STAZIONE COLONIA MOSTRA IMMAGINARIA AD ART COLOGNE 2014 in viaggio di Cristiana Coletti
Colonia, Stazione Centrale e Duomo (© Koelnmesse)
STAZIONE COLONIA
COLONIA Battezzata nel 50 d.C. Colonia Claudia Ara Agrippinensium è considerata dagli stessi abitanti „la città più a nord d’Italia“. Allegria, apertura, voglia di divertirsi sono le qualità „italiane“ che i Kölner riconoscono di possedere. Qualità che sono state sicuramente d’aiuto nel periodo dell’immediato dopoguerra, quando la città, quasi completamente distrutta, cominciò pian piano a rialzarsi. „Venivamo da un periodo di guerra, un periodo di caos. Non avevamo alcun orientamento, non sapevamo chi era amico e chi nemico. L’immagine del nemico che ci avevano inculcato andò in frantumi quando gli americani ci liberarono dalla fame e cominciarono a distribuire caramelle, anche se prima avevano distrutto le nostre città con le bombe“ scrive la celebre artista Mary Bauermeister nella sua biografia „Ich hänge im Triolengitter“. Il suo atelier nella Lintgasse 28 (Colonia) ha visto nascere i primi albori del movimento FLUXUS. Nam June Paik, John Cage, Merce Cunningham, Ben Patterson, Joseph Beuys e Christo sono alcuni dei grandi protagonisti ed assidui frequentatori di concerti e performances organizzati nell’atelier di Mary Bauermeister. „Nel mio atelier Paik da musicista è diventato perfomer“ racconta la Bauermeister in un’intervista pubblicata da MONOPOL nel 2012.
Kölnischer Kunstverein (©Kölnischer Kunstverein)
Mentre Düsseldorf, altra grande città della Renania, è notoriamente patria del GRUPPO ZERO e folle palcoscenico del NOUVEAU RÉALISME, Colonia diventa un centro di importanza mondiale nell’ambito della NEUE MUSIK e della musica elettronica grazie all’impegno dell’emittente WDR con il suo Studio für elektronische Musik
Wallraf-Richartz-Museum & Fondation Corboud (©Wallraf-Richartz-Museum & Fondation Corboud)
(Studio per la musica elettronica) dove dal 1953 furono realizzate, ad esempio, le prime composizioni di musica elettronica di Karlheinz Stockhausen. Erano i tempi del leggendario caffè di Gigi Campi, grande impresario di origine italiana, nella Hohe Straße. Fino agli anni’80 il punto di incontro di tutti gli amanti del jazz, di letterati, artisti, musicisti, compositori... Alcuni dei più noti frequentatori del CAMPI furono Maria Callas, Romy Schneider, R. W. Faßbinder, Joseph Beuys, Giorgio Strehler, Alberto Moravia, John Cage, Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Luigi Nono, Bruno Maderna, Konrad Boehmer, Theodor W. Adorno... A sottolineare il fatto che un grande impulso alla città lo hanno dato i cittadini stessi – in questo caso i grandi collezionisti – citiamo i noti musei di Colonia che portano il loro nome: il WALLRAFRICHARTZ-MUSEUM; il MUSEUM SCHNÜTGEN; il RAUTENSTRAUCHJOEST-MUSEUM; il MUSEUM LUDWIG, che dal I febbraio 2015 sarà guidato dal nuovo direttore Yilmaz Dziewior. Rientrano in questa categoria anche il
MUSEUM FÜR ANGEWANDTE KUNST KÖLN, che deve il cuore della sua collezione storica alla generosa donazione dei collezionisti Ferdinand Franz Wallraf (1748-1824) e Matthias Joseph de Noël (1782-1849) ed il PARCO DELLE SCULTURE (SKULPTURENPARK KÖLN), nato grazie ad un’iniziativa privata promossa nel 1997 dai collezionisti Michael ed Eleonore Stoffel. Nell’ambito dell’arte moderna e contemporanea ha un grande ruolo naturalmente anche il KÖLNISCHER KUNSTVEREIN che oggi festeggia i suoi 175 anni di attività. L’associazione fu fondata il 2 aprile del 1839 da noti cittadini di Colonia come Eberhard von Groote, il primo presidente del Verein, l’inventore dell’Acqua di Colonia Johann Maria Farina e Matthias Joseph de Noël noto commerciante, collezionista, scrittore. Membri dell’associazione erano i cittadini che entravano a far parte del progetto pagando una determinata somma (cinque talleri). Da allora ad oggi il KÖLNISCHER KUNSTVEREIN ha organizzato mostre del movimento DADA, della SECESSIONE DI COLONIA, del movimento INFORMALE, HAPPENING e FLUXUS in una storica esposizione del 1970 curata da Harald Szeemann... e cosí via fino alla VIDEO-ARTE ed oltre. Fra i riconoscimenti ottenuti citiamo quello del 2001, quando Udo Kittelmann, allora direttore del KÖLNISCHER KUNSTVEREIN, cura il padiglione tedesco della Germania
Museum für Angewandte Kunst Köln, scale interne con fontana “Delphinreiter” (© Rheinisches Bildarchiv)
alla Biennale d’arte di Venezia che vince il Leone d’oro. Come ha detto il giovane gallerista FranzJoseph van der Grinten in un’intervista che ci ha rilasciato recentemente “in Renania c’è una cultura profondamente radicata e saldamente cresciuta di impegno, di mecenatismo, di intenditori e di collezionisti che scoprono anche volentieri cose nuove. Colonia è una città di commercianti che è sempre stata rigenerata da nuovi influssi.” Skulpturenpark Köln, Anish Kapoor, Untitled, 2013 (© Stiftung Skulpturenpark Köln, VG Bild-Kunst, Bonn, foto: Veit Landwehr)
Bernar Venet, Four Arcs of 235,5°, 1999 (© Stiftung Skulpturenpark Köln, Fotostudio Schaub)
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A distanza di quasi cinquant’anni ART COLOGNE è ancora al primo posto nel panorama delle fiere tedesche e resta una delle principali porte d’accesso al mercato dell’arte in Germania. Questo è un risultato significativo che va a premiare anche il lavoro di Daniel Hug, direttore di ART COLOGNE dal 2009. L’abbiamo incontrato per sapere com’è andata la 48esima ART COLOGNE e per avere alcune anticipazioni relative alla prossima edizione che si svolgerà a Colonia dal 16 al 19 aprile 2015. ART COLOGNE
INTERVISTA A DANIEL HUG
È allo spirito intraprendente di due galleristi di Colonia che dobbiamo l’idea di organizzare la prima fiera d’arte moderna: Hein Stünke (Galerie der Spiegel) e Rudolf Zwirner (Galerie Rudolf Zwirner). Il 15 settembre del 1967 venne inaugurata la prima edizione del KUNSTMARKT KÖLN, oggi ART COLOGNE, la fiera dell’arte più antica del mondo.
Cristiana Coletti: Com’è andata l’edizione di ART COLOGNE 2014? Direttore ART COLOGNE Daniel Hug (© Koelnmesse)
Daniel Hug: L’edizione di quest’anno è capitata nel bel mezzo delle ferie pasquali delle scuole private inglesi (come successe nel 2011) e una parte di collezionisti con figli era, quindi, in vacanza. Tutti i grandi collezionisti sono venuti, naturalmente. A causa delle vacanze mancavano però alcu-
ni collezionisti della giovane generazione. Per fortuna, grazie alla nostra nuova iniziativa Art-Ambassadors, ambasciatori dell’arte, focalizzata su Benelux, Francia, Israele e Brasile, abbiamo portato a Colonia circa cento collezionisti stranieri in
Ingresso sud della fiera con la scultura Elevation di Joel Shapiro (© Koelnmesse)
più, riequilibrando nell’insieme la situazione. C. C.: È soddisfatto dei risultati? D. H.: È andata bene. Poteva andare ancora meglio se non ci fossero state le ferie di Pasqua, ma nel complesso abbiamo risolto la situazione. L’anno prossimo ART COLOGNE avrà luogo – per la prima volta – una settimana prima di ART BRUSSELS. Nel 2011 e nel 2014 ART COLOGNE c’è stata due settimane prima di ART BRUSSELS. Gli altri anni l’appuntamento coincideva. Credo che l’anno prossimo andrà molto bene visto che le due fiere avranno luogo una dietro l’altra a distanza di una settimana. Opera di Ai Weiwei all’ingresso sud della fiera (© Koelnmesse)
C. C.: Un bilancio delle vendite nel 2014? D. H.: Per quanto riguarda il bilancio delle vendite posso citare la vendita di un’opera di John McLaughlin per 390 mila Euro e la vendita di un Gerhard Richter per più di un milione di Euro. Le vendite sono state, quindi, considerevoli. Un po’ meglio rispetto all’anno precedente. L’anno prossimo andrà ancora meglio. C. C.: Quest’anno è partita la sezione COLLABORATIONS. A me è piaciuta molto. Che ne dice Lei, è andata bene? D. H.: Il settore COLLABORATIONS ha funzionato molto bene. È andata anche
meglio di quello che ci aspettavamo. Credo che anche le vendite siano state perlopiù buone. Delle sedici partecipanti a COLLABORATIONS dodici hanno venduto molto bene. La nuova iniziativa è stata accolta molto bene anche dal pubblico. È piaciuta anche la nuova disposizione dei padiglioni, più ariosa ed aperta. Mi fa piacere che anche i newyorkesi abbiano venduto bene: The Hole di New York, per esempio, che aveva uno stand nel settore COLLABORATIONS insieme a V1 Gallery; Canada e Jack Hanley (New York) ma anche Salon 94 (New York) hanno venduto molto bene. Porteremo avanti questo settore anche in collaborazione con New Art Dealers Al-
liance (NADA). C. C.: La collaborazione con la QUADRIENNALE DÜSSELDORF è stata positiva? D. H.: La collaborazione con la QUADRENNALE ha luogo ogni quattro anni. Ne è valsa la pena. C’è stata una breve simbiosi ed un buon pubblico. L’anno prossimo collaboreremo con ART BRUSSELS. Quest’anno c’è stato uno scambio di curatori fra Belgio e Germania: un gruppo di curatori dal Belgio è venuto ad ART COLOGNE ed un gruppo di curatori tedeschi è andato ad ART BRUSSELS. L’iniziativa è stata attivata dal museo belga BAM con il sostegno di Kathrin Luz (Colonia). Speriamo che questo scambio continuerà anche l’anno prossimo e che sarà possibile estenderlo ai collezionisti. Mi sembra importante che ci sia uno scambio stretto fra Colonia e Bruxelles. C. C.: Questo è stato anche il primo anno di FILM COLOGNE. D. H.: Mi chiedo come mai non ci abbiamo pensato prima! È andata molto bene, il pubblico ha reagito bene. La VIDEO LOUNGE è piaciuta. Ci sono stati solo alcuni problemi perché all’interno della VIDEO LOUNGE c’era un bar che ha disturbato alcuni spettatori. I rumori del bar distraevano, la macchina del caffè, le chiacchiere. Ma si tratta di dettagli tecnici che dobbiamo migliorare l’anno prossimo.
Film Cologne (© Koelnmesse)
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ne pensa Lei?
Ingresso della fiera (© Koelnmesse)
D. H.: Credo che in ogni amante dell’arte si nasconda un potenziale collezionista. Se un gallerista la pensa come dice Lei è miope. Non si può mai sapere. Che aspetto ha un collezionista? Io stesso, nella mia attività di galleria, ho vissuto situazioni inaspettate. Nel mio stand a Los Angeles una volta è arrivata una coppia molto giovane e vestita molto male. Si guardavano intorno e mi era sembrato che non si intendessero per niente di arte. Ho chiesto, comunque, se serviva loro un aiuto. Hanno comprato tre opere. Non si sa mai. In ogni caso: le vendite non funzionano bene se la fiera è vuota. Se un collezionista arriva in uno stand vuoto è improbabile che acquisti qualco-
La VIDEO LOUNGE resterà nello stesso posto e andrà decisamente avanti. Anche gli espositori l’hanno apprezzata. La selezione dei video presentati era fantastica. Siamo molto contenti anche della collaborazione con SOUVENIRS FROM EARTH, il canale francese specializzato per l’arte. C. C.: E come è nata l’idea? D. H.: L’idea c’era già da tempo. Dovevamo solo trovare la forma giusta per presentarla. C’è sempre stata film- e video-arte fra gli stands di ART COLOGNE. Quest’anno Guido Baudach aveva due video-box nel suo stand dove ha presentato lavori di Aïda Ruilova e Erik van Lieshout. Avevo bisogno di una motivazione per concretizzare l’idea di un settore dedicato al film ed alla video-arte. L’anno scorso Katia Baudin del MUSEUM LUDWIG mi ha presentato Marcus Kreis che dirige il SOUVENIRS FROM EARTH. Mi ha entusiasmato l’idea di poter diffondere pubblicamente i film in tutto il mondo attraverso un canale televisivo. C. C.: A questo proposito vorrei toccare un tema di cui si parla ogni tanto. Tramite iniziative anche di carattere culturale si riesce ad attrarre un vasto pubblico alle fiere, parlo in generale non solo di ART COLOGNE. Spesso i galleristi non sono contenti di ricevere un pubblico più vasto. Preferirebbero concentrarsi sui collezionisti. Cosa Auguste Herbin, Paul, 1948 (Courtesy Galerie Lahumière)
sa. Se ci sono altre persone nello stand e qualcuno guarda l’opera che interessa al collezionista, allora il collezionista si decide a comprare. È così. Le fiere, infine, non servono semplicemente per vendere o comprare, servono anche per creare uno scambio. Anche curatori, direttori di museo, giornalisti ecc. vengono alla fiera per informarsi sulla situazione attuale dell’arte contemporanea. Mi sembra l’aspetto più importante. C. C.: Cambio argomento. Pensando ai galleristi che hanno partecipato ad ART COLOGNE per la prima volta – tra cui alcuni italiani – cosa possono aspettarsi dal pubblico tedesco? Forse non c’è sempre, al primo colpo, un successo di vendite. D. H.: Una fiera rappresenta sempre un rischio. Ogni fiera. I numeri sono gli stessi, dappertutto. Alla fiera di Bologna ci sono vendite molto buone per gallerie che partecipano già da dieci o vent’anni. La stessa cosa vale per la Germania. Come si entra in questo mercato? Una sola partecipazione non basta. Certo, se la galleria è già famosa, se partecipa già da tempo a fiere internazionali ed ha già un pubblico internazionale è diverso. Spesso le gallerie utilizzano le fiere avendo praticamente già venduto in anticipo. Si approfitta dell’occasione per invitare il proprio collezionista alla fiera dove è esposta l’opera che gli interessa. Il collezionista approfitta dell’occasione e la compra, anche per evitare che se ne appropri un altro collezionista presente in fiera. È l’ultima chance che ha.
Mohammed Kazem, Triangle, 2006 (Courtesy Galerie Dr. Dorothea van der Koelen)
C. C.: Non si dovrebbe generalizzare ma Le faccio lo stesso una domanda: come sono i collezionisti tedeschi? Ho sentito dire che tendenzialmente riflettono un poco prima di acquistare.
Non è come Castellani che è un po’ più di moda. Ogni tedesco che si interessa di arte degli anni’60 e ‘70 conosce entrambi, ma Castellani è un po’ più noto. C’è una
D. H.: Mi sembra simpatico che riflettano su un acquisto. In generale i collezionisti tedeschi non seguono una moda. Certo ci sono ovunque quelli che preferiscono seguire il trend. Ma in Germania ci sono molti collezionisti ai quali interessa la buona arte. Per questo il mercato dell’arte del dopoguerra è molto forte a Colonia, il mercato dell’arte informale tedesca, del Gruppo Zero... C’è un interesse forte per Manzoni, per Fontana. Un artista come Bonalumi, ad esempio, è più per gli insider.
Stand Thomas Zander (© Koelnmesse)
Stand David Zwirner (© Koelnmesse)
fetta di collezionisti che compra Castellani perché lo trova semplicemente fantastico e le opere sono belle. In questo momento, però, Bonalumi viene riscoperto a livello internazionale. I prezzi crescono rapidamente. Almine Rech presenta il suo lavoro nella nuova galleria di Londra. Bonalumi
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Stand Konrad Fischer (© Koelnmesse)
sta giungendo al pubblico internazionale e credo che i prezzi esploderanno. Tornando a parlare dei collezionisti tedeschi, in Renania ci sono fantastiche collezioni avviate negli anni ’60 o ’70 che conservano alcune delle più belle opere di Fontana e di Manzoni che abbia mai visto. È incredibile cosa si può trovare nelle collezioni private qui nella regione. Si tratta di opere che allora, quando furono acquistate, non erano di moda.
Jürgen Klauke, Grüße vom Vatikan, 1973 (Courtesy Galerie Hans Mayer)
C. C.: Cambio ancora argomento. Una domanda che ho posto ad alcuni dei galleristi presenti ad ART COLOGNE 2014. Quale opera Le è piaciuta particolarmente fra quelle esposte in fiera? Perché Le piace? D. H.: Detto apertamente, la mia opera preferita in fiera era esposta nello stand
Stand Hauser & Wirth con l’opera Alpine Man di Paul McCarthy
di Hauser & Wirth. Un’opera dell’artista americano Paul McCarthy: Alpine Man. Il personaggio della scultura Alpine Man potrebbe essere un tirolese, uno svizzero o un bavarese con pantaloni di pelle. È una figura meccanica che si muove facendo un gesto perverso abbracciato alla botte. Fu esposto per la prima volta in Svizzera quindi probabilmente è la caricatura di uno svizzero. McCarthy gioca col contesto, con le aspettative, con l’aspetto più elementare della psiche. Utilizza stereotipi e aspetti umani che sono tabù. Credo che esistano molte storielle sui montanari che perdono la loro verginità con mucche o con capre. Succede ovunque al mondo, che si tratti di un beduino nel deserto con un cammello... ma lasciamo perdere gli aspetti più bestiali. È stata una sorpresa vedere questo lavoro ad ART COLOGNE. In realtà è un pezzo da museo. È un lavoro importante all’interno del corpo di opere di Paul McCarthy. È un aspetto dell’arte degli anni ’90 che è molto radicale ed ancora oggi scioccante. Mi ha impressionato. L’opera è stata pubblicata da moltissimi quotidiani tedeschi. Non so cosa possa aver pensato la gente „normale“, ovvero tutti quelli che non se ne intendono di avanguardia. Forse si sono chiesti „ma che sta accadendo in fiera?“ Abbiamo ricevuto due lettere
di persone che si sono lamentate perché „è solo spazzatura“, „bisognerebbe dare fuoco alla fiera“... Mi sembra importante. L’arte deve anche provocare e scioccare. UNA MOSTRA IMMAGINARIA La 48esima edizione di ART COLOGNE si è svolta sotto il segno di un mistero. Dal I gennaio 2014 la vendita di opere d’arte e di antiquariato non è più agevolata da un’aliquota IVA ridotta al 7%. L’Unione Europea ha preteso che venisse applicata anche in questo settore l’aliquota ordinaria pari al 19%. Dopo una lunga serie di trattative la Germania è arrivata ad un compromesso con l’Unione Europea: l’aliquota marginale. Ed ha deciso di rifarsi
al modello francese che prevede l’applicazione dell’aliquota del 19% sul 30% del prezzo di vendita. La decisione è stata presa dal Parlamento nazionale ma deve ancora essere ratificata da ogni singolo Land. Cosa che non era ancora successa ad aprile durante ART COLOGNE – dove le gallerie non sapevano se applicare un’aliquota del 7%, del 19% o del 19% solo su una parte dell’importo – e che non è ancora successa oggi. Un rompicapo per i galleristi tedeschi e un tema scottante per le gallerie italiane che nel corso degli ultimi anni hanno visto crescere l’aliquota IVA – a discapito del mercato dell’arte nazionale – oltre la soglia del 20%.
Così, durante la nostra rituale visita alla fiera più antica del mondo, ci siamo imbattuti in un clima sicuramente vivace ed allegro ma evidentemente caratterizzato da uno spirito spiccatamente pratico, visto che alla solita questione dei conti che devono quadrare si era aggiunto l’enigma dei calcoli delle percentuali IVA. Noi abbiamo pensato di fare piazza pulita. Via numeri e cifre! Ci siamo figurati un enorme spazio vuoto da allestire con opere selezionate dai galleristi fra quelle esposte nel proprio stand. Non si tratta ovviamente di una scelta apertamente finalizzata ad una mostra concreta, ma di una scelta fatta con amore che ci offre la possibilità di allestire una mostra immaginaria.
Padiglione della Koelnmesse (© Koelnmesse)
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Cristiana Coletti: Quale opera fra quelle esposte nel suo stand in fiera ama particolarmente e perché? GALLERIA REPETTO (Milano, Acqui Terme) Carlo Repetto Considerando il fatto che qui abbiamo esposto una personale di Fausto Melotti, non posso che parlare di una sua opera. Quella che io prediligo è intitolata La battaglia sul greto. È un omaggio a Paolo Uccello e rappresenta, ovviamente, una battaglia: lance, sassi e figure stilizzate che sul greto del fiume si incrociano e si scontrano. La trovo di una poesia e di una raffinatezza unica. A mio avviso Fausto Melotti raggiunge nella scultura delle vette altissime. Paolo Repetto L’opera che preferisco è il Contrappunto di Melotti. È un’opera musicale. In Melotti c’è molta musica. Era un pianista ed un musicista competente. Lui si ispira molto alla musica per la smaterializzazione. La musica è l’arte astratta per eccellenza. È leggera, invisibile, non materiale. Insieme ad Alexander Calder, Melotti è stato uno dei primi grandi scultori che si sono allontanati da una scultura di materia, monu-
Fausto Melotti, Contrappunto II, 1969 (Courtesy Galleria Repetto)
mentale, di bronzo o di marmo. A partire dagli anni ‘30 del secolo scorso ha rivoluzionato questa tecnica antica cominciando a realizzare una scultura fatta di trasparenze, di piani invisibili, di leggerezza. Il primo aspetto musicale nell’opera di Melotti è,
quindi, l’antimateria. Essendo musicista, poi, Melotti si è inspirato a forme sonore: alla sonata, alla fuga e al contrappunto. Nell’opera Contrappunto c’è proprio la volontà di una trasposizione: una forma musicale viene solidificata attraverso le linee. In fondo le sculture di Melotti sono disegni realizzati in tridimensione. Questo emergeva molto bene in una mostra allestita l’anno scorso a Lugano al Museo d’Arte Moderna, dove erano esposte opere di Paul Klee e di Fausto Melotti. Klee è più importante anche cronologicamente perché ha realizzato le sue opere trent’anni prima di Melotti. Tuttavia il confronto fra questi due grandi artisti ha suscitato stupore. Quello che Klee ha creato sul piano bidimensionale Melotti l’ha realizzato tridimensionalmente. GALERIE BECK&EGGELING (Düsseldorf) Michael Beck
Beck & Eggeling VS Repetto, da sinistra Ute Eggeling, Michael Beck, Carlo e Paolo Repetto. Al centro l’opera Battaglia sul greto di Fausto Melotti
È difficile scegliere perché amo molti dei lavori qui esposti. Scelgo, comunque,
l’opera di Heinz Mack. È uno dei tipici lavori che ha realizzato utilizzando una sorta di spatola, ovvero una sbarra. Una tecnica che oggi è molto nota grazie a Gerhard Richter. Heinz Mack utilizzava questa tecnica già alla fine degli anni ’50 per creare una struttura all’interno dell’opera senza rinunciare ad una dimensione tattile e pittorica. L’opera non risulta fredda e distante. Di opere come questa se ne trovano molto raramente sul mercato. Quest’anno, come sa, abbiamo realizzato insieme a lui anche un grande progetto a Venezia. Una grande installazione: The Sky Over Nine Columns. Come dice il titolo, si tratta di nove colonne alte più di sette metri rivestite da 850 mila tessere di mosaico in oro 24 carati. Una grande installazione di luce! GALERIE LAHUMIÈRE (Parigi) Anne Lahumière È una scelta difficile. Per la grande simpatia che provo per lui dovrei scegliere Auguste Herbin ma in fiera quest’anno abbiamo esposto anche Jean Dewasne
Heinz Mack, The Sky Over Nine Columns, Venezia, Isola di san Giorgio (Courtesy Galerie Beck & Eggeling, foto Alessadra Chemollo)
che a cui è dedicata una grande mostra in Francia al MUSÉE MATISSE a Le CateauCambrésis. Una mostra che ci ha sorpreso, anche se lavoriamo con Dewasne da quarant’anni e anche se alcune delle opere per la mostra le abbiamo prestate noi. Qui in fiera abbiamo un’opera molto grande proveniente dal Palais des Beaux-Arts di Bruxelles. Amo la composizione, le forme e i colori di quest’opera e la loro piattezza. Dewasne lavora con le vernici su tavole di
legno. In quest’opera ci sono solo quattro colori ma questi quattro colori costruiscono una composizione molto bella.
Anne Lahumière accanto all’opera di Jean Dewasne
Diane Lahumière Scelgo quest’opera di Nicholas Bodde. È un giovane artista tedesco pieno di idee che sta sviluppando molte cose interessanti nell’ambito dell’arte costruttiva. Questo lavoro mi entusiasma davvero perché qui l’artista realizza qualcosa di nuovo
Heinz Mack, Dynamische Struktur schwarz-weiß, 1961 (CourtesyVenezia Galerievista Beckdal & Eggeling) traghetto
Diane Lahumière accanto all’opera di Nicholas Bodde
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usando linee e strisce. C’è una dinamica orizzontale molto particolare in quest’opera, si muove qualcosa. Sembra che sia attaccata alla parete con un’inclinazione ma non è così. È un effetto ottico. Bodde si confronta con la plastica ed è una cosa rara oggigiorno. C’è stata una fase durante la quale la maggior parte degli artisti ha realizzato opere soprattutto concettuali ma io non sono sempre d’accordo. Il risultato è spesso ambizioso dal punto di vista intellettuale, ma noioso dal punto di vista ottico. Gli occhi devono poter guardare e non le orecchie. GALERIE DR. DOROTHEA VAN DER KOELEN (Magonza, Venezia) Dorothea van der Koelen Come sa è molto difficile per me scegliere un’opera fra quelle che ho esposto. In fiera si portano volentieri i propri gioielli. Pensandoci su, però, mi accorgo che c’è sicuramente un’opera che amo in modo par-
François Morellet, Cruibes n°16, 2013 (Courtesy A arte Invernizzi)
ticolare: il lavoro di Lore Bert appeso alla parete esterna del mio stand. È intitolato
Lore Bert, Goldene Vierecke, 2013 (Courtesy Galerie Dr. Dorothea van der Koelen)
Goldene Vierecke (ndr. Quadrati d’oro) e fa parte del contesto dei lavori da lei realizzati per la sua mostra ART & KNOWLEDGE, ufficiale Evento Collaterale della Biennale di Venezia del 2013. È una composizione in carta giapponese e foglia d’oro, misura 180x180 cm. È un’opera molto suggestiva che cattura la nostra attenzione sia quando l’osserviamo da vicino in tutti i suoi particolari e dettagli raffinati, sia quando la guardiamo da lontano perché crea l’effetto di una grande profondità spaziale che attrae l’osservatore. Quest’opera nasce da un mio desiderio. Ne avevamo una variante più piccola ma prima che fosse finita l’ha vista un collezionista e l’ha comprata. Ho pregato Lore Bert di realizzare una „sorella più grande“ dell’opera che mi era piaciuta tanto. Naturalmente una composizione non può semplicemente essere riprodotta in dimensioni più grandi. Alla base c’è una concezione diversa. Ma nell’insieme questa nuova composizione conserva lo spirito dell’opera che avevamo venduto. La realizzazione dell’opera ha richiesto diversi mesi di lavoro ma ora è pronta ed io sono molto contenta di averla potuta portare in fiera.
prossima. Questo è il suo lavoro e si sposa bene col programma della mia galleria che si concentra su opere concettuali e minimaliste. Lavoro con Jens da quando ho aperto la galleria. Sono contenta di averlo incontrato perché secondo me Jens Risch è un artista molto speciale.
ressanti e molto romantiche create da una macchina con un imput molto piccolo da parte dell’artista. GALERIE HANS MAYER (Düsseldorf) Stephanie Mayer
NATALIA HUG GALLERY (Colonia)
Dovendo fare una scelta personale ce ne
Natalia Hug
Jens Risch, Silk Piece V, 2011-2012 (Courtesy Bischoff Projects, foto Joerg Baumann)
A ARTE STUDIO INVERNIZZI (Milano) Epicarmo Invernizzi L’opera di François Morellet che è uno dei Maestri dell’arte contemporanea dal dopoguerra ad oggi. Un’opera dove si percepisce questa magia della razionalità. C’è una costruzione geometrica che viene rotta dall’artista. La particolarità di questo lavoro è la creazione di armonia determinata da linee perpendicolari piuttosto che da archi che determinano, contemporaneamente, la destabilizzazione dell’opera stessa. Quindi costruzione e de-costruzione del lavoro al medesimo tempo e armonia finale del lavoro. Noi abbiamo inaugurato la galleria con una mostra di Dadamaino, Morellet, Uecker nel ’94. Da allora ho fatto sette mostre con Morellet e l’anno prossimo inaugureremo un’altra sua mostra.
L’opera di Johannes Bendzulla. Trovo il suo lavoro molto interessante. Bendzulla si chiede che aspetto possa avere l’immagine contemporanea. Il suo lavoro si basa su un semplice gesto: scegliendo un’immagine di Getty Images, Bendzulla crea una composizione che, in realtà, è realizzata dal computer, da photoshop o da software molto semplici. Si tratta di immagini inte-
Stephanie Mayer con l’opera Nasenbohrer di C. O. Paeffgen
BISCHOFF PROJECTS (Francoforte) Larissa Bischoff L’opera di Jens Risch Seidenstück V (ndr. Pezzo di seta V). Un chilometro di filo di seta che l’artista nel giro di un anno e mezzo annoda e riannoda finché non è più possibile fare altri nodi. Ne risulta una sorta di matassa di tempo estremamente compressa. È un lavoro fantastico perché è molto intenso, silenzioso, bello. Quando ha finito un’opera inizia ad annodare la
Johannes Bendzulla,160339380 - Spectrum of Colours with Illuminating Light in the Middle, 2014 (Courtesy Natalia Hug Gallery)
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1906/1907. Kees van Dongen è un pittore fauvista e questa è un’opera del suo primo periodo. Di solito ha dipinto quadri più grandi e questo è un quadro piccolo ma lo trovo molto più forte nella sua concentrazione rispetto ad un’opera più grande. È un dipinto senza firma perché nello spazio del dipinto sarebbe stata troppo ingombrante. La firma, infatti, è sul retro. Il retro racconta la storia di questo quadro che l’artista ha dato direttamente alla Galerie Kahnweiler, ovvero quel gallerista che seguiva tutti i più importanti artisti del periodo fra i quali Picasso stesso. Dalla galleria l’opera è passata ad una collezione privata e adesso è tornata sul mercato. È un quadro che è rimasto fuori della circolazione per tante decadi. Per puro caso mio marito ha tro-
Jürgen Klauke, Transformer, 1973 (Courtesy Galerie Hans Mayer)
sono due che vorrei citare. Tutti e due cominciano con la lettera „K“. In ordine alfabetico fra i due viene prima Jürgen Klauke. Nella parete esterna dello stand abbiamo esposto un’opera colossale, una figura ermafrodita contemporanea che coi suoi pantaloni di pelle rossi ci riporta fino alla Grecia antica. È un’opera molto importante di Klauke. Risale al 1973 ma contiene già molti aspetti che ha successivamente sviluppato nel suo lavoro. Dal punto di vista artistico è semplicemente un capolavoro. La seconda opera che scelgo è di Norbert Kricke, una scultura enorme di questo che è uno dei più importanti scultori europei degli ultimi 50 anni. Come Klauke anche Kricke meriterebbe di stare al centro dell’attenzione nel panorama dell’arte internazionale. Kricke riusciva meravigliosamente a riunire in maniera completamente nuova astrazione e forma. Questa è la mia scelta, sono curiosa di sapere cosa diranno i miei colleghi!
Raffaella Salis accanto al dipinto di Kees van Dongen
Raffaella Salis Un’opera che amo particolarmente è questo quadro di Kees van Dongen del
razio. Queste due opere saranno esposte anche al museo di Leverkusen in occasione di una mostra su lavori in ceramica di diversi artisti del dopoguerra. Ho scelto queste due ceramiche perché il lavoro in ceramica di Fontana è meno conosciuto dai collezionisti ma dimostra quanto Fontana sia un artista completo a 360 gradi. Anche se è noto prevalentemente per i suoi concetti spaziali, essendo nato in una famiglia di scultori ed essendosi approcciato all’arte attraverso la scultura, Fontana dimostra di essere in grado di avere delle idee ma anche di avere una manualità degna degli artisti d’altri tempi. Fontana realizzò le ceramiche in due
vato in deposito questa cornice che sembra fatta apposta. Una cornice dell’800, di tutto un altro periodo quindi, ma i colori si sposano a perfezione coi colori dell’opera. Trovo delizioso il motivo di questo quadro. Ha qualcosa del mondo della fantasia. Mi fa persino pensare al cinema ed anche a Fellini, al mondo del circo. Mi sembra meraviglioso che un artista riesca a creare così tante emozioni in un’opera così piccola, così concentrata. Stand Galleria Tonelli
GALLERIA TONELLI (Milano) Ciro Tonelli
THOMAS SALIS ART & DESIGN (Salisburgo)
Lucio Fontana, Senza titolo (Battaglia), 1951, Archivio L. Fontana n. 2881 (Courtesy Galleria Tonelli)
Le opere che ho scelto sono due piatti barocchi di Fontana del 1951 che sono stati esposti al museo Guggenheim di Venezia l’anno scorso in occasione di una mostra intitolata Postwar. Protagonisti italiani: Fontana, Castellani, Scheggi, Aricò e Do-
diversi periodi: ad Albissola in Liguria ed in Francia, a Parigi. Trovo fantastiche queste due ceramiche con questi colori particolari e con i due cavalieri che fuoriescono dal piatto. Mi piacciono perché Fontana è riuscito a dare una forza a questi due guerrieri.