NUMERO 06
NOVEMBRE /DICEMBRE 2014
EDIT OR IA L E / NOVEMBR E DIC EMBR E 2014
Al lavoro! Riaccendiamo le luci sull’economia reale Per tornare a crescere, l’industria ha bisogno di piani strategici di medio lungo periodo, declinati a tutti i livelli territoriali, che creino condizioni favorevoli, eliminando inefficienze e distorsioni di un sistema Paese attualmente da peso minimo. Va poi rinsaldata l’unità tra l’impresa e il lavoro, riaffermandola come valore da difendere
Q
uesti che viviamo sono anni di lavoro arduo per il nostro tessuto produttivo, messo a dura prova da una crisi che non demorde ancora. Faticano le grandi imprese, danno prove di strenua resistenza le medie, arrancano quelle piccole. L’industria italiana, insomma, pare essersi ammalata e gravemente. Le cause sono tante e, se individuarle potrebbe sembrare facile perché in gran parte sono note, trovare i rimedi giusti è operazione molto complessa. Proprio delle cure possibili lo scorso 25 novembre al Teatro Verdi abbiamo voluto dibattere durante la nostra Assemblea Pubblica, alla presenza di competenti relatori. Come Confindustria Salerno abbiamo provato a ragionare su di una duplice terapia: da un lato politiche industriali che rimettano al centro la fabbrica, dall’altro una fabbrica che riprende vita e forza anche grazie a piccole e grandi metamorfosi positive interne, attuate insieme da imprenditori e lavoratori. Nel nostro territorio, storiche realtà industriali di anno in anno sono sparite senza che queste perdite di valore fossero compensate dall’arrivo di nuovi investimenti produttivi. Bene, anzi male. Non ci stiamo ad assistere a questo impoverimento non solo economico, senza provare a trovare soluzioni di contrasto efficaci. Abbiamo voluto perciò dire la nostra ai decisori nazionali e territoriali su come sia possibile sostenere l’industria, contenendo l'asfissiante pressione fiscale, la bolletta energetica ancora troppo cara, riducendo i troppi obblighi della regolamentazione ambientale, tornando al contempo a investire. Eccetto il credito di imposta per R&S, che va però più solidamente finanziato e migliorato nel metodo, sono esigui i fondi per favorire gli investimenti e del tutto assenti quelli tesi al rinnovo degli apparati produttivi, così come quelli per sostenere la patrimonializzazione, la crescita dimensionale delle imprese e l’internazionalizzazione. Senza questi investimenti non si riannoda la fiducia che ci occorre per rialzare la testa. Oltre al sostegno alla manifattura, bisogna intervenire seriamente anche sul versante mercato del lavoro e produzione. Il presupposto è uno, per noi inconfutabile: il lavoro vero lo creano le imprese e non le sole mutate regole. Occorre però costruire una nuova cultura del lavoro. Questo il nostro credo. Le idee e le proposte che abbiamo fermato su carta nel documento “Dentro la fabbrica”, presentato in Assemblea, vogliono essere il nostro convinto contributo. Entrando nel vivo del tema, riteniamo che debba essere sostenuto il percorso di consolidamento del ruolo della contrattazione aziendale, in particolare di quella legata all’aumento della produttività, capace di creare maggior valore alle imprese da ridistribuire ai lavoratori, attraverso elementi sia retributivi in senso stretto, sia di “welfare”. La strada è tracciata e passa per una rappresentanza forte e autorevole perché un sistema di relazioni strutturato e fondato su rapporti di cooperazione è uno degli strumenti più idonei a proteggere e rafforzare le realtà produttive esistenti e a incoraggiare nuovi investimenti. Le Relazioni Industriali devono rappresentare un fattore di competitività. Rivolgiamo queste nostre riflessioni a tutti gli stakeholders che hanno a cuore un interesse condiviso su tutti: la tutela dell’economia del territorio. Non rinunciamo, nel tentativo di difendere un fortino ormai quasi vuoto, a migliorare il valore per tutti, perché imprese e lavoratori non si trovino fuori mercato già oggi, non domani.
Mauro Maccauro Presidente Confindustria Salerno
S O M M A R IO EDITORIALE 1
Al lavoro! Riaccendiamo le luci sull’economia reale di M. Maccauro
STRATEGIE D'IMPRESA 28
De Santis, una favola che continua A cura della Redazione Costozero
29
Nicolao e Porcini, una realtà di sicura forza A cura della Redazione Costozero
30
Fontel, la multiutility dell’energia pulita A cura della Redazione Costozero
PRIMO PIANO / ASSEMBLEA 2014 4
Politiche industriali e fabbrica, ripartiamo da qui di R. Venerando
31
PRIMO PIANO / ASSEMBLEA 2014 / LAVORO 8
Innovare le Relazioni Industriali: produttività e premialità di R. Venerando
9
Franchi, Federmeccanica: «Sul lavoro non si può tornare indietro» di R. Venerando
Martone, Luiss Guido Carli: «Un limite la poca 11 attenzione del Governo al risultato» di R. Venerando
NEW ENTRIES 32
16
33
34
Il paesaggio come risorsa di A. Onesti NORME E SOCIETÀ
36
Gestione sostenibile del conflitto e vantaggio competitivo per l’azienda di M. Marinaro
38
Segnalazione illegittima alla Centrale Rischi di M. Galardo
40
Rete d’impresa, un’opportunità da non perdere di G. Sciancalepore
FOCUS 20 Le fonti rinnovabili nel Mediterraneo A cura di SRM
Mercato immobiliare: l’andamento del settore, dai dati nazionali alla provincia di Salerno di F. Elefante EDILIZIA INDUSTRIALE
Viesti: «I fondi europei devono rientrare in un discorso politico più ampio» di R. Venerando
18 Come invertire il declino industriale di A. Sacrestano
Il Lloyd’s Baia Hotel rafforza la sua immagine con la proprietà Marinelli A cura della Redazione Costozero BUSINESS
Visentini: «Parti sociali collaborative creano 13 un’economia sana e una società coesa» di R. Venerando PRIMO PIANO /ASSEMBLEA 2014 POLITICA INDUSTRIALE
GA.FI. Sud migliora le performances A cura della Redazione Costozero
CONFINDUSTRIA
LAVORO
Certificati bianchi, come centrare l’obiettivo 23 dell’efficienza energetica A cura di Marcella Villano
42
La contrattazione di secondo livello, una lunga storia di G. Fontana
25 Giovani, l'importanza di guardare avanti di Aldo Cigolari
44
Infortuni e responsabilità del datore di lavoro di L. De Valeri
PMI Day a Salerno, 26 il link scuole_aziende che funziona A cura di Marcella Villano
46
Venti anni per una sentenza di lavoro non ancora definitiva di M. Ambron
NUMER O 6 / NOVEMBR E DIC EMBR E 2 0 1 4 FISCO 48 La verifica fiscale di M. Villani INTERNAZIONALIZZAZIONE 50
La sfida dei mercati esteri di M. De Carluccio
51
B2B Food Salerno 2014, un evento good da ripetere di M. De Carluccio
52 Emirati Arabi Uniti: vantaggi e limiti per l’internazionalizzazione di M. Degiorgis 54
Dal MadeinItaly al BrandItalia: una storia italiana di E. Szajkowicz SICUREZZA
56
La formazione per i lavori elettrici in Bassa Tensione di G. L. Amicucci e F. Fiamingo SALUTE
58
Alimentazione sostenibile / 2 di G. Fatati
59
Elasticità cutanea, idratazione profonda e rughe superficiali A cura dell'Istituto Dermoclinico Vita Cutis BON TON
60
Riciclare sotto l'albero? Il bon ton dice si di N. Santini ARTE
61
Costozero Magazine di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg . Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Mauro Maccauro Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano Segreteria di Redazione Raffaella Venerando Project Management Vito Salerno Società Editrice/Direzione e Redazione Assindustria Salerno Service Srl Via Madonna Di Fatima, 194 84129 Saler no Tel. 089 335408/Fax 089 5223007 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it Stampa Arti Grafiche Boccia/Salerno Foto Archivio Costozero Vito Salerno Massimo Pica/Ag. Fotografica Grafica e Impaginazione Moreplus/www.moreplus.it Grafico/Emanuela Maria Rago L e opi ni oni espr esse negl i a r ti c ol i a ppa r tengono ai si ngol i a utor i dei qua l i si i ntende r i spetta r e l a pi ena l i ber tà di gi udi z io
DO UT DES, una nuova plurale avventura intellettuale di A. Tolve FINISTERRE
63
David Bowie, il dio del rock è vivo di A. Amendola www.costozero.it LIBRI/HOMECINEMA
64
Fare blogging a cura di V. Salerno
64
Mud a cura di V. Salerno
PRI M O P IANO /AS S E MBL EA 2014
Politiche industriali e fabbrica, ripartiamo da qui Al centro del dibattito dell'Assemblea Pubblica 2014 di Confindustria Salerno la necessità di liberare il potenziale di innovazione e sviluppo delle imprese, vera ricchezza del Paese
di Raffaella Venerando
U
n’Assemblea partecipatissima quella che, lo scorso 25 novembre, ha visto il Teatro Verdi di Salerno fare il pieno innanzitutto di rappresentanti del tessuto di imprese piccole, medie e grandi che caratterizza il Salernitano. Sarà stato per il titolo – “Al lavoro. Ripensiamo le politiche industriali per ridare vita alla fabbrica” – o meglio ancora per il tema particolarmente
attuale, ma in tanti hanno risposto all’appello del presidente Mauro Maccauro e non hanno voluto mancare l’appuntamento annuale che chiama a raccolta tutti gli associati. Molto apprezzata la relazione del presidente, che – tra i tanti spunti – ha richiamato forte l’attenzione sulla necessità di rimettere al centro delle politiche industriali la fabbrica, senza
però ricorrere a scelte di stampo dirigistico, che mortifichino le dinamiche di mercato, ma facendo leva su decisioni e piani di sostegno razionali, oculati e metodici volti a liberare il potenziale di innovazione e sviluppo delle imprese perché l’attività di impresa è l’unica che crea il vero lavoro – specie il nuovo lavoro – e la vera ricchezza. Nella tavola rotonda incentrata sulle
Il Presidente di Confindustria Salerno, Mauro Maccauro, avvia i lavori con la sua relazione
4/ 5
Da sinistra: Antonello Perillo, Caporedattore Centrale Responsabile della TG RAI Campania; il Sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca; il Governatore della Campania, Stefano Caldoro, e il Presidente della Provincia di Salerno, Giuseppe Canfora politiche di sviluppo che competono ai decisori locali, si sono confrontati il Governatore della Campania, Stefano Caldoro, il Sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, e il Presidente della Provincia di Salerno Giuseppe Canfora, intervistati da Antonello Perillo, Caporedattore Centrale Responsabile della TG RAI Campania. Caldoro e De Luca non hanno perso l’occasione per affilare le armi in vista della competizione elettorale regionale che (forse) li vedrà diretti rivali. La prima divergenza, netta, tra i due sui fondi Europei. «Noi spendiamo il 100% dei fondi europei, se non si spendono al Sud dateli al Comune di Salerno», ha detto De Luca, puntando il dito contro la "polverizzazione" dei fondi nella gestione della Regione. Caldoro ha risposto puntuale, facendo appello ai dati. «Noi polverizziamo? In Campania abbiamo oltre 5mila progetti monitorati, la Puglia ne ha oltre 30mila, la Calabria 15mila, per fare qualche esempio e poi bisogna sapere
che noi non siamo quasi mai soggetti ritrovata fiducia». Tutti al lavoro, attuatori». Tra i due litiganti, il sinda- dunque! co di Sarno e Presidente di Provincia Canfora ha ricordato su tutte le emergenze ambientali del territorio, chiedendo attenzione e massima allerta sempre, anche quando il pericolo di frane e alluvioni non è imminente. A chiudere la densa mattinata, il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha definito «promettenti i primi passi di alcune riforme», avvertendo che «se troveranno un rapido approdo, saranno un balzo in avanti importante Il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, verso un clima di durante il suo intervento conclusivo
PRI M O P IANO /AS S E MBL EA 2014 I P REMI AT I
Premio Longevità Associativa
Nel corso della mattinata, i Presidenti Squinzi e Maccauro hanno assegnato il riconoscimento alle Aziende iscritte da più di cinquant'anni a Confindustria Salerno
Kerr Italia srl
Medac srl
Officine Maccaferri spa
Lo stabilimento della Kerr Italia a Scafati nacque nel 1959, primo insediamento europeo della americana Kerr Company. L’azienda opera nel campo della produzione e commercializzazione di apparecchi e materiali per odontoiatria. Dal 2006, è parte della multinazionale Danaher Corporation. La Kerr Italia è iscritta a Confindustria Salerno dal 22 maggio 1962. Kerr Italia Srl Via Passanti 332 Scafati (SA) www.kerrdental.eu
La società Medac è stata fondata a Salerno nel 1960 da Carlo Mendozzi. É un’industria cartotecnica, specializzata nei contenitori monouso per alimenti. Nel 1977 ha introdotto nei suoi prodotti, prima in Italia, l'utilizzo della carta politenata. É iscritta a Confindustria Salerno dal 17 aprile 1961. Medac Srl Via Roberto Wenner, 52 Salerno www.medac.it
La Società di origine emiliana, fondata nel 1879 da Raffaele Maccaferri, impiantò nel 1953 a Bellizzi, in provincia di Salerno, uno stabilimento per la produzione di gabbioni per opere fluviali. Oggi la Officine Maccaferri è parte del Gruppo Industriale Maccaferri, attivo in svariati settori. È iscritta a Confindustria Salerno dal 1 maggio 1950. Officine Maccaferri Spa Via Roma, 57 Bellizzi (Sa) www.maccaferri.com
6/ 7
F.lli D’Acunzi srl L’azienda F.lli D’Acunzi S.r.l. è nata a Nocera Superiore nel 1958. É presente sul mercato nazionale ed internazionale con prodotti della trasformazione agroalimentare ed, in particolare, nel settore delle conserve di pomodoro. Aderisce a Confindustria Salerno dal 13 luglio 1957. F.lli D’Acunzi Srl Via Portaromana, 85 Nocera Superiore (Sa) www.dacunzi.it
Fonderia Giacomo Pisano & Figli srl
Antonio Sada & Figli spa
La Giacomo Pisano & Figli s.r.l. vede risalire le sue origini al lontano 1860. Nel 1938 ottiene il suo primo ordine dalle Ferrovie. Nel 1945 acquisisce la commessa per la realizzazione del faro del porto di Genova. L’attività aziendale è ora rivolta alla componentistica ferroviaria ed alle costruzioni. É iscritta a Confindustria Salerno dal 13 maggio 1944. Fonderia Giacomo Pisano & Figli Srl Via Fondo Pagano, 8 Baronissi (Sa)
L’azienda iniziò la sua attività nel 1870 nell'industria del legno. Negli anni ’60 ha trasformato il suo core business nella produzione di cartone ondulato. Attualmente il Gruppo Sada comprende la Antonio Sada & Figli, la Sada Packaging, la Sabox e la Sifim ed è leader nel settore dell’imballaggio in cartone. É iscritta a Confindustria Salerno dal 25 febbraio 1944. Antonio Sada & Figli Spa Via Pacinotti Snc Pontecagnano Faiano (Sa) www.sadaspa.it
Italcementi spa
S.A.O. srl
Dr. Cap. Nicola De Cesare srl
La cementeria di Salerno, realizzata nel 1910 dalla Società Anonima Cementi Salerno, fu acquistata nel 1923 dalla Italcementi di Bergamo. Il nuovo stabilimento - nella Zona Industriale – è stato realizzato agli inizi degli anni novanta. Italcementi è iscritta a Confindustria Salerno dal 24 gennaio 1944. Italcementi Spa Via Cupa Siglia Salerno www.italcementi.it
Nel 1938 i fratelli Ambrosio costituirono a Castelnuovo Cilento la IEOV – Industria Estrazione Olii Vegetali, azienda che con varie trasformazioni è arrivata fino ai giorni nostri, continuando l’attività tradizionale nell’insediamento originario. La S.A.O. srl è iscritta a Confindustria Salerno dal 20 gennaio 1944. S.A.O. Srl Via Nazionale, 64 Castelnuovo Cilento (Sa)
Agenzia Marittima fondata nel 1930 dal Capitano Nicola De Cesare, è una delle più antiche aziende operanti nel Porto di Salerno. Oggi si occupa di spedizioni internazionali, imbarchi e sbarchi, trasporti, depositi, viaggi e turismo. É iscritta a Confindustria Salerno dal 16 gennaio 1944. Dr. Cap. Nicola De Cesare Srl Via Roma, 278 Salerno www.decesare.it
P R I M O P IA NO /A S S E MBL EA 2014 L AVO RO
Innovare le Relazioni Industriali: produttività e premialità Sul tavolo della discussione il documento presentato da Confindustria Salerno, il primo passo della Territoriale per costruire una nuova cultura del lavoro fondata su di un più pregnante scambio salario-risultati. L’obiettivo è creare maggior valore per le imprese, migliorando al contempo le condizioni economiche dei lavoratori, attraverso sia elementi retributivi in senso stretto, sia di “welfare aziendale” di Raffaella Venerando
L
a seconda tavola rotonda della lunga mattinata del 25 è stata dedicata alla necessità di rinnovare le Relazioni Industriali, anche alla luce del documento intitolato “Dentro la fabbrica. Il cambiamento qui e ora”, redatto da un gruppo tecnico qualificato formato da Giovanni Ambrosio, Avvocato Giuslavorista - Esecutivo AGI Campania; Alfredo Cerbarano, Direttore Risorse Umane Cooper Standard Automotive Italy S.p.A. Plant Battipaglia; Dino Giordano, Consulente del Lavoro - Esperto in relazioni sindacali e negoziazione nella crisi d’impresa, oltre che dal Responsabile delle Relazioni Industriali di Confindustria Salerno Giuseppe Baselice. Il presupposto dello scritto è mostrare che il sistema della rappresentanza ha ancora punti di forza da valorizzare. Confindustria Salerno ha inteso mostrare la sua strada per raccogliere questa sfida sul piano culturale e cognitivo, ancor prima che politico. Nella consapevolezza che le riforme non si fanno solo con provvedimenti legislativi, costruttive Relazioni Industriali possono ricoprire – stando al documento - un ruolo determinante attraverso la contrattazione di II livello, con la capacità riconosciuta a
questa di innovare, modificare e adeguare la normativa del lavoro alla singola e specifica realtà produttiva. Esempi virtuosi in tal senso sono rappresentati dagli accordi orientati a premiare migliori performances aziendali e a valorizzare nel contempo le risorse umane che svolgono il proprio lavoro con impegno e professionalità. La diffusione di una migliore cultura del lavoro fondata su di un più pregnante scambio salario / risultati non potrà che tradursi in un maggior valore per le imprese. Valore che - una volta generato - potrà riflettersi sul miglioramento delle condizioni economiche dei lavoratori, sia attraverso elementi retributivi in senso stretto, sia attraverso il cosiddetto “welfare aziendale”. Di questo e molto altro hanno discusso - moderati sempre da Antonello Perillo - Stefano Franchi, Direttore Generale Federmeccanica; Michel Martone, Ordinario di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali Luiss Guido Carli; Luca Visentini, Segretario Confederale della Confederazione Europea dei Sindacati e Gianfranco Viesti, Ordinario di Economia Applicata dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
8/ 9
Franchi, Federmeccanica: «Sul lavoro non si può tornare indietro» Per il Direttore Generale di Federmeccanica è importante che – a conclusione dell’iter legislativo di riforma - si realizzi un mercato del lavoro inclusivo ed efficiente, che coniughi flessibilità e tutela sociale. Importante anche l’intervento sulla componente IRAP sul costo del lavoro, altro tema fondamentale per le imprese
D
irettore Franchi, Federmeccanica lo scorso giugno ha varato il suo manifesto delle Relazioni Industriali. Prima di entrare nel vivo del discorso, nel documento si legge che è innanzitutto la crisi della rappresentanza a generare la necessità di ripensare le relazioni industriali. Perché? La crisi della rappresentanza in generale si è determinata a causa di una perdita graduale di fiducia verso i soggetti deputati a tutelare i vari interessi. Osservo un senso di spaesamento negli stakeholders che hanno difficoltà a riconoscersi nei
“rappresentanti”, soggetti percepiti come troppo lontani dalle realtà. Il nostro obiettivo è proprio quello di dare riferimenti certi, chiari. Dobbiamo ripensare il sistema in tal senso, avvicinandoci alla nostra base, creando una vera community, per comprenderne i bisogni e per dare risposte. Dobbiamo fungere da Corpo Aggregante che vada oltre il cosiddetto Corpo Intermedio.
Stefano Franchi Direttore Generale di Federmeccanica
Si presuppone poi una maggiore partecipazione del lavoratore e del sindacato alle scelte aziendali.
Nel documento emerge la necessità di collegare sempre più strettamente retribuzione e performance. Come? Con quali vantaggi per il lavoratore e quali per l’impresa? Il collegamento tra retribuzione e performance (sia quella aziendale che quella individuale) è una leva imprescindibile per recuperare produttività. Oggi siamo in una fase in cui le retribuzioni in termini reali sono cresciute in 6 anni del 6,5% e quelle contrattuali aumenteranno ancora del 2,5% nel 2014 (nel nostro settore), mentre la redditività delle imprese e la produttività del lavoro sono scese nello stesso periodo rispettivamente del 18% e del 2%. La retribuzione quindi non può evidentemente essere una variabile indipendente dalla ricchezza prodotta, e deve anche essere elemento distintivo che riconosca il merito. Un tale sistema determinerebbe una partecipazione effettiva ai risultati raggiunti, oltre ad essere un fattore di motivazione che valorizza anche il contributo individuale, rifuggendo da qualsiasi forma di appiattimento.
P R I M O P IA NO /A S S E MBL EA 2014 L AVO RO Accrescere il coinvolgimento equivale quindi a una migliore competitività? La partecipazione si realizza nel lavoro quotidiano, collaborando, e il coinvolgimento si concretizza attraverso il collegamento degli obiettivi aziendali con gli obiettivi individuali. Il rapporto tra imprenditore e lavoratore è una relazione tra persone che sono accomunate dall’obiettivo di crescita e di sviluppo dell’azienda in cui entrambi operano. Analogamente il sindacato è chiamato ad una partecipazione che significa responsabilizzazione. Il coinvolgimento così inteso, aumentando la consapevolezza del proprio ruolo e dell’importanza del proprio contributo all’interno dell’azienda, può produrre effetti positivi su vari fattori come ad esempio la qualità, i tempi di esecuzione, elementi questi fondamentali ai fini della competitività. Un’altra parola chiave del documento programmatico è inclusione: ci sembra di capire che le nuove Relazioni Industriali non possono che unire perché unico è l’obiettivo…è così? Inclusione vuol dire coinvolgere tutti i soggetti non solo alcuni. Le relazioni sindacali sono importanti ma occorre mettere al centro la persona e rafforzare le relazioni interne. Solo così potremo realizzare un’unità di intenti che sia profonda in quanto rivolta a tutti e non solo ad alcuni degli attori. La coesione sociale riteniamo si realizzi così, coinvolgendo. Per crescere, insieme. A seguito del documento Federmeccanica ha avviato una ricognizione alla ricerca di buone pratiche di relazioni interne. Vuole raccontarcene una su tutte scegliendo magari quella che potrebbe essere facilmente replicata anche in contesti diversi geograficamente e non solo? Abbiamo ricevuto più di 60 segnalazioni da tutta Italia. Imprenditori ed aziende che si propongono come esempi di buona gestione delle risorse umane. Quello che vogliamo diffondere è prima di tutto una nuova cultura. Il solo fatto che un imprenditore si sia “proposto” vuol dire che crede nell’importanza di questo strumento, del rapporto diretto e “coinvolgente” con le proprie risorse. Penso che il “crederci” sia un primo fondamentale passo in un percorso complesso, come ogni percorso di cambiamento culturale. Molti comunque sono gli
10 esempi di buone pratiche che si basano tutte su un comune denominatore: la comunicazione. Una comunicazione a due vie, dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. Coinvolgere vuol dire dare la possibilità di dire la propria opinione, di fornire un contributo, di proporre miglioramenti e vuol dire vedere che ci sono dei ritorni, delle risposte, vuol dire come detto comunicare, con parole e con fatti. Qualche anno fa Federmeccanica proponeva distinzioni salariali per il Sud, anche semplicemente posticipando le decorrenze degli aumenti retributivi, ma senza successo. A supporto di questa tesi si diceva che in Germania, dopo l’unificazione con i territori dell’Est, il sindacato pensò di poter estendere a tutte le imprese gli stessi trattamenti dell’Ovest per poi doversi ricredere prendendo atto della realtà. Ritiene ancora valida la strada della differenziazione? Da un punto di vista logico differenziazioni basate su un costo della vita profondamente diverso potrebbero avere un senso, ma forse occorre cambiare proprio la logica. Oggi è sempre di più imprescindibile un collegamento tra salari e produttività considerando come detto che le retribuzioni sono diventate variabili indipendenti dalla creazione di ricchezza. Crescono anche quando la produttività e la redditività scendono. Il rafforzamento della contrattazione decentrata può aiutare a riequilibrare questo sbilanciamento ed al contempo può consentire un apprezzamento anche delle diverse condizioni esogene locali. Infine, come commenta le misure fin qui varate dal Governo in materia di lavoro? I principi sembrano positivi ma è presto per dare un giudizio, visto che la legge delega deve poi prendere forma nei decreti delegati. Auspico che si realizzi un mercato del lavoro che sia inclusivo ed efficiente, che coniughi flessibilità e tutela sociale, proteggendo il lavoro con le politiche attive. Deve essere superata la frammentazione tra outsider ed insider, così come la rigidità degli attuali schemi. Importante è anche l’intervento sulla componente IRAP sul costo del lavoro, altro tema centrale. Sono tutti tasselli che, se confermati, devono poi formare un mosaico. La strada è giusta. Non bisogna fermarsi e soprattutto non si deve tornare indietro.
11
Martone, Luiss Guido Carli: «Un limite la poca attenzione del Governo al risultato» Per il professore di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali, Michel Martone, la riforma del mercato del lavoro pecca soprattutto nella riduzione degli incentivi per il salario di produttività
P
rofessore in tema lavoro la direzione intrapresa dal Governo la convince? Quali interventi sono secondo lei meglio congegnati e di più immediato riscontro? Quali, invece, la lasciano più perplessa? Mi sembra che sotto il profilo delle politiche del
lavoro il Governo sia sulla giusta strada, dando dimostrazione al contempo di grande abilità tattica e mediatica. Il testo della legge delega è molto ampio e quindi dà grande potere al Governo. Poiché, però, la mia precedente esperienza di viceministro mi ha insegnato che il diavolo spesso si nasconde nei dettagli, attenderei di vedere come i decreti delegati daranno attuazione ai principi contenuti nella legge delega prima di esprimere un commento univoco e definitivo. Attualmente c’è molto clamore intorno all’articolo 18. Ma secondo lei è questo il problema più grave per le imprese italiane? No, non credo sia la primaria urgenza cui fare fronte. Semmai lo è il costo del lavoro eccessivo, così come lo sono i pesanti costi ambientali legati alla burocrazia, i troppi controlli talvolta inutili a carico delle aziende, la corruzione e tutte quelle distorsioni che impediscono a un imprenditore che ha il guizzo di una buona idea di attuarla con rapidità e profitto. Detto ciò di sicuro anche l’articolo 18 andava riformato.
Michel Martone Ordinario di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali Luiss Guido Carli
Sulla differenza tra salario lordo e salario netto qualcosa è stato fatto dal Governo. Ci si poteva spingere di più? Il Governo ha cominciato a lavorare sull’Irap ma non sarà solo grazie a questo intervento che l’industria e l’occupazione saranno nelle condizioni di ripartire. Deve ristabilirsi un clima di complessiva fiducia e credito verso il mondo delle imprese, troppo spesso oggetto di diffidenza e di disattenzione.
P R I M O P IA NO /A S S E MBL EA 2014 L AVO RO Incentivi per il salario di produttività: perché il Governo secondo lei li sta riducendo? Fermo restando la condivisione delle linee di tendenza del Jobs Act e degli obiettivi in materia di politiche del lavoro, trovo che la riforma congegnata dal Governo abbia tre sostanziali limiti: il primo è la scarsa attenzione nei confronti del mondo delle partite iva, trattate tutte come falsi rapporti di lavoro subordinato, quando invece in quel mondo si nasconde un nucleo di autonomia che in atri momenti storici ha assicurato il benessere del Paese; il secondo è dato proprio dalla riduzione degli stanziamenti a favore dei premi di produttività, il che equivale ad una diminuita attenzione al risultato; il terzo risiede nell’idea di trasferire i risparmi previdenziali in busta paga perché quello che farà riprendere la domanda interna sarà la fiducia e non un provvedimento legislativo che
permette di disporre anzitempo delle risorse legate al trattamento di fine rapporto. Per questo ritengo che sia importante l’attenzione che il documento di Confindustria Salerno ha posto proprio sulla retribuzione di produttività. Un’ultima domanda sulla formazione: “la buona scuola” proposta dal governo Renzi mostra un’inversione di tendenza rispetto al passato fatto di tagli lineari in questo settore. Ma a suo avviso dove è più importante che si torni ad investire? Sui primi gradi di istruzione o sul livello universitario? Su tutti i gradi di istruzione, ovviamente, specie quelli primari perché è lì che i giovani sviluppano le loro principali capacità ed è lì che il Paese ha bisogno di nuovi insegnanti giovani e capaci di trasmettere le conoscenze per affrontare con il giusto piglio il mondo di domani.
Visentini: «Parti sociali collaborative creano un’economia sana e una società coesa» Per il Segretario Confederale della Confederazione Europea dei Sindacati, senza investimenti l'Italia non sarà in grado di creare posti di lavoro
D
ottor Visentini, in tema lavoro condivide la direzione intrapresa dal Governo Renzi? Quali provvedimenti sono secondo lei di più immediato riscontro? Quali, invece, non la convincono? Le misure messe in campo dal Governo si basano purtroppo su un’illusione: che attraverso le cosiddette riforme strutturali si possano creare nuovi posti di lavoro. Questo non è vero in generale, lo è ancora meno in un momento di crisi strutturale e deflazione come quello che stiamo attraversando. Non è stato vero neppure in Germania, paese che per primo ha messo in atto riforme simili, o
addirittura più “estreme”, una dozzina di anni fa. Il risultato è stato che si sono generati 7,5 milioni di lavori in più, i cosiddetti mini-jobs, ma tutti quei lavoratori (e soprattutto lavoratrici) sono assistiti dallo Stato per uscire dalla soglia di povertà: non una sola ora di lavoro in più è stata creata in Germania rispetto a prima delle riforme. La verità è che senza investimenti per la crescita, per l’innovazione, la ricerca, l’istruzione, senza un adeguato sostegno ai salari, alla produttività, alla domanda interna, anche l’Italia non sarà in grado di creare veri posti di lavoro. La flex-security
12/ 13
La flex-security lanciata anni fa in Danimarca funziona solo con investimenti ingenti e in un contesto di crescita economica; oggi anche lì questo modello mostra la corda. Sul versante degli investimenti ci saremmo aspettati molto di più da parte del Governo italiano
lanciata anni fa in Danimarca funziona solo con investimenti ingenti e in un contesto di crescita economica; oggi anche lì questo modello mostra la corda. Sul versante degli investimenti ci saremmo aspettati molto di più da parte del Governo italiano. Un’alleanza europea contro l’austerità cieca e per la crescita era stato l’annuncio più condivisibile di Renzi al principio del suo mandato. Ma il premier non ha saputo creare le opportune alleanze, né negoziare con continuità, e l’Italia è stata costretta a passare dall’attacco all’autodifesa, giocandosi la Presidenza di turno in un gioco tattico senza risultati di alto profilo. Detto questo, ci sono anche elementi positivi nei provvedimenti in discussione in questi giorni: il contratto a tutele crescenti, alcuni incentivi alle assunzioni (non straordinari a dire il vero), la copertura degli ammortizzatori sociali (che speriamo diventino universali), gli 80 euro riconfermati. Ma che ne è dell’apprendistato, del sostegno alla contrattazione di secondo livello, dell’incontro domanda-offerta, della formazione continua? Tutti questi fattori, che l’Europa considera strategici, sono assenti dal dibattito italiano, se non addirittura penalizzati dai provvedimenti del Governo. Attualmente c’è molto clamore intorno all’articolo 18. Ma secondo lei è il problema più grave per le imprese italiane? Come ripetuto da molti economisti e osservatori politici, purtroppo inascoltati, non è con le regole che si crea lavoro. Le imprese che sono in grado di assumere, lo fanno con o senza articolo 18; quelle che sono in difficoltà, non assumeranno di certo perché gli viene tolto. Da tutte le indagini si evince che le esigenze delle imprese sono altre: il peso della burocrazia,
la difficoltà di accesso al credito, la carenza di personale specializzato e quelli che in inglese si chiamano skills mismatches. E allora perché questa battaglia ideologica da parte del Governo? A che logica risponde, di chi fa gli interessi il premier con questa impuntatura? La sensazione è che questa campagna sia stata lanciata principalmente per colpire il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, le parti sociali e soprattutto il sindacato. I leader social-liberisti in Europa non sono nuovi a questi attacchi, Blair e Schroeder in primis, cui
Luca Visentini Segretario Confederale della Confederazione Europea dei Sindacati
P R I M O P IA NO /A S S E MBL EA 2014 L AVO RO Renzi si ispira, li avevano realizzati prima di lui. Ma quali sono stati i risultati? Relazioni industriali distrutte, mercato del lavoro frammentato, diseguaglianze intollerabili, emarginazione delle piccole e medie imprese, competizione sul costo del lavoro invece che sulla qualità, finanziarizzazione e terziarizzazione dell’economia a discapito di interi settori produttivi. Il 54% delle imprese tedesche sono ormai fuori dalla locale Confindustria, i lavoratori di Volkswagen guadagnano 35 euro all’ora e quelli dell’indotto 5, ma senza apprezzabili differenze di produttività tra le due categorie. Con il risultato che la signora Merkel è stata costretta a introdurre il salario minimo legale per aggredire la deflazione. Non è questo il modello economico cui vorremmo si ispirasse l’Europa. Ci piacerebbe che il Governo approfondisse piuttosto l’esperienza scandinava o austriaca, molto più simili alla nostra di quanto si pensi. Lì parti sociali forti e collaborative contribuiscono a creare un’economia forte e una società coesa. Ma queste sono questioni complesse che vanno ben al di là dell’ideologia. Per comprenderle ci vogliono competenza e capacità di ascolto, non annunci mutevoli e slogan fuorvianti. Negli altri Stati europei che ruolo ricoprono i Sindacati? Ci sono ovviamente esperienze diversissime tra loro. Grandi difficoltà vediamo nei paesi dell’Est, ma anche in quelli maggiormente colpiti dalla crisi, come la Grecia, la Spagna, il Portogallo, gli stati Baltici. Dall’altra parte ci sono invece organizzazioni molto forti, con relazioni sindacali strutturate, come nei paesi scandinavi, in Austria appunto, in Belgio, in parte anche in Francia e in Italia. Alcune di queste organizzazioni, quelle che in questi anni non hanno particolarmente patito gli attacchi dell’austerità e le cosiddette “riforme strutturali”, sono molto gelose della propria autonomia e del proprio ruolo, e non molto disposte alla solidarietà verso gli altri (anche se per fortuna le cose stanno cambiando). Il primo gruppo ha invece un grande bisogno di aiuto da parte della Confederazione Europea. Nel mezzo ci sono tutti gli altri, che tentano di difendere il loro modello di relazioni e di rappresentanza dal morso della crisi. Anche grandi
14 organizzazioni come quelle italiane, inglesi e tedesche rientrano in questa categoria. Quello che abbiamo potuto vedere in questi anni è che a forti organizzazioni sindacali corrispondono di solito forti associazioni degli imprenditori, e dove il dialogo sociale e la contrattazione sono più avanzati l’economia va meglio o è più veloce a risollevarsi. È per questa ragione che noi, come Confederazione Europea, facciamo tutto quello che è in nostro potere per sostenere i nostri affiliati nei paesi in maggiore difficoltà, per favorire lo scambio di buone prassi, per rafforzare il nostro coordinamento interno e le nostre strategie a livello europeo. E in alcuni campi questi sforzi sono comuni con gli imprenditori. Si pensi ai fondi strutturali, alla formazione, alla partecipazione nei luoghi di lavoro, solo per fare alcuni esempi. Tre aggettivi per descrivere il Sindacato italiano e altrettante tre proposte per migliorarlo. Per descriverlo userei gli aggettivi radicato, plurale e negoziatore. In queste parole ci sono la forza e i limiti del sindacato italiano. Radicato vuol dire con profonde radici e tradizione, e con ampia rappresentatività. Ma significa anche che ha bisogno di guardare al futuro, di svecchiare i propri gruppi dirigenti, di allargare la propria base al precariato, al lavoro autonomo non tutelato, ai settori del mondo del lavoro che non hanno rappresentanza. Plurale indica le diverse culture da cui è nato, che ne costituiscono la ricchezza storica e politica, ma che sono anche l’ostacolo ad una azione più unitaria e meno frammentaria. E infine negoziatore, evidenzia il fatto che il sindacato italiano ha avuto sempre un approccio concreto ai problemi, pur nelle differenze di linea tra le varie confederazioni, privilegiando l’azione contrattuale, sia nel confronto con le imprese che con le istituzioni. Oggi questa funzione è sotto attacco e il sindacato deve dimostrare di saperla rilanciare senza chiudersi sulla difensiva. In questo senso, se vuole rafforzare il proprio ruolo, deve avere la capacità di guardare di più all’Europa e pensare le proprie strategie in un’ottica europea. Questa è una sfida che riguarda tutti in Italia, comprese le istituzioni e gli altri corpi intermedi della società.
15
P R I M O P IA NO /A S S E MBL EA 2014 P O L I T I CA I N DUS T R IA L E
Viesti: «I fondi europei devono rientrare in un discorso politico più ampio» Per l'economista Gianfranco Viesti «se le risorse europee sono altro rispetto alle politiche ordinarie funzionano davvero poco». Il suggerimento dell'esperto è di ridisegnare le competenze fra Stato e Regioni perchè attualmente c'è troppa confusione su ruoli e compiti di Raffaella Venerando
P
rofessore, Confindustria da tempo sostiene che senza industria l'Italia non può ripartire e che, quindi, è ormai necessario il rilancio del settore manifatturiero. Ma quali sono le politiche e gli strumenti da mettere in campo? Lo Stato cosa deve fare? Lo Stato può e deve fare molto. È importante però fissare un obiettivo e di rimando una strategia in base alla quale mettere in campo di volta in volta
Gianfranco Viesti Ordinario di Economia Applicata Università degli Studi di Bari Aldo Moro @profgviesti
gli strumenti più adatti a svilupparla. A mio avviso una buona politica industriale è capace di generare un sistema di imprese più forte, con un numero maggiore di laureati al suo interno, che innova di più e che esporta di più. Se questo è l’obiettivo, non resta che costruire la mappa di strumenti di intervento più consona a raggiungerlo. Come si possono riportare in Italia gli investitori esteri? L’attrattività del Paese è senz’altro uno dei temi propri della poltica industriale, perché un sistema di imprese italiane non significa necessariamente di proprietà italiana, ma che ha sede, produce e fa ricerca nel nostro Paese. Come accade, quindi, nel resto del mondo bisogna dare spazio a politiche intelligenti di relazione con le multinazionali. Di qui derivano a cascata due osservazioni: la prima è che tutti i Paesi del mondo adottano strumenti negoziali, tipo i nostri vecchi contratti di programma per cui anche il nostro dovrebbe conformarsi; la seconda osservazione invece riguarda la tipologia di investitori che, ovviamente, non sono tutti uguali. Andrebbero infatti sostenuti con maggiore slancio e forza quelli che hanno un maggior impatto in termini di occupazione diretta qualificata. Bene infatti accompagnare chi nel nostro Paese ha un impianto ad alta intensità di capitale, ma merita maggiori incentivi quella impresa estera che assume – ad esempio - 1000 ingegneri. A questo tipo multinazionali vanno riservati ponti d’oro. Tra le misure di politica industriale riuscite lei spesso cita la legge Sabatini. È l’unico esempio positivo? La storia di politica industriale degli ultimi 15 anni non è stata scritta compiutamente. È innegabile ci sia stato un fenomeno di abbandono e ridotto
16/ 17
Una buona politica industriale è capace di generare un sistema di imprese più forte, con un numero maggiore di laureati al suo interno, che innova di più e che esporta di più. Se questo è l’obiettivo, non resta che costruire la mappa di strumenti di intervento più consona a raggiungerlo
interesse specie nel Mezzogiorno, ma non è veritiero dire che si deve oggi ripartire da zero perché esistono strumenti che meritano di essere rivalutati e rilanciati. Penso ad esempio ai distretti tecnologi, agli incentivi per ricerca nelle imprese. Ciò che però fa la differenza è che, al di là della natura dei singoli strumenti, questi siano uniti da una visione politica lungimirante e chiara. Le imprese però spesso ritengono preferibile il meccanismo automatico. Il meccanismo, prima ancora che automatico, deve essere comprensibile e semplice, così come chiaro l’obiettivo. Poi alcune cose è più giusto siano realizzate ricorrendo ad automatismi, altre necessariamente hanno bisogno di essere valutate. La variabile determinante è poi il tempo, anche quando si mettono in campo strumenti leggeri, a sportello. Non basta il tempo di un click, non si può ragionare a “giornate”. Perché si ottengano risultati reali e duraturi occorre respiro. Una politica industriale efficace si snoda lungo un percorso nel quel si mettono in campo strumenti che devono per rimanere in piedi il tempo necessario perché le imprese hanno bisogno di un orizzonte certo. Molte misure danno scarsi risultati proprio perché hanno vita breve. Che ruolo può svolgere per riannodare le fila dello sviluppo la Cassa Depositi e Prestiti? Già ne svolge uno importante sia attraverso il Fondo strategico, sia mediante il Fondo Italiano di Investimenti. Rispetto a questo tema però dovremmo seguire la lezione di altri Paesi dove istituzioni come la nostra Cassa – ad esempio in Germania – si occupano al contempo di infrastrutture e di innovazione. Forse varrebbe la pena pensare a fare lo stesso pure da noi, utilizzando al massimo un agente dal così alto valore tecnico.
I Fondi europei che peso possono avere in una costituenda efficace politica industriale? Le risorse europee devono essere una parte – magari cospicua - di un discorso più ampio e ragionato. Se sono altro rispetto alle politiche ordinarie, funzionano davvero poco, se invece nel Mezzogiorno vengono utilizzati come sostegno a piani razionali possono rivelarsi un’ottima carta da giocare. Vanno però senz’altro ridisegnate le competenze fra Stato e Regioni, perché attualmente c’è troppa confusione su ruoli e compiti. Lo Stato si è ritirato e le Regioni fanno un po’ di tutto. Così proprio non va. In tema lavoro la direzione intrapresa dal Governo la convince? Non sono d’accordo sull’approccio perché ritengo che la priorità resti un intervento forte sui terreni della dimensione di impresa, dell’innovazione e dell’internazionalizzazione. Ridurre il costo del lavoro, specie al Sud, è un buon segnale ma non risolutivo. Le imprese non si salvano se il loro prodotto costa meno, ma se è buono e nuovo. La riforma del mercato del lavoro sa molto di politica e non di politica economica. Che bisogna lavorare sulla flessibilità va bene, ma senza esagerare perché si rischia l’effetto contrario: dice bene la Banca d’Italia quando chiede che si trovi il giusto punto di equilibrio tra sicurezza e flessibilità perché una impresa in cui il personale ruota continuamente non potrà mai essere realmente innovativa ma il contrario. Ciò che occorre è un’iniezione di serietà nel e per il nostro Paese. Non possiamo inventarcela dall’oggi al domani, ma una strada nazionale per tornare a essere un Paese competitivo va costruita e condivisa. Non possiamo aspettare oltre.
P RI M O P IANO /AS S E MB L EA 2014 P OL I T I CA I NDU ST R IA L E
Come invertire il declino industriale Lo Stato non può più rimanere fuori dalle dinamiche di mercato; è necessario e improrogabile un suo intervento diretto. La Commissione europea invita il Consiglio e il Parlamento ad adottare proposte in materia di energia, trasporti, spazio e reti di comunicazione digitali, nonché ad investire in innovazione, efficienza delle risorse, nuove tecnologie, competenze e accesso ai finanziamenti, e l’utilizzo dei fondi dell’UE dedicati consentirà di accelerare questo processo Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com
I
l nostro Paese manca da un considerevole periodo di tempo di una seria e costruttiva politica industriale. Si tratta di un ritardo inspiegabile e colpevole, che pone l’Italia in netto rallentamento rispetto ai competitors internazionali, dove è invece evidente un’attenzione frenetica verso i temi della politica industriale, giustificata da ragioni macro-economiche più che stringenti. Nel contesto della produzione industriale, la tendenza allo spostamento verso siti produttivi a “minor costo” e verso politiche di riorganizzazione internazionale finalizzate alla produzione per “moduli”, ha concentrato l’attenzione sulla constatazione che non basta più assicurare la libera concorrenza per garantire innovazione e sviluppo tecnologico; è altresì necessario, infatti, che essa sia accompagnata da istituzioni e politiche governative – su ogni decentramento territoriale - che, da un lato, attenuino i fallimenti nel funzionamento dei mercati e, dall’altro, siano in grado di sostenerli nella fase riorganizzazione. I minori costi di
alcune economie, insomma, rendono necessarie politiche di sostegno di tipo orizzontale, propedeutiche ad un consolidamento delle competenze. In Italia, comunque, la propensione a concentrarsi sull’innovazione produttiva è spesso frenata dalla carenza di disponibilità finanziarie e dall’iniziale basso rendimento delle attività innovative; è verso queste limitazioni che devono orientarsi le c.d. “esternalità di coordinamento”, frutto di attente politiche pubbliche. Questi temi sono all’ordine del giorno in tutti i paesi avanzati e anche la Commissione Europea, prendendo atto del mutato scenario competitivo, ha rinnovato profondamente la propria visione di politica industriale. Può, quindi, il nostro Paese ritenere di poter prescindere da un’attenta politica industriale all’interno del proprio programma di governo? Eppure, è proprio quello che sembra stia accadendo. Vale la pena di interrogarsi sulle motivazioni sottostanti una tale scarsità di attenzione. Una ragione va rintracciata
1 8/ 19 sicuramente nella tendenza all’eccessiva “semplificazione” dei temi di politica industriale. Negli ultimi anni, ad esempio, ogni serio tentativo di riorganizzare il tema in discussione, finiva con lo scontrarsi con gli assiomi del Piano Giavazzi. Il filo conduttore di tale proposta è che la politica degli incentivi alle imprese sia deleteria per la crescita economica. Non è in discussione il fatto che l’intervento pubblico – soprattutto quello espresso attraverso gli incentivi – sia stato caratterizzato negli scorsi anni da una polverizzazione inspiegabile, con miriadi di interventi di scarso impatto, finanziati male e a volte rimasti a secco. Altra cosa, però, è dire che in Italia il sostegno pubblico sia stato smisurato. Tale affermazione sarebbe smentita da ogni serio riferimento documentale – anche comunitario - in materia di aiuti pubblici. Lo Stato non può più pretendere di rimanere fuori dalle dinamiche di mercato; è necessario e improrogabile un suo intervento diretto. Che sia così, lo dimostra il fatto che, nel mese di gennaio 2014, la Commissione Europea abbia pubblicato la comunicazione dal titolo “Per una rinascita industriale europea” (COM (2014) 0014), incentrata su tematiche quali l’inversione del declino industriale e il conseguimento dell’obiettivo di innalzare il contributo dell’industria manifatturiera al PIL, portandolo al 20% entro il 2020. Perché ciò sia possibile, conclude la Commissione, l’UE necessita
di una politica più coerente sul fronte del mercato interno, ivi compresa l’infrastruttura europea di cui fanno parte, per esempio, le reti energetiche, di trasporto e d’informazione, oltre che i beni e i servizi. In detta comunicazione si fa inoltre menzione dell’importanza di una cooperazione rafforzata per quanto concerne la pubblica amministrazione, gli scambi commerciali, la ricerca e le materie prime di buona qualità. In particolare, la Commissione invita il Consiglio e il Parlamento ad adottare proposte in materia di energia, trasporti, spazio e reti di comunicazione digitali, nonché ad attuare e ad applicare la legislazione sul completamento del mercato interno. L'obiettivo della modernizzazione industriale va inoltre perseguito investendo in innovazione, efficienza delle risorse, nuove tecnologie, competenze e accesso ai finanziamenti, e l’utilizzo dei fondi dell’UE dedicati consentirà di accelerare questo processo. I capisaldi del documento della Commissione sono, invero, rappresentati dagli obiettivi di: sfruttare a pieno il potenziale del mercato interno, sviluppando le necessarie infrastrutture e puntando sull’innovazione e le nuove tecnologie; promuovere la creazione e la crescita delle piccole e medie imprese; assicurare l’accesso dell’industria ai finanziamenti, promuovendo un migliore utilizzo di COSME (il Programma per la competitività delle PMI per il periodo 20142020) e Orizzonte 2020 (il principale programma dell’UE per
il finanziamento della ricerca e dell’innovazione); migliorare l’accesso delle imprese europee ai mercati internazionali e facilitare la loro integrazione nelle catene globali del valore, promuovendo norme e regolamentazioni europee e internazionali. A questo scopo la Banca europea per gli investimenti dovrebbe contribuire maggiormente a rafforzare l’internazionalizzazione e la competitività delle imprese europee; affrontare le carenze in campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico in via prioritaria, con una maggiore partecipazione dell’industria e impiegando tutti gli strumenti e i programmi messi a disposizione dall’UE; colmare il ritardo dell’UE per quanto riguarda l’attività brevettuale, chiedendo un maggior sostegno ai settori tecnologici a forte crescita sollecitando l’entrata in vigore del regime UE in materia di brevetti entro la fine del 2014; promuovere le tecnologie abilitanti fondamentali, che rivestono un'importanza cruciale per la competitività industriale. A ben vedere, quindi, la Commissione sollecita una maggiore partecipazione dei Governi al rilancio della politica industriale, non già un loro defilarsi. In ogni caso, l’iter parlamentare che deve impegnarsi a trasfondere in atti specifici le indicazioni della Commissione – avviato lo scorso 20 marzo – sembra essersi arenato. I tempi, comunque, non consentono un ulteriore differimento.
FO C U S
Le fonti rinnovabili nel Mediterraneo Ai paesi dell’Area occorrerebbe anche una riforma strutturale dei prezzi di mercato interno dell'energia, per favorire la diffusione delle rinnovabili anche tramite incentivi fiscali e normativi A cura di SRM Studi e Ricerche per il Mezzogiorno www.sr-m.it
S
RM ha presentato il 14 novembre a Napoli presso il Banco di Napoli, in un importante evento di carattere internazionale, il suo IV Rapporto annuale sulle Relazioni Economiche tra l’Italia e il Mediterraneo. Uno degli argomenti cardine della ricerca è rappresentato dalle Ener-
gie Rinnovabili e qui effettuiamo una breve rassegna sui principali contenuti emersi. L’attuale mix energetico dell’area MED vede la prevalenza delle fonti fossili che insieme coprono i due terzi dell’offerta totale di energia primaria. La regione del Mediterraneo è
però dotata di un potenziale energetico da fonti rinnovabili molto importante. Grazie alle statistiche dell’International Energy Agency abbiamo un’idea di quanto sia il peso delle fonti pulite nella produzione di energia elettrica. La preminenza dell’idroelettrico è evidente.
Grafico 1_Target in termini di produzione di energia da fonti rinnovabili Fonte: Res4Med / 2014
2 0/ 21 Questa è la prima fonte di produzione di energia elettrica tra le rinnovabili; viene utilizzata in tutti i paesi, ma spicca il dato della Turchia che ha prodotto nel 2012 circa 58mila GWh. Seconda dopo l’hydro, è l’eolico, concentrato in Turchia, Egitto e Marocco. Più contenuta la produzione da biomasse e da fonte geotermica, sfruttata solo in Turchia. È ancora residuale la diffusione del fotovoltaico, che risulta presente come fonte per la produzione di elettricità solo in Israele, Egitto e Tunisia (vedi grafico 1). I diversi paesi hanno adottato programmi nazionali consistenti per favorire uno sviluppo deciso delle rinnovabili; questo con l’obiettivo di: soddisfare la crescente domanda di energia, migliorare la sicurezza energetica e la diversificazione delle fonti, realizzare uno
sviluppo economico e industriale sostenibile, estendere le riserve fossili per l'esportazione e ridurre la bolletta energetica per le importazioni, sviluppare strategie di urbanizzazione. Si tratta di programmi che prevedono uno sviluppo industriale locale e la creazione di nuovi posti di lavoro, ma per la cui realizzazione è richiesto un forte impegno da parte di istituzioni e settore privato al fine di attrarre investimenti. Il grafico 1 evidenzia i target in termini di % di energia prodotta con fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2020 o il 2030 in alcuni dei principali paesi dell’Area. Entrando nel dettaglio di due delle fonti potenziali di produzione di energia, l’eolico ed il solare, il grafico 2 invece ne evidenzia gli obiettivi nazionali in termini di MW da installare entro il 2020 in alcuni paesi della Regione. Tra i
vari paesi, l’Egitto ed il Marocco potrebbero giocare un ruolo di primo piano. Il primo si è posto un traguardo sfidante nell’eolico (7200 MW ) e il secondo un obiettivo rilevante sia nell’eolico che nel fotovoltaico che nel solare a concentrazione (2000 MW per ciascuna fonte). Le fonti green rappresentano una condizione favorevole per rinnovare i sistemi energetici e una grossa opportunità per le imprese private in cerca di nuovi e profittevoli business. La regione MENA ha bisogno di investimenti privati, nazionali e stranieri, che diano dinamismo allo sviluppo economico dell’Area. La Banca Mondiale stima che entro il 2040 il fabbisogno di investimenti totali nel settore energetico nell’Area MENA supererà i 30 mld di dollari l’anno, una cifra pari al 3% del Pil della regio-
Grafico 2_Obiettivi nazionali al 2020 per lo sviluppo delle rinnovabili nei paesi del Nord Africa Fonte: RCREEE, Regional Center for Renewable Energy and Energy Efficiency / 2014
La Banca Mondiale stima che entro il 2040 il fabbisogno di investimenti totali nel settore energetico nell’Area MENA supererà i 30 mld di dollari l’anno, una cifra pari al 3% del Pil della regione
ne. Tra i programmi di sviluppo dell’OECD, il MENA Investment Programme ha come principale obiettivo proprio la mobilitazione di investimenti, stranieri e nazionali, finalizzata allo sviluppo economico e alla crescita dell'occupazione in tutta la Regione. Investire nelle rinnovabili nei paesi del Bacino darebbe alle imprese coinvolte la possibilità di costruirsi una leadership in un comparto dagli ampi margini di sviluppo. La promozione e le misure di agevolazione, inclusi gli incentivi, possono rappresentare strumenti effettivi per attrarre gli investimenti, contribuendo a correggere le distorsioni del mercato. Ma, nonostante la presenza di politiche incentivanti, il raggiungimento degli obiettivi di crescita in tema di energie pulite resta spesso disatteso; il clima politico, la scelta di favorire i combustibili fossili, la generale mancanza di trasparenza nel funzionamento dei meccanismi di supporto, le procedure autorizzative, spesso complicate, la carenza di infrastrutture ed interconnessioni elettriche, contribuiscono ad aumentare le difficoltà di applicazione dei vari strumenti disponibili. I vantaggi delle rinnovabili sono molteplici, sotto un punto di vista politico, sociale ed economico. Le
rinnovabili creano di fatto opportunità di crescita e sviluppo economico e industriale, aprendo la strada agli investimenti. Stimolano lo sviluppo delle attività connesse alla supply chain e alle innovazioni legate alle tecnologie rinnovabili e al loro adattamento alle particolari condizioni dei paesi dell’Area. Possono, infatti, concorrere a sviluppare un’industria locale, grazie alla fabbricazione in loco di componenti e sistemi che aumentino la catena del valore a favore del Paese ospitante. Possono creare nuove attività non solo connesse alla costruzione degli impianti, ma al loro esercizio e manutenzione, sviluppando opportunità di addestramento specialistico, trasferimento di conoscenze e competenze, per permettere alle realtà locali di impegnarsi anche in attività di realizzazione di componenti e di consulenza e progettazione. Tutti i progetti previsti nei piani governativi hanno come obiettivo la riduzione della dipendenza energetica del Paese, la razionalizzazione del consumo di energia e l’incremento nell’utilizzo di fonti pulite. Le energie rinnovabili costituiscono la migliore risposta a queste priorità. Come evidenziato nell’analisi, l’implementazione di progetti sulle fonti rinnovabili
costituisce un segno tangibile delle intenzioni dei governi di puntare sulla crescita di questo comparto, e su tutte le opportunità di industrializzazione e impiego che il suo sviluppo comporta. La certezza di rilevanti investimenti è un rimarchevole requisito per avviare un programma di sviluppo delle rinnovabili, ma resta la necessità di riforme strutturali per poter sfruttare appieno il grande potenziale energetico, con lo scopo di far fronte alla carenza di infrastrutture, alle difficoltà di allacciamento alla rete e alla mancanza di chiarezza nel percorso amministrativo. Ai paesi dell’Area occorrerebbe anche una riforma strutturale dei prezzi di mercato interno dell'energia, per favorire la diffusione delle rinnovabili anche tramite incentivi fiscali e normativi. La crescita delle fonti verdi nel Mediterraneo dipenderà dunque da un’efficiente implementazione di piani, progetti e misure a supporto delle rinnovabili, assicurandone certezza e soprattutto continuità, in modo da attrarre gli investitori e i loro capitali nell’ambito di realtà economicamente solide e con un quadro normativo stabile. Per approfondire: www.srm-med.com
CO N F I N D US TRIA
2 2/ 23
Certificati bianchi, come centrare l’obiettivo dell’efficienza energetica Confindustria ha inteso approfondire il tema con esperti della materia, per meglio chiarire iter e obiettivi A cura di Marcella Villano Servizi alle Imprese / Confindustria Salerno m.villano@confindustria.sa.it
I
certificati bianchi, noti anche come Titoli di Efficienza Energetica (TEE), sono titoli negoziabili che attestano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia, attraverso interventi e progetti di incremento di efficienza energetica. Essi rappresentano uno strumento della Strategia Energetica Nazionale, in linea con gli obiettivi fissati dal Pacchetto Clima –Energia 20-20-20 e dal Decreto Legislativo 102/2014 di attuazione della Direttiva comunitaria sull'efficienza energetica 2012/27/UE, le cui disposizioni sono in vigore in Italia dallo scorso 20 luglio e, in base alle quali, almeno il 60% della riduzione dei consumi di energia primaria del nostro Paese dovrà essere garantito dal meccanismo dei certificati bianchi. Il restante volume, invece, dalle misure di incentivazione vigenti, ossia conto termico, cogenerazione ad alto rendimento e detrazioni fiscali. In questi anni, il meccanismo ha subìto vari miglioramenti operativi e procedurali, diretti a potenziarne l’efficacia e l’utilizzo, in particolare da parte delle imprese che, come sopra evidenziato, saranno chiamate nei prossimi anni a ridurre notevolmente i consumi proprio attraverso i TEE. E così, con l’obiettivo di esaminare le modifiche normative intervenute, l’iter
di gestione, valutazione e certificazione dei progetti di efficienza, Confindustria Salerno ha organizzato presso la propria sede, lo scorso 29 ottobre, un seminario di approfondimento, nell’ambito del quale, i soggetti istituzionali e operativi competenti, hanno illustrato nel dettaglio le modalità di accesso al sistema dei certificati bianchi e i vantaggi che ne conseguono. Partiamo dai progetti ammissibili evidenziando che, la prima azione che le imprese sono chiamate a fare, è un audit finalizzato a verificare il fabbisogno energetico, il livello di consumo e le conseguenti opportunità di risparmio. Rilevate queste è possibile, tramite il proprio energy manager oppure attraverso ESCo, predisporre interventi di efficienza (che possono riguardare il re-
cupero di calore dal processo produttivo e per il trattamento delle acque reflue, sostituzione di pompe e compressori con nuovi modelli o inverter, progetti di illuminazione per retrofit e nuova realizzazione, installazione di sistemi di regolazione, monitoraggio e building automation, efficientamento di CED, rete di telefonia fissa e mobile e su rete dati, altro) da presentare al GSE, il Gestore dei Servizi Energetici preposto alla valutazione e certificazione dei progetti. Concluso questo processo, in caso di esito positivo, il GME - Gestore Mercato Elettrico emette i TEE. Nel primo semestre 2014, sono stati emessi 4.251.510 di titoli per progetti di risparmio di energia elettrica, di gas, impianti di cogenerazione ad alto rendimento, energia primaria.
25
Giovani, l’importanza di guardare avanti La difficile situazione economica che, a fine giornata, potrebbe essere un alibi al disimpegno, deve invece diventare il mattino seguente lo stimolo positivo al miglioramento specie per chi ha scelto di fare impresa Aldo Cigolari Gestione e controllo produzione I.M.C. S.r.l. Componente CD GI Campania
E
ssere giovane imprenditore alle soglie del 2015 è tanto un orgoglio, quanto una responsabilità, specie tenuto conto delle non poche difficoltà economiche del fare impresa oggi in Italia. Qualche anno fa alla fine del mio percorso formativo – pur avendo avuto il privilegio di conoscere luoghi e culture diverse dalla mia di origine - ho comunque deciso di rimanere a Salerno per provare ad offrire all’azienda di famiglia e al territorio in cui sono cresciuto il mio personale contributo per lo sviluppo. Nel mentre crescevo io, anche il mondo fuori cambiava. La popolazione globale è aumentata in modo considerevole nell’ultimo ventennio: oggi ci sono tre miliardi di persone in più, pronte a sacrifici molto onerosi e minime ricompense pur di conquistarsi il proprio posto nel mondo. Come se non bastasse, i nuovi Paesi emergenti hanno adottato forti politiche di protezionismo nei confronti dei mercati interni per salvaguardare lo sviluppo delle proprie aziende. Negli stessi anni lo Stato Italiano, invece, ha fatto ben poco: solo oggi si parla di modificare leggi del secolo scorso; riforme che, dieci anni fa avrebbero potuto aumentare la competitività, ma che - con il gap accumulato per costi del lavoro, dei trasporti e dell’energia - rischiano seppur realizzate di non avere alcun effetto ai fini dell’occupazione. Eppure, chi come me ha scelto di restare per senso e sentimento di responsabilità nei confronti della
propria comunità e del proprio territorio vuole, con slancio ed entusiasmo, portare avanti l’impresa – e con essa i posti di lavoro - realizzata con tanto sacrificio da chi l’ha preceduto. La difficile situazione economica che, a fine giornata, potrebbe essere un alibi al disimpegno, deve diventare il mattino seguente invece lo stimolo ossessivo al miglioramento. Guarda “avanti” chi ad esempio è impegnato in una delle tante start-up, veri e propri bacini di idee e speranza che però rischiano di spegnersi se viene loro a mancare il supporto di realtà più grandi e affermate nello stesso settore di competenza. L’ansia positiva verso il miglioramento la leggo anche nelle molteplici associazioni giovanili che nascono con l’intento di valorizzare le idee, l’arte e la voglia di fare del territorio; la “vedo” negli studenti dai liceali agli universitari – che, nonostante il timore di un futuro incerto, si impegnano ancora di più per ampliare le proprie competenze e sviluppare le proprie attitudini. La “sento” nello spirito costruttivo che contraddistingue i Giovani di Confindustria, nel diffondere una cultura d’impresa sana, produttiva ed etica; il lavoro dei GI guarda alle nuove generazioni perché trovino il coraggio di mettersi in gioco, di credere nella forza del valore intellettuale, lasciandosi alle spalle le ombre del passato e investendo le proprie competenze e attitudini nella costruzione di un futuro da coltivare e difendere.
C O N F I N DUS TRIA
PMI Day a Salerno, il link scuole_aziende che funziona Il 14 novembre scorso si è tenuta anche a Salerno la Quinta Giornata Nazionale delle Pmi, nata sotto la presidenza di Vincenzo Boccia, che ha coinvolto 13 aziende e più di 300 studenti
A cura di Marcella Villano Servizi alle Imprese / Confindustria Salerno m.villano@confindustria.sa.it
A
rti Grafiche Boccia Spa, Cerrato Chiusure Metalliche Spa, Del Regno Giuseppe Srl, Formamentis Soc. coop, Giroauto Travel Srl, Gruppo Iovine, MGR Srl, Michele Autuori Srl, Molini
Pizzuti Srl, Grafica Metelliana Srl, Maf Srl, Rinaldi Group, Salerno Sistemi Spa hanno accolto gli alunni del Liceo Classico De Sanctis di Salerno, dell’Istituto Tecnico Industriale Focaccia di Salerno,
dell’Istituto Tecnico Industriale Pacinotti di Scafati, dell’Istituto Tecnico Besta-Gloriosi di Battipaglia, dell’Istituto Alberghiero Virtuoso di Salerno, dell’Istituto Tecnico Superiore di Baronissi, dell’Istituto
Gli studenti del liceo classico "De Sanctis" di Salerno / da Arti Grafiche Boccia
2 6/ 27 Tecnico Commerciale Cenni di Vallo della Lucania, dell’Istituto Nautico Giovanni XXIII di Salerno, dell’Istituto Agrario Fortunato di Eboli, del Liceo Artistico Sabatini-Menna di Salerno, degli Istituti Tecnici Galilei e Genovesi di Salerno, che, con slancio ed entusiasmo, hanno accettato l’invito ad aderire alla Quinta Giornata Nazionale dedicata alle PMI. Il PMI DAY è un’iniziativa rivolta al mondo della scuola, quest’anno inserita nell’ambito della XIII Settimana della Cultura d’Impresa. L’intento è informare i giovani sul contributo dell’impresa alla qualità della vita, per mostrare come si realizza un prodotto e come si svolge un processo industriale, per raccontare l’impresa, la sua storia, le strategie, i progetti futuri, le esperienze delle persone che vi lavorano e contribuiscono, con senso di responsabilità e con impegno quotidiano, allo sviluppo dei loro territori e del Paese. Nello stesso tempo, però, l’obiettivo è anche consentire di integrare lo studio teorico con la realtà produttiva e, naturalmente, segnalare le possibilità lavorative che il settore offre. «Questa iniziativa – spiega Roberto Magliulo, Presidente del Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno – è nata per mostrare ai giovani “la vita dell’azienda” attraverso le esperienze delle persone che vi lavorano. Al contempo vuole essere un contributo concreto all’incontro reale tra scuole e aziende. Da questo incontro i ragazzi usci-
La classe V B dell'Istituto Istruzione Superiore "Galilei" di Salerno / da Rinaldi Group ranno più consapevoli delle possibilità lavorative che i diversi settori del territorio possono offrire. Anche quest’anno – ha poi concluso Magliulo – abbiamo registrato una
risposta molto positiva da parte delle scuole che ancora una volta hanno mostrato la volontà di creare un link diretto tra formazione, impresa e lavoro».
Gli studenti dell'Istituto Tecnico Industriale "Focaccia" di Salerno / da Cerrato Chiusure Metalliche
S TR A TE GIE D ’ IM PRE S A
28
De Santis, una favola che continua Il servizio del su misura, la selezione delle migliori stoffe – per lo più biellesi ed inglesi le rifiniture sartoriali, restano un punto fermo per l’azienda nata a Pontecagnano
A cura della Redazione Costozero
M
olti ricorderanno De Santis per lo slogan "Pellicce da favola", specchio dei fiorenti anni '80. Oggi sono i figli di una grande storia di moda - ideata e fondata dal Cavalier Aniello De Santis e dal suo Atelier di Pontecagnano - a portare avanti l’azienda. Dal 2009, per altro, i suoi successori hanno introdotto innovative linee di abbigliamento uomo e donna. Nel settembre 2011 la Maison inaugura il suo secondo
punto vendita nella città di Milano in Corso Genova, a circa 800 metri dal Duomo. Poi, nel 2014, è stato scelto come teatro di vendite il negozio situato nel cuore di Salerno in via Porta Elina 19. La manifattura artigiana degli abiti e l’unicità dei tessuti sono i capisaldi sui quali si fondano da sempre le strategie aziendali di De Santis, anche negli anni in cui si è manifestata la crisi di settore. Il livello sartoriale dei laboratori, infatti, non si è mai alterato, né
uniformato ai dettami stereotipati del nuovo mercato. Il servizio del su misura, la selezione delle migliori stoffe – per lo più biellesi ed inglesi - le rifiniture sartoriali, restano un punto fermo per l’azienda. E lo ha capito bene il cliente, che sa che può essere accontentato per qualsiasi occasione: non solo per la cerimonia o per gli aventi importanti, ma anche per i più svariati momenti della sua giornata. L’uomo in carriera sarà sempre impeccabile adottando lo stile busy chic della foggia de Santis e conserverà la sua classe anche nei momenti meno impegnativi o di relax. La donna, dal suo canto, acquisirà particolareggiata raffinatezza indossando capi esclusivi che ne esalteranno fascino e carattere.
DE SANTIS UOMO SRL V ia F irenze 54, Pontecagnano (Salerno) Tel. 089 381238 www.desantis.it info@desantis.it
29
Nicolao e Porcini, una realtà di sicura forza Con ben 14 sedi su tutto il territorio provinciale, l’Agenzia Generale di Salerno offre al cliente una consulenza e un’assistenza continue, supportate da servizi personalizzati e da un’elevata professionalità tecnica e commerciale
A cura della Redazione Costozero
L’
Agenzia Generale di Salerno, guidata dal 2005 da Davide Nicolao e Mariano Porcini, rappresenta una tra le più importanti realtà del panorama assicurativo italiano, in particolare nell’Area Centro-Sud. La strategia commerciale di Nicolao e Porcini ha sviluppato un programma di crescita basato sul presidio territoriale, realizzato attraverso il rimodernamento e la creazione di punti vendita sul territorio, che hanno portato l’Agenzia Generale di Salerno a vantare una struttura capillare nella città e nella provincia di Salerno, con ben quattordici sedi localizzate nei principali centri produttivi e imprenditoriali del territorio. Tale presenza, consente a
Davide Nicolao e Mariano Porcini e ai loro collaboratori di offrire al Cliente una consulenza e un’assistenza continue, supportate da servizi personalizzati e da un’elevata professionalità tecnica e commerciale. Chi è parte del Team di Nicolao e Porcini infatti ha il privilegio di lavorare in un ambiente tra i più giovani, stimolanti ed intraprendenti nello scenario del mercato dei servizi assicurativi. L’offerta lavorativa mira a sviluppare al massimo le capacità del consulente, consentendogli una crescita professionale seria e definita e una formazione costante, qualificata e competente, in termini di conoscenza dei prodotti e delle normative fonda-
mentali allo svolgimento delle attività. Con 25.000 clienti e 35.000 contratti gestiti, l’Agenzia Generale di Salerno è oggi una grande realtà, ben lontana dal tradizionale e statico concetto di Agenzia Assicurativa delle principali società del mercato. Proprio per questo, il suo obiettivo principale è quello di essere leader del settore, offrendo competenza sulle diverse problematiche e garantendo un elevato standard in termini di consulenza ed intermediazione assicurativa, sia nella linea persona – pensioni e fondi integrativi, gestione del risparmio, investimenti, gestioni patrimoniali, tutela legale, rimborso spese sanitarie, solo per citarne alcuni – sia in quella relativa all’azienda (rischi Pmi; rischi Agricoltura; rischi professionali; rischi industriali; rischi del commerciante; rischi dell’albergatore; rischi della circolazione; rischi dell’abitazione).
NICOLAO E PORCINI SNC V ia SS. Martiri Salernitani, 24 Salerno Tel. 089 2587011 www.nicolaoeporcini.it ag_salerno@agenzia.inaassitalia.it
S TR A TE GIE D ’ IM PRE S A
30
Fontel, la multiutility dell’energia pulita Tra gli ultimi progetti è già in fase operativa la creazione di due parchi eolici nelle zone di Avellino e Gravina, capaci di produrre ciascuno, nel medio termine, energia elettrica per oltre 5000 famiglie italiane
A cura della Redazione Costozero
F
ontel S.p.A. nasce nel 1998, anno della liberalizzazione del mercato italiano delle telecomunicazioni, proponendosi come prima azienda in Campania a concorrere con il gestore nazionale allo scopo di fornire esclusivamente l’utenza business. L’estrema attenzione all’innovazione tecnologica, all’aggiornamento dei sistemi ed alle esigenze dei singoli
clienti sono la chiave del successo dell’azienda che, in breve tempo, conquista importanti fette di mercato estendendo il suo volume d’affari su tutto il territorio nazionale. Negli anni seguenti, e più precisamente nel 2004 e 2009, Fontel accetta due nuove sfide rappresentate dalle liberalizzazione dei mercati di energia elettrica (Decreto Bersani 1999) e di gas naturale (Decreto Letta 2000) e, forte della rete commerciale costruita negli anni precedenti, fa poca fatica a diventare la prima multiutility del Sud con circa 10.000 aziende solo nel Mezzogiorno d’Italia. Il customer care diventa quindi strategico, imponendo l’assunzione di nuove figure professionali (Tutor) che si interfacciano continuamente con i singoli clienti a loro affidati allo scopo di guidarne le scelte volte all’ottimizzazione delle risorse investite. Le nuove sfide aziendali ad oggi sono rappresentate
dalla produzione di energia verde, in particolare quella eolica. L’interesse di Fontel in questo settore verte sia nella produzione dell’hardware, sia nella creazione di un sistema di consulenza a supporto della vendita a terzi delle pale eoliche prodotte, seguendo il cliente nei diversi momenti quali: studio di fattibilità del progetto; storico del vento per la zona di riferimento, accesso al credito, autorizzazioni, messa a terra della pala e sua manutenzione. A prova dell’impegno aziendale nella produzione di energia pulita vi è il progetto, già in fase operativa, della creazione di due parchi eolici, nelle zone di Avellino e Gravina, capaci di produrre ciascuno, nel medio termine, energia elettrica per oltre 5000 famiglie italiane. Per ricevere un’offerta sui servizi: 800920092.
FONTEL SPA Centro Direzionale Isola A2 Napoli Tel. 081 5625863 www.fontel.it
31
GA.FI. Sud migliora le performances Consolidata la partnership con Unicredit in Campania e Basilicata per TOP EUROPE
A cura della Redazione Costozero
G
a.Fi. Sud, Confidi iscritto nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del TUB, svolge la propria attività sull’intero territorio nazionale con sede a Napoli e uffici in ogni provincia della Campania, oltre che a Bari e Foggia. Circa 2.000 soci, più di 150 milioni di euro di affidamenti garantiti, ripartiti su 13 banche convenzionate, un Consiglio di Amministrazione di tutto rispetto e un management di qualità al proprio servizio: sono solo alcune delle prerogative che fanno di Ga.Fi. Sud uno degli organismi di garanzia più efficienti di tutto il Mezzogiorno e il primo Intermediario Finanziario Vigilato da Banca d’Italia della Campania. Importanti le performance riscontrate nell’ultima semestrale: l’operatività, in termini di volumi di affidamenti garantiti, cresce del 43% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre il risultato economico registra un trend di sviluppo ancora più sostenuto superando anche il budget previsto. Il portafoglio complessivo delle garanzie si incrementa del 21% e, a suffragio dell’eccellente lavoro svolto, è arrivata anche la lode di Medio Credito Centrale per aver riportato un Tasso di Sof-
ferenza sulle operazioni controgarantite dal fondo pari all’1,35%, mentre il Tasso Medio di Sofferenza a livello nazionale è pari al 4,51%. Queste prerogative hanno spinto un importante istituto di credito come Unicredit a individuare in Ga.Fi. Sud, quale Confidi 107 e primario operatore con il Fondo di Garanzia, uno dei partner per la gestione del prodotto Top Europe in Campania e Basilicata. Top Europe è il nuovo prodotto finanziario lanciato da Unicredit Banca, con lo scopo di contribuire a erogare, mediante la garanzia rilasciata da pochi e selezionati Confidi su tutto il territorio nazionale, nuovi finanziamenti alle PMI con provvista fornita dalla Banca Centrale Europea (BCE). Le operazioni avranno una istruttoria prioritaria da parte di Unicredit e di Ga.Fi. Sud e saranno assistite dalla garanzia del Confidi fino all’80% e dalla controgaranzia del Fondo, con costi ridotti del 20%. «Il fatto che Unicredit – ha dichiarato Rosario Caputo, Presidente di Ga.Fi. Sud – ha scelto anche il nostro Confidi tra i dieci in Italia rappresenta per noi un privilegio oltre alla conferma circa la bontà del nostro operato. Ga.Fi. Sud
Rosario Caputo / Presidente Gafi Sud ha sposato sin da subito l’iniziativa, dando anche un segnale molto forte, in un’ottica sia di promozione della propria attività di garanzia, sia di servizio reale e concreto per le aziende campane e lucane. Questa confermata partnership, frutto della capacità di “fare sistema” degli attori in gioco, riveste a mio avviso una importanza particolare per il tessuto economico di due importanti regioni del Mezzogiorno, perché raggiunta in un momento di difficoltà congiunturale per le imprese».
GA. FI. SUD www.gafisud.it info@gafisud.it
N EW E N T RIE S
32
Il Lloyd’s Baia Hotel rafforza la sua immagine con la proprietà Marinelli Dal 2014, lo splendido albergo terrazza sul golfo di Salerno è anche Re Maurì, un ristorante di nuovissima concezione all'insegna dell'enogastronomia di qualità, cornice perfetta per business lunch, cene romantiche, serate importanti, eventi personalizzati
A cura della Redazione Costozero
I
l Lloyd's Baia Hotel, un quattro stelle superiore che scrive pagine importanti dell'ospitalità alberghiera a Salerno e in Costa d'Amalfi, è una stupefacente terrazza sul golfo di Salerno, dalla quale lo sguardo può spaziare a 180 gradi: da una parte la Divina Costiera, dall'altra il litorale sud, fino alla costa cilentana. Rilevato nel 2010 dalla famiglia Marinelli, il Lloyd's Baia è tornato agli splendori degli anni passati. L'hotel dispone di 133 camere di cui 6 suite, una suite spa e 2 suite Belvedere distaccate dal corpo centrale, dotate di camera-soggiorno e ingresso indipendente per gli ospiti più esigenti. Per i congressi e per i ricevimenti questo
albergo risulta tra le migliori location per la sua posizione strategica: è situato a pochi metri di distanza dall'uscita di Vietri sul Mare dell'A3 Napoli-Salerno, è facilmente raggiungibile via mare e dista pochi chilometri dallo scalo ferroviario di Salerno. La struttura è dotata di ampi parcheggi in grado di accogliere fino a 270 auto. Con sette sale a disposizione per i congressi, con capienze variabili da 10 a 300 posti, il Lloyd's Baia dispone
di spazi modulabili a seconda delle esigenze e della disposizione che si desidera dare alla sala. Il personale esperto e le ampie e panoramiche terrazze e sale ristorante rendono il Lloyd's Baia la location ideale per realizzare in maniera personalizzata ogni tipo di evento e cerimonia. Dal 2014, il Lloyd’s Baia è anche Re Maurì, un ristorante di nuovissima concezione all'insegna dell'enogastronomia di qualità, cornice perfetta per business lunch, cene romantiche, serate importanti, eventi personalizzati. Che si tratti di un soggiorno di piacere o di lavoro, di un evento privato o pubblico, di una vera vacanza o di una sosta passeggera, ogni ospite può trovare al Lloyd's Baia Hotel la giusta dimensione per le proprie esigenze.
LLOYD'S BAIA HOTEL V ia Benedetto Croce snc, Salerno Tel. 089 7633111 Fax 089 763633 www.lloydsbaiahotel.it info@lloydsbaiahotel.it
33
BU SI N ES S
Mercato immobiliare: l’andamento del settore, dai dati nazionali alla provincia di Salerno Anche a livello territoriale si registrano segnali di ripresa, specie per gli immobili ad uso produttivo
Ferdinando Elefante Relationship Manager - Gabetti Property Solutions
N
el primo semestre del 2014, il mercato immobiliare italiano ha mostrato alcuni segnali di miglioramento anche se con dinamiche differenti, a livello territoriale e nei diversi comparti. Per quanto riguarda il residenziale, i segnali di ripresa già rilevati nel II semestre del 2013 si sono concretizzati in modo tangibile. La ripresa delle transazioni, l’aumento delle erogazioni di finanziamenti per acquisto abitazioni, la crescita della domanda di credito e in generale il miglioramento del clima di fiducia delle famiglie. Certamente questa ripresa va calata in un contesto macroeconomico che deve ancora consolidarsi, ma i principali indicatori legati all’andamento del settore immobiliare residenziale hanno mostrato nel I semestre 2014 alcuni dati significativi. A livello nazionale, secondo i dati dell’Agenzia del Territorio, il mercato residenziale ha segnato 205.998 transazioni, con una variazione del +1,4% rispetto allo stesso semestre del 2013. In particolare si sono realizzate 98.403 transazioni nel primo trimestre (+4,1%) e 107.595 nel secondo trimestre (-1%). A livello locale, la provincia di Salerno ha fatto registrare 2.678 transazioni nei primi sei mesi dell’anno, un +2,8% rispetto allo stesso semestre dello scorso anno; nel complesso del 2013 il totale era stato di 5.181 transazioni, portando la provincia salernitana a coprire circa il 20% delle transazioni campane, al 2° posto, in ordine dei volumi, dopo la provincia di Napoli. Se guardiamo solo al capoluogo, osserviamo dati ancora positivi: nel primo semestre del 2014 si sono registrate 447 transazioni, +12,7% rispetto al primo
semestre 2013, anno in cui si erano chiuse complessivamente 815 transazioni. Per quanto riguarda gli usi diversi dal residenziale, nel primo semestre abbiamo dinamiche differenti per i diversi comparti: a livello nazionale il settore terziario ha registrato un totale di 4.316 transazioni, in calo rispetto allo stesso periodo del 2013, anche se con tassi negativi in decelerazione nei primi due trimestri (-10,3% e -6,9%). Il settore produttivo, ha segnato 4.572 transazioni, con una variazione positiva nel II trimestre (+10,3%). Per il settore commerciale (12.327 nel primo semestre) la variazione positiva del I trimestre è stata bilanciata da quella negativa del II trimestre, chiudendo il semestre con un -0,4%. Osservando questi settori da una prospettiva locale, notiamo come per la provincia di Salerno ci sono segnali positivi per gli immobili ad uso produttivo, che aveva chiuso il 2013 con 57 transazioni, mentre nel primo semestre di quest’anno ha già raggiunto la quota 35. Lievi flessioni per il settore terziario, che si mantiene nel primo semestre del 2014 su un totale di 50 transazioni, mentre cali più sensibili per il settore commerciale, che ha registrato un totale di 202 transazioni nel primo semestre del 2014. É audace dire che il mercato immobiliare è in definitiva ripresa, ma alcuni di questi segnali sono interessanti e assolutamente da non trascurare. Sono fiducioso che nei prossimi anni l’immobiliare ritornerà a essere una risorsa, sia per gli imprenditori sia per le famiglie.
E D I LI Z I A IND US TRIA LE
Il paesaggio come risorsa Idee e progetti per un nuovo sviluppo, dalla tutela attiva delle aree interne al riuso di siti dismessi come incubatori d'impresa Anna Onesti Architetto e dottoranda presso il Dipartimento di Architettura Università di Napoli “Federico II” / Metodi di valutazione per la conservazione integrata, recupero, manutenzione e gestione del patrimonio architettonico, urbano ed ambientale
I
l rapporto SVIMEZ 2014 sull'economia del Mezzogiorno mostra il quadro allarmante di un Sud sempre più povero, improduttivo e a rischio di abbandono, soprattutto da parte di giovani e di «talenti». Lo scenario previsto dal rapporto vede il pericoloso intreccio tra un calo demografico enorme (circa 4 milioni di abitanti in meno nel 2065), una disoccupazione record (al 2014 il numero degli occupati è inferiore al 1977 e il trend continua ad essere negativo) e un'emergenza produttiva allarmante (il PIL ha segno negativo per il sesto anno consecutivo). Non meno grave è la situazione in cui versa il territorio. Le trasformazioni che hanno investito il nostro territorio nel dopoguerra e, con vigore maggiore, nel periodo successivo al sisma del 1980, hanno in parte eroso le qualità del paesaggio e soprattutto del costruito storico. In alcune zone del Salernitano, in particolare, la ricostruzione post sisma ha profondamente alterato i fattori identitari del paesaggio storico. Diffusi a macchia di leopardo e realizzati con tecnologie estranee alla cultura locale, gli interventi di «ricostruzione», in parte finanziati con fondi pubblici, hanno comportato la scomparsa di
un sapere costruttivo sedimentato e la perdita della coralità del paesaggio costruito. Inoltre, la possibilità, consentita e incentivata dalla legge per la ricostruzione, di cedere la propria abitazione danneggiata per averne una nuova in aree di espansione ha contribuito a provocare una diffusa urbanizzazione delle aree peri-urbane, con l’alterazione dei rapporti tra vuoti e pieni, l’aggressione e la perdita di qualità del paesaggio rurale. Oggi, la crisi economica sta accelerando e incrementando questi processi. Nelle aree più interne, lo spostamento della popolazione verso nord - fenomeno in crescita nei prossimi anni produce l'abbandono e il conseguente degrado del patrimonio abitativo. Inoltre, la necessità della popolazione residente di adeguare il costruito ai nuovi bisogni, induce ad intervenire con micro-azioni che, a causa della scarsa disponibilità finanziaria, sono sempre meno controllate perché realizzate in emergenza, spesso senza il supporto di tecnici qualificati e senza prestare cura alle qualità esistenti. Ne deriva uno scenario di degrado diffuso, in cui gli insediamenti storici hanno perso attrattività e significato e sono sempre meno vitali.
3 4/ 35
A partire dal cosiddetto «Kilometro Rosso» di Bergamo, l'esempio più rilevante a livello nazionale, vero e proprio distretto dell'innovazione, gli incubatori d'impresa stanno rapidamente prendendo piede anche nel Mezzogiorno
L'insieme di queste considerazioni spinge ad una profonda riflessione sulle azioni da intraprendere per ribaltare queste dinamiche e attivare, non solo attraverso politiche nazionali ma anche e soprattutto attraverso azioni locali, un nuovo sviluppo improntato alla valorizzazione delle risorse esistenti e alla tutela attiva del paesaggio. Su questi temi sembra esserci una grande convergenza d'intenti. Il rapporto SVIMEZ, ad esempio, sottolinea la necessità di «mettere in campo una strategia di sviluppo nazionale che ponga al centro il Mezzogiorno e sia capace di coniugare un'azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su alcuni ben individuati drivers di sviluppo tra loro strettamente connessi con un piano di "primo intervento" da avviare con urgenza: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un'ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale». Inoltre, come lo stesso rapporto evidenzia, occorre «riscoprire il ruolo fondamentale dell'industria come elenco catalizzatore per la crescita». Considerazioni analoghe sono alla base dei documenti programmatici sulla strategia di sviluppo delle
aree interne, elaborati dal Comitato Tecnico per le Aree Interne, la cui costruzione è stata avviata dal Ministro per la Coesione già nel 2012. Tutela del territorio con il coinvolgimento delle comunità locali, valorizzazione delle risorse culturali e del turismo sostenibile, sistemi agro-alimentari, energia rinnovabile e saper fare locale sono gli ambiti d'intervento individuati per attivare lo sviluppo locale. L'elaborazione di progetti locali coerenti con queste linee programmatiche è sempre più un'azione strategica per lo sviluppo. Di conseguenza, la comunità scientifica e gli stessi professionisti che incidono sulla trasformazione del territorio hanno, nel loro specifico disciplinare, un ruolo oggi più che mai cruciale nel ribaltare le dinamiche economiche in corso. Attraverso la conoscenza profonda delle potenzialità del territorio, per la quale è essenziale il coinvolgimento attivo della comunità locale, è possibile avviare in sinergia azioni fisiche di rigenerazione che integrino tutela del paesaggio e sviluppo sostenibile in un'unica finalità. Lo sviluppo di living lab e metodi partecipatori, che restituiscano alla comunità locale la responsabilità della cura del territo-
rio, appare oggi come l'attività più utile a garantire la rivitalizzazione sostenibile del patrimonio abitativo e la creazioni di sinergie. Nell'ambito più specifico delle attività produttive, suscitano particolare interesse gli «incubatori d'impresa», luoghi che rispondono all'obiettivo di accogliere piccole e medie imprese in fase di start-up, con la condivisione di alcuni servizi, fisici e non, essenziali all'avvio dell'attività. A partire dal cosiddetto «Kilometro Rosso» di Bergamo, l'esempio più rilevante a livello nazionale, vero e proprio distretto dell'innovazione, gli incubatori d'impresa stanno rapidamente prendendo piede anche nel Mezzogiorno. L'idea progettuale che qui si propone è il riuso di siti dismessi (ve ne sono diversi nel Salernitano) come incubatori di imprese, la cui produzione sia fortemente legata alle specificità del territorio. Agendo in sinergia per minimizzare risorse e scarti e condividendo, oltre ai servizi essenziali, le attività di promozione e la qualità dei prodotti, tali imprese potrebbero dare vita ad un distretto produttivo circolarizzato, presidio per la cura del territorio, la cui qualità diventa una risorse che contribuiscono a promuovere.
NO R M E E S OCIE TÀ
Gestione sostenibile del conflitto e vantaggio competitivo per l’azienda La reciproca soddisfazione di interessi e bisogni è la chiave di una strategia vincente in mediazione; la logica win/win per la soluzione di liti aziendali anche trasnazionali diventa l’approccio strategico dell’impresa che intende creare valore
Marco Marinaro Avvocato Cassazionista / Membro Abf Roma info@studiolegalemarinaro.it
L
e gravi problematiche derivanti dalla crisi economica che pervadono ad ogni livello l’attività di impresa rischiano di lasciare in secondo piano talune opportunità fondamentali in grado di indurre mutamenti endogeni nel contesto aziendale. L’attuale situazione invero impone alle imprese - oggi più che mai - di creare vantaggi competitivi attraverso una gestione innovativa, reagendo alle sollecitazioni che provengono non solo dal mercato. È indubbio che le relazioni con i diversi stakeholders rappresentano per l’impresa un vero patrimonio e che l’inevitabile conflittualità derivante da queste complesse relazioni richiede capacità adeguate e scelte strategiche utili ad un consolidamento nel mediolungo periodo. Stabilità dei rapporti e durevolezza degli stessi costituiscono poi la base delle performances di un’azienda da raggiungere mediante la creazione di vantaggi competitivi. In questa ottica assume un significato
del tutto peculiare l’introduzione da parte del legislatore in questi ultimi anni di strumenti conciliativi extragiudiziali finalizzati alla soluzione delle controversie civili e commerciali in una logica condivisa e sostenibile. La crisi del sistema giudiziario italiano diviene così l’occasione per una svolta culturale e per avviare un percorso innovativo per le imprese. L’accesso alla giustizia statale diviene il rimedio estremo mentre si perseguono approcci cooperativi utili non solo a risolvere la controversia, ma a consolidare o addirittura implementare le relazioni. La reciproca soddisfazione di interessi e bisogni è la chiave di una strategia vincente in mediazione; la logica win/ win per la soluzione di liti aziendali anche trasnazionali diventa l’approccio strategico dell’impresa che intende creare valore. Non si preclude l’accesso alla tutela giudiziale, ma si creano, anche mediante strategie di market driving, i presupposti di migliori
3 6/ 37
Clausole di mediazione e/o di arbitrato (con meccanismi multi-step) sono in grado di creare già nella fase iniziale del rapporto quella fiducia necessaria a far emergere condivisione di obiettivi utili e sostenibili. L'ascolto attivo diviene fondamentale
performances per l’azienda. Rapidità (durata massima tre mesi), economicità (tariffe chiare e predeterminate, parametrate al valore della lite) e riservatezza (obbligo di riserbo e segreto) caratterizzano la mediazione, ma occorre considerare anche che le agevolazioni fiscali (esenzione dall’imposta di bollo, dall’imposta di registro fino al valore di 50mila euro, credito di imposta per l’indennità fino al valore massimo di 500 euro), la possibilità di tutelare l’accordo (che può essere reso esecutivo mediante un procedimento di omologazione in tribunale ovvero con la certificazione di conformità degli avvocati), l’interruzione dei termini di prescrizione e decadenza costituiscono le premesse normative utili a supportare nuove scelte nella gestione delle liti. Professionalità e specializzazione degli organismi e dei mediatori sono poi la garanzia affinché le parti coinvolte nella controversia possano raggiungere un risultato soddisfacente e migliorativo dal punto di vista della relazione. La mediazione e gli altri strumenti di A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) offrono agli
imprenditori la possibilità di costruire sistemi efficaci per la composizione delle controversie ottenendo un immediato vantaggio competitivo rispetto a chi restando ancorato alla cultura del conflitto (win/lose) si troverà sempre più emarginato anche nelle relazioni commerciali in un processo di inevitabile selezione tra imprese e tra imprese e consumatori. Ed allora anche la possibilità di inserire clausole ad hoc nei contratti e negli statuti diviene una precisa scelta di strategia aziendale per la gestione attraverso sistemi alternativi delle liti che dovessero insorgere. Clausole di mediazione e/o di arbitrato (con meccanismi multistep) sono in grado di creare già nella fase iniziale del rapporto quella fiducia necessaria a far emergere condivisione di obiettivi utili e sostenibili. Un rinnovato modo di gestione del conflitto che dall’ascolto attivo trae strumenti di composizione che mirano a creare valore e non a distruggerlo. L’efficacia della mediazione, da intendersi quale capacità di produrre un risultato utile, con un procedimento informale e strettamente
dipendente dalla professionalità del mediatore, diviene fonte di un vantaggio competitivo per le imprese che appare tanto più rilevante se rapportato alla difficile situazione economica attuale. La necessaria rigidità del processo civile e l’agonia nella quale si dibatte da decenni, per l’incapacità di fare fronte ad una esasperata domanda di giustizia che ritardandone enormemente i tempi finisce per negarla, soprattutto in simili periodi di crisi del sistema economico, possono contribuire solo ad avviare percorsi senza uscita. La situazione contingente e gli orientamenti del management aziendale richiedono dunque strumenti di gestione del conflitto che siano flessibili ed agili e che soprattutto rispondano ad un più complessivo progetto di gestione del patrimonio di relazioni dell’impresa. Mediazione e strumenti di A.D.R. offrono all’impresa non solo soluzioni sostenibili, ma un vantaggio competitivo strategico da cogliere anticipando anche gli ulteriori e non lontani sviluppi culturali e legislativi in sede europea e nazionale.
NO R M E E S OCIE TÀ
Segnalazione illegittima alla Centrale Rischi Secondo la Corte di Cassazione possono essere risarciti sia il danno non patrimoniale alla persona, anche giuridica, con riguardo alla lesione dei valori della reputazione e dell’onore, sia il danno al patrimonio
Maurizio Galardo Avvocato / Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it
L
a Corte di Cassazione con la sentenza n. 15609 del 9 luglio 2014 ha statuito che, nell’ipotesi di illegittima segnalazione del debitore alla Centrale Rischi, possono essere risarciti sia il danno non patrimoniale alla persona, anche giuridica, con riguardo alla lesione dei valori della reputazione e dell’onore, sia il danno al patrimonio, che peraltro può essere oggetto di prova presuntiva, quale conseguenza per l’imprenditore di un peggioramento della sua affidabilità economica, che risulta essenziale anche per l’ottenimento e il mantenimento dei finanziamenti, con conseguente lesione del diritto di operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza. La sentenza che si commenta ha ritenuto, in particolare, risarcibile il danno non patrimoniale anche nei confronti delle persone giuridiche, considerando anche queste ultime titolari dei diritti della personalità costituzionalmente garantiti (art. 2 Cost.). Il danno non patrimoniale viene inteso come qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non prestandosi ad una valutazione monetaria
basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione, allorquando il fatto lesivo incida su una situazione soggettiva dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione. La Corte di Legittimità ha inoltre ritenuto che entrambi tali danni possono essere liquidati in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ.. La vicenda processuale che ha portato alla pronuncia sopra indicata si è così articolata: la Corte d’Appello di Roma, nel riformare parzialmente la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città, aveva condannato la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. al risarcimento del danno in favore di una società a responsabilità limitata nella misura di euro 100.000,00 (centomila/00) oltre interessi dal deposito della sentenza al saldo, per illegittima segnalazione del nominativo alla Centrale Rischi. In particolare la Corte d’Appello aveva ritenuto illegittima la segnalazione alla Centrale Rischi, in quanto il credito
3 8/ 39 non era esigibile perché vi era una controversia tra le parti in merito all’importo dovuto alla banca a titolo di interessi, pertanto non poteva configurarsi alcun inadempimento in atto. Inoltre da nessun elemento di prova emergeva una situazione di pericolo, anche perché il credito di originarie lire 142.000.000, sussistente alla data della segnalazione avvenuta il 17/11/1997, era assistito da due fideiussioni personali e da una garanzia reale, mentre nel gennaio dello stesso anno era stato concesso un finanziamento regolarmente restituito fino ad allora, senza che alcun elemento negativo fosse emerso; nel corso della causa era stato inoltre provato che la società aveva rapporti contrattuali con grandi società di servizi. Orbene secondo la Corte d’Appello, allorché la banca aveva, nel gennaio 1998, revocato il fido e concesso un giorno di tempo per il rientro, dopo che la cliente aveva comunque manifestato la volontà di adempiere, aveva tenuto, così facendo, una condotta contraria a buona fede, il cui fine doveva ritenersi quello di voler giustificare ex post, la segnalazione alla Centrale Rischi, già avvenuta. Sotto tale profilo la Corte di Cassazione ha ritenuto che la pronuncia della Corte d’Appello fosse conforme all’orientamento consolidato secondo cui: a) ai fini dell’obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato d’insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazioni
sostanzialmente equiparabili, nozione che non si identifica con quella della insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come grave difficoltà economica; b) la segnalazione di una posizione in sofferenza non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica, equiparabile, anche se non coincidente con lo stato d’insolvenza. La sentenza che si commenta si segnala all’attenzione anche per il notevole importo del risarcimento del danno liquidato in via equitativa nella misura di euro 100.000,00; tale somma è stata peraltro ridotta notevolmente dalla Corte d’Appello in quanto il Tribunale in primo grado aveva liquidato la somma di euro 593.925,00 per lucro cessante e la somma di euro 290.920,00 per danno emergente. La riduzione del danno risarcibile operata in Appello è stata motivata sulla base del fatto che la società danneggiata aveva comunque proseguito la sua attività con un fatturato sostanzialmente immutato. La Corte d’Appello ha però comunque considerato l’esistenza del danno alla reputazione della società, in quanto era stato dimostrato, a mezzo di testimoni, che le altre banche erano venute a conoscenza della segnalazione e di conseguenza la Cariplo aveva respinto una richiesta di aumento del fido e l’Intesa San
La riduzione del danno risarcibile operata in Appello è stata motivata sulla base del fatto che la società danneggiata aveva comunque proseguito la sua attività con un fatturato sostanzialmente immutato Paolo addirittura revocato il fido già concesso. In tal modo la società aveva dovuto rinunciare, almeno temporaneamente, al perseguimento degli obiettivi di espansione che erano stati programmati, in quanto l’errata segnalazione alla Centrale Rischi aveva indirettamente inciso sulla libera concorrenza, avvantaggiando altre aziende del settore, con conseguente perdita di competitività sul mercato per le occasioni commerciali sfumate: sotto tale profilo il C.T.U. aveva accertato le difficoltà, in cui la società si trovò all’improvviso ad operare. Inoltre le energie psico-fisiche degli amministratori della società erano state, per un certo periodo di tempo, inevitabilmente utilizzate per la ricerca di altre fonti di finanziamento, e quindi non più canalizzate verso il reperimento di nuovi clienti e l’acquisizione di altre commesse, con conseguenze reddituali negative e con un danno non patrimoniale costituito dal patema e dallo “stress” di dover reperire in breve tempo fonti alternative di finanziamento.
NO R M E E S OCIE TÀ
Rete d’impresa, un’opportunità da non perdere Tanti i vantaggi per questo modello aggregativo, centro di interesse di recenti provvedimenti legislativi regionali e nazionali
Giovanni Sciancalepore Straordinario di Diritto Privato Comparato Università degli Studi di Salerno/ Socio fondatore BST Consulting Associazione Professionale
L
a rete d’impresa, pur rappresentando una modalità operativo-gestionale dalle molteplici potenzialità virtuose, nei fatti - immotivatamente – è un modello scelto di rado. A dispetto di quanto appena constatato, si è in presenza di un’opportunità avente univoca dignità normativa: il legislatore è intervenuto in argomento, per la prima volta, con l’art. 6-bis della l. n. 133/2008, seppure la disciplina si compia con la l. 9 aprile 2009, n. 33, e, quindi, con l’introduzione del contratto di rete. Questo potrà essere stipulato da due o più imprenditori, iscritti nel registro delle imprese, allo scopo di «…accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio della proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero anche ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa». In seguito si sono succeduti ulteriori
interventi modificativi, seppure persista la centralità della l. n. 33/2009 nella regolamentazione. In sintesi, la finalità pratica della rete va individuata nell’incremento dei ricavi, e/o nella riduzione dei costi sopportati dai singoli, nonché nella realizzazione di maggiori profitti. L’idea, in termini di politica aziendale, è oltremodo accattivante. La sua praticabilità è interamente ancorata all’adeguata redazione del contratto di rete. Non potrà trovare accoglimento una rete mossa da intenti di mera protezione, né da fini solo organizzativi. In tal senso, assumeranno un ruolo decisivo la puntuale enucleazione degli obiettivi strategici e la dettagliata articolazione del programma di rete. In concreto, la rete si atteggia come una forma di coordinamento, di natura strettamente contrattuale, tra gli operatori economici e, nella specie, tra le piccole e medie imprese. Questi assumeranno l’iniziativa con l’obiettivo di incrementare la competitività, prescindendo dalle classiche opportunità rappresentate dalla fusione, dall’incorporazione e
4 0/ 41 dall’acquisizione. Non va taciuta, in generale, l’inadeguatezza degli strumenti del diritto societario a favorire processi di aggregazione e di innovazione tra i piccoli imprenditori (pur rappresentando, questi ultimi, circa il 95% del sistema produttivo nazionale). Il vero quid pluris della rete consiste nel coniugare, attraverso l’adeguata predisposizione del programma comune, l’indipendenza e l’autonomia imprenditoriale con la capacità di acquisire massa critica di risorse finanziarie e know how. La combinazione qui segnalata consente il raggiungimento degli obiettivi strategici, altrimenti inverosimili per una piccola impresa. Volendo proporre una ricognizione verosimile della rete in sé potremmo dire che è un’organizzazione snella, dotata di adeguate risorse patrimoniali, caratterizzata da notevole flessibilità e repentina adattabilità all’evoluzione dei mercati. In senso strettamente operativo, è opportuno che l’attenzione vada orientata al contratto puro di rete, laddove non ricorre alcuna (ulteriore) soggettività giuridica. Il pertinente regime della responsabilità, per le obbligazioni collegate alla realizzazione del programma di rete, è incentrato sul fondo patrimoniale comune. In virtù del richiamo operato agli artt. 2614 e 2615 c.c., in tema di consorzio con attività esterna, si tratterà di patrimonio autonomo, assistito dal beneficio dell’inaggredibilità e dell’indivisibilità. Ma qual è il discrimen tra contratto di rete e patrimoni societari destinati ad uno specifico affare? È indubbia la condivisione della destinazione: se in quello è assente una struttura rispetto alla quale riconoscere una separazione endosocietaria, in questo persiste
una frammentazione del patrimonio, da destinare – in modalità, appunto, frazionata - ad un affare specifico, inteso come diverso ramo d’impresa. Ne deriva che il contratto in parola non si atteggia quale centro di imputazione unitario e, dunque, quale ens tertium rispetto alle imprese aderenti al programma. Si tratta, piuttosto, di un collegamento di rapporti contrattuali, con la consistenza del regime di autonomia propria del fondo patrimoniale. Appare evidente la peculiarità della rete: la finalità istituzionale non consiste nella tutela del credito, quanto nella realizzazione del precipuo interesse alla crescita del mercato. L’ipotesi di rete segnalata implica una sorta di destinazione dinamica, fortemente correlata a profili gestori, saldamente ancorata alla condivisione di un programma comune, al fine di ottimizzare gli utili e creare nuova ricchezza. Anche il legislatore campano ha recentemente valorizzato e concretamente supportato le reti di imprese. Infatti, sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 48 del 14 luglio 2014 è stato pubblicato l’ “Avviso per la selezione di progetti da ammettere al finanziamento del fondo rotativo per lo sviluppo delle PMI Campane – Misura “Reti di Impresa”. I soggetti destinatari sono stati individuati nelle aggregazioni di micro, piccole e medie imprese (ai sensi della Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, siccome recepita con Decreto Ministeriale del 18 maggio 2005), costituite o ancora da costituire, attraverso la forma del contratto di rete, di cui alla l. 9 aprile 2009, n. 33. Tra le prescrizioni v’era la circostanza che la rete fosse creata da almeno tre imprese, di cui una attiva da non
meno di tre anni e con un fatturo minimo - nei tre esercizi precedenti pari a 2.000.000 di euro. Le imprese parteci, all’atto della presentazione della domanda, avrebbero dovuto avere la sede operativa in Campania ed essere iscritte nel Registro delle Imprese di una delle CCIAA della regione. L’accesso al finanziamento era riservato alle aggregazioni (costituite o da costituirsi) di imprese operanti nei settori di cui ai codici Ateco 2007, con esplicita esclusione dei settori di cui all’art. 9 del Bando. Le agevolazioni, concesse sotto forma di finanziamento a tasso agevolato di importo compreso tra un minimo di euro 100.000 e un massimo di euro 1.000.000, andavano imputate a copertura del 100% del programma di investimenti ammissibile. Il finanziamento avrebbe avuto una durata di 7 anni, con 12 mesi di periodo di differimento decorrenti dalla data di erogazione della prima tranche. Anche a livello nazionale va segnalata, nel recente passato, simmetrica sensibilità. In taluni settori, sono stati disposti “Contributi a favore delle reti di impresa nel settore del turismo” e di cui al bando del 3 febbraio 2014 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. L’intento dichiarato è consistito nel promuovere e sostenere i processi di integrazione tra le imprese turistiche attraverso lo strumento delle reti, appunto, con l’obiettivo di supportare i processi di riorganizzazione della filiera turistica, migliorare la specializzazione e la qualificazione del comparto e incoraggiare gli investimenti per accrescere la capacità competitiva e innovativa dell’imprenditorialità turistica nazionale, in particolare sui mercati esteri.
LAVORO
La contrattazione di secondo livello, una lunga storia Gli accordi aziendali potrebbero rivelarsi buone opportunità per tutti, ma occorre che alle intese scritte si accompagni la volontà di attuarle, e questo, spesso, non è affatto scontato
Giorgio Fontana Professore Ordinario di Diritto del Lavoro info@fontanaavvocati.it
D
a sempre nel nostro sistema industriale la contrattazione di secondo livello rappresenta al tempo stesso un problema e un’opportunità. Problema perché, innanzitutto, nonostante gli sforzi delle associazioni di categoria delle imprese e dei lavoratori, l’area di effettiva “copertura” della contrattazione aziendale è piuttosto bassa, distinguendo in negativo il nostro sistema di relazioni industriali da quello di altri paesi europei. La responsabilità di questa situazione è attribuita dagli studiosi a diversi fattori, ma quelli più rilevanti sembrano essere da un lato il tradizionale centralismo delle associazioni di categoria, poco aduse a delegare poteri effettivi a livello aziendale o territoriale, e dall’altro la presenza di un prevalente tessuto di imprese medio-piccole, in cui è più difficile promuovere dinamiche contrattuali “evolute”. La passiva accettazione di un modello contrattuale centralistico, in cui tutto si decide e si regolamenta a livello nazionale-settoriale e il contratto aziendale viene delegato a svolgere funzioni marginali o addirittura residuali, è tuttora un fardello molto pesante per la competitività delle nostre imprese, private
in tal modo, a differenza di altri Paesi, della flessibilità e adattabilità che solo un contratto di “prossimità” è in grado di assicurare. Già il protocollo del 23 luglio 1993 (meglio noto come protocollo GiugniCiampi) definì un modello contrattuale di “decentramento organizzato” in cui al contratto aziendale venivano affidate competenze esclusive (il salario legato alla produttività). Tuttavia questo pur importante accordo fra le parti sociali non riuscì ad estendere, com’era nelle intenzioni dei contraenti, la contrattazione aziendale e comunque non consentì al contratto aziendale di svolgere effettive funzioni regolamentari sui rapporti di lavoro. L’accordo venne dunque meno su due versanti significativi degli interessi dei lavoratori e delle imprese. Dopo molti anni di inutili polemiche, senza risultati significativi, a partire dal 2009, con la sottoscrizione di accordi separati a livello interconfederale (senza la firma della Cgil) la contrattazione aziendale ritornò al centro dell’interesse sindacale e delle imprese. Anche in questo caso però la debolezza insita degli accordi “separati”, sottoscritti
4 2/ 43 solo da alcune delle più influenti organizzazioni confederali (Cisl e Uil), non permise significativi sviluppi della riforma del modello contrattuale contrattata con Confindustria. In realtà solo con la crisi economica che dal 2008 in avanti ha interessato tutti i Paesi industrializzati la consapevolezza della necessità di un vero e proprio rovesciamento del modello contrattuale, utilizzando il contratto aziendale per regolamentare la flessibilità, entrò con forza nel dibattito politico e sindacale. Non a caso, del resto, gli studi di relazioni industriali sottolineano che in tutti i Paesi industrializzati si è registrata negli ultimi anni una tendenza piuttosto chiara ad “aziendalizzare” le relazioni contrattuali, con funzioni anche derogatorie del contratto aziendale rispetto al contratto nazionale e con più ampi poteri per la regolamentazione dei rapporti di lavoro. L’impasse in cui si erano venute a trovare le parti sociali, essenzialmente per via dell’opposizione della Cgil al decentramento contrattuale, convinse così il Governo e la maggioranza parlamentare dell’epoca ad intervenire con decreto-legge, successivamente convertito, con rilevanti modifiche, in l. n. 148/2011. Nell’intento di modificare radicalmente l’assetto contrattuale, l’art. 8 l. n. 148/2011 attuò una manovra ad ampio raggio ed estremamente ambiziosa per aggirare i vincoli giuridici che impedivano al contratto aziendale di esercitare effettivi poteri regolamentari nei luoghi di lavoro e, soprattutto, per contrattare deroghe in pejus. Era questo, del resto, e in parte
ancora lo è, il vero nodo critico del sistema contrattuale, per i vincoli normativi che, di fatto, consentono deroghe peggiorative soltanto in caso di accordo fra tutti i soggetti stipulanti il CCNL, pena altrimenti l’impossibilità di “esigerle” nei confronti dei lavoratori iscritti al sindacato dissenziente (da qui nasce pure il “caso” Fiat, quando, con la stipula dell’accordo aziendale di Pomigliano, le parti contraenti si ritrovarono con il paradossale risultato di poter vincolare alle deroghe in pejus i propri iscritti ma non quelli della Fiom e degli altri sindacati dissenzienti). Tuttavia la “colpa” (se si può dir così) del legislatore fu quella di voler… troppo, disponendo con l’art. 8 l. n. 148/2011 che eventuali accordi sottoscritti dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali presenti in azienda, o in alcune ipotesi approvati a maggioranza dai lavoratori, avrebbero potuto validamente derogare in pejus non solo il contratto collettivo ma anche la legge, e che, se approvati con le procedure indicate (ossia con criterio maggioritario), questi accordi divenivano per ciò stesso applicabili erga omnes, nei confronti di tutti i lavoratori dell’azienda. Due gli errori: attribuire agli accordi aziendali il potere di derogare norme inderogabili di legge, che apparve subito come un eccesso probabilmente anche illegittimo costituzionalmente; intervenire per legge in materie, come le regole contrattuali, tradizionalmente riservate all’autonomia delle parti sociali. Anche in questo caso, per l’errore di valutazione del legislatore, la riforma ha prodotto scarsissimi risultati, e ciò anche per l’impegno assunto da Cgil,
Cisl e Uil di non applicare la norma di legge, rifiutando così di dar corso ad una contrattazione aziendale che avesse i contenuti derogatori ivi previsti. Nulla di fatto dunque, anche questa volta. La crisi economica però, fra i tanti problemi che ha procurato, ha avuto il salutare effetto di un “bagno” di realismo per gli attori del sistema sindacale italiano. Le tre grandi confederazioni, di fronte all’esigenza di assicurare al sistema industriale maggiore competitività, hanno unitariamente contrattato con Confindustria una riforma del sistema contrattuale che si è articolata in alcuni importanti accordi interconfederali, a partire da quello del 28 giugno 2011, ed è sfociata in quello che è stato definito come il “testo unico” della riforma in materia di contrattazione e rappresentanza sindacale, sottoscritto il 14 gennaio 2014, concordando cambiamenti che, senza retorica, possono definirsi “epocali”. Rappresentanza sindacale unitaria eletta nelle aziende senza più “premio di maggioranza” per le associazioni stipulanti, rappresentatività necessaria sufficiente per la stipula dei contratti collettivi (applicando un rigoroso criterio maggioritario), applicazione erga omnes degli accordi così approvati, anche nei confronti dei sindacati in dissenso, poteri derogatori del contratto aziendale, ed altro ancora. Potrebbe essere la volta buona per trasformare la contrattazione aziendale da problema (infinito) in opportunità (futura). Ma occorre che agli accordi scritti si accompagni la volontà di attuarli, e questo, come si è visto, non è affatto scontato.
LAVORO
Infortuni e responsabilità del datore di lavoro Solo in caso di rischio elettivo se la condotta del lavoratore si configura come abnorme ed esorbitante rispetto alle direttive ricevute dal datore, la colpa può ricadere sul dipendente. La recente sentenza della Cassazione n. 21647/2014
Luigi De Valeri Ordine Avvocati di Roma studiolegaledevaleri@gmail.com
P
uò capitare non di rado che le normali modalità lavorative vengano ignorate dal lavoratore in maniera arbitraria con l’evidenziarsi di rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione, tale modus operandi esonera il datore di lavoro da ogni responsabilità per l'infortunio del dipendente? Vediamo di scoprirlo. Il caso che sottopongo ai lettori è stato di recente esaminato dalla sezione lavoro della Cassazione e deciso con la sentenza n. 21647 depositata il 14 ottobre 2014. Essa riguardava l’infortunio di un lavoratore caduto da un’altezza di circa dieci metri dal suolo mentre era intento ad una riparazione sul tetto di un capannone. L’istruttoria accertava che il punto della caduta era molto distante dai camminamenti sul tetto e che nel sito non vi erano parapetti o impalcature ma soltanto un parapetto naturale costituito dalla struttura stessa, la caduta si era verificata quando non era ancora possibile creare la struttura cui agganciare le cinture di sicurezza. Il lavoratore, quindi, si era spostato dove
non vi era ancora il camminamento a tavoloni e allontanato da dove aveva predisposto le misure di sicurezza, ignorando pertanto l'ordine ricevuto di realizzare un camminamento fino al punto in cui intervenire e allontanandosi da dove aveva predisposto le misure di sicurezza. L’INAIL, che aveva svolto dinanzi il Tribunale di Udine la domanda di regresso, per recuperare quanto versato in conseguenza dell’infortunio sul lavoro, nei confronti del datore di lavoro e della compagnia di assicurazione ex artt. 10 e 11 del DPR 1124 del 1965 poi respinta in primo grado e in appello, impugnava la sentenza della Corte d’Appello di Trieste sulla base di tre motivi di cui i primi due venivano rigettati, mentre il terzo motivo di doglianza, l’unico accolto dai giudici di piazza Cavour, si riferiva alla parte in cui il comportamento del lavoratore era erroneamente configurata come condotta anomala, esorbitante o atipica. Va ricordato che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti
4 4/ 45
Non può attribuirsi un effetto esimente per il datore l'eventuale concorso di colpa del lavoratore. L’esonero totale da ogni responsabilità si configura solo quando presenti i caratteri dell'abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute ponendosi come causa esclusiva dell'evento
derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza e imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente. Non può attribuirsi un effetto esimente per il datore l'eventuale concorso di colpa del lavoratore. L’esonero totale da ogni responsabilità si configura solo quando presenti i caratteri dell'abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute ponendosi come causa esclusiva dell'evento. In tal caso è necessaria una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, ovvero l'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere. Cosa si intende per rischio elettivo? In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro costituisce rischio elettivo la deviazione, arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali
modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione. La sentenza di secondo grado si era limitata a rilevare che l'infortunato aveva riferito di essersi incamminato dove non vi era ancora il camminamento a tavoloni, nella suddetta fase di preparazione, e di essersi allontanato diversi metri da dove egli stesso aveva predisposto le misure di sicurezza e che il lavoratore aveva disatteso l'ordine ricevuto di realizzare un camminamento fino al punto in cui intervenire, allontanandosi inopinatamente da dove aveva predisposto le misure di sicurezza. Il Giudice di appello non aveva chiarito se nella condotta del lavoratore erano rinvenibili tutti gli elementi per configurarla come abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute dal dipendente. La sentenza impugnata è stata cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d'appello di Venezia che dovrà attenersi nell'ulteriore esame del merito della controversia al seguente principio: «in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce
rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione. Tale genere di rischio - che è in grado di incidere, escludendola, sull'occasione di lavoro -si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: a) presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali; c) mancanza di nesso di derivazione con io svolgimento dell'attività lavorativa. Soltanto se nella condotta del lavoratore siano, in concreto, rinvenibili tutti tali elementi essa si può considerare idonea a comportare l'esonero totale del datore di lavoro da ogni responsabilità rispetto all'infortunio. Se, invece, l'incidente si sia verificato per colpa esclusiva o concorrente del lavoratore, tale situazione non esclude la responsabilità del datore di lavoro, tanto più in ipotesi particolarmente delicate, quali sono quelle di caduta dall'alto verificarsi nella fase iniziale di approntamento delle misure protettive, come quella di cui si tratta».
LAVORO
Venti anni per una sentenza di lavoro non ancora definitiva Ad oggi le due parti in causa dovranno attendere il pronunciamento della Corte di Appello di Firenze, cui il procedimento è stato rinviato, nella speranza che questa si adegui alle indicazioni della Cassazione
Massimo Ambron Avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it
A
nche per gli addetti ai lavori la questione di cui mi accingo a trattare appare come incredibile e concorre a dare ragione a chi critica aspramente la lentezza della giustizia e i suoi gradi che appaiono eccessivi. La lungaggine dei procedimenti e i tempi di attesa sono ancora più gravi nel caso di specie, perchè trattasi di questioni di competenza dei giudici del lavoro e come tale il rito dovrebbe, secondo il legislatore, avere velocità di decisione per la specificità della materia. Invece, per la sentenza che andremo a commentare, i tempi di decisione sono stati lunghissimi per le censure poste dalla Cassazione alle sentenze delle Corti di Appello, cassate per ben due volte e, come se non bastasse, rinviate ad una terza Corte di Appello, che dovrà giudicare secondo le linee dalla stessa tracciate, visto che le prime due non lo avrebbero fatto, almeno a parere della Cassazione! Il fatto. Il ricorrente, che in qualità di ingegnere nel settore civile aveva stipulato un contratto a progetto
con una impresa di ingegneria, dopo circa due anni di attività cessò la collaborazione, precisamente nel 1993, ben 20 anni or sono. L’ingegnere tempestivamente impugnò la risoluzione del rapporto, chiedendo che fosse accertata la costituzione di un rapporto di lavoro dipendente e quindi la reintegrazione nel posto con risarcimento e differenze retributive. In primo grado il giudice rigettò il ricorso dopo avere ammesso ed espletato la prova testimoniale. La Corte di Appello di Roma, invece, riformò la sentenza, dichiarando la esistenza del rapporto di lavoro subordinato, la illegittimità del licenziamento e, annullandolo siccome ingiustificato, ordinò la reintegrazione nel posto di lavoro dell’ingegnere, oltre al risarcimento del danno di 36 mensilità e altre corresponsioni a diverso titolo. Ma la storia non finisce qui, in quanto la Società legittimamente propose ricorso in Cassazione cui resisteva l’ingegnere. Con sentenza 17549/2003 quindi siamo a dieci anni
4 6/ 47
La Corte di Appello dell’Aquila non attribuì alcun rilievo alla volontà negoziale delle parti, attribuendo in sostanza rilievo solo a criteri sussidiari della subordinazione, come il compenso fisso, l’osservanza di un orario, la presenza del ricorrente nel piano ferie
dal licenziamento (!): la Cassazione ritenne che la Corte di Appello «avesse riconosciuto la subordinazione sulla base dei soli elementi sussidiari, senza valutare in concreto l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, e senza attribuire alcun rilievo all'iniziale volontà delle parti quale risultante dagli atti negoziali in atti». La Corte di appello della Aquila, cui la causa venne rinviata, con sentenza depositata il 5 aprile 2007, commise almeno secondo la Cassazione medesimi errori procedurali, non avendo svolto indagini ed esami relativi alle risultanze istruttorie al fine di accertare la subordinazione, limitandosi a svolgere generiche considerazioni sulla “summa divisio” tra lavoro subordinato ed autonomo, senza alcun effettivo
riferimento al caso di specie. Inoltre, aggiunge la Cassazione con sentenza n. 22690/14 in commento, la Corte di Appello dell’Aquila non attribuì alcun rilievo alla volontà negoziale delle parti, attribuendo in sostanza rilievo solo a criteri sussidiari della subordinazione, come il compenso fisso, l’osservanza di un orario, la presenza del ricorrente nel piano ferie, senza considerare che il potere di indicazione che il lavoratore esercita nei confronti di altri lavoratori non costituisce
in sé una manifestazione della sua subordinazione al datore, mentre «diventa segnale di subordinazione solo ove il suo potere si eserciti quale subordinata esecuzione dell’assoggettamento a specifiche direttive che il datore gli abbia impartito». A questo punto le due parti in causa dovranno attendere il pronunciamento della Corte di Appello di Firenze, cui il procedimento è stato rinviato, nella speranza che questa si adegui alle indicazioni della Cassazione.
F I SCO
La verifica fiscale Se dichiarazioni e firme devono essere apposte devono riguardare fatti che possono tornare utili al contribuente sia in fase contenziosa, sia in fase amministrativa, soprattutto in futuro con la possibilità del ravvedimento operoso come previsto dalla Finanziaria 2015
Maurizio Villani Avvocato Tributarista in Lecce avvocato@studiotributariovillani.it
L
a verifica fiscale rappresenta per il contribuente un momento di grave disagio psicologico. Nel corso della stessa è quindi importante che il contribuente sappia come deve comportarsi non solo per le eventuali eccezioni da proporre in sede contenziosa, ma soprattutto perché dal 1° gennaio 2015 i processi verbali di constatazione, come da inizio di attività ispettive, non saranno più di ostacolo al ravvedimento operoso alle violazioni relative ai tributi di competenza dell’Agenzia delle Entrate. Inoltre, dal 1° gennaio 2016, verrà meno la possibilità di adesione ai processi verbali di constatazione e agli inviti al contraddittorio. Quanto sopra si legge nel disegno di Legge di Stabilità 2015, che delinea una sensibile revisione degli istituti deflativi delle violazioni tributarie. La verifica fiscale è disciplinata, in maniera precisa e compiuta, dai seguenti articoli: - Art. 52 D.P.R. n. 633 del 26/10/1972 e successive modifiche ed integrazioni; - Art. 33, comma 1, D.P.R. n. 600 del 29/09/1973, come modificato dall’art. 23, comma 26, D.L. n. 98 del 06 luglio 2011 convertito in legge; - Art. 12 della legge n. 212 del 27/07/2000
(c.d. Statuto dei Diritti del Contribuente). Quando viene iniziata la verifica fiscale, il contribuente ha sempre diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. Le verifiche fiscali devono essere effettuate durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse, salvo casi eccezionali e urgenti che devono essere adeguatamente motivati e documentati. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assiste, deve sempre darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica. Il contribuente, qualora ritenga che i verificatori procedano con modalità
48/ 49
L’accesso nelle abitazioni può essere eseguito, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni della legge, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture e altre prove delle violazioni
non conformi alla legge, può sempre rivolgersi al Garante del Contribuente della propria regione, per contestare quanto i verificatori stanno facendo. I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 45 del 25/02/2000 ha stabilito che perché si verifichi il rifiuto deve sussistere la coscienza e volontà della dichiarazione stessa nonché il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso della verifica, possa essere effettuata l’ispezione del documento. Pertanto, non integrano i presupposti applicativi della preclusione le dichiarazioni dell’indisponibilità del documento, non solo se questa sia ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore, ma anche se imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione. Quanto sopra è stato ulteriormente ribadito dalle seguenti, importanti sentenze della Corte di Cassazione: n. 4821/2002; n. 14339/2011; n.
18921/2011; n. 415/2013. I verificatori per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione devono avere l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. In ogni caso, l’accesso dei locali destinati all’esercizio di arti o professioni deve essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato. L’accesso nelle abitazioni, invece, può essere eseguito, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni della legge, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture e altre prove delle violazioni. La Corte di Cassazione ha chiarito che per l’esecuzione delle verifiche fiscali nelle abitazioni devono sussistere e devono essere specificatamente motivati i “gravi indizi” di violazioni tributarie, in difetto dei quali la verifica stessa è nulla e determina la nullità dei consequenziali avvisi di accertamento. In tal caso , si citano le seguenti sentenze della Corte di Cassazione: n. 17957/2012; n. 16570/2011; n. 2444/2007; n. 10664/1998; n. 6908/2011; n. 8181/2007; n. 19689/2004. Infine, cosa molto importante, il contribuente deve sapere che il verbale di verifica può essere sottoscritto ovvero può essere indicato il motivo della mancata
sottoscrizione. In ogni caso, il contribuente ha sempre diritto di averne copia, anche se il verbale non è sottoscritto. In definitiva, il contribuente deve sapere che ha diritto a non parlare e a non firmare il processo verbale perché, come più volte precisato e sottolineato dalla Corte di Cassazione, qualunque dichiarazione sottoscritta può essere utilizzata contro il contribuente stesso. Di conseguenza, se dichiarazioni e firme devono essere apposte devono riguardare fatti che possono tornare utili al contribuente sia in fase contenziosa, sia in fase amministrativa, soprattutto in futuro con la possibilità del ravvedimento operoso come previsto dalla Finanziaria 2015. Il comportamento del contribuente è importante durante la verifica anche perché nel processo tributario non sono ammessi il giuramento e la testimonianza. Ecco perché nel mio progetto di legge di riforma del processo tributario (visionabile sul mio sito www. studiotributariovillani.it) ho previsto la possibilità che il contribuente e il suo difensore possano difendersi in modo pieno ed effettivo, senza alcuna limitazione, su un piano di perfetta parità processuale davanti a giudice terzo e imparziale, alla luce della legge delega (art. 10 L. n. 23/2014).
IN TERN AZ IONALIZ Z AZ IO NE
La sfida dei mercati esteri Prosegue anche quest’anno in Confindustria Salerno il ciclo di seminari specialistici gratuiti per le imprese. Il prossimo è in programma il 19 dicembre
a cura di Monica De Carluccio Servizi alle Imprese / Confindustria Salerno m.decarluccio@confindustria.sa.it
S
ulla scia del filone di attività avviato caria internazionale, lettere di credito e attuali come il web e i nuovi strumenti e sperimentato con grande succesdelle strategie di internazionalizzazione di regolamento del prezzo nel commerso di adesioni e partecipazioni lo per le PMI, affrontando anche materie cio estero. scorso anno, Confindustria Salerno ha inteso riproporre un percorso di incontri I prossimi appuntamenti tecnico specialistici e di seminari di c/o Confindustria Salerno via M. di Fatima, 194 – 84129 (Salerno) aggiornamento professionale finalizzati al perfezionamento, qualificazione e vaLa nuova codifica della prassi Domenico Del Sorbo 19 dicembre 2014 lorizzazione delle competenze aziendali bancaria internazionale h 9.00 - 16.00 per operare sui mercati esteri. uniforme e la gestione Il piano, denominato “Seminari di operativa della lettera di credito: le novità della aggiornamento professionale a supporto Pubb.ne no. 745 ICC dell’espansione internazionale dell’impresa” in continuità con l’annualità L’origine preferenziale Fabrizio Ceriello 16 gennaio 2015 ed il “made in” h 9.00 - 13.30 scorsa, è promosso da Confindustria Salerno e finanziato con il contributo L’Iva nel commercio estero: Fabrizio Ceriello 18 febbraio 2015 della Camera di Commercio di Salerno focus su operazioni intraUE h 9.00 - 13.30 e triangolazioni attraverso il bando C.R.E.S.C.I.T.A.. Il programma formativo è strutturato Nuovi strumenti Domenico Del Sorbo 20 marzo 2015 di regolamento del prezzo h 9.00 - 13.30 in 7 incontri specialistici con consulenti nel commercio estero BPO esperti in materia e professionisti di comprovata capacità professionale ed Le regole Incoterms 2010 22 aprile 2015 Fabrizio Ceriello esperienza maturata sul campo, di cui h 9.00 - 13.30 il primo si è tenuto ad ottobre scorso Il web Roberto Laurentini 29 maggio 2015 e il prossimo è in programma il 19 per l’internazionalizzazione h 9.00 - 13.30 dicembre 2014, mentre gli ulteriori 5 in calendario tra gennaio e maggio 2015. Le tematiche approfondiscono alcuni argomenti propri della tecnica doganale, con il contributo della camera di Commercio di Salerno Inconterms, triangolazioni, prassi ban-
5 0/ 51
B2B Food Salerno 2014, un evento good da ripetere Organizzato da Confindustria Salerno in partnership con UniCredit e con il contributo economico della CCIAA di Salerno, l’incontro ha visto 29 aziende salernitane del conserviero, caseario, oleario, dolciario, dei salumi, della torrefazione e della pasta, proporre i propri prodotti a 10 buyer di Paesi esteri a cura di Monica De Carluccio Servizi alle Imprese / Confindustria Salerno m.decarluccio@confindustria.sa.it
C
hi ben comincia…si è chiusa in positivo l’iniziativa “B2B Food Salerno 2014”, che costituisce una delle azioni previste dal progetto “L’Impresa salernitana sui mercati esteri – azioni promozionali e creazione opportunità di business”, promosso da Confindustria Salerno e finanziato dai fondi camerali del bando C.R.E.S.C.I.T.A., tenutasi in Confindustria Salerno lo scorso 20 novembre. L’evento - organizzato da Confindustria Salerno in partnership con UniCredit e con il contributo economico della Camera di Commercio
di Salerno – ha visto la partecipazione di 29 aziende salernitane del food - in particolare conserviero, caseario, oleario, dolciario, dei salumi, della torrefazione, della pasta - che hanno promosso il proprio business nelle sessioni di incontri b2b con una delegazione di 10 buyer, specificatamente selezionati, provenienti da Paesi esteri ad alto potenziale: 5 dalla Polonia, 2 dal Kazakhstan, 1 dalla Germania, 1 dagli USA, 1 dalla Thailandia. In base al matching domanda-offerta, realizzato in riferimento alle informazioni raccolte attraverso i
company profiles delle aziende candidate, opportunamente incrociate con i requisiti richiesti dai buyers – sono stati organizzati gli incontri b2b, suddivisi in una sessione mattutina e una pomeridiana, della durata di 25 minuti ciascuno (servizio di interpretariato incluso), durante i quali le aziende hanno, oltre a mostrarli, fatto degustare i propri prodotti. A margine dell’incontro è stato anche firmato un protocollo di intesa tra UniCredit e Confindustria Salerno per supportare i processi di internazionalizzazione delle imprese del territorio.
Le aziende partecipanti AGRIOIL SPA
CON.SAR SRL
IMEPA SRL
AZIENDA AGRICOLA COBELLIS
D&D ITALIA SPA
KARMA SRL
AZIENDA AGRICOLA TEMPIO DI BARLOTTI GIANLUIGI
F.LLI D'ACUNZI SRL
I PRODOTTI DEL SOLE SRL
F.LLI VOZA SRL
LABCAFFE' SRL
F.P.D. SRL
LATTICINI SALERNITANI SRL
FILAB SRL
LODATO GENNARO & C. SPA
FINAGRICOLA SOC.COOP
MAURIZIO RUSSO SRL
BIANCAFFE' SRL CASEIFICIO LA FATTORIA SRL CASEIFICIO VALLEBIANCA SRL COMPAGNIA MERCANTILE D'OLTREMARE SRL
con il contributo della camera di Commercio di Salerno
MOLINI PIZZUTI SRL
MOLINO E PASTIFICIO ANTONIO AMATO SRL PANCRAZIO SPA SALUMI SORRENTINO SRL SAN GIORGIO SPA SICA CONSERVE SRL TORREFAZIONE A. CASTORINO SAS VI.SA. SRL
IN TERN AZ IONALIZ Z AZ IO NE
Emirati Arabi Uniti: vantaggi e limiti per l’internazionalizzazione Vale sempre la pena strutturare bene, dal punto di vista fiscale e legale, e sin dal principio, la presenza dell’azienda negli EAU, per evitare controversie future dall’esito incerto
Marco Degiorgis Pianificazione Patrimoniale, Previdenziale e Successoria marco@studiodegiorgis.it
G
li Emirati Arabi Uniti sono una opportunità per le aziende italiane, sia per quanto riguarda le attività commerciali, sia per la produzione delocalizzata. Alcuni dati: gli EAU sono composti da sette Emirati (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajman, Umm Al Qaiwain, Ras Al Khaimah e Fujairah), hanno una popolazione complessiva di circa nove milioni di abitanti e, nel solo 2013, hanno importato dai tre principali paesi europei (Germania, Gran Bretagna e Italia) oltre 20 miliardi di euro di merci, raddoppiando in otto anni il volume di importazioni. Per l’Italia rappresentano l’ottavo Paese verso cui esportiamo, con un volume di circa 5 miliardi nel 2013. Il PIL cresce del 4%, ogni anno, negli ultimi 4 anni. Oltre 200 fiere si tengono ogni anno tra Dubai, Abu Dhabi e Sharjah, per un totale complessivo di oltre 600 giornate fieristiche. É evidente che, pur considerando la elevata capacità di spesa degli emiratini benestanti, buona parte delle merci importate non sono utilizzate dal mercato interno ma riesportate verso altri paesi; la sola Dubai è il terzo centro di riesportazione al mondo.
É questa una delle particolarità del Paese, che funge da ponte tra l’Occidente e l’Oriente. Basti pensare che il porto di Dubai è il quarto porto commerciale al mondo per numero di navi in transito, e che il suo aeroporto nel 2012 ha registrato il passaggio di quasi 10 milioni di turisti, 66 milioni di passeggeri complessivi nel 2013. É abbastanza evidente che le aziende italiane possono avere delle grandi opportunità commerciali; l’elevata qualità e il gusto italiani sono molto apprezzati, ma i prodotti devono essere competitivi anche per il prezzo. Insomma, nessuno regala nulla: le aziende che vogliono approcciare questi mercati devono avere un alto standard qualitativo e prezzi concorrenziali, oltre ad un buon prodotto. Ma oltre a questo, ci sono altre ragioni che potrebbero incentivare le aziende a prendere in considerazione questo mercato. Ad esempio può essere interessante la costituzione di una società, considerato ad esempio il vantaggio dell’esenzione fiscale. Sono essenzialmente tre le tipologie societarie, con diverse forme costitutive: Tipologia Commerciale, che consente al titolare di importare, esportare e vendere specifici beni o prodotti;
5 2/ 53
Uno svantaggio è rappresentato dal fatto che le società consolidate all'interno di una zona franca sono considerate imprese straniere per la legge degli Emirati Arabi Uniti, quindi hanno bisogno di un agente / distributore locale per svolgere le attività di business in tutta l'area del Golfo
Tipologia Industriale, richiesta per l’installazione e l’esercizio di attività industriali limitatamente a specifici prodotti o processi manifatturieri; Tipologia Professionale o servizi, per professionisti, fornitori di servizi o artigiani. Per la forma societaria, si può costituire una Limited Liability Company, con un partner emiratino che deve essere socio minimo al 51%, la società riceve una licenza ad operare sul territorio. Oppure si può aprire una filiale, che non necessita del socio locale e può essere interamente posseduta dalla casa madre; tuttavia deve essere nominato uno sponsor, persona fisica o azienda, di cittadinanza EAU. É possibile anche ottenere una Licenza Professionale, in pratica una ditta individuale ma solo per le attività professionali, obbligata a nominare un agente locale emiratino. Anche un Ufficio di Rappresentanza è una soluzione, se si vuole limitare l’attività al marketing e alle pubbliche relazioni. La caratteristica più allettante degli Emirati sono però le Zone Franche, vere e proprie “oasi” per le aziende. La maggior parte delle zone ha un
settore di specializzazione specifico: finanziario, internet, media, hi tech e così via. Alcune invece accettano aziende di diversa natura. Ogni zona franca è gestita da un organismo ad hoc responsabile della registrazione delle aziende e della concessione della licenza per operare nella zona. Le regole e le procedure per ottenere le autorizzazioni variano in ogni zona. Le società consolidate all'interno di una zona franca sono considerate imprese straniere per la legge degli Emirati Arabi Uniti e hanno bisogno di una società locale per svolgere le attività di business nel Paese. Caratteristiche generali sono che la proprietà può essere straniera al 100%, nessuna tassa sulla società per 15 anni (rinnovabile), la libertà di rimpatriare il patrimonio netto e gli utili, niente tasse sul reddito individuale, l’esenzione totale dai dazi doganali per l'importazione nella zona franca, nessuna restrizione di valuta. Uno svantaggio invece è rappresentato dal fatto che le società consolidate all'interno di una zona franca sono considerate imprese straniere per la legge degli Emirati Arabi Uniti, quindi hanno bisogno di un agente / distributore locale per svolgere le attività di
business in tutta l'area del Golfo. L’assenza di imposte sul reddito, sia delle persone fisiche sia delle persone giuridiche, ha alcuni risvolti negativi: i costi sostenuti sono indeducibili per le imprese italiane se i fornitori sono residenti emiratini ed essendo territorio black list gli utili sono tassati integralmente in capo al percettore italiano. Come per ogni progetto imprenditoriale, non esistono soluzioni valide per tutti ma ogni caso deve essere valutato attentamente ed approfondito a dovere, dal punto di vista commerciale, fiscale e legale. In particolare le questioni legali sono abbastanza complicate, in quanto si applica generalmente un modello di Diritto Continentale, basato sui codici e non sui precedenti giurisprudenziali, lasciando l’interpretazione del diritto al giudice, che tende a proteggere gli interessi locali. Inoltre, il rappresentante legale, anche se l’azienda è estera, deve essere di nazionalità emiratina e la lingua processuale è l’arabo. Vale quindi la pena strutturare bene, dal punto di vista fiscale e legale, e sin dal principio, la presenza dell’azienda negli Emirati, per evitare controversie future dall’esito incerto.
IN TERN AZ IONALIZ Z AZ IO NE
Dal MadeinItaly al BrandItalia: una storia italiana La sfida per il nostro Paese è adattare la sua eredità ai tempi attuali. Ancora una volta dal nostro passato diviene il messaggio per tornare ad essere una nazione che, sin dai tempi della Roma antica, produce va ed esportava cultura, impresa, infrastrutture, lifestyle, mecenatismo Ely Szajkowicz Responsabile Informazione e Comunicazione / Confindustria Assafrica & Mediterraneo news@assafrica.it
C
he ci piaccia o meno, dobbiamo prendere atto che il ciclo di sviluppo dei paesi industrializzati si è storicamente esaurito e che occorre far conoscere meglio l’Italia nei mercati esteri, specie emergenti. Lo pensa anche il principale giornale economico italiano, che ha lanciato on line una versione in inglese «per raccontare il nostro Paese per quello che è, non per le troppe esemplificazioni e luoghi comuni che ne alterano e banalizzano la fisionomia». Un segnale che sdogana la frequente autoreferenzialità dell’informazione italiana e smonta «la timidezza del rendere noto quello che sappiamo fare bene», come ha detto il Ministro dei Beni Culturali nella Sala Ottagonale della Domus Aurea di Nerone, l'imperatore condannato alla damnatio memoriae. Che però proprio da casa sua ci manda una bella lezione di BrandItalia. Il Cantiere della Domus Aurea, pionieristico per la trasparenza relativa a lavori e voci di spesa e per la messa a sistema delle alte professionalità necessarie è infatti un Cantiere multilivello che lavora sul piano del restauro, dell’innovazione e della comunicazione. I numeri sono da capogiro: 16.000 mq, l’equivalente di tre campi di calcio, 153 ambienti conosciuti, 30.000 mq di affreschi, 30 volte la
Cappella Sistina, più un Cantiere pilota altamente innovativo per eliminare il peso del giardino sovrastante e i danni che ne derivano, un blog che informa sullo stato dei lavori. Non basta: proprio per il Cantiere della Domus Aurea il Ministero per i Beni e le Attività culturali ha lanciato la sua prima piattaforma italiana di crowdfunding, in linea con il Decreto Cultura che introduce l’Art Bonus, il sistema di incentivi fiscali su tre anni che prevede la deducibilità del 65% delle donazioni di imprese e cittadini per il restauro di beni culturali pubblici, il più alto d’Europa. Un altro elemento di modernità che in questo parifica l’Italia a Francia e Stati Uniti, ma che è anche uno strumento per ricostruire senso di identità e appartenenza al proprio paese e alla propria cultura. Il Cantiere della Domus Aurea, con i suoi ponteggi e i suoi mattoni fatti a mano diventa così una icona del Cantiere Italia, una rappresentazione di quello che l'Italia può e sa fare. «La sfida per l'Italia è adattare la sua eredità ai tempi attuali», ha detto Giorgio Armani, riferendosi all'artigianalità eccelsa che ha reso il MadeinItaly un marchio di qualità. Ma che non basta più: occorre quindi operare un passaggio fondamentale, che è
5 4/ 55 quello di essere portatori non solo di MadeinItaly ma anche di BrandItalia e lavorare tutti perché questo sia il primo elemento ad essere considerato nella valutazione del prodotto, sulla cui qualità le imprese italiane che puntano ai mercati esteri di grande crescita stanno tuttora principalmente giocando le loro carte. Come diceva il grande storico del Mediterraneo Braudel, «essere stati è una condizione per essere». Ancora
una volta dal nostro passato diviene il messaggio per tornare ad essere un paese che sin dai tempi della Roma antica produceva ed esportava cultura, impresa, infrastrutture, lifestyle, mecenatismo. Sono gli stessi messaggi che si stanno irradiando dalla Domus Aurea. Che però è una Storia del nostro tempo. E che porta a rivalutare quello che l'Italia sa fare, dalla cultura
all'impresa, dalla comunicazione al turismo, nel tempo, e non solo nell'urgenza. Heritage e buone pratiche diventano così vettori di #BrandItalia, un fattore ormai imprescindibile per un sistema industriale che non può più fare a meno di costruire impresa anche fuori dei suoi confini nazionali. Fare impresa in Italia molto spesso è anche una Storia di famiglia. E la famiglia è anche BrandItalia.
ICS INTERNATIONAL COMMUNICATION SUMMIT 2014 “Storytelling: la sfida europea dell'heritage communication”
I
l 19 novembre, presso Confindustria, si è tenuta l’edizione 2014 dell’ ICS. Main Speaker è stato Michael Dobbs, ideatore e produttore della serie televisiva "House of Cards", tratta dalla sua trilogia di thriller politici. ICS è un laboratorio internazionale di approfondimento specialistico, uno spazio di discussione per comunicatori e tra comunicatori, per seguire le innovazioni e le tendenze del settore attraverso il pensiero dei suoi più acuti interpreti, organizzato, in partnership con Confindustria Assafrica & Mediterraneo, da Pomilio Blumm, suo associato. L’edizione 2014 dal titolo “Storytelling: la sfida europea dell'heritage communication” ha preso in esame in che modo il racconto del patrimo-
nio culturale millenario europeo – inteso come eredità non solo artistica, ma anche storica, civile, imprenditoriale – può diventare una leva per la sua rinascita economica e sociale. Come imprese e istituzioni possono utilizzare questa incredibile risorsa, fatta di manufatti e monumenti, come di valori immateriali, di territori come di gusti, stili e tradizioni, per rafforzare la fiducia e il senso di appartenenza dei cittadini alle comunità? Può il legame tra patrimonio culturale e identità territoriale aiutare a riscrivere un modello vincente di produttività e attrattività italiana capace di conservare
l’eredità del “Made in Italy” rivitalizzandola attraverso nuovi apporti e prospettive? L’incontro è stato parte della Settimana della Cultura d’Impresa promossa da Confindustria. www.internationalcommunicationsummit.com
SICUREZZA Settore ricerca, certificazione e verifica osservatorio della sicurezza a cura della Direzione Centrale Programmazione, Organizzazione e Controllo
La formazione per i lavori elettrici in Bassa Tensione Il lavoratore esposto a rischio elettrico va opportunamente istruito mediante corsi tradizionali o multimediali, addestramento operativo, simulazioni, affiancamento e/o altre iniziative utili al raggiungimento dello scopo
di Giovanni Luca Amicucci e Fabio Fiamingo INAIL / Settore Ricerca, Certificazione e Verifica / Dipartimento Innovazione Tecnologica Laboratorio Apparecchiature e Impianti Elettrici e Elettronici
I
l Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) dedica un intero “Capo” (III del Titolo III) all’attenzione del datore di lavoro per i possibili rischi legati all’uso di impianti e apparecchiature elettriche. Nella maggior parte dei casi i lavoratori sono esposti a rischio elettrico in seguito all’errata realizzazione delle barriere di sicurezza di cui sono stati dotati gli impianti e le apparecchiature o incuria nell’uso (anche in carenza di verifiche dello stato di sicurezza o non adeguata manutenzione). Alcuni lavoratori, invece, svolgono la propria attività nei pressi di impianti elettrici, come nella verniciatura di strutture e recinti ad essi legati. Altri, svolgono il proprio lavoro sugli stessi im-
pianti elettrici, ad esempio durante l’esercizio, le verifiche o la manutenzione. Quando tali lavori comportano rischio elettrico? Quali procedure e accorgimenti devono essere adottati in presenza di rischio elettrico? Quando il rischio elettrico è tale che il lavoro deve essere considerato sotto tensione ai sensi dell’art. 82 del Testo Unico? Chi può eseguire lavori sotto tensione? Per questo tipo di quesiti il Testo Unico rimanda alle norme tecniche. La norma tecnica che disciplina i lavori elettrici è la CEI 11-27, la cui nuova edizione (IV) è del gennaio 2014. Tra le novità più significative troviamo che il rischio
è legato alla zona di lavoro (figura 1) e quest’ultima è definita in base alla distanza dalle parti attive non protette (o non sufficientemente protette). In pratica il lavoro con rischio elettrico è quello che si svolge con distanze dalle parti attive non protette inferiori alle distanze riportate nell’Allegato IX del Testo Unico, indicate nella nuova norma col simbolo DA9. Il lavoro con rischio elettrico si suddivide in lavoro elettrico e lavoro non elettrico. Il primo si ha quando la distanza di lavoro dalle parti attive accessibili è inferiore alla distanza di prossimità, chiamata DV nella norma, o quando si lavora su tali parti fuori tensione. Il lavoro non elettrico si
5 6/ 57 ne, precisione e ogni altra caratteristica che concorra a far ritenere affidabile il lavoratore. Per i lavoratori dipendenti la condizione di PES o PAV è attribuita dal datore di lavoro (con l’indicazione delle tipologie di lavori cui si riferisce), mentre per i lavoratori autonomi è sufficiente un’autocertificazione basata su documentazione idonea. Una PES deve possedere pienamente le qualità necessarie. Una PAV deve possederle almeno in parte, ad es. ad un livello base (evolve verso PES). Una PEC non deve soddisfare le qualità indicate per una data tipologia di lavoro elettrico. Le condizioni di PES o PAV attribuite possono venir meno nel tempo qualora non si possieda più le qualità necessarie. Il datore di lavoro può far formare il lavoratore qualora questi non sia sufficientemente formato. Se a ha, invece, quando la distanza dalle zione, cioè di conoscenze teoriche, mancare è l’esperienza necessaria, parti attive accessibili è compresa abilità esecutive e capacità organiz- questa può essere acquisita anche con affiancamento. tra DV e DA9. zative (per effettuare valutazioni e Il lavoro elettrico deve essere eseprendere decisioni) che permettano L’azione formativa può svilupparsi con corsi tradizionali o multimeguito da (maggiori dettagli nella di compiere in piena sicurezza le diali, addestramento operativo, legenda di Figura 1): PES (persona attività affidate. esperta in ambito di lavori elettriIn pratica PES e PAV devono pos- simulazioni, affiancamento e/o altre iniziative utili al raggiungimento ci), PAV (persona avvertita), PEC sedere le seguenti qualità: dello scopo. (persona comune, cioè non esperta • Istruzione: conoscenza dell’imTutte le attività formative svolte si e non avvertita) sotto la supervipiantistica elettrica e della relativa devono documentare e i risultati sione di PES (la supervisione è un normativa di sicurezza, capacità di complesso di attività, svolte prima riconoscere rischi e pericoli connes- raggiunti valutati. La durata e l’ampiezza dell’attività di eseguire un lavoro, che permetto- si ai lavori elettrici. formativa dipendono da vari fattori no ai lavoratori di operare autono- • Esperienza di lavoro maturata: compresa la preparazione scolastica mamente in sicurezza), PEC sotto conoscenza delle situazioni che e l’esperienza acquisita. la sorveglianza costante di PES o caratterizzano una o più tipologie La preparazione teorica non è infePAV. di lavori elettrici e della maggior riore alle 10 ore (livello 1A). La norma stabilisce che, quando si parte delle situazioni anche non La formazione può essere svolta sia è in presenza di rischio elettrico, ricorrenti. nessun lavoro deve essere eseguito • Caratteristiche personali significa- all’interno che al di fuori dell’azienda persone prive di adeguata forma- tive: equilibrio psicofisico, attenzio- da di appartenenza.
S A LU TE
Alimentazione sostenibile/2 Studi recenti dimostrano che un’alimentazione ispirata alla Dieta Mediterranea, alla sua convivialità e cucina, riduce l’impatto ambientale e quindi l’uso di risorse naturali Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Adi (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica)
R
ecentemente è stato pubblicato uno studio che dimostra che un’alimentazione ispirata alla Dieta Mediterranea è in grado di ridurre l'impatto ambientale e, quindi, l'uso delle risorse naturali. É importante leggere questi dati ricordando che l’UNESCO ha iscritto nel 2010 la Dieta Mediterranea nella Intangible Heritage Lists (IHL) e che dopo circa un anno si è avuta la pubblicazione della nuova piramide alimentare che in qualche modo ne è conseguenza. Infatti alla base della piramide ci sono i comportamenti caratterizzanti l’area mediterranea e non più gli alimenti, in particolare la convivialità e tutto quanto è inerente la cucina e la gastronomia, fondamentali per riproporre lo stile alimentare caratteristico della nostra terra. Non a caso l’immagine grafica è sovrastata dalla scritta “Piramide Alimentare Mediterranea: uno stile di vita quotidiano”. Molti oggi parlano di Mediterraneità; la risoluzione dell’UNESCO che ha riconosciuto il valore immateriale della dieta mediterranea ha contribuito, senza alcun dubbio, a spostare l’attenzione dai singoli alimenti ai comportamenti. É innegabile che nell’area del Mediterraneo la ricerca di cibo sia stata il punto di partenza di un ineguagliabile percorso di intelligenza, creatività, gusto della bellezza e socialità. Mediterraneità è un neologismo che descrive un atto complesso che risponde a tre quesiti principali: cosa mangiare, come mangiare e con chi mangiare.
Indica un modo particolare di vivere l’atto alimentare che è caratterizzato da spazio (la cucina), tempo (il tempo dedicato al cibo), economia (corretto utilizzo delle risorse), relazioni (identità e appartenenza), cultura (coltivazioni adatte ai luoghi e alle esigenze del gruppo familiare), politica (la teoria dello stato). Queste caratteristiche sfumano e debordano tra loro, si accavallano e si ripropongono come le onde del mare, sempre uguali e sempre diverse. La via mediterranea all’alimentazione può essere considerata una storia dimenticata perché fino ad oggi l’attenzione anche del mondo scientifico è stata attratta quasi unicamente dai singoli alimenti iscritti nelle diverse piramidi proposte. Quando pensiamo alla dieta mediterranea pensiamo immediatamente al consumo di pesce di mare; dobbiamo però cercare di rispondere a due quesiti: il consumo consigliato di pesce di mare è compatibile con una alimentazione sostenibile e siamo sicuri che era una caratteristica consolidata per la popolazione italiana? Molti scienziati prevedono che, se le tendenze attuali al consumo continueranno, le riserve marine collasseranno in 40 anni per cui propongono notevoli restrizioni della pesca, al fine di ripristinare la salute dell'ecosistema marino. D’altra parte i consumatori sembrano non considerare la necessità di scelte consapevoli nonostante diverse istituzioni invitino a consumare pesci di stagione e nostrani per combinare piacere, salute e sostenibilità.
5 8/ 59
Elasticità cutanea, idratazione profonda e rughe superficiali Sebbene sia un processo inevitabile l’invecchiamento della pelle può essere efficacemente contrastato rifornendo la pelle delle sostanze, glicani e fosfolipidi, che stimolano le cellule cutanee a produrre più collagene, elastina e acido ialuronico, acquisendo così la capacità di reagire meglio agli stress ambientali A cura dell'Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.istitutodermoclinico.com
U
no studio condotto dal team del Professor Antonino Di Pietro, direttore scientifico dell'Istituto Dermoclinico Vita Cutis, e pubblicato recentemente sul Journal of Plastic Dermatology, ha dimostrato che - sebbene l’invecchiamento cutaneo sia un processo inevitabile - esso può essere efficacemente contrastato rifornendo la pelle delle sostanze, glicani e fosfolipidi, che stimolano le cellule cutanee a produrre più collagene, elastina e acido ialuronico, acquisendo così la capacità di reagire meglio agli stress ambientali. Il livello degli zuccheri (glicani) si riduce di circa il 50% dai 30 ai 60 anni di età e quelli che restano subiscono dei cambiamenti che non permettono più un ottimale funzionamento di cellule e proteine di sostegno. Con il passare degli anni infatti, la pelle perde progressivamente la capacità di sintetizzare il collagene, la più importante proteina strutturale, e l’elastina, responsabile dell'elasticità cutanea. Parallelamente diminuisce anche la quantità di acido ialuronico che è il maggiore componente dei tessuti connettivi del derma. La ridotta presenza di collagene, elastina e acido ialuronico nel derma rende la pelle meno elastica, meno idratata, con ridotta funzione di barriera e maggiormente vulnerabile nei confronti degli agenti esterni che a loro volta favoriscono l'invecchiamento cutaneo. La scommessa quindi è quella di riuscire a restituire, integrando dall’esterno, le sostanze che le cellule della pelle non riescono più a produrre. Lo studio ha arruolato 160 pazienti, trattati con applicazioni sul viso, una volta al dì per 30 giorni,
di un composto costituito da fosfolipidi estratti dalla soia e glucosamina ottenuta da idrolisi di gusci di crostacei. Il complesso, che prende il nome di Fospidin ed è stato messo a punto dai laboratori della Skinius Research, favorisce la sintesi delle fibre di collagene ed elastina, e la glucosamina, veicolata in profondità dai fosfolipidi, stimola la sintesi di acido ialuronico in quanto ne è il precursore. Nelle valutazioni successive si è osservato un miglioramento evidente di tutti i parametri osservati: l'elasticità cutanea è aumentata fino dell’8,1%, si è avuto un aumento dell’8,9% della quantità d'acqua presente sulla superficie cutanea (indice di maggiore idratazione superficiale), l'evaporazione dell'acqua attraverso la pelle (segnale di idratazione profonda) è diminuita nel 93% dei casi e si è avuta una diminuzione del 9,2% del numero totale delle rughe e del 12,3% della profondità media.
60
B O N TO N
Riciclare sotto l’albero? Il bon ton dice sì Quando e come? Quando il destinatario è colui che apprezza quello che gli viene regalato ed è giusto sempre, perché non c’è niente di più distante dalla buona educazione quanto lo spreco
Nicola Santini Esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella
L
a recessione non c’entra. La questione scomoda più il buon senso che il portafoglio. Cedere a strisciate compulsive atte a pulire la coscienza quando il conto alla rovescia (e il conto in banca) per i regali di Natale è sempre più vicino allo zero non è mai stato di moda. Anzi, specie il ventiquattro, giorno in cui tutte le idee devono collimare in una serie illimitata di pacchetti e pensierini, talvolta scelti senza un criterio. Il Galateo, però, ci dice che riciclare un regalo si può. Basta farlo con gusto. E questo ci salva la vita e il portafoglio. Se inorridite all’idea di un libro horror, se vi domandate ancora cosa fare dei boxer rossi, se vi state scervellando per capire come far arrivare alla zia il messaggio che il profumo muschiato non sarà mai per voi, ecco che l’etichetta vi salverà da tutte queste torture. Riciclare un regalo, dalla notte dei tempi, è cosa buona e giusta. Ma quando e come? Quando il destinatario è colui che apprezza quello che gli viene regalato ed è giusta sempre, perché non c’è niente di più distante dalla buona educazione quanto lo spreco. Ed è spreco parcheggiare un abito in guardaroba se già sappiamo di non metterlo mai. Peggio ancora se il regalo è gastronomico, vederlo seppellire tra i rifiuti post vacanze, se quello che ci hanno regalato è per noi sgradito, se abbiamo vino in quantità ma siamo astemi, se il beige ci sbatte e non abbiamo bisogno di una sciarpa antierotica... Le leggi del marketing, una volta tanto, una volta l’anno, vanno d’accordo con il bon ton. Scrutiamo, quindi, perbene, la nostra agenda e facciamo il gioco del “chi-prende-chi”: ci sarà sempre qualcuno che amerà la boccetta di profumo che non amiamo noi, il colore che non ci dona o il prodotto tipico che non abbiamo
apprezzato, senza badare al prezzo, privilegiando il valore. In fondo, il Natale, dal punto di vista strettamente materiale, non è altro che questo: un regalo pensato, fatto con il cuore, ancor prima che con il portafoglio. Se il ragionamento non vi torna, basta ribaltarlo: preferireste in regalo il libro del vostro autore preferito oppure un orologio un poco più costoso ma che non mettereste mai? Le leggi di mercato insegnano che da qualche parte, in un determinato periodo, una certa tipologia di persona, apprezzerà qualcosa che magari avrebbe comprato di sua sponte, indipendentemente da noi: che la caccia all’uomo abbia inizio. Ma con qualche accorgimento. Per prima cosa, controllate sempre che il regalo che avete messo da parte non abbia personalizzazioni di sorta. Immaginate un boxer rifilato al cugino meno hipster di voi che analizzato da vicino riporta le vostre iniziali: entusiasmo frantumato e figura pecoreccia assicurata in un nano secondo. L’altro criterio da seguire, è lo stato in luogo: mai riciclare un regalo nella stessa città e nella stessa cerchia. Abbiamo detto che l’arte del riciclare è ammessa dal bon ton, non che sia un’impresa facilissima. Va da sé che se l’acqua di colonia a voi sgradita fa un giro troppo breve tra amici e parenti che a loro volta si conoscono, a qualcuno il dubbio verrà. E le figuracce saranno due al prezzo di una. Infine, proprio perché risparmiate tempo e denaro, ricordate che la confezione è il biglietto da visita di un regalo che sa di nuovo. Si può risparmiare sul costo della sostanza, ma salviamo almeno la forma: carta nuova, un bel nastro e soprattutto un cartoncino con due parole in più del semplice “Buon Natale”. Il regalo in qualche modo si consumerà o magari sarà a sua volta riciclato, le vostre parole rimarranno. Sono gratis e scaldano il cuore.
61
A RTE
DO UT DES, una nuova plurale avventura intellettuale La mostra, allestita negli spazi del Convento di San Patrignano (PE) e visitabile fino al 5 febbraio 2015, si pone come terreno fertile per l'organizzazione di progetti plurali e di dialoghi necessari a stabilire raccordi e connessioni tra culture e pensieri di diversa estrazione Antonello Tolve Art Critic / Independent Curator / Professor at the Academy of Fine Arts in Macerata
L’
arte ha il potere di risvegliare il cervello atrofizzato del mondo, ha il dovere sociale di leggere l'elettrocardiogramma della realtà, ha la facoltà di rigenerare e modificare lo stato delle cose per riflettere sulla quotidianità, per creare cortocircuiti costruttivi, per edificare ponti immaginifici con discipline eterogenee e con differenti ambiti del lavoro umano. Di un lavoro che è, per l'artista, sul piano della teoria e della pratica, misura critica, inchiesta ed esercizio di stile, lettura di un modello – il mondo della vita, appunto – in continuo divenire. L'arte ha, ancora, la possibilità di «dare sfogo alle angosce della propria epoca» ha suggerito Antonin Artaud (L'anarchie sociale de l'art). Di attraversare il presente per trovare risposte, formulare quesiti, avanzare rotte di viaggio utopiche, nuovi scenari etici, estetici, politici. Su queste traiettorie la mostra DO UT DES. Bastiaan Arler | Elena Bellantoni | Bianco-Valente | Devrim Kadirbeyoglu | Luigi Pagliarini – organizzata da Parallelo 42 Contemporary Art, in collaborazione con il Comune di Collecorvino negli spazi del Convento di San Patrignano (PE), fino al 05 febbraio 2015, e che si inserisce nell'ampio progetto Arte&Gusto – si pone come terreno fertile per l'organizzazione di progetti plurali e di dialoghi necessari a stabilire raccordi e connessioni tra culture e pensieri di diversa estrazione. Partendo da una locuzione latina che indica, nell'ambito del diritto privato, un contratto di scambio, DO UT DES – letteralmente io do affinché tu dia e, in senso traslato, scambiamoci queste cose
Devrim Kadirbeyoglu, Here and Nowhere, 2013-14, installazione, poliestere, robot, pittura, 60x30x23 cm, courtesy dell'Artista
in maniera ben definita – si pone come uno spazio d'azione, un territorio simposiaco che trasfigura una formula giuridica della tarda epoca romana in un
62
A RTE
Bianco-Valente, Altro spazio, altro tempo, 2012, video, Endless Loop, Musica di Andrea Gabriele, courtesy dell'Artista
contratto immaginifico il cui scopo è quello di insegnare l'arte, di avvicinare la cittadinanza ai procedimenti linguistici del contemporaneo, di invogliare al multiloquio, ad una necessaria polifonia. DO UT DES è, difatti, un progetto che, se da una parte muove – attraverso una permanenza settimanale nel territorio abruzzese – dal desiderio di creare rapporti di partecipazione tra l'arista e le varie energie dei luoghi d'accoglienza, dall'altra nasce dallo scambio orizzontale tra l'arte e la critica d'arte per rivalutare l'ipotesi di un dialogo felice, per concepire discussioni costruttive e altrettanto costruttive strutture contrattuali alla cui base è possibile rintracciare un nucleo processuale che si conclude nell'opera. Un'opera che si pone, appunto, come
luogo privilegiato di un racconto visivo, un raccordo tra il pensiero dell'artista e tutti i vari attori incontrati, conosciuti, esplorati. Con onestà e responsabilizzazione intellettuale, l'artista e il critico, assieme all'ambiente culturale e industriale del pescarese, strutturano dunque «un nesso di reciprocità» attraverso il quale una parte «trasferisce un diritto da ad un'altra o si obbliga ad effettuare una prestazione a favore di questa, in quanto a sua volta l'altra parte effettua o si obbliga ad effettuare una controprestazione» (Schlesinger-Torrente). Si tratta appunto di un lavoro di squadra, di una luminosa avventura che costruisce sinergie, punti di contatto, riflessioni, azioni, nuove avventure intellettuali.
F I N I S TE RRE
63
David Bowie, il dio del rock è vivo L’estetica del trasformismo è solo un lato dell’universo Bowie. Questo dandy indecifrabile e inquieto continua tuttora ad essere un modello assoluto di ispirazione per giovani musicisti, attori, stilisti, fotografi Alfonso Amendola Docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali Università degli Studi di Salerno
C
ominciamo con una piccola “offesa”: relegare David Bowie come autore legato al Novecento è sicuramente un modo per limitarlo! Ma la nostra non vuol essere una “diminutio”. Il nostro vuol essere un vigoroso sottolineare che la sua forza propulsiva, produttiva e visionaria è completamente dentro i canoni e le matrici del Novecento. Bowie calca le scene mondiali da mezzo secolo, ha ricoperto con navigata consapevolezza ruoli da mimo, attore, modello, interprete, sperimentatore del suono e della visione, da acutissimo manager di se stesso. Amico e sodale di tutti i grandi del suo tempo: Mick Jagger, Freddy Mercury, Annie Lennox, Lou Reed, John Lennon...Ha avvicinato (quasi) tutti i generi musicali, e alcuni ha contribuito a creali. Non dovesse bastare la complessa coesione tra Sound e Vision, ad ogni modo le canzoni sono lì a marcare la sostanza e a fare la differenza, impresse come un marchio nell’immaginario collettivo (per capire la sua opera ascoltate due lavori immensamente differenti “Warszava” e “Let's dance”). E il catalogo, anche in questo caso, è piuttosto lungo, largo, volutamente contraddittorio. Insomma il “dio del rock” (come autoironicamente spesso si è definito Bowie) continua a vivere e a segnare il tempo a venire. Figura totalizzante e imprevedibile, assolutamente egocentrica. Emblema di libertà creativa, edonismo e decadenza. Personaggio complesso, globale, molteplice, sempre segnato e caratterizzato da quell’incessante ansia di percorrere (e precorrere) i tempi, di cavalcarli, di anticiparli a modo suo. Drammatico e pure ironico, personalissimo e pure fecondo di continue citazioni. Artista multimediale, dotato di un carisma senza precedenti, David Bowie è probabilmente l’unico, in un ambito artistico di massa come quello del pop, che si sia rivelato capace di diversificare e personalizzare finanche la percezione dei propri ammiratori: ogni fan possiede infatti un “suo” Bowie
preferito, legato a un determinato attimo, a un colore, una foto, a un film, un videoclip, un album, un look, una copertina, uno stato d’animo. Non è dunque molto probabile che il fan dell’androgino Ziggy Stardust o del tormentato Thin White Duke sia poi riuscito a sopportare il Bowie platinato e danzereccio di metà anni Ottanta; così come è difficile che un raver ventenne, che nel 1997 si lasciava trasportare dal nevrotico electro-beat di Earthling, possa essersi fatto conquistare anche dalle folk songs del primissimo periodo o quello elettronico degli ultimi anni. La "galassia" è potenzialmente infinita. Ma l’estetica del trasformismo è solo un lato, di certo il più immediato ed evidente, dell’universo Bowie. Questo dandy indecifrabile e inquieto continua tuttora ad essere un punto di riferimento, un modello assoluto di ispirazione per giovani musicisti, attori, stilisti, fotografi. Bowie incarna e assorbe le fascinazioni, gli eccessi e le debolezze del mondo dello spettacolo, e riflette, in una proiezione di carattere sociologico generale, le ossessioni di tutta la società occidentale post-bellica. Su chi sia in sostanza David Bowie, illustri critici ed effimeri pennivendoli di tutto il mondo si sono arrovellati, accapigliati, scontrati, incantati per quarant’anni. Oggi, in un bilancio forse più lucido e oggettivo, al di là dei gusti personali pare innegabile il riconoscimento di un suo ruolo essenziale nell’arte audiovisiva sperimentale contemporanea. Sono in pochi ormai quelli che contestano ancora il suo status di innovatore, di sperimentatore e di precursore. Sì, perché nell’iconografia popolare contemporanea, Bowie è di certo tra i più amati, celebrati e riconosciuti come maestri e innovatori radicali che con strategica intelligenza hanno saputo amalgamare sperimentazione e pop. Avanguardia e mainstream. In fin dei conti fino all'ultimo “fedele” ai suoi “maestri” Andy Warhol, William Burroughs, Lindsay Kemp, Brian Eno.
LI B R I / HOME CINE MA
64
a cura di Vito Salerno
FARE BLOGGING di Riccardo Esposito
MUD di Jeff Nichols
È
una guida per conoscere e praticare la scrittura in rete l’ultimo lavoro del blogger e webwriter Riccardo Esposito. Chi scrive per il web opera in un contesto in continua evoluzione; questo lavoro richiede, pertanto, un costante aggiornamento per essere in grado di condividere Dario Flaccovio Editore con il lettore contenuti utili. L’autore suggerisce in modo chiaro un metodo per fare blogging in maniera efficace, secondo una tecnica che prende spunto dall’etnografia, basata su osservazione partecipante, ascolto e azione. Il libro, edito da Dario Flaccovio Editore, indica una linea da seguire, una traccia, un percorso in un mondo, quello del blogging, dove non c’è un problema uguale ad un altro. Un percorso fatto di pianificazione, gestione e azioni per conseguire obiettivi di breve e lungo periodo. La competenza imprescindibile per un blogger professionista è la capacità di creare contenuti di qualità da gestire, secondo Esposito, attraverso un piano editoriale che contempli tre aspetti essenziali: pianificazione, gestione e scrittura. Vanno definiti, ad esempio, il target al quale rivolgersi, il tone of voice adeguato al pubblico di riferimento, la tempistica di pubblicazione, una modalità di interazione virtuosa, prevedendo una casistica di possibili criticità che possono presentarsi nel dialogo con il lettore. Utili indicazioni, inoltre, vengono fornite per una funzionale gestione delle fonti informative. Se la prima parte del volume è dedicata alle fasi organizzative, nella seconda l’attenzione è tutta posta alle tecniche di scrittura con la spiegazione delle varie tipologie di post esistenti, suggerimenti su come iniziare un articolo e sulla titolazione dei post, consigli per migliorare la leggibilità dei testi e fidelizzare il lettore.
I
l terzo film del regista e sceneggiatore Jeff Nichols è un’incredibile avventura su un fiume selvaggio con un protagonista inaffidabile; la pellicola è la storia di due ragazzini quattordicenni, Ellis e il suo amico Neckbone, che incontrano un uomo di nome Mud (Matthew McConaughey) nascosto su una piccolissima isola nel mezzo del fiume Mississippi. Il fuggitivo racconta loro un incredibile retroscena: ha ucciso un uomo in Texas e dei cacciatori di taglie lo stanno ora cercando per regolare i conti. Il carismatico Mud confessa anche di voler ritrovare l’amore della sua vita, Juniper (Reese Witherspoon), per poter finalmente fuggire via con lei; la ragazza attende, infatti, il suo ritorno in città. Un po’ sospettosi ma incuriositi, Ellis e Neckbone fanno un patto con lui e decidono di aiutarlo a trovare la donna amata e fuggire. Non passa molto tempo perché i racconti di Mud si avverino e la cittadina venga assediata da un gruppo di cacciatori di taglie al seguito di una bella ragazza. I due ragazzini dovranno superare molti ostacoli nella loro avventura e, durante il loro cammino, impareranno molte cose sulla vita e, soprattutto, sull’amore. In particolare il protagonista principale, Ellis, è alla disperata ricerca di un esempio di amore vero e di un sentimento che duri. Ha bisogno di un modello di riferimento che non sia corrotto e lo identifica in Mud. Una storia che conquista e fa pensare alle persone amate, lasciando l’idea che l’amore, con tutto il suo carico di dolore, di gioia e di imperfezione, è un obiettivo che vale la pena raggiungere.
NUMERO 06
NOVEMBRE /DICEMBRE 2014