale poggia su una progettualità che ormai ha tanti anni e, magari se la metà dei progetti rimasti fermi fosse stata realizzata, probabilmente la P3 ma anche altri carrier avrebbero forse tenuto in maggior considerazione i nostri porti. Tutto questo induce anche ad un’altra riflessione sull’utilizzo dei fondi comunitari. Siamo ad un passo dall’inizio della nuova programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 e vi sarà una dotazione importante per realizzare e consolidare le infrastrutture; anche in questo caso occorre decidere quali infrastrutture potenziare e fare scelte precise se vogliamo andare avanti e cogliere le opportunità che offre il trasporto marittimo. Sino ad ora queste risorse sono state impiegate in modo lento e farraginoso, nonché con un’efficacia modesta denotata dalle continue riprogrammazioni e ripensamenti sui settori in cui concentrarsi. SRM suggerisce da tempo di puntare su pochi progetti e che abbiano una valenza europea così da andare ad integrarsi con le reti TEN e con i mercati produttivi dove vi sia un’elevata presenza manifatturiera. I grafici che qui mostriamo danno una forte sensazione dell’importanza delle nostre relazioni marittime e della presenza delle imprese logistiche nella nostra economia; dovrebbe lasciar riflettere cosa potrebbe significare


CON F I N D U S T R I A

Latuaideadimpresa®: a Salerno vince il liceo “Regina Margherita” Primo fra cinque il progetto Sixth Sense, che prevede l’ingegnerizzazione e la commercializzazione di un dispositivo elettronico formato da due parti, di supporto alla mobilità di persone a ridotta o nulla capacità visiva

di Massimiliano Pallotta Segreteria Gruppo Giovani Confindustria Salerno

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l liceo “Regina Margherita” di Salerno vince la competizione provinciale del concorso “latuaideadimpresa”, la gara tra le idee imprenditoriali degli studenti, promossa sul nostro territorio dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno in collaborazione con Polaris, l’azienda speciale per la cultura d’impresa della Camera di Commercio di Salerno. Il progetto, coordinato da Sistemi Formativi Confindustria (SFC) e patrocinato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca aveva come obiettivo principale quello di parlare ai giovani per avvicinarli al mondo del lavoro attraverso un escamotage - la gara appunto - nuovo e creativo. Responsabilità, sana competizione, merito, confronto, creatività: Latuaideadimpresa® è nato per comunicare i valori della cultura d’impresa nelle scuole italiane, rendendoli esperibili direttamente dai ragazzi che, partecipando a questa iniziativa, hanno avuto la possibilità di acquisirli sul campo e con naturalezza, prendendo consapevolezza della propria motivazione e attitudine rispetto all’essere imprenditore. Gli studenti hanno

“L'Europa siamo noi”. I protagonisti della tavola rotonda

messo in gara le proprie idee imprenditoriali su una piattaforma web che ha coinvolto studenti, insegnanti e imprenditori, favorendo il dialogo e l’interazione sul tema della cultura d’impresa, della formazione scolastica e delle professionalità necessarie per accedere al mondo del lavoro. I gruppi di studenti partecipanti, dopo aver elaborato le idee di impresa, le hanno dovute strutturare compilando

il business plan per poi raccontarle anche in video. Le idee sono state quindi valutate e votate dagli imprenditori di ciascuna Associazione Industriale aderente al progetto. Il primo classificato di ogni fase provinciale parteciperà poi alla gara nazionale. Un board tecnico, composto dagli Imprenditori Associati designati dall’Associazione Industriale aderente


1 4 /1 5 e da rappresentanti di organizzazioni e istituzioni di livello nazionale, individuerà così a fine percorso il progetto vincitore nazionale. Il primo classificato di ogni provincia parteciperà all’Innovation Camp presso l’incubatore d’impresa Luiss EnLabs, mentre, il vincitore della fase nazionale si aggiudicherà una borsa di studio per ogni componente del team per la Luiss Summer School. Cinque gli Istituiti in gara in provincia di Salerno: I.I.S. “Pucci” di Nocera Inferiore, Liceo “Alfano I” di Salerno, Liceo “Regina Margherita” di Salerno; I.S.S “Filangieri” di Cava de’ Tirreni, I.S.S. “Mattei-Fortunato” di Eboli. La proclamazione della squadra vincitrice della selezione provinciale è avvenuta nel corso dell’iniziativa “L’Europa siamo noi” tenutasi venerdì 9 maggio nell’Auditorium Santa Maria del Carmine di Castiglione del Genovesi (SA), un evento organizzato dal comune picentino e dalla Camera di Commercio di Salerno in cui si è discusso dei temi dell’integrazione

I vincitori con Gennaro Lodato / Presidente GI Confindustria Salerno

europea, delle opportunità per i giovani e di nuove idee imprenditoriali, cui hanno partecipato Mario Camillo Sorgente sindaco di Castiglione del Genovesi, Demetrio Cuzzola, presidente di Polaris, in collegamento da Madrid via skype Gaetano Fausto Esposito, Segretario Generale di Assocamerestero, Alfonso Amendola dell’Università degli Studi di Salerno e concluso da Guido Arzano, presidente della Camera di Commercio di Salerno. I riconoscimenti al liceo “Regina Margherita” di Salerno – vincitore con il progetto Sixth Sense – e ai 14 componenti del team sono stati consegnati da Gennaro Lodato, Presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Salerno e Marco Serra, Consigliere Polaris. Il progetto arrivato primo prevede l’ingegnerizzazione e la commercializzazione di un dispositivo elettronico formato da due parti, di supporto alla mobilità di persone a ridotta o nulla capacità visiva. SIXTH SENSE è un sensore omnidirezionale calibrato in base a

distanza, temperatura e suono. È collegato via wireless a una fascia sensoriale che emette vibrazioni e informa l’utente sulla presenza di ostacoli o pericoli e la loro direzione di provenienza. «In un periodo di congiuntura economica non favorevole, c’è più che mai bisogno delle idee dei giovani», ha dichiarato nel corso della manifestazione il Presidente dei Giovani industriali salernitani Gennaro Lodato. «Questa iniziativa va oltre, chiedendo ai ragazzi di sviluppare business plan appropriati, risolvere il problema dei finanziamenti, pensare ai mezzi di promozione e pubblicizzazione della loro idea, al fine di “simulare” a tutti gli effetti la progettazione e la realizzazione di un’idea imprenditoriale. Gli studenti hanno dimostrato buone capacità di team working e di problem solving, abilità relazionali e comunicative e orientamento al raggiungimento degli obiettivi, requisiti ormai indispensabili per entrare nel mondo del lavoro con il piglio giusto».


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CON F I N D U S T R I A

A Castiglione, nella casa natia di Genovesi, la prima cellula esterna della biblioteca dedicata all’economista

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a Biblioteca Economica “Antonio Genovesi”, costituita dall’intero patrimonio librario della Camera di Commercio di Salerno, si caratterizza per essere una fonte d’istruzione, sotto forma di accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione, porta di accesso all’universo documentario ed alle informazioni necessarie alle più diverse attività umane. Si compone di circa 25.000 testi bibliografici, con 6000 monografie e con una collezione di periodici di circa 600 testate, costantemente aggiornate ed ha la sua sede centrale all’interno del Centro Congressi Internazionale SalernoIncontra, dove, oltre ad offrire i consueti servizi di consultazione, prestito e assistenza alla ricerca, diventa anche centro propulsivo di

«Siamo lieti – ha proseguito Lodato di essere stati affiancati per la realizzazione del Progetto da Polaris, azienda speciale della Camera di Commercio di Salerno per la diffusione della Cultura d’Impresa. Consapevoli del ruolo fondamentale che riveste la scuola sia nel preparare gli studenti al mondo del lavoro, sia nel formare le coscienze di un popolo in grado di affrontare sfide importati e ambiziose, è indi-

manifestazioni culturali, meeting, conferenze e incontri d’affari. La Biblioteca si avvicina al territorio grazie alla costituzione di nuove cellule: per rendere l’intero patrimonio librario una leva sempre più efficace per favorire lo sviluppo economico del territorio della provincia di Salerno e per aumentare i suoi requisiti di attrattore per la diffusione e l’affermazione della cultura d’impresa, l’Ente camerale ha creato la prima cellula esterna della Biblioteca Economica, all’interno degli ambienti della casa natia dell’economista Antonio Genovesi. La creazione della prima estensione territoriale della Biblioteca Economica nasce all’indomani del trecentesimo anno dalla nascita dell’illustre filosofo ed è frutto

di attività sinergiche messe in atto dalla Holding camerale e dal Comune di Castiglione del Genovesi. In questi ambienti sarà possibile consultare la sezione speciale dedicata alla “Documentazione e Legislazione Comunitaria”, che annovera numerosi storici volumi a partire dalla prima Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio dell’anno 1953, edito dal Servizio Pubblicazioni della Comunità Europea a Lussemburgo.

spensabile creare sinergie sul territorio per implementare processi di apprendimento innovativi». «La Camera di Commercio di Salerno, attraverso l’azione di Polaris – ha dichiarato inoltre il presidente dell’azienda speciale Demetrio Cuzzola - si pone quale punto di congiunzione tra istituzioni scolastiche e mondo produttivo, ascoltando le esigenze professionali degli operatori economi-

ci, rafforzando i percorsi di alternanza scuola-lavoro e di diffusione della cultura dell’impresa e dell’innovazione, cooperando alla formazione di risorse umane adeguatamente preparate ad affrontare, con le imprese e nell’interesse dell’intera collettività, le sfide dell’economia globale». Un progetto stimolante che, senz’altro, avrà un seguito anche nel prossimo futuro.


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Tratti di donne, in mostra tutti i colori dell'impresa Mercoledì 18 giugno arte, stor ytelling e management saranno oggetto del vernissage organizzato in Confindustria Salerno in occasione dell’uscita del volume “Tratti di donne”, un progetto editoriale che nasce con l’obiettivo di divulgare le eccellenze del territorio di Raffaella Venerando

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ercoledì 18 giugno si apriranno le porte di Confindustria Salerno che ospiterà il Vernissage organizzato in occasione dell’uscita del volume Tratti di donne, un progetto editoriale che nasce con l’obiettivo di raccogliere testimonianze di imprenditorialità contemporanea, utilizzando lo storytelling quale strumento di comunicazione privilegiato, per rendere chiara e permeabile l'autenticità e l'unicità di vissuti esperienziali, capaci di dimostrare l'irrinunciabilità del racconto, al fine di divulgare l’eccellenza del territorio. Alla presentazione dell’iniziativa ai media, inaugurata dal Presidente Mauro Maccauro, primo sostenitore del progetto, seguirà la visita della mostra organizzata per rendere fruibile, attraverso un format innovativo il volume in uscita. Arte, storytelling e management, come recita il sottotitolo, diventeranno le tre keywords di un pomeriggio all’insegna del networking che ha l’obiettivo di far diventare l’uscita pubblica del volume il palcoscenico privilegiato di relazioni imprenditoriali in una logica nuova, maggiormente dinamica e accattivante.

L’idea che sottende la costruzione del format dell’evento si sostanzia nella volontà di scomporre il volume per renderlo intellegibile nelle sue varie componenti, andando così a costituire un percorso esperienziale di visita, in grado di sollecitare contestualmente i cinque sensi, diretto e curato nella fase di progettazione dall’architetto Alessandra Pedone di A4 Design. Il visitatore sarà, pertanto, coinvolto contestualmente in un percorso multimediale, che va dalla Business She Room con l’esposizione delle aziende partecipanti, alla vera e propria mostra delle tele della Collezione Julia De Mat, leitmotiv del progetto grafico del volume, tra musica, video e altre sollecitazioni sensorie, condite con un momento conviviale. Un evento che si configura quale promotore di un nuovo sentire imprenditoriale che riporta l’attenzione sulla necessità e l’urgenza di rendere maggiormente fluida la comunicazione tra gli attori sociali di un territorio, in particolare tra le imprese stesse, agevolando quel networking di eccellenza che permetta loro di fare rete.

I prodromi di questo progetto si rintracciano nel percorso di apprendimento esperienziale She Business-Leadership & Self empowerment, svoltosi nell’anno 2013, promosso dal Comitato Femminile plurale in seno a Confindustria Salerno, sotto la Responsabilità del suo Presidente, Stefania Rinaldi, protagonista del volume e promotrice entusiasta dell’evento finale. Un progetto che nel naming stesso, She Business, fare business tra donne, ha trovato il suo principale scopo e risultato testimoniato dal fatto che parte delle aderenti sono diventate le protagoniste di Tratti di donne e alcune delle stesse si sono riunite sotto il marchio IMOOD, diventato di seguito partner dell’evento; una nuova iniziativa imprenditoriale nella filiera dell’arredo promossa da Paola Cianciullo, Presidente Gruppo Legno Arredo di Confindustria Salerno, con l'obiettivo di realizzare soluzioni integrate capaci di promuovere


CON F I N D U S T R I A l'italian style. Il progetto Tratti di donne, che gioca sull’anagrammatico tra donne, quasi a rimandare a una conversazione destrutturata tra pari, è stato presentato il 5 dicembre scorso, nell’ambito di una splendida serata di beneficenza dal titolo “Io VoloAlto”, nella prestigiosa sede dell’Hotel Scapolatiello di Cava de’ Tirreni, grazie alla fattiva partecipazione della storica struttura ricettiva da un lato, quale sede ospitante, e di Confindustria dall’altro, quale promotore dell’iniziativa. Il celebrato sodalizio con un’importante realtà del terzo settore quale VoloAlto Onlus, diretta e organizzata da Maria Carmela Morra che, con l’autrice e il gruppo di lavoro tutto, condivide obiettivi sempre più ambiziosi di partnership, tra cui il laboratorio di scrittura creativa che vedrà coinvolti i ragazzi di VoloAlto che sarà inaugurato a seguito dell’evento, testimonia la necessità sempre più diffusa di pensare e realizzare iniziative a favore e sostegno della comunità, ribadendo il forte legame tra individui, imprese e territorio. Una riuscita operazione di engagement che conferma la centralità di legare sempre più cultura ed economia, crescita e sviluppo, a partire da una ritrovata propulsività che sappia testimoniare, non solo l’importanza dell’innovazione, bensì la capacità di comunicarla per renderla patrimonio condiviso. Tratti di donne rappresenta un vero e proprio progetto di comunicazione dell’innovazione che per le sue precipue caratteristiche sarà presentato anche nell’ambito dell’8° Edizione del Premio Best practices, su invito del suo responsabile organizzativo, Giuseppe De Nicola, testimoniando l’espressione di un progetto più ampio che ha lo scopo di ribadire la

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centralità della storia d’impresa quale mezzo di comunicazione istituzionale innovativo; il volume stesso rappresenta solo una prima tangibilizzazione, che ha l’ambizione di raccogliere sotto il suo brand, storie di eccellenza di un tessuto imprenditoriale fertile che necessita sempre più di essere raccontato. Per le medesime caratteristiche di conciliare in un saggio, arte, cultura, impresa, proponendosi come format innovativo di pubblicazione, Tratti di donne, è stato inserito nell’ambito delle anteprime dell’iniziativa culturale Festival della Letteratura di Salerno, che dal 23 al 29 Giugno 2014 animerà l’intera città con una costellazione di eventi in forma itinerante sul territorio; manifestazione diretta e organizzata da Ines Mainieri che sarà ospite in occasione dell’evento del 18 giugno. Il pregevole quadro dei partner istituzionali del progetto si completa,

grazie al sensibile sguardo del Professor Alfonso Amendola che ha voluto accordare allo stesso il suo pieno sostegno, del Patrocinio Culturale di OPEN CLASS - Università & Territorio, promosso dalle cattedre di Sociologia degli audiovisivi sperimentali, Sociologia delle arti elettroniche e Teorie e tecniche dei media digitali dell'Università degli Studi di Salerno. La mostra Tratti di donne, inoltre, nel mese di luglio, sarà ospite del Marte Mediateca di Cava dé Tirreni che conferendo il Patrocinio culturale della Direzione Scientifica all’intera iniziativa, contribuirà a favorire una maggiore e più trasversale fruizione del progetto. Una serie di collaborazioni che denotano la volontà di fare rete per promuovere nuove formule espressive che ibridando arte, storytelling e management, scommettono sulla sempre più auspicabile relazione tra individui, imprese, territori.


STRAT EG I E D ’ I MP R E SA

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Abaco Team: governare al meglio i processi immobiliari L’immobile vale in funzione di quanto rende, questo significa che l’attenzione alla gestione globale di un immobile è la chiave di volta che incide sulla redditività reale del core business Roberto Busso Amministratore Delegato / Abaco Team - Gruppo Gabetti

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e a fare l’azienda è l’idea imprenditoriale, la gestione del patrimonio immobiliare sta diventando una componente strategica di grande rilievo per acquisire vantaggio competitivo nel proprio settore. Il core business catalizza gran parte degli sforzi del management, ma altri elementi, che gravitano attorno ad esso, stanno richiedendo agli imprenditori le medesime attenzioni. La conoscenza, la cura, la gestione e la sicurezza dell’immobile in cui si svolgono le attività sono elementi altrettanto importanti per crescere e raggiungere obiettivi sempre più alti; risulta necessario accrescere la performance del proprio patrimonio immobiliare, conoscere nel dettaglio tutti gli aspetti per definire quale possa essere la gestione migliore. Abaco Team, società del Gruppo Gabetti, si pone come il consulente ideale per migliorare il governo dei processi immobiliari, con un'ottica integrata a massimizzare e ottimizzare i comportamenti e le azioni utili ad un monitoraggio continuo delle prestazioni e dei livelli di servizio, della coerenza e della idoneità di questi, con lo scopo di individuare le migliori opportunità per il cliente in ambito immobiliare, energetico, impiantistico,

di sicurezza e ambientale sotto il profilo tecnico, economico e finanziario. L’immobile vale in funzione di quanto rende, questo significa che l’attenzione alla gestione globale di un immobile è la chiave di volta che incide sulla redditività reale del core business. Ma come lavora Abaco Team? Obiettivo fondamentale è lo sviluppo di un sistema di controllo che permetta di identificare, analizzare e poi monitorare i rischi potenziali presenti negli immobili. La prima fase è la cosiddetta “analisi preliminare”: gli immobili vengono analizzati secondo precisi parametri e suddivisi in classi di rischio che possono essere di grado ridotto, medio o elevato. Nella seconda fase viene fatta una mappatura personalizzata dei rischi, mentre nella terza vengono individuati i documenti presenti e quelli necessari al fine di produrre un quadro sinottico relativo alla sicurezza dell’immobile. La quarta e ultima fase monitora invece la messa a norma delle non conformità per la riduzione e il controllo dei rischi presenti. Il compito è migliorare sia i requisiti di sicurezza, sia gli aspetti relativi alla redditività, adeguandosi alle normative vigenti e verificando eventuali profili di cost saving.


STRAT EG I E D ’ I MP R E SA

Mobilità sostenibile: da Virvelle la formazione green per car elettriche Sarà presentato all’ottava edizione del Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno, Eco-Charge, il progetto indirizzato a 7 imprese campane che hanno deciso di puntare alla produzione e installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici

a cura di Raffaella Venerando

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aking innovation. Questo il binario su cui corrono i nuovi percorsi formativi di Virvelle incentrati sull’innovazione, valore in cui la società salernitana crede come testimoniato dalla partnership, in qualità di sponsor tecnico, con il premio “Best Practices per l’Innovazione” di Confindustria Salerno, giunto quest’anno alla sua ottava edizione. «Il nostro supporto come sponsor tecnico – spiega Francesco Serravalle, co-founder Virvelle – è motivato dalla valenza dell’iniziativa che promuove l’importanza dei processi di innovazione e la cultura della competitività. Valori cui noi ci ispiriamo e su cui nascono e si strutturano i modelli formativi di Virvelle». Ultimo case study di successo: Eco-Charge. Il progetto formativo, i cui dati saranno presentati al Premio che si terrà il 12 e 13 giugno 2014, ha visto l’implementazione di 15 azioni didattiche volte a formare più di 100 dipendenti. L’intervento è stato indirizzato a 7 imprese

DEFINIZIONE DEL GAP DI COMPETENZE 1. analisi del business inter viste proprietà, questionari e pubblicazioni di settore

2. check dell’analisi r DPOGSPOUP DPO J SFTQPOTBCJMJ B[JFOEBMJ TV SJNPEVMB[JPOF QSPDFTTJ SVPMJ GVO[JPOJ F OVPWF DPNQFUFO[F r EFGJOJ[JPOF MJWFMMP SJDIJFTUP QFS TJOHPMB DPNQFUFO[B

3. analisi performance competenze possedute JOEJWJEVB[JPOF F EFTDSJ[JPOF DPNQFUFO[F SJDIJFTUF per ruolo

4. determinazione gap DPOGSPOUP EFMMF BOBMJTJ QSFDFEFOUJ DPO J OVPWJ QSPGJMJ F SVPMJ EFGJOJUJ BM QVOUP

figura 1 campane, operanti nel settore energetico e specializzate anche nella realizzazione e gestione di impianti ad energie rinnovabili, che hanno deciso di puntare alla produzione

e installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici. Chiara e precisa la mission dell’intero percorso didattico: riqualificare il know-how del personale sull’in-


2 0 /2 1 novazione di prodotto e di processo, avviato dalle aziende beneďŹ ciarie per aprirsi al mercato della mobilitĂ sostenibile attraverso mirate azioni che colmassero il gap di competenze. Il progetto formativo, valutato positivamente su scala nazionale da Fondimpresa e ďŹ nanziato con l’avviso 3.2011, ha messo in campo un’incisiva manovra didattica per sviluppare capacitĂ tecniche (installazioni di colonnine elettriche), capacitĂ gestionali (project management) e trasversali (tra cui comunicazione efďŹ cace, gestioni di audit tecnologici).

Attori QualiďŹ cato il parterre di attori che hanno realizzato l’intero percorso didattico. Alla salernitana Virvelle il compito di curare la progettazione sia delle attivitĂ formative che di quelle di accompagnamento unitamente all’individuazione delle metodologie formative, oltre al monitoraggio e valutazione dei dati. Adecco Formazione si è, poi, occupata del coordinamento delle attivitĂ , della selezione dei docenti e dell’assessment dei partecipanti. Coordinamento scientiďŹ co, audit di processo e formazione dei docenti, gli ambiti operativi di cui si è fatto carico il Dipartimento Studi e Ricerche Aziendali dell’UniversitĂ degli Studi di Salerno.

COMPETENZE DA SVILUPPARE Competenze Strategiche 'POEBNFOUJ EJ &OFSHZ .BOBHFNFOU 1PMJUJDIF EJ (SFFO &DPOPNZ 1JBOJGJDB[JPOF TUSBUFHJDB

Competenze Marketing "OBMJTJ EFHMJ TDFOBSJ FOFSHFUJDJ -FWF EFM NBSLFUJOH NJY .BSLFUJOH EJ TFUUPSF (FTUJPOF EFMMF SFUJ DPNNFSDJBMJ

Competenze Tecniche 3FRVJTJUJ EFJ TJTUFNJ EJ HFTUJPOF EFMM FOFSHJB *OUFHSB[JPOF EFJ TJTUFNJ EJ HFTUJPOF 4UBOEBSE QFS MB HFTUJPOF EFMM FOFSHJB 4JDVSF[[B F BNCJFOUF

Competenze Trasversali %JBHOPTUJDBSF DPNQFUFO[F F BUUJUVEJOJ QSPQSJF F BMUSVJ -FBEFSTIJQ F HFTUJPOF EFJ DPMMBCPSBUPSJ "GGSPOUBSF F SJTPMWFSF QSPCMFNJ TWJMVQQBSF TPMV[JPOJ DSFBUJWF 5JNF NBOBHFNFOU 1SPKFDU .BOBHFNFOU 0SHBOJ[[BSF NPOJUPSBSF HFTUJSF MF SJTPSTF

pare, come indicato in ďŹ g. 2, e solo successivamente si sono progettate le azioni formative, deďŹ nendo opportuni contenuti e metodologie didattiche necessarie ad acquisire e Descrizione del processo formativo e attivitĂ aggiornarsi sulle nuove competenze richieste. connesse La progettazione didattica si è basa- Le azioni formative progettate sono ta su una prima fase di “analisi della state 15 per un monte totale di 760 ore. domandaâ€? del committment (le aziende beneďŹ ciarie), come deďŹ nito Le metodologie utilizzate sono state diverse e volte ad una partein ďŹ g. 1, il cui scopo era deďŹ nire il cipazione attiva ed efďŹ cace ai ďŹ ni gap di competenze da colmare. dell’apprendimento: Aula (36%), DeďŹ nito il gap si sono potute inesercitazioni su case study reali dividuare le competenze da svilup-

figura 2 (37%),Training on the Job (10%), AfďŹ ancamento (7%), Action Learning (5%), Workshop esterni (5%). Il piano formativo durato circa 12 mesi è stato costituito da diverse attivitĂ , formative e non, connesse da una logica comune per il raggiungimento della ďŹ nalitĂ volute: la riqualiďŹ cazione del personale rispetto alle nuove competenze utili ad implementare l’innovazione di prodotto e di processo necessaria alla produzione ed installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici.


STRAT EG I E D ’ I MP R E SA

Arti Grafiche Boccia lancia “Monstre S96" e La Città torna ad essere stampata a Salerno L'azienda del presidente del Comitato credito e finanza di Confindustria, V incenzo Boccia, diventa un centro stampa indipendente per quotidiani locali, nazionali e internazionali

di Vito Salerno

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onostante la crisi del settore editoriale, l’azienda salernitana ha investito negli ultimi anni più di 30 milioni di euro in nuove tecnologie e macchine da stampa all’avanguardia. E l’ultimo investimento in ordine di tempo è l’acquisizione dal Gruppo Editoriale L’Espresso della rotativa Cerutti S96, utilizzata fino al 2013 per stampare in esclusiva La Repubblica. Oltre 592mila chilogrammi di peso, una lunghezza di 27 metri, una larghezza di 6 e un’altezza di 8 sviluppata su 3 piani con 2 linee di uscita: sono questi i numeri che delineano le dimensioni della Cerutti S96. Da questa rotativa, capace di coniugare flessibilità e potenza industriale, ha preso vita il progetto “Monstre S96” per la stampa di prodotti editoriali e commerciali, che consentirà, inoltre, di proporre stampati in formato tabloid fino a 96 pagine tutte a colori. Arti Grafiche Boccia ha scelto di chiamare il progetto “Monstre S96” per sottolineare le dimensioni della potente rotativa in grado di

Cerutti S96

stampare ad una velocità oraria di 60mila copie, con la necessità di pochi minuti per l’avviamento. Non è un caso, poi, la scelta del nome francese del progetto: per l’azienda, molto presente nei segmenti della stampa di quotidiani e

periodici, il mercato francofono è il secondo in termini di fatturato e quantità di prodotti editoriali realizzati. Definita qualche anno fa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano «rappresentante del volto positivo di un Mez-


2 2 /2 3 zogiorno capace di far emergere e valorizzare le sue migliori energie, concorrendo con il proprio fattivo apporto allo sviluppo dell'Italia intera», l’azienda rivolge il suo nuovo progetto commerciale ad editori di quotidiani, locali, nazionali ed internazionali e a tutti gli operatori della GDO. Arti Grafiche Boccia si appresta, inoltre, ad integrare l’investimento, che supererà complessivamente i 3 milioni di euro e che è parte di un progetto industriale, con l’acquisizione di una terza piega che permetterà di realizzare prodotti stampati in rotativa e ripiegati in formato tabloid che vanno dalle 8 alle 96 pagine full color. Un’offerta unica nel panorama italiano per numero di pagine realizzabili e con possibilità di effettuare cambi anche per sole 2 pagine. Questi investimenti consentiranno ad Arti Grafiche Boccia di conquistare ancora maggiori quote di mercato a livello globale e di essere sempre di più il partner ideale per importanti realtà della grande distribuzione organizzata ed editori internazionali. «“Monstre S96” è un grande progetto - dichiara il direttore marketing di Arti Grafiche Boccia, Monica Vitiello - con il quale puntiamo a far recuperare ai nostri clienti efficienza nella filiera produttiva, con un impianto flessibile che permette di realizzare prodotti competitivi con un break even di tiratura performante che va dalle tremila copie fino ad altissime tirature». «Inoltre l’“innovazione commerciale” - continua Monica Vitiello - ci permetterà di proporre anche agli editori di quotidiani nazionali e internazionali la possibilità di sostenere esclusivamente il

Monica Vitiello / Direttore Marketing Arti Grafiche Boccia

Vincenzo Boccia / Amministratore delegato Arti Grafiche Boccia

costo per copia stampata evitando loro di accollarsi costi fissi, e di offrire agli operatori della GDO un prodotto standard realizzabile fino a 96 pagine tabloid interamente a colori. Grazie a “Monstre S96” possiamo dunque presentare un’offerta unica in Italia per questo segmento di mercato». I risultati del nuovo progetto industriale non si sono fatti attendere. Dal 22 maggio scorso, infatti, il quotidiano La Città è tornato ad essere stampato a Salerno grazie all’accordo firmato con il Gruppo Editoriale L’Espresso. La Città, di proprietà della Finegil, è il primo di una serie di quotidiani che saranno stampati dall’azienda che entra così anche nel segmento del mercato dell’informazione locale, il più attrattivo secondo guru come Warren Buffett. Proprio Buffett, infatti, nel 2012 ha scommesso sull’editoria acquisendo i 63 quotidiani locali del gruppo Media General. «Per noi questo risultato - dichiara

l’amministratore delegato di Arti Grafiche Boccia, Vincenzo Boccia - è l'effetto di una doppia sfida vinta: stampare La Città e riportarla a Salerno. Tutta la nostra squadra aziendale è particolarmente orgogliosa di questo primo passo che ci proietterà in una dimensione particolarmente affascinante anche in termini di innovazioni organizzative molto avanzate. Elementi che confermano che la miglior difesa è l'attacco, appunto lo stile della nostra azienda e del DNA delle nostre persone. Il parco macchine delle Arti Grafiche Boccia passa a 5 rotative, tra cui alcune prime installazioni in Europa, con 9 linee di uscita e completamente integrabili tra loro garantendo back up ad ogni cliente di quotidiani, di riviste e di GDO, un progetto organico di impianti e un modello organizzativo costruito per garantire in qualsiasi condizione la presenza in edicola ai propri clienti».


NE W E N T R I E S

Digitalizzazione dei processi aziendali più semplici con Seen Solution Srl L’azienda fornisce consulenza, sviluppo e supporto continuo su tutto il mondo della gestione elettronica documentale, privacy e certificazioni ISO/IEC

a cura della Redazione Costozero

L’

azienda e il digitale: un binomio perfetto, la giusta complementarietà che crea una sinergia tale da far rigenerare e rinvigorire realtà aziendali oggi alle prese con sfide ardue. Seen Solution Srl - da sempre attenta a rispondere alle esigenze dei players puntando alla trasposizione del proprio know-how - rappresenta il tipo ideale di business aziendale cui appoggiarsi e da cui farsi seguire e sostenere per gestire correttamente il cambiamento. Passione e innovazione sono all’origine del successo di Seen Solution Srl, presente in aziende di rilevanza nazionale e internazionale e in continua crescita grazie alla propria determinazione e professionalità. Sempre attenti alla cura del Cliente/Partner, senza mai parlare di prodotti bensì di soluzioni pensate e costruite ad hoc per rispondere a specifiche esigenze, Seen Solution srl è, innanzitutto, una società di consulenza direzionale specializzata, verticalmente e orizzontalmente sui processi, orientata alla soluzione del piano organizzativo.

Ma l’azienda non si ferma di certo qui, perché oltre a fornire consulenza, è specializzata come System Software Integrator a fornire soluzioni avanzate e agili per il mondo dell’Information e Digital Management. Del resto il blog www.nicolasavino.com, e il Gruppo LinkedIn “Conservazione Sostitutiva e Fatturazione Elettronica” - che conta già oltre 1.000 iscritti – costituiscono un’espressione diretta della passione che Nicola Savino, Presidente, Digital and Information Manager e CEO della Seen Solution Srl, mette nel divulgare costantemente le tematiche digitali, quali la conservazione sostitutiva, la fatturazione elettronica e tutto ciò che riguarda la gestione e la conservazione di documenti e informazioni elettroniche.

Seen Solution Srl Corso Vittorio Emanuele 127, Salerno Tel.: 089 988 77 56 nicola.savino@seensolution.com www.seensolution.com


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eProInn srl, Energy and Propulsion Innovation Un team efficiente per favorire lo sviluppo e l'industrializzazione di un sistema di conversione degli autoveicoli convenzionali in veicoli ibridi-solari

a cura della Redazione Costozero

e

ProInn srl nasce nel 2014 come Spin-Off dell'Università degli Studi di Salerno, per iniziativa e impegno di un gruppo di docenti e ricercatori afferenti ad eProLab (Energy and Propulsion Laboratory, www.eprolab.unisa.it) presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dello stesso Ateneo. Obiettivo primario del progetto è favorire lo sviluppo e l'industrializzazione di un sistema di conversione degli autoveicoli convenzionali in veicoli ibridi-solari. Il progetto, per i quali i proponenti hanno ricevuto diversi riconoscimenti, e il relativo brevetto sono ampiamente e dettagliatamente presentati sul sito www.hysolarkit.com. Più in generale, la missione aziendale si estende ai settori della green-economy connessi con l'energia e la propulsione terrestre. In tali ambiti, i ricercatori di eProInn hanno maturato in ambito universitario un'esperienza pluriennale, potendo vantare numerose collaborazioni industriali e un'ampia e solida rete di rapporti internazionali.

I soci di eProInn sono: Vincenzo Marano, Assegnista di ricerca presso l'Università degli Studi di Salerno; Ivan Arsie, Professore associato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università di Salerno; Gina Scorziello, Laureata in Sociologia presso l'Università di Salerno; Gianfranco Rizzo, Professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università degli Studi di Salerno e Francesco Di Fiore, Laureato in Economia presso l'Università di Salerno. Al progetto HySolarKit partecipano inoltre diversi ricercatori, dottorandi e assegnisti di ricerca, oltre a numerosi tesisti.

eProInn srl Via Giovanni Paolo II 132 84084 Fisciano (SA) www.eproinn.com info@eproinn.com 089 964245


ED I LI ZI A I N D U S T R I A LE

Urban restyling per le aree industriali dismesse: il buon esempio del MAST Il progetto è stato voluto per integrare l’impresa come sistema aperto all’interno del territorio facendone emergere la responsabilità sociale per la crescita della comunità di cui è parte integrante

Nicola Pellegrino Consigliere Ordine Architetti Salerno

C

i sarà tempo fino al gennaio 2016 per gli ampliamenti e per la riqualificazione delle aree degradate della Campania grazie alla nuova proroga del Piano Casa. La finalizzazione è il contrasto della crisi economica e la tutela dei livelli occupazionali, ma tale iniziativa legislativa si rivela anche un’opportunità per il miglioramento della qualità urbana - per l’edilizia pubblica e privata - perseguita favorendo l’applicazione di criteri di sostenibilità, l’uso di energia rinnovabile, la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico e la riqualificazione delle aree urbane degradate. La proroga del Piano, infatti, si estende alla riqualificazione delle aree industriali, dismesse e non, anche attraverso la conversione in edilizia abitativa con il vincolo di destinazione del 30% all’edilizia sociale. Per le città campane questa costituisce una nuova opportunità per intervenire nelle aree periferiche a destinazione industriale innescando nuovi processi di rinnovo urbano che puntino alla ri-significazione di tali aree, consapevoli che la qualità architettonica del singolo manufatto non è risolutiva della complessità del grande processo urbano che coinvolge nella sua

totalità il territorio. Negli ultimi decenni, a causa dei processi e dei cambiamenti in atto nel settore delle attività produttive, con particolare riferimento ai paesi più avanzati dell’Occidente (Europa e Stati Uniti), si è verificato un progressivo abbandono delle attività industriali primarie. Questo processo ha reso disponibili vaste aree, un tempo utilizzate per ospitare gli impianti di produzione oggi dismessi, talvolta localizzate in aree di alto valore strategico per lo sviluppo delle città. Sorte per anni in maniera quasi spontanea, o attraverso pianificazioni poco attente ad un’appropriata progettazione ambientale, le aree industriali sono da sempre considerate generatrici di grandi alterazioni eco-sistemiche, e ghettizzate nelle aree periferiche. La gestione ambientale delle risorse (naturali e artificiali) presenti all’interno di un’area industriale può essere implementata a vari livelli di integrazione, fino alla definizione di un sistema totalmente integrato, un vero e proprio ecosistema artificiale. Per realizzare un sistema industriale realmente sostenibile non basta mettere a punto una serie di strategie integrate atte a ridurre o


2 6 /2 7 riqualificazione delle aree industriali dipende dal grado di integrazione con la città e alla sua capacità di dare un indotto turistico, culturale, economico e sociale. Prendiamo ad esempio l’intervento di Frank O’Ghery a Bilbao. Sono trascorsi più di dieci anni da quando il museo Guggenheim ha preso il posto dei vecchi magazzini facendo registrare un numero di visitatori annui pari a circa un milione. O anche il caso della Ex Stazione Leopolda a Firenze che, dopo l’intervento di recupero, ospita manifestazioni, eventi Il Mast di Bologna culturali e di creatività contemporanea con mostre, sfilate di moda, concerti, “azzerare” i possibili effetti negativi altri ambiti dell’esistenza tra i quali set televisivi fino a degustazioni connessi ai processi e ai prodotti, il tempo libero. Nell’arco dell’ultimo eno-gastronomiche. È proprio di ma è necessario anche progettarne secolo la storia dell’industrializzazione questi giorni la presenza sulla rivista una eco-compatibilità urbanisticoe quella del progetto si intrecciano. Casabella del progetto del MAST architettonica. Il recupero di tali Le città italiane hanno avuto (Manifattura di Arti Sperimentazione aree costituisce oggi un problema destini simili e nelle maglie delle e Tecnologia) di Bologna, esempio di rilevante interesse e importanza, loro periferie si ritrovano tracce di intervento di recupero di un’area per le evidenti ricadute sul sistema “anomale”, luoghi dove sorgevano industriale sviluppato in adiacenza alla economico. industrie oggi dismesse che non fabbrica di G.D. del gruppo Coesia. Parallelamente si assiste al fenomeno trovano degne destinazioni. Alcune Il progetto è stato voluto per integrare della contrazione delle città di queste strutture appaiono ai nostri l’impresa come sistema aperto occidentali (shrinkage), che non occhi come decisamente artistiche, all’interno del territorio facendone lascia dubbi al fatto che la quantità interessanti, ardite, è per questo emergere la responsabilità sociale dei “vuoti” urbani sia destinata ad motivo che già a partire dagli anni per la crescita della comunità di cui aumentare. Grandi contenitori o ’60 del secolo scorso che l’opinione è parte integrante. Si caratterizza intere aree urbane vanno in disuso, pubblica ha iniziato ad opporsi alla per l’attenzione alla sostenibilità coinvolgendo il più delle volte le loro demolizione comprendendone costruttiva e gestionale dell’edificio aree industriali e invadendo anche la portata storica, culturale e artistica. oltre agli aspetti compositivi. il tessuto urbano con la presenza di Successivamente si è assistito alla Il risultato finale è quello di un spazi svuotati di ogni significato e loro valorizzazione e riconversione edificio complesso sia sotto il profilo circondati da vuoti normativi. per approdare ad un vero e proprio morfologico che programmatico, Questa disamina pone l’accento riciclaggio di officine, magazzini, una micro-città dedicata alle arti, per una riflessione sull’interessante stazioni trasformate in centri sociali, all’innovazione e alla tecnologia, coesistenza dell’enorme offerta di culturali ed economici. Vere e proprie unitaria nell’immagine esterna ma strutture e spazi inutilizzati e di officine dove artisti creano cercando articolata nei percorsi e nelle funzioni. una domanda di nuovi usi della nuove forme espressive. I progetti L’edificio di progetto trova nel luogo città rinnovata prima di tutto dalla di recupero si moltiplicano e grandi e negli allineamenti preesistenti la rivoluzione del mondo del lavoro, i cui nomi dell’architettura vengono misura ponendosi come elemento parametri di flessibilità gli hanno dato chiamati a progettare e mettere in di mediazione tra la dimensione del contorni così imprecisi da far sì che luce la storia e l’anima di questi tessuto urbano circostante e i volumi essa si intersechi confondendosi con luoghi. Il successo degli interventi di degli edifici industriali.


NO RM E E S O C I E T À

Le liti bancarie tra mediazione e arbitrato Per la materia bancaria il legislatore ha pre visto che la condizione di procedibilità per la domanda giudiziale possa essere soddisfatta non solo con il tentativo di mediazione, ma anche – e in via alternativa – con il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario che costituisce un sistema di ADR istituito presso la Banca d’Italia e che offre un percorso del tutto diverso dalla mediazione Marco Marinaro Avvocato Cassazionista / Membro Abf Roma info@studiolegalemarinaro.it

L

a reintroduzione della mediazione obbligatoria in numerose materie civili e commerciali ha fatto riemergere lo specifico interesse per imprese e consumatori in relazione alla composizione delle liti derivanti dalla contrattualistica bancaria. Tra le materie per le quali il legislatore ha ripristinato l’obbligatorietà della mediazione si segnalano proprio i contratti bancari e finanziari e ciò, evidentemente, per la particolare e duratura relazione che si instaura tra il cliente e la banca. Ciò significa che all’insorgere delle controversie nei confronti della banca (controversie che si caratterizzano per l’alto tasso di tecnicismo e spesso per il rilievo economico che le stesse possono assumere) il cliente è obbligato ad attivarsi preliminarmente per un tentativo di mediazione. Una volta esperito tale procedimento e in caso di esito negativo dello stesso, l’utente potrà dare corso all’azione dinanzi al giudice competente. Si deve precisare che per la materia bancaria il legislatore ha previsto che la condizione di procedibilità per la domanda giudiziale possa essere soddisfatta non solo con il tentativo

di mediazione, ma anche – e in via alternativa – con il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario che costituisce un sistema di ADR (alternative dispute resolution) istituito presso la Banca d’Italia e che offre un percorso del tutto diverso dalla mediazione. Pertanto, all’impresa o al consumatore che si trovi a dover affrontare una lite in materia bancaria prima di accedere al giudice si apre una scelta che richiede una valutazione di convenienza e di opportunità in relazione agli interessi perseguiti e che presuppone la conoscenza dei due diversi itinerari stragiudiziali. La strada segnata dalla mediazione è quella che mira, attraverso l’intervento del terzo imparziale (mediatore) a raggiungere tra le parti un accordo che risponda ad una composizione negoziale e satisfattiva dei reciproci (e spesso compatibili) interessi delle quali sono titolari. Il cliente allora potrà selezionare un organismo di mediazione accreditato presso il Ministero della Giustizia scegliendo tra organismi generalisti (che magari annoverano tra i loro mediatori esperti nella materia bancaria)


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L’ABF, che decide sui ricorsi proposti in base al diritto, è competente su tutte le controversie che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari con un limite di valore di 100.000 euro se il cliente chiede una somma di denaro

e organismi specializzati (tra i quali si segnala ad esempio il Conciliatore Bancario Finanziario: www. conciliatorebancario.it). La procedura di mediazione obbligatoria (della durata massima di tre mesi) prevede la necessaria assistenza dell’avvocato e potrà essere iniziata mediante il deposito di un’apposita istanza presso l’organismo prescelto che risulti avere sede nel “luogo” in cui ha sede il giudice competente per la controversia. Contestualmente al deposito dell’istanza devono essere versate le “spese di avvio” che ammontano ad euro 40+Iva. In esito alla domanda l’organismo avvierà il procedimento, designando il mediatore e invitando la banca ad un incontro da tenersi presso la sede dell’organismo entro 30 giorni. Durante il primo incontro le parti – assistite dai rispettivi avvocati – saranno chiamate a verificare la possibilità di proseguire il tentativo di mediazione e, in tal caso, potrà avere corso la mediazione vera e propria al fine di individuare i possibili spazi per pervenire ad un accordo. L’inizio dell’attività di mediazione comporterà a carico delle parti l’obbligo di versare il compenso all’organismo (cosiddette spese di mediazione) da determinarsi in base alla tabella dell’organismo prescelto come approvata dal Ministero della

giustizia secondo il valore della controversia. L’eventuale accordo cui le parti dovessero pervenire in mediazione potrà essere reso esecutivo sia con una certificazione di conformità degli avvocati presenti, sia – in alternativa – con un procedimento di omologazione dinanzi al presidente del tribunale competente per territorio. In alternativa alla mediazione si colloca l’Arbitro Bancario Finanziario. La controversia bancaria, infatti, potrà essere portata all’esame del Collegio ABF territorialmente competente (ne esistono tre: il Collegio di Milano per il Nord, il Collegio di Roma per il Centro e il Collegio di Napoli per il Sud) precisando che prima di proporre il ricorso occorrerà che sia presentato il reclamo alla banca (che ha a disposizione 30 giorni di tempo per tentare di risolvere consensualmente la lite). Il ricorso all’ABF può essere presentato a mano presso le sedi dei Collegi o presso tutte le Filiali della Banca d’Italia, o anche a mezzo posta o mezzo fax, o ancora a mezzo PEC. Unitamente al ricorso occorre versare l’importo per le spese pari ad euro 20 (che vengono rimborsate dalla banca anche in caso di parziale soccombenza). L’ABF, che decide sui ricorsi proposti in base al diritto, è

competente su tutte le controversie che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari con un limite di valore di 100.000 euro se il cliente chiede una somma di denaro (ma senza limiti di importo, se il cliente chiede soltanto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà). L’ABF sconta anche un altro limite di carattere temporale in quanto non può decidere quando la controversia riguarda operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009. La decisione dell’ABF non è giuridicamente vincolante per le parti che sono libere – se non soddisfatte - di ricorrere al giudice. Tuttavia, le banche – che sono obbligate ad aderire al sistema ABF - solitamente adempiono spontaneamente alle decisioni, anche al fine di evitare la pubblicazione dell’inadempimento sul sito web dell’ABF (www. arbitrobancariofinanziario.it). Il tempo medio per la decisione dei ricorsi è stato nel 2012 di 112 giorni con un tempo per la redazione e comunicazione della decisione di 45 giorni. Si ritiene che dinanzi all’ABF non sia obbligatoria l’assistenza dell’avvocato. (L’autore è membro del Collegio di Roma dell’ABF e, per tale ragione, precisa che le opinioni espresse nell’articolo hanno carattere personale e non rappresentano la posizione del Collegio, ndr)


NO RM E E S O C I E T À

Passaggio generazionale/1 L'impresa non può essere considerata alla stregua di ogni altra proprietà privata ma come un'istituzione autonoma, in cui sono coinvolti interessi collettivi

Aniello Calabrese Presidente Consiglio Notarile di Salerno

I

possibili scenari della successione generazionale d’impresa possono essere molteplici: successione di un solo erede perché non ve ne sono altri, volontà dell’imprenditore di dismettere l’azienda, o di potenziarle attraverso fusioni con altre società; in presenza di più attività d’impresa, scissione societaria in modo da attribuire a ciascun erede una singola attività di impresa. Per la mia esperienza l’ipotesi più frequente e insieme più problematica è quella che all’imprenditore unico, che agisce per lo più quale titolare della quota di maggioranza di una società di capitale, succedano più eredi che intendono continuare l’attività dell’unica impresa di famiglia. Riguardo a questa ipotesi possiamo immaginarci due scenari: a) tutti gli eredi intendono continuare nell’impresa; b) solo uno o alcuni degli eredi intendono continuare nell’impresa. La prima ipotesi, a sua volta, si scinde in due sottoipotesi: a1) tutti gli eredi intendono lavorare per l’impresa; a2) solo alcuni eredi intendono essere soci attivi dell’impresa mentre gli altri intendono essere solo soci di capitale. Preliminarmente, poi, con il problema della successione generazionale nell’impresa, viene affrontato il problema di quale sia il tipo sociale che più si adatta

alla piccola e media impresa. Sulla scelta del tipo sociale - circoscritta a due tipi Srl - SpA, non avrei dubbi nell’indicare nella Srl quella che più si adatta. La Srl si lascia, infatti, ampiamente preferire, perché é regolata da poche norme inderogabili e consente quindi all’imprenditore di crearsi una società regolata da una disciplina che esso medesimo, con l’ausilio dei vari consulenti, può determinare secondo le proprie esigenze. Il legislatore italiano, infatti, reputando che la società civile ha raggiunto un notevole grado di maturità, nel concepire la nuova normativa sulle Srl ha considerato che i soci siano ormai in grado di autoregolamentarsi liberamente, fermi restando, ovviamente, i principi e le norme inderogabili posti a tutela degli interessi dei terzi. Ed é questo il motivo per cui mentre il “civil law” si é fermato agli istituti di diritto romano (ad esempio vendita, donazione, mutuo) il “common law” negli ultimi cento anni ha creato tanti nuovi istituti (ad esempio leasing, franchishing, leveraged buy out, factoring) che poi il nostro ordinamento ha dovuto recepire attraverso idonee modifiche legislative. Ritornando al problema della successione generazionale nell’impresa, a me sembra


3 0 /3 1 che nella ipotesi in cui tutti gli eredi intendano continuare nella medesima come soci attivi, siano tuttora validi quelli che sono gli strumenti tradizionali della donazione e in subordine del testamento. Attualmente, sotto il profilo fiscale, sia la donazione che la successione ereditaria delle partecipazioni sociali sono esenti da qualsiasi tassazione, ma la donazione si lascia preferire perché la presenza in vita dell’imprenditore disponente può fare accettare ai successori soluzioni che altrimenti questi tra di loro, una volta defunto il genitore, potrebbero non condividere. Uno degli aspetti più problematici nel caso di successione nell’impresa di più eredi é l’aspettativa che essa possa continuare ad essere gestita ancora in modo familiare, cioè con il consenso di tutti. Occorrerà considerare allora che lo strumento societario, utilizzato, sì, dall’imprenditore (come socio unipersonale o come socio di maggioranza con i familiari), però prevalentemente a fini fiscali debba, invece, con il passaggio generazionale, avere una utilizzazione effettiva, in quanto é molto probabile che con il passare del tempo la società non possa essere gestita all’unanimità e quindi sarà necessario prepararsi a che la società funzioni con il principio maggioritario. Creare un gruppo di maggioranza significa fare una scelta tra due interessi forti, che, però, possono presentarsi come confliggenti fra loro: gli interessi della famiglia che inducono l’imprenditore a non prendere decisioni forti, e quindi ad assegnare l’impresa a tutti i suoi successori e basta, in modo che nessuno di questi possa dolersi, e interessi dell’impresa che, invece, impongono scelte direi impopolari nell’ambito della famiglia. Il problema é, appunto, per l’imprenditore il dover avere la

consapevolezza che, quasi sempre, impresa e famiglia hanno missioni e obiettivi diversi e rispondono a logiche diverse; che l’impresa non può essere considerata alla stregua di ogni altra proprietà privata (ad es. un immobile), ma come una istituzione autonoma dove sono coinvolti anche rilevantissimi interessi di tutta la collettività. Pertanto l’imprenditore dovrà avere, nello scontro possibile tra interessi dell’impresa e interessi della famiglia, la consapevolezza di dover privilegiare gli interessi della prima. In virtù di quanto detto, sarà opportuno individuare razionalmente da parte dell’imprenditore fra i successori quello o quelli che dovranno costituire il gruppo di comando e conseguentemente fornire loro adeguati strumenti per esercitare la leadership. Come? In parte con gli strumenti tradizionali, in quanto se é vero che a ciascun erede spetta, inderogabilmente, una fetta di impresa soprattutto quando questa costituisce l’unico bene ereditario o comunque il bene di maggior valore, é pur vero che l’imprenditore che vuol regolamentare la successione nella propria impresa non é obbligato a disporre del suo patrimonio in parti uguali ma può disporre di una parte del suo patrimonio (1/3 o 1/4 del patrimonio a seconda dei casi) in favore di chi vuole, attraverso la cosiddetta quota disponibile. In pratica l’imprenditore potrebbe assegnare al successore o ai successori che egli ritiene dover costituire il gruppo di comando (la maggioranza) dell’impresa una partecipazione quantitativamente più rilevante rispetto agli altri eredi. Al tempo stesso e affinché questa maggioranza possa gestire l’impresa sociale, occorrerà prevedere apposite clausole statutarie e in particolare: quorum assembleari

flessibili che consentano ai successori designati di essere effettivamente maggioranza al fine di gestire la società. In particolare questi eredi designati ad avere un peso determinante dovranno, quanto meno, essere messi in condizioni di determinare la composizione della governance. Occorrerà prevedere adeguate clausole statutarie di prelazione e di gradimento riguardo alla cessione delle partecipazioni sociali, onde scongiurare il pericolo che possano entrare in società terzi estranei indesiderati. Bisognerà poi prevedere, una durata alquanto lunga della società, onde scongiurare pericoli di scioglimento a breve. Si potrebbero, inoltre, prevedere clausole limitative al trasferimento delle quote per via ereditaria. Nella ipotesi, invece, in cui l’imprenditore, e voglia suddividere le partecipazioni sociali in parti uguali fra i vari successori, dovranno quantomeno essere previsti quorum deliberativi assembleari che non portino al blocco della società e che consentano, comunque, il crearsi di una maggioranza, questa volta però non precostituita come nella ipotesi precedente ma fluttuante. L’imprenditore in questo caso dovrà, avvalendosi della nuova normativa societaria prevista per la Srl, quantomeno attribuire a singoli soci “particolari diritti riguardanti l’amministrazione” (ad es: si potrebbe prevedere che per 5-10-15 anni o per tutta la durata della società la nomina degli amministratori venga decisa non da tutti i soci ma solo da alcuni di essi; oppure che per un determinato periodo più o meno lungo l’amministrazione spetti ad uno o più determinati soci nominativamente individuati). Nel prossimo numero saranno approfonditi gli altri casi di successione.


NO RM E E S O C I E T À

Fusione tra società e opposizione dei creditori Un elemento centrale della fusione è il rapporto di cambio delle azioni o quote, disciplinato con riguardo sia al progetto di fusione, di cui costituisce elemento essenziale (art. 2501 ter), sia alla relazione degli esperti che deve esplicitare i metodi seguiti per la determinazione dello stesso e i valori risultanti dall’applicazione di ciascuno di essi

Maurizio Galardo Avvocato / Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it

L

a disciplina societaria in tema di fusione tra società contiene all’art. 2503 del c.c. una disposizione specifica che consente ai creditori di proporre opposizione alla stessa. Si tratta di un istituto che costituisce uno strumento di tutela dei creditori, in quanto tale opposizione, salvo specifiche eccezioni, impedisce di attuare la fusione finché non sia decorso un termine di 60 giorni; inoltre nel caso in cui tale opposizione sia effettivamente proposta non si potrà procedere alla fusione, sempre salvo le eccezioni specifiche di cui si dirà in seguito, finchè non sia intervenuta una decisione giudiziale in merito alla fusione stessa. Com’è noto la fusione rappresenta un’operazione societaria straordinaria alla quale concorrono soggetti con competenze diverse e tra loro complementari. L’impulso all’operazione viene dato inizialmente dagli amministratori, successivamente vi è l’intervento di professionisti esperti, poi dei soci, e solo alla fine di questo complesso procedimento il notaio procederà alla stipula dell’atto di fusione.

L’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione procede dunque alla predisposizione del progetto di fusione (art. 2501 ter cod. civ.) il quale deve contenere gli elementi previsti da questa norma. Successivamente la decisione in merito alla fusione è assunta da ciascuna delle società partecipanti alla stessa, mediante l’approvazione del progetto (art. 2502 comma 2 cod. civ.). La deliberazione di fusione dev’essere poi pubblicata mediante il deposito del registro delle imprese (art. 2502 bis c.c.) cosicché i creditori possano venire a conoscenza dell’esistenza del procedimento di fusione e avere la possibilità di proporre opposizione. Dunque la fusione può essere attuata solo dopo di 60 giorni dall’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2502 bis (art. 2503 comma 1 c.c.). Il termine di 60 giorni per proporre opposizione è ridotto a 30 nel caso in cui alla fusione partecipino società diverse da quelle con capitale rappresentato da azioni (art. 2505 quater). Inoltre, nel caso in cui la fusione avvenga tra istituti bancari, si può fare opposizione


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Un’ulteriore garanzia per i creditori, nel caso di fusione tra società srl, è data dal permanere della responsabilità di questi ultimi per le obbligazioni sociali delle rispettive società sorte anteriormente all’ultima delle iscrizioni prescritte dall’art. 2504 bis

entro 15 giorni (art. 57 comma 3 D.lgs. 385/1993). La legge dispone che durante la pendenza del termine di 60 giorni, o quello più breve previsto dalle altre disposizioni specifiche esaminate, la fusione non possa essere attuata. Un elemento centrale della fusione è il rapporto di cambio delle azioni o quote, disciplinato con riguardo sia al progetto di fusione, di cui costituisce elemento essenziale (art. 2501 ter), sia alla relazione degli esperti che deve esplicitare i metodi seguiti per la determinazione dello stesso e i valori risultanti dall’applicazione di ciascuno di essi. Il rapporto di cambio specifica in che misura i soci delle società fuse parteciperanno al capitale della società risultante dalla fusione. Esso presuppone la corretta valutazione delle due società. Se una società è sopravvalutata rispetto all’altra, il rapporto di cambio risulta incongruo a vantaggio dei soci della prima società. Il rapporto di cambio incongruo determina una perdita netta in capo alla società che viene erroneamente sottovalutata. La giurisprudenza evidenzia che la non congruità del rapporto di cambio è la principale causa di contenzioso in tema di fusione. La misura della partecipazione alla società incorporante o a quella risultante dalla

fusione dipenderà dal rapporto di cambio; pertanto per la centralità che tale elemento assume nella fusione, la congruità del rapporto di cambio e i relativi metodi di valutazione dovranno essere oggetto specifico della relazione degli esperti (art. 2501 sexies). La legge prevede che la fusione possa essere attuata prima dei 60 giorni previsti al ricorrere delle seguenti condizioni, anche alternative: a) nel caso in cui risulti il consenso dei creditori delle società che vi partecipano anteriori all’iscrizione o alla pubblicazione prevista dal terzo comma dell’art. 2501 ter; b) oppure risulti il pagamento dei creditori che non hanno prestato il loro consenso; c) oppure il deposito delle somme corrispondenti presso una banca; d) nel caso in cui la relazione di cui all’art. 2501 sexies sia redatta per tutte le società partecipanti alla fusione da un’unica società di revisione la quale asseveri che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti alla fusione rende non necessarie le garanzie a tutela dei creditori. Naturalmente nel caso in cui la relazione degli esperti non corrisponda a verità, questi saranno tenuti a risarcire il danno subito dai creditori. Se non ricorre alcuna di queste eccezioni i creditori potranno nel termine di

60 giorni, o in quello minore, fare opposizione. Un’ulteriore garanzia per i creditori, nel caso di fusione tra società srl, è data dal permanere della responsabilità di questi ultimi per le obbligazioni sociali delle rispettive società sorte anteriormente all’ultima delle iscrizioni prescritte dall’art. 2504 bis. L’opposizione va proposta dai creditori dinnanzi all’autorità giudiziaria nella forma di un procedimento di cognizione di natura contenziosa. L’opposizione paralizza l’operazione di fusione nel suo complesso, e non solo con riguardo al creditore opponente, fino a quando non si giunga ad una decisione definitiva sulla stessa. Vi sono tuttavia due casi in cui in cui è consentito che l’operazione di fusione abbia luogo nonostante l’opposizione dei creditori. Il primo si verifica quando il tribunale ritenga infondato il pericolo del pregiudizio. Il creditore opponente dovrà cercare di dimostrare che la società risultante dalla fusione non dispone di risorse sufficienti per garantire il pagamento del suo credito. Alla società resistente è però concesso di provare il contrario. Spetta al giudice la decisione definitiva in merito. La seconda ipotesi, invece, si verifica quando la società ha prestato un’idonea garanzia.


LAV OR O

Morte da stress: la Cassazione riconosce la responsabilità del datore di lavoro L’azienda risponde dei danni alla salute, subiti dal lavoratore deceduto a causa del superlavoro

Massimo Ambron Avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it

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a sentenza della Corte di Cassazione n. 9945 del 8.5.2014, depositata di recente, conferma le precedenti sentenze emesse sia in primo grado, sia in Corte di Appello, rigettando il ricorso presentato dall’azienda presso cui era dipendente lo sfortunato lavoratore deceduto a causa dello stress da superlavoro. La sezione lavoro della C.C. ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro e il diritto degli eredi al risarcimento dei danni nel caso di morte del dipendente per infarto da superlavoro. Nei tre gradi di giudizio la posizione dei magistrati appare quindi concorde e senz’altro unitaria. La fattispecie è particolare, in quanto le domande risarcitorie del danno patrimoniale e morale, presentate dalla vedova del dipendente in proprio e in qualità di legale rappresentante della figlia, avevano come motivazione e sostegno il comportamento dell’azienda, che aveva gravato di lavori e responsabilità stressanti e ritmi insostenibili,

sollecitando il dipendente, quadro aziendale, a rispettare scadenze non rinviabili, negandogli collaboratori e/o omettendo di accertarsi se umanamente era possibile il raggiungimento degli obiettivi che continuamente gli venivano imposti. Egli per conseguire i risultati richiesti era costretto a lavorare oltre 11 ore in ufficio e poi a casa anche di notte! In buona sostanza il dipendente era sottoposto quotidianamente a orari sovrumani, che non gli concedevano tregua. Il datore di lavoro, invece, sosteneva che i carichi di lavoro non erano assegnati dall’azienda medesima e che i ritmi così serrati non erano connessi a volontà datoriale, ma era lo stesso dipendente per zelo e diligenza forse eccessiva, per amor proprio e/o per fare carriera, per aspetti caratteriali a coinvolgersi nelle attività, mostrandosi sempre disponibile a lavorare con il massimo impegno e coinvolgimento. L’azienda sosteneva di non averlo mai sollecitato a lavori insostenibili, né poteva conoscere le modalità di lavoro


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Già la Corte di Appello aveva osservato che la responsabilità del modello organizzativo e della distribuzione del lavoro fa carico alla società, che non può sottrarsi agli addebiti per gli effetti lesivi della integrità fisica e morale dei lavoratori che possano derivare dalla inadeguatezza del modello organizzativo

del dipendente, che non si era mai lamentato di nulla. Quindi l’infarto sopravvenuto non poteva essere attribuito a responsabilità aziendali. In buona sostanza, per la Società E. - operante nel settore delle telecomunicazioni - era il quadro aziendale che “si stressava”, mentre per i suoi familiari che hanno presentato ricorso era la Società medesima a “stressarlo” a tal punto da procurargli il danno irreversibile. Gli articoli di legge di riferimento più significativi sono il 2087 e 2104 c.c.. Il primo il 2087 c.c. riguarda la tutela delle condizioni di lavoro, rispetto alle quali «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». La Corte ha preso atto che nei precedenti gradi di giudizio era stato provato che il danno subito era collegato alle condizioni di superlavoro e dai ritmi insostenibili imposti dall’azienda; anche la perizia medico-legale aveva accertato che l’infarto era riconducibile alle vicende

lavorative, in via concausale e con indice di probabilità di alto grado. Emergeva quindi una responsabilità sia pur indiretta da parte dell’azienda che non poteva non conoscere il superlavoro svolto dal quadro aziendale e di conseguenza immaginarne il possibile danno alla salute. Già la Corte di Appello aveva osservato che la responsabilità del modello organizzativo e della distribuzione del lavoro fa carico alla Società, che non può sottrarsi agli addebiti per gli effetti lesivi della integrità fisica e morale dei lavoratori che possano derivare dalla inadeguatezza del modello organizzativo adducendo l’assenza di doglianze mosse dai dipendenti o sostenendo di ignorare le particolari condizioni di lavoro in cui le mansioni affidate ai lavoratori vengono in concreto svolte. Deve infatti presumersi, salvo prova contraria, la conoscenza in capo all’azienda delle modalità attraverso cui ciascun dipendente svolge il proprio lavoro in quanto espressione e attuazione concreta dell’assetto organizzativo adottato dall’imprenditore con le proprie direttive e disposizioni interne. Tutti gli accertamenti compiuti dal giudice di merito comprovavano

che la oggettiva gravosità ed esorbitanza dai limiti della normale tollerabilità non erano in alcun modo riconducibili a iniziative volontarie del dipendente, quadro aziendale, di addossarsi compiti non richiesti o di svolgere incarichi o assumersi responsabilità di propria iniziativa. Altro art. di riferimento è il 2104 c.c. primo comma, in base al quale «il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse della impresa e da quello superiore della produzione nazionale». Nel caso di specie l’azienda ha anche sostenuto che vi è stato eccesso di diligenza da parte del prestatore di lavoro. La diligenza è un valore richiesto e non può diventare una colpa, né può attenuare l’obbligo da parte del datore di tutelare la salute dei propri dipendenti. Questa triste e dolorosa vicenda è sicuramente per le aziende un monito affinchè abbiano sempre la massima attenzione alla salute e integrità dei propri dipendenti, ma deve anche fare riflettere questi ultimi affinchè rispettino con il necessario zelo contratto e norme, non trascurando però la propria salute e famiglia.


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Adozione di misure cautelari: necessarie motivazione e sussistenza del periculum in mora Non è sufficiente che l’Agenzia delle Entrate, nella formulazione dell’istanza, affermi che la pretesa impositiva avanzata è di ingente rilevanza

di Maurizio Villani e Alessandra Rizzelli Studio Tributario Villani

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a una semplice lettura dell’art. 22 del D.Lgs. n. 472/97, si evince come, affinché l’Agenzia delle entrate possa richiedere l’adozione delle misure cautelari, è necessario: 1) innanzitutto, che vi sia il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito (”periculum in mora”); 2) che l’istanza con la quale l’Agenzia avanza la richiesta di adozione delle misure cautelari sia adeguatamente motivata. Ai giudici tributari, quindi, spetta il compito di analizzare la sussistenza di tali presupposti e, qualora venga constata la mancanza anche di uno solo di essi, l’istanza dovrà essere rigettata, non essendo peraltro necessario analizzare la fondatezza delle contestazioni. Quanto rilevato è stato oggetto di un’importante e recentissima sentenza della CTP di Lecce, la n. 1698/1/14 depositata il 16 maggio 2014, con la quale i giudici tributari hanno rigettato la richiesta di adozione di misure cautelari avanzata dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente proprio perché, nel caso di specie, non sussisteva un “fondato timore” di perdere la garanzia del credito. In particolare, è stato posto in evidenza come dottrina e giurisprudenza siano concordi nel

ritenere che il pericolo di perdere la garanzia deve essere attuale e fondato su elementi obiettivamente sintomatici di un pericolo reale e non basato su generici apprezzamenti psicologici e personali. Come ha avuto modo di affermare anche la Suprema Corte (Cass. , Sez. III, n. 6460 del 17 luglio 1996; Cass., Sez. II, n. 2139 del 26 febbraio 1998), il periculum in mora deve essere valutato con riferimento: - sia a dati oggettivi (quali, ad esempio, l’entità della pretesa erariale); - sia a dati soggettivi (ovvero con riferimento ai comportamenti del debitore, da cui possa evincersi la volontà di sottrarsi all’esecuzione, depauperando in tal modo il patrimonio). Da tanto ne discende che è onere dell’Ufficio dimostrare che il contribuente abbia posto o stia per porre in essere atti di disposizione, oppure ha assunto comportamenti che mettano in pericolo il credito vantato dal Fisco. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nella formulazione dell’istanza non può limitarsi ad affermare che la pretesa impositiva avanzata è di ingente rilevanza, oppure che le imposte sono state accertate mediante indagini finanziarie e processo verbale di constatazione, o ancora che è stata inviata alla Procura

delle Repubblica apposita notizia criminis per l’ipotesi di reato (nel caso di specie, del reato ex art. 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74). Tali circostanze, infatti, non giustificano la richiesta di adozione di misure cautelari in quanto in nessuna di esse si può ravvisare la sussistenza del periculum in mora. Ed invero, come hanno avuto modo di sottolineare i giudici tributari, il requisito della somma ingente non è previsto da alcuna norma; le indagini ed il p.v.c. sono solo il presupposto processuale ma non possono motivare il pericolo; il contribuente deve aver ricevuto la notizia di reato. Peraltro, nella fattispecie in esame, il contribuente ha altresì dimostrato di non aver compiuto alcun atto di sottrazione dei beni (immobili e mobili) per i quali era stata richiesta l’iscrizione di ipoteca e il sequestro conservativo. Alla luce di tanto, appare chiaro che l’accoglimento della richiesta di misure cautelari è subordinato sia alla presenza di una adeguata motivazione dell’istanza, sia alla sussistenza di un “fondato timore” di perdere la garanzia del credito, ovvero il cosiddetto “periculum in mora”, che deve essere necessariamente dimostrato e comprovato dall’Ufficio e non lasciato a mere clausole di stile.


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Cartella esattoriale: la motivazione deve essere dettagliata È necessario che il contribuente disponga sempre di sufficienti elementi per comprendere la posizione dell’ufficio in ordine alla somma che gli viene richiesta

di Maurizio Villani Avvocato Tributarista in Lecce avvocato@studiotributariovillani.it

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a cartella esattoriale deve sempre essere motivata in modo che il contribuente conosca specificamente le ragioni del recupero e le possa tempestivamente impugnare dinanzi alle competenti Commissioni Tributarie. Questi importanti principi sono stati più volte stabiliti dalla Corte di Cassazione (Sez. V Civile – con la sentenza n. 26330 depositata il 16/12/2009). I suesposti corretti principi, inoltre, sono stati ultimamente ribaditi dalla Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile – T – che, con l’ordinanza n. 8934 depositata il 17/04/2014, ha confermato l’annullamento di una cartella esattoriale priva di adeguata motivazione. A quest’ultimo proposito, infatti, occorre evidenziare che, secondo la stessa allegazione di parte ricorrente, la ragione dell’iscrizione a ruolo consiste nel “recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 art. 62”, recupero che di per sé è affermazione

“anonima” delle ragioni per le quali l’Amministrazione suppone di vantare un credito, giacchè quest’ultimo può emergere sia dalla erronea contabilizzazione di crediti effettivamente spettanti, sia dall’esclusione dei presupposti per il riconoscimento della spettanza. Non avendo la parte ricorrente in alcun modo chiarito se e come nel processo sia stato acclarato essersi trattato della prima anziché della seconda delle due alternative evenienze e non essendoci, perciò, alcuna ragione per supporre che - come la stessa parte ricorrente assume - al giudice del merito non potesse essere ignoto che la cartella qui in parola costituiva “mero atto di riscossione” giustificato dal puro riesame contabile degli stessi dati contenuti nella dichiarazione del contribuente, non resta che concludere che il motivo di impugnazione non consente di dare risposta al nucleo logico del quesito prospettato, e cioè se la motivazione della cartella di pagamento fosse coerente con la

funzione provvedimentale cui la cartella medesima è stata destinata ad assolvere. In definitiva, secondo i corretti principi esposti dalla Corte di Cassazione, quando la cartella esattoriale è il primo atto che il contribuente riceve, le motivazioni devono essere specifiche e dettagliate. Di solito, invece, le cartelle di pagamento contengono sintetiche motivazioni, il più delle volte limitate a meri riferimenti normativi. La pretesa è così determinata con meri calcoli matematici in rettifica delle poste indicate nella dichiarazione del contribuente. La Corte di Cassazione, con le succitate sentenze, consente di affermare che il contribuente deve sempre disporre di sufficienti elementi per comprendere la posizione dell’ufficio in ordine alla somma richiesta. In difetto, la pretesa del fisco deve considerarsi immotivata e illegittima.


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Cuneo fiscale: quello che Confindustria non dice…abbastanza In uno studio un po’ datato (marzo 2008) ma sempre valido, l’Associazione Industriali ha calcolato diversi effetti di una riduzione del cuneo per 9 miliardi, analizzando tre ipotesi: una riduzione del cuneo solo per i lavoratori; una solo per le imprese e una mista (con il 60% al lavoro e il 40% alle imprese). Ebbene, quella che produce i maggiori effetti espansivi sulla crescita e l’occupazione è proprio quella concentrata sulla riduzione del costo per le imprese

Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com

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no dei temi su cui si discute all’interno del progetto di delega fiscale è, senz’altro, quello della corretta distribuzione del carico tributario fra imprese e cittadini. L’argomento – come spesso capita per i temi fiscali – divide e anima il dibattito fra gli interlocutori. Da qualche tempo, la posizione di Confindustria è inequivocabilmente chiara nel sostenere che, ad esempio, sul previsto taglio al cosiddetto cuneo fiscale, ossia il differenziale fra quanto un’impresa paga per un proprio lavoratore e quello che quest’ultimo percepisce in busta paga, l’ago della bilancia dovrebbe pendere maggiormente a favore delle imprese piuttosto che dei contribuenti. L’impressione, comunque, è che a volte tale posizione venga sostenuta non con la sufficiente enfasi, probabilmente col timore di sentirsi dire che, in un Paese in cui le famiglie non arrivano alla fine del mese, sostenere la posizione delle imprese piuttosto che quella delle famiglie sia eticamente inappropriato.

É questo il punto: siamo sicuri che sostenere la posizione delle imprese non equivalga a sostenere, indirettamente, anche le famiglie e, quindi, i lavoratori? Seguendo le indicazioni del Centro Studi di Confindustria, le imprese manifatturiere italiane hanno compresso i costi di produzione, i margini di profitto e i prezzi; nello stesso tempo, però, hanno migliorato la qualità dei prodotti, spingendo sul recupero di competitività e contribuendo, così, al passaggio in surplus della bilancia commerciale. Da un deficit di 30 miliardi nel 2010, infatti, questa è arrivata ad un surplus di 30 miliardi nel 2013. Questa analisi, dunque, va letta nel senso che la competitività delle imprese esportatrici ha, di fatto, attenuato sensibilmente lo stato di recessione del nostro Paese. Questo stesso Paese, comunque, non sembra saper dare le opportune risposte al sistema imprenditoriale che, da anni, si sta interrogando su


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Confindustria da tempo sostiene che per dare una spinta alla crescita, alla competitività e all’occupazione bisogna ridurre il cuneo fiscale e contributivo che, in tutte le sue componenti, rappresenta il 52,9% del costo del lavoro. Un dato di molto al di sopra la media europea

quali politiche economiche interne possano adeguatamente supportare lo sforzo che le imprese stanno mettendo in atto. In barba ai sacrifici che il sistema imprenditoriale sta perseguendo, infatti, il nostro è ancora il Paese dei gravami fiscali, dell’alto costo dell’energia e dall’inspiegabile peso della burocrazia. Se solo si riducessero questi oneri alla media dell’eurozona, il risultato sarebbe quello di aumentare di molto la nostra competitività e, questo è ciò che interessa, la crescita e l’occupazione. Questo, tra l’altro, avverrebbe non solo tramite la funzione delle esportazioni delle imprese internazionalizzate, ma anche per i maggiori investimenti, interni ed esteri, indotti sulla scorta di una crescita di iniziative imprenditoriali essenziali per aumentare produttività e posti di lavoro. Ridurre il peso fiscale (43,8% del prodotto interno lordo), è vero,

Siamo sicuri che sostenere la posizione delle imprese non equivalga a sostenere, indirettamente, anche le famiglie e quindi i lavoratori?

non si può, o almeno non nei tempi in cui ci si aspetterebbe. Tuttavia, nel momento delle scelte selettive in termini di distribuzione delle risorse, queste vanno orientate nel senso della massima efficacia. Confindustria da tempo sostiene che per dare una spinta alla crescita, alla competitività e all’occupazione bisogna ridurre il cuneo fiscale e contributivo che, in tutte le sue componenti, rappresenta il 52,9% del costo del lavoro. Un dato di molto al di sopra la media europea. Ma ridurlo come? Nel 2007 il governo Prodi tagliò il cuneo fiscale di 5 punti percentuali per 7,5 miliardi, con una ripartizione del 60% sulle imprese e del 40% sul lavoro. Fu ridotta l’Irap sul costo del lavoro delle imprese e ridisegnata la curva Irpef per i lavoratori. Gli esiti di tale manovra, però, ebbero un effetto molto limitato per i lavoratori dipendenti, soprattutto perché fu distribuita su tutti i contribuenti in forza delle minori aliquote Irpef. Un provvedimento analogo nei nostri giorni, quindi, sarebbe ancora meno efficace, in quanto l’aumento della domanda interna per una riduzione generalizzata delle aliquote verrebbe molto

attenuato dalle scelte di risparmio precauzionale delle famiglie, pressate dalle incertezze occupazionali. Confindustria, in uno studio alquanto datato (marzo 2008) ha, invece, calcolato diversi effetti di una riduzione del cuneo per 9 miliardi, cifra analoga a quella chiesta all’attuale Governo. Nello studio vengono analizzate tre ipotesi: una riduzione del cuneo solo per i lavoratori; una solo per le imprese e una mista (con il 60% al lavoro e il 40% alle imprese). Ebbene, quella che produce i maggiori effetti espansivi sulla crescita e l’occupazione è proprio quella concentrata sulla riduzione del costo per le imprese. L’effetto cumulato triennale sarebbe dello 0,92% del Pil, dell’1,15% dei consumi e dello 0,55% dell’occupazione. Viceversa, un taglio della stessa entità concentrato sulle famiglie avrebbe un impatto dimezzato. Il rischio, però, è che il timore di venire bollati come chi cerca continuamente di tirare acqua al proprio mulino obblighi anche Confindustria a non sostenere con l’opportuna veemenza una politica che, a conti fatti, appare l’unica in grado di produrre effetti positivi (quelli più sensibili) anche sull’incremento dell’occupazione.


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Cartella clinica elettronica: la figura del responsabile della conservazione Affinché il documento informatico mantenga nel tempo lo stesso valore probatorio di quello cartaceo, si rende necessario e indispensabile un corretto processo di conser vazione digitale

di Nicola Savino e Fabio Ferrara Presidente e Amministratore Delegato Seen Solution Srl

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rima di entrare nel merito delle regole e degli accorgimenti che devono essere rispettati nel processo di conservazione della CCE è necessario ricordare sia la Circolare del Ministero della Sanità, n° 61 del 19 dicembre 1986 N. 900.2/ AG. 464/260 la quale prevede che “Le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vanno conservate illimitatamente poiché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre che costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico sanitario”, sia la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 12 Marzo 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2013 , inerente le Regole tecniche in materia di sistema di conservazione ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5-bis, 23-ter, comma 4, 43, commi 1 e 3, 44 , 44-bis e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale

di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. Affinché la cartella clinica elettronica mantenga nel tempo lo stesso valore probatorio di quella cartacea, si rende necessario e indispensabile un corretto processo di conservazione digitale. Per quanto concerne la correttezza dei processi di conservazione dei documenti informatici, il Codice dell’Amministrazione Digitale stabilisce in modo chiaro che ogni documento, che per legge o regolamento deve essere conservato, può essere riprodotto e conservato su supporto informatico ed è valido a tutti gli effetti di legge (vedi art. 43, comma 1, del CAD che stabilisce che «I documenti degli archivi, le scritture contabili, la corrispondenza ed ogni atto, dato o documento di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento, ove riprodotti su

supporti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se la riproduzione e la conservazione nel tempo sono effettuate in modo da garantire la conformità dei documenti agli originali, nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71», ovvero quelle da poco pubblicate e sopra citate, che sostituiranno in toto entro 36 mesi, la delibera CNIPA 11/2004. Da ciò si evince che tutti i sistemi informativi sviluppati secondo le normative e le metodologie previgenti, dovranno migrare su sistemi conformi alle nuove regole tecniche. La riproduzione e relativa conservazione del documento devono essere effettuate in modo da garantire la conformità dello stesso all’originale e la sua conservazione nel tempo. Inoltre, qualora il documento venga generato e prodotto in


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Il Codice dell’Amministrazione Digitale stabilisce in modo chiaro che ogni documento, che per legge o regolamento deve essere conservato, può essere riprodotto e conservato su supporto informatico ed è valido a tutti gli effetti di legge

origine in modalità informatica, è obbligatorio che la conservazione permanente avvenga con modalità digitali (art. 43, comma 3, CAD). Più in generale, la conservazione digitale può essere definita come quel procedimento che permette di assicurare la validità legale nel tempo a un documento informatico - inteso come rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti - o a un documento analogico digitalizzato. Per entrare nel dettaglio, il significato che si deve attribuire al processo di conservazione digitale di un documento informatico è quello di garantire allo stesso, già correttamente formato le caratteristiche di autenticità, immodificabilità nel tempo e integrità attraverso l’utilizzo degli strumenti del riferimento temporale e della firma digitale del Responsabile della conservazione. Di seguito elenchiamo gli obblighi del Responsabile della conservazione, che, salva l’adozione delle misure di sicurezza prescritte dal D.Lgs. 30 giugno 2003 e succ. modif. (recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali”), svolge i seguenti compiti: - fornisce le necessarie indicazioni

sulla generazione e sulla gestione delle copie di sicurezza o backup (numero, frequenza, formato, priorità, test di restore, etichettatura, incarichi e responsabilità); - verifica la corretta funzionalità del sistema e dei programmi in gestione; - adotta le misure necessarie per la sicurezza fisica e logica del sistema preposto al processo di conservazione sostitutiva e delle copie di sicurezza dei supporti di memorizzazione (custodia fisica; policy procedurali per coloro che sono autorizzati a prelevare e usare i backup; protezione logica tramite crittografia); - definisce e documenta le procedure di sicurezza da rispettare per l’apposizione del riferimento temporale; - verifica periodicamente, con cadenza non superiore a cinque anni, l’effettiva leggibilità dei documenti conservati provvedendo, se necessario, al riversamento diretto o sostitutivo del contenuto dei supporti). Esplicitiamo di seguito questi due concetti di estrema importanza: con il primo termine si intende il trasferimento di uno o più documenti portati in conservazione da un supporto

di memorizzazione a un altro, senza che venga alterata la loro rappresentazione informatica (classico è l’esempio dei “backup” o copie di sicurezza). Con il secondo, invece, il trasferimento comporta siffatta alterazione (in gergo informatico si usa anche il termine di “migrazione”), per es. per la necessità di un aggiornamento tecnologico dell’archivio informatico, laddove non sia possibile o conveniente mantenere il formato di rappresentazione dei documenti originariamente conservati. La differenza è estremamente significativa, poichè, mentre per il riversamento diretto la normativa non prevede particolari formalità, per il riversamento sostitutivo essa prevede l’intervento pur sempre del responsabile della conservazione che deve assicurare il corretto svolgimento del processo. Se il riversamento sostitutivo coinvolge poi documenti informatici sottoscritti, allora sarà ovviamente necessario l’intervento di un notaio o altro pubblico ufficiale che, apponendo la propria firma digitale, attesterà la conformità di quanto riversato al documento d’origine.


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Il “nuovo” redditometro e le procedure operative L’accertamento sintetico si applica a far data dal periodo d’imposta 2009 ed è consentito solo quando lo scostamento tra il reddito complessivo determinato presuntivamente e quello dichiarato è pari ad almeno il 20%

Marco Fiorentino Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group marcofiorentino@fiorentinoassociati.it

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l redditometro quale strumento di rettifica del reddito dichiarato dalle persone fisiche trova il suo inquadramento nell’art. 38 comma 3 e successivi del DPR 600/1973. Nel corso del tempo è stato più volte rimaneggiato, anche alla luce degli

incoerente con le spese effettivamente (o presuntivamente) sostenute, utilizzando qualunque informazione proveniente da qualsiasi fonte, prendendo a base anche beni a disposizione del contribuente, a prescindere dalla proprietà degli stessi. Ruolo centrale riveste il nucleo familiare, dove è necessario distinguere tra famiglia scarsi risultati ottenuti in termini di anagrafica e famiglia fiscale (solitamente recupero di gettito e oggi trova una nuova regolamentazione con il D.M. più estesa di quella anagrafica). Nell’ambito di tale nucleo l’AGE tende del 24.12.2012. ad identificare il cc.dd. “lifestage” che è Anche l’Agenzia delle Entrate (AGE) funzione di molteplici informazioni (es. è intervenuta a chiarire la tematica con modello Unico, 730 e 770) e di indagini le circolari n. 24 del 31.07.2013 e n.6 ad hoc. dell’11.03.2014. Il presupposto del redditometro è che la Nel concreto, viene attribuito ad ogni disponibilità di un bene, nonché tutte le contribuente un lifestage in funzione del nucleo familiare, dell’area territoriale spese sostenute, devono trovare la loro ragione in un reddito dichiarato e idoneo di appartenenza, delle abitudini di vita e di consumo. Tale lifestage viene a sopportarle. poi comparato con i redditi dichiarati L’accertamento sintetico basato sul dalla “famiglia fiscale” in funzione di “redditometro” consiste, quindi, in una macrocategorie di beni elencate nelle ricostruzione induttiva del reddito di una persona fisica mediante l’utilizzo di norme di legge e con i valori parametrali alcuni indicatori di capacità contributiva, di spesa media dichiarati dall’ISTAT. Una volta individuati gli elementi cui vengono applicati determinati indicatori della capacità contributiva, coefficienti moltiplicatori. la determinazione del reddito è In sostanza, l’AGE ha il potere di rideterminare il reddito, laddove esso sia determinata nei tre step successivi:


4 2 /4 3 1) I beni o servizi indice di capacità contributiva sono suddivisi in classi omogenee e a ciascuna classe viene attribuito un valore numerico che rappresenta la spesa connessa alla disponibilità del bene o servizio. 2) Questo valore viene poi moltiplicato per un coefficiente che identifica la propensione media al consumo e che rappresenta la quota di reddito che mediamente viene destinata al tipo di spesa. 3) Il valore somma rappresenta il reddito sintetico attribuibile al contribuente. Le verifiche del redditometro si muovono, sostanzialmente, lungo alcune direttrici di cash out del contribuente di seguito riportate: A) Gli incrementi patrimoniali e la determinazione della quota di risparmio nell’anno sono dati dagli acquisti effettuati nell’anno di beni o servizi “sentinella”. B) Le spese certe riguardano le informazioni presenti all’Anagrafe Tributaria in funzione di macrocategorie di spese individuate dal D.M. del 24.12.2012. Il bene immobile per eccellenza individuato dall’Ufficio è l’abitazione dove il contribuente dichiara di avere residenza, posseduta a diverso titolo (proprietà, locazione, uso gratuito). È importante sottolineare che il nuovo strumento considera tutte le abitazioni nella disponibilità del contribuente, comprese quelle all’estero, a qualsiasi titolo siano detenute. Vanno invece escluse tutte le categorie di immobili che per loro natura sono destinate ad uso strumentale come specificato dall’articolo 2, comma 2, del Decreto. Qualora l’Ufficio non riesca ad

individuare la tipologia di possesso dell’immobile, al fine della definizione del maggior reddito, viene considerata una quota di spesa per “fitto figurativo”. C) Le spese per elementi certi sono riconducibili alle spese di mantenimento dei beni certi e riscontrabili, tra i quali, ad esempio, i metri quadrati effettivi delle abitazioni, la potenza degli autoveicoli, la lunghezza dei natanti. D) Le spese di beni e servizi di uso corrente sono quelle la cui ripartizione è mutuata dall’Istat annualmente in relazione alla tipologia del nucleo familiare e area geografica di appartenenza. Sono esclusi dall’applicazione del redditometro alcuni beni indice, tra i quali, i fabbricati ad uso abitativo non a disposizione in quanto locati a terzi o concessi in comodato a soggetti diversi dai familiari a carico, i beni o servizi se relativi esclusivamente all’esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione, i collaboratori familiari addetti all’assistenza di infermi e invalidi, imbarcazioni a vela e a motore secondo determinati parametri fissati e tutti gli altri beni che emergono dall’Anagrafe Tributaria. Dopo la selezione del contribuente e il reperimento delle informazioni utili, l’AGE notifica al contribuente l’invito a comparire innanzi l’Ufficio per compilare un questionario informativo ai fini dell’accertamento. Il contribuente è obbligato a recarsi presso gli Uffici Finanziari preposti nella data prefissata, pena una sanzione amministrativa. La notifica è lo strumento con il quale l’Ufficio consente al contribuente di dimostrare che il suo reddito è coerente con le

spese sostenute e accertate in corso d’anno. Per ogni incontro viene redatto un verbale in cui è riportata sinteticamente la documentazione prodotta dal contribuente e le motivazioni addotte. Nel caso in cui l’AGE e il contribuente non trovino l’accordo, viene notificato l’avviso di accertamento. In tal caso il contribuente può decidere di pagare, di versare solo le sanzioni e di proporre ricorso per la sola imposta ovvero di presentare ricorso avverso l’avviso di accertamento e sospendere il pagamento. L’accertamento sintetico si applica a far data dal periodo d’imposta 2009 ed è consentito solo quando lo scostamento tra il reddito complessivo determinato presuntivamente e quello dichiarato è pari ad almeno il 20%. La difesa del contribuente deve avvenire lungo due direzioni. È necessario giustificare sia la provenienza del maggior reddito percepito (se si tratta di redditi esenti, soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile) e sia la provvista delle maggiori spese sostenute (eredità, donazioni, comodato, vincite, prestiti, ecc.). Si deve dire che le nuove tecniche appaiono certamente più adeguate rispetto a quelle del passato. Tuttavia, tenuto conto della immensa platea cui tale strumento può essere applicato, occorre rimarcare il rischio che, senza un adeguato sistema di controllo sulle attività istruttrici, la scelta di quale contribuente in concreto accertare possa avvenire su base casuale, o peggio ancora. Vedremo.


CRED I TO

La tassazione delle rendite finanziarie Quale regime scegliere per il proprio risparmio? Non esiste una risposta univoca, ma ciò che è certo è che la tassazione è superiore al 26% e ci vuole l’aiuto di un esperto per dipanare la matassa

Marco De Giorgis Consulente Patrimoniale Indipendente

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i fa un gran parlare di tassazione iniqua delle rendite finanziarie, soprattutto se confrontate con l’aliquota marginale che ogni contribuente paga in base allo scaglione di reddito cui appartiene. In realtà, la tassazione delle rendite finanziare non è al 20%, dipende da alcune variabili, e può salire di parecchio. Seconda considerazione che mi

tabella. 1

viene da fare è che le “rendite finanziarie” sono generate da investimenti di risparmi, che quindi sono già stati tassati almeno una volta direttamente e una indirettamente. I proventi, di rimando, vengono tassati una terza volta. Le variabili che influenzano l’aliquota effettiva sono tre: tipo di rendita (da capitale o da “redditi diversi”), tipo di


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Dal 1 luglio l’attuale tassazione sulle rendite finanziarie dovrebbe passare al 26%, esclusi i titoli di Stato italiani e di Paesi “white list”, che rimane al 12,5%

aliquota applicata (20% su redditi da capitale e diversi, 12,50% per i titoli di Stato, imposta di bollo 0,20%, Tobin Tax) e regime di tassazione (dichiarativo, amministrato, gestito o polizza). Nei casi di risparmio gestito o della polizza vita, c’è un semplice calcolo della differenza di valore dell’investimento ad inizio e fine anno. Se positiva, viene tassata. Nei casi invece di regime dichiarativo o amministrato, la faccenda si complica. Nel dichiarativo, è l’investitore che deve contabilizzare tutti gli utili e tutte le perdite e indicare

tabella. 2

nella dichiarazione dei redditi a quanto ammonta l’eventuale rendita. Sarà quindi tassato in base all’aliquota marginale di appartenenza. Nell’amministrato, è l’intermediario finanziario che si occupa di fare i conteggi e di applicare la tassazione fissa del 20%, ma c’è una grave distorsione. Infatti gli utili e le perdite vengono classificati in maniera diversa, redditi da capitale e diversi, e non sempre sono compensabili tra loro. L’anomalia più significativa riguarda i Fondi comuni di

investimento e gli Etf, strumenti largamente usati dagli investitori: le plusvalenze sono considerate redditi da capitale, mentre le minusvalenze sono considerate redditi diversi, e compensabili solo con questi. La tabella 1 illustra le differenze. In pratica, se un Fondo o un Etf in deposito Titoli, e quindi in regime fiscale amministrato, viene venduto ad un valore superiore a quello di acquisto, questa differenza è considerata come plusvalenza e tassata. Però, se lo stesso Fondo o Etf, viene venduto ad un valore inferiore, generando quindi una minusvalenza, questa non è compensabile con altre plusvalenze generata da altri Fondi venduti in utile, ma solo con “redditi diversi”. In pratica una beffa ai danni degli investitori, in cui +1 e -1 non ha come risultato zero, ma fa +1! Dal 1 luglio l’attuale tassazione sulle rendite finanziarie dovrebbe passare al 26%, esclusi i titoli di Stato italiani e di Paesi “white list”, che rimane al 12,5%. Vediamo però come incide realmente la tassazione sui proventi da investimento. Tutto dipende da quale regime fiscale avete scelto, essendo possibili quattro opzioni:


CRED I TO

tabella. 2

dichiarativo, amministrato, gestito e polizza vita. La grossa differenza consiste nella disparità di trattamento delle minusvalenze che derivano da OICR, quindi Fondi comuni di investimento e Etf. Infatti, se si è realizzato un valore positivo, viene considerato reddito da capitale e tassato, mentre se è negativo viene considerato reddito diverso e quindi compensabile

tabella. 2

solo con altri redditi diversi. Perchè? Mistero! Questa, oltretutto non è una norma di legge ma una prassi bancaria. Attenzione, perché molte banche non inseriscono la vostra posizione a credito, derivante da minusvalenze da OICR, in automatico, come tutti credono e come sarebbe logico, ma solo dietro richiesta del cliente, oppure dovete essere voi stessi (nel

caso abbiate l’home banking) a caricarvi tutte le minusvalenze nel dossier relativo ai redditi diversi. Se non lo fate, non potrete mai compensare nulla con eventuali redditi diversi generati, perché le minusvalenze da OICR semplicemente non risulteranno. Pazzesco! La tabella 1 chiarisce quali sono redditi da capitale e quali redditi diversi. Facciamo ora riferimento


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tabella. 2

alle tabelle seguenti, in cui quali sono evidenziati regimi fiscali diversi, per un investimento di 100.000 euro, in 10 anni, totalmente investito in OICR, con rendimento medio lordo del 6,5 e con il 55% di operazioni in utile e il 45% di operazioni in perdita. Nella tabella 2, abbiamo tre soluzioni: con il risparmio amministrato, è evidente che tutti i crediti fiscali che derivano da operazioni in perdita, se non vengono recuperati nei 4 anni successivi da utili da redditi diversi, diventano una ulteriore tassazione. Portano quindi la fiscalità reale al 47%. É possibile ottenere utili da redditi diversi, ma questo significa utilizzare prodotti a rischio più elevato e che probabilmente non sono adatti all’investitore in fondi. Inoltre non è certo che questi

utili si ottengano, generando quindi ulteriori perdite e crediti fiscali. Nell’ipotesi del risparmio gestito, invece, le minusvalenze sono compensate direttamente con le plusvalenze e non generano quindi nessun credito fiscale, abbassando la tassazione reale di 18 punti, 29%. Nell’ultima soluzione prevista, quella della polizza vita, la tassazione è differita sino al riscatto della polizza. Ciò significa che si è tassati, sul netto come per il risparmio gestito, solo quando si preleva del denaro (in parte o tutto), con un peso fiscale del 27%, meno del risparmio gestito per via dell’imposta di bollo differita. Se invece il capitale polizza va ai beneficiari, perché si verifica l’evento (la dipartita dell’assicurato) questi non pagheranno alcuna imposta, perché esente e l’ammontare sarà

escluso dall’asse ereditario, quindi non pagherà neppure imposte di successione. Totale della tassazione 3%, cioè la sola imposta di bollo. É stata volutamente omessa dalla trattazione l’ipotesi del regime dichiarativo, perché in questo caso è il contribuente che deve farsi carico di indicare, nella dichiarazione dei redditi, tutte le operazioni in utile e in perdita, e pagare quindi le imposte solo sulla differenza e in base alla propria aliquota marginale. Potrebbe forse essere conveniente, ma bisogna valutare e soprattutto non sbagliare la rendicontazione delle operazioni. Quale regime scegliere, quindi? Dipende da molti fattori e non esiste una risposta univoca, di sicuro la tassazione è superiore al 26% e ci vuole l’aiuto di un esperto per dipanare la matassa.


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CRED I TO

Il conto corrente condominiale: obbligatorietà, costi e funzioni Nata come norma a favore della trasparenza, dietro l’obbligo del conto corrente condominiale c’è la nemmeno tanto recondita voglia del legislatore di mitigare quei fenomeni di evasione fiscale dovuti all’approvvigionamento Luca Bozzi Responsabile del portale www.conticorrentiaconfronto.it

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on la legge 220 del 2012, entrata in vigore a partire dal 18 giugno 2013, il legislatore ha voluto mettere un punto fermo su tutto quello che attiene alla gestione finanziaria dei condomini, affermando che per queste strutture amministrative sia obbligatoria la presenza di un conto corrente per condominio ad hoc attraverso il quale far transitare tutti i flussi finanziari in entrata e in uscita. Nata come norma a favore della trasparenza, dietro l’obbligo del conto corrente condominiale c’è la nemmeno tanto recondita voglia del legislatore di mitigare quei fenomeni di evasione fiscale dovuti all’approvvigionamento da parte di condomini verso fornitori senza emissione di regolare fattura.

L’obbligatorietà del conto per i condomini amministrati L’obbligo espresso dalla suddetta legge è molto chiaro, e proprio ad incentivare gli amministratori ad aprire quanto prima il conto per i condomini amministrati, la legge stessa prevede che laddove questo non dovesse avvenire i vari condomini potranno chiedere la revoca immediata dell’incarico allo stesso amministratore. Quest’ultimo è l’unica persona fisica e giuridica autorizzata ad aprire il conto corrente per il condominio amministrato. Ricordiamo, inoltre, che i conti correnti per condomini rispetto a quelli per privati (ormai quasi sempre senza spese), presentano costi di gestione e mantenimento leggermente più alti come ad esempio l’imposta di bollo annuale di 100 euro.

I vantaggi del conto corrente condominiale Al di là degli obblighi legali è lecito chiedersi a cosa

serva esattamente un conto corrente condominiale. Le funzioni sono principalmente di due tipi: di raccolta e di pagamento. All’interno della funzione di raccolta rientra per l’appunto la ricezione dei pagamenti effettuati dai vari condomini delle rate condominiali, delle utenze, delle spese legate alle pulizie del condominio e dei contributi richiesti per eventuali ristrutturazioni a cui è sottoposto l’edificio. L’altra funzione principale di un conto corrente condominiale è quella che attiene ai pagamenti che tramite questo strumento vengono realizzati. Pagamenti che possono essere di varia natura; si va dalle spese per le utenze in comune, alla pulizia degli ambienti condominiali, ai costi di riparazione, alle eventuali assicurazioni che proteggono il condominio. C’è anche una valenza di “trasparenza” nell’avere un conto corrente condominiale; trasparenza a favore dei vari condomini che tramite l’accesso al saldo e alla lista movimenti del conto corrente del condominio possono sia valutare l’onesto operato dell’amministratore, sia verificare, ad esempio, che le rate condominiali siano pagate effettivamente da tutti. C’è infine un’ulteriore utilità di un conto condominiale che è quella che si evidenzia quando il condominio deve accedere a finanziamenti delle banche come mutui, prestiti e fidi. Finanziamenti che inevitabilmente passeranno per il conto corrente condominiale, anche per tutto quello che concerne il pagamento delle rate alla banca per la restituzione del prestito.


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RI CERC A

Borsa della Ricerca ForSUD, la prima edizione a Salerno dal 2 al 4 luglio Il Campus di F isciano pronto a trasformarsi in uno spazio di interconnessioni tra università, mondo produttivo e territorio, per favorire lo scambio di informazioni sui fabbisogni professionali delle imprese. Pre visti oltre 500 colloqui tra dottori di ricerca ed imprese

Pietro Campiglia Delegato al Trasferimento Tecnologico e al Fund Raising Università di Salerno

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l tasso di disoccupazione giovanile, secondo gli ultimi dati ISTAT, è aumentato di 16.5 punti negli ultimi nove anni, passando dal 23,5% del 2004 al 40% del 2013. Dopo Grecia, Croazia e Spagna, il tasso occupazione in Italia risulta essere quello più basso in assoluto tra i paesi dell’Unione Europea. Questi dati spingono i nostri giovani ad avere sempre minore fiducia nelle attuali prospettive lavorative. É evidente, quindi, la necessità di un raccordo più stretto e organico della scuola e dell’università con i soggetti istituzionali e sociali del territorio e, in particolare, con il sistema produttivo, il mondo delle professioni e la piccola e media impresa: un’alleanza sempre più ampia e radicata utile a superare quel crescente mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro. La prima edizione della "Borsa della Ricerca - ForSUD", che si svolgerà all’Università di Salerno dal 2 al 4 luglio 2014, nasce da una duplice necessità: dare una risposta concreta ai giovani e capire quali siano le reali esigenze delle imprese. La manifestazione, organizzata dall’Ateneo salernitano in collaborazione con la Fondazione Emblema, ricalca il format del Forum Nazionale della Borsa della

Ricerca, tenutosi a Bologna, incentrato sull'organizzazione di incontri one to one tra i selezionatori delle imprese presenti e i candidati selezionati che, nelle cinque edizioni, ha favorito centinaia di collaborazioni tra ricercatori ed imprese. Dal 2 al 4 luglio il Campus di Fisciano si trasformerà in uno spazio di interconnessioni tra università, mondo produttivo e territorio, per favorire lo scambio di informazioni sui fabbisogni professionali delle imprese, sulla reale "spendibilità" dei titoli di studio nel mercato del lavoro, sulle prospettive di sviluppo delle competenze e delle professioni. In previsione dell'evento di luglio, che coinvolgerà i candidati selezionati per un match con le aziende nella giornata del 3 luglio, abbiamo organizzato due sessioni di orientamento al lavoro in programma il 23 maggio e il 5 giugno, dedicate a dottori, dottorandi di ricerca, laureati, laureandi, assegnisti e iscritti ai corsi di master universitario di secondo livello. Con la Borsa - ForSUD si intende creare un appuntamento di riferimento nel Meridione per quanti sono interessati ai temi del trasferimento tecnologico e dell'inserimento dei giovani nel mondo dell'impresa.


DI R A F F A E L L A VENER ANDO

R I CERC A La Borsa della Ricerca - ForSUD intende coinvolgere le imprese del territorio interessate ad implementare la propria attività di ricerca e sviluppo, in sintonia con i giovani attraverso l’inserimento lavorativo di dottori di ricerca e neolaureati. Il progetto dà spazio anche alle start up interessate a presentare le loro attività alle

imprese maggiormente consolidate e a sviluppare sinergie con giovani imprenditori. Un contatto più stretto tra il mondo universitario e quello del lavoro rappresenta un’opportunità per prevenire e contrastare la dispersione scolastica, oltre che per favorire l’occupabilità. Il Sud deve mettere in cantiere tutte le

iniziative più idonee per recuperare un gap decennale con il nord del Paese e con l’Europa. La competitività delle economie più sviluppate, oggi, si gioca sempre più sul terreno della “competizione intellettuale”, che intreccia profondamente conoscenza, innovazione e internazionalizzazione.

Il format della Borsa, cos’è e come funziona Abbiamo chiesto a Tommaso Aiello, CEO della Fondazione Emblema, le ragioni del successo del progetto che, nato nel 2010, è diventato uno degli appuntamenti più importanti a livello nazionale per università e aziende interessate a confrontarsi sul tema del trasferimento tecnologico

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l 13 e 14 maggio scorsi si è tenuto a Bologna il Forum 2014 della Borsa della Ricerca. Alla manifestazione, organizzata dalla Fondazione Emblema, hanno partecipato oltre 300 delegati, in rappresentanza di 24 atenei e 65 imprese. Nata nel 2010, la Borsa della Ricerca si è affermata tra gli appuntamenti più importanti a livello nazionale per università e aziende interessate a confrontarsi sul tema del trasferimento tecnologico. Abbiamo chiesto a Tommaso Aiello, CEO della Fondazione Emblema, le ragioni del successo della Borsa e perché questo progetto può rappresentare per le aziende un’opportunità di crescita. Da dove nasce l’idea di creare una connessione immediata tra questi due mondi? Quando abbiamo iniziato questo percorso ci siamo confrontati con due realtà che esprimevano la stessa necessità di un confronto diretto con la loro “controparte”. Le università cercavano un modo per trasferire la loro attività di ricerca alle imprese, mentre le aziende avevano bisogno di interlocutori nel mondo

Tommaso Aiello Ceo Fondazione Emblema


5 0 /5 1 accademico cui raccontare le proprie necessità e i progetti di innovazione in cui intendevano investire. Le esigenze erano speculari, ma sembrava mancasse un linguaggio condiviso. La Fondazione Emblema nasce dalla convinzione che sia possibile creare un’impresa educativa che proponga un nuovo modello relazionale tra università e azienda, che superi qualsiasi concetto di intermediazione e punti tutto sul rapporto diretto: lo abbiamo iniziato a fare prima sul placement (ad ottobre si terrà l’VIII forum della Borsa del Placement, ndr) e poi sulla ricerca, ritenendo che siano questi i due temi chiave su cui ci si deve confrontare. Tuttavia, è opinione comune che atenei e aziende siano mondi che comunicano ancora poco. Le prospettive sono tuttora molto diverse. In troppi casi l’università sviluppa ricerche che non hanno alla base un effettivo raccordo col tessuto imprenditoriale, ma è pur vero che, tolte le grandi aziende, la possibilità di collaborare con il mondo della ricerca è sostanzialmente estranea alla prospettiva degli imprenditori. Esistono, però, due fattori che stanno cambiando velocemente il quadro di riferimento. Da una parte, la recente riorganizzazione dell’università ha reso urgente e necessaria la capacità di attrarre nuove risorse, anche da parte dei singoli dipartimenti. Parimenti, la crisi degli ultimi anni sta facendo capire a molti imprenditori che è necessario investire sull’innovazione per rimanere competitivi. Come si inserisce Emblema in questo contesto? Personalmente ho sempre trovato abbastanza stucchevole continuare a leggere autorevolissimi interventi in cui si pontifica su quello che si dovrebbe o potrebbe fare per attivare un canale di dialogo efficace. Con la Borsa della Ricerca puntiamo a dare un contributo pratico e concreto, incentrato su incontri one to one tra ricercatori e imprese: in 5 edizioni sono stati organizzati quasi 4.000 appuntamenti e, dopo ogni manifestazione, abbiamo monitorato circa 100 nuove collaborazioni. Parliamo di 800 incontri in un giorno solo. Come fate a organizzarli tutti? Noi non vogliamo intermediare, solo aiutare a comunicare sviluppando strumenti semplici e pratici. Nelle settimane precedenti l’evento, tutti gli enti accreditati hanno modo di costruire una propria vetrina virtuale, in cui vengono presentati i progetti di ricerca

Forum 2014 / Borsa della Ricerca con l’indicazione delle aree scientifiche interessate e dei possibili cluster applicativi. I delegati hanno, quindi, modo di visitare questa fiera virtuale, individuare le realtà che giudicano più interessanti e richiedere un appuntamento. Ognuno costruisce la sua agenda a piacimento; noi ci limitiamo a gestire le necessità di tutti e a garantire la riservatezza su tutte le idee progettuali che vengono presentate. La Borsa della Ricerca non è solo il Forum. Le nostre attività continuano tutto l’anno attraverso il portale, in particolare attraverso un fitto calendario di webinar, che danno continuità ai Forum, e tramite tanta attività di coaching sul territorio che supporta dottori e dottorandi interessati all’inserimento professionale in azienda. Un’ultima curiosità: da dove arriva il sostegno ai vostri progetti ? Tutti sono convinti che sia necessario il raccordo tra ricerca e impresa, ma ciascuna delle parti in causa è convinta che gli oneri per migliorare questo processo debbano essere a carico dell’altra! Anche in questo stiamo cercando di portare una piccola innovazione sociale: pagano poco, ma pagano tutti. I costi delle nostre iniziative sono sostenuti da tutte le realtà che aderiscono, siano esse pubbliche o private. Ognuno fa la sua parte, noi per primi.


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R I CERC A

Prodotti alimentari: il controllo qualità si fa facile con i biosensori Una soluzione efficace e promettente, che combina i vantaggi della specificità e della sensibilità dei sistemi biologici con la risposta quantitativa e veloce degli strumenti elettrochimici Donatella Albanese Scienze e Tecnologie Alimentari / Dipartimento di Ing. Industriale / Università di Salerno dalbanese@unisa.it

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ella conservazione e trasformazione dei prodotti alimentari il controllo e la gestione dei parametri di processo sono importanti e, la loro conoscenza in tempo reale, rappresenta un’esigenza sempre più avvertita per minimizzare gli scarti e intervenire con le azioni correttive. Poter intervenire tempestivamente sui valori non ottimali dei parametri del processo consente all’operatore di correggere ed eliminare eventuali anomalie che potrebbero portare ad un prodotto difettoso o alterato. Nei moderni impianti produttivi le principali variabili fisiche di processo (temperatura, portata e pressione) sono monitorate in continuo mediante sensori in linea, mentre per il controllo dell’evoluzione di parametri chimici, si ricorre ad analisi di laboratorio che richiedono alti costi e tempi lunghi. I biosensori si propongono come soluzione efficace e promettente, combinando i vantaggi della specificità e della sensibilità dei sistemi biologici con la risposta quantitativa e veloce degli strumenti elettrochimici e possono essere messi in linea nella maggior parte dei processi alimentari. I biosensori amperometrici si basano sull’impiego di specifici enzimi che trasformano l’analita da determinare in sostanze rilevabili da un trasduttore mediante reazioni di ossidoriduzione. Quest’ultime danno origine a correnti elettriche la cui intensità è correlata con la concentrazione dell’analita presente nel campione. Lo sviluppo di biosen-

sori enzimatici amperometrici rappresenta una delle principali attività del gruppo di ricerca di Tecnologie Alimentari del DIIN dell’Università di Salerno. In questi ultimi anni sono stati realizzati e validati sensori per il monitoraggio di numerosi processi dell’industria alimentare, tra cui alcuni biosensori per il processo di vinificazione, sviluppando e ottimizzando biosensori miniaturizzati screen-printed per la determinazione di glucosio, alcol etilico, polifenoli, acido lattico e acido malico. Per il controllo e la verifica d’inquinanti nelle matrici alimentari, sono stati messi a punto biosensori ad inibizione in grado di determinare simultaneamente la concentrazione di pesticidi carbammati e organofosfati eventualmente presenti negli oli di oliva. Questi biosensori hanno mostrato un’alta sensibilità, rilevando concentrazioni inferiori ai limiti massimi stabiliti dalla legislazione europea e con una ottima ripetibilità dei risultati. Per la verifica della qualità delle acque sono stati sviluppati biosensori per il riconoscimento di nitrati e attualmente le nostre ricerche hanno portato allo sviluppo e alla validazione di biosensori di seconda generazione per la verifica della Botrytis cinerea in uve da vino e da tavola. Tutti i biosensori fin qui sviluppati dal nostro team si sono caratterizzati per un’elevata selettività, ottima riproducibilità, tempi di analisi rapidi, bassi costi di produzione e funzionamento.


SI CUR E Z Z A

53 Settore ricerca, certificazione e verifica osservatorio della sicurezza a cura della Direzione Centrale Programmazione, Organizzazione e Controllo

Tomografo per RM: tutti i documenti da produrre per garantire la sicurezza dell’impianto È l'esperto responsabile che di norma ogni 6 mesi rilascia il benestare all'uso

Di Francesco Campanella e Massimiliano Di Luigi Laboratorio Radiazioni Ionizzanti, Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive in Radiazioni Ionizzanti e Risonanza Magnetica (INAIL, Area Ricerca Certificazione Verifica)

L

a comunicazione di avvenuta installazione di un tomografo per esami diagnostici di risonanza magnetica (RM) è l’atto previsto dal D.M. 2/8/1991 che va prodotto, fra le altre Autorità Competenti, anche al Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive nelle Radiazioni Ionizzanti ed in Risonanza Magnetica dell’INAIL (SVAIRIRM). Una corretta comunicazione di avvenuta installazione costituisce una garanzia documentale importante ai fini del perseguimento di condizioni di sicurezza elevate in una sala di diagnostica RM per tutte le categorie di persone che a vario titolo interagiscono con il tomografo, in quanto la stessa deve in sintesi dimostrare la corretta minimizzazione dei fattori di rischio e la capacità del Presidio di definire una esaustiva strategia di prevenzione e protezione. Stante quanto sopra premesso, diventa fondamentale inserire nella Comunicazione tutte le soluzioni adottate in rapporto all’esigenza di garantire il rispetto degli standard di sicurezza: è per

tale motivo che SVAIRIRM attua un attento esame della documentazione relativa alla comunicazione di avvenuta installazione e, se necessario (statisticamente ciò è avvenuto –in relazione al campione analizzato - nel 97% dei casi per quanto riguarda i magneti superconduttori, e nel 50% dei casi per magneti resistivi o permanenti), richiede documentazione integrativa e chiarimenti, ove necessario già impartendo immediate prescrizioni. Gli allegati 3 e 6 del D.M. Sanità 2/8/91 ed i “Quadri” ad essi allegati, dettano schematicamente, rispettivamente per i tomografi RM appartenenti al Gruppo A e al Gruppo B, ovvero con un campo magnetico rispettivamente non superiore o superiore ai 2T, i documenti tecnici da trasmettere nella comunicazione di cui trattasi, e il cui grado di conformità rispetto alle normative nazionali di riferimento e alle norme di buona tecnica applicabili permette di definire il livello di sicurezza del sito RM di cui trattasi (ai sensi dell’art. 1 co.2 del D.P.R. 542/94, sono

considerati “standards” sicurezza, tutte le norme tecniche previste dagli allegati 1 e 4 del D.M. Sanità 2/8/91 e dagli allegati A e B del D.M. Sanità 3/8/93). L’esperienza acquisita da SVAIRIRM nell’analisi della documentazione di cui trattasi su un campione di 83 Comunicazioni pervenute fra il mese di marzo del 2013 e aprile 2014, dimostra come più del 90% delle stesse presenti una o più lacune tali da richiedere l’elaborazione e l’inoltro di informazioni integrative. In particolare: - in un numero rilevante di casi sono assenti o fortemente carenti interi documenti di strategica importanza da un punto di vista prevenzionistico; - in alcune occasioni vengono prodotti documenti non conformi alle normative applicabili, o che comunque non dimostrano la conformità ad esse; - nella minoranza dei casi vengono inoltrati documenti poco comprensibili in quanto mal redatti e poco curati, oppure chiaramente vetusti quando non anche contraddittori


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S I CUR EZ Z A

Per il Regolamento di Sicurezza, bisogna definire le aree di rischio, le modalità di sorveglianza fisica e medica, le condizioni d’emergenza, le procedure di accesso, quelle gestionali e i protocolli comportamentali per i lavoratori autorizzati, i pazienti, gli accompagnatori, i volontari

tra loro. Alla luce di quanto sopra introdotto, si elencano di seguito i principali documenti che, ai fini della garanzia di sicurezza, devono sempre essere presenti all’interno della comunicazione di avvenuta installazione, sintetizzandone altresì i contenuti informativi essenziali che devono compenetrare relativamente all’ambito specificato: a) in relazione al TRM, le caratteristiche tecniche, i livelli di SAR e di dB/dT raggiungibili che rispettino i limiti previsti dagli allegati A e B del D.M. Sanità 3/8/93; b) in relazione ai Responsabili della Sicurezza, la loro lettera di nomina/accettazione incarico corredata dal curriculum vitae; c) in relazione al sistema di monitoraggio dell’ossigeno nella sala RM (solo per TRM a superconduttore), il certificato di taratura della cella ossigeno conforme a quanto previsto dalla norma di buona tecnica CEI EN 50104 e dall’allegato 1 del D.M. Sanità 2/8/ d) in relazione all’impianto di ventilazione in sala RM, il numero di ricambi d’aria sulla base di misure sperimentali opportune in condizioni normali e, limitatamente ai magneti superconduttori, anche in condizioni d’emergenza, allegando altresì lo schema dell’impianto di cui trattasi e il certificato di

conformità ai sensi del D.M. 37/08 e s.m.i.; e) in relazione alla gabbia di Faraday, la sua scheda tecnica descrittiva e il rapporto di collaudo comprensivo della tabella dei valori sperimentali di attenuazione delle radiofrequenze che devono risultare compatibili con il corretto funzionamento del TRM; f ) in relazione alla planimetria del sito RM e del Presidio (o almeno del piano ove giace il TRM), mappe aggiornate nelle quali si evidenzino la scala planimetrica, le aree di rischio (zona controllata e zona di rispetto) e le destinazioni d’uso di tutti i locali e di tutte le aree asservite al sito RM. g) in relazione alla mappatura delle linee isomagnetiche generate dal tomografo, evidenziazione grafica delle linee da 0,5 mT e fino a 0,1 mT, sia nel piano ove giace il tomografo che nei piani adiacenti, con gli eventuali sconfinamenti rispetto al sito RM, e, se presenti, rispetto ad altrui proprietà. h) in relazione al Regolamento di Sicurezza, la definizione delle aree di rischio, le modalità di sorveglianza fisica e medica, le condizioni d’emergenza, le procedure di accesso, quelle gestionali e i protocolli comportamentali per i lavoratori autorizzati, i pazienti, gli accompagnatori, gli eventuali volontari;

i) in relazione al questionario anamnestico preliminare all’esecuzione dell’esame RM, copia del modello utilizzato che risulti conforme a quello ed esemplificato nell’allegato 1 del D.M. Sanità 2/8/91, ovvero che preveda almeno tutti i quesiti lì presenti, e che riporti in calce agli stessi, per assunzione di responsabilità, la sola firma del medico responsabile dell’esecuzione dell’esame. Il questionario anamnesi va integrato dal modello di consenso informato, che viene invece firmato dal paziente e deve risultare anche graficamente separato dal questionario stesso; j) in relazione ai controlli di qualità e di accettazione, i rapporti tecnici da inoltrare devono sempre riferirsi ad almeno i 3 seguenti parametri: rapporto segnale/rumore, distorsione geometrica, uniformità dell’immagine; k) in relazione al tubo del quench, lo schema dell’impianto e la relativa certificazione di conformità ai sensi del D.M. 37/08 s.m.i.. Tutti i documenti di cui sopra vanno completati come atto finale dal “benestare all’uso” rilasciato dall’Esperto Responsabile, che è buona norma rilasciare con periodicità semestrale o al più annuale, riconsiderandolo sulla base degli esiti dei controlli periodici di sicurezza e qualità.


I NT ERN A Z I O N A L I Z Z A Z IO N E

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Italia: il link sul Mediterraneo che non funziona ancora L’incontro di Lisbona del 21 maggio ha scelto un taglio operativo e imprenditoriale per occuparsi di sviluppo sostenibile. La lista dei partecipanti è fitta di nomi della Sponda Sud e Nord dell’Europa: sono pochi quelli italiani. Ci sembra allora che non solo alla politica, ma anche a gran parte delle imprese italiane stia ancora sfuggendo che vendere all’estero il prodotto finale della catena produttiva non è condizione sufficiente per internazionalizzarsi in maniera dure vole Ely Szajkowicz Responsabile Informazione e Comunicazione Confindustria Assafrica & Mediterraneo news@assafrica.it

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i risiamo. Con lo stesso assordante silenzio che ha avvolto, almeno sui giornali italiani, il Primo Forum Economico del Mediterraneo occidentale svoltosi a Barcellona nell’ottobre 2013, così oggi in Italia non si parla della seconda edizione a Lisbona dal 21 maggio 2014, in occasione della Conferenza dei Ministri degli Esteri del Dialogo 5+5 (cinque paesi del Sud Europa e cinque del Nord Africa). Ciò anche alla vigilia delle elezioni europee e del bagaglio di disaffezione, se non di mera incomprensione, verso l’azione dell’Unione Europea che queste elezioni si sono portate dietro. Certo, “l’Europa ha perso la capacità di farci sognare”, ripete spesso l’attuale Ambasciatore del Marocco nel nostro Paese. E forse questa capacità l’ha persa anche l’Italia, che non riesce a dare risposte al suo esercito di disoccupati, giovani e meno giovani. Mentre invece in Marocco il Ministro dell’Industria Elalamy ha lanciato un nuovo Piano di sviluppo industriale 2020 che punta a far crescere il suo Paese incentivando 500.000 posti di lavoro e lo sviluppo di

alcuni settori chiave. Elalamy non è un politico di professione ma un imprenditore di successo, che è stato anche Presidente della CGEM, la consorella marocchina di Confindustria. Insieme a lui, gli altri due motori della crescita economica sudmediterranea sono le presidenti della CGEM e dell’UTICA (la “Confindustria” della Tunisia) Meriem Bensalah e Wided Bouchmaoui, due donne che fanno parte del Gotha delle cento personalità più influenti dell’intero continente africano. É proprio la CGEM che, a margine del primo Forum Economico del Mediterraneo occidentale di Barcellona, si è fatta promotore di una nuova iniziativa imprenditoriale con cui le Associazioni industriali dei Paesi maghrebini hanno concordato la creazione dell’Unione per il Commercio e gli Investimenti del Maghreb, in sigla UMCI, per promuovere la creazione di occupazione e la crescita economica nei cinque Paesi della regione sud mediterranea e sviluppare il commercio intra-Maghreb, poi effettivamente lanciata a Marrakech

nel febbraio 2014, capofila ancora una volta la CGEM.


I NT ERN A Z I O N A L I Z Z A Z IO N E

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«Occorre una nuova strumentazione europea che punti al co-sviluppo con i Paesi del Mediterraneo»

Una vera e propria rete imprenditoriale per gli affari, dunque, che per la prima volta associa anche Paesi come Libia e Mauritania, che non hanno partecipato al processo di integrazione regionale promosso con approccio top-down dall’Europa nel lontano 1995 e che, con il pragmatismo di chi fa impresa, gli imprenditori sudmediterranei stanno costruendosi da soli. L’incontro di Lisbona del 21 maggio ha scelto un taglio operativo e imprenditoriale per occuparsi di sviluppo sostenibile, strutturato attorno ai pilastri strategici di acqua e ambiente, infrastrutture e finanziamento dei progetti, in una esplicita ottica di opportunità per le imprese, per identificare iniziative congiunte, specie per energia, gestione delle acque, tecnologie ambientali, agricoltura, risorse marine, mobilità e turismo, smart cities, ecc.). Sostanzialmente, quindi, si tratta di temi in gran parte analoghi a quelli di Milano Expo 2015. La lista dei partecipanti è fitta di nomi della Sponda Sud e Nord dell’Europa: sono pochi quelli italiani. Ci sembra allora che non solo alla politica, ma anche a gran parte delle imprese italiane stia ancora sfuggendo che vendere all’estero il prodotto finale della catena produttiva non è condizione sufficiente per internazionalizzarsi in maniera durevole. Oltre all’export,

i mercati del Mediterraneo, soprattutto quelli della Sponda Sud, guardano al nostro Paese per creare sviluppo sul territorio, attraverso investimenti e trasferimento di know-how. Non solo: è una partita a tre quella che si sta giocando nel Mediterraneo, in cui insieme ai paesi della Sponda Nord europea e al Nord Africa, il terzo player sono i paesi del Golfo. La Storia ci ha riservato una coincidenza difficilmente ripetibile, e cioè quella con un anno in cui la presidenza dell’Unione Europea spetta, grazie all’alfabeto, a due Paesi mediterranei, la Grecia fino a fine giugno e l’Italia nel secondo semestre e anche questo non succederà più per molti anni. Gli euroscettici stanno già affermando che quella italiana sarà una presidenza di transizione. Può darsi. Sei mesi sono indubbiamente pochi per la macchina amministrativa europea, ormai divorata dalla “mission creep”, il fenomeno di continua espansione dei compiti che avviene per la nota realtà secondo la quale le burocrazie tendono naturalmente ad espandersi e a dimenticare il loro obiettivo. Ma proprio per questo “occorre una nuova strumentazione europea che punti al co-sviluppo con i Paesi del Mediterraneo”, come ha dichiarato il Presidente di Confindustria Assafrica & Mediterra-

neo, Fausto Aquino consegnando al Sottosegretario alle Politiche Europee e al coordinamento delle attività inerenti il Semestre di presidenza Italiana il Position Paper di Confindustria Assafrica & Mediterraneo. Uno snello documento di lavoro che indica alcune aree di intervento che l’Associazione ritiene vitali per le imprese che già lavorano o vogliono lavorare nell’area. “Oggi i rapporti tra Italia e Mediterraneo vengono percepiti dall’opinione pubblica in chiave quasi esclusivamente negativa. Continuiamo ad affrontare il tema come una somma di problemi da gestire, dalla governance dell’immigrazione al controllo delle coste, dallo scontro tra culture ed etnie alle questioni energetiche. Rimangono troppo spesso nell’ombra, invece, le grandi opportunità che il bacino del Mediterraneo e la centralità dell’Italia al suo interno offriranno nei prossimi anni al nostro sistema produttivo.” Considerazioni del 2014? Sbagliato: lo disse nel 2005 il Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria dell’epoca ad un Convegno di Capri. Adesso è in politica. Ma la visione imprenditoriale è sempre la stessa. Oggi come allora, l’Italia non è ancora una porta, un ponte o una piattaforma sul Mediterraneo. E dalla sponda sudmediterranea guardano sempre più anche altro-


BON TON

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…Voglio il tuo profumo… (ma non te lo chiedo) Mai domandare qual è l’essenza indossata. Nella scala della maleducazione, sarebbe da ricordare che nulla che riguarda l'intimità della persona dovrebbe essere soggetto a domande frontali, se non per volontà del diretto interessato

Nicola Santini Esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella

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e vi dicono che avete un buon profumo e indagano su marche, fabbriche e nasi al lavoro, non sentitevi lusingati ma fatevi delle domande. Anzi una: avete esagerato forse? Io, personalmente, non vorrei mai sentirmelo dire e, nemmeno sotto tentazione, qualora scovassi l'essenza perfetta per me, mi verrebbe in mente di chiederla al fortunato portatore, a meno che il rapporto non sia di estremissima confidenza. Nella scala della maleducazione, infatti, è dura stabilire se è peggio dirla o subirla. Omettendo qualsiasi sottile intenzione di offendere il profumatissimo destinatario del complimento, sarebbe da ricordare che nulla che riguarda l'intimità della persona dovrebbe essere soggetto a domande frontali, se non per volontà del diretto interessato, e magari, se possibile, in luoghi riservati e discreti. Transaminasi sballate, dolori reumatici, evidenti deviazioni alla regolare postura, tic e quant'altro e sì, anche il profumo, appartengono alla sfera più intima della persona e per questo secondo il galateo sono escluse dalla conversazione. È anche per questo motivo che, a meno che non si conosca specificamente il profumo che amici e parenti usano, il bon ton vieta che profumi e fragranze siano usati come regali per compleanni, eventi e feste comandate, al pari della biancheria intima, insomma. Punto due, il processo al complimento, appunto. Sentirsi dire che il nostro è un buon profumo ha un solo significato: abbiamo esagerato. La dose corretta, infatti è quella che si percepisce, non quella che si sente a distanza. Per

capirci, può stuzzicare l'olfatto di chi salutiamo con un bacio sulla guancia, ma restare mistero per chi, per la formalità del rapporto ci dà la buonasera con una stretta di mano. Immaginate cosa significa stare a un tavolo dove ognuno, anche per poco, ha esagerato con il suo: una paella di aromi difficilmente compatibili che rovinano il gusto del cibo e gli odori della buona tavola a favore di un mix di patchouli, muschio, rosa, ambra, e chi più ne ha meno ne metta, per carità. In tutti i casi, sia che la boccetta sia esclusiva e ricercatissima, sia che si tratti si un'occasione al duty free, ricordiamo che il profumo non sostituisce mai acqua e sapone e che per nessuna ragione al mondo il nostro passaggio dovrà mai lasciare la scia. È roba da attricette francesi di due secoli fa. A buon intenditor...


SAL UT E

Tempo, Dieta Mediterranea e Medioevo Nel Mediterraneo, da sempre, sussiste una forte relazione fra uomo e cibo nella quale alla dimensione fisica e sociale del mangiare è dedicato il giusto tempo Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Adi (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica)

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iviamo un momento storico in cui sembra che il tempo sia troppo poco e trascorra così in fretta da mancarci. I progressi tecnologici hanno creato una apparente accelerazione comportamentale che ci ha travolti nella ricerca continua di superare i nostri limiti. La coscienza di ripetuti insuccessi porta alcuni ad ammalarsi di depressione o di diverse patologie legate allo stress. Qualcuno inizia a parlare di alienazione da accelerazione. Tutto è più veloce, anche i nostri pensieri che sono divenuti più brevi, superficiali e instabili. Contemporaneamente le influenze ambientali sono diventate in grado di condizionare i comportamenti attraverso meccanismi inconsci. L’aver ridotto il tempo di reazione agli stimoli ha limitato anche la capacità di esercitare una riflessione critica tanto da generare risultati inaspettati. Ad esempio la presenza di fast food in un quartiere è in grado di stimolare spese impulsive più di quella dei ristoranti tradizionali. Consumare pasti, spesso anonimi, velocemente può essere una delle caratteristiche di quella che viene definita financial impatient. Molti di questi impazienti pensano di sapere tutto sulla dieta mediterranea e sono certi che basti consumare una insalatona a pranzo per avere una alimentazione salutistica. I dati della letteratura indicano la dieta mediterranea come una delle migliori in senso assoluto per ciò che concerne il benessere fisico e la prevenzione delle malattie croniche degenerative. Fortunatamente la risoluzione dell’UNESCO, che ha riconosciuto il valore immateriale della dieta mediterranea, ha contribuito a spostare l’attenzione dai singoli

alimenti ai comportamenti che vanno analizzati senza incorrere nella retorica della riscoperta, della classicità o della naturalità. A seguito di tutto ciò è emerso un nuovo concetto, la mediterraneità, un neologismo che indica un modo particolare di vivere l’atto alimentare caratterizzato da spazio (la cucina), tempo (il tempo dedicato al cibo), economia (corretto utilizzo delle risorse), relazioni (identità e appartenenza), cultura (coltivazioni adatte ai luoghi e alle esigenze del gruppo familiare), politica (la teoria dello stato). Nel Mediterraneo, da sempre, sussiste una forte relazione fra uomo e cibo nella quale alla dimensione fisica e sociale del mangiare è dedicato il giusto tempo. É importante ricordare che alcune emozioni positive come la serenità dipendono dalla lentezza e dalla calma. Al contrario l’accelerazione dei ritmi di vita genera uno stress cronico che ci rende impazienti, depressi e qualche volta violenti. Abituato ad avere gratificazioni immediate, l’uomo moderno sembra non essere più in grado di sopportare uno stile di vita naturale in cui ad ogni atto sia riconosciuta la giusta velocità. Per quanto strano possa sembrare, non è affatto un assurdo accostare le parole dietologia e Medioevo. La dietetica è una delle tre branchie della medicina medievale, secondo lo schema ereditato da Ippocrate, insieme alla farmacologia, l’arte di ripristinare la salute con i semplici e i composti, e la chirurgia, l’arte di ripristinare la salute con l’opera delle mani. La Dietetica riguardava l’igiene, il sonno, la qualità del luogo e del clima, la pratica di sport o di danza, il sesso o la caccia. É interes-


58/59 sante notare l’insistenza di Antimo (VI sec.) e della Scuola Medica Salernitana sull’importanza della digestione e sulla necessità di variare l’alimentazione, includendo frutta, verdura, legumi, olio d’oliva,

pesce, cereali e vino rosso, tutti prodotti tipici del Mediterraneo. Forse la mediterraneità e i suoi tempi tanto salutistici nascono proprio in questo periodo.

Nasce l’Istituto Dermoclinico Vita Cutis Il primo centro di eccellenza di dermatologia plastica è stato inaugurato presso l’Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano. Quattro le parole d’ordine: Nutrire, Rigenerare, Rinnovare, Proteggere Antonino Di Pietro Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it / www.istitutodermoclinico.com

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l desiderio di mantenere un viso e un corpo giovane e sano è un bisogno fisiologico che appartiene a ogni uomo. Piacersi, sentirsi dire da chi ti è vicino: “Come ti trovo bene!” dà un’indubbia carica di buonumore e una maggiore forza per affrontare i problemi. Oltre dieci anni fa ho dato vita a una nuova disciplina definita Dermatologia Plastica e Rigenerativa con l’intento di studiare e attuare tutte le terapie utili a migliorare e plasmare (da cui il termine plastica) la pelle per mantenerla giovane. A differenza della chirurgia plastica, aiutiamo la pelle a rinnovarsi senza tagliare e cucire, con peeling, filler, laser, luce pulsata, radiofrequenza, integratori e dermocosmetici. Da queste premesse prende vita il nuovo progetto Vita Cutis, che prevede la nascita di centri di eccellenza di dermatologia plastica all’interno di rinomate cliniche e ospedali privati: il primo di questi centri, che hanno tutti la denominazione Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è stato inaugurato presso l’Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano, realtà del gruppo San Donato che raggruppa circa venti strutture sanitarie, tra cui il milanese San Raffaele. Altri seguiranno in

varie città italiane. Lo scopo del progetto Vita Cutis è dare la possibilità di migliorare gli inestetismi (dalle rughe alle macchie, dalla cellulite alla calvizie) con la sicurezza di cure scientificamente provate e a costi molto accessibili. Le terapie saranno sempre soft e permetteranno di riprendere le proprie attività subito dopo. Ogni Istituto Dermoclinico Vita Cutis ha quattro parole d’ordine: Nutrire, Rigenerare, Rinnovare, Proteggere. Tutte le terapie antiaging mirano quindi a “nutrire” le cellule grazie agli integratori più adatti e ad una corretta alimentazione; l’obiettivo di “rigenerare” si raggiunge grazie a cure rivitalizzanti, per esempio con acido ialuronico, fattori di crescita, vitamine, aminoacidi; con tecniche mininvasive quali soft peeling, laser e radiofrequenza si può “rinnovare” la pelle, mentre sono i progressi della dermocosmesi a consentire di “proteggerla”. Il progetto Vita Cutis prevede anche la nascita di una scuola di alta formazione per medici interessati alla dermatologia plastica rigenerativa e la realizzazione di campagne di prevenzione e sensibilizzazione su importanti problemi della pelle.


A R TE

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Viaggio al termine della parola Journey to the end of the word Organizzata negli spazi della Galleria Tiziana Di Caro (17 maggio/1 agosto 2014) la mostra ha come filo conduttore l’invasione, la contaminazione, lo scavo nel sottosuolo del linguaggio, tra scrittura e formule espressive del contemporaneo Antonello Tolve Art Critic / Independent Curator Professor at the Academy of Fine Arts in Macerata

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na interazione tra arte e letteratura, un confronto continuo tra due sistemi simbolici, tra segno e scrittura, tra le particolarità grafiche della parola e le trame di un paesaggio iconico in continuo divenire. Ma anche una serie di preziose corrispondenze biunivoche che intrecciano l’aspetto verbale e quello figurale all’interno di un programma in cui le esperienze sinestetiche pongono l’immagine come parola e, viceversa, la parola come immagine. Nell’ottica di una rassegna su un ambiente estetico che muove dal vocabolo per volgere lo sguardo al di là dei recinti del linguaggio poetico, il Viaggio al termine della parola organizzato negli spazi della Galleria Tiziana Di Caro (17 maggio/1 agosto 2014) si pone come un collegamento, come un ponte tra immagine e concento determinato dalla scelta di associare all’interno di uno stesso discorso la visualizzazione della parola e la trasparenza (o la pastosità) del segno. Tema e filo conduttore della mostra è, difatti, lo sconfinamento, la combinazione, la pluralità, la scelta multidisciplinare, l’invasione, la contaminazione, lo scavo nel sottosuolo del linguaggio, tra scrittura e formule espressive del contemporaneo. L’arte è una parola ha suggerito Ben Vautier in un lavoro (in un aforisma impresso con un acrilico color giallo limone su una piccola tela nera) del 2007. Una parola che sconfina appunto, che si aggrappa a se stessa e si apre ad una pluralità linguistica di natura «transemiotica». La mostra pone l’accento, così, su un clima culturale che accorcia le distanze tra codici

differenti per porsi al limite, sulla soglia dell’arte, sul precipizio di una parola che si fa spazio totale e investe, con la sua leggerezza sonora e grafica, i vari brani della creatività. Fino a evidenziare una compenetrazione tra parlare e scrivere che «non si ferma di fronte ai confini artificiali» ma «supera agevolmente i vari limiti grafici di scrittura, non arretra cioè di fronte al compito di snocciolare l’atto di scrittura davanti agli occhi di tutti, passando disinvoltamente dalla tipografia alla chirografia (all’oralità)». Attraverso otto voci (Tomaso Binga, Maria Adele Del Vecchio, Adelita Husni-Bey, Maria Lai, Magdalo Mussio, Damir Ocko, Lamberto Pignotti e Lina Selander) che si appropriano di strumenti transemiotici e guardano da un’altezza nuova i venti dell’avanguardia storica, Viaggio al termine della parola propone una doppia scena, un doppio disegno atmosferico che parte dalla seconda degli anni Cinquanta del Novecento e arriva al secondo decennio del XXI secolo per mostrare alcune continuità (e alcune discontinuità) riflessive sull’autonomia del rapporto che intercorre tra le ampie parabole dello spazio figurale (quello del gesto, del segno) e la dimensione fonocentrica. Si tratta di un doppio raggio d’azione che non solo vuole promuovere recuperi e riscatti, o segnalare «lo strenuo sforzo di concentrazione compiuto dalle parole per aderire alle immagini», ma anche, e soprattutto, viaggiare oltre la soglia della letteratura, tra gli arche-


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Viaggio al termine della parola, 2014, exhibition View, Galleria Tiziana Di Caro (Salerno) / Ph. Domenico Di Caro

tipi imminenti del silenzio poetico. Caratterizzato da alcuni nomi storici della poesia visiva e del processo di desemantizzazione analitica della parola, il primo momento della mostra propone, attraverso il dattilocodice di Tomaso Binga, il libro cucito di Maria Lai, la sovrascrittura tipografica di Magdalo Mussio e la vivace transmedialità di Lamberto Pignotti, quattro punti cardinali di un fascicolo estetico che attraversa le esperienze verbovisive riprese attorno alla seconda metà degli anni Cinquanta del Novecento. Quasi a censire un orizzonte riflessivo che muove dal legame osmotico con «i prodotti dei mass media (giornali, rotocalchi, pubblicità, ecc.)», con le diverse espressioni dell’aspetto iconico che dominano «quello grafico-tipografico» e con una dimensione dell’arte come scrittura «che si accampa nello spazio plastico-figurale seguendo anche un altro cammino, che scende al di sotto della linea della comunicazione, spostandosi da uno spazio post-linguistico ad uno spazio pre-linguistico», le quattro proairesi – tra collage, scrittura manuale, utilizzo della macchina da scrivere, della tipografia, del fumetto, della trasmissione televi-

siva, del cinema e, in genere, dei vari mezzi di comunicazione di massa - costituiscono il nucleo luminoso di un piano polisemico e (in molti casi) sinestèsico, di un’avventura culturale unica e preziosa. Accanto a questa campionatura che mostra appunto quattro piste ben precise, quattro capitribù, quattro luci che operano interartisticamente, i nomi di Maria Adele Del Vecchio, Adelita Husni-Bey, Damir Ocko e Lina Selander, rappresentano una seconda fase caratterizzata da temperature creative contemporanee che giocano, oggi, con una doppia genesi dell’arte, con una «mancanza del concetto della divisione» (Brandi) o, lo ha suggerito Filiberto Menna lettore di Lyotard, con lo spazio specifico del testo e quello della figura. Ma anche, e soprattutto, con una potente interazione plusverbale che dimostra come al tempo d’oggi alcuni brani dell’arte si muovano ancora (con tecniche e materiali differenti) tra le eterogeneità della comunicazione planetaria e continuino a sviluppare un instancabile, massiccio, elegante lavoro di convergenza interdisciplinare.


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F I N I STE R R E

Ritratto di donna: Omaggio a Virginia Wolf Una scrittice, adorata da pubblico e critica, con uno sguardo talmente lungimirante da far sembrare il futuro già accaduto. Il suo “scavar caverne” nell’umano è uno stile Alfonso Amendola Docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali Università degli Studi di Salerno

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nche solo se avesse scritto “Una stanza tutta per sé”, Virginia Woolf sarebbe stata una magistrale scrittrice di passioni e sperimentazione del linguaggio. In questo saggio, in cui è ricostruito il ruolo “marginale” della donna e rivendicato il diritto alla cultura per troppo tempo “luogo” di maschile esclusività, la Woolf inserisce la propria capacità di scrittrice eversiva innovativa, passionale e lucida al contempo. In realtà il saggio è solo una “parte” di una assai prolifica produzione letteraria dell’autrice londinese, prolificità è spiegata dalla Woolf stessa in quanto è solo nella scrittura che la salvezza è possibile. La scrittura come rituale, mantra, liberazione, nido, abbraccio, sorriso ad andare avanti. Infatti ella non scrive solo romanzi, saggi, articoli, recensioni ma anche un diario personale, che da un lato, le serve per appuntare l’allegria e la malinconia del suo viver quotidiano ma anche come perfetta “esercitazione” e pratica. Da un suo appunto diaristico datato 20 aprile 1918 leggiamo: «Quel che più conta è la mia convinzione che l’abitudine di scrivere così, solo per il mio occhio, è un buon esercizio. Scioglie le giunture». Virginia Woolf è dentro una letteratura che la porta a circumnavigare tutte le derive e approdi della scrittura. Dal realismo degli inizi (l’amore impossibile di “Melymbrosia” del 1915) alla scoperta del “flusso di coscienza” con la quale realizza i suoi capolavori degli anni Venti: dai turbamenti interiori di “Mrs Dalloway” alla gita attesa per 10 anni di “Gita al faro” all’immaginifico viaggio nel tempo (e nelle sessualità) di “Orlando”. Poi gli anni Trenta sono quelli de “Le onde” dove l’emotività e l’interiorità sono un unico spazio di narrazione. E in tutto questo non dobbiamo dimenticare il suo impegno editoriale: con il marito Leonard fonda la Hogarth Press, innovativa e raffinatissima stamperia, e quello straordinario cenacolo culturale-politico-artistico del

“Bloomsbury Group”. Insomma una donna riconosciuta, adorata da pubblico e critica e con uno sguardo talmente lungimirante da far sembrare il futuro già accaduto. Il suo “scavar caverne” nell’umano è uno stile. Il suo linguaggio radicale giammai dimentica la bellezza, la ricercatezza e il dialogo con il figurativo. Insomma una vera, totale scrittrice. Eppure... Eppure l’ombra nera del mal di vivere è sempre in agguato. Quel mal di vivere che la fa guardare al suicidio come unica possibilità di “sopravvivenza”. E lo tenterà ben tre volte, fino all’ultimo che la spinge, con le tasche piene di pietre, a lasciarsi andare (il 28 marzo del 1941) nelle acque dello Ouse. Prima di andarsene lascia una straziante lettera al suo Leonard, “senza appello” e che nel suo frammento finale stralcio: «Se qualcuno avesse potuto salvarmi questo qualcuno eri tu. Tutto se ne è andato via da me, tranne la certezza della tua bontà. Non posso più continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi». Un’ultima scrittura che invoca felicità. Un sentimento che Virginia sa di non poter vivere.


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R END E Z - V O U S 2 . 0

Contenere i contenuti Il libro non potrà esaurirsi come risorsa, poiché insegna a leggere, guida all’attenzione e alla comprensione, ha in sé la facoltà di mostrare a un individuo molto più di un testo Roberta Bisogno Collaboratrice c/o laboratorio di Editoria Elettronica Università di Salerno

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nvero siamo dei grandi lettori: ci accorgiamo oppure no di leggere così tanto perché leggiamo molto più in fretta e per qualsiasi curiosità da soddisfare. Leggiamo moltissimo in rete (e non solo) e vi scriviamo anche. Piuttosto la lettura e la scrittura in rete si potrebbero proporre anche così: leggere-ascoltare-vedere, scrivere-parlare. Può essere anche questo un pretesto per riflettere sulla questione ormai ripetitiva e insidiosa libro/e-book? Il libro nella sua fattispecie non potrà esaurirsi come risorsa, poiché insegna a leggere, guida all’attenzione e alla comprensione, ha in sé la facoltà di mostrare a un individuo molto più di un testo da sviscerare: il libro, che sopravvive o che inizia a vivere, è in sé un’esperienza formativa e di confronto che non si esaurisce nel solo tempo di una lettura. Assistiamo ad uno spostamento- ripensamento di generi e specificità che ormai riguardano qualsiasi campo. Ciò che forse può essere discutibile è l’estrema settorialità di ciascun campo. L’editoria ha imparato ad avvalersi di un apparato fuori e dentro il libro, per esempio, non solo legato alla categoria connettiva social, ma anche quella dei blog. Per blog, in breve, s’intende uno spazio individuale o collettivo virtuale nel quale argomentare su un tema specifico, un hobby o una passione, che se

seguita e conosciuta acquisisce stima in rete. È dunque, il contenuto e la discutibilità di esso un dato felice che il web propone. Del resto anche l’e-book, svincolato dall’oggetto libro e proponendosi come contenitore di contenuti ha evidenziato proprio una componente importante: il mercato dell’editoria è il mondo dei contenuti. E noi siamo immersi del tutto in una visività da leggere e comprendere a più livelli: l’immagine, il testo, la comunicazione del prodotto, il prodotto. La proposta sarebbe allora quella di considerare l’e-book non sostituto-surrogato del libro (e fin qui sembra stiamo affermandolo), ma come contenitore di contenuti che trova soluzione e ricezione proprio in quel formato. Parliamo allora di argomenti davvero specifici, leggibili in un numero sufficiente di pagine, approfondimenti, e a poco servono invece decaloghi e brevissimi e inutili manuali su come diventare qualcuno. Questo tipo di pubblicazione elettronica porta allo sbando e al misconoscimento di uno strumento che dovrebbe supportare e non sostituire per ciò il libro. Finito il momento del disorientamento ora è davvero tempo di provarne l’utilità lontani dall’ansia che a un contenuto sempre vale un contributo economico. E magari considerare anche il nome in sé, e-book, che porta l’errata pretesa di essere libro elettronico, per sua definizione e natura. Piuttosto un’estensione.


LI BR I / H O M E C I N E MA

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a cura di Raffaella Venerando

a cura di Vito Salerno

I sentieri del profumo

Il capitale umano Paolo Virzì

Cristina Caboni

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lena non si fida di nessuno. Ha perso ogni certezza e non crede più nell’amore. Solo quando crea i suoi profumi riesce ad allontanare tutte le insicurezze. Solo avvolta dalle essenze dei fiori, dei legni e delle spezie sa come sconfiggere le sue paure. Garzanti I profumi sono il suo sentiero verso il cuore delle persone. Parlano dei pensieri più profondi, delle speranze più nascoste: l’iris regala fiducia, la mimosa dona la felicità, la vaniglia protegge, la ginestra aiuta a non darsi per vinti mai. Ed Elena da sempre ha imparato a essere forte. Dal giorno in cui la madre se n’è andata via, abbandonandola quando era solo una ragazzina in cerca di affetto e carezze. Da allora ha potuto contare solo su se stessa. Da allora ha chiuso le porte delle sue emozioni. Adesso che ha ventisei anni il destino continua a metterla alla prova, ma il suo dono speciale le indica la strada da seguire. Una strada che la porta a Parigi in una delle maggiori botteghe della città, dove le fragranze si preparano ancora secondo l’antica arte dei profumieri. Le sue creazioni in poco tempo conquistano tutti. Elena ha un modo unico di capire ed esaudire i desideri: è in grado di realizzare il profumo giusto per riconquistare un amore perduto, per superare la timidezza, per ritrovare la serenità. Ma non è ancora riuscita a creare l’essenza per fare pace con il suo passato, per avere il coraggio di perdonare. C’è un’unica persona che ha la chiave per entrare nelle pieghe della sua anima e guarire le sue ferite: Cail. Cail che conosce la fragilità di un fiore e sa come proteggerlo e amarlo. Perché anche il seme più acerbo quando il sole arriva a riscaldarlo trova la forza di sbocciare.

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progetti faciloni di ascesa sociale di un immobiliarista in cattive acque, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. Paolo Virzì racconta nel “Capitale umano” splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, la Brianza di oggi a cavallo fra ricchezza e disperazione, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questi nostri tempi: la ricchezza che non trae origine dal lavoro, ma dalle più spregiudicate speculazioni finanziarie, le speranze mal riposte di elevazione sociale, l’ansia procurata dal denaro, una generazione di figli costretti a pagare il prezzo più alto in termini di felicità, a causa della spasmodica ambizione dei loro genitori, o della loro frustrazione. La vicenda si sviluppa in modo vivace come un vero e proprio thriller, con un morto fin dalle prime scene. Il ritmo è avvincente anche per merito di un cast di attori italiani in stato di grazia, fra i quali si segnalano in particolare le ottime interpretazioni di Fabrizio Bentivoglio e Valeria Bruni Tedeschi. Un misterioso incidente, dunque, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, complica e infittisce la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. E nel seguire i passi dei diversi personaggi, la storia ricostruisce pezzo dopo pezzo quel che è successo quella notte, raccontando come quell’episodio potrebbe cambiare le vite di tutti i protagonisti. Ma soprattutto si narra di come il denaro, l’ossessione di moltiplicarlo, l’angoscia di perderlo, determini la vita affettiva, il destino, il valore delle persone.




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