Reality 57

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Punti di vista

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Nuovo scenario per Reality. In primo piano la scultura. In copertina l’immagine dell’opera in terracotta dipinta del maestro Giuseppe Gavazzi. A lui, come a tutti gli altri maestri apparsi sulle nostre pagine e agli altri che ospiteremo, siamo riconoscenti; siamo grati del loro dono, indispendabile per la realizzazione delle copertine. Grati, riconoscenti o meglio ingrati. Ecco, forse nella nostra così moderna società è più opportuno l’uso di questo aggettivo: ingrato. Molti gli scenari, dalla politica, all’economia, alla società. Sia nei rapporti di lavoro che di amicizia o di famiglia, si appellano e si giudicano gli altri. Forse perchè, non si rispettano più certi rapporti, non si condividono più certe idee; o forse perchè si manifesta solo e semplicemente il proprio pensiero, che è ben diverso da quello del nostro interlocutore. Vero è che siamo portati a ricordare o focalizzare, nei rapporti interpersonali, quello che si dà agli altri e non quello che si riceve, per una certa forma di egoismo o meglio egocentrismo. Ricevere non richiede nessun impegno e nessuno sforzo: è semplice, a volte non si spreca nemmeno un grazie. Vero è che non ci si può annullare, non manifestare le proprie idee e progetti per un vincolo di gratitudine. Mi giunge alla mente una frase di un noto sociologo: “... si può anche non rispettare una promessa, un patto, per motivi o situazioni nuove e non valutate a suo tempo, importante che tal patto non si rispetti esclusivamente per recare danno all’altro con il quale ci eravamo impegnati, o essere usato come arma in una sorta di guerra”. Un cambio di idea, di rotta, può e deve esistere, significa crescita intellettuale. Importante diventa non pensare solo al proprio interesse, ma a quello della collettività. Idee applicate nel presente, ma proiettate nel futuro. Oggi ancor di più, a 150 anni dall’Unità d’Italia, si deve ricercare quello che è utile per veder nascere, crescere e realizzare un futuro. Il nostro futuro, il futuro dei nostri figli.

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Reality

MAGAZINE D’INFORMAZIONE

Centro Toscano Edizioni srl Sede legale via Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Redazione casella postale 36 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Studio grafico via P. Nenni, 32 50054 Fucecchio (FI) Tel. 0571.360592 - Fax 0571.245651 info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it Direttore responsabile Margherita Casazza direzione@ctedizioni.it Direttore artistico Nicola Micieli Redazione redazione@ctedizioni.it Studio grafico lab@ctedizioni.it Abbonamenti abbonamenti@ctedizioni.it

Text Irene Barbensi, Andrea Berti, Lorenzo Borghini, Brunella Brotini, Pierluigi Carofano, Margherita Casazza, Carla Cavicchini, Stefania Catastini, Francesca Ciampalini, Andrea Cianferoni, Carlo Ciappina, Federica Cipollini, Gustavo Defeo, Carmelo De Luca, Angelo Errera, Federica Farini, Enrica Frediani, Luca Gennai, Federico Ghimenti, Luciano Gianfrancschi, Isabella Giomi, Lorenzo Gista, Mattehew Licht, Sergio Matteoni, Paola Ircani Menichini, Nicola Micieli, Claudio Mollo, Paolo Pianigiani, Alberto Presutti, Giampaolo Russo, Carla Sabatini, Domenico Savini, Gaia Simonetti, Giuliano Valdes, Samuela Vaglini, Valerio Vallini, Elena Vitale, Monica Zampetti.

Photo Archivio CTE. ERRATA CORRIGE: nel numero 56/6-2010 sono stati omessi i crediti fotografici di Giorgio Bosco e Emma Leonardi.

Stampa Bandecchi & Vivaldi s.n.c.- Pontedera (Pi) ISSN 1973-3658 Reality numero 57 - settembre 2010 Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998 Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007 © La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore. Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2007 - Via G. Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI), tel. 0571 360592, e-mail: info@ctedizioni.it - AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.



eality57 ARTE & MOSTRE

Sommario

Giuseppe Gavazzi 2010

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Giuseppe Gavazzi

Visioni romane del 700

La “geografia” di Viviani La figura e il ritratto Milena Moriani a Pisa Interfacce Stop the Time Caravaggio 10 e lode Cinquanta X Cinquanta Simbolismi primitivi STORIA&TERRITORIO

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Lucca e l’Europa Per ville e per giardini Lo sguardo del falco Le laboriose suore di S. Matteo POESIA&LETTERATURA

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Roberto Veracini La realtà è questa Versilia gourmet Un affresco del Quarto Potere Sulla spiaggia MUSICA&SPETTACOLO

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Mostra cinematografica Venezia Versiliana Stagione teatrale 2010/2011 Teatri della Versilia Processo a Gesù Christian De Sica Stipsi, credenze e rimedi Le famiglie Agati e Tronci Con questi occhi

EVENTI&SOCIETÀ

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Architettura e contemporaneità Un tricolore lungo 50 anni A Prato, tessuti ipertecnologici Compleanno con il cuore Dreaming Fashion 2010 La Bella Rosina ECONOMIA&AMBIENTE

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La mente è come il paracadute Energie Alternative Corsi di formazione Vincere con la testa Color Club 5 SENSI La Perla di San Vincenzo Un amore tutto Svizzero Buon compleanno Renato! Galà a Palazzo Ferrajoli Vernissage al Forte 84a Festa dell’Uva

65° Gran Premio 21° Raduno Z3mendi Bon Ton del regalo Polvere di stelle... Giglio, il fiore della purezza Un dono gravoso LE VETRINE DI REALITY

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ArtAround Booking a Book Show Reel Juke Box


Parliamo di...

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La dimensione quotidiana Giuseppe Gavazzi Non saprebbe fare altrettanto con la parola. La scultura è la trasparenza del suo comunicare, il luogo in cui traduce i più intimi sentimenti, gli umori, le malinconie, gli smarrimenti. In essa si celebra la semplicità, la civiltà misurata di una cultura antica nelle radici ed evoluta in senso moderno. Una cultura priva di intellettualismi quanto estranea alle eccessive riduzioni pragmatiche

G

di Nicola Micieli

iuseppe Gavazzi è uomo di abitudini quanto mai semplici e riservate, estraeo a ostentazioni e atteggiamenti mondani. Oggi che l’essere, segnatamente in ambito artistico, si risolve davvero nella dimensione aleatoria dell’apparire, la sobrietà del suo stile di vita costituisce una qualità degna di nota. La chiamerei anticonformista, se il termine non inducesse l’idea di una scelta polemica e a suo modo ideologica. La qual cosa sarebbe del tutto estranea al suo temperamento. Nell’intimo Gavazzi è quel che le sculture dichiarano nel linguaggio elementare di gesti, posture, sguardi e atteggiamenti, ossia nel loro statuto espressivo: una creatura ancora dotata di un senso sorgivo della vita e della comunicazione umana. Gavazzi possiede la stessa disarmata “sincerità” che sa così naturalmente infondere ai suoi fanciulli, e forse meglio direi alla sua umanità senza tempo, che pare fissata a un’età di indefinita fanciullezza dell’anima. Essi sembrano colti nella stupefazione di scoprire il mondo, il suo mistero più che le meraviglie di cui è prodiga l’illusiva natura. C’è una corrispondenza perfetta tra lo scultore e l’opera. È quasi una simbiosi, e mantengo uno scarto minimo alla totale identificazione per non ingenerare l’equivoco dell’inconsapevolezza naïve in un autore per il quale il controllo formale, qui di rigore ineccepibile, è sempre elemento discriminante la probità dell’opera. Invero non v’è estetismo nella coincidenza e nell’integrazione tra la persona dell’artista e le sculture, che egli realizza quasi in una sorta di reiterata paternità. Verso le quali mantiene, dunque, una simpatia proiettiva da genitore compreso di tenerezza per le proprie creature. Basta verificare quanto Gavazzi ama farsi fotografare tra le statue, che dispone quasi a gruppo di famiglia alquanto numerosa, specialmente godibile quando l’adunanza avviene all’aperto, davanti al suo studio, un cascinale pedemontano immerso nella vegetazione e circondato da alberi da frutto nella campagna pistoiese. Già le pareti esterne dello studio sono invase da gigantesche teste e figure.Ve le ha dipinte Gavazzi quali abitatrici stabili del luogo. Quella di Gavazzi è veramente una piccola tribù di consanguinei. Vi sono ammessi anche rari animali – ricorre sugli altri, e sovente fa perno compositivo, un cavalluccio da giostra più che da corsa – e altre ineffabili creature di appartenenza angelica, ma non diverse dai bimbi dei cui sogni e smarrimenti si fanno custodi.


si fa poesia



Quanto sobri e gentili sono i modi dello scultore, tanto misurata e di innato garbo formale è l’opera. Della quale si evidenzia la semplicità, o naturalezza che dir si voglia, con cui si offre allo sguardo. Essa è piana e immediatamente leggibile, non già per esiguità di spessore psicologico dei personaggi o per soverchia semplificazione strutturale della forma plastica, sibbene per l’assoluta proprietà del linguaggio scultoreo, che l’artista usa con scioltezza straordinaria. Non saprebbe fare altrettanto con la parola. La scultura è la trasparenza del suo comunicare, il luogo in cui traduce i più intimi sentimenti, gli umori, le maliconie, gli smarrimenti. In essa si celebra la semplicità, la civiltà misurata di una cultura antica nelle radici ed evoluta in senso moderno. Una cultura priva di intellettualismi quanto estranea alle eccessive riduzioni pragmatiche. Nella scultura Gavazzi rivela il gusto affinato di chi è capace di concepire ed eseguire le più eleganti astrazioni. Al contempo, mantiene quella sensibilità verso il reale che gli consente di cogliere la sorgività di una presenza umana, di un accadimento. La dimensione quotidiana si fa poesia in virtù di uno sguardo ancora capace di attingere alle cose la loro residuale innocenza, come il sorriso di un bambino scaturisce dalla pura gioia di vivere. Gavazzi è tutt’altro che un “candido”, nel senso naïf del termine. Egli possiede un mestiere raffinato e una sottile capacità di penetrazione psicologica. Quanto a tecnica, sa muoversi agevolmente nel bronzo, nel marmo, nel legno. Predilige la terracotta policroma, avendo modellato anche lo stucco forte. Su


questi materiali interviene sempre direttamente: cesellatura, punzonatura, intarsio, doratura, decorazione. L’intendimento espressivo non cambia con il mutare delle tecniche e dei materiali. Certamente diversa è la resa formale di un marmo intarsiato e cesellato, di un legno, di una terracotta dipinta. A proposito di legni, vorrei segnalare le grandi opere che Gavazzi ha realizzato da immensi fusti svuotati, scolpiti, stuccati e dipinti, ma anche lasciati al vivo delle fibre, qua e là visitandole con segni grafici o cromatici. È questo il caso de La grande madre e delle altre sculture in legno “non finito” in mostra dal 18 aprile nel Giardino di Villa Bardini a Firenze. Bisogna dire che i grandi legni di Gavazzi abitano il giardino da re e regine, come generate dallo spirito del luogo. Sono figure più grandi del vero: non dico ciclopiche, ma imponenti. O meglio: maestose, se è vero che specie le maternità, conservano l’afflato sacrale dei gruppi lignei romanico-gotici, con un sentore di antico nella modernità del linguaggio plastico-pittorico. Nelle sculture dipinte – i legni, ma anche le più numerose terrecotte, alcune delle quali sono attualmente godibili al Museo Marino Marini di Firenze – il linguaggio pittorico che tiene della scultura dipinta toscana quattrocentesca, attinge altresì freschezza di timbri cromatici e vivacità segnaletica a decori e simboli grafici di appartenenza sia popolare, sia artistica nel senso dei repertori pittorici disponibili dalle avanguardie storiche a oggi. Tra le altre, segnalerei la grande maternità “bionda”, per via della luce dorata che emanano le parti del legno lasciate al naturale e debitamente integrate alle parti dipinte. Notabile, inoltre, il gruppo Shalom, grandiosa colonna di quattro giovani dalle fisionomie fortemente caratterizzate, disposti a scrutare ognuno una direzione diversa dell’orizzonte, e legati nella comune determinazione a travalicare i confini etnici e culturali nella visione onnicomprensiva della pace. Quanto a resa psicologica dei personaggi, vi è un’intera galleria di ritratti e una casistica di situazioni di vita quotidiana che documentano la ricchezza delle espressioni, dei gesti, delle simulazioni mimiche di azioni. Una mostra delle scultura di Gavazzi è di per sé una ribalta teatrale ove si recita a soggetto. Circa la vocazione drammaturgica di queste sculture, ho potuto verificarla compiutamente quando nel 1991 allestii una personale dell’artista nel pic-



NOTIZIA

Due mostre di Giuseppe Gavazzi sono attualmente visitabili in Toscana. La prima all’aperto, nel Giardino di Villa Bardini a Firenze. La seconda al Museo Marino Marini, nel Palazzo del Tau di Pistoia. La Grande Madre e le sculture in legno non finito, opere maestose nella loro imponenza, abitano lo storico giardino fiorentino come fossero generate dal luogo, del quale partecipano a un tempo la naturalità e la civiltà. La mostra, curata da Mario Ruffini e Max Seidel (catalogo Silvana Editoriale), è stata inugurata il 18 aprile 2010 e si protrarrà fino al 31 gennaio prossimo con l’orario di visita del Museo Bardini. Il titolo della mostra pistoiese, inaugurata il 18 settembre 2010 e aperta fino al 30 ottobre prossimo, è significativo: Giuseppe Gavazzi scultore. Bambino tra i bambini. L’artista espone le proprie creature con gli animali creati dai bambini delle scuole, ed è una consonanza di sensi e di dilatazioni immaginative. L’allestimento è a cura di Alessandro Andreini.

colo delizioso teatro ottocentesco “Francesco di Bartolo”a Buti, disponendo nei ridotti, sul palcoscenico, nei palchetti figure al naturale, gruppi statuari, busti che parevano veri e propri personaggi impegnati in un rito, con i loro costumi policromi smaglianti nella luce modulata e magica del teatro. Simulacri, certo, le sculture, ma presenze vere nella straniante situazione teatrale che pareva esaltare le loro qualità esornative, di figure recitanti una pièce che ha il sapore della realtà quotidiana, ma come immersa in una sovrarealtà di incanto. Lo scultore pistoiese non si propone escursioni fabulatorie in dimensioni fantastiche, anzi si cala nel bel mezzo della realtà per trarne motivi di ispirazione. Tuttavia, il suo nativo realismo agevolmente trapassa di senso, per non dire che stranisce, sviluppandosi il racconto su registri allusivi e di dilatante evocazione poetica. Gli è che l’aderenza emozionale alla fragranza del vero, di una realtà intessuta di eventi secondari e anche minimi, come quella delle creature sorprese in un gesto qualsiasi della loro esistenza quotidiana, si trasforma in itinerario immaginativo quando la mano si abbandona al piacere della pittura. Fioriscono allora ghirigori decorativi e note cromatiche sui tessuti, si imporporano le guance sui visi paffuti, divengono intensi e comunque profondamente espressivi gli occhi, che invitano a raccogliere gli sguardi e a farsi complici dei contenuti interiori da essi veicolati. L’avventura è di noi che fantastichiamo sui sogni possibili o sui pensieri che attraversano la mente di quelle affascinanti creature.




TEXT Carmelo De Luca

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na grande mostra racconta l’influenza della Roma antica nella produzione artistica di fine settecento presso i blasonati regni d’Oltralpe. E nella Caput Mundi del tempo,

Una grande mostra racconta l’influenza della Roma antica nell’arte di fine Settecento la ricerca scientifica appena agli albori dona nuova luce all’archeologia, il senso del tour acquista valenza di vero iter lavorativo negli scavi, gli influssi sulle creazioni d’arte risentono di un pluralismo espressivo che prevarica gli

schemi di inquadramento, così la libera interpretazione dei maestri riguardo ai modelli classici produce pregevoli opere che prendono spunto da templi, palazzi, fori, stucchi, amorini, arabeschi, urne, statue, lampade e affreschi realizzando capolavori che soprattutto nelle arti applicate tendono quasi al rococò per i colori tenui e sfumati, dall’ocra all’azzurro, che vi predominano. L’Urbe diventa il centro nevralgico dal quale attingere ispirazione, sapere ed energia creativa. Così i 140 oggetti della mostra, provenienti da prestigiose istituzioni museali, raccontano il suo primato artistico in Europa. L’Apollo Citaredo, L’Eros Capitolino, L’Athena Lemnia, La Minerva d’Orsay rappresentano alcune sculture antiche, presenti in esposizione, a ricordare gli esempi

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classici fonte d’ispirazione per gli artisti del tempo; a tal scopo sette sezioni illustrano un primato nel campo delle arti di una Roma emulata, copiata, osannata, rielaborata grazie ai suoi monumenti, rovine, attività di scavo, restauri, istituzioni di nuovi musei, collezionismo privato, formazione accademica e mercato antiquario, insomma una vera glorificazione al fascino di una città diventata centro universale della pittura, della scultura e delle arti applicate. Tantissimi sono i capolavori da ammirare, dalle vedute di Gaspar Van Wittel agli acquarelli riproducenti gli affreschi perduti della Domus Aurea, dal Vaso con Apollo e le Muse di Wedgwood alla testa di Serapide, dagli assemblaggi di materiale antico provenienti dalla bottega del Piranesi alle copie d’epoca in terracotta, dalle decorazioni imitative ad opera di Luigi Valadier alle porcellane di Meissen, dalle statue in gesso di Mengs e David, realizzate per le Accademie madrilene e francesi, ai dipinti di Pompeo Batoni o alle sculture del grande Antonio Canova. L’evento romano vuole essere un degno tributo alla purezza e alla leggerezza delle forme classiche dell’Urbe, così apprezzate dagli ambienti artistici

Mostre

visioni del romane

2 di fine settecento da diventare supremo esempio dal quale attingere ispirazione interiore.

29 novembre 2010 – 6 marzo 2011 Fondazione Roma Museo Via del Corso, 320 - 00187 Roma Tel. 06 6786209

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1. Gaspar van Wittel Veduta di Castel Sant’Angelo, 1710 circa Collezione Bufacchi 2. Testa del fiume Tigri Museo de la Real Academia de Bellas Artes San Fernando, Madrid 3. Giovanni Battista Piranesi Fantasia Architettonica Collezione Privata, Roma © Foto Giuseppe Schiavinotto

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Viviani

Mostre

la “geografia” di

TEXT Monica Zampetti

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acque il 18 dicembre 1898 nella “Reggia dei Duchi d’Este”, nelle sue vene scorreva il sangue di Porta a Mare e nel suo cuore c’era posto per un’unica donna - la sua Naby - che di notte aspettava pregando quando Viviani, seguendo il suo «istinto del sangue», andava a riempire il sacco di «selvaggina frodata» nelle pinete di San Rossore o nella tenuta dei Salviati. Poche altre parole servono a Viviani per compiere la sua Autobiografia, ma tanto basta a realizzare il bozzetto vero, quanto poetico, di un uomo che amava parlare di sé piuttosto che della sua opera, che non aveva mai scritto sulle sue pitture e incisioni - dice - perché “considero le mie opere, necessarie e naturali e, chi non le capisce… vada al diavolo!”. Malinconico e collerico, burbero e polemico, appartenente alla sua terra - e ancorato al mare che quella terra bagna - Giuseppe Viviani si affaccia alla scena artistica con l’in-

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gombrante etichetta di ‘provinciale’, per divenire ben presto artista internazionale. Marina di Pisa, sua patria d’elezione, lo attraversa e lo possiede: in quella piccola realtà, spoglia ed evocativa a un tempo, Viviani riesce ad elaborare un linguaggio personale e assolutamente originale che, nato e sviluppatosi dall’interno, sembrerebbe incontrare pochi termini di paragone all’esterno. Non esistono molte possibilità di confronto per un artista solitario nella vita e, di conseguenza, nell’arte: “ci domanderemo cosa ha visto? Come ha formato la sua lingua?” - diceva Carlo Ludovico Ragghianti - ma è pressoché impossibile capire Viviani attraverso un serrato paragone con altri referenti che non siano quelli stabiliti dalla sua persona. Eppure da questa geografia intima, pisano-toscana, emergono delle possibilità di confronto - visivo ed intellettuale a un tempo - che la recente mostra pisana (Segni con l’odore del mare. L’opera grafica di Giuseppe Viviani protagonista del ’900, a cura di Lucia Tongiorgi Tomasi, Pisa, Museo della Grafica, Palazzo Lanfranchi) ha cercato di valorizzare andando oltre la ‘pisanità’ dell’artista e lasciando una traccia per una nuova lettura storico-critica. Viviani riesce a varcare i confini cittadini per raggiungere il resto del mondo in età matura: soltanto a cinquantacinque anni arriva a Parigi. Ma molti dei viaggi, ai quali rinuncia fisicamente, erano già stati compiuti come percorsi mentali. I contatti visivi ed intellettuali con l’opera dei grandi protagonisti del suo tempo (De Pisis più di ogni altro) - messi in luce, nel suo scritto, da Alessandro Tosi, nel catalogo edito in concomitanza dell’ultima occasione espositiva - e la ricezione che le sue creazioni hanno incontrato in svariate occasioni (New York, Uppsala, Il Cairo, Monaco, Amburgo, Berlino, fino alla consacrazione, nel 1951, alla Biennale di San Paolo in Brasile), dimostrano che l’opera di Viviani possiede sia la capacità di guardare la lezione altrui senza lasciarsi troppo contaminare, sia il potere di imporsi all’attenzione della critica nazionale e internazionale. La diffusione della sua opera raggiunge geografie lontane che liberano

Viviani dall’etichetta di ‘artista di provincia’ che troppe volte gli era stata imposta da chi non amava, o forse non capiva, la sua produzione grafica e pittorica. L’opera e l’artista seguono un’evoluzione parallela che non incontra confini concettuali nel passaggio da una tecnica all’altra: “non si possono considerare - diceva Varese presentando il catalogo delle opere dell’artista (1968) - le pitture ad olio, i guazzi, i disegni come momenti secondari e preparatori alla attività vera, unica esistente artisticamente, dell’incisore”. Le sue incisioni, però, e più di altre le acqueforti degli anni trenta e quaranta, possiedono la stessa potenza dei piccoli luoghi di mare: si colgono con uno sguardo, parlano attraverso un fraseggio poetico e quotidiano ad un tempo ma, per comprenderle, bisogna possederne la grammatica e capire che derivano da un’intima e tormentata consapevolezza; altrimenti ci sembreranno il frutto di un’arte ‘semplice’ della quale riusciremo a cogliere soltanto lo squallore. Gli oggetti accostati, decontestualizzati e talvolta ingigantiti - come quando, in una vecchia foto, un alabastrino diventa un ‘alabastrone’, ritrovando la perduta monumentalità - compongono una poesia in verso sciolto, caratterizzata da un linguaggio prosastico e quotidiano, intriso di citazioni ‘dialettali’, calcolate e di straordinaria eleganza. Accade nelle acqueforti Le Trottoline e Fette di cocomero e coltello del 1944 e si ripete nella cartella edita a Milano da Giovanni Scheiwiller, nel 1947, ove gli stessi oggetti, isolati nelle piccole lastre rettangolari, non rappresentano una ripetizione d’identici vocaboli, ma l’utilizzo di identici termini che, pur parlando con lo stesso linguaggio, compongono un nuovo fraseggio. La complicità emotiva è immutata, la padronanza del mezzo incisorio è sublime, ma la meditazione sugli oggetti di sempre è maggiormente intima e attutita, quasi scaturisse da un dolore sordo (nel 1946 era morta la sua Naby). Ogni elemento, così composto, abbisogna di una visione unitaria: non si possono isolare i singoli oggetti - Cocomero e coltello, Foglie e fichi, Battistero e seggiola, Le trottoline (e il mare), Campanello e cardo, Casa In questa pagina: Autoritratto, 1964 ca. Nella pagina seguente: Il Vespasiano, 1956


bicicletta e cane - senza spezzare la catena parlata di un discorso unico che articola, sulla lastra, un racconto nel quale ogni elemento rappresenta un passaggio fondamentale; togliere uno solo di quegli oggetti, significherebbe lasciare il racconto a metà. Pochi sono gli elementi che ricorrono nell’opera di Viviani e la bicicletta è una delle occorrenze più frequenti: diventa una cifra che accompagna le pause e le azioni degli attori spinti alla ribalta della commedia umana ‘vivianesca’, dunque grottesca, velatamente malinconica e sulla quale spira un’atmosfera di presagio. Dalla Bicicletta sul mare (1941), a quella lasciata di fronte al piccolo cancello aperto - in Romanzo Nero/ Tavola IV (1946) - ad attendere il compiersi del sanguinario fatto, passando attraverso un’umanità vinta che su quelle biciclette conduce la propria vita - Il gelataio della cartella 6.7.2 (1950), Il ciclista (1955), Il venditore di fiori (1954) e forse Viviani stesso nelle litografie Il cane rosso (1962) e Il ciclista del 1963 -, finché, in Uccello nero (1964), la bicicletta del gelataio rimane sola: il suo conducente, evidentemente, ha abbandonato la commedia. L’uomo Viviani è schivo e malinconico, subisce la solitudine senza soccombervi, “anela alla simpatia degli uomini” - dice Attilio Podestà - ma si approccia al mondo con fare antipatico e rancoroso. Mai perdonò a Morandi la mancata sottoscrizione, nel 1948, della petizione che avrebbe dovuto fargli ottenere l’assegnazione della cattedra di incisione all’Accademia di Belle Arti di Firenze (che ottenne soltanto nel 1957): non esitò, infatti, a vergare con la scritta “/\/\ Morandi” un’acquaforte del 1956 intitolata Il vespasiano. Dissacrante e beffardo, l’artista osserva la quotidiana esistenza attraverso una lente deformante e indagatrice, così facendo ne distorce le contraddizioni e ne carpisce il mistero: “sono timido come i bovi; - diceva Viviani nella citata Autobiografia - loro perché vedono tutto ingrandito con l’oblò sottomarino dell’occhio, io per la fantasia che dilata le forme, le cose, come il lievito misterioso dell’oppio”. Un effetto di straniamento e talvolta di fastidio è inevitabile di fronte all’opera di Viviani: la sua visione deformante del mondo restituisce cronache allucinanti, nelle quali il tono del racconto ha assunto il sapore della visione. Dall’arto ortopedico abbandonato, alla giarrettiera o al reggiseno dimenticati sulla spiaggia, il climax si compie nello sparagmos dell’anonima ‘segnorina’ - storia, rimbalzata agli ‘onori’ della cronaca locale, dell’omicidio di una prostituta e della profanazione del suo corpo, consumatosi nella pineta di Tombolo - , le cui membra altro non divengono che oggetti disarticolati e abbandonati ma il cui occhio, breve fessura sull’orrore, continua a guardarci dalla lastra. Un Romanzo nero narrato con un occhio solo: quello dell’artista - o della ‘segnorina’ - che ha osservato le storie del suo piccolo e brutale mondo attraverso una lente deformante e che, con commossa partecipazione, ne ha steso un resoconto beffardo. L’artista partecipa alla realtà recintata e chiusa che osserva alacremente: il rapporto con il suo territorio è talmente intimo da volerne dare una visione lenticolare, ravvicinata, di fronte alla quale nessuno schermo è sufficiente a impedirne il contagio. La realtà cruda e desolata, popolata di macerie e arti artificiali, di donne smembrate e di uomini vinti, di oggetti quotidiani che divengono presenza ossessiva (le foglie di fico, gli alabastrini, gli uccelli) e allusione erotica (la giarrettiera), rappresentano sia l’artista eccentrico, sia l’uomo malinconico. Ma è l’artista, in particolare, ad emergere da quei pochi elementi che, egli stesso, ha eletto ad unici termini del proprio linguaggio: oggetti che, determinati geograficamente ed inseriti in un unico territorio, appartengono alla stessa città e allo stesso mare di Viviani.


Mostre

&

NELL’ARTE DEL XX SECOLO TEXT Irene Barbensi

Questo alternarsi e oscillare del giudizio corrisponde a un alternarsi del rapporto dei due elementi del ritratto (…) Talvolta prevale il se stesso proprio quando la pittura ha un’apparenza più freddamente obiettiva, o l’Altro quando l’oggetto è sottoposto più esplicitamente alla deformazione fantastica. Come le onde di un mare, i due atteggiamenti si alternano, e rispecchiano, in modi diversi, quell’alternarsi del cuore, e quel ritmo ondoso, che parte da molti centri di energia e di attenzione e si propaga all’infinito, creando le forme reali dove le onde si intersecano e si sovrappongono, ripetendo in forma e colore l’infinità propagazione di ogni punto vitale. Le infinite individuazioni, esistenti soltanto negli infiniti rapporti della contemporaneità Primo Levi, Ancora del ritratto, 1968

A Peccioli fino al 9 gennaio un percorso da Umberto Boccioni a Emilio Greco A un anno di distanza dall’esposizione interamente dedicata a Mario Sironi con cui Peccioli si è inserita nel circuito dell’arte contemporanea proponendo un proprio contributo ai festeggiamenti del centenario del primo manifesto futurista, la Fondazione Peccioliper rende omaggio ai protagonisti del XX secolo con una mostra dal titolo “La figura e il ritratto nell’arte del XX secolo. Da Umberto Boccioni a Emilio Greco”, inaugurata sabato 9 ottobre presso il Museo delle Icone Russe “F. Bigazzi” a Peccioli (Pi). L’evento si inserisce nell’ambito della Giornata del Contemporaneo promossa dall’AMACI (Associazione Musei d’arte contemporanea italiani) giunta quest’anno alla sua sesta edizione e propone per il secondo anno consecutivo opere provenienti dalla Estorick Collection di Londra, a suggellare così un rapporto di reciproca stima e fiducia nato nel 2008 quando una selezione delle 1. Carlo Carrà, Pugilatore, 1913 2. Mario Sironi, Cinque figure in piedi, s. d. 3. Massimo Campigli, Studio per ‘Lira divina’, 1944 4. Umberto Boccioni, Donna seduta, 1907

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SCHEDA

opere della Collezione Incisioni e Litografie - Donazione Vito Merlini è stata ospitata presso la sede dell’importante istituzione londinese. La mostra propone attraverso un percorso nello studio del corpo umano dai primi anni fino alla metà del ‘900, l’opera pittorica dei più importanti esponenti dell’arte del secolo scorso, Umberto Boccioni, Massimo Campigli, Carlo Carrà, Giorgio De Chirico, Marino Marini, Mario Sironi e Ardengo Soffici, andando inoltre ad approfondire la personalità del loro collezionista, Eric Estorick, il cui interesse per l’arte italiana del XX secolo e in special modo per il Futurismo ha le sue radici negli anni di gioventù passati nella metropoli newyorkese, città che, come lui stesso amava definire, era “Futurismo in azione”. La scelta di un’opera d’arte è il frutto di una decisione estremamente privata e che, in quanto tale, ci aiuta a qualificare una raccolta d’arte come lo specchio fedele e l’espressione tangibile della personalità del suo collezionista. Estorick, che amava definirsi nel suo ruolo di collezionista “un veicolo momentaneo nella vita eterna dell’opera d’arte”, maturò con gli artisti stessi profonde e durature amicizie, come ad esempio quella con Massimo Campigli e la moglie Giuditta Scalini, entrambi

in mostra con sei opere che propongono un’interpretazione della forma umana come solido immoto e arcaico. Tutta la mostra è percorsa dalla tensione di rappresentare il corpo umano valicando le pratiche accademiche, proponendo strade difficili, ostili talvolta alle aspettative del grande pubblico che ne ha visto la nascita, perché così lontane dai canoni fissati dalla tradizione. La prima opera in mostra, la bellissima Donna seduta di un Boccioni non ancora futurista ha già in sé il rifiuto dei dettami ottocenteschi sulla raffigurazione del corpo umano come esempio supremo di perfezione. La figura umana viene scomposta nelle sue linee essenziali, come nel Pugilatore di Carlo Carrà del 1913 per poi ritrovare una sua unità, ma metafisica, in Due figure nello studio e Figura metafisica e paesaggio. La realtà viene analizzata attraverso approfondimenti dell’arte primitiva da Marino Marini nel suo Cavallo e cavaliere, nel bellissimo bronzo Pomona ed infine

Titolo: La figura e il ritratto nell’arte del XX secolo. Da Umberto Boccioni a Emilio Greco Sede: Museo delle Icone Russe “F. Bigazzi”, Peccioli Indirizzo: Piazza del Popolo, 5 Informazioni: Fondazione Peccioliper 0587 672158 e-mail: info@fondarte.peccioli.net sito internet: www.fondarte.peccioli.net Periodo espositivo: 09 ottobre 2010 – 09 gennaio 2011 Inaugurazione: 09 ottobre 2010, ore 18.00. Apertura al pubblico: mercoledì, sabato, domenica e festivi Orario: fino al 31 ottobre ore 10.00 – 13.00, 16.00 – 20.00. Dal 01 novembre al 31 marzo ore 10.00 – 13.00, 15.00 – 19.00. Giorno di chiusura: 25 dicembre e 1 gennaio Ingresso: € 5.50 intero; € 3,50 ridotto (studenti, possessori di Carta Giovani, over 65, gruppi di almeno 10 persone), € 4,00 ridotto per possessori di Carta ACI; gratuito per under 16 se accompagnati e per possessori di Carta Touring (con i quali si ha diritto all’ingresso gratuito anche un accompagnatore) Enti Promotori: Fondazione Peccioliper, Estorick Collection of Modern Italian Art – Londra

nella Piccola bagnante. Senza pretese di esaustività la mostra affronta in modo sintetico ma ricco di spunti e di riflessioni il tema della rappresentazione della figura umana, che ha affascinato l’uomo sin dalle sue origini. In questa speciale occasione il Museo si apre anche ai bambini, offrendo una serie di attività didattiche all’interno della mostra; mentre i più grandi visiteranno l’esposizione, i bambini e i ragazzi potranno imparare giocando, attraverso le attività ludico-didattiche organizzate per l’occasione. Speciali promozioni sono attivate per gli studenti universitari, che potranno usufruire di un ingresso omaggio ricevendo una copia del catalogo della mostra.


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Mostre

Moriania Pisa milena

TEXT Angelo Errera

S

i è tenuta dall’11 al 30 giugno 2010, presso Palazzo Alliata, sede della filiale di Pisa della Cassa di Risparmio di San Miniato Spa, la mostra di Milena Moriani, nota pittrice pisana. Organizzata dalla Cassa di Risparmio di San Miniato con il patrocinio del Comune di Pisa, la mostra è stata inserita tra gli eventi del Giugno Pisano. Affollatissima l’inaugurazione, nel caldo pomeriggio dell’11 giugno. il Presidente della Cassa di Risparmio di San Miniato spa, Prof. Avv. Lucia Calvosa, ha presentato con grande soddisfazione questa mostra, che si inserisce nell’iniziativa Carismi per l’Arte che punta a valorizzare le sedi, spesso storiche, di cui dispone la banca in varie città della Toscana e ad offrire occasioni per poter ammirare le opere di grandi artisti, come è avvenuto recentemente a Firenze con l’esposizione di alcune sculture del Maestro Giacomo Manzù, messe a disposizione dalla famiglia Lampugnani. “La nostra banca - afferma il Presidente Lucia Calvosa - ha un profondo legame con il territorio e queste manifestazioni vogliono riconfermare questo legame. Una banca del territorio non può rimanere estranea ai movimenti culturali e artistici che si agitano, appunto, sul territorio”. Le opere di Milena Moriani, che vive e lavora ad Asciano in provincia di Pisa, sono presenti, oltre che in Italia, anche in Brasile, USA, Canada, Francia, Belgio, Germania, Svizzera e Russia. Membro del National Museum of Woman in the Arts, i suoi quadri hanno fatto il giro del mondo, esposti presso mostre

personali e collettive e presenti in collezioni pubbliche e private. È difficile dare una definizione precisa della sua pittura, che si muove dal figurativo al disfacimento astratto. Milena Moriani crea le sue opere con immaginazione, ricordo e poesia, mescolando ogni sensazione con il coraggio dell’artista che non ha confini temporali. “Tutto ma proprio tutto comprende il suo contrario. Quando dipingo - dice l’artista raccontando la sua arte - seguo l’inconscio e la consapevolezza. Un colore accanto a un altro diventano amici oppure no. Al di là

delle scelte che si possono fare sono loro che decidono. Quando qualcuno si sorprende delle sgocciolature, delle imprecisioni che sono presenti nel mio lavoro, io so che esse aiutano ad esprimere il fatto che tutto comprende il suo contrario. Ordine e disordine, chiaro e scuro, grande e piccolo. In qualche modo è come quando si mangia una noce: spacchi il guscio e mangi il contenuto, buttando via il guscio, ma è la noce intera che conta; per questo nel mio lavoro conservo i gusci, cioè le imprecisioni e le dissonanze.”

In alto: Milena Moriani, il Sindaco di Pisa Marco Filippeschi, il Direttore Generale CARISMI Piergiorgio Giuliani, il Presidente CARISMI Prof. Avv. Lucia Calvosa. Sotto: alcune immagini dell’allestimento presso Palazzo Alliata a Pisa. Nell’immagine centrale: il Sindaco di San Miniato Vittorio Gabbanini, il Presidente della Provincia di Pisa Andrea Pieroni, il Presidente Gruppo Spes Dott. Giuseppe Barsotti, il Presidente CARISMI, il Sindaco di Pisa e il Presidente CCIAA di Pisa Pierfrancesco Pacini

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Mostre

interFacce LA SCULTURA E LA SUA IMMAGINE

TEXT Angelo Errera PHOTO Marco Bonucci

U

n nuovo appuntamento con l’Arte, interFacce. La scultura e la sua immagine, a San Miniato presso il polo espositivo Palazzi Inquilini, sede centrale della Banca CARISMI. Dal 30 settembre al 31 ottobre si potranno ammirare le opere di Claudio Capotondi, Valerio Comparini, Giuseppe Gavazzi e Paolo Grigò. Un incontro con la scultura e i vari suoi modi di farsi e di essere, rappresentazioni emotive e visioni interiori, attraversando la dimensione grafica degli studi preparatori alla realizzazione dell’opera scultorea. Materiali contraddittori fra loro come il legno e il marmo; il primo che simboleggia la versatilità contro la impenetrabilità dell’altro, ma entrambi racchiudono nel loro interno delle forme che prendono vita dalle mani di Valerio Comparini e Claudio Capotondi. La malleabilità dei materiali quali bronzo, gesso e terracotta si interscambiano nelle sculture realizzate da Paolo Grigò e Giuseppe Gavazzi. I materiali si animano e permutano in forme e figure che catturano lo sguardo e procurano emozioni. Nell’occasione è stato inaugurato anche il nuovo sportello automatico Carismi Light. È un servizio che consentirà alla clientela di effettuare operazioni di prelevamento

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e versamento contanti ed assegni in autonomia dalle ore 7.00 alle ore 21.15, di collegarsi al Carismi Internet Banking e utilizzare il servizio di Phone Banking con collegamento video diretto con gli operatori del Call Center. Inoltre sono stati aperti i nuovi locali dedicati al Private Banking: una sala di attesa e 3 sale di ricevimento/ operatività ciascuna dotata di una postazione utilizzabile per operazioni di internet banking e utilizzo del Phone Banking, con possibilità di colloquiare in video-conferenza con gli operatori del Call Center e ricevere l’assistenza e la consulenza necessarie per il miglior utilizzo del servizio. La mostra è aperta al pubblico: dal lunedì al venerdì 9.00 / 19.00 sabato e domenica 17.00 / 19.00

IL PROSSIMO APPUNTAMENTO Arte a Senso, i sensi nell’arte dal 13 novembre 2010 al 28 gennaio 2011 Luca Alinari, Günter Dollhopf, Mario Madiai, Giampiero Poggiali, Berlinghieri, Alessandro Tofanelli, Stefano Tonelli, Francesco Cinelli, Romano Masoni, Antonio Possenti, Bernd Kaute


Nelle immagini alcuni momenti dell’inaugurazione della mostra e dello sportello automatico Carismi Light presso Palazzo Inquilini. 1. Giuseppe Gavazzi, il Direttore Generale CARISìMI Piergiorgio Giuliani, i curatori della mostra Margherita Casazza e Nicola Micieli. 2. Valerio Comparini e Paolo Grigò 3. Il taglio del nastro da parte del Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato Alessandro Bandini, alle spalle il Sindaco Vittorio Gabbanini e il Direttore Generale. Tra gli invitati il Presidente della Fondazione Dramma di San Miniato, il Direttore Artistico Salvatore Ciulla

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CLAUDIO CAPOTONDI VALERIO COMPARINI GIUSEPPE GAVAZZI P A O L O Nasce a Tarquinia nel 1937, ha vissuto e lavorato a Roma e New York. Dal 1973 è a Pietrasanta dove realizza personalmente le proprie opere. Nel 1967 frequenta l’Accademia di Salzburg. Fa parte del Gruppo Girasole dal 1964 al 1967. È segnalato nel Catalogo Bolaffi Scultori. Nel 2000 riceve il Premio Michelangelo Città di Carrara. Ha tenuto mostre personali a Roma, Bari, Brescia, Berna, New York, Parigi, Carrara, Torino, Firenze. Ha partecipato a rassegne collettive in Italia e all’estero. Nel 1990 realizza Torsiotensione esposta presso il Consiglio Regionale Lazio e nel 1992 Fontanasfera esposta a Piazzale Murialdo, Viterbo. Nel 2000 realizza Portaroma collocata sull’autostrada A1 presso Fiano Romano e nel 2010 Fontanastele collocata a Roma, Spinaceto.

Nasce a Fucecchio (Fi) nel 1957. Esordisce come pittore e dal 1976 partecipa a rassegne di gruppo e mostre collettive di pittura. Negli anni ‘80 la sua ricerca si orienta anche verso la scultura in legno e acciaio. Inizia così una stagione espositiva che lo vede partecipe in manifestazioni come l’Arte Fiera a Bologna e il Salone di Arte Contemporanea a Firenze. Negli anni ‘90 approfondisce la video-arte realizzando video e installazioni. Nel 1991 è incaricato dal Ferrari Club di Santa Croce sull’Arno di realizzare una scultura dedicata a Enzo Ferrari, ora esposta presso l’omonima piazza. Nel 2000 con Romano Masoni e Günter Dollhopf, espone al Museo di Arte Moderna in Germania. Fra le mostre degli ultimi anni la personale Uccellacci e uccellini, e altre storie presso il Centro per l’Arte Otello Cirri di Pontedera.

Nasce nel 1936 a Marcoussis (Francia). Si diploma presso la Scuola d’Arte di Pistoia, specializzandosi nella pittura murale. Inizia l’attività di restauratore nella bottega fiorentina di Leonetto Tintori. Parallelamente esercita l’arte della pittura e da metà degli anni ‘50 si cimenta nella scultura. Verso la metà degli anni ‘60 si dedica alla terracotta, sperimentando anche altre tecniche oltre a coltivare un’intensa attività d’incisore. La sua arte ha da sempre avuto una favorevole accoglienza, tanto in Italia quanto all’estero. Ha partecipato a importanti esposizioni collettive e ha tenuto numerose mostre personali. Nel 1973 è segnalato nel Catalogo Bolaffi Scultori. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti, fra i quali il Premio della Repubblica Federale Tedesca e il Fiorino alla Biennale Internazionale d’Arte a Firenze.

GRIGÒ

Nasce a Cascina (Pi) nel 1954. Si diploma all’Istituto d’Arte di Cascina per poi continuare i suoi studi seguendo corsi d’incisione tenuti da Romano Masoni a Santa Croce sull’Arno, insieme a studi sul nudo e sul ritratto. L’artista ha sempre collaborato col padre scultore per apprendere le tecniche della sua disciplina. Inoltre frequenta, per la tecnica “monotipo”, lo studio del pittore monotipista fiorentino Gipi. La sua attività artistica inizia nel 1971 con la partecipazione a mostre collettive, rassegne nazionali e internazionali. Il pittore ha illustrato numerosi libri e riviste tra cui la rivista Ghibli (1990), il libro Malaterra di F. Paciscopi e Lettera al padre di R. Casola. Alcuni dei suoi lavori si trovano presso istituzioni e collezioni private.


Mostre

_ al Centenario

TEXT Pierluigi Carofano

I

l 18 luglio del 1610, in Porto Ercole, sull’Argentario, nello Stato dei Presidi di Toscana, baluardo armato sul Tirreno della Corona di Spagna, moriva Michelangelo Merisi da Caravaggio, esattamente 400 anni or sono. Devo subito confessare che ho atteso questa ricorrenza in modo messianico: la speranza di avere delle riflessioni dall’indagine scientifica e dalla “connoisseurship” su almeno alcuni tra i soliti quesiti aperti e irrisolti tra la vicenda umana e artistica, entrambe brevi e intense, del grande maestro lombardo sono state affatto disattese e lasciato tutte le questioni pressoché aperte. Dubbi e domande cui, di volta in volta, la storiografia passata ha prodotto risposte parziali o interlocutorie ma sempre stimolanti per nuovi studi e approfondimenti. Questo quarto centenario al contrario non ha prodotto che timide espressioni, più o meno velleitarie, d’idee reticenti o confuse, nulla di quanto fosse lecito attendersi. O, meglio, in sintonia con molti aspetti della cultura e dell’etica dei nostri giorni, al pari della montagna che partorì un topolino. L’immagine che ne è derivata è stata quella di un Caravaggio frazionato nei molti luoghi da lui vissuti o frequentati, sminuzzato e messo in tavola a seconda della mostra da imbandire. Così abbiamo avuto un’anticipazione del centenario questa primavera a Napoli, città frequentata da Caravaggio una prima volta nel 1606-1607, poi nel 1609, quindi nella parte finale della sua bruciante esistenza. Successivamente a Roma con la grande antologica alle Scuderie del Quirinale: qui, a detta dei curatori, il criterio scientifico guida dell’esposizione si basava sul principio “soli dipinti autografi e documentati”, salvo poi dimenticarsi di fornire ai visitatori gli strumenti per poter valutare la veridicità

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Caravaggio? 4 di quelle scelte, in quanto il catalogo che accompagnava l’esposizione è quanto di più antiscientifico si possa produrre oggi nel campo della storiografia artistica. Mancanza di schede ragionate, di bibliografia, di documenti ma soltanto belle immagini e didascalie allargate redatte, per esplicita volontà dei curatori, da non specialisti. Un sorta di calendario Pirelli delle opere di Caravaggio. Infine Firen-

ze (città peraltro con la quale sembra che Caravaggio non abbia mai avuto rapporti diretti), con una mostra monumentale dedicata anche ai caravaggeschi divisa tra gli Uffizi e Pitti (perché non radunare il tutto in un’unica sede?) in cui il grande maestro lombardo era presente con i dipinti conservati nelle collezioni pubbliche della città (tranne un’eccezione, ma si tratta di una proposta attributiva, per

e lode

quanto stimolante). Poi la Sicilia, Malta, Genova, ovviamente Caravaggio, perfino un paesino sperduto dell’Umbria, S. Maria Tiberina, che ha però il grande merito di essere la città natale del principale mecenate romano di Caravaggio, il cardinale Francesco Maria del Monte. E la fiumana di avvenimenti non accenna certo a diminuire: alla fine di ottobre si inaugurerà a Rimini una mostra sui dipinti di Caravaggio e dei caravaggeschi conservati in una prestigiosa collezione pubblica statunitense: insomma, si corre il rischio di una vera e propria sindrome da “caravaggiomania”. Il plotone di studiosi assoldati per tutte queste mostre ha visto giocoforza tra le sue fila una pletora di caravaggisti improvvisati, di neo-caravaggisti e di caravaggisti-fai-da-te che hanno apportato un caos (questo si nuovo) arrogante e talmente pregno di assurdità e di fantasie ipertrofiche che sarà difficile districare nei prossimi anni. Sorprende soprattutto l’approssimazione dell’apparato filologico presente nelle schede e nei saggi dei vari cataloghi a supporto delle mostre. Fonti bibliografiche fondamentali non citate o citate male, si forniscono soltanto alcune interpretazioni a livello iconologico senza consentire al lettore meno smaliziato di avere sottomano tutto l’arco delle proposte d’interpretazione simbolica (così complessa e articolata) di Caravaggio. Poi la mancanza assoluta di dati tecnici relativi ai restauri, come se queste opere dal Seicento fossero state in naftalina. Si è scelta insomma la via della semplificazione. Eppure gli spunti (e i soldi non mancavano). Prima di tutto si poteva fare un’unica grande mostra (e dove se non a Roma?). Mettere insieme il numero più alto possibile di


Nella pagina precedente: Caravaggio, Medusa, Firenze Museo degli Uffizi, 1597-98 In questa pagina: Caravaggio, Bacchino malato, Roma Galleria Borghese, 1594

dipinti certi di Caravaggio e confrontarli con quelli ragionevolmente attribuiti in modo da dirimere, una volta per tutte, questioni in sospeso come il Cavadenti, la seconda versione della Medusa in collezione privata, il Ritratto di Maffeo Barberini e così via. Merita ribadire che le mostre servono soprattutto a questo: a confrontare le opere, a poter effettuare delle comparazioni. Poi si discute, si fanno i convegni, gli storici dell’arte si accapigliano e discutono a seconda delle loro capacità e sensibilità storiche e percettive. Ma questa è un’altra faccenda. Sbandierare il numero dei biglietti staccati, degli incassi ottenuti e dell’arricchimento dell’indotto come giustificazione della riuscita di operazioni del genere (e dei soldi spesi) soprattutto da parte di chi a livello istituzionale è preposto alla tutela ed alla va-

lorizzazione del patrimonio artistico italiano addolora veramente se soltanto si pensa alla situazione di grave degrado e difficoltà in cui versano opere d’arte di eccezionale interesse storico e documentario ma che certo non accenderanno mai i riflettori non avendo - ahimè - lo stesso appeal cinematografico dei “bacchini” di Caravaggio.


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Mostre

Palazzo Ferrajoli

TEXT Giampaolo Russo PHOTO Roberto Granata

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alazzo Ferrajoli è ormai da alcuni anni la sede dei più esclusivi ricevimenti della capitale, grazie alla sua posizione unica in piazza Colonna, proprio davanti alla sede del governo italia-

Giovanna Tomasi, madrina del magmatismo, espone le proprie opere nello splendido palazzo patrizio. Reality Magazine è media partner dell’evento no, palazzo Chigi. È questa la location scelta dall’artista parmigiana Giovanna Tomasi, madrina del magmatismo, per esporre le proprie opere nel corso di un esclusivo vernissage dal titolo “Stop the time”, il prossimo 26 novembre. L’evento, realizzato con la straordinaria e professionale direzione artistica di Beatrice Feo Filangeri, sarà concepito come uno spettacolo multimediale. Installazioni magmatiche, video di Roxana Cagnolati dedicato alle opere dell’artista e sul backstage e modelli viventi come opere d’arte che s’aggireranno tra i saloni e le foto di un grande maestro dell’obiettivo, altra prestigiosissima presenza, il noto fotografo Roberto Granata, artista che con la sua macchina fotografica ha ritratto i più importanti

personaggi internazionali dello spettacolo,del cinema,dell’arte e della politica, e che oggi ha creato una Fondazione a sostegno dei bambini orfani e terremotati nel mondo. La Tomasi è stata ritratta da Roberto Granata nello scenario naturale della pineta, nella sua tenuta all’isola d’Elba, dove l’artista vive l’estate e dove crea le sue opere, insieme al modello Giampaolo Quarta, una sorta di statuaopera d’arte vivente, anche lui facente parte del vernissage. Il modello infatti interagirà con le persone durante la mostra. Giovanna Tomasi artista ironica, esuberante, dadaista e per certi versi pop, è figlia d’arte. Il nonno paterno, Olindo Tomasi, fu architetto e maestro del liberty e progettò a inizio Novecento, insieme ad altri architetti, i palazzi e le ville liberty di Parma. Studia decorazione all’Istituto d’Arte Paolo Toschi di Parma e restauro di ceramiche, maioliche e reperti archeologici presso l’Istituto Internazionale del Restauro di Palazzo Spinelli a Firenze. Nel 1996 sposa il marchese Luca Antinori nel Castello di Romena, dove, per l’occasione, sono esposti stemmi e blasoni dipinti da lei stessa. La Tomasi ha un ricco curriculum di mostre in Italia e all’estero. Palazzo Ferrajoli apre quindi i suoi splendidi saloni all’arte contemporanea e a un evento dove installazione, video e fotografia si fondono perfettamente per donare grandi emozioni ai fruito-

ri. I vini della serata proverranno dalle Cantine Guicciardini Strozzi Fattoria di Cusona, dei principi Strozzi, mentre la madrina dell’evento sarà Elettra Marconi, figlia del grande scienziato Guglielmo Marconi.

A destra: una sala interna di Palazzo Ferrajoli. Sopra: Giovanna Tomasi con il modello Giampaolo Quarta

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cinquanta cinquanta TEXT Lorenzo Borghini

S

i è conclusa da pochi giorni a Santa Croce sull’Arno la mostra “50 pittori toscani per 50 cantanti toscani”, uno degli eventi espositivi più eclatanti dell’esta-

La prossima tappa a Pistoia dove è previsto un incontro con Francesco Guccini te toscana 2010. Dopo le iniziali tappe al Palagio di Parte Guelfa di Firenze e alla Pinacoteca Comunale di Volterra, l’esposizione, per volontà dall’amministrazione comunale, si è trasferita a Villa Pacchiani per rendere omaggio alla gloria canora locale Don Backy ovvero il santacrocese Aldo Caponi per il quale ha realizzato appositamente un quadro il pittore Nico Paladini rifacendosi ad un suo motivo di grande successo, “L’amore”. Ma il “comprensorio del cuoio” annovera tra i suoi talenti anche un famoso gruppo, gli “Homo Sapiens” con il loro indimenticabile successo “Bella da morire” che è anche il titolo del dipinto che li rappresenta realizzato dal livornese Raffaele De Rosa. Sono 50 gli artisti toscani che con una loro opera hanno voluto rendere omaggio ad altrettanti cantanti toscani, di nascita o di adozione, o a una loro canzone di successo. Maestri indiscussi come Antonio Possenti (Narciso Parigi), Luca Alinari (Francesco De Gregori), Giuliano Ghelli (Jovanotti), Mario Madiai (Silvia Querci), Francesco Nesi

(Dolcenera), Antonio Ciccone (Marco Masini), Giovanni Maranghi (Gianna Nannini), Giampaolo Talani (Gino Paoli), Sergio Nardoni (Riccardo Fogli), Elio De Luca (Povia) e giovani talentuosi come Paolo Gennaioli (Karima), Alessandro Reggioli (Pupo), Gioni David Parra (Sting), Tiziano Bonanni (Giovanna), Fabio Inverni (Sergio Cammariere), Francesco Sammicheli (Raf), Rudy Pulcinelli (Litfiba), Corrado Gai (Renato Zero), Gerardo Zei (Litfiba), Viola Mura (Irene Fornaciari), Lorenzo Malfatti (Paolo Nutini), Laura Leonardi (Simona Bencini dei Dirotta su Cuba), Stefania Catastini (Jessica Brando) hanno realizzato quadri di rilevante interesse artistico che unendosi sono andati a comporre un mosaico espositivo originale e vario. Pittrici sulla cresta dell’onda come Elisabetta Rogai, Lelia Secci, Paola Vallini, Monica Giarrè, hanno profuso tutto il loro talento per raffigurare Irene Grandi, Gino Latilla, Petra Magoni e Odoardo Spadaro (alla memoria del quale è dedicato l’evento) mentre il grande ceramista Eugenio Taccini ha rivolto la sua attenzione nei confronti del conterraneo Stefano Palatresi. L’unico artista straniero presente è Alain Bonnefoit (ma lo possiamo considerare straniero se ormai da oltre trent’anni trascorre sei mesi l’anno nella nostra regione?) che ha interpretato una canzone di successo del toscano d’affezione Mario Venuti. Per Riccardo Benvenuti, autore di sontuose scenografie per il teatro lirico, l’incontro con Andrea Bocelli era pressoché inevitabile così come quello di Fabio Calvetti con un personaggio controcorrente come Bobo Rondelli incontrato nella sua Certaldo in occasione di Mercantia. La successiva tappa del tour avrà luogo presso la imponente Biblioteca San Giorgio di Pistoia dove è previsto un incontro con il “pistoiese” (per 800 metri!) Francesco Guccini che con la sua celeberrima “La locomotiva” ha folgorato, oltreché milioni di italiani, pure Salvatore Magazzini. Anche altri artisti di gran nome espressione di Pistoia e del suo territorio come Erno Palandri

CANTANTI

Mostre

PITTORI

(Simone Cristicchi), Antonio Bancalani (Riccardo Azzurri), Fabio De Poli (Bandabardò), Marcello Scuffi (che ha voluto ricordare con la sua opera Gian Pieretti pistoiese di Ponte Buggianese) hanno aderito all’iniziativa. Ma è impossibile non citare gli altri maestri, da Fabrizio Gori (Franco Simone) a Massimo Podestà (Toto Cutugno) da Claudio Cargiolli (Mario Castelnuovo) a Massimo Lomi (Nada), Leopoldo Terreni (I Califfi), Armando Orfeo (Negrita), Giancarlo Montuschi (Donatella Milani), Danilo Fusi (Aleandro Baldi), Walter Falconi (Riccardo del Turco), Roberto Ciabani (Katyna Ranieri), Massimo Cantini (Stefano Sani), Alessandro Facchini (Alessandro Canino), Marco Dolfi (Paolo Vallesi), Gianni Dorigo (Piero Pelù) e Marco Borgianni (Zucchero). La mostra, che ha avuto il patrocinio della Provincia di Pisa, è stata sostenuta dal prezioso contributo della Banca Ifigest di Santa Croce sull’Arno e della Banca di Credito Cooperativo di Signa e grazie alla collaborazione con Villa Gisella, Toscana Tv, Metropoli, Radio Bruno Toscana, FirenzeArt Gallery, Silfi spa, CSO–Scandicci, Kareka–fine art, FuoriLuogo-servizi per l’arte e con la fattiva partecipazione dell’Associazione Culturale “La Ruga”.

Nell’immagine a sinistra: il curatore Fabrizio Borghini, l’artista Narciso Parigi, l’Assessore alla Cultura del Comune di Santa Croce sull’Arno Mariangela Bucci, il Sindaco di Santa Croce sull’Arno Osvaldo Ciaponi, Don Backy. In alto Don Backy e Narciso Parigi

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Artisti

Simbolismi primitivi

TEXT Enrica Frediani

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andro Borghesi è torinese di nascita ma massese di adozione. Si trasferisce in età adolescenziale con la famiglia nella città apuana nel 1946. Compie la

Il segno, vivo e travolgente, esclusivamente cromatico, è il mezzo per esprimere emozioni interiori e simbolismi primitivi che alimentano le paure e le inquietudini dell’uomo, a qualsiasi tempo egli appartenga. sua formazione artistica in età adulta, sotto la guida di Aldo Carpi docente in “Discipline pittoriche” fino agli anni ’40 del Novecento presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. La lezione del Maestro lo indirizza verso un figurativo dalle linee purissime che trova la sua apoteosi nell’essenzialità di un disegno che tende a enucleare la forma nel tratto continuo e deciso. Parallelamente al disegno l’espressione pittorica si manifesta con una produzione di soggetti naturalistici, marine e pinete, che denunciano l’attaccamento alla terra di adozione, nei quali si coglie la predispo-

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sizione dell’artista allo stile informale di matrice italiana. E’ una crescita stilistica e contenutistica che si concretizzerà pienamente sul finire degli anni ’60, quando Borghesi avverte la necessità di rimettere in discussione i contenuti storici delle avanguardie, dall’Espressionismo astratto americano a quello europeo attuando una rigorosa sperimentazione che sfocia nella ricerca espressionista del colore e nell’astrazione della forma, dove l’allontanamento dalla figurazione è vissuto come necessità primaria per esprimere emozioni interiori che si concretizzano nella forza del segno gestuale e del colore. Le prime opere astratte, e fino al 2000, mostrano una gestualità contenuta e meditativa portatrice di simboli pittografici oltre a riferimenti a forme sem-

plici e totemiche che conducono al primitivismo e al naturalismo avvalorati dall’adozione di colorazioni che appartengono alla sfera cromatica delle “terre”. La rappresentazione è ridotta a forme semplici e universali come quelle arcaiche, dove le masse di colore si relazionano con un fondo monocromatico

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che conducono a una pittura meditativa ed evocativa. Dal 2000 al 2005 vasta è la produzione di pitture caratterizzate da un automatismo astratto giocato su contrasti elementari tra il bianco dei fondali e il nero di poderose campiture che occupano lo spazio, lo invadono e lo sommergono. Lo sfondo bianco perde gradatamente la propria funzione di supporto per divenire protagonista con aperture luminose che rompono l’oscura drammaticità creativa dell’artista. Borghesi opera attraverso un procedimento critico-creativo che lo coinvolge totalmente. Il dipinto viene analizzato da varie angolazioni cosicché possa essere godibile anche sotto-sopra senza perdere la strutturalità dell’impianto compositivo mentre lo spazio della rappresentazione è vasto e si articola in tutta l’ampiezza della tavola. La stratificazione è materica, senza tuttavia raggiungere eccessi ridondanti, con aggiunta di timidi elementi estranei come i fogli strappati a notebooks, metafora che allude ai tempi moderni caratterizzati da ritmi frenetici e che non lasciano spazio alla riflessione. Il quadro si presenta quindi pieno di sonorità cromatiche che danno origine ad una pittura intensa, talvolta impetuosa soprattutto per le creazioni riferite al secondo quinquennio degli ultimi dieci anni. I colori diventano vivi e travolgenti, le modulazioni cromatiche passano indifferentemente dai toni delicati a quelli azzardati dove il segno, esclusivamente cromatico, diventa l’espressione di una spontanea libertà creativa aliena da ricerche sperimentali e programmatiche che manifesta l’estrinsecazione dell’energia vitale dell’artista. Nelle ultime realizzazioni la riflessione di Borghesi passa attraverso le inquietudini dell’informale; stende nelle sue tavole grandi pennellate intrise di bianchi in sfumate variazioni cromatiche e materiche, ne cancella, stratifica la memoria sottostante precedentemente predisposta da cui affiorano tracce di collage e isole cromatiche. Lo scopo è quello di annullare la presenza di sentimenti ed emozioni soggettivi mentre il linguaggio verbale viene mantenuto dai papier – collé. In contrasto a questa ultima produzione orientata verso l’appiattimento emozionale, l’autore realizza due tele che esprimono un forte simbolismo primitivo di junghiana memoria che conduce all’iniziale espressionismo astratto di Mark Rothko e Adolph Gottlieb quale archetipo di segni eterni, simboli di paure e di inquietudini dell’uomo, a qualsiasi paese e tempo egli appartenga. Sono immagini primordiali, tracce di collettive ed immutabili reminescenze. Forme a prescindere, e, in quanto tali, concorrono, quali immagini originarie, alla formazione di simboli. Le due tele, l’una con una forma-simbolo a macchia di colore rosso; e l’altra con macchia nera, entrambe su sfondo bianco, evocano memorie e timori universali. La mancanza di evanescenza del segno cromatico (come invece avviene in Rothko) sottolinea il suo dissociarsi dallo spiritualismo rothkiano per concretizzarsi in enigmatiche forme, che perdono il loro originale assetto circolare nell’espandersi sul bianco monocromo sfondo. Sono configurazioni che appartengono a un mistero concreto e che si alimentano dei timori e delle paure che albergano nell’animo umano.

1. Senza titolo, 2009 2. Senza titolo, 2007 3. Senza titolo, 2009 4. Senza titolo, 2010


FERRARA

Chardin

La quotidianità, la gestualità umana, gli oggetti elevati al rango di genuina rappresentazione pittorica, che si contraddistingue per la sua forza realistica non 17 ottobre 2010 legata a schemi accademici 30 gennaio 2011 o di scuola, caratterizzano Palazzo dei Diamanti l’operato artistico del maestro. Corso Ercole I D’Este 21 La grandezza di Chardin Tel. 0532 244949 risiede nel coinvolgimento sentimentale inebriante tutte le sue opere, non ultime le famose nature morte plasmate di un’interiorità dinamica che di “morte” ha ben poco. Ammirato da numerosi artisti postumi, il maestro ha il dono di destare nell’osservatore delle sue tele l’emozione grazie al gioco tra tono e colore insieme alle suadenti sfumature di luci, al realismo delle scene caratterizzanti il famoso Mazzo di fiori, La governante, Il Bambino con la trottola, le Bolle di sapone e altri capolavori da ammirare presso le sale del magnifico Palazzo Estense.

Il pittore del silenzio

Bronzino

23 ottobre 2010 27 marzo 2011 Castel Sismondo Piazza Malatesta Tel. 0541 787673

FIRENZE

Parigi. Gli anni meravigliosi

L’ARTE INTORNO A TE a cura di Carmelo De Luca

RIMINI

Pittore e poeta alla corte dei Medici

Volto, corpo, figure, nature sospese, il paesaggio celebrati attraverso il confronto tra i maestri sostenuti dal rigido Salon e i rivoluzionari pittori del movimento impressionista. Partendo dal Torso nudo di Ingres, opera accademica ma aperta al nuovo, la mostra riminese ripercorre l’evoluzione di tale tematica sino alla toccante Toilette di Bazille, vero capolavoro del nascente impressionismo. La sfida tra il “Saloniano” Bovin e i “trasgressivi”Renoir, Pissarro, Gauguin, Manet caratterizza l’argomento della natura morta a “colpi” di fiori, frutta e oggetti d’uso quotidiano. L’arte del paesaggio conclude la mostra con i grandi nomi delle due scuole, basti pensare al grande quadro di Sisley del 1867, esposto al Salon, al Sentiero dei castagni a la Celle-Saint-Cloud e alle vedute di villaggi in Normandia realizzate da Monet.

Una grande personale ad un artista, allievo del Pontormo ma rapito dalla lezione michelangiolesca, artefice dalla lucentezza pulita delle figure inebriate di una sorprendente rappresentazione realistica. Bronzino dimostra una delicata sensibilità nel rappresentare il tornito senso del rilievo che, grazie all’utilizzo di colori intensi, ottiene tarsie lucidissime e dona aristocratica postura ai personaggi rappresentati. La tradizione toscana viene riletta in chiave manierista, dando nuovo impulso alla pittura allegorica e alla ritrattistica, della quale il maestro è degno rappresentante. Gli illustri “sconosciuti” e la sua conosciutissima produzione, compreso il famoso ritratto di Eleonora di Toledo, sono presenti al gran completo nell’esposizione fiorentina per essere ammirati nel loro splendore.

24 settembre 2010 23 gennaio 2011 Palazzo Strozzi Piazza Strozzi 1 Tel. 055 2776461


I grandi bronzi del Battistero. Rustici e Leonardo Il gruppo scultoreo della Predica di San Giovanni, destinato al Battistero fiorentino, rappresenta l’ospite d’onore della mostra in quanto rivela la forte personalità del maestro e il contributo di Leonardo nella realizzazione della medesima. Intorno ai famosi bronzi, l’intero operato artistico del Rustici dimostra come la lezione rinascimentale dell’ego umano abbia valenza di universalità. Invetriati, tra i quali il Noli me tangere o la Zuffa di cavalli e cavalieri, marmi, terrecotte, dipinti e altre sculture, presenti in mostra, riecheggiano la formazione dell’artista presso la corte di Lorenzo il Magnifico, ma anche i suoi contatti con Andrea del Verrocchio, Benedetto da Maino, Baccio Bandinelli, Domenico Puligo, Iacopo Sansovino, Rosso Fiorentino.

10 settembre 2010 10 gennaio 2011 Museo Nazionale del Bargello Via del Proconsolo 4 Tel. 055 2388

FIRENZE

ROMA Lucas Cranach:

l’Altro Rinascimento 15 ottobre 2010

RIMINI

Sostenitore del vibrante stile danubiano, Cranach il 13 gennaio 2011 Vecchio colpisce per la sua pittura incisiva, raffinata, Galleria Borghese decisamente di classe riconoscibile nei soggetti femminili Piazzale Scipione di nudo longilineo colpito da una luce un po’ cruda, Borghese 5 nelle eleganti acconciature del capo e nei preziosi gioielli Tel. 06 85485 che risaltano sulle bianche carni; la prova tangibile di quanto affermato è il pezzo forte della mostra, Venere e Cupido con favo di miele, mirabile esempio di eleganza, nitidezza e grazia. L’esposizione romana racconta la modernità del maestro tedesco attraverso l’erotismo dei corpi che pervade le sue pregevoli tele con personaggi biblici o della mitologia classica. Trenta opere, provenienti da prestigiose istituzioni, evidenziano un delicato temperamento pittorico ricco di suggestione emotiva, assolutamente notabile nelle immagini di una strabiliante bellezza sensuale.

Caravaggio e altri pittori del Seicento

23 ottobre 2010 27 marzo 2011 Castel Sismondo Piazza Malatesta Tel. 0541 787673

Provenienti dal Wadsworth Atheneum di Hartford, quindici tele del seicento rievocano gli splendori della pittura europea capitanate dalla struggente opera del Caravaggio rappresentante l’estasi di S. Francesco. Un’ambientazione composita racconta la morte del Santo e la sua rinascita spirituale, personificata dal Cristo trionfante sull’oblio, nella quale l’artista sperimenta l’arte del paesaggio e muove i primi passi nell’utilizzo della luce per illuminare la scena. A pendant di questo capolavoro, quadri di scuola caravaggesca dipinti da Cigoli, Morazzone, Gentileschi, Strozzi, Saraceni, Ribera, Zurbarán, con la “scultorea” pittura del San Serapione, e ancora la scuola fiammingaolandese rappresentata da Sweerts, Van Dyck e Hals. Assolutamente da non perdere!

Reality

LA VETRINA


Lucca e l’Europa

Medioevo

Storia

un’idea di TEXT Valerio Vallini

V-XI SECOLO

E

ra stracolmo l’auditorium di San Micheletto, sabato 25 settembre alle ore 17.30 per la conferenza sull’esposizione Lucca e l’Europa. Un’idea di Medioevo (V-XI secolo) presso la sede della Fondazione Ragghianti a Lucca. La mostra che terminerà il 9 gennaio 2011, è organizzata in occasione delle celebrazioni per il centenario dalla nascita di Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca 1910-Firenze 1987), studioso e storico dell’arte, è stata progettata da un Comitato Scientifico costituito da: Clara Baracchini, Carlo Bertelli, Antonino Caleca, Maria Teresa Filieri, Marco Collareta e Gigetta Dalli Regoli. Un’attenta selezione di oltre cento opere prodotte dal V all’XI secolo, allestite in undici sezioni, esplora la produzione artistica lucchese attraverso puntuali rife-

rimenti al contesto europeo. Un interessante percorso espositivo dove l’opera d’arte, come Ragghianti ci ha insegnato: non da un astratto stile all’incasellamento dei reperti, ma piuttosto dalla lettura dei reperti, è valutata in relazione dinamica con i fenomeni circostanti. Lucca e l’Europa. Un’idea di Medioevo. V-XI secolo apre il suo percorso espositivo con una meditata, quanto significativa, selezione di antiche monete. I reperti numismatici si configurano fra quei privilegiati indici dello sviluppo artistico dai quali si evince il passaggio dall’estetica naturalistica all’indirizzo astratto prevalente in età medievale. Questo storico passaggio è ben visibile nel Decanummo di Atalarico, conservato a Firenze al museo del Bargello, nel denaro argenteo per Carlo Magno e nel denaro argenteo per

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Ottone II, entrambi custoditi presso il Museo di Villa Guinigi a Lucca. Il percorso prosegue con la sezione dei preziosi manufatti in avorio, materiale pregiato e raro destinato alle più raffinate produzioni nell’arte tardoantica, fra cui spiccano la pisside in avorio proveniente dal Museo Civico di Livorno, il Dittico del 480 commissionato dal console Basilio e il Dittico consolare di Aerobindo del VI secolo. Da questi importanti capolavori si coglie con chiarezza la nuova e diversa dimensione creativa dell’arte tardo-antica, sotto la cui spinta tramonta l’estetica classica. L’affermarsi della decorazione “astratta” con il simbolismo che talvolta le è connesso, trova piena affermazione nell’oreficeria, dagli ornamenti dell’abito civile alle decorazioni delle armi. Si presentano a Lucca notevoli ed emblematici esempi del VII secolo quali, il frontale di elmo che reca inciso il nome del re longobardo Agilulfo del Museo del Bargello di Firenze, la fibula a disco proveniente dal Museo Archeologico di Parma e quella a staffa conservata presso il Museo di Villa Guinigi a Lucca. La sezione successiva presenta una straordinaria raccolta di sculture in pietra: colonne, pilastrini, capitelli, architravi, transenne e timpani che, nell’insieme, documentano lo sviluppo della decorazione architettonica dal VII al X secolo entro il suo contesto intellettuale e culturale. Raffinati esempi ne


6 sono la lastra con croce di Aquilea (Lucca), il pilastrino proveniente dal Museo Statale d’Arte Medievale e Moderna di Arezzo e le lastre dell’antica cattedrale di Torino. Nel periodo altomedievale il culto per le reliquie dei Santi si colloca con forza negli usi del popolo cristiano. Significativi esempi di questa produzione artistica sono il reliquiario di Cividale, la cassetta-reliquiario della cattedrale di Sarzana e quelli a croce di Vigevano e Volterra. La mostra affronta anche il ruolo capitale che l’arte del libro. Testimone d’eccezione, il celeberrimo manoscritto 490 della Biblioteca Capitolare di Lucca, che reca la data 787, sono esposti codici e fogli sciolti di produzione altomedievale tra cui particolarmente rari e significativi l’evangelario della Biblioteca Capitolare di Perugia, il foglio di produzione insulare (irlandese o britannico) con Cristo fra gli Apostoli della Biblioteca Nazionale di Torino, l’ornatissimo omeliario dell’abbazia di Montecassino e l’insigne manoscritto Amiatino 3 della Biblioteca Laurenziana di Firenze. La “rinascita” carolingia, avviata nel mondo del libro, arriva a coinvolgere tutte le “arti diverse”, qui testimoniate da capolavori assoluti quali il capitello di Malles e la Madonna di Brescia, in stucco, e il Santo ad affresco e la testina in avorio da San Vincenzo al Volturno. Un’intera sezione è dedicata poi ad una raffinata selezione di preziosi tessuti serici di provenienza orientale. Il tema degli animali affrontati, tipico di questi tessuti, viene ripreso nella scultura in pietra coeva: ne sono esempi in mostra le formelle del Museo Barracco di Roma, le lastre del Museo Provinciale Campano di Capua e del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Questo motivo svolge un ruolo importante nello sviluppo del capitello medievale, di cui i momenti cruciali vanno dall’enigmatico e affascinante capitello di Gello, oggi a Villa Guinigi, fino a quello ormai pienamente romanico di Pavia. Il fascino dell’Oriente è testimoniato in mostra anche da altre tipologie di oggetti che dimostrano l’eccellenza artistica di Bisanzio e dell’Islam: è il caso dello splendido Falco in bronzo, sicuramente fra i più notevoli metalli islamici che ci siano pervenuti nonché dei bacini ceramici che ornavano le chiese romaniche lucchesi e pisane. La mostra si conclude con testimonianze artistiche appartenenti agli anni di passaggio tra XI e XII secolo: codici, sculture e monete che alludono in forma sintetica alla nascita della civiltà comunale lucchese. Un rarissimo bronzo raffigurante un leone con volto umano ci proietta poi idealmente verso la realizzazione di una seconda mostra, che illustrerà lo svolgimento dell’arte lucchese nei secoli centrali del Romanico (XII- XIII secolo). Il percorso espositivo prosegue idealmente nella quattrocentesca Villa Guinigi sede del Museo Nazionale a pochi metri della Fondazione Ragghianti. La Villa ospita infatti una ricchissima collezione di reperti valorizzata da un recente nuovo allestimento che ha coinvolto tutta la sezione medievale del museo. 1. Frammento di bassorilievo con profilo di animale 2. Testa di Vescovo 3. Croce aurea 4. Animale con testa umana 5. Codice 490 6. Fibula a disco


Territorio

... passeggiando alle porte di Firenze

V G iardini

Per

ille e per

TEXT Samuela Vaglini PHOTO Alessio Battaglia

U

n tuffo fra passato e presente, in luoghi dove solo un labile confine, quale una recinzione, separa la modernità dalla storia: un passo fuori e ci si trova nella periferia urbana, un passo dentro e ci si trova calati nel tempo che fu dei Medici.

L’itinerario museale è visitabile fino al 14 novembre prossimo Il visitatore viene colto da questo inatteso stupore muovendosi lungo l’itinerario proposto da “Per Ville e Per Giardini. Sorprese d’arte e archeologia alle porte di Firenze”, l’iniziativa espositiva in essere dal giovedì alla domenica, fino al 14 novembre prossimo. Villa Corsini, Villa della Petraia e il giardino di Villa Castello sono le tre tappe del percorso che immergono lo scopritore nei fasti che furono della dinastia fiorentina. A queste se ne aggiungono altre due, localizzate sempre a Sesto: la tomba della Montagnola, un sepolcro estrusco fra i meglio conservati, riaperta dopo un decennio di restauri, e il museo Ginori con un’esposizione di ceramiche di Doccia dedicate alla Venere de’ Medici. L’iniziativa si svolge nell’ambito della sesta edizione del progetto “Piccoli Grandi Musei” promosso dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze con la collaborazione della Provincia di Firenze, il patrocinio ministeriale e del comune di Firenze, il so-

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stegno della Regione Toscana e i contributi preziosi di molte soprintendenze ed egregi curatori. La quattrocentesca Villa Corsini, originariamente appartenuta alla famiglia Strozzi, ha subìto profonde trasformazioni ad opera di Giovan Battista Foggini che ne ha mutato la facciata, le sale ed il cortile secondo lo stile tardo barocco. Il suo aspetto attuale conserva appunto quel gusto. Attualmente la villa ospita i reperti dell’antiquarium del Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Una seducente statua di Arianna dormiente, collocata fra il XVII e il XVIII secolo nei giardini di Villa Medici sul Pincio a Roma, si staglia nella luce della vetrata del salone al piano terra. Nel cortile, sarcofagi etruschi del IV-III secolo a. C. costituiscono un preludio dei reperti conservati in villa, introducendo il visitatore nella Sala del Ricetto delle Iscrizioni e nella Sala dei Piccoli Marmi della Tribuna provenienti dalle collezioni antiquarie della Galleria degli Uffizi. Al piano nobile l’ospite è catturato dalla statua marmorea di Apollo saettante, salvata dalla rovinosa alluvione del 1966 attraverso l’opera di restauro. Tracce degli originali colori sono ancora visibili sul

volto della statua. Il visitatore termina il percorso interno attraverso sale dedicate ai reperti etruschi rinvenuti nella Tomba della Mula, una thòlos scoperta recentemente sotto un’antica villa privata nei pressi di Sesto Fiorentino e, infine, nella sala della ritrattistica di età antica. Villa Petraia venne acquistata dai Medici nel Cinquecento, ma fu sotto il granducato di Ferdinando I che la residenza conobbe un’intensa trasformazione strutturale che ne mutò l’aspetto da fortilizio in dimora principesca. La visita comincia dal giardino, originariamente dal terreno pietroso da cui derivò il nome della villa, che venne lavorato in modo da ottenerne la sequenza di tre ampie terrazze dalle quali domina la villa. Si prosegue, grazie alla visita guidata gratuita, nel cuore dell’edificio che reca in modo pregnante l’impronta del gusto sabaudo impressole da Vittorio Emanuele II e dalla moglie morganatica Rosa Vercellana che ne fecero la loro residenza. L’occhio del visitatore è subito attratto dal1. Villa Petraia 2. La fontana di Ercole e Anteo, Villa di Castello Apollo saettante, Villa Corsini 3. Piano della figurina con la fontana di Venere e Fiorenza, Villa Petraia 4. Villa di Castello


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fulcro è una monumentale Incoronazione della Vergine di scuola botticelliana. Le opere appartenevano all’ex Conservatorio delle Montalve. Infine, il percorso nelle ville non può terminare senza una passeggiata nell’odoroso “Percorso degli agrumi” offerto dal giardino di Villa Castello dove oggi viene conservato un prezioso agrumeto composto da circa cinquecento piante, fra grandi e piccole, secolari e recenti, ma tutte di grande importanza storico-botanica, in quanto discendenti dalle antiche varietà medicee. Fra le specie più curiose è la Bizzaria, una sorta di arancio amaro che a livello morfologico presenta i caratteri di ben tre specie diverse di agrumi quali il cedro, il limone e l’arancio amaro e che, nel Seicento quando venne scoperta, co-

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la complessa decorazione del cortile che, per volere dei Savoia, fu fatto chiudere tramite un’imponente e moderna copertura in ferro e vetro che lo trasformò in un elegante salone da ballo. Affascinante la scultura bronzea della Venere del Giambologna personificazione della città di Firenze, collocata in una delle ventiquattro sale visitabili, che originariamente sormontava la fontana opera del Tribolo e di Pierino da Vinci detta fontana della Fiorenza. La fontana, di cui oggi all’esterno è visibile una copia, si trovava nel Piano della figurina, il giardino a est della villa. Oltre ai ricchi arredi presenti, fra i quali un prezioso rotolo in seta proveniente dalla Cina raffigurante la Veduta del Porto di Canton, la villa attualmente è sede della mostra “Preziosi tesori in villa”, di cui il

stituì un vanto per i Medici. Villa di Castello, anche meglio nota come Villa Reale, è oggi sede dell’Accademia della Crusca. L’itinerario “Per Ville e Per Giardini” può essere completato con la visita alla Tomba della Montagnola e al museo Richard Ginori, nonché con la visita al Palazzo Medici Riccardi e ad altri musei convenzionati (per ulteriori informazioni: www. villegiardinifirenze.it). Un modo inusuale, ma senz’altro gradevole per trascorrere un fine settimana fra quelle “bellezze di casa nostra” di cui normalmente viene ignorata l’importanza e che non rientrano nei circuiti turistici ormai consolidati. Ne è una conferma il numeroso pubblico di visitatori che ha già potuto godere delle mostre: oltre 40mila nei primi 50 giorni dall’apertura.

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sguardo del

TEXT Paolo Pianigiani PHOTO Alena Fialová

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ederico II di Hohestaufen (11941250), l’imperatore. Tutto nasce da lui, e dal suo libro De arte venandi cum avibus. Anche se riprende tradizioni ancora più antiche, è lui che stabilisce le regole e spiega le modalità di addestrare questi splendidi rapaci.

La caccia con il falcone, passione delle corti medievali, è arrivata fino a noi È un trattato sulla scia degli interessi scientifici e le curiosità per la natura, che era tutta o quasi da scoprire, tipici dell’epoca, ma che presenta aspetti che ci sorprendono per la loro modernità. Per esempio, si va ad indagare, fra queste pagine splendidamente miniate, i misteri e le leggende che esistevano intorno a questi uccelli. Si credeva che fosse l’odore a guidare la caccia dei falchi. Dopo aver sperimentato sul campo, con esemplari incappucciati, Federico dichiara che è impossibile che venga

alco

usato il senso dell’odorato. Oppure, in un capitolo dedicato agli uccelli, ci si attarda ad osservare che durante il periodo degli amori gli aironi guardabuoi tendono a mutare il piumaggio dal bigio al rosso. E siamo in un’epoca senza i binocoli, per fare queste osservazioni si doveva passare molto tempo ad osservare la natura. La caccia con il falcone, vera e propria passione delle corti medievali, è arrivata fino a noi, attraversando cambiamenti e modifiche nel corso dei secoli. Era un vero e proprio “status”, possedere un rapace. E identificava il ruolo: per esempio solo un imperatore o un re poteva cacciare con l’aquila. Oggi a praticare questa passione sono in pochi, e le leggi che la regolano sono severissime. Ne ho conosciuto uno, un falconiere di passione e di professione, che sembra uscire dalle storie e leggende dei tempi passati: Nando Ferrini, che tratta i rapaci come fratelli, con il profondo rispetto che questi animali fieri ed eleganti meritano. Nelle antiche terre di Malmantile, dove ancora risuona la luminosa risata di Lorenzo Lippi, pittore e poeta, autore del Malmantile racquistato, ha sede l’Associazione dei Falconieri Fiorentini, fondata da Nando con lo scopo di mantenere viva la tradizione che affonda le sue origini nel medioevo. È qui che Nando, insieme a un gruppo di amici, alleva e addestra un gruppo di falchi e di altri rapaci. Per legge, essendo specie protette, i falchi che Nando alleva e addestra, devono essere nati in cattività. Sono nati da coppie selezionate e entrano giovanissimi a far parte del gruppo, seguendo l’esempio degli adulti. L’attività dell’associazione è frenetica, sempre in giro per prove dimostrative, esibizioni storiche, il prezioso lavoro di controllo sugli uccelli in spazi a rischio, come gli aereoporti. Sono i falchi che, sollevandosi in volo, con manovre tipiche dell’attacco alla preda, convincono gli ospiti indesiderati a cambiare di casa e di territorio. Il grido del falco che risuona lassù in alto è un deterrente naturale e terribile. E a guardare le nostre piazze, ormai invase dai piccioni che si sono moltiplicati senza controllo, vien da pensare che la soluzione potrebbe arrivare sulle ali dei falchi, predatori da sempre di tutti i volatili. Ma l’incontro con questi straordinari animali, che ti guardano negli occhi senza timore,

Territorio

lo

quasi ti cercassero l’anima, lascia un segno che è difficile da dimenticare: sembra che ciascuno abbia il suo carattere e il suo modo di comportarsi. Come Penelope, una bellissima femmina di Falco Sacro, qui accanto che, quando incontra un maschio, fa una bella riverenza di saluto. Ma non è mai un segno di sottomissione: lo sguardo e gli artigli sono d’acciaio: con me, sembra dire, c’è poco da scherzare.

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1810

Storia

Le laboriose suore di San Matteo

a Castelfranco di Sotto

TEXT&PHOTO Paola Ircani Menichini

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a storia del convento di San Matteo di Castelfranco di Sotto durante la soppressione napoleonica degli Ordini religiosi rappresenta un’eccezione nel panorama generale del 1808 -1810 e per que-

Le vicende del Convento di San Matteo durante la soppressione napoleonica degli Ordini religiosi sto si rivela interessante per comprendere le diverse vicissitudini degli istituti di vita consacrata e dei suoi componenti al tempo della loro secolarizzazione. San Matteo ospitava dalla prima metà del Seicento una comunità di suore agostiniane, della quale aveva fatto parte una religiosa di virtù, Maria Gaetana Diomira Romagnoli di Pontedera, ricordata dal proposto Don Andrea Danti in un libro edito a Lucca nel 1743. Ai tempi delle riforme di Pietro Leopoldo, verso il 1781, aveva assorbito le suore clarisse di Santa Chiara in «via della Croce» e a sua volta nel 1785 era stato trasformato in conservatorio (scuola pubblica) e ristrutturato dal punto di vista ar-

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chitettonico. Ritornato monastero dal 1802 con le leggi dei Borboni, fu soppresso nel 1810 e l’edificio diventò unicamente sede di scuola femminile a partire dal 10 ottobre dello stesso anno. Ne ebbe il merito anche il «maire» (sindaco) di Castelfranco, Domenico Guerrazzi, che in una significativa lettera del 22 novembre descrisse il suo paese come luogo di un «continuo arrivo di nazionali e esteri, [che] facendo circolare continuamente denaro, [sono un] mezzo sicuro di sussistenza agli abitanti» - e sul conservatorio affermò: «istituto sì utile, sì bello, sì necessario, acciò esista per il bene di questa mia Patria a me cara, e degli abitanti». La lettera del maire e altre notizie sulla scuola sono contenute in una filza della Prefettura del Dipartimento del Mediterraneo conservata all’Archivio di Stato di Livorno. Nei documenti l’edificio è descritto in buono stato con una chiesa che poteva servire alle maestre o alle convittrici per ascoltare la Messa, con un giardino murato e con tutti i comodi possibili per le ricreazioni. Accoglieva 61 educande che erano le allieve esterne, mentre al momento non c’era nessuna ospite convittrice perché le famiglie, prevedendo la chiusura del convento, avevano ritirato le loro figlie. Tra le educande si ricordano le giovani Guerrazzi, Franciosini, Formichini, Martelli, Turi, Cerri, Serafini, Vestri, Giuliani, Morucci, Cavallini, Novelli. Le carte dell’Archivio di Stato di Livorno ci parlano anche delle suore che rimasero nel conservatorio con il pieno appoggio del Guerrazzi, che redasse in calce alle loro istanze il necessario parere favorevole. Infatti poco prima o appena dopo l’istituzione della scuola le suore si rivolsero per scritto

al Prefetto, rimarcando due fatti particolari e non contestabili: l’utilità delle più giovani nell’istruzione delle fanciulle e la vecchiaia e la malattia cronica di alcune di loro. Per quanto riguarda la scuola, le suore più preparate fecero notare come si fossero spogliate dell’abito rispettando pienamente la legge. Tuttavia avevano ancora il desiderio di vivere in comunione come «private amiche che formano una società utile al pubblico servizio per comunicare ogni sorta di civile istruzione alla tenera gioventù». Pertanto Maria Cecchini e Giovanna Martolini chiesero di restare a San Matteo per insegnare alle ragazze a leggere, scrivere e l’«abaco» (aritmetica), Anna Agostini per far fare loro pratica di «modano, e la maniera di ricamarlo» (filet), Assunta Giugni per far fare le borse a telaio e le «filasce» (filacce), Assunta Riccioni per insegnare il modo di fare i «cintoli» e le reti da denari con i ferri, Margherita Bachini per i nastri e le reti da pescare, Cristiana Pescini per cucire camicie, smerlare, e qualunque simile lavoro d’ago. Anche le ottuagenarie e le ammalate fecero istanza per rimanere nel conservatorio fintanto che non fosse stato organizzato «l’ospizio della Certosa» o avessero trovato «asilo o ospizio presso i parenti». Ma c’era anche chi parenti non ne aveva più oppure dichiarava una famiglia di contadini bisognosi, troppo povera per potere accoglie-


1. Una porta dell’antico convento o del conservatorio 2. Particolare della pianta K del Castello di Castelfranco di Sotto, sec. XIX; la chiesa di San Matteo è al centro a destra colorata in grigio scuro 3. La chiesa e l’ex convento di San Matteo nel febbraio 2010; l’edificio oggi ospita la Scuola dell’Infanzia Giovanni XXIII

re una bocca in più. Per quanto riguarda le inferme, le domande ebbero in allegato il certificato del dottore Vittorio Simi che vi descrisse persone e malattie: Vincenza Ceccanti da tre anni soffriva di vomito continuo e febbre, Giusta Papini di enfiagione dolorosa in ambedue le gambe, Olimpia Sansoni di asma, Gesualda Agostini di febbre e di tumori freddi nel petto e nel ventre, Rosa Cavallini sempre di un vasto tumore freddo nel ventre e di febbre, e Teresa Cecchini da dieci anni era incapace di muoversi (stava sempre «sopra una seggiola»). Tutte queste ex suore erano impossibilitate sia a muoversi che a viaggiare; per questo le loro compagne – Rosa ed Elisabetta del Rosso, Rosa Terreni, Annunziata Simoneschi e Giovacchina Onetti -, a loro volta fecero domanda per poterle

accudire continuamente. Ma poiché vi era necessità di mandare avanti anche la piccola comunità di donne che sarebbero rimaste nella scuola, Luisa Rinaldi chiese di restare per fare il pane e le faccende giornaliere, Maddalena Casini per cucinare per le inferme e per le insegnanti, Antonia Franciosi per fare bucati e lavare la biancheria delle ammalate. Tutte le istanze furono approvate dal Prefetto e San Matteo di Castelfranco rimase uno dei pochi conservatori di Toscana con dentro gran parte delle sue ex suore. Dopo la caduta di Napoleone e il ripristino degli Ordini regolari, nonostante la fedele presenza delle «private amiche», il monastero non fu riaperto e nel 1817 l’edificio diventò proprietà del Magistrato della Comunità.

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Lo scaffale dei poeti

Roberto TEXT Valerio Vallini

G

ià leggendo La ragazza in bianco, Ed. Cesati, nel 1985, avvertii di questo poeta autentico il passo dell’elegia, la capacità di un racconto con pochi tratti essenziali. Lo incontrai

Poesia d’amore intima e civile che si affaccia alla storia e alle tragedie del secolo

NOTIZIA

un giorno a Volterra e mi colpì il suo schietto sorriso, la pudicizia con la quale affermava di scrivere versi. Fu per me una grande lezione di modestia. “Stazioni, Attese, Franco Cesati Editore, 1990 - scrive Roberto Carifi in una introduzione – è un’opera percorsa da un malinconico contemplare, qualche volta dall’ ironia, sempre da una facile astrazione che traduce nell’ interier le sfumate e impercettibili mutazioni dell’essere”.... “Malinconico contemplare”....ma io dico anche poesia d’amore specie nella prima parte del libro, fin dalla Dedica : “/ Ti ho chiamata Marina/ perché tuo era il paese/ dell’anima in cui ti/ specchiavi e capivi e non/ capivi ma in te tutto era/ amore sempre fino/ all’estremo/.” E accanto all’amore il disamore: come in Siracusa-Roma. Disamore “…illividita resta/ la mano che segnava/ nel mare i soli che lo/ generavano…/ …/ inaridita resta/ la mano che sognava/ nel mare i soli che lo/ nutrivano e via e via/ nell’alba, treni di tutte/ le ore, un solo pensiero, nullo,/ nei pressi di Battipaglia, nessuna/ presenza da ricordare, nessun anelito/ di memoria, nessuna pietà, nessun dolore/.

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Ma con l’amore naturalmente la donna. Come in Donna del mare, Marinai e sirene che dà il nome ad una intera sezione. E’ un libro denso di riflessi memoriali, folgorazioni autobiografiche sul presente, come nella poesia Balocchi: “/Nella fattispecie tu, ombra/ mutante, anima/ assente tu onnipresente/ ovunque io vada ovunque/ io speri tu, orma/ tagliente, nome/ deviante, orrida specie/ d’angelo, di lepre/ e d’amante”. E poi nel corpo del volume, quasi un racconto in versi: versi polisillabici, estesi, rotti e ritmati nelle cesure sapienti, c’è un sabiano osservare. Le stazioni, i treni, metafore facili e insidiose, belle. Veracini le risolve con limpidità descrittiva che mentre mette a fuoco, addensa e penetra nella realtà intima non solo individuale ma plurale. “/Accade ogni tanto di vedere uomini discreti/ che inseguono i treni…/. Sono presenze concrete e surreali. Uniscono in pathos profondo alla leggerezza della descrizione, a un velo di mistero che le pervade. Il poeta si immette nelle metafore diventa parte viva, attore, ma senza

Roberto Veracini è nato a Volterra, dove vive, nel 1956. Laureato in Lettere all’Università di Pisa, allievo di Silvio Guarnieri, insegna italiano e storia negli istituti tecnici. Ha pubblicato tre raccolte di poesie (“La ragazza in bianco”, 1985, Cesati; “Stazioni, attese”, 1990, Cesati; “Epifanie dell’angelo”, 2001, ed. ampliata 2003, ETS) e una guida poetica di Volterra, insieme al pittore Stefano Tonelli. Collaboratore di riviste letterarie, nel 1993 è uno dei fondatori di “Pioggia obliqua”, di cui resta redattore fino al 2000 (anno in cui la rivista fiorentina cessa la pubblicazione). Ha curato alcune iniziative culturali per il Comune di Volterra (tra cui “Museo di notte”, “Percorsi poetici”, nei primi anni ’90) e, insieme a Daniele Luti, nel 1999 è stato il promotore del Premio letterario “Ultima frontiera” (dedicato a Carlo Cassola), giunto alla terza edizione. In questi ultimi anni la sua poesia, con 17 disegni di Tonelli, tradotta in francese da Bernard Vanel, e pubblicata con il titolo “Epiphanies de l’ange”, ha ricevuto un riconoscimento su www.radiofrance.fr

invadenza, in punta di piedi: “...Percorro a pieni passi queste mie/ debolezze ancestrali, queste ferite/ buie che mi riempiono la vita/ e aspetto”. E il libro si svolge denso e amoroso dai primi versi alle ultime “Facezie”, per notazioni che procedono dall’esterno all’interno, indagano, esplorano, raccontano. Epifanie dell’angelo, come scrive Daniele Luti in una sua postfazione, “è un’antologia di epifanie, di smarrimenti che nascono da una condizione di forte vibrazione emotiva. Il poeta si abbandona al delicato inganno della poesia, allo scenario teatrale che il verso racconta costruendo un ponte, una filigrana di giochi luminosi fra il reale e l’irreale. Si può dire che Veracini dia voce ad un universo celato dietro l’immobilità dell’essere.” Scrive Veracini: “Un giorno mi sono rinchiuso in un antico palazzo di Monte-


scudaio insieme agli angeli del pittore Stefano Tonelli, perché volevo scrivere tutte le emozioni che mi avevano procurato quei quadri ( e quella musica così necessaria).” Sappiamo – ce lo racconta il poeta – che quelle voci gli si ripresentarono tutte insieme nella notte dell’Epifania. Eccole le Epifanie dell’angelo. E’ un flusso di poesia che si distende prima in un “prologo” denso di percezioni, di vortici sensoriali, di visioni. “/Oh notte, oh sogni, / chi mi porta alla deriva,/ chi mi salva da quest’onda?/ Concedetemi una tregua, / ch’io possa – un giorno – almeno cercarvi/”. Commovente, anche commovente: perché no. Dobbiamo temere la commozione? Per niente quando porta versi così singolari e misurati nel panorama della poesia contemporanea: “/Passerà anche questa notte, come ogni notte,/ non c’è da aver paura se all’angelo/ tremano le ali, qualche volta./ Sono troppo partigiano se dico che questa poesia mi affascina? Lascio che siano questi versi a parlare: “/ Ogni prigione ha un’altra prigione/ che non si dice, che non si crede// Ogni uomo ha un’altra ragione/ che non si spiega, che non si vede// Ogni prigione ha un’altra prigione/ racchiusa nel petto, impenetrabile//.” Poesia anche civile e che si affaccia alla storia, alle tragedie del secolo. Poesia che omaggia l’alta poesia da Pasolini a Pound. E naturalmente l’amore: un amore vissuto e sentito con animo adolescente: “/Prendetemi ora che sono innamorato/ e vago per le strade svanito, disarmato…// Mi sono perso nell’amore, ho conosciuto/ la felicità: per questo sarò dannato…/ Ora mi taccio in questa piccola nota. Lascio che sia la lirica del poeta a parlare: che ci conduca nel suo mondo che costruisca – cito ancora Daniele Luti - “un ponte dialogico con il lettore, il testimone muto della sua riflessione.”

Da La ragazza bianca

Da Stazioni, Attese

Mare

Inseguire i treni

Questa sabbia ci sorprende fra estuario e sole in piena metamorfosi. Evidente il diaframma fra noi e gli altri che non sanno il mare oltre la grazia effimera del suo manto. Ma la vita è questo istante che non ha domani e l’ombra influente e gli antichi richiami dei volti perduti per sempre

Accade ogni tanto di vedere uomini discreti che inseguono i treni. Sono figure esili, dai lineamenti arcaici come di chi — a un tratto — s’ svegliato e non sa dov’ nato, dov’ cresciuto, cos’ stato. Uomini così non ce ne sono molti, ma — credetemi — esistono. Costeggiano piano i binari cercando nelle stazioni i segni di percorsi lontani, dove la vita era un treno invincibile scagliato in mezzo ai monti e ai mari, in un infinito oriente di sogni e passioni. Questi uomini — fuori dai binari — non sono più uomini, non sanno dove andare, cosa fare…sono anime in pena che si aggirano sole, perdendosi ad ogni angolo di strada, sono cani scuri (senza padroni) che annusano l’aria cercando A TENTONI un’improbabile, arcana felicità… Ecco perché non hanno pudori e li vedi ogni volta tornare, le mani in tasca (in tasca anche le ali) a inseguire i treni come fossero segnali d’una fede intramontabile.

Da Marinai e Sirene Felicità del mare: Felicità del mare, onde giganti – invitte – sul litorale, tu apparsa come da poema donna angelo sirena un attimo solo vivesti come l’acqua, nel perfetto tuo svanire fosti oceano e sale, poi solo memori e dolce naufragare

Siracusa-Roma-Disamore Per tutta la vita colpo su colpo «non pagheremo nulla, non pagheremo più...» illividita resta la mano che segnava nel mare i soli che lo generavano... per tutta la notte quiete senza fede, «pagheremo tutto, pagheremo tutto...» inaridita resta la mano che sognava nel mare i soli che lo nutrivano e via e via nell’alba, treni di tutte le ore, un solo pensiero, nullo, nei pressi di Battipaglia, nessuna presenza da ricordare, nessun anelito di memoria, nessuna pietà, nessun dolore

Da Epifanie dell’angelo Per arrivare a Volterra occorrono mille miglia di querce, sassi e tramontana, intere frontiere di lupi e cinghiali, giorni lunghi siderali e spazi immensi e aspri, uomini arcigni e solitari, terre d’argilla assolate, inospitali, pietre durissime da scolpire, mura chiuse e feritoie e una pena sottile, che assale... Eppure guarda - lo diresti? - qui intorno è tutto mare... e la città diventa una nave, protesa nel cielo, inaffondabile

Donna Guardo il sorriso tuo leggero e compiango l’ossessione delle mie mani che nulla sanno della vita e dei suoi umori e a lungo ti cercano nelle pieghe impercettibili della carne, nella luce inafferrabile degli occhi. Ma in tè sorride il cielo quando fugge alle onde che lo rincorrono invano per mari e mari

Poesie inedite Mi divora il tuo silenzio, la sfinge nera della tua solitudine, l’ormai dei tuoi pensieri, tutti al passato, niente margini al tempo, niente sogni, tutto perso, solo attimi imperscrutabili e rimorsi in eterno. Mi divora il tuo corpo, le labbra le cosce, gli occhi tuoi animali, quella luce dentro, che non sa uscire, ombra e ferita, il labirinto impossibile della tua vita.

Parlava come al vento e al vento tornava senza altra dimora nell’ora che trema le sere fuggite i passi smarriti e l’amore l’amore restava come al vento ferito e al vento tornava ferito restava

(fine luglio 2006)

(7 luglio 2010)


PAOLO PANCHETTI

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S P A D AD E L DESTINO

Aradren nelle terre di Inorian. Un boato fa tremare la valle: è l’esercito di Orlog che attacca, la battaglia per l’Impero ha inizio. Uomini, Orchi e Gnoll corrono impazziti verso il castello, spronati dalla furia del loro padrone e dal desiderio di uccidere, distruggere e stuprare. Sui bastioni del castello impavidi guerrieri aspettano l’assalto di quelle furie. Uno scopo li tiene uniti: proteggere il Re e la sua spada. Tremidal.

Inorian. Terra aperta. Vandali. Eroi. Assassini. Mercenari. Figli di nessuno. Tradimento. Barbarie. Violenza. Sesso. Guerra. Uomini. Donne. Giovani. Vivere. Sopravvivere. Lottare. Morire. Amare. Intanto, all’interno delle mura, c’è chi trama per ottenere il potere. Un individuo senza scrupoli, pronto a tutto, al servizio di sé stesso. Oltre l’imminente epilogo di uno scontro leggendario, il destino degli abitanti di Inorian, re e regine, maghi e cavalieri, elfi e stregoni legati a doppio filo da amicizia e onore, da battaglie e amori.

Nei mesi di ottobre e novembre 2010 il libro verrà presentato a Santa Croce sull’Arno (PI) e in altre città toscane

L’AUTORE

ullo sfondo di una terra moderna, abitata da un melting-pot di razze che s’ incontrano e si scontrano, la vicenda di un giovane che non immagina quanto il futuro di quel mondo dipenda da lui e dalla sua magica eredità.

Paolo Panchetti nasce il 27 giugno 1964 a Fucecchio da padre santacrocese “delle lastre” e madre calligiana. Nonostante la predisposizione a materie più letterarie e scientifiche, intraprende uno studio tecnico che lo possa introdurre nel mondo dell’imprenditoria conciaria e seguire così le impronte paterne. Ma la passione per la lettura lo stimolerà a scrivere, più che altro per diletto, poesie e racconti brevi, e soltanto in età più matura, ad iniziare con maggiore convinzione la stesura del suo primo romanzo: La Spada del Destino… da un lato chi lotta per difenderla, dall’altro chi trama per rubarla. Nel mezzo della contesa le vite di tutti; ed è qui che entra in gioco la lucida e ironica immaginazione dell’autore. Uno scrittore istintivo che scopre la sua forza narrativa nel confronto con il quotidiano.

INORIAN. LA SPADA DEL DESTINO di Paolo Panchetti edito da Centro Toscano Edizioni s.r.l. Per informazioni: info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it


èquesta

Curiosità

Realtà

la

TEXT Luciano Gianfranceschi

S

to scrivendo al computer su un foglio che non c’è, con un inchiostro che non esiste. Il testo virtuale è corredabile di foto digitali – o scaricate da Internet – a loro volta immateriali. La realtà

L’universo è un software, un programma, e noi ci siamo dentro? è questa. Ma siamo sicuri che sia la realtà? Oppure tutto è illusorio: il computer su cui sto scrivendo, la rivista Reality che state leggendo, il luogo dove vi trovate. A far presente questa consuetudine ormai banale, ma anche la considerazione azzardata, è la e-mail arrivatami da una persona che ha lo pseudonimo di Gaia (con quel nome viene definito anche il pianeta Terra), e che ha come account di posta elettronica una nota azienda di consulenza informatica nel Comprensorio del Cuoio. Gaia ha un dubbio: l’universo è un software, un programma, e noi ci siamo dentro. Una simulazione così perfetta esige un computer onnipotente, e l’informatica sostiene che tale computer è l’universo stesso. Non ci si crede, ci sono già tanti giovani malati di computer. Ma alle obiezioni, replica che “in quattro CD “zippati”, tre gigabyte, ci stanno tutti e tre i miliardi di caratteri del DNA di un individuo, il codice fondamentale della vita. Quella umana. Se non il lavoro, a Gaia deve aver dato alla testa il cinema. L’abbiamo già visto nel film Matrix (La matrice): fantascienza. E se invece fosse quella fantasia che spesso ha anticipato il futuro della scienza? La situazione ricreata dal computer è così veritiera che non ci si accorge di farne parte. In un universo la cui legge è il bit, tutto è virtuale. Quando si esce dal cinema, se si è entrati senza preconcetti, ci si domanda se il mondo in cui

viviamo sia veramente concreto. L’interlocutrice è probabilmente giovane. Il computer l’ha conosciuto potente, sempre più efficace (ma quello con cui la Nasa, l’ente spaziale americano, conquistò la Luna nel 1969 era meno potente degli attuali su una qualsiasi scrivania). Negli stessi anni, nei nostri bar arrivarono i videogames elementari, con una pallina da respingere per abbattere un muretto di mattoncini. Insomma il software, il programma, s’è sviluppato. L’abbiamo sviluppato. In quest’anno 2010 dei robot non ci meravigliamo più: l’uomo-robot lavora, nell’industria italiana ci sono circa 500 robot ogni 10 mila dipendenti, e in casa ci sarà presto la cyber-donna (è giapponese, costa 150 mila euro). Chiamiamolo progresso. Si può escludere che il mondo che percepiamo sia finto, e faccia parte di una realtà artificiosa programmata da altri? C’è già chi è convinto che siccome viviamo all’interno di un

sistema molto più grande della nostra comprensione, e come le istruzioni di un computer possiamo eseguire soltanto il nostro programma – o destino - di cui peraltro non conosciamo niente né a grandi linee o tanto meno nei dettagli, sarà difficile accorgersene e forse impossibile venirne fuori. E se l’universo fosse il software di un computer, chi è che lo fa funzionare? Gaia non ha dubbi nel rispondere che è opera di qualcuno che si trova in un altro universo, in un’altra dimensione, certamente in un mondo estraneo al nostro. Dunque, in futuro i nostri discendenti si divertiranno a guardare la vita che nasce e si evolve in altri più potenti computer con programmi iper validi, anziché come noi domandarsi chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Ma Gaia ci mette anche il colpo di scena finale: l’umanità, nel software del computer universo, è soltanto un virus, che finirà per distruggere il pianeta! A pensarci bene, in qualche modo – guerre, inquinamento, esaurimento delle risorse sulla terra – ci stiamo già impegnando a farlo.

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TEXT C. M.

C

on la seconda edizione della Guida Versilia Gourmet, Gianluca Domenici, artefice di questa importante iniziativa, mette a segno un colpo decisivo che dà vita ad una vetrina di notevole rilievo per tutta la ristorazione della Versilia. Un comparto vitale che negli ultimi anni ha fatto notevoli passi in avanti. Mangiare il Versilia significa trovare un reale valore aggiunto in fatto di qualità del prodotto utilizzato e accoglienza. Sono molti i locali con uno standard qualitativo

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elevato, elemento questo che porta inevitabilmente un grosso movimento di clientela qualificata. La Guida Versilia Gourmet si presenta come un servizio insostituibile per il turista enogastronomico che può trovare al suo interno tutte le indicazioni necessarie per capire velocemente dove mangiare quello che più gli piace e quanto si spende nel ristorante scelto dal litorale di Viareggio all’Alta Versilia. Ma Versilia Gourmet non è soltanto il nome dato ad una guida cartacea, è anche istituzione di un importante premio dedicato al settore della ristorazione: allo chef più giovane, al locale dallo stesso premiato Giuseppe Mancino, che nell’anno ha riscosso maggiori consensi che al momento della proclamazione dei e al giovane in sala che meglio rappresenta vincitori ha avuto la doppia soddisfazione di la difficile arte di accogliere un cliente. vedersi attribuire uno dei premi in palio ed L’estate 2010 ha visto la nascita di questo anche quello di aver conquistato gli ospiti premio con la proclamazione dei primi vin- con una cena di notevole spessore. citori nella serata Ad assistere alla di gala conclusiconsegna dei La nuova edizione va, che ha avuto premi, il Direttore luogo lunedì 26 della Guida che ti invita della Guida Rosluglio nei saloni sa Michelin Italia a gustare la Versilia di qualità Fausto Arrighi, del Grand Hotel Principe di Pieuno speciale e monte di Viareggio, alla presenza dell’ec- corteggiato ospite per gli eventi gastronocellenza della ristorazione versiliese e To- mici, soprattutto dai ristoratori presenti. scana, visto che quest’anno nella guida Ha collaborato all’organizzazione dell’evenerano state inserite anche le recensioni dei to insieme a Gianluca Domenici, il giornalista più grandi stellati toscani, anch’essi invitati enogastronomico Claudio Mollo, coinvolto poi alla kermesse viareggina. anche nell’edizione 2009, che in occasione Poco prima del dessert, la consegna dei di questo primo premio ha coordinato anpremi da parte di Gianluca Domenici, il che gli ispettori che sono andati in visita ai suo fondatore che, lette le rispettive mo- locali selezionati per l’attribuzione dei primi tivazioni ha premiato: il ristorante Roma- riconoscimenti Versilia Gourmet. no di Viareggio per l’ospitalità, Giuseppe Mancino, executive chef del Grand Hotel E possibile acquistare la guida in molte edicole e liPrincipe di Piemonte, come miglior gio- brerie presenti in Versilia, oppure direttamente in revane in cucina, Daniele Pierucci del risto- dazione, presso Pennablù Edizioni, Viale Colombo, 246, Lido di Camaiore (LU) – Tel. 0584 650029. rante La Dogana di Capezzano Pianore, come miglior giovane in sala, e infine, a Lorenzo Viani, chef patron dell’omonimo 1. Consegna del Premio al Ristorante Romano ristorante Lorenzo di Forte dei Marmi è 2. Fausto Arrighi, direttore guida Michelin andato un premio speciale alla carriera. 3. Giuseppe Mancino La cena, naturalmente, era stata preparata 4. La sala

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la trilogia di Stieg Larsson

un affresco

Libri

del

quarto potere TEXT Federica Cipollini

S

e è vero che un buon libro per essere tale deve dire qualcosa su un argomento che abbia una certa rilevanza

Al centro di quella saga che ha coinvolto milioni di lettori nel mondo, la trilogia di Millennium di Stieg Larsson, c’è un tema avvincente anche per la sua scottante attualità: quello del ruolo e del potere dell’informazione nella nostra società per la vita dei propri lettori, la trilogia di Larsson ha certamente centrato almeno questo requisito per essere considerato un esempio di buona letteratura contemporanea. I suoi protagonisti, che si muovono attraverso i tre romanzi trascinando con le loro peculiari personalità l’attenzione dei lettori, sono giornalisti, uomini di potere, investigatori, spie, hackers, tutti accomunati dal ruolo fondamentale che le informa-

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zioni hanno per le loro esistenze all’interno della società, determinando anche aspri conflitti che sono combattuti a colpi, appunto, di informazione. Quello che ne emerge è un vero e proprio ritratto del quarto potere, analizzato attraverso la narrazione romanzesca nelle sue numerose articolazioni. In primo piano c’è la figura quasi eroica del giornalista, incarnata dal protagonista Mikael Blomkvist, ma anche dalla coraggiosa caporedattrice Erika Berger, certo non perfetti sul piano della vita personale, ma integerrimi difensori del diritto di informazione, disposti a rischiare anche tutto pur di non rinunciare a raccontare una notizia il cui impatto sull’opinione pubblica potrebbe risultare dirompente e smascherare le dinamiche malate del potere, sia esso economico o politico. Sono giornalisti d’inchiesta, che si dedicano completamente a un’indagine per lunghi periodi, pubblicando, poi, documentatissimi dossier monografici che sono ripresi da tutti gli organi di stampa e creano dei veri e propri terremoti nell’opinione pubblica. Il potere dell’informazione, o delle informazioni, però, non si limita, nell’universo di Larsson, al giornalismo, ma è visto nelle sue diverse sfaccettature, tra cui non manca una delle più moderni, quella della pirateria informatica. La protagonista femminile della saga, Lisbeth Salander, appartiene ad una hacker republic internazionale, sancta sanctorum virtuale dei più abili pirati informatici, i quali si dedicano alla decodifica delle informazioni più riservate custodite dai sistemi informatici globali, trovandosi, nei fatti, a possedere un enorme potere, diverso da quello giornalistico, più occulto, ma dalle potenzialità altrettanto destabilizzanti. Estranei alla rigida deontologia giornalistica, gli hacker somigliano, nei romanzi di Larsson,

agli impavidi giornalisti, forse solo perché li accomuna la spinta a portare alla luce ciò che è nascosto e taciuto, a violare i segreti accuratamente custoditi dal potere. Dall’altra parte, se vogliamo assumere questa come dinamica dominante, c’è il potere, soprattutto quello statale, che nella narrazione è incarnato dalla Säpo, i servizi segreti svedesi e in particolare da una sezione deviata, da decenni impegnata nell’insabbiamento di un caso di violenza privata la cui rilevanza politica deriva dal fatto che il protagonista di tale fin troppo ordinario crimine è una spia sotto la diretta protezione governativa. La vicenda spionistica, che rischia di scadere nel più triviale romanzesco, è nobilitata dagli interrogativi etici che riesce a sollevare. Quello che Larsson costruisce attorno a questa vicenda è il dramma del conflitto tra la ragion di stato e i diritti civili individuali, rappresentato dalla storia della giovane protagonista Lisbeth Salander, dichiarata pazza e internata al fine di deprivare di credibilità le sue affermazioni. Solo l’informazione, attraverso i metodi dell’indagine giornalistica, quella seria e rigorosa, potrà sottrarre la protagonista alla morsa del potere, smascherandone i retroscena. Un’apologia dell’informazione, dunque, ci pare l’acclamata trilogia di Stieg Larsson, tanto opportuna per la nostra civiltà occidentale in crisi, che ha nella stampa e nell’opinione pubblica un irrinunciabile strumento di garanzia di cui aver buona cura.


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sulla spiaggia Sulla spiaggia

Racconto

Un racconto...

TEXT Matthew Licht

J

onathan s’incamminò verso la coda. Per arrivarci, dovette fare il giro di una pinna grande quanto l’ala di un aereo, e più o meno della stessa forma. In testa, Jonathan vedeva balene saltare fuori dall’acqua, come in tivù. Anche lui e gli altri bambini facevano così, alla piscina comunale - era divertente. Le balene in tivù sembravano felici. Una balena non può sorridere - provaci te, a sorridere, con una bocca così grande - ma perché fare salti, se non sei felice? La balena sulla spiaggia - la mia balena, pensò Jonathan - non aveva l’aria di essere molto felice.

Jonathan e la balena... L’ultima parte del racconto dello scrittore Matthew Licht La coda era come quella di un pesce, ma orizzontale, solida e grande quanto la macchinona blu sbiadita e arrugginita con la quale girava con la famiglia. Jonathan si mise quasi a ridere. Doveva provare ad afferrare la balena per la coda e trascinarla in mare? Ci vorrebbe un camion. Ma anche se sapesse guidare un camion, e non lo sapeva, ci vorrebbe un camion capace di trasformarsi in battello rimorchiatore, o un sommergibile. Non gli risultava che esistessero camion fatti così, o perlomeno non nelle vicinanze. Forse, se aspettava, sarebbe passata una nave, un rimorchiatore, un sottomarino, e allora avrebbe potuto chiedere aiuto. Non c’erano navi sull’orizzonte. Niente rumori di camion sulla strada del lungomare. Jonathan si sedette sulla coda della balena per poter pensare. Non gli sembrava che alla balena dispiacesse. “Dopotutto, a me non m’importa niente se una formica mi pesta il piede”. Guardò verso il mare, usando le mani come il binocolo. Sentì la balena dare un tremito. La coda sussultò, quasi scaraventando Jonathan sulla sabbia. I gabbiani risero. Erano diventati una nuvola bianca attorno alla testa della balena. “Ehi! Andate via! Lasciatelo stare!” Jonathan corse, agitando le braccia, cercando di mandarli via. Ma invece di volare via, i gabbiani sciama-

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sulla spiaggia

rono verso la coda della balena. Beccheggiavano. I becchi dei gabbiani sono affilati. Jonathan afferrò una pietra, ma poi la lasciò cadere. E se colpisse la balena anziché un gabbiano? Prese un ramo secco e lo lanciò. Ma i gabbiani tornarono all’assalto dopo pochi minuti, sempre più numerosi. Jonathan si mise a correre avanti e indietro, cercando di spaventarli, cacciarli via. Non servì a nulla. Per i gabbiani, una balena arenata è come una gran torta, con tanto di gelato sopra. I gabbiani guardavano Jonathan senza espressione. “Hanno solo fame,” pensò. “Non è che siano proprio cattivi. Voglio dire…beh, ecco un bel piattone di cibo offerto a gratis dalla natura. Però potrebbero aspettare”. Il sole era ormai alto. Faceva caldo. C’era solo un filo di vento. Si guardò attorno per vedere se c’era qualcosa da usare per fare ombra, ma non c’era niente. Sentì la pelle della balena. Era ancora fredda. Accarezzò la balena come fosse un gatto o un cane malato, il cane o gatto malato più grande di tutto il mondo. “Forse posso solo fare così,” pensò. “Starmene qui. È patetico”. Guardò nell’occhio della balena. Stava all’ombra gettata dalla massa torreggiante della balena. “Bello fresco”. Andò dall’altro lato per fare ombra sull’occhio della balena esposto al sole. “Sono un paio di occhiali da sole per balene. Sono uno di quegli ombrellini di carta che papà mette nelle bibite quando ci sono ospiti. Se mi scotto al sole…beh, tra un paio di giorni starò di nuovo bene”. La balena lo guardò. L’occhio si mosse quando Jonathan si spostava perché la sabbia gli scottava i piedi, o quando si asciugava la fronte madida di sudore, o quando girò la testa verso il mare. L’acqua sembrava volere che qualcuno ci saltasse dentro per nuotare, giocare. A mezzogiorno, non era più possibile fare ombra. Jonathan sentì la balena sospirare di nuovo. Tutto l’immenso corpo tremò. L’occhio sembrava annuvolarsi. I punti d’oro non luccicavano più. La balena batté lentissimamente la palpebra, come se anche questo minimo gesto gli costasse una gran fatica.


“Sa che sono qui. Forse è contento di non essere solo. Almeno spero che sia contento”. Il grande occhio si chiuse quasi del tutto. Jonathan mise un’altra volta la testa contro il petto della balena. Di nuovo, non sentì nulla, ma in qualche modo seppe che la balena era morta. Jonathan appoggiò la sua bici arrugginita, che una volta era stata d’un bel arancione, contro l’albero davanti a casa sua. Si arrugginisce tutto, vicino al mare. “C’è una balena morta sulla spiaggia,” disse a sua madre. “Ah sì? Ecco perché sei rimasto via così a lungo. Cominciavo a preoccuparmi. Beh, dopo andremo tutti quanti a dargli un’occhiata. Ma ora si mangia. Ho fatto dei panini col tonno.” Jonathan non aveva fame, ma mangiò comunque un panino. C’erano tante macchine parcheggiate vicino alla spiaggia quando Jonathan portò la famiglia al posto dove aveva trovato la balena arenata. La gente aveva fatto cose alla balena morta. Le avevano fatte con coltelli da cucina. Avevano fatto il tiro al bersaglio con fucili da caccia e pistole. Avevano scritto cose con vernice a spruzzo giallo, rosso e verde. Alla fine, si saranno stancati. Si erano spostati tutti più in là sulla spiaggia - molto più in là, perché la balena morta già incominciava a puzzare. Jonathan vide tante persone sedute su sedie a sdraio, sedie pieghevoli, gente che giocava in mezzo alle onde. Sentì una radio emettere musica, un’altra notizie dello sport. I gabbiani non erano turbati dalla puzza. Si erano affollati sopra la balena morta a beccheggiare. “Non capisco,” pensò Jonathan. ‘“Non ci capisco niente, di tutto questo. Proprio niente.” Per un po’, stette via dalla spiaggia. Quando tornò, non c’era rimasto nulla della balena. Niente ossa, nulla. Le onde avevano portato via ogni traccia.


Donatella Diamanti La restauratrice di matrimoni Edizioni: Sperling & Kupfer

Edizioni: Felici Editore

Margherita Staffa e Linda Grilli Il Principe Rambaldo da Bigné

RACCONTO

Rambaldo da Bignè è un principe che proprio non vuole saperne di fare il soldato. La sua passione sono le torte e i pasticcini, che ama sfornare nella cucina del suo castello. Tra duelli mancati, dolci squisiti e buffi personaggi, Rambaldo troverà il modo di riportare la pace nel suo regno. I diritti d’autore ricavati dalla vendita di questo libro saranno devoluti a “Dona la passione”: un progetto di cooperazione internazionale della Misericordia di Lido di Camaiore a sostegno della popolazione di Ilha de Mocambique (Mozambico).

Riccardo Nencini La battaglia Guelfi e Ghibellini a Campaldino nel sabato di San Barnaba Edizioni: Polistampa

STORIA

NOVITÀ EDITORIALI a cura dii Angelo Errera

ROMANZO

In fondo, è un lavoro come un altro, riflette Immacolata. Però sul momento rimane sbalordita, quando un’insolita agenzia le propone di ingaggiarla per una bizzarra attività: rimettere in piedi matrimoni appassiti dall’abitudine e dalla noia. In pratica, deve interpretare il ruolo dell’amante e, comportandosi peggio di una moglie, riportare all’ovile i mariti fedifraghi. Giovane, bella e dotata per l’arte del mimo, imparata dal padre, immacolata accetta, trovandosi catapultata di colpo nel mondo stravagante delle «restauratrici». Tra scene tragicomiche e situazioni grottesche, scopre di possedere un certo talento per questa professione e trova anche amicizia e complicità. Una sorpresa per lei, che da anni, dopo la tragedia che ha sconvolto la sua vita e distrutto il rapporto tra i genitori, si è blindata il cuore per paura di soffrire ancora. Così, una domanda comincia a frullarle in testa: se è tanto brava a riportare l’armonia e la serenità tra persone sconosciute, perché non provarci anche con suo padre e sua madre e magari, volendo esagerare, anche con se stessa? Forse innamorarsi davvero, e non per finta, è più facile di quanto si immagini. E forse l’uomo giusto lo conosce già. Abilmente sospeso tra favola e commedia, un originale romanzo d’esordio dalle sfumature agrodolci, cui la scrittura fresca e immediata di Donatella Diamanti imprime un ritmo quasi cinematografico.

11 Giugno 1289. Nella piana assolata di Campaldino, a valle del castello dei Conti Guidi a Poppi, gli eserciti guelfi e ghibellini si affrontano in una battaglia decisiva per le sorti della Toscana e per i futuri equilibri politici ed economici della penisola. Tra i fiorentini, Dante Alighieri e Cecco Angiolieri. Una ricostruzione appassionata e avvincente dei luoghi, dei fatti e dei personaggi, un romanzo storico dove nulla è stato tratto dalla fantasia ma ogni particolare è frutto di una rigorosa ricerca. I fiorentini cercavano a Campaldino il riscatto per la tremenda sconfitta patita a Montaperti nel 1260. Arezzo combatteva per la sua salvezza. Ne nacque una delle battaglie più sanguinose del Medioevo. La battaglia che Dante immortalerà nella Divina Commedia. La battaglia che pose fine all’età dei nobili e definitivamente aprì la strada alla società dei mercanti. (Prefazione di Franco Cardini)


Brigata Stralunata T21 Pri-Pri e Pe-Pe Edizioni: Sarnus

RACCONTO

Scorrendo le pagine del libro, piene di disegni coloratissimi, la “Brigata Stralunata T21” (questo il nome della squadra di favolisti) ci porta nel mondo di Fipolastome, dove Primavera e Pedro si incontrano sull’autobus numero 23. Pedro è freddo con Primavera, la prende in giro, finché la bimba esplode in un pianto di rabbia, che fa scoccare la magia: una fumata azzurra trasforma l’autobus in un mezzo fantastico, i genitori spariscono insieme agli altri passeggeri, intorno a loro Fipolastome diventa un paese straordinario. Primavera accompagnerà Pedro nel suo mondo speciale, tra una sosta al Castello Parlante o a quello dei Tanti Passi, fino al Villaggio dei Ragazzi che Imparano da Soli, dove si può vivere divertendosi con gli amici e senza i genitori...

STORIA Margherita Gallini, Emma D’Elia, Margherita Delle Vacche Guerra e Cucina Edizioni: Manidistrega

Margherita Gallini, moglie del medico condotto, scrive su un quadernino a quadretti il diario dell’inverno tra il ‘44 e il ’45, trascorso in un rifugio sotterraneo nel paese romagnolo di Cotignola, attraversato dal fronte di guerra... La figlia, Emma D’Elia, scrive poesie, racconti, ricette, fra Cotignola e Livorno, dove vivrà da adulta... Margherita Dalle Vacche, figlia di Emma e nipote di Margherita, medico cardiologo e illustratrice, a Livorno raccoglie i loro scritti e ne ricostruisce la storia.

Eliselle 101 modi per diventare bella, milionaria e stronza

ATTUALITÀ

Edizioni: Newton & Compton

È un duro lavoro diventare bella, milionaria e stronza, ma qualcuno deve pur farlo. E quel qualcuno sei proprio tu. Tu che tutte le mattine ti alzi e arranchi davanti allo specchio, vedendo riflessa un’immagine che non ti piace affatto. Tu che apri l’armadio e decidi solo all’ultimo minuto cosa indossare. Tu che non sai studiare gli abbinamenti giusti e finisci sempre per sembrare uno spaventapasseri nel bel mezzo di un uragano. Tu che quando esci cammini per strada a testa bassa, indossando scarpe senza tacchi, ciondolando qua e là senza una direzione precisa e con livelli di autostima degni del crollo delle borse del ‘29. Tu che spesso ti senti trattata come uno zerbino da chi confonde gentilezza e sottomissione, da chi pensa che tutto gli sia dovuto, e lo pretende con arroganza e faccia tosta. Tu che credi di non avere qualità e di non meritare dalla vita altro che un tetto sulla testa, un pasto caldo e un uomo che ti dica cosa devi (ma soprattutto non devi) fare. È giunto il momento di dire basta. È ora di alzare la testa. Di seguire poche regole per trasformarsi passo dopo passo da brutto anatroccolo a cigno, da comparsa a protagonista, da Cenerentola a principessa.

Reality

LA VETRINA


Venezia

Cinema

Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica

TEXT Andrea Cianferoni & Giampaolo Russo

D

a quando era rientrata al Lido di Venezia la voce era sempre più insistente. Quando poi si è presentata sul red carpet è sembrata la conferma. E così è stato: Sofia Coppola ha vinto il Leo-

“Somewhere” di Sofia Coppola si aggiudica il Leone d’Oro. Coppa Volpi al superbo Vincent Gallo per “Essential Killing” ne d’oro della 67a Mostra di Venezia con il film Somewhere. Delusione per il cinema italiano, che resta senza premi, nonostante i quattro film in concorso: La pecora nera di Ascanio Celestini, La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo, La passione di Carlo Mazzacurati e Noi credevamo di Mario Martone. Il film di apertura della Mostra è stato quest’anno Black Swan di Darren Aronofsky, Leone d’oro nel 2008 con The wre-

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stler. Somewhere ricorda per molti aspetti il precedente film Lost in Translation di Sofia Coppola, sia per l’ ambientazione che per la tematica della solitudine. Cuore del film è il personaggio di Johnny Marco (interpretato dall’attore Stephen Dorff), che nella trama è una star italoamericana di Hollywood amatissima dal pubblico, soprattutto femminile. Quando è lontano dal set, Johnny Marco passa il tempo tra giri in

Ferrari, feste, alcool e spogliarelliste. La vita di Johnny Marco è una vita dissoluta e vuota che si consuma soprattutto all’ interno dello Chateau Marmont: albergo leggendario della tradizione statunitense (noto come l’ albergo in cui morì per overdose John Belushi). Nella trama del film Somewhere, la vita di Johnny Marco cambia con l’inaspettata visita di Cleo (interpretata da Elle Fanning, sorella minore della nota Dakota Fanning).


Nella pagina precedente: Sofia Coppola, Margherita Buy, Tilda Swinton e Debora Young, Vittoria Puccini, Simona Ventura In questa pagina: Carlo Verdone, Alessandro Gassman, Edoardo Gabriellini, Carlo ed Enrico Vanzina, Silvio Orlando A fianco: Aurelio de Laurentiis e Cristiana Capotondi, Piera Detassis e Prince Maurice Kim Rossi Stuart

Cleo è infatti la figlia che Johnny Marco ha avuto 11 anni prima da un matrimonio fallito. La presenza della figlia Cleo nella sua vita, fa nascere in Marco la voglia di cambiare. Nel Cast del film Somewhere, oltre agli attori Stephen Dorff ed Elle Fanning, ci sono anche Benicio Del Toro nel ruolo della “celebrità”, Laura Chiatti nel ruolo della “ragazza italiana”, Simona Ventura nel ruolo della “presentatrice”, e non mancano neanche Nino Frassica e Valeria Marini tra le celebrità del mondo dello spettacolo presenti nel Cast del film. Ad aggiudicarsi invece il Leone D’Argento per la miglior regia è stato Balada Triste De Trompeta di Álex De La Iglesia, ed ecco che, puntualmente, sorge una nuova polemica: tutti i film vincitori riflettono i gusti di Tarantino. Sarà stato il suo carisma a piegare gli altri membri della giuria al proprio volere? Da un certo punto di vista gli scontenti non hanno tutti i torti, in quanto grandi pellicole come il russo Silent Souls, acclamatissimo dal pubblico e dalla critica e vincitore solo di un Osella per la fotografia, o il forte The Ditch, presentato a sorpresa e

rivelatosi effettivamente una sorpresa, non hanno ottenuto i giusti riconoscimenti. Ma Tarantino ha solo fatto da portavoce ad un gruppo composto da altri esperti nel settore come Gabriele Salvatores, Luca Guadagnino ed il compositore Danny Elfman, partecipando alle discussioni interne come giudice. La Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile è andata al superbo Vincent Gallo, uno dei «fantasmi di questa edizione», non si è infatti mai visto in conferenze stampa o feste. Ha ritirato il premio per lui, Jerzy Skolimowski, regista del film di cui è protagonista, Essential Killing. Che scherza durante la serata di premiazione: «Sono sicuro Vincent che sei nascosto da qualche parte, dove sei? Fai il ragazzo coraggioso, esci fuori». Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile alla greca Ariane Labed per il film Attenberg di Athina Rachel Tsangari. Per la sezione Orizzonti, infine, ha vinto tra i lungometraggi Verano de Goliat di Nicolas Pereda. Il Premio speciale della giuria è andato a The forgotten space di Noel Burch e Allan Sekula (Olanda). Cortometraggi:

Coming attractions di Peter Ts c h e r k a s s k y (Austria). Mediometraggi: Tse (Out) di Roee Rosen (Israele). Menzione speciale a Jean Gentil di Israel Cardenas e Amelia Laura Guzman (Repubblica Dominicana). Leone del Futuro - Premio opera prima Luigi De Laurentis al turco Seren Yuce per Cogunluk (Majority). Dante Ferretti (premiato al Lido con un riconoscimento e un documentario) gli ha consegnato un assegno da 100 mila dollari offerto da Filmauro. Premio Mastroianni per gli attori emergenti a Mila Kunis per Black Swan di Darren Aronowsky.


Spettacolo

Versiliana 90 mila spettatori per il Festival

TEXT Andrea Berti PHOTO Emma Leonardi

L

a storia e la tradizione del Caffè e la varietà e il coraggio della stagione teatrale per confermarsi nella difficile estate 2010. Difficile, e per questo avvincente, la trentunesima edizione del

Tre i “sold out”, sei le prime nazionali in cartellone, per un Festival che ha incantato l’estate toscana Festival La Versiliana di Marina di Pietrasanta (Lu) si è chiusa con oltre 90 mila spettatori-presenze complessivi (escluso l’indotto delle mostre) spalmate nei due mesi di apertura, affermando la sua centralità nell’offerta culturale e di intrattenimento della Versilia e della Toscana. Ri-

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sultati: 21 mila spettatori a teatro, 50 mila presenze al Caffè e 20 mila presenze alla Versiliana dei Piccoli. Un’edizione che chiude anche l’era di Massimiliano Simoni, lo storico Presidente del Festival (e attuale Presidente del Festival Pucciniano) lascia infatti dopo undici stagioni la guida della rassegna versiliese. Tre i “sold out”. Dalla doppietta di Aladin, il musical dei Pooh con le liriche e i testi di Stefano D’Orazio, evento teatrale di proporzioni nazionali che dalla Versiliana ha iniziato il suo percorso in giro per l’Italia portando in dote una lunga e dirompente scia mediatica, allo show, versione teatrale di “Ballando con le stelle”, con Natalia Titova e Samuel Peron. Quasi esauriti – mancavano pochissimi posti – i concerti di Gino Paoli e Malika Ayane. Sei le prime nazionali in cartellone (“Lo specchio di Borges”, “Chi ha paura muore ogni giorno”, “Lo Scarfalietto”, “La Bisbetica domata”, “Aladin” e “Giselle”), due le anteprime nazionali musicali (Fiorella Mannoia e Francesco Renga), sette le esclusive (“Ballando con le stelle”, Gino Paoli, “Non solo Bolero”, Enrico Montesano, Loretta Goggi, Malika Ayane, l’omaggio a Rudolf Nureyev “Grazie Rudy” con l’etoile italo-tedesco Alan Bottaini) per una programmazione teatrale che ha abbinato con armonia il fascino indelebile dei classici di prosa e del balletto attento alla qualità e alla tradizione che da sempre caratterizzano il Festival, ed un’offerta più popolare, votata ad un pubblico estivo e televisivo, alla ricerca di forme di escape non troppo sofisticate, leggere e spensierate. Inoltre la Versiliana si è caratterizzata, anche quest’anno, per proposte sociali come il debutto del Giudice Giuseppe Ayala con il recital-spet1. Aladin 2. Ballando sotto le stelle 3. Kataklò 4. Giuseppe Ayala 5. Il caffè de La Versiliana 6. Malika Ayane


5 tacolo su Mafia e Maxi processo a Cosa Nostra per raccontare la verità su uno dei capitoli più bui della storia del nostro paese, la commedia di Eduardo Scarpetta “Lo Scarfalietto” recitata in dialetto partenopeo, e la rivisitazione di figure leggendarie della letteratura mondiale (e in particolare argentina) come Borges e Piazzolla richiamati negli spettacoli di Massimiliano Finazzer Flory e Alessandro Haber in “El Tango”, Molière nella rilettura ardita di Andrea Buscemi ed Eva Robin’s, o ancora la lirica di Giacomo Puccini con “Le donne di Giacomo Puccini” proposta con la formula dei biglietti low-cost per avvicinare al genere un pubblico ancora più eterogeneo, e la danza contemporanea di “Giselle”, con la giovanissima compagnia dei Botega, che ha scardinato il mito di uno dei capolavori del balletto classico. La Versiliana è riuscita a interpretare, per il trentunesimo anno, quella sottile e delicata linea di equilibrio tra qualità e popolarità della proposta culturale, che mette in conto grandi folle e platee selezionate, facendone un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale.

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Stagione teatrale

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Teatro Verdi SA NTA C ROC E SULL’ARNO Martedì 23 novembre Compagnia Maria Cassi

CREPAPELLE di e con Maria Cassi

Lunedì 10 gennaio

Compagnia Mario Chiocchio

DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI

Liberamente tratto dal romanzo di Jorge Amado drammaturgia di Emanuela Giordano regia di Emanuela Giordano con Caterina Murino, Max Malatesta e Paolo Calabresi

Mercoledì 15 dicembre

Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia Teatro Vittorio Emanuele di Messina Franco Branciaroli in

EDIPO RE

di Sofocle regia Antonio Calenda traduzione Raul Montanari con Giancarlo Cortesi, Alfonso Veneroso, Emanuele Fortunati e con Livio Bisignano, Tino Calabrò, Angelo Campolo, Filippo De Toro, Luca Fiorino, Daniele Gonciaruk, Oreste De Pasquale, Gianfranco Quero scene Pier Paolo Bisleri costumi Stefano Nicolao musiche Germano Mazzochetti luci Gigi Saccomandi

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Giovedì 27 gennaio

La Contemporanea/SOSIA&PISTOIA

NIENTE PROGETTI PER IL FUTURO

Di Francesco Brandi Con Giobbe Covatta e Enzo Iacchetti Regìa di FRANCESCO BRANDI


Domenica 13 febbraio

Teatro Segreto Roberto Herlitzka e Lello Arena in

DON CHISCIOTTE

da Miguel de Cervantes, riadattamento Ruggero Cappuccio Regia di Nadia Baldi

Lunedì 21 febbraio

Teatro Stabile delle Marche Teatro Eliseo / Nuovo Teatro srl

OTELLO

di William Shakespeare traduzione di Patrizia Cavalli regia di Arturo Cirillo con Arturo Cirillo

Farmacia Comunale Santa Croce sull’Arno Auto analisi

Domenica 6 marzo

Misurazione della pressione

Teatro dell’Archivolto

ITALIANI, ITALIENI, ITALIOTI

dai testi di Michele Serra regia e drammaturgia Giorgio Gallione, con la Banda Osiris (Sandro Berti, Gianluigi Carlone, Roberto Carlone, Giancarlo Macrì) e Ugo Dighero

prodotti per diabetici prodotti omeopatici prodotti per l’infanzia noleggio bilance e tiralatte per neonati cosmetici delle migliori marche

Venerdì 1 aprile Katzenmacher

Venerdì 18 marzo Mithos Group

L’EBREO

di Gianni Clementi regia di Enrico Maria Lamanna con Ornella Muti, Pino Quartullo, Emilio Bonucci

REQUIE A L’ANEMA SOJA...

due atti unici di Eduardo De Filippo (Il cilindro, I morti non fanno paura) regia Alfonso Santagata con Rossana Gay, Massimilano Poli, Johnny Lodi, Antonio Alveario, Alfonso Santagata asistente alla regia Chiara Senesi

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Teatridella

Teatro

Versilia

TEXT Andrea Berti

I

l ritorno al teatro di regia e alla grande drammaturgia del Comunale di Pietrasanta. La qualità e il “divertimento intelligente” dei generi del Politeama di Viareggio. Il teatro sperimentale e informale delle Scu-

Viareggio, Pietrasanta e Scuderie Ganducali di Seravezza: tre stagioni su un solo palcoscenico derie Granducali di Seravezza trasformate in un Piccolo Teatro. Tre teatri, un solo palcoscenico. Si rinnova, con alcune fondamentali novità, dal restyling dell’immaginario alle direzione artistiche, la stagione unica, la sedicesima, di due dei più importanti teatri della Versilia: il Comunale di Pietrasanta (Direzione Artistica di Luca Lazzareschi) e il Teatro Politeama di Viareggio (Direzione Artistica di Giulio Marlia insieme alla Fondazione Toscana Spettacolo) arricchita dalla sfida delle Scuderie Granducali di Seravezza. Tre teatri, tre stagioni ben delineate nei gusti e nelle proposte, un solo abbonamento. È questa la vera forza del progetto de “I Teatri

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della Versilia” capace di offrire al pubblico della Toscana la possibilità di scegliersi la stagione, e di assicurarsi un posto in prima fila a teatro. In tutto 22 spettacoli portati in scena dalle principali compagnie e teatri italiani. Una prima nazionale – “I pugni in tasca” con Ambra Angiolini e Piergiorgio Bellocchio per la regia di Marco Bellocchio – e sei mesi di programmazione, dal 10 novembre all’11 aprile, frutto delle sinergie messe in campo dal Teatro Comunale di Pietrasanta attraverso la Fondazione La Versiliana e dal Teatro Politeama di Viareggio con l’Assessorato alla Cultura, insieme alla Fondazione Toscana Spettacolo, e dalle Scuderie Granducali con la Fondazione Terre Medicee, il Comune di Seravezza e la Fondazione Toscana Spettacolo. Primo appuntamento mercoledì 10 novembre dal palcoscenico del Teatro Politeama di Viareggio con i due tempi de “Il Mare” di Paolo Poli tratti dai racconti di Anna Maria Ortese (Regia di Paolo Poli) per chiudere al Teatro Comunale di Pietrasanta, lunedì 11 aprile con il “Finale di partita” di Beckett con Vittorio Franceschini (Regia di Massimo Castri). In mezzo, nel lungo ed intenso inverno teatrale, l’”Edipo Re” di Sofocle con Franco Branciaroli per la regia di Antonio Calenda (Comunale Pietrasanta, lunedì 22 novembre); Paolo Rossi con l’adattamento de “Il Mistero Buffo di Dario Fo” (Regia di Carolina De La Calle Casanova) con la partecipazione straordinaria di Lucia Vasini (Politeama, martedì 23 novembre); Rocco Papaleo e Giovanni Esposito nei quattro atti di “Eduardo: più unico che raro!” (Regia di Giancarlo Sepe) con Pino Tufillaro, Antonio Marfella, Giampiero Schiano, Antonio Spadaro, Simone Spirito (Scuderie Granducali, domenica 21 novembre); Carlo Cecchi in “Sogno di una notte d’estate” (Comunale Pietrasanta, lunedì 6 dicembre); il progetto speciale “Abusi d’Africa” liberamente ispirato a “Tutto quello che dovresti sapere sull’Africa e che

nessuno ti ha mai raccontato” di Giuseppe Carrisi (Scuderie Granducali, venerdì 10 dicembre); il dilemma dell’essere o non essere dell’”Amleto” (Regia di Maria Grazia Cipriani) del Teatro del Carretto (Scuderie Granducali, sabato 18 dicembre). La commedia “Suoceri sull’orlo di una crisi di nervi” di Mario Scaletta (Regia di Giovanni De Feudis) con la coppia inedita Gianfranco D’Angelo e Eleonora Giorgi e con Ninì Salerno e Paola Tedesco (Politeama di Viareggio, lunedì 20 dicembre) e il doppio appuntamento con “I pugni in tasca” di Mario Bellocchio (Regia di Stefano De Santis) del Teatro Stabile di Firenze con Ambra Angiolini e Piergiorgio Bellocchio (Comunale di Pietrasanta, venerdì 14 e sabato 15 gennaio 2010). E ancora la compagnia teatrale Kripton con il pirandelliano “Uno, nessuno e centomila” (Regia di Giancarlo Cauteruccio) con Fulvio Cauteruccio, Monica Bauco, Laura Bandelloni (Scuderie Granducali, domenica 16 gennaio) e il classico “La Tempesta” (Adattamento e Regia di Andrea De Rosa) con la produzione firmata dal Teatro Stabile di Napoli, Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro Eliseo con Umberto Orsini (Politeama di Viareggio, martedì 25 gennaio). 1. Edipo Re 2. La Tempesta 3. Mistero Buffo


3 Dopo tanta televisione ritorno al primo amore per Elio Germano, l’enfant prodige si cimenta con Will Eno e con il “Thom Pain” (Scuderie Granducali, domenica 30 Gennaio); riadattamento teatrale del film “Sleuth” per “L’Inganno” di Antony Shaffer (Regia di Glauco Mauri) con Glauco Mauri e Roberto Sturno (Comunale di Pietrasanta, lunedì 31 gennaio). Virtuosismi e atletiche coreografie con “Love Machines” della compagnia di Giulia Staccioli “Kataklò” (Politeama di Viareggio, mercoledì 2 febbraio) mentre la commedia d’arte dei Patakin parla questa volta di passione a amori contrastati con “L’amor comanda” (Testo e Regia di Michele Modesto Casarin) con Stefano Rota, Manuela Massimi, Michele Casarin, Davide Dolores, Giulio Canestrelli, Davide Dolores (Scuderie Granducali, sabato 12 febbraio 2011). Ritorno in Versilia per Elisabetta Pozzi con “Tutto su mia madre” (Regia di Leo Muscato) di Samuel Adamson (Comunale di Pietrasanta, martedì 15 febbraio) seguito dal riadattamento del romanzo di formazione di Fleur Jaeggy “I beati anni del castigo” per la sapiente regia del Maestro Luca Ronconi (produzione Piccolo Teatro di Milano) con Elena Ghiaurov (Comunale di Pietrasanta, martedì 22 febbraio). “Italiani, italieni e italiotti” di Michele Serra (Regia di Giorgio Gallione) promette risate agro amare con Ugo Dighero e la Banda Osiris (Scuderie Granducali, sabato 5 marzo) come “L’appartamento” di Billy Wilder e I.A.L. Diamond (Regia di Patrick Rossi Gastaldi) con il bravissimo Massimo Dapporto e la bella Benedicta Boccoli (Politeama di Viareggio, martedì 15 marzo). C’è anche l’omaggio ai 150° anniversario dell’Unità d’Italia con la pedagogia dell’Italia Unita in “Il libro cuore ed altre storie” (Regia di Angelo Savelli) Lucia Poli (Scuderie Granducali, martedì 22 marzo 2011). Attesa la performance di Giuliana Lojodice in “Le conversazioni di Anna K.”, riduzione, adattamento e regia di Ugo Chiti de “Le metamorfosi” di Kafka (Comunale di Pietrasanta, martedì 29 marzo. E’ una sfida umana e sociale l’Hamlice – Saggio sulla fine di una civiltà” (Drammaturgia e Regia di Armando Punzo) con i detenuti attori della Compagnia della Fortezza, e con Stefano Cenci e la partecipazione straordinaria di Maurizio Rippa (Politeama di Viareggio, giovedì 31 marzo). Tre teatri, un solo palcoscenico. Ecco a voi “I Teatri della Versilia”. Per informazioni rivolgersi a: Comunale Pietrasanta Tel. 0584 795511 e Fondazione La Versiliana Tel. 0584 265733 - 265726 (vendita biglietti dal giorno precedente lo spettacolo oppure circuito ticketone). Prenotazione online www.ticketone.it. Info su www.laversilianafestival.it Teatro Politeama di Viareggio presso l’Ufficio Spettacolo del Comune di Viareggio a Villa Paolina Bonaparte, in Via Machiavelli n. 2 Tel 0584 966339, tutti i giorni dalle ore 17 alle ore 19 (ufficiospettacolo@comune.viareggio.lu.it oppure www.comune.viareggio.lu.it) Scuderie Granducali presso Palazzo Mediceo in Via XXIV Maggio, 22 a Seravezza dalle 17 alle 19, dal lunedì al venerdì. Info: Tel. 0584 757443


Teatro

TEXT Valerio Vallini

I

n contemporanea con le rappresentazioni teatrali: Processo a Gesù e Il prato, in svolgimento in questa seconda metà di luglio sotto l’egida dell’IDP, sono allestite due mostre di arte grafica. Una, curata da Margherita Casazza nelle sale di palazzo Inquilini, comprende quasi tutta l’opera grafica legata alla storia delle rappresentazioni del Dramma Popolare. Si va, tanto per citarne alcune, dalla prima incisione di Rinaldi per Assassinio nella cattedrale di Thomas Eliot del 1948, alla felice stagione delle opere di Pietro Parigi, alle opere di Dilvo Lotti, a Ordet di Giorgio Giolli, Cristo proibito di Sauro Mori, Franco Giannoni per Ti Jean e infine Marcello Guasti per quest’ultimo Processo a Gesù. L’altra mostra, nelle sale al piano terra di palazzo Grifoni, è complementare alla sessantaquattresima Festa del Teatro che celebra i trent’anni dalla morte di Diego Fabbri. Attraverso manifesti, locandine, lettere, articoli di testate famose come il Giornale del Mattino, la rivista Sipario, firme e testimonianze preziose come Silvio D’Amico, Don Ruggini, la signora Gazzini, si rivive la grande stagione di Veglia d’Armi e Sotto il sole di Satana, opere centrali del mondo di Fabbri, del suo teatro impegnato non solo sul piano della lettura cristiana della vita, ma anche in un contesto socio-politico. Tutto questo aiuta a comprendere meglio la celebrazione, oggi, di un grande del teatro sacro dagli anni dell’Italia democristiana e dei preti scomodi, fino all’ultimo suo lavoro Al Dio ignoto, pochi mesi prima della sua morte nel 1980, permeato di un forte impegno sociale: “Fa che io le usi [le parole] non soltanto per interpretare il mondo, ma per camIn questa pagina gli attori del dramma: Crescenza Guarnieri, Massimo Foschi, Roberto Ciufoli, Elisa Di Eusanio, Massimiliano Franciosa Nella pagina successiva: l’allestimento della mostra DrammArt all’interno di Palazzo Inquilini; il Sindaco di San Miniato Vittorio Gabbanini, il Presidente della Fondazione Dramma di San Miniato Stefano Petrucci, il Direttore Generale CARISMI Piergiorgio Giuliani e il Direttore artistico del Dramma Salvatore Ciulla

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esù G

Processo a

Diego Fabbri

biarlo e plasmarne un altro degno di te”. Anche in virtù di questa fedeltà alla sua poetica, la dinamica del Processo a Gesù, si articola, su due “processi” che si sovrappongono: quello giudaico sulla responsabilità giuridica di Gesù di Nazaret, nel solco dell’evidenza “storica”, e quello su “questioni private” che finisce per essere risolutivo e inglobante anche del primo, per l’esortazione a vivere Gesù nell’abbraccio totale dell’umanità intera, di ebrei e cristiani, laddove si attribuisce a Gesù risorto, la forza di alimentare tutte le speranze del mondo. Così oggi, anno domini 2010, questo dramma di Fabbri, per certi aspetti anche politici attualissimo, esce dalle secche di una problematica già affrontata da duemila anni e si potrebbe dire datata, per immergersi nella concretezza delle situazioni individuali, nella carne viva di personaggi eterni: l’intellettuale, la prostituta, il figliol prodigo, il mezzo prete, il perseguitato, la donnetta delle pulizie, una umanità uguale e diffusa. Scrive Giovanni Antonucci nel suo Diego Fabbri, Processo a Gesù, Tascabili Economici Newton, 1994, “Il pirandellismo di Processo a Gesù è connaturale all’idea che ha Fabbri di una ricerca sofferta, piena di contraddizioni,


sospesa tra verità e finzione, dell’incontro con Gesù, un incontro che avviene sul terreno dell’«amore», l’unico sul quale tutti si ritrovano senza distinzione di cultura e di fede, dalla Donnetta delle pulizie, alla quale hanno ucciso il figlio, all’ Intellettuale, dal Sacerdote alla Signora irrequieta. Solo su questo terreno gli uomini possono trovare quella «comunione» che è l’unica a sottrarli ai rischi e alle paure della solitudine. È una concezione, questa del cattolico Fabbri, che ha singolari, sorprendenti punti di contatto con quella di un grande regista cinematografico non credente, Ingmar Bergman, in film come Il settimo sigillo del 1956 e Come in uno specchio del 1961.” La rappresentazione, per la regia di Maurizio Panici, andata in scena nel

prato del duomo di San Miniato dal 15 al 24, è stata magistralmente interpretata da un cast in cui, accanto alla maschera possente di Elia (Massimo Foschi), la dolcezza di Alice Spisa, una Maria adolescente, di una grazia limpida, si sono imposti un perentorio e persuasivo David (Massimiliano Franciosa), la sanguigna e versatile Sara (Crescenza Guarnieri), un odiosissimo e inedito Giuda (Roberto Ciufoli), e via via altri interpreti storici come Rebecca (Dely de Mayo), Caifa (Renato Campese), Pilato (Marco Balbi), la Maddalena (Elisa Di Eusanio) tutti stupendamente vivi sulla scena, e personaggi dell’oggi: un infelice (Domenico Diele), un provinciale (Fabio Mascagni), un sacerdote (Daniele Orlando), un contraddittorio bonario

(Rocco Piciulo), un giudice improvvisato (Massimo Reale), una escort (Elisa Di Eusanio), la donna delle pulizie (Angiola Baggi) alla quale è toccata di esprimere l’essenza stessa del cristianesimo: la resurrezione del Cristo come atto di suprema speranza, coinvolgente tutta l’umanità senza distinzione alcuna. Questa rappresentazione sacra e laica, se al termine laico si dà il senso dell’attenzione e dell’ascolto a ragioni altre, parla come credo abbia parlato a tutti: credenti e non credenti, cristiani ed ebrei. Soprattutto, di fronte alla prospettiva dialettica e sofistica di “pensare Dio”, emerge l’esigenza di viverlo. Viverlo con tutte le difficoltà e le contraddizioni, viverlo nella concretezza e nella debolezza dell’uomo.


romano sì!

Interviste

CHRISTIAN DE SICA

verace della Toscana, pure

TEXT Carla Cavicchini

S

tupore ed ancora stupore. Incredibile. Christian De Sica è d’una semplicità ed affabilità disarmante mentre la calca di operatori e gente del mestiere, si fa largo per intervistare quest’attore noto e di gran successo. Nella location della Fortezza da Basso

Vive la fama così... con grandezza d’animo, come suo padre... A Certaldo ha girato il seguito di “Amici miei” per “Pitti”, parla con grande naturalezza, nell’abituale consuetudine... d’abbracciar le braccia. Garbato e cortese, osserviamo che vive la fama così… con grandezza d’animo, forte degli insegnamenti di papà Vittorio nell’essere discreto nonché estremamente educato. Anche se ciò comporta essere un personaggio altamente istrionico (non è solamente quello dei “cinepanettoni”, fa teatro, musical, scrive film, libri…), con un nome che è un pezzo di storia nel cinema mondiale. Finalmente è il mio turno. Parla, gesticolando pochissimo, con quegli occhi piegati all’ingiù, qual caratteristica “desichiana”. Il padre. Un ricordo forte, fortissimo, tanto che si illumina mentre “lo vede”,

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rivelandone la sua eleganza, contrassegnata sempre e solamente da cravatta nera e camicia bianca. “Uno stile unico, inconfondibile, peccato che non se rendesse conto…” “Io? Mah…non seguo uno stile, dipende anche dall’umore, più si passa inosservati meglio è! L’eleganza sta nel togliere, anche se… che so, una mattina mi sveglio coi cromosomi del conte Max, e quindi metto gessati o addirittura lo smoking! Un altro momento imito Brando, mio figlio, e allora infilo jeans e magliette… sta di fatto che nella moda non esiste una regola, si respira nell’aria”. Certo che se uno mangia l’amatriciana – e sghignazza – è un casino!” D’obbligo la domanda su Belen. “È bella e chic, a differenza di tante altre che sono “over-dressing”, ha un suo “tocco”, nonché innata classe. Nel mondo dello spettacolo è il futuro e, se si applica ulteriormente e studia, può diventare veramente una brava attrice.” Pocanzi hai parlato di tuo figlio. “Brando ha debuttato con me in uno spot sulla sicurezza stradale, ne ha fatto la regia e siccome è stato veramente bravo l’hanno scritturato per fare altri testimonial: ha girato infatti anche per Claudio Pozzetto, e a breve anche per Claudio Bisio. Certo che… speriamo bene!” Perché? “Perché quando a me e alla madre ha detto che voleva fare il regista, “ce

sò tremate le gambe” poiché è come se dicesse: ”Voglio fa il ‘Madonnaro’ e fa le Madonne pe’ strada… insomma, una metafora per dire che niente è facile; ma credo molto in lui”. Novità: drammatico e soprattutto cinico nel film di Pupi Avati Il figlio più piccolo (la pellicola è risultata vincitrice del Nastro d’Argento in quel di Taormina: premio ex-aequo per De Sica con Elio Germano per il film La nostra vita). “Sì, un ruolo da farabutto . Penso sia giusto diversificare talvolta.” Dal canto nostro abbiamo rilevato ancora una piccola provincia parlante ove i sentimenti, nel bene e nel male, hanno fatto da protagonisti. Con la Toscana dicono che hai un rapporto privilegiato. “E come no, ho persino comprato casa a San Giuliano Terme! L’anno scorso a Certaldo ho vinto il premio Calindri, e sempre lì, in quel gioiello incastonato nel Medio Evo ho girato il seguito di “Amici miei”, in quanto Volterra, dove dovevamo gira-


re inizialmente, s’è troppo modernizzata. La cittadina del Boccaccio è un teatro di posa straordinario e la gente del posto è magnifica. Affabilissima”. Bene, parliamo adesso di questi ‘tagli’ emanati dal governo. “Eh… sono andato ultimamente col mio amico Renato Zero e l’amica Sabrina Ferilli a Piazza Navona per protestare, anche se io, onestamente, tutte le mattine apro le finestre e ringrazio Gesù d’esser così fortunato. Ma è bene essere solidali e questa cosa che bisogna togliere i soldi allo spettacolo e alla cultura… no, non va bene. Non va bene in questo nostro paese che si regge sul cinema, sulla moda, sul cibo, sui calciatori, ed anche sulle escort! Qui se sforbiciano troppo “annamo pe’ stracci”, anche se, ripeto, so d’essere un uomo fortunato. Ma una crisi così palpabile, non si avvertiva dal ’49, dai tempi di mio padre e Anna Magnani. Purtroppo il 30% delle persone che fa spettacolo sarà costretto a cambiare mestiere; questo è un tasto veramente dolente!”


Medicina

STIPSI

credenze e rimedi attraverso i secoli

Storia e cure di un disturbo che coinvolge il 58% degli italiani TEXT Brunella Brotini

I

l termine stipsi proviene dal greco e significa restringimento, in latino si dice costipatio in francese ventre serrè. È una condizione fisiologica abbastanza innocua, ma assai comune. Se si deve credere alle statistiche, ne soffrono i due terzi delle donne ed un terzo degli uomini. È indubbio che l’argomento sia delicato e richieda un certo understandment onde tenersi lontani dalla banalizzazione e dalla ricca aneddotica umoristica che accompagna questa funzione intestinale. Purtroppo è vero che “Se in una frase compare scritta quella parola (cacca o simili n.d.r.) il pubblico, anche se la frase è sublime, non sentirà che quella parola” (Jules Renard nel suo Journal). E un certo Cunissat rimproverò a Victor Hugo di avere nominato la parola Cambronne1 in una delle sue opere. E per tutta risposta l’ingegnoso Hugo inviò a questo una copia di quell’opera con la dedica: A Monsier Nissat (eliminando, con una certa ironia polemica, la radice CU dal cognome (a certi potrebbe suonare come cul n.d.r.). Lo scarabeo, che nel mondo egizio rappresenta l’ambivalenza vita-morte, è un coleottero che raccoglie i suoi escrementi

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in forma di pallottole e le nasconde sotto terra per farle diventare nutrimento alle sue larve. Esso è quindi capace di trasformare gli escrementi in funzione vitale, nutrizionale, creativa e di rinascita. Con la stipsi si trattiene, non si trasforma niente: l’individuo stitico rinuncia a essere uno scarabeo, quindi senza capacità di donare, povertà di affetti e sentimenti, depressione, pensieri ricorrenti, ossessivi. (conclusioni tratte dagli psicologi, forse semplicistiche, ma che meritano una adeguata considerazione). Presso i popoli antichi, l’escremento veniva considerato carico della forza vitale di chi l’ha espulso. Da qui, il potere vitalizzante che spiega l’utilizzazione frequente di escrementi nella medicina di molte comunità: si pensi che fino a poco tempo fa in Tibet i fedeli conservavano gli escrementi del Dalai Lama come amuleti appesi al collo. Plinio sosteneva che lo sterco di cammello curasse la dissenteria, quello di cavallo la sordità e quello di vacca la sciatica, mentre per la tubercolosi era indicato l’escremento umano misto a miele e così via. La storia della stipsi comincia con quella della civiltà, anche se sembra improbabile che l’uomo primitivo potesse soffrire

di questo problema, vista l’alimentazione ricca di fibre e la spiccata attività quotidiana dello stesso. Eppure i papiri egiziani riportano una vasta rappresentazione di lassativi e clisteri! E di clisteri facevano ampio uso i Romani (da Rufo di Efeso, I secolo d.C. sappiamo che Nerone usava la pratica dei clisteri per conservare un buon tono di voce). Nel VII secolo, Maometto nel Corano consiglia lassativi come la senna, mentre sui clisteri ci soni pareri differenti, ma in genere erano considerati riprovevoli. Addirittura l’uso del clistere poteva interrompere il digiuno! La scuola araba introduce nella farmacopea numerose sostanze, come la cassia, il tamarindo e l’aloe. [Fine della prima parte]

Pierre Jacques Étiénne visconte di Cambronne (Francia 1770-1842) è passato alla storia, oltre che per la sua brillante carriera militare iniziata come volontario nella Rivoluzione Francese, per una famosa battuta pronunciata durante la battaglia di Waterloo del 1815. Alla fine dello scontro, quando un generale inglese volle imporre la resa a lui e agli ultimi resistenti, sembra che abbia pronunciato in risposta il celebre insulto “Merde!”

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Musica

Organi inToscana

La scuola pistoiese degli Agati e dei Tronci

TEXT Gustavo Defeo PHOTO Agati-Tronci

N

ella seconda metà del ‘600 il noto organaro fiammingo Willem Hermans costruisce diversi organi in Italia. Nel 1664, Hermans costruisce un organo per la chiesa di Santo Spirito a Pistoia. Questo organo appor-

Tuttora possiamo trovare strumenti della ditta Agati-Tronci in Corsica, Sud America e perfino in Medio Oriente e in India terà nuovi registri ed effetti sonori detti “da concerto” a quelli dell’organo italiano, quali il Cornetto, le ance, e i flauti tappati, già adoperati negli strumenti delle scuole tedesche e fiamminghe. Questo organo sarà un riferimento per la scuola lucchese e la nascente scuola

pistoiese di organari. Uno dei primi a seguire questa nuova concezione timbrica è stato l’organaro lucchese Domenico Francesco Cacioli, (1671-1756) e poi i suoi allievi, i fratelli Tronci di Pistoia, Antonio (1704-1791) e Filippo (1717-1788). Una pietra miliare all’inizio della loro carriera, fu la partecipazione nella costruzione nel 1733 di un grande strumento, progettato da Bernardino Azzolino della Ciaja (16711755) nella chiesa di Santo Stefano a Pisa insieme al loro maestro Cacioli ed altri noti organari. Questo strumento a cinque tastiere e pedaliera (quattro tastiere per l’organo e una per un clavicembalo) fu uno strumento importantissimo nella storia organaria italiana, purtroppo malamente trasformato agli inizi dello scorso secolo. Entrambi i fratelli Tronci diventano soci da Cacioli, mettendosi in proprio qualche anno dopo e fondando a Pistoia una tradizione famigliare che durerà per cinque generazioni. Di questo periodo troviamo l’organo della chiesa del Santissimo Crocifisso di San Miniato che rissale al 1751, e dove lavorarono sia Cacioli che i Tronci. Continueranno questa tradizione Benedetto (1756-1821) figlio di Filippo(I), Filippo (II) (17551847), figlio del fratello Luigi, i fratelli Luigi (1823-1911) e Cesare (1827-1847) figli di Filippo(II), e finalmente un terzo Filippo (III) (1848-1919). La famiglia Agati, inizia pochi

anni dopo i Tronci, con Pietro (17351806) allievo di Filippo Gatti di Bologna. Questa tradizione sarà proseguita dal figlio Giosuè (1770 -1847), e dal nipote Nicomede (1796 -1885). Le due famiglie note per la qualità dei loro strumenti, diventano concorrenti per più d’un secolo finché Nicomede Agati non cederà la sua azienda ai Tronci, formando la “Ditta Agati-Tronci”. La Ditta Agati-Tronci diventerà molto famosa sia in Italia, sia all’estero, dove esporterà strumenti che tuttora possiamo trovare in Corsica, Sud America e perfino in medio oriente e in India. La produzione di organi a fine ‘800 affron-


ta un sostanziale rinnovamento, con una notevole riduzione delle committenze da parte delle chiese e un’apertura al melodramma. In questo periodo, troviamo nelle chiese strumenti con registri bandistici, perfino con percussioni quali la gran cassa, i piatti, ma anche gli organi per grandi teatri quali il Costanzi di Roma, il Dal Verme di Milano, il Liceu di Barcellona e l´Opera di Buenos Aires. L’ultimo Filippo (III) avrà rapporti di amicizia con Giacomo Puccini e Pietro Mascagni. In quel periodo diventerà importante la produzione di strumenti di percussione. Puccini, per esempio, gli commissionerà la costruzione di un gran Gong per le opere Madama Butterfly e Turandot, mentre Mascagni il concerto pneumatico di campane tubulari per l’opera Isabeau. Sia l’auge della musica bandistica di questo periodo sia le orchestre, richiedono complessi percussivi di alta complessità, basti pensare, oltre al melodramma, al sinfonismo di Gustav Mahler, Richard Strauss, Maurice Ravel, Bela Bartok e Otorino Respighi tra altri. Nel 1917, i Tronci lasceranno definitivamente la produzione organaria, per continuare a curare la manutenzione di organi, e dedicandosi appieno alla produzione di percussioni. Nelle nostre zone possiamo trovare strumenti di tutti i periodi delle due famiglie. In speciale quelli della diocesi di San Miniato, che sono descritti minuziosamente dal M. Antonio Galanti nel suo volume “Gli organi storici del sanminiatese” edito dall’Accademia degli Euteleti. All’ultimo ventennio della Ditta Agati-Tronci, risale l’organo della Chiesa dei Santi Jacopo e Pietro, a Balconevisi. Questo strumento, inalterato nella sua struttura originale, possiede i registri dell’organo italiano insieme a quelli da concerto, il cornetto cinese, la viola da gamba, i timpani, la gran cassa ed i piatti liberi, oltre al contrabasso nella pedaliera. Oltre ad adoperare questo strumento nelle funzioni religiose, dal 2009 si utilizza anche in concerti con la partecipazione di musicisti internazionali. Questi concerti hanno il doppio scopo di far conoscere lo strumento, e ricavare i fondi necessari per il suo restauro e manutenzione.


Musica TEXT Luca Gennai

I

l 12 novembre 2010 al Museo Piaggio a Pontedera sarà presentata la terza edizione della manifestazione artistico-culturale CON QUESTI OCCHI, quest’anno alla terza edizione. Il tema che andremo ad affrontare è DISAGI.

Il 12 novembre a Pontedera un appuntamento da non perdere: l’arte incontra la musica per parlare di disagi L’associazione Culturale IL MONDO DI OZ fondata da Cinzia Chiarini, Luca Gennai, Massimo Lenzi, dopo aver affrontato nel primo anno il tema dell’handicap, ha voluto quest’anno lavorare con gli artisti su un tema vas t o come quello d e l disagio per fare sensibilizzazione,

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attraverso l’arte (pittura e musica). Sono così stati scelti 30 artisti italiani tra i più interessanti. 16 pittori o fotografi e 14 musicisti. Il prodotto di quest’anno, DISAGI, consiste in un box formato lp contenente un catalogo recante i 16 quadri realizzati sul disagio e un pl 33giri con le 14 tracce musicali che i musicisti hanno realizzato. Vi sara inoltre un breve racconto introduttivo dello scrittore Nicolai Lilin e un saggio del critico d’arte Giuseppe Carrubba. Lo scopo principale del progetto è, con la vendita del prodotto e sopratutto la vendita dei quadri, finanziare la realizzazione di una comunità di persone che soffrono di disagi esistenziali, a Palaia nella provincia di Pisa. Il progetto per la comunità “La Fenice” è stato pensato da Tommaso Gabbani (collaboratore dell’Associazione IL MONDO DI OZ) al fine di riuscire a edificare una struttura di comunità aperta per persone che vivono un disagio esistenziale, basata sulla consulenza filosofica. Intendiamo per disagio esistenziale, quella forma che clinicamente è definita depressione e per consulenza filosofica un nuovo modo di approccio al disagio basato sul dialogo e l’empatia personale con carattere filosofico. Il motivo per cui è stato sviluppato questo progetto è l’assenza nel territorio italiano di strutture che permettano, a chi vive un disagio, di poter esprimere il loro star male senza essere violentati nel loro pensiero. In Italia esistono casa di cura, esistono strutture per le gravi malattie psichiche, esistono strutture private culturalmente e ideologicamente determinate. Tutte queste strutture, necessarie che rispondono ad una esigenza della società hanno il deficit di non poter dare aiuto a tutte quelle persone “normali” che vivono un disagio. Purtroppo quella che negli schemi della medicina viene classificata come depressione è una realtà che colpisce tutte le persone indistintamente dal loro stato sociale, età o sesso. Lo stare male è una particolare dimensione dell’essere che ha la stessa dignità di qualsiasi altra patologia, occorre pertanto riuscire a dare una nuova risposta a questo disagio sociale attraverso una struttura che, insieme alle classiche psicoterapie e studi psichiatrici, dia nuove risposte.

Per parlare in maniera chiara, occorre costruire e allestire un centro dove le persone che sentono un disagio nella loro esistenza possano venire tranquillamente e trovare non solo l’appoggio di uno psichiatra o di uno psicoterapista, ma soprattutto di un filosofo che dia loro l’opportunità, attraverso il disagio, di rapportarsi secondo modelli differenti alla loro vita. Un modo di relazionarsi, in maniera aperta, senza schemi fissi, senza verità assolute imposte, ma basato sull’apertura empatica fra chi viene a chiedere consulenza e chi dà la consulenza. L’evento proposto al Museo Piaggio alla presenza degli artisti, sarà presentato dall’attrice Xena Zupanic. Saranno esposti in collettiva i 16 quadri realizzati da: Angelo Barile artista torinese che esperimenta in pittura la visione quadrangolare. Luca Baseggio romano che lavora su pittura passando prima da scatti fotografici e rielaborazioni grafiche. Anna Bianchi, toscana di Lucca che artisticamente lavora con le tecniche del decollage. Lorenzo Brini giovanissimo artista di Ponsacco; pittura, poesia e segno grafico sono il suo linguaggio. Angelo Cruciani marchigiano ormai in pianta stabile a Milano, l’artista in-


daga il profondo ed eterno viaggio dell’uomo nelle sue pieghe esistenziali. Andrea Gambugiati di Camerino (MC), un artista che solitamente rappresenta lo squilibrio di un’umanità che tende ad abbandonare sempre più la propria natura per andare incontro al concetto di artificiale. Mirko Guiggi di Pontedera, artista eclettico e mutevole tra il materico e il surreale. Lauraballa artista di Prato nata in Svizzera pittrice e illustratrice che dipinge un mondo immaginato lieve e inquietante. Max Papeschi da Milano con la sua digitalart che rappresenta Icone Cult che perdono il loro effetto tranquillizzante per trasformarsi in incubo collettivo. Piero Passerotti nato a Peccioli, per lui l’arte è libertà totale senza remore, regole e limiti. Adriano Radeglia, pugliese di rara bravura che utilizza per i suoi lavori che parlano di sacro, materiali come la terracotta policroma e olio su tela o legno. Ilenia Rosati pisana, tra primitivismo e modernismo catalano cerca ostinatamente la favola dei colori. Paolo Rossini da Sassari artista che vede attraverso la finestra della propria anima e dei labirinti tortuosi della sua mente. Jgor Scardanzan di Milano, i suoi quadri sembrano mettere a nudo il suo inconscio facendo emergere umori, emozioni sentimenti e sogni; i suoi lavori possiedono una forza estranea alle mutazioni dei gusti e delle tendenze. Manuela Trillo di Pisa col suo concetto di arte pittorica molto vicina all’illustrazione vola con i suoi quadri al di là del visibile. Persefone Zubcic di Milano l’unica ad esprimersi con la fotografia, è tentata dalle cose ancestrali, arcane che custodiscono la forza oscura della materia prima in quanto brutta con proiezione verso forme imperfette. Il vinile 33 giri che verrà presentato vede 14 brani di Musicisti italiani: A.S.O.B gruppo Pontederese di post rock. Cabiria un trio viareggino di impronta sperimentale. Andrea Carboni, vive tra Pisa e Ginevra ed è un nuovo cantautore italiano della scena indie. Matteo Castellano, torinese, astro nascente di un catautorato impegnato italiano. Luigi Di Meco nato a Teramo personaggio poliedrico vicino a certa New Wave 80. Mauro Guazzotti di Savona, famoso in italia per il progetto MGZ e le signore che vanta una serie di dischi all’attivo. Dome La Muerte pisano con una carriera artistica come chitarrista e compositore, padre del rock’n’roll italiano, che calca il palco dalla fine degli anni ‘70, stimato chitarrista dei Not Movin. Lindustria interessante personaggio di Peschiera sul Garda (Bs) che costruisce brani diretti nei testi, accompagnati da musica inquietante. Malameccanica di Arezzo, un gruppo di musicisti che lavorano su testi in italiano di alto spessore musicati in sonorità Trip Hop. Musica per Bambini di Piacenza, musicalmente folli con testi proferiti alla velocità della luce tra elettronica e punk. Giuseppe Palazzo romano, cantautore di alta sensibilità compositiva che descrive la quotidianità con raffinatezza ed immagini surreali. Pane, gruppo romano di altà qualità espressiva che spazia in una poesia colta e musicalità di arrangiamento folk da farci venire in mente gli Area e addirittura Fabrizio De Andrè. Teho Teardo un musicista interessantissimo per l’Italia che inizia il suo percorso negli anni ‘80 nel rock colto ed underground, per arrivare all’attuale dimensione di musicista elettronico – cameristico compositore di colonne sonore di film italiani, suo il premio David Donatello 2009 per la miglio colonna sonora per il film “Il Divo” di Paolo Sorrentino. Andy & Xena Zupanic, duo costituitosi per l’occasione di “Disagi” che hanno realizzato un brano sperimentale con musica elettronica composta da Andy che intreccia frasi declamate dall’attrice croata Xena Zupanic. Quindi direi un appuntamento obbligatorio per tutti gli estimatori d’arte pittorica e di musica e per tutte le persone che vogliono conoscere, approfondire e capire i disagi nelle sue più differenti forme, visti e interpretati da artisti giovani.


DRAMMATICO

Wall Street: Money Never Sleeps Regia: Oliver Stone Distribuzione: 20th Century Fox Data di uscita: 22 ottobre 2010 Uscito finalmente di prigione, Gordon Gekko, é intenzionato a tornare a dire la sua nel mondo della finanza e riconciliarsi con la figlia, che ormai non gli rivolge più la parola. A dargli una mano in questo senso, ci sarà Jacob Moore, un giovane broker fidanzato con Winnie Gekko, che in cambio gli chiede di aiutarlo a scoprire chi ha causato la morte del suo mentore...

AVVENTURA Harry Potter e i doni della morte

Inizia un nuovo anno scolastico ad Hogwarts, per Harry Ron ed Hermione, ma, nonostante l’ultimo si fosse chiuso in malo modo, questo potrebbe andare addirittura peggio. I tre, che sono diventati dei ricercati, specialmente Harry sul quale grava una ricompensa di 10,000 galeoni d’oro, hanno una missione da compiere: trovare gli ultimi Horcrux che sono rimasti e distruggerli. Ma anche Lord Voldemort è alla ricerca di qualcosa, e quando Harry lo viene a sapere, scopre qualcosa di molto interessante...

COMMEDIA

SOLO IL MEGLIO DEL CINEMA a cura di Kirilla

Regia: David Yates Distribuzione: Warner Bros Data di uscita: 19 novembre 2010

Maschi contro femmine Regia: Fausto Brizzi Distribuzione: 01 Distribution Data di uscita: 27 ottobre 2010

L’eterno conflitto fra uomini e donne è il tema principale della pellicola. Grazie alla simpatia degli interpreti, il film ci regala una serie di divertentissime gag che offrono uno spaccato della società italiana contemporanea...


ALESSANDRO FIORI (Ultravox- Audioglobe)

Alessandro Fiori fa ottima musica e questo lo si sa anche grazie ai dieci anni di attività coi Mariposa. Questo disco solista, si colloca nella migliore tradizione cantautorale italiana, in particolare quella di Graziani, Ciampi, Jannacci. Il suo è un pop intelligente farcito di ironia amara. Alessandro è uno dei cantautori più rappresentativi della scena italiana, raccontando le storie dei nostri giorni. È lì col suo tocco dolce a mostrarci il lato impalpabile insieme a quello concreto e ruvido della nostra esistenza.

Controcultura FABRI FIBRA

(Universal)

Fino a qui tutto bene

Un altro segno lo lascia con questo nuovo cd il rapper più scomodo d’Italia. Delirio Rap contro l’Italia di oggi (qualcosa che negli anni ‘70 facevano i cantautori), denunce su denunce contro la cultura attuale. Le canzoni che compongono l’album, sono immagini forti, come l’immagine di copertina naturalmente censurata. Tutto risulta molto ben fatto e curato sia i testi che la musica godono di un salto di qualità notevole. Da ascoltare a ripetizione (sperando che scuota le menti).

MARRACASH

a cura di Luca Gennai

(Universal)

LA MUSICA CHE CI PIACE ASCOLTARE

Attento a me stesso

Nel disco la caduta del protagonista è la metafora di una società sempre più in crisi, che però non vuole vedere. I testi sono incredibilmente ironici, Marracash si diverte a prendere in giro il ridicolo star system che c’è in Italia. Ascoltando l’album si scopre man mano che i toni dei brani in successione cambiano, inizialmente sono allegri e solari per diventare cupi e ipnotici. Nel brano finale, il più amaro di tutti, l’ Amore è la parola che nessuno riesce a dire. Più vero di così!

Il primo lunedì del mondo VIRGINIANA MILLER

(ZAHR-Altrove / Edel) La band livornese ce l’ha con la banalità dilagante. Questo è un album che lascia il segno nella storia della musica italiana. Nel brano L’inferno sono gli altri si parla del vuoto dei social network. Commovente la canzone Oggetto piccolo(a) dove si parla dell’ossessione dei desideri di un’anima affamata del nulla. L’album è curato ed elegante in ogni dettaglio, ed è un caleidoscopico viaggio nelle sfumature del quotidiano. A dignitosissima conclusione un’ulteriore perla: La carezza del papa, un dialogo di vissuti che intrecciano sconfitte, illusioni, delusioni, paure, promesse mancate, rimpianti, voglie di rivalsa e fallimenti con la televisione che ricorda di portare ai nostri figli la carezza del papa “ma anche un calcio nel culo va bene, anche quello ogni tanto fa bene, come segno di amore sicuro, di contatto e calore animale senza tante parole”.

Reality

LA VETRINA


Architettura e contemporaneità LA POTENZA DEL COLORE

Incontro con Massimo Mariani architetto TEXT Stefania Catastini PHOTO Alessandro Ciampi

“ … Non mi interessa un’architettura spaccacervelli, quello che amo è suscitare emozioni in maniera molto semplice e naturale .” Ironico, intelligente, determinato, attento alla tecnologia ma non sopraffatto, è alla ricerca di un’architettura gioiosa da vivere quotidianamente, dove il colore diventa fluido. Come nascono le sue architetture? Approdo all’architettura passando per altri itinerari, dall’arte e dal design. Prima di fare l’architetto forse volevo fare il pittore; per motivi familiari però mi sono iscritto alla facoltà di architettura. Sono una persona fatta così, non mi riesce iniziare le cose e non finirle. La sua architettura non sembra assolutamente un ripiego, cosa è accaduto? L’incontro fortunato all’università con il prof. Remo Buti che avendo una formazione artistica proveniente dai radicali, ha creato all’interno della facoltà una sorta di laboratorio architettonico, anche per i ragazzi. Stefano Giovannoni, cosa ricordi della vostra amicizia? L’amicizia con Giovannoni la ricordo ancora con piacere, c’era e c’è una grande intesa intellettuale, era il momento delle mostre in Italia e all’estero,eravamo un gruppo di giovani designer con l’idea del movimento visto in varie direzioni. Si trattava di progetti in continuo cambiamento. Il Bolidismo è nato lì anche se è durato poco. Quindi all’inizio un’attività prevalentemente di design. Sì, anche perché ho sempre visto il design molto più avanti rispetto all’architettura nel ritorno alla memoria, nella sperimentazione e nel rapporto con l’arte. Allora l’architettura quando è arrivata? Dopo circa 10 anni i primi incarichi professionali, il confronto con una casa di Pomodoro, pubblicata su Domus dall’allora direttore Giò Ponti, una serie di contatti grazie ai quali mi è stata commissionata una prima filiale bancaria. Io opero prevalentemente in questo settore. Nella direzione della Cabel ho trovato amanti dell’architettura e dell’arte contemporanea ed abbiamo insieme costruito l’immagine aziendale. Mentre cresceva la politica aziendale, cresceva l’immagine architettonica dell’azienda.


Arch. Massimo Mariani

Il progetto Cabel? È un progetto a 360 gradi, escluse le tende e i lampadari è tutta su disegno. Ha un impianto fotovoltaico completamente integrato sul tetto che la rende quasi autosufficiente nella produzione di energia. È un prefabbricato, potrebbe essere smontato tutto e riciclato. Il colore? Il colore è progetto. Nella Cabel gli interni bianchi permettono alle vetrate di spalmare il colore all’interno grazie alla luce che filtra dai vetri colorati, quasi come se fosse un fluido. La notte invece si accendono lampade e la luce interna accentua le trasparenze. Come nasce un’architettura? I progetti sono concepiti come fossero set cinematografici, come sceneggiature; fuori trovi un’immagine, dopo 10 metri cambia scena, dopo 20 metri si modifica la sezione, e poi vai avanti e trovi una stanza rossa, così da creare continuamente un rapporto emotivo psicofisico con l’architettura. Il futuro? (Sorride) Intanto cambio studio, sempre qui a Montecatini, ma in un vecchio edificio disegnato da Aldo Rossi.

Nasce nel 1951 in provincia di Pistoia. Si laurea nel 1977 alla facoltà di architettura di Firenze, dove - dal 1980 al 1992 - collabora all’attività didattica di Remo Buti. Nel 1980 fonda con A. Casciani lo studio Stilema, per la progettazione e la produzione di oggetti e mobili sperimentali. Lo studio si dedica alla ricerca negli ambiti del design per gli oggetti d’uso e la decorazione, della grafica, dell’allestimento e dell’architettura d’interni, e partecipa a numerose esposizioni, concorsi ed eventi nell’orizzonte spettacolare del neo-design italiano dei primi anni Ottanta. Nel 1986, con un folto gruppo di architetti (P. Caramia, D. Carani, M. Castelvetro, M.Corrado , D. Donegani, S. Giovannoni, M. Iosa Ghini, G. Venturini), vara il Bolidismo, un movimento che assume la velocità e l’ubiquità come temi predominanti della realtà contemporanea e crea giocosi contatti fra gli immaginari del design, del fumetto e dell’illustrazione. A partire dal 1990, la sua attività professionale, con studio a Montecatini Terme, si rivolge all’interiora design e soprattutto all’architettura. Realizza una serie di interventi per residenze private, edifici bancari, e per società di servizi CABEL Industri. Nel 1999 le sue architetture guadagnano il primo posto al “Premio Dedalo alla committenza”. Nel 2005 è uscita una monografia sul suo lavoro, dal titolo “Massimo Mariani Progetti 19802005“, Verba Volant editore. Recentemente è stato portato a termine ed inaugurato il Museo di Benozzo Gozzoli a Castelfiorentino (FI).

Le immagini si riferiscono all’edificio Cabel Industry in Via della Piovola, 138 - 50053 Empoli FI


Anniversari

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Un tricolore lungo

TEXT&PHOTO Lorenzo Gista

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ono le 8:00 di una limpida e fresca mattina di fine estate. Il sole che sorge illumina le vicine dolomiti e gli immensi campi di girasole che circondano il piccolo paese di Rivolto e la base ae-

Le acrobazie aeree del 313° Gruppo Addestramento Acrobatico per celebrare i 50 anni delle Frecce Tricolori

anni

rea sede del 313° Gruppo Addestramento Acrobatico. Oggi, 11 settembre 2010, in una data che porta con sé tristi ricordi legati al volo civile, l’Aeronautica Militare Italiana celebra 50 anni dalla nascita del suo fiore all’occhiello: le Frecce Tricolori. In realtà la storia dell’acrobazia aerea in Italia ha origini ancora più remote e bisogna tornare indietro al 1930 quando, all’aeroporto di Campoformido, nasce la prima scuola di volo acrobatico ed una Pattuglia composta da cinque Fiat C.R. 20 che, negli anni precedenti il secondo Conflitto Mondiale si esibisce con successo in viarie manifestazioni aeree nazionali e internazionali. Dopo l’inevitabile scioglimento legato agli anni di guerra, già dal 1950 l’eccellenza italiana del volo acrobatico torna a materializzarsi in una Pattuglia chiamata Cavallino Rampante (dotata di velivoli D.H. 100 Vampire). Il decennio che segue è caratterizzato da grande fermento nel volo acrobatico e sono molte le pattuglie che nascono, si affiancano e si avvicendano in numerosi tour ed esibizioni internazionali: i Getti Tonanti (5° Stormo su aerei F-84G Thunderget), le Tigri Bianche (51° Stormo sempre su F-84G), il Cavallino Rampante (ricostituita con F-86 Sabre), i Diavoli Rossi e i Lanceri Neri (entrambi su F-84F Thunderstreak). Verso la fine del 1960 l’Aeronautica Militare Italiana decide di interrompere questa turnazione tra vari stormi e creare, all’aeroporto di Rivolto (UD), un Gruppo permanente per l’addestramento al volo acrobatico collettivo dotato di cacciabombardieri F-84G con grandi decorazioni tricolori e in grado di generare fumi colorati bianchi, rossi e verdi. E’ l’inizio di una storia di successi, ammirazione e passione per il

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volo e per la Patria che porta, ancora oggi qui a Rivolto, centinaia di migliaia di persone ad incolonnarsi per ore per assistere all’esibizione delle Frecce Tricolori. Il clima è quello delle grandi occasioni con oltre 3000 tra volontari, forze dell’ordine e personale dell’Aeronautica a formare l’imponente apparato necessario a garantire, nella massima sicurezza, il corretto svolgimento di quella che sarà la più grande manifestazione aerea organizzata in Europa nel 2010. Ci sono bambini che sognano di diventare piloti, adulti che avrebbero voluto esserlo e veterani delle nostre forze armate ma soprattutto tanta gente comune con un’enorme voglia di sentirsi orgogliosa della propria Patria, di tifare per la nostra “Nazionale dell’aria” unanimemente riconosciuta a livello internazionale come una delle massime espressioni del volo acrobatico moderno. Alle 10:00 un elicottero AB 212 dell’Aeronautica Militare sventola la bandiera italiana sul campo di volo: è il fischio d’inizio di un raduno che vede esibirsi le più importanti pattuglie nazionali del mondo: la Patrulla Aguila dalla Spagna, la Patruille de France, la Patrouille Suisse, la pattuglia In questa pagina: le Frecce Tricolori all’inizio dell’esibizione, il tricolore più lungo del mondo, le Frecce si esibiscono sopra le altre pattuglie Nella pagina seguente: i dieci aerei delle Frecce Tricolori in formazione a rombo, lo spettacolare finale


Iskry dalla Polonia, i Kirla Oluje Team dalla Croazia, i Jordanian Falcons dalla Giordania e i Red Arrows la prestigiosa pattuglia acrobatica della Royal Air Force inglese. Ad intervallare le esibizioni delle pattuglie acrobatiche ci sono i “display” degli aerei da combattimento che fanno grande l’industria aerospaziale italiana nel mondo. I nostri piloti collaudatori del Reparto Sperimentale Volo portano al limite operativo e strutturale l’ormai mitico Tornado, il sempre affascinante AMX, l’impressionante Eurofighter Typhoon, caccia da supremazia aerea che protegge i nostri spazi aerei, e i nuovissimi C27J, aereo da trasporto militare in grado di eseguire la manovra del tonneau, e l’Aermacchi M-346 da molti considerato come il naturale successore dell’MB 339 attualmente in dotazione alle Frecce Tricolori.

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Alle 16:30 è il momento di mettere da parte le quotidiane lamentele su quanto non funziona nel nostro paese, le divisioni di partito e tutti i possibili campanilismi e sentirsi finalmente orgogliosi di essere italiani. Il Capitano Lant da’ il segnale e i 10 aerei Aermacchi MB-339 PAN, che compongono la Pattuglia nazionale più numerosa al mondo, mettono in moto, all’unisono, le turbine del potente motore Rolls Royce. E’ un suono assordante e inutilmente dispendioso per qualcuno, è una dolce musica e un emozionante preludio per gli oltre trecentomila presenti e per milioni di italiani orgogliosi di quello che i nostri migliori piloti riescono a fare nel cielo. Le Frecce rullano in testata pista, provano i fumi colorati e una meravigliosa nuvola bianca rossa e verde indica che tutto è pronto per il decollo in formazione. Il cuore

batte forte già al primo passaggio quando, in totale armonia e spaventosamente vicini, i dieci aerei puntano dritti verso il cielo per eseguire un looping triangolare in formazione. Il programma è un susseguirsi di emozioni con manovre acrobatiche studiate e provate da decenni come la ormai mitica “bomba”, (eseguita per la prima volta nel 1957) e la recentissima figura del “cuore” introdotta dopo la vittoria della Nazionale Italiana ai Mondiali di calcio del 2006. I circa quaranta minuti di evoluzioni previsti passano velocemente e dagli altoparlanti a terra la voce di Luciano Pavarotti intona il finale di “nessun dorma”. All’orizzonte la pattuglia al completo disegna un tricolore lungo cinque chilometri che oggi attraversa non solo i cieli di Rivolto ma unisce cinquant’anni di una grande e prestigiosa storia tutta italiana.

24-09-2010 16:38:32


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Labostudio S.r.l. Via del Bosco, 71 - 56029 - Santa Croce sull’Arno (PI) Tel. 0571.33313 - Fax 0571.34572 www.labostudio.it - labostudio@labostudio.it


tessuti

t

iper ecnologici

L

a moda incontra la tecnologia e nasce una nuova generazione di progetti. Dalla sinergia tra ricerca ed impresa, in una delle “culle” del progetto ovvero il Dipartimento Taed del

Tessuti interattivi con il progetto Italia Experience in Interaction corso di Laurea Magistrale in Design dell’Università degli Studi di Firenze, si delineano nuovi elementi di relazione tra il sistema della filiera del prodotto tessile di alta gamma e del tessuto tecnico, rappresentato e promosso dalla Camera di Commercio di Prato e la ricerca nel settore delle tecnologie indossabili. Avete mai pensato di potervi scambiare degli mp3 con gli amici con un semplice movimento del corpo? O di rendere ricami o decorazioni floreali interattive, che cambiano forma a seconda di input

provenienti da chi li indossa? E’ possibile con la prima collezione di prototipi del progetto Italia. Experience in Interaction, che vede come responsabile scientifico Elisabetta Cianfanelli del Dipartimento Taed. “Da tale collaborazione è nata la ricerca Italia Experience in Interaction - spiega Elisabetta Cianfanelli - che rappresenta un percorso di progetto tra ricercatori e operatori della produzione tessile e abbigliamento pratese, una collezione di capi interattivi, vettori di conoscenza della qualità del manufatto. L’innovazione tecnologica può oggi ripensare e riposizionare sul mercato. La ricerca infatti muove dai valori intrinseci dell’artefatto tessile, dai concetti di qualità e di tracciabilità della filiera, elementi base della cultura manifatturiera made in Italy, e propone nuovi concept “pilota” per il prodotto indossabile interattivo che sviluppino esperienze di qualità connesse al vivere quotidiano tramite il prodotto, a esperienze conoscitive, culturali o di benessere che possano caratterizzare e migliorare la vita dell’utente”. I capi della collezione Sound experience, attraverso l’applicazione del sistema hardware Arduino, e l’applicazione di accelerometri e soft-botton incorporati nei materiali tessili permettono lo scambio di file multimediali tra utenti che indossano lo stesso genere di capo. L’applicazione tecnologica diviene quindi nuovo strumento di vita del prodot-

Tecnologia

a Prato

TEXT Gaia Simonetti

to, di scambio e nuovo contenuto della catena del valore del prodotto. La “giacca dell’artigiano” attraverso l’utilizzo di accelerometri sui polsi connessi a una fotocamera digitale permette un’esperienza di visita nelle botteghe artigiane dei centri storici toscani che può essere trasferita nel computer. Attraverso i tempi di movimento e specifici gesti la fotocamera immagazzina immagini e filmati che potranno poi essere scaricati dal singolo utente. “Questo modello - conclude Elisabetta Cianfanelli - si pone nel prodotto d’alta gamma italiano come connubio tra cultura umanistica e cultura tecnologica. L’interazione della qualità italiana non può quindi prescindere dal sistema di valori in cui il prodotto nasce e di cui la filiera si alimenta”.

1. Un capo della collezione Sound indossato all’avambraccio 2. Elisabetta Cianfanelli

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Cuore

Eventi

COMPLEANNO

con il

TEXT Andrea Cianferoni PHOTO Emilio Bianchi

U

n compleanno all’insegna della buona cucina, toscana, festeggiato nel locale più cool di Firenze, il Lungarno 23, situato nell’Oltrarno dove è possibile gustare autentici e

Party all’insegna della solidarietà per Isabella Pratesi, erede della dinastia leader nell’arredo casa sani hamburgers di Chianina Toscana fatti solo con carni direttamente provenienti dalla Tenuta “La Fratta” di Sinalunga, azienda agricola che, con Regio Decreto del 1938, ha allevato e selezionato questi nobili bovini. La festeggiata, accompagnata dagli amici più cari e tutta la Firenze che conta, è stata Isabella Pratesi, erede della dinastia che, dal 1906, ha costruito la propria fortuna sui due ricami “tre righe” e “treccia”, conquistando un pubblico sempre più numeroso. La madre di Isabella, Dede Talamoni, donna di grande tempra, at-

tuale Presidente dell’azienda e moglie del compianto Athos, colui che ha fatto conoscere a livello planetario i ricami e le stoffe Pratesi, porta avanti con tenacia la mission aziendale: diffondere il gusto del bello per rendere il piacere di vivere la casa un autentico lusso. Piacere che nel corso degli anni hanno apprezzato registi, attori, artisti quali Luchino Visconti, Liz Taylor, Andy Warhol. Oggi l’impegno di Isabella è dedicato, oltre che ai tre splendidi figli Carolina, Pietro e Brando, alla linea di accappatoi con il cuore creati appositamente per la raccolta di fondi per “The Heart of Children” associazione benefica che si occupa di operare bambini cardiopatici nei paesi in via di sviluppo. www.theheartofchildren.org

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Moda

2010 TEXT Isabella Giomi PHOTO Giovanni Rastrelli

P

arlando di moda, il primo concetto che si crea nella nostra testa per associazione mentale è “apparenza”. Pura e semplice esteriorità, per molti “moda” è soltanto un termine che sta a indicare una serie di accessori tesi a valorizzare meramente la nostra immagine. Nient’altro che frivolezza, insomma. Il rafforzamento di un’esteticità che non ha niente a che vedere con i valori intrinseci dell’individuo. In barba alle associazioni mentali però, non esiste convinzione più sbagliata. Specialmente negli ultimi anni, segnati dall’avvento della moda eco-bio, che hanno sancito la possibilità di un’unione tra etica ed estetica che si preannuncia proficua e duratura. In Toscana, ad assumersi il compito di dare rilievo alla moda ecologica è un concorso, dal significativo titolo “Dreaming Fashion”. Nato nel 2009 su iniziativa del sito web reportnet.it, portale on-line di moda e costume attivo già da due anni, l’evento ha come scopo quello di dare voce ai giovani stilisti emergenti prove-

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nienti dalle scuole di moda e dalle accademie italiane, con un cassetto pieno di sogni e di voglia di realizzarli ma che spesso trovano difficoltà ad affermarsi, non avendo molte occasioni per dimostrare le loro capacità davanti a professionisti del settore. L’edizione 2010 dell’evento è stata organizzata da reportnet.it con il patrocinio del Comune di Montecatini Terme, della Provincia di Pistoia, della CNA-Federmoda Pistoia e del Consorzio Tutela Made in Italy, con il contributo di ICEA (Istituto Certificazione Etica e Ambientale) e Pelle Conciata al Vegetale in Toscana. Questa seconda edizione di “Dreaming Fashion” ha visto la partecipazione di 426 giovani, tra cui sono state selezionate 15 finaliste, che si sono sfidate nella creazione di tre modelli: un abito da giorno, uno da cocktail e uno da sera, tutti confezionati rigorosamente con materiali biologici ed ecocompatibili. La finale si è svolta il 4 settembre pres-

so il Music Cafè Gambrinus d i Montecatini Terme, dove le partecipanti hanno presentato a l l a giuria le loro creazioni. Frutto di un sapiente intreccio tra vestibilità e morbidezza delle forme e materiali ecocompatibili, gli abiti che hanno sfilato in passerella hanno mostrato il percorso personale di ciascuna studentessa, basato sul rispetto della tradizione del Made in Italy e sulla conoscenza dei fondamentali, oltre che su quella voglia di osare e su quel coraggio tipico dei giovani, caratteristica fondamentale per portare una nuova ondata di freschezza nella moda. Madrina d’onore della serata, la consulente di moda Ornella Bignami, titolare dello studio Elementi Moda di Milano. La giuria di professionisti che ha avuto il compito di valutare l’operato delle finaliste è stata presieduta da Antonio Franceschini, Responsabile Nazionale di CNAFedermoda, e composta da dieci esperti del settore: Paolo Foglia (Responsabile


Ricerca e Sviluppo Tessile ICEA), Alessandra Bonarelli (Ispettore Controllo Qualità di Patrizia Pepe), Gianni Bicchi (Modartec Pontedera), Margherita Casazza (Reality Magazine), Sissi Castellano (Architetto), Sabina Meacci (Il Taglio Moderno), Stefano Panconesi (Ispettore ICEA), Susanna Pastorino (Consulente di Formazione), Romina Toscano (DModa Magazine) e Angela Vaggi Tei (Scuola di Moda Vaggi Tei). Il responso di questi esperti ha decretato vincitrice Luigia Maria Marotta, stilista ventottenne del Sud che è riuscita a creare capi belli e versatili che hanno colpito particolarmente la giuria. I giurati hanno poi assegnato alle finaliste altri cinque premi, più precisamente: a Samanta Lai, finalista di Moncalieri (TO), è stato assegnato il premio “Creatività” per la Provincia di

Pistoia; a Liza Aguilar, finalista di Lodi, è stato assegnato il premio “Creazione Sartoriale” per CNA-Federmoda Pistoia; Veronica Agostino, finalista di Rocca di Capri Leone (ME) si è aggiudicata il premio “Studio e Progetto” per il Consorzio Tutela Made in Italy, e infine, a Chiara Maria Rosaria, finalista di Bologna, è stato assegnato il premio “Moda nella Contemporaneità” per il magazine Reality. Ancora una volta, attraverso questo evento, la moda ci dimostra di sapersi rinnovare e di riuscire a rispettare l’ambiente senza venir meno a quelle peculiarità stilistiche che rendono un capo degno di nota.

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Cronache Mondane

Rosina la bella

TEXT Domenico Savini

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osina era una bella e giovane popolana amata da un re. Tutti sanno che non si tratta di una fiaba, ma che realmente, verso la metà dell’800, la bella Rosina divenne prima il grande amore, poi moglie del primo re d’Italia. Visse prevalentemente in Toscana, prima nel capoluogo, all’epoca di Firenze capitale, poi a Pisa, dove finì i suoi giorni. Aveva sposato il re da queste parti, precisamente a San Rossore, e aveva sempre vissuto tra figure emblematiche e immense del Risorgimento, ma sempre appartata.

Serate d’estate in Versilia tra cene, balli e feste A quell’epoca, in Versilia e in questi posti di mare, non c’era che spiaggia. Ora Rosina è un piccolo stabilimento balneare tra il Forte e Pietrasanta, inserita tra i colossi del grande business vacanziero. Si addice questo nome, anche se non è riferito a lei, come quello della bella di savoiarda memoria, “non fine ma lieve”, come la avrebbe definita Gozzano, si addice questo nome alla stagione estiva così ricca di eventi ma che secondo il vero stile della Versilia è tutto fatto per non essere troppo voyant. Quando di stile si parla, non si può fare a meno di citare e pensare al ricevimento più ambito e più gradevole dell’estate: 12 Agosto, casa Giulini. La padrona di casa, Fernanda Giuli-

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ni, ultima vera grande mecenate degli artisti, che è anche presidentessa dell’”Ente Villa della Versilia”, ci ha regalato una serata imperdibile, con un concerto di musiche che da Chopin, attraverso Bellini e Rossini, arrivano fino a Verdi e a Puccini. La stessa atmosfera che avevamo trovato, sempre sotto la stessa regia di Fernanda, nel concerto di mandolini all’Hotel Villa Roma Imperiale, un luogo di charme gestito da signore e dove il personale è quasi interamente costituito da donne. La stagione mondana è poi continuata con una serie di splendidi ricevimenti, più ambiti quelli di ferragosto dei principi Pacelli e dei marchesi Ginori. Si dice che addirittura un famoso agente cinematografico di


Milano abbia fatto carte false per ottenere un invito a Villa Pacelli, una delle più belle del Forte. E poi i grandi pranzi dalla principessa Elettra Marconi, al Piccolo Hotel, che ha radunato gli amici di sempre, Lei che è la vera regina del Forte. Sono seguite le presentazioni del volume di Loretta Grazzini, “Mille cuori e una Capannina”, a Villa Bertelli e al Bagno Costanza. La baronessa Margherita de Cles ha poi invitato insieme all’amico Giampaolo Russo, sulla splendida terrazza dell’hotel Giada con vista a 360° sulla Versilia, tutto il Gotha in vacanza. Erano presenti: i principi Giovanelli, i principi Orsini, i principi Strozzi, la contessa Johanna dal Pero; elegantissima Daniela Pinelli,

in un abito vintage delle sorelle Fontana, divina la marchesa Medici Tornaquinci, che avevamo già ammirato alla Capannina alla premiazione del concorso “A tavola sulla spiaggia”, con un turbante alla Greta Garbo. E ancora il principe Alberto Giovanelli ha festeggiato il compleanno nella sua Villa di Vittoria Apuana. Infine, ciliegina sulla torta, a Sant’Ermete tutti invitati sulla spiaggia al bagno Dalmazia dagli amici Giacomo, Nicola e Paul. Gli ospiti hanno ballato sulla spiaggia al bagliore dei fuochi prima, e al lume della luna poi, fino all’alba. Felice e bella Rosina, sotto i cui ombrelloni verdi del colore delle chiome dei pini hanno riposato tra gli altri l’affascinante conte svedese

Alexander Oxenstierna, discendente del “beau Fersen”, amato da Maria Antonietta, la spumeggiante Oletta Citterio, la già citata divina marchesa Medici e lo scultore Fernando Botero, con la splendida moglie Sophia. La stagione si sta concludendo, spenti i bagliori dei fuochi di Sant’Ermete, tra gli ultimi bagni di uno splendido Settembre. E in questi giorni, estrema dolcissima ciliegina sulla torta, perché non concedersi un rilassante idromassaggio all’ombra delle “tamerici salmastre”, tanto care a D’Annunzio; qui, a due passi dalla Versiliana, “du coté de chez Rosina”, tuffandosi nell’acqua calda, sensuale e per vivere ancora, “o Ermione”, una “favola bella”.



mente

è come il paracadute funziona solo quando è

aperta

Lavoro

la

TEXT Sergio Matteoni

J

ohann Goethe, uno dei più grandi letterati tedeschi vissuto tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, non avrebbe certo pensato che un giorno una delle sue frasi più celebri sarebbe stata usata per

“Comunicare l’un l’altro, scambiarsi informazioni è natura; tenere conto delle informazioni che ci vengono date è cultura” Johann Wolfgang Goethe aprire un articolo in cui si parla di tecnologia. In realtà, allora come adesso, la capacità di comunicare e l’importanza intrinseca che essa rappresenta hanno la stessa valenza. Alla fine del ‘700 si usavano sicuramente mezzi diversi rispetto ad oggi ma il fine ultimo era sempre lo stesso, comunicare, raccogliere informazioni e tenerne di conto analizzandole successivamente. Oggi, a distanza di tre secoli, lo potremmo fare

meglio e più velocemente, ed uso il condizionale perché è solamente una questione di apertura mentale. In questi anni in cui ho avuto l’onore ed il piacere di inserire soluzioni di CRM in aziende che percepivano il cambiamento che si stava compiendo sul mercato, mi sono spesso sentito dire che l’azienda era troppo piccola per trovare vantaggio nell’assunzione di un tecnologia così all’avanguardia. Scoprendo poi che, soprattutto nelle aziende che “funzionavano”, i titolari, i collaboratori più stretti e spesso anche gli addetti alle vendite in realtà facevano già tutto quello che era necessario fare per “mettere al centro dell’attenzione il cliente”, solo che lo facevano con grande dispendio di energie, in maniera ridondante, disomogenea ed altamente legata all’interpretazione personale. L’utilizzo di un sistema informatizzato di tipo CRM porta l’azienda a comunicare con tutti i clienti come se ciascuno di essi fosse l’unico interlocutore importante, in quanto è l’azienda stessa, come entità superiore, che attraverso i suoi attori (agenti, tecnici, segreterie, uffici marketing, addetti all’assistenza post vendita) ascolta il cliente e tut-

to ciò che quest’ultimo ha da comunicare viene memorizzato ed usato per rendere il servizio oppure il prodotto più confacente alle esigenze di quel dato cliente. Se questo viene a mancare, se il comunicatore non ascolta, è come un giocatore di ping pong che non riesce a prendere la pallina quando gli viene ribattuta dall’avversario. Ecco che le occasioni si perdono, ed il fatturato diminuisce. Oggi grazie alle tecnologie ed alla facile reperibilità delle informazioni il livello di qualità dei prodotti si sta sempre più equalizzando ed ecco che la differenza la fanno le persone, i rapporti umani e l’attenzione che un’azienda dimostra nei confronti dei propri clienti. Purtroppo però le persone hanno una memoria limitata e quindi, se vogliono sfruttare al meglio le proprie potenzialità, devono “allearsi” con la tecnologia e farsi suggerire. Il CRM è proprio questo, un solerte e infaticabile maggiordomo, un gobbo elettronico pronto a suggerire informazioni utili a gestire una certa situazione o semplicemente a ricordarci che dobbiamo richiamare quel cliente a cui avevamo mandato un preventivo la settimana scorsa.

“Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece schiamazzano come impazzite. Qual è la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina” Henry Ford WORKLAND CRM Tel. 0571.366980-367749 Fax 0571.367755 www.worklandcrm.it Novità per le imprese della Regione Toscana: contributi a fondo perduto per l’acquisizione di consulenza per l’innovazione organizzativa e di soluzioni per il recupero di competività

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Ambiente

convegno

un’opportunità per il privato e per l’impresa

TEXT Dott. Federico Ghimenti - Dott.ssa Elena Vitale

Energie rinnovabili? Sì, grazie...

L

o scorso 17 Giugno l’azienda Delta Consulting in collaborazione con Isotech S.r.l. e Fedi impianti, ha organizzato il suo primo convegno sulle Energie Alternative presso l’insediamento produttivo della Isotech s.r.l. sito in Pontedera (PI), con il fine di evidenziare nuove soluzioni e opportunità sia per le aziende che per il privato.

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L’iniziativa ha avuto il Patrocinio della Provincia di Pisa e dei Comuni di Pisa, Pontedera, Ponsacco, Calci, San Miniato, Santa Croce sull’Arno, Montopoli in Val d’Arno, Fucecchio, Santa Maria a Monte, Lari e Peccioli, nonchè del Collegio dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati della Provincia di Pisa e dell’A.S.S.A. di Santa Croce sull’Arno.

Oggetto del Convegno sono stati il fotovoltaico, il minieolico, la cogenerazione e la certificazione ambientale UNI EN ISO 14001 quale strumento di risparmio energetico. La manifestazione ha visto il confronto di tecnici esperti nel settore sia delle Università sia delle aziende private, tra cui di rilevanza è stato l’intervento del Prof. Fabio Fantozzi dell’Università di Pisa. Hanno presieduto l’evento l’Assessore all’Ambiente della Provincia di Pisa Valter Picchi, il Sindaco del Comune di Pontedera Simone Millozzi, il Sindaco di Santa Croce sull’Arno Osvaldo Ciaponi e il Presidente del Collegio dei Periti Industriali e Periti Industriali Laureati della Provincia di Pisa Enzo Magaldi. L’evento è stato magistralmente condotto dal Prof. Francesco Ciardelli esperto mondiale nel campo della Chimica delle Macromolecole, Professore all’Università di Pisa. La decisione di aprire i propri orizzonti sul mondo delle Energie Rinnovabili che saranno la fonte del nostro futuro scaturisce dal fatto che negli ultimi anni il mercato mondiale delle energie rinnovabili ha registrato un forte sviluppo, e sulla base


I relatori sono stati: Fabio Fantozzi, Giovanni Capussela, Giovanni Ghimenti, Renzo Macelloni, Federico Ghimenti, Giuseppe Lo Grasso, Francesco Re, Tommaso Fontana; chairman: Francesco Ciardelli

dei trend attuali si prospetta una crescita esponenziale per i prossimi dieci anni in particolare per l’eolico e il solare. Il successo del Convegno che ha visto la par-

tecipazione di oltre 200 persone, ha convinto la Delta Consulting s.r.l. a intraprendere la “strada” per le Energie Alternative; oggi la società è pronta a offrire la progettazione e

Premio

l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti alternative quali fotovoltaica, eolica e cogenerazione in modo dinamico, innovativo e specializzato. Sono state attivate importanti collaborazioni con Banche inserite nel comprensorio del cuoio, che hanno attivato specifiche convenzioni per promuovere finanziamenti a medio e lungo termine, finalizzati a fornire ai privati o liberi professionisti le risorse finanziarie per lo sviluppo delle fonti alternative a sostegno del Piano Energetico Nazionale. Oggi l’energia “pulita” te la paga il sole, scegli Delta Consulting s.r.l., visita il sito www. consultingdelta.it, troverai gli interventi dei relatori nel convegno.

“Certificato di Eccellenza”

Nell´ambito del Convegno organizzato da Certiquality dal titolo “La Certificazione di Prodotto a difesa del Consumatore” che si è svolto lunedi 21 giugno 2010 nella sede del Gruppo24ORE a Milano, la Delta Consulting s.r.l. è stata premiata per aver integrato efficacemente Qualità, Ambiente e Sicurezza. Il Certificato di Eccellenza è stato consegnato dal Dott. Giordano Righini, Presidente di Certiquality, dal Dott. Umberto Chimizzano, Direttore Generale di Certiquality, dal Dott. Giorgio Squinzi, Presidente Federchimica e dall´On. Prof. Raffaello Vignali, Vice Presidente della Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati al Direttore di Delta Consulting s.r.l., Dott. Federico Ghimenti. Come affermato dal Direttore Generale di Certiquality Umberto Chiminazzo: “Dal nostro osservatorio indipendente sulle organizzazioni, risulta fondamentale premiare le esperienze positive delle aziende che agiscono in modo responsabile, impegnandosi non solo nel migliorare la qualità dei prodotti/servizi offerti, ma anche nel tutelare l´ambiente e nel garantire sicurezza e salute dei lavoratori, avendo raggiunto le tre certificazioni a fronte delle norme internazionali ISO 9001, ISO 14001 e BS OHSAS 18001”.



CORSI DI FORMAZIONE

unicoop

FIRENZE

TEXT Carla Sabatini - Francesca Ciampalini

G

razie alla convenzione stipulata tra la Fo.Ri.Um, Netaccess srl e la sezione Soci (Valdarno Inferiore) di Unicoop Firenze, i possessori di Carta Socio e i loro familiari di 1° grado possono usufruire dello sconto del 20% su tutte le attività di formazione. FO.RI.UM L’Agenzia Formativa Fo.Ri.Um., costituita nel 2000, è una società cooperativa che opera nel campo della formazione delle risorse umane offrendo i propri servizi ad aziende, enti pubblici e privati. L’Agenzia è accreditata con il codice PI0477

dalla Regione Toscana ai sensi della DGR 968/07 e successive modificazioni con decreto n. 962 del 10 Marzo 2009 negli ambiti: Formazione e Apprendistato. Inoltre è certificata UNI EN ISO 9001 Ed 2000 per il proprio Sistema Qualità. NETACCESS srl La Netaccess Soluzioni informatiche è un’azienda ICT fondata nel 1996, si occupa oltre alla formazione informatica e linguistica, di produzione software, vendita e assistenza sistemistica/hardware. Da alcuni anni è Test Center accreditato da AICA (As-

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Lavoro

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incere

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otivazione e gestione dello stress sono da sempre parole chiave in molti ambiti della vita. Calma e sangue freddo, uniti a una buona dose di forza di volontà, rappresentano infatti il mix vincente per realizzare i propri obiettivi. Una “ri-

A portare in terra Toscana la V edizione il team dell’agenzia Ali di Santa Croce sull’Arno cetta del successo” di cui hanno bisogno più di altri i rappresentanti del mondo sportivo e di quello aziendale, costantemente sottoposti a pressioni psicologiche che, se non gestite in modo corretto, possono compromettere la capacità di raggiungere un risultato. E proprio questo parallelismo tra sport e azienda è stato al centro dell’evento “Vincere con la testa”, svoltosi il 30 settembre scorso nel Centro di Attività Espressive Villa Pacchiani di Santa Croce sull’Arno. Portavoce dell’iniziativa Rossano Galtarossa, plurimedagliato campione olimpico di canottaggio. A portare in terra toscana la quinta edizione di “Vincere con la testa”, il team (composto da Andrea Cantini, Melissa Terrosi, Samanta Marinai) della filiale di Santa Croce sull’Arno (Pi) di Ali, società per il lavoro nata nel 1997 e presente su tutto il territorio italiano con oltre 30 agenzie. Nel corso della giornata, i partecipanti si sono confrontati soprattutto sulle problematiche che si creano all’interno dei gruppi di lavoro, a causa di momenti difficili o per mancanza di motiNelle foto: momenti della serata a Villa Pacchiani. Il team dell’agenzia Ali con Rossano Galtarossa

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testa

con la


Rossano Galtarossa

vazione. Galtarossa ha messo la sua esperienza e i suoi aneddoti al servizio dell’iniziativa, fornendo ai presenti alcuni suggerimenti che li aiutassero a realizzare i propri obiettivi professionali. Nato a Padova il 6 luglio 1972, Galtarossa è attualmente l’unico atleta patavino ad aver partecipato a cinque edizioni delle Olimpiadi, ed è stato inoltre l’unico sportivo ad aver vinto il Campionato Italiano per cinque anni consecutivi nella Specialità Singolo Senior. Con le sue quattro medaglie olimpiche e i quattro successi nel Campionato Mondiale nel quattro di coppia, il canottiere padovano rappresenta l’Italia al massimo livello dello sport mondiale. E proprio per i risultati invidiabili che è riuscito a raggiungere sia in team che a livello individuale, può essere considerato un profondo conoscitore delle dinamiche che portano al successo. Tanto che anche questa edizione di “Vincere con la testa”, come tutte le precedenti, ha riscosso un enorme successo, coinvolgendo decine di manager e titolari d’azienda con momenti di riflessione e condivisione, e unendoli nella convinzione che è davvero con la testa che si riesce a vincere.


Industria

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S an ta Croc e su ll’Arno (PI ) GRUPPO BIOKIMICA

g n i t e Me

Il 15 & 16 novembre 2010, presso la nuova sede del Gruppo Biokimica in Santa Croce sull’Arno, si terrà il meeting semestrale del ‘Modeurop-DSI’ durante il quale verranno selezionati i toni moda per la stagione Primavera-Estate 2012. Gli esperti del Fashion-Club durante la loro presentazione illustreranno le tendenze sui colori, i materiali e le mode per la nuova stagione, derivanti da un lavoro di studio ed elaborazione delle nuove tendenze dalle collezioni degli stilisti più noti e dopo le fiere più importanti del settore quali “Le-Cuir” di Parigi (14-17 settembre) e “Lineapelle” di Bologna (13-15 ottobre). L’obiettivo dell’evento è quello di selezionare i toni moda dei pellami, ed alcuni materiali tessili, che andranno a comporre la nuova Color-Card pubblicata da Modeurop e seguita come linea guida da concerie, calzaturifici e pelletterie di tutto il mondo ormai da circa 30 anni. La particolarità dell’evento è che, per la prima volta, il meeting avverrà in Italia, ospite presso la sede del Gruppo Biokimica, membro ufficiale del Fashion Club da alcuni anni ormai.

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15 / 16 novembre 2010

We wish to bring at your attention that on 15th – 16th Nov. 2010 will take place the half-yearly meeting of “Modeurop-DSI” c/o the new headquarter of “Gruppo Biokimica” in Santa Croce sull’Arno. Aim of this meeting is to select the fashion colours for the season Spring-Summer 2012. During the presentation, experts of Fashion-Club will illustrate new tendencies on colours, materials and fashions for the new season, which comes out from a long team-work research carefully prepared after the new collections of the most important fashion-stylists and after the most important fairs of leather’s field as “Le Cuir” in Paris (14th-17th Sept.) & “Lineapelle” in Bologna (13th-15th Oct.). The final deal of this event is to select the fashion colours on leathers, & also on some textile materials, which will be included in the new “Colour-Card” published by Modeurop, which is followed as guide-line by tanneries, shoes-factories and leathers goods’ industries of all over the world for the last 30 years. For the 1st time this event will take place in Italy as guest of “Gruppo Biokimica” being this Group an effective member of Fashion-Club.


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Sensi

di Margot

C’è solo un modo di dimenticare il tempo: impiegarlo Charles Baudelaire (1821-1867)

poeta e critico francese


La Perla di San Vincenzo

Eccellenza in cucina sulla Costa degli Etruschi

Piaceri di palato

di Claudio Mollo


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a un’antica ma confortevole baracca costruita tanto tempo fa per rifocillare i bagnanti di San Vincenzo e zone limitrofe che nel periodo estivo riempivano le spiagge, a ristorante raffinato ed elegante che oggi accoglie una clientela affezionata e turisti provenienti da ogni parte, soprattutto stranieri. A risollevare le sorti di questo antico punto di ristoro, naturalmente, i giovani, che da un certo momento in poi hanno preso in mano la situazione decidendo di iniziare a fare ristorazione. E così, Emanuele e Deborah, hanno iniziato un lungo e impegnativo percorso che ha portato il ristorante La Perla di San Vincenzo ad essere uno fra i locali più gettonati dell’intera Costa degli Etruschi. I piatti li firma Deborah, cultrice delle più

razza che la sera si riempie di una magica atmosfera, fatta di tramonti, risacca del mare, fresche e piacevoli brezze e una cucina che accompagna degnamente tutta questa atmosfera. Non ci dimentichiamo però di Emanuele, marito di Deborah, che si occupa di tutto ciò che non è cucina. Sempre presente in sala, gestisce il personale, serve anche ai tavoli ma soprattutto va interpellato per sapere che cosa offre la cantina in abbinamento ai piatti che escono dalla cucina. E a questo punto allora, conosciamo Emanuele da vicino, la sua professionalità, oltre che tra i tavoli, soprattutto tra le tante etichette presenti sulla carta. Bianchi in prevalenza ma anche tanti rossi e molti della zona, visto che le offerte non mancano: Bolgheri, Montescudaio e Val di Cornia. E poi ci si

antiche tradizioni culinarie della zona e bravissima interprete di quell’arte che in gergo culinario si chiama “rivisitazione”. La sua cucina, quasi esclusivamente di mare, è frutto di grandi attenzioni verso i prodotti utilizzati, di cotture gentili, di sapori ben definiti e puliti. Nei suoi piatti, profumi, sapori e colori vivono in armonia. A testimonianza di tutto ciò, il successo che Deborah ha riscosso e sta riscuotendo dalle più rinomate riviste del settore ma soprattutto dai consensi che riceve da chi approda alla Perla per mangiare la buona cucina di mare. Tra quelli più affezionati non mancano altri colleghi più noti, sia della zona che di altre parti d’Italia, che guarda caso tornano volentieri ad assaggiare la sua cucina. Il locale, ricostruito di recente, è disposto ad arco verso la spiaggia ed è una riuscitissima fusione di legno, vetro e acciaio (in pietra sui litorali non si può costruire), caldo ed accogliente. La bella stagione permette di mangiare in un’ampia terrazza esterna che segue la forma del locale e si protrae ancora di più verso il mare. Ter-

può sbizzarrire con il resto d’Italia. Davanti al locale, lo stabilimento balneare della famiglia, gestito da molto tempo in contemporanea al ristorante, e chi prima nella pausa pranzo si rintanava nella “baracca” per mangiarsi un panino e bere un buon bicchiere di vino o un piatto semplice ma schietto e robusto, fatto come quelli di una volta, oggi può approfittare della formula vincente che i giovani titolari hanno messo in atto per chi ha voglia di fare un spuntino all’ora di pranzo. Una serie di piatti unici, con tanto di vino in abbinamento, serviti sulla terrazza a prezzi più che abbordabili. Piccoli capolavori di sapore e colore a disposizione dei bagnanti, che Deborah realizza con lo stesso impegno di una cena più complessa, perché Deborah è fatta così, non riesce a fare bene e meno bene, lei le cose le fa principalmente per passione. Una grande passione, che l’ha portata avanti, molto in avanti, e vista questa profonda passione per il cibo e il suo saperlo magistralmente interpretare, chissà dove arriverà questa giovane donna chef!

RISTORANTE LA PERLA Via della Meloria 9 57027 San Vincenzo (LI) Tel. 0565.702113 - Cell. 339.8119272 info@laperladelmare.it


Un amore tutto Svizzero TEXT Carlo Ciappina PHOTO Régis Colombo

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Viaggi

l Cantone di Vaud rappresenta una dimensione magica, dove il paesaggio e l’architettura urbana si amalgamano in un rapporto di equilibrio compensativo. Il Massiccio del Jura, le Alpi, la campagna, i laghi e Losanna costituiscono l’orgoglio campanilistico di questo lembo di Svizzera tanto amato dagli abitanti e dai nume-

rosi turisti attratti dalla terra dell’ Eden. Un tour di tutto rispetto permette di gustare, ammirare e contemplare un paesaggio variegato dove ogni cosa sembra avere la giusta collocazione, così il territorio di Lavaux, tutelato dall’Unesco e con i suoi 14 km di terrazze coltivate a vigneto, illuminato dal riverbero del Lago di Ginevra, offre un panorama mozzafiato, percorsi didattici, ridenti borghi ma, soprattutto, cantine fornite di ottimi vini. La divina bevanda di Bacco costituisce il regno incontrastato di altre cinque zone d.o.c. (La Côte, Le Chablais, Les Côtes-de-l’Orbe, Bonvillars, le Vully ) e il turrito Castello di Aigle, con il suo Museo della Vigna, del Vino e dell’Etichetta, offre al visitatore la possibilità di comprendere l’evoluzione enologica del luogo. Ma la gastronomia? Una vera delizia per tutti i palati! Infatti le sponde dello specchio d’acqua sono costellate da ben 91 ristoranti, dove gustare genuine leccornie così buone da meritare le famose stelle della Guida Michelin, come il famoso Philippe Rochat a Crissier o il Pont de Brent del padron Rabae. Altro indiscusso punto di forza del posto sono le Alpi del Lemano, e gli incentivi per poterle godere nella loro disarmante bellezza sono tanti, basti pensare al soggiorno in numerose strutture ricettive o agli impianti di risalita gratuiti per i bambini sino ai nove anni (le promozioni delle associazioni degli albergatori riguardano anche gli adulti, per cui è importante contattare i punti di informazione turistica). Da non dimenticare la visita del Kluklos di Leysin, panoramico ristorante girevole alimentato


da energia solare; l’ottovolante su rotaie più alto al mondo e posizionato per un km sulla cima di Diablerets; il famoso Montreux Jazz Festival insieme al Festival d’Opera d’Avenches e il tesoro medievale, costituito dall’abbazia medievale di Romainmôtier a Vallon du Nozon, vero capolavoro dell’arte cluniacense. Il nostro tour transalpino trova degna conclusione nel capoluogo del Cantone: Losanna. Dominata dalla maestosa cattedrale gotica, assolutamente da visitare, la città possiede un centro storico ben conservato con le strade lastricate, fiancheggiate da casine con i tetti spioventi, attività artigianali, caratteristici bistrot, il blu del lago di Ginevra, gente ospitale, banche, società finanziarie, insomma una vera capitale del terziario e non solo! Infatti l’industria turistico-alberghiera, con la sua capacità ricettiva di oltre 5000 posti letto, costituisce una grande risorsa economica aiutata dal sole, dall’aria salubre, dalla frequenza di boschi e pinete, elementi che per gli abitanti costituiscono una risorsa superante i semplici requisiti naturali. La movida vanta una tradizione di tutto rispetto grazie ai numerosi locali che animano il centro cittadino e, ancora, il Museo Olimpico (con 22.000 libri, 510.000 fotografie, 2.000 ore di proiezione) la Cinémathèque e altre istituzioni museali, il Béjart Ballet Lausanne, il Théâtre de Vidy e l’Ensemble Vocal de Lausanne. Ma il dinamismo del capoluogo cantonale è ricco di altre importanti attrattive, non a caso possiede realtà di tutto rispetto come il prestigioso IMD, eccellenza nella specializzazione del management e amministrazione pubblica, il Politecnico, la famosa Scuola Alberghiera, modernissime infrastrutture sportive per tutte le salse, la sede del Comitato Internazionale Olimpico, importanti competizioni sportive, il blasonato campo da golf con ben 18 buche, un ricchissimo cartellone estivo con oltre 400 spettacoli gratuiti, il Festival Multiculturale, l’efficiente centro congressi - esposizioni di Beaulieu Lausanne, un ineccepibile servizio ospedaliero e, dulcis in fundo, la famosa gastronomia. Ebbene si, in questa magnifica città lasciarsi tentare dalla gola è cosa certa! D’altra parte, come resistere ai filetti di pesce persico o al salmerino, al gustoso piatto a base di patate, porri, salsiccia con il cavolo, alla fonduta, al dolce alla marmellata d’uva e, naturalmente, al famosissimo cioccolato? Le peculiarità che caratterizzano Losanna, in qualità di rinomato centro per un soggiorno ideale, hanno una tradizione consolidata nel tempo, apprezzate da un lunghissimo carnet di ospiti illustri, quali Voltaire, Madame De Stael, Coco Chanel, Cocteau e Simenon: direi che gli incentivi goderecci per visitare questo piccolo paradiso in terra sono tanti… forse è il caso di mettere quattro stracci in valigia e partire di corsa, senza esitazioni!


Buon compleanno Renato! In occasione dei suoi sessant’anni, compiuti il 30 settembre scorso, Renato Zero ha deciso di festeggiare l’evento con una serie di otto concerti in Piazza di Siena a Roma. Questo mini-tour del “Re dei sorcini” ha avuto inizio il 29 settembre, e si concluderà il 9 ottobre. Lo spettacolo del 29 settembre si è aperto con la canzone “Roma”, un inedito omaggio alla sua città e alle celebrità che l’hanno da sempre caratterizzata, come Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Carlo Verdone, Anna Magnani e molti altri. Durante il concerto, Renato Zero ha parlato con i fan, li ha ringraziati per il loro calore e appoggio così come per la loro romanità, in un elogio di Roma e dell’Italia intera. Numerosissimi gli ospiti, tra cui Ron, Monica Guerritore e Mario Biondi. Vestito di abiti che l’hanno riportato indietro negli anni, tra piume e strass, Renato Zero anche stavolta è riuscito a emozionare il suo pubblico e a regalargli uno spettacolo unico e indimenticabile. (Foto Pietro Martini)


Galà a Palazzo Ferrajoli Inaugurata la stagione mondana autunnale con un raffinatissimo ricevimento offerto dal finanziere Daniele Bokun nei saloni del piano nobile di palazzo Ferrajoli a Roma. Duecento gli invitati accorsi per la cena di gala, tra cui Santo Versace, Fabrizio e Barbara Massimo con Scipione Borghese, Moroello Diaz della Vittoria con la fidanzata Allegra Giuliani, S.A.I. Maximilian d’Asburgo, Matilde de Medici, il presidente di Medusa Carlo Rossella, il sottosegretario Rocco Crimi, l’avvocato Umberto Mauro e il playboy bolognese Paolo Pazzaglia accompagnato dall’ex Miss Italia Denny Mendez. Dopo il dinner, si sono aperte le danze con al piano Emilio Sturla Furnò. Graditissima sorpresa finale, la performance illusionista del «prestidigitatore per una sera» Paolo Berlusconi. Palazzo Ferrajoli, di proprietà dell’omonimo Marchese Giuseppe, è ormai da alcuni anni la sede dei più esclusivi ricevimenti della capitale, grazie alla sua posizione unica in piazza Colonna, proprio davanti alla sede del governo italiano, palazzo Chigi. Il palazzo propone splendide sale per celebrare ogni tipo di evento, da convegni a matrimoni.

Nelle immagini: Rosanna Lambertucci con il compagno, Guglielmo Giovanelli con Eleonora Drach, Santo Versace e Maria Fernanda Stagno d’Alcontres, Carlo Rossella, Paolo Berlusconi e Patrizia Marrocco, Idris di Libia e Guia Viola di Campalto, Amb. Paolo Ducci con la signora Mitria Afashteh, Fabrizio Massimo Brancaccio e Alessandra Malesci Baccani, Daniele Bokun con la moglie Katia, Barbara Bouchet, Paolo Pazzaglia, Giuseppe Ferrajoli. (Foto Sandro Marinelli)


Vernissage al Forte Ha avuto luogo il 9 luglio scorso, presso la galleria Faustini Arte a Forte dei Marmi, la mostra di Giovanni Maranghi, stimato pittore toscano. Nato nel 1955 a Lastra a Signa, dove ancora oggi lavora, Giovanni Maranghi porta avanti la sua attività espositiva già dagli anni Settanta, con mostre in Italia ma anche in Olanda, Belgio, Stati Uniti, Turchia e Francia. La mostra ha riscontrato un grande successo, registrando la presenza di numerosi appassionati e critici d’arte oltre che di personalità di spicco della vita sociale e politica toscana. Nella storica galleria Faustini Arte, fondata nel 1974 da Giuliano Faustini e condotta ora con fervore dal figlio Fabrizio, Giovanni Maranghi ha esposto le sue opere, eseguite secondo tre metodi di pittura: dipinto classico, encausto e resina. Centrale la figura della donna, sensuale e rappresentata in forme morbide e magnetiche, che hanno catturato e sedotto il pubblico presente.


84a Festa dell’Uva Il 26 settembre si è tenuta a Impruneta la 84° Festa dell’Uva. La festa nacque nel 1926 per pubblicizzare i prodotti delle aziende agricole del paese con mezzi modesti, cioè carri agricoli trainati da buoi di tutte le fattorie dei dintorni, e da allora viene riproposta annualmente. Emblema dell’evento sono i mastodontici carri, che possono arrivare fino a dieci metri d’altezza, tutti costruiti seguendo il tema dell’uva o con l’utilizzo della stessa. Quattro i rioni in gara, caratterizzati da una spiccata rivalità contradaiola: il Rione S. Antonio, il Rione Sante Marie, il Rione delle Fornaci e il Rione Pallò, ciascuno con la propria storia e il proprio carro. Ad aggiudicarsi il titolo di vincitore, quest’anno, è stato il Rione Pallò, secondo classificato il Rione delle Fornaci, terzo classificato il Rione Sante Marie e quarto classificato il Rione S. Antonio.


65° Gran Premio Industria del Cuoio e delle Pelli Ancora una volta Santa Croce sull’Arno è stata protagonista del ciclismo dilettantistico nazionale, si è svolta infatti il 5 Settembre scorso la 65° edizione del “Gran Premio Industria del Cuoio e delle Pelli” prestigiosa gara riservata alla categoria Dilettanti Elite/Under 23 organizzata dall’Unione Ciclistica Santa Croce sull’Arno. Alla classica santacrocese hanno preso il via ben 166 atleti provenienti da mezza Italia con tantissimi atleti di ottimo livello tra i quali spiccava il Campione d’Italia Stefano Agostini della società Zalf Desiree Fior. I 180 Km del percorso attraverso le colline di Santa Maria a Monte, Montefalconi e Staffoli con vari passaggi da Santa Croce sull’Arno sono stati combattuti ed appassionanti con una lunga fuga di un drappello di atleti fra i quali lo stesso Campione d’Italia. La media della gara, oltre 43 km/h, testimonia la combattività che gli atleti hanno dimostrato e alla fine il gruppo si è presentatato compatto sul rettilineo di arrivo di Piazza Matteotti dove, tra due ali di folla come da anni non se ne vedeva, ha trionfato Sonny Colbrelli della Zalf Desiree Fior davanti alla coppia della Bedogni/Grassi/ Natalini Pirrera e Lasca. Il forte atleta veneto che rappresenterà tra l’altro l’Italia ai prossimi mondiali in Australia iscrive così il suo nome nel prestigioso albo d’oro della classica di Santa Croce sull’Arno dove figurano nomi quali Modolo, Mori, Scarselli, Tafi, Podenzana, Colagé, Giovannetti.


21° Raduno Nazionale Z3mendi Nei giorni 10, 11 e 12 settembre 2010, si è tenuto il 21° Raduno Nazionale Z3emendi esclusivo per auto BMW Z3. Z3emendi è il club che unisce tutti i possessori di Z3 roadster e coupè, conta oltre 100 soci e più di 1400 iscritti al forum del sito, www.z3emendi. it. Tre le location in cui ha avuto luogo l’evento: Tirrenia, Pisa e il Monte Serra. Hanno partecipato all’evento equipaggi provenienti da tutta Italia e oltre, sia appartenenti al club Z3emendi che iscritti al momento. Un calendario di tre giorni molto piacevole che ha visto moltissime auto sfilare nelle strade della provincia pisana. Il ricavato del raduno è stato devoluto a favore della Onlus Niccolò Campo pro Bimbingamba per l’acquisto di protesi per i bambini senza arti, in particolar modo quelli di Haiti. Sono state devoluti anche altre somme a varie associazioni e alla misericordia di Bientina per l’acquisto di un macchinario speciale per l’ambulanza. L’evento è stato organizzato con il patrocinio, tra gli altri, della regione Toscana, della Provincia di Pisa, del Comune di Pisa, dell’OPA di Pisa, della 46° Brigata Aerea, del Comune di Calci, Bientina e Buti e dell’Aci di Pisa.


...del regalo a cura del Maestro di Cerimonie Alberto Presutti

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pesso ci facciamo consigliare pur di superare l’imbarazzo nella scelta del regalo più giusto e, al contempo, originale. Regalare è un’arte che rifugge ogni eccesso e caduta di tono e il Bon Ton è d’accordo! Secondo voce popolare il miglior regalo è un “pensierino” scelto col cuore più che con la mente, per evitare “colpi di testa”. Il Bon Ton consiglia la regola di non esagerare mai nel donare, facendo troppi doni e sempre tutti preziosi, perché il regalo guai diventi espressione del nostro “ego”, e, in concreto, poi, un modo per sopraffare la personalità di chi lo riceverà. Quindi, per il Bon Ton, semplicità e buon gusto devono sposarsi anche nei regali più costosi. Il regalo rappresenta, infatti, la manifestazione di un nostro sentimento e non potrà, in alcun caso, esser tale da metter a disagio il suo destinatario. Il dono non è il quantum del nostro potere economico, della nostra munificenza, esibizione di generosità fine a se stessa. Sono sbagliati tutti i regali suggeriti dalle tendenze dell’ultimissima moda, che nel caso, ciascuno acquisterà, in proprio, per sé. Esiste, per il Bon Ton, il regalo “giusto”? Rispondere a questa domanda non è facile neanche per gli esperti, a dire la verità. Apprestiamoci all’acquisto senza fantasticare troppo sulle possibili aspettative di chi lo riceverà senza badare a volerlo stupire. Il regalo “giusto” sarà quello che meglio riuscirà a supportare l’equazione: confidenza sta all’intimità quanto valore sta all’occasione. Impariamo a “tarare” il regalo all’occasione e alla confidenza che abbiamo con il destinatario, valutando la spesa in proporzione ai nostri mezzi economici. Il Bon Ton ci ricorda come un biglietto di accompagnamento non possa mai mancare. Se non conosciamo i gusti del destinatario, doniamo un libro, - un best seller o un libro d’arte - la cui dedica apporremo non su una pagina interna, in quanto questo è privilegio del solo autore, ma nel biglietto. Infine accettiamo sempre i regali col sorriso sulle labbra anche quando non ci piacciono, mai riciclandoli a posteriori.

www.albertopresutti.it


É

agittarioscorpionebilanci

di Federica Farini

Polvere di stelle nel vento d’autunno

I

l mese di settembre chiude le porte dell’estate nel segno zodiacale della Bilancia, cullata dai pianeti Venere e Saturno, indi amore in tutte le sue forme: da quello universale, a quello per l’arte ed il bello, a quello per la giustizia, che in Saturno si traduce in “legge”, in primis nel “matrimonio”, contratto legale fra due esseri umani che desiderano vivere insieme. La Bilancia valuta i pro e i contro della vita in una infinita indecisione, eterna insicurezza di non riuscire ad eleggere la scelta più corretta, in nome del rispetto del bene universale, preoccupata dal fatto che nessuna preferenza possa mai accontentare tutti allo stesso tempo. Enigmatica, proprio come il dipinto della Gioconda di Leonardo da Vinci: donna dall’aspetto curato e piacevole, dall’apparenza pacata, equilibrata, espressione pensierosa nel suo leggero ed ermetico sorriso, tratti distintivi del settimo segno dello zodiaco. Considerazione dell’armonia del creato e attenzione per l’estetica in tutte le sue manifestazioni. La Bilancia ben si esprime in un profumo che esalta in maniera elegante le sue fini arti di seduzione: perfette le note vibranti, femminili e sofisticate del muschio, come anche quelle del giglio, simbolo di purezza e maestosità, e non ultimo il sapore di uno spumante leggero, come quello ricavato dalle uve di Vernaccia di San Gimignano, molto simile agli Champagne francesi.

nel segno dello Scorpione che l’inverno si intensifica e gli stati d’animo perdono l’armonia e la misura tipici della Bilancia a favore di atmosfere più oniriche e indefinite, intrise di sensibilità, fantasia, profondità d’animo e intuito infallibili, accompagnati da uno charme magnetico. Turbamento e mistero, come nelle leggende sul castello di Strozzavolpe (Poggibonsi), tramandato dal 1100 circa di generazione in generazione fino ad arrivare ai giorni nostri ancora imbevuto di suggestioni leggendarie, come suggerito dalla storia della sua volpe, la quale aggrediva i cavalieri sputando fuoco e fiamme e che, una volta catturata, strozzata ed imbalsata, portò sventure e maledizioni a tutti coloro che le gravitarono attorno: ancora oggi nelle notti di luna piena si narra essa vaghi attorno al fossato prosciugato del castello. Sempre a Strozzavolpe è famosa la vicenda della “camera rossa”, dove Cassandra Franceschi venne murata viva in compagnia del suo amante, per cui tutt’ora si dice si odano lamenti strazianti aleggiare nei pressi di quelle stanze.

C

ertamente più leggiadra la natura del segno zodiacale del Sagittario, dove Giove accende nella costellazione un’indole intraprendente, generosa, ottimista, avventurosa, che trova nelle “gambe” la sua corrispondenza, allegoria del desiderio di esplorare i luoghi più lontani, di visitare paesi stranieri e di intrecciare scambi culturali. Sagittario come sinonimo di aria aperta e sport. Binomio cavallo-cavaliere, natura selvaggia in praterie dagli orizzonti sconfinati, colorati di vento, sole e mare. Il nono segno incarna l’anima dei butteri, gli antichi cavalieri-mandriani che con devozione si dedicavano alla cura del bestiame, partendo in sella ai loro cavalli alla volta delle campagne di Maremma e che ancora oggi rivivono grazie all’associazione a loro dedicata, la quale rianima la loro tradizione in fiere e manifestazioni cultural-folkloristiche, esaltando lo spirito della loro terra attraverso la transumanza dei puledri nelle suggestive aree di interesse archeologico, storico e naturalistico di Vulci, Castro e Tuscania.


Giglio

il fiore della purezza

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TEXT Paolo Pianigiani /PHOTO Alena Fialová l giglio, fiore che simboleggia la purezza, la verginità e la fedeltà, venne al mondo a causa di un tradimento. Così almeno racconta la mitologia greca. Giove, come al solito, impiegava gran parte del suo tempo a concepire figli con belle ragazze mortali. Quella volta si era innamorato di Alcmena, la fedelissima moglie di Anfitrione. Approfittandosi del fatto che il marito era in guerra, il Re degli Dei ne prese le sembianze e, fingendo di essere tornato in anticipo, trascorse una lunghissima notte nel letto nuziale, rimandando ad arte di tre giorni il sorgere del sole. Da tale straordinario amplesso non poteva che nascere un figlio che avrebbe compiuto grandi cose. Venne infatti al mondo Ercole, destinato a eroiche imprese (note come le 12 fatiche). Alcmena, quando il marito vero tornò, si accorse dell’inganno e, temendo l’ira di Giunone, pensò di abbandonare il figlio in un luogo vicino a Tebe, che ancora oggi si chiama “Giardino di Eracle”. Il piccolo era destinato a morir di fame, e infatti cominciò a strillare da par suo, attirando l’attenzione, vedi il caso, proprio di Giunone e Atena, che facevano una passeggiata da quelle parti. Atena, forse ispirata da Giove, convinse la Regina degli Dei a offrire il suo seno, ricco di latte, al voracissimo bambino. Ma la fame e la forza di Ercole costrinsero la Dea ad allontanare da sé il piccolo, provocando così un getto di latte che invase il cielo, dando origine alla via Lattea, o Galassia. A sentire Ovidio era la strada che gli Dei percorrevano per raggiungere la dimora di Giove. Dalle gocce che invece caddero al suolo, nacquero i gigli, che subito si diffusero nel mondo. Fu Venere, sempre gelosa di Giunone, ad aggiungere di nascosto e di suo gli stami gialli, che macchiano le dita a chi le coglie. Per i cristiani, invece, il fiore è il principale attributo della Madonna; ne rappresenta la verginità e la purezza. Secondo il vangelo apocrifo di Giacomo, Maria scelse come marito Giuseppe perché sul suo bastone erano fioriti i gigli. E l’arcangelo Gabriele, nell’annunciarle la prossima maternità, le offrì in dono semNelle pitture: Due celebri annunciazioni di Simone Martini dove il giglio è sempre presente.

pre lo stesso fiore candido. Venendo a tempi più vicini a noi, dobbiamo dire che Linneo classificò il Lilium (nome latino) nel 1753. Appartiene alla famiglia delle Liliacee ed è diffuso in Europa, nel Nord America e in Asia. In Italia nasce spontaneo nel sud. Le radici del bulbo sono perenni, e il fiore si riproduce per seme o attraverso la divisione dei bulbi. Esistono circa 80 specie diverse e infiniti ibridi, ottenuti per incroci, che presentano forme e colori di incredibile varietà. Lo scelsero come simbolo araldico i Farnese di Parma, riportandone ben sei nel loro stemma. Sono famosissimi i Gigli dei Re di Francia e quello di Firenze. Ma si tratta di un imbroglio che si perpetua nei secoli: in realtà il fiore rappresentato è l’Iris. Ma non ditelo ai tifosi della Fiorentina, legatissimi al loro Giglio Viola: vi prenderebbero per eretici e magari per “gobbi” in odore di juventinità!


© Foto Alena Fialová


Miti e Leggende

n dono gravoso U M

ida era stato introdotto ai misteri del dio del vino, Dionisio, dal poeta Orfeo. Così un giorno quando dei contadini gli portarono davanti un vecchio satiro ubriaco, legato con catene di fiori, Mida riconobbe che era Sileno, un compagno di Dionisio. Per dieci giorni e dieci notti il re intrattenne a banchetto Sileno, e questi in cambio, gli raccontò molte cose strane. Gli raccontò di un gorgo terribile, oltre il quale nessun viaggiatore poteva passare e accanto al quale scorrevano due ruscelli. Vicino al primo cresce un albero i cui frutti fanno deperire chi li mangia; invece vicino al secondo cresce un albero i cui frutti fanno ringiovanire gli uomini. Un morso riporta un vecchio alla mezza età; con due morsi torna giovane; col terzo morso si ritrova adolescente; col quarto diventa bambino ed al quinto un neonato. Se dà però un sesto morso scompare del tutto. Alla fine, Mida riportò Sileno da Dionisio, sulle rive del fiume Pactolus. Dionisio aveva sentito la mancanza del suo compagno, e come segno di riconoscenza per la restituzione di Sileno sano e salvo, offrì a Mida di esaudire qualsiasi suo desiderio. Il re, inizialmente pensò al racconto di Sileno e fu tentato di scegliere la giovinezza, ma poi ricordò un’altra storia: quando era piccolo delle formiche avevano posato tra le sue labbra dei chicchi di frumento dorati, un segno di grande ricchezza futura. Così chiese al dio: “Fa che ogni cosa che tocco si trasformi

in oro!” Il dio esaudì il desiderio di Mida e il re se ne andò felice della sua buona sorte. Lungo la strada spezzò un ramoscello di quercia e questo diventò oro. Toccò un sasso ed una zolla di terra ed anche questi diventarono oro. Raccolse una spiga di grano e anche la spiga, tra le sue mani, diventò di metallo scintillante. Colse una mela, e il frutto divenne oro come le mitiche mele delle Esperidi. Anche le colonne del suo palazzo, appena toccate diventarono oro e persino l’acqua in cui si lavava si trasformava in schizzi dorati tra le sue mani. Chiese che gli portassero da mangiare e da bere. Ma quando la sua mano si posò su di un pezzo di pane, anche questo diventò d’oro; la carne diventava di metallo quando i suoi denti la mordevano. Persino il vino, scoperto e regalato agli uomini da Dionisio, si trasformava in oro liquido appena superava le sue labbra. Mida non poté né bere né mangiare, e presto fu tormentato dalla fame e dalla sete. L’oro che una volta desiderava tanto, adesso gli risultava odioso. Pregò allora Dionisio di liberarlo dal suo dono. Dionisio si impietosì e gli disse: “Per annullare il dono, devi andare alla sorgente del fiume Pactolus. Immergiti e lava via la tua avidità.” Mida fece così e, appena si bagnò, la sua capacità di tramutare le cose in oro fu portata via dall’acqua del fiume. Ancora adesso il terreno lungo la sponda del fiume ha un bagliore dorato.





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