ENERGIA - Sostenibilità e opportunità di crescita per il paese

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Energia

sostenibilitĂ e opportunitĂ di crescita per il Paese


INDICE Introduzione

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Nucleare, una scelta obbligata Maurizio Lupi

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Italia: un paese a rischio energetico troppo elevato Silvio Bosetti Direttore Generale Fondazione EnergyLab

Collana: Energia A cura di

www.bema.it Via Teocrito, 47 - 20128 Milano Tel. 02252071 Fax 0227000692 Stampa e confezione: A.G. Bellavite - Missaglia (LC) Ilustrazione di copertina: marcomagni.com

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è il momento dell’auto elettrica Andrea Baracco Presidente Renault Italia

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Formazione e ricerca: base dello sviluppo Adriano De Maio Presidente Distretto Hi-tech Milano Brianza

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Dobbiamo investire nelle fonti rinnovabili Stefano Saglia Sottosegretario allo Sviluppo Economico con Delega ai problemi energetici

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Nucleare quale futuro Marco Ricotti Docente di impianti nucleari al Politecnico di Milano

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Favorire la formazione dei tecnici Claudio Maggioni Enel Key Account ManagerEmerson Process Management

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Una nicchia di facile utilizzo Daniele Terruzzi Amministratore delegato Terruzzi Fercalx

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Innovazione e qualità Roberto Troveri Senior consultant Fomas Group

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Tempistiche certe, iter burocratico favorevole Graziano Tarantini Presidente del Consiglio di Sorveglianza di A2A

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Le strategie della regione Lombardia Marcello Raimondi Assessore Regionale Ambiente, Energia, Reti

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Politiche e mercati energetici nell’Unione europea

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Profilo relatori e aziende

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introduzione Hanno partecipato più di 150 persone alla tavola rotonda “Energia: sostenibilità e opportunità di crescita per il Paese” organizzata dalla fondazione “Costruiamo il futuro” che si è svolta nella mattinata di sabato 12 giugno a Villa Greppi. Amministratori locali, presidenti di associazioni di categoria, amministratori di importanti aziende, e ovviamente i soci della fondazione, sono stati i numerosi partecipanti all’iniziativa che diventerà un appuntamento annuale per fare il punto su le diverse problematiche e opportunità legate all’ambito energetico. Nella mattinata di lavoro si sono susseguiti autorevoli interventi, come quello dell’onorevole Stefano Saglia, sottosegretario allo sviluppo economico con delega ai Problemi energetici. Durante la prima sessione di lavori sono intervenuti anche l’onorevole Raffaello Vignali, in qualità di moderatore, Silvio Bosetti, direttore generale fondazione “EnergyLab”, Andrea Baracco, amministratore delegato di Renault Italia, Adriano De Maio, presidente del distretto hi tech Milano Brianza e Marco Ricotti, docente di impianti nucleari al Politecnico di Milano. Durante la seconda parte dei lavori, moderata da Emmanuele Forlani, direttore scientifico della fondazione Costruiamo il futuro, sono intervenuti alcuni operatori del territorio come Roberto Troveri, senior consultant “Fomas Group”, Claudio Maggioni, Enel key manager Emerson Process management, e Daniele Terruzzi, amministratore delegato della Terruzzi Fercalx, che hanno posto alcune domande alle “Istituzioni” intervenute sulle difficoltà e sulle prospettive che si trovano ad affrontare nel lavoro. A rispondere ai dubbi e alle loro problematiche sono stati Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei deputati, Marcello Raimondi, assessore regionale con delega all’Ambiente, all’Energia e Reti e Graziano Tarantini, presidente del Consiglio di sorveglianza di A2A.

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Nucleare, una scelta obbligata Maurizio Lupi Le aziende italiane competono sui mercati dovendo fare i conti con un grave handicap: l’altissimo costo dell’energia elettrica. Un peso aggiuntivo rispetto agli altri partner internazionali che si ripercuote ovviamente anche sulle famiglie e sull’intero Sistema Italia. I dati sono chiari: oggi paghiamo il 30% in più della media europea e il 50% in più della Francia. Contrariamente a quanto si possa pensare, il vero problema non è la scarsa concorrenza tra i fornitori o la mancanza di risorse naturali. Il mercato elettrico italiano, infatti, ha sviluppato una relativa liberalizzazione mentre la carenza di giacimenti di idrocarburi caratterizza quasi tutti gli Stati della Ue non risultando dunque come un fattore determinante. A penalizzare le imprese e le famiglie è in primo luogo il tipo di tecnologia usata o meglio “non usata”. Fuor di metafora, la rinuncia all’utilizzo del nucleare ha azzoppato l’economia del nostro Paese determinando uno scarto di competitività strutturale per il nostro sistema produttivo. Se la Francia, come detto, ha bollette inferiori del 50% rispetto all’Italia, questo è dovuto al fatto che dall’altra parte delle Alpi ben il 75% dell’energia elettrica proviene dall’atomo. Come è noto, la decisione di rinunciare in Italia al nucleare è stata presa nel 1987 con un referendum popolare. La scelta, illogica e irrazionale, fu presa in seguito alla paura scatenata dal disastro di Chernobyl ed è stata sancita da una consultazione popolare che è stata contraddistinta dalla mancanza di una seria informazione sull’argomento. Quell’errore lo abbiamo pagato tutti molto caro: il referendum del 1987 è già costato all’Italia 50 miliardi di euro. La sconsiderata decisione di allora appare ancor più evidente nella sua gravità alla luce del fatto che le nuove tecnologie disponibili rendono il nucleare una via assolutamente sicura. E conveniente. Dotarsi di una produzione nucleare consentirebbe di tagliare la bolletta energetica nazionale e di superare la situazione paradossale in cui ci troviamo. Siamo l’unico Paese industriale che non produce energia elettrica dall’atomo ma importiamo l’8% del fabbisogno dagli Stati vicini che hanno costruito 13 centrali nucleari a meno di 200 chilometri dai nostri confini. Un classico compromesso all’Italiana che paghiamo molto caro. Perché quell’energia potremmo costruirla in piena sicurezza in centrali made in Italy a un prezzo ancor più vantaggioso per le nostre imprese e le nostre famiglie. Basta allargare lo sguardo per capire che siamo un’anomalia: al mondo ci sono oltre 400 impianti nucleari in funzione e altri 100 sono in via di costruzione o progettazione. Lo stesso Obama – icona e mito dei nostri progressisti all’amatriciana - ha rilanciato il nucleare negli Stati Uniti. Non è un caso dunque se anche alcuni campioni dell’antinuclearismo degli Anni ’80 ora si sono convertiti a un sano pragmatismo. Ora perfino loro fanno mea culpa rilevando come il pronunciamento referendario contro l’atomo si sia rivelato del tutto miope e infondato. Il popo-

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lo italiano si espresse in quel modo sull’onda emotiva della catastrofe di Chernobyl che tuttavia è rimasta un fatto unico ma soprattutto irripetibile con le nuove tecnologie disponibili. Il Governo Berlusconi ha deciso di limitare i danni di quella scelta antimoderna e autolesionista recuperando il tempo perso. Fin dall’inizio della legislatura, dall’Esecutivo è giunto un impulso a riprendere la via del nucleare. Gli obiettivi strategici sono chiari: dare al Paese più energia elettrica, abbattere l’inquinamento, diversificare le fonti di approvvigionamento. Su quest’ultimo punto, in particolare, il governo punta a un mix bilanciato: 50% da fonti fossili; 25% dall’atomo; 25% da fonti rinnovabili. Oltre a indicare l’obiettivo finale, il Governo ha proceduto con i fatti concreti. Il 24 febbraio 2009 Berlusconi ha siglato con il presidente Sarkozy un accordo di collaborazione operativa tra Italia e Francia finalizzato alla costruzione in Italia di quattro centrali di terza generazione entro il 2020. Inoltre, sempre nel 2009, il Senato ha approvato il disegno di legge sullo sviluppo, che a 22 anni di distanza consente il ritorno dell’Italia all’atomo e istituisce l’apposita Agenzia per la Sicurezza Nucleare che sarà l’autorità nazionale di riferimento per la regolamentazione, il controllo, le autorizzazioni, la gestione dei rifiuti radioattivi, la protezione dalle radiazioni. Con le sue scelte, il Governo Berlusconi cancella, dunque, un’improvvida decisione del passato e avvia l’Italia verso un vasto e ambizioso piano di sviluppo delle centrali nucleari che presto darà al Paese energia pulita e a buon mercato. Imprese e famiglie ringraziano.

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Italia: un paese a rischio energetico troppo elevato Silvio Bosetti Vorrei proporre una breve sintesi dello scenario energetico italiano: fattori di cambiamento, agenda delle priorità, necessità di un maggior coordinamento. Il nostro sistema italiano presenta delle anomalie tipiche, che si sono determinate negli ultimi trent’anni, a causa dal mix produttivo, sul quale si è concentrata anche l’attenzione del governo in questi ultimi due anni e la necessità quindi di orientare la produzione dell’energia elettrica nel nostro paese. Noi siamo l’unico paese al mondo che nella maggior parte delle attività usa gas naturale. Dagli anni settanta si è fatta la scelta di orientare il nostro reparto produttivo su questa fonte energetica. Questo ci distingue notevolmente dagli altri paesi del mondo che utilizzano altre fonti quali il carbone, oli combustibili e il nucleare. Siamo una nazione di anomalie e contrasti forti innanzitutto al livello infrastrutturale, in cui la gran parte della produzione elettrica dipende dagli idrocarburi, il cui costo è fortemente legato all’andamento del mercato petrolifero, l’innalzamento di prezzo al barile determina un influsso su tutta la catena energetica. Un altro aspetto riguarda l’approvvigionamento: noi siamo l’unico paese al mondo in cui la metà della produzione elettrica viene realizzate gas naturale e il cui approvvigionamento avviene a rischio strategico ed economico elevato. Ci riforniamo di gas naturale da altri paesi al di fuori dell’Europa. Inoltre siamo l’unico Paese al mondo, oltre al Brasile, che non è in grado di produrre tutto il proprio fabbisogno elettrico al proprio interno. Per quanto riguarda il gas naturale, l’Italia si e colloca in maniera forte e significativa nell’ambito di tutti i gasdotti internazionali, in particolare le nostre fonti di approvvigionamento sono quelle dell’Est Europa, Nord Europa e a Sud del Mediterraneo. Eni è fortemente impegnata nella realizzazione di alcune infrastrutture di collegamento. Un altro tema che non deve essere sottovalutato è la sensibilità dell’opinione pubblica. C’è un desiderio da parte della popolazione italiana di conoscere meglio e di essere più informata sul tema dell’energia. In una indagine fatta un anno e mezzo fa, quando si chiedeva al nostro Paese quali fossero le problematiche più significative per il nostro futuro, le fonti dell’energia rappresentavano un elemento di forte attenzione ed attrattiva. Da due anni a questa parte nel nostro paese si è tornati a parlare delle possibilità di costruzione di impianti nucleari e

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già due anni fa si notò che il consenso attorno a questa iniziativa era già significativo e allo stesso livello degli altri paesi europei che già usano questi impianti come fonti per la produzione energetica. Un consenso che si aggira in Italia intorno al 50%. L’energia è una opportunità per l’industria intera. La realizzazione di impianti nucleari rappresentano una realtà imprenditoriale e occupazionale molto significativa per il paese. Un impianto elettronucleare richiede un investimento dai tre ai quattro miliardi di euro. L’unione europea preposta a regolare il sistema energetico, sta attuando ora il terzo periodo di regolazione, dopo il primo cominciato nella fine degli anni ottanta, sottolineato dalle parole privatizzazione e liberalizzazione. La sottolineatura odierna passa ora sotto altri temi quali: il tema ambientale, diventato nell’agenda delle priorità un aspetto fondamentale e la sicurezza delle infrastrutture e dell’approvvigionamento. Da due anni si parla di un ritorno dell’Italia al nucleare, con l’opportunità di avere fino al 20-25% tra quindici anni di produzione di energia elettrica da fonte nucleare, un incremento significativo di produzione di energia da fonte rinnovabile e una drastica riduzione delle fonti fossili e di gas naturali in particolare. Resta il fatto che per una serie di tematiche infrastrutturali tra quindici anni il nostro paese si troverà in forte crisi, diventeranno obsolete molte centrali realizzate negli anni 60-70, andrà realizzato il sistema di trasporto elettrico e quindi viste oggi le tempistiche di realizzazione di queste strutture, bisogna prendere non solo degli indirizzi ma anche delle decisioni. L’assenza di un ministro dell’economia complica in parte la situazione. In conclusione alcune priorità: l’opzione nucleare risulta abbastanza inevitabile, ma impone di proseguire con un quadro di regolamento robusto e con ampia attività di comunicazione e confronto. Le fonti rinnovabili richiedono di modificare il sistema di incentivazione, oggi c’è un sistema a pioggia, bisognerà investire su quelle tecnologie che producono energia a prezzi equi e concorrenziali ( questa è una grande sfida imprenditoriale). Queste tecnologie creano opportunità imprenditoriali e occupazionali non solo nel nostro paese. La commissione europea indica il 2020 come la scadenza perché l’80% dei consumatori finali abbiano accesso ad una rete elettrica, detta smart green, che funzioni nella doppia direzione, per consegnare e ricevere energia elettrica. Bisognerà investire sulle infrastrutture. L’industria chiede energia elettrica sempre a prezzi più bassi e i consumatori chiedono tariffe più contenute, maggiore informazione, il territorio chiede impianti e infrastrutture e la finanza, che preferisce spesso la speculazione sul petrolio, che non gli investimenti infrastrutturali. In questo scenario ci sono tante regole ma mancano quelle base, gli attori istituzionali ci sono ma vanno forse rafforzati, siamo in periodo di liberalizzazioni e c’è un incremento continuo in questo settore di rapporto tra le Regioni e gli organi locali.

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è il momento dell’auto elettrica Andrea Baracco Tutto il mondo automobilistico sta andando verso il settore elettrico. Renault come casa automobilistica ne è il porta bandiera. A breve partirà un progetto pilota nelle città di Milano e di Brescia, città che evidenziano la necessità delle società automobilistiche, delle società energetiche, dei provider, delle istituzioni locali, dei sindaci e dei parroci di investire su questo progetto dell’auto elettrica. Ci sono alcuni motivi per cui adesso è il momento dell’elettrico: è cresciuto nei cittadini il discorso verso la sensibilità ai problemi ambientali, oggi tecnologicamente siamo avanti con le batterie al litio con le quali stocchiamo energia e un peso poco rilevante. Ci sono però delle regolamentazione europee che impongono ai costruttori di guardare al futuro con occhi diversi, quindi la necessità di una rottura e passare da una mobilità con motore termico ad una con motore elettrico, in certi casi. Un falso problema: oggi l’autonomia dei veicoli con motori elettrici è di 160 Km, che sembrano pochi, ma l’87% degli spostamenti giornalieri in Europa è inferiore ai 60 Km, in Italia il 90% degli spostamenti quotidiani è inferiore ai 100 Km, se pensiamo alle grandi città che presentano gravi problemi di inquinamento ambientale, sicuramente 160 Km sono più che sufficienti. Le persone potrebbero utilizzare tranquillamente un veicolo elettrico per andare a lavorare, se ci fosse una rete diffusa sul territorio anche le persone che hanno necessità superiori potrebbero ricaricare il proprio veicolo non solo a casa ma anche al parcheggio della propria azienda, nei parcheggi privati, nei parcheggi pubblici, al parcheggio del supermercato. L’impatto effettivo a livello ambientale ci permette di risparmiare dal 30% al 50% di emissione di CO2 per Km. Se avessimo tutta energia prodotta con il nucleare avremmo un impatto

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ambientale ancora migliore. L’emissione annua di CO2 per una vettura che percorre 10.000 Km è pari a 0 per le vetture elettriche, 1350 Kg annui di CO2 per le auto a benzina, il motore a gasolio è migliore a impatto ambientale rispetto alla benzina. Un auto a benzina ci costringe a piantare 135 alberi per controbilanciare la CO2 emessa, passando al motore elettrico non avremmo questa necessità. Zero emissioni inquinanti ed acustiche. C’è anche un vantaggio economico per chi sfrutta la vettura: apporta un risparmio concreto a livello economico dai tre a quattro mila euro di risparmio. L’obbiettivo è di giungere a prezzi d’acquisto equiparabili alle vetture a benzina e gasolio. Quello dell’auto elettrica deve essere un lavoro di squadra: i costruttori devono impegnarsi a fare l’auto più bella e performante possibile, ma per quanto riguarda la regolamentazione necessaria, le infrastrutture, il governo e gli enti locali devono disegnare uno scenario appropriato. Da questo punto di vista ci sono delle proposte di intervento. La mobilità delle città è sull’elettrico, le società sono pronte, anche l’Italia dovrebbe cogliere questa opportunità di cambiamento che favorirebbe in modo molto positivo il nostro Paese.

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formazione e ricerca: base dello sviluppo Adriano De Maio Il rapporto tra scienza, mondo industriale, popolazione e decisori politici è sempre stato problematico, in quanto gli obiettivi e le priorità dei diversi attori spesso possono essere differenti. La ricerca si può classificare in più livelli, tenendo conto del tempo e degli obiettivi: ricerca a lungo termine e ad alto rischio più o meno focalizzata, ricerca a medio termine sempre focalizzata e innovazione. Bisogna però considerare che la fonte primaria per lo sviluppo di un paese e in particolare per la ricerca e l’innovazione è la formazione. Una ricerca a lungo termine e ad alto rischio è una ricerca i cui effetti non si hanno sull’immediato e la probabilità di successo non è grandissima, la mano pubblica quindi risulta essere fondamentale per l’attribuzione di risorse. La politica deve quindi fornire priorità, non avendo risorse infinite, nei campi in cui svolgere ricerca. Solo in seguito gli scienziati dovranno assumersi la responsabilità di individuare campi specifici su cui operare. Quindi occorre che vi sia uno scambio continuo tra scienza, formazione e politica. Passando all’energia, non vi sono eccezioni rispetto agli altri settori: non è indicata una scala di priorità, si fanno piani di ricerca nazionali che somigliano molto ad una lista della spesa e questo significa sprecare le già non eccessive risorse disponibili. Quindi innanzitutto da parte dei politici si devono individuare le priorità e successivamente gli scienziati ed i tecnologi devono fornire elementi tali da permettere una valutazione e una scelta. Questo significa sviluppare un’attività di previsione sull’evoluzione della scienza e della tecnologia, individuando i campi più promettenti su cui si sta muovendo la comunità scientifica nel mondo e, successivamente operare uno studio di fattibilità tenendo conto delle risorse esistenti relativamente sia alle competenze scientifiche sia alle risorse economiche disponibili. Nel campo energetico due sono le indicazioni di ricerca, per quanto concerne la produzione di energia. A medio e lungo termine il sole rappresenterà la fonte primaria, ma gli attuali sistemi tecnologici non sono sufficientemente efficienti e quindi la ricerca in questo campo deve impegnarsi in quanto si stanno facendo progressi ma non si è raggiunto un livello di competitività soddisfacente. Nel medio termine lo sviluppo è affidato al nucleare. Questi sono i due campi principali di ricerca a medio e lungo termine. Inoltre va aggiunto il discorso sulle smart grid, in quanto il problema attuale e futuro sta nel controllare il sistema complessivo di distribuzione: anche qui c’è ancora tanto lavoro di ricerca da compiere. C’è poi il problema delle modalità di utilizzo, in cui non sempre è richiesta ricerca in quanto le tecnologie principali sono già tutte disponibili. Esempio: il rendimento dei motori elettrici è molto basso, e quindi modificare questo rendimento vuol dire migliorare enormemente l’uso dell’energia. Esiste poi tutta la problematica dei trasporti: forse sarebbe buona cosa trasferire il più possibile il trasporto su gomma a quello su ferro: questa dovrebbe essere l’infrastruttura principale.

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Un ulteriore osservazione riguarda la filiera del settore energia: quando parliamo del nucleare mettiamo in evidenza soltanto le tecnologie più “critiche” dell’ambito produttivo ma non teniamo conto del fatto che intorno al nucleare si muovono al contrario moltissime altre novità produttive e tecnologiche. Le nostre imprese italiane incidono fortemente, in termini di valore, sugli impianti nucleari, già adesso, in tutto il mondo. Bisogna perciò pensare di potenziare tutto il settore industriale composto non solo da grandi ma anche da piccole e medie imprese collegate alla filiera nucleare. Un’ultima considerazione: spesso pensiamo alla ricerca, alla tecnologia e all’innovazione con uno sguardo un po’ miope legato alla comunità e al contesto in cui operiamo. Dobbiamo invece pensare di sviluppare ricerca e innovazione in un’ottica di competitività internazionale. E quindi, ritornando ad un tema prima accennato, abbiamo bisogno di formazione professionale e tecnica a tutti i livelli: questo, a mio avviso, è il fattore di assoluta priorità.

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Dobbiamo investire nelle fonti rinnovabili Stefano Saglia Non abbiamo avuto una politica nazionale sull’energia ma la stiamo costruendo in questi tempi, abbiamo una politica europea sull’energia molto difficile da riuscire a comprendere, nel meccanismo europeo ogni testa ha un voto quindi l’opinione italiana conta uguale a quella di molti altri paesi e questo è già un limite e poi si tende ad adottare le politiche che vedono tutti d’accordo e raggiungere questo punto è veramente difficile. Però non possiamo prescindere dall’Europa e avere una politica energetica che prescinda dagli altri paesi. Primo problema che dobbiamo affrontare è dare voce a quei 400 milioni di cittadini europei che non hanno più quasi materie prime e che devono rivolgersi ad altri per potersi approvvigionare, per questa ragione le priorità dell’Italia e dell’Europa sono diventate: approvvigionamenti, sicurezza, ambiente e competitività. L’Europa sta diventando un po’ italiana nel senso che il parco energetico europeo è un po’ vecchio e sta diventando sempre più dipendente dagli idrocarburi. Il fatto che in Italia si discuta da tempo della riduzione degli idrocarburi ci pone davanti agli altri paesi europei, perché per ovvie necessità ci siamo arrivati prima di altri a questa emergenza e per la nostra posizione geografica possiamo essere una grande piattaforma energetica, siamo in mezzo al mediterraneo abbiamo relazioni stabili con la Russia, il medio - oriente. Nei primi anni duemila in Italia l’accento è stato posto sul problema di produzione di energia, per questo oggi abbiamo un parco di produzione energetica molto avanzato ed efficiente. È molto sbilanciato sul gas ma ci servono anche la strutture che riguardano l’estrazione del gas, abbiamo ancora giacimenti nell’Adriatico molto importanti che non sfruttiamo per dei pregiudizi di carattere ambientale abbastanza esigui, mentre i croati a poche miglia nautiche da noi lo fanno. La tecnologia e la ricerca di ci danno la possibilità di fare molte cose nel rispetto dell’ambiente. Serve un’Europa più unita sulla politica energetica, serve una politica degli approvvigionamenti nazionale ed europea, dobbiamo incrementare le fonti rinnovabile e l’energia nucleare. È una strategia energetica che svilupperemo nei prossimi mesi, dando conto all’opinione pubblica mediante informazioni. Dobbiamo avere un obiettivo al 2020 e uno al 2030: le politiche energetiche non si fanno di anno in anno bisogna che si manifestino e si realizzino nell’arco di un ventennio, confidando nel fatto che queste politiche di intervento non siano solo compatibili con l’Europa ma anche con i cambiamenti di governo, se si sta sui dati oggettivi scientifici e di bisogno della nazione non esiste più destra e sinistra. La strategia energetica che andremo a comporre è indiscutibile al livello di necessità e bisogno per lo stato e sarà compatibile con l’Europa. L’Italia quindi può essere un AB, dobbiamo ancora investire sulle infrastrutture per la rete del gas, perché gli idrocarburi saranno ancora la fonte di approvvigionamento per i prossimi 30-40 anni, ridurranno la loro influenza quando saremo in grado di costruire delle alternative, che si costruiscono con il tempo perché sono investimenti importanti e c’è bisogno di intelligenza e di denaro. Fonti rinnovabili: perché investire in esse? Primo perché il mix di un paese deve avere tut-

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te le tecnologie e tutte le fonti a disposizione se vuole essere equilibrato, dare sicurezza ai cittadini e dare competitività di costi. Anche sulle fonti rinnovabili abbiamo delle eccellenze: siamo presenti in tutto il mondo con aziende idroelettriche in modo significativo, ma dobbiamo migliorare a livello produttivo nei settori eolico, solare e delle biomasse. L’intervento che c’è sul decreto legge nella manovra sul tema dei certificati verdi è sbagliato, lo dico da membro del governo e me ne faccio carico, perché non ha una visione complessiva. È vero che il meccanismo dei certificati verdi e quindi il ritiro dei certificati verdi al di sopra della quota d’obbligo è un elemento che va a finire nella bolletta degli italiani quindi è un peso, al tempo stesso però non esiste paese al mondo che faccia le fonti rinnovabili senza sussidiarle con degli incentivi pubblici, quindi se non ci sono i sussidi pubblici non ci sono le fonti rinnovabili, perché il costo chilowatt/ora di una qualsiasi fonte rinnovabile costa di più un’altra qualsiasi fonte energetica tradizionale. Primo errore: non dobbiamo inserire interventi di questo genere, che riguardino la manovra per il contenimento dei costi pubblici e della finanza pubblica, perché questo provvedimento fatto così non fa risparmiare un centesimo allo Stato. Dobbiamo ridurre l’impatto in bollette di queste tecnologie, assolutamente lo si sta facendo e lo si fa nella misura in cui queste tecnologie diventano più competitive. Dobbiamo farlo con un intervento non all’interno di un decreto legge, ma dobbiamo farlo nel rispetto degli investimenti, sino al giorno in cui questa normativa rimane in vigore, per cui io proporrò nei prossimi giorni al Ministro dell’economia e della finanza una correzione di questo articolo all’interno della manovra, perché ci sia scritto che questo sistema, cioè del ritiro dei certificati verdi in eccesso, vada gradualmente a scomparire, ma lo faccia nel momento in cui avremo recepito la direttiva europea sulle fonti rinnovabili. Le fonti rinnovabili così come il nucleare sono un’opportunità interessante. È corretto fare la scelta del ritorno al nucleare, dobbiamo avere nell’arco di vent’anni un 20% di fabbisogno energetico che risponde da energia nucleare, è un obiettivo ambizioso e realizzabile. Vuol dire che ci saranno investimenti nel nucleare nell’ordine di 30/40 miliardi di euro, di cui l’80/70% dobbiamo farlo sul nostro territorio e sarà fatto in Lombardia perché qui ci sono le aziende strutturate. Questo è un programma a lungo termine, che prevede però di dotare fin da subito le aziende con certificati, aiutandola con contributi per pagare le certificazioni, che sono un impegno economico significativo per l’azienda e quindi potremmo immaginare un intervento pubblico di aiuto per le aziende ad entrare nella filiera. Per quanto riguarda invece i problemi autorizzativi, è un grande problema italiano, reso più complesso dai dati fisici geografici oggettivi, C’è anche un fattore burocratico eccessivo che va risolto e per questo nella prossima conferenza Stato-Regione riusciremo a dettare le linee guida sulle fonti rinnovabili e dare tempi certi sulle autorizzazioni per gli impianti da fonti rinnovabili. Sul nucleare le autorizzazioni sono complesse, se riusciremo ad ottenere il sistema che si è creato secondo la normativa centrale entro tre anni sarà un obiettivo molto interessante. Ci sono altri strumenti che possono essere messi in campo e in cui la tecnologia italiana può assumere un ruolo rilevante, ad esempio la CCS, già in Europa alcuni impianti di questo tipo sono in sperimentazione e costruzione per la cattura e lo stoccaggio della CO2 e in Italia abbiamo capacità in questo campo. Il tema centrale non è solo quello della produzione ma

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anche del trasporto, sia per il gas che per l’energia l’elettrica e per questo il consiglio europeo ha messo attive le smart green. La rete elettrica invece è un grande problema, perché abbiamo fatto le centrali nei luoghi dove l’amministrazione comunale dice di sì e invece dovremmo farle seguendo il corso della rete, qui bisogna sbloccare le autorizzazioni, ad esempio il collegamento Calabria - Sicilia è fermo da 15 anni, che è una rete facile da fare in poco tempo, a causa di discussioni amministrative, tutto ciò comporta che il costo energetico sia totalmente sbilanciato, perché la rete non dialoga, l’infrastruttura metterà fuori mercato le strutture inefficienti e appianerà i costi. In conclusione ci sono molte cose da fare, c’è bisogno di continuità. L’energia l’elettrica è destinata ad avere una domanda sempre crescente, con la crisi è diminuita del 6%, ma tenderà ad aumentare perché il trasporto andrà verso l’utilizzo dei mezzi elettrici e quindi è necessario che ci dotiamo di una infrastruttura adeguata alla domanda che è inevitabilmente in crescita nel prossimo decennio. Tutto questo comporterà sicurezza per le future generazioni, avere energia sicura da paesi sicuri, sostenibilità ambientale, competitività nei costi: questi sono i nostri futuri obiettivi.

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Nucleare quale futuro Marco Ricotti Vorrei proporre una riflessione su due argomenti: cosa sta accadendo o potrebbe accadere in Italia sul versante nucleare e quali sarebbero le ricadute su territorio, aziende, cittadini e lavoratori. Cosa sta accadendo ora a livello mondiale: 400 reattori nucleari in azione, il fattore di utilizzo è passato da una media di circa 60% a 85%, grazie anche al fatto che sono stati capaci di sfruttare al meglio i reattori. I nuovi reattori in costruzione sono oltre 50, solo il 6% dell’energia totale mondiale è coperta dal nucleare, 1/3 dell’energia elettrica dei paesi più sviluppati, nel 2030/2040 probabilmente riusciremo a produrre con i reattori nucleari idrogeno e metanolo. Il Giappone e la Corea del Sud in particolare negli ultimi trent’anni non hanno mai fermato le macchine e costruito nuovi reattori. Negli ultimi anni anche l’occidente sta prendendo questa piega positiva. Attualmente in Cina i reattori nucleari coprono solo il 2% del fabbisogno, ma hanno intenzione di costruire 50 o più reattori che in vent’anni arriveranno a coprire il 6%, perché il fabbisogno energetico in Cina cresce a ritmi impressionanti, ma anche in campo Statunitense e Inglese le cose si stanno muovendo. Gli Inglesi sono partiti prima di noi nella fase di riavvio del nucleare con l’obiettivo di riuscire a realizzare nuovi impianti entro un quinquennio. Anche l’Est Europa è molto interessata a nuove realizzazioni in Romania, Bulgaria, Turchia, anche i Russi non sono da meno. Anche i paesi arabi come l’Arabia saudita, ricca di petrolio, ha comprato i suoi primi reattori. I Paesi in via di sviluppo si stanno avvicinando a questa opzione, i reattori pianificati e quelli proposti mostrano numeri interessanti: 151 già pianificati, più di 300 proposti. Non è detto che tutti questi numeri si realizzino dipende dal contorno politico, economico-industriale ma la stima tra vent’anni del mercato globale è tra i 600 e i 1000 miliardi di euro, in particolare in Italia 30/40 miliardi di euro. Negli ultimi anni ci si è mossi in direzione di sicurezza ed economicità nel settore nucleare, attraverso: semplificazione, standardizzazione e modularizzazione di impianti di sistemi, utilizzo di sistemi da sicurezza attiva, quindi ridondanza, separazione e segregazione oppure sistemi di sicurezza passiva, ma soprattutto imparare dalla esperienza che abbiamo ormai sulle spalle. Giapponesi e Coreani riescono a costruire impianti nucleari in meno di 54 mesi, ad oggi solo loro riescono a mantenere questi ritmi, perché sono allenati da vent’anni di costruzione. I reattori di nuova generazione hanno come

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obiettivo la possibilità di costruire moduli o singole unità in tempi che vanno dai 36 ai 50 mesi, è ovviamente un obiettivo che si può raggiungere con un po’ di allenamento. Un tema interessante per il territorio Lombardo, uno tra i protagonisti per l’Italia, è il tema delle opportunità: sul territorio i Francesi non parlano di compensazione ma parlano di opportunità, perché reputano un insediamento nucleare un occasione di sviluppo per il territorio; in termini di compensazione in senso stretto il caso svedese può dare un suggerimento importante, hanno deciso di fare il loro sito geologico profondo e c’erano due municipalità in concorrenza, ebbene il finanziamento è stata data al comune che ha perso, l’altro comune ha avrà tutto il sito e l’altro compensazioni monetarie. Per quanto riguarda lo sviluppo lavorativo: non servono solo ingegneri nucleari ma servono tecnici e operai molto più qualificati del livello attuale, bisogna sviluppare e imparare ad utilizzare le nuove tecnologie, metodi di lavoro di alta qualità e di alta sicurezza. Costruire un impianto nucleare significa: 50%-40% è l’isola, quindi le attività nucleari, le opere civili sommano ad un 50%-60%, il 30% è associato alle forniture meccaniche, civile,montaggio, forniture elettriche e controllo. Gli Inglesi che non hanno mai spento i loro reattori nucleari, non sono ancora in grado di raggiungere l’80%, ma raggiungo per poco il 50% di capacità realizzativa, ma con il supporto alle aziende hanno in mente di raggiungere l’80%. Attualmente sono più di trenta le industrie italiane impegnate nella costruzione delle PR francesi, più del 50% sono imprese lombarde. Per quanto riguarda l’impatto socio-economico dell’impianto francese, si stima un totale che va dai 4 ai 5 miliardi di euro, 8,5 milioni di ore lavorate, 2500 lavoratori sul cantiere, 1500 fornitori esterni, altri 100 impieghi dati dall’indotto. Il settore degli ingegneri nucleari è molto ridotto, infatti ¼ ingegneri e 374 periti-tecnici. Ci sarà da lavorare molto sulla formazione anticipata perché prima di poter cominciare a lavorare bisogna assumere e formare, nove anni prima di avviare un impianto nucleare, quindi forse siamo già in ritardo. Per costruire un reattore nucleare ci vogliono dai 4 ai 7 anni. I principali requisiti chiesti all’Italia: la qualificazione e certificazione delle industrie, investire in formazione, comunicazione e campagna d’informazione. In conclusione nel bilancio tra opportunità e rischi il nucleare è possibile. Fare un impianto è un occasione e non un danno, quindi è bene non parlare di compensazione ma di opportunità, perché anche le parole sono importanti.

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favorire la formazione dei tecnici Claudio Maggioni Emerson, multinazionale americana con un fatturato nel 2009 di 20,9 miliardi di dollari, con ca. 120 mila dipendenti nel mondo e che si occupa di automazione per l’industria di processo tra la quale il settore dell’Energia. II gruppo Emerson è costituito da 8 Divisioni dove la più rilevante è Emerson Process Management. Quest’ultima opera nel settore dell’industria di processo fornendo prodotti e sistemi per soluzioni di controllo, misura e software di controllo avanzato per migliorare l’efficienza degli impianti produttivi. Pone molta attenzione agli aspetti tecnologici e innovativi, dove ha sviluppato riconosciute e innovative soluzioni vincenti. La tecnologia e la qualità sono fattori chiave anche nel mondo dell’Energia. Da Emerson Sono stati di recente progettati e forniti anche in questo settore soluzioni di misura con tecnologia wireless, che è la vera rivoluzione nel campo della strumentazione di misura, oltre a fornire sistemi di analisi e tutti i servizi post-vendita necessari. Per Emerson l’Energia copre un ruolo privilegiato insieme a Oil &Gas e Chimica, e corrisponde al 14% del fatturato totale. Questa multinazionale ha una presenza trentennale in Brianza, con la Sede Italiana e operativa a Seregno. Per quanto riguarda esclusivamente il mondo dell’energia, Emerson è particolarmente attiva perché è in grado con le sue tecnologie ed esperienze di coprire le varie tipologie di centrali, Termiche, Idroelettriche e Rinnovabili, fornendo soluzioni di automazione dedicate. La riconosciuta esperienza di Emerson nel settore Energia proviene anche dal fatto che la stessa ha acquisito negli anni ‘90 la ex Divisione automazione della Westinghouse, che tra l’altro utilizza ancora per il controllo degli impianti Nucleari con propria tecnologia AP1000 il sistema di controllo Ovation di Emerson. I nostri sistemi di controllo dislocati nelle varie Centrali in tutto il mondo controllano fino a 720 GWatt di produzione elettrica. Emerson inoltre possiede negli Stati Uniti e in Francia anche centri di produzione per strumentazione e valvole di controllo per il Nucleare oltre ad avere le competenze specifiche per queste particolari applicazioni. Quindi, la nostra società è in grado di fornire soluzioni complete nel campo energetico, ciò significa che il personale deve avere un grado elevato di conoscenze tecniche e competenze per fornire soluzioni complete a questo tipo di aziende: Il mondo dell’energia necessita conoscenze molto approfondite e sono quindi importanti la ricerca e la formazione del personale.

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una nicchia di facile utilizzo

innovazione e qualità

Daniele Terruzzi

Roberto Troveri

Sono amministratore delegato della Terruzzi Fercalx. Una media-impresa impegnata nella progettazione e costruzione di impianti industriali, una società molto antica che ha cominciato la sua attività nel 1897. Il settore principale d’impiego è l’impiantistica per acciaierie. Ho acquisito anche una società in India che rappresenta una notevole occasione di sviluppo per le prospettive future volte alla realizzazione di impianti di gassificazione per rifiuti, biomasse e depurazione acque. Una nicchia di mercato di cui si parla poco perché questa tecnologia non è esattamente disponibile. Con la nostra tecnologia portiamo tutti questi materiali una forma unica: un gas sintetico chiamato singas che viene utilizzato o come energia termica a livello industriale oppure per fare energia elettrica. È un sistema che in Italia viene utilizzato pochissimo, quasi per niente, ma noi stiamo iniziando un cammino di consolidazione della tecnologia che sembra essere particolarmente adatta. Per quanto riguarda la sostenibilità e l’opportunità di crescita per il paese, l’opportunità legata a questa tecnologia è sostenibilità a livello ambientale, sociale ed economica perché consente di eliminare dei rifiuti, introducendo delle energie che diversamente non potrebbero essere utilizzate e un fattore di crescita, perché attraverso questo sistema sia le imprese quanto le amministrazioni pubbliche possono produrre energia elettrica ad un costo inferiore se non addirittura divenire una fonte di reddito. C’è ancora diffidenza da parte del mondo in generale però è un sistema che permette di avere un impatto ambientale pari a zero. Uno dei problemi riguarda le autorizzazioni, è uno dei grossi ostacoli. Un altro aspetto riguarda il fatto che gli impianti dovrebbero avere una normativa adeguata alla realtà. Da ultimo: questo sistema non è in antitesi al nucleare ma rappresenta una nicchia di facile utilizzo e di creazione di quella economicità ricercata e di riduzione dei costi di produzione.

FO.M.A.S. acronimo di Forgiatura Moderna Acciai Speciali nasce nel 1956, proprio qui in Brianza, tra Osnago e Merate, dove è tutt’ora presente la sede centrale. L’azienda, nel corso degli anni, risponde alle richieste del mercato con importanti acquisizioni e nuovi stabilimenti (nel mondo) che la portano nel 2000 ad essere un Gruppo consolidato con un trend di crescita (a partire dal 2005 ad oggi) del + 58%. Oggi FOMAS Group è una realtà di circa 1350 dipendenti nel mondo, in grado di operare con altissimi livelli di qualità nelle tecnologie di Fucinatura e della Laminazione circolare per i mercati dell’oil & gas, dell’energia (dal nucleare all’eolico), automotive, aerospace e delle trasmissioni industriali. Questa continua attenzione alla crescita, ma soprattutto all’innovazione e alla qualità ha portato al lancio di due importanti progetti in territorio italiano: FOMAS 2012 e ASFO Villamarzana (Rovigo). Due progetti che insieme raggiungono un investimento di più di 200M€, indice del continuo legame del Gruppo con il territorio, e dimostrazione che il Made in Italy è rappresentato anche da eccellenze manifatturiere. E’ con questi investimenti locali che difendiamo il nostro Know How; che può essere alimentato solo attraverso la continua ricerca e l’innovazione. Infatti grazie ai nuovi impianti saremo in grado di rifondere l’acciaio (grazie al procedimento ESR - Electro Slag Remeltig) ottenendo in questo modo un materiale con elevato grado di purezza, con una struttura uniforme e maggiori caratteristiche di resistenza. E questo, ovviamente, è solo un esempio di quello che saremo in grado di realizzare. Ma queste nuove tecnologie comportano anche un aumento della potenza installata di 30MW, infatti partiamo da 5MW per arrivare a 35MW. E questa crescita esponenziale di consumo energetico è per noi fonte di preoccupazione, in quanto è noto che la produzione manifatturiera italiana ha delle aggravanti in termini di costi energetici rispetto alla concorrenza negli altri paesi europei *(per non parlare di raffronti in termini di costi di energia elettrica, con paesi come la Cina, il Giappone e gli Stati Uniti). Dati che minano pesantemente, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, la competitività delle aziende italiane. E’ per questo motivo che invitiamo il Nostro Sistema Paese a trovare delle soluzioni tempestive in campo energetico, che possono essere svariate come l’Idroelettrico, il Geotermico, l’eolico; ma per risultati più efficienti a lungo termine, bisogna pensare al nucleare. Mercato, quello Nucleare, che noi di FOMAS conosciamo molto bene, vi lavoriamo da oltre 40 anni, all’inizio in Italia e poi con continui riconoscimenti all’estero. A questo proposito auspichiamo anche la creazione di una Filiera Italiana del Nucleare, per far si che con la ripresa di questo mercato in Italia, vengano supportate quelle eccellenze industriali già presenti nel territorio nazionale.

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Tempistiche certe, iter burocratico favorevole Graziano Tarantini Da un anno guida il Consiglio di Sorveglianza di A2A, la più grande multiutility quotata alla Borsa Italiana, la cui attività si sostanzia in quattro settori portanti: energia, ambiente, teleriscaldamento e reti. “A2A – ricorda l’avv. Graziano Tarantini – nasce dalla fusione di due storiche aziende municipalizzate, fortemente radicate nei territori di appartenenza: ASM Brescia e AEM Milano, che hanno via via aggregato altre realtà locali in una logica federativa di crescita. Oggi A2A è un gruppo leader nel nostro Paese, che ha preservato e continuerà a preservare quella che rimane la sua vocazione originaria: l’attenzione alle istanze del territorio, la responsabilità sociale verso le comunità di riferimento, la fedeltà alle proprie radici in un quadro fortemente concorrenziale e globalizzato. Nel quale, per inteso, A2A vuole giocare un ruolo da protagonista”. Sottolinea il Presidente Tarantini: “A2A si trova oggi di fronte a due questioni che definiranno strategicamente il suo futuro e in qualche modo anche il suo ‘status’ nel panorama italiano ed europeo. Da un lato: ha ancora un senso continuare ad essere una società pluriservizi? In passato prevaleva la tendenza ad unificare, oggi a dividere, a distinguere i diversi ambiti. La sfida di A2A rimane, invece, quella di continuare ad essere una grande impresa multiutility. Perché non bisogna mai dimenticare un dato essenziale e imprescindibile: A2A non è solo una società quotata, che guarda ai risultati finanziari, ma è anche infrastrutture e servizi, e vuole essere un vettore trainante di sviluppo per la nostra regione. Per mantenere viva una tradizione, però, non basta raccontarla, né ovviamente rimpiangerla, occorre al contrario rinnovarla quotidianamente aggiornandone i modelli culturali. Il secondo tema riguarda il consolidamento di una cultura d’impresa che ci permetta di essere altamente competitivi, anche a fronte di maggiori concentrazioni a livello europeo. Per scongiurare il rischio di venire inglobati, o peggio ‘colonizzati’, esiste una sola strada che va perseguita con determinazione: creare un modello societario innovativo. A2A può e deve diventare un polo aggregante sul territorio, qualificando e valorizzando le aziende che sono o possono essere utili partner. Sono questi i valori aziendali nei quali ci riconosciamo e che sono finalizzati a creare un sistema connettivo forte, che sia in grado di mantenere alti livelli di eccellenza. Un esempio a sostegno di questa tesi – evidenzia il Presidente Tarantini – deriva dall’investimento effettuato di recente da A2A in Montenegro, nel settore dell’energia idroelettrica: in un Paese straniero ci si misura con maggiore efficacia non solo esportando il proprio know how, le proprie competenze ed esperienze, ma anche e soprattutto generando e realizzando una grande rete di collaborazione e di sinergie con le aziende locali. E’ questo il valore aggiunto di una multiutility legata al proprio territorio e aperta all’incontro con nuove realtà. A Brescia verrà presto aperta una scuola nella quale si promuoverà formazione e addestramento del personale, prequalificazione delle aziende che lavorano per A2A, ricerca e innovazione. Tecnici preparati, con solidi fondamentali: per le esigenze del proprio territorio e per realtà, come il Montenegro, che presentano ancora carenze in termini di preparazione professionale e cultura d’impresa. Aziende qualificate, con potenzialità di crescita: per lavorare e progettare insieme. L’innovazione è un tema fondamentale, anche se le resi-

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stenze sono forti, anche se subiamo ancora le inadeguatezze e le lentezze del sistema Paese”. “Una storia ci fa capire meglio ciò di cui sono convinto” aggiunge l’avv. Tarantini: “negli Stati Uniti quando entri nei luoghi di lavoro capisci l’importanza delle persone dai metri quadri degli uffici e dal numero di piano dove sono collocate. Al New York Times hanno insediato agli ultimi piani dei giovani che non c’entrano nulla con il quotidiano, ma che hanno chiamato e voluto per inventare il giornale del futuro, perché anche in quel grande giornale, ‘giornale-istituzione’ per definizione, hanno compreso che per continuare non solo a crescere, ma a vivere nell’era delle nuove tecnologie e dei nuovi media, occorre guardare il mondo in modo nuovo, con occhi diversi, da un’altra prospettiva, da una diversa angolazione. E così anche in Italia: bisogna creare qualcosa di nuovo, che possa diventare una valida proposta imprenditoriale per il futuro. Per A2A la sfida è impegnativa: conciliare la forma della multiutility con l’azienda quotata, con la sua natura pubblica, e far cogliere agli investitori le potenzialità di un gruppo che guarda al futuro, che persegue logiche solide e durevoli nel tempo. Dobbiamo veicolare l’idea che il modello che perseguiamo è un modello nuovo d’impresa: forse molto più difficile da realizzare, perché implica processi più complessi, ma che può diventare un modello alternativo vincente anche contro la crisi di questi tempi. Da ultimo: occorre comprendere che aziende come A2A sono un bene per il Paese e che per questo vanno sostenute, per questo occorre garantire le migliori condizioni per poter fare impresa. Le aziende italiane devono potersi confrontare ad armi pari a livello europeo. Altrimenti il concetto di italianità diventa una parola vuota, senza contenuto”. E il nucleare? Il Presidente Tarantini non elude la questione: “E’ quanto mai evidente che l’energia ha assunto un ruolo rilevante e strategico nel nostro Paese, che i costi energetici – del petrolio, in particolare – costituiscono una voce che incide pesantemente sul sistema delle imprese, che il nucleare è un tema cruciale. Dobbiamo trovare alternative per il futuro, riformulando i modelli e i parametri di produzione di energia. Il nucleare potrà offrire le risposte di cui abbiamo bisogno? Quale fabbisogno potranno soddisfare le energie rinnovabili? Riusciremo progressivamente ad affrancarci dai combustibili fossili? Sono domande dalle cui risposte passa la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. Ciò che è positivo, e che registro, è che oggi esistono minori preconcetti e rigidità ideologiche rispetto agli anni Ottanta, che il dibattito può svilupparsi in forme più concrete e convincenti. Un dato è inconfutabile: oggi paghiamo l’energia a costi superiori alla media europea. E scontiamo l’abbandono di settori importanti della ricerca e della formazione, avendo accumulato un forte gap in termini di innovazione e tecnologia”. Il Presidente del CdS di A2A ne è convinto: “Il nostro Paese ha grande bisogno di energia e questo bisogno crescerà ulteriormente. In questa chiave, l’investimento in Montenegro assume una particolare valenza: parte dell’energia idroelettrica prodotta, infatti, verrà convogliata verso l’Italia attraverso un cavo sottomarino che arriverà sul litorale d’Abruzzo e che contribuirà a potenziare strategicamente l’area della dorsale adriatica. Circa il nucleare: non è un fatto automatico che un’azienda come A2A si impegni nel nucleare. La decisione dipenderà dalle volontà degli azionisti, dall’andamento delle vicende politiche nazionali, dalla possibilità di rendere compatibile il nucleare con la nostra struttura finanziaria e il nostro sistema di business. Ciò che è importante è che anche A2A sia in grado di misurarsi su questo terreno, se e quando maturerà questo indirizzo, che continui a sviluppare l’attitudine a diversificare i propri settori di attività e di intervento, che sappia ricoprire un ruolo da protagonista in più ambiti. Senza allentare, anzi rinforzandoli costantemente, i propri legami con i territori d’appartenenza”.

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Le strategie della regione lombardia Marcello Raimondi Il tema della semplificazione e della burocrazia è un mondo complessissimo, derivato dal fatto che la gente non fa il proprio mestiere, ad esempio lo Stato ha latitato molto in questi anni dal punto di vista dell’incentivazione a tutte le procedure che afferiscono alle attività economiche ed energetiche, per lunghi anni subendo in modo passivo un’attività dalla unione europea, la quale ha sfornato moltissime iniziative su questi temi per le quali tutto ricadeva sui territori ed è sorto un gran casino, si sono cominciate a fare cose che non andavano fatte, ad esempio la provincia si è messa ha fare l’operatore energetico. Questa confusione di ruoli nelle istituzioni determina molto spesso che ciò che si deve fare non si fa, allora il tema delle autorizzazione comporta: ciò che attivamente si può fare per semplificare, la regione Lombardia è stata la prima a fare un regolamento di questo tipo, questa è una cosa davvero all’avanguardia che permette anche il rilancio dell’edilizia in un periodo così delicato, è stata anche la prima a fare le linee guida sul fotovoltaico che sono le più avanzate in Italia, quindi c’è una parte attiva quindi che si può fare per accelerare le tempistiche, però la stragrande parte del lavoro deve farlo lo Stato collaborando con l’Europa. Altrimenti poi si subiscono le decisione europee e diventa difficilissimo trovare una modalità italiana per rendere compatibili norme massimaliste come quelle fatte da chi ha una provenienza culturale diversa dalla nostra. C’è anche una parte passiva, in presenza di queste norme. La strada intrapresa dalla regione Lombardia per quanto riguarda le infrastrutture, ha cominciato a procedere in questo modo: prima le procedure autorizzative venivano gestite in sequenza, ora si è cominciato a mettere in contemporanea queste procedure, si sono messe in sincro cose che andavano linearmente, è un lavoro molto impegnativo. Con queste modalità estenuanti dal punto di vista della realizzazione si è riusciti ad ottenere un taglio significativo dei tempi, una riduzione fortissima dei contenziosi e quindi la possibilità di realizzare le opere. Anche sulle politiche di incentivazione ambientale si deve ancora di più andare in questa direzione. Si potrebbero usare anche gli accordi di programma che hanno egregiamente funzionato per le infrastrutture anche per le autorizzazioni ambientali connesse ad attività industriali. In conclusione il tema della formazione: il nostro sistema industriale ha bisogno di tecnici. La regione Lombardia ha una tradizione consolida nella formazione professionale importantissima, si vuole procedere in questa direzione, se potessimo mettere in campo delle sperimentazioni nel campo energetico di formazione professionale tema , la regione è molto disponibile ad attivarsi. C’è bisogno di un maggior impegno anche da parte del governo su questo tema della formazione professionale, bisogna rimettere mano ai sistemi degli istituti tecnici guardando anche a quelle regioni che già sono in grado di farlo, come la nostra. I nostri percorsi professionali hanno una caratteristica di innovazione ed eccellenza e più avanzati degli its, tanto che forse non ha più senso mantenere le due realtà.

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Camera dei deputati XVI LEGISLATURA

Politiche e mercati energetici nell’Unione europea

n. 115 9 giugno 2010 Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea (tel. 2145) I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

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La politica energetica europea Domanda globale di energia: principali tendenze

INDICe La politica energetica europea Domanda globale di energia: principali tendenze La domanda e l’offerta di energia nell’UE Sicurezza e vulnerabilità energetica L’approccio strategico dell’UE Gas e petrolio Ruolo delle infrastrutture Energia e ambiente Il pacchetto energia clima Promozione dei veicoli puliti Nucleare Documenti Statistiche della Commissione europea EU energy and transport - Statistical pocketbook 2010

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Lo scenario energetico globale delineato dall’Agenzia internazionale per l’energia (“World Energy Outlook 2009”) offre un quadro puntuale sulle tendenze dei prossimi decenni: • la domanda globale di energia dovrebbe aumentare dell’1,5 % annui tra il 2007 e il 2030, con un aumento complessivo di circa il 40%, in gran parte a causa di una maggiore domanda di energia da parte dei paesi asiatici e del Medio Oriente non appartenenti all’OCSE, tra cui la Cina che si prevede raddoppierà il suo consumo energetico annuo fino al 2030; • i combustibili fossili continueranno a essere la fonte principale per la produzione di energia primaria, fino a coprire l’84% dell’incremento della domanda di energia fino al 2030; • in termini assoluti, il tasso di crescita più elevato riguarderà la domanda globale di carbone, anche se il petrolio dovrebbe rimanere la principale fonte di energia a livello mondiale, nonostante si preveda che la sua percentuale scenda dall’attuale 34% al 30%; • la domanda di carbone e gas aumenterà a causa di accresciuto fabbisogno energetico per la produzione di energia elettrica. La domanda globale di energia elettrica dovrebbe aumentare su base annua del 2,5% fino al 2030 con oltre l’80% dell’aumento nei paesi non appartenenti all’OCSE; • la quota di energie rinnovabili non idroelettriche nella produzione complessiva di energia elettrica crescerà dal 2,5% del 2007 fino all’8,6% nel 2030; l’aumento assoluto più consistente riguarderà l’energia eolica; • per soddisfare la domanda di energia prevista fino al 2030, nello scenario di riferimento, occorreranno in media 1100 miliardi di dollari statunitensi l’anno (ossia l’1,4% del prodotto interno lordo globale). Oltre la metà di tutti gli investimenti in ambito energetico riguarderà i paesi in via di sviluppo nei quali la domanda crescerà più rapidamente. Allo stesso tempo, in tutto il mondo gli investimenti nel settore energetico sono diminuiti nel 2009 a causa della crisi finanziaria globale. Secondo le stime, gli investimenti per la prospezione di petrolio e gas sono diminuiti del 19% nel 2009 rispetto al 2008, comportando una riduzione di oltre 90 miliardi di dollari; • l’aumento entro il 2030 della domanda di energia dei paesi asiatici e del Medio Oriente non appartenenti all’OCSE avrà come conseguenza un maggiore contributo alla crescita delle emissioni di CO2: Cina, India e Medio Oriente saranno responsabili dell’aumento di tre quarti dell’intera crescita di emissioni dal settore energetico; • per la prima volta dal 1981, nel 2009 il consumo globale di energia è diminuito significativamente in conseguenza della crisi finanziaria mondiale, tuttavia, si prevede che ricomincerà rapidamente a crescere dopo la ripresa economica.

La domanda e l’offerta di energia nell’UE Le decisioni e le linee strategiche adottate dall’UE in materia si ispirano a un duplice obiettivo: a) per un verso, assumere le iniziative idonee ad ampliare l’offerta di energia necessaria a garantire soddisfacenti prospettive di sviluppo all’UE, diversificando le rotte e i fornitori, in primo luogo attraverso il potenziamento della rete infrastrutturale;

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b) per altro verso, incidere sulla domanda di energia in modo da ridurre l’impatto ambientale delle emissioni, attraverso il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti alternative e meno inquinanti. I due obiettivi, nella logica dell’UE, sono strettamente correlati e devono essere perseguiti contestualmente. Sicurezza e vulnerabilità energetica Garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione europea, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, è una delle finalità della politica energetica europea riconosciute dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009 (art. 194 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea). La sicurezza energetica, intesa come certezza sulla disponibilità di energia a prezzi ragionevoli, assume una valenza particolare dal momento che il fabbisogno energetico del nostro continente dipende in parte significativa dall’importazione da Paesi terzi. Attualmente l’UE importa il 90% del petrolio, l’80 % del gas e il 50 % del carbone, ovvero poco di più del 50% dei suoi bisogni energetici. La Commissione calcola che, entro il 2030, tale percentuale è destinata a salire fino al 70%. La vulnerabilità energetica per l’Europa nel suo insieme è elevata, specie per alcuni dei Paesi membri che registrano una più marcata dipendenza da singoli fornitori. Dipendenza UE dall’importazione di energia nel 2007 (tutti i combustibili in % ) EU27

EU25

MT

LU

CY

IE

IT

PT

ES

BE

AT

SK

EL

LT

53,1

53,6

100

97,5

95,9

88,3

85,3

82

79,5

77,2

69,1

69

67,3

62,3

LV

HU

DE

FI

SI

BG

FR

NL

SE

RO

EE

PL

CZ

UK

DK

61,5

61,4

58,9

53,8

52,5

51,9

50,4

38,6

36,1

32,0

29,7

25,5

25,1

20,1

-25,4

Fonte: Energy Statistical pocketbook 2010, European Commission, 20/05/2010

Le due “crisi del gas”, nel 2006 e nel 2009, dovute alle tensioni tra Russia e Ucraina, hanno accentuato l’attenzione delle istituzioni europee sulla vulnerabilità europea in tale settore. In particolare, l’UE importa l’85% del suo fabbisogno di gas naturale da soli tre fornitori. Importazioni di gas nell’UE-27 ( in % )

2007

Russia

Norvegia

Algeria

Altri

Totale

40,8

26,7

16,9

15,6

100,0

Importazioni di petrolio nell’UE-27 ( in % )

2007

Russia

Norvegia

Libia

Arabia Saudita

Altri, Medio oriente

Iran

Kazahkhstan

Nigeria

Altri

Totale

34,0

15,5

10,2

7,2

6,3

6,2

3,4

2,8

14,3

100,0

Fonte: Energy Statistical pocketbook 2010, European Commission, 20/05/2010

L’approccio strategico dell’UE Lo scenario energetico del 21º secolo, che individua nella sicurezza dell’approvvigionamento energetico l’elemento essenziale per la stabilità del sistema economico e produttivo

europeo e lo svolgimento regolare della vita civile, è stato definito dai vertici europei di ottobre e dicembre 2005, nel corso dei quali i capi di Stato e di Governo concordano che l’azione dell’UE basata sulla sommatoria di diverse politiche energetiche nazionali è una strategia non più sufficiente. Nel marzo 2006, il Libro verde sull’energia1 ha delineato, per la prima volta, le condizioni per una risposta europea comune, attraverso una strategia coordinata che riunisce tutti gli aspetti connessi alla politica europea dell’energia che abbracciano un’ampia gamma di temi trasversali a moltissime politiche. Sulla base delle proposte della Commissione, nella primavera del 2009 il Consiglio europeo ha approvato il secondo riesame strategico della politica energetica dell’UE per il periodo successivo al 2010 che contiene un piano d’azione dell’UE per la sicurezza e la solidarietà nel settore energetico2. Il secondo riesame strategico considera prioritario far fronte alla crescente precarietà dell’approvvigionamento energetico: a questo scopo si individuano 5 ambiti in cui l’intervento dell’UE è particolarmente urgente per evitare il rischio di crisi. Si tratta di: • realizzare nuove infrastrutture; • sfruttare al meglio le risorse energetiche interne dell’UE, sia rinnovabili che fossili; • dare maggiore spazio alla solidarietà, compresi i meccanismi di crisi di cui dispone l’UE (le scorte petrolifere e vari meccanismi di intervento in caso di eventuali interruzioni nella fornitura del gas); • attivarsi con maggiore impegno per migliorare l’efficienza energetica. Strettamente connesso a tale priorità è la maggiore attenzione che l’UE intende assegnare alle relazioni con i paesi fornitori attraverso un più stretto coordinamento tra gli Stati membri e con la Commissione; • migliorare l’efficienza energetica. Gas e petrolio Tali proposte politiche sono state accompagnate da alcune misure da parte della Commissione tra le quali si segnalano: • la direttiva 2009/119/CE che stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio o di prodotti petroliferi, da attuare entro il 2013, che armonizza le norme e le pratiche dell’UE in materia di mantenimento di stock di sicurezza di petrolio con quelle dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) al fine di garantire una risposta coordinata tra l’UE e l’AIE in caso di crisi petrolifera. Conformemente alla pratica dell’AIE, gli Stati membri avranno l’obbligo di mantenere stock di sicurezza equivalenti ad almeno 90 giorni di importazioni nette di greggio, o ad almeno 61 giorni di consumo medio; • il pacchetto complessivo di proposte sulle infrastrutture della Commissione del 16 luglio 2009 che comprende, tra l’altro, una proposta di regolamento concernente misure volte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas (COM(2009)363). La proposta intende favorire un funzionamento del mercato interno del gas corretto e costante tale da consentire alle autorità competenti di far fronte a situazioni di emergenza attraverso misure di mercato prima di ricorrere a misure diverse. Il regolamento, altresì, prevede che ciascuno Stato membro predisponga 1

(COM(2006)105) Sulla base di una proposta presentata dalla Commissione nel novembre 2009 (COM(2008)781).

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un piano d’azione preventivo sui rischi nonché un piano di emergenza contenente le misure da adottare per attenuare l’impatto di un’interruzione dell’approvvigionamento di gas. La proposta, infine, assegna alla Commissione il ruolo di garante del funzionamento del mercato interno, riconoscendole il compito di coordinare le autorità competenti a livello comunitario attraverso il gruppo di coordinamento del gas, in particolare in caso di emergenza comunitaria. Il terzo pacchetto sul mercato interno dell’energia3, che promuove la sostenibilità stimolando l’efficienza energetica e rimuove gli ostacoli alla creazione di un mercato (interno) competitivo, contiene inoltre disposizioni relative alla sicurezza dell’approvvigionamento. In particolare, vi sono delle disposizioni che migliorano le condizioni per gli investimenti in centrali elettriche e in reti di trasmissione, nonché disposizioni rafforzate che garantiscono un’equa concorrenza con imprese di paesi terzi. Ruolo delle infrastrutture Nel programma di lavoro per il 20104 della Commissione, sono inserite tra le iniziative strategiche la presentazione di un pacchetto di misure relativo alle infrastrutture dell’energia contenente: • una comunicazione sullo sviluppo delle infrastrutture dell’energia per il periodo 2020/30 incentrata sull’approfondimento delle esigenze di investimento relativamente alle reti di distribuzione per il gas, il petrolio o il CO2; • un documento di lavoro dei servizi della Commissione sull’infrastruttura dell’energia che valuterà le sei azioni infrastrutturali prioritarie. Si tratta in particolare, di: collegare i mercati energetici tuttora isolati in Europa; realizzare un corridoio meridionale di trasporto del gas; promuovere infrastrutture per il gas naturale liquefatto; completare l’anello mediterraneo dell’energia; sviluppare le interconnessioni nord-sud di gas ed elettricità nell’Europa centrale e sudorientale; sviluppare una rete di trasmissione offshore nel Mare del Nord; • una comunicazione sull’elaborazione di un progetto per reti offshore nei mari del Nord Europa; • una relazione sulla situazione delle reti intelligenti in vista di una proposta legislativa da presentare entro il 2011. Tra i sei progetti infrastrutturali prioritari individuati dalla Commissione figura lo sviluppo di un corridoio meridionale per il gas finalizzato a importare risorse di gas naturale di provenienza non russa. A tale proposito, costituisce una priorità chiave. Il corridoio Sud trasporterà il gas naturale dal Caspio attraverso la regione del Mar Nero fino all’UE. Il corridoio Sud è in realtà composto da diversi progetti, i più importanti dei quali sono il gasdotto Nabucco, il gasdotto Georgia-Ucraina-UE (“White Stream”) e il dispositivo di interconnessione tra Turchia, Grecia e Italia (ITGI). Il 13 luglio 2009 Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria e Turchia hanno firmato un accordo intergovernativo per favorire la costruzione di Nabucco, permangono, tuttavia, delle preoccupazioni relative alle risorse di gas naturale disponibili per sostenere la capacità annua di 31 miliardi di metri cubi. Si prevede che Nabucco sarà operativo nel 2014 con una capacità iniziale del gasdotto di 8 miliardi di metri cubi.

Regolamento (CE) n. 714/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica. Regolamento (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale. 4 (COM(2010)135). 3

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Ai fini della diversificazione degli itinerari di transito dell’energia verso l’UE, grande importanza rivestono due progetti che dovrebbero aumentare le possibilità di importazione dalla Russia. Si tratta del progetto congiunto russo-italiano Gazprom-ENI per la costruzione del South Stream, un gasdotto sottomarino che dovrebbe attraversare il Mar Nero dal territorio russo fino in Bulgaria e proseguire fino all’Europa centrale e meridionale, e del gasdotto North Stream, che dovrebbe trasportare fino a 55 miliardi di metri cubi di gas naturale dalla Russia alla Germania attraverso il mar Baltico. Mentre il North Stream dovrebbe diventare parzialmente operativo nel 2011 e raggiungere la piena capacità nel 2012, si prevede che il progetto South Stream, al cui consorzio si prevede possa aderire, entro giugno, anche l’azienda francese EDF, sarà completato nel 2015. A tale proposito, si ricorda che il 27 aprile la Commissione ha presentato una relazione sull’attuazione del programma energetico europeo per la ripresa (European Energy Programme for Recovery, EEPR) (COM(2010)191) nell’ambito del quale sono stati stanziati 3 980 milioni di euro per progetti infrastrutturali, circa 400 dei quali destinati ai 5 progetti che interessano l’Italia: gasdotti ITGI - Poseidon (Turchia-Grecia-Italia) e GALSI (Algeria-Sardegna); interconnessioni elettriche SiciliaCalabria e Italia-Malta; impianto CCS di Porto Tolle per lo stoccaggio in un acquifero salino offshore nel mare Adriatico di gas di combustione prodotti da un nuovo impianto a carbone da 660 MW (corrispondenti all’uscita di 250 MW di energia elettrica). Alla stessa logica di coerenza e organicità degli interventi si ispira la politica europea in materia di reti trans europee dell’energia (TEN-E). Il 4 maggio 2010 la Commissione ha presentato una relazione sull’attuazione TEN-E nel periodo 2007-2009 (COM(2010)203) che definisce nuove priorità strategiche dell’UE in materia di infrastrutture energetiche: • dare alle reti una dimensione più europea, studiando nel contempo la dimensione esterna delle infrastrutture e la diversificazione delle rotte e delle fonti di approvvigionamento, in particolare nel settore del gas e del petrolio; • riunire i progetti in iniziative regionali, secondo l’approccio proposto dalla Commissione nella seconda analisi strategica della politica energetica europea; • migliorare la cooperazione fra gli Stati membri che partecipano a singoli progetti di interesse europeo; • attrarre investimenti in materia di infrastrutture proporzionati alle sfide.

Energia e ambiente Con il piano d’azione approvato dal Consiglio europeo nel marzo 2007 si sanciva l’impegno dell’UE a trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente e a basse emissioni di CO2. In particolare, l’Unione europea si è proposta di assumere la leadership mondiale al fine di catalizzare una nuova rivoluzione industriale che acceleri il passaggio ad una crescita economica a basso tenore di carbonio, in cui la produzione e il consumo di energia locale a basse emissioni aumenti drasticamente. La strategia europea per l’energia e i cambiamenti climatici, pertanto, pone la crescita sostenibile è posta al centro di una visione volta a trasformare l’Europa nella regione in assoluto più compatibile col clima, proiettata verso un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente in termini di risorse e resiliente sotto il profilo climatico. Tale obiettivo si riflette nella strategia “Europa 2020”, che intende trasformare i rischi legati a un aumento dei prezzi dell’energia, a un regime restrittivo per le emissioni di carbonio, e alla lotta all’accaparramento di

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risorse e mercati in un’opportunità per creare una nuova economia europea che goda di un forte vantaggio competitivo a livello globale. La strategia UE 2020 propone, sia a livello europeo sia a livello nazionale, di includere la dimensione climatica nelle politiche atte a promuovere l’ecoinnovazione, i prodotti, e i sistemi efficienti sotto il profilo energetico che, in tale prospettiva, dovranno tenere conto delle questioni legate allo scambio delle quote di emissione, agli incentivi fiscali e finanziari, agli investimenti e agli appalti pubblici, così come agli stanziamenti mirati alla ricerca e all’innovazione. Il pacchetto energia clima Il Consiglio europeo del marzo 2010 ha inserito tra gli obiettivi della strategia UE 2020 gli obiettivi del pacchetto clima-energia ovvero: ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20% rispetto ai livelli del 1990; portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabili e puntare a un miglioramento del 20% dell’efficienza energetica. In assenza di analoghi impegni comparabili da parte degli altri attori mondiali, e perdurando la crisi economica, la Commissione non propone, per ora, di modificare l’attuale obiettivo del 20% fornendo, tuttavia, un’analisi attualizzata dei costi e dei benefici dalla quale risulta che dal 2008 i costi assoluti per l’obiettivo del 20% sono scesi da 70 a 48 miliardi di euro l’anno (pari allo 0,32% del PIL) fino al 2020, mentre quelli connessi all’obiettivo del 30% sono stimati a 81 miliardi di euro l’anno, ovvero che l’obiettivo del 30% costerebbe 33 miliardi di euro (0,2% del PIL) in più rispetto alla stima del costo per l’obiettivo del 20%. Sul fronte interno, la Commissione è dunque impegnata nella piena applicazione del pacchetto energia/clima attraverso interventi trasversali per definire questioni inerenti aspetti quali, ad esempio, il sistema di scambio delle quote di emissioni (aste, attribuzione di quantità gratuite ai settori industriali esposti un rischio significativo di “fughe di carbonio”), e per impostare la strategia che permetterà la transizione dell’UE a un’economia a bassa emissione di carbonio per il 2050 (ossia, una riduzione delle emissioni compresa tra l’80% e il 95% per il 2050 rispetto al 1990). La Commissione prevede l’elaborazione, per il 2011, di una strategia che prenda in considerazione la riduzione delle emissioni nelle altre politiche settoriali e negli strumenti finanziari dell’UE, corredata di un esame delle diverse politiche (l’agricoltura, l’acqua, la ricerca, i trasporti, l’energia, la fiscalità), nonché di interventi nel settore dei trasporti (il futuro libro bianco, limitazione progressiva delle emissioni dei veicoli commerciali leggeri). Promozione dei veicoli puliti Tra le principali proposte della Commissione per attuare gli obiettivi del pacchetto clima-energia si segnala, in particolare, la strategia (COM(2010)186) intesa ad incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di veicoli puliti sul piano energetico presentata dalla Commissione il 27 aprile 2010. Al fine di garantire la sostenibilità della mobilità nel lungo termine, soprattutto in vista del consistente futuro incremento del parco auto e della carenza crescente di risorse energetiche, la Commissione si prefigge l’obiettivo di valorizzare appieno le potenzialità dei veicoli verdi nella lotta contro il cambiamento climatico, ridurre la dipendenza dell’UE dal petrolio e fare in modo che l’industria automobilistica europea rivesta un ruolo di primo piano a livello mondiale nello sviluppo di tecnologie a propulsione alternativa. Sulla proposta della Commissione si è pronunciato favorevolmente sia il Parlamento europeo (6

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maggio) sia il Consiglio (25 maggio) che nelle sue conclusioni invita la Commissione a presentare proposte legislative per promuovere la realizzazione e la distribuzione di veicoli elettrici. Altro versante fondamentale, secondo la Commissione, sarà lo sviluppo di infrastrutture energetiche innovative al fine di realizzare una “rete intelligente” per l’energia che renda possibile, tra l’altro, l’integrazione della generazione distribuita e di quella rinnovabile. Obiettivo dell’UE e degli Stati membri dovranno essere investimenti strategici mirati a conseguire l’obiettivo di produrre, entro i primi mesi del 2020, due terzi dell’elettricità in condizioni più sicure e con emissioni di carbonio limitate. Il Consiglio di primavera del 2010 ha inserito fra le priorità di discussione dei prossimi vertici le riflessioni su ricerca e sviluppo, innovazione, e politica energetica. Nucleare La comunicazione relativa all’aggiornamento del aggiornamento del programma indicativo per il settore nucleare nel contesto del secondo riesame strategico delle politica energetica (COM(2008)776) evidenzia il ruolo dell’energia nucleare come una delle fonti energetiche in grado di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici dell’Europa, visto che le fonti di uranio sono ampiamente distribuite su tutto il pianeta, in zone geopoliticamente stabili. La minore sensibilità alle variazioni del prezzo dei combustibili, inoltre, la mette in condizione di proteggere le economie dell’UE contro la volatilità dei prezzi delle materie prime. Le differenze nelle politiche nazionali in materia di energia nucleare, tuttavia, non hanno consentito all’UE, finora, di sviluppare una politica comune per l’energia nucleare: su 27 Stati membri, attualmente 15 sono dotati di centrali nucleari. La questione dei rifiuti si affianca a quella dello smantellamento degli impianti nucleari esistenti (decommissioning), affrontata dalla Commissione in un documento di lavoro (SEC(2007)1654) presentato nel dicembre 2009. Per ciò che riguarda l’Italia, il documento riporta l’inventario dei rifiuti radioattivi presenti nel territorio (esclusi quelli provenienti dal centro di ricerca di Ispra), e valuta in circa 4 miliardi di euro i costi (calcolati nel 2004) per lo smantellamento di tutti gli impianti nucleari, che dovrà essere realizzato entro il 2024. Secondo il documento, tale impegno non comprenderebbe i costi per lo smaltimento di rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito in assenza di un sito definitivo di stoccaggio. La Commissione ricorda, inoltre, che un terzo dei reattori nucleari attualmente in funzione nell’UE dovrà essere smantellati entro il 2025. La questione dei costi e della complessità dei finanziamenti per il settore nucleare non riguarda solo il decommissioning, ma anche i costi ingenti derivanti dall’avvio della produzione in una centrale nucleare e i costi per la ricerca. A tale ultimo proposito, si ricorda che il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET), inteso a promuovere la ricerca di tutte le tecnologie a bassa intensità di carbonio, comprende anche la fissione nucleare, per la quale l’UE è impegnata a finanziare il progetto ITER, che prevede la costruzione di un reattore sperimentale a Cadarache (Francia) entro il 2012. Il 4 maggio la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2010)226) relativa allo stato di avanzamento del progetto ITER sulla fusione nucleare, nella quale si prospetta la necessità di un finanziamento aggiuntivo di 1,4 miliardi di euro nel periodo 2012-2013 che potrebbe essere coperto aumentando il massimale previsto nel quadro finanziario dell’UE 2007-2013, oppure attraverso un contributo addizionale da parte degli Stati membri.

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Documenti Statistiche della Commissione europea EU energy and transport - Statistical pocketbook 2010

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profilo relatori e aziende STEFANO SAGLIA Dal 1995 al 1999 Consigliere Provinciale a Brescia. Dal 1999 al 2001 Vice Presidente della Provincia di Brescia e Assessore alla Formazione e alle Attività Produttive. Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati nel maggio del 2001, è stato confermato nelle Elezioni Politiche sia del 2006 che del 2008. Nella XV^ Legislatura è stato Vice Presidente della Commissione Attività Produttive della Camera. E’ componente dell’Intergruppo Parlamentare sulla Sussidiarietà. Relatore alla Camera di importanti riforme tra le quali il riassetto del settore energetico in Italia, la legge sulla tutela del Risparmio e quella sull’Impresa Sociale. Rieletto nelle Politiche del 2008 alla Camera, viene designato Presidente della XI^ Commissione Lavoro Pubblico e Privato. Il 30 aprile 2009 viene nominato Sottosegretario allo Sviluppo Economico del IV Governo Berlusconi con delega sui problemi energetici. MARCELLO RAIMONDI Nel 2000 eletto Consigliere Regionale per la Provincia di Bergamo nelle liste di Forza Italia. Durante il mandato ricopre la carica di Vicepresidente della II Commissione “Affari istituzionali”. Tra le leggi di cui è stato relatore, spiccano quella che ha istituito il “Buono Scuola” e le leggi di semplificazione che hanno dimezzato il corpus normativo della Regione Lombardia. Nell’aprile 2005 viene rieletto in Consiglio regionale nelle file di Forza Italia e, fino a luglio 2008, ricopre l’incarico di Presidente della V Commissione consiliare “Territorio, Infrastrutture, Trasporti, Edilizia”. Diviene anche Presidente del gruppo di lavoro inter-commissioni sulla sicurezza stradale. Assume poi il ruolo di Sottosegretario alla Presidenza della Regione Lombardia per l’Attuazione del Programma e Vicepresidente della I Commissione “Bilancio” e Vicepresidente della Giunta delle Elezioni. A marzo 2010 ha ottenuto il terzo mandato come Consigliere Regionale e viene nominato dal Presidente Roberto Formigoni Assessore all’Ambiente, Energia e Reti all’interno della sua Giunta. MAURIZIO LUPI Eletto nel 1993 Consigliere comunale a Milano. Dal 1993 al 1996 riveste il ruolo di Vicepresidente, e dal 1996 al 1997 quello di Presidente della Commissione Urbanistica. A partire dal 1997 ricopre il ruolo di Assessore comunale allo Sviluppo del Territorio Edilizia privata e Arredo urbano sotto la giunta Albertini. Nel 2001 viene eletto per la prima volta eletto alla Camera dei Deputati nel collegio 15 di Merate dove fonda e presiede una realtà di presenza politica territoriale chiamata Associazione Costruiamo il Futuro. Diviene membro della VIII Commissione (Am-

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biente, Territorio e Lavori pubblici). Viene confermato nelle elezioni politiche del 2006 nel collegio Lombardia 1 e anche nelle elezioni dell’aprile 2008, ottenendo l’incarico di Vice Presidente della Camera dei Deputati della sedicesima legislatura. E’ fondatore dell’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà e promotore della proposta di Legge sui Piccoli Comuni, nonché della Legge sui Principi di Governo del Territorio. E’ membro della Commissione Parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. E’ infine membro della Sezione giurisdizionale dell’Ufficio di Presidenza. RAFFAELLO VIGNALI (moderatore) Ha iniziato a svolgere attività di ricerca e di didattica presso il Dipartimento di Sociologia (Facoltà di Scienze Politiche) dell’Università di Bologna, occupandosi di sociologia dell’organizzazione e di sociologia economica. Dal gennaio 1997 viene chiamato all’IReR, l’Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia, dove, dall’aprile del 1999 fino al giugno 2004, ricopre l’incarico di Direttore Generale, continuando anche a svolgere attività di ricerca, con particolare riferimento ai temi della ricerca e innovazione, dello sviluppo locale e del non profit. Dal settembre 2003 a marzo 2008 riveste l’incarico di Presidente della Compagnia delle Opere, associazione di piccole e medie imprese e realtà non profit. Nel 2002 ho partecipato alla costituzione della Fondazione per la Sussidiarietà, di cui sono stato Vice Presidente fino al 2005. Nel 2008 viene eletto alla Camera dei Deputati, XVI legislatura, nella circoscrizione IV (LOMBARDIA 2), composta dalle Province di Bergamo, Brescia, Como, Sondrio, Varese e Lecco. Dal maggio 2008 ricopre il ruolo di Vice Presidente della X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati. GRAZIANO TARANTINI Professore di Corporate e Investment banking - Università degli Studi di Bologna, facoltà di Economia (Clasfim) è anche membro del Comitato scientifico dell’Executive Master in Business Development della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E’ anche docente esterno dell’area Finanza Aziendale e Immobiliare della Divisione Master (MBA e Master Piccole imprese) presso l’Università Bocconi Milano e membro della Consulta per l’offerta formativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Presidente, dall’ aprile 2000, di Banca AKROS SPA Presidente, dal giugno 2009, del Consiglio di Sorveglianza di A2A SPA. Vice Presidente, dall’aprile 2009, e già Consigliere di Amministrazione, dall’aprile 1998, della Banca Popolare di Milano SCRL Consigliere, dal marzo 2004, di ESN Inc. – North America – New York: broker dealer e corporate finance. Commissario, dal dicembre 2000, della Fondazione CARIPLO Componente, dal giugno 2009, della Giunta di Assonime – Associazione fra le Società per Azioni.

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EMMANUELE FORLANI (moderatore) Ha ricoperto l’incarico di responsabile organizzativo del Crisp (Centro di ricerca interuniversitario sui servizi di pubblica utilità alla persona) e di responsabile di progetto per il primo Osservatorio regionale sulla sussidiarietà della Regione Emilia Romagna. Ricopre l’incarico di Direttore di Asso (Associazione scuole di sussidiarietà orizzontale) e responsabile dell’Ufficio studi e membro degli organi centrali della Compagnia delle Opere. Diviene membro della Commissione di riforma del codice civile all’interno della Commissione Pinza. Dal 2003 è Coordinatore della segreteria dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà. Dal 2002 al 2008 è stato segretario generale della Fondazione per la Sussidiarietà Attualmente ricopre l’incarico di Capo Segreteria Politica del Vice Presidente della Camera dei Deputati, on. Maurizio Lupi. E’ infine Direttore Scientifico della Fondazione Costruiamo il Futuro. MARCO RICOTTI Professore Ordinario di Impianti Nucleari dal 2009 e Docente e Ricercatore al Politecnico di Milano dal 1993. Competenze e campi di ricerca: Reattori Nucleari di nuova generazione, Sistemi e Analisi di Sicurezza, Termoidraulica, Simulazione Dinamica ai fini di Sicurezza e Controllo. Cariche ricoperte: Senato Accademico, Rappresentante d’Area (2007-2010), Vice-Direttore del Dipartimento di Energia (20082010), Membro del Nucleo di Valutazione di Ateneo (2003-2006), Senato Accademico, Rappresentante dei Ricercatori (1999-2002). SILVIO BOSETTI Dal 1991, per oltre 10 anni, è stato dirigente nel gruppo Aem, dove ha completato il progetto di metanizzazione, riorganizzando una struttura di oltre 1000 dipendenti, sviluppando la campagna di marketing per il riscaldamento e collaborando al progetto di unbundling. Dal 2002 è Ad di Agam (Società dei Servizi di Monza), controllata dal Comune di Monza e partecipata al 25% da A2A. Dal 2006 è presidente della Fondazione ordine degli ingegneri della Provincia di Milano. È stato presidente di Confservizi Lombardia e membro della Giunta di Confservizi nazionale con delega alla qualità ed ai consumatori (triennio 2003-2006). Ha ideato e avviato la Fondazione Energy Lab, con soci università milanesi, Regione Lombardia, la Fondazione Aem ed Edison.

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ADRIANO DE MAIO Professore incaricato (dal 1969) poi Associato, poi Ordinario di Gestione Aziendale e di Gestione dei Progetti Complessi. Diviene - ProRettore Vicario dal 1991 al 1994 e Rettore dal 1994 al 2002. E’ stato Rettore della LUISS Guido Carli Roma dal 1992 al 1995. Commissario straordinario CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) dal 1993 al 1994. Ha ricoperto il ruolo di Presidente del TIME (Associazione di Università Tecniche europee) dal 2000 al 2002 e di Presidente della Commissione Ministeriale per l’Università dal 2002 al 2005. Per la Regione Lombardia ricopre l’incarico di delegato per l’Alta Formazione, Ricerca ed Innovazione (2005-2008). Attualmente è Professore ordinario di Gestione dei progetti complessi al Politecnico di Milano e, dal 1999, Presidente IReR (Istituto di Ricerca della Lombardia). E’ infine Presidente del Collegio Ingegneri ed Architetti di Milano dal 2007, Vicepresidente SEMM (Scuola di dottorato in Medicina Molecolare) e, dal 2008, Presidente Fondazione Distretto Hi Tech della Brianza. CLAUDIO MAGGIONI Enel Key Account Manager Emerson Process Management La Emerson Process Management ha sede a Seregno nella Provincia di Monza e Brianza. E’ fornitore di soluzioni per la gestione di processo ed è costituita da un’ampia famiglia di marchi riconosciuti internazionalmente: Fisher-Rosemount Systems, AMS Suite, Daniel, Fisher Controls, Rosemount, Mobrey Solartron, Metco, CSI, Brooks Instrument, Micro Motion, Saab Rosemount, Uniloc, Power&Water Solutions (ex Westinghouse Process Control) sono alcuni esempi che chiariscono il livello delle varie realtà di cui è composta. Oggi queste aziende sono state riunite sotto il nome Emerson Process Management, compagnia di automazione leader del mercato mondiale. La nuova organizzazione, avvalendosi della competenza maturata da altri marchi di Emerson, fornisce servizi integrati di automazione, ingegneria, consulenza, progettazione e servizi di gestione, e consolida l’evoluzione da semplice costruttore a fornitore di soluzioni complete. ANDREA BARACCO Director Communication & Public Affairs Renault Italia S.p.A. Renault vanta una presenza industriale e commerciale in 118 paesi. Progetta, fabbrica e commercializza in tutto il mondo autoveicoli. Un’azienda che si pone come gruppo automobilistico estremamente competitivo, puntando ad una forte internazionalizzazione ed allo sviluppo di nuovi mercati, anche grazie ai marchi Dacia e Renault Samsung Motors. L’Azienda si è consolidata nel marzo 1999 con l’Alleanza Renault-Nissan. Tale accordo, permette ai due co­struttori di occupare il quarto posto al mondo per volumi di vendita, con oltre 5.000.000 unità l’anno. RENAULT ITALIA, costituita nel 1958, è una delle

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Filiali europee più importanti del Gruppo. Con sede centrale a Roma, si articola sul territorio nazionale attraverso le Direzioni di Area (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud), il Centro Distribuzione Europeo di Ricambi a S. Colombano al Lambro e le società del gruppo RENAULT (RCI Banque Succursale Italiana, Renault Consulting, Sodicam e Renault Retail Group Italia). La rete di vendita che si struttura nelle 4 Filiali di Renault Reta il Group Italia, più di 150 Concessionarie e circa 900 Centri di Assistenza. DANIELE TERRUZZI Amministratore Delegato Terruzzi Fercalx La conquista dei mercati emergenti non è un’esclusiva dei grandi gruppi industriali. Anche le aziende di piccole-medie dimensioni, quando sono ben strutturate, possono giocare la propria partita. Lo ha dimostrato la Terruzzi Fercalx di Spirano, azienda bergamasca che progetta e fabbrica impianti industriali con 60 dipendenti, un fatturato raddoppiato quest’anno a 25 milioni e una quota di export dell’80%: con un’annuncio a sorpresa, la Terruzzi ha lanciato un’Opa sulla Vulcan Engineers (impiantistica industriale), una società indiana quotata al Bombay Stock Exchange di Mumbai. L’operazione è impegnativa, ma permetterà all’azienda italiana di garantirsi una posizione importante in settori strategici dell’economia indiana come le infrastrutture e l’acciaio, e soprattutto di entrare nel mercato degli appalti pubblici indiani, da dove finora è stata esclusa perché straniera. La lezione della Terruzzi è chiara: si può essere piccoli ma al tempo stesso lungimiranti. ROBERTO TROVERI Senior Consultant Fomas Group FOMAS Group è un gruppo industriale attivo su scala internazionale, in grado di operare con altissimi livelli di qualità nelle tecnologie di Fucinatura e di Laminazione circolare. I principali mercati applicativi, che il Gruppo serve, sono quelli dell’oil & gas, dell’energia (dal nucleare all’eolico), automotive e delle trasmissioni industriali. Sin dalla fondazione, nel 1956, il Gruppo si distingue per la produzione di fucinati ad alto contenuto qualitativo-tecnologico, (unica realtà negli anni ’50 a produrre piccoli rotori a vapore senza avere una propria acciaieria integrata) e per la vocazione a competere sui mercati internazionali. Nel corso degli anni il Gruppo si struttura per poter operare anche nel campo della produzione di anelli laminati, di piccole e grandi dimensioni, allargando sia la gamma dei propri prodotti sia quella delle applicazioni.

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La Fondazione Costruiamo il Futuro nasce nel 2009 su iniziativa di Maurizio Lupi, oggi Vice Presidente della Camera dei Deputati. La Fondazione si prefigge come obiettivo “lo studio e lo sviluppo di una cultura politica che si fondi sul principio di sussidiarietà” (art.3 dello Statuto). Per il raggiungimento del proprio scopo la Fondazione esercita attività di studio e ricerca, informazione, formazione e divulgazione, contribuendo al dibattito politico-amministrativo e ponendosi come punto di raccolta del contributo delle realtà locali per l’elaborazione di proposte specifiche da sottoporre nelle sedi istituzionali più opportune. Costruiamo il Futuro è una fondazione con una spiccata attenzione al territorio; recupera e sviluppa infatti la presenza e le attività delle Associazioni Costruiamo il Futuro a Merate ed a Seregno. La peculiarità della Fondazione Costruiamo il Futuro è riscontrabile sin dal momento costitutivo. Essa infatti ha come soci fondatori oltre cento esponenti del mondo imprenditoriale, artigianale, culturale, liberi professionisti e amministratori estremamente legati ed innamorati del proprio territorio. La Fondazione gode del Riconoscimento Nazionale previsto dal Codice Civile a testimonianza di una vocazione nazionale e rivolge la propria attività a tutti quei cittadini che a livello locale e nazionale, sociale e politico, con il proprio studio e la propria intrapresa, intendono impegnarsi nello studio e nell’applicazione di modelli di sussidiarietà, impegnandosi anche nella raccolta fondi e nel sostegno di esperienze sociali che studiano o realizzano il principio di sussidiarietà.


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