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Il mondo del bambino con Diabete di tipo 1. Tavola rotonda
from Opera 28 Fiera di esserci! Volontari per il cambiamento – Meeting del Volontariato settembre 2018
Il mondo del bambino con Diabete di tipo 1
Tavola rotonda
12.9.2018 • Fiera del Levante, Nuova Hall di via Verdi Intervengono: Cataldo Torelli, pediatra diabetologo; Elvira Piccininno, diabetologa dell’U.O. Malattie metaboliche dell’Ospedale pediatrico “Giovanni XXIII” di Bari. Modera: Lucia Vitale, Presidente dell’associazione APGD.
Lucia Vitale
Questa tavola rotonda è dedicata al Diabete di tipo 1. È presente l’associazione APGD (Associazione Pugliese per aiuto al Giovane con Diabete), ci sono i diabetologi. Il loro scopo è informare e sostenere le famiglie interessate e lavorare anche con la scuola, per la formazione del personale scolastico, perché la vita del ragazzo possa essere facilitata.
[Filmato]
Questi filmati hanno presentato le maggiori problematiche. Siamo partiti da una specie di censimento, poi abbiamo guardato le difficoltà e soprattutto l’importanza di saper integrare i ragazzi col diabete in tutti gli ambienti di vita, perché l’inclusione diventi parte della terapia. Abbiamo anche visto una serie di pregiudizi che purtroppo ragazzi e famiglie devono superare, comunque conviverci. Tutto perché non si è informati, così che la terapia include l’informazione sul diabete. La paura di sentirsi discriminati è presente nei ragazzi, tanto che non parlano della loro patologia per paura di essere emarginati. Anche perché negli altri trovano disinformazione e aggressività e atteggiamenti di difesa, come i docenti che hanno paura di affrontarla. Hanno paura di sbagliare. Perciò, nella scuola, in punta di piedi, portiamo solo un po’ di conoscenza e informazione, perché si possa collaborare e mettere in atto dei semplicissimi accorgimenti affinché ragazzi e famiglie siano tranquilli. Sono filmati, dunque, che ci dicono quanto bisogno ci sia di informazione in questa società, perché questa patologia, che si espande a macchia d’olio, venga affrontata. Noi – io sono una mamma di un ragazzo diabetico – abbiamo bisogno non solo di insulina, ma di ambienti facilitanti l’affronto più sereno del problema.
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[Diapositive]
Va detto che siamo sempre accompagnati da diabetologi, per dare una garanzia di scientificità all’informazione al personale scolastico. Facciamo anche informazione al ragazzo perché non abbia paura della sua patologia.
Cataldo Torelli
La nostra è una Regione che di tutte le belle leggi ne ha reso operative solo alcune. L’associazione sostiene il lavoro di noi medici perché ci prendiamo cura di questi bambini meravigliosi. Il diabete è una malattia complessa. Complessa perché tocca non solo il piano biologico, in cui bisogna già tener conto di tanti fattori imprevedibili e quotidiani, insulina, pasti, attività fisica, ma proprio il piano esistenziale, perché coinvolge, a vasto raggio, tutto il mondo del bambino (questo è stato scritto da uno dei padri fondatori della diabetologia, Luigi Zoja, nel 1935), cosicché siamo tutti attori della cura, il cui obiettivo è una vita normale. Con una glicemia normale. Dobbiamo raggiungere obiettivi clinici, dal punto di vista metabolico e altro, ma soprattutto dobbiamo raggiungere una buona qualità della vita del bambino e della famiglia, mantenendo un equilibrio quotidiano che non è facile raggiungere.
Il diabete, a differenza di altre patologie, prende tutta la vita del bambino, perciò dobbiamo essere prudenti nella valutazione della diagnosi da comunicare alla famiglia. Vi assicuro che quando i genitori sono dinanzi a me e hanno perso, in quel momento, l’integrità di un bambino sano, i neuroni sono alterati. È una diagnosi che va accolta nella quotidianità per essere accettata nella vita di tutti i giorni. Quindi c’è un rapporto molto stretto, un cordone ombelicale difficile da tagliare nel momento della transizione. È necessario un approccio integrato, dobbiamo operare degli interventi che sono medici ma che devono includere la famiglia, l’ambiente sociale, fin dall’esordio. Ma che cos’è l’educazione terapeutica in un processo di cronicità? Diventa una parte di pensiero tra noi e quel bambino e la vita della famiglia, che deve essere continuo, efficace. È necessario questo processo di adattamento continuo, ma anche contrastare i pregiudizi, le false rappresentazioni, le convenzioni, e tenere conto dei bisogni oggettivi e soggettivi del bambino; quindi dobbiamo dare delle informazioni corrette perché investiamo la sfera familiare, la sfera amicale e sociale. È una sfida complessa per noi diabetologi pediatri e non ci possiamo esimere, perché c’è in gioco la qualità della vita di quel bambino, di quella famiglia.
È un team multidisciplinare dove collaborano anche le associazioni; dobbiamo educare, attraverso la scienza e il sapere, a saper essere per saper
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fare. C’è questa multidisciplinarietà che è il collante, un continuo scambio, un linguaggio comune ed una giusta sensibilità pedagogica, perché affrontiamo il mondo di un bambino che deve crescere sereno con questa condizione di vita. Dobbiamo curare la sua storia che non dobbiamo dimenticare mai, non dobbiamo mai lasciarla fuori dalla porta dei nostri ambulatori; alla fine quel bambino diventa consapevole della sua condizione ed il miglior medico di sé stesso.
Elvira Piccininno
Che cos’è il diabete e come inizia: questa è la campagna di prevenzione della chetoacidosi che è la modalità di esordio più frequente più drammatica, soprattutto se si tratta di un bambino piccolo: perché ha sempre sete, fa tante pipì, bagna spesso il letto, benché abbia già assunto bene il controllo degli sfinteri. Ci può essere un sintomo, quindi bisogna contattare immediatamente il pediatra perché siano fatti degli esami delle urine o degli esami di laboratorio. Ci sono poi gli strumenti educativi, ci sono anche dei videogiochi, con l’aiuto delle lezioni individuali, ci sono gli incontri con i genitori, corsi di educazione nutrizionale, ed inoltre la tecnologia, che cambia il nostro modo di curare il diabete con la perfetta personalizzazione della terapia. Ad esempio, oggi abbiamo una molteplicità di strumenti che ci fanno vedere tutte le possibilità di intervento per essere sempre più normoglicemici.
Dobbiamo quindi aiutare la famiglia e il bambino a riappropriarsi del proprio progetto di vita e quindi educare anche l’ambiente, dove spesso ci sono dei pregiudizi che nascono dalla cattiva conoscenza. E poi dobbiamo essere anche in grado di lasciare andare questi ragazzi che diventano dei giovani adulti e che hanno ormai preso confidenza con il diabete e si sapranno curare per tutta la vita.
La scuola è importante, perché anche qui si può imparare a gestire la sfida del diabete, pur facendo degli errori che poi possono diventare una risorsa successiva. Qui si può verificare se tutti i messaggi di tranquillità che noi diamo in fase di dimissione corrispondono a verità, per cui è veramente drammatico quando poi un bambino arriva a scuola e si trova davanti delle barriere. Non dobbiamo amplificare le ansie e le paure ma dobbiamo collaborare per permettere una permanenza scolastica in sicurezza. La ripresa della scuola è proprio il passaporto del riappropriarsi della normalità del bambino, un posto dove sentirsi bene. Dall’altra parte c’è però la scuola che è spaventata perché si confronta con questa realtà che non aveva mai conosciuto, come è stato anche per la famiglia all’inizio della diagnosi. Dobbiamo collaborare senza polemiche ed armarci di pazienza con il personale
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scolastico. Ai ragazzi al momento della dimissione viene fornita una letterina che aveva imbastito il nostro buon dott. Torelli tanti anni fa, ma è sempre valida, e dove troviamo il numero di telefono, il reparto, ed una serie di indicazioni. Ci sono delle scuole che richiedono invece la compilazione del piano terapeutico, dove però sono presenti tante nozioni mediche che possono spaventare gli insegnanti. La scuola dunque rappresenta il terreno dove il bambino mostra l’autonomia raggiunta, ma dove forma anche la propria personalità, utilizza tutta la propria energia ed intelligenza per realizzare le proprie potenzialità.
Questi sono gli strumenti con i quali educhiamo i bambini, una storia iniziata tantissimi anni fa: l’educazione computerizzata del nostro dott. Dammacco trasformata adesso in videogiochi per educare giocando. C’è una app, al momento disponibile soltanto su Android, dedicata a bambini dai 3 ai 6 anni, e c’è un viaggio a ritroso attraverso i sintomi dell’esordio, poi la ricostruzione della quotidianità, con dieci schede interattive che insegnano al bambino che quando sente dei sintomi deve chiedere l’aiuto dell’adulto più vicino.
C’è un’esperienza bellissima che speriamo di ripetere nel 2019: siamo stati una settimana con adolescenti di 13-17 anni al Dynamo Camp, una struttura che sta in provincia di Pistoia. È una struttura creata grazie a Paul Newman e poi mantenuta grazie a donazioni di multinazionali, dove viene sperimentata l’attività ricreativa a scopo educativo per bambini, ragazzi ed adolescenti con patologie croniche. Un campo scuola è un momento formativo che rafforza la conoscenza del diabete inserendo il ragazzo in una situazione di vita reale, un’esperienza serena lontano dai genitori, atta sempre a raggiungere una maggiore consapevolezza di sé. Utile anche per trarre forza dagli altri ragazzi e condividere autonomia, spensieratezza e sicurezza in compagnia di medici ed infermieri presenti al campo scuola.
Lucia Vitale
La dott.ssa Piccininno non ha fatto altro che mostrare la complessità della malattia e i suoi vari risvolti che coinvolgono tutti gli aspetti della vita di una persona. Oggi la tecnologia ha migliorato di molto la qualità della vita, del controllo della glicemia, e adesso la vita di un malato di diabete è più semplice pur essendo sempre un “peso”. Si spera che nel prossimo futuro il pancreas artificiale, progettato per fornire automaticamente insulina a seconda del valore di glicemia presente, possa risolvere tutti i problemi esistenziali delle persone con diabete. Qui accanto a me ci sono due persone che potranno testimoniare direttamente come è la vita di un malato di diabete.
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[Testimonianze]
Enza (mamma di una bambina diabetica) Sono Enza, mamma di una bambina diabetica di 7 anni. Aveva 22 mesi quando ha sviluppato il diabete. Una vita che cambia. All’inizio è stata dura perché la bambina era piccolissima: la scuola materna e tutto il resto. Però ce la si fa. Io volevo lasciare un messaggio positivo: siamo stati seguiti da questo centro di Bari meraviglioso, e Viola sta benissimo, grazie sia ai diabetologi sia ai nuovi dispositivi che ci aiutano molto. Un benvenuto a tutte le mamme nuove. Bisogna seguire questi bambini un po’ di più rispetto ad altri bimbi che non hanno questa patologia, ma avranno una vita normale come tutti gli altri.
Carmine (ragazzo diabetico) Io sono Carmine, ho 24 anni e ho il diabete da quando avevo 9 anni. Come già diceva la dott.ssa, è importante avere sin dal primo momento qualcuno che ti dica che il diabete è davvero un compagno, che ti accompagna. Io non ho mai vissuto il diabete come un limite, e questo perché ho sempre avuto accanto persone che mi hanno fatto percepire il diabete non come un limite: i medici, e soprattutto mia madre e mio padre. Sono stati la mia seconda insulina. La mia famiglia è stata veramente importante. Con il loro aiuto ho affrontato il diabete.
Alle superiori ho fatto teatro, ho fatto l’animatore turistico perché ho sempre voluto mettermi alla prova. Fu un’esperienza di 3 mesi e la vinsi con il sostegno dei medici e della famiglia. Quando sono tornato ho avuto la possibilità di mettere il microinfusore, ed ho fatto così un passo avanti. Mi ha permesso di adeguare il diabete alla mia vita e non viceversa. Quando utilizzavo le penne c’era ancora in me il pallino di dover mangiare a pranzo, a cena. Con il microinfusore ho scoperto la libertà: mi ha permesso di conoscere il diabete sotto un altro aspetto. Come quasi un valore aggiunto. Il diabete semplicemente mi ricorda che devo avere un’alimentazione sana, che devo fare attività fisica e che devo avere un atteggiamento positivo nei confronti della vita. Ogni giorno me lo ricorda. La tecnologia mi ha permesso di vivere il diabete così. Sono sicuro che il diabete con gli anni diventerà sempre meno un peso.
Alla luce della mia esperienza, voglio concludere col dire che con il diabete qualsiasi cosa si può fare.
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Lucia Vitale
Queste due testimonianze ci dicono che nella vita non bisogna solo sfidare la malattia ma bisogna sfidare sé stessi per cercare di adattarsi alle situazioni ed alle difficoltà. Questi due esempi sono testimonianza di come anche il volontariato possa essere di aiuto per trovare una strada più semplice per andare avanti. Grazie.
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