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Giampiero Galeazzi: tra trionfi e lacrime

a cura di Graziella Putrino

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Care lettrici e cari lettori, il 12 novembre scorso, indubbiamente, il tributo più appropriato per il GiornalistaCronista con la maiuscola d’obbligo, sarebbe stato il rigore riuscito al 90mo minuto tra l’Italia e la Svizzera. Giampiero GALEAZZI avrebbe esultato dalla sua tribuna, coinvolgendoci tutti con il suo entusiasmo per il suo amore per lo sport. Sarebbe stato un tributo meritato, dedicare a lui, a Galeazzi, la vittoria. Sarebbe stato.

Jorginho andò letteralmente in pallone, mancando la porta, come amaramente ricordiamo, contro la Svizzera, per la seconda volta in poco tempo. E così, invece, ci sembra di sentire un Galeazzi critico verso Mancini. Magari gli avrebbe chiesto, se fosse diventato masochista o se non volesse dare forfait contro la Svizzera a priori.

Jorginho non avrebbe goduto di tutta la protezione che Galeazzi aveva per Maradona… e i suoi commenti anche su questo rigore scoordinato non sarebbero stati clementi. Sicuramente azzeccati. Se l’Italia non è già qualificata ai Mondiali di Qatar 2022 è colpa della "maledizione“ dal dischetto che sembra aver avviluppato Jorginho. La legge di Murphy descrive in pieno qual è la situazione in cui si trovano lui e la squadra: se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo. La catastrofe.

In qualche modo la partita del 12 di novembre scorso, rispecchia la vita di Galeazzi.

Come Jorginho, Galeazzi da una carriera di trionfi, si è presentato non molto tempo fa, ai suoi fan, al pubblico televiso, ai suoi colleghi e a chi, data la sua non più salutare postura, gli aveva affibbiato il nome poco carino di "bisteccone" .

Galeazzi, davanti ai suoi fotogrammi dei tempi dei suoi trionfi di carriera, non potè trattenere le lacrime. Proprio come il giorno della sua silenziosa scomparsa, Jorginho non poté trattenere le sue lacrime per il secondo rigore clamorosamente mancato.

Sia per Jorginho che per Galeazzi sarà stata la colpa di demoni con i quali hanno entrambi, in modi e per motivi diversi, provato a fare i conti. Senza trovare la soluzione.

Colpa, per Jorginho, di quei brutti pensieri che gli hanno tolto la certezza del suo marchio di fabbrica: quel saltello con il quale aveva mandato ko la Spagna. Colpa del senso di smarrimento che lo ha preso e lo ha portato a cambiare rincorsa, modo di calciare e calibrare la forza nell’impatto con la palla il 12 novembre. Brutta data.

Colpa per Galeazzi di una forma di diabete che ha messo lui ko.

Chi è cronista e fa questo mestiere, per Giampiero GALEAZZI, non può che provare ammirazione e sana invidia. Vedere e ascoltare oggi quelle interviste, anche a partita in corso, ad allenatori come Trapattoni o De Sisti, a campioni come Maradona, Rumenigge, Platini, Gullit, Chinaglia, Di Bartolomei, non può che provare un sen

timento del genere. Opportunità simili le poteva avere solo lui. Così istrionico. Totale. Capace di farsi trovare al posto giusto.

Giampiero Galeazzi se n’è andato. In silenzio. In controtendenza.

Questo, rispetto a una vita fatta di incursioni, interviste, telecronache rimaste nella memoria di ogni sportivo e non.

Se n’è andato presto, a 75 anni. Pare, logorato da una lunga malattia, su cui non è trapelato molto. Lascia dietro di sé una profonda sensazione di vuoto. Già, perché Galeazzi non era solo un giornalista, un cronista sui generis, ma era diventato forse il primo grande showman legato allo sport.

Era un pioniere di un modo di raccontare certi momenti, abbinando leggerezza e profondità. Epica e commedia. Capace di far togliere i pudori e i veli degli atleti, di renderli umani. Comunemente mortali. Una dote unica, davvero inimitabile.

Giampiero Galeazzi s’era preso il ruolo di inviato di punta. Ma, sapeva fare davvero ogni cosa. E, la faceva bene. Sapeva raccontare e intrattenere. Accompagnare e commuovere nel racconto di un evento, di una pagina di sport sulla quale lui, in un modo o nell’altro, avrebbe messo la propria peculiare firma. Ricordiamo le telecronache di tennis e canottaggio. Il leggendario racconto degli ori di Seul. Le interviste a bordocampo o in tribuna

ai protagonisti di un calcio magnifico e avvolto ormai dalle nebbie del tempo… In occasione della partita tra Italia e Svizzera, la FIGC (Federazione italiana gioco calcio) aveva organizzato un’iniziativa. La FIGC aveva deciso che prima del fischio d’inizio di ItaliaSvizzera, veniva osservato un minuto di

silenzio per commemorare la scomparsa di Galeazzi. In aggiunta, sui maxischermi, sarebbe stata proposta una sua foto, accompagnata da un messaggio di cordoglio.

Il minuto di silenzio… non ci fu. E ci piace pensare che questa ultima gaffe sia uno scherzo dell’eloquente e irrompente Galeazzi. Lui, il silenzio, non lo amava per niente…

La Presidente, Mariella Soldi e l’Amministratore Delegato, Carlo Fuortes ricordano – unendosi con tutta la Rai al cordoglio dei familiari – un professionista che ha lasciato un segno nella storia della televisione del nostro Paese: “Galeazzi era animato da una profonda conoscenza e da una straordinaria passione per lo sport, praticato da atleta ad altissimi livelli” , affermano Soldi e Fuortes. “Il suo ricordo resta indissolubilmente legato al racconto delle imprese olimpiche dei fratelli Abbagnale e dei successi dell’Italia del tennis. Indubbiamente, allo stile inconfondibile delle sue interviste ai più grandi protagonisti del calcio” .

Contrasti e lodi. Sfumature e ricordi.

Giampiero Galeazzi ci lascia, ma non non potrà mai andare via: resterà nella Storia del Giornalismo sportivo con i suoi trionfi e le sue lacrime…

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