VENEZIA VIVE UN SALTO NEL CUORE DI PIAZZA SAN MARCO in viaggio di Cristiana Coletti
Venezia, Piazza San Marco (©Archivio dell’APT della Provincia di Venezia, www.turismovenezia.it)
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HA Schult, Venezia Vive, 1976 (© HA Schult)
Secondo i dati emersi da una ricerca del Centro Studi dell’Ordine dei Commercialisti, Venezia accoglie annualmente almeno 14,5 milioni di „escursionisti“ e 6,2 milioni di turisti. Ovvero, circa 26 mila visitatori ogni chilometro quadrato, escludendo le acque. Per rispondere a coloro che già da tempo compiangono una città che „sta morendo“ Angela Vettese, assessore comunale alle Attività culturali e Sviluppo del Turismo, ha recentemente detto che Venezia non muore ma „è schiava di un ‘700 decadente, di un’immagine di cartolina, fuori dal tempo. È schiava di un turismo soffocante, che aumenterà sempre più.“ In un articolo pubblicato da Il Gazzettino il 26 ottobre 2013 la giornalista di Daniela Ghio informava: „Ora, con una proposta che rischia di creare polemica nella Giunta Orsoni, è proprio l’assessore responsabile dello sviluppo del turismo a proporre una limitazione degli ingressi dei visitatori.“
VENEZIA VIVE “Finestre regalmente viziate vedono sempre ciò che solo talvolta consente di turbarci: la città che ogni volta ove un bagliore di cielo incontri un senso d’acque in crescita, senza essere mai, torna a formarsi. (…)” Rainer Maria Rilke
Una Piazza San Marco ricoperta da migliaia di fogli di carta che si alzano al primo soffio di vento come le onde del mare non molto lontano… Così appare l’installazione veneziana del celebre artista tedesco HA Schult in una foto degli anni ’70. Dopo aver ceduto, in un primo momento, al fascino dell’immagine poetica e fortemente evocativa, simile ad una romantica car-
Frantisek Kupka, Disks of Newton (Study for Fugue in Two Colors), 1912, Philadelphia Museum of Art, The Louise and Walter Arensberg Collection (© Frank Kupka by SIAE 2014), in mostra al Museo Correr fino al 2 giugno 2014
tolina d’epoca, osservando la fotografia più a lungo non possiamo che provare un senso di irritazione: ma la piazza, dunque, è piena di spazzatura? Non esattamente. Si tratta, in effetti, di infinite pagine di giornale, fitte di articoli, notizie, commenti, opinioni...che si mescolano e si rimescolano in un vortice continuo di voli, scambi, incontri. Quelli che sembravano essere i resti di un’enorme folla impietosa ed insensibile in marcia su Venezia rivelano, spiazzandoci, la propria sostanza profonda: sono pensiero. „Venezia vive“, questo era il titolo dell’installazione che HA Schult realizzò nel lontano 1976. Un’opera poetica ma anche estremamente provocatoria che assume, ancora oggi, un forte valore simbolico. Oltre la Venezia da cartolina, forse dav-
vero soffocata da un turismo invadente, c’è una Venezia viva, una città che continua con evidenza a produrre pensiero e che attira migliaia di persone interessate all’offerta culturale. Migliaia di persone che con il proprio afflusso contribuiscono al mantenimento delle istituzioni e delle strutture culturali ed alla diffusione del discorso che queste propongono attraverso tutta una serie di iniziative di altissima qualità. Una passeggiata nel cuore di Piazza San Marco, alla scoperta del lavoro di chi quotidianamente e concretamente fa di Venezia una capitale europea della cultura, ci aiuta ad approfondire il significato di questa affermazione.
Ala Napoleonica, ingresso del Museo Correr, Venezia, Piazza San Marco (© MUVE)
andati ad esplorare. Tre istituzioni che hanno sede nella più famosa piazza di Venezia: la FONDAZIONE DEI MUSEI CIVICI DI VENEZIA (MUVE), l’UFFICIO DEL CONSIGLIO D’EUROPA, la BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA.
NEL CUORE DI PIAZZA SAN MARCO LE INTERVISTE
FONDAZIONE MUSEI CIVICI VENEZIA
Sono tre le significative realtà che siamo
Istituita con una delibera del Consiglio Co-
Fernand Léger, La Ville, 1919, Philadelphia Museum of Art, A. E. Gallatin Collection (© Fernand Léger by SIAE 2014), in mostra al Museo Correr fino al 2 giugno 2014
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magine della città europea dal Rinascimento al secolo dei lumi” visitabile sino al 18 maggio 2014. Da non perdere, inoltre, le esposizioni alla GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO: “Un autoritratto di Miroslav Kraljevic, modernista croato”, inaugurata il 18 aprile 2014 nella Sala 10, e, a partire dal 30 maggio 2014, “Lo sguardo di Ileana Sonnabend. Da Rauschenberg a Jasper Johns, da Warhol a Lichtenstein”. INTERVISTA CON GABRIELLA BELLI Direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia Cristiana Coletti: Circa due anni fa Le è stata affidata la direzione della Fondazione dei Musei Civici di Venezia. Cosa significa per Lei questo incarico?
Jacopo Tintoretto, Santa Giustina e i tesorieri, 1580, Venezia, Museo Correr (© MUVE)
munale di Venezia nel marzo del 2008, la giovanissima Fondazione dei Musei Civici di Venezia persegue un nobile scopo: la gestione e la valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale ed artistico dei Musei Civici di Venezia. Come è noto, a Venezia ci sono ben undici Musei Civici: il Palazzo Ducale, il Museo Correr, la Torre dell’Orologio, Ca’ Rezzonico, il Palazzo Mocenigo, la Casa di Carlo Goldoni, Ca’ Pesaro, Palazzo Fortuny, il Museo del Vetro, il Museo del Merletto ed il Museo di Storia Naturale. La Fondazione dei Musei Civici è configurata come una fondazione di partecipazione, ovvero un istituto giuridico di diritto privato che rappresenta il nuovo modello italiano di gestione di iniziative nel campo culturale e non profit in genere. In quanto fondazione di partecipazione il MUVE non persegue fini di lucro, ha un unico socio fondatore – il Comune di Venezia – e „fa-
vorisce l’aggregazione di soci partecipanti, pubblici e privati, che contribuiscono alla vita della fondazione, sostenendone e condividendone le finalità istituzionali.“ (visitmuve.it). Dal dicembre 2011 la Fondazione dei Musei Civici ha un nuovo direttore, Gabriella Belli, precedentemente alla guida di uno dei musei più importanti d’Italia, il MART di Rovereto. Il suo arrivo a Venezia ha contribuito decisamente ad una ridefinizione delle varie identità museali, al miglioramento o al ripristino del servizio pubblico, allo sviluppo di un’intensa attività di mostre temporanee di alto profilo scientifico che stanno riscuotendo un notevole successo di critica e di pubblico. Fra gli appuntamenti attuali segnaliamo due mostre del MUSEO CORRER: „Fernand Léger – La visione della città contemporanea”, aperta fino al 2 giugno 2014, “L’im-
Gabriella Belli: Venezia è una città straordinaria dal punto di vista culturale. C’è un palcoscenico di grande qualità e bisogna lavorare bene, bisogna lavorare sempre meglio perché i competitors sono molto forti. È estremamente stimolante per chi opera in questo settore. La Fondazione Musei Civici che dirigo è molto articolata, viste le tantissime tipologie di musei diversi che coprono un po’ tutte le discipline storiche e umanistiche. Devo dire che la bellezza di essere arrivata in Laguna è proprio quella di trovarsi con una macchina culturale straordinaria che necessita però di importanti interventi o di restauro o di ripensamento identitario o, semplicemente, di valorizzazione. Venezia è una città che vive di cultura. Dicono che ogni giorno ci sono due eventi e mezzo importanti! È una città dove la competizione è forte e per costruirsi una leadership bisogna lavorare molto. C. C.: I risultati del Suo impegno si sono visti già l’estate scorsa. Il programma dei Musei Civici pensato per la Biennale 2013 ha avuto, infatti, molto successo! G. B.: Naturalmente la Fondazione ha più una vocazione storica ma ho voluto che anche i nostri musei si mettessero in gioco facendosi in qualche modo portavoce
di una relazione con il contemporaneo. In quasi tutti i nostri edifici durante il periodo della Biennale, oltre la monumentalità storica delle sedi e delle collezioni, è stato possibile offrire uno sguardo sul contemporaneo. Ho cercato di lavorare in maniera molto stretta rispetto all’identità del museo. Per esempio a Ca’ Rezzonico abbiamo ospitato una piccola mostra di lampadari di artisti contemporanei ispirati al grande lampadario Rezzonico, un’opera superba di settecento pezzi di vetro soffiato di Murano. A Ca’ Pesaro abbiamo ospitato il progetto della Collezione Sonnabend che è andato a coprire un periodo non documentato all‘interno delle nostre collezioni dagli anni ’60 in poi. Insomma, ho cercato di fare in ogni sede una proposta coerente. C. C.: Sta già lasciando la Sua impronta sulla Fondazione Musei Civici?
G. B.: Non ho la presunzione di immaginare tanto. Certo, abbiamo messo in cantiere molte attività espositive temporanee che ovviamente sono più visibili di altri interventi. Ma le cose più importanti per me, sono quelle che riguardano la messa a punto delle strutture. Per esempio abbiamo rifatto completamente Palazzo Mocenigo, un restauro radicale. Ho ricomposto completamente la collezione permanente di Ca’ Pesaro. E poi cose più piccole: abbiamo rifatto la caffetteria e il guardaroba del Correr, il guardaroba di Palazzo Ducale, abbiamo risistemato tutti i magazzini del VEGA in terraferma con delle attrezzature specifiche per ospitare le collezioni. Insomma, si è fatto tanto anche per quanto riguarda gli aspetti meno evidenti ma che riguardano poi la qualità del servizio pubblico e della struttura. C. C.: Uno sguardo al recente passato. La mostra „Manet – Ritorno a Venezia“ è sta-
Garbriella Belli, Direttore Fondazione Musei Civici Venezia (© MUVE)
ta uno fra gli eventi di maggior successo in Italia durante l’estate della Biennale 2013. Immagino non sia stato semplice portare Manet a Venezia.
Fernand Léger, Animated Landscape, 1924, Philadelphia Museum of Art (© Fernand Léger by SIAE 2014), in mostra al Museo Correr fino al 2 giugno 2014
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avviano un processo critico nuovo. Credo che le mostre abbiano questa funzione e quella di Manet, in tal senso, è stata una mostra che ha portato delle novità. C. C.: Recentemente è stata inaugurata la mostra „Fernand Léger – La visione della città contemporanea“. Un progetto che ha portato altre opere straordinarie a Venezia. Ma opere altrettanto preziose partono regolarmente dai Musei Civici per portare una testimonianza di Venezia nel mondo. Mi sembra che sotto la Sua direzione l’attività dei prestiti sia stata incrementata e a tal proposito vorrei farLe una domanda più generale: il prestito di capolavori a livello internazionale negli ultimi vent’anni è cresciuto enormemente. Com’è cambiato secondo Lei il panorama dell’offerta culturale? G. B.: Sicuramente in questi ultimi vent’anni il mondo dei musei è molto cambiato. Si realizzano con grande continuità delle mostre temporanee. Cinquanta o sessanta anni fa c’erano le mostre temporanee ma erano numericamente inferiori. Erano poche, sí, ma di qualità altissima. I prestiti erano più facili ed era molto più semplice raggiungere un prestatore pubblico o privato ed ottenere dei prestiti eccezionali. C’erano meno istituzioni e meno soggetti che realizzavano mostre e, soprattutto, dal punto di vista della conservazione e della tutela
Vittore Carpaccio, Due dame veneziane, 1495 ca., Venezia, Museo Correr (© MUVE)
G. B.: No, non è stato semplice. Tra l’altro è stata la prima mostra di Manet in Italia, quindi, anche per questo, l’evento era particolarmente prezioso. C. C.: Questa mostra a Palazzo Ducale, che è già terminata da tempo, è stata una delle Sue prime idee per il MUVE. Quando ha pensato di portare Manet a Venezia? G. B.: Più o meno quando sono arrivata, nel dicembre, gennaio di due anni fa. L’idea
era quella di concentrarsi su un grande ospite veneziano. Manet viene a Venezia due volte durante la sua vita e trae grande ispirazione dalla città, dai grandi Maestri del Rinascimento. Questo era un capitolo molto poco studiato nella storiografia di Manet e quindi era un terreno abbastanza vergine su cui fare un progetto scientifico di qualità. Credo che le mostre si debbano fare quando servono. O perché c’è un avanzamento degli studi, degli approfondimenti, delle nuove scoperte, o perché
Museo Correr, Sala dei pranzi settimanali (© MUVE, foto: Graziano Arici)
insomma alla storia dell’arte. È nato un fenomeno come alla blockbuster che non ha come fine ultimo quello di acculturare la popolazione e che, pur creando, certamente, un momento di divertimento attraverso l’arte, persegue di fatto una ragione di profitto. C. C.: Tornando a parlare di Venezia da un punto di vista più personale, si è già abituata alla sua straordinarietà? Museo Correr, Salone da ballo (© MUVE)
ro! Quando sono arrivata, all’inizio ero estasiata e continuavo a chiedere, ma ci si abitua? Tutti, anche i veneziani, mi dicono di no, quindi credo che la sua bellezza continui ad essere seducente e continui a conquistare. Questo rende il lavoro particolarmente interessante, pieno di emozioni. Il fatto di non abituarsi al luogo ma di trovare sempre delle novità, delle sorprese, delle specificità, rende anche il lavoro quotidiano molto stimolante!
G. B.: Non ci si abitua mai, almeno spe-
delle opere, la prassi e le procedure erano molto più semplici. Oggi assistiamo a migliaia e migliaia di progetti espositivi che hanno arricchito i musei di tutto il mondo completando l’offerta culturale oltre le esposizioni permanenti, laddove le esposizioni temporanee diventano la motivazione di una lunga ricerca, di risultati scientifici nuovi. C. C.: Si tratta sempre di spostamenti giustificati? G. B.: Se da un lato questa movimentazione delle opere arricchisce l’offerta culturale, dall’altro, bisogna dire, è diventata anche una pratica talvolta abusata, utilizzata per scopi di business e non per scopi strettamente culturali. Questa è una caratteristica molto legata all’Italia dove il sistema museale è più debole. Quindi assistiamo a dei progetti espositivi temporanei che non sono il prodotto di una ricerca o di uno studio che avviene all’interno delle istituzioni museali ma il prodotto di agenzie specializzate che, spesso dietro il pagamento di pesanti fee ad istituzioni culturali estere, possono presentare dei progetti che, forse, non sempre si possono definire culturali in senso stretto. Queste agenzie hanno, naturalmente, aperto ad un numero sempre maggiore di fruitori il mondo dell’arte moderna, antica, contemporanea. Non c’è dubbio, però, che sono diventate un po’ il nemico delle istituzioni museali italiane, spesso in grande sofferenza economica, che si vedono traguardare da agenzie, quindi da soggetti privati che spesso non hanno la competenza necessaria per realizzare un progetto di alto profilo scientifico. Utile
Fernand Léger, Élément mécanique, 1924, Centre Georges Pompidou, Musee National d’Art Moderne, ParisCentre Pompidou, Paris Musée National d’Art Moderne/ Centre de création industrielle (© Fernand Léger by SIAE 2014), in mostra al Museo Correr fino al 2 giugno 2014
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Venezia, Piazza San Marco (©Archivio dell’APT della Provincia di Venezia, www.turismovenezia.it)
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to d’Alessandro scrive: „Oggi, purtroppo, sempre più spesso il riferimento all’Europa viene strumentalizzato. Talvolta criticata e usata come “capro espiatorio”, talvolta utilizzata per giustificare le proprie scelte, troppo spesso l’Europa è di fatto poco conosciuta (...) non è raro imbattersi in cittadini che fanno confusione fra ciò che accade a Bruxelles e ciò che accade a Strasburgo che grazie al Consiglio d’Europa, e alla Corte dei Diritti dell’Uomo è dal 1949 ad oggi la sede per eccellenza per l’affermazione dei valori democratici e dei Diritti Umani di tutti i cittadini europei. Un deficit di conoscenza che va superato (...)“ Dal 2011 ad oggi sono già molte le iniziative di sensibilizzazione organizzate dall’Ufficio del Consiglio d’Europa di Venezia volte anche a colmare questa lacuna. Alberto d’Alessandro, Direttore dell’Ufficio del Consliglio d’Europa di Venezia (© CoE)
UFFICIO DEL CONSIGLIO D’EUROPA Con i suoi 47 Stati membri, ciascuno dei quali segnatario della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il Consiglio d’Europa è la più antica istituzione europea e la principale organizzazione di difesa dei diritti umani del nostro continente. Come è noto il Consiglio d’Europa è stato fondato il 5 maggio 1949 col famoso Trattato di Londra. Esprime le sue funzioni predisponendo e favorendo la stipulazione di accordi o convenzioni internazionali tra gli Stati membri ma anche fra Stati terzi. Le finalità del Consiglio d’Europa sono – in primis – la tutela dei diritti dell’uomo e della democrazia parlamentare; la garanzia del primato del diritto; lo sviluppo di un’identità europea che si basi su valori condivisi oltre le diversità culturali.
INTERVISTA CON ALBERTO D’ALESSANDRO Direttore dell’Ufficio del Consiglio d’Europa (Venezia) Cristiana Coletti: Come è cominciata l’attività dell’Ufficio del Consiglio d’Europa a Venezia? Alberto d’Alessandro: L’Ufficio esiste ormai da tre anni. Abbiamo fatto una cerimonia di consegna delle chiavi presso Ca’
Farsetti, al Comune, col Sindaco Orsoni e il Vice Segretario Generale del Consiglio d’Europa che all’epoca era Maud de Boer Buquicchio. Abbiamo iniziato le nostre attività firmando un accordo con la Biennale d’arte nel 2011, supportando il padiglione d’arte Rom e poi realizzando un evento che è stato presentato alla mostra del cinema. Come sempre i nostri temi sono segnati dal tema dei diritti umani, in questo caso abbiamo voluto fare un dibattito sulla cinematografia legata al tema della violenza nei confronti delle donne e dei bambini, toccando, quindi, dei temi un po’ caldi e difficili come quello della pedofilia. Stiamo facendo proprio una campagna dedicata al tema della violenza sui bambini, specie nelle famiglie, ma anche in generale, per cercare di combattere le varie forme di violenza. Da quel momento in poi il Consiglio d’Europa ha realizzato tutta una serie di iniziative di sensibilizzazione e varie attività qui a Venezia. C. C.: Come mai è stata scelta proprio questa città? A. d. A.: Venezia è stata scelta come sede principale italiana per il Consiglio d’Europa perché questa città ha delle caratteristiche particolari. È una città molto sensibile al dialogo interculturale,
Dal 2011 la città di Venezia ospita la prima ed unica sede italiana del Consiglio d’Europa. Ma quanti di noi conoscono realmente le peculiarità e le funzioni di questa istituzione? Nel suo testo pubblicato in occasione dell’inaugurazione dell’Ufficio del Consiglio d’Europa a Venezia il Direttore Alber-
Venezia, Festa dell’Europa (2013), manifestazione Caffè Europa, sn./dx. Franco Corradini, Luisella Pavan-Woolfe, Giorgio Orsoni, Giuliano Pisapia, Philippe Daverio, Umberto Vattani, Antonio Cancian (© CoE)
Venezia, Festa dell’Europa (2013), manifestazione Caffè Europa, sn./dx. Maria Pia Zorzi, Gabriella Battaini Dragoni, Laura Boldrini, Anna Paola Concia, Tiziana Agostini (© CoE)
d’Europa non è l’Unione Europea, è molto più ampio. Abbiamo 47 paesi membri e lavoriamo molto, già da tempo, coi paesi balcanici che sono tutti membri del Consiglio d’Europa, quindi la Croazia, che è entrata quest’anno nell’Unione Europea, in realtà è membro del Consiglio d’Europa già da parecchi anni. Abbiamo anche la Turchia e tutta l’area del Mar Nero e del Caucaso. L’area di Venezia è, in questo contesto, più centrale rispetto ad altre città italiane, come Milano o Roma che sono le sedi dove si ospitano, invece, gli uffici del Parlamento Europeo e della Commissione Europea. Per questo abbiamo scelto Venezia. Anche il Museo Statale Ermitage avrà una sede a Piazza San Marco, il Centro Scientifico e Culturale “Ermitage Italia” che probabilmente ha anche in progetto di realizzare mostre, quindi si rafforza anche questo legame con la Russia che è anche un nostro Paese membro.
C. C.: Possiamo dire che Venezia è stata una scelta strategica anche sulla base delle finalità dell’Ufficio che Lei dirige?
C. C.: Piazza San Marco diventa un centro culturale importante a livello internazionale.
A. d. A.: Sì. Come dicevo prima gli obiettivi riguardano soprattutto la sensibilizzazione dell’opinione pubblica finalizzata proprio al rafforzamento del sentimento di cittadinanza europea, lavorando su temi del dialogo interculturale, della democrazia e dei diritti umani. A noi interessa la posizione di Venezia anche perché il Consiglio
A. d. A.: Esattamente. Si sta creando qui a San Marco un polo internazionale molto importante. Noi siamo stati i primi ad arrivare, poi è arrivato l’Aspen Institute e arriverà l’Ermitage, quindi siamo già tre organizzazioni internazionali con sede a Piazza San Marco al Palazzo Procuratie Vecchie che è stato dichiarato patrimonio
è un grande centro internazionale, anzi, è forse la più internazionale delle città italiane. Anche se non è sede di ministeri, il suo “brand” è certamente conosciuto in tutto il mondo. A Venezia era già presente un’importante commissione del CoE nota come Commissione di Venezia, ovvero la Commissione Europea per la Democrazia attraverso il Diritto; una realtà che riunisce esperti di diritto costituzionale di ben 58 paesi, chiamati a esprimere pareri non vincolanti rispetto all’applicazione delle diverse Costituzioni, quindi in ambito di diritto costituzionale e democrazia, cioè dei principi e valori democratici. Ultimamente ha preso una posizione molto forte, ha dato un parere tecnico che poi è stato adottato anche dall’Unione Europea, nei confronti del governo Ungherese, invitando il governo Ungherese a correggere la Costituzione che, appunto, non era stata ritenuta democratica. La Commissione di Venezia di recente ha offerto assistenza tecnica, in ambito mediterraneo, a Marocco e Tunisia per la stesura della nuova Costituzione nel quadro di riforma a seguito della Primavera Araba. Questa Commissione ha un ruolo molto importante che ci lega alla città di Venezia. Anche alla luce di questo fatto abbiamo voluto avere qui una sede permanente.
Venezia, Palazzo Procuratie Vecchie e Basilica di San Marco (© Comune di Venezia)
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C. C.: Abbiamo parlato di alcuni obiettivi dell’Ufficio del Consiglio d’Europa. Ci sono altri progetti interessanti magari in relazione alla presenza dell’Ufficio qui in Italia?
Venezia, Festa dell’Europa (2013), sn./dx. Antonio Cancian, Alberto d’Alessandro, Giuliano Pisapia, Giorgio Orsoni (© CoE)
dell’umanità dall’UNESCO. L’idea della città di Venezia è quella di far diventare Piazza San Marco un luogo molto vivo con una forte presenza internazionale, anche sede di uffici, per dare anche un messaggio un po’ diverso in relazione a questa piazza che è spesso invasa dal turismo e che, invece, può ritornare ad essere proprietà della città e dei veneziani anche grazie alla presenza delle organizzazioni internazionali. C. C.: Nel 2013 si è svolta la Festa dell’Europa. Quali sono state le iniziative dell’Uf-
Venezia, Torre dell’orologio (© MUVE)
ficio che Lei dirige in questo contesto? A. d. A.: È sempre stato un po’ il mio sogno dire: abbiamo questa piazza meravigliosa sfruttiamola per fare conoscere di più cosa fanno le organizzazioni internazionali! Nel quadro della Festa dell’Europa abbiamo voluto portare in piazza l’Europa. Insieme al Comune abbiamo organizzato la Festa dell’Europa qui in Piazza San Marco, la mostra di Lore Bert presso la nostra sede faceva parte degli eventi. Il tema era „Diritti e responsabilità nella cittadinanza europea“. All’interno di questa manifestazione c’era un format molto particolare: il “Caffè Europa“. Abbiamo coinvolto i caffè storici di Piazza San Marco, il caffè Quadri, il caffè Lavena ed il caffè Florian, gli ultimi rimasti di oltre venti caffè storici. Luoghi frequentati da personalità importantissime come Verdi e Wagner, tanto per citare due nomi, e tanti altri uomini di arte e cultura. Oggi abbiamo voluto riprendere l’idea del caffè letterario portando i temi europei nel caffè storico di Piazza San Marco. Cerchiamo di far diventare “Caffè Europa” un evento fisso, organizzando incontri con personalità del panorama europeo, perché questi caffè ritornino ad essere dei luoghi di cultura, di incontro e conoscenza, dedicati a temi europei. Questa è una prospettiva per l’anno in corso.
A. d. A.: Stiamo cercando di identificare qualche iniziativa importante di tipo intergovernativo da sviluppare durante il semestre di presidenza dell’Italia nell’anno in corso, ovvero di creare una collaborazione tra il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea durante il semestre di presidenza italiana, portando delle attività di alto livello intergovernativo magari proprio a Venezia. L’Ufficio di Venezia sta diventando anche un laboratorio per lo sviluppo di politiche culturali. Abbiamo promosso la firma della Convenzione di Faro da parte del governo italiano. Stiamo promuovendo un gruppo di lavoro sull’applicazione della Convenzione di Faro che è una convenzione rivoluzionaria perché riconosce il diritto alla cultura come un diritto umano. Riconosce che un individuo non possa avere dignità senza l’espressione anche dei diritti culturali. Stiamo creando dei laboratori per costruire delle metodologie applicative di questa convenzione in collaborazione con la Regione Veneto e col Comune di Venezia. Stiamo ipotizzando di far diventare Venezia un luogo di sperimentazione di nuovi modelli culturali. Da questo punto di vista Venezia è una città che si presta moltissimo perché ha molti luoghi di cultura, alcuni di questi debbono essere in qualche modo rilanciati. Ci sono dei punti focali importantissimi come l’Arsenale, tutta l’area di Porto Marghera, il Forte Marghera, lo stesso Lido di Venezia. Quattro aree culturali importantissime che vanno riqualificate ed in questo senso c’è l’idea di provare ad ipotizzare la costruzione di nuovi modelli culturali. C. C.: Mi vuol parlare del progetto per il 2014, il „Vero Tour: viaggio nella storia delle presenze veneziane nel Mar Mediterraneo“? A. d. A.: Certamente! Questo è un progetto molto interessante! L’estate scorsa abbiamo fatto il lancio del progetto che è sostenuto da noi ma finanziato dall’Unio-
milione di volumi, manoscritti, incunaboli, cinquecentine. Nel 1537 fu avviata la costruzione dell’edificio del Palazzo della Libreria in Piazza San Marco progettato da Jacopo Sansovino. Completato soltanto nel 1570 da Vincenzo Scamozzi il Palazzo fu decorato, fra gli altri, da alcuni dei più grandi artisti dell’epoca: Tiziano, Paolo Veronese, il Tintoretto. Nel 1904 il convoluto della biblioteca fu trasferito in un altro edificio cinquecentesco, l’ex Zecca dello Stato Veneto, mentre le Sale Monumentali della Biblioteca Marciana, il Vestibolo ed il Salone Sansoviniano, fanno, oggi, parte del percorso integrato dei Musei di Piazza San Marco e sono sede di esposizioni ed eventi.
Biblioteca Nazionale Marciana (Foto: Fondazione van der Koelen)
ne Europea con la Regione Veneto. È un progetto centrato sugli itinerari culturali europei che propone di rilanciare quello che era l’itinerario delle mude veneziane, queste tratte marittime che riprendevano in buona misura le rotte commerciali romane, sulle quali si è sviluppata la Via della Seta e delle Spezie. Venezia è vista, ovviamente, come il terminale della Via della Seta, è la porta verso l’Europa. Veniva chiamata Porta d’Oriente perché da qui arrivavano le merci o ripartivano i prodotti verso l’Oriente. Lungo queste rotte si farà un viaggio dimostrativo. Con le barche a vela ripercorreremo la tratta fra Venezia ed Istanbul passando dai Balcani, lungo la costa, la Dalmazia, la Grecia, Creta fino in Turchia. Un viaggio che si svolgerà in tre tappe. Lo stiamo organizzando insieme alla Marco Polo System G.e.i.e. coinvolgendo gli uffici del turismo di vari paesi delle rotte veneziane, col sostegno anche del Ministero della Cultura e del Turismo turco, della Regione di Creta, dell’Associazione del Turismo della Croazia. Un bel progetto!
volumi messi a disposizione degli studiosi dell’epoca. Se al grande Poeta dobbiamo l’intuizione di fondare una biblioteca a Venezia – un proposito che non andò a buon fine – ad un altro grande personaggio dobbiamo la realizzazione di questa idea, ovvero al cardinale greco Bessarione che con la donazione della sua preziosa collezione nel 1468 pose la “prima pietra” di un “edificio” che sarebbe andato a costruire, nel corso dei secoli, l’attuale convoluto della Biblioteca Nazionale Marciana: quasi un
INTERVISTA CON MAURIZIO MESSINA Direttore della Biblioteca Nazionale Marciana Cristiana Coletti: Come nasce la Biblioteca Nazionale Marciana e quali sono le sue caratteristiche? Maurizio Messina: All’origine di tutto c’è l’epoca critica della metà del Quattrocento con la caduta dell’Impero Bizantino. Nel 1453 Costantinopoli viene presa dai Turchi e quindi c’è una sorta di migrazione di alcuni intellettuali dell’epoca verso altre zone d’Europa. A Venezia venne il cardinale Bessarione, un cardinale greco. Un
BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA Nel 1362 Francesco Petrarca espresse il desiderio di donare alla Repubblica di Venezia i suoi libri. Questo avrebbe potuto essere il primo nucleo di una raccolta di
Maurizio Messina, Direttore della Biblioteca Nazionale Marciana, durante la presentazione della mostra „Arte e Conoscenza“ (Foto: Fondazione van der Koelen)
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di imprinting originario alla Marciana: da una parte il suo carattere di servizio pubblico, allora rivolto ai cittadini colti, e dall’altra il dialogo con le culture orientali. Oggi la Marciana è una biblioteca statale e continua ad occuparsi in primis delle culture classiche e del rapporto con le civiltà orientali e mediorientali. C. C.: La Biblioteca Nazionale Marciana conserva molti tesori. Me ne presenta qualcuno?
Breviario Grimani, La regina di Saba davanti a Salomone (© Biblioteca Nazionale Marciana)
personaggio singolare che aveva una mentalità molto aperta e tollerante. Anche con i suoi scritti cercava di mettere insieme il meglio del Neoplatonismo, che era una dottrina molto diffusa a Bisanzio, con la tradizione greca, con la tradizione romana e con la tradizione cristiana. Si era molto impegnato anche per l’unificazione delle due chiese cristiane, quella ortodossa e quella cattolica. Era un bibliofilo e proprio nella contingenza dell’occupazione turca si preoccupò di salvare il più possibile i testimoni fisici della cultura greca classica mettendo insieme, in una grande raccolta, i manoscritti greci che poteva trovare facendone anche realizzare delle copie. Nel 1468 decide di donare questa sua
ricchissima collezione alla Repubblica di Venezia. Più precisamente la donazione venne fatta alla chiesa di San Marco. Alla metà del Quattrocento, però, la chiesa di San Marco non era la Basilica di Venezia ma la cappella privata del Doge ed aveva, quindi, una sua impronta statale. Questo dono venne fatto, in sostanza, alla Repubblica. Venezia aveva un ordinamento istituzionale repubblicano per cui donare al Doge significava donare allo Stato. Questo passaggio va chiarito bene perché è molto significativo per la storia successiva della Biblioteca Marciana che si caratterizza proprio nel non essere una biblioteca di corte ma una delle prime biblioteche statali. La storia della donazione ha dato una sorta
M. M.: La biblioteca è nota soprattutto per il Breviario Grimani, un breviario cinquecentesco di area fiamminga, che è arrivato più tardi in Marciana perché in realtà faceva parte del tesoro di San Marco. È corredato da una quantità straordinaria di miniature di grandissima finezza. È forse il cimelio più importante che la Marciana possieda. In questo momento, però, anche a seguito di un restauro recente a cui è stato sottoposto, la nostra attenzione è rivolta ad un altro cimelio di grandissima importanza: il Mappamondo di Fra Mauro. Si tratta di un grande planisfero di 2,80 x 2,80 m. Una carta geografica in piano della metà del 1400 che è stata realizzata da un monaco camaldolese o, come diremmo oggi, da un team, da un gruppo di lavoro da lui coordinato. Il monaco si chiamava Fra Mauro e si trovava nell’isola di San Michele dove i camaldolesi avevano un cenobio che era un centro di attività scientifiche e culturali straordinario. La congregazione camaldolese è sempre stata, ed è ancora oggi, per certi aspetti, una congregazione molto aperta all’incontro con l’altro, con il diverso. Singolare è anche il modo con cui è stato costruito questo grande planisfero. Il recente restauro ha dimostrato una cosa che già si sapeva ma che ora è stata anche verificata scientificamente: le iscrizioni, di cui è ricchissimo il planisfero e che sono una sorta di enciclopedia degli altri mondi, venivano continuamente corrette mano a mano che dall’Oriente o dai paesi lontani arrivavano mercanti o viaggiatori con delle nuove informazioni e delle nuove conoscenze. È stata, quindi, un’opera in continuo divenire e questo è anche uno degli aspetti più affascinanti. Probabilmente è uno dei più alti punti di
vista della civiltà occidentale – perché c’è comunque una centralità dell’Occidente nonostante la grande attenzione per l’Oriente – poco tempo prima della scoperta delle Americhe, quindi poco tempo prima che il mondo cambiasse. È un punto di arrivo, diciamo, ed è anche un’opera pregevole dal punto di vista estetico perché è di straordinaria bellezza, per le dimensioni, per l’ottimo stato di conservazione. C. C.: La Biblioteca Nazionale Marciana ha, da sempre, una doppia vocazione, è biblioteca e museo. Mi vuol parlare di questo aspetto? M. M.: Questo è un altro aspetto che va sottolineato e che ha delle motivazioni storiche molto precise che risalgono alla metà del Cinquecento quando, finalmente, la donazione del cardinale Bessarione trovò casa, ovvero quando fu compiuto questo edificio progettato da Jacopo Sansovino di fronte al Palazzo Ducale. La Repubblica volle mettere nel luogo più prestigioso della città – dove c’era il Palazzo Ducale, quindi la casa della giustizia, la casa della politica, la chiesa di San Marco, quindi il massimo simbolo religioso della città, e dove c’era la Zecca – una duplice istituzione di grande prestigio, ovvero una biblioteca ed un museo insieme nello stesso edificio. Il museo derivava dalla donazione di antichità classiche dei cardinali Domeni-
Breviario Grimani, La semina in ottobre (© Biblioteca Nazionale Marciana)
Il Mappamondo di Fra Mauro (© Biblioteca Nazionale Marciana)
co e Giovanni Grimani, patrizi veneziani e grandi collezionisti di opere di archeologia e di arte classica, sia greca che romana. Le loro collezioni vennero collocate nel Vestibolo della Biblioteca Marciana, la sala più piccola che funge da ingresso alla Libreria storica, dove si trovano ancora oggi. L’allestimento attuale è in sostanza l’allestimento settecentesco ed è stato possibile ricostruirlo, verso la metà degli anni ’80, sulla base di un volume manoscritto con dei disegni dello Zanetti della metà del ‘700 che riproducevano l’aspetto del Vestibolo in quell’epoca. Questa collezione venne, poi, sviluppata ulteriormente dalla Repubblica nel corso dei secoli e andò a costituire il nucleo del Museo Archeologico, il nostro vicino di casa nel senso che è contiguo alle nostre sale. La Marciana ha, quindi, sempre avuto questa duplice natura di biblioteca e museo ed anche noi, oggi, nell’ambito delle nostre iniziative, cerchiamo di valorizzare questa duplice vocazione. C. C.: Che ruolo ha avuto la Biblioteca Nazionale Marciana nel contesto del Rinasci-
mento? M. M.: Forse non ci sarebbe stato un Rinascimento veneziano senza la Marciana, nel senso che le opere del mondo classico non sarebbero state conosciute. Alcuni testimoni sono stati molto importanti. Penso ai due straordinari codici omerici Venetus A e B. Sono alcuni dei testimoni attraverso i quali la cultura omerica, la cultura del mondo greco classico è stata conosciuta in qualche modo da tutto il Rinascimento italiano. Una vicenda curiosa è quella di Aldo Manuzio il grande stampatore e grande umanista veneziano del Cinquecento che ha trasposto molte di queste opere del mondo classico a stampa raggiungendo delle vette di bellezza formale nelle sue pubblicazioni. Non abbiamo notizie che Aldo Manuzio si sia basato su testimoni marciani per la stampa delle opere che poi ebbero un’eco altissima nel mondo rinascimentale. Ma questo successe probabilmente perché Aldo Manuzio aveva un rapporto con gli antichi codici piuttosto semplice, piuttosto sbrigativo. Ad un tempo era innamorato di questi testi ma era
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innamorato ancor più di quella che oggi chiameremmo una nuova tecnologia. Per questo non trattava molto bene gli antichi codici, se possiamo dire così. Per la sua stampa si basò su testimoni che venivano da collezioni private e che aveva potuto acquisire. Effettivamente dopo la stampa non sappiamo che fine abbiano fatto. Detto in maniera un poco semplice: una volta stampati gli antichi codici non gli interessavano come testimonianza di cultura materiale. Oggi guardiamo, invece, ai libri antichi non solo in virtù del messaggio, dei contenuti, ma anche in quanto testimonianza in tutte le loro componenti fisiche. Son tutte cose che ci dicono molto sulla civiltà artigianale e culturale di un tempo. C. C.: La Biblioteca ospita da alcuni anni anche mostre d’arte contemporanea, ultimamente addirittura un Evento Collaterale della 55. Biennale d’arte, la mostra di Lore Bert „Arte e Conoscenza“. Com’è nata l’idea di ospitare mostra d’arte contemporanea?
Biblioteca Nazionale Marciana, sala di lettura degli stampati, Palazzo della Zecca (© Biblioteca Nazionale Marciana)
M. M.: Considero la biblioteca come uno strumento di mediazione fra una collezione storica e le domande di cultura e di informazione di un pubblico che è contemporaneo. All’interno di questo rapporto si possono sviluppare le basi per la creazione di nuova conoscenza nel mondo contemporaneo. Ogni biblioteca è, quindi, sempre contemporanea. La mostra di Lore Bert è stata un’idea che abbiamo accolto subito con grande curiosità ed abbiamo portato avanti insieme alla Fondazione van der Ko-
elen con interesse sempre crescente. La prima cosa che ci ha incuriosito è il fatto che Lore Bert lavori con la carta, un materiale affine alla biblioteca. Poi abbiamo visto nei cataloghi altre sue mostre in edifici antichi e ci è molto piaciuto il rapporto che questa artista riesce a creare fra le opere e l’ambiente in cui le inserisce. L’idea dei cinque solidi platonici ci è sembrata estremamente interessante perché la Biblioteca Marciana è ricca di simbologie platoniche e neoplatoniche. Il Neoplatonismo era una delle cifre culturali del cardinale Bessarione. Lo stesso Bessarione, insieme ad altri umanisti, ha introdotto a Venezia queste conoscenze che vennero, poi, espresse concretamente anche attraverso l’architettura e le varie forme d’arte. Quando Sansovino progettò l’edificio della Biblioteca aveva senza dubbio in mente queste conoscenze. Della Libreria Sansoviniana si può dare, infatti, una lettura numerologica o neoplatonica.
Biblioteca Nazionale Marciana, Sale Monumentali, mostra „Lore Bert - Arte e Conoscenza“ (Foto: Fondazione van der Koelen)