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I cicli economici

a cura di

Peter Ferri

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aro lettore, torniamo ad occuparci di un fenomeno ricorrente nei mecati finanziari: la bolla speculativa e le sue conseguenze. Dall’analisi dei principali episodi speculativi degli ultimi secoli, è stata da più parti rilevata la presenza di caratteristiche ridondanti, come le espansioni monetarie o la diffusa sensazione di trovarsi in una nuova era. Eppure, ogni volta che lo sviluppo e l’innovazione sembrano proiettare l’uomo in un futuro rivoluzionario e svincolato totalmente dal passato, la storia torna a ripetersi con le sue guerre, le sue recessioni, la disoccupazione e le fasi inflazionistiche, e chi additava con arroganza gli scettici e i prudenti dichiarando che il “mondo era cambiato per sempre” , è stato puntualmente spazzato via al primo singhiozzo dell’economia o alla prima avvisaglia di rischio (come una potenziale guerra, per esempio). Polibio, storico greco vissuto nel secondo secolo a.C., formulò la teoria dell’“anacyclosis” , la quale prevedeva l’alternarsi in modo ciclico di diversi tipi di governo: dalla monarchia, alla oligarchia, alla democrazia, all’oclocrazia (l’anarchia) ed infine di nuovo la monarchia. Come per la politica, si è pensato che anche l’economia potesse obbedire, in modo più o meno preciso, ad una legge simile. Diversi economisti, soprattutto russi, si sono cimentati nella ricerca di cicli, o onde (waves) economiche nella storia. È fondamentale ricordare che non bisogna assolutamente confondere i cicli economici con l’andamento della borsa, la quale rappresenta solamente un aspetto dell’economia. Le analisi in questione muovono dall’osservazione di variabili macroeconomiche come crescita del reddito, produzione, prezzi e tassi d’interesse. Naturalmente, l’intersezione di fenomeni congiunturali diversi può dar luogo a fasi in cui l’economia è complessivamente in salute, oppure depressa. Intervalli di tempo legati inoltre alla durata di mandati governativi, o presidenziali (soprattutto nel caso degli Stati Uniti), e possibili differenze di “livello di fiducia” tra consumatori ed imprese, si intersecano tra loro ed insieme alle fasi di espansione o contrazione economica, dando luogo ad una “treccia” di onde che alternativamente si sommano o si eludono, e che con intervalli più o meno stimabili si intersecano aprendo o chiudendo un ciclo. Il problema dei cicli saltò fuori nel XIX secolo per dare una spiegazione alle periodiche cadute della produzione che la teoria dell’equilibrio statico di stampo neoclassico non erano in grado di spiegare. Infatti per spiegare le crisi in economie precapitalistiche, venivano prese in considerazione soltanto cause esogene (cioè esterne), come guerre o epidemie, e cause naturali come l’andamento del raccolto. Con il processo di industrializzazione si è via via dato più importanza, per spiegare le crisi, a cause endogene (interne) e quindi legate alla struttura del sistema economico e alle sue variabili come consumi e investimenti. Il grande economista Keynes nella sua “Teoria Generale” supera le limitazioni della teoria dell’equilibrio classica, ammettendo oltre all’esistenza di un equilibrio di sottoccupazione, anche il possibile verificarsi di fasi alterne nella economia. Egli spiega il ciclo econo

C

mico con la fluttuazione delle iniziative di investimento, che comportano una variazione dei consumi. Un altro grande economista, Joseph A.Schumpeter, nel suo studio a riguardo, tiene in considerazione tre cicli: quello classico di 711 anni scoperto nel 1862 da Juglar nel tentativo di misurare gli intervalli che separavano le maggiori crisi commerciali; uno breve di 34 anni di lunghezza conosciuta anche come “inventory cycle” (o ciclo delle scorte), osservato nel 1930 da Kitchin, ed infine il “macrociclo” di Kondratieff, scoperto nel 1922 e della durata di 5060 anni. Un quarto ciclo, è quello rilevato da Kuznets nel 1923 ed avente una durata tra i 15 e i 25 anni: egli notò che le costruzioni residenziali ed industriali hanno (o almeno avevano) una vita media di 2123 anni, ed il ciclo che ne deriva è quindi legato alle oscillazioni dovute al rinnovo o alla sostituzione di tali costruzioni. Sebbene Schumpeter non abbia riconosciuto quest’ultimo ciclo (cosa che non faccio neanche io), a Kuznets esso fruttò il premio Nobel. Ma è risaputo quanti Nobel abbiano fatto affermazioni risultate alla resa dei conti essere del tutto sbagliate… Alla resa dei conti, appunto, nessuna teoria dei cicli può essere esatta, proprio perché è nella natura delle cose che le economie e le nazioni siano in costante evoluzione. E con esse i cicli economici.

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