Parrocchia Madonna di Loreto
Frati Cappuccini - Chivasso
La nostra fede così fragile “In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!»” (Lc 17,5). E avevano proprio ragione, perché anche noi oggi rivolgiamo la stessa supplica a Gesù. Viviamo tempi difficili, lo vediamo tutti: crisi economica che ci dà un senso profondo di angoscia e di instabilità, giovani generazioni che non hanno certezze per il futuro, lavoratori che non sanno se i contributi versati garantiranno loro una pensione equa, che permetterà alla loro famiglia di vivere dignitosamente. Sullo sfondo lo spettacolo disdicevole del mondo politico, fatto di ripicche, vendette, discussioni interminabili. Anche nella Chiesa italiana vediamo incertezze, ritorni al passato con titoli blasonanti, ristrettezze di cuore, poco spazio ai laici, troppo spesso messi ancora in un angolo, servi silenziosi di un clero ottuso e a volte bigotto. Abbiamo bisogno di speranza! Ma la risposta di Gesù è sorprendente. Invece di esaudire l’invocazione degli apostoli, li esorta e rimprovera : “«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso (a quei tempi ritenuto una delle piante più resistenti per le sue radici profondissime): “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.» Cosa vuole dirci Gesù? Ti chiediamo di aumentare la fede, e tu ci dici che ne basterebbe un microscopico granellino di senapa? Gli apostoli vivevano in un contesto, quello fariseo, che puntava alla “quantità” della fede (quantità che troppo spesso è misura anche della fede nelle nostre comunità, infatti diciamo “quanta gente c’era in chiesa”). Gesù vuole portare gli apostoli su un altro piano: la fede come scelta fondamentale di fiducia in Dio, da seminare nel nostro cuore della nostra vita, fondamento che dà senso e forza ad ogni nostra azione quotidiana. Se questo seme non c’è, tutto il resto -‐ preghiere, messe, rosari, digiuni, pellegrinaggi, rinunce… -‐ è vanità. “La fede è un dono di Dio per chi si apre incondizionatamente al suo agire, rispondendo alla sua chiamata e fidandosi delle sue promesse: della fede non si è padroni né la si può imporre agli altri, ma la si può solo accogliere con gratitudine, ben sapendo – come ricorda Paolo – che «non di tutti è la fede» (2Ts 3,2). La fede è un atteggiamento vitale che coinvolge l’intera persona, colta nella sua unità, è aderire con tutto noi stessi a Dio che ci ha amati per primo. Un bambino attaccato al seno di sua madre ha piena fiducia (cf. Is 66,12-‐13), in braccio a lei si sente sicuro (cf. Sal 131,2); ecco, questa è la fede: un’adesione al Dio fedele (cf. Is 65,16), un mettere la fiducia solo in lui rimanendo saldi. E per un cristiano questa adesione è necessariamente rivolta anche alla persona di Gesù: è lui il Cristo, è lui la verità, la vita, la via ultima e definitiva per andare al Padre (cf. Gv 14,6). E aderire a Gesù significa vivere come egli ha vissuto, cercare di vivere l’amore fino all’estremo come egli ha fatto, perché non vi è autentica fede che non dia come frutto concrete azioni d’amore (cf. Gc 2,14-‐26).” (Enzo Bianchi) Ecco perché al termine del passo evangelico ci dice: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Siamo “servi inutili”, senza utile, per amore. Non si può fare il bene, cercando un contraccambio in valuta… perché una vita vissuta per amore (come quella di una mamma e di un papà) non ha prezzo. È proprio così: più noi viviamo come Gesù ha vissuto, più facciamo nostri i suoi modi, più ci rendiamo conto che è lui e lui solo la nostra ragione di vita: lui, il Signore che si è fatto nostro servo (cf. Lc 22,26-‐27). Non che la nostra vita sia inutile, ma trova in lui la sua ragione profonda: senza di lui non possiamo nulla, è dalla comunione con lui che dipende il nostro amore. www.parrocchiamadonnaloreto.it
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