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e Terzo Settore
–telesoccorso; –sportelli informativi.
Poiché le forme dell’inclusione sono le più diverse, per l’approfondimento delle numerose tipologie di servizio, può farsi riferimento al Nomenclatore Interregionale dei Servizi Sociali, strumento di mappatura, definizione e descrizione degli interventi e dei servizi sociali.
3.2. Modalità di erogazione dei servizi sociali (rapporti tra P.A. e Terzo Settore)
La gestione di un servizio sociale deve assicurare la più alta qualità della vita e, quindi, il massimo benessere dei suoi utenti. Inoltre, deve anche assicurare, attraverso la gestione del budget assegnato, il raggiungimento degli obiettivi che ad esso sono stati assegnati dalla pubblica amministrazione che finanzia il servizio stesso e che sono sia di tipo sociale sia di tipo economico.
Per la gestione dei servizi sociali i rapporti fra amministrazione pubblica e soggetti del terzo settore si svolgono, in genere, secondo tre modalità: –l’amministrazione interviene a sostegno dell’attività del privato sociale attraverso incentivi e contributi; –la gestione dei servizi sociali è interamente affidata ai soggetti del terzo settore secondo sistemi diversi che vanno dall’acquisto di servizi su base tariffaria presso soggetti accreditati, alla concessione, alla convenzione mediante trattativa diretta, all’appalto di servizi; –la creazione di organizzazioni miste, tra la stessa amministrazione e i privati, per la creazione di enti a cui affidare il compito di svolgere determinati interventi di utilità sociale.
Con la prima modalità il terzo settore si configura come destinatario diretto dell’intervento pubblico, in quanto meritevole di essere valorizzato e sostenuto per l’utilità sociale che la sua attività determina.
Nel secondo schema il privato sociale è un puro fornitore di servizi a cui l’amministrazione si rivolge, in genere, per diminuire i costi dell’erogazione del servizio e/o dotarsi di professionalità specifiche di cui non dispone al proprio interno.
Nella terza ipotesi, infine, l’istituzione di un ente misto pubblico/privato si configura come una modalità organizzativa scelta dall’amministrazione pubblica per gestire in modo più flessibile le proprie competenze e, in essa, l’articolazione organizzativa è determinata dalla stessa amministrazione pubblica.
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Alla base delle tre modalità vi è l’idea che la gestione dei servizi alla persona può essere individuata come competenza specifica affidata a un soggetto individuabile in modo univoco come idoneo ad assicurarla nel modo migliore.
Il rapporto fra pubblico e privato, pertanto, viene considerato sempre con la finalità di individuare il soggetto che di per sé è più idoneo a porre in essere determinati interventi nel sociale, al fine di affidargli in modo univoco la gestione del servizio.
L’erogazione dei servizi alla persona viene dunque considerata principalmente dal lato dell’offerta, nel tentativo di individuare quale soggetto è in grado di fornire il servizio meglio degli altri, così da poterlo scegliere per affidargli la gestione.
Si parte dall’implicito assunto che siano noti il bisogno da soddisfare, le caratteristiche che devono possedere i soggetti idonei a soddisfare questo bisogno, i percorsi possibili per soddisfarlo, per cui non si deve fare altro che scegliere fra essi quello che si dimostra, almeno potenzialmente, più efficace.
Da questo assunto nascono molte delle questioni tipiche del dibattito sull’affidamento ai privati dei servizi sociali: –quale sia la modalità più idonea da seguire per l’erogazione dei contributi e degli incentivi al privato sociale; –quali siano i criteri più idonei per affidare al privato la gestione dei servizi, –quale forma giuridica sia meglio utilizzare per erogare i servizi alla persona.
Questi nodi s’incrociano poi con la scelta che l’amministrazione pubblica assume in base all’applicazione o meno del principio di sussidiarietà orizzontale1, che implica l’alternativa tra pubblico e privato: dove un soggetto privato esiste ed opera per la soddisfazione dei bisogni, il pubblico deve astenersi dall’intervento diretto, lasciando che sia il privato da solo ad ope-
1 Nel primo comma dell’art. 18 è formalmente introdotto il principio di sussidiarietà nella duplice valenza di sussidiarietà verticale e orizzontale. Con sussidiarietà orizzontale «si fa riferimento alla possibilità che l’esercizio di funzioni pubbliche venga attribuito ai cittadini stessi e alle formazioni sociali, non solo grazie a una delega eventualmente conferita dalla pubblica amministrazione, ma anche attraverso la propria autonoma iniziativa»: I rapporti tra le organizzazioni di volontariato e gli enti pubblici, Pagina, Bari 2008, p. 8. Per ulteriori approfondimenti sul principio di sussidiarietà rimandiamo al cap. I del testo appena citato, curato dall’Area consulenza del CSV “San Nicola”.
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rare per la soddisfazione del bisogno, mentre il pubblico limita la sua funzione a quella di supervisione e verifica dell’attività svolta dal privato.
Rispetto al quadro che si è ora sinteticamente tracciato, il modello del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali introdotto dalla Legge 8 novembre 2000, n. 328 – poi variamente ripreso nella normativa successiva, anche di livello regionale – si è configurato come l’occasione per un cambio di prospettiva che consente di impostare il rapporto pubblico-privato nell’erogazione dei servizi sociali al di fuori della tradizionale configurazione «dicotomica».
L’assunto della Legge 328, infatti, è che occorre cambiare il punto di vista dell’analisi e prendere come punto di partenza la natura dei bisogni che l’insieme dei soggetti che si trovano a far parte del sistema integrato dei servizi e degli interventi sociali, con le loro specificità e le loro differenze, devono soddisfare, prendendo atto che le situazioni di bisogno e di difficoltà in cui la persona può venirsi a trovare nel corso della propria esistenza sono una realtà complessa, variabile e mutevole, costituita da bisogni che si considerano noti e bisogni nuovi determinati dalla continua evoluzione della realtà sociale. Per creare le condizioni idonee a dare risposta alla complessità dei bisogni, quindi, occorre concentrare l’attenzione sulla ricerca delle condizioni in base a cui i diversi soggetti che operano nel sociale, in coerenza con i rispettivi ruoli, possano raccordarsi e interagire fra loro, stabilendo interdipendenze indispensabili per affrontare la crescente complessità del reale e rispondere in modo efficace ai bisogni che emergono dalla società in modo caotico.
L’esigenza di un sistema integrato per l’erogazione dei servizi, dunque, nasce dalla necessità di stabilire in che modo i diversi soggetti che vengono coinvolti possano interagire e mettere a disposizione le risorse di cui sono portatori in modo interdipendente, per assicurare le azioni necessarie a garantire il perseguimento dei risultati di interesse generale a cui l’azione di ognuno di essi è rivolta.
Il sistema integrato deve quindi essere letto e gestito da ogni soggetto che vi partecipa come un assetto organizzativo in cui i diversi soggetti coinvolti sono connessi perché oggettivamente accomunati: –dal fine della loro attività, cioè il perseguimento di un interesse generale; –dalla responsabilità di cura di tale interesse; –dalla dimensione oggettiva del dovere di amministrare risorse pubbliche.
In tale contesto, in definitiva, non è importante tanto definire chi opera
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