Reality 48

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Editoriale

Voglia di essere Passeggiando in bicicletta, pedalando senza fretta, con una rivista in mano stretta, mentre il cinguettio degli uccellini ci culla nel nostro andar, le farfalle volano nei prati, i bambini corrono nei giardini giocando a nascondino, le mamme sono lì, sulla panchina; guardano con amore la spensieratezza dei loro pargoli così teneri, con tanta, tantissima voglia di giocare e di sognare. Ma dove siamo? Forse queste semplici emozioni non esistono più!? Forse queste sensazioni che prima ci riempivano il cuore, sono semplici smielate retoriche o spazzatura come pur si vuol dire? Per noi tutto questo è sempre vivo. È dalla semplicità, dalla voglia di sapere, di scoprire, di conoscere che ci facciamo guidare. I nostri articoli sono dei piccoli viaggi verso nuove emozioni per riscoprire la qualità della vita, i suoi sapori, in un mondo nel quale forse non si ha più il tempo dell’essere ma solo dell’apparire. Avete mai provato a rileggere un libro, rivedere un film, rivisitare un museo a distanza di anni? Ecco questa è la sensazione che vorremmo farvi provare! Cari lettori, cerchiamo di comunicarvi il “lusso” dell’informazione, del sapere, del conoscere: avvenimenti, tradizioni, personaggi della nostra terra. I nostri collaboratori volano da una mostra di pittura ad un evento mondano, da un’inaugurazione ad una celebrazione centennale, da una presentazione di un libro ad una cena sociale. In questa voglia d’estate stiamo sperimentando un nuovo magazine on line: ”News dal Territorio”. Notizie a 360 gradi: arte, cultura, spettacolo, economia, industria, eventi e manifestazioni, questo è quello che potrete trovare, o addirittura voi stessi inserire all’interno del nostro “News dal Territorio”. Contattateci e visitate il sito www.ctedizioni.it perchè insieme, da grandi, possiamo correre in questo immenso prato che è la vita con la stessa voglia di giocare e sognare che hanno i bambini!



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o l o c a t t e p S Le tter atu 10 anni di Reality... Il Festival è una seconda pelle 29° Festival della Versiliana Un trionfo di musica 54° Festival Puccini Un teatro dell’Arte per... Consigli per giovani spiriti accesi Festival di Cannes Rizoma Level 4 Solitudine e consumismo

Charlene, rosa di Montecarlo Un messaggio di fratellanza A cena con l’autore L’estate al Forte, che forte! Banca e cultura La moda sfila su ruote La regina di San Miniato War on cash Un sogno realizzato

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Dentro l’identità; la verità che accoglie “Questa fabbrica della conformità... Orologi a riposo Scene da un matrimonio La soluzione che mancava adesso c’è Scopriamo l’agopuntura Un cammino verso il benessere Riscoprire il tempo dell’essere L’aspetto che va oltre le tendenze

Eventi

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Art Around Booking a Book Show Reel

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La sesta volta di Porta Bernarda Lineapelle Pelle in rosa Le donne in conceria Assegnato all’ASSA il premio Toscana Ecoefficente La qualità energetica degli edifici

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Le Vetrine

La più bella del reame Dino Campana Premio Carducci: la nuova edizione Il terzo segreto di Fatima... Richard Avedon e gli scatti dell’anima Oriana Fallaci: fiorentina di razza Ortali: inesauribile carpire... Mamma di maggio “In un solo giorno si può rinascere”

Green Resort Semplicemente unico Piaceri di palato Gustovagando Sport Profvmo Dentro l’immagine

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Economia

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Società

Arte

Tra pittura e scultura... Sacro e profano Tiene in sé la pittura forza divina De Chirico: l’enigma della pittura Arte & Alimentazione Un viaggio nell’Arte La città dalle belle torri Il ritorno di Ghino di Tacco De l’oasi che nel cor mi sta

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Reality MAGAZINE D’INFORMAZIONE Editore: Centro Toscano Edizioni srl Sede legale: via Viviani, 4 - 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Redazione: casella postale 36 - 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Studio grafico: via P. Nenni, 32 - 50054 Fucecchio (FI) Recapiti: Tel. 0571.360592 - Fax 0571.245651 E-mail: info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it Abbonamenti - abbonamenti@ctedizioni.it Pubblicità Tuscan Agency - Tel. 331 2955161 Direttore responsabile: Margherita Casazza - direzione@ctedizioni.it Redazione - redazione@ctedizioni.it Studio grafico - lab@ctedizioni.it Text: Alena Fialová, Alessandra Casaltoli, Alessia Biagi, Andrea Berti, Andrea Cappellano, Andrea Cianferoni, Andreas Quirici, Brunella Brotini, Carla Cavicchini, Carla Uberti, Carlo Baroni, Carmelo De Luca, Claudio Mollo, Daiana Di Gianni, Federico Ghimenti, Francesco Turchi, Gianpaolo Russo, Giulio Panzani, Ilaria Duranti, Letizia Quaglierini, Luciano Gianfranceschi, Mariano Postiglione, Mauro Manzi, Nicola Miceli, Paolo Pianigiani, Patrizia Bonistalli, Roberto Tarabella, Sara Taglialagamba, Serena Marzini, Stefania Catastini, Tamara Frediani, Valerio Vallini Photo: Alfio Pellegrin, Colombo Fotoreporter, Foto Fischio, Foto Lauro, Foto Olimpia, Foto Orsini, Marco Bonucci, Massimo Covato, Mauro Rossi, Riccardo Lombardi, Valerio Pagni Stampa: Bandecchi & Vivaldi s.n.c.- Pontedera (Pi)

ISSN 1973-3658 ERRATA CORRIGE - In Reality n°47 a pagina 16 è stato erroneamente scritto Viviani al posto di Viani. La redazione.

Reality numero 48 - giugno 2008 Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998 Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007

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Tra pittura e scultura, il teatro dei sogni di Rinaldo Bigi Rinaldo Bigi si muove nei campi della pittura e della scultura, rispettandoli e tradendoli al tempo stesso

CENNI BIOGRAFICI

I

Rinaldo Bigi e nato nel 1942 a Pietrasanta. Dopo aver frequentato il locale Istituto d’Arte passa all’Accademia di Belle Arti di Carrara sotto la guida degli scultori U. Guidi e A. Biggi e vi si diploma nel 1964. Ha insegnato nei Licei Artistici di Carrara e Lucca e dal 1983 è titolare della Cattedra di Tecniche della Scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Nel 1970 tiene la sua prima personale alla Marisa del Re Gallery di New York imponendosi all’attenzione del pubblico e della critica. Le numerose personali e collettive in Italia e all’estero confermano la presa immediata e il buon successo della sua scultura. Vanno segnalate inoltre le sue grandi sculture urbane in cui il continuo racconto orchestra sapientemente la surrealtà che gli è propria.

n una mostra antologica dello scorso anno, tenuta al Palazzo Mediceo di Seravezza, per la prima volta in modo ampio e correlato, è stato possibile conoscere in pieno i due aspetti, la pittura e la scultura, del talento creativo di Rinaldo Bigi. Fino a quel felice appuntamento, l’artista versiliese aveva raramente esposto le proprie estese carte e tele eseguite ad olio e a pastelli e concepite come un teatro di forme e colori e figure in gioco di apparizioni fantastiche. Pur dipingendo da lungo tempo e con una certa continuità, di Bigi erano soprattutto note le opere plastiche. Opere in marmo e in bronzo tra le più rappresentative della sua terra, e non è, questa, osservazione da poco. Difatti Pietrasanta, nel contesto apuo-versiliese, è un luogo ove convergono e operano maestri provenienti da tutte le latitudini, geografiche e culturali, del mondo. Scultore che ha sempre amato fare da sé, ossia eseguire senza aiuti anche opere di grande impianto, che comportano un considerevole dispendio di energie e di tempo. Segnatamente quelle in marmo, composte per lo più sotto specie di palcoscenici, dislocando su ogni piano-base più organismi plastici e figurali. Ognuno dei quali, a sua volta, deriva sempre dalla combinazione, o montaggio che dir si voglia, di diversi elementi, e costituisce un’unità scultorea in sé compiuta e godibile, per quanto concepita in funzione e nella logica della ribalta. Lo spirito del teatro impone una coralità. La ribalta, pertanto, non può non essere uno spazio idealmente agibile, da permutare in luogo poetico dell’evento. Si pensi a un ambiente o un “paesaggio” cui si consegna non il racconto prefigurato nei titoli, ma solo una intenzione di racconto. Si tratta di indizi narrativi, non sempre veritieri, da Bigi disseminati sul terreno; di acchiti a imboccare ed esplorare una pista, tra le altre segnalate. In tal modo Bigi conduce tanto ai territori del mito e del leggendario terrestre e celeste, quanto alla dimensione più accessibile, ma non meno densa di eventi e dilatazioni interiori, del vissuto personale, da dove riemergono le tracce, i depositi, il senso delle esperienze consumate. Penseremmo, dunque, ai singoli momenti plastici


Rinaldo Bigi per Reality


Gorky e la luna, 2005


Il grande Magot, 2003

come ad altrettanti snodi d’un dramma lirico a più voci, dal cui interagire la messinscena attinge la tensione necessaria a suggestionare lo spettatore, innescando l’azione nella sua mente. Va da sé che il regista Bigi si celi e si riveli nei molteplici volti e negli atteggiamenti, nella presenza silenziosa di Gorky, il leone/alter ego, deus ex machina da cui si generano le situazioni figurate, l’eroe eponimo della rapsodia favolosa che da decenni, e con una vena ancora fresca e zampillante, Bigi va componendo quali stanze o circhi o ribalte teatrali della pittura e della scultura. Bigi scultore ha sempre avuto uno speciale legame con il colore e il piano superficie, pur praticando la pittura non al margine ma certo in modo riservato rispetto alla scultura. Anzi, mano a mano che la pittura è andata crescendo in autonomia nel suo laboratorio creativo, ha finito col transitare, per osmosi, nella scultura stessa. Il colore ha contaminato la nudità dei bronzi e dei marmi; ha animato la vaghezza delle superfici polite; ha ingentilito – o evidenziato, secondo il caso – l’acutezza delle punte e degli spigoli. Bigi lo ha riversato nella scultura sotto specie di note e pezzature dalla bella sonorità, di preziosi inserti a intarsio o mosaico, di delicate nuances, di filamenti disegnati o incisi, di inclusioni polimateriche. Dal ventaglio di interventi hanno guadagnato vivacità le forme, ritmo le partiture, espressione i personaggi e la scena del racconto plastico. Per tale maturata ambivalenza, Bigi può oggi dirsi partecipe, con una propria identificabile voce, del filone maggiore della tradizione moderna dei pittori/scultori e, meno rappresentata, degli scultori/pittori. È un drappello che fa capo a Degas e,


Sono forte anch’io, 2006

attraverso Picasso Modigliani Boccioni Mirò Arp Marini, rifluisce nel Secondo Novecento per infittirsi, al limite della confusione, con l’avvento della pop art e dell’arte povera, quando si introduce l’oggetto in sostituzione della forma. Con questi movimenti diventa possibile immettere ogni materiale e ammettere ogni contaminazione nell’esercizio dell’arte, talché si fa alquanto permeabile, per non dirlo aleatorio, il confine tra le arti plastiche e le pittoriche un tempo accomunate dal “disegno”. Bigi quella demarcazione la rispetta e insieme la tradisce. Nel senso che si muove in entrambi i campi secondo i relativi specifici codici, ma pratica lo sconfinamento in quanto applica la regola transitiva delle analogie e delle equivalenze linguistiche. Prende dalla pittura e trasferisce nella scultura quel che gli serve per giustificate esigenze espressive, sempre sulla base di un ordine formale e di una motivazione poetica unitaria. Con l’introduzione del segno e del colore, Bigi ha recuperato altresì la concezione originaria della scultura. Non solo quella etnica, per la quale il colore e la diversità dei materiali e degli oggetti sono imprescindibili dalla forma, ma la mediterranea e della Grecia classica, che conosciamo nuda e candida, ed era invece regolarmente “vestita” di colore. Dunque un ulteriore, questa volta implicito, ritorno a quel gusto non nostalgico per l’antico cui già rimandavano i numerosi elementi architettonici (timpani cornici fregi colonne rocchi capitelli e altri reperti della bottega metafisica) che un tempo erano parte cospicua del “paesaggio” di Bigi nel disegno, nella pittura, nella scultura. Un paesaggio da passeggiata archeologica ancora ai primi anni Novanta, abitato da personaggi umani e animali essi stessi costruiti per aggregazione di parti architettoniche, o comunque come sculture di imponenza architettonica. Quelle ambientazioni e quei personaggi continuano a comparire nell’opera di Bigi, ma ormai condividono la scena con altre figure del suo immaginario poetico, le cui esibizioni ora clownesche e funamboliche, paradossali e iperboliche, ora magiche e incantate, intenerite e melanconiche sono una metafora della vita, e del sogno che è l’arte interposta alla vita. E non manca di affacciarsi la quotidianità tra i tendaggi dei circhi e dei teatri e nelle stanze dove si svolge l’azione simulata dal pittore e scultore Bigi regista di sogni, e dove siamo invitati a viaggiare con una valigia carica delle nostre memorie e proiezioni immaginative.

Nicola Micieli


Il commendator Filippo, 2004



Mostre

Sacro e profano TEXT Carmelo De Luca / PHOTO Ufficio stampa

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oma rende omaggio al Correggio, pittore dell’aria e sommo artista in età tardo-rinascimentale. Sino al prossimo 14 settembre, i saloni della Galleria Borghese ospitano una bellissima mostra che riscatta un genio la cui fama ha stentato ad assumere quelle connotazioni di universalità che gli spettano. Non a caso gli studiosi concordano nel farlo assurgere nell’olimpo dei grandi e

Correggio, pittore dell’aria e... l’esposizione evidenzia presenze “capitoline” nelle opere dell’artista: da qui nasce la simbiosi con l’antico, con la modernità classica che solo Roma è in grado di trasmettere. Così Correggio diventa il pittore dei corpi, del colorito, del disegno ma anche architetto di cupole provviste di una plasticità e monumentalità del tutto nuova. Le novità dell’esposizione vantano quadri a soggetto mitologico, quali il Ratto di Ganimede dal Kunsthorisches di Vienna o la Venere e Cupido dal Louvre. I temi profani fungono da equilibrio ai toccanti soggetti sacri e i capolavori presenti nelle sontuose sale del Museo portano il nome del Noli me tangere dal Prado, Il Martirio dei Santi Placido, Flavia, Eutichio e Vittorino dalla Galleria Nazionale di Parma e molti altri. Dalle opere emergono il colore velato e la luce, elemento ottenuto mediante morbidi e delicati chiaroscuri, che caratterizzano una eterea sensualità dei corpi e dell’immagine. La mostra prosegue con un’ulteriore tappa a Parma dal 20 settembre al 25 gennaio 2009. Stavolta è la Reggia della Pilotta a fare da padrona grazie al numero di preziose tele dell’artista, belle, suadenti, coinvolgenti: un vero tributo a un formidabile maestro della pittura italiana. La mostra comprende anche la visita della Camera d’Oro del castello di Torrechiara e la Camera di Diana nei castelli di Fontanellato.

Reality


Arte

“Tiene in sé la pittura forza divina” TEXT&PHOTO Sara Taglialagamba

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nno turbolento per Firenze il 1494: si segnala il definitivo infrangersi del grande sogno laurenziano con le morti dei suoi più grandi animatori Pico della Mirandola e il Poliziano; si accende la predica del Savonarola animata da toni sempre più austeri e violenti che colpiscono duramente l’opinione pubblica; vi cade l’assenza di grandi personalità artistiche private dall’esempio di Michelangelo impegnato da prima all’Arca di San Domenico a Bologna e poi successivamente a Roma; e con una tempestività rilevante avviene anche la nascita del pittore Rosso Fiorentino, futuro fomentatore della cosiddetta Insorgenza Anticlassica, che determinerà la nascita del Manierismo. Il Rosso infatti, porterà alle estreme conseguenze il linguaggio pittorico fiorentino, sconvolgendolo e sovraccaricandolo, lavorando su quegli impulsi che si erano già timidamente delineati nei i primi anni del Cinquecento. Spinto da un’inarrestabile e mai soddisfatta irrequietezza sperimentale, egli contribuirà a svecchiare il ripetersi di schemi ormai troppo sfruttati ed inaugurerà una nuova sensibilità pittorica cruda e vibrante che precede il ductus sofisticato ed elegantissimo del Manierismo. L’opera capitale del Rosso è la Deposizione conservata alla Pinacoteca di Volterra che, grazie all’inscrizione RVBEVS FLO. FAC A. S. MDXXI, è una delle poche opere datate ed autografe, dove il soprannome Rubeus è probabilmente da

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riferirsi al colore dei capelli. La pala fu dunque commissionata nel 1521 dalla Confraternita della Croce di Giorno per essere collocata nella loro cappella nella Chiesa di San Francesco. Si presenta come un’opera di carattere fortemente innovativo sia dal punto di vista iconografico sia da quello del linguaggio artistico. In modo inedito, l’iconografia dell’opera presenta l’unione di due nodi fortemente drammatici: la Madre che vede morire il figlio ai piedi della Croce e lo stacco del corpo ormai privo di vita d e l

Cristo. È un’emotività forte, straziante e coinvolgente quella espressa dal Rosso attraverso quei due corpi rilasciati: quello disperato e sorretto a stento della Madre e quello ormai pesante ed abbandonato del Figlio, entrambi ultima, drammatica ed effettiva presa di coscienza della morte. Anche lo stile pittorico è allo stesso modo diretto, senza mediazioni: l’assenza totale di studi preparatori è dimostrata dall’affiorare del disegno sottostante sotto la mano di vernice magra che lascia affiorare rilevando la struttura originaria caratterizzata dai numerosi pentimenti e ripensamenti. Il Briganti avvicinò tale caratteristico modo di dipingere al senso di costruzione cubista, riuscendo perfettamente a descrivere il gioco del pennello che costruisce le forme quasi in modo scultoreo, secondo un modulo geometrico delineandole in modo quasi violento a colpi di pennello. Anche l’impaginazione della scena mostra alcune dirompenti novità: l’annullamento spaziale in profondità che rende la scena claustrofobica per il suo svolgersi in primo piano, i colori irreali ma preziosi per i loro cangiantismi, il trattamento delle vesti e dei panneggi spigoloso e rigido, si abolisce la struttura ordinata agitando e sconvolgendo la scena dal gesticolare di mani adunche e nervose. Questo nuovo stile, che determina un violento e radicale allontanamento dalla tradizione, è raggiunto da Rosso a Volterra dove, libero da ogni schematismo precedente e lon-


A tano da Firenze, troverà una situazione artistica ancora attardata e priva di personalità di rilievo entro cui inserirsi e che favorirà il libero realizzarsi del suo stile. Infatti la ricerca del Rosso si estremizza al massimo grado in questo periodo portando alle estreme conseguenze il suo discorso sperimentale e il suo linguaggio eccentrico e allucinato, che successivamente invece riacquisterà un maggior controllo formale per esplicita richiesta della committenza fiorentina. Nella Deposizione il linguaggio antigrazioso contribuisce a creare un’empatia fortissima tra lo spettatore e le figure che, raffigurate tipo spettri inquietanti e caratterizzate da mani adunche ed occhi grifagni, emergono dallo sfondo come da una sostanza magmatica privi di un’accurata distinzione e separazione, creando in casi limite figure irrimediabilmente fuse tra loro come il corpo del Cristo e Nicodemo. Soffermiamoci per un attimo ad osservare la figura del Cristo: lontana dalla canonica iconografia del Redentore che ha vinto la morte, il Figlio di Dio è invece raffigurato come se la morte avesse preso ogni

La deposizione di Rosso Fiorentino: un’empatia fortissima tra lo spettatore e le figure sopravvento sul suo corpo divino: la bocca socchiusa, la tumefazione del labbro superiore, gli occhi chiusi, il collo incassato nelle spalle e la pesantezza di chi ormai è stato abbandonato dai sensi. Tale caratteristiche potrebbero supporre che il Rosso avesse trasferito sul corpo del Cristo gli studi anatomici eseguiti sul cadavere di un detenuto che fu giustiziato per impiccagione durante il suo soggiorno volterrano: particolari che sembrerebbero confermati dalla tumefazione all’altezza del collo e dall’incassarsi della testa, entrambi provocati solo a seguito della lussazione delle vertebre cervicali. I segni evidenti della morte diventano essenziali alla ripresa del dato umano e storico, descrivendo, senza nessuna censura, il sacrificio del Cristo come un supplizio reale ed atroce. La testa del Cristo diventa, pertanto, coagulo del sentimento suscitando nello spettatore il massimo coinvolgimento: il sospiro-sorriso, l’aderenza realistica ad un volto riconoscibile e la bellezza divina non trasfigurata dalla morte creano nello spettatore un senso di catarsi. È in questo Cristo ormai privo di vita ma pur sempre bellissimo che si cela il mistero della imminente Resurrezione e al tempo stesso l’eccezionale atipicità dell’iconografia e del ductus pittorico del Rosso. La tendenza edonistica che mai riesce a tacere ed esalta il corpo atletico compiacendosi nella sua perfezione e nelle sue seduzioni calligrafiche, il nodo drammatico che vede il corpo del Cristo quasi nell’atto di scivolare tra le mani dei depositori che tendono a sorreggerlo con tutta la loro forza e con un gesticolare convulso, riescono a combinare nella sua pittura una emotività incisiva e una spiritualità intima che spinge alla riflessione. Immagine tratte da: Ciardi R.P. - Mugnaini A., Rosso Fiorentino, catalogo Cantini - Firenze, 1991

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Mostre

De Chirico: l’enigma nella pittura TEXT Valerio Vallini / IMAGE Ku.ra

Nota Ufficio Stampa- sintesi

L’iniziativa, promossa dal Comune di Pontedera in collaborazione con la Fondazione Piaggio e realizzata con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Toscana e della Provincia di Pisa, intende celebrare i trent’anni dalla scomparsa del grande Maestro della Metafisica. Trentacinque opere, fra capolavori noti (Cavallo e cavaliere, 1934-35, Castello di Rapallo, 1948 ca, Le Muse Inquietanti, 1960-62, Piazza d’Italia, 1962), opere inedite (Cavaliere con cane, 1948, Venezia, 1950) e importanti ritrovamenti (Cavalli scalpitanti presso il mare, 1950, una piccola, riuscitissima versione del celebre motivo Ettore Andromaca, 1972). “Intorno al tema dell’enigma – scrive Giovanni Faccenda, curatore del catalogo e della mostra - ruota non

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soltanto questa mirata esposizione, ma l’intera vicenda artistica di Giorgio de Chirico, la cui esistenza, sin dall’adolescenza, è caratterizzata da tre episodi che segneranno profondamente il suo destino: la nascita a Volos, in Grecia, nel 1888; la morte del padre quando non ha ancora compiuto sedici anni; l’arrivo a Monaco di Baviera, dopo un breve soggiorno in Italia, ed il decisivo incontro con la pittura di Arnold Böcklin. Et quid amabo nisi quod aenigma est? Cosa amerò se non ciò che è enigma? Ovvero, il sommo principio dechirichiano. L’enigma caro a Nietzsche, ovvero il demone che invocava Eraclito”. “Tutta la pittura di de Chirico - prosegue Faccenda - a cominciare dai primi quadri «di sapore böckliniano», risalta per una distinta esigenza: rendere visibile l’invisibile. Non

meravigli che in tale proponimento converga, inconscio, il bisogno di raccontare se stesso attraverso la rappresentazione di luoghi o fatti che hanno caratterizzato la ricca quanto instabile vicenda umana; anche il ricorso periodico al mito asseconda, fra le altre, una simile necessità. In questo senso, il paesaggio rimane il genere più costante nella sua opera: sia che ne occupi il primo piano o ne costruisca il fondale (I romani in Britannia, 1953), esso appare comunque abitato da una potente stimmung evocativa, che sostanzia quanto derivi dal processo di mutazione successivo all’attesa rivelazione. Si susseguono le stagioni, ma permane la vocazione metafisica di questo principe isolato anche quando muta lo stile della pittura conseguente ai vari ritorni (Archeologi, 1965-75, Gladiatori, 1971)...


La lunga ombra del metafisico

Gli spazi della mostra

M Dopo l’ingresso, sulla sinistra, l’occhio è catturato da un possente Cavallo e Cavaliere (1934-1935) in riva al mare, che emerge dalla tela neoclassico nella citazione e barocco nella solenne compostezza. La serie di cavalli e cavalieri che si susseguono, descrive scenografie barocche fra boschi e marine e rovine, acque e terre. La potenza, il vigore, di Cavalli scalpitanti presso il mare (1950), impattano fortemente il visitatore con il loro dinamismo, così come le “Rovine di Tivoli” stupiscono - ecco l’ele-

mento forte dell’estetica barocca - per la massiccia imponenza sul paesaggio che è come aggredito e investito dalla forza della pittura e si amalgama a questa. In queste ed altre pitture di tal genere, “il mare, i frammenti della Grecia classica, l’alchimia dell’amore - come scrive Faccenda - ci conducono per incanto alla favola”. Le “vite silenti”: nature morte di varia oggettività, trovano in Vita silente con uva, una natura sospesa in un paesaggio onirico e fabulistico di grande efficacia.

Dopo questi quadri e tele “naturalistiche” e vitalistiche, la gelida geometria dell’emiciclo con le tele più propriamente metafisiche, inducono a una profonda riflessione sul senso e sui tempi della pittura di De Chirico. Per noi Le muse inquietanti e le varie “Piazze d’Italia”, fino a Ettore e Andromaca e Gli archeologi, danno proprio impressioni di enigmi che si celano dietro le ardite geometrie, le profondità del tempo. È l’altra faccia di De Chirico, la più celebrata, ma non è detto che sia la più vera. Il dibattito è aperto.

In contemporanea con la grande esposizione che il Museo Piaggio «Giovanni Alberto Agnelli» tributa, assieme al Comune di Pontedera, a Giorgio de Chirico, si svolge la mostra: La lunga ombra del Metafisico. Maestri del Novecento in rapporto all’opera e alla figura di Giorgio de Chirico, allestita presso l’Associazione A.F.R.A.M.Galleria Il Germoglio, via Guerrazzi, 22, Pontedera. Tale rassegna, anch’essa curata da Giovanni Faccenda e in programma sempre fra il 19 aprile e il 24 giugno 2008, raccoglie alcuni capolavori di Maestri quali, fra gli altri, Annigoni, de Pisis, Sironi, Xavier e Antonio Bueno, Rosai, Soffici e Fiume. Mi pare che qui siamo di fronte ad una concezione metastorica del metafisico, cioè oltre l’arco temporale della pittura di De Chirico, di quella che è la peculiarità del metafisico: “L’impiego minuziosamente accurato e prudentemente pesato delle superfici e dei volumi [che] costituisce canoni di estetica metafisica”. Se quindi il Metafisico si estende a comprendere ciò che di enigmatico, atemporale, assoluto, esiste in ogni opera d’arte, ecco che questa “ombra lunga” giunge facilmente a comprendere gli autori della rassegna e molti altri di cui è ricca la storia della pittura del Novecento e non solo.

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Arte

Arte & Alimentazione TEXT Ilaria Duranti

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l piacere di sedersi a tavola e trovarsi con amici, magari dopo una giornata stressante, è credo, fortemente sentito come momento d’evasione alla ricerca di una serenità perduta. Inoltre, l’atto di mangiare, oltre alla sua finalità nutritiva ha sempre avuto, nelle

Il binomio arte-cibo dagli affreschi di Pompei alle serigrafie di Andy Warhol diverse culture anche funzioni simboliche, dimostrative e sociali. Anche la preparazione dei cibi è sottomessa a codici culturali: il cibo viene tagliato, sminuzzato, cotto, mescolato secondo tecniche particolari. Spesso gli viene data una forma artificiale con valore ornamentale: molte forme di cibi sono il risultato dell’incontro tra la potenzialità di un materiale e la creatività di un artigiano. Si pensi ai complicati intrecci del pane ottenuti sfruttando la malleabilità dell’impasto o ai prodotti della pasticceria ottocentesca, vere e proprie opere d’arte commestibili. Anche il binomio arte – cibo trova in qualche maniera corrispondenza: cucinare, ad esempio, è un’arte e alcuni cibi o bevande possono avere il potere di suscitare quelle stesse emozioni, che nascono dalla creatività artistica. E d’altra parte avete mai fatto caso guardando un’opera d’arte, in quale maniera vengono rappresentati i cibi? Quanto è cambiata la cucina dalle sue origini ad oggi! Pensate che il pomoReality

doro, ad esempio, ha fatto la sua prima comparsa sulla nostra tavola solo dopo la scoperta dell’America. Ciò non sta a significare, comunque, che i nostri avi non godessero dei piaceri di vivande prelibate: durante i banchetti i gastronomi preparavano piatti appetitosi, che appagavano anche i palati più esigenti. Quanti dipinti ci fanno rivivere l’atmosfera magica dei sontuosi banchetti consumati nella Roma dei Cesari... Le più importanti testimonianze di nature morte, nella pittura antica e romana in particolare, sono ampiamente documentate sulle pareti di Pompei ed Ercolano. Allora erano conosciuti con il nome di “xenia”, a ricordare un’antica tradizione greca, che così chiamava i doni di cibi freschi offerti dal padrone di casa all’ospite di turno. Al Museo archeologico di Napoli è possibile ammirare un affresco proveniente da Pompei, in cui è rappresentato un vasto assortimento di pesci (triglie, seppie, grandi vongole), che si legano perfettamente all’area vesuviana. Oppure nella Casa dei Cervi, a Ercolano, troviamo un trionfo pittorico di selvaggina: un coniglio, un colombo, un pollo sultano appena cacciati...altri animali sono ancora in vita e mangiano, ignari del fatto che presto diventeranno a loro volta preda. Anche nei secoli seguenti i cibi hanno continuato ad essere inseriti in varie raffigurazioni, rivestendo però, ancora

per molto tempo, solo ruoli accessori e secondari o simbolici. Fin dal Medioevo l’immaginazione popolare è stata dominata dall’idea dell’esistenza di un “paese favoloso”, ricco di ogni cosa necessaria a vivere allegramente, dove regnava l’abbondanza. “... La regione è lontana lontana... C’è qui una montagna che si leva fino alle scarpe della luna... Alpi di formaggio... ora tenero, ora ben stagionato... Al basso corrono giù...

fiumi di buon brodo che poi vanno a finire in un lago di zuppa... Ci sono poi costiere di burro tenero e fresco e cento pentole fumano piene di gnocchi e di tagliatelle...”. Pietre Bruegel, nel 1567, raffigurò proprio questo “Paese della Cuccagna”. Il luogo che appare alla vista è tutto commestibile e per approdare in questo “farcito” paesaggio è necessario “grattugiare” una galleria dalle pareti di parmigiano, particolare evidenziato


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da un personaggio, che è appena arrivato. Sul prato sono stesi tre contadini in riposata felicità e sfiancati dopo aver consumato un lauto pasto. Il pane si offre in versione di cactus, mentre davanti a noi sfila una parata di salsicce, intrecciate e legate, attorno, invece, si respira un’aria condita con i profumi degli arrosti. Probabilmente queste delizie, a quel tempo, erano solo una bella fantasia per la maggior parte della gente, che Brueghel aiuta a sognare attraverso la sua creatività. Sono occorsi molti secoli di fruttiere e tavole imbandite, perché il cibo arrivasse a rivestire ruoli più centrali nell’arte. Solo nel Seicento si troverà la forza per inaugurare il genere della “natura morta”, grazie all’artista Michelangelo Merisi da Caravaggio e ai pittori fiammingo – olandesi. Allora questo tipo di raffigurazioni sboccerà con una forza dirompente diventando il più importante fenomeno della cultura pittorica europea.. Il Canestro di frutta di Caravaggio, quello che si trovava sulle vecchie centomilalire, è talmente rivoluzio-

naria da avere una natura morta come sola “protagonista” della composizione. Vediamo allora il semplice cestino di vimini, descritto in maniera minuziosa. I frutti sono stati rappresentati con attenzione dal vero e sono immediatamente riconoscibili,: grappoli d’uva bianca e nera, una susina, una pesca, una mela, dei fichi, delle pere... Sembra di poter cogliere il grado di maturazione di ciascun elemento e sono perfino rappresentate le gocce di rugiada, che imperlano le superfici. Come nella realtà, non vengono tralasciate ammaccature e imperfezioni o parti deteriorate. Questa rappresentazione particolareggiata è un messaggio simbolico legato alla precarietà delle cose terrene, tutto scorre, muore e rinasce e per questo Il canestro di frutta non è un banale oggetto, ma assume importanza degna di una figura umana. Anche Jacopo Chimenti (1551-1640), conosciuto come un buongustaio, realizzò una serie di diverse nature morte. Alcuni sostengono che questa fosse anche una maniera per mangiare ciò

che prima aveva dipinto. La disposizione dei prodotti della terra e della cucina ci offre un mondo colorato composto dai prodotti tipici che si trovavano nei mercati del tempo: polli, salsicce, carni, recipienti, frutta, verdura, formaggi... Mentre, l’Arcimboldo, “ingegnosissimo pittor fantastico” è famoso invece per i suoi ritratti e busti allegorici, in cui venivano rappresentate figure umane attraverso composizioni di fiori, frutta, verdure e animali, che andavano a creare una perfetta e strana corrispondenza fra la natura e l’uomo. Con queste teste dalle sembianze umane, ma realizzate mediante un insieme di fiori, frutta e animali, l’artista voleva esprimere la grandezza della natura, prosperosa madre, portatrice di energie e influenze benigne, ma anche sottolineare il dominio dell’uomo su di essa. Tra L’Arcimboldi e il Caravaggio, hanno operato i Carracci, Ludovico e i cugini Agostino e Annibale. Questi tre pittori e incisori formarono la loro rivoluzionaria Accademia, dove si privilegiava lo studio della natura. Nel quadro, il Mangiafagioli di Annibale Carracci, appare in primo piano il volto di un uomo con gli occhi penetranti e dalla voracità animalesca, simile a quella di un cane rabbioso, che difende l’osso su cui è seduto. Questo contadino dalle mani rudi e gonfie di fatica ignora ogni formalità di un pranzo senza galateo. Sembra quasi abbia paura di essere osservato, come se a guardarlo potessimo sottrargli il cibo sudato. I colori della tavola hanno i toni della campagna emiliana, sembrano appezzamenti di terra coltivati, messi lì sottoforma di cibo, commestibili, come a ricordare le lunghe attese della terra. Alla fine del ‘600, troviamo Veermer, la cui ricerca artistica fu sempre indirizzata verso raffigurazioni di scene di


vita domestica, spesso semplici attività quotidiane. Di questo artista si conoscono solo una quarantina di opere, ma tutte di altissima qualità. Elemento peculiare della sua arte è la luce, che aiuta a individuare le cose, ma allo stesso tempo induce al silenzio e alla contemplazione, per aumentare la lucentezza degli oggetti, poi, era solito mescolare al colore granelli di sabbia e

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bianco di piombo. Nel quadro intitolato La Lattaia è rappresentata una donna intenta a versare del latte in un recipiente di coccio. Il chiarore che entra dalla finestra disegna forti contrasti da cui emerge l’interno della casa, dove l’armonia cromatica crea un’atmosfera di magica sospensione e il gesto della donna diviene solenne e sacrale. L’Ottocento rappresenta un’epoca di radicale rinnovamento, si assiste, infatti, all’affermarsi di un gruppo di artisti desiderosi di esprimere la propria creatività liberamente, opponendosi alle regole rigide dettate dalla pittura d’Accademia e privilegiando temi contemporanei e l’osservazione dal vero. Le Déjeuner sur l’herbe, opera che Manet realizzerà nel 1863, annunciò con clamore la nuova tendenza: quando il quadro venne presentato al cosiddetto Salon des Rèfuses, spazio parallelo e alternativo all’Esposizione ufficiale, ebbe l’effetto di un vero e proprio cataclisma su pubblico e critica. In un bosco, in riva alla Senna, due uomini in abiti dell’epoca stanno conversando con una giovane donna completamente nuda, dietro un’altra ragazza quasi svestita sta bagnando-

si. Non era il nudo a scandalizzare, ma piuttosto il fatto che non fosse inserito in contesti mitologici o storici. Manet, con quest’opera, voleva far parlare di sé in maniera provocatoria. Infatti, il contrasto tra la giovane senza vestiti, che siede con naturalezza accanto ai due uomini in abiti cittadini, si rivela una scelta audace, che mette in imbarazzo i contemporanei, perché quella è una donna comune. In primo piano svariati oggetti gettati alla rinfusa creano una natura morta, ma il pasto rimane come abbandonato, a dispetto del titolo, pic-nic sull’erba, non è questo che interessa rappresentare a Manet. Così vediamo il cestino di frutta, che si rotola sul prato, pane, coperta, libri e altri oggetti, tutti lasciati in disparte e trascurati. Van Gogh fin dagli esordi fu attratto dalla rappresentazione delle persone più umili della società. A livello pittorico riusciva ad esprimere l’esistenza anche più squallida e la povertà, focalizzando la sua attenzione soprattutto sulla resa espressiva degli sguardi. Nel conosciuto quadro I mangiatori di patate troviamo alcuni contadini, che dopo una dura giornata di lavoro, sono riuniti ad una tavola. I volti sono quasi caricaturali, le mani grandi e contorte e la loro cena un piatto colmo di patate. Così li descrive Van Gogh: “Ho voluto... far capire che questa povera gente... ha zappato essa stessa la terra, dove poi le patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere, che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano”. Per tornare un po’ nel nostro paese troviamo Giorgio De Chirico, famoso per i “manichini”, composizioni atemporali


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che hanno segnato un momento importante nella storia dell’arte. Ma l’attività del grande pittore non si ferma qui: : nell’arco della sua splendida carriera è andato costantemente alla ricerca di nuovi temi e di nuove tecniche. Nell’opera Balcone a Firenze lo spazio si dilata a dismisura, come in alcune scenografie teatrali, cosicché lo spettatore è portato a fermarsi non su l’insieme, ma sui singoli particolari, immersi in una luce calda e dorata. “Le nature morte rappresentano le cose che non sono vive, nel senso del movimento e del rumore, ma che sono legate alla vita degli uomini, degli animali e delle piante...queste cose stanno sulla terra che respira intensamente....che è piena di rumori e movimento”. Ma lo sapete che l’arte si può anche mangiare? In questo caso l’arte non si offre più solo allo sguardo, ma anche al tatto e alle papille gustative. Nel 1961 l’artista Daniel Spoerri, partecipò allo sviluppo della corrente artistica della Eat Art, dove le creazioni andavano a mettere in evidenza il cibo e le nostre attitudini alimentari. Trasformò una drogheria in galleria, dove si comprava del cibo etichettato “attenzione

opera d’arte”. Alcuni anni dopo apriva il Restaurant Spoerri, dove venivano serviti piatti bizzarri, quanto orripilanti: ragù di pitone, bistecca di proboscide, formiche alla griglia... Martin Parr, fotografo inglese, attira la nostra attenzione sulle cose che ci circondano e di cui neppure ci accorgiamo. Adora i colori flashy: grosse paste dolci di colore rosa, gelatina di fragole, hamburger, succulenti caramelle... verrebbe voglia di mangiarle se non fosse che ad ognuna di queste immagini è accostata una foto: dal naso di un signore, che senza dubbio ha alzato troppo il gomito, ad un cane che indossa ridicoli occhiali...Cose buffe, ma anche tristi e sforzate: un modo colorato di farci riflettere. L’artista Felix Gonzales-Torres, con le sue istallazioni, molto dolcemente vuol dirci qualcosa sulla fugacità del piacere, sulla perdita o l’inevitabile dissolvimento delle cose, piazzando in una galleria una montagna di dolcetti a cui ognuno può attingere. E si può scommettere che alla fine non resteranno molti cioccolatini... Magnificare la banalità del quotidiano, svelandone la bellezza nascosta fu anche una delle sfide raccolta dalla pop art. Cosa c’è di più banale del cibo che si vede proposto negli ipermercati? Andy Warhol rappresenta in una sua opera una zuppa di pomodoro in scatola e ne fa quasi un oggetto sacrale. “Tu sei il Voltaire dell’America. Tu offri all’America ciò che si merita: una minestra in scatola alla parete.” Taylor Mead. Andy Warhol cominciò a lavorare come illustratore pubblicitario e la sua prima mostra ufficiale risale al 1962: comprendeva le immagini di 32 barattoli di zup-

pe in scatola della marca Campbell’s, realizzate con la tecnica della “serigrafia”. L’artista iniziò ripetere le immagini un numero infinito di volte, con un linguaggio che ricorda molto quello martellante della pubblicità, dove la ripetizione rendeva ogni singola immagine banale. Con uno stile antiestetico, molto discusso e poco elegante, Andy Wahrol si adegua ai soggetti rappresentati, cioè a quegli articoli di massa, che tutti consumano. Quindi perché non usare un’icona che a quel tempo era sulla cresta dell’onda come la Coca - Cola, assicurandosi così la massima circolazione e comprensione delle sue opere in tutto il mondo? Non c’è dubbio che fra arte e alimentazione esista da sempre uno stretto legame. Senza cibo non si vive, per questo fin dalle origini, l’uomo ha avvertito come necessità per la sopravvivenza il cercare di procurarselo. Lo studio dell’alimentazione diventa, quindi, anche uno studio delle diverse manifestazioni artistiche prodotte nel tempo, legate alla nutrizione, bisogno primario di cui fino ad adesso non si è potuto fare a meno.

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Mostre

Un viaggio nell’arte TEXT Carmelo Del Luca Signori, pronti per la partenza? Ebbene si, lo stivale italico offre una miriade di mostre esclusive destinate al pubblico amante del bello. Variegata l’offerta, tuttavia suggerisco un percorso da realizzare in tempi diversi, di sicuro impatto interiore. Si parte con il clou della pittura macchiaiola, infatti Villa Minbelli di Livorno propone l’antologica dedicata a Giovanni Fattori. Le opere in esposizione, dai Bovi al Carro agli Artiglieri sul Lungarno, evidenziano le tematiche e le tecniche della sua produzione artistica, dagli esordi accademici fino alle pitture dagli squisiti richiami espressionisti. Il soggetto militare e il paesaggio rendono il maestro capace di essere un’anima libera; non a caso disegni, pitture, matite, acqueforti, incisioni in esposizione evidenziano uno sperimentalismo della macchia che si allarga alle scene del vero e procede verso una sorprendente libertà esecutiva, applicata alla pittura del paesaggio, ai temi del lavoro quotidiano o agli struggenti sentimenti patriottici insiti nelle tele di grande formato. La ridente città di mare vi aspetta sino al prossimo 6 luglio. Bene, riprendiamo il nostro tour che ci porta nel cuore della Toscana: Mugello culla del Rinascimento (5 maggio – 30 novembre 2008). È questa la bellissima mostra che l’Ente Cassa di Risparmio propone ai fedelissimi degli appuntamenti di rilievo. Ospiti della esposizione Dante e Boccaccio di Andrea del Castagno, Madonna con Santi del Beato Angelico, le famose lunette delle residenze medicee, le eleganti armature granducali testimonianti il genio artistico dei grandi maestri rinascimentali che hanno avuto i natali in questa Terra. Obiettivo degli organizzatori è quello di far conoscere le bellezze naturali e artistiche di un luogo ospitale, ricco di storia e tradizioni. La mostra è suddivisa in sezioni, coinvolgenti le nobili cittadine di Vicchio, Barberino, Scarperia e il Convento di San Bonaventura, ciascuna magnanima di nomi altisonanti che hanno fatto scuola e segnato i tempi dell’arte e della storia umana attraverso la pittura, la scultura, il disegno e la lavorazione del metallo. Passando per Mantova, troviamo la mostra Matilde di Canossa, il papato, l’impero. Storia, arte, cultura alle origini del Romanico (31 agosto 2008 -11gennaio 2009). La mostra evidenzia il ruolo politico e personale che Matilde di Canossa ha avuto nella disputa tra Papi e Imperatori attaverso l’ausilio di manoscritti, suppellettili, opere d’arte: una donna che ha contribuito alla scrittura della storia moderna. Una sezione è dedicata alla città dove è nata Matilde: Mantova, sede di scontri con i sostenitori dell’imperatore. È proprio sotto l’egemonia della contessa che l’austera città lombarda ridefinisce il suo aspetto urbano innalzando superbe chiese, il monastero di Sant’Andrea, l’episcopio ed importanti residenze signoriliche. Il nostro viaggio termina presso la Galleria degli Uffizi che si raffronta con la mostra Firenze e gli antichi Paesi Bassi (1430 - 1530), Tra Jan van Eyck e Raffaello (20 giugno - 26 ottobre). I rapporti commerciali della Firenze quattrocentesca con i Paesi Bassi producono la domanda di opere artistiche nordiche destinate al lustro di chiese, palazzi e ville. La presenza di capolavori di Jan van Eyck, Rogier van der Weyden, Hans Memling e del Trittico Portinari di Hugo van der Goes influenza in maniera costruttiva l’ambiente artistico fiorentino del tempo rapito dalla luce, dalla minuziosità ritrattistica dei paesaggi e delle cose. Smembrati nel corso dei secoli, l’evento degli Uffizi permette la ricomposizione di capolavori quali i due trittici Pagagnotti di Hans Memling e del Maestro della Leggenda di Sant’Orsola. Lo mostra commemora mezzo secolo di esistenza dell’Istituto Olandese a Firenze, che ha fatto dello studio sistematico dell’arte fiamminga e olandese, nei suoi rapporti reciproci con l’arte italiana, una fondamentale e costante componente del suo programma di ricerca. Interessante il viaggio ideale? Allora è il caso di realizzarlo!

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dal rotolo al codice (sec. III a.C-XIX d.C)

Emanuele Teobaldelli Linee di Toscana

Dal 3 maggio al 2 novembre MUSEO DI FUCECCHIO Palazzo Corsini Piazza Vittorio Veneto 27 Tel. 0571 244304 - 20349 museo@comune.fucecchio.fi.it www.comune.fucecchio.it FONDAZIONE MONTANELLI-BASSI Palazzo Della Volta Via G. di S.Giorgio 2 Tel. 0571 22627 info@fondazionemontanelli.it www.fondazionemontanelli.it La mostra espone per la prima volta un nucleo di opere di Arturo Checchi recentemente acquisite e si sviluppa lungo un percorso, attraverso la città, segnato dalle testimonianze dell’intera vicenda artistica dell’autore

MONTECATINI

Arturo Checchi Opere inedite

La forma del libro: Fino al 13 Luglio 2008 BIBLIOTECA MEDICEA LAURENZIANA Piazza Di San Lorenzo 9 (50123) Tel. 055 210760 - Fax 055 2302992 medicea@librari.beniculturali.it www.bml.firenze.sbn.it

FUCECCHIO FIRENZE

tutta l’arte intorno a te

ART AROUND

Cocci, rotoli e codici. Un nuovo percorso espositivo alla Biblioteca Medicea Laurenziana mostra l’evoluzione della forma del libro in Occidente ed Oriente dall’antichità classica al secolo XIX Catalogo con un saggio introduttivo di Guglielmo Cavallo

FIRENZE

Immagini caratterizzate da un insolito connubio tra la rusticità dei colori della campagna, spesso nella luminescenza del sole caldo della primavera alle porte o del primo mattino anonimo e vagamente disorientante, riprodotte su carta e due su tela, in citazione di una certa tradizione manuale e pittorica, e l’essenzialità più contemporanea negli aspetti compositivi e formali, oltre al latente surrealismo che introduce all’autenticità riscoperta di una Natura protagonista assoluta artefice di spazi e luoghi, e custode incontrastabile della sua stessa memoria. La mostra Fino al 30 settembre 2008 raccoglie circa 30 opere ed è CASTELLO GINORI aperta tutti i giorni, escluso il Loc. Querceto martedì, negli orari 10-12.30 www.comune.montecatini.pi.it e 16.30 -20.30. Tel. 333 6405250

VAL DI CECINA

Strumenti e macchine nelle collezioni granducali

L’esposizione propone un viaggio attraverso il collezionismo mediceo, passando dagli abachi basati sui principi della geometria euclidea alla cartografia della tradizione tolemaica. Ma gli oggetti esposti riguardano, altresì, studi astronomici, oggetti naturalistici, monumentali sfere armillari, pitture in tema e altre meraviglie legate al progresso e al mecenatismo dei Signori di Firenze.

Fino all’11 gennaio 2009 MUSEO DEGLI ARGENTI Palazzo Pitti Piazza Pitti 1 Tel. 055.2388-709 - Fax 055.2388-710 www.firenzemusei.it/argenti/


Giovanni da Milano Pittore straordinario della scena toscana nella metà del Trecento. Plasmatosi presso la sofisticata corte dei Visconti, il maestro ha il merito di fondere la pittura giottesca con quella transalpina producendo capolavori quali il polittico della chiesa di Ognissanti o alcuni affreschi di Santa Croce. La mostra permette, occasione irripetibile, il riavvicinamento dei polittici dispersi fra collezioni diverse offrendo una panoramica stilistica sulla pittura fiorentina del tardo Trecento.

Dal 10 giugno al 2 novembre 2008 GALLERIA DELL’ACCADEMIA Via Ricasoli 58-60 Tel. 055.2388612 Fax 055.2388764 www.polomuseale.firenze.it

FIRENZE

Terre d’Arno

Paesaggi e cultura nella pittura italiana tra fine seicento e metà Noveceno Dalle preziose incisioni seicentesche dedicate alle vedute di Firenze ai capolavori dei protagonisti del movimento macchiaiolo intenti a ritrarre la vita e il lavoro sulle rive del fiume, Terre d’Arno rivela la storia di un bacino fluviale che da sempre è stato soggetto privilegiato di artisti e paesaggisti. L’Arno che Per mezza Toscana si spazia (Purgatorio, XIV) si trasforma in elemento iconografico, palcoscenico e fondale per alcune tra le più significative espressioni culturali di tutti i tempi, attraversando lungo il suo percorso città cariche di fascino e di storia come Firenze e Pisa di cui si presentano in mostra tele di grande bellezza e suggestione del periodo otto e novecentesco.

Dal 5 Luglio al 12 ottobre 2008 PALAZZO MEDICEO via del Palazzo 358 Tel. 0584.756100 palazzomediceo@comune.seravezza.lucca.it www.palazzomediceo.com

L’eredità di Giotto

L’arte a Firenze 1340 - 1375

Dal 10 giugno al 2 novembre 2008 GALLERIA DEGLI UFFIZI Piazzale degli Uffizi, 6 Tel. 055.2388-651/652 - Fax 055.2388-694 www.firenzemusei.it/uffizi

La Galleria degli Uffizi accoglie L’eredità di Giotto, responsabile di un meraviglioso rinnovamento culturale accolto dai contemporanei con eccezionale creatività. In tal senso si genera un contesto artistico fiorentino, da Bernardo e Taddeo Gaddi al Maestro delle Immagini Domenicane, in cui spicca Ricco di Lapo, artefice del “dipingere dolcissimo e tanto unito”, portato poi a livelli eccelsi da suo figlio Giottino e dai fratelli Orcagna, artisti meritevoli di aver promosso il recupero dei temi formali grotteschi. La mostra illustra le tipologie morfologiche, le tendenze della pittura, il livello qualitativo raggiunto dagli scultori fiorentini, i fermenti neogiotteschi e la raffinatezza dell’oreficeria sacra.

la vetrina di Reality


Territorio

La città dalle belle torri TEXT Tamara Frediani

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an Gimignano, località famosa in tutto il mondo per la coltura dello zafferano e per la Vernaccia, tipica produzione vinicola del luogo è oggi una della mete più visitate dai moltissimi turisti che ogni anno scelgono la Toscana per le proprie vacanze. A suscitare tanto interesse

Breve viaggio alla scoperta di San Gimignano, piccolo centro della Valdelsa è quella particolare atmosfera che si respira nei luoghi dove il tempo sembra essersi fermato; ancora oggi infatti è possibile ammirare chiese, palazzi, case la cui archittettura è rimasta pressoché intatta, senza considerare che quattordici delle settantadue torri di età medievale sono ancora ben visibili. Il piccolo centro della Valdelsa ospita inoltre opere di importanti artisti toscani come il Ghirlandaio, Benozzo Gozzoli, Bartolo di Fredi e Taddeo di Bartolo. La fioritura di San Gimignano avvenne durante il Medioevo, in età comunale, grazie principalmente ad una posizione geografica “strategica”, tra quelle che rappresentavano le principali rotte commerciali e religiose: ubicato sulla via Francigena, vide ben presto il sorgere di taverne, ospedali , attività mercantili ed artigianali pronte a soddisfare i bisogni di pellegrini e mercanti di passaggio. Formalmente sottoposto all’autorità del vescovo di Volterra, della cui diocesi faceva parte, presto San Gimignano si organizzò istituzionalmente come Comune. A farne parte non furono soltanto gli aristocratici, la Nobilitas del luogo ma anche il Populus, rappresentato da mercanti e artigiani, che ormai cosciente dell’accresciuto ruolo nella società del tempo richiedeva di far parte dell’organizzazione comunale. Si determinò così una partecipazione Reality

Taddeo di Bartolo, San Gimignano in trono, storie della sua vita e i suoi miracoli, Pinacoteca

politica non più basata su rapporti di forza e quindi di dominio di pochi sul resto della popolazione, ma su un vero e proprio governo collettivo. Dai registri comunali del 1233 conosciamo l’attività e il modo di gestione

amministrativa effettuata: tutto infatti veniva scritto, controllato dai sindaci e autenticato e legittimato dai notai, dalle spese quotidianamente sostenute alla trascrizione dei verbali riguardanti i consigli comunali svoltisi.


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Questi avvenivano non in date prestabilite, ma al momento che se ne presentava la necessità (poteva essere il resoconto di una ambasceria , come la discussione per la costruzione di una opera pubblica); attraverso il suono delle campane i consiglieri venivano convocati. Nei primi sette mesi del 1233 si svolsero ben centocinquantacinque consigli, numero impressionante se paragonato a quello attuale. Il forte sviluppo economico e sociale - presenza di mercanti sangimignanesi è stata accertata perfino in Africa, nel Levante, in Europa - di questo piccolo centro, dovette attirare presto il Comune di Firenze,

interessato ad espandere il proprio potere e la propria influenza nel contado. Si ricorda perfino una ambasceria di Dante, l’8 maggio del 1300, avente lo scopo di sollecitare l’aiuto di San Gimignano all’interno della Lega Guelfa. Con il Trecento però, questo periodo di successo lasciò il posto ad una regressione economica che la peste del 1348 e il conseguente depauperamento demografico, accentuarono definitivamente. Non rimase al piccolo Comune che rinunciare nel 1351 alla propria autonomia e sottomettersi a Firenze. È bastato questo pur breve periodo della storia medievale, per lasciare nel cuore

della Valdelsa una presenza importante, meta non secondaria di migliaia di turisti ogni anno, tanto che San Gimignano è stato dichiarato dall’UNESCO, nel 1990, Patrimonio culturale dell’Umanità. BIBLIOGRAFIA ASF, Comune di San Gimignano, REGISTRO 21

André Durand, veduta di Piazza del Duomo nel 1852, in La Toscane. Album pittoresque et archéologique, Parigi 1862

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Storia

Il ritorno di Ghino di Tacco F

TEXT Paolo Pianigiani

u Eugenio Scalfari a definire Craxi con questo epiteto non proprio generosissimo: Ghino di Tacco. E Bettino, abituato a far di necessità virtù e a controbattere gli avversari con le loro armi, da allora si firmerà così, nei corsivi pubblicati sull’Avanti. Dall’esilio di Hammamet metterà anche alla luce un libro, dedicato al bandito di strada, originario dalle terre senesi, dal titolo Ghino di Tacco. Gesta e amistà di un brigante gentiluomo. Ma vediamo chi era questo personaggio, di cui hanno parlato sia Dante che

La storia del Robin Hood di casa nostra: un brigante dal cuore d’oro il Boccaccio, e che è rimasto impigliato nella memoria della storia e riportato in vita, suo malgrado, dai giornalisti e dai politici, abituati ogni tanto a ripescare nel passato. Il suo vero nome era Ghinotto di Tacco di Ugolino, dei nobili Cacciaconti Monacheschi Pecorai, ghibellini senesi, fieri e irriducibili signorotti, ai quali era stato fatto chissà quale torto dai potenti della loro città. E, al fine di riprendersi sul campo quanto era stato tolto loro dalla sorte avversa, si dettero al brigantaggio, come era in uso per molti nobili caduti in disgrazia, e iniziarono a depredare le terre confinanti. I conti di Santa Fiora, toccati nel vivo dei loro beni, li fecero arrestare dal Podestà di Siena; furono imprigionati i principali esponenti della famiglia: Tacco di Ugolino (padre di Ghinotto), Ghino di Ugolino (zio), Turino di Tacco (fratello) e lo stesso Ghinotto, allora e per fortuna sua, minorenne. Dopo un anno di torture, nel 1286, in piazza del Campo, avvenne l’esecuzione capitale per i primi tre. Ghinotto fu salvato solo per la sua giovane età, ma bandito per sempre da Siena. Reality

La sentenza fu pronunciata dal giudice e Vice del Podestà, tale Benincasa da Laterina, che probabilmente non fece che applicare le leggi, severissime contro i briganti, allora in vigore. Ma Ghinotto, ormai cresciuto in fretta e chiamato Ghino, si pose alla testa della sua famiglia e riorganizzò le proprie forze, meditando vendetta. Qualche anno dopo la sentenza, fatale ai tre Cacciaconti Monacheschi Pecorai, il giudicone aretino passò al servizio del Papa Bonifacio VIII, a Roma. E qui, truce e spietato vendicatore del padre, dello zio e del fratello, lo raggiunse Ghino di Tacco, scortato da un esercito di 400 cavalieri, proprio dentro le aule del tribunale, in Campidoglio. La condanna e l’esecuzione fu eseguita sul posto, e il fiero Ghino se ne tornò al suo castello, con la testa di Benincasa infilzata su una picca. E Dante ci rievoca i fatti quasi in diretta nella sua Commedia, scritta appena qualche anno dopo:

“Qui v’era l’Aretin che da le braccia fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte” (Purgatorio VI, vv. 13-14) Il suo rifugio era il castello di Radicofani, che aveva conquistato con un colpo di mano, rapinandolo al potere papale. Da qui cominciò la sua attività di masnadiero e corridore di strade, simile alla figura leggendaria di Robin Hood. La fiorente attività era favorita anche dalla posizione del maniero, che stava appunto nel bel mezzo della via Francigena, luogo obbligato e di passo per i pellegrini diretti a Roma oppure, invertendo la rotta, a Santiago di Compostela, nella lontana Spagna. Insieme ai pellegrini passavano anche i corrieri papali, che portavano a Roma le decime da tutta la cristianità. A Ghino non restava che sorvegliare i passanti e ogni tanto frugare nelle loro sacche... Ma, dice la tradizione, non esagerava mai: lasciava ai ricchi sempre qualche scudo per terminare il viaggio e ai


R poveri e agli studenti di passaggio allungava un po’ di spiccioli, a ristabilire una qualche giustizia, nel mondo. Al ricco Abate di Cluny andò ancora meglio; all’andata era sfuggito alle bande di Ghino, e, arrivato sano e salvo a Roma, aveva consegnato al Papa Bonifacio VIII gli introiti provenienti dalla sua abbazia. Ma, a causa dei lauti banchetti che seguirono, ebbe qualche complicazione con la digestione. Per curarsi chiese consiglio ai medici della Curia, che lo indirizzarono ai Bagni di San Casciano, per passarvi, come si dice ancora oggi, “le acque”. Questa volta Ghino non se lo fece scappare, lo prese prigioniero e lo mise a fave secche e acqua dentro una cella buia del suo castello. La cura e il digiuno ebbero la meglio sull’indigestione e il buon Abate francese se ne tornò contento e guarito dal Papa, magnificando la cortesia e i buoni servizi avuti durante la prigionia. Bonifacio perdonò a Ghino tutti gli addebiti e a suggellare il ritrovamento della pecorella smarrita, lo chiamò a Roma e lo nominò Cavaliere di San Giovanni. Gli conferì anche una rendita insieme a non so

quale incarico presso l’Ospedale di Santo Spirito. Insomma, perdono papale e assegnino al portatore a fine mese. E, parimenti, gli ottenne anche la liberatoria da ogni addebito (tutti i carichi pendenti) dal comune di Siena, che non poteva dire di no al Papa. Fu un rientro nella legalità che servì a tutti, anche perché il castello di Radicofani era quasi inespugnabi-

le e richiamare all’ovile una pecorella smarrita, per di più con quel brutto carattere, fu una bella mossa da parte del Pontefice e dei potenti senesi. Non è dato sapere se le attività predatorie di Ghino ebbero termine (rimangono i dubbi) e se mise davvero la testa e lo spadone a posto. Si sa quale fu la sua fine, ebbe la peggio nel tentativo di sedare una rissa, scoppiata, in quel di Asinalunga (così aveva nome l’odierna Sinalunga), fra alcuni soldati e il popolino. Non esistono ritratti attendibili di Ghino di Tacco di Ugolino; uno dei pochi disponibili, certamente di pura fantasia, ho avuto la ventura di incontrarlo sul soffitto della sala consiliare del comune di Torrita di Siena, insieme ad altri 5 concittadini lassù dipinti, a far da orlatura ad altre figure allegoriche, da Ferdinando Folchi, pittore fiorentino dell’ottocento. La dipintura a tempera fu commissionata dal sindaco Ottavio Maestri e Ferdinando registrò il lavoro, meticolosamente come sempre, nel suo libro mastro dei conti, appuntando la somma riscossa e la data: 30 novembre 1867, trecento lirette per tutta l’impresa.

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Itinerari

“De l’oasi che nel cor mi sta” TEXT&PHOTO Serena Marzini

L’

oasi del lago di Massaciuccoli si trova all’interno della Riserva Naturale del Chiarone nel comune di Massarosa, ai piedi dell’antica Massa Cuccole abitata fin da epoca romana. Per arrivare all’area naturalistica dell’Ente parco Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli, si percorre l’autostrada Genova - Livorno uscendo al casello Pisa - Nord, appena immessi sull’aurelia si svolta sulla destra in via Traversagna seguendo le indicazioni per l’oasi.

Un giro in battello sul lago che ispirò Giacomo Puccini Il più grande lago della Toscana dalla forma quadrangolare e con una superficie di circa 7 Kmq, è un incantevole solitario specchio d’acqua dalle basse sponde , orlate di paludi, la cui profondità non supera i 2 metri. A bordo del tipico barchino da palude osservo la natura, mi lascio cullare dalla melodia che risuona nel canneto, non v’è distanza che separa dal mare, lo sguardo è inghiottito dall’acqua mentre il vento piega i verdi arbusti adagiati sui vari isolotti di terra. Alle mie spalle giganteggiano le Alpi Apuane, la loro presenza ricorda una fiabesca composizione in cui è riflessa la fusione di disparati elementi naturali, vicini e plasmati, come la montagna, le foreste igrofile, le dune degli arenili, il lago ed il mare. In silenzio raccolgo ogni minimo profumo pensando che laddove c’è vita ogni spettacolo è possibile. La varietà dell’ambiente è notevole: stagni, fossati, canali, boschi di caducifoglie e sempreverdi dalle chiome diverse, provenienti da disparate zone climatiche, si ritrovano a formare uno straordinario patrimonio. Nell’area palustre spiccano la ninfea bianca, gialla, l’ibisco, la felce e l’ontano nero, mentre nell’ adiacente bosco si alternano Reality

pini, lecci, alloro, ginepro ed erica. La fauna che abita la riserva è costituita prettamente da uccelli fra i quali: la poiana un rapace diurno frequente nel parco, il falco palustre, il cannareccione dal canto possente, il martin pescatore, l’airone rosso, il raro ed elegante trampoliere Cavaliere d’Italia. Il lago rappresenta per molte specie un ottimo sito per la riproduzione, lo svernamento o la sosta durante il viaggio migratorio e si presenta come un entusiasmante palestra di birdwatching con oltre 260 specie di uccelli segnalate. Nei boschi circostanti possono essere avvistati volpi, daini, tassi e scoiattoli. Il battello prosegue la traversata, sulla riva opposta intravedo Torre del Lago Puccini, con la casa del celebre musicista. Giacomo Puccini amava ritirarsi nella quiete del lago, trovando ispirazione per le sue opere. Ciò che

la natura nella sua intensità riusciva a trasmettergli, viveva attraverso la sua musica e i suoi personaggi, capaci di esprimere sentimenti universali. Conclusa la gita in barca prendo il sentiero della collina che taglia il paese di Massaciuccoli famoso per i muri antichi che emergono tra i secolari olivi e per i frammenti marmorei e ceramici osservabili lungo le strade, alla scoperta di un insigne rudere: l’edificio termale, identificato dopo lo scavo voluto nel 1752 dai Conti Minutoli, proprietari del luogo. Il reperto è traccia di una villa residenziale disposta su più terrazze sorta in età augustea e ristrutturata fra il I e il II secolo d.C. di proprietà della famiglia pisana dei Venulei di rango senatorio. Il sito comprende le emergenze monumentali e rinvenimenti sparsi non più visibili. La villa si articolava in un ampio pianoro (oggi piana della Pieve) su cui si svi-


I luppava la zona residenziale, con pavimenti a mosaico e tarsie marmoree, e in una terrazza inferiore prospiciente il lago chiusa da muri e sistemata a giardino. La villa si estendeva presumibilmente anche alle spalle della Pieve. In età flavia ed ancora nella prima metà del II secolo d.C. nella terrazza inferiore veniva realizzato un ninfeo ( fontana monumentale), una sala da pranzo, poi trasformati in frigidarium del quartiere termale con muratura in laterizio e rivestimenti marmorei e a mosaico. Il quartiere comprendeva una scala con pareti curvilinee

a gradinate, doppia pavimentazione ed intercapedini per il riscaldamento, interpretabile come sudarium. Sui resti del quartiere termale sono state rilevate tracce attribuibili al V – VI secolo d.C. e resti di strutture medioevali, mentre sui resti del quartiere residenziale è sorta la Pieve di S. Lorenzo, una delle più antiche della Versilia. Gli scavi del XVIII evidenziarono resti dell’abside della chiesa costruiti sopra un pavimento a mosaico. È possibile ammirare una serie di reperti che offrono concrete testimonianze della vitalità goduta della storia

millenaria di Massaciuccoli all’interno dell’Antiquarium, costruito dall’Amministrazione Comunale di Massarosa. Dall’alto dei resti delle terme, si gode una vista panoramica ineguagliabile che abbraccia i campi fertili, il lento digradare delle colline, il lago che si trasforma in mare. Il tempo sembra essersi fermato, immortalato dal riverbero della luce, accarezzato dalla melodia del canneto, dove ogni tramonto che infiamma la sera, non soltanto è giorno che finisce, ma stella che accende il cielo di desiderio.

Reality


Curiosità

La più bella del reame

E

TEXT Paolo Pianigiani / PHOTO Alena Fialová ccola, in tutto il suo splendore, quella che si potrebbe definire la bella fra le belle, la prima classificata al 52° Concorso Internazionale dell’Iris, che si è tenuto a Firenze nel mese di maggio, a cura della Società Italiana dell’Iris, associazione che conta circa trecento membri.

Dal Giardino dell’Iris di Firenze una sfilata di colori e di armonia Un legame antico, che si perde nelle nebbie della storia, corre fra il fiore dai mille colori e la città di Firenze, detta “la città del Fiore”; quel “Fiore” è appunto l’Iris florentina, che da tempi immemorabili ha accompagnato l’Arno per tutta la sua vallata, fino al mare. Ma oggi è diventata rara a vedersi, soppiantata dalla Iris pallida, che presenta il caratteristico colore lavanda più o meno pallido e in Toscana abbellisce anche le colline del Chianti. Il colore originario, bianco con sfumature azzurrine, faceva assomigliare il fiore a un ghiacciolo, e da questo termine, secondo la tradizione, è nato l’appellativo tutto fiorentino dell’Iris: giaggiolo. Altri, ad esempio gli Accademici della Crusca, avvicinavano l’origine di questa parola al termine, d’origine latina, che indica un piccolo gladio romano, “gladiòlus”, ma è meno sicura come ipotesi; infatti, è il Gladiolo che ha preso il nome da “gladiòlus”, per la forma a piccola spada delle sue foglie. Comunque sia, Firenze ghibellina scelse questo fiore come suo stemma, tutto bianco dentro un campo rosso. I Guelfi, che alla fine ebbero la meglio, e siamo nel 1266, per sottolineare il cambiamento totale nella vita della città, invertirono i colori e ancora oggi lo stemma del Comune è un giaggiolo rosso in campo bianco, erroneamente definito ‘il Giglio di Firenze”. A sottolineare invece l’aspetto passioReality

nale di questo fiore, ricordo che Paolo Malatesta, quello che Dante ha immortalato, insieme a Francesca, come simbolo dell’amore infinito, era anche Conte di Giaggiòlo. Forse, mi piace pensare, non è solo un caso. Nel 1959 fu fondata a Firenze la Società Italiana dell’Iris, con lo scopo di diffondere la coltivazione e la conoscenza di questo fiore magnifico. A questa Società è affidata l’organizzazione del Concorso Internazionale del Premio Firenze, e nel giardino di Piazzale Michelangelo vi è un apposito spazio dove le Iris sono messe a dimora e coltivate con estrema cura. I partecipanti inviano i loro rizomi da ogni parte del mondo per il Concorso Internazionale che si tiene annualmente nella prima

settimana del mese di Maggio. Ai rizomi viene attribuito un codice, mentre l’identità degli ibridatori è custodita nel massimo segreto. Per tre anni la pianta ha il tempo di svilupparsi, fino a raggiungere la sua massima potenzialità, per poi, quando finalmente ha manifestato pienamente la sua bellezza, essere ammessa al concorso. Un apposito modulo viene compilato dai Giudici, che valutano gli aspetti caratteristici sia della pianta nel suo insieme che del fiore. Non è facile dare giudizi: le Iris sono tutte bellissime. Il percorso per diventare giudice è lungo e prevede molto studio e una lunga frequentazione dei giardini, per arrivare alla padronanza della materia, e alla capacità di apprezzare le sfumature, i dettagli.


R Abbiamo chiesto alla Presidente della Società, Prof. Maria Antonietta (Maretta) Colasante, docente di Botanica Sistematica e Filogenesi dei vegetali all’Università “Sapienza” di Roma, come mai l’Iris ha questo grande fascino. Bisogna guardare indietro nel tempo... la Dea Iride, da cui il fiore prende il nome, era l’annunciatrice, dopo i temporali, della rinnovata pace tra gli Dei e gli uomini. Questa attesa Dea attraversava il cielo con un velo multicolore, cioè con l’arcobaleno, che è considerato da sempre messaggio di pace e di gioia, di fratellanza fra gli uomini, accomunati dallo scampato pericolo e dal ritorno del bel tempo. Per i cristiani l’Iris rappresenta l’incentivo all’unione dell’uomo con Dio, il segno della Trinità, della Risurrezione, dell’Alleanza con lui. Questo fiore è spesso presente nelle rappresentazioni della Natività e dell’Annunciazione per indicare, con le sue foglie, la spada che trafiggerà il cuore della Madonna. Non si può negare che, in ogni caso, è la sua straordinaria bellezza, la ricchezza dei colori e la nobiltà del suo portamento, a dare a questo fiore la sua fama nel mondo e ad averlo fatto scegliere da molti artisti per arricchire pitture, bassorilievi, arazzi. Chi sono i partecipanti al concorso fiorentino? Sono specialisti appassionati, professionisti nell’ibridazione di questa pianta, che ha infinite possibilità di manifestare forme e colori sempre nuovi. Provengono da tutto il mondo, ma in particolare dagli Stati Uniti, Europa, Australia, Nuova Zelanda. Lo scorso anno si è classificato primo un ibridatore francese, il signor Cayeux, che ha stupito tutti con la bellissima “Aurélie”. E quest’anno? La Giuria non ha avuto dubbi, la bellissima “Morning Sunrise”, creata da Tom Johnson, ha ottenuto i voti più alti, e il Fiorino d’oro, che viene assegnato al vincitore, quest’anno andrà negli Stati Uniti. È un mondo, quello che ruota intorno a questi fiori straordinari, fatto di attenzione verso la natura e della sua conoscenza scientifica, della ricerca del bello e dell’armonia. E come tutte le cose belle ha un suo punto di riferimento e una esigenza: il Giardino delle Iris viene chiuso al pubblico il 20 di maggio quando, per evitare ibridazioni indesiderate e inopportune, i giardinieri recidono gli steli ormai in via di sfioritura. Ma già si lavora per il prossimo anno, già l’annata del 2009 si prepara a raggiungere il pieno sviluppo: la vedremo il prossimo anno a maggio e ancora ci stupiranno, come ogni volta, il colore, la forma, la bellezza antica e sempre nuova delle Iris in pieno fiore. Mentre laggiù, sullo sfondo, come immaginò Dino Campana, l’Arno si snoda e riluce ancora, nell’ultimo sole, come un serpente a squame. Giardino dell’Iris

Piazzale Michelangelo - Balcone Est - Firenze Società Italiana dell’Iris www.irisfirenze.it

Foto in alto a sinistra: CATEGORIA Barbate Alte premio 1° FIORINO D’ORO con targa d’argento dono dell’Agenzia per il Turismo di Firenze, MORNING SUNRISE di T. Johnson – U.S.A

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Lo scaffale dei poeti

Dino Campana Oltre il buio della mente, la lucidità dei versi e della prosa

Nota critica

La vita

TEXT Valerio Vallini

Dino Campana nacque a Marradi, presso Faenza, nel 1885; studiò a Faenza, al Convitto Salesiano e poi al locale liceo. Conobbe la prigione nel 1903 e poi nel 1906 il manicomio di Imola. Emigrò in Francia, in America del sud e poi in Belgio. Nel 1913, universitario di Chimica a Bologna, iniziò i Canti orfici. Una vita errabonda, chiusa a trentatre anni con il ricovero in manicomio, ha sbrigativamente fatto di Dino Campana (1885-1932) un maudit, il Rimbaud italiano, un caso clinico da affidare all’aneddotica. Autore di un solo straordinario libro, i Canti Orfici (1914), pur affondando le proprie radici nella cultura europea, quella simbolista in particolare, il «poeta pazzo» ha in realtà caratteri propri che lo rendono difficilmente collocabile in una linea o in una tradizione. Quella del “visionario”, forse la figura piú inquietante del nostro Novecento letterario, è una scrittura orfica (cioè misteriosa, oscura, per iniziati) scaturita da una vena ben consapevole della “purità di accento” che la percorre. Un solo volto ha la Chimera di colui che amava definirsi “l’ultimo dei Germani in Italia”: quello della Poesia. In questi giorni di “Genio fiorentino” che celebra fra gli altri Giovanni Papini, il nostro pensiero va a Dino Campana così ferocemente ridimensionato dall’autore de Il diavolo. “Ci sembra, - scriverà nell’articolo “Pazzi in rialzo” del 1946, l’ormai sessantaquattrenne Papini, - che si stia

Reality

ridicolmente e pericolosissimamente esagerando il significato storico e il valore artistico dell’infelice poeta di Marradi”... “Un esame sereno della sua opera dimostra a chiare note che egli fu scarsamente originale - s’era nutrito molto di letteratura francese dell’ultimo Ottocento - e che non può essere presentato, se non da fanatici tendenziosi, come autentico e grande poeta”1. Mai giudizio fu più ingeneroso e sballato. Valga per tutti una sintesi di uno scritto di Luigi Baldacci nel centenario della nascita del poeta, l’anno 1985. “Per molti lettori i Canti Orfici sono stati un mito; io direi che debbano esse-

re letti appunto nella dimensione che ci chiama più direttamente in causa a completare un messaggio ininterrotto confermandoci nell’idea che la poesia moderna è un messaggio che non si compie, che non arriva interamente al suo destinatario. E tuttavia, quando Campana è meno turbato, s’impone al di là di ogni nostra ipotesi come un poeta grandissimo: “La sera fumosa d’estate/ Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra...” Molto più modestamente ma con ammirazione e affetto vogliamo qui riproporre, in parte, una nostra lettura di Campana che apparve su Salvo Imprevisti nel 1986, e che ci pare an-

Dino Campana - Ipotesi di lettura

...Campana porta nei suoi viaggi, reali e fantastici, il suo eros tumultuoso, le sue ambre, i suoi legami carnali, i suoi deliri. .. /La riva selvaggia là giú sopra la sconfinata marina:/E vidi come cavalle/ Vertiginose che si scioglievano le dune/Verso la prateria senza fine/Deserta senza le case umane/ E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve/su un mare giallo della portentosa dovizia del fiume/ Del continente nuovo la capitale marina. /. . . Piú vicino a lui sento il metro dolente di Sbarbaro... Perduto ha la voce/ la sirena del mondo, e il mondo é un grande/deserto. Nel deserto/ io guardo con asciutti occhi me stesso./ È vero, c’é Leopardi, c’è Baudelaire, ci sono la musica e l’espressionismo simbolisti. Ma la ricerca di connessioni con poeti a lui contemporanei o antecedenti, quanto serve alla percezione e alla comprensione della sua voce? A me Campana non ha mai parlato ugualmente in ogni stagione, in qualsiasi stato d’animo. In certi momenti meglio neppure pensarlo: fa male la sua musica; le sue iterazioni ossessionano. Per me Campana va letto di notte, nei silenzi; meglio se da una finestra giungono chiarori indefiniti, se la luna é nascosta. Se piace, Campana vuole abbandono e dedizione, é esigente all’eccesso. Credo che per leggerlo si debba tornare ragazzi, ritrovare uno stato di stupore. ... Sicuramente lui vive nella storia, ma ugualmente ne é fuori. Tutta la sua vita é stata un essere fuori, un non voler essere, una fuga dall’essere, un grande innamoramento. Mi piace accostarlo, piuttosto che ai contemporanei, a poeti venuti dopo di lui come Penna e Pasolini, per quel suo eros disperato e fulgido, odoroso di muschio e di calure estive, di sotterranee repressioni, di libertà deiescenti. Forse ha vissuto poeticamente fin quando ha potuto cantarsi, fin quando sull’onda di ‘come una melodia”, ha potuto seguirsi nei suoi voli, riflettersi nei suoi specchi. La sua lunga e profonda notte, la sua pazzia silenziosa, non é stato anche l’effetto del troppo guardarsi dentro, del giudicarsi? Non m’interessa come è stato scritto, se Dino sia stato “un tramonto che poté sembrare un’alba”, oppure un tardivo “maudit”. Condivido di piú il giudizio umanissimo di Luzi, che i Canti Orfici siano in fondo “la grande metafora della onnipresenza umile e solenne della vita”. E in questo senso Dino Campana mi parla, mi accoglie sulla sua nave, come si accoglie uno sfortunato compagno di viaggi. Allora mi sorprendo, felicemente ml sorprendo, con gli Orfici aperti. “A le finestre ventose del vico marinaro”. 1

- Citazione da La notte della cometa di Sebastiano Vassalli, Einaudi, 1984


L L’invetriata

Da “Genova”

La sera fumosa d’estate

O Siciliana proterva opulente matrona

Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra

A le finestre ventose del vico marinaro

E mi lascia nel cuore un suggello ardente.

Nel seno della città percossa di suoni di navi e di carri

Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha

Classica mediterranea femina dei porti:

A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la lampada? - c’è

Pei grigi rosei della città di ardesia

Nella stanza un odor di putredine: c’è

Sonavano i clamori vespertini

Nella stanza una piaga rossa languente.

E poi più quieti i rumori dentro la notte serena;

Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:

Vedevo alle finestre lucenti come le stelle

E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c’è

Passare le ombre de le famiglie marine: e canti

Nel cuore della sera c’è,

Udivo lenti ed ambigui ne le vene de la città mediterranea;

Sempre una piaga rossa languente.

Ch’era la notte fonda. Mentre tu siciliana, dai cavi Vetri in un torvo giuoco

Da “Viareggio a Montevideo” Io vidi dal ponte della nave I colli di Spagna Svanire, nel verde Dentro il crepuscolo d’oro la bruna terra celando Come una melodia: D’ignota scena fanciulla sola Come una melodia Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola... Illanguidiva la sera celeste sul mare: Pure i dorati silenzi! ad ora ad ora dell’ale Varcaron lentamente in un azzurreggiare:...

L’ombra cava e la luce vacillante O siciliana, ai capezzoli L’ombra rinchiusa tu eri La Piovra de le notti mediterranee. Cigolava cigolava cigolava di catene La gru sul porto nel cavo de la notte serena: E dentro il cavo de la notte serena E nelle braccia di ferro II debole cuore batteva un più alto palpito: tu La finestra avevi spenta: Nuda mistica in alto cava Infinitamente occhiuta devastazione era la notte tirrena.

Lontani tinti dei varii colori Dai più lontani silenzii Ne la celeste sera varcaron gli uccelli d’oro: la nave

Buenos Aires

Già cieca varcando battendo la tenebra

Il bastimento avanza lentamente

Coi nostri naufraghi cuori

Nel grigio del mattino fra la nebbia

Battendo la tenebra l’ale celeste sul mare.

Sull’acqua gialla d’un mare fluviale

Ma un giorno

Appare la città grigia e velata.

Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna

Si entra in un porto strano. Gli emigranti

Da gli occhi torbidi e angelici

Impazzano e inferocian accalcandosi

Dai seni gravidi di vertigine. Quando

Nell’aspra ebbrezza d’imminente lotta.

In una baia profonda di un’isola equatoriale

Da un gruppo d’italiani ch’è vestito

In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno

In un modo ridicolo alla moda

Noi vedemmo sorgere nella luce incantata

Bonearense si gettano arance

Una bianca città addormentata

Ai paesani stralunati e urlanti.

Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti

Un ragazzo dal porto leggerissimo

Nel soffio torbido dell’equatore: finché

Prole di libertà, pronto allo slancio

Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,

Li guarda colle mani nella fascia

Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore

Variopinta ed accenna ad un saluto.

Noi lasciammo la città equatoriale

Ma ringhiano feroci gli italiani.

Verso l’inquieto mare notturno. Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi Gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente: Si presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina Una fanciulla della razza nuova, Occhi lucenti e le vesti al vento! Ed ecco: selvaggia [a la fine di un giorno che apparve La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina...

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Letteratura

Premio Carducci: la nuova edizione A

TEXT Margherita Casazza / PHOTO Lauro

bbiamo incontrato Raffaello Bertoli al Bar Iris di Pietrasanta, nella bella Piazza del Duomo. Bertoli è figlio di un illustre uomo di scienza e di pensiero» È nato 75 anni fa a Forte dei Marmi ed è poeta e critico. Dal 2000 è presidente del Premio Carducci, uno dei piu prestigiosi concorsi letterari italiani. II 27 luglio di ogni anno, nel meriggio ombroso de La Versiliana, si tiene la premiazione.

Quest’anno premi anche per la saggistica letteraria, d’arte e storica Sedevamo al suo tavolo, guardando la rocca e le antiche mura della città, distrutte e riedificate da Castruccio Castacani, il singolare condottiero lucchese. Che novita ci sono per l’edizione 2008? “II premio ha gia 58 anni, La prima edizione fu nel 1950 e, nel 1995, il premio fu sospeso. Soltanto nel 2000 la nuova Amministrazione Comunale mi chiamò a riesumarlo e a presiederne la giuria. Le novità sono cominciate I’anno scorso, in occasione del centenario della morte di Carducci. Era premio di sola poesia e noi abbiamo aggiunto tre sezioni di saggistica, proprio in onore del Vate della Terza Italia, che fu, oltre tutto, un insigne studioso e un grande educatore.”. Lo scorso anno faceste un importante convegno di studi su Carducci Europeo... “Non era il primo. Nel 2005 ideai un incontro nazionale su Carducci Politico al quale intervennero il senafore Marcello Pera, Presidente del Senato, e l’onorevole Giorgio La Malfa, in rappresentanza del Partito Repubblicano. E nel 2006

I membri della giuria del Premio Carducci 2007: Angela Guidotti, Aldo A. Mola, Marco Forti, Raffaello Bertoli, Giuseppe Marchetti e l’attore Sebastiano Lo Monaco.

facemmo il convegno su Carducci e la Toscana. Erano le sette di sera e il sole al tramonto illuminava la collina di Capriglia e di Capezzano Monte. Abbiamo visto che lei ha pubblicato il libro lo e Carducci... “Si: Negli ultimi due anni c’e stata finalmente una ripresa degli studi sul poeta di Valdicastello e sono uscite diverse opere importanti: il Carducci di Aldo Mola, La vita bolognese di Marco Veglia e Donne e dimore carducciane di Luciano Bezzini. II mio è un breve saggio, che tuttavia per originalità e costrutto, ha avuto un certo successo in Italia e altrove. Professore, in che consiste l’innovazione 2008? “Al premio di poesia, che ha visto tra giurie e vincitori - il fiorfiore della

letteratura italiana del secondo Novecento, abbiamo aggiunto la saggistica letteraria, la saggistica d’arte e quella storica. In qualità di presidente, ho affidato ai miei colleghi di giuria la prima selezione: a Marco Forti la poesia, ad Angela Guidotti la saggistica letteraria, a Giuseppe Marchetti la saggistica d’arte e ad Aldo Mola quella storica”. Sono già iniziate le riunioni? “No. Sono cominciate le mie consuete telefonate ai colleghi. Sono il trait d’union, piu che il presidente! Siamo cinque amici...’. Abbiamo lasciato Bertoli seduto al tavolinetto all’aperto del Bar Iris, chiamato un tempo “il Montecitorio di Pietrasanta”. Ci siamo dati appuntamento al Caffe Letterario de La Versiliana domenica 27 Luglio alle ore 18. Reality


Letteratura

Il terzo segreto di Fatima al Molinello di Siena

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TEXT Giulio Panzani

n libro di Tarcisio Bertone, Cardinale Segretario di Stato Vaticano e Camerlengo di Santa Romana Chiesa, in cui si tratta del Terzo Segreto di Fatima, uno degli argomenti più scottanti del secolo appena concluso sia per i tempi, lunghissimi, che sono stati necessari prima della sua divulgazione sia per le illazioni, gli azzardi, le polemiche che ha suscitato. Polemi-

Un libro che richiama all’amore attraverso il messaggio di Lucia che non ancora spente, specie da parte di coloro che ritiengono che il contenuto del messaggio affidato dalla Vergine alla pastorella che sarebbe divenuta Suor Lucia non sia stato interamente svelato e da chi, comunque, ne legge il significato in maniera difforme rispetto all’interpretazione ufficiale della Chiesa. Il libro, dal titolo “L’ultima veggente di Fatima”, è una sorta di intervista al Cardinale Bertone, a firma di Giuseppe De Carli, giornalista del TG1 e responsabile, dal 2003, della Struttura Rai-Vaticano, cattolico, certo, ma anche profondo conoscitore della storia più recente della Chiesa della quale è stato testimone e cronista nei suoi eventi più importanti. Un saggio, potremmo definirlo, o forse anche più semplicemente “una storia” che ha la prefazione di Papa Benedetto XVI e dunque una “legittimazione” incontestabile per suggellare, una volta per tutte, le affermazioni della depositaria delle parole di Maria nella cultura cattolica del nostro tempo. De Carli, per questo lavoro edito da Rai-Eri Rizzoli, è stato premiato al “Molinello”, uno degli appuntamenti letterari più prestigiosi a livello nazionale, nell’edizione 2007/2008 Reality

conclusasi a Rapolano di Siena il 15 maggio. Qui, al Teatro del Popolo, rappresentando anche l’alto prelato che è stato il tramite fra Suor Lucia e il Pontefice nella vicenda della “lettura” del Terzo Segreto e del suo disvelamento, De Carli ha ricevuto l’ambito riconoscimento da Nicla Morletti, segretaria e organizzatrice del Premio. “Abbiamo voluto, così – spiega la stessa Morletti- riconoscere formalmente

l’importanza del cattolicesimo in questo nostro Terzo Millennio in cui le spinte a un relativismo di maniera e ad un consumismo esasperato sembrerebbero far dimenticare il senso più vero dell’anima. La multiculturalità e il pluralismo confessionale che caratterizzano questa nostra Europa, in un contesto di confronto e di dialogo, non debbono infatti farci dimenticare le nostra radici, né venti secoli di storia, qui


in questo Paese che è il centro della Cristianità. Affrontare, dunque, il tema del Terzo Segreto di Fatima attraverso un libro di incontestabile spessore, è un modo per parlare di quella “grammatica celeste” dell’annuncio mariano che cosi’ imponentemente sovrasta questo nostro tempo e gli stessi non credenti, che comunque possono riconoscersi nell’etica di valori comuni anche ad un mondo laico per le attestazioni delle esigenze di giustizia, di fraternità, di carità, di pace”. Giuseppe De Carli ha seguito l’esperienza del Cardinal Bertone, ne ha condiviso la ricerca di una verità che le parole di Suor Lucia, affidate a un documento che il Pontefice ha reso pubblico proprio all’inizio del nuovo secolo, sono ormai note a tutti e - dicevamo - fanno discutere per l’indecifrabilità, o l’apparente senso apocalittico, che solo una rilettura mediata dalla Chiesa può rendere a misura d’uomo. De Carli non accetta - come afferma in un’intervista concessa a margine del “Molinello”- se non cio’ che esce dalla leggenda per farsi spiritualità. “Ci sono implicazioni storiche - dichiara - e anche politiche, è vero. Ma il messaggio è pure altrettanto semplice nel richiamo al Vangelo e ad uno stile di vita coerente, fra l’altro, con la dignità della condizione umana. La testimonianza di Suor Lucia è un invito a meditare su ammonizioni che la Madonna rivolge a tutti gli uomini indistintamente”. A una “penitenza” che può essere interpretata anche come senso di sacrificio nei ruoli che la vita affida ad ognuno di noi, a un “timor di Dio” che può anche essere il rispetto anch’esso “laico” per cio’ che di incomprensibile ci sovrasta e da cui derivano le leggi della convivenza e infine ad una rinuncia al rifiuto di prospettive edificanti senza le quali nulla ha più senso e tutto sembra diventare lecito. Le profezie di Fatima al tempo delle apparizioni - era il 1917- si sono puntualmente avverate. Anche la condanna per gli errori che sarebbero stati “sparsi nel mondo” dalla Russia e l’invito alla consacrazione di quest’ultima alla Vergine sono ormai storia. Ciò che sarà, nello svolgersi degli avvenimenti di un tempo non ancora compiuto, non possiamo dirlo. Certo è che le invocazioni contro la fame, contro la guerra, contro l’intolleranza, si compendiano nel richiamo della Signora di Fatima all’amore. Amore che Tarcisio Bertone e Giuseppe De Carli hanno efficacemente comunicato con questo libro e che a Rapolano si è percepito, nel richiamo al Mistero, con grande suggestione ma anche con evidente chiarezza.


Fotografia

Richard Avedon e gli scatti dell’anima TEXT Sara Taglialagamba

“A

nd if a day goes by without my doing something related to photography, it’s as though I’ve neglected something essential to my existence, as though I had forgotten to wake up. I know that the accident of my being a photographer has made my life possible”1 . Sono queste le parole capaci di cristallizzare nel mito, dopo la morte, la fama di Richard Avedon e la sua totale, fedele, religiosa dedizione alla fotografia. Considerato uno dei più grandi fotografi americani, con il suo lavoro ha letteralmente rivoluzionato la la storia della fotografia, che da questo momento diventa inscindibile dalla storia dell’arte. Le sue fotografie infatti non sono soltanto scatti di reportage, ma istantanee capaci di catturare momenti di vita, che diventano così opere d’arte. Nasce a San Antonio (Texas) nel 1923 e la sua carriera di fotografo inizia nella Marina Mercantile e Militare Americana dove presta servizio tra il 1942 e il 1944: i suoi scatti immortalano le fotografie d’identità dei militari, le autopsie dei corpi vittime della guerra e le certo più spensierate foto dei compagni di camerata. L’impegno morale e

civile di cronista per immagini del suo tempo non lo sottrae dal documentare con cruento realismo le catastrofiche conseguenze della guerra in Vietman in immagini di morte, sangue e distruzione. Sono in particolare le immagini degli orfani di Danang, piccole vittime innocenti della guerra, che sono capaci di infliggere una ferita ancora più profonda nel cuore dell’America. Nel dopoguerra Avedon continua la propria carriera come fotografo di moda

– se possibile - più tagliente, più acuto. Non si limita a ritrarre un soggetto, ne cattura l’anima. Non più un’immagine fissa, rigida, sterile come una cartolina: nasce il ritratto fotografico intenso, emotivamente denso, permeato ed arricchito al tempo stesso di atmosfere vibranti e personali, impossibili da far rivivere per qualsiasi altro soggetto. La fotografia per la prima volta registra emozioni, sensazioni, stati d’animo, caratteri. Sia che si tratti di star del cinema come Marylin Monroe, Audrey Hepburn, Charles ChaOltre l’immagine: plin, Humprey Bogart, Brigitte fotografia registra emozioni, Bardot, Buster Keaton, o personalità influenti come Truman sensazioni, stati d’animo... Capote, Dwight Eisenhower, per le maggiori riviste del tempo HarEdward Kennedy, o artisti come Pablo per’s Bazaar e Vogue. Egli scopre un Picasso, Andy Wahrol, Francis Bacon, nuovo modo di fotografare le modelHenry Moore, o cantanti come i Beatle: scartando l’idea di farle apparire les, i Rolling Stones, Iggy Pop, Avedon come manichini la cui essenzialità era riesce a catturare nello scatto la peresclusivamente quella di mostrare gli sonalità dell’effigiato in modo semabiti che stavano indossando, cerca di pre dinamico, personale, mai identico donare loro espressività in modo da nemmeno a se stesso. È la fugacità di renderle vive, reali. Il carisma mostrato un gesto, il trasecolare di un’emozioin precedenza di attento osservatore ne, l’attimo di tensione che precede lo che registra imparziale la realtà attrascatenarsi dell’azione, l’espressività di verso i suoi scatti perde il proprio lato uno sguardo che ti vorrebbe parlare, impegnato di denuncia sociale e si fa la spontaneità di un gesto di due mani

”E se un giorno passa senza che io abbia fatto qualcosa relativo alla fotografia, è come aver trascurato qualcosa di essenziale alla mia esistenza, come se mi fossi dimenticato di svegliarmi stamani. Io so che il caso che io sia diventato un fotografo ha reso la mia vita possibile da vivere”. 1

Reality


F che si cercano e si trovano, che vengono immortalati. In questo modo ogni soggetto ritratto diventa un attore, unico protagonista ed eroe della sua vita, che si muove liberamente all’in-

terno del suo scenario, spesso riprodotto in modo minimalista: l’attenzione si focalizza sull’unicità del soggetto che così vive attraverso un’immagine. È la fotografia che, grazie al tocco

magico di Avedon, per la prima volta, eternizza l’effigiato al pari della pittura e della scultura perché si fa vera, intima, personale, spontanea e carica di emozioni.

Reality


Interviste

Oriana Fallaci: fiorentina di razza C’

TEXT Carla Cavicchini / PHOTO Ufficio stampa

è cuore e cuore. Non esiste solamente quello posto alla nostra sinistra, ne esistono anche altri tipi. Quello delle verdure...carciofi, soprattutto insalate, adatte a nascondere armi da guerra. Si, fa’ paura a dirlo, ma c’entrava anche una bomba. Seppoi ci metti la protagonista in sella alla bicicletta, da brava staffetta partigiana colle trecce, fervore (chissà se c’era già la penna), dinamismo, ed altro....ed ap-

Riccardo Nencini, Presidente del Consiglio Regionale Toscana la racconta nel suo libro pare Oriana Fallaci. Emilia! il suo nome di battaglia, e con quello andava alla “Torre dei Mannelli” - quartier generale dei partigiani - che comandava il padre: già, il Gruppo di Giustizia e Libertà. Azionisti, liberali, socialisti. Gli alleati dopo paracadutavano di tutto - in casse - sul Monte Giovi, sopra Pontassieve. E la bimbetta la faceva in barba ai tedeschi! Indomita da piccola figurarsi dopo! I suoi reportages la impongono tra le massime firme del giornalismo internazionale. Inviata di guerra in Vietnam nel ’68 (ci ritorna ben 12 volte!), a Città del Messico, alla vigilia dei Giochi Olimpici, rimane ferita gravemente. La credono morta: all’obitorio però, sanguinante, sopra un mucchio di cadaveri, un prete si accorge che morta non è. Ha modo, dopo, d’infiltrarsi nel conflitto del Golfo, nonché nelle varie rivolte in America Latina. E non tralascia nemmeno la contesa tra l’India ed il Pakistan. Sensazionale quella volta che dette di tiranno all’Ayatollah Khomeini sfilandosi perdipiù lo ‘chador’! “Si, quando ci voleva –afferma – ero irriverente”. Che peperino! I grandi non la spaventano proprio, e lei segna sul taccuino le interviste “faccia a faccia” con Gheddafi, Kissinger, Deng Xiaoping, ed anche Reality

politici di primo piano italiani. Riccardo Nencini, Presidente del Consiglio Regionale Toscana, va a trovarla poco prima che muoia a Firenze. Una visita in sordina, concordata assieme. Ed egli, “la scrive”, raccontando tante cose di lei, omaggiandola col suo libro: “Oriana Fallaci: morirò in piedi”. Perché colei non era certamente il tipo da sedersi. Le pagine la ricordano così: “Prima di chiudere gli occhi per sempre, la grande giornalista non ha molta voglia di farsi vedere...non è più l’Oriana di sempre. Inflessibile, rigorosa, sciolta, quello sì, ma il suo fisico è quasi scheletrito, ha capelli corti, bruciati dalla chemioterapia, con unghie però ben laccate. Suo vezzo di sempre. Fuma e beve un po’ di champagne.”Visto che mangio come un uccellino, prendo queste vitamine!” La malattia non l’ha piegata. È persino maestosa ed elegante nella gestualità, con quello

sguardo burlone (se muoio io, muori anche tu, amico cancro!) e mesto, seppur a tratti. Il Presidente la definisce un pugno di nervi senza carne. Ed anche dolce...a suo modo. D’una dolcezza virile, nascosta da modi spicci. Nencini ricorda che ironizzando...”Sono stata processata per vilipendio nei confronti dell’Islam...da un musulmano che getta i crocifissi dalla finestra! L’hai letto quel libercolo ”L’Islam punisce Oriana Fallaci?” “No – rispondeva Nencini -... ho preferito darmi da fare nel Consiglio Regionale per una mozione che solidarizzava con te. E ti dico che non è stato facile in un consiglio ben infervorato. Il finale però ha segnato l’apprezzamento del parlamento regionale”. L’ultimo suo ricordo ne afferra la tenerezza nonché il bleu d’occhi seppur celati dagli occhiali da sole, succo d’arancia e,...siccome non voleva farsi mancare niente, sulle labbra i ‘sigattellos’, sinuosi sigari marroncini. Sepolta al Cimitero Evangelico degli Allori, ha voluto riposare accanto al cippo di Panagulis, suo grande amore, eroe della resistenza greca. Faccio notare al Presidente Nencini che tutti i ‘grandi’ non posseggono carattere facile: “Si... ed io rispondo generosa, colta, e spigolosa. Spirito indomito odierno? Cristiana Manpuri, Fiamma Nirestein, ed altre ‘combattenti’ pronte a rivedere le loro posizioni come Lucia Annunziata che l’ha fatto più d’una volta. Lei mi chiede del ‘Fenomeno Fallaci’: c’è stato ed esiste ancor oggi. Probabilmente col tempo potrà essere meno mitizzato ma rimarrà come punto di riferimento di grande giornalista.” Nel suo libro la nota corrispondente chiamava Firenze...’Firenzina’! “La considerava molto provinciale, ancor oggi mantiene degli aspetti di provincialismo eccessivi; è bello però vedere che c’è una riconciliazione in corso che la vuole protetta, spinta, moltiplicata”. Lei, nel cuore d’un cesto d’insalata,


cosa nasconderebbe?” “I miei desideri....adesso non ci sono bombe da portare in Italia e neanche in Europa. E menomale!” Il capoluogo toscano ha ricordato di recente la fiera figura a Palazzo Panciatichi e Medici Riccardi la bella mostra “Oriana Fallaci. Fiorentina di razza” (chissà se lei ricca di sarcasmo ed humor avrebbe detto che la ‘fiorentina’ è anche una bistecca....) di gigantografie bianco-nero, filmati, spezzoni, oggetti personali quali cappelli, occhiali, orologi, borsette ed anche borsa militare, scritti, appunti...di tutto un po’. Le sale la accolgono sola, persino in pose maliziose, ma anche con molti divi hollywoodiani quali Paul Newman, Sean Connery, l’amico Zeffirelli, ed i vari potenti della terra a cui non piegava certamente la testa. E mentre spiega con l’inconfondibile fiorentinità....(io lo chiamo l’alieno, ne parlo così, forse per esorcizzarlo. Il cancro non si attacca, e non è nemmeno una malattia infettiva! Lo racconta spavalda, a mo’....”facciamo la guerra noi due?”. Nell’ultima stanza però i tiggì di circa due anni fa’ ne raccontano l’avvenuta scomparsa. Al nipote Edoardo domando se sua zia sarebbe stata contenta di questa inaugurazione, cosa apprezzava maggiormente in lei, se tra loro c’erano state tensioni. “Oriana non era mai contenta di nulla; esigentissima con se stessa, figuriamoci con gli altri! Della morte ne parlammo molto, senz’altro in modo scaramantico. Qui ci siamo dedicati con grande passione nel ripercorrere la sua vita che è stata molto avventurosa, ma anche tristissima, e pure felice sotto molti punti di vista. Una vita di successo...mah...alla fine sarebbe stata contenta. Penso!” Un famoso detto osserva che le celebrazioni vanno fatte da vivi e non da morti. “Giusto... ma lei era strana. Si autocelebrava pur essendo molto schiva... eppoi raccontava i fatti suoi più intimi nei libri, articoli, ed altro. Anche se però alla fine della sua vita si sentiva vecchia e brutta e quindi non si faceva fotografare. D’altronde era malata! In lei apprezzavo enormemente il fatto che fosse sempre presente per me e gli altri, prodigandosi in consigli ed aiuti. Vero punto fermo della mia esistenza e famiglia. Sapeva ascoltare, anche se, beh, il suo carattere spesso era tremendo, segnato da scoppi d’ira improvvisi ed ingiustificati a cui bisognava saper far fronte ed anche rassegnarsi. Lei, in compenso, ti allontanava per uno o due mesi, per poi riprenderti, come se nulla fosse accaduto. La tecnica era pertanto quella di rispondere per le rime senza prevaricarla. Se argomentavi, dopo!, e solo dopo, ti ascoltava mettendosi persino in discussione! Tensioni? “No...mai, assolutamente! Avevo troppa paura! Impossibile”. Le citazioni dei grandi letterati e poeti piacciono molto. Il motivo è senz’altro da ricercar spesso in quelle poche parole, secche ed asciutte, ben scolpite, capaci di racchiudere l’essenza d’una vita intera. Oscar Wilde ha scritto: “La moderazione è una cosa letale”. Secondo voi cosa ne pensava Oriana?


Personaggi

Ortali: inesauribile carpire oltre gli orizzonti

I

TEXT Patrizia Bonistalli

primi a camminare con noi sono i genitori; nel nostro percorso non apparteniamo loro, piuttosto siamo entrambi parte di un evolversi in cui ogni essere si muove sincronicamente, ognuno nel proprio senso. Qualsiasi creatura si sviluppa secondo il proprio codice, ma in questo fluire autonomo si rapporta alle altre creature potendo oltre a ciò accrescere il suo spessore interiore. Se penetriamo in simile

“Di certo così uniti, cresce la dignità di tutti e insieme anche la nostra dignità” (Azelio Ortali) profondità di pensiero, qui avviene il nostro incontro con “Vite Parallele” e con il cuore di tutta la scrittura di Azelio Ortali. Laureato in lettere, Presidente nazionale della Società Ornitologica italiana e direttore del museo Ornitologico e di Scienze naturali a Ravenna, Ortali è scrittore che presta attenzione alla natura umana e si fonde con l’anima dell’Universo, poeta che decanta le simmetrie tra esseri viventi non in quanto lontananze e distacco bensì unite in un dispiegarsi pulsante ed armonico. Lettore penetrante, uditore instancabile, osservatore straordinario, si spinge nell’imprevedibile crocevia con le molteplici conformazioni dell’esistenza, cogliendone da ogni dove il prorompere di voci, istanti, idee, vibrazioni, riposo. I suoi scritti s’imbevono del richiamo echeggiante della vita, della cui pluralità di forme noi siamo

Reality

parte e che nella sua pienezza si rigenera. Ortali è stato incluso dall’IBC di Cambridge tra le “Outstanding people of the 20th Century”. A soli sei anni, intraprende la tecnica della fotografia con un apparecchio ereditato dallo zio e ne percorre tutti i campi con ogni tipo di metodo. Dedicatosi inoltre allo studio della composizione musicale, diviene partecipe delle concezioni innovative introdotte da Pratella, che fu esponente del Manifesto della Musica Futurista e primo ad adoperarsi nel capovolgente intento di dare agli studi musicali un segno di libertà assoluta. Uomo poliedrico dunque, Ortali accoglie in sé l’essere scrittore, pittore, fotografo, musicista, etologo, passibile al fascino di qualsiasi tra le sfere più diverse. I gesti poetici, limpidi ed essenziali, congiungono ognuno dei suoi libri in un’offerta eufonica di contenuti che rievocano il riscatto con la natura, la quale si difende e compare protagonista, ed al cospetto di cui da scienziato e fotografo egli diviene pittore, premuroso al minimo dettaglio, odore, suono, movimento. Fedele scrutatore degli esseri viventi tutti, s’immerge

nello studio dell’universo animale; apprestandosi in cerca d’inquadrature da fotografare, ne schiude poco a poco le peculiarità e le straordinarie analogie tra l’essere animale e l’essere uomo. In “Cavalli Veri” è possente il desiderio di ripercorrere la nascita lenta del suo sentimento sottile verso i cavalli, che hanno sorretto la storia dell’uomo e subito le sue inclinazioni: il narratore entra nel loro tempo e spazio, non per riempire il proprio ma per coinvolgerli in modo onesto ponendosi in mezzo ad intenderne il linguaggio. Allorché egli s’inoltra senza minacce né preconcetti, alla fine i cavalli si accostano a scrutarlo fino ad annullare le distanze. L’uomo è accolto come fosse la natura stessa a farlo entrare. L’ingresso nel mondo animale carico di messaggi da comprendere segna l’inizio di un’alleanza. Un rilevante studio scientifico condotto da Ortali sugli uccelli nei Mosaici di Ravenna come ornitologo, consacra per la prima volta l’osservazione della rappresentazione artistica con un occhio scientifico e ne procura i raffronti necessari al riconoscimento di qualsiasi specie, permettendo di ravvisare


quasi tutti gli uccelli che si possono incontrare in altre opere musive. La suprema capacità dell’autore di rivisitare la storia e la natura del mondo è chiaro atto poetico. Il suo sguardo compenetrante ed inesauribile lo porta nel cuore della storia, e poi in oriente, a rivelarsi eccellente scopritore oltre quello che altri hanno visto. Da alcune foto scattate al busto di Nefertiti al Museo Egizio Ortali discerne il volto della figura e, tramite un’elaborazione al computer riottiene l’occhio mancante: nella raccolta “Gli occhi di Nefertiti” l’effigie della regina diviene non solo volto restaurato ma sguardo restituito, dentro un’immagine ricreata dall’autore stesso. In un assiduo comporre simbolico ed ispirato senza sospensioni, egli valica le coordinate di spazio e tempo. Ogni singola opera è concepita e costruita nella sua integrità, ma sensibilmente legata alle precedenti. L’incessante snodarsi di pubblicazioni riconosciute e premiate affluisce in un anelito indissolubile senza mai ancorarsi, simbolo di un incedere emancipato di sollecitazioni che instillano l’intera vita. Recente e singolare è il suo rapporto fotografico di un viaggio dentro l’Italia intera: “L’Italia sui muri” (Ibiskos - Ulivieri) è il curioso recupero antologico di scritte e i disegni murali testimoniati da 157 foto originali scattate in luoghi impensati; Ortali scruta amabilmente gli sfoghi disinibiti, entusiasti, abbattuti o delusi, sfocianti talvolta nell’umorismo, fantasticando sui possibili autori, sul loro livello culturale e temperamento, adoperandosi in un appassionato tentativo di dare un’interpretazione e reperirne la motivazione. Dentro la “Valigia invisibile”, sono raccolte le opere elencate in successione come capitoli, il sentiero lirico e narrativo si sviluppa a tratti enigmatico e sfuggente, allorché invece luminoso e penetrante, in un’inerzia raggiante di creatività, in un’esultanza di riflessioni che abbracciano la coralità universale e ne scrutano a fondo ogni microesistenza. Ogni opera in Ortali è germoglio della ricerca di un filo unico di pensiero, che non si è voluto interrompere ma che anzi ha ripercorso da capo le immagini interiori degli anni vissuti, legandone ogni espressione tramite un tessuto di riflessioni e contenuti che ancora conduce altrove.


Riflessioni

Mamma di maggio Q

TEXT Alessia Biagi

uest’anno per una strana coincidenza che a volte capita, ho cumulato due feste nello stesso giorno, e così domenica 11 maggio ho festeggiato il mio compleanno e la festa della mamma. Il sapore acidulo degli anni che passano, mi è stato addolcito dal biglietto di augu-

Maria non è una statua, ma una vera e propria mamma... ri che hanno scritto i miei bambini. Mamma e maggio, quindi, sono parole che si richiamano a vicenda, ma ne esiste una che le unisce e racchiude: Maria. Non a caso maggio è il mese dedicato

alla Madonna, non a caso la festa della mamma cade in maggio, non a caso Maria è la mamma per antonomasia, Madre della Chiesa e Madre nostra. A maggio fioriscono le rose, si vedono schiccolare i Rosari e troppe volte, purtroppo, Maria nell’immaginario popolare, viene relegata al ruolo di intrattenitrice di pie vecchiette, noiose e annoiate che, almeno a maggio, trovano un’occupazione pregando il Rosario alle marginine delle strade. È tutta la faccenda che odora di naftalina, le rose, il Rosario, le donnine, si toglie dall’armadio giusto quel mese e poi si ripone fino all’anno prossimo. Ma siamo sicuri che è tutto qui quello che ci dobbiamo aspettare da Lei? Quando penso a Maria, non è l’odore di muffa che sento, non vedo una figura abbigliata in maniera strana, con veli e fusciacche e lo sguardo perso nell’alto, magari assente. Quando penso a Maria, la penso nella sua completezza, non qualcosa di astratto, ma qualcuno; quello che infatti mi colpisce sempre con forza, nella sua sconvolgente porReality

tata, è il fatto che il corpo di Maria non sta marcendo in una tomba da qualche parte, ma è vivo e redento, perfettamente integro e ormai incorruttibile. E così ogni 15 agosto (che non è la festa dei gavettoni ma quella di Maria portata in cielo con il corpo!) mi ritrovo a pensare che questa sorte meravigliosa è stata concessa ad un essere umano, nato su questa terra. Una donna che non ha natura divina, non ha conosciuto il sepolcro. Ed è per questo che quando penso a Maria non la vedo come una statua, ma la vedo con gli occhi di chi me l’ha descritta, ormai venti anni fa, a Medjugorje; la vedo con gli occhi di quei ragazzi bosniaci che ho potuto ascoltare e frequentare, la vedo com’è: una ragazza, forse vent’anni,capelli neri, occhi di un azzurro mai visto prima, un sorriso “sotto pelle” che aleggia anche quando è seria, una bellezza abbacinante, che non soggiace a nessuna legge terrena. Una ragazza dalla voce giovane, che chiama i veggenti “angeli miei”, pro-


R prio come una mamma, che ride, che una volta quasi ballava dalla gioia, che abbraccia e bacia i ragazzi per ogni compleanno e onomastico, e nei momenti di sconforto. Una ragazza che sorride divertita e contenta anche quando Vicka le spruzza addosso una bottiglia di acqua benedetta, una ragazza che è triste solo quando pensa a coloro che non conoscono l’amore di Dio. Una ragazza che prega con dei ragazzi, che recita il Rosario con loro e chiede che venga recitato, non sento odore di naftalina, non percepisco noia; vedo una giovane madre che chiama i suoi figli, in tutti i modi possibili, a condividere con Lei la salvezza, la vita eterna. Siamo sicuri che sia roba da vecchi?

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Libri

In un solo giorno si può rinascere I

TEXT Margherita Casazza / PHOTO Colombo Fotoreporter

l nuovo libro di Romano Battaglia ci racconta una storia incredibile, già in questo mondo accadono spesso anche cose impossibili! La presentazione dell’opera letteraria, in prima nazionale, è avvenuta alla Capannina di Franceschi a Forte dei Marmi (Lu) alla presenza del-

Il mondo potrebbe offrirci molto di più se avessimo gli occhi per vedere anche le più piccole cose, il cuore per amarle e le mani per raccoglierle

le autorità locali e con l’intervento del dottor Raffaele Morelli che ha incantato la folta platea con la sua introduzione. Una storia attuale: Mariarosa, una giovane donna profondamente depressa cerca di uscire da questa sua condizione, incontra un cane che la conduce in un casolare dove conosce un anziano contadino, un pò poeta un pò filosofo, capace di gioire delle piccole cose quotidiane. Rimane lì tutto il giorno in sua compagnia ad ascoltarlo. La donna trova così la strada per riconciliarsi con l’esistenza e riconquista la serenità. La riscoperta di un mondo che credeva perduto attraverso le parole dell’uomo le fa ritrovare i propri sogni e desideri.

La nostra vita può cambiare se si è disposti ad accogliere quella forza invisibile che ci riporta alla scoperta dei semplici valori, aprendogli il nostro cuore. Abbiamo riportato qui alcune frasi prese dal racconto per far comprendere l’intensità del libro e dare una speranza a chi le legge di trovare il proprio mondo che pensava perduto.

Bisogna sempre tenere in vita la speranza anche se la strada è difficile e i temporali ci costringono a fermarci

Reality


Photographia di Marco Bonucci

Studio Fotografico: Matrimoni Interni Foto per cataloghi Still life Via della Libertà 12 - Santa Croce sull’Arno - Pisa tel. 0571-367485 - cell. 335-7686739 mail:marco.bonucci@tin.it


Anniversario

10 anni di Reality: un evento lungo 2 giorni

TEXT Redazione / PHOTO Valerio Pagni - Marco Bonucci

N

umerosi i partecipanti all’evento che ha visto protagonista il nuovo look della rivista Reality in occasione dei 10 anni di pubblicazione. Due gli eventi di presentazione che si sono susseguiti a distanza di pochi giorni, il 29 marzo scorso presso la Sala Consiliare del Comune di Santa Croce sull’Arno (Pisa) con il patrocinio dello stesso e il 2 aprile scorso presso la sala convegni di Cuoiodepur a San Romano (Pisa).

Si parla anche di ricerca e tutela dell’ambiente, un tema caro alla rivista Il 29 marzo sono intervenuti sul tema “Ricerca e tutela dell’ambiente, due realtà nel distretto industriale di Santa Croce sull’Arno” i rappresentanti dell’amministrazione comunale Osvaldo Ciaponi, sindaco di Santa Croce sull’Arno e Letizia Quaglierini, vicesindaco, poi Alessandro Francioni, presidente dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno, Maurizio Signorini, presidente dell’Aquarno, Franco Donati, presidente della Po.Te.Co e Mauro Manzi dell’A.S.S.A. Mentre il 2 aprile sono intervenuti sul tema “Ricerca e tutela dell’ambiente, due realtà nel distretto industriale di San Miniato”, alla presenza dei rappresentanti dell’Amm. Comunale

di San Miniato, Attilio Gronchi, presidente del Consorzio Conciatori di Ponte a Egola, Giovanni Tempesti, presidente di Cuoiodepur, Graziano Turini, Assessore alle Attività Produttive della Provincia di Pisa, Rossella Giannotti, presidente dell’A.S.S.A. e Valerio Vallini, giornalista.

Margherita Casazza, direttore di Reality ha ricordato l’intento della rivista sin dalla sua nascita citando alcune frasi di Mario Lepri: “Reality, per essere vicino a tutti, spaziare sugli avvenimenti, viverli, non in una sorta di preveggenza, ma sulle colonne di un periodico che deve

Reality


novità editoriali assolutamente da possedere

Edizioni: Skira

Raffaello Bertoli Io e Carducci

Edizioni: Edizioni Monte Altissimo

FOTOGRAFIA

Volti, cerimonie rituali, frammenti di vita in seno ai templi delineano attraverso la fotografia i segni del ritratto di un mondo in cui le difficoltà morali, il fervore spirituale e la profondità d’animo vanno di pari passo con la gentilezza, l’allegria e l’immensa generosità. Il fotografo Patricio Estay ha consacrato gli ultimi sette anni della sua carriera a “dipingere per immagini” una tela esaustiva del Tibet e della sua comunità in esilio.

Raffaello Bertoli è nato a Forte dei Marmi nel marzo del 1943, figlio di un uomo di scienza e di pensiero, che fu antifascista e che amò l’onestà e la libertà. Giovanissimo ha iniziato una lunga attività giornalistica e letteraria. Ha pubblicato raccolte di versi, saggi critici, racconti e pamphlet. Dal 2000 è presidente della giuria del Premio Carducci. Di sé dice: “So qualcosa e so che non basta”. Vive e opera in Versilia.

Sam Savage Firmino

Edizioni: Einaudi

NARRATIVA

booking a book

Patricio Estay Tibet - Land of Exile

La storia del topo Firmino che si ciba di libri per non morire di fame ha incantato i lettori di tutto il mondo, che lo hanno eletto a simbolo di quella figura emarginata, ma ostinata, che è il lettore di romanzi nella nostra società. Pubblicato in America da una piccola casa editrice no profit con una tiratura di mille copie e fuori dal circuito della grande editoria, Firmino ha vinto tutti i piú importanti premi letterari per esordienti negli Stati Uniti. Dopo l’ultima Fiera di Francoforte è diventato un caso internazionale.


Tom Rob Smith Bimbo 44

Edizioni: Sperling & Kupfer

THRILLER

Questo è il thriller più spaventoso e “freddo” che vi sia mai capitato di leggere. Una straordinaria opera prima, i cui diritti cinematografici sono stati opzionati dal mitico Ridley Scott. Lasciatevi sprofondare nella gelida Russia del 1953, in pieno regime totalitario, un paese perfetto “dove il crimine non esiste”. Il primo a non mettere in dubbio tutto questo à Leo Dimidov, ufficiale di polizia, eroe di guerra che ha sempre eseguito gli ordini del Partito: ma stavolta non gli riesce proprio. Deve indagare sulla morte di un ragazzino che a lui non sembra per nulla un incidente. Trasformato da predatore in preda, Leo comincia a scoprire realtà spaventose e viene messo di fronte a scelte impossibili. Non si era mai letto un romanzo così teso, agghiacciante, perfetto. Ispirato ad una storia vera, un caso editoriale che ha messo in fibrillazione il mondo intero. Una rara commistione di scavo psicologico, eccellente scrittura e brivido allo stato puro.

“Questo volume è una sorta di vita quotidiana della mia città ai tempi di Giusto Landini, una guida dettagliata della Volterra del 1492, con le sue botteghe, le sue famiglie, i soldati, le strade, i quartieri, le chiese, il contado, ecc., una fotografia, o meglio, un film che narra due anni fondamentali della storia di Volterra”. “Girare per Volterra con questo volume è impressionante, una specie di giuoco di ruolo, di rievocazione storica scritta...” (Paola Ircani Menichini)

Paola Ircani Menichini Il quotidiano e i luoghi di Volterra nel catasto del 1429-30

STORIA

Edizioni: Migliorini editore

Gianni Parrini e Matteo Tuccini Qui si pedala

SPORT

Dalle origini agli anni Sessanta

“Raccontare la storia dell’amore che ha legato, lega e legherà sempre il ciclismo a Santa Croce sull’Arno: un’impresa affascinante, un promemoria per chi verrà dopo di noi, un regalo che volevo fare personalmente alla nostra società prima di congedarmi da dirigente attivo...”. “Queste pagine, quindi, sono il nostro omaggio alle persone che hanno speso soldi, tempo e anima per far sì che Santa Croce diventasse una delle capitali del ciclismo nazionale. Se oggi siamo al centro di questo mondo lo dobbiamo a loro, ai ragazzi che correvano sulla ghiaia negli anni tra le due guerre, e che poi diventarono l’anima della società. Senza dimenticare le persone che ci hanno sostenuto, anche semplicemente affollando per anni gli arrivi dei tanti Gran premi del Cuoio...”. (Dario Ciaponi, presidente dell’Unione Ciclistica Santa Croce sull’Arno). Il ricavato della vendita andrà a favore della Fondazione Arpa.

la vetrina di Reality


Versiliana

Il Festival è una seconda pelle TEXT Andrea Berti / PHOTO Versiliana

Massimilano Simoni

S

i porta addosso ancora quel fremito che colpisce quando si ha la consapevolezza di avere avuto l’occasione di vivere un momento fianco a fianco ad uno dei “grandi” uomini della nostra storia, quell’Indro Montanelli in una delle sue ultime uscite prima di lasciare questo mondo; e parla della “sua” Versiliana, la creatura che ha sempre visto come qualcosa di straordinario e di inarrivabile, un tempio che quasi lo intimidiva, e che ancora oggi lo stordisce ogni mattina nel suo silenzio quando passeggia tra i pini che D’Annunzio, Gabriele, il poeta vate, così raccontano, abbracciava. Qui il chiacchierato genio ha scritto “La Pioggia nel Pineto”; qui, nelle stanze della Villa, visse per alcune estati dedicandosi a passeggiate a cavallo e amori. Varcare il cancello del Parco della Versiliana, l’anfiteatro immerso nel

Reality

Incontro con l’On. La Russa e il Presidente della Provincia di Lucca Stefano Baccelli

verde della macchia mediterranea di fronte alla spiaggia calda della Versilia by night, rumorosa e spumeggiante, ogni giorno ha un significato nuovo. Sale su, nel suo ufficio, che dà sul Viale

Versiliana. Per Massimiliano Simoni, Presidente della Fondazione La Versiliana, il Festival è una seconda pelle. Politico, così si definisce, e tecnico, l’altra definizione che accosta alla prima quando parla di come possa, un uomo con “il cruccio” della Intervista al Presidente della politica gestire una delle manifestazione culturali e dello spettaFondazione La Versiliana colo di riferimento del panorama Massimiliano Simoni nazionale. Un compito non facile che ha già scottato molti, ma non Morin, e da lì suona le note di uno dei lui, capace, in poco meno di dieci anni di “elevare” il Festival a livelli di notoFestival più prestigiosi e “vecchi” delrietà, prestigio e visibilità mai ottenuti e la storia italiana con le sue ventinove edizioni e un diario di ricordi destinato di far diventare la “parola” cultura patrimonio di tutti e non più solo di pochi alla cassaforte e ai musei. Da quel teaeletti. Assessore alla Cultura dell’Amtro all’aperto e dagli Incontri al Caffè, ministrazione di Pietrasanta, prima, precursori già nei primi anni ‘80 dei sadal ’04 Presidente, Simoni ha avuto il lotti alla “Porta e Porta” e dei “Matrix” di oggi, sono passati tutti i più impormerito di “rischiare” più di altri facendo combaciare conti e contesse (quelli tanti artefici del nostro paese. Dite un del bilancio) e programmi straordinari nome: sicuramente è stato ospite della


V allargando le attività anche al periodo invernale, potenziando la struttura, le iniziative, e “sbarcando” in quel di Montecatini dove da due stagioni il marchio del “Caffè” sta di casa. Come è cambiata la Versiliana in questi anni? Direi molto sia dall’interno che dall’esterno mantenendo sempre però la sua tradizione e la sua identità. Fino a qualche anno fa era vissuta dagli stessi versiliesi come una “Sancta Santorum”; qualcosa di ristretto a pochi e di elitario. C’era diffidenza. Paradossalmente veniva frequentata poco da chi la conosceva. E lo stesso facevano i giovani. In questo caso non si era fatto, o si era fatto poco, per stimolarli e per fargli scoprire la Versiliana. Oggi, dopo otto anni, credo che la situazione sia cambiata molto. I giovani la frequentano, e i pietrasantani e versiliesi sono i primi ad esserci assieme a migliaia di turisti. Aveva la bacchetta magica? Ho cercato di portare la Versiliana a Pietrasanta per incentivare gli abitanti e Pietrasanta nella Versiliana per farla conoscere ai turisti creando due iniziative di avvicinamento progressivo. La prima si chiamava “Pietrasanta a misura Duomo”, talk show itinerante, eclettico, una mini Versiliana con le valigie che ci ha permesso di portare il Festival in casa di tutti e di farlo conoscere; dall’altro lato abbiamo aperto il Parco alle mostre nel ’01 ospitando una grandissima collettiva di tutti gli artisti che abitano e lavorano a Pietrasanta visitata da migliaia di turisti che poi hanno avuto la curiosità di scoprire l’entro terra. Incredibile il successo. E per i giovani? Tutti siamo stati giovani ma spesso si dimentica cosa si voleva da giovani. I giovani vogliono freschezza, vogliono poter ascoltare e parlare con chi crede di saperli capire. Dal teatro al Caffè abbiamo inserito momenti dedicati a loro: penso all’ingresso di Paolo Ruffini tra i conduttori, un’icona dei giovani, ad incontri con Fabio Volo, gli ospiti della casa del Grande Fratello, recentemente Max Pezzali a Montecatini, e a vari musical, concerti e spettacoli in salsa under 25. Non è stato facile ma ora i giovani vengono in Versiliana portando fidanzate e fidanzati, amici e amiche e facendogli scoprire un posto che hanno sempre visto dal di fuori con scetticismo. Oggi cos’è la Versiliana? Pietrasanta

Magdi Allam con il Presidente della Fondazione

e la Versiliana sono un piccolo sistema culturale che è stato capace di far dialogare le realtà museali del centro storico con il Festival. È un luogo di incontro e crescita culturale e dello spirito che non è deputato ad una sola fascia o ceto sociale. Siamo riusciti a farlo sentire come un luogo a misura d’uomo e di bambino. Come si spiega la longevità del Festival e il suo essere sempre sulla cresta? Perché siamo gli unici matti, lo dico nel senso buono, che sostengono generi teatrali come prosa e danza offrendo spettacoli unici e un cartellone vero e variegato che esula dagli aspetti commerciali. La Versiliana è un tempio della prosa, uno dei pochi così completi. L’altro aspetto è legato sicuramente alla location. Non esiste un altro Festival con le stesse caratteristiche ambientali. Il Parco è un posto magico. Quanto ha inciso la figura di d’Annunzio nell’economia del Festival? Fino ad oggi credo poco. La sua figura sta subendo una rivalutazione in positivo in questi ultimi anni e credo che i benefici veri arriveranno in futuro. Fino ad oggi ha pesato su di lui la sua vicinanza al movimento fascista; una macchia che sta, lentamente e progressivamente, svanendo. Deve ancora dare molto al nostro Festival. Ma non abbiamo fretta. Tra i tanti ospiti e attori a chi sei legato? A Indro Montenelli in particolare. È stato il primo incontro del Caf-

fè da Presidente. Ho avuto modo di conoscerlo e di parlare con lui in un momento particolare della sua vita. Da lì a poco ci lasciò. È un grande personaggio del giornalismo, l’unico a cui si possa accostare l’etichetta di giornalista storico. Poi Massimo Ranieri, uomo e artista di una carica straordinaria, una persona positiva; e il grande istrione Giorgio Albertazzi, persona che sa come vivere la vita e raccontarla come nessuno. L’altro carattere fuori dal coro è il fatto di fare spettacolo chiudendo in pari i bilanci. Cosa rara in questo mondo? Anche qui ci vuole la bacchetta magica? Bilancio significa oculatezza. Cerchiamo di far quadrare i conti e sfruttare il marchio della Versiliana al massimo. Gli ospiti, tanto per capire, non percepiscono cache e non sono un costo e questo possiamo permettercelo perché la Versi liana, gli Incontri sono prestigiosi e molto conosciuti. Se non credessimo nella danza e nella prosa, due generi che costano molto, avremo bilanci in attivo. Ma noi crediamo in quello che facciamo. C’è ancora qualcosa che non è riuscito a realizzare? Ho un sogno nel cassetto. Non è un mistero. È l’Art a la Plage in Versilia. Da noi sarebbe un evento di livello mondiale perché abbiamo un litorale unico e lunghissimo. È ancora un progetto ma non è detto che prima o poi possa essere realizzato. Un grande evento nasconde dietro le quinte grandi soggetti e risorse umane. Non avrà fatto tutto da solo? Da soli non si fa nulla. Possono esserci idee, entusiasmo ma lavorare a questi livelli significa lavorare in equipe e noi, a Pietrasanta e nella Provincia di Lucca per fortuna possiamo contare su una squadra che crede in quello che fa e vi investe risorse e tempo. A partire dal Comune di Pietrasanta e dalla Banca della Versilia e della Lunigiana, soci fondatori, alla Fondazione Cassa Risparmio di Lucca, Fondazione Banca del Monte, il Comune di Forte dei Marmi, Montecatini Terme, il Ministero del Beni Culturali e ancora la Provincia di Lucca con il neo Presidente Stefano Baccelli, un uomo lungimirante, fino agli sponsor e a tutti coloro che lavorano, a vario titolo e con diversi compiti. La Versiliana è un gioco di squadra. E per la XXX edizione? Nel 2009? I fuochi d’artificio saranno d’obbligo! Reality


DAL 20 GIUGNO AL 31 AGOSTO A MARINA DI PIETRASANTA

XXIX FESTIVAL DELLA VERSILIANA UN’ESTATE STRAORDINARIA TRA SPETTACOLO, CULTURA, NATURA E INTRATTENIMENTO 8 prime nazionali, 34 spettacoli complessivi e oltre 60 giorni di programmazione: è il Festival più lungo d’Europa. Spettacoli di prosa, concerti, danza, operette, musical, balletti, one man show, incontri letterari, due Festival dentro il Festival, eventi per i più piccoli, mostre e percorsi naturalistici fino al 31 agosto nel Parco di Marina di Pietrasanta (Lu). Gli eventi: la novità “Joe D’Amato Horror Festival” per gli amanti dell’horror, la seconda edizione del Festival dedicato agli anni ’80 e l’angolo della poesia. 20 giugno - FRANCESCO DE GREGORI “Live in Summer” 5-7 luglio - JOE D’AMATO HORROR FESTIVAL 8-9-10 luglio - FESTIVAL ANNI ‘80 11 luglio - HAMLET con Alessandro Preziosi Silvio Orlando Franco Branciaroli Carla Cassola “Sappiamo ciò che siamo, ma non quel che potremmo essere” ( Amleto, IV,5) - Regia di Armando Pugliese 12 luglio - GRAN GALA’ DEL TEATRO “Premio Martini” 13 luglio - 80 VOGLIA DI...’80! con Paolo Ruffini - di Gianfranco Vergoni da un’idea di Paolo Ruffini - Regia di Fabrizio Angelini 14 luglio - PRIMA NAZIONALE - TRALARIA - performance di danza moderna – contemporanea - Coreografia Teresa Firmani e Edgar Reyes 16-17 luglio - PRIMA NAZIONALE - ROMANTIC COMEDY con Marco Columbro e Mariangela D’Abbraccio - di Bernard Slade - Scene e Costumi Eugenio Liverani - Regia di Alessandro Benvenuti 18 luglio - MARCO TRAVAGLIO promemoria 15 anni di storia d’Italia ai confini della realtà di e con Marco Travaglio - Musiche dal vivo di C-Project - Regia di Ruggero Cara 20 luglio - PRIMA NAZIONALE - TRE CAVALLI con Massimo Popolizio e Javier Girotto - di Erri De Luca - Reading ispirato al testo ”Tre Cavalli” - Regia di Teresa Pedroni 21 luglio - TANGO Y MUSICAL - Pasiones Company - con Adrian Aragon, Erica Boaglio, Javier Gardella, Daniel Oviedo - Coreografia di Adrian Aragon e Erica Boaglio - Regia di Adrian Aragon 23 luglio - PRIMA NAZIONALE HO PERSO LA FACCIA con Carlo Delle Piane e Erica Blanc - di e con Sabina Negri - Scene e costumi di Aldo Buti - Regia Renato Giordano 25-26 luglio - PRIMA NAZIONALE - IL LAGO DEI CIGNI - Sovrintendenza alla Cultura delle Città di Mosca - Ente Lirico Città di Novara - Almatanz Produzioni -- musiche di Pyotr Ilyich Tchaikovsky - Orchestra Sinfonica Carlo Coccia - Balletto di Mosca Teatro La Classique - Mosca - Libretto di Vladimir Begitchev e Vasily Geltzer - Coreografia di Alexander Vorotnikov 27 luglio - FIESTA FLAMENCA - Compañía Antonio Márquez - Scene di Gerardo Trotti - Costumi di Pedro Moreno - Coreografia di Antonio Márquez e Matilde Coral Currillo 28 luglio - COCHI E RENATO - Nuotando con le lacrime agli occhi di e con Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto con la partecipazione dei Goodfellas - Regia di Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto


29 luglio - TANGO - Compagnia Argentina di Tango Roberto Herrera - Musiche di Decarìsimo Quinteto - Coreografie di Roberto Herrera 30 luglio - CIN CI LA - Compagnia Italiana di Operette - Musiche di Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo - Direttore d’orchestra Orlando Pulin - Coreografie e Regia di Serge Manguette 31 luglio - PRIMA NAZIONALE - DUSE D’ANNUNZIO - Compagnia Le Nuvole Teatro - Ultima Fermata Hotel Cavour Milano - Autrice Barbara Amodio con Barbara Amodio e Giovanni Luigi Pizzetti - Regia di Angelo Gallo e Alessandro Bispuri 1 agosto - LA HALTE DE CAVALERIE - Teatro Accademico statale dell’Opera e del Balletto di Ekaterinburg - Intermusica - Coreografia di Marius Petipa 2-3 agosto - PRIMA NAZIONALE - ODIO ET AMO con Mariangela Melato e Michele Placido - Viaggio nella Melodia del Mito - Regia di Renato Giordano 4 agosto - SPETTACOLO A RICHIESTA con Teo Teocoli - Scritto, diretto e interpretato da Teo Teocoli 5 agosto - LA VEDOVA ALLEGRA - Compagnia Italiana di Operette - Musiche di Franz Lehár - Librettisti Viktor Léon e Leo Stein - Coreografie e Regia di Serge Manguette 6 agosto - FIORELLA MANNOIA “Canzoni nel Tempo Tour” 8-9-10 agosto - MOMIX “The Best of Momix” - Coreografie e direzione artistica Moses Pendleton 11-12-13 agosto - Compagnia della Rancia - Disney HIGH SCHOOL MUSICAL Lo spettacolo - Tratto dal Disney Channel Original Movie - Regia di Saverio Marconi - Regia associata di Federico Bellone 14 agosto - PAOLO BELLI “Dillo con un Bacio” 15 agosto - LA TRAVIATA “Maria Callas il Mito” - Balletto del Sud - - Musiche di Giuseppe Verdi e Iannis Xenakis - Scene di Francesco Palma - Coreografie di Fredy Franzutti 16-17 agosto - IL “SOGNO” DI SHAKESPEARE “Risognato da Puck il Malizioso” di Giorgio Albertazzi con Giorgio Albertazzi, Serena Autieri, Enrico Brignano, Giampiero Ingrassia - Musiche Originali di Marco Di Gennaro - Scene di Alessandro Chiti Costumi di Elena Mannini Coreografie di Gloria Pomardi - Regia di Giorgio Albertazzi 18 agosto - ANTONELLO VENDITTI “Dalla pelle al Cuore Tour 2008” 19 agosto - IL PAESE DEI CAMPANELLI - Compagnia Italiana di Operette - Musiche di Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo - Direttore d’orchestra Orlando Pulin - Coreografie e Regia di Serge Manguette 20 agosto - RENZO ARBORE con l’Orchestra Italiana 21 agosto - PAOLO RUFFINI “IO DOPPIO - Un Bell’Applauso” 22 agosto - SERATA DI GALA con Raffaele Paganini e Anbeta Toromani - Coreografie di Luigi Martelletta 24 agosto - LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR di William Shakespeare con Corinne Clery Antonio Salines Andrea Buscemi - Regia di Andrea Buscemi 25-26 agosto - PRIMA NAZIONALE - JESUS CHRIST SUPERSTAR - RockOpera - Edizione speciale in lingua originale con orchestra dal vivo - Collaborazione artistica di Paolo Pagni Direzione Musicale di Simone Giusti - Regia di Mara Ariani Mazzei 27 agosto - SERGIO CAMMERIERE in concerto

Recapiti e Informazioni - sito: www.laversilianafestival.it La Versiliana Festival - Viale Morin, 16 - 55044 Marina di Pietrasanta (LU) Tel. Biglietteria 0584/265757-58 . Orario: 10.00-13.00 e 16.30-23.00


Un trionfo di musica TEXT Carlo Baroni FOR Fondazione / PHOTO Foto Elle

U

n semestre intenso di impegni culturali per la Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato che culmineranno - per la prima parte di stagione - il 6 luglio per la Festa della Fondazione. Un evento che si ripete, ogni anno, nel quale migliaia di cittadini incontrano e si stringono attorno ai progetti della Fondazione in un’ideale condivisione di un unico, principale, prezioso, obiettivo: la crescita e l’evoluzione culturale del

Tanti impegni culturali per la Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato territorio dove affondano lontane le radici della banca, la solidarietà, i servizi, la tutela e la valorizzazione delle istituzioni e dei luoghi di culto e d’arte che sono una risorsa. Un evento anche spettacolare, soprattutto quest’anno, che ad allietare il folto pubblico ci sarà un duo amato e famoso - già protagonista di una serata organizzata dalla Fondazione Crsm nel Duomo di Pontedera con grande successo - : Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. Una coppia musicale nata quasi per gioco nel 2003. Lei è una cantante con alle spalle studi di canto classico e musica antica e vaReality

rie esperienze nel rock, nel pop e nel jazz; lui il contrabbassista degli Avion Travel. Insieme hanno cominciato partendo dal progetto “Musica Nuda”: progetto di voce e contrabbasso, un raffinato e graffiante mix di atmosfere diverse, da ascoltare e da guardare. Canzoni, solo canzoni, niente altro che (belle) canzoni. Dalle arie del ‘600 ai Police, passando attraverso il pop internazionale e la tradizione popolare italiana con una spruzzata di standards americani e divertimento da vendere. Musica Nuda è una scommessa che, a distanza di qualche tempo, anche la più scettica delle orecchie può dire esser stata stravinta. Lo testimoniano il grande successo dei due album e dei tour. Ed è sicuramente il live la dimensione giusta per capire e carpire a dovere le emozioni e le idee che si scambiano Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, dando largo spazio all’ improvvisazione con la teatrale fisicità di una danza. Un genere “nudo”, essenziale, spogliato da tutto quello che c’è in più, un genere minimalista che lascia la possibilità all’ ascoltatore di immaginarsi quello che non c’ è e di sentire quello che si immagina dal pezzo che eseguono. Con loro trilli, acuti, gorgheggi, vocalizzi e quant’altro non risultano mai stucchevoli, anche perché proposti con apparente semplicità, senza spocchia, indulgendo soltanto, di quando in quando, a qualche innocente,

teatrale birignao. Allora anche «Non ho l’età», che i più maturi ricordano cantata dalla Cinquetti, o «Nessuno, ti giuro nessuno» della Pavone, o ancora «Guarda che luna», si trasformano in un campo di battaglia per un susseguirsi di scoppi, fuochi d’artificio, sibili. E continua l’assolo inebriante d’un ugola che, nemmeno negli acuti più difficili e lunghi, si distorce minimamente, riproponendosi in continuazione senza sbavature. È il trionfo della vocalità, dalla francesissima «Vie en rose» a «Storia di un cammello e di un dromedario», che offre l’ennesimo spunto virtuosistico. Uno spettacolo tutto da vedere e che sarà il culmi-


Musica Teatro Verdi di Santa Croce dove quest’anno si è tenuta la messinscena de “Il Trovatore”. Opera romantica e ricca di poesia che ha trovato la regia di Salvatore Ciulla rispettosa del libretto ed abile nel sottolineare le oscure paure sottese alla trama, la terribilità dell’integralismo, la nozione dell’onore e della dignità cavalleresca e soprattutto la tinta cupa e misteriosa della musica. In questo è stato coadiuvato dalla bella scena di Daniele Spisa, caratterizzata

ne di tante raffinate iniziative culturali della Fondazione. Come la rassegna musicale “Voci e Suoni nei luoghi di culto”, organizzata per avvicinare il grande pubblico al mondo della musica classica che ha preso il via quest’anno nella Collegiata di San Giovanni Apostolo ed Evangelista a Santa Maria a Monte, con un concerto per soli coro e organo della Corale San Genesio di San Miniato. Il concerto, diretto dal Maestro Carlo Fermalvento, ha visto alternarsi all’organo i Maestri Simone Faraoni, Riccardo Gnudi e Simone Taffuri e l’esibizione del soprano Alessandra Farisco, del mezzosoprano Sabina Beani, del tenore Paolo Pepe, e del basso Alessandro Lazzarini. Tra Gregoriano, musiche di Dvorák e di Bartolucci è stato un crescendo di applausi che hanno confermato l’attenzione e l’apprezzamento del pubblico verso la musica sacro-liturgica. Un filone di cui la San Genesio è protagonista tra le compagini musicali toscane e che recupera la meravigliosa spiritualità del gregoriano e della polifonia dai classici ai contemporanei. Un’altra tappa fondamentale è stato l’appuntamento con la lirica al

dall’astratta atemporalità di elementi fissi che evocano gli ambienti più che raffigurarli ma che al tempo stesso rispondono al bisogno concreto di vedere e dare spazio alle emozioni di cui la musica si fa tramite. Magnifica l’interpretazione di Maria Billeri, figura di punta del cast. Applausi a scena aperta per tutti. Anche per Laura Pasqualetti ancora una volta di grande mestiere al pianoforte. E applaudito, come sempre, il Coro Polifonico San Nicola di Pisa diretto dal Maestro Marco Bargagna che ha interpretato, con rigore, forti atmosfere del capolavoro verdiano. L’edizione della rassegna musicale “Voci e Suoni nei luoghi di culto”, si è poi fermata al Santuario de

“La Madonna” a San Romano, con un concerto per soli coro e orchestra con la partecipazione del Coro Polifonico San Nicola, del Gruppo Corale Ricreazione Armonica e dell’Orchestra Girolamo Frescobaldi. Sono state eseguite musiche di Antonio Vivaldi, dirette dal Maestro Gabriele Micheli, e musiche di Giuliana Spalletti, compositrice sanromanese, già docente presso l’Istituto Musicale di Alta Cultura “Boccherini” di Lucca e componente il Consiglio di Indirizzo della Fondazione Crsm, dirette dal Maestro Angelo Bianchi: “Salve Regina”, “Cantata per Lourdes” su testo tratto da “Alle sorgenti di Lourdes” di Carmelo Mezzasalma, in prima esecuzione assoluta. Lo splendore della bella chiesa conventuale ha accolto la bellezza di queste composizioni, valorizzate al massimo dal soprano Patrizia Cigna e dal mezzosoprano Margherita Porretti. Il duo Magoni-Spinetti chiuderà, appunto, la prima parte del cartellone 2008, un programma apprezzato, partecipato ed applaudito. E lo farà regalandoci voci e suoni, capaci di stupire ed ai quali è impossibile chiedere di più.


54° FESTIVAL PUCCINI

150 anni dalla nascita di Giacomo Puccini GIACOMO PUCCINI IV ATTO Inquietudini moderniste - Domenica 15 giugno - Gran Teatro all’aperto - Torre del Lago Inaugurazione Nuovo Gran Teatro all’aperto Torre del Lago Puccini in collaborazione con il Comitato Nazionale per le Celebrazioni Pucciniane, Orchestra Filarmonica della Scala, Coro Filarmonico della Scala, Direttore Riccardo Chailly Il Festival Puccini 2008 sarà caratterizzato da uno degli eventi culturali più importanti degli ultimi anni: l’inaugurazione il 15 Giugno 2008 del nuovo Teatro intorno al quale si svilupperà un parco culturale, dove si celebrerà Giacomo Puccini, la sua musica, la sua storia e la sua arte sulle rive del lago di Massaciuccoli a Lui così caro. Una grande arena da 3.200 posti, un anfiteatro moderno frutto di un sorprendente connubio tra tradizione, ambiente naturale e innovazione tecnologica. Un nuovo Teatro per ricreare negli stessi spazi dove da oltre 70 anni si svolge il festival dedicato a Giacomo Puccini, quelle magie sceniche che hanno incantato il pubblico di tutto il mondo. OMAGGIO A PUCCINI - CONCERTO - Domenica 6 luglio

TURANDOT

Una coproduzione con l’Accademia Chigiana in Siena - Orchestra del Bolshoi / Direttore: Yuri Temirkanov / Soprano: Dinara Alieva

Venerdì 11 luglio Sabato 19 luglio Venerdì 25 luglio Domenica 3 agosto Domenica 10 agosto Sabato 23 agosto Regia: Maurizio Scaparro / Scene: Ezio Frigerio / Costumi: Franca Squarciapino / Principessa Turandot Francesca Patanè (11, 19, 25 luglio, 3 agosto) - Alessandra Marc (10, 23 agosto) / Calaf Francesco Hong / Liù Donata D’Annunzio Lombardi / Timur Dejan Vatchkov / Ping Massimiliano Valleggi / Pong Emanuele Giannino / Pang Nicola Pamio / Altoum Giorgio Berrugi / Un mandarino Giovanni Guagliardo / Direttore Alberto Veronesi (11, 25 Luglio, 3, 10 Agosto) - Giuseppe Acquaviva (19 luglio, 23 Agosto) / Regia Maurizio Scaparro / Scene Ezio Frigerio / Costumi Franca Squarciapino / Regista assistente Susanna Attendoli / Orchestra e Coro del Festival Puccini Maestro del Coro Stefano Visconti / Coro delle Voci Bianche del Festival Puccini Diretto da Susanna Altemura Dramma lirico in tre atti e cinque quadri - Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni da Carlo Gozzi - Musica di Giacomo Puccini - Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 25 aprile 1926

EDGAR

MADAMA BUTTERFLY

TOSCA

Sabato 12 luglio Venerdì 18 luglio Domenica 27 luglio 2008 Venerdì 8 agosto Venerdì 22 agosto Regia: Mario Corradi / Scene e costumi: Igor Mitoraj / Floria Tosca Daniela Dessì (12,18 luglio) - Hui He (27 luglio, 8,22 agosto) / Mario Cavaradossi Fabio Armiliato (12,18 luglio) - Badri Maisuradze (27 luglio, 8,22 agosto) / Il barone Scarpia Giorgio Surian / Cesare Angelotti Mario Luperi / Spoletta Massimo La Guardia / Il Sagrestano Enrico Maria Marabelli / Sciarrone Fernando Ciuffo / Un carceriere Veio Torcigliani / Un pastore Giovanni Caramanna / Direttore Joel Levi (12, 18, 27 Luglio) - Cem Mansur (8, 22 Agosto) / Orchestra e Coro del Festival Puccini - Maestro del Coro Stefano Visconti La prima rappresentazione si tenne Roma, al Teatro Costanzi, il 14 gennaio 1900. Tre atti di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.

Domenica 20 luglio Sabato 26 luglio Sabato 2 agosto Domenica 17 agosto Regia Stefano Vizioli / Scene e costumi Ugo Nespolo / Cio Cio San Svetla Vassileva (20,26 Luglio 2 agosto) - Elmira Veda (17 agosto) / Suzuki Mariella Guarnera / Kate Pinkerton /Alice Quintavalla / B.F.Pinkerton Massimiliano Pisapia (20, 26 Luglio) - Fabio Sartori (2, 17 Agosto) / Sharpless Alessandro Corbelli (20, 26 Luglio) - Marzio Giossi (2, 17 Agosto) / Goro Emanuele Giannino / Zio Bonzo Manrico Signorini / Il Principe Yamadori Enrico Maria Marabelli / Il Commissario Imperiale Giovanni Guagliardo / L’Ufficiale del registro Giorgio Berrugi / Direttore Julian Reynolds (20,26 luglio, 2 agosto) - Carmine Pinto (17 agosto) / Orchestra e Coro del Festival Puccini - Maestro del Coro Stefano Visconti Opera in tre atti - Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa - Musica di Giacomo Puccini - Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala 17 febbraio 1904

Per la prima volta a Torre del Lago Sabato 9 agosto Sabato 16 agosto Regia: Vivien A. Hewitt / Scene: Roger Dean / Costumi: Freyja Dean / Edgar Marco Berti / Fidelia Cristina Gallardo-Domas / Tigrana Rossana Rinaldi / Frank Luca Salsi / Gualtiero Antonio De Gobbi / Direttore Pier Giorgio Morandi / Orchestra e Coro del Festival Puccini - Maestro del Coro Stefano Visconti Dramma lirico in tre atti su libretto di Ferdinando Fontana, dal poema drammatico La coupe et les lèvres di Alfred de Musset Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 21 aprile 1889 Una nuova produzione di Edgar, per la regia di Vivien A. Hewitt, con le scene di Roger Dean, designer e artista di livello internazionale che attraverso immagini evocative e visionarie, associate alla grafica ha creato un nuovo genere, i costumi saranno disegnati da Freja Dean.

Fondazione Festival Pucciniano Tel. 0584.353304 - Fax: 0584.341657 - www.puccinifestival.it - press@puccinifestival.it


Lirica

Un teatro dell’Arte per Giacomo Puccini

B

EDIT Ufficio Stampa

isogna risalire al lontano 1921 per comprendere l’alto valore simbolico che assume il progetto del Parco della scultura e della musica per Giacomo Puccini a Torre del Lago, alla luce proprio della speciale valenza che questi luoghi ebbero nella vicenda umana e artistica del Maestro Puccini. In quell’anno, infatti, Puccini fu co-

Un parco destinato a diventare uno dei più importanti centri di produzione culturale stretto, dopo un idillio durato per ben trent’anni, ad abbandonare il suo Eden di Torre del Lago. In quello che il Maestro definiva paradiso erano da poco iniziate le rumorose e maleodoranti lavorazioni di estrazione della torba e Puccini si trasferì a Viareggio in una villa a due passi dal mare. Dopo oltre 80 anni, grazie ad un ambizioso progetto promosso da Comune di Viareggio, Regione Toscana, Provincia di Lucca e Fondazione Festival Pucciniano con l’apporto della Fondazione Monte dei Paschi di Siena è stata avviata la realizzazione di quello che è destinato a diventare uno dei più importanti centri di produzione culturale. La creazione del Parco della Musica di Giacomo Puccini di Torre del Lago e la realizzazione del nuovo Gran Teatro all’Aperto rappresentano infatti, senza

dubbio, uno degli interventi più significativi nell’ambito della politica culturale in Toscana degli ultimi decenni. Uno straordinario esempio innovativo di recupero di aree ed impianti di archeologia industriale trasformati in luoghi legati alla musica, allo spettacolo dal vivo, all’arte contemporanea per la salvaguardia e la valorizzazione dei luoghi di ispirazione di uno dei più grandi musicisti della storia della musica. Il nuovo teatro, sorge su di una superficie di 6.600 mq l’Arena accoglierà 3.370 spettatori mentre il sottostante Auditorium avrà una capienza di 495 posti. Il

alcuni numeri Superficie totale coperta Spazi esterni di pertinenza del teatro Capienza posti Platea anfiteatro Capienza posti Platea auditorium Capienza posti Sala polivalente sottopalco Foyer coperto Spazio scenico utile Buca orchestra

6.600 mq 16.000 mq 3.370 495 300 1.200 mq 660 mq 190 mq

nuovo teatro, realizzato in cemento, legno e cristallo sarà dotato di sofisticati impianti tecnologici e acustici che ne assicurano la massima funzionalità. Il nuovo teatro sarà immerso in grandi spazi naturali e presenta al suo interno, nel foyer, nella platea e negli spazi antistanti diverse ed importanti opere degli scultori e dei pittori che in questi anni e nei prossimi, hanno collaborato e collaboreranno al progetto Scolpire l’Opera. Il Parco della scultura e della musica ospiterà anche aree tematiche dedicate alle opere pucciniane realizzate da grandi artisti contemporanei.

Il teatro è immerso in un parco di oltre 41.500 mq attrezzato come foyer all’aperto, nel quale verranno messe a dimora piante autoctone. Il parco foyer è circondato a sua volta dal Parco della Musica di Giacomo Puccini. L’ingresso al Teatro e al grande foyer all’aperto avviene dal Belvedere Puccini attraverso un ponte mobile. Al di là del ponte il pubblico sarà accolto da una grande piazza o foyer all’aperto. Un vero e proprio museo a cielo aperto, insieme di storia dell’opera e di arte contemporanea. La Fondazione Festival Pucciniano ha già previsto l’installazione di opere di Kan Yasuda, Igor Mitoraj, JeanMichel Folon, Pietro Cascella, Nall.

Reality


Interviste

Consigli per giovani spiriti accesi S

TEXT&PHOTO Carla Cavicchini

uona alto il ruggito “zeffirelliano” a casa sua, “Florentia” – precisamente - per i distratti! Il maestro stavolta vuol prendersi cura delle giovani leve nella nobile arte dello spettacolo, e quindi dona il suo grande e

Abbiamo incontrato il grande regista Zeffirelli a Palazzo Vecchio, nella sua “Florentia” pregiato patrimonio alla città gigliata, affinché ne venga fatto buon uso. A Palazzo Vecchio, accanto al sindaco Leonardo Domenici, siedono anche il mecenate russo Mihkail Kusirovic, fervido sostenitore che cita persino l’interessamento da parte del ministro della cultura russa Lynn Wiechmann, l’Associazione Toscana-Usa, la console degli Stati Uniti Nora Dempsey ed i nostri italiani quali Riccardo Ventrella del teatro “La Pergola” col suo direttore artistico Marco Giorgetti, oltre a Francesco Giambrone sovrintendente al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Il primo cittadino incalza osservando che da tempo era nell’aria un centro di alta formazione e didattica: ”La sede che l’ospiterà sarà l’immobile che prima accoglieva i fabbri delle Scuderie, nel piazzale delle Cascine. Sarà un buon archivio di studio e lavoro, ben catalogato, e senz’altro un buon viatico per l’inizio di tale avventura. Pensiamo anche alla Fondazione in merito in quanto l’impulso viene proprio da Firenze”. È Zeffirelli adesso che parla, annuendo, depositario dei suoi lasciti, senza tralasciare più tardi tracce d’innata “vis polemica”: ”In vita mia ho avuto tanto, anche grane e polemiche, ed io mi son sempre difeso aggredendo. Ma stavolta è della fervida cultura che voglio parlare soprattutto ai ragazzi, perché, nonostante tutto, è proprio questa che chiedono! E quindi aprendogli la straReality

da, li invito a conoscere “una scuola d’esempio”, poiché è proprio vedendo che si capisce al meglio”. Prosegue il maestro raccontando il segreto del successo: “Buona disposizione d’animo seguita dal talento. Se non esiste quello... ma con tali crismi si può arrivare. Sì! Ricordo che da giovane (e chi osa dargli d’anziano con tutta quella verve,sembra un monellaccio!), alla biblioteca “Marucelliana,’ con grande mole di sforzi e sacrifici per il mio lavoro di scenografo, copiavo, mamma mia quanto scrivevo! In un’epoca non certamente segnata dall’uso delle fotocopiatrici. Prosegue poi soffermandosi sul fatto d’aver sempre speso capitali per gli amati libri, ribadendo il concetto di quel “processo di mestierÈ di colui che crede nell’artigianato della sapienza. Soffermandosi sulla città dantesca, racconta che anticamente era già luogo di teatro e di spettacolo.”Nel 16° secolo proprio la danza e le voci ebbero grande forza propulsiva segnando un periodo di gran magnificenza. Uno dei miei omaggi non a caso fu “Euridice”, proprio qui al “Maggio Musicale” negli anni ’60. La musica ha portato alle cose più straordinarie, pensiamo ai regnanti di prima che se ne circondavano per allietare i loro momenti. E come non negare adesso la fulgida epoca del “Rinascimento”, periodo di magnificenza, capace di lasciar due secoli prima una Firenze infame, infestata

da un popolo sanguinario, dove poi 25 nomi sistemarono tutti” Incalzano le domande sulla donazione: ”Ognuno di noi è vanitoso, e quindi è mio desiderio che tal lavoro resti vivo. In sessantacinque anni d’attività ho raccolto bozzetti, lettere,costumi, volumi, ritratti, fascicoli,... ho fatto la Butterfly... su Puccini è iniziata la mia carriera! È stata la fantasia di tante donne, diceva Maria Callas, magari coi tacchi troppo alti! Su ciò mi documentai attraverso molti libri giapponesi; da qui l’importanza di selezionare anche culture americane ed europee. Insomma, questo è un modo per non far disperdere tale materiale, come purtroppo è già successo ad altri. Sapete che i cimeli della Callas, appartenenti ad un privato da lui gelosamente custoditi, ma adesso morto, non trovano collocazione? Io invece voglio farne uso vivo per tutti gli spiriti accesi!” È un fiume in piena, l’aveva detto poc’anzi che è un logorroico. ”Firenze? Mi stabilirò da morto... i sentieri del lavoro sono ancora molti, e la scuola assorbirà buona parte dei miei sogni con giusti collaboratori. Qualche reclame? L’accetto! Per me questo rimane un fatto unico ed epocale - lo dico con una piccola presunzione dove ci sono già maestranze straniere. Interviene un relatore spiegando che a breve al “Puskin” uscirà l’autobiografia del maestro in russo, dopo altre lingue. “Si, ho avuto premi anche da Putin –


I termina il grande regista – La Russia mi ha dato molto, ed io molto ho preso da “Guerra e Pace”. Per loro ho curato anche la scenografia di “Tre sorelle di Cechov... veri e propri eventi memorabili. E su questo insisto: dai 16 ai 22 anni i giovani debbono leggere moltissimo, ribadisco che la letteratura russa regala ispirazioni semplicemente nuove! Abbiamo parlato poc’anzi di “vis polemica” ed il maestro non si smentisce a proposito quando in visita alla commissione cultura lancia i suoi strali di disappunto nei confronti del progetto del “Teatro del Maggio”. “La fretta per la costruzione del nuovo teatro genererà un “mostriciattolo”! Una grossa cialtroneria alla quale mi opporrò fermamente!” Strali raccolti: il sovrintendente Giambrone andrà nella capitale e da Zeffirelli, ove tra l’altro risiede lo studio di architetti del progetto in questione. La “vis” però non risparmia neppure me: lo intervisto e... Maestro, non sempre ha avuto rapporti ottimali con Firenze: quando morì la Fallaci osservò: Firenze ingrata, ti dono io! Il mio fiorino! Mi guarda cinque secondi fiero ed

altezzoso: “Si, è verissimo! Perché la sorprende?” No no, assolutamente. “Beh... l’hanno riportato tutti!” Osservo semplicemente che lei in questa città, ha un bel rapporto d’amore, e quindi alterna vari momenti... “Ma io ho sempre... criticare la donna che si ama è legittimo! Si litiga...a volte più si ama una persona e più si litiga...! Adesso parla velocissimamente. “No, con Firenze il rapporto non è mai tranquillo, vien pronto il momento anche del rimorso. Ognuno ha le proprie opinioni. Per me Oriana è stata la donna più straordinaria del secolo, la metterei insieme alla Callas, a Chanel, Thatcher, e Maria Teresa di Calcutta... per dirle...” E quindi dire che ha fatto pace con Firenze... “Ma non c’era guerra... non era la città che la condannava, è stata una fazione politica che oggi c’è e domani non c’è! Non darei pertanto un blasone fisso a Firenze, l’importante sono quelli che hanno responsabilità nei confronti dei cittadini come questo sindaco semplicemente straordinario”. Okei, mi parli allora dei suoi prossimi

lavori. Ma mi fa il verso, ed io non so perché. Muove la bocca gesticolandola come uno che parla americano, forzatamente. “Nouuuu! Non glielau dico! Sono segreti di stato!” Comincia ad impazientirsi ed io mollo. O quasi. “Il più grande attore che ha avuto l’onore di lavorare con lei”. “Callas, Magnani, Enrico Maria Salerno”. Grazie. Grazie maestro, anche d’avermi fatto il verso. “E vattene che sei una rompiscatole, sei sempre nel mezzo e anche con questa macchina fotografica!” Lo sguardo però è bonario. O... sono io che non so cogliere? Più tardi a colazione, assistiamo ad una sorta di spogliarello, poiché se Gilda languidamente sfilava i guanti, lui decisamente apre i primi due bottoni della camicia mentre un suo ammiratore gli si avvicina... “Che bella cravatta che hai!” “Eccola – replica l’altro – ed il regista con grande maestria, se l’annoda al collo fiero dei bei colori”. Poiché lui, i grovigli, bene o male, li ha sempre sciolti!

Reality


Cinema

Festival di Cannes: la rivincita dell’Italia

L

TEXT&PHOTO Andrea Cianferoni

aurent Cantet con “Entre les murs” riporta la Palma d’oro in Francia dopo ben 21 anni, ma l’Italia riesce ad aggiudicarsi due prestigiosissimi premi che ricollocano in primo piano la nostra cinematografia dopo la totale assenza dell’anno scorso. Nessun premio invece per

A Gomorra di Matteo Garrone il Gran Prix, a Il Divo di Paolo Sorrentino il Gran Premio della Giuria Blindness, film che insieme agli altri 21 in gara aveva aperto mercoledì 14 maggio il più importante festival cinematografico del mondo. La giuria della 61° edizione, guidata da Sean Penn e composta tra gli altri dal nostro Sergio Castellitto (invitato a Cannes dopo la

Reality


Nella pagina precedente: Dustin Hoffman, Angelina Jolie, Lucy Lui and Jack Black alla prima di Kung Fu Panda. A fianco da sinistra: Caroline Gruosi Scheufele, Woody Allen, Soon Yi; Catherine Deneuve; Alberta Ferretti; Afef. Sotto da sinistra: Luca Zingaretti, Monica Bellucci, Marco Tullio Giordana alla prima di Sanguepazzo; Roberta Armani con Harrison Ford; Dustin Hoffman; Angelina Jolie in dolce attesa; Il vincitore della Palma d’oro Laurent Cantet; Madonna; Penelope Cruz

“lezione di cinema” dello scorso anno) ha deciso di assegnare il premio come miglior regista maschile a Benicio del Toro per la sua interpretazione nel “Che” di Steven Soderbergh, quello come miglior attrice femminile a Sandra Corveloni per “Linha de Passe”, mentre il premio della sessantunesima edizione è andato rispettivamente a Catherine Deneuve protagonista di “Un conte de Noel”, storia di una madre-padrona incapace di amare i propri figli e a Clint Eastwood, regista di “The Changeling”, nel quale Angelina Jolie ha la parte di una madre alla quale rapiscono il figlio. L’attrice franco-americana, in attesa di ben due gemelli dal marito Brad Pitt, ha prestato la sua voce anche per “Kung Fu Panda, l’ultimo cartoon della Dreamworks, che mostra l’apprendistato del

Kung Fu da parte di un panda sovrappeso. Applausi ed ululati entusiastici per “Vicky Cristina Barcelona” l’ultimo lavoro di Woody Allen, accompagnato sulla Croisette dalle due protagoniste Penelope Cruz e Rebecca Hall, nel quale si racconta la storia di un ménage-à-trois condotto dal pittore latin lover Juan Antonio-Bardém che, dopo aver sedotto la puritana Vicky, prossima alle nozze con un noiosissimo yuppie, vive un triangolo amoroso con la più disinibita Cristina. Come se non bastasse ecco spuntare l’ex moglie nevrotica Maria Elena, interpretata dall’attrice spagnola. Atmosfera da guerra fredda per “Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo”, quarto capitolo della serie ideata da Steven Spielberg dopo ben 27 anni dall’uscita del primo episodio, con un Harri-

son Ford sempre in grado di stupire lo spettatore per le scene mozzafiato, nonostante i 66 anni compiuti. Tra le dive di casa nostra, anche se ormai vive stabilmente in Francia e ha sposato un francese assai noto, Monica Bellucci ha interpretato il film di Marco Tullio Giordana “Sanguepazzo”, storia della star italiana del ventennio Luisa Ferida, compagna d’arte e di vita di Osvaldo Valenti, entrambi giustiziati nell’aprile del 1945 pochi giorni dopo la Liberazione. Passando dai divi osannati e sfortunati del fascismo al “divo” per eccellenza della politica italiana degli ultimi 60 anni Giulio Andreotti, interpretato ne “Il Divo” di Paolo Sorrentino da un superbo Toni Servillo, secondo film italiano a Cannes dopo Gomorra, il cinema italiano sembra finalmente risorto.

Reality


AZIONE

Solo il meglio del cinema

show reel

Il cavaliere oscuro

Regia: Christopher Nolan Distribuzione: Warner Bros Data di uscita: 23 luglio 2008 Una nuova avventura dell’uomo pipistrello, che utilizza tutta la sua rabbia ed il suo rancore per cercare di ripulire Gotham City, dalla malavita da cui é infestata... Con Christian Bale, Heath Ledger, Gary Oldman,Michael Caine, Morgan Freeman, Maggie Gyllenhaal, Aaron Eckhart, Eric Roberts.

Le cronache di Narnia: Il principe Caspian

FANTASTICO

Regia: Andrew Adamson Distribuzione: Walt Disney Data di uscita: 20 agosto 2008

ANIMAZIONE

Dopo un centinaio di anni dalla guerra contro la Strega Bianca, i fratelli Pevensie fanno ritorno a Narnia, dove, Miraz, un nuovo tiranno ha messo il paese sotto il suo controllo. La missione dei Pevensie é quella di riportare il principe Caspian sul trono e ristabilire l’ordine a Narnia...

Kung Fu Panda

Regia: Mark Osborne, John Stevenson Distribuzione: UIP Data di uscita: 29 agosto 2008 Quando gli abitanti della Valle della pace, sono minacciati da un temibile nemico, il leopardo Tai Lung, alcuni maestri di Kung Fu, cercano di trasformare il più pigro e lento abitante della valle, il panda Po, in un esperto maestro d’arti marziali, per poterlo contrapporre all’abilità di Tai Lung. Po, imbranato com’é, porterà lo scompiglio fra le rigide regole cui si attengono i maestri, ma alla fine, riuscirà ad imparare sia la disciplina, sia le tecniche necessarie per sventare la minaccia portata dal leopardo...


AZIONE Perfect Creature

Regia: Glenn Standring Distribuzione: 20th Century Fox Data di uscita: 4 luglio 2008 Il film é ambientato in un mondo che vede esseri umani e vampiri coesistere pacificamente, dove questi ultimi rappresentano uno stato evoluto dell’uomo. Purtroppo questa fragile coesistenza viene spezzata quando si diffonde un’epidemia ed un vampiro inizia a predare gli esseri umani...

Regia: Brian Robbins Distribuzione: 20th Century Fox Data di uscita: 11 luglio 2008

COMMEDIA

Piacere Dave

ANIMAZIONE

Una squadra di piccoli alieni sta vagando per lo spazio alla ricerca di un luogo dove trasferirsi per salvarsi dall’estinzione, perchè nel loro pianeta non possono più rimanere. Arrivano così sulla terra con un perfetto travestimento, la loro astronave infatti, ha le sembianze di un perfetto umano. Le loro intenzioni colonizzatrici però si interrompono, quando hanno vengono in contatto... con una donna...

Wall-E

Regia: Andrew Stanton Distribuzione: Walt Disney Data di uscita: 17 ottobre 2008 Anno 2700. W.A.L.L.E. é un piccolo robot, che ogni giorno svolge la stessa mansione, ossia, compattare la spazzatura. Ma un giorno, scoprirà il vero motivo per il quale é stato progettato...

la vetrina di Reality


RIZOMA LEVEL 4 TEXT Stefania Catastini

“... una scossa elettrica all’immobilismo culturale, una riscoperta delle menti effervescenti, un evento che restituisce dignità alla figura dell’architetto” Città, architettura e contemporaneità, uno sguardo sul panorama italiano nascente Perché RIZOMA

L’attuale generazione dei giovani architetti italiani viene spesso ritratta attraverso l’immagine del rizoma (rizo=radice + oma=rigonfiamento), una radice ramificata che sembra nascosta ma che di fatto è fondamentale e indispensabile per la vita della pianta, un apparato radicale che contiene in sé già il codice genetico, dell’architettura di qualità.

Che cosa è?

E’ un’iniziativa a cadenza biennale che vuole far conoscere gli interventi di architettura contemporanea realizzati da architetti italiani under 40. E’ un premio di architettura istituito dall’associazione culturale LEVEL 4 architecture nata con lo scopo di promuovere la provincia pisana nell’ambito della cultura architettonica contemporanea.

Quale è lo scopo di RIZOMA?

Scopo del premio è trovare i progetti in cui i giovani architetti italiani sono riusciti ad esprimere l’idea di architettura come ricerca, qualità e risorsa per l’uomo e l’ambiente e promuoverli attraverso una pubblicazione e una mostra itinerante.

Quale sarà il suo percorso?

Inaugurata il 23 Maggio nei locali del museo Piaggio, trasferita nella piazza della stazione di Pontedera dove sarà visibile per circa un mese e dalla quale partirà per toccare altre città italiane: Lecce, Perugia, Catania per approdare a Venezia in occasione della biennale di architettura.

Come si è realizzata?

E’ stato chiesto agli studi italiani under 40 (inizialmente under 35, ma c’era il rischio di non avere sufficiente materiale) di autopresentarsi e autorappresentarsi in massimo tre pagine A4 con alcune righe ed immagini. Hanno risposto circa 200 studi di architettura di cui sono stati selezionati 99 che fanno parte della mostra.

Da che cosa nasce questa iniziativa?

Nasce dalla voglia di analizzare il “rizoma” della situazione culturale, progettuale e architettonica dei giovani studi italiani, verificando se vi siano rintracciabili i principi che stanno alla base del concetto semantico di rizoma.


Cosa è emerso?

Nell’insieme ciò che emerge è come oggi in Italia la committenza, sia pubblica sia privata, non sappia o non voglia affrontare le grandi questioni ambientali o sociali a cui dovremmo urgentemente dare risposta. La maggior parte dei progetti realizzati sono committenze private, spesso architetture esclusive in contesti paesaggistici privilegiati.

E l’edilizia pubblica e sociale?

E’ assente. Ciò è sintomo di una drammatica assenza di politiche abitative nel nostro paese e dove, anche nell’edilizia non popolare, non si considera necessario l’apporto di una qualità architettonica.

Che conclusioni emergono da questa prima edizione?

Emerge che i nostri “giovani” architetti, se di giovani si può parlare anche a 40 anni, realizzano tardi, anzi tardissimo le loro prime opere, per di più di piccole dimensioni. Purtroppo anche in architettura, come in ogni altro campo, l’Italia si conferma un paese dominato culturalmente dalla gerontocrazia, incapace di dare realmente risposta al senso tanto declamato di “largo ai giovani”, un paese dove è impensabile ciò che altrove è la normalità. In Francia già qualche decennio fa è stato affidato l’incarico di realizzare il più importante museo d’arte contemporanea di Parigi (centro Pompidou) ad un Renzo Piano allora trentenne. Oggi come allora i realmente giovani architetti italiani devono purtroppo emigrare per dimostrare la qualità del loro lavoro e la loro competenza, non per niente circa il 10% degli studi selezionati da Rizoma hanno instaurato solide partnership con l’Europa, abbandonando in quasi tutti i casi il nostro sterile territorio nazionale.

L’allestimento della mostra è stato realizzata da:

ESANASTRI s.r.l.

Via Barducci, 18/a - 56012 Calcinaia (PI)

Valeri Gino & C. impianti elettrici

Via Gubbio, 10/12 - 50056 Montelupo F.no (FI)


Società

Solitudine e consumismo TEXT Letizia Quaglierini

L

e orripilanti immagini di montagne di rifiuti, che dalla Campania arrivano ogni giorno dentro le nostre case, ci trasmettono non solo un’urgenza di soluzione immediata ma ci impongono anche una riflessione inquietante. L’emergenza rifiuti è, infatti, una metafora del modello di sviluppo occidentale e del suo possibile, anzi probabile, destino. Si addebita la re-

“In questo mondo colpevole, che solo compra e disprezza, il più colpevole son io, inaridito dall’amarezza” sponsabilità di tale emergenza agli amministratori locali, ai governi nazionali di sinistra o di destra, ai vari commissari straordinari, agli interessi della camorra o allo stesso popolo partenopeo poco incline, per storica indole, all’ordine. E queste responsabilità naturalmente ci sono. Ma Napoli e la Campania non sono che la punta più visibile di un gigantesco iceberg mondiale. Il fatto è che il modello di sviluppo occidentale, nel quale oggi rientrano anche la Russia, la Cina, l’India e tutti i paesi dov’è penetrata la nostra economia, produce troppo e questo ha naturalmente ripercussioni economiche, sociali, comportamentali, emozionali. Non contano la qualità di ciò che viene prodotto, la concorrenza, il libero mercato, la vera competitività tra aziende (che farebbe veramente girare l’economia) ma è importante solo l’atto del comprare, ciecamente e senza freni, inseguendo un ideale che risiede solo nell’interesse di chi vende, perchè chi è esperto di economia afferma che un’economia florida non porta benefici solo Reality

alle imprese e che, soprattutto dovrebbero essere i cittadini che, seguendo complessi sistemi di pulsioni, (non i diktat della pubblicità) ad aumentare o diminuire i loro ritmi di consumo. Ai consumatori è stato chiesto di chiudere gli occhi, di cessare di svolgere il ruolo di veri attori dell’economia e della qualità dei servizi, di

rinunciare ai criteri della selettività, della convenienza, del consumo impegnato. Si inducono consumi ingiustificati, che possono portare, col calo vertiginoso della competitività e dell’innovazione, all’implosione dell’economia. E non giustifichiamoci dicendoci che non possiamo sottrarci a questa ineluttabile corsa produttiva, poi-


S

chè non saranno i consumi smodati di una parte del mondo a salvare le sorti della nostra società, quanto piuttosto una riduzione drastica dei consumi, una rivoluzione degli stili di vita, una spartizione più democratica delle risorse. Sembra quasi che l’uomo abbia perso la volontà di imporsi e di mettersi in discussione. L’arte e la cultura sono diventate, a loro volta, vittime del consumismo e portatrici dei suoi valori; hanno dimenticato anch’esse il loro ruolo di critica, trasformandosi in prodotti solamente estetici.

Ma l’aspetto più inquietante è la ripercussione di questo fenomeno sulle relazioni umane, il sacrificio dei rapporti esistenziali sull’altare del consumismo. Paure, ansie e afflizioni dell’epoca contemporanea vengono patite in solitudine. L’uomo, nel quale ci si imbatte al culmine dell’attuale modernità, sembra essere innanzitutto un uomo solo, ridotto a se stesso, nell’euforia non meno che nella disperazione. Un uomo che osserva lo sfilacciarsi delle tradizionali forme di coesione e non può forse evitare di dedicarsi a quel rito che si celebra all’interno di quei veri e propri templi della solitudine contemporanei che sono gli ipermercati:consumare.

Per il filosofo Bauman, il consumo e lo shopping rappresentano la cartina di tornasole del nostro mondo liquido, perchè sono essenzialmente passatempi individuali, simulacri di una realtà di cui l’UOMO SOLO è costretto a circondarsi. Consumismo e solitudine, dunque, due facce della stessa medaglia. E non resta che riconoscersi in questi premonitori versi di Pasolini: “In questo mondo colpevole, che solo compra e disprezza, il più colpevole son io, inaridito dall’amarezza”.

Reality


Adozione

Dentro l’identità; la verità che accoglie L’

TEXT Patrizia Bonistalli - Dott.ssa Daiana Di Gianni

adozione è una previsione legislativa nata per tutelare i minori che versano in stato di abbandono e garantire loro il diritto a vivere all’interno di una famiglia, che provveda alle cure indispensabili per la propria preparazione alla vita. In Italia la legge concede l’adozione a coppie sposate da almeno tre anni e tra cui non vi sia separazione neppure di fatto. La domanda da parte dei coniugi, inoltrata al Tribunale per i Minori del luogo di residenza, è da considerarsi come “offerta di accoglienza” ovvero espressione di una totale disponibilità. L’iter burocratico talvolta si presenta lungo e farraginoso: il Tribunale dispone adeguate indagini socio-assistenziali riguardanti l’attitudine a educare, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare, i motivi per i quali questi coniugi desiderano adottare; infine, sceglie fra le coppie quella ritenuta

Reality

maggiormente in grado di corrispongittimo, assume il cognome di coloro dere alle mancanze del minore. Le che lo hanno adottato, taglia ogni valutazioni vanno oltre i dati statistici ponte con la famiglia di origine. Due e mirano a far emergere le reali motiidentità s’incontrano per formare una vazioni da cui si evince se la coppia è nuova uniformità: da un lato la coprealmente pronta. Il desiderio di filiapia con il proprio progetto di filiaziozione, che con una procreazione nane, provata dalla dura accettazione turale si realizza nell’intimo della copdella sterilità; dall’altro, un bambino pia stessa, con l’adozione viene anzi che non è ideale ( quello che avrebcatapultato all’esterno: le coppie, bero voluto), ma reale e con un vissuspesso reduci dalla frustrazione di to traumatico, più o meno protrattosi una mancata genitorialità biologica, dalla nascita. Quando un bambino in si sentono esaminate e scandagliate situazione di abbandono entra a far nel profondo, quasi a dover chiedere parte di un nucleo adottivo, non solo l’autorizzaegli diventa zione per vicome “... Dalla madre biologica figlio vere la realtà se nascespiù naturale. se in quel la capacità per sempre Allorché la momento, di fantasticare, volontà di ma princiadottare si afnella madre vera la volontà palmente la faccia ai loro coppia si asdi non arrendersi mai” cuori, si apre sume il comnuovamente pito di ripala prospettiva di essere genitori, purrare a tutti i suoi vissuti traumatici ed ché ciò non divenga rivendicazione alle carenze sensoriali ed affettive, di sociale. La scelta adottiva testimonia accettare la diversità e le frustrazioi valori di accoglienza ed uguaglianza ni che il figlio porta con sé, talvolta e pone gli affetti al di fuori dei legami sostenendolo nella costruzione della di sangue, delle somiglianze e delle propria storia personale. Non possiacertezze. L’attesa è vissuta da enmo non ammettere la specificità deltrambi i coniugi in contemporanea, la scelta adottiva: figure fantastiche e in ogni fase. Al momento in cui si idee angustianti possono aleggiare presenta un minore in stato di adotricorrenti nel bambino (“la mamma tabilità il tribunale convoca la coppia della pancia”, “non mi hanno voluper disporre l’affidamento pre-adotto”); timori, senso di inadeguatezza tivo; trascorso tale periodo il giudice ed incapacità affettiva talora colorisente le parti ed emana il provvedirano di grigio i vissuti dei genitori. mento di adozione: per effetto di ciò Spesso, in bambini superstiti di vissuil minore acquista lo stato di figlio leti dolorosi e violenti vi è la difficoltà


A di lasciarsi andare e l’estrema paura di fidarsi, espressa con reazioni anche forti di fuga e aggressività. Per natura, quando s’interrompe la dipendenza madre-figlio nel bambino si crea il timore di perdere la garanzia di sopravvivenza. Il terrore nel bambino che questo episodio possa addirittura ripetersi ha risvolti anche rovinosi ed il percorso si presenta qui ancora più complesso, richiede un lavoro supplementare di ricostruzione delle lacerazioni insite nel bambino fino a restituirgli l’immagine di figlio che può rinascere con fiducia nel proprio ruolo. Ad ogni buon conto, l’arrivo del nuovo membro decreta l’inizio della storia generazionale della famiglia. Nel bambino, come pure nei genitori, prendono forma nuove ed antiche rappresentazioni mentali che vanno a costituire il terreno su cui i futuri rapporti si svilupperanno. È bene che i genitori comunichino con il bambino circa la sua verità in modo corretto e semplice, anche se adottato in tenera età, per non correre il rischio che egli lo apprenda tardivamente ed inaspettatamente con conseguenti ferite affettive e ribellioni comportamentali dolorosissime. Scoprire di esser stati ingannati, e soprattutto di non aver appreso qualcosa che fa parte di noi può anche indurre il bambino a dubitare della genuinità di chi gli ha detto di amarlo. Quando il figlio è più grande, il genitore a volte preferisce non parlarne: a questo punto può venire a formarsi una vera e propria “congiura del silenzio” tra il bambino che ha sofferto e non vuole richiamare alla mente il passato e l’adulto che teme “il dolore del bambino” come pure il rifiuto, e preferisce non fronteggiarlo. Questo atteggiamento lascia solo il bambino nell’affrontare le sue paure e gli dà la sensazione che chi dice di amarlo non sia disposto ad aiutarlo. I segreti familiari comportano una duplice crudeltà, da un lato la violenza che il depositario del segreto fa subire a coloro ai quali lo nasconde, dall’altro la violenza che le vittime del segreto infliggono a se stesse, col relativo difficile lavoro psichico necessario per comprendere ed interpretare ciò che avvertono come nascosto. Alla base di questo tipo di segreto si trova spesso un’unica paura, che fonde le

due parti: la paura del rifiuto, la paventata impossibilità di essere figlio e di essere genitore. Il bambino teme di non essere abbastanza per meritarsi l’amore di due genitori adottivi, visto che i genitori biologici lo hanno abbandonato e, spesso, non conoscendo i motivi dell’abbandono, va costruendosi mentalmente delle realtà dolorose di rifiuto, di disprezzo, di odio, sentendosi così l’”oggetto cattivo” che è stato espulso perché indegno di amore. Dall’altro lato, il genitore adottivo teme la verità per paura che il figlio possa rifiutare il loro amore, e si avvii in cerca dei genitori biologici. Teme ancora di non essere abbastanza perché non ha generato, come ad affermare erroneamente che l’impossibilità di procreare sia conseguenza diretta di un’inabilità ad essere genitore. Queste paure che popolano i cuori dei figli e dei genitori adottivi si celano dietro speranze e si deformano in angosce, dando vita a segreti che creano quella distanza invisibile ed emotiva nascente dalla paura della perdita, innescando una difesa occulta dal temuto pericolo di

una reale rottura se la verità fuoriesce. Vero è invece che un amore che cova il timore di perdere, che teme di non essere abbastanza, è di fatto l’amore che è pronto ad amare a tutti i costi. Rivelare ad un bambino che è stato voluto e cercato è una verità meravigliosa, che solo per questo merita di essere conosciuta: spiegare le ragioni che hanno portato all’adozione è testimonianza di amore, di fiducia e di rispetto. A ciò si lega anche il saper guidare il bambino nel suo modo di disporre di questa realtà di fronte ad altri che sono ancora legati alle schematizzazioni del figlio “di sangue”, affinché il bambino possa rispondere senza barcollare nel turbamento. Rivelare il segreto permette ad entrambe le parti di sentirsi accettate, apre all’accoglienza delle proprie ed altrui paure ed il fatto di riconoscersi nell’amore con l’altro che, come noi, teme il rifiuto e la solitudine pone le basi per un rapporto di fiducia inequivocabile, fortifica la complicità e la certezza di trovare uno stabile appoggio nella propria famiglia. Reality


Società

“Questa fabbrica della conformità va chiusa”

TEXT Alessandra Casaltoli

E

sordisce così l’Homer Simpson versione peace and love, in quella puntata della celeberrima serie d’importazione U.S.A., in cui, questo buffo personaggio travestito da ‘figlio dei fiori’, spalanca le porte della scuola pubblica di Springfield e urla il suo slogan alle scolaresche passive ed anestetizzate che all’improvviso, destate dalla versione rivoluzionaria del padre di famiglia,

... Bambini in carne ed ossa, non bambini di carta e di etere... abbandonano le aule correndo festanti, vocianti, diversificati. La citazione non è erudita, il richiamo ad un cartone animato forse non permette l’adesione a quella regola per cui, nella professione giornalistica quando si vuole dimostrare una tesi, la si deve avallare con prove che abbiano un aspetto scientifico e, riguardo a quello di cui ci stiamo accingendo a discutere, pedagogico. No, niente Winnicott, niente Acoutourier che va tanto di moda adesso, niente autonomismo montessoriano o ludicismo della prim’ora. Quello di cui vogliamo parlare qui è di bambini in carne ed ossa, non di bambini di carta e di etere. Vogliamo parlare di quei bambini le cui famiglie, per necessità ma sempre più frequentemente per scelta, vengono affidati a cure istituzionali. Più di cinquemila gli Enti Locali che offrono strutture adatte, o adattate, ad accogliere la popolazione infantile italiana tra lattanti (dai tre agli otto mesi), semi-divezzi (dai nove ai diciotto mesi) e divezzi (dai venti ai trentasei mesi) per un totale di 1,6 milioni di utenti. I dati sono ricavati dalla ricerca Quaderno 36 del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, da dove emerge, tra l’altro, una Reality

disomogeneità a livello nazionale, nella presenza delle suddette strutture. Più organizzazione là dove la disoccupazione femminile è minore del 32% contro isole e regioni meridionali dove tale percentuale arriva a toccare il 67%. Gestione pubblica dell’infanzia dunque, a fronte di un assorbimento sempre crescente della forza-lavoro femminile; un’arma a doppio taglio quest’offerta da parte della ‘Cosa Pubblica’ in veste di sussidio per una maggiore emancipazione e un ‘paritario’ inserimento delle donne sul mercato del lavoro, dove comunque le statistiche e le inchieste ci mostrano un ritratto della donna ancora svalutata rispetto a potenzialità individuali che dovrebbero prescindere dal genere di appartenenza. Donne più brave dei loro coetanei maschi all’università, donne che brillantemente e velocemente conseguono lauree e specializzazioni che poi, per un convincimento discriminatorio della classe dirigente italiana vecchia e misogina,

vengono ostacolate nel loro percorso carrieristico, in cui abilità, conoscenze e professionalità hanno un peso minore rispetto alle stesse doti valutate su soggetti maschili. Motivo? La funzione biologico-riproduttiva femminile alla quale ancora, per fortuna, non si sono trovate alternative da laboratorio. E così eccoci qua, mogli, compagne, madri del nuovo millennio: ambiziose, grintose, preparate. E discriminate. Le donne del terzo millennio devono scegliere: o la famiglia, o la carriera. Passa così in secondo piano l’azione educativa familiare a cui si sovrappone, anzi si impone, quella pubblica, o privata, e comunque massificata. I vantaggi? Pochi per le donne per le quali resta sempre e comunque difficoltoso un percorso professionale in ascesa a causa dell’assenza di una vera rete di protezione in senso legislativo che renda il sistema più fluido, che permetta un inserimento lavorativo secondo una giusta valutazione di titoli e competenze inclusiva della


scelta della maternità. Pochi vantaggi e il grande svantaggio di non vedere rispettata la propria diversità a favore di una corsa all’oro verso il potere mascolinizzato e mascolinizzante. Nessun vantaggio per bambini che troppo precocemente sperimentano l’abbandono. Ma non sembra essere quello auspicato dai pedagogisti, l’orientamento della politica e delle istituzioni che continuano a propagandare con toni entusiastici l’importanza dell’offerta di asili con orari ‘flessibili’ ovvero oltre le attuali otto ore. Si tende ad occultare la possibilità di altre proposte quali lo stanziamento di più fondi per la maternità e l’adeguamento di leggi già esistenti che però soltanto a livello teorico consentono di gestire l’importante e delicata ‘funzione educativa’ familiare. E dunque lavoro e pari opportunità per la donna, in cambio di rinuncia alla fecondità o affidamento della prole a terzi. E i nostri bambini continuano a crescere all’interno di queste ‘fabbriche dell’omologazionÈ che forse un giorno, tra molti decenni, guarderemo con incredulità così come adesso siamo capaci di considerare gli spaventosi orfanotrofi dickensoniani o le dure scuole spartane. “Questa fabbrica della conformità va chiusa!”. Quanta ragione hai, superficiale, massificato, consumistico e omologato Homer.


Orologi

Orologi “a riposo” I

TEXT Roberto Tarabella (lorologiaio@tarabellaorologi.it)

l quesito spesso riccorente è il seguente: avendo più orologi e alternandoli, lasciando alcuni di essi fermi per periodi relativamente brevi, come devo comportarmi? In oltre, ci sono differenze in qusto caso tra orologi a carica manuale, automatici o a quarzo? Le regole non scritte sono quelle del buon senso, ovvero la prima è quella di assicurare agli orologi una collocazione in primo luogo asciutta e possibilmente sicura ovviamente. Spesso vengono custoditi in casseforti, sistemazione giusta, ma spesso non la migliore, per quanto riguardo l’umidità che spesso caratterizza questi nascondigli. Una buona precauzione è quella di avvolgere gli orologi in panni di lino o di cotone, ponendoli in sacchetti di nylon con “zip”, cercando di creare sottovuoto, facendo uscire più aria possibile. Dentro la cassaforte è opportuno mettere dei sacchetti di sali appositi, per eliminare l’eventuale umidità. A parte i cenni pratici per la conservazione, veniamo ad un argomento importante, l’immobilità del meccanismo. Questo stato prolungato può provocare inconvenienti, quali ad esempio, l’indurimento dei lubrificanti, “che anche se sintetici quindi di durata maggiore rispetto ai vecchi a base di materiali organici” possono risentire di questo stato. Questa regola vale sia per orologi a carica manuale, che automatici. È possibile per gli automatici, utilizzare delle apposite scatole “facilmente riperibili in commercio” programmabili in modo che all’ora prestabilita si azionino automaticamente, facendo ruotare l’orologio, ricaricando la molla motrice. Solitamente queste scatole fanno

Reality

parte del corredo, di orologi di gran pregio, con più complicazioni. Chi non dispone di questo strumento, o ha in prevalenza orologi a carica manuale, deve avviarli, rimettendo ora, data ed altre funzioni se presenti, almeno una volta al mese. Questa può essere considerata un operazione noiosa, ma necessaria, al fine di mantenere più a lungo posibile in ottime condizioni i movimenti dei nostri amati segnatempo. Per gli automatici, la soluzione della scatola con caricamento programmabile è ottimale, evita di sottoporre a stress i dispositivi di ricarica automatica, e ci libera dal dover necessariamente indossare l’orologio per mantenerlo in funzione.


Eventi

Scene da un matrimonio

W

edding Planner... credo si intitoli così una trasmissione di successo su qualche canale televisivo. Pensavo che avrei potuto trovare qualcosa del genere solo a Milano o in altre grandi città. Mi sbagliavo. Appena scoperto che in zona avrei potuto trovare creatività, attenzione ai sogni e tante idee per il giorno più bello della vita di una coppia, non ho resistito. E ho scritto. Ho chiesto di poter avere maggiori informazioni su come lavorano Barbara e Sara di Infinity Wedding and Events™. Ma soprattutto perché hanno scelto San Miniato come loro sede. E’ stato come un viaggio. Sono state disponibili a portarmi con loro durante il giorno di un matrimonio. Partiamo quasi all’alba e arriviamo in un magnifico albergo con vista su Firenze dove la sposa ha deciso di prepararsi. Hanno aiutato la sposa nei preparativi coordinando con discrezione la truccatrice, l’acconciatore e il fotografo.

Mi hanno coinvolto in questo giorno così emozionante. Devo anche ringraziare la sposa per la simpatia che ha mostrato nei miei confronti. Mi sono innamorata dei bellissimi braccialetti di fiori delle damigelle... fiori azzurri e avorio, come il bouquet della sposa. Arriva la Bentley argentata. Partiamo. Ora arriva il grande momento.

Quando i sogni diventano realtà Arriviamo in questa bellissima villa e subito ho avuto la sensazione di essere dentro ad un film. Uomini in tight, fiori ovunque e un quartetto d’archi che mi ha commosso. Intanto vedo le mie wedding planner prendersi cura di ogni dettaglio, coordinando l’arrivo degli invitati, l’inizio della musica, la disposizione degli ospiti. Che emozione. E quanto lavoro!

Arriva la sposa. Un’aria di Bach sottolinea questo momento. Lo sposo la guarda commosso. Ma dove sono le mie wedding planner? Ecco che controllano tutti i dettagli del tavolo della cena. Un grande tavolo con rose avorio e rami di olivo, candele e colori pastello. Finisce la cerimonia ed inizia il ricevimento. Musica dal vivo, aperitivo di gran classe e tante persone felici e sorridenti. Arriva il momento della cena. Questo salone decorato con candele mi lascia senza parole. Che dire? E’ stata un’esperienza indimenticabile. Mi sono resa conto di persona dei tanti dettagli curati nei minimi particolari da Infinity Wedding and Events™ e dell’attenzione che hanno per il cliente... ora anch’io so che a San Miniato posso trovare quello che pensavo esistesse solo in qualche trasmissione televisiva...

Infinity Weddings and Events™ - San Miniato (Pisa) - Tel. +39 0571.49301 - www.infinity-weddingsandevents.com

Reality



Salute

a.skinshoes, la soluzione che mancava adesso c’è

I

l progetto a.skin nasce quasi 10 anni fa, grazie alla stretta collaborazione tra Karuna, giovane azienda di Montopoli Val d’Arno, e il dipartimento di Scienze dermatologiche dell’Università degli Studi di Firenze. La ricerca è stata, ed è tuttora, una fase di fondamentale importanza per la realizzazione delle

Intervistiamo Elena Petroselli, direttore responsabile di Karuna, azienda produttrice di a.skinshoes, la prima calzatura in pelle antiallergica, in grado di cambiare lo stile di vita dei soggetti affetti da DAC da scarpe, nel pieno rispetto della natura a.skinshoes, un prodotto innovativo che unisce salute, comfort ed ecologia. Dalla nascita del pellame antiallergico a.skin, i soggetti affetti dalla DAC da scarpe hanno finalmente trovato la soluzione ai fastidiosi gonfiori ed alle escoriazioni cutanee che caratterizzano questa patologia. Intervistiamo Elena Petroselli, direttore responsabile di Karuna, per chiederle come è nata l’idea che ha portato alla realizzazione di questa innovativa calzatura. Quali sono state le motivazioni che hanno dato vita al progetto a.skin? Il progetto è nato da una duplice esigenza: la prima, legata al desiderio di dare una risposta concreta al problema della Dermatite Allergica da Contatto (DAC) da scarpe; la seconda, in linea con i valori della nostra azienda, è il motivo stesso per cui Karuna nasce, ovvero, concepire “soluzioni utili all’uomo”. Gli studi condotti fin dagli anni ’70 dai dermatologi in Italia e all’estero avevano permesso di individuare le sostanze responsabili della DAC

(cromo, resine fenolformaldeidiche, additivi del processo di vulcanizzazione della gomma) e sono serviti ad evidenziare come la DAC fosse già molto frequente e sempre più diffusa nella popolazione. Dal 1999 al 2001, a.skin è stata inserita in un progetto della Comunità Europea durante il quale sono stati effettuati numerosi accertamenti di tipo chimico-fisico e allergologico, e test d’uso su gruppi limitati di pazienti. È stato un grande lavoro, pieno di sfide, ma anche di soddisfazioni. Oggi le a.skinshoes sono realtà. Dopo la prima fase, praticamente “pioneristica” cosa vuol dire oggi a.skinshoes? a.skinshoes è il nostro fiore all’occhiello: l’unica calzatura che oltre a prevenire la DAC, garantisce un comfort ineguagliabile rispettando oltretutto l’ambiente. Ogni scelta fatta in questi anni si è sempre tradotta in termini di ecologia e di comfort. Cosa rende ecologiche le a.skinshoes? Le a.skinshoes sono realizzate attraverso un particolare processo di concia che impiega soltanto prodotti di origine naturale che provengono dall’industria alimentare e cosmetica. Ad esempio, i collanti utilizzati sono tutti a base d’acqua

e i lacci e le giunture sono in cotone non trattato. La tecnologia innovativa e sostenibile di a.skin ha prodotto le prime ed uniche calzature in pelle veramente ecologiche. L’elevata traspirabilità che ne deriva, mantiene il piede sano e asciutto anche nelle stagioni più calde. Un plus non indifferente. Come azienda emergente, avete puntato molto sulla comunicazione. Quali sono stati gli strumenti e i mezzi che avete prediletto? Siamo partiti da una comunicazione indirizzata al target medico, per rendere nota a dermatologi e allergologi la presenza di questo innovativo prodotto. Su internet, il nostro sito web, chiaro ed efficace, permette di scaricare i cataloghi e di acquistare on-line i nostri prodotti. “Askin Magazine” è la newsletter elettronica che spediamo abitualmente a tutti i nostri clienti. Previsioni sul futuro? Il mercato on-line sembra essere il futuro anche per calzature come la nostra. Essendo gli “unici” nel segmento calzature confortevoli ad offrire sia qualità ecologiche che antiallergiche, continuiamo a credere fermamente nel potenziamento del progetto e stiamo valutando nel frattempo, tutte le possibili applicazioni per il pellame antiallergico. Reality


Medicina

Scopriamo l’agopuntura O

TEXT Dott. Mariano Postiglione / EDIT Dott.ssa Brunella Brotini

riginata più di 2500 anni fa in Cina, l’agopuntura rapidamente si diffuse in Giappone, nella penisola Coreana, in Indocina, in Birmania, in Tailandia ed in tutti gli altri paesi dell’Asia accumulando un prezioso patrimonio di esperienza clinica. Nei sistemi sanitari di quelle nazioni essa è stata ed è tutt’ora largamente utilizzata, ufficialmente

La Regione Toscana l’ha integrata alla medicina ufficiale e ha reso possibile l’accesso del pubblico a questa terapia riconosciuta e gradita dalla popolazione. La sua efficacia terapeutica è stata clinicamente confermata su un vasto numero di patologie. Mentre altre terapie tradizionali tendono ad essere strettamente collegate al loro contesto etnico, l’agopuntura oggi è utilizzata in tutto il mondo. Il suo ingresso in Europa avvenne circa 400 anni fa ma solo negli ultimi 40 anni essa ha cominciato ad attirare grande interesse. Sostenuta da pochi pionieri, inizialmente l’agopuntura fu tacciata di arcaismo esoterico, poetico e polveroso, particolarmente in paesi dove non era stata mai praticata e dove l’assistenza sanitaria era basata esclusivamente sulla medicina moderna occidentale. Era quindi logico attendersi che in paesi in cui non era nota l’agopuntura dovesse essere giustificata solo dall’evidenza scientifica basata sui risultati di studi clinici randomizzati, controllati e rigorosamente condotti. Di conseguenza, negli ultimi trenta anni sono stati effettuati numerosi studi basati su una solida metodologia di ricerca. Quest’ultima, in atto solo da pochi anni, è in incessante aumento e viene estesa ad un numeReality

ro sempre maggiore di patologie. Sin dalla sua fondazione nel 1948 l’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS), Agenzia specializzata delle Nazioni Unite, si è interessata alle medicine tradizionali e in quasi mezzo secolo ha prodotto una lunga serie di pubblicazioni nelle sue 6 lingue ufficiali (inglese, francese, spagnolo, russo, arabo e cinese) che vanno dalla standardizzazione della nomenclatura alla formulazione di linee guida sulla ricerca, sulla formazione del personale, su metodi e strategie di applicazione, sulla legislazione e sulla coordinazione internazionale e coloro che ancora oggi parlano e scrivono su questo argomento con ingiustificabile superficialità ora hanno a disposizione adeguate fonti di informazione. Nelle conclusioni tratte da questa rassegna si evidenza, per esempio, che l’analgesia indotta dall’agopuntura è il metodo di scelta per la terapia del dolore cronico perché oltre ad essere efficace essa non causa né effetti secondari né dipendenza. Gli studi valutati dall’OMS coprono tutta la patologia umana, compresi dolore cronico, artite reumatoide, coliche renali e biliari, affezioni ematologiche, ostetricia ginecologia e dermatologia. In generale il trattamento con l’agopuntura è sicuro in mano a terapeuti qualificati e esperti, non dà tossicità e le reazioni secondarie sono minime. Oltre all’efficacia queste sono le ragioni principali della sua popolarità. Studi internazionali hanno evidenziato l’azione dell’agopuntura sulla messa in moto di mediatori chimici quali serotonina, endorfine e leucoencefaline. L’agopuntura induce analgesia, protegge l’organismo contro le infezioni e regola varie funzioni fisiologiche. Essa è particolarmente utile nei disturbi funzionali, i quali rappresentano la maggior parte dei problemi che affliggono

la popolazione. In alcuni casi l’azione è bidirezionale. L’agopuntura abbassa la pressione sanguigna in pazienti con ipertensione e la eleva in pazienti con ipotensione. Essa aumenta la secrezione gastrica in casi di ipoacidità e la diminuisce nella iperacidità. Sotto osservazione radiologica essa normalizza la motilità intestinale sia in casi di colite spastica che in quelli di ipotonia. L’azione terapeutica mobilizza il potenziale del paziente stesso. Per quanto riguarda la produzione di idrocortisone le dosi indotte dall’agopuntura sono minime e finemente regolate evitando così gli effetti secondari della chemioterapia cortisonica. In Italia solo i medici hanno la facoltà di usare l’ago. Alcune regioni italiane hanno già legiferato in proposito. Tra le prime, la Regione To-


scana ha integrato l’agopuntura nella medicina ufficiale ed ha reso possibile l’accesso del pubblico a questa terapia in un numero di istituzioni sanitarie locali. Per l’iscrizione all’albo degli agopuntori è richiesta una qualifica riconosciuta (4 anni di specializzazione) ed una esperienza comprovata. L’agopuntura è parte integrante della Medicina Tradizionale Cinese (MTC)5 insieme al massaggio, alla moxibustione, alla fitoterapia, alla dietetica ed a tecniche corporee quali Tai Qi Chuan ed il Qi Gong. Le loro basi teoriche sono comuni. In realtà parlare di agopuntura significa evocare, oltre i suoi aspetti particolari, la medicina tradizionale che la sorregge. La MTC non può essere separata dal Taoismo e dal Confucianesimo nei quali essa trova le sue radici con i suoi riti ed i suoi simboli che bisogna approfondire per comprenderla. Essa non è un insieme di ricette ma una visione del mondo, della vita e dell’essere umano. Si tratta di una medicina cosmologica in quanto studia il funzionamento del cosmo e le leggi dell’universo alle quali sono sottomessi tutti gli esseri viventi. La MTC offre una lettura del corpo umano in maniera analogica in quanto lo vede come un immagine dell’universo, un microcosmo nel macrocosmo retto dagli stessi principi e dalle stesse leggi. Essa cerca nell’individuo tutto ciò che lo rende singolare e unico, lo considera nella sua globalità fisica e psichica, in relazione alla sua costituzione, al suo temperamento, alla sua psicologia ed alla sua esperienza di vita. La tradizione cinese ha dato valore a dati fondamentali quali lo Yin e lo Yang. Essa ha elaborato la sua esperienza del Qi (energia) e messo a punto una cosmologia originale nella quale tutti gli esseri viventi sono solidali e l’uomo ha una funzione centrale. Essa è a tutti i livelli, umano e cosmico, un apologia del naturale. Il grande maestro NGUYEN VAN NGHI durante una delle sue lezioni magistrali alla Scuola di Agopuntura Tradizionale della Città di Firenze, fondata nel 1980 dal Dr. Nello Cracolici e dalla moglie Gisella, disse testualmente “la medicina orientale non è alternativa o complementare. Essa è una a parte, che si usa insieme alla medicina occidentale per una medicina universale. Prepariamoci alla medicina del 2000 per l’occidente e l’oriente”. Inoltre egli preconizzava che un medico occidentale che impara l’agopuntura ha tutti gli elementi per diventare un ottimo agopuntore. Detto circa 20 anni fa tutto ciò suona come una profezia ed un auspicio la realizzazione dei quali è già visibile all’orizzonte. Bibliografia

1 Rempp C., Bigler A. “La pratica dell’Agopuntura in Ostetricia” Tecniche Nuove, Italia. 2000 2 “Acupuncture: Review and Analysis of Reports on Controlled Clinical Trial”, WHO (OMS) HQ, Geneva . 2002 3 Cracolici F., Postiglione M. “Rivolgimento Fetale in presentazione podalica con tecniche MTC”. VI Convegno OMS, gestione e sviluppo nella qualità prenatale. Porto, Portogallo 23-24/6/2000 4 Postiglione M. “Medicine Non Convenzionali”. Documento Propositivo per il Piano Sanitario Regionale 2002-2004 Regione Toscana. Italia. 2002 5 Kespi J.M. “L’Homme et Ses Symboles”. Editions Albin Michel, Francia. 2002 6 Nguyen Van Ghi. Lezione magistrale 15 Febbraio 1997, Scuola di Agopuntura Tradizionale della Città di Firenze


Benessere

Un cammino verso il benessere U

TEXT Patrizia Bonistalli

na filosofia di benessere e bellezza che mette in risalto la nostra personalità! Nata e sviluppatasi come struttura medico-estetica negli anni 80 e condotta sapientemente dalla collaborazione e coesione di medici e professionisti, oggi Villa Shara è presente e si distingue nel Comprensorio come autorevole ed esclusivo istituto dermo cosmetico.

La bellezza come armonia dell’individuo, da contemplare e riscoprire Esperti della materia con oltre vent’anni d’esperienza ne curano in modo esemplare ogni aspetto, riuscendo pienamente a trasmettere tutta la passione e l’attenzione per il raggiungimento del benessere psicofisico; ogni trattamento è più che un semplice rimedio momentaneo: è il pretesto di una breve pausa per riscoprire veramente il piacere di sentirsi bene con se stessi. La classe e lo stile degli arredi ricalcano alla perfezione i beneamati centri benessere. L’accoglienza scrupolosa del cliente si accompagna ad un’eccellente professionalità, doti che unitamente alla presentazione di una vastissima gamma di terapie fidate ed avanzate culminano in una combinazione perfetta tra affidabilità, raffinatezza e qualità. Un ingresso ampio, luminoso e ornato con cura dà il benvenuto all’interno del prestigioso istituto, le pareti chiare ed i tendaggi sobri conferiscono all’ambiente ed alle singole stanze un aspetto caldo e rilassante, i colori tenui e le luci delicate conducono in ognuna con gradita riservatezza. Ogni singola persona è accolta con il più alto riguardo e la migliore discrezione. Il primo approccio ad Reality

ogni nuovo ospite avviene attraverso un’approfondita conoscenza da parte del personale, unita ad una chiara illustrazione ed applicazione delle competenze specifiche per il trattamento richiesto; sulla base di questo criterio scaturiscono le proposte più finalizzate, le informazioni più veritiere sui valori della salute e dell’estetica e, non ultime, le soluzioni più efficaci ai più diffusi ed anche ai più particolari quesiti estetici e fisici. Imperativo è rimarcare sul fatto che questo centro dispone effettivamente di tecniche e strumenti innovativi e testati. Grazie a questa sinergia di alto grado tra tecnologia e conoscenze Villa Shara tratta le questioni più specifiche ed offre le proposte più idonee. Il consenso ottenuto negli anni, da

parte della vasta, varia e più esigente clientela, testimonia la capacità di questo staff di soddisfare la maggior parte delle richieste, a cui risponde mettendo prontamente a disposizione adeguati trattamenti per il viso e per il corpo. Dalla prima accoglienza che si riceve fino al trattamento ultimato, gli esperti di Villa Shara ci guidano fino a stabilire il nostro equilibrio psicofisico grazie alla continua ed aggiornata ricerca dei rimedi che maggiormente possono valorizzare ogni singolo aspetto del nostro corpo, nella nostra quotidianità. Dalla corposa lista, ci si potrebbe limitare ad evidenziarne alcuni consigliati dall’equipe stessa per la loro efficacia ed il grado di apprezzabilità: il massaggio a 4 mani e il massaggio antistress; il trattamen-


B to endermico ed il relax treatement (peeling con massaggio, in penombra con candele e deliziati da una musica esclusiva); il trattamento cosmetico con acmella olearacea (pianta tropicale ad effetto tensore), che riproduce gli effetti positivi del popolare botulino; l’elettrodepilazione definitiva; il total body gommage + plancton termale. Ad appendice, ma non a dissolvere l’elenco, la fangoterapia, effettuata con prodotti specifici certificati dalle note terme di Saturnia. Il prodotto che viene impiegato nel trattamento ha un valore essenziale, come spiega il personale della struttura, e deve risponde ai più alti standard di qualità; da qui la scelta di una gamma saggiata da anni che si conferma certa e garantita come i prodotti “Terme di Saturnia”. L’equipe offre: risposte pronte a questioni precise come acne, invecchiamento, ipertricosi, adiposità; cortesia e meticolosità nell’accogliere richieste da varie fasce di età, rispondendo con soluzioni mirate per curare, illuminare, idratare e tonificare, rilassare; suggerimenti

e consigli dettati da una consapevolezza disgiunta da luoghi comuni che ingenerano solo false illusioni e promuovono un’idea di bellezza stereotipata. Il cammino all’interno di Villa Shara verso il proprio miglioramento fisico è guidato da mani esperte e, non meno importante, da parole non ingannevoli; affidarsi a loro costituisce prima di tutto la certezza d’essere accolti pienamente nel rispetto della propria personalità

di Roberta Fontanelli e Gloria D’Adamo Via Giotto, 37 Fucecchio (Firenze) Tel. 0571.244003 e-mail: villashara@libero.it

ed a vantaggio della propria persona, lungi dalla pretesa di vendere un’apparenza preconfezionata dopo esser stata costruita artificialmente per adattarsi a chiunque, e quindi irreale. L’individuo è tale sia nel corpo che nell’interiorità: abbiamo un corpo che vogliamo fa stare bene, e sentiamo l’esigenza di migliorarlo, ma per far questo non dobbiamo sforzarci di ”imitare” bensì di scoprire ciò che esprime ed esalta il meglio di noi; è questo il must di un gruppo, Villa Shara, che ha saldamente negli anni supportato l’estetica come filosofia e la salute come valore, con l’obbiettivo di accompagnare il cliente verso la consapevolezza della propria unicità interiore ed esteriore, attraverso un modo esclusivo di trattare temi tanto intimi e personali quanto diffusi e pubblicizzati: la bellezza ed il benessere. La bellezza è riconosciuta come armonia dell’individuo più che come stereotipo perfetto da vendere così come ci viene imposto dall’esterno. Una bellezza da contemplare e riscoprire, più che da vedere.

Benessere


Benessere

Riscoprire il tempo dell’essere F

TEXT Patrizia Bonistalli

irenze: marciando lungo i viali assiduamente trafficati, rapiti da scorci d’arte meravigliosi, dopo itineranti girovagare ci addentriamo in Via Faentina. Al numero 33r ci fermiamo, adagio si solleva la saracinesca e superata la porta a vetro siamo avvolti da una piacevole quiete: ad ospitarci è l’Himalayan Yoga Institute, associazione per lo studio e la diffusione della disciplina dello Yoga così come è stata tramandata dal Maestro Shri Swami Rama dell’Himalaya. Entrando, ci riconosciamo parte di una profondità di spazio che non avremmo immaginato dall’esterno. Ci troviamo nell’unico centro in Italia preposto alla diffusione della Tradizione Himalayana di Meditazione e Yoga, sotto la guida del Maestro Swami Veda Bharati, discepolo diretto di Swami Rama ed attuale guida spirituale dell’Istituto, in contatto diretto con i principali centri di studio ed Ashram nel mondo dell’autentica tradizione. Swami Rama, filosofo, maestro e medico, durante tutta la sua esistenza persegue un grande obbiettivo che nella nostra contemporaneità ci tocca sorprendentemente: favorire la confluenza tra cultura occidentale e orientale per il raggiungimento di un concetto di salute globale che divenga accessibile al mondo moderno, afflitto dall’ansia e dallo stress. Ci togliamo le scarpe, distaccandosi dalla frenesia delle strade e così simbolicamente temperando l’inerzia della vita quotidiana. Nella prima stanza ci accolgono dei divanetti creati con cuscini adagiati sulla moquette, che danno forma a spalliere e braccioli posti come un abbraccio. Al lato si erge un alto scaffale che espone libri e foto narranti la discendenza ininterrotta della Tradizione Himalayana. Qui abbiamo la possibilità di darci il benvenuto, conoscerci, dialogare con serenità. Eufonica e distensiva è l’ampia sala dove si svolgono le lezioni di Hatha Yoga e d’introduzione alla meditazio-

Reality

ne. Durante le lezioni si impartiscono sono suddivisi per età e per classi e istruzioni sulle pratiche di rilassamensi rivolgono a chiunque, bambini e to, sulle asana (posture del corpo) e ragazzi, adulti, anziani, donne in grasul pranayama (pratiche del respiro): vidanza. L’Istituto organizza seminari nell’ambito della pratica meditativa, ed incontri tematici, in Italia e all’estecolui che medita impara a sedere corro, volti all’approfondimento ed alla rettamente, a rilassarsi profondamenpratica. Dal 2006 l’Istituto conduce un te e a recorso quaspirare in driennale Varcando la soglia modo cordi Formadell’ l’Himalatan Yoga Institute zione per retto, percorrendo Insegnanti, di Firenze ci accoglie la pace progressiche lo renvamente i de esclupassi necessari che lo conducono ad sivo in Italia; lo studente ha infatti il un profondo contatto con la propria privilegio di ricevere gli insegnamenti interiorità. La vera meditazione è un dai Maestri appartenenti alla Tradiprocedimento che rende conscio l’inzione e perfino l’opportunità di sogconscio, conosciuto lo sconosciuto. giornare in India. Uno spazio ameno Le tecniche di Hatha Yoga sviluppano e raccolto comprende la preziosa bienergia, flessibilità, stabilità ed armoblioteca, dove gli iscritti al centro posnia nel corpo e nella mente, migliosono studiare gli elaborati e leggere i rando la consapevolezza di sé. I corsi testi sulla tradizione, oppure seguire


B tramite video le esperienze dei grandi maestri del passato. La memoria degli insegnamenti custodita e tramandata oggi dall’Himalayan Yoga Institute proviene da uno dei cinque centri della Tradizione stabiliti milleduecento anni fa da Shankaracharya: il lignaggio Bharati; la parola è composta da Bha- che significa “la luce della conoscenza” e -rati “l’amante che è assorbito in essa”: Bharati significa colui che, amante della conoscenza, viene assorbito totalmente nella sua luce. Per millenni le montagne dell’Himalaya sono state abitate da grandi saggi, che hanno vissuto e tramandato la conoscenza degli insegnamenti yogici ai discepoli, poi diventati maestri. Generazioni e generazioni hanno percorso questo sentiero di saggezza, istruzioni orali ed esperienze iniziatiche, in tal modo formandosi e consolidandosi una ricca riserva di sapere. Ad elevare e portare avanti tale ininterrotta trasmissione di conoscenza fu allora una motivazione antica, che è giunta a ripercuotersi sul nostro tempo: ridestare nell’individuo la forza interiore che conduce all’auto rivelazione, quell’energia, chiamata Consapevolezza, che guida verso la realizzazione della propria vera natura (“Tat Tvam Asi: Tu sei Quello”). Il significato che questa filosofia riveste nella nostra contemporaneità è eclatante: se solo tu puoi conoscere veramente te stesso, chi altri dovrebbe compiere un cammino interiore verso la rivelazione di ciò che veramente sei e la scoperta di ciò che conduce alla tua realizzazione personale, se non tu? Nel cuore della Tradizione Himalayana è svelata una grande possibilità per l’essere umano: il poter compiere un lavoro intimo fondamentale essendo già per questo compito “perfettamente equipaggiati”, pienamente capaci di ottenere

il dominio di sé attraverso tecniche interiori di consapevolezza. Lo Yoga è una disciplina ed altresì un’antica scienza, che adotta metodi conformi ad un sistema, specifici e profondi, e che superando la prova incontestabile del tempo continua a vivere ed attuarsi anche nella nostra epoca. L’Hatha Yoga non è impartito come una mera concatenazione di esercizi fisici, ma come metodo scientifico e disciplinare per mezzo del quale si riesce ad “allenare la mente attraverso il corpo e per allenare il corpo dalla mente”. La Tradizione Himalayana e lo Yoga in generale non si associano ad una forma religiosa di alcun genere. Lo studio e la pratica di questa disciplina non esigono che l’allievo

appartenga ad alcuna credenza, essendo la scelta religiosa una peculiarità soggettiva dell’individuo che non inficia minimamente la propria pratica dello Yoga e non crea con essa alcun conflitto, se compresa nella sua reale entità; piuttosto esortano ad acquisire saldamente un’educazione su ogni singolo aspetto dell’essere, affinché si abbandonino le nostre più limitate soggettività ed i nostri individualismi a favore del Sé che è in noi, saggio, eterno, puro, libero. Il maestro guida il discente ad accingersi verso la strada che conduce a colmare i vuoti e le auto limitazioni della propria esistenza, avanzando fino a scoprire attraverso la pratica della contemplazione il grande beneficio della

Reality



Moda

L’aspetto che va oltre le tendenze L

TEXT Patrizia Bonistalli

a moda è un universo ritmico d’idee, che attraverso un’incessante profusione di espressioni subisce ripetute variazioni con l’avanzare del tempo. Talvolta, la tendenza si lancia in dettagli innovativi che sembrano rinnegare quel che è stato, o ancora si riaffaccia con rievocazioni più o meno nostalgiche volte a rivisitare ciò che ci era stato proposto di dimenticare. La moda espone regole, non ultime anche per le acconciature ed attraversa fiumi di stili a cavallo di un trend discontinuo. Innumerevoli forme e modelli, adottati nei secoli per le pettinature, hanno assunto funzioni atte a distinguere classi sociali e mansioni, in linea con una rappresentazione storica, sociale e culturale: si pensi che per i re

New Mind by Alessio Via Codignola 34 San Miniato Basso (Pi) 0571.418857 www.newmindparrucchieri.it e i nobili era privilegio portare i capelli lunghi, cosa che addirittura costituiva segno di imbattibilità per gli eroi; i soldati romani si tagliavano barba e capelli per rimuovere un elemento di appiglio. L’attaccamento ad alcune tradizioni riferisce ancora che tagliare i capelli esprime il lutto o il segno di una scissione con una parte del nostro vissuto. Perpetrato intrinsecamente è il duplice valore simbolico dei capelli: mascolinità nell’uomo e seduzione nella donna. Il lavoro svolto ai nostri giorni dai professionisti del capello ci viene minuziosamente esposto da un accreditato esperto nel settore, proprietario del salone New Mind in San Miniato: “La nostra attività non si esaurisce in una pura prestazione di un servizio circoscritta in negozio, quanto in un intervento più o meno netto su qualcosa che appartiene alla persona, al proprio carattere ed alle proprie abitudini”. Alessio ci ospita in un ambito profes-

sionale dinamico, dove puntualità e cordialità sono ad un livello impareggiabile, prospettandoci un punto di vista accattivante; l’approccio è quello di chi osserva il fattore moda con occhio competente, ma avanza consapevole di voler ricercare per ogni cliente la giusta acconciatura, che restituisca un volume accostato alla forma ed alle dimensioni del volto, che sappia renderne l’armonia e sottolinearne la personalità, al di là delle tendenze. La scelta della pettinatura si propone talvolta come opzione per nascondere lati della soggettività, o anzi per rivelarli ed addirittura esaltarli. Se è vero che l’acconciatura è significativa per piacersi e piacere, ancor più essa è elemento che ci rispecchia nel nostro relazionarci incessante con la società. Il gruppo è guidato da un obiettivo comune: personalizzazione e valorizzazione del cliente. Il must che conduce il lavoro di New Mind è quello di coordinare l’individuo con una moda adeguata al proprio carattere, ricercando il particolare che ne esalti i tratti distintivi e ne rispecchi il modo di porsi, eludendo in alcun modo di falsificare l’immagine di chi lo porta. In circa dieci anni il giovane Alessio ha formato intorno a se risorse appassionate e oggi preparate al punto da garantire un riferimento affidabile ed avanzato in metodologie e tecnica. In questo vivo impegno è precipua la massima atten-

zione alla cura e salute del capello, ottenuta attraverso un’osservazione attenta del tessuto da trattare. Un servizio è reso in modo compiuto quando il rapporto con il cliente non si esaurisce in negozio, ma anzi gli vengono illustrate nozioni basilari su un comportamento fai da te che consente di ritrovarsi con un capello strutturalmente sano nella propria quotidianità. Trasmettere solo un concetto di apparenza è rischioso perché induce a sottostare alle novità ed inclinazioni più acclamate a scapito del proprio gusto e modo di essere. Relazionarsi invece con il cliente nel tempo a disposizione e per recepirne la personalità, permette di consigliare nel modo più appropriato il soggetto. Obiettivi sempre nuovi e volontà di crescere contribuiscono in New Mind al potenziamento delle qualità vincenti di una squadra eccellente. La cooperazione consolidata con una compagine di esperti del settore concorre ad aggiornamenti continui su tutte le linee di tendenza più al vertice, successivamente saggiate e presentate anche all’estero; l’accorpamento di idee intuitive e l’instancabile volontà di esplorare ha intagliato la chiave di successo di New Mind, dando libertà di innalzarsi con rappresentazioni vincenti in un mercato saturo e smanioso, con soluzioni possibili e premianti nei riguardi del cliente. Reality


Eventi

Charlene, rosa di Montecarlo S

TEXT&PHOTO Andrea Cianferoni

ono arrivati a braccetto, proprio come una coppia ufficiale, il principe Alberto II di Monaco e l’atleta sudafricana Charlene Wittstock, alla 54 edizione del Ballo della Rosa, ideato nel 1954 dall’indimenticabile Grace Kelly. La famiglia Grimaldi al gran completo – mancava solo Stefania – ha accolto l’ospite d’onore, e al tempo stesso realizzatore delle scenografie e coreografie dello spettacolo, il grande regista spagnolo Pedro Almodovar. Una scelta che ha provocato qualche mugugno in sala per alcune scene un po’ osé ma che ha divertito sicuramente i principi e la grande maggioranza degli ospiti presenti, tra i quali si notavano i gioiellieri Alberto e Giò Repossi, accompagnati dalla bellissima figlia Gaia, l’attrice svedese Victoria Silvstedt, con un bellissimo abito color rosa che ben si intonava con le oltre 10000 rose che abbellivano lo Sporting. La nostra Elettra Marconi, accompagnata da José van Roy Dalì, figlio del grande Salvador Dalì, anch’egli pittore di successo, sedeva allo stesso tavolo di Piero e Giuditta Manera, imprenditori televisivi piemontesi, ormai da tanti anni frequentatori del ballo monegasco. Il prelibato menù – rigorosamente spagnolo, per il quale ogni ospite ha versato 750 euro – vini e champagne esclusi – è stato apprezzato anche da un’altra coppia molto ammirata: Carolina ed Ernest August di Hannover. La mamma di Charlotte e Pierre, entrambi presenti al ballo insieme ai loro giovani amici parigini, è stata immortalata durante tutta la serata – come potete vedere qui di fianco – dall’amico Karl Lagerfeld, il quale non fa mistero di voler organizzare una mostra fotografica sulla famiglia Grimaldi. Ad aprire le danze sulla pista dello Sporting con Alberto non poteva che esserci lei, Charlene, la protagonista della serata. Gli occhi degli ospiti erano tutti puntati su di lei, che, stretta stretta al suo principe, non ha dato segni di stanchezza fino alle prime luci dell’alba quando ormai le speranze dell’annuncio di un matrimonio che tarda ad arrivare sono svanite, come le oltre diecimila rose che addobbavano la Salle des etoiles. A destra, dall’alto in basso: la famiglia Grimaldi, Karl Lagerfeld fotografa Carolina, Pedro Almodovar e il Principe Alberto II, Charlene Wittstock. A sinistra, dall’alto in basso: il Principe Alberto II con Rossy de Palma e Bianca Li, Giuditta Manera, Elettra Marconi, José Dalì, l’ereditiera colombiana Angela Gonzales Pizano, Victoria Silvstedt

Reality


Eventi

Un messaggio di fratellanza EDIT Redazione / PHOTO Fidapa

N

Fondazione Cerratelli. Nuove socie FIDAPA: Francesca Lemmi, Antonella Del Chiaro, Elodie Couad, Maria Teresa Caputo, Marily Manfrini, socia, Graziella Baracchini, Vice Presidente, Anna Romei, Assessore Provinciale di Pisa, Mafalda Inguscio, Presidente, Silvia Venturi, socia e Consigliere Distrettuale. A lato Cecilia Tessieri della maison Amedei con Mafalda Inguscio

ella prestigiosa sede della Fondazione Cerratelli la Fidapa sezione di Pisa ha celebrato la Cerimonia delle candele evento che ricorda la storia, le tradizioni ed il messaggio di fratellanza fra tutte le donne del mondo sotto la cui egida la Federazione è nata nel lontano 1928. La Presidente Mafalda Inguscio nel porgere il saluto di benvento alle autorità ospiti e socie ha ricordato la storia e gli ideali cui si ispira la FIDAPA, primi fra tutti i diritti delle donne la loro difesa e la loro piena affermazione nella società. La FIDAPA, ha sottolineato la Presidente Inguscio, aspira ad un mondo senza più barriere fra uomini e donne senza

più pregiudizi e senza più distinzioni di sesso di razza e di fede religiosa. Certamente si tratta di un percorso difficile che tuttavia la Fidapa affronta producendo iniziative pubbliche per allargare il dibattito su questioni di interesse collettivo seminando idee e proposte. Ed è anche attraverso il significato simbolico affidato alla accensione rituale delle candele dai vari colori che la Fidapa desidera affermare il proprio impegno per un mondo ed un futuro migliore più equo e solidale più libero dai pregiudizi e dalle divisioni. La cerimonia è stata l’occasione per la presentazione delle nuove socie: la dott.sa Maria Teresa Caputo cardio-

loga responsabile dell’Ambulatorio Donna e Cuore, la dott.sa Francesca Lemmi psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, la dott. ssa Antonella Del Chiaro medico e ispettrice CRI, la dott.sa Elodie Couaud responsabile settore Amministrativo Pisamo e per la consegna del riconoscimento Fidapa Donna 2008 attribuito a Cecilia Tessieri imprenditrice di fama internazionale e maitre chocolatier della prestigiosa maison Amedei, fiore all’occhello del Made in Italy. Alla serata è intervenuta la Scuola di Danza Ghezzi che con le bravissime ballerine ha realizzato un’apprezzatissima performance per l’accenzione delle candele.

60 anni dalla costituzione i diritti delle donne Il 3 giugno scorso presso il Palazzo dell’Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano a Pisa si è svolto un incontro organizzato dalla sezione pisana della federazione F.I.D.A.P.A. Durante la giornata sono intervenuti Alessandro Pizzorusso dell’Università di Pisa sul tema “La Costituzione Repubblicana nella storia d’Italia”, Virginia Masserini dell’Università di Pisa sul tema “Le donne e la Costituzione” e Chiara Grassi, Presidente della Commissione PP.OO. Donna Uomo Regione Toscana che ha presentato il volume “Donne elette in Toscana 1956-2006”. L’incontro si è svolto alla presenza di Mafalda Ingu-

Sopra: Benedetto Basile, Prefetto di Pisa, Mafalda Inguscio e il professor Alessandro Pizzorusso. A destra il Col. Valter Amodio, CAPAR e il Col. Paolo Telloni, 46a brigata aerea

scio, Presidente F.I.D.A.P.A. sezione di Pisa, Benedetto Basile, Prefetto di Pisa

e Marilù Chiofalo, Assessore Pari Opportunità Comune di Pisa. Reality


Eventi

A cena con l’autore TEXT Andrea Cappellano

N

ella serata del 24 maggio 2008 si è tenuto presso il ristorante da L’Antonio di Pietrasanta una cena conviviale del Lions Club Pietrasanta Versilia-Storica dove è stato presentato il libro del giornalista e scrittore Mario Bernardi Guardi dal titolo “Fischia il vento e soffia la bufera perché portiamo la camicia nera - Storie dalla parte sbagliata”

Una valutazione storica del nuovo libro di Mario Bernardi Guardi (Edizioni Nuove Idee); è intervenuto inoltre come ospite del Club il Prof. Carlo Venturini, ordinario di Istituzioni di Diritto Romano presso l’Università degli Studi di Pisa. Il Lions Club di Pietrasanta Versilia Storica è parte della rete mondiale del Lions Club International il cui principale scopo è quello di fare beneficenza (il Motto della associazione è We Serve) ma anche quello di stabilire una sede per una aperta discussione su tutti gli argomenti di interesse pubblico, con l’esclusione di quelli riguardanti la politica di parte ed il

Reality

settarismo confessionale. Erano inoltre graditi ospiti del Club di Pietrasanta il Presidente del Lions Club Genova Balilla 1743 Avv. Marco Marino e il direttore della rivista Reality. Nella splendida cornice del ristorante di recente apertura, splendidamente ricavato nel centro di Pietrasanta (al suo interno si trova una meravigliosa parte delle mura cittadine), con una cucina di pesce molto gustosa, un numero di circa 40 persone hanno as-

sistito alla presentazione del volume che è stato messo a disposizione del pubblico per l’acquisto da parte della libreria Tonacchera di Tonfano. Il Presidente del Club Andrea Cappellano ha fatto gli onori di casa agli ospiti, le rispettive signore ed a tutti gli intervenuti introducendo l’autore che a sua volta con grande “verve”, ha illustrato le motivazioni che l’hanno spinto a scrivere il libro. A seguire, è intervenuto il Prof. Venturini che ha dato una valutazione storica degli eventi ed un commento molto arguto al libro. All’intervento del Prof Venturini è seguito un vivo dibattito tra i due ospiti ed il pubblico con diversi spunti di riflessione sul periodo della 2° guerra mondiale e della Repubblica Sociale Italiana. La serata ha avuto un’ottima riuscita destando sicuro interesse tra gli tutti intervenuti e profonda soddisfazione da parte dell’autore.


TEXT&PHOTO Gianpaolo Russo

L’estate al Forte, che forte!

Dall’alto in basso, da sinistra verso destra: Gaia dell’Orto Serio, Liolà Furstenberg, Patrizia d’Asburgo, Guglielmo Giovanelli; Giuseppe Ferrajoli, Massimiliano Kornmuller, Luisa Boniver; Laura Ferrari Agradi e Oletta Citterio; Olimpia Rospigliosi e Allegra Corsini; Vittoria Colonna di Stigliano e Natalia Guicciardini Strozzi; Domenico Savini e Matilde de Medici; Filippo Serra e Ivana Romanello; Esmeralda Gerli, Katia Melzi d’Eril, Elettra Marconi; Yuri Buratti; Gianluigi Zucchini, Raimondo Balbo di Vinadio, Daniela Stagno d’Alcontres; Alberto e Ginevra Giovanelli; il Twiga; Orietta Boncompagni Ludovisi; La Capannina; Antonella Boralevi con Fernando Botero; Ornella Pontello e Diletta Frescobaldi; Giorgiana Corsini e Vanni di Filippo; Anna Corsini e Orietta de Ferrari

estate, al Forte dei Marmi, le giornate sono scandite da antichi rituali: dalla passeggiata in centro tra piazza Garibaldi, via Roma, via Mazzini, dove si trovano le boutique più chic, al tradizionale mercatino del mercoledì in piazza Marconi, che propone le ultime novità per uno shopping alternativo-chic. Di buona ora, dopo la colazione al centralissimo Principe, tutti si ritrovano nei bagni “storici”: il “Piero”, frequentato per lo più dalle grandi famiglie dell’imprenditoria milanese come i Moratti, ubicato tra l’ormai mitico bagno Comunale, dove tutti, ma proprio tutti, il giorno si ritrovano a mangiare le prelibatezze di Sergio, e il “Rosina” storico bagno - per pochi metri già nel Comune di Pietrasanta - frequentato dalle grandi famiglie romane della nobiltà come i Giovanelli, i Rospigliosi, i Ferrajoli, per niente intimorite dallo stile decisamente meno low-profile del confinante Twiga, scenario delle notti scatenate della Versilia, locale prediletto dal nipote di Guglielmo Marconi, insieme all’intramontabile Capannina di Franceschi, gestita da più di trenta anni dal vulcanico Commendator Gherardo Guidi. Al Forte, poi, per gli amanti della buona cucina, l’appuntamento immancabile di ogni estate è al bagno Roma di Levante per la manifestazione culinaria “ A tavola sulla Spiaggia” ideata 16 anni fa dal fiorentino Gianni Mercatali, mago delle pubbliche relazioni, organizzatore di eventi e grande esperto di enogastronomia, che fa sfidare , è il caso di dirlo, all’ultima forchetta, una squadra di signore e una di signori, con premiazione finale il giorno successivo in Capannina. Per l’aperitivo, o anche per il dopo cena, prima della discoteca, tappe d’obbligo sono il caffè Morin e l’Almarosa di fronte all’hotel che più di tutti ha conservato l’antico fascino della villeggiatura in Versilia, Villa Elena, gestita dalla famiglia Czeczott da oltre un secolo. Quando ormai si è fatto giorno, giovani, e meno giovani, per uno spuntino prima di andare a dormire, hanno solo l’imbarazzo della scelta fra cornetti, pizzette e bomboloni farciti di cioccolato del mitico Anacleto, dove si incrociano coloro che vanno a riposare e coloro che invece si sono appena svegliati. Reality


Eventi

Banca e cultura “I

EDIT Redazione

l fondatore della Banca Popolare di Lajatico, il Dott. Guelfo Guelfi, alla fine dell’800 sosteneva che il progresso dei popoli è un problema di educazione. Nonostante siano trascorsi 124 anni dalla sua nascita, Banca Popolare di Lajatico ritiene ancora che la divulgazione della cultura, nelle varie forme in cui essa si esprime, al pari dell’espansione economica e della crescita finanziaria, siano, siano state e saranno elementi fondamentali per lo sviluppo del nostro territorio, di coloro che lo abitano e quindi del tessuto economico e sociale”. Così parla il Presidente della Banca Avv. E. Fabbri sull’opuscolo realizzato in occasione dell’apertura della nuova filiale a Santa Croce sull’Arno (PI) avvenuta il 18 aprile scorso alla presenza delle autorità locali. L’Architetto Paolo Giannoni incaricato dell’allestimento ha ideato l’accostamento con le opere di Cristiano Banti, artista tra i più importanti nel panorama dei pittori Macchiaioli. Le preziose elaborazioni di Fulvio Leoncini, che ha eseguito anche un’opera di grandi dimensioni su una parete di cuoio, sono esposte all’interno dei locali, a disposizione di tutti coloro che apprezzano l’arte in tutte le sue manifestazioni. Il poeta Dino Carlesi parla così dell’evento: “una banca ha il dovere di occuparsi di cultura. Si pensa che sia utile promuoverla. Accende speranze personali, entra nella vita di ciascuno, ne esplora progetti e sogni, riaccende nell’uomo

iniziative e possibilità. Si tratta di conciliare eventi creativi con finalità utilitarie. Non bisogna dimenticare che il denaro si nobilita anche nel suo porsi e di proporsi nella società. Solo in nome della cultura La Banca di Lajatico ha dato vita al Teatro del Silenzio, ha creato gli eventi artistici di Venezia, Assisi, Pisa, Pietrasanta, Milano, Montecarlo esponendo artisti di fama mondiale come Mitoray, Cascella, Nall, Pomodoro, Chia, Canuti, Nespolo e Ditzler. Il denaro può farsi stimolo alla lettura artistica del mondo, fonte di spiritualità”. Reality


ARTE IN BANCA

OMAGGIO A CRISTIANO BANTI di Fulvio Leoncini da un’idea di Paolo Giannoni Fulvio Leoncini è nato a Empoli (FI) nel 1960. Pittore e incisore, risiede e lavora a Santa Croce sull’Arno (PI). Diplomato all’Istituto Statale d’Arte di Cascina (PI) ha esordito nel 1978 presso il G.A.D.A. di Firenze. Nel 2000 è tra i fondatori della Compagnia del Liberi Incisori e Varia Umanità a Santa Croce sull’Arno (PI). Nel 2003 viene inserito nel progetto multimediale Terre del Rinascimento per il Museo Leonardiano di Vinci. Ha tenuto mostre personali in varie parti d’Italia e ha partecipato a numerose rassegne in Italia e all’estero.

Le opere in queste pagine sono di Fulvio Leoncini

Banca Popolare di Lajatico Via XXV Aprile, 4 56029 S. Croce S/Arno (Pisa) Tel. 0571.360723 Fax 0571.367584 e-mail: filiale.santacroce@bplajatico.it


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MODA MOTORI La Moda sfila su ruote BACKSTAGE SHOW

MOTORI


MODA Un nuovo modo di fare moda. Una domenica all’insegna dei motori e della moda a Santa Croce sull’Arno in una location tutta particolare, siamo all’interno di un negozio dove lo sport è una filosofia di vita, motori e bici sono protagonisti e per un giorno anche la moda intimo e mare è presente insieme allo sport. Un giorno Marco Moroni di Giorno e Notte insieme a Stefano Taddei titolare del negozio mi hanno chiamato dicendo “vogliamo fare una sfilata fuori dai canoni, che ne pensi?”. L’entusiasmo ci ha travolto e abbiamo dato vita a questa sfilata coivolgendo anche altre attività quali: Ottica Cinerari, Profumeria Poli, Fiori e Colori, Pasticceria Loriana Betti. Ringraziamo chi ci ha vissuto con noi questa avventura e in particolar modo le ragazze del Biancoforno Volley che per un giorno sono diventate delle modelle. Ci auguriamo che questo sia l’inizio di una serie di appuntamenti. Margherita Casazza

MODA

La Moda sfila su ruote


Eventi

La regina di San Miniato TEXT Carla Uberti

U

na manifestazione particolare nella città di San Miniato “CINARYA” prima rassegna gastronomica organizzata dalla Condotta Slow Food di San Miniato e San Miniato Promozione. In questa iniziativa si è voluto valorizzare il “carciofo Sanminiatese” un tempo famoso in tutti i mercati della toscana.

Un omaggio al carciofo con il contributo gustoso dei migliori ristoranti del territorio Il carciofo è una pianta dalle origini molto antiche, le prime testimonianze ci arrivano da Teofrasto che già nel III secolo a.C. ne elogiava le qualità gastronomiche e terapeutiche, nel 1466 fu Filippo Strozzi a introdurre il carciofo in toscana e un secolo più tardi Caterina De Medici lo portò con sé alla Corte di Francia. Il carciofo è frutto di una continua selezione del cardo comune, se ne conoscono circa quattrocento varietà, in particolare il sanminiatese è frutto di una selezione di cardoni selvatici locali. Il carciofo sanminiatese si presenta con una forma tondeggiante, leggermente schiacciata ai poli, a giusta maturazione presenta un leggero buco centrale, le bratee sono molto serrate di un colore verde con striature più scure, violacee e fondamentale è l’assenza di spine. Il carciofo apicale da raccogliere quand o si è distanziato dal cespo ed è chiamato comunemente “mamma” raggiunge dimensioni ragguardevoli a volte anche i 40 cm di circonferenza e peso superiore al chilo. La seconda produzione sono i “figlioli” che hanno Reality

dimensioni e peso inferiori, la terza produzione sono i “ nipoti” che sono molto piccoli e destinati alla produzione di sott’oli. Il prodotto si presenta carnoso e morbido, di gusto sapido e molto tannico, ottimo se consumato crudo. Ogni produttore locale svolge una selezione genetica del prodotto, selezionando ogni volta i migliori Cardoni da trapiantare. L’impianto dei cardoni avviene verso la metà di settembre in buche profonde circa 20 cm, seguono alcune lavorazioni di allevamento, di concimatura e fondamentale è la scardonatura primaverile per alleggerire la ceppa. La raccolta avviene da aprile a maggio, in maniera scalare, prima la mamma e successivamente gli altri carciofi. I migliori ristoranti del territorio hanno aderito con entusiasmo a questa iniziativa promuovendo la rassegna con serate a tema e con menù degustazione dove sono stati presenti vari piatti con “il carciofo sanminiatese” dal 25 aprile all’11 maggio. La manifestazione si è svolta nella splendida cornice del Frantoio del Convento di San Francesco a San Miniato. La serata è stata organizzata in collabo-

razione con l’Istituto Statale d’Istruzione Superiore “F. Enriques” di Castelfiorentino (indirizzo alberghiero). Nella giuria erano presenti anche i docenti Luigi Gaglianone e Marco Nebbiani. I ristoranti hanno presentato un piatto-degustazione ed una giuria ha valutato le proposte premiando il miglior piatto legato “ai sapori della tradizione” ed il miglior piatto “legato al gusto e alla creatività”. Queste le specialità presentate dai singoli ristoranti: Antico Ristoro Le Colombaie: flan di carciofi su letto di crema di pecorino Ristorante Il Convio: fagottini di patate e carciofi in salsa di zafferano Osteria Fontevivo: gratin di crespelle con seppie e carciofi Ristorante Genovini: viti al ragù di carciofo sanminiatese e pecorino di fossa Osteria l’Upupa: agnello e carciofi premiato come miglior piatto per la tradizione Ristorante PepeNero: filettino di cinta ripieno di carciofo con mille foglie di patate - premiato come Miglior piatto per gusto e creatività.


Ristorante Pepenero Via IV Novembre 13 San Miniato (PI) Tel. 0571.419523

Antico Ristoro Le Colomabie Via Montanelli La Catena - San Miniato (PI) Tel. 0571.484220

QualitĂ da gustare

Osteria Enoteca L’Upupa Via A. Conti 15 San Miniato (PI) Tel. 0571.400429

Ristorante Genovini Via Balconevisi 2/12 San Miniato (PI) Tel. 0571.460116

Cucina tipica toscana



Economia

War on cash D

TEXT Carismi S.p.a. - Ufficio Marketing

al 1° maggio 2008 sono in vigore le ultime disposizioni in materia di antiriciclaggio che riguardano l’uso degli assegni bancari e del contante. Compilare un assegno diventa sempre più complicato e in alcuni casi più oneroso. L’indicazione del codice fiscale ad ogni girata ed il bollo di 1,50 euro ad assegno sicuramente porranno un freno all’uso di questo mezzo di pagamento per le transazioni più frequenti e di importo più basso.

La risposta CARISMI agli inasprimenti all’uso del denaro contante Gli italiani si trovano così di fronte alla necessità di modificare i propri comportamenti quotidiani utilizzando strumenti alternativi per i propri acquisti. La Cassa di Risparmio di San Miniato, per aiutare i propri clienti ed accompagnarli in questo passaggio culturale, ha dato il via ad un’apposita Campagna Commerciale, il cui slogan è appunto “SEMPLIFICATI LA VITA”, con la quale la Banca propone una carta per ogni cliente senza alcun costo per tutto il primo anno di utilizzo. Una politica, quella che tende alla limitazione del contante in circolazione, che va a beneficio anche della sicurezza, riducendo il rischio di rapine in Banca e di scippi a danno dei consumatori. Secondo una stima dell’ABI – l’Associazione Bancaria Italiana – il costo della sicurezza per ogni correntista ammonta a 23 euro l’anno, ben 5 volte di più del costo medio ad esempio sostenuto dalla Germania. Una voce di spesa che, se ridotta, potrebbe alleggerire in maniera considerevole il costo delle banche italiane e quindi la loro capacità competitiva.

Con questa azione commerciale la Cassa di Risparmio di San Miniato vuole contribuire alla divulgazione delle carte di pagamento e favorire un cambiamento nel comportamento almeno dei propri clienti. È noto, infatti, come sia ancora limitato in Italia il ricorso alle carte di credito ed al bancomat che sono usati solo nel 3% circa dei pagamenti. Dei 33 milioni di carte in circolazione solo la metà viene utilizzata almeno una volta l’anno, nonostante il numero di negozi che accetta pagamenti elettronici sia sempre più elevato e conti più di un milione di POS. Il problema è riconducibile ad una scarsa conoscenza dello strumento da parte degli italiani ed al timore di subire clonazioni o utilizzi fraudolenti delle carte. Ben vengano quindi iniziative come quelle della Cassa che favoriscono una “educazione” alla carta ed al suo utilizzo per ogni tipo di acquisto, anche per quelli di valore più contenuto. In tema di sicurezza viene incontro la SEPA, l’Area Unica dei pagamenti europea, che entro la fine del 2010 garantirà l’accettazione anche delle carte Pagobancomat in tutti i negozi dell’area SEPA, la dotazione del microchip – il sistema più elevato di sicurezza – in tutte le carte in circolazione e la possibilità di pagare e prelevare contanti dagli sportelli ATM in tutta Europa con le stesse identiche funzionalità e condizioni. Durante l’estate, in piena campagna carte, CARISMI – per prima in Toscana e terza in Italia - emetterà anche la nuovissima CARISMI LIFE, la carta di ultima generazione che utilizzerà V PAY, il nuovo circuito promosso da VISA per pagamenti a zero rischio grazie alla tecnologia “Chip&PIN”, che combina l’utilizzo del microchip e del codice segreto numerico, impossibile da clonare e a prova di furto. Una risposta, quella della Banca,

che conferma il suo ruolo di Banca di riferimento per la Toscana anche e soprattutto per aspetti legati all’informazione ed all’evoluzione sociale ed economica del proprio territorio di riferimento. Rientrano, infatti, in questo contesto anche iniziative e progetti di informazione specifica sull’economia, sul ruolo della banca e sull’utilizzo specifico delle carte di credito rivolte ai giovani ed al mondo della scuola, proprio per contribuire alla formazione di una cultura che veda nella carta lo strumento per effettuare tutti i nostri acquisti. 800717171 - www.carismi.it

Reality


Volontariato

Un sogno realizzato T

PHOTO Marco Bonucci

utto ha avuto inizio 4 anni fa quando il Presidente Luciano Battaglioli sognava una sede piu grande, moderna, strategica sulle vie di comunicazione, capace di rispondere al meglio alle esigenze sanitarie ed alle svariate necessità delle persone in difficolta. Contando sull’aiuto di pochi come il Comune, la Fondazione del-

Pubblica Assistenza: una nuova sede attrezzata anche per il primo soccorso la Cassa Risparmio San Miniato e alla caparbietà del Presidente Battaglioli hanno dato vita alle fondamenta di un grande sogno. Il 24 maggio scorso I’impossibile si è avverato, circa mille persone hanno partecipato al tanto atteso taglio del nastro, preceduto dalla benedizione di Don Romano; prima i ringraziamenti emozionati del Presidente e successivamente i saluti delle autorita presenti. L’Ambasciatore del Senegal Cheikh Saadibou Fall accompagnato dal Console Eraldo Stefani c dalla delegazione senegalese, il Presi-

Reality

Da sinistra: il Dott. Andrea Pieroni, il sindaco Osvaldo Ciaponi, l’ambasciatore del Senegal e il Presidente Luciano Battaglioli. Sotto: la nuova sede e il momento della benedizione di Don Romano. nella pagina seguente: gli interni della nuova sede

dente della Provincia Andrea Pieroni il Presidente della Fondazione CRSM AIessandro Bandini, il Consigliere Regionale Alfonso Lippi, il sindaco di Santa Croce sull’Arno Ciaponi Osvaldo, il Dr. Pappagallo Direttore del D.E.U. e della C.O. 118 delta A.S.L. 11, il Dott. Porfido Direttore Generale deIl’A.S.L. 11, Romano Manetti Presidente deIla PA.A.N.P.A.S. Regionale, Capo Gruppo C.A.U.S.F., autorità militari ed i sindaci di tiitti i comuni del Comprensorio. Finita la cerimonia dei saluti si sono aperte Ie porte della nuova sede della Pubblica Assistenza, progettata dagli architetti Paolo Giannoni e Marco Baldacci e impreziosita dai colori del pittore Romano Masoni ci troviamo davanti

ad uno stabile di grandissima qualita ricco di ambienti e strumenti di lavoro moderni e funzionali come l’Ambulatorio Continuità Assistenziale dell’A.U.S.L. 11, II Punto di Primo Soccorso il quale appena sarà operativo entrerà in servizio dalle ore 8 alle ore 20 di ogni giomo e dalle ore 20 alle ore 8 del mattino successivo sarà in funzione il servizio di Guardia Medica. Oltre ai servizi sopra descritti continuerà ad operare nell’assistenza domiciliare, nel’assistenza agli anziani, e nei trasporti sociali come e sempre stato fin dagli inizi. Questo è un evento, che arricchisce il mondo del volontariato del territorio voluto con tanta caparbietà dal presidente e dai volonrtari della Pubblica


LA STANZA DELLA MEMORIA Romano Masoni ha consegnato un silenzioso e drammatico, direi religioso concerto di segni: tracce parole immagini reliquie, e un suo dipinto consacrato al sentimento della fragilità che chiede lo slancio e il sostegno solidali, sotto specie di installazione permanente nella sala direzionale della nuova sede della Pubblica Assistenza, a Santa Croce sull’Arno. Ha allestito una “stanza della memoria” attingendo al teatro della storia figure e simboli del cinico martirologio che troppe volte si è rinnovato sulla scena del mondo. Certo non basteranno il monito e l’esorcismo dei versi di Pasolini di Fortini di Levi di Ungaretti, l’eloquenza delle foto di scena del teatro clandestino di Kantor, le drammatiche immagini delle violazioni perpetrate dall’uomo sull’uomo e sui popoli, a scongiurare il pericolo che riemergano e assumano nuove forme gli spettri degli orrori già consumati. Certo non basteranno il fremito di un segno inciso e la luce di un frammento di bellezza che dice l’anima delle cose. Ma è essenziale che un artista ancora affidi alle parole e ai segni il suo messaggio di speranza, che tale è il senso delle parole e dei segni da Romano Masoni affidati allo spazio della riflessione, nel luogo del suo radicamento e della sua passione artistica e civile.

Nicola Miceli

Reality


Tradizioni

La sesta volta di Porta Bernarda F

TEXT Giulio Panzani / PHOTO Foto Orsini

ucecchio. Palio 2008 ovvero la sesta volta di Porta Bernarda che ha tagliato per prima il traguardo seguita di misura da Massarella, dalla Raimonda e da Borgonovo in una corsa che ha tenuto tutti col fiato sospeso, data buona dopo una falsa partenza, quando già stavano scendendo le ombra della sera, e che ha visto in gara anche Ferruzza, Torre, Samo e Botte-

Un successo inatteso per il fantino Mulas che ha vinto nonostante la frattura al braccio destro ghe. Un successo inatteso, sia pure meritato, specie dopo che Mulas, il fantino bernardino, era stato travolto dall’effetto domino della caduta di Ricceri, portacolori di S.Andrea, alla prima batteria riportando la frattura del braccio destro col rischio, dunque, d’essere sostituito da una riserva com’è accaduto a Tittia, di Botteghe, rimpiazzato in finale dal giovane Federico Sanna. Sono state le immediate cure del medico di contrada, Alessandro Lotti, a consentire a Mulas, proveniente dalle corse regolari e per la prima volta ad un palio, un recupero sia pure temporaneo e che si è concluso con un exploit che aprirà al vincitore anche le porte di piazza del Campo. Il Palio 2008 è stato contrastato da una serie d’eventi inattesi: alla prima batteria, dicevamo, la rovinosa caduta di Ricceri subito alla curva nord e il coinvolgimento di altri quattro fantini, Tittia e Mulas –appunto- e poi Minisini e Migheli . Poi, una seconda batteria sofferta fra quattro false partenze, pur gestite dal mossiere Renato Bircolotti con grande professionalità, due richiami a Ferruzza, uno a Querciola ed uno a Cappiano, eccessivamente irrequieti, quasi un’ora d’attesa, e quindi la qualificazione di Massarella seguita da Ferruzza, Raimonda e Borgonovo tutte Reality

messe a dura prova dai problemi d’allineamento al canapo. La finale, dicevamo, si è protratta eccessivamente e forse avrebbe rischiato anche di saltare se altri impedimenti avessero allungato ulteriormente i tempi. Ma dopo le prime incertezze e un via subito annullato dal mossiere, Mulas, su Igor De Mores, ha acquisito, alla seconda partenza, un immediato vantaggio che non ha perduto neanche a fronte dello sforzo dei combattivi rivali la cui rimonta non è stata sufficiente a sottrargli la vittoria. Per Alberto Amadi, da poco alla guida della contrada con l’eredità difficile dei cinque precedenti successi di Beppe Bertoncini, si è trattato di un’affermazione di grande soddisfazione come pur per lo staff bernardino, dal capitano Francesco Bertoncini al barbaresco Anselmo Faraoni e ai rossoneri doc come Carlo Borgioli e Andrea Serafini. È stato quest’ultimo a ricevere il “cencio” dipinto da Dilvo Lotti, il grande maestro samminiatese, e a portarlo in trionfo nel tripudio del popolo della contrada commosso e quasi incredulo di essere passato al primo posto anche

nell’Albo D’Oro. Un ringraziamento, pero’, i dirigenti l’hanno tributato allo staff della stalla, col veterinario Spinelli, un altro senese di rango cui si deve se Igor De Mores è giunto in perfetta forma all’appuntamento nella Buca. Meno entusiasmante, purtroppo, la vicenda del corteo storico in programma al mattino con un’imponente organizzazione costata a tutte e dodici le contrade mesi e mesi di preparazione. Il maltempo dei giorni precedenti la domenica aveva fatto lasciare in sospeso la decisione, da prendersi dalla Malvolti insieme ai responsabili della sfilata dei vari rioni, sull’affrontare o meno il rischio della pioggia. Una scelta difficile, per la quale si sono dati appuntamento, alle 5 del mattino dello stesso 18 maggio, tutti i soggetti coinvolti che pero’, visto il cielo minaccioso, hanno deciso di soprassedere. Soprassedere ma non rinviare perché i problemi connessi al “richiamo” dei circa 1200 figuranti per una delle settimane successive sono apparsi insormontabili, tecnicamente parlando, agli organizzatori. Cosi’ come è apparso evidente, a


mente fredda, che trascorso il momento clou della corsa e smentite le pur caute previsioni della vigilia, era andata perduta anche quella tensione emotiva indispensabile - nelle contrade - a un’interpretazione efficace dei vari “quadri” storici, affabulatoria come in un vero e proprio teatro di strada, che è poi la peculiarità del Palio fucecchiese sicuramente tale, inutile negarlo, proprio nel “corteggio” e assai meno nella Buca D’Andrea dove i giochi senesi tengono banco al canapo e in pista. Certo: non sono mancate le polemiche come quella scatenata da Marco Puccinelli, coreografo e regista della sfilata di Samo, la contrada che dopo la delusione nella corsa, dov’era considerata fra le piu’ accreditate, avrebbe voluto almeno imporsi in quella grande kermesse che è appunto il corteo, anche a costo di effettuarla al primo pomeriggio del Corpus Domini. Ma le altre contrade sono state di diverso avviso salvo dare mandato a Michela Malvolti, in veste di presidente del comitato organizzatore, di modificare per l’anno prossimo il regolamento per trovare una data alternativa al Palio in caso d’impedimenti dovuti al clima. Ma attenzione: solo per la sfilata o per questa e per la corsa insieme? L’interrogativo darà sicuramente adito a discussioni e contrasti, perché non sarà di facile soluzione. Il che è prerogativa di chi gestisce la manifestazione, compito senz’altro di grande prestigio ma anche oneroso e complesso.



Tecnologia

Quando il cliente è una “firma” I

l cliente tradizionale della Conceria sta cambiando, non tanto per l’utilizzo finale della pelle, quanto per la natura del cliente; questo non è più solo chi produce il manufatto, ma anche e sempre più la “FIRMA”, che sviluppa l’idea, crea il campione e poi lo vende tramite la Sua rete di agenti.

L’ultima evoluzione è l’utilizzo del mondo web: pubblicare documenti ai quali i clienti possono accedere con una password La produzione viene demandata a terzi approvvigionandoli con il materiale che la stessa ordina o fa ordinare alla Conceria; se poi si considera che la ditta che produce ed effettivamente utilizza la pelle può essere fuori dall’Italia, spesso in Asia, aumentano le procedure informatiche da gestire, se spedizione e fatturazione fanno carico alla Conceria stessa. Tutto questo sta producendo un profondo cambiamento nel suo sistema informativo in quanto il rapporto con le “Firme” è molto più dinamico e la Conceria deve essere in grado di scambiare con loro ed in maniera automatica tutta una serie di informazioni che vanno dall’acquisizione dell’ordine, la sua produzione nella varie fasi, fino alla sua spedizione finale. Inoltre tutto il ciclo di lavorazione per chi produce per il settore moda è molto più frastagliato per la va-

riabilità degli articoli e dei colori e generalmente più complesso e qualitativamente superiore dovendo rispettare degli standard di qualità elevati in tempi di consegna sempre più ristretti. L’ultima evoluzione, per snellire il sistema di comunicazione fra Conceria e Cliente, a maggior ragione se questo è una “FIRMA”, è quello di utilizzare il mondo web; in pratica la Conceria per evitare un aumento del lavoro al personale interno usa il proprio sito internet per pubblicare tutta una serie di informazioni commerciali, quali fatture, stato degli

ordini, listini ecc. alle quali il Cliente accede con una propria password. Con lo stesso sistema il Cliente può immettere i propri ordini ricevendone conferma per e-mail una volta che sono stati processati dalla conceria. A tutte queste esigenze già risponde il software della SUED, Business Partner IBM, sviluppato in anni di collaborazione con le concerie del comprensorio Toscano e referenziato in più di cento installazioni, sia in ambiente iSeries/i5 IBM, che personal computer integrato con AD-HOC Revolution, software gestionale della Zucchetti.

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Lineapelle spring-summer 2009

TENDENZE

Un incontro importante per Lineapelle: l’intervista allo stilista Scervino della griffe Ermanno Scervino condotto dalla giornalista Eva Desiderio caporedattore moda del quotidiano La Nazione. Una griffe, Ermanno Scervino, che si è imposta reinventando forme e volumi con materiali innovativi e sperimentali, i suoi ricami sono capolavori interamente fatti a mano, le passamenerie gioielli. Una lavorazione ad arte per l’esaltazione delle tradizioni artigianali del vero Made in Italy. É soprattutto la pelle che Scervino ha saputo esaltare con ricercate elaborazioni ed applicazioni, creando dei capi unici. Un intervista che ha ripercorso la sua carriera ed il suo rapporto con l’affascinante mondo del pellame. I valori che accompagnano la nostra pelle sono quindi, tradizione, professionalità, creatività, innovazione, protezione ambientale e soprattutto artigianalità; un valore aggiunto che si riflette sui manufatti al consumo, diventando un fattore competitivo sui mercati.

A sinistra lo stilista Scervino, sopra con la giornalista Eva Desiderio. A lato momenti dell’incontro e della fiera



STAND

ASTORIA

ITALCALF

SATURNIA RGM

DOLMEN

RINALDI

SU UN VECCHIO BASTIMENTO, SU UNA NUOVA FERRARI TEXT Luciano Gianfranceschi / PHOTO Mauro Rossi e Ufficio stampa A bordo della nave della moda, che da Lineapelle s’è mossa per la stagione primavera-estate 2009, succede come su i bastimenti diretti all’estero nel secolo scorso, quando partivano le persone anziché il pellame. Chi sta a poppa con lo sguardo volto indietro, nell’angoscia della nostalgia; e chi a prua con la curiosità del nuovo, nella speranza di una fortuna migliore. Tra i conciatori prevarrà il rassicurante buon mondo antico, oppure il rischio e l’ebbrezza del futuro? IN LAVATRICE. Perché non fanno scarpe da buttare in lavatrice, e calzare come nuove? “Con i nostri mezzi vitelli, ci siamo arrivati”, racconta Piero Lassi alla conceria Astoria. Il procedimento convince i giovani che guardano alla praticità.

CERCATORI D’ORO. I clienti sembrano cercare l’oro? “Non lo sanno nemmeno loro”, risponde con un gioco di parole che racconta la realtà, Chiara Barsali, da Testi & Montanelli. Aggiunge Simone Nieri: “Li attrae il colore, qui vanno sul sicuro”. ARTIGIANATO FIORENTINO. Il nome della conceria Pontevecchio richiama l’artigianato. “Lo applichiamo alle croste: dapprima con procedimenti tecnici innovativi, poi in rifinizione manualmente” raccontano Alessandra Pintarelli e Giulia Dell’Unto. CALCETTO. Come mai la vernice continua ad essere richiesta, mentre in passato costituiva una fiammata? “Gli incrociati sono più morbidi e meno delicati” risponde Graziano Caponi alla conceria

FRATELLI NAZZI

Saturnia, mostrando una scarpetta viola da partite di calcetto. ARREDAMENTO. Lo stilista Roberto Serio ha trovato alla conceria Dingo pellami che stimolano l’immaginazione. “Un articolo da arredamento vivace, intrecciato e laminato, su mezzi vitelli: vedrete i divani” dice a Graziano Bellini. IL PREZZO È INGIUSTO. Ovocaprini a tutto stand. “Ma il rapporto qualità prezzo è soppiantato - ammette Renzo Parenti, alla conceria RGM - da quello per le esigenze del cliente sul mercato”. LA DANZA DEL SERPENTE. L’ultimo trend? Rettili, pitoni veri, sfumati nelle tonalità. “Inoltre - dice Pietro Giananti, conceria Dolmen - abbiamo la vetrina di Mauro Volponi a Forte dei Marmi, nelle spire della moda”.

SAN LORENZO

NATHALIE NUOVA OSBA

IMPERO

SAMANTHA

SCIARADA


MANGUSTA

DINGO

TESTI & MONTANELLI

PONTEVECCHIO

FRATELLI ROSATI

POVERO DOLLARO. Un cliente americano da 200 mila borse a stagione, non sa come fare. “Seppur incantato dal colore rosa, s’è arreso - racconta Paolo Rosati della conceria Fratelli Rosati - . Non tanto per il prezzo in euro, quanto per il cambio del dollaro”. Aggiunge la signora Manuela Bracci: “Non può permettersi di andare fuori mercato, di rischiare di vendere la metà”. LUCERTOLA AL SOLE. La stampa lucertola è un classico. Ma alla conceria Nathalie vanno oltre. Racconta Paolo Bendinelli: “Dopo la stampa, su capra, la pelle viene rigonfiata: proprio come la lucertola vera. Valorizza le borse con iridescenza solare”. LO SPESSIMETRO. Misura anche l’ottimismo? “Sembra che ci possa essere un

po’ d’interesse – risponde Matteo Bertini (conceria Fratelli Nazzi), anche se non finalizzato all’immediato”. AL CONTRATTACCO. “Le concerie non hanno perso quote di mercato, è la domanda che si è contratta - osserva Alessandro Francioni, presidente dell’AssoConciatori -. Lavoriamo in difesa, pronti al contrattacco”. Il direttore Piero Maccanti analizza: “Le idee sono abbastanza chiare, al di là delle tendenze, e l’interesse anche in questo momento resta alto”. Nello stand Sanlorenzo, c’è anche il sindaco Osvaldo Ciaponi: “Una congiuntura di condizioni poco favorevoli”. ESPERIENZA CREATIVA. Verniciati, semilucidi, abrasivati. “Si tratta di mezzi vitelli, frutto di una lavorazione lunga ma abbastanza semplice”, sorride Enrico

ALASKA

E. & V. PANCHETTI CONS. D. & CO.

Panchetti (conceria E. & V. Panchetti). IN BIKINI. Anche chi soffre di allergia, può indossare la pelle. “È certificata Icec anti dermatosi allergica da contatto, perché senza metalli pesanti – dichiara Giovanni Marrone, conceria Impero -. Vale anche per il divano e la spalliera del letto”. GRIFFE. Le indicazioni sono contrastanti. “Stanno toccando anche il mondo dorato delle griffe” osserva Attilio Gronchi, presidente del Consorzio Conciatori di Ponte a Egola. Analisi condivisa dal direttore Damiano Ciurli, presso la conceria Samanta: “La Cina si è un po’ fermata insieme al mercato americano. Serve una ripresa internazionale”. SCAMOSCIATO. Mostra uno scamosciato a conciatura


EUROFUR

MB3

MONTANA

chiara, Renato Di Sandro, alla conceria Sciarada. “Non si poteva fare, finora, al cromo. Meno cangiante, oltre che scrivente e con tatto particolare”. DYNASTY ROSA. Dopo la vernice che ha fatto un paio di stagioni, si prospetta un vuoto? “Il cambio va verso shearling, merino nazionale, canguro”, risponde alla conceria Eurofur, la giovane Valentina Cerrini, figlia di Sergio. EPPUR SI MUOVE. Valerio Nuti, decano dei chimici del cuoio, alla conceria MB3 scommette su “il naplack, gli stampati, il liscio per borse ben costruite”. Conferma Antonella Molinaro che la clientela risponde. NOZZE D’ORO. Mezzo secolo festeggia la conceria Rinaldi. Cominciò a Fucecchio, poi nel 1964 la prima costruzio-

ne di quella che è diventata una Spa. Il ricambio generazionale? Stefano Rinaldi, Alessandro Brillanti, Paola Brillanti, Andrea Campigli, Fabrizio Rinaldi. TEST. Abrasivati, articoli naturali, ritorno al classico. “Pellami che nascono testati dal calzaturificio Harris, in scarpe da produzione e non soltanto campionario”, racconta Maila Famiglietti alla conceria Nuova Osba. BANZAI. Alla conceria Montana, Andrea Ghizzani – presidente del Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale (26 aziende, un fatturato di circa 163 milioni e 500 mila euro) - ribadisce: “In giugno 2008 la conferma che il Giappone è una roccaforte, siamo più che mai protagonisti a Tokio”.

I PRIMI 40 ANNI. Lorenzo Banti, che alla conceria Alaska sta soppiantando il genitore Beppino giunto a quarant’anni d’attività, va sul sicuro: “Vitelli degradè sui laminati, perlati e invecchiati”. LA FORMULA. “I clienti trovano nel Comprensorio articoli che hanno sempre qualcosa di diverso, e di più, rispetto alla stagione precedente – conclude il manager Franco Donati, al Consorzio D. & Co. che raggruppa le concerie Upimar, Golf, Lufran, pH -. I concorrenti poi ci arrivano, ma come in Formula Uno noi dobbiamo essere di nuovo un po’ più avanti”.

U n convegno organizzato dall’UNIC in occasione della fiera di Bologna nella giornata inagurale di LINEAPELLE. La conceria è un arte antichissima, di cui si possono trovare testimonianze in ogni parte del globo, ma che in Italia ha saputo raggiungere livelli di eccellenza ineguagliabili, che ancora oggi caratterizzano le imprese del settore. L’UNIC è l’associazione che dal 1946 rappresenta a tutti i livelli, le imprese italiane del settore: l’incontro di Bologna ha lo scopo di illustrare i ritrovamenti archeologici di complessi conciari dell’antica Roma. Pompei, Milano e Roma, infatti, ci hanno regalato testimonianze di alto valore storico e industriale del grande momento dell’arte del cuoio nella cultura romana, allorchè il settore conciario e pellettiero vengono inquadrati in vere e proprie corporazioni, con regole e statuti di comportamento e riconoscimento. Sono intervenuti al convegno Paola Rispoli della Sopraindendenza Speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, il responsabile del progetto di restauro, il direttore del centro Jean Berard di Napoli, Jean-Pierre Brun, specialista in artigianato dell’antichità, l’archeologo Stefano Musco, la dott.ssa Angela Caspio della Sopraindendenza Archeologica di Roma e il dott. Bruno Cortese dell’Associazione Italiana chimici del cuoio.Lo scrittore giornalista Alberto Angela,che con il suo intervento ha fatto rivivere la vita quotidiana di una antica città romana, anche nei suoi aspetti legati al mondo del lavoro.



Industria

Pelle in rosa TEXT Francesco Turchi

ve

al C a r a i h C

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r o M a i z i r tti & Pat

nti anni tanza di ta hiara is d a , ia i». Tuttav ventura, C he lla sua av accor- s e ti d ualc e io ro iz o n v dall’i scelta: «Q pialsiasi la a i a u n u s q io iz la in b e com e le am voro mi n rinnega tti i sogni ten- no a il mio la tu ri M i n . ssere o m n ’è a c e M h o . zzati ifetto di e mors li ri d L a gi c a il re a o h re im e e s s rt ra è a es llis : da una p uguale, ma dall’alt ato un be - possono e v c to o ti tr l o e ià h d g : a v o’ n la ata figlia atrizia ave ’in- sempre un p ntatto co . go fortun P o c te o n d a e n i a d e s u n e ip e questo vero che biente». Q i di esperienza all storica” d , direi ch n a Cmc am a anche le n ri d a lare e la “ ra e n e c 5 ie n n 1 z e o a c g to ra lla e donne: ta in gente. In azione de sigliare all e voretti e matu ella Cmc, è arriva : tr n o lv is o a in c in C h a c m d c ra m a v L’a od Chia – ce n un lavoro a di Gio ro mani: ercorsi tern de Chiara alvet- è iara, figli C lu h c C la n ondiviè nelle lo provengono da p o e ta c h n c – o n ensiero c anzi on- a – racc p c ri o n , o io e tt U M n n . tu n » io i ia e z iù d c iz a e o tt ip ha una Patr oltre un d fazioni del «Ho fatt ntralino alla bolle posata e rebbero d a s d è i a s e e m h c m i, , e 2 is enza c d izia di divers . ti – Dal i consegu o da Patr perienza lemi e sod d le s s b e ra ’e ro h e n c p n a u e s e r o n g i e n o n n in rie di op sp divido lia di 16 a su una se entare re el settore i- passand g d iv e fi m n d e fa io a i e z ro ll d n o o e e n a v att odi, fi nd ri e d loro la essere m ne però l’ o ta nell’azie seguito il all’estero porti con i fornito ro p a e tr b n b e in re è re Chiara dei rap nto delle i che dov aver con Ma entra : «Ne bile l’inserime il aspett o dopo i qualità. fa it d n i re i b i n o ri u c n n o s a v e io z a 3 fa a li 1 le c , a g er ibilità de ragioneria a e abbiamo certifi dalla porta princip , non dà ficati p a dispon i ll d a , a a ie li m z ig lo ra e m a G as dip r la aziend di figlia del padron unque donne: « ’aiuto della mia fa mia rlato in c e a p p e o m m ia A i ll ” m abb ione. a “timbro gi, che co che il titolari e a guire la crescita d he esta decis ei vantag re l’Isef, m d se an fa do c to preso qu ’è to n c a iu : lt c gare un so ho potuto e. Ma cre e pia e z b n e n b e lo re re o n ig e a c s o s fi tt s e s if o d are a ara ue verità r il mio c bbe pens aglia. Le o non si p glia e le s e h fi d re , p e e ri ’ n , m o ia g io il p a o iz ll m is n n e b d orall’i i fa poi, u generale, li dei mie . Con un rattutto a è rovescio e p ig in il s o ia s n ib iz o s a o tr c s n n a i e u a P r fl po’ pe che ha ditta». rio più si incontr una realtà entrare in Cmc dal 1980: tà i- un ora c in i i d re tr p o n i lt e it e p o c s ella a dei com nni: quand ndente d ei primi a , storia e ognuno h d una dipe o m s ia l’entus routine «Ricordo bentra la u s o p m poi col te

Lorenza Tempesti

Dalla farmacia alla conceria. Senza rim- gl pianti. Tredici i, ma ho contin anni fa, Lorenz uato a fare la pe a ha lasciato il proprio lavo ndolare: «No. andavo in mac ro per iniziare china fino a Po Quando si fann una nuova po avventura nell’ nte a Elsa, bi o delle scelte i prendevo il tr azienda di fam so non gn a mai guardars en o iglia. E ha pi per Poggibonsi portato il suo i alle spalle e m aceva e lo face . modo di lavora M i te re etin vo di sc co re us , di con- Che n passione». cepire la conc sione quello ch eria, all’interno cosa l’ha spinta e si è deciso. Ricordo co della “co- «N a cambiare? stola” della Te n piacere i ve el 1995 un soci mpesti spa ch nt’anni trascorsi in farmac o dell’azienda e dirige. to Moglie e mam ia. Ma ora mi de si è da fa ma di conciato tpa dico con rt tu e. tt C o ’e il mio impegn ra bisogno di ri, Lorenza pr si è ritagliata o alla conceria me e ho E la eso questa de un ruolo di pr ». fa m ci sione». iglia? imo piano U nel settore, po n lavoro compl rtando un tocc «I m ie i et fig am o li sono adulti. di “rosa” «S ente diverso... all’interno dell’ Quando erano ì. E mi sono do azienda. più piccoli e la vuta abituare Tra lei e la conc voravo a Pogg gr mente. In farm adual- avuto eria non è stat ibonsi, ho acia avevo il co il sostegno de o amore a re prima vista... ntatto di- ha lla famiglia, ch tto con le pers e mi aiutato a cres one, anche se «Io facevo un cerli. Ora è pi non lavo- m ravo al banco: altro lavoro. U ù fa a cile, è e anche vero ch poi ero nel pa na volta diplomata, avev e sono facilitat ese dove fa sono nata e o vinto il conc tt a o dal qu di otidianamente orso per un non essere un posto nella farm vedevo usci tanta gente. a dipendente acia comunale re Q ui di : , ec nell’azienda di i minuti prima di Poggi- Gra bonsi, città do non è un promsci, abbiamo via blema». ve sono nata e 6 cresciuta. ca dipendenti e pr E sono rimasta mente vedo so ati- Cosa c’è lì per vent’ann ltanto loro. Non di suo all’inter i. Nel frat- fa tempo mi sono è stato «L’org no dell’aziend cile abituarsi a sposata e ho av a? anizzazione. questo cambiam uto due fi- H Mi piace l’o ento». Non a dei rimpianti? rdine. abbiamo anco ra raggiunto il simo, ma in qu masesti anni abbi amo otte-

Reality


-17, una -13 e 14 invece 8 io p m per ese casa e , come re fuori o p t nze di a m z e z s e p e le esige ent rio s m re a a ic d t n a r o c e lla sinè p re di ass arlo a livello de a mamma rc e c e p luzioni rebb ente non ercare delle so bisogne m a r ia ha h c na. C i, Patrizia erebbe n n n g una don a o i is t s b e bia nda: tti qu utti i cam et a gola azie rritoriale». In tu n o s r te prima pe conciario in gen a livello ivere in v i d o d o il settore arte è più avuto m investito lare: «Da una p o n n a h nza ine o concorre in partic menti ch e ro t r o v fo la la quindi n suo erché co miare sui costi e n gli rale e il p , re a r lavo di rispar lavorare oggi co sdifficile si cerca , le a mpo proce n io ternaz stesso te e impossibile: il o ll a a ttori i. M bb tutti i se o it sui temp i un tempo sare t s e v ti d che ha in lavoro». strumen e il mio zazione, h iz c t n a a m r o t so di info a, ha rivoluziona nd dell’azie

nuto risultati important i in questa direzione. Da quando sono arrivata ho riorganizzato la conceria e l’unica cosa della quale non mi occupo è l’amministrazion e. Per il resto, per esempio, abbiam o standardizzato il lavoro : prima un giorno di assenza di un dipendente poteva me tterci in difficoltà, perché soltanto lui magari sapeva fare una certa cosa. Ora questo non acc ade più, grazie alla divers a organizzazione, fondamentale per una piccola azienda». Nel suo ufficio non ha un computer... «È vero. In farmacia lo uti lizzavo ogni giorno, ma qui è diverso. Ho un modo tutto mio di organizzare il lavoro e il pc non è necessario: in quest o modo mi sento più libe ra». I suoi figli, entrambi masch i, lavorano nell’azienda di famiglia. Se avesse una figlia le consiglierebbe di lav orare in conceria? «La lascerei scegliere. È vero che è un settore mo lto “maschile”, ma se le piacesse, sarebbe libera di farlo».


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Industria

Le donne in conceria

TEXT Andreas Quirici

L

Da quando le donne partecipano attivamente alla vita in azienda, la pelle ha acquistato molto in fatto di gusto Azzurra Giannoni - Conceria Tuscania

e donne in conceria sanno quello che vogliono. Specialmente quelle che da pochi anni si sono affacciate a questa realtà e la guardano con gli occhi di chi ha le idee già abbastanza chiare. Azzurra Giannoni, Silvia Rigatti, Valentina Cerrini, Carla e Michela Donati sono le protagoniste di questa sorta di resoconto del mondo della pelle in rosa. Un mix tra preparazione

prof di inglese e per un breve periodo ci sono anche riuscita”. Azzurra si occupa di commerciale, ma anche di sviluppo dei campionari ed è responsabile della qualità. “Difficile dire di cosa mi occupo – spiega - nessuno credo nelle nostre aziende abbia un ruolo chiuso e poco flessibile. Siamo un po’ factotum”. Silvia Rigatti è entrata invece alla conceria Stella, quella di famiglia, quasi per scherzo. “Mi sono laureata in economia e commercio all’Università di Firenze – racconta – e pensavo che sarei diventata una manager. Poi,

Difficile dire di cosa mi occupo, nessuno credo nelle nostre aziende, abbia un ruolo chiuso e poco flessibile. Siamo un po’ factotum Silvia Rigatti - Conceria Stella di base molto qualificata, un senso invidiabile di appartenenze all’azienda e una visione sul futuro senza dubbio positiva, ma soprattutto propositiva. Vari livelli di studio, esperienza di varia natura e poi finalmente in conceria. In quella di famiglia, dove c’è un sacco da fare, ci si occupa un po’ di tutto e si ha a che fare con qualcosa d’innato e proprio del mondo femminile: la moda. “Da quando le donne partecipano attivamente alla vita in azienda, la pelle

L’obiettivo è sempre quello di migliorarsi e il futuro di questo ambiente credo stia nella specializzazione e nell’ottimizzazione dei costi Valentina Cerrini - Conceria Eurofur

Studi una soluzione su una pelle, la proponi, la migliori e alla fine la vedi esposta in una vetrina importante di New York Carla Donati - Conceria Lufran ha acquistato molto in fatto di gusto”, dice Azzurra Giannoni, 37 anni della Tuscania industria conciaria, maturità scientifica, laurea in lingue, varie esperienze di studio all’estero e una parentesi da insegnante d’inglese, prima di entrare in azienda nel 2000 e non uscirne più. “Come penso tutti i ragazzi del Comprensorio – racconta - siamo cresciuti a pane e pelli. La conceria è da sempre il nostro mondo. Ricordo che da piccola mi divertivo con traspallet e capre. Devo dire che non ho mai odiato

il mondo conciario. Anzi, mi è sempre piaciuto accompagnare mio padre alle manifestazioni fieristiche. Ero ancora una liceale quando frequentavo Lineapelle, anche se non sono nata con la vocazione conciaria. La mia aspirazione era di far l’insegnante. Volevo fare la

ho cominciato ad avvicinarmi all’azienda che non conoscevo assolutamente, perché mio padre non parlava molto di lavoro quando rientrava a casa. Mandavo curriculum in giro e intanto cominciavo ad aiutarlo a lavoro. Poi ho cominciato a seguire qualche fiera, finché non ho cominciato ad occuparmi di commerciale e campionature, abbracciando però un po’ tutte le sfere del lavoro in conceria. Un aspetto che ancora mi manca, specialmente in maniera approfondita, è la produzione. Seguire l’iter di un prodotto dall’inizio alla fine è qualcosa che ti offre il termometro di ciò che accade in azienda”. La pensa così anche Valentina Cerrini, laurea in biologia ed esperienze varie, sia dal punto di vista delle certificazioni che nei prodotti chimici, prima di approdare alla Eurofur, l’impresa di famiglia. “Seguo i campionari – dice – ma anche la parte commerciale. Sono Reality


I una donna concreta, pragmatica e non molto una creativa, anche se è chiaro che mi piace seguire l’aspetto moda di un prodotto. Finché, però, non ci si occupa di produzione non si riescono a comprendere molti dei meccanismi che regolano una conceria. E io sto lavorando proprio per questo, inizio a seguire da vicino la parte produttiva, per poi gestire l’azienda. Del resto è normale avere ambizioni di questo genere in un contesto come quello che viviamo noi ogni giorno. L’obiettivo è sempre quello di migliorarsi e il futuro di questo ambiente credo stia nella specializzazione e nell’ottimizzazione dei costi, effettuando operazioni mirate e concrete”. Vivere la moda da dentro è un po’ il segreto dell’ottima riuscita delle donne in conceria. Un tema a loro affine e a cui hanno saputo dare valore aggiunto. “Mi ha sempre affascinato questo ambiente – sottolinea Carla Donati che insieme alla sorella Michela lavora alla Lufran, la conceria di famiglia – ed è chiaro che ho studiato e lavorato sodo per arrivarci. Ho studiato al Polimoda, laureandomi in marketing proprio per avere una base da cui partire per entrare in

Reality

azienda. All’inizio non è stato affatto facile, perché mi ritrovavo a relazionarmi con persone più esperte di me. Poi con il tempo le cose sono migliorate, consentendomi anche una maggiore sicurezza nell’affrontare determinate situazioni. Il fatto però è che questo lavoro ha un fascino particolare. Studi una soluzione su una pelle, la proponi, la migliori e alla fine la vedi esposta in una vetrina importante di New York. Sono sensazioni impagabili”. È davvero una grande soddisfazione riuscire a creare qualcosa di unico e inimitabile. Specialmente quando si esce dalla logica del cliente-fornitore. “Non è più tempo di voli pindarici – riprende Silvia Rigatti – e finché si resta solo aziende che vendono la pelle a un nome della moda lo spirito creativo e la possibilità di collaborare attivamente con un cliente resta limitata. Quando però si raggiungono intese che vanno al di là del lavoro con un’impresa di prodotti finiti si raggiungono obiettivi comuni con un lavoro collettivo che non ha eguali. La creatività in contesti come questi assume dimensioni enormi, regalandoci grandi soddisfazioni. Ma quanto è difficile coniugare lavoro e famiglia?

“Purtroppo dice Azzurra Giannoni l’handicap femminile è proprio quello di dover scegliere, o la carriera o la famiglia. Difficile poter portare avanti entrambe senza sacrificare niente, ma alla donna viene dato un carico maggiore, perché è costretta a dover scegliere”. La ricetta di Carla Donati e di Silvia Rigatti, invece, è quella di fidarsi. “Credo che famiglia e lavoro possano coesistere – dice la prima – certamente quando c’è da lavorare si lavora, ma penso che il segreto stia nel creare un team di persone di cui fidarsi. Una squadra a cui l’imprenditore dà la direzione da intraprendere, ma che alla fine va avanti da sè”. Un aspetto importante, “perché si tratta di un’azienda che non può dipendere esclusivamente da una persona. Accentrare troppo le decisioni su un singolo – spiega Rigatti – non credo sia molto giusto. Serve un team che lavori all’insegna del tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile. In questo senso, coniugare lavoro e famiglia per una donna è possibile e gratificante. Mi rendo conto che si tratterebbe di cambiare molto del concetto di fare impresa nel Comprensorio del Cuoio. Ma noi donne siamo qui apposta,


Industria

Assegnato all’ASSA il premio Toscana Ecoefficente TEXT Mauro Manzi

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a scelta dell’ASSA operata all’inizio degli anni 2000 di ideare, progettare e realizzare la propria sede sociale con caratteristiche proprie degli edifici passivi tedeschi ha avuto il giusto riconoscimento da parte della Regione Toscana con l’assegnazione del Premio Toscana Ecoefficiente 2007/2008 ritenendola una delle 10 azioni eccellenti di sostenibilità ambientale a livello regionale da pubblicizzare, divulga-

Il rispetto per l’ambiente e l’innovazione tecnologica premia sempre re e far imitare. La premiazione si è svolta il giorno 24 maggio 2008 nella suggestiva cornice della Fortezza da Basso di Firenze nell’ambito della annuale edizione di Terra Futura. Il premio si inquadra in una più ampia opera di attenzione verso la nostra realizzazione sia da un punto di vista tecnico-scientifico (esame in occasione del I° Convegno Nazionale Case Passive 2007 tenutosi a Rovigo nell’ottobre 2007 ed in occasione della 12° Conferenza Mondiale Case Passive di Norimberga dell’aprile 2008), che mediatico-culturale (Premio Toscana Ecoefficiente 2007/2008): questo perché è stato il 1° edificio passivo costruito nell’Italia Centrale, in una zona climatica completamente diversa e meno rigida da quella dell’Europa CentroSettentrionale dove questa tecnica costruttiva è nata e si è sviluppata. I risultati ottenuti nell’estate 2007 e nell’inverno 2007/2008, registrati dal sistema di monitoraggio installato nell’edificio, confermano inconfutabilmente i rilevanti risparmi energetici estivi ed invernali calcolati già in fase progettuale. Particolarmente sbalorditive sono risultate le prestazioni riscontrate nell’inverno 2007/2008, allorché la temperatura

interna all’edificio è sempre risultata superiore a 18, 2°C senza l’intervento delle pompe di calore di cui è dotato, ma con il semplice utilizzo dell’impianto di ventilazione con recuperatore di calore ad alta efficienza che ha assicurato un perfetto ricambio dell’aria all’interno dell’edificio, senza la necessità di aprire le finestre che avrebbero inevitabilmente determinato un’inaccettabile perdita di calore. Inoltre le applicazioni di fonti rinnovabili di energia, come l’impianto fotovoltaico da 5 Kwp o i tubi di luce per l’illuminazione naturale diurna degli ambienti bui esaltano, in questo tipo di edificio, le proprie prestazioni, consentendo una produzione di energia superiore alle reali necessità, in termini di climatizzazione ottimale degli ambienti interni. Con la nostra realizzazione crediamo di aver dimostrato nei fatti che il risparmio energetico e le applicazioni di fonti rinnovabili di energia nel settore edile e la loro estensione nel settore industriale e

nei trasporti, con adeguati contributi pubblici, può consentire all’Italia il rispetto dei limiti alle emissioni di CO2 ed al consumo dei combustibili fossili previsti dal Protocollo di Kyoto e dalle direttive, con limiti ben più elevati, della Unione Europea al 2020. Per meglio argomentare ed illustrare a tutti i tecnici, amministratori pubblici, forze politiche e popolazione la nostra realizzazione e le possibili ripercussioni del risparmio energetico e dell’utilizzo di fonti rinnovabili di energia in edilizia, nel settore industriale e dei trasporti è stato previsto, con l’insostituibile contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, un convegno che si terrà sabato 20 settembre 2008 a Santa Croce sull’Arno con annessa mostra, che proseguirà anche domenica 21 settembre, con l’intento di aumentare la conoscenza e la cultura senza la quale la nostra civiltà non potrà assicurare un tenore di vita accettabile alle generazioni future. Reality


Ambiente

La qualità energetica degli edifici TEXT Federico Ghimenti Delta Consulting

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egli ultimi anni ci sono state importanti disposizioni normative riguardanti il contenimento del consumo energetico nelle costruzioni. Il Decreto Legislativo 311 del 29 Dicembre 2006 è l’atto finale con cui lo Stato italiano ha recepito la Direttiva Europea 2002/91/CE sulle prestazioni energetiche in edilizia. Con il D.P.R. n.412/1993 è stata introdotta la Classificazione Climatica dei Comuni Italiani. Gli oltre 8000 comuni sono stati suddivisi in 6 zone climatiche. Gli ambiti di intervento considerati all’interno del D.Lgs.311/06 risultano estesi alla gran parte delle opere:

• edifici di nuova costruzione e impianti in essi installati • edifici che subiscono ristrutturazione o manutenzione straordinaria parziale o totale • edifici che subiscono ampliamenti di volume • nuova installazione di impianti in edifici esistenti • edifici esistenti in caso di compravendita o locazione Il comprensorio del cuoio rientra in zona climatica D e pertanto il fabbricato deve rispettare il valore limite della trasmittanza delle strutture in funzione del tipo di componente come indicato

Reality

nella tabella sotto riportata. Per poter soddisfare questi requisiti prestazionali si deve partire dal progetto dell’involucro edilizio e dell’impianto di termocondizionamento. Non è infatti più sufficiente realizzare solo il progetto delle strutture in cemento armato ma si deve soprattutto scegliere i materiali da costruzione, gli infissi e gli impianti capaci di incidere sull’efficienza energetica dell’edificio. Negli ultimi tempi stanno avanzando materiali ecocompatibili a basso consumo di energia, realizzati con materie prime esistenti in abbondanza in natura. Il certificato energetico di un edificio valuta l’efficienza energetica e aiuta a prevedere i costi di gestione dal punto di vista del consumo di energia. È possibile calcolare il fabbisogno medio di riscaldamento ed energia di un edificio ed effettuare una comparazione tra diverse costruzioni. La Provincia che più delle altre si è attivata in tal senso è quella di Bolzano. Dal 12 gennaio 2005, in Alto Adige lo Standard minimo per le nuove costruzioni per avere l’abitabilità e la concessione edilizia è la realizzazione di una casa capace di consumare meno di 7 litri di gasolio per ogni metroquadro di superficie utile nel periodo annuale di riscaldamento (CasaClima C, di Agenzia CasaClima).

Potete contattare i nostri tecnici che saranno lieti di darVi maggiori informazioni. Questo è il primo articolo di una serie prevista per aumentare la sensibilità verso la tutela ambientale e per far luce sulle nuove disposizioni normative tecniche. Nella prossima uscita si parlerà delle prestazioni acustiche degli edifici.

DELTA CONSULTING S.r.l. Via Puccioni, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (Pi) Tel. 0571 34503 - Fax 0571 34504 www.consultingdelta.it


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Sensi

di Margot

Qui, come armonie riposano gli indaffarati silenzi

le fatiche della vittoria

i tenui sapori del mondo

Qui, dove si annida l ’anima


Hotel Vedute

Green Resort

I

GREEN RESORT

mmerso nel verde della campagna, posto in una posizione strategica che permette di raggiungere con facilità sia le maggiori città di interesse turistico sia le principali aree industriali della Toscana potrete trovare l’Hotel Vedute. Un albergo in cui si fonde la tradizione e il futuro; una struttura classica negli arredi con finiture eleganti che ricordano le antiche ville inglesi unite alla modernità dei servizi offerti e alla tecnologia che vi avvolge. Un luogo ideale per qualsiasi viaggiatore, dalla famiglia che desidera rilassarsi in mezzo al verde, all’uomo d’affari preso dal mondo frenetico, a chi vuole conoscere a fondo la nostra bellissima Toscana. L’Hotel offre ai suoi clienti numerose attività e servizi per il tempo libero: un centro ippico con la possibilità di effettuare lunghe passeggiate a cavallo nei boschi circostanti, una scuola di equitazione, una piscina dove rinfrescarsi in mezzo al verde, un campo da tennis e un campo da calcetto. E’ possibile prenotare inoltre escursioni guidate e visite ai musei. L’ Hotel riserva uno spazio importante all’arte esponendo nei saloni quadri di noti artisti sia italiani che stranieri. Vernissage e cocktail sono appuntamenti frequenti. Nello stesso complesso si trova il Club Le fonti del Benessere, un’oasi di pace e di relax per il fisico e la mente dove potersi rifugiare e farsi coccolare. Il benessere e la bellezza per il proprio corpo permette di ritrovare energia e vitalità per affrontare al meglio la vita. L’ambiente umido e ricco di profumi esotici dell’Hammam, pratica che viene da molto lontano, affascinerà anche voi come migliaia di persone con il suo rituale in cui la cura del corpo e il relax della mente si mescolano insieme. Trattamenti detossinanti, fanghi termali, massaggi rilassanti e tonificanti. Per non perdere l’allenamento anche lontani da casa il club mette a disposizione una palestra attrezzata con macchine di ultima generazione. Ed ecco l’appuntamento per l’estate 2008: una nuova filosofia di vita vi aspetta allo Zen, uno spazio nato da un idea di Patrik Ray, Federico Scavo e Marco Del Lama, fondatori del Trilogy Club. La

GREEN RESORT


filosofia secondo cui è stato progettato lo Zen nasce da un nuovo concetto in cui un’atmosfera minimalista, dalle linee pulite e sinuose si sposa con la sensazione morbida ed intrigante tipica dei locali di Miami. L’architettura dell’ambiente si ispira al Feng-Shui, i percorsi armoniosi e le linee solide infatti convivono perfettamente nell’equilibrio tipico della filosofia orientale da cui prende spunto il nome del locale. L’uso di materiali naturali e la scelta di arredi monocromatici soffici, di veli e di un‘illuminazione soffusa mirano a ricreare le atmosfere tipiche delle feste negli hotel della costa americana in cui sensazioni oniriche e vagamente intriganti si ricollegano allo stile elegante e prezioso dell’albergo. La domenica, da giugno a settembre, mezzogiornomezzanotte, 12 ore di musica non stop a bordo piscina con i migliori dj’s, cocktail and food. Dal lunedì al sabato invece lo Zen sarà un ambiente “lounge” in completo relax, un salotto a bordo piscina immerso nel verde con musica in sottofondo e candele profumate, un’atmosfera ideale per l’afterdinner. Serate speciali il martedì e venerdì con dj set e artisti a rotazione di fama nazionale.

HOTEL VEDUTE - Via Romana Lucchese, 114 - Loc. Vedute - 50054 Fucecchio (FI) Tel. 0571 295011- Fax 0571 287414 - Info & Reservations: 0571 295011 e-mail: info@hotelvedute.com

Federico Scavo, Patrik Ray e Marco Del Lama

Zen Lounge

Foto Fischio


Semplicem TEXT Paolo Pianigiani / PHOTO Amedei

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iamo nella casa del cioccolato: qui tutto è dedicato al profumo, al colore, alla passione per questo prodotto straordinario, che ci accompagna da sempre, almeno da quando le navi di Colombo lo portarono dalle Americhe, come dono degli dei. Siamo con Cecilia Tessieri, creatrice insieme al fratello Alessio della ditta Amedei di Pontedera, che anche quest’anno, ed è il terzo consecutivo, si è aggiudicata il primo premio assoluto, a livello mondiale, per la qualità del suo cioccolato. Ci racconta con semplicità la sua storia, Cecilia, cominciando dal sogno di una bambina: diventare una ballerina

Il cioccolato più buono del mondo si racconta: incontro con Cecilia Tessieri di danza classica, avendo come riferimento Carla Fracci. È una strada dura e rigorosa, che prevede terreni pieni di ostacoli e che abitua al sacrificio, e a sopportare dolore e privazioni. Stare sulle punte non è un gioco, bisogna essere molto motivati per arrivare. E, naturalmente, è importante la collaborazione con il gruppo, per rendere lo spettacolo della danza una magia ricca di armonia e di equilibrio. Una esperienza che le è servita, poi, nelle scelte importanti che sono seguite. Dopo il liceo scientifico, gli studi universitari, interrotti per impegnarsi, insieme al fratello Alessio, nell’azienda di famiglia, la Tessieri, presente nel settore alimentare dolciario. A un certo punto, verso la fine degli anni 80, in famiglia cominciò a nascere l’idea che era necessario cambiare strada, cercare un nuovo mercato, che richiedesse una tipologia di prodotto più elevata. Subito chiara l’intuizione, che si rivelerà vincente: il cioccolato, ma solo di altissima qualità. Nasce la Amedei, che si chiama così in

omaggio alla nonna materna, signora Vendica, alla quale i nipoti hanno voluto dedicare la nuova impresa di famiglia. I ruoli vengono così divisi: a Cecilia la definizione dei prodotti e la direzione della produzione, ad Alessio la parte commerciale e la ricerca della materia prima, i semi del cacao. All’inizio la produzione riguarda solo le praline, realizzate a mano una per una, da un dipendente, utilizzando una sola macchina. E Cecilia si mette in viaggio, per capire e sapere, nei paesi dove è più sviluppata la presenza di aziende del settore dell’alta pasticceria, dove c’è tanto da imparare: il Belgio, la Svizzera, la Francia. Per fortuna conosce benissimo il francese e si trova subito a suo agio. I viaggi per Alessio sono più impegnativi e lo portano lontano, alla ricerca dei preziosi frutti del cacao nei luoghi di produzione, per stringere accordi con i contadini e i piccoli produttori delle terre d’oltreoceano, del lontano Venezuela, della Giamaica, dell’Ecuador o del Madagascar. La nicchia del mercato dove la Amedei comincia a muoversi risponde subito bene. Crescono i clienti, cresce la richiesta. Il mercato tradizionale del cioccolato ha le sue leggi, le grandi aziende, e anche le piccole, hanno rinunciato ormai da anni alla tostatura dei semi, affidata ad aziende esterne. Il lavoro è tutto legato al marketing dell’immagine e alla pubblicità esasperata. Certo conta anche la qualità, ma l’attenzione maggiore deve per forza cadere sul costo delle materie prime, e sull’automazione delle procedure di produzione. È la legge dei grandi numeri. In totale controtendenza, la Amedei ritrova il gusto e il profumo di tostarsi in casa i semi della pianta, che arrivano via aereo o via mare. I semi di cacao, selezionatissimi, provengono da piantagioni seguite da vicino da Alessio Tessieri, che è riuscito a cre-


are rapporti diretti con i produttori, conquistando la loro fiducia, non solo pagando prezzi maggiori e più giusti di quelli imposti dai brokers, ma soprattutto con un rapporto umano che va al di là delle esigenze immediate e garantisce una collaborazione futura e, in alcuni casi, esclusiva. Per le lavorazioni, assolutamente artigianali, sono state recuperate macchine antiche, ormai fuori produzione. Macchinari usati, riportati in vita e restaurati alla perfezione. Alcuni hanno ancora i fregi tipici dell’epoca liberty: sono dei primi del ‘900. Mentre racconta, Cecilia socchiude gli occhi, ti coinvolge, quasi ti fa riprovare le sue emozioni, quelle che l’hanno aiutata a fare le scelte giuste. È stato un ripercorrere la strada all’indietro n e l tempo, a recuperare tradizioni p ro d u t t i ve, che non hanno nulla da spartire con la velocità o con i risparmi di scala. Unica protagonista, l’assoluta qualità del prodotto, per differenziarsi dal resto del mercato. La scelta di chi acquista Amedei è la stessa di chi sceglie un vino unico e d’annata, o di chi seleziona, in una libreria, un libro d’autore, e non guarda nemmeno da lontano la copertina coloratissima dell’ultimo volume imposto

dalle televisioni. È una scelta di cultura, di sapienza, di conoscenza. Il cioccolato viene così percepito come momento di puro piacere, con tutte le caratteristiche tipiche del godimento: l’abbandono, l’ascolto interiore,

l a sottile armonia che ti invade quando entri in contatto con la perfezione. E naturalmente, proprio come per il vino, non conta mai la quantità. Se mangi una pralina qualsiasi, che sia al caffè o al gianduia o al cherry, senti subito il bisogno di sfogliarne un’altra: una tira l’altra come si dice. Invece e ad esempio, con queste scaglie, leggere come il pensiero, non si tratta di mangiare: qui si degusta, si assapora, si sogna. Il gusto si appaga, rimane la sensazione di completezza che ti arricchisce e ti fa ritrovare l’armonia delle cose buone

del mondo. Chiudo l’incontro con una domanda, legata alla recentissima affermazione della Amedei, il premio assegnato dalla Chocolate Academy di Londra, per il Toscano Black 63, giudicato quest’anno il miglior cioccolato al mondo. Cecilia, come si sentirà quando, a Londra, le consegneranno il primo premio? Quest’anno, a differenza dei due precedenti, andiamo a Londra a ritirare il riconoscimento. Sentirò tutto l’orgoglio di rappresentare la nostra azienda, tutti i nostri collaboratori, i nostri fornitori lontani. Sarà la vittoria di un sogno, lungo quasi venti anni, che ha trovato il riconoscimento da parte della massima autorità nel settore. Riporterò in Italia il premio, come stimolo per tutti noi a continuare sulla nostra strada, sulla lunga e difficile strada del cioccolato di qualità. E per me sarà come realizzare il sogno di una bambina che amava la danza, e desiderava l’impossibile: l’applauso del pubblico più raffinato del mondo, quello del Bolshoj di Mosca.

Reality Foto Alena Fialová


Piaceri di palato


Gusti e piacevolezze di Romano Franceschini di Claudio Mollo e si ha la fortuna di arrivare al ristorante fra i primi clienti, si riesce a portare via a Romano Franceschini e a suo figlio Roberto, qualche minuto in più della loro proverbiale cordialità, in un locale, ristrutturato qualche anno fa e reso oggi ancor più elegante e raffinato. Spazi, colori e punti luce attentamente studiati ti bendispongono a quello che seguirà poi nei piatti. Dopo i convenevoli si inizia a dare una sbirciatina al menu, che racconta di una cucina marinara, innegabilmente legata alla tradizione viareggina. Tradizione che però da Romano, pur non venendo snaturata, si trasforma e si affina grazie alla lunga esperienza nel saper gestire il pesce e i tanti modi di cuocerlo, che la moglie Franca, artefice della cucina, trasmette quotidianamente ai clienti sotto forma di piacevoli rivisitazioni. Con lei la figlia Cristina specializzata soprattutto nei dessert; altro punto fermo del ristorante. L’impronta culinaria si può quindi definire creativa, ma non delude neanche i più tradizionalisti, la scelta in carta non manca e la qualità è massima. Grazie soprattutto alle quotidiane battaglie che Romano in persona è costretto a fare con i pescatori che ogni mattina mettono all’incanto il meglio del loro pescato per i ristoratori viareggini, costretti a difficili accordi e contrattazioni per riuscire ad avere le migliori pezzature ma soprattutto una costanza nelle forniture delle varie speci di pesci, molluschi e crostacei. Ma nonostante i tanti anni continue lotte e fatiche per


Piaceri di palato

(Immagine tratta dal libro “Romano il gusto della Versilia” edito da Gribaudo)

dare sempre il meglio, a Romano fare il ristoratore piace, eccome! Una vita dedicata a soddisfare i gusti di amici e clienti. È con piacere che ti racconta quando, nel lontano 1966 ha avuto inizio l’avventura che avrebbe coronato un suo grande sogno, tenuto caldo negli anni in cui lavorava da dipendente, attento e curioso osservatore di tutto ciò che vedeva fare in cucina e ritrovava nei piatti finiti, da ricordare e mettere poi in pratica nel suo futuro locale. “I piatti di allora – dice Romano – erano semplici e schietti. Non era ancora in voga l’elaborazione culinaria e per la maggiore andavano gli spaghetti alle vongole il fritto misto e tanti pesci alla griglia. Poco dopo il nostro esordio nella ristorazione viareggina, io e mia moglie ci accorgemmo però di avere una gran voglia di cambiare modo di cucinare, per realizzare piatti più curati nelle cotture, leggere e profumate e più eleganti nei sapori, tutto questo però senza andare a snaturare le nostre tradizioni. Il passaggio, come tutte le cose nuove, portò entusiasmi e diffidenze, applausi e critiche, che nell’immediato ci crearono qualche problema con parte della clientela, ma ormai il dado era stato tratto e non si poteva tornare indietro, ma a giudicare dai risultati ottenuti fin qui, pare che la scelta fatta tanti anni fa sia stata la più giusta”. Una cucina di livello non poteva che essere accompagnata da una cantina di livello, misurata e pensata con criterio, senza esagerazioni ma ben fornita. Non manca praticamente niente del panorama vitivinicolo nazionale, con ottimi fuori pista internazionali. Le oltre 1.000 etichette disponibili in più annate, sono mantenute alla giusta temperatura in un locale adiacente al ristorante, selezionate e seguite attentamente da Roberto.

Altro orgoglio della famiglia Franceschini, l’appezzamento di terreno nella zona di Montecarlo di Lucca, dal quale producono un interessante DOC Montecarlo Bianco, 6.000 bottiglie circa, rivolte esclusivamente alla clientela del locale. Una volta conosciuto meglio il locale e coloro che gli danno vita, risulta evidente che la forza del ristorante Da Romano, sta nella famiglia, che proprio perché molto unita è riuscita a mantenere nel tempo una costante qualitativa che ha permesso al locale, nonostante la crisi della ristorazione di pregio, di rimanere sulla cresta dell’onda. Per avere un’idea di cosa mangiare da Romano, vi potrei consigliare di iniziare con dei calamaretti ripieni di verdure e crostacei, proseguire con dei maltagliati alla viareggina con vongole gallinella e molluschi e come secondo lasciarvi andare su degli sparnocchi con fagioli cannellini, pomodoro e basilico conditi con un delicatissimo extravergine d’oliva. E per dessert? Questo lo lascio scoprire a voi, dall’intrigante elenco dei dolci che Romano o Roberto ti portano a fine cena, sorridenti e consapevoli di suggerire la conclusione più giusta per mettere l’animo in pace con il mondo.

Ristorante Da Romano Via Giuseppe Mazzini, 122 - 55049 Viareggio (Lucca) Tel. 0584.31382 - Fax 0584.426448 www.romanoristorante.it - info@romanoristorante.it


di Claudio Mollo

GUSTOvagando

RISTORANTE L’ENOTECA A MARINA DI PISA Sulla via principale che da Marina di Pisa torna verso Pisa, c’era un enoteca molto conosciuta che però aveva il vizio di dar da mangiare cose diverse da quelle che di solito si trovano nelle enoteche. Pochi taglieri e molta cura nei piatti che Paola, lo chef ha sempre realizzato. Curati e interessanti, come i prezzi che li affiancano sul menu. Sempre nuovi e sfiziosi e accompagnati da una selezione di vini inviadiabile, con oltre 1.000 etichette. Per non parlare dell’altra lunga lista di distillati e superalcolici di pregio. A tutto quello che si beve provvede Pippo, che coordina anche il servizio di sala. Pippo e Paola, gestiscono da tempo questo conosciutissimo locale, che le guide stesse, hanno promosso da enoteca a ristorante; in stile rustico, caldo accogliente e riservato, con pochi coperti e ampi spazi. In estate è disponibile un dehor per piacevoli cenette al fresco dell’adiacente litorale. Ristorante L’Enoteca - Via Maiorca, 95 - Marina di Pisa - PI - Tel. Fax 050 35443 - Aperti solo la sera, con prenotazione.

IL PIACERE DEL FORMAGGIO A LATTE CRUDO Ai piedi di Volterra, sul versante pisano della Val D’Era, si trova il caseificio Castrogiovanni Maria. Le produzioni ottenute da latte proveniente dalle oltre 400 pecore e 50 mucche sono di particolare pregio. Siciliani doc, Maria e il marito Michele sono riusciti in pochi anni a ricavarsi senza troppa fatica, uno spazio nel già ristretto panorama di chi produce pecorino toscano di alta qualità e basta fare qualche assaggio dei loro formaggi per capire di che cosa stiamo parlando. Gli animali, che godono dei migliori pascoli delle colline volterrene e dei boschi adiacenti a Soiana, offrono in cambio un latte ricco di profumi, quei profumi che le stagioni regalano ancora a chi ha la voglia e la costanza di cercarli e si traducono in formaggi che sono una vera e propria festa per il palato. Ai pecorini si aggiungono ricotta, mozzarelle e provole. Az. Agr. Castrogiovanni Maria - Podere Era, 49 - Loc. Villamagna - Volterra - 0588 33032 - 328 0951623.

L’ORO VERDE DEL MONTALBANO Tra le produzioni oleiche della Toscana, quelle del Montalbano si uniscono in coro a quelle più note delle provincie di Lucca, Firenze e Siena, senza per questo arrivare seconde in fatto di qualità organolettiche. L’azienda agricola Bardelli Giuliana di Larciano, località posta poco sopra Vinci e più in lontananza Lamporecchio, hanno molto da raccontare in fatto di qualità. Prodotto emergente del panorama oleico regionale, l’olio “Al Casolar de no’ Altri”, si presenta con caratteristiche qualitative che lo annoverano tra le produzioni I.G.P. della Toscana. Una tradizione di famiglia quella della coltivazione dell’oliva della famiglia Bardelli che in questi ultimi anni si è arricchita della collaborazione di Andrea e Lucia Pieraccini, figli della proprietaria che, insieme al marito, continua a curare in modo quasi maniacale la produzione del suo extravergine. Si producono un blend e due monocultivar. Bardelli Giuliana - Via S. Lucia, 245/A - Larciano - PT - Tel. Fax 0573 83052 - www.olioditoscana.eu.

UNA SINFONIA DI GUSTI A SAN MINIATO Sono quelli di Sergio Falaschi, noto - ormai in tutta Italia - artigiano del gusto, esperto nella lavorazione e stagionatura di carne di suino. La sua grande passione per il buono l’ha portato in breve tempo ad essere considerato un punto fermo della produzione artigianale regionale, tanto da essere chiamato a testimoniare questa qualità in molte parti d’Italia, ultima la sua presenza a Identià Golose, iniziativa internazionale di chef e gastronomia che si svolge ogni anno a Milano, nella quale si raccontano e si presentano autori e prodotti fra i più corteggiati nel panorama italiano e internazionale. La lavorazione molto curata e una stagionatura attenta, danno vita ad una assortimento di salumi degno dei migliori gourmet, con raffinati fuori pista come il salame misto pecora o “al vino”, la spuma di gota e tante altre prelibatezze che conquistano chiunque le assaggi. Salumeria Falaschi - Via A. Conti, 18/20 - San Miniato - PI - 0571 43190

A VILLA MASSA A SORRENTO UN PREGIATO LIMONCELLO Nel cuore della penisola sorrentina l’azienda Villa Massa interpreta attraverso i suoi prodotti la profonda tradizione del luogo con una delle più conosciute e apprezzate produzioni di Limoncello, quello vero! L’inconfondibile qualità del famoso liquore a base di limoni si unnisce alle suggestive atmosfere di uno delle più belle e amene località d’Italia, fatta di natura spettacolare e mare color cobalto. In questa terra meravigliosa, Sergio e Stefano Massa (nella foto) hanno dato vita ad una azienda produttrice di Limoncello e pochi altri liquori di elevato standard qualitativo. Antiche ricette di famiglia per un liquore che potremmo definire “monocultivar”, visto l’unica tipologia di limone con il quale viene prodotto: l’Ovale di Sorrento, prodotto in zona ed esportato in Italia e all’estero con il marchio I.G.P. Villa Massa - Via Mortora S. Liborio, 126 - Piano di Sorrento - NA - Tel. 081 5333282 - www.villamassa.com

LA SECONDA STELLA DI LUCCA Si chiama Butterfly e si trova poco prima di Marlia, sulla strada che dalla città si incammina verso la Garfagnana e l’Abetone. Piccolo tempio della cucina lucchese-creativa è gestito da Fabrizio Girasoli. chef patron e dalla moglie Mariella che si occupa della sala. Il locale, ricavato all’interno di un vecchio casolare contadino e disposto du due piani più una mansarda: elegante, rustico, caldo e intimo. In carta è prevalente la cucina marinara che la fantasia dello chef propone in interessanti mix con le verdure, mentre per gli amanti della carne non mancano proposte realizzate con grande misura di cotture ed esaltazione di sapore. La qualità e la scelta dei prodotti utilizzati è scandita dalle stagioni e le tante attenzioni rivolte al cibo e all’accoglienza ha portato il Butterfly a conquistare la sua prima Stella Michelin, entrando a far parte di quei locali che hanno qualcosa in più da offrire al cliente. Ristorante Butterfly - S.S. del Brennero, 192 - Marlia - LU - Tel. 0583 307573 (aperti solo la sera).


16° GIRO DELLA TOSCANA-MEMORIAL SILVANO BROGI Una manifestazione organizzata dal U.S.C. Santa Croce sull’Arno legata anche quest’anno alla Fondazione Arpa. Una gara che comprendeva diverse tappe. Alla partenza 155 atleti e 39 squadre provenienti da tutta l’Europa 1a Tappa Cerbaie di Lamporecchio-Cerbaie Ordine di arrivo: 1. Tosh Van Der Sande(Bel-Avia Cycling Team) 2. Jouffroy (Fra-Le pomme Marseille) 3. Clausen (Dan Glud & Mastrand)

2a tappa Terranova Bracciolini-Malva

Ordine di arrivo 1. Sebastian Lander (Dan-Glud & Mastrand) 2. Vogrinec (Slovenia) 3. Sbaragli (Ambra Vangi)

3a Tappa Montecalvoli - Montecalvoli

Ordine di arrivo: 1. Tosh Van Der sande (Bel-Avia Cicling) 2. Ulivieri (Pedale Castanese) 3. Sorrentino (Arianna Rimor)

4a Tappa Rosignano Marittimo-Rosignano Marittimo

Ordine di arrivo 1. Thomas Op De Beck (Bel-Avia Cicling) 2. Jouffroy (LaPomme Marseille) 3. Draperi (Grassi Pratese Stabbia)

Ed è stata nell’ultima tappa che si è deciso in volata sulla collina di Rosignano Marittimo la sorte della corsa una tappa di vibranti emozioni che ha visto protagonisti il belga Tosh Van Der Sande, leader della corsa, ed il francese Arnaud Jouffroy che ha prevalso sul belga, costretto al cambio della bici a causa della rottura del cambio. (Foto: Alfio Pellegrin)


IL XXX TORNEO UNDER 18 DI SANTA CROCE SULL’ARNO Oltre 200 atleti di 48 Paesi hanno partecipato alla kermesse internazionale giovanile toscana nelle qualificazioni del torneo riservato ai talenti emergenti del tennis mondiale che vede alla sua partenza, 64 partecipanti maschili e 48 femminili. Il brasiliano Henrique Cunha e la britannica Johanna Konta sono i vincitori del XXX Torneo internazionale under 18 ITF, anteprima esclusiva del Trofeo Bonfiglio di Milano e tra i primi quattro tornei juniores al Mondo sulla terra rossa. Il trionfo in campo maschile del tennista carioca, 18 anni, seguito in questa parte di stagione dal team ITF di Ivan Molina, è stato meritatissimo contro uno Stebe reduce da 3 tornei ITF consecutivi. La maggiore esperienza e una superiorità fisica che si è tradotta in un gioco più incisivo e potente, hanno permesso a Johanna Konta, australiana che vive a Londra con doppio passaporto, di festeggiare nel migliore dei modi il suo 17° compleanno, vincendo il singolare femminile a Santa Croce sull’Arno, prima britannica nella storia del torneo (64, 64 sulla connazionale 14enne Laura Robson). Laura Robson (allieva di Olga Morozova) chiude con un bilancio brillante il suo torneo, non solo per la finale raggiunta, ma anche per la conquista della Coppa Beppe Giannoni, riservata come ogni anno all’atleta più giovane arrivata nei quarti di finale. (Foto: Massimo Covato)

Risultati Singolare maschile: Cunha (Bra) b. Stebe (Ger) 60, 76. Singolare femminile: Konta (Gbr) b. Robson (Gbr) 64, 64. Doppio maschile: Kontinen/Arevalo (Fin/Esa) b. Pauffley/Willis (Gbr) 63, 64. Doppio femminile: Kompies/Lalami (Ina/Mar) b. Zanevska/Jovanovski (Ukr/Srb) 64, 76.


VOL - CANIA 2008: RADUNO INTERNAZIONALE DI ULTRALEGGERI

Castelfranco di Sotto in provincia di Pisa ha accolto il Raduno Internazionale di veicoli ultraleggeri. L’azienda francese Raid Air, che ogni anno organizza dei tour per deltaplani e autogiri in Europa. Quest’anno il signor Bruno Picot, pioniere del volo ultraleggero mondiale, ha deciso di portare la manifestazione in Italia. Il Rotor Center, il cui presidente Marco Savoia è stato promotore dell’evento, è un club che promuove il volo di ultraleggeri e rappresenta l’unico distributore ufficiale per l’Italia per gli autogiri della Ela Aviation e della Sport Copter. Il campo di volo del Club è in via Aiale. La manifestazione si è svolta con il patrocino del Comune e ha accolto amanti del volo provenienti da Belgio, Francia, Germania e Svizzera per la prima tappa del tour che toccherà varie cittadine dell’italia quali Nettuno, Napoli, Scalea, Catania, Ancona e Lago Trasimeno. Ritorneranno per la tappa conclusiva a Castelfranco di Sotto. (Foto Olimpia)

Reality


Un pò di storia... Le materie prime

Ma quali sono le materie prime per ottenere i profumi? Si tratta prevalentemente di sostanze di origine vegetale a volte molto rare o difficili da raccogliere che rendono di conseguenza molto costose le fragranze ottenute. Alcune delle fonti più preziose sono i FIORI: il gelsomino è presente in una vasta gamma di profumi. Unendo la Rosa di Bulgaria e la Rosa di Maggio si ottiene il profumo di rosa più soave. Dal Fiore d’Arancio si ricava l’essenza del neroli. La Lavanda dà una nota fresca e tonificante mentre il Garofano dà una nota leggermente speziata. Agli AGRUMI invece si devono le cosiddette note “esperidee”: dal limone al bergamotto, all’arancio, al mandarino, al cedro... Anche le ERBE AROMATICHE risultano componenti preziose dei profumi, se si pensa al timo, al rosmarino, alla menta, all’artemisia; e le SPEZIE: cardamomo, zenzero, chiodi di garofano, peperoncino, noce moscata. RADICI E SEMI giocano un ruolo di rilievo nella composizione dei profumi. Noti sono anche i LEGNI E LE CORTECCE: dal sandalo al cedro, alla cannella, alla scorza di betulla, il legno di rosa. Da aggiungere ancora le FOGLIE: il patchouli, petit grain, proveniente dalle foglie dell’arancio amaro. E infine la MIRRA, i MUSCHI come quello di quercia della Jugoslavia, alla base di tutte le composizioni “chyprées”, verdi dall’odore fresco e le RESINE, materia prima delle note balsamiche, come il ladano, il galbano, il benzoino, l’opoponaco. Creare un profumo non risulta un’impresa per tutti: non è un semplice “cocktail” di odori mescolati, ma l’espressione dell’emozione personale, della creatività di un artista capace di riconoscere e ricordare fino a 3500 odori diversi, grazie al suo “naso”. Il compositore infatti partendo dall’idea di profumo originata nella propria testa, deve avere la capacità di ricrearla attraverso ripetuti tentativi, per questo la creazione di un profumo richiede, oltre all’ispirazione, anni di ricerca e di messe a punto.

PROFVMO ®

Nel lontano Oriente venivano bruciate dagli uomini sostanze odorose per ingraziarsi le divinità e preservarsi da sciagure e malattie. In Egitto si consolidò il culto dell’arte del profumo, basti pensare al solo rito dell’imbalsamazione che prevedeva di riempire il corpo, liberato dalle viscere, di olio di pino, essenze, mirra, cassia, cedro... Fu qui che nacque una vera e propria industria dei profumi, che vantava le migliori fragranze, come il “Kyfi”, composto da più di 60 essenze. In Grecia il culto della bellezza trovava nel profumo una perfetta sintesi, come testimoniato dal Trattato degli Odori di Teofrasto; nell’Atene di Pericle erano di gran voga il “susinon” a base di giglio o il “kipros” a base di menta e bergamotto. Nei periodi in cui lavarsi non era una sana abitudine sopraggiunse il profumo come rimedio e comparvero le prime acque profumate quali l’Acqua d’Ungheria, e più tardi l’Acqua di Colonia. L’uso del profumo si diffuse in Francia grazie a Maria Antonietta, ad opera della quale si sviluppò nel sud della Francia un’industria di fabbricanti di guanti profumati all’essenza di lavanda, che acquistò fama in tutto il mondo. I grandi profumi che vanno da “JiCky” di Guerlain (1889) a “Origan”(1905) a “Chyprie” (1917) vennero creati in Francia durante il periodo della belle Epoque e fra le due guerre mondiali naquero i nomi dell’Alta Moda nel mondo della profumeria: N°5 (1921), Arpege (1927).

È scientificamente dimostrato che chi usa regolarmente profumi o fragranze, sviluppa maggior socievolezza e ha un approccio più positivo verso il mondo esterno. Questo fenomeno è dovuto al fatto che se viene apprezzato il proprio profumo, si acquista sicurezza di sé. I tests olfattivi hanno evidenziato che gli introversi preferiscono fragranze orientali, ambrate, speziate, gli estroversi scelgono aromi freschi, solari, agrumati e floreali, mentre chi ha un temperamento sognante è attratto da profumi dolci, vanigliati, cipriati, inebrianti. In commercio esistono tanti tipi di profumi ma noi abbiamo voluto farvi conoscere Il Profvmo. Avvalendosi di un’ampia cultura nel settore dell’Aromaterapia, Floriterapia, Cosmetologia ed Erboristeria, Silvana Casoli, creatrice de Il Profvmo, realizza fragranze e profumi ricavati da essenze naturali anche personalizzate, utilizzando un test olfattivo esclusivo con il quale si elaborano informazioni sui bisogni psico-olfattivi legati al cibo, ai ricordi ed emozioni del passato, riproducendo odori di luoghi ed elementi della natura. Energia, musica, danza e colore sono l’esatto parallelo delle composizioni, che nascono istintivamente, dando vita talvolta ad associazioni inusuali. I suoi profumi sono frutto di ricerche unioni di essenze persistenti, in armonia con note audaci, il cogliere le opportunità creative della natura e della vita. Negli anni sono nate tutta una serie di fragranze che Silvana Casoli vende nella sua boutique “Il Profvmo” nel centro storico di Reggio Emilia. Noi abbiamo scelto di parlarvi di alcune delle sue creazioni.

Dalla dispensa al beauty case, da cibo per gli dei a ingrediente di bellezza per le dee, che lo consumano senza rischio di ingrassare: bagni rilassanti grazie alle sue virtù modellanti ed elasticizzanti, maschere e cosmetici per il viso grazie alle sue virtù idratanti, energizzanti, anti-age. Resta comunque non trascurabile il gusto euforizzante del profumo di cioccolato. L’ispirazione iniziale per un profumo è nata dal desiderio di ritrovare la golosità dell’infanzia. Il test basato sui bisogni olfattivi legati al cibo, ai ricordi e ai collegamenti tra profumo e psiche dimostra che il ricordo del profumo del cioccolato è presente in tutte le fasce di età. Tale ricordo si modifica con il passare degli anni, l’adulto ha abbandonato la fase iniziale di cacao e vaniglia per evolversi in un odore pungente, indelebile. Chocolat, una vera full immersion nel cioccolato che calma e allenta le tensioni, un rifornimento di serotonina pronto per l’uso. Chocolat è un profumo rotondo, che abbraccia in una sua seduzione mai troppo invadente. Chocolat, tanto seducente che aiuta a sedurre, piace molto alle donne, ma piace molto ai loro uomini che lo trovano erotico. L’uomo lo compra per la propria donna, la donna per il suo uomo: una vera complicità intrigante, un compagno di pelle. PIRAMIDE OLFATTIVA TESTA mandarino, noce moscata, sandalo, galbano CUORE cacao, susina, gelsomino, rosa gialla CODA vaniglia, muschio bianco

CHOCOLAT Primavera si avvicina velocemente e l’estate è già dietro l’angolo...tra le fragranze diverse sono quelle ispirate al mare e a scenari lontani, ma quella che senza dubbio riporta alla mente un viaggio continuo attraverso la freschezza e la forza evocativa di spazi marini, è Aria di Mare... Aria di Mare porta in ogni momento la brezza marina sulla pelle...ti avvolge con note di fiori selvatici, come il giglio bianco di sabbia e il tiaré... Aria di Mare Haute Concentration, per ottenere la massima intensità olfattiva, con una lunga persistenza sulla pelle, simile all’effetto osmotico delle famose fragranze IL PROFVMO®. La Linea Aria di Mare includerà, da ora, anche il Latte per il Corpo e il Bagno doccia Shampoo, entrambi delicatamente profumati, ad effetto idratante e lenitivo. Il Latte per il corpo è utilizzabile anche come dopo sole. Un viaggio olfattivo che ci porta, in punta di naso, nell’emozione e nel benessere di una vacanza continua, liberi e sognanti. Un benessere psico-fisico sottolineato dal volo di un gabbiano. L’inebriante carezza di questo profumo non ha bisogno di molte parole: ci coglie all’improvviso, con una forza evocativa di frizzante piacere. Con grande fierezza possiamo affermare che solo la natura può esserle simile. Senza sesso e senza età, è per tutti coloro che amano l’odore di vita. PIRAMIDE OLFATTIVA TESTA Note marine, Stelo di Bambù, Foglie di tè di Giava CUORE Note erbacee fiorite, Menta dolce d’acqua, Ginestra selvatica gialla, Fiori di acacia, Giglio bianco di sabbia, Rosa gialla FONDO Tiaré, Note muschiate/zuccherine, Muschio

ARIA DI MARE


Foto Alena Fialovรก






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