EDITORIALE
CONCERTAZIONE A FINE CORSA?
MAURO MACCAURO PRESIDENTE CONFINDUSTRIA SALERNO
L’approccio pragmatico ed energico di Renzi pone un interrogativo cui non vogliamo sottrarci: in questi trent’anni la concertazione cosa ha prodotto? Ha assecondato lo sviluppo o ha posto freni al cambiamento?
A
rriva l’ennesimo nuovo Governo e, dopo trent’anni, pare che la concertazione tra le parti sociali e l’Esecutivo sia giunta a fine corsa. Ha fretta di imprimere un’accelerazione al passo del Paese, il Premier, imponendo un nuovo modo di agire e di comunicare che sovverte le regole del confronto cui eravamo fino ad oggi abituati. L’approccio pragmatico ed energico di Renzi pone, però, un interrogativo cui non vogliamo sottrarci: in questi trent’anni la concertazione cosa ha prodotto? Ha assecondato lo sviluppo o ha posto freni al cambiamento? Se i veti sono stati troppi, abbiamo sbagliato tutti ed è quindi doveroso correggere il tiro sul tema concertazione. Di certo, però, il confronto del 1993 tra le parti sociali e il Governo pose le basi per una stagione di maggiore stabilità economico-sociale. La concertazione ha senso, infatti, se è progettuale negli intenti, se c'è una condivisione degli obiettivi. Se prioritaria per tutti oggi è la ripresa della nostra economia, perché allora abbandonare il dialogo con chi, da anni, chiede alla politica che il Paese torni a crescere? Di proposte Confindustria – uno dei lati del triangolo della concertazione – ne ha sempre avanzate, senza mai fare quadrato su posizioni ideologiche. Pensiamo ad esempio al progetto “Confindustria per l’Italia: crescere si può, si deve”, che contiene proposte concrete e obiettivi chiari e quantificati per la modernizzazione del Paese attraverso le riforme di istituzioni, P.A., Fisco, Lavoro, Politiche industriali e Cultura. Certo, è sempre il Governo poi a dover decidere (azione che è spesso mancata negli ultimi anni) ma perché scegliere senza incontrare nessuna delle parti sociali? È quanto meno opinabile, infatti, la posizione del Presidente del Consiglio quando afferma di voler parlare direttamente con le imprese come se Confindustria non fosse il corpo intermedio che le rappresenta, di qualsiasi settore esse siano. Non siamo un partito, né intendiamo diventarlo. Non siamo neanche dei burocrati convinti che la scrivania maturi la pratica. Siamo imprenditori, viviamo del nostro lavoro e, in quanto rappresentanti del Sistema confindustriale, evidenziamo le istanze che provengono dalla nostra base fatta di altri imprenditori. Concertazione per noi non significa “volemose bene", senza che nulla cambi. Anzi, nel rispetto delle posizioni di ciascuno, per noi il confronto può anche essere duro, ma con l'obiettivo di arrivare al risultato migliore. Bisognerebbe sforzarsi però di tenere la discussione sulle questioni reali, quelle che tutti i giorni si affrontano nelle aziende, riuscendo così ad evitare pericolose derive verso modelli di concertazione passati che noi stessi rifiutiamo. Ha ragione il Presidente Squinzi quando battezza questo atteggiamento "veloce" del Premier come una scelta mediatica, praticata per rimarcare che la musica è cambiata, che – come Renzi stesso ha dichiarato – il nuovo scenario è “no tavoli, only email”. Al di là del giudizio sulla strategia di comunicazione scelta da parte del Premier, noi comunque abbiamo la responsabilità di non far mancare la nostra apertura di credito al Governo. Giudicheremo i risultati, augurandoci che il cronoprogramma annunciato su legge elettorale, riforma costituzionale, lavoro e fisco, possa essere rispettato. Stiamo a vedere cosa succede, dunque, disposti ad incassare quando - alle obiezioni nostre e dei sindacati - il Premier risponde: “Ce ne faremo una ragione”. Sia chiaro però che la ragione non potremmo di certo farcela noi se anche questo Governo dovesse fallire. In campo ci sono i nostri sacrifici, quelli dei nostri lavoratori, del nostro Paese. 1
SOMMARIO
REPORT di A. Panaro
EDITORIALE di M. Maccauro
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CONCERTAZIONE A FINE CORSA?
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PRIMO PIANO
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RECCHI: «L'INCERTEZZA ITALIANA SCORAGGIA GLI INVESTITORI ESTERI»
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CIPOLLETTA: «IN ITALIA PAGHIAMO TROPPE TASSE? FALSO!»
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PASQUINO: «I PARTITI ITALIANI SONO ANCORA IN CRISI»
Intervista a G. Recchi di R. Venerando
FOCUS
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ALFANO: «L'ABUSIVISMO EDILIZIO È LA VERA PIAGA DEL NOSTRO TERRITORIO» RICERCA E SVILUPPO: NUOVO CREDITO DI IMPOSTA PER LE IMPRESE
di A. Sacrestano
CONFINDUSTRIA SALERNO di R. Venerando, M. Zappile, M. Pallotta, O. Pastore
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AGROALIMENTARE: PRESENTATE A SALERNO LE BUONE PRATICHE DI INNOVAZIONE
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PER FAVINI LA SOSTENIBILITÀ È UNA SCELTA CHE NON RIMANE SULLA CARTA
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AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE, CONFRONTARSI PER SEMPLIFICARE
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CHANGENERATION, E L'IMPRESA CONTINUA...
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APPRENDERE SPERIMENTANDO, ISTRUZIONI PER L’USO: IL METODO VIRVELLE
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SALONE DEL PACKAGING SOSTENIBILE, BUONA LA PRIMA
NEW ENTRIES a cura della Redazione Costozero
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STUDIO GAROFALO & PARTNERS: ORGANIZZARE PER INNOVARE
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CMP LASER, PRECISIONE E AFFIDABILITÀ SI SALDANO L’UNA ALL’ALTRA
BUONOMO SUL DECRETO TERRA DEI FUOCHI: «IL PROBLEMA È NAZIONALE»
NORME E SOCIETÀ di M. Marinaro, B. Criscuolo, L. M. D'Angiolella e M. Galardo
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AVVOCATO D’IMPRESA E “GENERAL COUNSEL”
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IL DIVIETO DI CONCORRENZA PER GLI AMMINISTRATORI DI S.P.A.
PADOAN E I CONTI DEL PRESIDENTE RENZI AUTORIZZAZIONI PAESAGGISTICHE, COSA ACCADE QUANDO LA SOPRINTENDENZA NON PROVVEDE
CREDITO di M. Ambron
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ABUSO NELLA SUCCESSIONE DEI CONTRATTI A TERMINE
FISCO di A. Sacrestano, M. Villani, I. Pansardi e N. Savino
LO SPEED DATE DEL GREEN ECONOMY NETWORK
STRATEGIE D'IMPRESA di R. Venerando
Intervista ad F. Elefante di R. Venerando
Intervista ad M. Buonomo di R. Venerando
Intervista a M.G. Alfano di R. Venerando
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ELEFANTE: «LE TASSE IMPOVERISCONO IL PATRIMONIO IMMOBILIARE»
GREEN ECONOMY
Intervista a I. Cipolletta di R. Venerando
Intervista a G. Pasquino di R. Venerando
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IL QUADRO CONGIUNTURALE DELLA MARITIME ECONOMY
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NUOVA SABATINI, SI ENTRA NEL VIVO
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CLASSAMENTO: NUOVO ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE SULLA MOTIVAZIONE
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FATTURAZIONE ELETTRONICA, UN PASSO IN PIÙ VERSO LA DIGITALIZZAZIONE
CREDITO di M. De Giorgis
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CONTENZIOSO BANCARIO: IL RECUPERO DELLE PERDITE
RICERCA
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HORIZON 2020, UN'OPPORTUNITÀ UNICA
Intervista a P. Campiglia di R. Venerando
SOMMARIO
SICUREZZA di G. L. Amicucci
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LA NUOVA NORMA PER I LAVORI SUGLI IMPIANTI ELETTRICI
INTERNAZIONALIZZAZIONE di D. Del Sorbo e M. De Carluccio
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CREDITI DOCUMENTARI: COME PREPARARE LA FATTURA
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ALBANIA & TURCHIA, OPPORTUNITÀ A SUD EST
SALUTE di G. Fatati e A. Di Pietro
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TERAPIA CON MICROINFUSORE PER INSULINA DERMATITE SEBORROICA, QUESTA SCONOSCIUTA
BON TON di N. Santini
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GALATEO: IL MOMENTO DEL CONTO AL RISTORANTE
RENDEZ-VOUS.ZERO di R. Bisogno
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NARCISO E L'EBOOK
FINISTERRE di A. Amendola
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PICCOLI RACCONTI DAL NOVECENTO: OMAGGIO A MANLIO SGALAMBRO
ARTE di A. Tolve e S. Zuliani
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IL TEMPO IMPERFETTO DELL'ARTE, 5 SGUARDI PRESENTI SUL MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE DI SALERNO
SEGNALIBRO a cura di R. Venerando
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L'ULTIMA MADRE
HOME CINEMA a cura di V. Salerno
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BEFORE MIDNIGHT
COSTOZERO N.2 MARZO > APRILE 2014 REG. TRIB. DI SALERNO N. 677 DEL 22/10/1987 ISCRIZIONE AL ROC N. 23241/2013 DIRETTORE EDITORIALE MAURO MACCAURO DIRETTORE RESPONSABILE ALESSANDRO SACRESTANO SEGRETERIA DI REDAZIONE RAFFAELLA VENERANDO SEGRETERIA ORGANIZZATIVA VITO SALERNO SOCIETÀ EDITRICE DIREZIONE E REDAZIONE ASSINDUSTRIA SALERNO SERVICE SRL VIA MADONNA DI FATIMA, 194 84129 SALERNO TEL. 089 335408 FAX 089 5223007 PARTITA IVA 03971170653 REDAZIONE@COSTOZERO.IT WWW.COSTOZERO.IT STAMPA ARTI GRAFICHE BOCCIA > SALERNO FOTO ARCHIVIO COSTOZERO VITO SALERNO MASSIMO PICA - AG. FOTOGRAFICA GRAFICA E IMPAGINAZIONE MOREPLUS > WWW.MOREPLUS.IT GRAFICO EMANUELA MARIA RAGO LE OPINIONI ESPRESSE NEGLI ARTICOLI APPARTENGONO AI SINGOLI AUTORI DEI QUALI SI INTENDE RISPETTARE LA PIENA LIBERTÀ DI GIUDIZIO
RECCHI: «L’INCERTEZZA ITALIANA SCORAGGIA GLI INVESTITORI ESTERI» DI RAFFAELLA VENERANDO
Oggi, i Paesi sono impegnati assiduamente a creare le condizioni migliori per convincere le imprese ad insediarsi nel proprio mercato creando occupazione e sviluppo. Giuseppe Recchi, Presidente Eni che in Confindustria ha la delega per gli investitori esteri, rampogna l’Italia per aver intercettato una quota molto bassa di quei 1,400 miliardi di dollari che, mediamente, ogni anno viaggiano per il mondo alla ricerca di opportunità di investimento. E non è un problema di costi, visto che Paesi che ne hanno anche di più alti del nostro, come la Svizzera e la Francia, riescono ad attrarre molti più capitali esteri
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ngegner Recchi, partiamo dal capitolo energia: lei ha di recente scritto della rivoluzione dello shale gas postulando quali potrebbero essere le conseguenze di breve e lungo periodo per l’economia mondiale. La sola America se ne avvantaggerà? L’Europa è fuori gara? La rivoluzione dello shale gas ha dato agli Stati Uniti un enorme vantaggio per le industrie ad alta intensità energetica e, più in generale, per le manifatturiere; stiamo assistendo ad un netto deterioramento della competitività europea rispetto a quella degli Stati Uniti. In Europa sono presenti risorse paragonabili ma scontiamo la mancanza di una vera politica energetica comunitaria di lungo periodo, oltre che la difficoltà a ritrovare contemporaneamente i fattori di successo che hanno favorito lo sviluppo dello shale gas negli Stati Uniti. Il risultato è che paghiamo più di due volte il prezzo dell’elettricità negli Stati Uniti e più di tre volte per il gas. Sullo shale gas gli esperti si dividono in apocalittici e integrati: c’è chi come il capo economista di British Petroleum Christof Ruehl lo ritiene, rispetto alle rinnovabili, un sistema più economico per sostituire il carbone e tagliare le emissioni di gas serra, chi invece ne denuncia l’invasività per via del “fracking”, il processo di fratturazione idraulica per estrarre shale gas a causa del quale si perforerebbero le rocce con alcune sostanze chimiche. Lei da che parte sta? Io credo che vi sia anche un po’ di disinformazione. Lo shale gas è stato oggetto di un allarme ambientale che, visto lo stato avanzato della rivoluzione dello shale gas negli Stati Uniti, pare sostanzialmente ingiustificato.
Gli ambientalisti hanno rilevato che l’estrazione del gas da scisti impoverisce risorse d’acqua sostanzialmente limitate. In parte questo è vero: la tecnica del fracking richiede l’utilizzo di consistenti quantità d’acqua. Per ogni pozzo sono necessari 20 milioni di litri di acqua che deve essere poi trattata o smaltita alla fine del processo. Allo stesso tempo, anche in questa nuova attività industriale la tecnologia produrrà i suoi effetti e alcune imprese stanno investendo abbondanti risorse per sviluppare metodi estrattivi che riducano la quantità d’acqua utilizzata. Alcuni hanno sostenuto che il liquido derivante dal fracking inquini il terreno circostante e, di conseguenza, possa avvelenare le acque sotterranee. Tutti i timori sono legittimi e comprensibili, ma andrebbero riconsiderati alla luce dei fatti. Per esempio, secondo la Environmental Protection Agency del governo degli Stati Uniti, non c’è stato neanche un caso conclamato di inquinamento della falda acquifera causato dal fracking, anche se in teoria potrebbe succedere. Questo, malgrado il fatto che ogni anno vengono perforati più di 20.000 nuovi pozzi negli Stati Uniti. In Confindustria lei ha la delega per gli investitori esteri. La domanda è quindi obbligatoria: cosa fare per potenziare l’attrazione degli investimenti nel nostro Paese? Il piano Destinazione Italia potrà fare da volano? Per attrarre gli investimenti è necessario cogliere le nuove dinamiche della globalizzazione. Oggi i paesi competono tra di loro per attrarre una quota sempre maggiore di quei 1,400 miliardi di dollari che, mediamente, ogni anno viaggiano per il mondo alla ricerca
PRIMO PIANO
GIUSEPPE RECCHI PRESIDENTE ENI E DELEGATO CONFINDUSTRIA AGLI INVESTITORI ESTERI Nato nel 1964 è Presidente di Eni dal maggio 2011. É Consigliere di Exor SpA e di GE Capital Interbanca SpA; componente del Massachusetts Institute of Technology E.I. External Advisory Board. É inoltre componente del Consiglio Direttivo e Presidente del Comitato Investitori Esteri di Confindustria e del Comitato italiano per la Corporate Governance, del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Eni Enrico Mattei, dell’Istituto Italiano di Tecnologia, della Task Force on Improving Transparency and Anti-Corruption del B20 e membro del Board of Directors del Partnering Against Corruption Initiative del World Economic Forum. Laureato in Ingegneria al Politecnico di Torino, inizia la carriera nel 1989 nella gestione dell’Impresa Recchi Costruzioni Generali, gruppo attivo in 25 Paesi nel settore delle costruzioni di grandi infrastrutture pubbliche. Nel 1999 entra in General Electric (GE), società in cui ricopre numerosi incarichi negli Stati Uniti e in Europa. Nel corso degli anni è stato Amministratore Unico di GE Capital Structured Finance; Managing Director dell’Industrial M&A and Business Development per la regione EMEA. Fino a maggio 2011 è stato Presidente e Amministratore Delegato di GE South Europe. Fino a marzo 2014 è stato componente dell’European Advisory Board di Blackstone. É stato Consigliere di Permasteelisa SpA, membro dell’Advisory Board di Invest Industrial (private equity), componente del Comitato Promotore per la candidatura olimpica di Roma 2020 e, negli anni 2004-2006, Professore a contratto di Corporate Finance presso l’Università di Torino.
di opportunità di investimento. Il nostro Paese ha intercettato una quota molto bassa di questi capitali. Il piano Destinazione Italia contiene numerose misure utili per sostenere l'internazionalizzazione, lo sviluppo e il rilancio della competitività delle imprese del nostro Paese che necessitano di essere attuate: alcune disposizioni, come il credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, le disposizioni in materia fiscale che rafforzano l’istituto del ruling internazionale, il desk presso l’Agenzia delle Entrate per gli investitori esteri e il tribunale delle imprese per le multinazionali sono state inserite nel DL 23/12/13 n. 145 recentemente approvato dal Parlamento; tutte le altre misure, invece, aspettano ancora di essere attuate.Handicap determinanti per l’Italia sono la burocrazia bizantina e il sistema giudiziario molto lento, che creano incertezza dei diritti e dei contratti. É l’incertezza che spaventa. Paesi con costi anche più alti del nostro, come la Svizzera e la Francia, riescono ad attrarre molti più investimenti esteri. Quali Paesi potranno nel prossimo futuro interessarsi al nostro? I principali paesi esportatori di capitali sono già interessati al nostro Paese ma dobbiamo fare molto di più. Oggi, i Paesi sono impegnati assiduamente a creare le condizioni migliori per convincere le imprese ad insediarsi nel proprio mercato creando occupazione e sviluppo. L’Italia è un Paese sostanzialmente manifatturiero. Il pericolo di deindustrializzazione secondo lei è una minaccia reale? Sì, oggi l’Italia si trova in competizione non solo con i paesi asiatici il cui PIL cresce a ritmi più elevati del nostro ma anche con paesi a noi vicini come ad esempio la Svizzera, la Francia o la Spagna che hanno saputo creare condizioni per migliorare il business en-
vironment del loro paese per attrarre imprese estere. L’Italia ha una solida, storica vocazione industriale conseguita grazie ad un tessuto imprenditoriale unico e che il mondo ci invidia. Ma per continuare a crescere, ha bisogno di capitali di rischio che scommettano sul suo futuro manifatturiero. Oltre a portare nel nostro sistema industriale tecnologia, know-how e nuova cultura d’impresa, le imprese estere rappresentano un potente veicolo per trasportare l’indotto italiano nel mondo perché inseriscono le imprese italiane nelle loro supply chain internazionali. È presto per dare un giudizio ma non per presentare istanze: al Governo Renzi cosa chiede Confindustria, cosa gli imprenditori, cosa il Paese? È certamente condiviso da tutti in Italia che l’obiettivo vitale per il nostro Paese è la crescita economica. Solo con il ritorno a ritmi di sviluppo del PIL pari ad almeno il 2% sarà possibile creare sviluppo e posti di lavoro ponendo le basi anche per uno stabile e duraturo risanamento dei nostri conti pubblici. E la crescita, così come la creazione dei posti di lavoro, non si ottiene per decreto: la fanno le imprese. È imperativo ricostruire quel “business environment” favorevole all'impresa e agli imprenditori che avevamo già negli anni dello sviluppo industriale e che abbiamo perso perchè soffocato da un sistema di norme e procedure decisionali - di “governance” per usare un linguaggio aziendale - che non è adatto ai tempi in cui viviamo. Non possiamo più permetterci, oggi, non solo di non prendere decisioni strategiche, ma soprattutto di non dotarci di una modalità di funzionamento agile, rapida ed efficace, pena il nostro inesorabile declino. 5
CIPOLLETTA: «IN ITALIA PAGHIAMO TROPPE TASSE? FALSO!»
DI RAFFAELLA VENERANDO
L’economista e manager Innocenzo Cipolletta condensa qui la sua tesi sul perché esistono troppi luoghi comuni su lla questione tributi nel nostro Paese. «Più che ridurre le imposte – questa la sua teoria – il Paese dovrebbe farle pagare in modo diverso, affinché ci sia più giustizia nel prelievo fiscale e più efficacia nella loro percezione»
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residente, il suo ultimo libro ha un titolo quanto meno sensazionale: “In Italia paghiamo troppe tasse. Falso!”. La sua non è affatto una provocazione, quanto una verifica empirica di quanto siano errate - a suo avviso - le convinzioni più radicate circa il sistema e il livello di tassazione nel nostro Paese. Vuole raccontarcene qualcuna che ha del clamoroso? Il mio libro vuole sfatare alcuni luoghi comuni. Il primo è che paghiamo troppe tasse. In realtà se confrontiamo il rapporto tra entrate pubbliche e PIL del nostro Paese, tale rapporto è vicino alla media europea ed è pari a quanto si paga in paesi a reddito medio eguale al nostro. Ma noi abbiamo la sensazione che paghiamo troppe tasse anche perché chiamiamo tasse pure gli oneri sociali, ossia i contributi che versiamo per avere una pensione in età di vecchiaia. Questi oneri non sono tasse, ma sono un risparmio forzoso che poi ci ritorna come pensione. È opinione diffusa, ad esempio, che eliminando gli sprechi si potrebbe abbassare il livello di imposizione fiscale. Secondo lei però il risparmio non sarebbe poi guadagno se a rimetterci fossero i servizi… Intendiamoci: se parliamo di veri sprechi e ruberie, allora questi vanno eliminati e non intaccano la spesa per veri servizi. Ma in questo caso ci sarebbe poco spazio per ridurre le tasse perché stiamo parlando (forse) di qualche cen-
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INNOCENZO CIPOLLETTA PRESIDENTE UNIVERSITÀ DI TRENTO E DELL'AIFI
tinaio di milioni di euro che, se eliminati, non cambiano sostanzialmente il peso del fisco. E di certo vanno eliminati. Se invece per sprechi si intendono parti sostanziali della spesa per servizi pubblici, allora c'è il rischio di degradare servizi rilevanti per i cittadini. In linea di principio io penso che la lotta agli sprechi e alle ruberie deve consentire di migliorare i servizi alle persone, più che ridurre di poco le tasse a tutti. L’evasione fiscale - fenomeno di malcostume molto italiano – sembra essere sempre in cima alle preoccupazioni di qualunque Governo prenda il comando del nostro Paese. Anche il presidente Renzi ha dichiarato di volersi impegnare nella lotta al suo contrasto. Ma per-
PRIMO PIANO ché poi i provvedimenti normativi e non messi in campo si rivelano così insoddisfacenti? È una questione di approccio, di metodo, di forza o di cosa? L'evasione fiscale va combattuta attraverso un reale utilizzo dei sistemi di controllo, più che con nuove norme e nuove leggi. Ci vuole una forte volontà politica e bisogna utilizzare i mezzi informatici che ormai esistono. Ad esempio, il controllo dei conti bancari, con il dettaglio movimenti, rappresenta la fonte principale per scoprire gli evasori fiscali in tutti i paesi, mentre le operazioni di grande visibilità, come le irruzioni nei porti turistici o nei luoghi di villeggiatura, fanno tanta notizia ma pochi risultati. È un dato di fatto però la clamorosa ingiustizia fiscale che oggi esiste nel nostro Paese: i lavoratori dipendenti da una parte e il mondo del lavoro autonomo e professionale dall’altro “divisi” per ricchezza e pagamento delle imposte. In che modo sarebbe possibile rendere il sistema tributario più giusto e più equo? La grande differenza sta nel fatto che i lavoratori dipendenti sono tassati "alla fonte", ossia non vedono le loro tasse che sono prelevate direttamente dal datore di lavoro, mentre i lavoratori autonomi hanno una maggiore discrezionalità nel definire quali sono i propri costi di produzione. Ma non farei una distinzione tra queste due categorie, perché una gran parte dei lavoratori autonomi paga le tasse correttamente. Piuttosto nel nostro Paese c'è una forte erosione di base fiscale che privilegia determinati redditi. Ad esempio, le rendite (immobiliari e mobiliari) pagano meno che il lavoro. Non c'è una tassazione sul patrimonio, come in altri paesi. Le tasse sulla casa sono minime in Italia e addirittura è stata eliminata la tassa sulla prima casa. Negli altri paesi si pagano più tasse sulla casa e meno tasse sul reddito. Questo riduce l'evasione, perché l'evasore fiscale occulta il suo reddito ma non riesce ad occultare la sua abitazione. Lo stesso vale per le imposte indirette. L'Italia ha bassi incassi IVA malgrado abbia alte aliquote, perché ha molte aliquote ridotte. Se si eliminassero parte di queste aliquote ridotte, aumenterebbe il gettito dell'IVA che è pagato anche dall'evasore quando acquista un bene. Come vede ci sono diversi modi per rendere più giusto il nostro sistema fiscale. Qualche anno fa Francesco Delzio – in un suo lavoro editoriale - ipotizzava una strategia nuova e radicale per contrastare la dilagante evasione fiscale: l’espulsione sociale dell’evasore e per le attività commerciali e professionali – all’indomani della accertata violazione continua degli obblighi fiscali - l’inibizione della stessa attività, revocando
ad esempio la licenza riconcessa, poi, solo quando lo stesso soggetto torna ad essere di nuovo fiscalmente fedele. Cosa ne pensa? Queste mi sembrano buone proposte che insistono su una considerazione forte. Nei paesi più civili evadere le tasse è un'azione riprovevole che comporta una perdita di reputazione. Sicché le persone cercano di essere in regola per non perdere reputazione e, con essa, una capacità di reddito oltre che uno status sociale. Invece in Italia chi evade le tasse è considerato un furbo ed è invidiato da chi non ci riesce. Non c'è una riprovazione sociale e non può esserci in un Paese dove un ex Presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi) dichiarò che evadere le tasse è legittimo quando esse sono troppo alte (ma per i cittadini le tasse sono sempre troppo alte) e che poi è stato condannato proprio per evasione fiscale! Una delle ipotesi del Governo Monti era stata l’istituzione del bollino blu per i contribuenti virtuosi. Lei invece cosa proporrebbe come premio per chi le tasse le paga? Mi piacerebbe vivere in un Paese dove chi paga le tasse non abbia alcun premio se non la propria coscienza tranquilla, mentre chi non le paga venga messo in disparte e perda il suo stato sociale, oltre a subire le giuste condanne di legge. Ci lasci con uno spiraglio di ottimismo: l’Italia ce la farà a diventare - fiscalmente parlando - un popolo più civile con servizi efficienti stile Nord Europa? Ma io sono ottimista ed è per questo che ho scritto questo libro sulle tasse e sulla spesa pubblica. Io penso che sia importante riavvicinare gli italiani ai servizi pubblici, affinché se ne capisca il loro valore e li si apprezzi. Sto parlando della scuola che è così importante per i nostri figli e che è ancora una buona scuola con molti insegnati che si sacrificano nell'indifferenza della politica. Sto parlando della sanità che ha risultati apprezzabili nel nostro Paese, ma che ha troppe differenze tra Nord e Sud, mentre dobbiamo avere eccellenze ovunque. Sto parlando del sistema pensionistico che ci protegge nella vecchiaia. Sto parlando della necessità di investire nel nostro patrimonio culturale, nelle nostre infrastrutture e così via. Se gli italiani torneranno ad apprezzare i servizi pubblici che ci sono necessari, allora apprezzeranno anche quanto dobbiamo pagare come tasse per averli e si ribelleranno contro i furbi che evadono le tasse. Chi evade le tasse ruba ai cittadini onesti e impedisce a tutti di avere servizi pubblici di qualità quali meritiamo come cittadini di questo Paese. Io sono convinto che sia possibile risuscitare una coscienza civile in questo Paese ed è anche per questo che ho scritto il mio libro sulle tasse. 7
PASQUINO: «I PARTITI ITALIANI SONO ANCORA IN CRISI»
DI RAFFAELLA VENERANDO
È nato da pochi mesi l'esecutivo targato Matteo Renzi. Su questo nuovo presente e su altri aspetti propri della politica italiana degli ultimi tempi abbiamo "consultato" il Professore Emerito di Scienza Politica nell’Università di Bologna, Gianfranco Pasquino
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rofessore Pasquino, prima Monti, poi Letta e oggi Renzi: le elezioni per scegliere democraticamente il governo politico del proprio Paese nel nostro sono diventate demodé? È corretto dire che la sovranità in Italia spetta ancora al popolo? In nessuna delle democrazie parlamentari, il popolo sceglie il governo. Ve lo siete inventato voi italiani questo inesistente esito. Ovunque, nelle democrazie parlamentari, il popolo vota i parlamentari designati dai partiti. Contati i voti, si formano le alleanze e il capo del partito che ha più seggi diventa capo del governo. A determinate condizioni, può essere sostituito dal suo stesso partito anche quando gli altri partiti non lo gradiscono più. È sufficiente che, come scrive limpidamente la Costituzione italiana, il governo ottenga e mantenga la fiducia del Parlamento. Naturalmente, il popolo potrebbe pretendere di sceglierli davvero i parlamentari, cosa che non può fare con il Porcellum di Berlusconi e Calderoli e non potrà fare con il Porcellinum (liste sempre bloccate, ma più corte; premietto di maggioranza; pluricandidature, ma non in tutte le circoscrizioni) di Renzi e Berlusconi. Neppure nelle democrazie presidenziali, il popolo sceglie il governo. Elegge il Presidente che nomina i suoi ministri, ma che, poi, come dimostra il caso di Obama, se non ha la maggioranza in Congresso, non riesce a governare.
GIANFRANCO PASQUINO PROFESSORE EMERITO DI SCIENZA POLITICA UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
I partiti “tradizionali” sono - ormai da un ventennio - bollati come istituzioni in crisi di identità e leadership avendo perso il ruolo principale di «formazioni che promuovono la maturazione civile e l’iniziativa del popolo». Lei stesso - cito testualmente uno stralcio di una sua intervista con Costozero datata gennaio 2009 – li definì «organismi burocratici oppure populistici oppure padronali oppure clientelari oppure tutto insieme. Non hanno democrazia interna. Non incoraggiano la partecipazione. Non promuovono il merito». Intravede attualmente in tal senso qualche spiraglio di miglioramento? No, nei partiti italiani (ma nel resto
L'OPINIONE
il Paese”: in nome di questo sprone cosa dovrebbe prioritariamente fare il nuovo Esecutivo secondo lei? La richiesta dell’Europa, non della sola Germania, ma anche della Finlandia e della Svezia, dell’Olanda e della Gran Bretagna, è che l’Italia diventi un paese decente, affidabile, che prende impegni e li mantiene, che rispetta e attua le direttive dell’UE, che riforma il sistema giudiziario e riduce la corruzione. Sono cose che qualsiasi LA SQUADRA DI GOVERNO FONTE LABORATORIO FOTOGRAFICO CHIGI politico degno di questa qualifica dovrebbe cercare di fare d’Europa è tutta un’altra storia) non vedo alcun migliora- anche a prescindere dalle richieste provenienti dall’Europa. mento. Continua ad esserci un po’ di tutto: un paio di movi- Il nuovo (con la stessa maggioranza del vecchio, con quasi menti populisti, uno anche mediatico; un partito padronale; la metà dei ministri riconfermata: quanto nuovo sarà mai?) un partito tre quarti personale (il PD di Renzi) e un quarto esecutivo dovrebbe fare tutto quello che serve a rendere l’Iburocratico; qualche partitino clientelare. D’altronde, se talia un paese “giusto” che ricompensa e premia il lavoro e voi italiani continuate a pensare che la politica è una cosa il merito, che cerca di mettere tutti gli italiani in condizioni sporca e che i politici sono tutti corrotti, che la società co- di eguaglianza di opportunità, di studio, di lavoro, di vita. siddetta civile è migliore di quella politica, che la politica Chi le ha viste proposte di questo genere, in streaming o può essere fatto da chi vede le stelle e manda tutti a Vaffa, alle Invasioni Barbariche, a Palazzo Vecchio o a Palazzo non vi meritate niente di meglio. Soprattutto, non avrete Chigi? Please, mandatemi un paio di tweets. niente di meglio. Passando invece alle nuove metodologie della discussione politica, condivide la scelta di affidare importanti momenti anche di decisione e scelta a dirette streaming, lanci su twitter ed elezioni sul web? Assolutamente no. Le procedure democratiche non hanno proprio niente a che fare con la demagogia, con i terribili semplificatori, con chi cinguetta, ma non sa su che cosa, con consultazioni in rete fasulle che sono un misero surrogato di comici plebiscitarismi. La democrazia è dialogo, è discussione sull’agenda dei problemi e delle priorità, è confronto fra soluzioni, è votazioni regolamentate nelle quali nessuno perde mai tutte le volte e nessuno vince mai tutte le volte. Al contrario, la rete è una melassa spesso affollata da insulti.
IL GIURAMENTO AL COLLE DI MATTEO RENZI FONTE LABORATORIO FOTOGRAFICO CHIGI
“Ce lo chiede l’Europa, ce lo chiede 9
ALFANO: «L’ABUSIVISMO EDILIZIO È LA VERA PIAGA DEL NOSTRO TERRITORIO»
DI RAFFAELLA VENERANDO
Il presidente dell’Ordine degli Architetti di Salerno Maria Gabriella Alfano chiede una Salerno in cui le politiche urbane puntino sulla riqualificazione dell’edilizia esistente e sulla rigenerazione urbana, per innovare la città e migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti
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elle scorse settimane Ance, Geologi, Architetti e Legambiente hanno presentato “DissestoItalia: viaggio nel Paese che crolla”, l’inchiesta multimediale in cui si analizzano le dimensioni del dissesto idrogeologico in Italia, fenomeno purtroppo in ascesa nel nostro Paese. Salerno e il suo comprensorio non fanno di certo eccezione, come dimostrato anche dalla frana avutasi pochi giorni fa in Costiera che tuttora paralizza la circolazione stradale...ma qual è nello specifico la situazione e quali i rischi, gli interventi, i rimedi? Conosco l’iniziativa e sono convinta che rappresenti un grande passo in avanti perché, al di là della denuncia sullo stato del territorio italiano, promuove l’alleanza dei principali soggetti che hanno interesse ad affrontare il tema cruciale del dissesto idrogeologico. Per quanto ci riguarda da vicino, secondo i dati di Legambiente, il 19% del territorio campano è a rischio idrogeologico. La frana sulla statale amalfitana e quella più recente sulla statale 18 sono le ultime in ordine di tempo e si aggiungono agli oltre 11.000 dissesti, frane e smottamenti in atto nella nostra provincia. L’aumento di questi fenomeni che a volte si manifestano anche a fronte di eventi meteorici di modesta entità è connesso ad un uso del suolo non più sostenibile e alla mancanza di attività di prevenzione. Penso al mancato adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle indicazioni
MARIA GABRIELLA ALFANO PRESIDENTE ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI SALERNO
dei Piani di Bacino, alle costruzioni in zone a rischio, agli incendi boschivi, all’abusivismo edilizio che è la vera piaga del nostro territorio. In primo luogo va quindi promossa la cultura della legalità e del rispetto delle regole, insieme ad una maggiore cura dei nostri luoghi che sono parte di noi perché il territorio racconta la nostra storia. Più in generale nel tempo l’architettura si è evoluta per andare incontro o contro all’ambiente? Come è cambiato l’approccio al governo del territorio? Non è ammissibile costruire “contro” l’ambiente. Noi architetti ci stiamo battendo da tempo per garantire trasformazioni in sintonia con l’ambiente e per la qualità del co-
L'OPINIONE
struito. Tra le strategie messe in campo dal nostro Ordine vi è la promozione dell’edilizia a basso consumo energetico, capace di assicurare il benessere termico sia in estate, sia in inverno senza ricorrere a sistemi convenzionali quali i termosifoni e i condizionatori. Come sappiamo, oggi è possibile costruire edifici ad energia quasi zero, sfruttando le tecniche, le tecnologie e i materiali di ultima generazione. Crediamo anche nell’utilizzo delle fonti energetiche “pulite”, quelle che sfruttano il sole, il vento, l’acqua piovana, quelle che non inquinano l’ambiente. Un maggiore impulso va dato alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti, veri e propri colabrodo, che comportano elevati consumi ed emissioni inquinanti. Più in generale, considerando anche le normative strutturali entrate in vigore nel tempo, l’80% degli edifici del nostro Paese non è a norma. Questa situazione interessa anche gli edifici pubblici e ritengo importante che gli interventi di messa in sicurezza delle scuole siano ai primi posti nell’agenda del governo Renzi. Tornando al tema generale, sono convinta che le politiche urbane devono puntare sulla riqualificazione dell’edilizia esistente e sulla rigenerazione urbana, per innovare le città e per migliorare la qualità della vita dei loro abitanti. Il recente rapporto annuale del CRESME ha messo in evidenza che la nuova dinamica che caratterizza il ciclo delle costruzioni, con un trend in controtendenza rispetto alla flessione provocata sul settore dalla crisi, è quella trainata dall’attività di riqualificazione del patrimonio edilizio e dall’energy technology. Un nuovo importante impulso, quindi, all’economia che si aggiunge alla tutela ambientale e alla riduzione del consumo di suolo. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, è più che mai corretto parlare di “governo del territorio”. Prima c’era l’urbanistica, c’era lo zoning che individuava l’uso dei suoli; per l’attuazione della parte pubblica del Piano si faceva ricorso all’espropriazione. Siamo di fronte a nuove strategie per regolare le trasformazioni territoriali, fondate su strumenti urbanistici più flessibili e capaci di cogliere i bisogni della collettività. Sono anche convinta che sul successo del piano influisce fortemente il consenso di quanti devono attuarlo. E d’altra parte, oggi le scarse risorse finanziarie dei Comuni non consentono la realizzazione della “città pubblica” per cui sempre più spesso si coinvolgono soggetti e capitali privati. Un nuovo modello di governance, quindi, che non individua solo le trasformazioni possibili, ma anche le politiche capaci di garantirne l’attuazione. Non posso tuttavia non evidenziare che nella nostra provincia questa nuova modalità di governo del territorio stenta a decollare e che il procedimento di redazione e approvazione degli strumenti urbanistici dura mediamente dieci anni. Sono davvero troppi… Salerno negli ultimi anni sta cambiando fisionomia grazie a un fitto programma di trasformazione urbana di cui l’ultimo esempio è la costruenda Stazione Marittima: al di là dei giudizi di valore, come definirebbe l’anima urbanistica di Salerno?
Cosa manca alla città per diventare “grande” o cosa la città può vantare come plus distintivo rispetto ad altri luoghi? Quando incontro i rappresentanti di altri Ordini degli Architetti, capita spesso che mi chiedano di raccontare le trasformazioni di Salerno e delle opere progettate dagli architetti di fama internazionale. Quelli che sono venuti a Salerno per la prima volta hanno osservato che la città possiede il giusto equilibrio tra la dimensione metropolitana e quella della città media, legata alla cultura e ai valori di appartenenza a quel territorio. In effetti, anche parlando con i suoi abitanti, si percepisce il legame con i luoghi “chiave” di Salerno quali il Duomo, il Castello di Arechi, il Lungomare. Penso che sfruttare questa dicotomia possa rappresentare un punto di forza per le strategie di marketing su cui dovranno puntare le città del terzo millennio che dovranno diventare la vetrina di ciò che il territorio offre. A fine febbraio l’Ordine da lei presieduto ha organizzato una insolita manifestazione in cui il design è stato utilizzato come arma contro gli sprechi alimentari. Vuole raccontarci come? Quali sono stati gli esiti della manifestazione? Il tema centrale di “Salerno loves design” è stato il design utile, quello che aiuta la gente a vivere meglio. Un design declinato nelle sue varie applicazioni, dal cibo, agli arredi, alle automobili, all’illuminazione, ai componenti per l’edilizia. Un design industriale che deve trovare sbocchi concreti nella produzione e nella commercializzazione, per contribuire ad una nuova strategia produttiva per le PMI. Proponiamo di creare a Salerno un laboratorio avanzato di design, un centro di eccellenza in cui architetti, designer, creativi, progettino oggetti utili da proporre alle imprese per farli entrare nel ciclo produttivo. Un laboratorio di designer collegato con altri centri di eccellenza italiani ed esteri per offrire nuovo sbocchi professionali ai giovani del nostro territorio. La manifestazione, organizzata dal Comune di Salerno e dall’Ordine degli Architetti, con la partecipazione dell’atelier Perotti, aveva proprio lo scopo di porre il tema alla collettività e in particolare agli attori del processo produttivo per sondarne il gradimento. Elemento di punta dell’iniziativa è stato il noto designer milanese Gino Finizio che -in un affollatissimo Teatro Verdi- ha tenuto una coinvolgente lectio magistralis seguita dagli interventi di alcuni dei suoi prestigiosi amici. Ci auguriamo che il Sindaco di Salerno continui a condividere l’iniziativa per le ricadute positive che essa può avere sull’economia della città e del suo territorio. Allo stesso tempo registriamo con piacere l’interesse manifestato subito dopo l’evento da parte del Presidente di Confindustria Salerno Maccauro che ci sprona a proseguire nel percorso avviato. Con il Consiglio tutto continueremo ad impegnarci affinchè il percorso iniziato vada velocemente avanti. Possiamo fare di Salerno la città del design puntando su un valore aggiunto, che ormai rappresenta un importante elemento di competitività: la qualità ambientale del nostro territorio. 11
RICERCA E SVILUPPO: NUOVO CREDITO DI IMPOSTA PER LE IMPRESE
ALESSANDRO SACRESTANO TAX CONSULTANT PROGETTO ARCADIA SRL
Il meccanismo di funzionamento dell’incentivo premia l’incremento di spesa, agevolando chi sostiene attività di ricerca e sviluppo in via continuativa e con criteri amplificativi
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on la conversione in legge del Decreto Destinazione Italia, diventa formalmente operativo il nuovo credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo poste in essere dalle imprese nazionali. La norma (art. 2 del Decreto) fissa in 600 milioni di euro il tetto massimo di agevolazione concedibile per il triennio 2014-2016, e in 2,5 milioni di euro il limite annuale per singolo richiedente. I soggetti beneficiari dell’intervento sono tutti i titolari di redditi d’impresa con un fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato. Tra questi, anche i consorzi e le reti di impresa che effettuano attività di ricerca, sviluppo e innovazione. L’incentivo è riconosciuto nella misura del 50% degli incrementi annuali di spesa nelle attività di ricerca e sviluppo, registrati in ciascuno dei periodi d’imposta, a condizione che siano sostenute spese almeno pari a euro 50.000 in ciascuno periodo. Il meccanismo di funzionamento dell’incentivo premia, quindi, non la spesa, ma l’incremento di spesa. In tal modo, il Legislatore ha inteso premiare quelle imprese che sostengono attività di ricerca e sviluppo in via continuativa e con criteri amplificativi. Di fatto, l’incentivo non matura in un periodo se non sono state sostenute spese per almeno 50 mila euro e, comunque, se dette spese non risultano incrementali rispetto a quelle del periodo precedente. Le attività premiabili con il bonus vanno dai lavori sperimentali o teorici per l’acquisizione di nuove conoscenze fino alla produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Quanto ai costi agevolabili, sono ammissibili le spese sostenute per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, l’ammortamento di beni impiegati nelle predette attività e i costi della ricerca svolta in collaborazione con le università e gli organismi di ricerca. Il credito d’imposta riconosciuto non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione su F24. L’accesso al credito è regolato attraverso l’invio di un’istanza telematica. Per poterne fruire, tuttavia, è richiesto che l’impresa istante produca un’apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale, con certificazione da allegarsi al bilancio. Le spese sostenute per l’attività di certificazione contabile da parte delle imprese sono esse stesse ammissibili all’incentivo entro il limite massimo di euro 5.000. Sarà un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la coesione territoriale a chiarire le modalità di iscrizione delle spese in bilancio, quelle di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute e della coerenza delle stesse, nonché le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione dell'importo di cui l’impresa ha fruito indebitamente e le eventuali relative maggiorazioni.
CONFINDUSTRIA SALERNO
AGROALIMENTARE: PRESENTATE A SALERNO LE BUONE PRATICHE DI INNOVAZIONE DI RAFFAELLA VENERANDO
Come lo scarto può diventare risorsa
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o scorso 4 marzo Confindustria ha ospitato un seminario denominato “Innovazione nell’Agroalimentare: il caso del riutilizzo dei sottoprodotti alimentari”, iniziativa che rientra nel Piano formativo “FOR.IT – FORmazione per l’Innovazione tecnologica” finanziato da Fondimpresa e gestito dall’ATI tra SFC Sistemi Formativi Confindustria S.c.p.A, in qualità di capofila, e il Consorzio Meta, con il coinvolgimento attivo dell’Università degli Studi di Salerno – Dipartimento di Farmabiomed. L’incontro - introdotto e coordinato dal presidente del Gruppo Alimentare di Confindustria Salerno, Francesco Senesi – ha visto la presenza tra gli altri di Daniele Rossi, Amministratore Delegato Federalimentare Servizi e di Massimo Iannetta, Direttore Agroindustria Enea. Testimonial d’eccezione la “Cartiera Favini” che ha brevettato un processo produttivo di carte ecologiche utilizzando residui della lavorazione di frutta e vegetali (limone, arancia, mais, mela, oliva, alghe). L’ingegner Flavio Stragliotto, Mill Manager della Cartiera, ci ha raccontato come lo scarto può diventare risorsa.
PER FAVINI LA SOSTENIBILITÀ È UNA SCELTA CHE NON RIMANE SULLA CARTA
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a Cartiera Favini è maestra nel riuso innovativo: vuole raccontarci come nascono prima l’Alga carta e poi la carta Crush? Favini inventa l’Alga Carta agli inizi degli anni ‘90 quando la Laguna di Venezia era soffocata dal problema dell’eutrofizzazione. Le alghe a causa dell’inquinamento si svi-
luppavano durante il periodo estivo con una crescita enorme e fuori controllo, causando molti danni al turismo e alla pesca. In collaborazione con il Comune di Venezia, con Enea, e con l’Università di Ferrara nasce allora un progetto di ricerca industriale per il riutilizzo in carta delle alghe raccolte in laguna, finanziato dalla Comunità Europea tramite i finanziamenti > 13
LIFE per la ricerca. Il progetto ha successo e viene prodotta l’Alga Carta. L’alga viene raccolta in laguna, inviata all’essicazione e da qui arriva in cartiera dove tramite un mulino micronizzatore, viene trasformata e preparata per essere utilizzata in carta al posto delle fibre di cellulosa ricavate dalle foreste. Siamo di fronte ad uno dei primi esempi di sostenibilità: un prodotto vergine a lento rinnovamento (albero) viene sostituito da uno scarto, dando un contributo a risolvere un problema ambientale. Nasce una nuova filosofia originale Favini che va oltre la carta riciclata: riutilizzare in carta uno scarto, nobilitare quello che sarebbe diventato rifiuto, dandogli nuova vita, trasformandolo in una originale materia prima. Con il tempo lo stesso concetto viene trasferito in CRUSH. Nel modo agroindustriale sono presenti enormi scarti che fanno fatica a trovare collocazione e che finiscono in discarica. Sono scarti ricchi di fibra che potenzialmente possono essere utilizzati, una volta trasformati, nella produzione di carta. Viene messo a punto un nuovo processo, un nuovo brevetto Europeo, e vengono studiati scarti provenienti da diverse industrie (agrumi, mais, mandorle, caffè, olive, ecc.). Il prodotto viene arricchito di contenuti ambientali: certificazione FSC, energia verde idroelettrica, contenuto di fibre riciclate, con una percentuale di residui del mondo agroindustriale variabile dal 15 al 30%. Nascono progetti personalizzati con alcune importanti industrie del settore agroindustriale e il prodotto viene riconosciuto per il suo contenuto ambientale e innovativo dalle
FLAVIO STRAGLIOTTO
più importanti fiere del settore carta e packaging (es. Premio innovazione Luxepack di Montecarlo). Ci sono altre innovazioni sostenibili in via di realizzazione? Favini ha diversi progetti in corso sia legati a Crush (industrie del comparto agroalimentare che stanno valutando il riutilizzo in carta di scarti propri), sia mirati allo sviluppo di nuove carte che riutilizzano scarti industriali. In particolare stiamo lavorando nel settore tessile e in quello conciario. Agite in network con altri partner pubblico-privati? Abbiamo collaborazioni in corso con l’Università di Ferrara, l’Università di Padova, e diversi enti italiani e stranieri. In particolare con Ferrara partecipiamo e finanziamo un progetto di ricerca per l’utilizzo di microalghe nei processi di depurazione. Le alghe utilizzate per la depurazione delle acque, una volta raccolte vengono lavorate: da una parte vengono estratti prodotti per l’industria chimica, dall’altra le alghe esauste vengono essiccate e riutilizzate in carta. Secondo lei chi è il buon innovatore di domani? Il buon innovatore è colui che fa proprio il concetto di sostenibilità coniugandolo al meglio con le tendenze del mercato. Non è possibile proporre prodotti nuovi che non abbiano in considerazione la riduzione dell’inquinamento e la preservazione delle risorse del pianeta terra: dobbiamo garantire un futuro alle prossime generazioni. Nello stesso tempo il prodotto deve avere un successo sul mercato: pertanto non può non curarsi delle tendenze e della moda, deve essere un prodotto di qualità, che piace alla gente
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CONFINDUSTRIA SALERNO
IL PROGETTO HI-LIFE Verso uno sviluppo territoriale sostenibile e duraturo DI PIETRO CAMPIGLIA DIPARTIMENTO DI FARMACIA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
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a produzione agricola e l’industria della trasformazione sono particolarmente rilevanti e costituiscono un patrimonio per l’economia del territorio. Tuttavia, a fronte di tale ruolo propulsivo, emerge la criticità legata all’inquinamento ambientale derivante dagli scarti di lavorazione (il settore agro-alimentare costituisce uno dei comparti produttivi cui sono attribuite le più elevate produzioni di scarti a livello europeo). Al fine di preservare l’ambiente e recuperare opportunità economiche è necessario che le aziende acquisiscano consapevolezza dell’importanza del recupero e della massima valorizzazione dei sottoprodotti suscettibili di ulteriore impiego. Nell'area del Mediterraneo, gli scarti di maggiore rilevanza sono legati alla lavorazione dei cereali, del vino e delle olive e sono caratterizzati da specifici fitocomposti con attività antiossidante che possono trovare ampio impiego nel settore alimentare, cosmetico e farmaceutico. L’erronea classificazione dei sottoprodotti come rifiuti ha ostacolato in passato un corretto riutilizzo e reimpiego di questi, comportando la necessità di un loro smaltimento nelle discariche e aumentandone l’impatto ambientale correlato. Ne deriva che, oggi più che mai, i sottoprodotti non devono essere considerati rifiuti dal momento che trovano diverse possibilità di utilizzo soprattutto nell’ambito dell’industria alimentare e nutraceutica. In tale frame trova collocazione il progetto Hi-Life, il cui obiettivo è quello di recuperare e riutilizzare principi attivi dal materiale di scarto della lavorazione attraverso modelli e procedimenti tecnologici atti ad ottenere prodotti salutistici, sia alimenti funzionali che nutraceutici, e prodotti cosmeceutici innovativi. Tale progetto intende, da un lato, potenziare le attività di ricerca scientifica al fine di realizzare nuove tecnologie in grado di recuperare tali principi, garantendone la massima integrazione con le caratteristiche del tessuto produttivo locale e, dall’altro, implementare percorsi di formazione ad elevata specializzazione in grado di creare nuove competenze, sviluppare nuove figure professionali e potenziare le risorse umane aziendali. Parallelamente per le imprese si aprono numerose possibilità legate all’incremento del contenuto scientifico-tecnologico di prodotti e processi, all’innovazione del modello di business con conseguente riposizionamento competitivo, alla possibilità di intraprendere sentieri di crescita legati alla diversificazione del business in aree differenti da quella core. La disponibilità di nuove competenze, legata anche alla valorizzazione del capitale umano, il potenziamento del business, legato alla diversificazione della specializzazione produttiva, apre le porte a percorsi di crescita internazionale, orientate a diffondere il sapere locale e creare valore allargato. Nello specifico il progetto è riconducibile a due linee di intervento: ricerca e formazione. L’area della ricerca si esplicita su tre filiere agro-alimentari, rispetto alle quali sono state svolte attività di studio e caratterizzazione dei componenti e degli scarti di produzione: • MILK - FILIERA DEL LATTE • OLIVE OIL - FILIERA DELL’OLIO DI OLIVA • CITRUS: FILIERA DEGLI AGRUMI L’area formazione, invece, è articolata nelle aree di alta formazione, con l’obiettivo di creare figure profes- >
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sionali altamente qualificate, e nella formazione continua destinata alle risorse umane già impiegate all’interno delle imprese agroalimentari. L’alta formazione ha visto l’implementazione di due percorsi di studio differenti. Il primo, il Corso di perfezionamento professionale in NUTRACEUTICA (NUTRA-LiFE-HI), finalizzato alla formazione di figure professionali altamente qualificate e specializzate quali: “Esperto in Nutraceutica” e “Responsabile di funzione settore Pharma-Food”. Il secondo, invece, il Master Universitario di II livello in SCIENZA E TECNOLOGIA COSMETICHE (COSM – HI - Cosmetics for Health), finalizzato alla formazione di figure professionali altamente qualificate e specializzate quali “Esperti in Scienza e Tecnologia Cosmetiche” o “Responsabili di funzione in aziende cosmetiche, centri di servizio e di ricerca operanti nel settore dermocosmetico”. La formazione continua in azienda, invece, è stata effettuata con il coinvolgimento dei fondi interprofessionali e, nello specifico, di Fondimpresa con il Progetto For it nell’ambito dell’avviso 3/2011. Le aziende coinvolte hanno avuto l’opportunità di coinvolgere i propri dipendenti in attività formative volte ad accrescere le loro competenze in merito alle opportunità offerte dai nuovi prodotti e i nuovi processi derivanti dalle attività di ricerca. Un ruolo fondamentale nell’ambito del progetto è stato svolto dalle fonti di finanziamento che hanno permesso l’implementazione di tutte le attività. In primis le risorse del PON, in quanto il Progetto Hi-Life è finanziato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Ricerca e competitività 2007-2013” Asse I Sostegno ai mutamenti strutturali. Obiettivo operativo 4.1.1.1 Aree Scientifico-Tecnologiche generatrici di processi di trasformazione del sistema produttivo e creatrici di nuovi settori - Azione II- Interventi di sostegno della ricerca industriale – PON01_01499. In secondo luogo le risorse dei fondi paritetici interprofessionali, il cui obiettivo è il miglioramento della competitività delle imprese e il potenziamento dell’occupabilità dei lavoratori, con particolare attenzione agli interventi in materia di salute, sicurezza e innovazione. L’implementazione delle suddette attività è stata possibile solo grazie alla creazione di uno stretto collegamento fra le aree di produzione della materia prima (aziende agroalimentari coinvolte), le aree di ricerca e sviluppo tecnologico (Università) e le aree di utilizzo dei prodotti e delle tecnologie sviluppate. Solo attivando relazioni sinergiche è possibile rafforzare il potenziale scientifico-tecnologico delle PMI, migliorare il contesto innovativo e porre le basi per uno sviluppo territoriale sostenibile e duraturo.
CONFINDUSTRIA SALERNO
RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEGLI SCARTI ALIMENTARI Anche il DIIN dell’Università degli Studi di Salerno è impegnato in alcune sperimentazioni di grande interesse che hanno aperto o che potrebbero aprire nuove prospettive sul tema della gestione degli scarti industriali, con enormi vantaggi per l'ambiente DI MARISA DI MATTEO SCIENZE E TECNOLOGIE ALIMENTARI - DIIN - INGEGNERIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
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a ricerca sugli scarti alimentari è da sempre oggetto di accurato interesse da parte del DIIN dell’Università degli Studi di Salerno. In particolare, nell'ambito del progetto PON TOM cherry – che riguarda le innovazioni nel campo delle conserve di pomodoro - dagli scarti (bucce di pomodori) abbiamo messo a punto semplici ed economici sistemi di estrazione della cellulosa microcristallina da riutilizzare in campo alimentare e cosmetico. Anche sulla luteina sono tante le ricerche cui stiamo lavorando. Una per tutte quella avviata con l'azienda Rummo, nell'ambito del progetto Campus, nella formulazione di pasta funzionale i cui risultati sembrano molto buoni. Dagli scarti dei mercati ortofrutticoli abbiamo estratto poi coloranti naturali (verdi e rossi) con tecnologie green e siamo riusciti a stabilizzarli nei confronti della luce e dell'ossidazione in modo da poterli inserire successivamente in preparati alimentari. Sempre da scarti dell'industria agroalimentare abbiamo messo a punto una tecnologia semplice per la produzione di carte speciali, a partire dal pastazzo di scarti dei limoni utilizzati per la preparazione del limoncello. Abbiamo inoltre iniziato ad estrarre sia i coloranti, sia le molecole attive per la cosmetica dagli scarti della vendemmia e li stiamo stabilizzando. Questi sono solo alcuni dei risultati delle ricerche che stiamo conducendo sul recupero e la valorizzazione degli scarti alimentari.
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AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE, CONFRONTARSI PER SEMPLIFICARE
DI MARIAROSARIA ZAPPILE UFFICIO AMBIENTE CONFINDUSTRIA SALERNO
Per gli associati che avvieranno tale iter è già attivo presso gli uffici di Confindustria Salerno un servizio di orientamento e accompagnamento, che si raccorderà con gli enti per facilitare il percorso
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A.U.A. è il provvedimento istituito dal Dpr 13 marzo 2013, n. 59 che incorpora in un unico titolo diverse autorizzazioni ambientali previste dalla normativa di settore. Il decreto individua un nucleo base di sette autorizzazioni che possono essere assorbite dall'A.U.A., cui si aggiungono gli altri permessi eventualmente individuati da fonti normative di Regioni e Province autonome. Soggetti ad A.U.A. le piccole e medie imprese come definite dal Dm 18 aprile 2005 e gli impianti non soggetti alla disciplina dell'A.I.A. (Autorizzazione integrata ambientale). I contenuti del provvedimento, e in particolare l’iter procedurale per il rilascio dell’autorizzazione, sono stati approfonditi in occasione dell’incontro informativo organizzato da e presso Confindustria lo scorso 21 febbraio. Sono stati, inoltre, illustrati gli esiti delle attività realizzate da Confindustria Salerno con gli enti che, a vario titolo, partecipano all’iter autorizzativo al fine di risolvere le criticità e i problemi applicativi registrati; in particolare, è stato presentato il percorso di semplificazione condiviso e attuato unitamente alla modulistica concordata. Hanno partecipato, in qualità di relatori: Annalisa Oddone di Confindustria; Giuseppe D’Acunzi, dirigente settore ambiente e Giuseppe Irace, responsabile servizio A.U.A. dell’Amministrazione provinciale di Salerno; Antonello Barretta, Dirigente UOD Autorizzazioni Ambientali e rifiuti Salerno - Regione Campania; Francesco Petrosino, Direttore tecnico Autorità d’ambito Sele e Giovanni Marcello, dirigente ufficio scarichi in pubblica fognatura - Autorità d’ambito Sarnese Vesuviano. I lavori sono stati coordinati da Antonio Ferraro, delegato ambiente e sicurezza di Confindustria Salerno. Restando in tema, segnaliamo che per il prossimo 10 aprile, presso la sede di Confindustria Salerno, è stata organizzata una ulteriore giornata di approfondimento indirizzata ai SUAP della provincia di Salerno. L’obiettivo è garantire gli strumenti conoscitivi necessari ad affrontare l’avvio dell’iter procedurale, condividendo un patrimonio informativo comune. Confindustria Salerno, nella persona dell’ingegnere Antonio Ferraro, che ha coordinato le menzionate attività, ha fortemente voluto la condivisione di questo percorso con i soggetti interessati, che hanno garantito una preziosa collaborazione, per assicurare alle imprese un supporto concreto. A conferma di ciò, per gli associati che avvieranno tale iter, presso gli uffici di Confindustria Salerno, è già attivo un servizio di orientamento e accompagnamento, che si raccorderà con gli enti per facilitarne il percorso. Quanto concordato e realizzato incontra le esigenze delle imprese sul fronte della storica richiesta di snellire e semplificare le procedure e i relativi oneri. Si tratta di iniziative che, unitamente ad altre realizzate e in fase di attuazione, confermano l’impegno dell’Associazione a garantire un supporto utile, finalizzato a migliorare la gestione degli adempimenti ambientali che richiedono competenze e uno sforzo sempre maggiore di coordinamento e dialogo tra soggetti interessati.
CONFINDUSTRIA SALERNO
CHANGENERATION, E L’IMPRESA CONTINUA…
DI MASSIMILIANO PALLOTTA SEGRETERIA GRUPPO GIOVANI CONFINDUSTRIA SALERNO
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pesso la prima opportunità per un giovane imprenditore si presenta alla porta quando deve ereditare la guida dell’azienda di famiglia. Studi sul tema dimostrano come in questa fase delicata il fallimento sia dietro l’angolo, imputabile alla mancata programmazione e gestione del ricambio generazionale che mette in discussione la continuità aziendale e la sicurezza di chi nell’azienda presta il proprio lavoro. Le difficoltà poi si intensificano quando l’impresa è di natura familiare e di ridotte dimensioni. Così quello che dovrebbe essere gestito come un importante processo di cambiamento, finisce per diventare un problema anziché un’opportunità di sviluppo. Per meglio preparare i giovani a questo momento il 27 febbraio scorso è partito il percorso formativo specialistico per la continuità di impresa familiare “ChanGEneration/Skill building”, promosso da Confindustria Salerno, finanziato dalla Camera di Commercio di Salerno e attuato dal Dipartimento di Studi e Ricerche Aziendali dell’Università degli Studi di Salerno. Il progetto - aperto a 25 imprenditori salernitani selezionati mediante bando - prevede una attività d’aula per un totale di n. 70 ore, strutturata su tecniche di formazione esperienziale indoor e outdoor (50 ore) e su incontri tecnici seminariali (20 ore). Le lezioni si svolgeranno presso la sede di Confindustria. Per la professoressa Carmen Gallucci del Distra è “continuità” la parola chiave: «Il corso è incentrato proprio su come garantire continuità all’azienda, anche attraverso tecniche di apprendimento esperienziale». Per Stefania Rinaldi del Raggruppamento Femminile di Confindustria Salerno il percorso formativo, invece, «è un’importante iniziativa perché da imprenditori sappiamo bene come, oggi ancor di più, il passaggio generazionale sia un momento di cruciale importanza nella vita aziendale, e quindi ci è sembrato opportuno e necessario dare vita a un percorso che fosse in grado di supportare le aziende in questo delicato momento». Gennaro Lodato, Presidente dei Giovani Imprenditori salernitani e “corsista” rimarca infine come: «lasciare il timone ad un figlio è spesso per l’imprenditore una decisione difficile e vista come un dover abbandonare la gestione dell’impresa che ha creato e in cui si identifica. I figli spesso sentono il peso di questa scelta che se però ben gestita da ambo le parti non può che condurre al successo. I fatto poi che l’Arlas, l’Agenzia per il Lavoro e l’Istruzione della Regione Campania sia tra i partner di questa iniziativa la dice lunga su quanto il tema sia sentito dalle forze del territorio». 19
LO SPEED DATE DEL GREEN ECONOMY NETWORK
DI ORESTE PASTORE COORDINAMENTO OPERATIVO GREEN ECONOMY NETWORK CONFINDUSTRIA SALERNO
Le quindici aziende partecipanti in due ore hanno effettuato un totale di 210 incontri, attraverso una modalità innovativa e veloce che consente di ottimizzare i tempi di presentazione e di contatto
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i è svolto il 19 marzo scorso, in Conf industria Salerno, il primo Business Speed Date delle Aziende del Green Economy Network recentemente costituito in Associazione. Lo "speed date" è comunemente uno strumento usato per incontrare "al buio" diverse persone di sesso opposto in una unità di tempo ben definita. Se nasce un interesse più profondo verso una di queste, lo si può poi approfondire successivamente. In questa occasione, però, a incontrarsi sono state le imprese del Green Network: i partecipanti sono stati fatti sedere uno di fronte all'altro per raccontare la propria azienda in 5 minuti. Le 15 imprese che hanno partecipato al Business Speed Dating in due ore hanno effettuato un totale di 210 incontri, tra imprenditori appartenenti a diverse categorie e con diverse esigenze, ma tutte attive o con progetti nell'economia “verde”. Una formula veloce e al passo con i tempi, utile per consentire agli imprenditori di valorizzare, in modo rapido ma efficace, la presentazione del proprio business. In apertura dell'iniziativa, è stato presentato poi ai presenti, dagli Organizzatori, SAM - Smart Expo Ambiente Mediterraneo, la Fiera delle economie smart e green, che si terrà a Salerno in settembre, con il patrocinio della nostra Associazione.
STRATEGIE D'IMPRESA
APPRENDERE SPERIMENTANDO, ISTRUZIONI PER L’USO: IL METODO VIRVELLE DI RAFFAELLA VENERANDO
Uno dei moduli più riusciti di outdoor è il “Sailing Training”, concepito e progettato per dare la possibilità ai partecipanti di sperimentare diverse modalità di coordinamento e di lavoro in squadra. La barca produce uno scenario in cui diventano necessarie l’efficacia e la condivisione della comunicazione in situazioni di elevato
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rasformare ogni azione didattica in un’esperienza formativa per facilitare il processo di apprendimento. Così si sviluppano al meglio le potenzialità personali e del gruppo perché si mettono in gioco tutte le energie disponibili, imparando a fronteggiare l'incertezza dell'ambiente esterno (o della nuova situazione simulata in indoor) in vista dell'obiettivo da raggiungere. É questo, in sostanza, il format che muove l’experiential learning di Virvelle nello sviluppo delle risorse umane che utilizza metodologie formative in grado di amplificare la componente esponenziale pur sostenendo, contemporaneamente, il trasferimento di opportune nozioni. Diverse case histories di successo in modalità outdoor hanno dato vita a incisivi e virtuosi programmi di sviluppo professionale e personale grazie all’utilizzo di metafore formative create in contesti
lontani da quelli aziendali, cosi da rilevare il comportamento della persona. Tra queste Leadership for Challenge, percorso formativo realizzato attraverso Fondirigenti e in collaborazione con Federmanager e Confindustria Salerno, incentrato sullo sviluppo delle capacità manageriali che ha visto coinvolti dirigenti di rilievo di piccole e medie imprese del territorio. L’iniziativa ha avuto come obiettivo quello di comunicare, attraverso un’azione combinata di formazione d’aula (svolta presso l’azienda vitivinicola i Feudi di San Gregorio) e outdoor training, “gli elementi costitutivi della leadership”. In particolare si è messo in luce lo sviluppo delle competenze e il sistema di atteggiamenti che def iniscono il modello di leader dei processi aziendali nonché lo sviluppo e la capacità di integrazione relazionale del gruppo in >
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modo da poter formare i manager nella “gestione eff icace” dei processi organizzativi interni all’azienda. Il format sviluppato con Massimiliano Marcaccini si è sviluppato su 40 ore di corso. Particolarmente signif icativo il modulo di outdoor fatto in barca a vela nel golfo di Salerno Il “Sailing Training” è stato concepito e progettato per dare la possibilità ai partecipanti di sperimentare diverse modalità di coordinamento e di lavoro in squadra. La barca produce uno scenario in cui diventano necessarie l’eff icacia e la condivisione della comunicazione in situazioni di elevato stress. A questo si aff iancano i vincoli di tempo, la necessità di agire e l’aspetto relazionale. Il singolare mix fra obiettivo, relazione e comunicazione ha permesso ai partecipanti di sperimentarsi consapevolmente nelle dinamiche che riguardano la gestione dei compiti e le relazioni umane. Si sono, dunque, alternati momenti d’aula a fasi esperien-
ziale concludendo il piano con una giornata di de brief ing per contestualizzare i comportamenti oggetti di formazione. Altra best practice, f irmata Virvelle, è stata il team building per Luxottica: noto brand della moda. Il team commerciale della multinazionale si è ritrovato nel golfo di Salerno per una giornata di incentive. Chiara e precisa la metafora utilizzata: lavorare come un equipaggio ben aff iatato si può superare qualsiasi burrasca. Sedici, tra agenti e risorse interne alla rete sales di Luxottica, hanno provato l’esperienza di un outdoor lungo la costiera amalf itana. Un’esperienza più che signif icativa da provare con i colleghi di lavoro: regata con partenza nelle acque antistanti il porto di Salerno adiacente a Vietri. Le due imbarcazioni sono entrate subito in competizione e all’arrivo ad Amalf i i vincitori sono stati premiati con le medaglie raff iguranti il logo del 50° anniversario di attività della Luxottica.
SALONE DEL PACKAGING SOSTENIBILE, BUONA LA PRIMA
DI RAFFAELLA VENERANDO
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i è svolto - dal 27 al 29 marzo 2014 alla Mostra d’Oltremare di Napoli - il primo salone del packaging sostenibile, promosso da 100 % Campania, rete d'imprese per la recycling society e Spazio alla Responsabilità, Associazione per la diffusione della RSI in Campania in collaborazione con Comieco- Consorzio Nazionale Recu-
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pero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica. L'evento è nato infatti su iniziativa della Rete per il packaging sostenibile - 100 % Campania - al f ine di diffondere i benef ici, ambientali sociali ed economici per il territorio, di un ciclo di trasformazione locale e promuovere l’incontro tra la domanda e l’offerta di prodotti e servizi, innovativi
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STRATEGIE D'IMPRESA
ALDO SAVARESE, PRESIDENTE RETE 100% CAMPANIA
e sostenibili, nell’ambito del recupero, riuso e riciclo delle materie prime seconde. «Il nostro obiettivo – ha dichiarato Aldo Savarese, presidente della Rete 100 % Campania - sta nel creare un importante momento di incontro e di confronto sui vantaggi degli imballaggi industriali realizzati rispettando l’ambiente e le persone. Non possiamo più rimandare l'occasione di generare valore dalla raccolta differenziata fatta sui nostri territori
a vantaggio di imprese e istituzioni, cittadini e consumatori». In Campania ogni anno vengono raccolte 150,000 tonnellate di macero di carta: se fossero destinate integralmente al riciclo di prossimità per produrre packaging per le aziende campane si creerebbero 450 posti di lavoro, senza considerare l’indotto, i consistenti benef ici ambientali e di riduzione dei costi. All’interno del salone, area espositiva e convegni hanno ospitato produttori e utilizzatori di packaging sostenibile, insieme ai consorzi di f iliera, per mostrare come hanno realizzato il riciclo di prossimità partendo dalla raccolta differenziata di aziende e cittadini e come sia possibile sviluppare clienti e mercati soddisfacendo le richieste di sostenibilità ed innovazione lungo la supply-chain. A scandire la tre giorni dell'evento, un intenso programma di convegni e workshop mirati a diffondere i vantaggi degli imballaggi industriali realizzati nel rispetto dell’ambiente e delle persone creando valore per le aziende, i clienti ed il territorio; un importante occasione di confronto per sensibilizzare tutti gli attori coinvolti sulla necessità di rivedere, secondo obiettivi di creazione di valore sostenibile, le modalità di produzione, distribuzione ed utilizzazione degli imballaggi industriali.
LA RETE 100% CAMPANIA
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a Rete per il packaging sostenibile 100% Campania è composta da Cartiera Partenope SpA, Cartesar SpA, A Sada & Figli SPA, Sada Packaging srl, Sabox srl, Formaperta srl e Greener Italia srl, tutte aziende campane operanti nella filiera della carta con circa 200 milioni di fatturato ed oltre 400 dipendenti. Le aziende della Rete hanno unito risorse e competenze per innovare e gestire su base territoriale la raccolta delle materie prime seconde necessarie alla produzione di packaging ed altri prodotti, attuando il principio del riciclo di prossimità. Possono offrire a clienti industriali e della GDO la possibilità di utilizzare il proprio stesso macero per produrre il loro packaging, un ciclo chiuso che riduce lo sfruttamento delle risorse naturali, le emissioni e la generazione di rifiuti.
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A CURA DELLA REDAZIONE COSTOZERO
STUDIO GAROFALO & PARTNERS: ORGANIZZARE PER INNOVARE
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STUDIO INGEGNERIA INTEGRATA GAROFALO & PARTNERS SRL Corso V. Emanuele, n°170 84122 Salerno tel. +39 089.9954017 fax +39 089.9954051 www.garofaloandpartners.com
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o Studio Garofalo & Partners è una società di ingegneria dinamica e orientata all'applicazione delle nuove tecnologie in tutti gli ambiti di competenza. La progettazione e la direzione lavori è fondata sulla metodologia del project management secondo l'inquadramento strutturato dal Project Management Institute. L'innovazione è l'asse portante delle attività. Tutte le più grandi società del mondo hanno costruito il proprio successo sull'innovazione e sulla capacità di organizzazione. Lo Studio di Ingegneria Garofalo & Partners ha compreso questo aspetto fondamentale e aiuta aziende medio grandi a dar corpo a questa idea: organizzare per innovare. Le unità di business sono: - ICT; - Health ICT; - Progettazione, Direzione e Collaudo lavori ICT; - Sicurezza, Crittografia e Privacy; - Informatica forense; - Sistemi di certificazione aziendale; - Internazionalizzazione. Entrando nel cuore operativo delle aziende, lo Studio realizza analisi, sia orizzontale, sia verticale effettuando uno screening delle tecnologie e delle procedure digitali e non. La Garofalo & Partners ha sposato la politica del sistema di gestione qualità , interpretandola come "virus" nei processi e nelle operatività stilando così piani di analisi in base ai quali vengono indicati i fattori critici e proposte scelte di processo e tecnologiche per superarli. Lo Studio propone anche innovazione sia organizzativa, sviluppando tecniche
di change management, sia prettamente tecnologica e sviluppo di prodotto. Inoltre la Garofalo & Partners segue il progetto fino al raggiungimento dell'obiettivo con tecniche del project management secondo l'inquadramento PMP. Con un occhio particolarmente clinico in tema di sicurezza, sia tecnologica che di processo, effettua analisi spinte e test specifici per la verifica della tenuta dei sistemi e in generale delle informazioni "personali" e "strategiche". La filosofia è far entrare l'innovazione nelle aziende come spirito, utilizzando modelli innovativi basati sul Web 2.0 e sulle nuove frontiere delle logiche ontologiche e semantiche. La piattaforma più utilizzata nelle attività di performance management è Lotus Notes. Lo Studio ha sviluppato molti applicativi per la gestione integrata del business aziendale proponendo attività orientata per la gestione di: Contratti, documenti strutturati, Gestioni legali e assicurativi, Documentazione tecniche, Anagrafiche per la gestione human resource, Fatturazione elettronica, Gestione workflows verticalizzati, Gestione document management. Il punto di forza è la capacità di sviluppare soluzione ad hoc a seconda delle diverse esigenze del cliente, ponendo un forte accento alla sicurezza. Il modello di gestione ICT è il COBIT. In particolare vengono implementati modelli ITIL nel caso di strutture molto grandi e dove è opportuno adottare politiche di change management. Health ICT - Nel mondo della sanità la Garofalo & Partners ha competenze di processo e tecnologiche che abbracciano i sistemi più complessi
NEW ENTRIES
come Ris, Pacs, Lis Sala Operatoria, Pronto soccorso etc… Le esperienze maturate sul campo e su specifici ambiti tecnici ci ha permesso di diventare leader in ambito consulenziale e innovatori di processo. Sicurezza, Crittografia e Privacy - Lo Studio affronta la sicurezza a 360° con un piano sinergico che inizia con la pianificazione della sicurezza fisica e armata per giungere allo hacking etico. Il suo staff tecnico è in grado di effettuare diverse tipologie di crittografia in difesa del know how aziendale sia in ambito di procedure software che su layer ISO. L'esperienza nel mondo Privacy si evolve dal mondo militare fino a quello
sanitario per giungere a diversi confronti sul campo con i nuclei operativi della Guardia di Finanza del Garante Privacy. Informatica forense - Diverse sono le competenze nell’analisi di device e personal computer che consentono di effettuare analisi anche su networking evoluti per il discovery di attività specifiche di indagine. Internazionalizzazione - Lo Studio ha basi operative e legali in altri paese europei come UK e Svizzera, nonché relazioni dirette con Malta. Tramite questa rete relazionale la Garofalo & Partners è capace di essere di supporto alle Aziende su queste piattaforme di business internazionale.
CMP LASER, PRECISIONE E AFFIDABILITÀ SI SALDANO L’UNA ALL’ALTRA
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CMP LASER SRL Via Provinciale Amendola, 205 84087 Sarno (SA) Tel. 081. 96 63 63 Fax 081 0106914 www.cmplaser.com cmplaser@alice.it
a CMP Laser Srl è una azienda metalmeccanica dedita alla lavorazione della lamiera per conto terzi e ai servizi ad essa connessi: taglio laser, piegatura, attività di carpenteria medio leggera, saldatura. Lo stabilimento ha un’ampiezza di circa 2000 metri quadrati ed è dotato di macchinari a tecnologia innovativa. Nell’aria taglio troviamo due impianti di taglio laser: • Impianto taglio laser Bystronic BY SPRINT avente un campo di lavoro 3050x1520 con potenza di 3200 Watt e carico lamiere automatico. • Impianto taglio laser Bystronic BY SPEED avente un campo di lavoro di 3050x1520 con una potenza di 4400 Wat, completamente automatico per carico delle lamiere e sia per scarico dei particolari finiti a disegno direttamente su pallets. Le macchine della CMP Laser permettono di tagliare fogli di lamiera in acciaio INOX fino a uno spessore 15 millimetri, acciaio DC01 fino a 20 millimetri, alluminio, rame, ottone. L'azienda è dotata inoltre di sega a nastro, troncatrici a disco, levigatrici e satinatrici per acciaio INOX. Nell’area piegatura vi sono pressopiegatrici CNC a grado di precisione ±0,05 con lunghezze max di piega fino a 3 metri e potenze fino a 120 Ton; saldatrici Mig e Tig con impianto di raffreddamento, maschiatrici e svasatrici. In collaborazione esterna la CMP Laser effettua lavorazioni di verniciatura a polvere epossidica e trattamenti galvanici. Oltre al parco macchine, l'azienda di Sarno vanta un personale qualificato, disponibile, esperto e dotato di tecnologie di disegno CAD CAM e CAD per soddisfare al meglio ogni esigenza della clientela.
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IL QUADRO CONGIUNTURALE DELLA MARITIME ECONOMY
ALESSANDRO PANARO RESPONSABILE INFRASTRUTTURE E LOGISTICA SRM
Un settore in crescita che rappresenta un colossale business, talvolta sottovalutato perché è geograficamente frammentato in quasi 1.300 terminali in tutto il mondo
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L’
Economia Marittima è da tempo ormai uno dei punti di forza della Campania e del Mezzogiorno. Una idea precisa del suo peso la danno i dati più significativi dell’Osservatorio Congiunturale inserito nel nuovo progetto di ricerca di SRM che risponde al nome di srm-maritimeconomy.com il nuovo portale scientifico che invito tutti a visitare. Il rallentamento della crescita economica mondiale continua a riflettersi sui mercati marittimi che, sin dall’inizio della crisi finanziaria del 2008, registrano andamenti poco fortunati sui quali incide notevolmente anche il surplus di offerta di naviglio rispetto alla domanda. Il 2013 potrebbe essere considerato un anno di transizione, in vista di graduali miglioramenti del mercato che in gran parte dipendono dalla domanda dei paesi asiatici e dall’evoluzione dei mercati dell’energia. Nel 2012 e nei primi mesi del 2013 si è rilevato l'aumento globale degli scambi commerciali per via marittima principalmente dovuto alla crescente domanda interna in Cina e alla crescita degli scambi intra-asiatici e di quelli Sud-Sud. A tale incremento non ha tuttavia parallelamente corrisposto un aumento della redditività dell'industria del trasporto marittimo, gravata dalla debolezza dell'economia globale e dalla generalizzata situazione di oversupply: l’aumento percentuale dell’offerta di stiva continua ad essere maggiore rispetto alla crescita della domanda di trasporto, per tutte le categorie di merci. L'UNCTAD ha evidenziato che nel 2012 per la prima volta in oltre un decennio, il numero delle navi entra-
te in servizio sia diminuito rispetto al totale dell'anno precedente. Il più grande ciclo di costruzione navale nella storia, con una capacità di carico della flotta mondiale che è più che raddoppiata tra il 2001 e il gennaio 2013 ha quindi cominciato a registrare un rallentamento, ma anche in presenza di un minor numero di nuove navi, la capacità tonnellaggio mondiale ha continuato a salire totalizzando nel periodo gennaio 2013/gennaio 2012 una crescita del 6%. Questo è un effetto della scelta dei carrier di ricorrere a navi sempre più grandi, il cosiddetto gigantismo. Al trend di crescita delle dimensioni e della capacità delle navi mercantili si affianca la tendenza ad una riduzione del numero delle compagnie di navigazione del settore di linea che servono ciascuna nazione. Sulla base del Liner Shipping Connectivity Index (LSCI), l'indice elaborato dall'UNCTAD per valutare l'accessibilità marittima delle nazioni che è ormai giunto a raccogliere i dati (numero di navi che scalano i porti nazionali e loro capacità, numero di compagnie armatoriali e di servizi offerti per ciascuna nazione, ecc.) di un intero decennio, il numero medio di vettori/compagnie marittime per singola nazione è diminuito del 27% nell'ultimo decennio scendendo da 22 nel 2004 a 16 all'inizio del 2013. Il 2013 ha visto poi confermarsi un’altra strategia intrapresa dai grandi carrier, lo slow steaming, ovvero la riduzione della velocità commerciale, scesa dai circa 28 nodi di un tempo ai 18 e in alcuni casi anche a velocità inferiori, realizzando grandi risparmi economici e anche ambientali. Questa pratica è
REPORT
stata utilizzata per la prima volta nel 2010 dalla danese Maersk, di fronte al calo dei noli e all’aumento del prezzo dei carburanti che, nel giro di pochi anni, erano quasi triplicati. I risparmi in termini di carburante sono notevoli, le navi più grandi possono ridurre le spese anche di un paio di milioni di dollari nel solo viaggio tra l’Asia e gli Stati Uniti e l’esempio di Maersk è presto diventato contagioso, estendendosi ai concorrenti. Una rivoluzione che è fatta per restare, al punto che i maggiori player del settore hanno già messo in cantiere navi più adatte a viaggiare a quelle velocità, che mettono in difficoltà eliche e motori calibrati e ottimizzati per le velocità superiori. Il beneficio dello slow steaming tuttavia non è tale, da solo, da consentire un miglioramento complessivo dei bilanci dei carrier. Il problema per il settore è infatti quello della sovra-capacità delle flotte ed è destinato a durare a lungo, perché se è vero che nel triennio 2005-2008 l’orderbook di navi portacontainer era pari al 50-60% della flotta già attiva sul mercato, ancora oggi questa percentuale si attesta intorno al 20%. Con l’obiettivo di razionalizzare i costi, dal 2014 i 3 principali carrier mondiali, Maersk (Danimarca), Msc (Svizzera-Italia) e CmaCgm (Francia) metteranno in comune 29 linee e 255 navi dando vita ad un’alleanza operativa denominata P3. I tre leader del settore sopra ricordati detengono il 40% dei traffici globali, una concentrazione che risulta speculare nel settore portuale, visto che molti terminal sono gestiti dagli stessi armatori del tutto o con partecipazioni rilevanti, al punto che ben 35 paesi costieri sono serviti esclusivamente dai tre operatori maggiori. Entrando nel dettaglio dell’andamento dei singoli segmenti del
trasporto marittimo, per le rinfuse solide, il Baltic Dry index nel 2013 si è chiuso con una media di 1228, in netta ripresa negli ultimi mesi dell’anno, e in aumento rispetto al 2012, anno che si è rivelato particolarmente difficile per lo shipping, in cui si è registrata una media del BDI di 921. In realtà il trend del BDI non è stato, nel corso del 2012 e della prima metà del 2013, strettamente correlato all’andamento del mercato delle merci secche alla rinfusa che - nonostante i tassi di crescita della maggior parte dei Paesi non siano stati particolarmente elevati- ha fatto registrare tassi di crescita incoraggianti. In particolare, sebbene la situazione economica in Europa, gravata dalla crisi dei debiti pubblici e le conseguenti misure di austerity, riduca il potenziale di crescita della domanda di trasporto, la crescita del trasporto di rinfuse solide si è comunque verificata attestandosi nel 2012 intorno al 5%. Il problema anche di questo comparto, come già anticipato in precedenza, e che si manifesta abbassando il livello dei noli, concerne l’oversupply. Il segmento del trasporto marittimo di gas liquefatto è quello che ha performato meglio nel 2013: il consolidamento del mercato è stato supportato principalmente dal consistente flusso in esportazione dal Medio Oriente e la forte crescita della domanda asiatica, in particolare giapponese e sudcoreana. Tuttavia anche questo comparto è penalizzato, come l’intero mercato delle rinfuse liquide, dall’eccesso di stiva. Le merci containerizzate rappresentano il segmento più dinamico per le numerose strategie poste in essere dai grandi carrier, alcune delle quali già accennate in precedenza, rese necessarie per continuare a rimanere nel mercato e migliorare >
CONCENTRAZIONE DELLE IMPRESE LOGISTICHE NELLE MACROAREE, FONTE : SRM SU MOVIMPRESE
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Peso del Mezzogiorno
Peso del Mezzogiorno
2,23
2,41
TEU MOVIMENTATI DAI PORTI DEL MEZZOGIORNO RISPETTO AL TOTALE ITALIA DATI AL 1° SEMESTRE 2013, FONTE: SRM SU AUTORITÀ PORTUALI
la redditività. Alla ricerca di economie di scala, infatti, continua il ricorso al gigantismo: nell’anno appena trascorso sono state consegnate le prime navi con capacità di 18.000 teus e nel gennaio 2014 è arrivato l’annuncio che la compagnia armatoriale cinese China Shipping Container Lines (CSCL) ha ordinato al gruppo navalmeccanico sudcoreano Hyundai Heavy Industries (HHI) cinque nuove portacontainer da 19.000 teu, che saranno le più grandi unità della flotta mondiale. Le navi saranno lunghe 400 metri e larghe 58,6 metri e saranno completate tra il novembre 2014 e il primo trimestre 2015. L’ultimo rapporto annuale di Drewry sugli operatori terminal container globali e internazionali mostra che il settore rimane dinamico e redditizio, ma che numerosi cambiamenti sono anche in corso. Tutti gli operatori dei terminali devono affrontare la sfida della crescita su due fronti: la crescita della domanda dei container e la crescita in dimensioni della nave. Il rapporto stima che la domanda container globale per i porti, nonostante la debolezza dell’economia, sarà superiore a 800 milioni di teu all'anno entro il 2017, in crescita di poco più del 5% all’anno. Si tratta quindi di un settore che rappresenta un colossale business, talvolta sottovalutato perché è geograficamente frammentato in quasi 1.300 terminali in tutto il mondo. Allo stesso tempo, le dimensioni delle navi container stanno aumentando in modo vertiginoso. La dimensione della nave portacontainer più grande della flotta mondiale è quadruplicata in dimensioni dal 1992, e nella tratta Asia-Europa è raddoppiata negli ultimi 10 anni. Per chi volesse approfondire il tema, nel mese di Giugno SRM presenterà il suo primo Maritime Economy Report su www.sr-m.it.
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GOOD • +5% MEDIO ALL’ANNO: PREVISIONI DI CRESCITA TRAFFICO CONTAINER AL 2017 A LIVELLO MONDIALE; • +4,4%: PERFORMANCE DEI PORTI ITALIANI NEL SEGMENTO DEI CONTAINER AL 1° SEMESTRE 2013; • +1,1%: INCREMENTO QUOTA SOCIETÀ DI CAPITALE NEL SETTORE TRASPORTI E LOGISTICA IN ITALIA.
…..AND BAD • -5%: INTERSCAMBIO MARITTIMO ITALIA NEI PRIMI 9 MESI 2013; • -4,5%: TONNELLATE DI MERCI MOVIMENTATE NEI PRINCIPALI PORTI EU-28 NEL 1° TRIMESTRE 2013; • -5,5%: CALO DEL FATTURATO DELLE IMPRESE DI TRASPORTO E LOGISTICA IN ITALIA NEL 2012
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ELEFANTE: «LE TASSE IMPOVERISCONO IL PATRIMONIO IMMOBILIARE»
DI RAFFAELLA VENERANDO
Bisogna creare le basi per una nuova politica abitativa. Il piano casa è un buon inizio, ma molto si dovrà fare sulla pressione fiscale, che ha una grossa responsabilità nel rilancio del mercato
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n quale fase si trova attualmente il mercato immobiliare italiano? Nel 2013 il mercato residenziale italiano ha registrato un totale di 403.124 transazioni, -9,2% rispetto al 2012 (fonte Agenzia del Territorio). Una variazione ancora negativa, ma che si distanzia nettamente rispetto al -25,8% registrato nel 2012, paragonato al 2011. Con fiducia vediamo che il trend in discesa sta rallentando: in particolare si sono registrate 94.555 transazioni nel I trimestre e 108.683 nel II trimestre, rispettivamente -14,1% e -9,2% a confronto con gli omologhi trimestri del 2012. I dati del III trimestre hanno mostrato un ulteriore rallentamento del tasso di calo, registrando un totale di 91.083 transazioni, -5,1% rispetto allo stesso trimestre del 2012, mentre il IV trimestre si è chiuso con 108.804 transazioni, -8% rispetto allo stesso trimestre del 2012. Segnali positivi si sono registrati soprattutto nel mese di gennaio 2014, in parte merito dello slittamento delle compravendite di fine anno: l’entrata in vigore del nuovo regime delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, pianificata per il primo gennaio, ha invogliato i più a rinviare il rogito di qualche mese. La volontà di acquistare casa non manca, le compravendite sono incoraggiate da una situazione congiunturale positiva che vede da un lato il ribasso dei prezzi e un’ampia disponibilità di soluzioni tra le quali scegliere e, dall’altro, una timida ripresa nell’erogazione del credito. Anche gli incentivi fiscali su ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche potranno essere di
FERDINANDO ELEFANTE RELATIONSHIP MANAGER GABETTI PROPERTY SOLUTIONS
stimolo, in particolare, all’acquisto della prima casa. Quello regionale e quello relativo alla provincia di Salerno, invece, che segnali fanno registrare? Il mercato regionale e quello locale non si discostano di molto dalla prospettiva nazionale. Come tutti i capoluoghi di provincia, anche il mercato immobiliare salernitano ha vissuto tempi migliori. Nel 2013 si sono registrate 5.181 transazioni in tutta la provincia (fonte Agenzia del Territorio), -9,2% rispetto al 2012, una contrazione simile alle altre aree territoriali della penisola. Il centro città mantiene ancora un forte appeal, e sono molti gli interventi nelle aree limitrofe che, insieme alle
FOCUS
peculiarità note, possono trainare le compravendite, ma nei prossimi mesi solo un ulteriore repricing permetterà a molte soluzione in vendita di trovare la giusta collocazione sul mercato. Nello specifico, poi, qual è l’andamento del mercato immobiliare industriale in Italia e, più da vicino, al Mezzogiorno? Si costruiscono ancora nuovi capannoni o si è smesso di edificarli? Come quello residenziale, anche il settore produttivo ha registrato un tasso di variazione negativo. I dati dell’OMI riportano una perdita del 7,7% su base annua delle compravendite e, restringendo il focus sull’area sud, si rileva un -12,2% di transazioni rispetto al 2012. Comunque, la volontà delle aziende di investire sul patrimonio immobiliare rimane alta. Attualmente è netta la preferenza alla locazione rispetto all’acquisto, fonte di maggiore garanzia, in vista della variabilità delle esigenze e per non sottrarre capitali alle attività core del business. Ci aspettiamo molta attenzione sul campo della riqualificazione del patrimonio esistente, in particolare di quelle strutture che non rispondono più agli standard richiesti. Il tema dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili acquisterà sempre più centralità nei prossimi anni. Il credit crunch ha interessato anche i finanziamenti per la concessione di mutui. Quale utente ne ha risentito di più? È ancora alta la percentuale di chi ricorre al prestito per acquistare casa, questo ci fa molto riflettere sul peso del settore creditizio sull’andamento del mercato immobiliare. A febbraio di quest’anno si è registrato un +8,4% della domanda di mutui (dati Crif ), consolidando il trend positivo evidenziato a partire da luglio 2013. Sembrerebbe che le banche stiano di nuovo sostenendo chi vuole investire nel mattone, ovviamente con criteri di valutazione molto più rigidi rispetto a qualche anno fa. Saranno essenziali nuove iniziative per le giovani coppie o i lavoratori atipici che, non potendo presentare adeguate garanzie di solidità, non riescono a concretizzare l’acquisto dell’abitazione. Mi auguro che alcune iniziative messe in campo come il fondo di garanzia per la prima casa, previsto dalla legge di stabilità o il Plafond casa, regolato dalla convenzione tra Abi e Cas-
sa Deposito e Prestiti, potranno contribuire in modo significativo a dissipare parte delle difficoltà. Tra gli ostacoli alla ripresa pesa molto la condizione di 9 milioni di italiani che si trovano in una situazione di forte disagio occupazionale (rapporto Cgil). Crede che le misure contenute nel Piano casa promosso dal Ministro Lupi possano essere di incentivo al rilancio del settore? Accolgo con fiducia ogni iniziativa che possa dare slancio al settore, ma i provvedimenti messi in campo con il Piano casa non saranno determinanti per un decisivo cambio di passo. Sono altre le iniziative necessarie per arginare l’emergenza abitativa, ottenere risultati concreti e in poco tempo. Positivo l’abbassamento delle aliquote concernenti la cedolare secca, per chi applica canoni concordati, in vista dell’importante ruolo che sta coprendo la locazione in questo frangente di mercato. Anche il social housing, con il recupero di circa 68mila alloggi per soddisfare le esigenze abitative dei meno abbienti, potrà costituire un’iniezione di vitalità, soprattutto al comparto edile, quasi completamente evaporato negli ultimi anni. Un buon inizio per ricreare le basi di una diversa politica sulla casa, ma molto si dovrà fare sulla pressione fiscale, che ha una grossa responsabilità nel rilancio del mercato: le tasse sulla casa non impoveriscono solo le tasche dei proprietari, ma anche tutto il patrimonio immobiliare. Infine, quali sono i necessari cambiamenti che gli agenti immobiliari dovranno affrontare nei prossimi anni per fronteggiare la concorrenza? Le ripercussioni della crisi del settore sulla professione dell’agente immobiliare sono notevoli; oltre ad una netta diminuzione dei fatturati, la categoria si trova a contrastare un’altra tendenza avversa: la perdita di centralità del ruolo, il cliente ha smesso di vedere nell’agente immobiliare il proprio riferimento per l’acquisto della casa. Il professionista dovrà obbligatoriamente cercare un nuovo posizionamento, mutare pelle, proporsi più come “consulente” immobiliare che come “agente”. Soltanto arricchendo le proprie competenze sarà in grado di rispondere in maniera corretta alle nuove esigenze del mercato.
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BUONOMO SUL DECRETO TERRA DEI FUOCHI: «IL PROBLEMA È NAZIONALE»
DI RAFFAELLA VENERANDO
I
l 5 febbraio il Parlamento italiano ha approvato il decreto sulla Terra dei Fuochi che prevede, tra gli altri, l’introduzione del reato di combustione di rifiuti punito con il carcere da due a cinque anni; il conferimento di poteri speciali al Prefetto di Napoli, la mappatura delle aree agricole inquinate, l’uso dell’esercito per il sequestro e la bonifica dei terreni sequestrati alle ecomafie e lo stanziamento di fondi per lo screening sanitario gratuito degli abitanti di Campania e Puglia. Cosa ne pensa Legambiente? La nostra Associazione ha salutato con favore il provvedimento normativo che rappresenta un primo passo importante per contrastare il fenomeno dell’ecomafia e avviare un concreto percorso di tutela della salute delle popolazioni che risiedono in quelle aree della Campania così a lungo devastate. Rispetto all’indifferenza perpetrata per decenni, il decreto legge è senz’altro un segnale positivo soprattutto perché per la prima volta la questione Terra dei Fuochi ha assunto una rilevanza nazionale perché di un problema nazionale si tratta e non di una questione circoscrivibile in un perimetro regionale. Legambiente Campania si era infatti opposta, con un ricorso al Tar del Lazio, al possibile declassamento dell’area vasta che va dal litorale domitiano flegreo a quello aversano da SIN - sito di bonifica di interesse nazionale - a SIR
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MICHELE BUONOMO PRESIDENTE LEGAMBIENTE CAMPANIA
- sito di bonifica di interesse regionale. Terra dei Fuochi è uno scempio che non riguarda la sola Campania perché i rifiuti in quelle terre tra Napoli e Caserta sono arrivati da tutta Italia e una corresponsabilizzazione di tutto il Paese era quanto meno necessaria. Anche se il decreto quindi pone le premesse per una seria attenzione del problema, tante sono ancora le perplessità specie quelle legate alla questione delle risorse e all’intervento dell’esercito. Avremmo preferito infatti che i fondi più che essere destinati all’uso dell’esercito fossero serviti a mettere in piedi un sistema di intelligence locale che rafforzasse il più rapidamente possibile tutte le attività di controllo, prevenzione e repressione dei traffici illegali e dei roghi di rifiuti e, allo stesso tempo, che
GREEN ECONOMY
servisse a monitorare da vicino l’andamento e i tempi dei processi di bonifica. A proposito di bonifica dei siti inquinati, la Regione Campania ha a disposizione circa 300 milioni di euro. Saranno sufficienti? La cifra stanziata è ben poca cosa, ma molto dipenderà dal suo utilizzo, dalle priorità, dalle tecniche utilizzate per realizzare le bonifiche. Il vero rischio, poi, è che nella risoluzione del problema si inseriscano gli stessi che lo hanno creato, ovvero la possibilità di infiltrazioni illecite esiste ed è forte. Riassumendo potremmo quindi dire che il decreto è un buon provvedimento che interviene nella gestione del problema, meno nella sua risoluzione… La risoluzione di un fenomeno come quello di Terra dei Fuochi non la si può certo affidare a un decreto poiché chiama in campo una serie di forze, in testa le autorità locali, e perché necessita di collaborazione allargata soprattutto nella fese di vigilanza dei siti. Potremmo dire che il decreto ha il merito di voler individuare i siti inquinati per metterli successivamente in sicurezza, ma – sì – da solo il provvedimento non è esaustivo.
LEGAMBIENTE CAMPANIA SI ERA OPPOSTA, CON UN RICORSO AL TAR DEL LAZIO, AL POSSIBILE DECLASSAMENTO DELL’AREA VASTA CHE VA DAL LITORALE DOMITIANO FLEGREO A QUELLO AVERSANO DA SIN – SITO DI BONIFICA DI INTERESSE NAZIONALE – A SIR – SITO DI BONIFICA DI INTERESSE REGIONALE. TERRA DEI FUOCHI È UNO SCEMPIO CHE NON RIGUARDA LA SOLA CAMPANIA PERCHÉ I RIFIUTI IN QUELLE TERRE TRA NAPOLI E CASERTA SONO ARRIVATI DA TUTTA ITALIA E UNA CORRESPONSABILIZZAZIONE DI TUTTO IL PAESE ERA QUANTO MENO NECESSARIA
DAL 1991 AL 2013 SONO STATE CENSITE BEN 82 INCHIESTE PER TRAFFICO DI RIFIUTI CHE HANNO INCANALATO VELENI DA OGNI PARTE D’ITALIA PER SEPPELLIRLI DIRETTAMENTE NELLE DISCARICHE LEGALI E ILLEGALI DELLA TERRA DEI FUOCHI, GESTITE DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CASERTANA E NAPOLETANA; INCHIESTE CONCLUSE CON 915 ORDINANZE DI CUSTODIA CAUTELARE, 1.806 DENUNCE, COINVOLGENDO BEN 443 AZIENDE: LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DI QUESTE ULTIME CON SEDE SOCIALE AL CENTRO E AL NORD ITALIA. LUNGO QUESTE ROTTE DI TRAFFICI ILLECITI È VIAGGIATO DI TUTTO: SCORIE DERIVANTI DALLA METALLURGIA TERMICA DELL’ALLUMINIO, POLVERI DI ABBATTIMENTO FUMI, MORCHIA DI VERNICIATURA, REFLUI LIQUIDI CONTAMINATI DA METALLI PESANTI, AMIANTO, TERRE INQUINATE LE ROTTE DEI TRAFFICI DEI RIFIUTI IN CAMPANIA
PROVENIENTI DA ATTIVITÀ DI BONIFICA. E, PURTROPPO, MOLTO ALTRO ANCORA…
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AVVOCATO D’IMPRESA E “GENERAL COUNSEL”
MARCO MARINARO AVVOCATO CASSAZIONISTA > MEMBRO ABF ROMA info@studiolegalemarinaro.it
È
tuttora frequente assimilare in generale la professione forense, e più specif icamente la tutela del cliente da parte dell’avvocato, all’azione giudiziale. Ancora oggi le profonde trasformazioni della professione legale stentano ad aff iorare nella cultura giuridica italiana. Eccederebbe notevolmente lo scopo di queste brevi rif lessioni l’indagare le ragioni di questa diff icile penetrazione nel tessuto socio-economico di un diverso modo di concepire nuovi e più eterogenei ruoli del giurista che intende confrontarsi con nuove realtà e, in particolare, con le più complesse esigenze del cliente soprattutto quando questi è una impresa. Concepire in maniera quasi esclusiva l’attività legale come mera (e non è un modo per svilirne il ruolo e la funzione) assistenza tecnica in giudizio finisce per comprimere fino a sopprimerla l’area di consulenza e di assistenza stragiudiziale di un professionista che, per sensibilità e formazione, deve porsi quale interlocutore primo e privilegiato nella formazione strategica di un piano d’impresa. L’argomento involge anche considerazioni sul percorso formativo del giurista forse ancora troppo settoriale e, quindi, poco incline a educare una nuova classe di professionisti davvero capace di affrontare la complessità dell’assistenza di un’azienda ben prima del ricorso ad una non auspicabile azione giudiziale. Economia e gestione delle imprese, co-
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municazione e conflict management e ancor prima problem solving e negoziazione, sono solo alcuni dei temi sui quali la formazione istituzionale del giurista e, quindi, dell’avvocato è del tutto carente. Lo studio del diritto quale scienza sociale postula un’apertura alle nuove esigenze della professione che non può
LA NUO VA E CO NO MIA RICH IE DE ALL' AVVO CATO D' IMPRE S A UNA FO RMAZIONE CH E LO RE NDE IDO NE O A S VO LG E RE UN' AZIO NE S INE RG ICA NE LLA FAS E PRO G E T T UALE DE LL' AZIONE IMPRE NDIT O RIALE . PRE VE NZIO NE E S O LUZIONI INNO VAT IVI WIN-WIN NE LL' O T T ICA DE LLA S T RAT E G IA G E S T IO NALE CO S T IT UIS CO NO AT T IVIT À DI E LE ZIO NE DE L G IURIS TA
NORME E SOCIETÀ
rimanere ancorata ai vecchi dogmi della tutela giudiziale quale unico e necessario punto di approdo del percorso formativo universitario e post-universitario. La nuova economia richiede all’avvocato d’impresa una formazione che lo renda idoneo a svolgere un’azione sinergica nella fase progettuale dell’azione imprenditoriale. La capacità di gestione dei rapporti con gli stakeholders e del conflitto insito negli stessi diviene uno dei requisiti principali sui quali misurare la capacità del legale nell’azienda. Prevenzione e soluzioni innovative win-win nell’ottica della strategia gestionale costituiscono attività d’elezione del giurista. La consulenza e l’assistenza del professionista legale divengono un continuo processo di analisi delle problematiche e del loro contesto, strategia, valutazione, azione. Nasce così anche la mediation advocacy: la mancata soluzione preliminare di un conflitto che tende a degenerare in una vera e propria controversia trova sbocco nelle diverse forme di mediation (A.D.R., alternative dispute resolution) ove il legale partecipa alla procedura concorrendo
ad orientare l’esito verso il raggiungimento della soluzione ottimale per il cliente. Scelta del sistema più adeguato (mediazione, arbitrato, azione giudiziaria), valutazione dei vantaggi/svantaggi (criteri oggettivi e soggettivi, costi, tempi, conseguenze), identificazione delle alternative possibili in caso di mancato accordo e della migliore alternativa all’accordo negoziato. Il rapporto diretto con l’imprenditore e la scelta condivisa della policy gestionale aziendale consentono poi all’avvocato d’impresa di assumere il ruolo di un vero e proprio “general counsel” esprimendo competenze che spaziano dalla gestione degli stakeholders a quella della consulenza legale e del contenzioso in senso stretto, dalla corporate governance alla compliance, anche per quanto riguarda ad esempio la gestione della privacy, la legislazione antitrust, la sicurezza nei luoghi di lavoro, la tutela dell’ambiente, la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e, non ultima, la responsabilità sociale (corporate social responsibility) quale mission strategica aziendale verso un nuovo modo di “fare impresa”.
PADOAN E I CONTI DEL PRESIDENTE RENZI
BRUNO MARIA CRISCUOLO MASTER OF SCIENCE CANDIDATE ESCP EUROPE
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elle settimane scorse il Premier Renzi in tandem con il responsabile della spending review Cottarelli, in un’accorata conferenza stampa, ha presentato il suo progetto di politica economica (in power point, ça va sans dire). Il suddetto progetto pare ambi-
zioso e largamente condivisibile. Tra i vari punti vi sono: riduzione IRAP del 10%, Irpef più leggera per i dipendenti con reddito lordo annuo inferiore a 25mila euro (beneficio quantificato=+1000 € annuali), aumenti delle dotazioni al Fondo di Garanzia, sblocco > 35
crediti residuali P.A. (68 miliardi entro luglio), più vari piani per casa, scuola e sanità. Il costo totale della manovra si aggira intorno agli 80 miliardi. Insomma, pare di essere finalmente giunta l’era di una politica espansiva, dopo anni di austerity, i cui risultati non sono stati esattamente eclatanti, con un crollo del PIL del 9.1%, tra il 2007 e il 2013. Come tutti sanno, l’Italia si muove entro vincoli di bilancio piuttosto rigidi: di recente é arrivata l’ennesima bacchetta di Draghi perché l’Italia si mantiene intorno 3% di deficit per il 2013 contro il 2,6% raccomandato dall’Eurotower. Pur riconoscendo che il bollettino da Francoforte è una pubblicazione programmata da tempo, una domanda sorge spontanea: quali sono le coperture finanziare per gli ambiziosi progetti del Governo? Il Ministro Padoan si è diplomaticamente smarcato dalla domanda con la formula «non ho alcun commento da fare, ero in Commissione a seguire un decreto». Facilitiamogli il compito e passiamo ad analizzare alcune (potenziali) incongruenze. Bene, ma non benissimo: quel vizio dei “ragionieri” di fare i conti in tasca agli altri - I miliardi della spending review indicati da Cottarelli ieri sono 3. Renzi ne aveva promessi - I miliardi di debito residuale pregresso delle P.A. sono 90 come sostiene Bankitalia, 50 come dice l’ex titolare
IL PREM I ER I T A L I ANO H A P R E S E N T AT O IL S UO P RO G ET T O D I P O L I T I C A E C O N O MI C A D EL V A L O RE DI C I R C A 8 0 MI L I A R DI . TR A I V A RI P UN T I V I S O NO : R I DU Z I O NE IR AP D EL 1 0% , I R P E F P I Ù L E GGE R A P E R I D IPEN D E N T I C O N R E DDI T O L O R DO A N N U O INF E RI O RE A 25 MI L A E U R O ( B E NE F I C I O QUA N T I F I C A T O = + 10 0 0 € ANNU AL I ) , AUMEN T I D E L L E DO T A Z I O N I AL F O NDO D I G ARA N Z I A , SBL O C C O C R E DI T I R E S I DU ALI P.A. (6 8 M I L I A RD I E N T R O L U GL I O ) , P I Ù V A RI PIA N I P ER C A S A, S C U O L A E S A N I T À
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Palazzo delle Finanze, Saccomanni o 68 come affermano Renzi-Cottarelli? Attendiamo un DEF chiarificatore. LA SOLITA VECCHIA NUOVA STORIA: RENDITE FINANZIARE “PURE”…
Il taglio del 10% dell’IRAP viene coperto con una “rimodulazione” (leggi aumento) dell’imposta sulle “rendite finanziare pure” dal 20 al 26%. Chi mastica un po’ di economia (come i professori Alesina e Giavazzi sul Corriere, per esempio), è rimasto confuso da questa definizione. Dalla manovra, pare che rientrino in questa categoria non solo i cosiddetti “capital gain”, ma anche interessi da obbligazioni private, dividendi e depositi. Sembrerebbero rimanere esclusi i BOT e il risparmio postale, la cui tassazione resta ferma al 12.5%. Totale stimato della copertura: 2-3 miliardi. Ad una prima occhiata sembra una manovra anticiclica che tutela il lavoratore, un equalizer contro la “finanza brutta e cattiva”, sulla scia della Tobin Tax (di cui ci siamo occupati in un precedente articolo pubblicato su www.costozero.it all'interno della sezione fisco intitolato “Una inutile corsa in avanti: la Tobin Tax all'italiana”). ... ED ESTERNALITÀ NEGATIVE
Come tutti i “giochi contabili” a somma 0, ciò che togli da una parte, prendi dall’altra. Nello specifico, il 26% di tassazione sulle rendite finanziarie è l’ultimo di una serie di rialzi sulle rendite finanziarie, iniziati da Tremonti nel 2011 (dal 12,5% al 20%, al 27% per gli interessi bancari) cui si deve sommare un’imposta di bollo del 2x1000 introdotta dal Governo Monti. Mario Seminerio ci fornisce un esempio numerico per uno degli strumenti più comuni, il deposito bancario. Deposito da 100.000 euro con rendimento al 2%: Reddito da interesse: 2000 € Ritenuta d’imposta al 26%: 520 € Imposta di bollo 2x1000: 200 € Totale prelievo: 720 € PRESSIONE FISCALE TOTALE: 720/2000=36%
Si pone poi, un problema di equità di trattamento: mantenere invariata la tassazione su BOT e depositi postali, rischia di rendere più complessa la collocazione di strumenti finanziari da parte dei privati nonché di aggravare i costi della raccolta diretta bancaria, sia attraverso depositi che obbligazioni, determinando un innalzamento del costo del credito per le imprese che lo utilizzano. MACROCONTABILITÀ
Si potrebbe argomentare, come ha fatto il professor Monacelli su Twitter, che, in una situazione di Zero-Lower
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NORME E SOCIETÀ
Bound, la manovra potrebbe avere degli effetti espansivi in termini di domanda aggregata: tassando maggiormente i “savers” e meno i “borrowers”, si favoriscono quegli individui con una alta propensione marginale al consumo, ottenendo simili a quelli di un aumento “una tantum” del tasso d’inflazione. Tradotto: disincentivando il risparmio, si stimola l’aumento di consumi e investimenti. Anche qui però, entra in gioco la contabilità: in un’economia aperta, ma con cambio fisso, come quella dell’Eurozona, un riequilibrio dei prezzi interni ottenuto tramite la riduzione del costo del lavoro
rischia di finanziare domanda per le importazioni, con il rischio di squilibrare nuovamente la bilancia commerciale verso l’estero. Senza dimenticare che il rapporto debito privato/PIL, identificato anche dalla BCE, nella figura del vice-governatore Vitor Constancio, come la principale causa della difficile situazione economica odierna è già intorno alla preoccupante soglia del 186% (dati al 2012). Che l’esame di “Politica Economica” di Renzi sia una prova tecnica di patrimoniale? La parola passa al ministro Padoan.
AUTORIZZAZIONI PAESAGGISTICHE, COSA ACCADE QUANDO LA SOPRINTENDENZA NON PROVVEDE LUIGI M. D’ANGIOLELLA AVVOCATO AMMINISTRATIVISTA studiodangiolella@tin.it Sotto il profilo strettamente istituzionale, l’interpretazione della sentenza del Consiglio di Stato (VI sez. n.4914/2013) sminuirebbe non poco il ruolo della Regioni e degli enti locali asservendo entrambi ai tempi delle soprintendenze
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na recente sentenza del Consiglio di Stato (VI sez. n.4914/2013) riveste un particolare interesse per molti di quegli operatori che si trovano ad agire in zone vincolate paesaggisticamente, e cioè moltissime aree nel nostro Paese, oltre che in particolare della regione Campania. Si tratta della questione relativa al procedimento di autorizzazione paesaggistica.L’articolo 146 del Decreto Legislativo 42/2004 (Codice del paesaggio) prevede il concorso di poteri di decisione della Regione (in Campania dell’ente locale) e dello Stato. L’amministrazione gestisce il procedimento di autorizzazione e formula la proposta alla Soprintendenza che deve esprimere il parere vincolante (in pratica, una decisione finale conformativa) entro 45 giorni. Decorsi
inutilmente 60 giorni il Comune deve “comunque” concludere il procedimento e provvedere, come prescrive la legge. La citata sentenza del Consiglio di Stato ha però affermato che, una volta scaduto il termine, il Soprintendente "conserva" il potere di esprimere il parere pur tardivamente e ad esso l’amministrazione procedente deve conformarsi.Viene dunque affermata una sorta di “perpetuità” del potere soprintendentizio che davvero lascia basìti, perché il Legislatore ha espressamente circoscritto l’arco temporale in cui esso può essere esercitato (come ha affermato qualche sentenza che pare più convincente, come il TAR Veneto, sez. II n. 1295/2013). Le perplessità poi aumentano se si tiene conto dell'interpretazione secondo cui l’amministrazione proceden- > 37
te debba attendere passivamente finchè non “arriva” il parere del Soprintendente. Una tale interpretazione rende i Comuni e il loro territorio subalterni ai voleri di capricciosi funzionari che avrebbero sempre il dovere di concludere il procedimento appena sono scaduti i 60 giorni, termine nel quale è già compreso un periodo di stand still di 15 giorni, ulteriore rispetto a quello
– di 45 giorni - assegnato al Soprintendente per pronunciarsi. Speriamo davvero che questa tendenza giurisprudenziale possa essere rivista dal Supremo Organo di Giustizia Amministrativa, visto che a subire le conseguenze sono gli imprenditori e i cittadini. Non c'è certo bisogno in Italia di estendere il potere di veto della burocrazia al di là del testo della legge!
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IL DIVIETO DI CONCORRENZA PER GLI AMMINISTRATORI DI S.P.A.
MAURIZIO GALARDO AVVOCATO > STUDIO LEGALE GALARDO & VENTURIELLO info@galardoventuriello.it La norma ha lo scopo di evitare che l’amministratore si trovi in una evidente situazione di conflitto d’interessi per il fatto di assumere una qualità o di svolgere un’attività che possa determinare tale conflitto
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li amministratori di società per azioni non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, né esercitare un’attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell’assemblea. Per l’inosservanza di tale divieto l’amministratore può essere revocato dall’ufficio rispondendo dei danni (articolo 2390 del codice civile). La norma ha lo scopo di evitare che l’amministratore si trovi in una evidente situazione di conflitto d’interessi per il fatto di assumere una qualità o di svolgere un’attività che possa determinare tale conflitto. Il divieto riguarda tutti gli amministratori, in presenza di amministratori delegati, si estende anche a quelli non delegati, in quanto questi ultimi possono comunque impartire direttive vincolanti.
É discusso se la norma sia applicabile anche ai direttori generali, considerato che la stessa menziona soltanto gli amministratori: in realtà secondo parte degli interpreti, tale divieto sarebbe estensibile anche ai direttori generali. Secondo la ratio della norma, le attività sono concorrenti, quando lo sono non solo in maniera effettiva, ma anche solo potenziale. Secondo l’opinione prevalente la norma non sarebbe applicabile a singole operazioni o a singoli affari che non rappresentano una vera e propria attività. Un problema particolare si pone laddove l’amministratore svolga l’attività vietata, ad esempio l’amministratore in un’altra società, appartenente però al medesimo gruppo. Secondo alcuni interpreti , in tal caso il divieto non troverebbe applicazione, in quanto la direzione unitaria delineata dall’articolo 2497 del codice civile, cui sono sottoposte entrambe le società creando un’unica entità economica, qual
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è appunto il gruppo, farebbe venir meno la concorrenza effettiva tra le due società. Secondo altri invece, la norma troverebbe comunque applicazione anche nel caso di società appartenenti al medesimo gruppo. Il divieto di concorrenza non è però assoluto. La norma infatti consente una deroga purché vi sia l’autorizzazione dell’assemblea. Competente a concedere la deroga è l’assemblea ordinaria, in quanto competente per la nomina. Nelle società che adottano invece il sistema di amministrazione dualistico, la competenza spetta al consiglio di sorveglianza. In tale assemblea, qualora l’amministratore sia anche socio, non avrà il diritto di voto. La maggior parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che l’autorizzazione assembleare possa essere sostituita da una preventiva e generica autorizzazione contenuta nello statuto. Tuttavia secondo un’altra corrente di pensiero tali clausole non sarebbero valide in quanto spogliano della competenza l’assemblea ordinaria, investendo della stessa l’assemblea
straordinaria considerata la necessità di provvedere ad una modifica statutaria. La violazione del divieto posto dalla norma non comporta l’invalidità della nomina degli amministratori, ma questi possono essere revocati per giusta causa e rispondono dei danni. La revoca comunque non consegue automaticamente alla violazione accertata, né è obbligatoria. Secondo una pronuncia giurisprudenziale, sarebbe sempre l’assemblea a dover deliberare l’eventuale revoca, non potendo questa essere pronunciata dal tribunale. Il danno è risarcibile nei limiti in cui si provi che dalla violazione del divieto sia derivato un danno effettivo per la società; sotto tale profilo parte della giurisprudenza ha anche sostenuto che laddove il danno sia solo potenziale non sarebbe configurabile una violazione del divieto di concorrenza. L’attività di concorrenza dell’amministratore non autorizzato può essere fatta cessare ricorrendo all’azione inibitoria di cui all’articolo 2599 del codice civile; essa può essere inoltre oggetto della denuncia al tribunale per gravi irregolarità nella gestione ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile.
ABUSO NELLA SUCCESSIONE DEI CONTRATTI A TERMINE
MASSIMO AMBRON AVVOCATO avv.massimoambron@fastwebnet.it
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rima di passare a commentare la sentenza n. 26951.13 del 2.12.2013 della Corte di Cassazione per sua maggiore comprensione da parte dei non addetti ai lavori è d’obbligo premettere che il fenomeno del precariato è di sicuro uno dei problemi più scottanti nel mondo del lavoro, ed è probabilmente secondo solo alla disoccupazione che,
nel gennaio di quest’anno, ha raggiunto il 13%. Esso si manifesta attraverso contratti a termine, strumento giuridico diffuso in ambito sia di impiego privato, sia di pubblico. Nell’impiego privato elevata è stata l’attenzione dei manager al fine di evitare, per quanto possibile, assunzioni non > 39
I PRO BA BI L I EF F E T T I DE L L E P R E GI U DI Z I ALI SOL L E V A T E A LL A C O R T E DI GI U S T I Z I A D A L T RI B U NAL E DI NAP O L I E D A L L A C O R T E C O S T I T U Z I O NAL E
corrette e/o comunque non conformi alle normative di legge in materia, soprattutto per le sanzioni in cui si poteva e si può incorrere, in particolare per la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con conseguente coatto inserimento in organici già dimensionati o addirittura sovradimensionati e comprensivi problemi organizzativi- produttivi. Non altrettanta attenzione c’è stata da parte dei dirigenti apicali e non del settore pubblico che hanno proceduto, e tuttora continuano a procedere, ad assunzioni con contratti a termine, forti del fatto che l’art. 97 della Costituzione (secondo cui agli impieghi della PA si accede solo per concorso) impedisce la conversione del contratto a termine in quello a tempo indeterminato. Tale modus operandi, che permette di eludere legalmente l’obbligatorietà dei concorsi (pur motivato anche dai noti vincoli di bilancio) ha generato abuso nell’esercizio del diritto da parte della Pubblica Amministrazione, che la Cassazione nella sentenza quivi commentata, sanziona con condanna a titolo risarcitorio di ben dieci mensilità. Gli effetti di tale sentenza saranno: accentuata responsabilizzazione della dirigenza pubblica, in particolare nei settori scuola e sanità, ove più diffuse sono le violazioni alle norme vigenti in materia nell’utilizzo abusivo di successione dei contratti a termine.
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IL FATTO
In primo grado il ricorso di una dipendente assunta con quattro reiterati contratti a termine sottoscritti in successione era stato rigettato dal magistrato adito. La Corte di Appello di Perugia, invece, riformava tale pronuncia di rigetto e condannava la Struttura Sanitaria al pagamento a titolo risarcitorio di dieci mensilità di retribuzione, pari al «tempo verosimilmente necessario per trovare nuovo lavoro». La Corte si limitava a tale sanzione, dal momento che non era possibile la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ostandovi la vigente normativa. La C.C., nel confermare le difficoltà a riconoscere la conversione del rapporto a tempo indeterminato trovandosi nel caso di specie in ambito Pubblica Amministrazione, ha 40
riconosciuto come giusta e legittima la sanzione risarcitoria, liquidata in via equitativa dalla Corte di Appello come responsabilità contrattuale. Vero è che anche in precedenza altre due sentenze della Cassazione avevano riconosciuto il danno, ma esso andava provato da parte del dipendente, dimostrazione molto difficile, se non “diabolica”. Infatti, la stessa Corte di legittimità con la sentenza 392 del 2012 aveva onerato il lavoratore della prova del danno subito in caso di abusivo utilizzo della successione dei contratti a termine nel pubblico impiego. La Cassazione quivi commentata, invece, ha ritenuto che il danno non deve essere provato, in quanto la sanzione risarcitoria non è connessa al danno subito durante la prestazione ex art. 2126 c.c., ma a quello conseguente alla illegittima cessazione del rapporto, vale a dire al danno contrattuale per la perdita ingiustificata del posto di lavoro. In buona sostanza le dieci mensilità di retribuzione servono a risarcire il dipendente del tempo verosimilmente necessario a trovare altro posto di lavoro. Quindi, il risarcimento non è legato alla prova di un danno, in quanto assume la caratteristica propria della “sanzione”, come richiesto dalla clausola 5 della Direttiva 1999/70 riguardante le misure di prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato. Sul tema in questione rivestirà notevole importanza la pronuncia della Corte di Giustizia sulle ordinanze pregiudiziali sollevate dalla Corte Costituzionale e dal Tribunale di Napoli, la cui udienza di discussione è fissata per il 27 marzo 2014. Con l’ordinanza n. 207/2013 “Napolitano”, la Corte Costituzionale ha voluto instaurare un dialogo con la Corte di Giustizia per risolvere il problema del precariato scolastico, trasferendo in sede europea la soluzione della tutela di insegnanti precari così come ha fatto poco prima il Tribunale di Napoli che con le tre Ordinanze “Mascolo”, “Forni”, “Racca” ha segnalato la mancanza di sanzioni effettive in favore dei docenti che svolgono supplenze nell’ambito scolastico. In particolare con l’ordinanza 207/2013 la Corte Costituzionale ha rinviato alla Corte di Giustizia la questione sulla compatibilità della normativa italiana rispetto alla Direttiva Comunitaria n.1999/70 in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per quanti abbiano ricevuto contratti a termine successivi tra loro per un periodo superiore a 36 mesi, svolgendo le medesime mansioni presso lo stesso datore di lavoro, così come previsto dall’art. 5, comma 4-bis del D.Lgs. n. 368/2001. Pertanto, anche a seguito alle suddette pregiudiziali, la giurisprudenza sembra coesa nel tentare di rappresentare le istanze di tutela dei lavoratori precari nel pubblico impiego e in particolare
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nella scuola pubblica. La sentenza della Corte di Giustizia fornirà, quindi, adeguate indicazioni ai giudici nazionali circa l’applicabilità di sanzioni in tema di abuso alla successione di contratti a tempo determinato. Ad oggi sono stimati in più di 130.000 i precari che si ritrovano nelle condizioni sopra descritte e che hanno maturato i relativi diritti e che pertanto potrebbero richiedere il risarcimento del danno subito dall'utilizzo spropositato di una successione di contratti a termine.
AD OGGI SONO STIMATI IN PIÙ DI 130.000 I PRECARI CHE SI RITROVANO NELLE CONDIZIONI DESCRITTE E CHE HANNO MATURATO I DIRITTI DI RISARCIMENTO
NUOVA SABATINI, SI ENTRA NEL VIVO
ALESSANDRO SACRESTANO TAX CONSULTANT PROGETTO ARCADIA SRL
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on la pubblicazione della circolare ministeriale n. 4567 del MEF, entra nel vivo la corsa all’incentivo disposto dall’articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ormai noto come Nuova Sabatini. In palio, ci sono ben 2,5 miliardi di euro, che le imprese potranno ottenere in dote, sotto forma di contributo in conto interessi, per i propri investimenti. É bene ricordarlo, la norma prevede che le imprese interessate possano richiedere un finanziamento (rilasciato da una banca o da un intermediario finanziario aderente alla convenzione con Cassa depositi e prestiti, presso la quale è stata costituita la provvista di fondi) per un importo non superiore a 2 milioni di euro (e un minimo di euro 20.000) a copertura totale delle spese ammissibili. Il limite massimo
di prestito concedibile può essere raggiunto anche attraverso più operazioni. In ogni caso, saranno agevolabili i soli prestiti erogati entro il 31 dicembre 2016, nel rispetto dell’autorizzazione di spesa prevista per l’intervento. Il finanziamento, che potrà essere erogato anche nella formula del leasing finanziario, potrà avere una durata massima di cinque anni comprensiva del periodo di preammortamento o di prelocazione (pari al massimo di 12 mesi). Gli aiuti saranno attribuiti nella forma del contributo in conto interessi, nel rispetto della normativa comunitaria vigente. In particolare, a fronte del prestito ottenuto dall’impresa, è riconosciuto un contributo pari all’ammontare complessivo degli interessi calcolati, in via convenzionale, al tasso di interesse del 2,75% su un finan- > 41
L A C IR C O L A RE M INI S T E R I A L E H A F O R N I TO TUTTA L A M O D ULI S T I C A N E C E S S AR I A P ER L ’AC C ESSO A L B E NE F I C I O , C H E DO V R À ES SERE I N V I A T A DI R E T T A ME N T E A L L A BANC A O A L L ’ I N T E R ME DI A R I O F I NANZ I ARIO IN FOR M A T O EL E T T R O N I C O , S O T T O S C R I T T A CON FI RM A D I G I T AL E E I NV I A T A V I A P E C A P A RT I RE DA L 3 1 MA R Z O
ziamento della durata di cinque anni e d’importo equivalente a quello concesso. Il prestito concesso dovrà essere utilizzato per l’acquisto di macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché di hardware, software e tecnologie digitali, classificabili, nell’attivo dello stato patrimoniale, alle voci B.II.2, B.II.3 e B.II.4, dell’art. 2424 del codice civile, e destinati a strutture produttive già esistenti o da impiantare, ovunque localizzate nel territorio nazionale. Non sono, in ogni caso,
ammessi i costi relativi a commesse interne, le spese relative a macchinari, impianti e attrezzature usati, le spese di funzionamento, le spese relative a imposte, tasse e scorte, nonché i costi inerenti il contratto di finanziamento. Sono sempre esclusi i singoli beni di importo inferiore a 500,00 euro, al netto dell’IVA. La circolare ministeriale ha fornito tutta la modulistica necessaria per l’accesso al beneficio, che dovrà essere inviata direttamente alla banca o all’intermediario finanziario in formato elettronico, sottoscritta con firma digitale e inviata via PEC a partire dal prossimo 31 marzo. Ovviamente, dato il contingentamento delle risorse, le istanze resteranno presentabili fino al loro esaurimento, che sarà comunicato tramite avviso pubblico sui siti del Ministero dello sviluppo economico e di Cassa depositi e prestiti, oltre che in Gazzetta Ufficiale. Nel caso di contributo superiore a 150mila euro, l’impresa richiedente dovrà produrre anche dichiarazione antimafia, ai sensi dell’articolo 85 del D.Lgs. n. 159/2011. Saranno le banche o gli intermediari finanziari interessati che dovranno verificare la documentazione esibita e il rispetto dei requisiti previsti dalla norma. Completata l’istruttoria, banche e intermediari trasmetteranno alla Cassa Depositi e Prestiti la richiesta di disponibilità dei fondi che, in caso di esaurimento, potrà essere evasa anche parzialmente, lasciando all’impresa la scelta di accettare o meno la riduzione.
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CLASSAMENTO: NUOVO ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE SULLA MOTIVAZIONE
DI MAURIZIO VILLANI E IOLANDA PANSARDI AVVOCATI TRIBUTARISTI IN LECCE info@studiotributariovillani.it
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obbligo della motivazione si estende agli atti catastali, trattandosi di provvedimenti amministrativi che, al lume soprattutto del nuovo consolida-
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to indirizzo della Corte di Cassazione, non possono più riportare ai f ini del classamento i soli dati catastali degli immobili. Gli atti di classamento non
FISCO
PER Q UA N T O RI GU A R DA I L C O N T E S T O , OC C ORRE I N D I C AR E L ’A T T O C O N C U I S I È P ROV V ED UT O A L L A R E V I S I O N E DE I PARA M E T RI D E L L A MI C R O Z O N A , ME N T RE PER QUA N T O C O NC E R NE L ’I MMO B I L E I N SÉ E P E R SÉ SI DE V O NO I N DI C AR E L E TRA SF O RM A Z I O NI E DI L I Z I E AV V E NU T E
possono più avere come motivazione la sola enunciazione degli elementi oggettivi della categoria catastale, della classe e della rendita, calcolata in base alle consistenze ricavate dagli elaborati, in quanto gli atti stessi sono incontestabilmente provvedimenti di natura valutativa e come tali devono essere adeguatamente motivati. Questo è il nuovo principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 2357 del 3 febbraio 2014 ha mutato oramai orientamento e, in una vicenda relativa ad un riclassamento di cui all’art. 3, comma 58 della legge 662/96, ha dichiarato illecito il comportamento dell’agenzia quando, pur enfatizzando e descrivendo il rinnovato contesto urbano nel quale si trova l’immobile riclassificato, omette la precisa indicazione dell’atto. La Corte di Cassazione ha affrontato quindi il delicato tema delle modalità con cui era stato operato il riclassamento, specificando che il fatto che l’agenzia avesse tenuto conto dei parametri costruttivi dell’immobile, delle sue caratteristiche edilizie e del fabbricato che la comprende, nonché del livello di capacità reddituale degli immobili della zona ma anche, appunto, dei significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, non è sufficiente a motivare la nuova rendita. Infatti, per quanto riguarda il contesto, occorre indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri della microzona, mentre per quanto riguarda l’immobile in sé e per sé si devono indicare le trasformazioni edilizie avvenute. Tale orientamento non fa altro che ricollegarsi al precedente indirizzo delineato con sent. n. 9629 del 13 giugno 2012 (sent. n. 4507 del 25 febbraio 2009), che ha stabilito che gli uffici, quando procedono all'attribuzione (d'ufficio) di un nuovo classamento a un'unità immobiliare a destinazione ordinaria devono specificare se la variazione sia dovuta a trasformazioni specifiche subite dall'unità immo-
biliare, oppure a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui è ubicata l'unità stessa. Nella prima ipotesi gli uffici sono obbligati a indicare le trasformazioni intervenute, mentre nell'altra devono indicare gli atti con cui hanno provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, rendendo in tal modo chiara la conoscenza dei presupposti del nuovo classamento da parte del contribuente. Ciò vuol dire che la motivazione del provvedimento di riclassamento di un immobile già munito di rendita catastale deve indicare con chiarezza se il nuovo classamento sia stato adottato, ai sensi dell'art. 1, comma 336, della legge 311/2004 (Finanziaria 2005), in ragione di trasformazioni edilizie subite dall'unità immobiliare, recando così l'analitica indicazione di tali trasformazioni; oppure se il nuovo classamento sia stato adottato, ai sensi del comma 335 dello stesso art. 1, nell'ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l'immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all'analogo rapporto nell'insieme delle microzone comunali, recando, in tal caso, la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento; oppure se il nuovo classamento sia stato adottato, ai sensi dell'art. 3, comma 58, della legge 662/1996, in ragione della constatata manifesta incongruenza tra il precedente classamento dell'unità immobiliare e il classamento di fabbricati similari aventi caratteristiche analoghe, recando così la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all'unità immobiliare oggetto di riclassamento. Del resto, anche in tema di procedura Docfa (D.M. 19 aprile 1994, n. 701), l’orientamento della Cassazione è sempre fermo nel ribadire che tutta l’attività amministrativa deve comunque sottostare all’obbligo di esporre i “presupposti di fatto” e le “ragioni giuridiche” che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, ovvero l’obbligo di motivazione che è alla base di qualsiasi atto impositivo e costituisce elemento centrale e qualificante attraverso cui l’Ufficio rende palese il ragionamento in base al quale è stata indotta ad adottare il provvedimento e a dargli un determinato contenuto in linea con la previsione di cui al comma 1 dell’art. 3 della legge 241/1990. E infatti, con sentenza n. 3394 del 13 febbraio 2014, la Cassazione stabilisce che il classamento di un’unità immobiliare non deve essere solo comunicato, ma occorre anche fornire gli elementi che spieghino perché la proposta del contribuente è stata rifiutata. In particolare, l’Agenzia del Territorio aveva impugnato la sentenza della Commissione tributaria regionale della Li- > 43
guria, che aveva dato torto all’Amministrazione in relazione alla qualificazione di un’abitazione come A/2 (civile) invece di A/4 (popolare) come richiesto dal contribuente che aveva infatti presentato un Docfa con il quale proponeva un classamento della propria abitazione (dopo importanti lavori di ristrutturazione) come «abitazione popolare». Orbene, «l'atto con cui l'amministrazione disattende le indicazioni del contribuente circa il classamento di un fabbricato deve contenere una adeguata - ancorchè sommaria - motivazione; che delimiti l'oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria». Peraltro, già con ordinanza 20 giugno 2013, n. 15495, sempre in procedura Docfa gli Ermellini esprimono un principio di diritto che in linea con quanto stabilito, secondo il recente orientamento di cui sopra (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9629 del 13/06/2012; Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19820 del 13/11/2012), mette in risalto la specificità del procedimento volto ad attribuire un nuovo classamento per un immobile che ne sia già provvisto e per il quale si prospetti una sopravvenuta inadeguatezza: procedimento caratterizzato dall'impulso eminentemente officioso e
connotato da peculiari presupposti e dettagliate procedure (differenziati per ciascuna delle varie causali "tipiche" normativamente previste) di cui non è possibile che non sia dato esplicito conto nel provvedimento terminale della procedura, onde consentire alla parte contribuente (che non vi ha preso parte attiva) «di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l'opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonchè per impedire all'Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate». Sulla stessa linea interpretativa di tali principi, in definitiva i Supremi giudici chiariscono che se il contribuente si oppone alla rettifica di classamento di un’unità immobiliare, in variazione della proposta fatta a mezzo Docfa, l’Amministrazione è tenuta a dare concretamente conto delle ragioni attributive della rendita e della classe, mentre al giudice tributario spetta valutare, con motivazione adeguata, l’idoneità dei dati forniti dall’Ufficio a sostenere la pretesa.
FATTURAZIONE ELETTRONICA, UN PASSO IN PIÙ VERSO LA DIGITALIZZAZIONE
NICOLA SAVINO COMPONENTE DIRETTIVO ANORC - ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER OPERATORI E RESPONSABILI DELLA CONSERVAZIONE DIGITALE info@nicolasavino.com
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on la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale finalmente si è concluso il lungo percorso legislativo partito con la Legge Finanziaria 2008. Dal 6 Giugno 2014, Ministeri, agenzie fiscali, enti di previdenza e assistenza sociale saranno obbligati a ricevere e pagare
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le fatture solo in formato elettronico. I risparmi derivanti dall’utilizzo della fatturazione elettronica sono stimati pari a oltre 1 miliardo di euro (Fonte del Politecnico di Milano). Con il Decreto del 3 aprile 2013, n. 55, sono state finalmente individuate le regole
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FISCO
tecniche e le linee guida per la gestione dei processi di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione. Questo passaggio rappresenta l'ultimo step del lungo percorso legislativo attivato con la Legge Finanziaria 2008, ovvero della Legge 244 del 2007, articolo 1, commi da 209 a 214 e proseguito con la Legge 24 dicembre 2012 n. 228 (Legge di Stabilità), che ha recepito la direttiva Europea 45/2010. Dal prossimo 6 giugno, quindi, saranno operative le regole tecniche per la gestione dei processi di fatturazione elettronica verso le amministrazioni statali, che saranno le prime a partire, ma che verranno seguite dopo 24 mesi dalle altre amministrazioni incluse nell’elenco Istat, a eccezione delle amministrazioni locali, per le quali la data di decorrenza sarà determinata con decreto successivo del ministro dell’Economia. Le disposizioni di cui alla suddetta legge prevedono che l’emissione, la trasmissione, la conservazione e l’archiviazione delle fatture emesse nei rapporti con le pubbliche amministrazioni debbano essere effettuate esclusivamente in forma elettronica, ovvero deve essere applicato il processo di conservazione sostitutiva, come descritto dal DMEF del 24 Gennaio 2004. Anche i fornitori delle amministrazioni pubbliche, quindi, dovranno gestire il proprio ciclo di fatturazione esclusivamente in modalità elettronica, non solo nelle fasi di emissione e trasmissione ma anche in quella di conservazione.Ed è proprio questa, la parte che certifica la volontà di dematerializzare quanto più possibile il sistema di fatturazione italiano, che per alcune realtà aziendali purtroppo vive ancora in analogica (pensiamo a quanti archivi cartacei contabili ci sono in giro nelle aziende di oggi). La trasmissione delle fatture avverrà in formato xml, attraverso il sistema di interscambio (SDI), gestito dall’Agenzia delle Entrate e sul quale è possibile avere tutte le informazioni al sito istituzionale: http://www.fatturapa.gov.it/. Sulle fatture dovranno comparire tutte le indicazioni sul soggetto trasmittente, completo di identificativo fiscale, progressivo di invio e numero di trasmissione. Per quel che riguarda l’amministrazione destinataria, verrà identificata con un apposito codice che è disponibile individuare tramite lo SDI. Nel sito viene spiegato il flusso e ci sono gli strumenti per realizzare la vostra prima Fattura Elettronica, e c’è addirittura una simulazione completa per testare il servizio, con la possibilità di delegare a terzi (intermediari economici) tutta la gestione e l’invio della fattura elettronica verso la PA. Il funzionamento dello SDI è un po’ simile a quello della PEC, con le notifiche e le ricevute rilasciate in tutte le fasi di invio della fattura elettronica verso la PA. È interessante sottolineare come la firma digitale accettata non sia solo il comune standard CADES, ma anche il formato di firma
in XADES. Si ricorda, infatti, che la normativa italiana ed europea accetta come formati di firma digitale, i seguenti: • Firma in PADES, ovvero la firma digitale direttamente apposta sul PDF • Firma in CADES, ovvero il famosissimo P7M • Firma in XADES, ovvero la firma digitale apposta direttamente sul file XML Dunque, si parte davvero con la dematerializzazione ed è ufficiale e soprattutto non aspettatevi proroghe o cose di questo tipo perchè il sistema funziona, le PA sono pronte a recepirle e le aziende e i professionisti sono pronti con il digitale da un pezzo, anzi lo attendevamo da molto tempo. La FatturaPA (così descritta dalla stessa Agenzia delle Entrate), è una fattura elettronica ai sensi dell'articolo 21, comma 1, del DPR 633/72 con le seguenti caratteristiche: • il contenuto è rappresentato, in un file XML (eXtensible Markup Language), secondo il formato della FatturaPA. Questo formato è l' unico accettato dal Sistema di Interscambio; • l'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto sono garantite tramite l'apposizione della firma elettronica qualificata di chi emette la fattura; • la trasmissione è vincolata alla presenza del codice identificativo univoco dell'ufficio destinatario della fattura riportato nell'Indice delle Pubbliche Amministrazioni. È importante, infine, precisare quanto segue: tutte le aziende o i professionisti che avranno rapporti con le PA, e quindi manderanno tramite il Sistema di Interscambio le fatture elettroniche, dovranno fare obbligatoriamente anche conservazione sostitutiva. Si ricorda, infatti, che secondo quanto definito dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD, D.lgs. 82/2005), è obbligatorio e necessario conservare in digitale un documento nativamente elettronico, al fine di garantirne nel tempo la sua opponibilità a terzi e quindi il suo valore probatorio. Ovvio che la fattura rientra proprio in questo obbligo. La domanda ora che tutti noi imprenditori dovremmo porci è la seguente: sebbene sia possibile, tramite la creazione di opportuni sezionali contabili fare conservazione sostitutiva solo per le fatture elettroniche inviate alla PA lasciando cartacee tutte le altre, ne vale davvero la pena? O sarebbe meglio (e anzi deve esserlo) approfittare di questo obbligo per digitalizzare completamente la parte amministrativa delle nostre aziende e passare, man mano, alla completa gestione di processi non più analogici ma agili, digitali e con sicuro vantaggio competitivo per il vostro business!? Insomma iniziamo dalle fatture e digitalizziamo tutto il resto! Anche perchè noi imprenditori siamo e dobbiamo essere i primi ad introdurre il digitale nei nostri processi di business per far crescere il sistema Paese che, a quanto pare e nonostante tutte le difficoltà, è pronto a digitalizzarsi e innovarsi. 45
CONTENZIOSO BANCARIO: IL RECUPERO DELLE PERDITE
MARCO DE GIORGIS CONSULENTE PATRIMONIALE INDIPENDENTE
La difficoltà, per il cliente cui è stato addebitato un interesse non dovuto, consiste nel dimostrare l’avvenuta illecità e nel riuscire a riavere le somme
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el corso degli ultimi anni sono emersi alcuni comportamenti degli istituti bancari, oggetto di sentenze da parte della corte di cassazione. Essi riguardano l’anatocismo, l’usura e le commissioni di massimo scoperto. La difficoltà, per il cliente cui è stato addebitato un interesse non dovuto, consiste nel dimostrare l’avvenuta illecità e nel riuscire a recuperare le somme. Nel contempo, sono spuntate come funghi molte società che si definiscono specializzate in questa attività. É necessario fare molta attenzione a due aspetti: non farsi ingannare da promesse di recupero non corrispondenti alla realtà, perché magari nel calcolo vengono imputati anche valori che non andrebbero calcolati (ad esempio l’usura soggettiva, cioè la differenza fra tassi applicati e tassi medi, che è di difficile dimostrabilità), non essendo riconosciuti nella maggior parte dei casi. A questo è connesso il secondo aspetto, cioè di pagare somme, per il recupero, connesse a valori non recuperabili, e quindi sproporzionate rispetto a quanto effettivamente riconoscibile in sede di trattativa. Solo con l’assistenza di consulenti realmente indipendenti, che eticamente perseguono solo ed esclusivamente l’interesse del proprio cliente, è possibile ovviare ai problemi evidenziati, attraverso una preanalisi che indichi se vale obiettivamente la
pena procedere alle fasi successive e quanto sia realisticamente recuperabile. Iniziamo ad esaminare l’anatocismo: dopo varie sentenze della Corte di Cassazione, le quali sanciscono che le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi si basano su un uso negoziale, e non normativo, come da art.1283 C.C., finalmente la delibera CICR del 09/02/2000 condanna la disparità di trattamento tra capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e annuale degli interessi creditori. Tutto ciò nonostante il precedente tentativo del decreto Salvabanche di sanare le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti bancari. Per fare chiarezza sull’argomento, la Corte Costituzionale (sentenza n°425 del 17/10/2000) dichiara illegittimo l’intervento legislativo in quanto un decreto legislativo non è forma atta ad emanare disciplina con carattere di sanatoria. In pratica significa che la Giurisprudenza concorda in merito alla restituzione degli interessi anatocistici maturati fino all’applicazione della delibera CICR del 09/02/2000. La prescrizione per tali addebiti non dovuti è di dieci anni dalla data di chiusura del conto corrente. Vi possono essere due tempistiche di anatocismo, pre o post entrata in vigore della circolare CICR prima citata, in quanto alcuni istituti bancari non si sono adeguati immediatamente alle disposizioni e hanno continuato ad applicare interessi debi-
CREDITO
IN TU T T I I C A SI I N C U I C I S I A I L S O S P E T T O C HE L ’ I N T ERM E DI A R I O A B B I A AP P L I C A TO TA SSI D I I N T E R E S S E NO N DO V U T I , È OPPO RT UN O RI V O L GE R S I A D U N L I B E R O PR O F E SSI ON I S T A, P O S S I B I L ME NT E U N CONS UL EN T E P A T R I MO N I A L E E F I NANZ I ARIO IND I P E N D E N T E, C H E P O S S A V AL U T A R E PR EVEN T I V A M EN T E Q U AL I S O NO L E S O M ME RECU P ERA BI L I E C O N Q U AL E P E R C E NT U A LE
tori e creditori con capitalizzazione differente, anche dopo il 2000. Altro argomento che merita attenzione sono i cosiddetti Interessi Ultralegali, cioè interessi applicati in misura superiore a quelli legali. Essi vengono stornati sempre perché riferiti a “usi piazza” prima dell’entrata in vigore della normativa sulla trasparenza bancaria (legge 154/92 del 09/07/1992). Se nel periodo successivo non esiste il contratto scritto come previsto dall’art. 117 TUB, si continuano a ricalcolare gli interessi al tasso legale. Se invece nel periodo successivo esiste il contratto, ma non c’è l’indicazione del tasso, allora sono dovuti interessi al tasso BOT (ultimi 12 mesi). Esaminiamo ora la Commissione di Massimo Scoperto (CMS), che definisce la remunerazione accordata alla Banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista, indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma. In pratica è il corrispettivo per l’obbligo da parte dell’Istituto di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro per un determinato periodo di tempo. Si calcola sull’intero importo a disposizione, ovvero sulla somma rimasta disponibile e non utilizzata dal cliente (Cassazione n. 870 del 18_1_2006). Per prassi bancaria, si calcola solo sulla somma massima utilizzata nel trimestre, ad ogni chiusura conto, ovvero sull’esposizione massima raggiunta nel periodo. Ma se viene applicata sul fido e non sull’utilizzo effettivo, l’interesse è applicato due volte (interesse su interesse), quindi diventa “nulla” la clausola di CMS in caso di aumento del costo effettivo della liquidità disponibile, non pattuito per iscritto col correntista. Se conteggiata sotto forma di percentuale sull’esposizione massima trimestrale è da considerarsi nulla, in quanto è un addebito di interessi non pattuito. In
questo caso però non ci sono pareri unanimi da parte della giurisprudenza, quindi è sempre da verificare caso per caso e tribunale per tribunale. La CMS si può calcolare con tre criteri. Criterio “Assoluto” in cui si calcola la commissione sul massimo saldo “dare” verificato nel trimestre. Criterio “Relativo” in cui si calcola la commissione sul massimo saldo “dare” verificato nel trimestre associato ad una posizione debitoria ininterrotta di durata superiore a dieci giorni. Criterio “Misto” in cui si calcola la commissione sul massimo saldo “dare” verificato nel trimestre, purché nello stesso trimestre di competenza si sia verificata in generale, anche se non associata, una posizione debitoria ininterrotta superiore a dieci giorni. A questo proposito, il cosiddetto “Decreto Anticrisi” Art.2 bis della Legge 2/2009, dice che la Commissione di massimo scoperto diventa applicabile solo se esiste un affidamento e il saldo del cliente risulta a debito per un periodo continuativo maggiore o uguale a 30 giorni (previsto adeguamento delle banche entro fine 2009). Inoltre viene introdotto il “Corrispettivo per la Messa di Disposizione dei Fondi” che viene addebitato al cliente a prescindere dall’utilizzo o dal periodo di effettiva utilizzazione delle somme messe a disposizione. La legge predispone per la stessa dei requisiti di legittimità: 1. omnicomprensiva, cioè deve assorbire tutte le voci di spesa ad esclusione del tasso di interesse e della CMS; 2. può convivere con la CMS; 3. deve essere predeterminata ed espressa con patto scritto, non rinnovabile tacitamente; 4. deve essere proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento; 5.la rendicontazione deve avvenire con cadenza massima annuale. La Legge 102/2009 stabilisce, a pena di nullità, che il Corrispettivo per la Messa a Disposizione dei Fondi, non può superare lo 0,50% dell’affidamento a trimestre. Nel Testo Unico delle leggi in materia Bancaria e Creditizia (TUB) l’art. 117 bis riprende al comma 1 (come integrato dalla Legge n. 62 del 18 maggio 2012), quanto previsto dalla legge 2/2009 e dalla legge 102/2009. In particolare viene ribadita una commissione omnicomprensiva calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, per un importo massimo pari allo 0,50% trimestrale dell’affidamento. Al comma 2 dello stesso articolo 117 bis, viene prevista una “Commissione di Istruttoria Veloce - CIV” nei contratti di conto corrente e di apertura di credito, a fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento o quando viene superato il limite di fido. Al comma 3 dell’art 117 bis, vengono dichiarate nulle le > 47
clausole che prevedono oneri non conformi a quelli stabiliti ai commi 1 e 2. La legge 27/2012, entrata in vigore il 25/03/2012, abroga i commi 1 e 3 dell’art 2 bis della legge 2/2009. Attualmente sulla base dell’art 117 bis del TUB gli oneri che adesso paga l’azienda sono massimo lo 0,5% trimestrali sul valore del fido se utilizzato in tutto o in parte. Inoltre c’è la commissione di istruttoria veloce (CIV) per l’extrafido oltre al relativo tasso extrafido. Di Usura Bancaria avrete certamente già sentito parlare. Se qualcuno vi chiede interessi oltre un certo tasso prefissato, si può invocare l’usura. Ma qual è questo tasso? Le istruzioni del calcolo del Tasso Effettivo Globale da parte della Banca d’Italia (dicembre 2002 e febbraio 2006) escludono dal conteggio la CMS, almeno fino all’entrata in vigore della Legge 2/2009 e della direttiva sul credito al consumo 2008/48/CE. La giusta interpretazione al contrario considera la CMS nel ricalcolo: ciò comporta spesso il superamento del tasso di soglia di usura. Si veda a tale proposito la sentenza della Cassazione Penale, sez. II, n. 28743/2010 del 14 maggio 2010 e sentenza della Cassazione penale, sez. II, n.12028 del 26 marzo 2010, che hanno confermato l'inclusione della CMS tra gli oneri da includere nella determinazione del Tasso Effettivo Globale (TEG) ai sensi dell'usura. Nel momento in cui si accerta il superamento del tasso soglia si configura la possibilità per il correntista di richiedere l’intero ammontare delle competenze versate nell’ambito del rapporto di conto corrente. Tale possibilità vige per intero solo per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della Legge 108/1996. Per i contratti stipulati prima, possono essere reclamati i soli importi eccedenti il tasso soglia. Il danno è reclamabile entro 10 anni dalla chiusura del c/c, sull’intera vita del rapporto contrattuale. L'articolo 644 del c.p., il reato di usura si concretizza non solo quando il tasso degli interessi complessivi supera il tasso "soglia" (cosiddetta usura oggettiva), ma anche quando ricorrano due condizioni: 1) Sproporzione, cioè vengono imposti nei contratti interessi complessivamente sproporzionati rispetto al capitale prestato ed al tasso medio praticato per le operazioni dello stesso tipo (anche se il tasso complessivo di questi interessi fosse inferiore al tasso soglia). 2) Stato di difficoltà, che non corrisponde allo "stato di bisogno" ma riguarda sia la difficoltà economica, che consiste in una valutazione complessiva della situazione patrimoniale del soggetto, sia la difficoltà finanziaria, che indicherebbe la temporanea condizione di carenza di liquidità. Si configurerebbe quindi la condizione di usura soggettiva, che è di difficile dimostrabilità, sia per quanto riguarda l’individuazione di un ipotetico tasso medio, sia per la valutazione dello “stato di bisogno”, che potrebbe anche essere stata indotta dal sistema. Anche su contratti di finanziamento a
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lungo termine, come mutui e leasing, potrebbero essere stati applicati interessi non dovuti. Nel Leasing, che è un contratto atipico in base al quale una parte (locatore) cede all’altra (locatario), per un periodo prefissato, uno o più beni mobili o immobili dietro il pagamento di un determinato canone periodico. Al termine del contratto ha la facoltà (opzione) di acquistarlo ad un prezzo prefissato, il cosiddetto “riscatto”. In alcuni contratti di leasing si possono riscontrare alcune criticità legate all’applicazione dei tassi parametro, in particolare può succedere che la banca: 1. determini un tasso base incongruente con la modalità di rilevazione del tasso parametro. Tale pratica ha portato le banche, nella maggioranza dei casi, a definire tassi base bassi, al fine di incrementare i conguagli pagati dal cliente; 2. stabilisca ad ogni rilevazione un tasso diverso e generalmente più alto rispetto a quello stabilito contrattualmente; 3. applichi contrattualmente un arrotondamento al quarto di punto superiore; 4. stabilisca una soglia floor sotto la quale il cliente non beneficia più dell’abbassamento dei tassi. Tale perdita di opportunità non viene in media compensata da una riduzione dello spread. 5. è stata anche ritenuta, in alcuni casi, come iniqua l’applicazione dell’ammortamento cosiddetto alla francese, che prevede rate costanti, ma che farebbe pesare maggiormente la quota capitale sulle fasi iniziali di ammortamento. Non esiste al momento giurisprudenza univoca in materia. Nei contratti di finanziamento, perciò anche nei leasing e nei mutui, si può verificare l’applicazione di tassi di interesse usurari, ossia superiori alle soglie stabilite dalla Banca di Italia, per la specifica categoria di operazioni. L’Usura può essere sopravvenuta quando il tasso di riferimento aumenta in maniera più che proporzionale rispetto all’adeguamento del tasso soglia, oppure Preventiva, quando il tasso leasing (Tasso Base + Spread Mora) determinato alla data di sottoscrizione risulta superiore al tasso soglia vigente in quel periodo. Stesse considerazioni valgono in genere per tutti i tipi di finanziamento, compreso il credito al consumo e le carte di credito revolving. Concludendo, in tutti i casi in cui ci sia il sospetto che l’intermediario abbia applicato tassi di interesse non dovuti, è opportuno rivolgersi ad un libero professionista, possibilmente un consulente patrimoniale e finanziario Indipendente, che possa valutare preventivamente quali sono le somme recuperabili e con quale percentuale di successo e che sia in grado di assistervi in tutte le fasi. Non fatevi abbindolare dai venditori di facili recuperi, perché, come avrete avuto modo di notare, non è detto che le banche vi riconoscano tutte le somme indebitamente riscosse.
RICERCA
HORIZON 2020, UN’OPPORTUNITÀ UNICA DI RAFFAELLA VENERANDO
Il programma unico che riunisce tutti i finanziamenti dell’Ue destinati alla ricerca e all’innovazione offre anche la possibilità di migliorare la qualità della ricerca stessa, rendendo più efficiente ed efficace l’organizzazione e potenziando la cooperazione con imprese e istituzioni del territorio
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rofessore Campiglia, il programma europeo Horizon 2020 mette a disposizione per la ricerca e l’innovazione 77 miliardi di euro: l’Ateneo salernitano come si prepara ad affrontare questa sfida? La crescente complessità dei progetti europei, sia dal punto di vista strategico che gestionale, necessita lo sviluppo di nuove modalità operative e il coinvolgimento attivo di appositi uffici per tutte le attività che il progetto richiede: dall’individuazione delle opportunità alla rendicontazione e alla diffusione dei risultati. L’Ateneo Salernitano intende istituire un tavolo di lavoro permanente esclusivamente dedicato ai progetti europei. L’obiettivo è creare delle attività periodiche volte ad incentivare la progettualità. In proposito saranno organizzati incontri mensili con esperti del settore, nazionali e internazionali, per discutere delle opportunità di finanziamenti (in proposito sono già disponibile le date in cui si svolgeranno questi eventi 6 Marzo, 10 Aprile, 8 Maggio, 5 Giugno, 4 Luglio). È in corso la realizzazione, poi, di una pagina web dedicata al fund raising, in cui ci saranno delle notizie aggiornate su i bandi disponibili per tipologie di attività. Inoltre saranno creati tavoli monotematici con aziende locali e nazionali per la presentazioni di iniziative congiunte pubblico-private. Si realizzeranno corsi di formazioni su tematiche specifiche (dal trasferimento Tecnologico alla terza missione nelle università, la brevettazio-
PIETRO CAMPIGLIA DELEGATO AL TRASFERIMENTO TECNOLOGICO E AL FUND RAISING UNIVERSITÀ DI SALERNO
ne, gestione delle propietà industriali, licensing, creazione di imprese spin-off ). Il paradigma di H2020 è quello della conoscenza trasferibile. In che modo sarà aumentato l’impatto delle attività di ricerca sulla società e sul lavoro? L’istituzione universitaria è impegnata nello sviluppo del progresso economico, mediante la formazione di giovani laureati, che rappresentano la principale risorsa per le imprese, nonché mediante la diffusione dei risultati della ricerca tramite la loro pubblicazione. Tale ruolo, nel tempo, si è arricchito di ulteriori elementi di complessità legati alle attività svolte nell’ambito del trasferimento tecnologico verso le imprese. Tale attività impone un orientamento verso un ruolo > 49
imprenditoriale dell’Università che diventa, parallelamente, centro nevralgico dell’innovazione e motore di un sistema collettivo in cui la collaborazione sinergica tra imprese e attori istituzionali diventa il vero fattore critico di competitività del territorio. Negli ultimi decenni le università, e nello specifico il nostro Ateneo, hanno investito notevolmente nelle attività di trasferimento tecnologico, riponendo in esse molte ambizioni, nonché significativo impegno e risorse finanziarie. A fronte di tale impegno si rende fondamentale l’elaborazione di una strategia in grado di valorizzare in pieno l’attività di ricerca svolta e l’individuazione di appositi strumenti di valorizzazione dei brevetti attuali e futuri. L’impatto dell’attività di ricerca sul contesto sarà rafforzato mediante l’implementazione di un’attività di comunicazione e promozione dei brevetti, orientata alla effettiva promozione di una relazione tra le aziende e la ricerca scientifica a partire dai risultati della ricerca maturati all’interno dell’Università. Tale attività si baserà su: • l’attivazione di canali comunicazione con associazioni di categoria ed enti pubblici presenti sul territorio; • il coinvolgimento delle imprese attraverso i canali di comunicazione sopra descritti; • l’aggiornamento costante delle imprese sulle collaborazioni in essere attraverso l’uso dei social network e mediante un’area apposita all’interno del sito istituzionale dell’Ateneo; • la pubblicizzazione del portafoglio brevettuale dell’Università attraverso i canali più adeguati allo scopo, nonché alla ricognizione del mercato ai fini dello sfruttamento commerciale dei brevetti stessi, mediante un database online organizzato per settore. Parallelamente alle attività di comunicazione si andranno a sviluppare quelle di un team dedicato che supporterà i processi di trasferimento tecnologico mediante un’analisi costante delle opportunità di finanziamento per le PMI, individuerà possibili operazioni di Venture Capital nell’ottica di sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali ad alto valore aggiunto (spin-off ) e identificherà di nuovi strumenti di fund raising per favorire l’innovazione e incentivare lo sviluppo di nuovi brevetti e/o l’applicazione industriale di nuove tecnologie. C’è il rischio che più di una università si concentri sullo stesso lavoro e che quindi si abbiano delle duplicazioni di progetti? Sicuramente quello delle duplicazioni rappresenta una problematica sentita che in qualche modo ostacola un progresso rapido e un efficace trasferimento della conoscenza alla società, mentre ciò di cui si necessita è un sistema della ricerca sano ed efficiente, non frammentato e privo di duplicazioni, forte, coeso e strategicamente orientato alla generazione di benessere economico e coesione sociale. In proposito la stra50
NE LL’ AT T UALE CO NT E S T O E VO LUT IVO DELLA RICE RCA, CH E AS S E G NA ALLE UNIVE RSITÀ UN RUO LO PRE MINE NT E RIS PE T T O ALLE RICADUT E S ULLO S VILUPPO T E RRIT O RIA LE, E CH E VE DE IL MO LT IPLICARS I DI VIS IO N I E AZIO NI INT E RCO NNE S S E , LA PIANIFICAZIONE S T RAT E G ICA E IL CO O RDINAME NT O DE LLE AT T IVIT À AS S UME RILE VANZA FO NDAME NT ALE
tegia auspicabile risiede in una specializzazione intelligente volta a eliminare la duplicazione e ridurre la frammentazione attraverso l’istituzione di clusters nazionali forti, efficienti e competitivi a livello globale e riconosciuti, a livello settoriale e territoriale, come aggregati di competenze, in grado di riposizionare il Paese sulla frontiera tecnologica europea e internazionale. L’unico modo per andare in questa direzione è la condivisione mediante servizi e strumenti efficaci in grado di favorire l’accesso ai risultati della ricerca pubblica da parte delle imprese e la definizione di modelli innovativi di collaborazione. Ancora una volta vengono chiamate a dare un contributo le tecnologie della comunicazione mediante realizzazione di una piattaforma per l’offerta di servizi informativi per la ricerca, che permetta l’individuazione e l’accesso ai risultati dei progetti di ricerca finanziati da fondi pubblici. Nel mondo della ricerca universitaria secondo lei cosa andrebbe necessariamente migliorato? Nell’attuale contesto evolutivo della ricerca, che assegna alle Università un ruolo preminente rispetto alle ricadute sullo sviluppo territoriale, e che vede il moltiplicarsi di visioni e azioni interconnesse, la pianificazione strategica e il coordinamento delle attività assume rilevanza fondamentale. In proposito sicuramente andrebbe migliorata la qualità della ricerca, rendendo più efficiente ed efficace l’organizzazione, potenziando la cooperazione con imprese e istituzioni del territorio, accedendo a nuove fonti di finanziamento e promuovendo una ricerca di maggior qualità in grado di attrarre i migliori talenti internazionali. Un intervento importante risiede nel finanziamento della ricerca che richiederebbe una riduzione della frammentazione al fine di aumentare l’efficacia, evitare concentrazioni improprie e salvaguardare il pluralismo della ricerca.
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RICERCA
Lunedì 7 aprile, alle ore 15.00, si svolgerà presso la sede di Confindustria Salerno un seminario dedicato ai temi della Ricerca e Innovazione con approfondimenti sul nuovo programma europeo Horizon 2020, i cui primi bandi di gara con oltre 15 miliardi di euro di fondi previsti per il primo biennio (sui 70,2 miliardi di euro previsti in totale), sono stati pubblicati lo scorso dicembre, e dettagli sui progetti di ricerca industriale e diffusione dell’innovazione, promossi dal CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Relativamente a quest’ultimo aspetto, confindustria e CNR hanno sottoscritto un accordo per intensificare collaborazioni e partnership in risposta alle esigenze tecnologiche ed economiche delle imprese, soprattutto piccole e medie. Tra i punti centrali dell’intesa, segnaliamo: - il potenziamento degli strumenti per rafforzare il trasferimento tecnologico; - la creazione di nuovi prodotti ad alto contenuto tecnologico; - lo sviluppo di attività di ricerca di eccellenza che possano attrarre investimenti; - la conoscenza di positive e consolidate esperienze di collaborazione. In particolare, durante l’incontro del prossimo 7 aprile, saranno presentate le competenze dei dipartimenti del CNR operanti nei settori agroalimentare, chimica sostenibile, materiali avanzati e tecnologie abilitanti, energia, trasporti e nuovi materiali. Saranno, inoltre, illustrate le attività svolte dallo Sportello Matematico per l'Industria Italiana, nato in collaborazione con le maggiori società italiane di matematica applicata, al fine di sostenere le imprese italiane nell’innovazione di prodotto e di processo attraverso l’utilizzo di metodi matematici sviluppati per il conseguimento di precisi obiettivi.
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S e tto re r i c er c a , c e r tific a z i on e e v er i f i c a os s e rva to r i o d el l a s i c u r ez z a a c u ra d el l a D ire zio n e C en t r a l e P ro gr a mm a z i on e, O rg a n izz a z i on e e C on t r ollo
LA NUOVA NORMA PER I LAVORI SUGLI IMPIANTI ELETTRICI
DI GIOVANNI LUCA AMICUCCI INAIL – SETTORE RICERCA, CERTIFICAZIONE E VERIFICA DIPARTIMENTO TECNOLOGIE DI SICUREZZA
L e n ovi t à n o n h a n no m odi f i ca t o il c or p o esse n zia le d ella legge ch e r ig u a r d a , soprattu t t o, le proce d u r e d i la v o r o
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A
f ine gennaio 2014 è stata pubblicata una nuova edizione (la IV) della norma CEI 11-27 riguardante i lavori sugli impianti elettrici. La nuova edizione, che prende atto di alcune disposizioni legislative contenute nel Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, si basa a sua volta sulla nuova edizione della norma europea CEI EN 50110-1:2013. Le due norme sono state pubblicate contemporaneamente in modo che ne fosse possibile l’uso congiunto e a tal f ine la norma italiana è stata redatta facendo corrispondere la numerazione degli articoli e dei paragraf i a quelli della norma europea. Le novità più significative della IV edizione della norma CEI 11-27 riguardano la definizione di lavoro in presenza di rischio elettrico, quella di zona di lavoro non elettrico (in presenza di rischio elettrico) e l’introduzione di alcune figure professionali relative all’identificazione di responsabilità riguardanti lo svolgimento dei lavori sugli impianti elettrici. Occorre porre attenzione al fatto che le novità non hanno modificato assolutamente il corpo essenziale della norma che riguarda, soprattutto, le procedure di lavoro. Poiché per l’art. 83 (lavori in prossimità di parti attive) del D.Lgs. 81/2008, al di sotto delle distanze dell’Allegato IX al decreto stesso, quando le parti attive
non sono protette (o non sono sufficientemente protette, anche a seguito di circostanze particolari), sono vietati i lavori di qualsiasi tipo, a meno dell’adozione di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori, si è deciso di introdurre nella nuova edizione della norma la definizione di lavoro in presenza di rischio elettrico. Come risultato ciò ha permesso di specificare il comportamento da tenere nella zona definita da distanze dalle parti attive superiori a quelle relative alla zona prossima e inferiori alle distanze dell’Allegato IX del decreto. Ai fini pratici è definito lavoro con rischio elettrico qualsiasi lavoro (elettrico o non elettrico) che si svolge con distanze dalle parti attive non protette inferiori alle distanze dell’Allegato IX del decreto; tali distanze sono state indicate nella nuova norma col simbolo DA9. Questo lavoro si suddivide in elettrico e non elettrico. Il primo si ha quando la distanza di lavoro dalle parti attive accessibili è inferiore alla distanza di prossimità, chiamata DV nella norma, o quando si lavora fuori tensione su tali parti. Il lavoro non elettrico si ha quando la distanza dalle parti attive accessibili è compresa tra DV e DA9. Il lavoro elettrico deve essere eseguito da PES (persona esperta in ambito elettrico) o PAV (persona avvertita in ambito elettrico), oppure da PEC (persona
SICUREZZA
LE DIVERSE ZONE DI LAVORO INDIVIDUATE DALLA IV EDIZIONE DELLA NORMA CEI 11-27
comune, cioè non esperta e non avvertita, in ambito elettrico) sotto la supervisione di PES (dove per supervisione si intende un complesso di attività, svolte prima di eseguire un lavoro, ai fini di mettere i lavoratori in condizioni di operare in sicurezza senza ulteriore necessità di controllo), oppure da PEC sotto la sorveglianza costante di PES o PAV. Per i lavoratori dipendenti la condizione di PES o PAV è attribuita dal datore di lavoro (con l’indicazione delle tipologie di lavori cui si riferisce), sulla base dell’istruzione, dell’esperienza e delle caratteristiche personali significative dal punto di vista professionale, mentre per i lavoratori autonomi è sufficiente un’autocertificazione basata su idonea documentazione. Quando la distanza di lavoro dalle parti attive accessibili è inferiore alla distanza di prossimità (DV ), si ha il lavoro (elettrico) in prossimità, se la distanza dalle parti attive è compresa tra DL e DV, dove DL è la distanza di lavoro sotto tensione, o il lavoro (elettrico) sotto tensione, se la distanza dalle parti attive accessibili è inferiore a DL. In bassa tensione il personale che lavora sotto tensione deve essere PES o PAV e avere un’idonea abilitazione rilasciata dal datore di lavoro (ai sensi anche dell’art. 82 del Testo Unico). I lavori sotto tensione in alta tensione sono invece
disciplinati dal Decreto 4 febbraio 2011, definizione dei criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 82, comma 2), lettera c), del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni. Si noti che nella nuova edizione della norma CEI 11-27 si sono riallineati i limiti per le diverse distanze con quelli della norma europea CEI EN 50110-1, pertanto in bassa tensione si ha DL=0cm e DV=30cm. Il lavoro (elettrico) fuori tensione si ha quando l’impianto elettrico è stato messo in sicurezza, ovvero quando sono state adottate tutte le misure previste per fare in modo che le parti attive si trovino a tensione nulla o “quasi” (cioè senza presenza di tensione e/o carica elettrica). Il lavoro non elettrico può essere eseguito da PES o PAV, che adottano le procedure di sicurezza necessarie per evitare di lavorare a distanze inferiori a quella di prossimità (DV ), oppure da PEC, sotto la supervisione di una PES o sotto la sorveglianza di PES o PAV, oppure soltanto da PEC, quando l’attività comporta mezzi o attrezzi il cui uso dà luogo al pericolo dovuto soltanto all’altezza da terra nei confronti di una linea elettrica sovrastante (in tal caso è sufficiente fare in modo che l’altezza da terra di tali mezzi o attrezzi, compresa quella di una persona e degli attrezzi o mezzi da lei maneggiati, non superi 4m se la linea è in > 53
bassa o media tensione (≤35kV ) o 3m se la linea è in alta tensione (>35kV ). Le responsabilità decisionali, organizzative e realizzative, durante i lavori sugli impianti elettrici, sono ripartite tra le seguenti figure professionali: - URI, Persona o Unità Responsabile dell’impianto elettrico: è l’unità responsabile della gestione in sicurezza dell’impianto elettrico durante il normale esercizio. Come tale, può pianificare e programmare i lavori. Poiché è di fatto l’utilizzatore dell’impianto, ne conosce le eventuali necessita di ampliamento o di intervento manutentivo. Se l’URI coincide con la RI, deve essere necessariamente una PES. - RI, Persona designata alla conduzione dell’impianto elettrico: è la persona responsabile, durante l’attività di lavoro, della sicurezza dell’impianto elettrico. È designata dalla URI quando si debba effettuare un’attività lavorativa. La RI redige i piani di lavoro; condivide la scelta metodologica e organizzativa del lavoro con l’URL; attua (anche tramite delega scritta a PES o PAV ) le manovre per la messa in sicurezza dell’impianto prima dell’esecuzione del lavoro; consegna l’impianto al PL e lo autorizza all’inizio del lavoro; riceve dal PL la comunicazione di conclusione del lavoro e di ripristino del normale assetto di esercizio; riconsegna l’impianto alla URI, al termine dei lavori. - URL, Persona o Unità Responsabile della realizzazione del lavoro: è l’unità a cui è demandato l’incarico di eseguire il lavoro. Può coincidere con la stessa persona che ricopre il ruolo di persona preposta alla conduzione dell’attività lavorativa (PL). Ha le seguenti responsabilità: verifica e condivisione con la RI della scelta metodologica e organizzativa del lavoro; predispone l’eventuale Piano di intervento; individuazione del PL e degli addetti al lavoro; verifica della disponibilità di procedure, attrezzature, dispositivi di protezione e mezzi di supporto per la corretta realizzazione del lavoro; verifica della formazione ed eventuale idoneità degli operatori addetti al lavoro; organizzazione degli operatori. Se identificata in un’unica persona, tale figura può essere ricondotta al PL, in tal caso deve necessariamente essere una PES. - PL, Persona preposta alla conduzione dell’attività lavorativa: è chi ha la responsabilità della conduzione operativa del lavoro. Deve possedere un’approfondita esperienza lavorativa sugli impianti elettrici su cui può operare. Deve avere la professionalità riconosciuta di PES e solo in casi particolari può essere una PAV. Il PL recepisce e condivide l’eventuale Piano di intervento; conduce operativamente i lavori; prende in carico l’impianto elettrico dalla
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PE R I LAVO RAT O RI DIPE NDE NT I LA CO NDIZIO NE DI PE S O PAV È AT T RIB UITA DAL DAT O RE DI LAVO RO (CO N L’ INDICAZIO NE DE LLE T IPO LO G IE DI LAVO RI CUI S I RIFE RIS CE ), S ULLA B ASE DE LL’ IS T RUZIO NE , DE LL’ E S PE RIE NZA E DE LLE CARAT T E RIS T ICH E PE RS O NALI S IG NIFICAT IVE DAL PUNT O DI VIS T A PRO FE S S IO NALE , ME NT RE PE R I LAVO RAT O RI AUT O NO MI È S UFFICIE NTE UN’ AUT O CE RT IFICAZIO NE B AS AT A S U IDO NE A DO CUME NT AZIO NE
URL cui poi lo riconsegna al termine dei lavori; nei lavori fuori tensione, verifica l’assenza di tensione e, nei casi previsti, verifica l’installazione della messa a terra e in cortocircuito sul posto di lavoro; adotta le procedure previste per i lavori in prossimità di parti attive; verifica all’inizio e durante l’attività, la sussistenza delle condizioni previste; controlla il comportamento del personale, relativamente all’uso di attrezzature e DPI; decide l’inizio, la continuazione, la sospensione, la ripresa, il termine dei lavori, anche in riferimento alle condizioni atmosferiche. Mentre la URI è presente anche nella CEI EN 50110-1, la URL è presente solo nella IV edizione della norma CEI 11-27. URI e URL sono state introdotte per tener conto della suddivisione dell’attività lavorativa che avviene presso le aziende/società organizzate e strutturate. Per le aziende/società meno strutturate, la URI è sempre presente in quanto proprietaria dell’impianto elettrico, mentre le figure di URL, di RI, e di PL possono essere distinte o possono coincidere in un’unica persona, se questa ha tutte le competenze necessarie. In realtà la norma non presenta un organico aziendale rigido, ma consente qualsiasi combinazione o somma di compiti. Quello che prescrive riguarda, piuttosto, l’identificazione delle mansioni e delle relative responsabilità, per favorire la sicurezza e rendere agevole l’identificazione dei responsabili di comportamenti erronei durante l’esecuzione dei lavori.
INTERNAZIONALIZZAZIONE
CREDITI DOCUMENTARI: COME PREPARARE LA FATTURA
DOMENICO DEL SORBO TRADE AND EXPORT FINANCE SPECIALIST www.studiodelsorbo.com I docu men t i d a pre se n t a r e in u t iliz z o di u n cr ed it o d ev o no essere p r ep a r a t i ne l ri sp et t o d elle con di z io n i d el cre di to, d elle di sposi zion i p r evis t e dal l e UC P 6 00 I C C e de l l a p r a s s i b a n c a r i a in tern azion a le un i f orm e, s eg u en d o la rel ativa g er a r c h i a
L’
art. 2 UCP 600 ICC indica che “Presentazione Conforme” - in inglese “Complying Presentation” - «significa una presentazione conforme ai termini e alle condizioni del credito, alle disposizioni applicabili delle presenti norme e alla prassi bancaria internazionale uniforme». Il beneficiario di un credito documentario dunque deve, al fine di ottenere le previste prestazioni dalla banca, preparare i documenti richiesti dal credito rispettando - gerarchicamente - le condizioni del credito, le disposizioni previste dalle UCP 600 ICC e dalla prassi bancaria internazionale uniforme parzialmente codificata nella pubblicazione ISBP 681 ICC. Analizziamo di seguito come preparare la fattura commerciale nel rispetto delle condizioni del credito e delle disposizioni sopra citate.
FATTURA: COSA DICONO LE UCP 600 ICC
Le UCP 600 ICC dedicano alla fattura l’art. 18 che riporta, al punto a), quanto segue: «La fattura commerciale: deve apparire essere emessa dal beneficiario; deve essere emessa a nome dell’ordinante; deve essere emessa nella stessa valuta del credito; non necessita di firma». Al punto c) lo stesso articolo segnala che «La descrizione delle merci, dei servizi o di altre prestazioni nella fattura commerciale deve corrispondere a quella che appare nel credito». Da queste iniziali indicazioni, possiamo
dunque affermare che - per impostarla correttamente - una fattura deve essere emessa dal beneficiario a nome dell’ordinante nella valuta del credito e che, a meno che non sia richiesto dal credito, la fattura non necessita né di firma, né di data. É peraltro necessario, come ben indica il punto c), che la descrizione delle merci deve tassativamente corrispondere a quanto indicato nel credito. La pubblicazione ISBP 681 ICC al paragrafo C3, segnala che tale corrispondenza non è da intendersi in termini speculari. Ad esempio, è accettata una descrizione dettagliata delle merci riportate in diverse parti della fattura che, se riunite, formano una descrizione delle merci corrispondente a quella del credito. Il paragrafo 54 della pubblicazione ISBP 681 ICC indica, inoltre, che la descrizione delle merci, servizi o prestazioni deve riferirsi a ciò che è stato effettivamente spedito o fornito. É anche accettabile una fattura che riporti l’intera descrizione delle merci così come indicato nel credito - e che dichiari ciò che è stato effettivamente spedito. Pare opportuno anche segnalare che l’art. 14 UCP 600 ICC al punto j) indica che «Gli indirizzi del beneficiario e dell’ordinante che appaiono in un qualunque documento richiesto possono non essere gli stessi indirizzi indicati nel credito o in qualunque altro documento richiesto, ma devono indicare lo stesso Paese che > 55
appare nei rispettivi indirizzi presenti nel credito. Le indicazioni per il contatto (telefax, telefono, e-mail e simili) facenti parte dell’indirizzo del beneficiario e dell’ordinante non saranno prese in considerazione». Il punto b) dell’art. 18 UCP 600 ICC indica che la banca (designata, confermante o emittente) «può accettare una fattura commerciale emessa per un importo superiore a quello consentito dal credito e la sua decisione sarà vincolante per tutte le altre parti a condizione che detta banca non abbia onorato o negoziato per un importo superiore a quello consentito dal credito».
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FATTURA: IL PUNTO DI VISTA DELLE ISBP 681 ICC
Di seguito si riportano ulteriori indicazioni - non esaustive - in merito alla corretta impostazione della fattura in riferimento a quanto indicato nei paragrafi C1-C15 della pubblicazione ISBP 745 ICC: - è possibile presentare qualunque tipo di fattura (commerciale, doganale, fiscale, definitiva, consolare, ecc.), se il credito richiede una fattura senza ulteriori definizioni; - una fattura contrassegnata come “provvisoria”, “pro forma” o espressione analoga non è accettabile; - se il credito richiede la presentazione di una fattura commerciale, sarà accettabile un documento denominato fattura; - la fattura può riportare sconti o pagamenti anticipati anche se non indicati nel credito; - la fattura deve indicare il valore delle merci e riportare i prezzi unitari se presenti nel credito; - non è necessario che la fattura sia firmata o datata, salvo che sia richiesto dal credito; - la fattura non deve indicare merci non richieste dal credito (per esempio campionature o materiale pubblicitario); - la quantità delle merci richiesta dal credito può variare con una tolleranza del +/-5%, (a patto che non sia vietata dal credito e che il credito non indichi un numero definito di colli o di articoli singoli). Tale variazione nella quantità non consente che l’importo dell’utilizzo ecceda l’importo del credito. FATTURA: ORIGINALI E COPIE
Di solito, i crediti documentari richiedono la presentazione della fattura in un certo numero di “originali” e in un certo numero di “copie”. Ma cosa si intende per “originale” e “copia”? L’articolo 17 UCP 600 ICC stabilisce che deve essere presentato almeno un originale di ogni documento richiesto dal credito e che sarà considerato “originale” un documento che appare scritto, dattilografato, perforato o timbrato da parte dell’emittente o redatto su supporto cartaceo originale dell’emittente (in questi casi non è più necessario che il documento sia marcato originale) o che semplicemente il documento rechi un'indicazione “original”. Il punto d) dello stesso articolo indica che «Se il 56
credito richiede la presentazione di copie dei documenti, è ammessa la presentazione sia di originali che di copie». Se il credito richiede la presentazione di documenti multipli (ad esempio in due copie) tale richiesta si considera soddisfatta con la presentazione di almeno un originale e del rimanente numero di documenti in copia. Di seguito si riportano ulteriori indicazioni in merito al significato di “Originali e copie” in riferimento a quanto indicato nella pubblicazione ISBP 745 ICC: - i documenti emessi in più di un originale possono essere contrassegnati con Original, Duplicate, Triplicate, First Original, Second Original, ecc. Nessuna di queste espressioni toglie al documento la qualifica di originale. - Se un credito richiede: • “Fattura in copia” o “Fattura”: è necessario presentare un originale. • “Fattura in 4 copie”: almeno un originale e il restante numero in copie. • “Una fattura in copia”: o fattura in originale o in copia. - Le copie dei documenti non necessitano di firme. - Il numero di originali da presentare deve essere almeno quello richiesto dal credito, dalle UCP 600 ICC o quello indicato dal documento quando il documento stesso indica quanti originali sono stati emessi. Per ulteriori approfondimenti in merito al significato di “originale” e “copia” si raccomanda di consultare, oltre l’art. 17 UCP 600 ICC, la dichiarazione della Commissione Bancaria di cui al documento ICC n. 470/871Rev. “The Determination of an Original Document in the Context of UCP 500 sub-Article 20(b)” che permane valida sotto la vigenza delle UCP 600 ICC. Si ricorda, infine, che come recita l’art. 3 UCP 600 ICC «Un documento può essere firmato con scrittura a mano, firma in facsimile, firma perforata, mediante stampigliatura, apposizione di un simbolo, ovvero utilizzando qualunque altro metodo meccanico o elettronico di sottoscrizione», a meno che non sia richiesta una firma “signed by hand” o espressioni similari. In conclusione appare opportuno sottolineare che i documenti da presentare in utilizzo di un credito debbano essere preparati nel rispetto delle condizioni del credito, delle disposizioni previste dalle UCP 600 ICC e della prassi bancaria internazionale uniforme, seguendo la relativa gerarchia. La preparazione della fattura - documento richiesto praticamente nella totalità dei crediti documentari - è solo apparentemente semplice, in quanto è necessario - come visto - il rispetto di diverse disposizioni normative. Si consiglia agli operatori di preferire, ove possibile, l’uso di applicativi informatici, magari diversi dai gestionali aziendali, che consentono una maggiore flessibilità per rispettare in pieno quanto segnalato.
INTERNAZIONALIZZAZIONE
ALBANIA & TURCHIA, OPPORTUNITÀ A SUD EST
DI MONICA DE CARLUCCIO UFFICIO INTERNAZIONALIZZAZIONE CONFINDUSTRIA SALERNO
Un inc ontro con t estimonianze dirette di chi già opera da tempo in questi Paesi, con il contributo delle rispettive rappresentanze diplomatiche coinvolte, per rendere la scelta di internazionalizzarsi quanto più possibile consapevole
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lbania e Turchia, due Paesi fino a poco tempo fa ritenuti di scarso interesse, sono stati al centro dell'attenzione nell’incontro tenutosi in Confindustria Salerno - il 25 marzo - nel corso del quale diversi relatori e testimoni hanno dato prova ai nostri imprenditori che può davvero valere la pena investirvi tempo ed energie. Il seminario - intitolato “Albania & Turchia: Opportunità a Sud Est” e organizzato in collaborazione con lo Studio Legale Internazionale Nunziante Magrone di Roma e dagli studi associati di Istanbul e Tirana – ha infatti approfondito le prospettive economiche, il clima commerciale, gli strumenti finanziari e legali, nonché le possibilità d’affari di questi due mercati in espansione. Presenti ai lavori - aperti dal Presidente di Confindustria Salerno Mauro Maccauro e coordinati e moderati da Gianmatteo Nunziante dello Studio Legale Associato Nunziante Magrone - Vera Cara, Ambasciata della Repubblica di Albania, Consigliere - Roma; Halil Sener, Ambasciata della Repubblica di Turchia - Ufficio Commerciale, Consigliere Commerciale - Roma; Benan Ilhanli, B+B Law Firm in association with Nunziante Magrone Studio Legale Associato, Associate – Istanbul; Enyal Shuke, Shuke Law in association with Nunziante Magrone Studio Legale Associato, Partner – Tirana. Le testimonianze sono, invece, state affidate a Daniele A. Fanin, Intesa SanPaolo-Divisione Corporate & Investment Banking, Direzione Internazionale – Roma; Gaetano Casalaina, Indesit, Dir. Relazioni Istituzionali e Internazionali – Fabriano, Ancona e Diego Pisa, Teleperformance Albania, Chief Executive Officer – Tirana. A concludere il dibattito il Vicepresidente Confindustria Salerno, Delegato all’Internazionalizzazione Nicola Scafuro. Nunziante motiva così le ragioni di un evento dedicato proprio a questi due Paesi: «La crisi di questi ultimi anni - ha dichiarato – ha messo a dura prova il sistema imprenditoriale italiano, in molti casi colpendo realtà sane vittime loro malgrado della stagnazione economica che ha segnato le economie occidentali, della crisi di liquidità e del crollo degli ordinativi. Aprirsi a nuovi mercati in crescita e capaci di assorbire l’offerta di prodotti con alta valenza tecnologica è una scelta vincente. Il “Made in Italy”, per altro verso, continua ad avere una grande capacità attrattiva e le nostre imprese sembrano averne acquisito consapevolezza. L’internazionalizzazione non può andar disgiunta però da una approfondita analisi dei Paesi target: di qui la rilevanza dell’informazione che attraverso questi seminari si cerca di dare a chi guardi all’internazionalizzazione con vero interesse. Grazie a testimonianze dirette di chi già opera da tempo in contesti internazionalizzati e al contributo delle rispettive rappresentanze diplomatiche coinvolte, c’è modo di affacciarsi su nuovi mondi con la necessaria consapevolezza». 57
TERAPIA CON MICROINFUSORE PER INSULINA GIUSEPPE FATATI PRESIDENTE FONDAZIONE ADI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DI DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA)
Più costosa rispetto alla classica terapia multi-iniettiva, ma in considerazione dei risultati che si possono raggiungere in termini di compenso glicemico, di riduzione delle ipoglicemie gravi e delle ospedalizzazioni nonché di prevenzione delle complicanze, questa innovativa cura è lo stesso conveniente
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empre più spesso si sente parlare di microinfusori di insulina e sistemi integrati per le persone con diabete. Ma cosa è un microinfusore, che cosa è un sistema integrato e quali sono le indicazioni per l’utilizzo? I microinfusori di insulina sono dispositivi portatili di piccole dimensioni, che rilasciano insulina ad azione rapida 24 ore su 24 attraverso un tubicino sottile e una agocannula (set di infusione) inserita sottocute. La quantità di insulina rilasciata è personalizzabile in base alle esigenze. La beta cellula pancreatica di un soggetto non diabetico rilascia regolarmente piccole dosi di insulina nell'organismo per controllare i livelli di glicemia nel sangue. La quantità di insulina prodotta varia in base alle caratteristiche personali e a fattori come attività fisica, metabolismo, livello di stress e malattie. Durante l'assunzione di cibo, viene rilasciata una quantità extra di insulina per mantenere l'equilibrio glicemico. Il microinfusore imita l'azione del pancreas in quanto fornisce costantemente insulina, anche in dosi supplementari, se necessario. Può essere programmato affinché la eroghi in continuo per controllare la glicemia tra i pasti e durante il sonno. Ai pasti, inoltre, il paziente può somministrarsi autonomamente un bolo di insulina. Anche chi utilizza un microinfusore deve monitorare i livelli glicemici nel corso della giornata. Il set di infusione deve essere sostituito ogni 2-3 giorni. La terapia con microinfusore è un trattamento alternativo per diabetici che seguono terapie insuliniche intensive e che sono in grado di eseguire l'autocontrollo regolare dei livelli glicemici. Il microinfusore, dunque, sostituisce le iniezioni ed è indossato esternamente al corpo, ad esempio fissato a una cintura. Il sistema integrato monitoraggio continuo della glicemia, GCM/microinfusore rappresenta un ulteriore passo verso un miglior equilibrio glicemico. I sistemi di monitoraggio continuo della glicemia sono dei piccoli dispositivi computerizzati che aiutano il paziente a monitorare i livelli glicemici e a rilevare la natura e la velocità del proprio trend glicemico. L'integrazione di un microinfusore di insulina e di uno strumento di monitoraggio continuo in un unico sistema permette di controllare in maniera ottimale il diabete. L’utilizzo del sistema integrato microinfusore-monitoraggio continuo della glicemia viene ritenuto appropriato: a) quando per l’ottimizzazione metabolica si voglia ottenere una correzione estemporanea dello schema terapeutico, basata su valori glicemici e loro “trend” secondo una modalità continuativa o intermittente, con periodico riassetto dello schema terapeutico; b) in presenza di ricorrente iperglicemia al risveglio, nel sospetto di “Hypoglycemia Unawareness” e/o di gastroperesi). Il prezzo della terapia con microinfusore è spesso considerato un ostacolo alla sua diffusione. In realtà la terapia per microinfusione è più costosa rispetto alla classica terapia multi-iniettiva ma considerando i risultati che si possono raggiungere in termini di compenso glicemico, di riduzione delle ipoglicemie gravi e delle ospedalizzazioni nonché di prevenzione delle complicanze, la differenza potrebbe annullarsi. Certamente c’è la necessità di una selezione accurata dei soggetti che ne possono trarre beneficio e di un team specializzato che prevede la presenza di un diabetologo e di un infermiere esperti nell’impianto e nella gestione dei microinfusori e dell’autocontrollo e di una dietista che educhi i pazienti alla conta dei carboidrati, servendosi di formule per calcolare la sensibilità insulinica, le dosi e i relativi aggiustamenti a ogni bolo d’insulina.
SALUTE
DERMATITE SEBORROICA, QUESTA SCONOSCIUTA
ANTONINO DI PIETRO DERMATOLOGO www.antoninodipietro.it
Come riconoscere e trattare una delle patologie cutanee più diffuse
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nteressa tra il 3 e il 5% della popolazione mondiale e compare su cuoio capelluto, sopracciglia, alcune parti del viso, come i lati del naso, orecchie o torace, provocando arrossamento, desquamazione e prurito. Stiamo parlando della dermatite seborroica, un disturbo in costante crescita, probabilmente anche a causa dell'inquinamento. Ma come si riconosce e si cura questa malattia infiammatoria che, fortunatamente non è grave, ma genera comunque disagi? I SINTOMI E LE CAUSE
La pelle affetta da dermatite seborroica presenta arrossamento, squame giallastre untuose o secche e in alcuni casi piccole croste. La maggior parte delle volte la persona colpita avverte anche prurito, spesso molto intenso. Nelle zone interessate si osserva un’alterazione del sebo, che viene prodotto in eccesso, alimentando un particolare microrganismo, il Pityrosporum ovale o Malassezia. Trovandosi ipernutrita, la Malassezia aumenta a sua volta, provocando l’infiammazione. Le cause scatenanti non sono ancora definitivamente note, ma la comparsa è facilitata da diversi fattori, tra cui predisposizione genetica, stress, condizioni ambientali sfavorevoli, squilibri ormonali. I TRATTAMENTI
Per tenere sotto controllo la dermatite seborroica, senza riuscire però a risolvere il problema, finora sono stati utilizzati diversi trattamenti. Tra le sostanze più usate, vi sono gli antimicotici, come il ketoconazolo e il feticonazolo, contenuti in shampoo e in creme specifiche. Altri rimedi seguiti per trattare la dermatite seborroica sono stati, fino a questo momento, i preparati a base di zolfo e acido salicilico. Si tratta di principi attivi naturali, utilizzabili per trattamenti prolungati e capaci di far regredire gli effetti della patologia sulla pelle e sul cuoio capelluto. Ulteriori sostanze impiegate come trattamento sono lo zinco piritione e il solfuro di selenio, contenuti in shampoo, il cui uso risulta utile se associato alla cura con antimicotici. UN RIMEDIO NUOVO ED EFFICACE
Un rimedio piuttosto recente e di grande efficacia è l'alukina, composto polifunzionale naturale, costituito da allume di rocca, un minerale di origine vulcanica, acido glicirretico, estratto della liquirizia, e Retinil Palmitato, derivato dalla vitamina A. I risultati ottenuti usando l'alukina sono proprio connessi all'interazione delle sostanze che la costituiscono. L'allume di rocca, conosciuto fin dall'antichità per i suoi effetti benefici sulla pelle, svolge un'azione antisettica, antibatterica e depurativa. L'acido glicirretico è un vasocostrittore, è ossia capace di far restringere i capillari dilatati, responsabili dell'arrossamento cutaneo. Il retinolo svolge invece un'azione antiossidante, favorendo il ricambio cellulare. I risultati raggiunti appaiono decisamente positivi dopo sole due settimane, con una remissione completa, nella maggior parte dei casi, dei segni della patologia stessa. In alcuni pazienti miglioramenti sensibili iniziano a riscontrarsi già dopo una settimana di impiego regolare. Nelle situazioni più ostinate, la cura può tuttavia essere protratta senza problemi poiché l'alukina risulta ben tollerata dall'organismo, non genera assuefazione ed effetti collaterali. È stato inoltre verificato che questo tipo di trattamento riduce il rischio di ricadute rispetto ad altre tipologie di cure. 59
BON TON
GALATEO: IL MOMENTO DEL CONTO AL RISTORANTE NICOLA SANTINI ESPERTO DI GALATEO, COSTUME E SOCIETÀ www.ttimestyle.com
L'etichetta impone che ci si destreggi in modo elegante, evitando scene imbarazzanti difficili da digerire
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rriva il conto da pagare e c’è chi coglie l’occasione per andare in bagno, chi vuole dividere anche il limoncello, chi arriva sprovvisto di contanti quando sa che dovrà pagare alla romana, chi invece si cimenta in una maratona con lite di fronte alla cassiera per aggiudicarsi il totale barattando la discrezione con lo show off al prezzo di un paio di coperti. Ingrediente comune di questi momenti? Un drammatico, prevedibilissimo, imbarazzo. I rischi di non sapersi comportare quando si divide un tavolo, ma non sempre il conto, sono spesso in agguato: quando si ha la consuetudine di uscire in pausa pranzo con i colleghi, quando si porta fuori un cliente, in un tête-à-tête o in una rimpatriata per una pizza con gli ex compagni di liceo. Come cavarsela quindi? Si tratta di stabilire una forma nell’essere chiari e fare in modo da non risultare mai sfacciati. In genere chi paga il conto è colui che fa l’invito. Al momento della prenotazione, specificate che avete uno o più ospiti, concordate prima con il direttore del ristorante o con il cameriere le modalità di pagamento, ed evitate di chiedere il conto risparmiando “il gesto” a chi avete deciso di invitare. Se siete voi ad essere stati invitati, non fate scenate. Meglio un grazie che una trattativa da mercato arabo di fronte al registratore di cassa. Cena informale tra amici senza particolari ricorrenze? Ognuno paga per sé, ma con delle regole precise. Se il conto è alla romana, si esce di casa muniti di banconote di vari tagli e spiccioli. È straziante vedere la scena di chi passa da un angolo del tavolo all’altro per restituirsi i decimali. Altrettanto inelegante è l’atteggiamento di chi paga con carta di credito e si fa dare il cash dai commensali. Che orrore.
RENDEZ-VOUS.ZERO
NARCISO E L’E-BOOK
ROBERTA BISOGNO COLLABORATRICE C/O LABORATORIO DI EDITORIA ELETTRONICA UNIVERSITÀ DI SALERNO
Lontani dalla scalata alla pubblicazione, auto-pubblicarsi offre a chiunque l’assunzione di diversi o forse di tutti i ruoli del processo editoriale che fanno di un manoscritto o file un libro o un e-book
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ai da te” o “Scritto, fatto” o “L’importante è partecipare” o “Checché se ne dica”; “Purché se ne parli” o “Molto rumore per nulla” o “Chi fa da sé per tre”. Il self-publishing: letteralmente pubblicazione fatta da sé, risulta un’esperienza rintracciabile nel solito binomio alfabetizzazione ed elettronica nelle praticabili vie concesse dalla tecnologia prêtà-porter. Lontani dalla scalata alla pubblicazione, auto-pubblicarsi offrirebbe a chiunque l’assunzione di diversi o forse di tutti i ruoli del processo editoriale che fanno di un manoscritto o file un libro o un e-book. Uno sarebbe autore-scrittore-narratore-web author ed editore, redattore, correttore, grafico, impaginatore, con un click, scegliendo la piattaforma distributiva on line, e in certi casi anche distributore e probabilmente con uno sforzo ulteriore anche venditore, libraio. Che il mercato dell’editoria sia a un livello di saturazione massima è verificabile sia nelle librerie, sia in rete: la quantità è un dato sorprendente e avvilente insieme. Ma ciò che osservo non è tanto la possibilità di “farsi un libro”, quanto come e che tipo di libro, o più esattamente di prodotto, è possibile realizzar-si. Va detto anche che il self-publishing non nasce in questi anni, di questi anni è più vivace il dibattito intorno. Ogni passaggio interroga quelli precedenti o prossimi in una catena di intrecci: il self publishing fa ragionare non solo sulla filiera ma precisamente sul ruolo dell’autore, per esempio, del diritto d'autore nel digitale, delle creative commons, riguardo l'open source e vantaggi e svantaggi... a livello autoriale ed editoriale. Poichè il self-publishing non è un fenomeno neonato, ciò che vorrei evidenziare è quanto e come il contenuto o forse la stragrande maggioranza di libri o e-book autopubblicati mostri un certo indistinto riflesso del sé. Certo la rete ci ha educato all’autoreferenzialità e all’auto e all’egocentrismo, poiché il rapporto diretto con l’altro passa sempre attraverso uno schermo nel quale effetto-specchio, inevitabilmente ci rispecchiamo. Narcissus.me è una piattaforma di autopubblicazione legata a Simplicissimus Book Farm: propone servizi di self-publishing a chiunque volesse un e-book. I costi sono davvero bassi, e per chi presenti un lavoro più o meno finito in ePub, con copertina, non vi sono costi opzionali. Al “pubblicatore” verrà così garantita la pubblicazione in rete sui principali siti di distribuzione editoriale, e inoltre il 60% su ogni e-book venduto. Ma Narcissus unisce, garantisce scambi fra i vari pubblicatori. Vi è un blog nel quale trovare le ultime notizie editoriali ma anche di vari utenti, oltre che uno spazio dedicato alle “storie”: chi ha pubblicato attraverso Narcissus può condividere la sua storia (ancora una volta). Ciò che mi colpisce è notare come fra storie, e-book e sito vi sia un rapporto unidirezionale nel quale il sito sembri connotare fin da subito un atteggiamento della scrittura e del prodotto già narcisistico (per lo più relativo a storie di vita e generi di consumo)…fino sembrare che un e-book diventi il risultato realizzato di sogni e desideri irrealizzabili altrimenti. E credo ciò sia deleterio per il ruolo della scrittura. Diciamo pure che alla scrittura siamo abituati, in quanto abituati a leggere e scrivere. Svincolarci almeno dall’idea che un libro pubblicato è qualcosa che ci è dovuto perché si può e perché abbiamo qualcosa da raccontarci. E torniamo, mi pare, ad essere allora dei pubblicatori? Nel far circolare una storia circola informazione, di cui noi stessi siamo la fonte e la ricezione. 61
FINISTERRE
PICCOLI RACCONTI DAL NOVECENTO: OMAGGIO A MANLIO SGALAMBRO ALFONSO AMENDOLA DOCENTE DI SOCIOLOGIA DEGLI AUDIOVISIVI SPERIMENTALI UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
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MANLIO SGALAMBRO
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he uomo straordinario è stato Manlio Sgalambro (scomparso a 90 anni lo scorso 6 marzo). Straordinario per la scuderia densissima delle sue scritture (una saggistica rigorosamente Adelphiana), per la sua sicilianità vissuta con aristocratico orgoglio, per le sue adorazioni verso Nietzsche e Cioran, per l'amicizia produttiva con Franco Battiato (con cui dal 1994 creerà un magnifico sodalizio artistico), per la sua formazione parigina tra “biblioteche e bordelli” (apprendistato giovanile raccontato nel 2009 con il suo “Del delitto”), per la sua notorietà franco/ispanico/tedesca. Per alcuni “semplicemente” straordinario perché ha saputo trasporre il concetto heiddeggeriano di “cura” (inteso come unico dato dell'esserci) in una delle più belle e romantiche canzoni del Novecento («Supererò le correnti gravitazionali/ lo spazio e la luce per non farti invecchiare;/ ti salverò da ogni malinconia./ Perché sei un essere speciale/ ed io avrò cura di te./ Io sì che avrò cura di te»). Manlio Sgalambro è stato un vero filosofo nel senso che li ha vissuti fino in fondo i concetti che studiava. Tra slanci rigoristi e insegnamenti magistrali (decisamente destabilizzanti per la routine universitaria) ha portato avanti un'idea di nichilismo che si è sontuosamente mossa tra comunismo eretico, “anima razionale”, viaggi nella metafisica, rapidità del pensiero, moti segreti dell'anima, poteri taumaturgici della parola, riscoperte della consolazione. Il tutto quasi sempre attraverso una scrittura che sembra rimandare ai grandi trattatisti seicenteschi. Un pensatore estremo, Sgalambro. Un battitore libero che scriveva per necessità sferzante e caustico desiderio, di certo non per scadenze accademico-concorsuali o per obblighi di contratti editoriali. Insomma un “filosofo solitario” che non ha mai dimenticato il comunque esserci come primo imperativo. Perché dentro il suo scrivere e raccontare di passioni e silenzi, dolenze e crudezze, risentimenti ed empietà...l'esserci si affacciava in continuazione. Un esserci che aveva la maschera allegra e triste delle canzoni: quelle scritte (non solo per il Magister Battiato, ma anche per Adriano Celentano, Carmen Consoli, Milva, Patti Pravo, Fiorella Mannoia) e quelle cantate (come non ricordare le sue performance nelle quali masticava la malinconia di “Moon River” e il catalogo libertario di “Me gustas tu”). Un esserci che nella sua soave quotidianità e aspra inquietudine giammai ha abbandonato questo filosofo dalle nichiliste fondamenta. Questo camminatore della notte. E sì, la notte. Quel luogo magnifico, ha scritto Sgalambro, dove “Ci si trascina per le vie e si parla tra sé. Il dialogo alligna di giorno e risuona dei suoi traffici ignobili. Di notte si monologa. Come dei re”. Perché è di notte che dobbiamo cercare la verità dei nostri pensieri. Perché è di notte che i pensieri non esigono più la cautela del dialogo o la retorica dello scambio dialettico con “gli altri”. Perché è di notte che l'unica verità possibile nasce: ascoltarci. Ascoltarci senza rutilanti mediazioni, senza “amicali” interlocutori, senza poterci auto-assolvere con ipocriti “passerà” o “è soltanto un brutto periodo”, senza vigliacchi alibi dovuti a stress da professione, senza aspettare nulla (perché nulla più abbiamo da perdere). Insomma, la notte ci rende liberi e ferocemente sinceri (almeno con noi stessi).
ARTE
IL TEMPO IMPERFETTO DELL'ARTE, 5 SGUARDI PRESENTI SUL MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE DI SALERNO DI ANTONELLO TOLVE E STEFANIA ZULIANI CRITICO D'ARTE DOCENTE DI STORIA E TEORIA DEL MUSEO CONTEMPORANEO UNIVERSITÀ DI SALERNO
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attualità del passato e, assieme, il consumo inesorabile del presente. Di un presente che, sotto i colpi dell'obsolescenza, CALENDARIO MOSTRE diviene fin troppo rapidamente rovina, lacerto di letture impossiTEMPO IMPERFETTO. bili, spazio costellato da umori differenti, luogo incompleto e inSGUARDI PRESENTI SUL MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE DI SALERNO compiuto dell'agire umano, sguardo sospeso tra passato e futuro. FABRIZIO COTOGNINI > 1 DA MERCOLEDÌ 7 MAGGIO Partendo da un tempo, il nostro, che vive altalenante tra tensioni A SABATO 7 GIUGNO opposte – in una condizione che è stata definita, per tempo, poELENA BELLANTONI > 2 DA MERCOLEDÌ 11 GIUGNO ststorica –, dal prossimo 7 maggio fino al 15 novembre 2014, la A VENERDÌ 11 LUGLIO Fondazione Filiberto Menna, in collaborazione con la Provincia GIULIA PALOMBINO > 3 DA MERCOLEDÌ 16 LUGLIO di Salerno, riflette sull'imperfezione stessa del tempo, sulle sue A SABATO 6 SETTEMBRE declinazioni e sulle sue inafferrabili eterogeneità. Attraverso cinGIAN MARIA TOSATTI > 4 DA MERCOLEDÌ 10 que sguardi presenti sulla realtà complessa del Museo ArcheoloSETTEMBRE A VENERDÌ 10 OTTOBRE gico Provinciale, grazie ad azioni artistiche progettate e realizzate IVANO TROISI > 5 DA MERCOLEDÌ 15 OTTOBRE per l'occasione, temporanee mutazioni estetiche tese a rileggere il A SABATO 15 NOVEMBRE passato e ad interagire con lo spazio espositivo, Tempo Imperfetto. Sguardi presenti sul Museo Archeologico Provinciale di Salerno (questo il titolo scelto per definire il ciclo di mostre) mette a confronto alcuni artisti italiani di respiro internazionale – Elena Bellantoni, Fabrizio Cotognini, Giulia Palombino, Gian Maria Tosatti e Ivano Troisi – con le collezioni del Museo e con la sua luminosa architettura, uno dei più importanti e apprezzati progetti dell'architetto Ezio De Felice. Gli interventi, che si succederanno fra la primavera e l'autunno del 2014, saranno tutti realizzati in situ dagli artisti, che attraverso linguaggi differenti – dal video alla fotografia, della pittura al ready made, dall'installazione all'estroflessione performativa – proporranno la lettura di un contesto (quello del museo, appunto) che è luogo di conservazione e, nel contempo, di produzione della memoria, spazio pubblico che vive della relazione con la comunità, nel dialogo con i visitatori che sempre più sono al centro del sistema espositivo. In occasione dell'inauguraFABRIZIO COTOGNINI STUDIO DI UNA SCULTURA zione delle singole instalSULL'APOLLO. lazioni (per ciascuna delle 2014, TRITTICO. COURTESY DELL'ARTISTA quali verrà individuato uno E PROMETEO GALLERY specifico ambito all’interno LUCCA-MILANO come all’esterno del Museo) ogni artista sarà coinvolto in una fondamentale conversazione critica dedicata alla sua ricerca e alle ragioni che hanno guidato la realizzazione del progetto per il Museo Archeologico Provinciale. A conclusione della mostra, una tavola rotonda metterà in luce aspetti e questioni legate al rapporto tra archeologia e arte del presente. 63
IL SEGNALIBRO L'ULTIMA MADRE > GIOVANNI GRECO
a c u ra di Raffaella Venerando
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Co lla n a I NDIES FELTRIN ELLI Pa g g 3 84 E u ro 1 7,00
e vite degli individui sono rette parallele che s’incontrano all’infinito, in un orizzonte illusorio, sono impulsi che corrono avanti e indietro, s’inseguono, talora s’intravedono o si sognano reciprocamente, più spesso si mancano. María è una mite casalinga di un barrio povero di Buenos Aires, vedova di un muratore di origini italiane. Gli uomini che hanno preso il potere in Argentina hanno fatto sparire i suoi due figli, i gemelli Pablo e Miguel. María cerca una risposta, vuole la verità, e per questo viene imprigionata, torturata, esiliata. La sua vicenda si sovrappone a quella di Mercedes, figlia e moglie di due militari di quella giunta che reprime nel sangue ogni forma di opposizione. Anche Mercedes è madre di due gemelli, Nacho e Mari. I bambini le sono stati consegnati alla nascita, figli di un’attivista politica arrestata e poi scomparsa. Sono cresciuti in una famiglia che non è la loro, all’oscuro di tutto. Nato come spettacolo sul tema dei desaparecidos, frutto di un’inchiesta condotta sul campo a Buenos Aires, L’ultima madre è un potente affresco ispirato ai grandi romanzi della letteratura sudamericana: destini che procedono asimmetrici nel tempo e nello spazio, ma indissolubilmente intrecciati, personaggi che appaiono a un angolo di strada o svaniscono senza lasciare traccia, che si ergono a divinità del male, mutano pelle come serpenti, impazziscono, frugano disperatamente nei bassifondi dell’animo alla ricerca della propria identità. Quell’identità negata a molti negli anni bui della dittatura e che solo alcuni hanno potuto recuperare grazie al lavoro straordinario delle nonne di plaza de Mayo.
HOME CINEMA BEFORE MIDNIGHT > RICHARD LINKLATER
a c u ra di Vito Salerno
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uesto film è il terzo capitolo di una saga di successo iniziata nel 1995. Infatti, i protagonisti, Jesse e Celine, si sono incontrati per la prima volta a vent’anni in Prima dell’Alba (1995), per ritrovarsi a trent’anni in Before Sunset - Prima del Tramonto (2004) e ora, in Before Midnight, affrontano il passato, il presente, il futuro, la famiglia e l’amore. All’aeroporto di Kalamata, in Grecia, l’americano Jesse (Ethan Hawke) sta salutando il figlio Hank (Seamus Davey-Fitzpatrick) che si prepara a tornare negli Stati Uniti, dalla madre, dopo aver trascorso una indimenticabile estate con la nuova famiglia del padre. Uscito dall’aeroporto, Jess ritrova la sua famiglia: Celine (Julie Delpy) e le loro due gemelle Ella e Nina (Jennifer e Charlotte Prior). Tra le colline rocciose della Messinia, in macchina, immersi in un panorama dalla bellezza austera, Jesse e Celine discorrono sulla loro vita lontana da Hank; sulla carriera di Celine; sulla commistione tra antico e moderno nel paesaggio circostante. Jesse propone di lasciare la loro casa a Parigi per trasferirsi negli Stati Uniti, ma Celine ha chiuso la sua parentesi americana e non ha alcun desiderio di tornare. La lunga storia insieme ferve tra di loro. Jesse è un romanziere di successo. Si trova in Grecia insieme alla famiglia come ospite presso il bucolico ritiro di un maturo scrittore, Patrick (Walter Lassally). I suoi voli pindarici affabulano la compagnia, composta di calorose coppie greche, ma Celine, il cui trascorso è stato decisivo per i romanzi semi-autobiografici del marito, e quindi per la sua carriera, sembra un po’ stanca di interpretare la seducente musa francese nel mondo fittizio che lui ha creato e descrive. Come regalo di benvenuto, i padroni di casa hanno prenotato per Jesse e Celine una camera in un lussuoso resort sul mare, offrendosi di badare alle gemelle per quella notte. Celine avverte l’attrito tra lei e Jesse e vorrebbe rifiutare, ma gli amici insistono. Si incamminano così nella spettacolare campagna, perdendosi nei vicoli, tra i villaggi, mentre chiacchierano, si punzecchiano, discutono, flirtano. Ma la realtà irrompe: il carico di figli, lavoro, ambizioni, delusioni; il flusso e riflusso della passione; le tensioni legate alla crescita e all’approfondirsi di una relazione. Alla fine, quella che si era prospettata come un notte idilliaca tutta per loro, li metterà alla prova in un modo assolutamente inaspettato. 64