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Una buona notizia che sa di vino

DE GUSTIBUS DISPUTANDO

di zeffiro ciuffoletti Il 2021 è stato, fra speranze e delusioni, un anno orribile. Il secondo del tempo del Covid19. Le buone notizie sono venute dallo sport, col governo Draghi e i piani europei di ripresa e resilienza.

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Per la Toscana, come per l’Italia, una delle notizie più confortanti viene dal vino. Il 2021 è stato l’anno d’oro del vino italiano, dopo che il lockdown aveva fatto crollare i consumi nel 2020. Anno d’oro per la qualità dei vini, ma anche per gli incrementi delle vendite. Come se davanti agli effetti nefasti della pandemia, dai ricoveri alla paura, alla fine non ci resta altro che la consolazione di un buon vino: “Bevi, che ti passa!”. In effetti, gli incrementi delle vendite di vino hanno riguardato tutti i tipi di vino. Dai vini fermi confezionati (fino al +20% per i rossi) ai vini spumanti (+20%), che da anni costituiscono un fattore trainante del vino italiano nel mondo. Nel 2018 il Prosecco, come quantità di bottiglie esportate, aveva battuto lo Champagne proprio nel Paese che, fin dal Settecento, aveva decretato il successo del vino francese con le bollicine nel mondo: l’Inghilterra. Proprio il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno fatto segnare progressi straordinari dei vini italiani. Un vero e proprio boom con un +31% per i vini rossi toscani e con un +41% di vini rossi piemontesi. Il Brunello di Montalcino nel 2021 ha superato la quota di 11 milioni di bottiglie vendute con una crescita del 27%. Fra i grandi vini rossi toscani è andato bene anche il Chianti Classico con un +21% nel

2020 e persino un +11% nel 2019, l’anno prima della pandemia. Qualcosa come 35 milioni di bottiglie, di cui oltre l’80% esportate. Per ritornare ai vini con le bollicine, con in testa il Prosecco, nel 2021 si sono raggiunte vette incredibili con quasi 750 milioni di bottiglie, un volume più che il doppio di “sua maestà” lo Champagne, che è arrivato a quota 322 milioni di bottiglie. Quanto all’esportazione, siamo a livello di record. L’Osservatorio dell’Unione Italiana Vini stima che l’esportazione dei vini italiani sia arrivata a 7,1 miliardi di euro, con una crescita del 13% rispetto al 2020 e del 10% rispetto al 2019, cioè prima del Covid. Naturalmente i timori rimangono. Soprattutto per la diffusione delle varianti, che ha frenato la domanda in un periodo cruciale come quello delle feste di Natale e Capodanno, ma anche per l’ondata di rincari dei costi dell’energia e di tutto il resto, soprattutto per i trasporti. I produttori toscani, Lamberto Frescobaldi in testa, sono ottimisti e ricordano che la qualità e le buone annate, quindi il lavoro in vigna, ma anche in cantina, più la “fortuna” costituiscono un valore essenziale per il mercato del vino. Oltre all’andamento della pandemia e a quello dei prezzi, ciò che si teme, non da ora, è la battaglia anti-alcol iniziata a Bruxelles, dove si minacciano bollini rossi sul vino, come se fosse una droga. Bisognerà spiegare che il problema è il consumo moderato, che richiede educazione all’uso consapevole del vino, come di ogni cibo. Non bisogna sottovalutare questo aspetto. Lo vediamo con i giovani, che consumano birra o superalcolici, ma anche i vini con le bollicine. Avvertire, educare, rendere consapevoli dei rischi sono pratiche educative, ma anche i giovani dovranno imparare la virtù della temperanza.

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