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ARTESTORIATERRITORIO L E T T E R AT U R A C I N E M A TEATROMUSICADESIGN Buone Feste AT T U A L I T À C U C I N A un dono che ti accompagna MOTORIFIORIMITOLOGIA per tutto l’anno e ti regala sempre nuove emozioni! POESIAMOSTREEVENTI regala S ePregalati E T T A C O L O SO IETÀECONOMIA un C abbonamento! BENESSEREAMBIENTE INDUSTRIALAVORO SALUTESOLIDARIETÀ I NRiceverai T E direttamente R V I SaTcasaEtuaS P O R T per un anno intero la rivista MODAARCHITUTTURA ARCHEOLOGIACURIOSITÀ Reality

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Editoriale

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il senso

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Nostro pubblico, siete voi che ci guidate, in questo mondo dove a molti piace leggere. Si legge o si sfoglia dipende da che si ha voglia, si legge o si guardano le immagini. Si predilige la comunicazione verbale o quella visiva, parole o gesti, frasi o immagini. Oggi siamo in overdose di comunicazione, di messaggi, di imbonitori, di strilloni, di persone che ti vendono contenitori senza contenuto, grosse scatole tirate a lucido, allettanti, ben colorate, contenenti oggetti insignificanti ed inutili, che dopo poco vengono accantonati e si torna alla ricerca di un nuovo oggetto per un momentaneo appagamento. È forse questo il consumismo? Tutto ciò disorienta, ci fa perdere lo scopo, il valore, il senso della vita, ad ogni parola o frase viene dato un senso, ogni azione o gesto ha un significato, dice una verità, afferma, comunica. Tutto deve avere un senso o perlomeno stimolare un senso: la vista, l’udito, il tatto, l’olfatto, il gusto. Questa è la sensazione stimolante che deve arrivare e rimanere in noi ogni volta che facciamo qualcosa di nuovo: visitiamo una mostra, leggiamo un libro, vediamo uno spettacolo; se questo non succede e non porta in noi una nuova voglia di sapere, di conoscere, vuol dire che ciò che abbiamo appena fatto non ha senso... Ecco, per noi ogni articolo, ogni evento al quale partecipiamo, ogni incontro con vecchi amici e la conoscenza di nuovi, porta e lascia in noi questa sensazione, ci spinge sempre verso nuove esperienze, ci porta a fare cose nuove, ad organizzare e realizzare nuovi progetti. Ecco, cari lettori, il nostro intento ha un senso se riusciamo a contagiarvi, se riusciamo a trasmettere ad ognuno di voi queste sensazioni... Buona e stimolante lettura!

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Reality

MAGAZINE D’INFORMAZIONE

Centro Toscano Edizioni srl Sede legale via Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Redazione casella postale 36 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Studio grafico via P. Nenni, 32 50054 Fucecchio (FI) Tel. 0571.360592 - Fax 0571.245651 info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it Direttore responsabile Margherita Casazza direzione@ctedizioni.it Direttore artistico Nicola Micieli Redazione redazione@ctedizioni.it Studio grafico lab@ctedizioni.it Abbonamenti abbonamenti@ctedizioni.it

Text Irene Barbensi, Andrea Berti, Paola Baggiani, Susanna Bagnoli, Asa Magnusson Bocci, Fabrizio Borghini, Brunella Brotini, Pierluigi Carofano, Margherita Casazza, Stefania Catastini, Carla Cavicchini, Francesca Ciampalini, Andrea Cianferoni, Carlo Ciappina, Federica Cipollini, Gustavo Defeo, Carmelo De Luca, Maurizio De Santis, Angelo Errera, Federica Farini, Enrica Frediani, Matthew Licht, Luca Gennai, Federico Ghimenti, Luciano Gianfranceschi, Isabella Giomi, Kirilla, Luciano Marrucci, Sergio Matteoni, Nicola Micieli, Claudio Mollo, Paolo Pianigiani, Alberto Presutti, Daniela Pronesti, Giampaolo Russo, Carla Sabatini, Domenico Savini, Gaia Simonetti, Valerio Vallini.

Photo Archivio CTE.

Stampa Bandecchi & Vivaldi s.n.c.- Pontedera (Pi) ISSN 1973-3658

Reality numero 58 - dicembre 2010 Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998 Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007 © La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore. Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2007 - Via G. Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI), tel. 0571 360592, e-mail: info@ctedizioni.it - AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.



eality57 ARTE & MOSTRE

Sommario

Antonio Possenti Ad Ovest del grande Nord

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In viaggio con Possenti Melozzo, l’Angelico Arte a Senso Le icone di San Nicola Mirò e il Mediterraneo Interno, Borgo San Frediano Contrasti & atmosfere Le mani nei capolavori dell’arte STORIA & TERRITORIO

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Un paese, la concia Il parco di Migliarino San Rossore Label: etichette attraverso i secoli

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In sella con Alfredo Martini Voglia di moda Bobomania Martini Home Tra Unità d’Italia e 11 settembre ECONOMIA & AMBIENTE

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Nuovi spazi per la formazione Tecnopelli al naturale La tua azienda è un call center Fotovoltaico Modeurop Colour Meeting I voucher per imparare l’inglese

POESIA & LETTERATURA

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Giuseppe Ungaretti La poesia dietro l’angolo Alla scoperta della Collezione Inorian. La spada del destino Lo Niglu MUSICA & SPETTACOLO

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Omaggio a “La dolce Vita” I luoghi della musica Gogmagog Lo strano caso del progetto C’era una volta la Versilia EVENTI & SOCIETÀ

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Architettura e contemporaneità Grasso o magrezza Stipsi: credenze e rimedi Sono atterrati gli Z3mendi Fiona May: una vita in salita

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5 SENSI Charme e grande cucina Monaco, mon amour Tra simpatie e antipatie Aspettando il carnevale Germogli di stelle A Padova con moto e auto Rosa: la regina dei fiori Miti e leggende: il vaso di Pandora

Art araund Booking a Book Show Reel Juke Box


Parliamo di...

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Possenti

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viaggio con

di Nicola Micieli

Sono io il viaggiatore più pigro, inconcludente, intransigente, imprevidente, falsario. Viaggiatore famoso del binario morto, del porto sommerso. Appena partito rimpiango la maledetta ora esatta della valigia disfatta sul letto, il prezzo pagato per il biglietto. Un viaggio sicuro, il viaggio senza fretta è leggero, rapido, felice nella notte: a quella stazione aspetta il mio bambino paziente. Sorride di lontano: leva a saluto la piccola mano dalla atroce ferita: si ferma il treno, l’attesa è finita. Antonio Possenti

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l maestro lucchese Antonio Possenti è approdato sul colle antico di Firenze, nella Sala del Basolato a Fiesole, con una mostra dal titolo emblematico: Il muro e il mare, curata da Giovanni Faccenda. Si tratta di trentacinque opere recenti dedicate a Mario Tobino, del quale ricorre il centenario della nascita. Possenti ha conosciuto e frequentato lo scrittore e psichiatra, compagno di viaggio per molti tratti del proprio percorso. Nel senso della condivisione di tematiche esistenziali e memoriali che dal segno alla parola, dall’immagine verbale a quella visiva, si sono spesso incrociate nelle singole esperienze di vita e creative. Quelle non neutre legate all’attraversamento di luoghi e storie, che lo scrittore ha affidato a celebri pagine: Il clandestino, Il libro della Libia, Deserto, Sulla spiaggia e di là dal molo, e corrispondono alle visioni del “mare” di Possenti. Ma soprattutto coinvolgenti, per il pittore che le consegna alle visioni del “muro”, quelle dello psichiatra direttore del manicomio lucchese di Maggiano, autore de Le libere donne di Magliano e Per le antiche scale. La follia con i suoi drammi, i suoi deliri, le sue visioni, è qui il “muro”, la linea di confine da attraversare, il territorio interdetto ove penetrare con umana partecipazione e abbandono, ma anche con i sensi allertati a cogliere e fissare analogicamente i meccanismi della comunicazione aliena. Con Tobino si ripropone l’attitudine e la consuetudine possentiana a girovagare nello spazio e nel tempo, a visitare gli uomini e le culture operando una sinergia tra l’esperienza diretta e il filtro dell’altrui sguardo, i depositi delle altrui letture del mondo. Antonio Possenti è sempre stato un viaggiatore. Lo è stato per vocazione, almeno dal suo primo evadere, alzate le vele dell’immaginazione, quando era ragazzo sui banchi/banchina della scuola. Non credo arbitrario ipotizzare anticipate o precoci sue fughe già dalla rampa di lancio del recinto domestico e dei conversari familiari. Intendo sull’onda delle favole e del leggendario affidato alla parola parlata e alla circolazione libraria. E non meno della parola, a corredo dei libri erano certo, per lui, pedali all’immaginario le figure protagoniste e generatrici delle storie. Una vocazione al viaggio divenuta ben presto elettiva, quella di Possenti. In uno con la scoperta di possedere una spiccata inclinazione al disegno e a riconoscere le forme sottese alle infiorescenze e sedimentazioni del colore. Dai cui depositi andavano enucleandosi e gemmando, sino a schiudersi in figure, appunto, le notazioni d’ambiente, gli oggetti, le creature: piante animali uomini, e loro fantasmatiche emanazioni, che presero a popolare, talora affollandolo, il suo mondo. Un mondo assediato, nel quale ogni cosa tende a manifestarsi, a occupare il proscenio, per quanto sussista un centro dell’azione, un fuoco dello sguardo. Non a caso appariva larvale, vagamente surreale l’originaria sua figurazione. L’atto del dipingere aveva in lui un che di maieutico o di speleologico (e ha poi acquisito un carattere che chiamavo inseminativo, attraverso la ferita del segno sulla tela): pareva proprio un disseppellire o un far nascere presenze sommerse della natura, enucleandole e definendole mano a mano che l’indistinto della materia pittorica si tramutava in tessitura. Nemmeno è A lato: Ad Ovest del grande Nord



Un mandarino al mare



un caso che in Possenti avesse e abbiano mantenuto una funzione importante l’enumerazione e l’ostensione degli oggetti: una sorta di riconoscimento e di nominazione atti a registrarli e a farli esistere come presenze, essendo stati raccolti lungo il cammino e testimoniando le scoperte del viaggio stabilmente assimilate e spendibili quali morfemi dell’universo linguistico personale. Intesa come un visibile parlare, la pittura, dunque, è per Possenti uno strumento di conoscenza del mondo e un raccontarsi per interposta immagine, lui rispecchiato nella lanterna magica della visione. Luci e ombre, fervori e malinconie, l’emerso e il sommerso dell’iceberg della vita, figurata in confluenza e frizione dei sensi e della mente. Il caleidoscopio dell’immagine è il diario di viaggio, la lettura a suo modo radiografica della realtà, per quanto soggettiva nel metodo e mediata, sul piano del linguaggio, ai codici e alla stratigrafia di modelli e contenuti dell’arte e della cultura. Dalle quali discendono la ricchezza e la varietà dei modi formatori e delle figure stilistiche, ossia del laboratorio creativo da Possenti giocato mettendo in campo con sovrana proliferazione fantastica, quello spirito ironico che gli discende dai grandi osservatori del costume e della natura umana, da Maccari a Ensor a Daumier, e che carica di pirandelliano umorismo il greve e il grottesco, l’artefatto e il deforme che pure sono parte del suo teatro, come della vita. Del resto, mentre svela mondi paralleli che sembrano appartenere alla dimensione del sogno – un rifluire dell’inconscio con i suoi portati simbolici, le sue angosce e sublimazioni, in effetti sovente permuta in schermo onirico lo spazio figurato – il senso e il sentimento della realtà sono in lui così vivi e pungenti da scongiurare persino il sospetto della retorica e della pedanteria formalista. E la realtà si manifesta

Nasce a Lucca nel 1933. Avviato agli studi classici, scopre presto le qualità espressive del disegno, secondando un’inclinazione al racconto favoloso che ha in seguito mantenuto. Anche al disegno satirico ha dedicato un lungo impegno, succedendo addirittura a Mino Maccari sulle pagine de II Mondo. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha per un breve tempo esercitato la professione di avvocato e poi quella di docente di materie giuridiche.Alla pittura è giunto da autodidatta e vi si è consacrato stabilmente dal 1960. Sempre più frequenti e qualificate le presenze in rassegne nazionali e internazionali e le esposizioni personali. Ha ricevuto riconoscimenti prestigiosi ed è presente in importanti collezioni pubbliche italiane e straniere.

NOTIZIA

Sotto l’acqua

su una scala di valori ed espressioni che contempla ogni condizione degli umori e dello spirito, dal rapimento poetico e dalla levitazione verso l’ineffabile, alla crudeltà sprofondante delle violenze che oscurano l’anima oltre che ferire e abbrutire il corpo. Nasconde un governo oculato delle componenti formali, e implicitamente la semantica del repertorio simbolico ad esse affidato, l’apparente naturalezza con cui Possenti apparecchia la scena e fa sgorgare, predisponendoli all’azione, i personaggi del suo teatro, che par funzionare come la stanza d’un illusionista. Se ti è dato di assistere, come mi è capitato più volte, al suo lavoro, ti sembra automatica la scioltezza con cui munita di pennello o di matita, la sua mano scorre e si appunta sulla carta o sulla tela, a fissare espansioni ed ingorghi del segno e della materia il cui ritmo ha l’animazione della vita e rimanda, evidentemente, al respiro diseguale delle emozioni alle quali egli sa ancora abbandonarsi. Come allo stupore e alla meraviglia. Se ha conservato intatta la propria capacità di coionvolgimento psicologico e affettivo, dopo decenni di esercizio pittorico, Possenti lo deve all’aver fatto della filosofia e della strategia del viaggiatore un abito mentale e una consuetudine, mai smentendosi nel corso del suo divenire di uomo e di artista oggi al colmo della maturità. Viaggiatore sui generis, capace di dirottamenti e imprevedibili percorsi, tra abbandono alla deriva e governo del timone, sulla cartografia terrestre, marina e celeste. Parlo di cartografia pensando alla frequenza con cui da tempo, ormai, Possenti ama disegnare e dipingere su carte


Angelo del Lipomar. Nella pagina successiva Fuga da Alcatraz




A Sud del grande Nord


le case, le teche degli uomini che quei luoghi hanno abitato e abitano, ma sempre si riconduce al recinto privato della stanza o dello studio, quello in cui l’esperienza del mondo si fa elaborazione interiore e ricerca di ulteriori dimensioni, non svelate, delle medesime apparenze e appartenenze. E se al posto o quale interfaccia del mondo raccoglie, nelle pagine dei libri, illuminazioni poetiche e continuità narrative, eleggendo gli scrittori a compagni di viaggio e di intersezione del suo sguardo sul mondo, non si riduce l’autonomia del suo girovagare, anzi si fa più diramato e ficcante, procedendo in intersezione appunto, non già in parallelo con il percorso dello scrittore. Occuperebbero un intero scaffale i libri e gli scrittori assiduamente frequentati da Possenti. Da Omero a Lucrezio, da Rimbaud a Campana, da Freud a Joyce, da D’Annunzio, a Tozzi a Carducci, ha dedicato opere sparse e interi cicli agli scrittori, ai quali preferisce accedere non già con sguardo panoramico, ma sbirciandoli per lo spiraglio d’un particolare. E al pari delle rivisitazioni letterarie, numerose pagine figurate, diciamo pure interventi su spartiti, egli ha dedicato ai musicisti, in primis il conterraneo Puccini, affrontato con il medesimo taglio, la medesima inquadratura obliqua che è una ri-creazione del testo, del tutto estranea alla trasposizione illustrativa: una lettura originale e infine una proiezione di sé, della propria idea e visione del mondo. Da viaggiatore dell’immaginario immerso nella realtà, dalla quale si lascia attraversare, mentre la osserva e vi si identifica ancorandoci i depositi interiori del proprio vissuto. Lost

Help

nautiche e consimili rappresentazioni di territori e percorsi della geografia del viaggio: mappe sui cui tracciati e sui cui simboli visivi già graficamente suggestivi, egli interviene dipingendovi cose oggetti ambienti personaggi situazioni. Non di rado, anzi, egli raccoglie i suggerimenti grafici convenzionali delle carte per far scaturire da tracciati intersezioni linee ondulari e quant’altro, forme e nuclei figurali del suo immenso repertorio di naturalia e di mirabilia, come a suggerire che la realtà, quale compare nella rappresentazione cartografica, in sintesi già include le figure dell’immaginario. Viaggiatore ed esploratore in pianta stabile, dunque. Uno di quelli che stazione dopo stazione, approdo dopo approdo, sostano nei luoghi conosciuti e attraversano territori marginali e assai poco frequentati, se non rifuggiti come luoghi contaminati e inospitali, ogni volta prefigurando altre mete terrestri, predisponendo trampolini per immersioni e proiezioni in spazi e siti che inutilmente cercheresti negli itinerari più frequentati dalla beata inconsapevolezza del turismo di massa. Quando non è in giro per brevi uscite fuoriporta o più lunghe escursioni per il mondo, Possenti trascorre buona parte della giornata nello studio, appostato sugli spalti della piazza lucchese già stata anfiteatro romano. È là il centro propulsore del suo meraviglioso congegno creativo, il laboratorio dove le cose viste, gli uomini incontrati, le situazioni vissute entrano nel gioco dell’iperbole visiva, della metafora poetica, dello slittamento semantico, divenendo materia mitografica di viaggi altrimenti inenarrabili. Possenti visita le città, i santuari, i musei,



Mostre

MELOZZO TEXT Carmelo De Luca

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igura altissima nel panorama rinascimentale, Melozzo si distingue per la sapienza pittorica permeata da una ricerca compositiva per la veduta dal basso verso l’alto, il cui ef-

Pregevole tributo al celebre figlio di Forlì fetto illusionistico è decisamente stupefacente come dimostrano le figure di angelo dai contorni mossi, stagliati, colpiti da riflessi di una luce vivida, di forte impatto visivo. Il maestro innova l’arte umanistica grazie ai densi impasti ricchi di lucentezza cromatica presenti nelle pitture caratterizzate da una rappresentazione quasi scenografica, solenne, prospettica. Forlì, sua città na-

dalla struggente sacralità, tutte opere presenti nella esposizione romagnola, sprigionano una gioiosa sensazione di armonia caratterizzante la personale ricerca del pittore sulla bellezza umana, assurta a suprema perfezione del creato, perfettamente inserita in uno spazio dalle eleganti forme prospettiche acquisite dal maestro Piero della Francesca, del quale le sale espositive ospitano la Madonna di Senigallia, da Bramante, da Berraguete e Mantegna, degnamente rappresentati negli ambienti del complesso museale con capolavori affini all’operato melozziano. Inoltre Beato Angelico, Mino da Fiesole, Antoniazzo Romano, colleghi di lavoro del soggiorno romano, Raffaello e Palmezzano, rispettivamente ammiratore e allievo del maestro, sono

3 presenti in mostra con pregevoli pitture al fine di ricomporre la complessa figura dell’artista. L’evento forlivese rappresenta una sosta obbligata per gli amanti dell’arte, assolutamente da non perdere.

tale, dedica al luminare una ricchissima mostra nella quale sono presenti tutti i suoi maggiori capolavori, compresi gli affreschi creati per l’abside della Chiesa dei Santi Apostoli a Roma e il celebre Sisto IV che consegna la Biblioteca Vaticana all’umanista Bartolomeo Platina, opera eccelsa per la magnificenza scenografica dell’ambiente o la regalità realistica dei blasonati personaggi rappresentati a testimonianza della supremazia universale del sapere. E, ancora, un viso di apostolo trasognante, quasi assorto nella sua veste di testimone di Cristo, alcuni celeberrimi angeli dallo sguardo serafico consapevoli della propria bellezza eterea, pale di altare

Dal 29 gennaio al 12 giugno 2011 FORLÌ, Musei di San Domenico Piazza Guido da Montefeltro 12 Tel. 0543 712/606/609 1. Maestro della pala Bertoni, Madonna con il Bambino, San Giovanni Evangelista, il beato Jacopo Filippo Bertoni e quattro angeli 2. Bono da Ferrara (attribuzione), San Prosdocimo 3. Melozzo da Forlì, Angelo che suona il liuto

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I S EN SI N E LL’ARTE

Mostre

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Arte a enso

TEXT Daniela Pronesti PHOTO Marco Bonucci

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l valore dell’opera d’arte è il valore conoscitivo di qualsiasi oggetto simbolico, ovvero la capacità di esibire il mondo, arricchendo l’immagine che ne abbiamo. L’esperienza estetica, infatti, non corrisponde ad una contemplazione passiva del dato immediato, ad un’apprensione diretta di ciò che viene rappresentato, ma presuppone, al contrario, un atteggiamento dinamico, un’esplorazione che chiama in causa le facoltà percettive e sensoriali dell’individuo e lo guida all’interazione con l’opera. Alla fruizione dell’arte come occasione privilegiata per vitalizzare e armonizzare i sensi è dedicata la mostra Arte a Senso, i sensi nell’arte, in corso dal 14 novembre al 28 gennaio 2011 nelle sale di Palazzo Inquilini, sede storica della Banca Carismi di San Miniato. L’esposizione collettiva, curata da Margherita Cassazza e Nicola Micieli e realizzata nell’ambito del progetto culturale Carismi per l’Arte, si propone di coinvolgere attivamente il visitatore in una suggestiva esplorazione del concetto di senso tanto come percezione corporea - udito, tatto, vista, olfatto, gusto - quanto come dimensione spirituale ed intuitiva che, mediante il sesto senso, spalanca le frontiere dell’anima alle profondità dell’ineffabile e dell’indeterminato. La luce, i colori, le forme che caratterizzano le opere dei dieci grandi artisti contemporanei scelti per la mostra - Luca Alinari, Francesco Cinelli, Günter Dollhopf, Bernd Kaute, Mario Madiai, Romano Masoni, Giampiero Poggiali Berlinghieri, Antonio Possenti, Alessandro Tofanelli, Stefano Tonelli - offrono lo stimo-

lo per un’emozionante esperienza sensoriale, resa ancor più intensa dalla presenza di installazioni di singoli oggetti, materiali e sostanze con cui lo spettatore è invitato ad interagire. La traiettoria dello sguardo che circola tra l’osservatore e l’opera si apre, dunque, alle dimensioni del tempo e dello spazio reale, mentre il corpo è un volume tridimensionale che indaga e sperimenta se stesso nell’atto di recezione della forma artistica. Alle squisitezze disegnative e coloristiche di Luca Alinari è riconducibile il senso del gusto, il volto “appetibile” della

pittura. Il suo universo, favoloso e realistico insieme, è popolato da lampi della memoria e saturnine malinconie, da slanci gioiosi e figure erratiche in panorami al di fuori del tempo, in cui l’ironia si scambia le parti con la fantasia, e questa con la leggerezza del meraviglioso quotidiano. La pasta materica è polposa e densa, il colore è un frutto dolce e succoso che chiede di essere assaporato lentamente, mentre nell’intreccio di forme ora sinuose, ora asciutte risiede il sapore dolce-amaro della vita e l’amore per essa. Sensuali e turgide, le rose di Ma-

In alto: il Direttore Generale CARISMI Piergiorgio Giuliani, Alessia D’Anteo della CARISMI e il Sindaco di San Miniato Vittorio Gabbanini. Sotto: i curatori della mostra Margherita Casazza e Nicola Micieli. Alcuni momenti dell’inaugurazione. Nelle pagine seguenti l’allestimento della mostra con le opere degli artisti: Luca Alinari, Francesco Cinelli, Günter Dollhopf, Bernd Kaute, Mario Madiai, Romano Masoni, Giampiero Poggiali Berlinghieri, Antonio Possenti, Alessandro Tofanelli e Stefano Tonelli

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Mostre

Installazione di Stefano Tonelli

rio Madiai non si guardano soltanto, ma “si respirano”anche. I suoi quadri indicano una concezione della materia naturale come diapason della percezione e sostanza che non soddisfa soltanto la sfera visiva, ma spinge ad un coinvolgimento totalizzante. È una natura trionfante, energetica, colma di odori e di profumi inebrianti che invitano al piacere dei sensi. Le impronte e gli involucri corporali di Günter Dollhopf propongono, invece, uno spazio tattile, su cui vien voglia di far correre le proprie dita per toccarlo e stabilire un contatto. Quasi un rituale, che riscatta l’uomo dalla sua dimensione carnale e dalla sua peribilità fisico-esistenziale. All’opposto di questa “visualità” tattile c’è lo spazio della luce, in cui l’atto di vedere non equivale soltanto ad esperire la realtà, ma è anche sentire qualcosa che ci sfugge in maniera ineluttabile. Le atmosfere cristalline e rarefatte che abitano i paesaggi di Alessandro Tofanelli sono illuminate da una luce che è non più sostanza naturale, ma forma spirituale. Una luce che cattura gli occhi, e li guida in un percorso attraverso i meandri più riposti e invisibili dell’esistenza. Da un’originale sintesi di pittura e scultura nasce la “macchina” sonora di Giampiero Poggiali Berlinghieri, che trasforma lo spettatore in parte attiva dell’opera, poiché è la sua presenza nello spazio circostante a far

Installazione di Reality Art Studio

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Installazione di Bernd Kaute

risuonare il canto solenne dell’epos biologico: un cinguettio di uccelli, ovvero la vita risolta in vibrazione sonora. Negli artisti finora esaminati l’intermittenza tra immagine e idea è un dato quasi sempre riscontrabile, ma il percorso non si chiude qui, perché il viaggio nell’affascinante mondo dei sensi non può eludere quelle tappe che distillano il senso della materia per ricercare il senso primo e ultimo della condizione esistenziale. È nella guerra eraclitea degli elementi che si cela, secondo Stefano Tonelli, il principio vitale e il ritmo dell’universo. Nelle sue opere il vortice energetico del segno non si estingue nell’hic et nunc dell’azione pittorica, ma apre al senso dell’altrove, che è assoluto e incommensurabile. Una cosmografia del sensibile, che risveglia nell’uomo la dimensione contemplativa e gli rammenta la sua partecipazione al mistero della vita. Con Bernd Kaute la pittura penetra fin dentro le fibre della memoria per ricondurla al lessico del pennello, che trasforma la superficie dipinta in un luogo dove si stemperano i contrasti. Presente e passato, tradizione e natura convergono in un tripudio di luci e colori, cui l’osservatore è chiamato a partecipare per concedere libero sfogo ai propri sensi. Alle installazioni e alla performance di Francesco Cinelli si deve la poetica del corpo come dualismo di materia ed ener-

Installazione di Stefano Tonelli

Installazione di Antonio Possenti


Installazione di Alessandro Tofanelli

gia, come centro di un arcano magnetismo in cui convergono linee di forze opposte. L’idea centrale è interpretare lo spazio del corpo quale sviluppo di una tensione portata all’estremo e che nasconde inesplorate potenzialità percettive. La multiforme fenomenologia creativa di Romano Masoni si muove tra una dimensione costruttiva e un acuto senso del dissidio che scarnifica le forme e ci restituisce i brandelli di una civiltà interiore, come resti archeologici riaffiorati dal grande mare del tempo. Un’immersione nei labirinti dell’anima, all’insegna della passione e della sublimazione dei sensi. Un mondo “rovesciato”, in cui tutto procede secondo regole stravolte dalla fantasia e dal magico: è questo, infine, il paradigma figurativo di Antonio Possenti, che dipinge l’uomo quale naufrago in un oceano di percezioni, che lo investono e lo spingono verso lidi sconosciuti, alla ricerca del senso del meraviglioso.

Installazione di Romano Masoni

Installazione di Mario Madiai

La mostra sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 19 il sabato e la domenica dalle ore 17 alle 19

IL PROSSIMO APPUNTAMENTO Jacqueline Nesti Joseph mostra personale a Palazzo Inquilini dall’8 marzo 2011 al 28 maggio 2011

Installazione di Günter Dollhopf

Installazione di Luca Alinari

Performance di Francesco Cinelli

Installazione di Giampiero Poggiali Berlinghieri


San Nicola

Mostre

le icone di

il taumaturgo

TEXT Irene Barbensi

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omenica 12 dicembre, a conclusione dei festeggiamenti per il Decennale del Museo delle Icone Russe, inaugurato il 24 novembre del 2000 a Peccioli, è stata aperta al pubblico una mostra di grande valore artistico e culturale: Tutti i Santi. Icone di San Nicola il Taumaturgo, in Italia noto come San Nicola di Bari, le cui reliquie sono conservate presso l’omonima cattedrale del capoluogo pugliese ma le cui origini sono orientali e il cui culto è diffusissimo tra tutti i cristiani. L’idea della mostra è scaturita dal fatto che una preziosissima tavola

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1. Russia sud-occidentale, seconda metà del XIX sec. 2. Comunità dei Vecchi credenti in Moldavia, XIX sec. 3. Russia sud-occidentale (Vetka), inizio del XIX sec. 4. Russia sud-occidentale, XIX sec. 5. Russia centrale, XIX sec. 6. Russia, inizio del XIX sec. 7. Russia sud-occidentale, seconda metà del XIX sec. 8. Russia centrale (Mosca), fine XIX – inizio XX sec. 9. Russia settentrionale, anno 1793

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53 icone lignee dipinte per una mostra di grande valore artistico e culturale del Duecento, attribuita a Michele di Baldovino e raffigurante il Santo e scene della vita, è conservata presso il Museo di Arte Sacra di Peccioli a testimonianza di un culto molto radicato nel territorio. La mostra, quarta edizione del ciclo “Tutti i Santi”, propone 53 icone lignee dipinte, la maggior parte delle quali appartengono all’ambito cultuale e culturale dei Vecchi Credenti, setta scismatica tradizionalista russa sorta alla metà del XVII secolo. L’esposizione presenta icone del XVIII secolo, espressione della cultura artistica barocca nonché rize d’argento o di stoffa decorate con perline e vetrini, in cui la semplicità del legno viene sublimata dalla preziosità e unicità della decorazione che rende tali rivestimenti veri e propri reliquiari. Sono esposte icone di dimensioni più ridotte, legate alla devozione domestica, conservate e custodite quindi nella tradizionale casa russa e oggetto di culto privato, ma an-


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5 che opere di grandi dimensioni con scene della vita del santo, provenienti dalla Russia centrale con i suoi centri Palekh e Mstjora, oppure dalle zone sud-occidentali dell’Impero. A integrazione della mostra

è stato allestito una spazio dedicato alle icone raffiguranti San Nicola appartenenti alla Collezione Belvedere, accompagnate da un accurato e approfondito studio che analizza le caratteristiche. La mostra, che si caratterizza per la rarità delle opere presentate, è stata resa possibile grazie al massiccio e prezioso contributo di molti collezionisti privati, di antiquari e dell’Associazione Icone: Ricerca e conoscenza,

SCHEDA

Titolo: Tutti i santi. Icone di San Nicola il taumaturgo Sede: Museo delle Icone Russe “F. Bigazzi”, Peccioli (PI) Indirizzo: Piazza del Popolo, 5 Informazioni: Fondazione Peccioliper, 0587 672158, 0587 672877 e-mail: info@fondarte.peccioli.net sito internet: www.fondarte.peccioli.net Periodo espositivo: 12 dicembre 2010 - 28 febbraio 2011 Inaugurazione: 12 dicembre 2010, ore 11.30 Apertura al pubblico: mercoledì, sabato, domenica e festivi. Orario: 10 - 13, 15 - 20 Giorno di chiusura: 25 dicembre - 1 gennaio Ingresso: € 5.50 intero; € 3,50 ridotto (studenti, possessori di Carta Giovani, over 65, gruppi di almeno 10 persone), € 4,00 ridotto per possessori di Carta ACI; gratuito per under 16 se accompagnati e per possessori di Carta Touring (con i quali ha diritto all’ingresso gratuito anche un accompagnatore) Enti Promotori: Fondazione Peccioliper

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che hanno messo a disposizione della Fondazione Peccioliper le loro opere. Al momento dell’inaugurazione è stato presentato il catalogo, edito a cura della Fondazione Peccioliper e di alto valore scientifico, che include studi della specifica tipologia iconografica presentata, il suo raffronto con tipologie identiche o simili in area ortodossa e cattolica e la storia del culto sia in area orientale che occidentale, nonché uno studio monografico della figura del santo tramite la traduzione della sua vita agiografica tratta dai Cet’i Minei, presentata in versione integrale per la prima volta al pubblico italiano. Nel catalogo sono presenti non solo le opere esposte, ma anche altre appartenenti a collezioni private italiane.

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MiròMediterraneo e il

Mostre

PISA

TEXT Margherita Casazza

P

isa e il Mediterraneo, un legame storico che l’antica Repubblica Marinara possiede nel proprio DNA, e la mostra dedicata a Mirò rappresenta la voglia di esterna-

A Palazzo Blu fino al 23 gennaio 2011 re nell’arte questo solido sentimento di identità riconoscitiva. Ben 110 opere dell’artista catalano illustrano, nella loro disarmante purezza rappresentativa, la complessa articolazione del reale mediante una rielaborazione personalissima plasmata di una suadente vena poetica e, al contempo, mitologica. Dipinti, sculture, litografie, disegni, illustrazioni raccontano un mondo onirico nel quale la forza del mito rafforza l’importanza dei valori reali, mentre la poesia ne rappresenta la

musa ispiratrice che, attraverso il suo operato, vuole affermare la supremazia della dimensione reale. In effetti la produzione di Mirò è largamente incentrata sul senso del reale attraverso un approccio che lega l’intimismo della elaborazione interiore con la quotidianità. Il rispetto, quasi mistico, verso l’essere cittadino catalano plasma le opere del maestro denuncianti la perduta libertà successiva alla guerra civile, così la forza del mito diventa l’essenza identificativa esternata attraverso la rappresentazione dei monti, della campagna, delle spiagge di un suadente paesaggio tipicamente mediterraneo inebriato da una tenera luce ristoratrice. Così il magistrale utilizzo del colore e l’iconografia personificano lo spazio intriso di una componente idealistica, che ne sublima il contenuto attraverso l’evasione dalla dimensione terrena, riconoscibile nelle rappresentazioni di animali terrestri e volatili. Molte mitologico: per i cultori del maestro le opere di rilievo in esposizione, da spagnolo, la mostra pisana rapprequelle dedicate al mito di Dafne e senta un evento da non perdere. Cloe, del Minotauro alle illustrazioni per le Costellations di André Breton, 1. Femme, oiseau, étoile, 1978 alle serie Archipel Sauvage e L’espoir 2. Sobreteixim 6, 1972 3. Cifre e costellazione amorose du navigateur, per chiudere con le di una donna, 1959 sezioni dedicate al mito della don- 4. Oiseau dans la nuit, 1967-1968 na, della Madre Natura e dell’uccello 5. Pintura III, 1965

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Interno

Mostre

Monica

Giarrè

in BORGO SAN FREDIANO

TEXT Daniela Pronesti & Fabrizio Borghini

I

nteriorizzare lo spazio vuoto, inteso come momento dinamico della luce, rappresenta il primo passo di un pro-

Il quadro diventa il tracciato di una dimensione intimamente percettiva in cui spazio dipinto e spazio esistenziale si corrispondono

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cesso che, superata la via della resa mimetica, punta all’affermazione di una nuova realtà, liberata dai limiti che imprigionano la forma e fondata sulla plastica dei rapporti puri. La superficie del quadro, con i suoi ritmi di linee e colori, diventa così il tracciato di una dimensione intimamente percettiva in cui spa-


zio dipinto e spazio esistenziale si corrispondono. È su questa dialettica delle forme “pure” che si fonda, già da qualche tempo, la ricerca pittorica di Monica Giarrè, in mostra da oggi al ristorante “Garbo” di Borgo San Frediano con la personale “Interno”. Se buona parte della sua produzione artistica è caratterizzata dall’interesse per la figurazione e per la resa oggettiva della natura, le opere più recenti nascono, invece, da una nuova esigenza espressiva che, pur non avendo perso l’amore per la realtà, denota tuttavia una tendenza lineare e geometrica che lascia intravedere i prodromi di una visione neoplastica. Gli anni dedicati alla pittura figurativa hanno insegnato alla Giarrè che per capire la natura occorre osservarla più che sentirla: l’oggetto non è una forma immobile, un dato certo, ma è un corpo immerso nello spazio, è una sintesi di momenti percettivi. Pur mantenendo una costruzione prospettica riconoscibile e una precisa grafia dei contorni, le sue figure sono fuse in una composizione cristallina di

piani attraversati da ampie fasce di luce, le cui proiezioni si frantumano nello spazio per ricomporsi in sagome geometriche spigolose e volumi arrotondati. La forma dell’oggetto è restituita all’occhio attraverso la forza plasmante della luce che modella le superfici, crea contrasti e suggerisce un effetto di movimento. La gamma cromatica, limitata a pochi colori, si serve di tinte fredde e calde volte a creare un’intensa alternanza di contrasti: il bianco, assoluto e quieto, è acceso dal nero come un rumore che infrange il silenzio; il rosso, caldo e concreto, è sorvegliato dal blu, profondo e carico di mistero. L’intersezione

di luce, linea e colore determina sulla superficie un incastro geometricamente architettato di piani che ora convogliano l’oggetto entro una precisa dimensione spaziale, ora sembrano rovesciarlo verso lo spettatore. Spezzare l’unità visiva della figura significa, quindi, sottrarsi all’esigenza della rappresentazione e sostituire alla prospettiva del tempo misurabile quella del tempo interiore, che è infinito. Occorre guardare alla realtà, filtrarla, scoprirne le connessioni spazio-temporali e unire al dominio della forma e dei mezzi plastici, il sentimento che è motore della vita. Se è vero che il percorso di un artista si nutre del cambiamento, Monica Giarrè ha raggiunto, in questi suoi ultimi lavori, quella che Wassily Kandinsky definì “la capacità di comunicare con l’interiorità e di comunicare l’interiorità”, perchè parlare all’anima è importante quanto sapere arrivare all’anima delle cose. Oltre all’esposizione al “Garbo”, la Giarrè sarà presente con un’opera dedicata allo chansonnier fiorentino Odoardo Spadaro, anche in seno alla mostra “50 pittori per 50 cantanti in Toscana”, che si è inaugurata il 7 novembre presso la Villa Caruso Bellosguardo di Lastra a Signa.


Mostre

ELISA CORSINI

ontrasti materici C magicheAtmosfere

TEXT Enrica Frediani

E

lisa Corsini, scultrice, nata a La Spezia, è da ritenersi una delle più sensibili ed appassionate rappresentanti dell’arte contemporanea. Amante della storia, si esprime attraverso concetti che appartengono al moderno pensiero

Citazioni colte, sculture astratte caratterizzate da incisive sovrapposizioni di piani sfalsati, sono l’inconfondibile cifra di riconoscimento dell’artista collettivo, ma ama tessere sottili collegamenti e colte citazioni col passato per ricordarci le origini dell’uomo e il suo percorso verso la modernità e il futuro. Per capire l’arte di questa significativa interprete della scultura moderna è necessario tenere presenti quattro punti fondamentali: l’impegno nel tema del sociale, i riferimenti storico-culturali, il naturalismo, la ricerca dell’equilibrio statico-compositivo della forma. Le tematiche legate al sociale sono le prime ad essere affrontate a partire dagli anni ’60. Il marmo il suo primo amore: bardiglio, portoro, statuario, nero del Belgio, tra-

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vertino, sono solo alcuni dei materiali utilizzati nella scultura di medie dimensioni. La figura femminile è il tema principale. Con una modellazione astratta di derivazione cubista, affronta l’universo femminile, le sue problematiche, le sue ansie, la delicata sensualità, talvolta la dominante eroticità. Dal blocco marmoreo s’impongono incisive sovrapposizioni di piani sfalsati, vuoti che s’intersecano con i pieni; forme tondeggianti che s’insinuano tra emergenti superfici oblique rese estremamente fuggevoli e scivolose da una lucidatura esasperata, rispecchiante, a cui, in contrapposizione, fanno eco porzioni di finissime trame variamente incise simili a raffinati tessuti o arabeschi, quasi una scultura nella scultura. Parti di corpi muliebri emergono dal dinamismo del monolite. Nello specifico, un seno, un fianco, il simbolo femminile della procreazione, rappresentano l’intima essenza di un percepire interiore che coglie l’afflato dell’atto creativo da cui emerge la

poesia di una sensibilità non comune; si ferma sulla materia, diviene linguaggio, parola e specchio di intime emozioni: Canto mattutino, Nel sole, Danzatrice, Femminilità, Amore segreto, Il giardino notturno. La scultura monumentale mantiene lo stupore di una risoluzione plastica che mira a rapire e a sorprendere. I piani si dilatano disponendosi nello spazio in un alternarsi di ritmi contrapposti tra linee diritte, tonde e oblique, morbide e taglienti o superfici lisce o levigate che contrastano la scabrezza di texture segnate dai fendenti della subbia o dalle martellate della bocciarda. In Insieme al Museo d’Arte Moderna Pagani a Castellanza (VA), come nel monumento alla Resistenza di Vezzano Ligure La Spezia, le studiate traslazioni dei piani creano contrastanti accostamenti geometrici, insoliti movimenti e originali figurazioni che distolgono il pensiero da scontate associazioni d’immagine. Così, Andante Presso la Casa Circondariale di Rimini, modula ritmate e musicali risoluzioni formali che si dispiegano nello spa1. Opera monumentale (foto Studio Bessi) 2. Opera presso il Museo Pagani di Castellanza (MI) (foto Studio Bessi) 3. Monumento ai caduti sul lavoro, La Spezia 4. La porta dei galli, Parco di Ostellato (foto Francesco Martera) 5. Chimera, Castello San Giorgio, La Spezia (foto Francesco Martera) 6. Monica, particolare (foto Amedeo Clariond)


zio orizzontale di un contesto urbano, mentre il Monumento ai caduti sul lavoro a La Spezia, esprime, in chiave astratta, la forza e la tenacia del popolo ligure. A La Spezia, davanti al castello di San Giorgio, Chimera in travertino di Rapolano mostra evidenti richiami etruschi per stile e rimandi materici. L’opera si rivolge all’orizzonte marino e ai marinai che attraversano le acque liguri dove sogno, miraggio, abbaglio si traducono in lusinghe e richiami per l’uomo stanco di navigare. I riferimenti storico-culturali attingono al mondo degli etruschi e a quello greco. Il passato è indagato attraverso le sue componenti mitologiche, simboliche, storiche e culturali. Il tema è quello del viaggio, dove le immagini rappresentano sottili metafore sulla perdita delle radici dell’uomo: In viaggio per Itaca, Demetra e Nausica. Gli elaborati sono in ferro, bronzo e materiali lapidei, le citazioni alle culture mediterranee sono narrate con un modellato aereo, leggero di stampo paesaggistico tendente a interagire con l’ambiente circostante: Il visitatore dell’alba, Paesaggio mobile, Nuvole di mare. Il naturalismo è individuabile nell’immediatezza di un modellato fresco e istintivo, indirizzato verso l’uso di materiali che apportano spontaneità e confermano l’idea di eternità come il marmo, il bronzo, il ferro, l’argilla e verso il mondo animale che Elisa affronta con gioiosa partecipazione associando ai materiali tradizionali innovative sperimentazioni materiche che la conducono a creare insolite e magiche atmosfere particolarmente adatte per l’arredo da giardino: Tela del ragno, Istrici, Nido. Nella risoluzione formale emerge l’attenzione che l’artista pone alla relazione tra due elementi apparentemente antitetici ma sostanzialmente debitori l’un l’altro di reciproci rimandi formali, forze contrapposte che si attraggono e respingono nello stesso tempo mantenendo l’equilibrio strutturale dell’opera e costituiscono la sintesi di un’analisi approfondita quale frutto di una ricerca stilistica e contenutistica che prende l’avvio negli anni ’60 dalla poetica cubista, che la scultrice trasformerà nella sua inconfondibile cifra di riconoscimento. Questi elementi sono rappresentati da volumi corrispondenti ai solidi geometrici del cono, triangolo e sfera, realizzati in concavo o convesso per tirar fuori dalla materia figurazioni astratte, ritmate, scandite da linee parallele e oblique. La scultura si anima, acquisisce nuovi punti di vista e insolite sembianze, cosicché, ogni lato dell’opera diventa la rappresentazione di una nuova immagine mentre la luce, elemento fondamentale della sua scultura, investendo i piani inclinati delle superfici lucide o scabre che siano, procura, nell’attimo in cui si rivela allo sguardo dell’osservatore, straordinarie emozioni.

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nei capolavori dell’

Arte

le mani Arte

TEXT Maurizio De Santis

N

on c’è niente di meglio dell’arte per augurare in questo ultimo stralcio di 2010 un nuovo anno all’insegna della serenità e della

Un viaggio tra gesti “d’autore” per riscoprire le nostre radici e il nostro immenso patrimonio culturale e artistico speranza per il futuro. Cassa di Risparmio di San Miniato ha scelto di regalare come strenna per il Natale un ricco

volume dal titolo Monumenta. Le mani nei capolavori d’arte; un viaggio tra i capolavori dei musei fiorentini attraverso il tema delle “mani”. Il professor Antonio Paolucci, che ha curato il volume e lo ha presentato presso il Centro “I Cappuccini” a San Miniato, ha descritto come tutti gli umani sentimenti sono espressi dalle mani delle donne e degli uomini, degli eroi e dei santi che Masaccio e Raffaello, Michelangelo e Botticelli hanno messo in figura nelle loro opere più o meno famose. Il gesto, dunque - come ha sottolineato la Presidente della Cassa di Risparmio Prof.ssa Avv. Lucia Calvosa - per richiamare le nostre radici dimenticate in questa era globale in cui le parole ci bombardano da ogni dove. Per valorizzare l’importanza della comunicazione non verbale, del “linguaggio visivo”. Nel volume si susseguono primi piani di mani “d’artista”, abilmente fotografate da Aurelio Amendola, che vogliono essere una vera e propria “antologia di gesti”. Il gesto parla, si pensi sia ai gesti spontanei, in quanto “veicoli dell’anima”, che esprimono con immediatezza l’interiorità dell’individuo, ma anche a quelli codificati, ad esempio quelli con connotazione rituale nella liturgia cristiana. Il gesto, esprimendo la stretta interrelazione tra corpo e stati d’animo, accompagna e spesso contraddice le parole, che, come ricordava Voltaire, servono frequentemente ad ingannare. Uno straordinario percorso

inedito e affascinante composto da ben 50 schede artistiche redatte dalla dottoressa Serena Nocentini, che attraversa i pensieri, la psicologia, il temperamento dei grandi artisti che hanno fatto la gloria di Firenze e della Toscana.

1. Copertina del volume Monumenta. Le mani nei capolavori d’arte 2. Sandro Botticelli, Allegoria della Primavera 3. Andrea del Verrocchio, La dama del mazzolino

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GENOVA

Se l’infinito contenibile esiste, va ricercato in quella distesa denominata mare. Così sensazioni, emozioni, impressioni si intrecciano nell’animo dei pittori 27 novembre 2010 - 1 maggio 2011 francesi, sul finire del XIX Palazzo Ducale - Piazza Matteotti 9 secolo, ammirando uno Tel. 010 5574000 specchio d’acqua così misterioso, intrigante, coinvolgente, insomma un dono della natura impresso in magnifiche tele, dal sapore spirituale o possente per il mare del nord, decisamente allegro e suggestivo per il Mediterraneo provenzale, del quale sovrano incontrastato è il colore. Un parterre di tutto rispetto comprendente Courbet, Cézanne, Monet, Renoir, Van Gogh, Munch, Matisse, Braque, Bonnard, racconta emozioni interiori attraverso l’utilizzo delle sfumature del colore per la rappresentazione dello spazio racchiuso dal tempo, uno spazio denominato mare. L’utilizzo di colori variegati e dalle cromature raffinate permea le opere in esposizione di un verismo intenso, selvatico, vitale.

Mediterraneo

da Corot a Monet a Matisse

Analogie e sculture

29 gennaio 2010 12 giugno 2011 Palazzo Roverella Via Giuseppe Laurenti 8 Tel. 0425 460093

FIRENZE

L’Ottocento elegante

L’ARTE INTORNO A TE a cura di Carmelo De Luca

ROVIGO

Luca Pignatelli

La mostra racconta una Italia appena unificata, piena di entusiasmo per il futuro, celebrata attraverso la voglia di vivere, l’eleganza, la tradizione imperanti sul finire del XIX secolo. Così suadenti danzatrici orientali turbano il sonno dello Stivale, raffinate feste e balli in maschera riempiono le giornate della ricca borghesia, ammiccanti abiti ospitano formosi corpi femminili pronti a sedurre, la genuinità ruspante del popolo rinnova i suoi riti vecchi di secoli. Mariano Fortuny , caliente pittore spagnolo dal pennello colorato e incisivo, imprime nelle sue tele questa voglia di vivere tutta italiana attraverso l’utilizzo di una cromia marcata, cura del particolare, virtuosismi artistici riconoscibili nella rappresentazione di un bello aristocratico insito in abiti e vestiti fuori dal tempo.

28 novembre 2010 13 febbraio 2011 Galleria Poggiali e Forconi Via della Scala 35/A Tel. 055 287748

La mostra rivisita in chiave contemporanea la grandezza del pensiero classico di età greco-romana. L’ideale estetico di bellezza plasma i 20 lavori a soggetto mitologico, nei quali la scultura viene valorizzata a vero simbolo di memoria planetaria in quanto sinonimo di bellezza pura, forza, carisma, affermazione soggettiva: Pignatelli riesce a “forgiare” questi concetti liberando i personaggi dal materiale lapideo, trasportandoli sulla tela, la tela fotografica. La presenza, quasi ingombrante, del personaggio viene accentuata mediante l’utilizzo di fondi scuri che, da soli, costituiscono un’opera d’arte dentro l’opera stessa. Riuscitissimo esempio di fusione tra culture lontane nel tempo, che colloquiano tra loro, il lavoro del maestro rappresenta una chiave di lettura dell’essere attraverso un passato spesso dimenticato da molti, ma attuale in quanto rappresenta la nostra storia individuale. In mostra sono, altresì, presenti le opere di piccolo formato, denominate Analogie.


Teotihuacan. La città degli Dei

ROMA

Ciò che colpisce di Teotihuacan è la sua dimensione di città santa, un tempo abitata da sacerdoti e folle di fedeli sulle cui origini ancora si fantastica. Un castello di case, templi, giardini, raccontano la storia di un popolo attraverso l’arte, la cultura, la tradizione. La mostra ricostruisce l’apogeo di questa civiltà mediante l’esposizione di numerosi reperti, il cui spessore artistico lo si rileva nelle sculture, nelle lavorazioni in onice, negli affreschi raccontanti la fede religiosa, i miti che plasmavano la quotidianità cittadina. La terracotta lavorata a braciere o vaso, statuette in pietra, oggetti rituali testimoniano l’alto livello di lavorazione raggiunto in tale luogo dove misticismo, simboli, architettura e assetto urbanistico scaturiscono da considerazioni di tipo astronomico, religioso. Grazie a queste peculiarità, Roma rende tributo a Teotihuacan, l’antica urbe precolombiana dedicata alle divinità autoctone.

9 novembre 2010 27 febbraio 2011 Palazzo delle Esposizioni Via Nazionale 194 Tel. 06 39967500

FIRENZE I Ghirlandaio La stirpe dei Ghirlandaio ha dominato le arti rinascimentali a Firenze e in Europa. Specializzata in variegate tecniche pittoriche, la dinastia si è distinta per avere creato opere di fattura eccezionale grazie all’utilizzo 21 novembre 2010 di colori accesi, luminosità prospettica, percezione spaziale dell’aria e dell’atmosfera. I soggetti delle loro 1 maggio 2011 rappresentazioni sono, soprattutto, a carattere sacro ma Firenze, Scandicci accostati ad elementi profani tratti dalla vita quotidiana, e hinterland conciliando il tradizionale stile fiorentino con quello Tel. 055 2340742 fiammingo. La mostra di Firenze coinvolge varie strutture, snodandosi tra affreschi, pale, tavole, basti menzionare i cenacoli di Ognissanti e S. Marco, gli affreschi di Palazzo Vecchio, le Cappelle Sassetti e Tornabuoni, l’Adorazione dei Pastori prestata dagli Uffizi per Palazzo Medici. Scandicci, vera patria della famiglia, rende tributo ai grandi maestri presso il Castello dell’Acciaiolo, dove ammirare la Madonna di Ridolfo del Cenacolo di Fuligno insieme ad altri capolavori dei musei fiorentini. Il tour prosegue con la visita alle testimonianze artistiche presenti nell’hinterland, davvero numerosissime!

FIRENZE

I mai visti. Le “autoritratte”

15 dicembre 2010 31 gennaio 2011 Firenze, Reali Poste Piazzale degli Uffizi Tel. 055 - 213560

Il tradizionale regalo natalizio degli Uffizi riguarda pregevoli opere appartenenti al celebre Corridoio Vasariano, con un occhio di riguardo all’universo femminile. Ebbene sì, le tele in esposizione ritraggono pittrici che hanno donato il loro “volto” ai posteri per essere ammirate nel loro ardente spessore caratteriale ed artistico. L’evento fiorentino è certamente appetibile perché molte opere appartengono ai depositi dello storico “camminamento”, pertanto difficili da ammirare quotidianamente, inoltre vuol essere l’occasione di riscatto per la donna-artista, spesso relegata alla sudditanza maschile. La Tintoretta, Lavinia Fontana, Rosalba Carriera, Elisabeth Chaplin, Merrett Oppenheim, Niki De Saint Phalle e altri nomi carismatici hanno arricchito la storia dell’arte per il loro spessore morale, tecnico, per aver osato la sperimentazione di tecniche o generi: quanto esposto rappresenta la linfa vitale che anima i dipinti delle Reali Poste!

Reality

LA VETRINA


Storia

un paese

TEXT Valerio Vallini

P

onte a Egola, ovvero il ponte di Egola, esistente su quella che si chiamò la via Quintia dal nome del console T. Quintus Flaminius negli anni dal 155 al 123 a.C. che collegava Pisa a Fiesole costeggiando il corso dell’Arno.

Dalla metà dell’Ottocento alla fine del Novecento L’opera divenne tanto importante ché nella seconda metà del XIV° secolo, nel 1377, secondo una nota tratta dall’A.S.F. per mantenere quei legni, si pagavano tasse da Montaione e da Vinci oltre che dai comuni del nostro Valdarno, fra i quali il castelluccio di Leporaia che fece parte di un comune con Cigoli e Montebicchieri.

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Si dovrà attendere molti secoli perché si formasse un borgo, sulle direttrici della via Fiorentina-pisano-livornese e Maremmana all’altezza di Tognarino. Paese che poi nacque da tre agglomerati: le Fornaci esistenti dalla metà del Settecento; Tognarino dal nome di Antonio Giusti e del Ponte. Si parlerà di villaggio solo nel 1811, in pieno dominio napoleonico, quando l’allora provveditore di strade, parlando della manutenzione della via di Giuncheto dirà che essa passa dal Villaggio d’Egola. Villaggio che già nel biennio 1826-1828, molto prima della costituzione della Parrocchia (che avverrà il 25 gennaio 1879) raggiungeva i 758 abitanti e 113 nuclei familiari. Pare che la “nascita” del Ponte a Egola e le prime conce in fossa non si distanziassero di troppo. Il processo di concia, con scorza di leccio, cerro e querce, a dar retta a quanto afferma lo storico Ignazio Donati, nel suo Memorie e documenti per la storia di Monopoli, Monopoli 1860, fu sperimentato verso gli anni trenta/ quaranta dell’Ottocento. I Dani (Pasquale, Averardo e Attilio) che erano stati prima barrocciai e poi mercanti di buccia per le conce, cioè di scorze di sugheri e querce, e poi proprietari terrieri, cominciarono a ficcare le pelli in qualche tino o fossa, in un bugigattolo adiacente al Vicolo del Fuoco sopra Le Fornaci dei Marianelli. L’Andreina, figlia di Averardo Dani, raccontava di memorie che tramandavano frequenti rapporti con Livorno dove i Dani avrebbero imparato le nozioni di quell’arte, mercuriale e saturnina, perché pregna di misture alchemiche e di oscurità e misteri. Da noi al Ponte a Egola, a differenza che in Santa Croce, sarebbero stati i barrocciai e non i navicellai a trasmettere i segreti della concia. Tutto opinabile. Chi sa che non scappi fuori un documento, una lettera o altro che dica

invece che il modo di conciare le pelli fosse stato appreso da Empoli o da Firenze o altrove dove già esistevano concerie. A proposito dell’esistenza di questa prima attività conciaria si riporta ciò che in una “Filza degli stati delle anime della parrocchia di Cigoli” del 1852 è scritto a chiare lettere: “Placido Damiani fu Pietro, fu Mario Degli Innocenti, conciatore, partì dalla cura di Cigoli a quella di Stibbio.” E sotto la parrocchia di Stibbio, a quel tempo, era la concia dei Dani. Seguiranno i Rossi, poi i Billeri. Detto per inciso, in quel periodo l’industria, in senso ottocentesco, non era ancora indicata con una propria terminologia. Gli “imprenditori” erano indicati come negozianti o trafficanti o proprietari. Da noi sarà con Billeri Giovanni di Antonio di anni 48, come ci viene riportato da uno Stato di anime del popolo di Stibbio, che nel 1879 si registrò la figura di un “conciaio in proprio”, oggi si direbbe artigiano conciario. Così pelli e paese cominciarono a stare abbracciati prima in poche occasioni, quasi furtivamente, poi sempre più avvinti dalla necessità della vita e dall’avarizia dei campi. Si trattò infatti, in quella seconda metà Ottocento e poco oltre, di primi esperimenti: un’attività stagionale, complementare ad altre attività commerciali e agricole, ma tuttavia significativa in quanto già una dozzina di “conciaioli”, cominciarono a trarre da quell’arte i mezzi di sostentamento anche se l’economia del Ponte a Egola si fondava in prevalenza sull’agricoltura e sui traffici dei barrocciai che partivano per le maremme quando i commerci locali ristagnavano. Nell’ultimo trentennio del XIX secolo, fra il paese e la concia si creò, un’ alleanza sempre più stretta, da uscio di casa e bottega. Per molti si dormiva al suono del bottale, ci si svegliava con l’odore acuto del tannino, si conciava la pelle degli uomini insieme a quella delle bestie. Condizioni di lavoro


1. Conceria Billeri 2. Conceria Orologio 3. Conceria Tognarino 4. Conceria Rossi Notizie tratte da Consorzio Conciatori 1967-2007 I nostri primi quarant’anni Valerio Vallini, Un paese, la concia, CTE, 2007, con variazioni dell’autore.

4 durissime ma non ancora conflittuali con l’ambiente, anzi si stabiliva una simbiosi e un reciproco vantaggio fra l’attività agricola e quella conciaria per cui se dal mondo agricolo venivano le pelli fresche degli animali macellati, i carnicci ed altri residui tornavano alla terra come concimi. Questo “equilibrio” durò fino al manifestarsi dell’infezione carbonchiosa che sommandosi ad altre malattie professionali, rese il lavoro in conceria oltre che faticoso anche dannoso per la salute dei lavoratori. Dopo la fine della terza guerra d’indipendenza, per il calo della domanda si ebbe una diminuzione di operai conciari e, verso gli anni Ottanta del secolo, una crisi agricola di grosse proporzioni. Il na-

scente artigianato pontaegolese superò quel momento difficile attingendo a forza lavoro a buon mercato e, orientandosi sulla concia della vacchetta, riuscì a competere con le grandi industrie del nord Italia. Si posero allora le caratteristiche strutturali dell’azienda conciaria di Ponte a Egola: la dimensione artigianale-familiare e lo spirito d’impresa, che in seguito saranno fattori determinanti di uno sviluppo straordinario capace di adattarsi ad innumerevoli variabili. Per definire un quadro sintetico dell’ultimo ventennio di fine secolo, diremo soltanto che il villaggio contava una popolazione di 1.145 individui ed era sede di una sezione elettorale che comprendeva Romaiano, San Romano e Stibbio, per un totale di circa 200 elettori. Il paese

si presentava un centro discretamente florido, in rapporto alla generale miseria delle campagne, se si pensa che, dopo la raccolta di firme per la costruzione della Chiesa al Ponte a Evola, ben 152 famiglie contribuirono finanziariamente alla costruzione dell’edificio che fu consacrato al Sacro Cuore nel 1875. Nell’ultimo quarto di secolo, alla conceria di Billeri Giovanni sopra nominata, si aggiunsero altre concerie. In un breve volgere di anni, i Dani, Rossi, Billeri, Marianelli, Matteucci ed altri, furono i protagonisti, con le maestranze e un nascente ceto operaio, di quella avventura che già agli inizi del novecento, con la prima illuminazione elettrica di Enrico Valori, farà nascere una decina di concerie e sfamare qualche centinaio di bocche.


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INTERVISTA A OLIVA SALVIATI

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liva, ci può parlare della tenuta di Migliarino e delle problematiche ad essa connesse? Migliarino, in provincia di Pisa, è stata fino a non molti anni fa la più grande azienda che

Salviamo dal degrado e dall’abbandono il Parco di Migliarino, gioiello del patrimonio paesaggistico italiano produceva pinoli di tutta Europa. La tenuta nasce dalla grande determinazione di Scipione Salviati il quale vendette molti palazzi che aveva tra Roma e Firenze per poter acquistare e trasformare quelli che erano terreni ostili sia per l’uomo che per gli animali. Dopo la bonifica impiantò il pino domestico all’interno, e quello marittimo sulla costa, per consentirne la crescita. Nei suoi intenti il bosco aveva tre finalità: la prima era la produzione del pinolo, la seconda la creazione di un parco romantico con specie che a loro volta erano state piantate da Camillo Borghese a Villa Borghese essendone tra l’altro pronipote. Il parco fu creato prosciugando Migliarino con un sistema artificiale di chiuse, canali e fossi veramente sofisticato da un punto di vista ingegneristico per l’epoca. Una parte fu lasciata per l’agricoltura tradizionale, e per favorirne la coltivazione alle famiglie di contadini furono costruite scuole, un circolo sociale e una farmacia con criteri veramente innovativi, considerando come venivano gestiti i latifondi in quel periodo. La terza finalità di Migliarino era la caccia. Scipione Salviati creò all’interno del bosco delle grandi radure per il pascolo degli animali, e per il loro abbeveramento, dei canali ramifi-

cati su tutta la tenuta. Gli animali erano mantenuti in numero giusto per la superficie del terreno. L’equilibrio che prima esisteva, oggi è purtroppo totalmente sconvolto perché, da venti anni, è stato istituito il parco “naturale” di Migliarino sul quale viene applicata una gestione totalmente sbagliata e demagogica. Stiamo parlando di un territorio che di naturale non ha assolutamente niente (se non le piante e gli animali) in quanto creato artificialmente dall’uomo. Vorrei lanciare un appello: la situazione è drammatica perché con la normativa attuale viene impedita la caccia ed il conseguente soprannumero di animali è alla base del devastamento del sottobosco. In famiglia si è sempre occupata lei delle problematiche della tenuta? Oggi la mia attività principale è il restauro di dipinti antichi. Mi sono occupata direttamente della gestione della tenuta quando vivevo in pianta stabile a Migliarino. In seguito alle varie difficoltà a lavorare con le istituzioni che hanno creato questo parco, decisi

di non occuparmi più della gestione della Tenuta e mi sono limitata ad andare tutti i giorni nel bosco, cosa che faccio ancora oggi tutte le volte che sono a Migliarino. Che rapporto ha con la vita di campagna? Ho sempre amato molto la campagna, infatti a Migliarino ho cresciuto anche i miei due figli Polimnia e Clemente. Fin da piccoli li ho portati nel bosco e anche loro hanno una grande passione per la campagna condivisa con il mio compagno Gelasio Gaetani d’Aragona Lovatelli, tra i più apprezzati

Territorio

il parco

TEXT Giampaolo Russo

winemakers a livello internazionale. Da alcuni anni si sta battendo contro la chiusura dell’Ospedale San Giacomo di Roma. Ci spiega che sta succedendo? Il Cardinale Antonio Maria Salviati ricostruì dalle fondamenta, alla fine del Cinquecento, questo antico ospedale fondato nel 1339, con un lascito e una rendita perpetua derivante dalle gabelle sul pesce del porto di Ripetta, di sua proprietà, per poter gestire e mantenere autonomo nei secoli l’ospedale. Il testamento del mio antenato parla chiaro: il san Giacomo deve restare ospedale, al servizio della cittadinanza. Per sedicenti motivi di riduzione della spesa sanitaria da parte della giunta Marrazzo, la struttura è stata chiusa a fine 2008, dopo che era stata completamente ristrutturata e dotata di strumentazioni costosissime. Noi della famiglia, ma anche comitati di cittadini, ci siamo sempre opposti a tale decisione. È stato vergognoso sfrattare, con una lettera che dava un mese di preavviso, le suore infermiere dell’Ordine Ospedaliere della Misericordia, un ordine che lavora al San Giacomo dal 1834. Il lascito del 1601 è molto chiaro e impone che l’edificio sia inalienabile e aperto a tutti i malati; io non chiedo altro che il rispetto del testamento.

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Storia TEXT&PHOTO Luciano Marrucci

etichette attraverso i secoli parte prima

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rimordi dell’etichetta Già all’inizio del XVIII secolo compaiono i primi cartellini stampati che vengono chiamati in Italia polizzini: piccoli documenti di garanzia che attestano la qualità e la quantità della bevanda con indicazione della Casa produttrice. Stemmi ed emblemi accompagnano i fregi del poliz-

La prima parte della storia delle etichette; dai primordi alla nascita del collezionismo zino. Altro antecedente di ciò che chiamiamo etichetta è il bottello. Il bottello è praticamente una semplice strisciola contornata da fregi essenziali che indicava l’annata della vendemmia, il nome del produttore e la denominazione del-

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la bevanda. L’avvento della etichetta vera e propria: etiqueta, étiquette, label Per diversi secoli la parola etiqueta era destinata ad indicare un cerimoniale di corte non solo in Spagna, ma anche in Francia e in Italia. Stare all’etichetta significava semplicemente attenersi alle regole di un comportamento aristocratico. Solo in seguito la parola passò a designare il cartellino che si attacca ad un recipiente. Essa diventò attestato di garanzia e ancora proposta commerciale. Capita di poter leggere in

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6 un’etichetta antica: Per prevenire le contraffazioni di questo prodotto, avvertiamo che le nostre etichette saranno segnate dalla nostra sigla e che le bottiglie sprovviste di essa non meritano alcuna fiducia. Nelle prime decadi dell’800, con il moltiplicarsi dei prodotti, aumenta il numero delle etichette e il gusto figurativo si aggiunge, senza soppiantarlo, a quello decorativo; non solo fregi tipografici ma anche figure e vedute di paesaggi. Per rappresentare concretamente la potenza e la forza si traggano dalla mitologia le figure di Giove, di Venere e di Marte, dalla storia e perfino dalla cronaca quelle di sovrani, di fanciulle e di guerrieri. Parallelamente compaiono scritte sempre più declamatorie: Nettare del Pontefice, Liquore del pellegrino, Cognac Napoleon, ecc. [segue nel prossimo numero di Reality]

1. Esempio di polizzino: etichetta che risale al ‘700 2. Due esempi di bottelli impressi a torchio che risalgono all’800 3. Etichetta cromolitografica (riportabile alla prima decade del ‘900) 4. Esemplare di etichetta fustellata destinata ai vini, a rappresentare pampane d’uva. 5. Etichetta di stamperia americana dedicata alla cantante Jenny Lind (ultima decade dell’800) 6. Etichetta di vino della serie “Cartigli”. Si tratta di una stampa cromolitografica riportabile tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 7. Scena di puttini rappresentati in una fase della vinificazione. Prima o seconda decade del ‘900 8. In questa etichetta Bacco nella versione Piccolo Pan è al centro di fregi settecenteschi. Quasi sicuramente l’etichetta esce da una stamperia napoletana che ha operato fino agli anni ‘20, producendo etichette di vini e di liquori. Prima o seconda decade del ‘900 www.old-labels.com

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Lo scaffale dei poeti

GIUSEPPE UNGARETTI

M’illumino d’immenso TEXT Valerio Vallini

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erché rileggere oggi, a quarant’anni dalla morte, un poeta come Giuseppe Ungaretti? Quali suggestioni può darci? Quali insegnamenti? Mi piacerebbe trasmettere, soprattutto ai

Riscoprire un grande poeta a quarant’anni dalla morte giovani, il fascino delle sue letture alla radio alla fine degli anni Sessanta. La sua voce, bassa, ferraginosa come un suono che venisse dal profondo di grotte o di fabbriche, qualcuno direbbe da un abisso di anima, si porgeva in modo che ascoltandola tu eri teso alla sillaba, alla scansione, alla prosodia del verso. Ed erano per lo più versi brevi

ma compatti: una densità stellare come questi di Veglia del 23 dicembre del 1915 “Un’intera nottata / buttato vicino / a un compagno/ massacrato / con la sua bocca / digrignata / volta al plenilunio / con la congestione / delle sue mani / penetrata / nel mio silenzio / ho scritto / lettere piene d’amore // Non sono mai stato/ tanto / attaccato alla vita/” Non c’è il punto di fine poesia perché il poeta non metteva se non rarissimamente la punteggiatura secondo la lezione di Apollinaire, almeno nelle due prime raccolte Il porto sepolto e L’Allegria che comprendono poesie dal 1914 al 1919. Della sua vita sappiamo che nacque ad Alessandria d’Egitto il 10 febbraio del 1888 da genitori italiani. Il padre vi era emigrato da San Concordio, contrada di Lucca. Nel 1912 lasciò Alessandria per Parigi dove andò ad abitare in Rue des Carmes con l’amico Moammed Sceab. Frequentò la Facoltà di lettere alla Sorbona, ebbe per maestro il filosofo Bergson e conobbe Guillaume Apollinaire, il “grande fabbro” della poesia francese. Incontrò il dolore per il suicidio dell’amico Moammed Sceab. Sempre a Parigi conobbe Papini, Soffici, Palazzeschi, e pubblicò su Lacerba la sue prime poesie. In quegli anni in Italia, Sbarbaro usciva con Pianissimo (1914);

Saba pubblicava Trieste e una donna; in America, Ezra Pound fondava l’Imagismo, in Francia A. Gide dava vita alla N.R.F (Nouvelle Revue Francaise), con Claude, Valéry, Peguy; in Germania G. Benn inaugurava l’espressionismo. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Ungaretti venne in Italia, si arruolò come soldato semplice e andò al fronte sul Carso. Le poesie che scriveva le portava nel tascapane tra le bombe, le garze, i biscotti, i sigari. Furono stampate da Ettore Serra nel 1916 in ottanta esemplari che il poeta intitolò Il porto sepolto che è, secondo me, al di là della narrazione leggendaria di un porto sommerso nei pressi di Alessandria d’Egitto, la metafora di un luogo mentale raggiungibile dalla poesia ma che rimane tuttavia “inesauribile segreto”. Si cominciò a parlare di questa opera come di un’opera rivoluzionaria. Tutto parve in essa sovvertito: tradizione metrica: da verso tradizionale in versicoli, spazi bianchi, silenzi. Retorica delle similitudini: “Quando trovo / in questo mio silenzio / una parola / scavata è nella mia vita / come un abisso”. E analogismo moderno (tipo “la notte più chiusa / lugubre tartaruga / annaspa /”). “Si può vedere – scrive non solo Vincenzo Mengaldo – una concomitanza con il contemporaneo futurismo”. Il critico Gargiulo parlò di “eccezionale grado di concentrazione, immediata vivacità coloristica e inoltre proseguendo nella raccolta de L’Allegria restituisce alla parola una originaria verginità. Questo percorso durerà fino agli anni trenta del Novecento quando l’espressionismo si dilata: parte dall’impressione, esprime lo svilupparsi del dialogo e c’è una intimità del poeta con se stesso e


Da L’allegria

Vanità

Canto

I miei fiumi

D’improvviso è alto sulle macerie il limpido stupore dell’immensità

Rivedo la tua bocca lenta (Il mare le va incontro delle notti) E la cavalla delle reni In agonia caderti Nelle mie braccia che cantavano, E riportarti un sonno Al colorito e a nuove morti.

Ho ripassato le epoche della mia vita Questi sono i miei fiumi Questo è il Serchio al quale hanno attinto duemil’anni forse di gente mia campagnola e mio padre e mia madre

con le cose. Si giunge al Sentimento del tempo (1932-33) dove si ritrovano tendenze neoclassiche. Sarà la grammatica del secondo Ungaretti, appunto del Sentimento, assai più del primo, a fare da base all’imminente ermetismo. Ma qual è il posto di Ungaretti nel Novecento? Oggi la critica più accorta (vedi Baldacci, Mengaldo oltre al citato Gargiulo), dice che a rileggere L’Allegria l’impressione di base è quella di una chiarezza così spoglia e così elementare che la definizione stessa di “caposcuola dell’ermetismo” è un travisamento. Ha scritto a proposito Luigi Baldacci: “… basta ricordare un esempio di limpidezza estrema come I fiumi: <<Mi tengo a quest’albero mutilato/ abbandonato in questa dolina / che ha il languore / di un circo / prima e dopo lo spettacolo/ e guardo/ il passaggio quieto/ delle nuvole sulla luna…”>>. La novità di questa enunciazione, di questo inventario d’anima nel quale tutto è detto nelle righe e a niente si allude tra riga e riga, significava il più deciso superamento dell’ipoteca pascoliana, cioè di un modo di intendere la poesia come un bilancio tra cose dette e le cose taciute.” Se la metrica franta de L’Allegria mi ha innamorato e affascinato, anche le poesie del Sentimento del tempo, all’apparenza lontane dalle prime prove ma vicinissime nel ritmo: il poeta le leggeva con cadenze uguali alle prime, incantano e hanno esiti altissimi basta pensare alle poesie L’isola, Inno alla morte, Di luglio, Canto. E’ un altro passo: narrativo, analitico, con velature neoclassiche, come è stato detto, ma dove si ripropongono fulminanti rivelazioni: come l’estate che “Va della terra spogliando lo scheletro.” O il Canto che si chiude con quel “Cara, lontana come in uno specchio…” che mi pare una similitudine da vertigine come poche volte ho trovato nella poesia moderna e non solo. Da cultore di poesia, voglio testimoniare l’amore per questa poesia intrisa di vita e di una visione cristiana sui generis: un Dio di vitalità e morte, quasi un Dio universo ma anche una dimensione metafisica “/ Dove vivere è calma, è senza morte./”.

Questo è il Nilo che mi ha visto nascere e crescere e ardere d’inconsapevolezza nelle estese pianure Questa è la Senna e in quel suo torbido mi sono rimescolato e mi sono conosciuto Questi sono i miei fiumi contati nell’Isonzo Questa è la mia nostalgia che in ognuno mi traspare ora ch’è notte che la mia vita mi pare una corolla di tenebre Cotici il 16 agosto 1916

Natale Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade Ho tanta stanchezza sulle spalle Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata Qui non si sente altro che il caldo buono Sto con le quattro capriole di fumo del focolare Napoli il 26 dicembre 1916

E l’uomo curvato sull’acqua sorpresa dal sole si rinviene un’ombra Cullata e Piano Franta

E la crudele solitudine Che in sé ciascuno scopre, se ama, Ora tomba infinita, da te mi divide per sempre. Cara, lontana come in uno specchio… 1932

Da Il taccuino del vecchio Vallone il 19 agosto 1917

[Ogni anno mentre scopro che Febbraio]

Da Sentimento del tempo Inno alla morte Amore, mio giovine emblema, Tornato a dorare la terra, Diffuso entro il giorno rupestre, È l’ultima volta che miro (Appiè del botro, d’irruenti Acque sontuoso, d’antri Funesto) la scia di luce Che pari alla tortora lamentosa Sull’erba svagata si turba. Amore, salute lucente, Mi pesano gli anni venturi.

Ogni anno, mentre scopro che Febbraio E’ sensitivo e, per pudore, torbido, Con minuto fiorire, gialla irrompe La mimosa. S’inquadra alla finestra Di quella mia dimora d’una volta, Di questa dove passo gli anni vecchi. Mentre arrivo vicino al gran silenzio, Segno sarà che niuna cosa muore Se ne ritorna sempre l’apparenza? O saprò finalmente che la morte Regno non ha che sopra l’apparenza?

Abbandonata la mazza fedele, Scivolerò nell’acqua buia Senza rimpianto. Morte, arido fiume... Immemore sorella, morte, L’uguale mi farai del sogno Baciandomi. Avrò il tuo passo, Andrò senza lasciare impronta. Mi darai il cuore immobile D’un iddio, sarò innocente. Non avrò più pensieri né bontà. Colla mente murata, Cogli occhi caduti in oblio, Farò da guida alla felicità. 1925

Di luglio Quando su ci si butta lei, 1 Si fa di un triste colore di rosa Il bel fogliameStrugge forre, beve fiumi, Macina scogli, splende, È furia che s’ostina, è l’implacabile, Sparge spazio, acceca mete, È l’estate e nei secoli Con i suoi occhi calcinanti Va della terra spogliando lo scheletro. 1931 1

Lei è l’estate



dietro l’angolo

Letteratura

la TEXT Federica Cipollini

S

i dice che in Italia ci siano troppi scrittori e troppo pochi lettori. Chi volesse cercare una prova di questo non avrebbe che da elencare i numerosi concorsi letterari che ogni anno si susseguono, senza destare

È giunto alla sesta edizione il premio letterario Renato Fucini di Capanne ormai quasi più alcun interesse nel pubblico, se da questo pubblico vogliamo escludere i partecipanti stessi. Un premio letterario tra tanti, allora, dovremmo considerare quello

promosso dall’Associazione Culturale Capannese, giunto ormai alla sesta edizione e intitolato allo scrittore toscano Renato Fucini. Eppure a presenziare alla premiazione, che si è svolta il 16 ottobre scorso, in quella villa Dianella, presso Vinci, in cui il poeta visse a lungo, sono altre le riflessioni che

sorgono alla mente e non mi pare privo di valore tutto questo scrivere che in Italia si fa, perché ci testimonia di una grande vitalità della mente e dello spirito che malgrado tutto (mala tempora currunt) continua tenace a resistere. I numerosi elaborati presentati alla commissione (165 tra poesie e brevi racconti oltre ai 45 testi visivi della sezione fotografia) sono qualcosa di più che mere esercitazioni di stile: affrontano, senza che ciò sia direttamente suscitato dal tema del concorso, che suggeriva il generico titolo “un momento particolare”, temi di delicata attualità e anche di controversa storia recente. Incontriamo così, tra i testi raccolti nell’antologia del concorso, una lirica dedicata al tema, spesso trascurato nella ricostruzione storica, della persecuzione nazista degli omosessuali, versi intitolati L’ultima rosa di Jurgen, che hanno valso all’autore, Davide Colacrai, il secondo posto nella sezione poesia, come ancora il susseguirsi di vicende belliche che ha segnato il secolo appena trascorso, argomento della poesia terza classificata, Novecento, di Silvano Caciagli. Anche il tema della violenza sulle donne, mai come in questi anni di scottante attualità, è stato toccato da un elaborato che ha ottenuto una segnalazione nella sezione prosa, Fermata d’autobus, di Jenny Malentacchi, un breve racconto in cui la sofferenza di una giovane donna maltrattata tra le mura domestiche è intuita dalla sensibilità di uno sconosciuto, senza però che questo possa cambiare il tragico corso del suo destino. Il testo, però, che tra tutti ha brillato della luce della poesia vera mi è parso la breve prosa dell’autrice capannese Marinella Cataldi intitolato L’ultima ora che ha strappato

qualche lacrima al pubblico, oltre che alla scrittrice, commossasi nel rievocare attraverso parole del proprio testo un dolore che ne ha segnato il vissuto, quello della morte della madre. In modo delicato, mai così lontando da sterili polemismi, si accenna al problema etico della fine della vita, che tanto rigonfia le bocche di chi, in verità, non lo conosce, in tanti talk show, ma soprattutto si è rievocato, con una prosa limpida e raffinata, dono raro, l’evento archetipico della perdita di un genitore. A buona ragione, dunque, ha espresso la propria soddisfazione per l’alta qualità degli elaborati presentati la presidente della commissione, Irene Bendinelli, se un pomeriggio di letture a voce alta (questa è in fondo una premiazione di questo tipo) mi ha fatto ricordare come in chi ci sta di fronte si celi una sensibilità e anche, non esitiamo a dirlo, il soffio vero dell’arte, che attende solo che gli si dia forma.

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Conceria dal 1973

V E R Y M A D E I N I TA LY

TECNOLOGIE MANGUSTA PELLAMI SRL Viale Antonio Meucci, 6 - 56029 S. Croce sull’Arno (Pisa) Tel. 0571 33436 - Fax 0571 381661 tecnologiemangusta@interfree.it www.tecnologiemangusta.com


CollezioneO jetti

Storia

alla scoperta della

TEXT Maurizio De Santis

V

enerdì 26 novembre 2010, presso Palazzo Grifoni a San Miniato, si è tenuta la presentazione del volume “Da Fattori a Casorati – Capolavori della collezione Ojetti”, che ha visto gli interventi di

Un volume che rappresenta l’importanza del patrimonio artistico toscano e contribuisce alla sua valorizzazione Alessandro Bandini, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, e di Giovanna Lorenzi, Prof.ssa di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi di Firenze. Nato nel 1871, Ugo Ojetti portò avanti gli studi giuridici a Roma prima di dedicarsi anima e corpo alle sue grandi passioni: la letteratura, l’arte e il giornalismo. Autentico protagonista del panorama culturale e artistico dell’Italia novecentesca, Ojetti collaborò con alcune delle più autorevoli riviste italiane dell’epoca, come l’“Illustrazione Italiana”, “Il Marzocco”, e la “Nuova Antologia”. Fondò inoltre rassegne d’arte e di letteratura tra cui “Dedalo”, “Petaso” e

“Pan”, assumendo anche la gestione della pagina culturale del “Corriere della Sera”, giornale del quale fu direttore tra il 1926 e il 1927. Alla fine del 1912 si trasferì con la moglie nella splendida villa rinascimentale del Salviatino sulle colline di Settignano. Il trasferimento sancì l’inizio di una raccolta di opere d’arte estremamente varia, che portò alla creazione di un vasto compendio composto da arredi, dipinti, sculture e disegni, tra cui preziosi reperti romani, greci ed etruschi e capolavori indiscussi dell’arte quattrocentesca e novecentesca. Sfortunatamente negli anni Settanta la raccolta andò dispersa, segnando la scomparsa di uno dei più illustri esempi del collezionismo italiano del Novecento. Il volume “Da Fattori a Casorati – Capolavori della collezione Ojetti”, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, rappresenta un importante contributo per il mondo dell’arte, poiché ripropone alcune delle opere più significative appartenenti al nucleo moderno della raccolta. Tra i principali scopi della pubblicazione troviamo quello di rinsaldare il legame tra arte e territorio, ponendo l’accento sull’importanza del patrimonio artistico toscano e contribuendo alla sua valorizzazione. Con i suoi centri ricchi di storia e le numerose personalità creative che la popolano, la Toscana rappresenta una terra d’infinite risorse e potenzialità, che la Fondazione da tempo s’impegna a promuovere attraverso il sostegno di progetti pubblici e privati. Attraverso l’analisi di alcune delle opere più significative della raccolta, il volume porta avanti uno studio dell’evoluzione pittorica registrata a cavallo tra l’Ottocento e il Novecen-

to, proponendo una ricostruzione meticolosa della raccolta Ojetti che è il risultato di un percorso di ricerca che vede come punto di partenza due fonti documentarie inedite, rinvenute presso il Fondo Ojetti della Biblioteca Nazionale di Firenze: i diari della moglie di Ojetti, Fernanda, e l’epistolario indirizzato a quest’ultima dal marito. Pagina dopo pagina, il volume recupera le parti più significative di un tassello fondamentale della storia del collezionismo toscano, attraverso la figura di un personaggio che ha fatto del binomio arte-mecenatismo l’elemento fondante della propria esistenza.

1. La copertina del volume 2. Veduta aerea della villa Il Salviatino 3. Ugo Ojetti 1907 4. Ubaldo Oppi, Ritratto della moglie, 1924

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libro d’esordio di Paolo Panchetti

INORIAN

Libri

la

spada deldestino TEXT Angelo Errera PHOTO Alena Fialová

I

l 24 ottobre scorso nello splendido contesto del Centro Studi “I Cappuccini” a San Miniato è stato presentato con l’introduzione del giornalista Luciano Gianfranceschi il libro-esordio di Paolo Panchetti, Inorian. La spada del Destino.

Il destino di una terra nelle mani di un uomo. Il primo romanzo di un giovane autore che sa trasportarci in un mondo più simile al nostro di quanto si possa credere La vicenda narrata si ispira ai migliori fantasy per addentrarsi ad Aradren nelle terre di Inorian, dove sullo sfondo di una terra moderna, abitata da una babele di razze che s’incontrano e si scontrano, un giovane riceve una spada magica in eredità e non si immagina quanto il futuro di quel mondo dipenda da lui. Re e regine, maghi e cavalieri, elfi e stregoni che abitano questo universo sono legati a doppio filo da amicizia e onore, da battaglie e amori in attesa dell’imminente scontro leggendario. Paolo Panchetti, santacrocese, da sempre è stato appassionato di lettura.

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Questo è il suo primo romanzo, scritto con lucida e ironica immaginazione: razza, rango sociale, abilità fisiche, forza mentale, età, non sono discriminanti in questa storia. Una terra lontana nello spazio e nel tempo, questa Inorian, ma paragonabile forse al nostro mondo quotidiano. Durante la giornata l’animazione della compagnia “La vergine di ferro” ha stupito i presenti con sfilate e scontri medievali per rievocare l’atmosfera che si potrebbe respirare ad Aradren. Un folto pubblico si è raccolto intorno ai cavalieri che con le loro armi simulavano le dure battaglie di un tempo. La presentazione del libro è avvenuta anche a Santa Croce sull’Arno presso il Centro Polivalente di Villa Pacchiani il 19 novembre, alla presenza dell’Assessore alla cultura del Comune Maria Angela Bucci, dell’editore CTE e dell’editor Marco Ciaponi. Il libro è disponibile in tutte le migliori librerie della provincia di Pisa e Firenze e presso i supermercati Coop e Ipercoop. Inoltre è possibile richiederlo tramite il sito www.ctedizioni.it.


lo niglu lo niglu Lo Niglu

Racconto

Un racconto...

lo niglu TEXT Matthew Licht

I

l mare mi parla. E non per dire cose banali. Puoi scommettere che presto grande attenzione a ciò che mi dice il mare. Non importa dove vada, o quale mare guardi. Frasi semplici, capite all’istante.

Troppo freddo. Troppo duro. Troppo veloce. Troppo mosso. Troppo salato. Troppo tardi. Ero dentro. Ero via.

A Point Hueneme c’era un grande vento. Il mare era molto mosso. Scendemmo dalla macchina per guardare i cavalloni. A volte sono un problema, le onde. Possono coprire ciò che l’acqua vorrebbe dire. Perciò bisogna prestare maggiore attenzione. Ci sedemmo sulla sabbia con le mani sulle ginocchia e guardammo. C’era un gran vociare confuso. Non capivo nulla. Forza, andiamo. Cosa aspetti? Non ci pensare nemmeno, sei impazzito? Ma che fifone. La vita ti pesa? Suicidio puro, tra le correnti e la furia delle onde.

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“Non andare,” disse Maddy. Maddy era la mia donna. Forse vedeva il mare come lo vedevo io. Forse sentiva e capiva ciò che diceva. Non potevo non buttarmi solo perché qualcuno mi diceva di non farlo. Non c’erano degli amici ubriachi che mi sfidavano a lanciarmi tra le onde selvagge. Non avevo bisogno di mettere me stesso alla prova. Non avevo bisogno di dimostrare niente a nessuno, per quanto riguarda nuotare nel mare. Però mi spogliai. “Sei pazzo,” disse lei. “Non resterò qui a guardare.” E si avviò verso la macchina. Forse era convinta che sarei tornato alla sana realtà, che l’avrei seguita, rivestendomi mentre camminavamo sulla sabbia, e che avremmo dimenticato la mattinata nata male. Le dita dei piedi comunicano quanto a lungo puoi stare dentro e quanto farà male quando uscirai. Ma le dita dei piedi ebbero come un corto circuito appena vennero a contatto con il mare. Troppo freddo. Troppo duro. Troppo veloce. Troppo mosso. Troppo salato. Troppo tardi. Ero dentro. Ero via. L’unico pensiero è di superare le onde.

Chiudi gli occhi, continua dritto, più forte che puoi. Non pensare. Le onde erano incredibili. Il Pacifico mena di brutto, non c’è da scherzarci. Però sembra avere meno l’istinto omicida dell’Atlantico, o del Mediterraneo piccolo e malevolo. Le sue onde sono solo indicibilmente grosse, non necessariamente violente o cattive. C’è una ragione per continuare. Vai. Vedrai. Mi dovetti fermare, un crampo. I crampi possono essere molto pericolosi. L’unico rimedio è raggomitolarsi e stirare le membra ingranchite con le mani. Chiudo gli occhi. Tanto si vede poco, solo ombre sfumate e bagliori scintillanti. Come un feto nel grembo burrascoso dell’oceano. Il sangue mi si ritira dalle mani e dai piedi. E’ l’istinto dell’immersione, che posseggo a dei livelli ridicoli. Ma falangi bianche come quelle di un cadavere significano che posso restare più a lungo nell’acqua. La temperatura toracica rimane alta. Soffro di più quando esco. Mi sento punzecchiato da rasoi ed aghi incandescenti. Ci vogliono delle ore prima che la circolazione ritorni normale. Ciò non è buono, mi disse un sega-ossa. Così smisi di chiedere opinioni ai medici. Chi mi dice che devo star fuori dall’acqua


ovviamente non sa di che cosa parla. Il tipo al negozio di surf mi disse che una muta di neoprene spessa 4.3 millimetri era quel che mi occorreva, oppure uno scafandro da sommozzatori delle Artidi. Fece cenno di sì con la testa quando gli dissi “compare, non ti metti il preservativo quando stai nel ventre di tua madre. Né entrando né uscendo”. Sembrava capire che ciò che mi proponeva era indecente, oppure faceva finta. Non c’era modo di convincermi a comprare una muta. Non so che cazzo ci facevo, in un negozio surf. Spesso non so che cazzo faccio, che cazzo voglio. Oltre le onde, mi diventa tutto chiaro. Vai al largo. Senti com’è l’acqua. Ti senti vivo, finché proprio non lo reggi più. Se ti perdi nel nuotare, il mondo scompare. Le condizioni ottimali sono cielo coperto, mare mosso, la luce dell’alba o del tramonto. In altre parole, le peggiori condizioni possibili. Con tante ombre di sotto e di sopra, stai nuotando o volando tra due mondi, l’aria e l’acqua. La piccolissima componente di materia solida nel mezzo sei tu. Il crampo passò. Guardai verso la spiaggia. Volevo fare un segno a Maddy, per rassicurarla. Va tutto bene. Ancora un pochettino, poi torno indietro e andremo a cercare lavoro o che cazzo ne so. Non riuscivo a vedere la spiaggia. Gran brutto segno. Le colline di Ventura stavano ammucchiate sul filo dell’orizzonte. Una corrente bestiale. E quelle ombre che vedevo di sotto potevano benissimo essere squali. Ma bisogna stare molto calmini e rilassarsi. Ti puoi riposare un attimo, ma è meglio che le bracciate siano ben regolari, una volta che ricominci a nuotare. Forse le ombre erano solo leoni marini. Qualche volta ti piombano addosso. Sono aggressivi, prepotenti, rumorosi. Hanno un alito pazzesco. Ma sono innocui. Una volta vidi una cosa che dapprima pensai fosse un leone marino. Ohiohi, ecco che arriva il solito sermone, con latrati che puzzano come scoregge di pesci. Sei nel mio territorio e troppo vicino alle mie femmine, amico. Ma questa cosa che vidi aveva un collo lungo e sottile, e una faccia da cammello. Aveva gli occhi troppo vicini l’uno all’altro. Sgocciolava acqua dai suoi capelli crespi e castani, parecchio simili a quelli di un uomo. Mi fece uno sguardo sorpreso, poi incazzato. I leoni marini fanno solo un gran frastuono. Questo coso che sembrava un bizzarro cammello voleva farmi male. Ma poi cambiò idea e scomparve sott’acqua. Fissai lo sguardo su una collina incrostata di antenne per cercare di capire a quale velocità venivo tirato al largo. Andavo forte. L’idea sarebbe di nuotare ad angolo attraverso la corrente, dirigersi ad arco verso la spiaggia. Prendi una certa direzione e poi non ti fermi più. Decisi invece di dirigermi sempre più al largo, e di nuotare con la corrente. Era tanto più facile. Mi pareva di avere quasi caldo. Sarebbe anche un gran brutto segno ricominciare a sentire calore.


Silvio Waldergan Sulle tracce del burattino Edizioni: Polistampa

GIALLO

1948. Di ritorno dalla guerra d’Africa Vittorio Massini, appena promosso maresciallo e novello sposo dell’amata Argene, viene trasferito al comando di Monte del Grifo. Lo accolgono subito gli efferati omicidi di due donne insospettabili, giovani, belle e senza apparenti nemici. Sui cadaveri l’omicida lascia una firma inquietante: le illustrazioni del capolavoro di Collodi, insieme a parole dall’oscuro significato. Aiutato dall’astuto libraio del paese, compagno di una delle vittime, Vittorio si mette sulle tracce del Pinocchio cattivo e, in corsa contro il tempo, cerca di scongiurare l’ennesimo tragico omicidio. Momenti di suspense e di grande ironia preannunciano il finale a sorpresa.

Edizioni: Mondadori

Daria Bignardi Un karma pesante

Tutto vibra in Un karma pesante, fin dalle prime pagine, quando il senso di morte di un attacco di panico è ricreato così magistralmente da suscitare oppressione e angoscia anche in chi legge. È un romanzo che emoziona, davvero. E a cui, proprio per questo, ci si affeziona come a pochi

Simon Tofield Simon’s cat in viaggio Edizioni: TEA

FUMETTI

NOVITÀ EDITORIALI a cura dii Angelo Errera

ROMANZO

Simon’s Cat in viaggio è la seconda raccolta su carta delle avventure del gatto immaginario nato (in una video-animazione del 2008), dalla felice mano/mente di Simon Tofield, mentre stava provando ad imparare ad usare il software Flash, importunato da Hugh, uno dei suoi gatti (veri). Ci aspettiamo un nuovo successo planetario per Simon e le avventure del suo felino: il genio creativo è lo stesso, il gatto è lo stesso, la grande novità rispetto al primo libro (una collezione abbastanza casuale di schizzi geniali sulle avventure casalinghe di questo gatto) è la presenza di una struttura narrativa: la sequenza delle strisce concorre a formare una storia vera.


AUTOBIOGRAFIA

Andrea Genovese Lo specchio di Morgana Edizioni: Intilla Editore

Terzo volume di una trilogia - i precedenti sono Falce marina e L’anfiteatro di Nettuno - che coniuga il registro autobiografico con quello della storia d’Italia dopo la seconda guerra mondiale. I tre libri rispondono a tre diverse fasi della biografia di Andrea Genovese. Il racconto si rivolge con elegante ironia solo ai lettori dei colli San Rizzo e Ntinnammare: dappertutto e vigile un atteggiamento ideologico corrosivo, con forti venature di pessimismo per l’uomo e soprattutto per le istituzioni. Teatro degli eventi è Messina, dove un giovane è alla ricerca tumultuosa di se stesso, all’insidiosa scoperta del proprio corpo; nelle scuole, nelle parrocchie e nelle strade della città. Giostra, quartiere di Messina a distanza astrale dal cuore della città e dal suo mare, metafora delle disarmonie del cosmo: nella mente del protagonista si è incrostata la miseria ancestrale delle case Caputo e Campanella, col rito quotidiano e ossessivo dello svuotamento dell’orinale nella ciumara.

ROMANZO Federica Farini Anche l’amore qualche volta sbaglia strada

Un romanzo rosa contemporaneo di esordio di Federica Farini, Anche l’amore qualche volta sbaglia strada, edito da Neftasia Editore. “Nel viaggio chiamato vita i sogni possono talvolta frantumarsi in tanti pezzi. Ma non è mai troppo tardi. Avrei cercato il coraggio di ricominciare e di sperare, senza la paura di non riuscire nel mio intento. Vivere. Senza nascondermi dietro l’ombra della banalità. Imparare a volare libera, perché io, in fondo, mi ero sempre sentita come una rondine. È il destino a sorprenderci beffardo quando meno lo aspettiamo, insegnandoci che nella vita non si finisce mai di imparare e di essere felici”

Edizioni: Neftasia Editore

Alessandro Frosini e Luca Mori Costruire altri mondi

ATTUALITÀ

Edizioni: Matithyàh

Questo libro può essere letto come un breve prontuario, un insieme di indicazioni opportunamente illustrate e commentate, per riprodurre esperimenti filosofici. Abbiamo provato a raccogliere una serie di immagini e di situazioni ideali, proposte dai filosofi lungo l’arco dei secoli, che possono essere utilizzate alla stregua di scenari mentali, per ipotizzare, attraverso un’esperienza di riflessione, gli esiti possibili di queste stesse situazioni. Non stiamo proponendo un nuovo metodo per la didattica della filosofia. Pensiamo piuttosto all’allestimento di un laboratorio di filosofia che sia strumento e supporto per diversi percorsi di studio e diversi approcci didattici. Ci auguriamo che questo lavoro possa servire un po’ come la scala di cui parlava Wittgenstein, che si può usare per salire sul muro e può essere abbandonata una volta arrivati in cima. Perché, al di là degli strumenti e delle strategie, quello che importa davvero è ricreare il contesto da cui, da Socrate in poi, scaturisce quel fenomeno che chiamiamo filosofia: il dialogo fra persone, in cui non si riconoscono né gerarchie né autorità diverse dal libero e ragionevole convincimento.

Reality

LA VETRINA


Cinema

omaggio a

FESTIVAL DEL FILM DI ROMA

La dolce vita

TEXT Andrea Cianferoni

Sono stati due i film che hanno rapito pubblico, critica e giuria del festival cinematografico capitolino appena conclusosi. Il primo, La Dolce vita di Federico Fellini, presentato in occasione

Presentata la copia restaurata del capolavoro di Fellini. Nel concorso trionfa il film belga Kill me Please del restauro promosso da Cineteca di Bologna, The Film Foundation di Martin Scorzese e Gucci, è riuscito a riunire sul red carpet dell’auditorium per la proiezione ufficiale il gotha del mondo cinematografico italiano ed europeo, oltre alla mitica protagonista del film, Anita Ekberg. L’attrice svedese, resa ce-

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lebre in tutto il mondo per la scena nella fontana di Trevi insieme a Marcello Mastroianni, è stata protagonista di un vero e proprio show in passerella e dentro l’Auditorium, tra applausi dei fotografi e standing ovation dei presenti in sala che lei, con commozione e persino stupore, ha ricambiato con un ‘’allora vi ricorda-

te ancora di me!’’ Dopo il film, cena alla terrazza degli aranci dell’hotel Cavalieri Hilton alla presenza di Frida Giannini, direttore creativo di Gucci, la quale poche ore prima aveva ricevuto dal sindaco Alemanno la Lupa Capitolina, e volti noti del cinema e jet set quali Charlotte Casiraghi, Beatrice Borromeo, Eva Mendes,


Nella pagina precedente: Auditorium Parco della Musica In basso da sinistra: Valeria Solarino, Valeria Marini, Martin Scorzese, Alessandro Gassman e Sabrina Knaflitz, Cristiana Capotondi e Micaela Ramazzotti, Danny Mendez, Isabella Ferrari e Frida Giannini, Eva Mendes, Charlotte Casiraghi, Beatrice Borromeo, Frida Giannini. A fianco: Giorgio Pasotti e Daniele Liotti, Guglielmo Giovanelli Marconi, Gianluca Marino Cosentino, Giuseppe Ferrajoli e Olga, Anita Ekberg

Isabella Ferrari, Guillaume Canet, Luca Argentero e Miriam Catania, Alessandro Preziosi, Gianmarco Tognazzi, Valeria Solarino, Vittoria Belvedere, Michele Riondino, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone. A vincere la quinta edizione è stato un film belga, Kill me please, una commedia in bianco e nero, grottesca, sul tema dell’eutanasia. Il regista, che nella vita ha realmente tentato il suicidio, si è ispirato a una struttura esistente, la Dignitas, associazione svizzera che offre aiuto medico a chi richieda l’eutanasia. Nel film, il dottor Kruger (Aurelien Recoing) vuole dare un senso al suicidio. Prova a farlo attraverso la sua elegante clinica all’avanguardia, in mezzo alle montagne, dove ospita aspiranti suicidi nel tentativo di farli riaffezionare alla vita o, nel caso non ci riuscisse, di farli “dipartire” nel modo meno traumatico possibile. Si ritrovano così tutti insieme personaggi bizzarri e disperati, come un giocatore di poker che ha perso la moglie al gioco, un co-

mico malato di cancro, una ragazza con una malattia congenita stanca delle cure invasive, un misterioso commesso viaggiatore, il rampollo di una ricca famiglia lussemburghese e un cabarettista che non accetta di aver perso la voce. La decisione degli abitanti del villaggio vicino alla clinica di liberarsi di quella scomoda struttura, però, innesca una surreale e irrefrenabile carneficina. La cerimonia di premiazione è finita in allegria con il transessuale Zazie de Paris, protagonista di Kill me please, che ha cantato di fronte alla platea la Marsigliese. La serata, condotta da Claudia Gerini, ha avuto un momento dal sapore politico quando il presidente della Giuria Sergio Castellitto ha consegnato al regista iraniano di ‘Dog sweat’ Hossein Kushavarz la Targa speciale del Presidente della Repubblica ed ha ricordato all’artista la vicenda di Sakineh: ‘’Spero - ha sottolineato che si possa salvare anche grazie a questo premio’’.

Commozione anche alla consegna da parte di Virna Lisi del Premio alla memoria di Suso Cecchi d’Amico ritirato dal figlio Masolino. Infine Tony Servillo accoglie con grande stile il meritato riconoscimento per il suo ruolo nel film di Claudio Cupellini Una vita tranquilla dove interpreta un ex camorrista fuggito in Germania per rifarsi una nuova vita ma che dovrà fare i conti con un passato che torna nelle sembianze del figlio abbandonato 12 anni prima.


Musica

della

Teatro

I LUOGHI DELLA MUSICA

TEXT Gustavo Defeo PHOTO Fondazione Palazzo Strozzi

N

ella Firenze di metà del ‘600 vi fu la nascita di numerose accademie ognuna dedita a coltivare specifiche arti e scienze. L’Accademia dei Concordi fu istituita nel 1644, a scopo di studiare le

Intorno al 1652 il Cardinale Giovanni Carlo de’ Medici commissiona a Ferdinando Tacca la costruzione del Teatro della Pergola nella sua prima struttura lignea

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matematiche, la musica, a leggere, recitare ed improvvisare commedie, e fare esercizi cavallereschi. Senza sede stabile nei loro inizi, i suoi accademici Antonio Ricasoli, Alessandro Del Sera, Alessandro Rinuccini, Filippo Franceschi, Piero Strozzi e Enrico Minerbetti, salariani maestri di musica, scherma e matematica. Il principe Don Lorenzo de’ Medici concede loro a modo di sede il suo casino in via del Parione, dove rimarranno fino alla sua morte nel 1648. L’ a c c a d e m i a si scioglie, per ricostituirsi nel 1649 per volontà di alcuni Concordi, ottenendo la protezione del cardinale Giovanni Carlo de’ Medici. Scelgono per la nuova Accademia quello “degli Immobili”, con lo stemma di un mulino a vento e il motto ”in sua movenza è fermo”. La loro prima sede diventa uno stanzone presso in affitto a Nicolò Ughi in via del Cocomero (oggi Ricasoli), e trasformato da loro stessi in Teatro. Così nasce il “Teatro del Cocomero” oggi Niccolini. Nel 1652 alcuni Accademici degli Immobili, considerando la sede in via del Cocomero troppo angusta, decidono di trasferirsi nell’ormai chiuso tiratoio dell’Arte della Lana, nella vicina Via della Pergola. Questa decisione non trova l’accordo di tutti

gli accademici, così quelli che rimarranno al Cocomero prenderanno il nome di Accademia Drammatica degli Infuocati. Il Cardinale Giovanni Carlo de’ Medici commissiona a Ferdinando Tacca (1619 - 1686) la costruzione del Teatro della Pergola nella

1. Antonio Meucci, lavorava come macchinista di scena al Teatro della Pergola 2. Luigi Cherubini, uno dei compositori che più influenzeranno il gusto musicale tra il Settecento e l’Ottocento, si formò sul palcoscenico di questo Teatro 3. L’atrium 4. Teatro della Pergola, sala principale 5. Tetro della Pergola dal palcoscenico


4 sua prima struttura lignea. Ferdinando Tacca (figlio dello scultore Pietro Tacca) è stato non solo architetto della corte di Ferdinando II e Cosimo II de’ Medici, ma anche scultore, disegnatore di scene e macchinari, oltre ad organizzatore delle feste della corte. L’inaugurazione del Teatro della Pergola avverrà con “Il Podestà di Colognole” di Andrea Moniglia, con musica di Jacopo Melani durante le feste di carnevale. Il Teatro della Pergola in questo primo periodo ospiterà molteplici eventi della corte medicea, finché il 22 gennaio 1662, avvenuta la morte del loro protettore, Cardinale Giovanni Carlo de’ Medici, il teatro chiuderà inizialmente in segno di lutto, e così rimarrà per ben ventisette anni. Il Teatro della Pergola ha il primato di essere il primo teatro a ordini di palchi sovrapposti, dove la sua forma ovale permise di ottenere una magnifica propagazione del suono, con una resa acustica senza precedenti. Nel 1718 il teatro della Pergola viene aperto al pubblico, e da quel momento diventa uno dei palcoscenici italiani più importanti. Il granduca Pietro Leopoldo lo visiterà frequentemente, organizzando diversi eventi di corte. Dai suoi inizi ospiterà le opere dei più grandi compositori di tutti i tempi. Nel suo palcoscenico si formò Luigi Cherubini, uno dei compositori che più influenzeranno il gusto musicale tra il Settecento e l’Ottocento. Suo padre, Bartolomeo, fu professore di musica e maestro di cembalo di questo teatro. Nell’Ottocento La Pergola vanterà una posizione predominante nella lirica italiana, ospitando i più grandi compositori del genere. Possiamo citare tra questi la prima esecuzione del Macbeth di Giuseppe Verdi, di cui diversi oggetti e testimonianze sono conservati nel suo museo, e archivio storico. È da distaccarsi il patrimonio documentario della Pergola, testimone della storia musicale e del dramma dal 1644 al 1942, con manifesti, disegni, libretti d’opere, ecc, affidato alla sorveglianza della Biblioteca Spadoni. La sua struttura attuale ha due sale da concerto: la sala principale che può ospitare 999 spettatori (432 in platea, 310 nei palchi, e 257 in galleria), ed il “saloncino” per 324. La Pergola ostenta trecentocinquanta anni di attività quasi ininterrotta e arriva ai nostri tempi offrendo la stagione concertistica della società Amici della Musica, che ospita i migliori esponenti del panorama musicale mondiale oltre alla sua tradizionale stagione di dramma. Una curiosità riguarda l’invenzione del telefono: Il noto inventore fiorentino Antonio Meucci, al lavoro come macchinista di scena al Teatro della Pergola, costruì un tubo acustico per comunicare dal piano del palcoscenico a quello dei “soffittisti”. Questo fu il primo passo alla sua geniale invenzione: il telefono.

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Musica

Gogmagog la convinzione della fantasia TEXT Åsa Magnusson Bocci PHOTO Antonio Ancarola

I

Gogmagog sono un progetto anomalo e fino ad oggi vincente. Due musicisti, due anime, due nazioni in gioco, due mondi solo apparentemente inconciliabili che hanno dato tuttavia luce ad una creatura dalle mille sfumature e dall’identità chiarissima. Giacomo “Guagua” Guatteri, ascia dei Luciferme, anima britannica, sperimentatore sonoro, visionario creatore di mondi sonori; Claudio Guerrini, seguace di Tomatis, passeggia tra Francesco Di Giacomo e Jim Morrison. I due si incontrano nel 2008 e quasi per gioco cominciano a costruire un progetto musicale che li ha portati a suonare in Italia un numero di date prossimo a quello di un tour (in totale autogestione); naturalmente tutto questo ha attratto stampa, radio e televisioni private. Poi è arrivata la Scandinavia, le 4 date sold out nel centro storico di Stoccolma e l´invito alla esclusivissima Jam session allo Stampen, la house of blues più famosa di Svezia (io c´ero, è stato un momento veramente magico), e di lì una serie di dialoghi aperti che mischiano il finlandese all´inglese e allo spagnolo... ne vedremo delle belle. Tutto questo suonando cover, pezzi altrui per gli italofili... ma quando c´è la personalità, la musica ne diventa un mezzo espressivo e fai quello che vuoi. Ecco allora che

i suoni ora liquidi ora storti e taglienti della chitarra di Guagua e le voci soffiate e i vocalizzi di Claudio danno nuove vesti a classici dell´intera storia del rock, da Astronomy Domine dei primissimi Floyd a 5 to 1 dei Doors, da Barrel of a gun dei Depeche Mode a Spoonman dei Soundgarden a E mi viene da pensare del Banco. Il riscontro ed il respiro internazionale del duo li hanno finalmente portati a prendersi la responsabilità di incidere un album, dove ci saranno probabilmente sia pezzi

inediti che curiosi ospiti. Due nazioni, si diceva… Claudio vive e scrive in Svezia, Giacomo sulle colline toscane, collegati via web e nutriti dal silenzio dei luoghi in cui vivono. I fans Italiani e scandinavi aspettano. Potete togliervi qualche curiosità su: www.myspace.com/gogmagogduo o cercarli su Facebook, esistono gruppi e profile sia per i fans Italiani che per quelli scandinavi.

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Musica

lo strano caso del

DISA

PROGETTO TEXT Luca Gennai

D

ISAGI è un progetto artistico che sposa il sociale, presentato il 12 novembre 2010 al Museo Piaggio a Pontedera (Pi), il catalogo vanta una realizzazione grafica di Fabio Berrettini (Mi) da un’idea sviluppata in 11 mesi da Luca Gennai per l’associazione culturale Il mondo di Oz di Cinzia Chiarini &

Catalogo di opere pittoriche e un lp 33 giri, in un periodo in cui il 33 giri è ritornato a essere comprato nei negozi soci. In un periodo in cui il 33 giri è ritornato a far parte dei gusti dell’italiano appassionato di musica-canzone, esce questo Box che oltre a contenere un catalogo con opere pittoriche di: Piero Passerotti (Pi) Il dono più grande, Jgor Scardanzan (Mi) Paura, Paolo Rossini (Ss) Il pasto nudo, Andrea Gambugiati (Mc) Mostruosamente soli, Anna Bianchi (Lu) Freaks 1932, Max Papeschi (Mi) Ninnananna, Angelo Barile (To) Solitudine, Lorenzo Brini (Pi) Le cose cambiano, Mirko Guiggi (Pi) Hush, Persefone Zubcic (Mi) Immortality is not a game, Luca Baseggio (Rm) Astinenza, Angelo Cruciani (Mi) La prigione della ragione, Ilenia Rosati (Pi) Libertà controllata, Adriano Radeglia (Mesagne-Br) Cieca indifferenza, Manuela Trillo (Pi), Lauraballa (Po), inoltre contiene un disco vinile 33 giri con 14 brani composti per l’occasione da cantautori e musicisti italiani, accattivanti motivi musicali che parlano di disagio. Una compilation pregna di unicità in cui appare parte della nuova forza musicale italiana. Andrea Carboni (Pi – Ginevra) cantautore italiano che si affaccia nel panorama musicale nel 2006 quando esce il suo primo Ep. Ma la sorpresa più grande la regala in febbraio 2010 quando esce il suo album La terapia dei sogni ottimamente accolto dal pubblico e soprattutto dalla critica che lo accosta a Buckley, in italia a Consoli e Moltheni. Il brano Magari è molto suggestivo, teatrale e drammatico. A.S.O.B. (Pontedera) gruppo toscano amante di quel suono Crossover inizio anni ‘90 che ci omaggiano di un brano molto sofferto e rock, fatto di cesellamenti musicali realizzati sapientemente in fase di montaggio. Gocce di Dolore è una canzone scritta da Enrico Bellagamba,

trasudante dolore. Cabiria (Viareggio), un gruppo molto particolare di sperimentazione elettronica dove sensazioni cinematografiche e suoni sintetici si fondono a voci provenienti dal cuore nel brano L’altra falce della luna. Matteo Castellano (To) un nuovo cantautore che tra l’altro ha partecipato in questi giorni al Premio Tenco, in questo album fa apparire un brano dal titolo Uno per la barba, una storia di barboni nell’attuale Torino, un brano quasi da cantastorie incastonato in suoni della città, registrato tra l’altro grazie a Tozzo e Emo dei Linea 77. Luigi Di Meco, questo è un brano di sicura presa nel 33 giri, il sapore è molto attuale ed electro, Luigi ci parla del disagio dell’eccessivo estetismo, fino a diventare ossessione, cantando “...sospendilo adesso il mio estetico eccesso...” nel brano Cardiodramma, raccontandoci che nel genere umano di oggi conta solo l’ego. Di sapore molto attuale tanto da far catalogare il cantautore in una sorta di fratellanza con l’artista Patrick Wolf. Lindustria (Brescia) un brano forte e molto ipnotico che si intitola Di tutta l’aria dove si entra in un loop musicalmente crepuscolare e tormentoso fa esempi dell’aria che si respira in varie fasi emozionali, dalle positive alle negative. Gian Pietro Chiesa, il cantante poeta del duo, come lui stesso dice, scompone canzoni da 25 anni irrimediabilmente convinto di non aver ancora trovato le note e le parole giuste nella sua carriera di musicista. Mauro Guazzotti (Savona), per questo disco Mauro ha composto un brano veramente singolare ed efficace per far capire la sensazione di un attacco di panico. Il brano che si intitola Dap! Dap!, ha un effetto musicale incredibile, si aspetta che da un momento all’altro il sound si apra, invece è un continuo montare in loop, incalzante

mentre in lontananza si sente una voce che si autoconvince che non è niente, il tutto pervaso da qualche urlo dolorante. Mauro è anche conosciuto come MGZ con alcuni album all’attivo e tantissimi live acclamati in tutta la penisola. Un animale da palcoscenico dei più astuti, presente attualmente nel mercato discografico con un nuovo cd dal titolo La bolla che racchiude il meglio della sua produzione con inediti e rmx. Dome La Muerte (Pi) un grande musicista di rock’n’roll, un grande uomo che ha dedicato la vita alla musica. L’unico musicista che qui canta in lingua inglese. Il suo brano Blue stranger dancer (Ultrabong RMX 2010) in italiano porterebbe il titolo di Triste ballerina straniera ed è una ballata con tanto di armonica, che narra l’interiore verità di una ballerina di night che molti hanno avuto comprando, ma che nessuno conosce realmente nel pensiero e nel profondo dell’anima. Una grande riflessione sul poter avere un corpo, ma non l’anima di una persona che fa purtroppo solo un mestiere che di solito non si può dire per poter andare avanti. Dome è conosciuto nel panorama mondiale per aver formato band di risonanza mondiale come C.C.M. e Not Moving. Il nuovo progetto di band che negli ultimi anni sta portando avanti si chiama Dome La Muerte and the Diggers, tanti live, due cd, 7” e Lp all’attivo. A giorni un importante uscita discografica come solista. Pane (Rm) una band romana qui presente con un brano fondamentale dal titolo La pazzia, una voce robusta in una musica colta e corposa da riportarci alla mente Banco del Mutuo Soccorso o gli Area, ma anche certo cantautorato molto colto. A breve in uscita il nuovo cd e intanto per capire di più la loro a n i m a potete ascoltarvi il cd del 2008 dal titolo Tutta la dolcezza ai vermi, sicuramente farà presa l’aspetto poetico di ogni singolo brano. Giuseppe Palazzo (Rm), brevissimo è il brano che ci presenta, tanto breve quanto efficace nel farci vedere l’anoressia, Linguine al surimi brano contenuto in Disagi Lp ha un forte impatto emotivo nella sua semplicità. Di Giuseppe è da poco uscito un cd dal titolo Piccole forme di quotidianità. Un buon prodotto cantautoriale che si incastra bene nel panorama della musica italiana, di particolare dolcezza il brano Tamagotchi.


GI

DISAGI è presente nelle librerie e nei negozi di dischi. Può anche essere acquistato richiedendolo a: IL MONDO DI OZ Associazione Culturale e-mail: info@ilmondodioz.com Tel. 331 7085700

Musica per Bambini (Pc) L’inibizionista colui che è il contrario dell’esibizionista, un gioco di sensazioni che abitualmente il gruppo piacentino ci propone nei suoi cd. Sono divertenti, ironici, buffi, assurdi, piacciono a grandi e piccini specialmente live. Le loro esibizioni sono di solito molto movimentate e allegre in una sorta di rappresentazione teatrale che pone la canzone eseguita in un quadretto buffo che coinvolge appassionatamente lo spettatore. L’ultimo cd Dio contro Diavolo (Trovarobato) li ha fatti notare ad un pubblico vasto. Adesso sono in sala di registrazione ed a breve uscirà il nuovo album. Malameccanica (Ar) con questo gruppo toscano entriamo in un territorio oscuro e colto, vicino ad un certo tipo di trip hop inglese con una voce recitativa, il brano qui eseguito Capendo Kavafis ci porta dentro sonorità ipnotiche elettroniche con tematiche toccanti, viscerali e culturali, non a caso nel ti-

tolo si cita Kavafis, poeta Egiziano che aveva come argomenti preferiti l’incertezza nel futuro, il carattere morale, i piaceri sensuali, la psicologia degli individui, l’omosessualità e la nostalgia. Bellissima l’ultima frase del brano ...io solo so che nella vita c’è molto di peggio che non essere mai amato da nessuno. Andy & Xena Zupanic (Monza-Croazia), un esperimento di unione tra due forti personalità per il progetto Disagi. Da questa unione nasce il brano Cross the rubicon molto rappresentativo e efficace per creare disagio. Tappeto elettronico abilmente creato da Andy (Bluvertigo) per essere intagliato con la voce recitativa gotica dell’attrice croata Xena che spinge al massimo l’interpretazione avvicinandosi a un artista eccezionale come Diamanda Galas. Ne esce “una nuova forma di bellezza”. Teho Teardo (Pn). Teho ha iniziato il percorso come musicista nella seconda metà degli anni

‘80 arrivando ad oggi passando da tantissime collaborazioni con svariati personaggi musicali mondiali.Ha suonato in numerosissimi luoghi di culto in ambito artistico in Italia, Parigi, Spagna ecc. Ha creato la sonorizzazione del museo degli Etruschi a Piombino, fa radio in Rai e negli ultimi anni è diventato un musicista apprezzatissimo di colonne sonore, tanto da vincere nel 2009 il David di Donatello come miglior colonna sonora cinematografica per il film Il divo di Sorentino. Attualmente nei negozi è uscito un cd dal titolo Soundtrack works 2004-2008 che racchiude brani di colonne sonore da lui realizzate per importanti film. La sua musica fatta da strumenti elettronici con esecuzione di violoncello, regala all’ascoltatore uno spessore musicale altissimo. Il brano che qui ci presenta è Via Palestro 22 un luogo, come lui stesso mi ha detto, dove abita una persona che soffre molto.


Versilia

Spettacolo

C’ERA UNA VOLTA LA

TEXT Andrea Berti

DI MINA E JERRY CALÀ

C

’è una Versilia, la Versilia dei miti, della Capannina di Franceschi, del Seven Apples e della Bussola. La Versilia di Mina, di Sapore di mare e Jerry Calà, degli Agnelli, dei Moratti e dei

Nuovi locali si affacciano nel panorama della Versilia: dall’Ostras Beach di Mazzucco al Cocoà di Costacurta-Colombari. Ecco le nuove mete del popolo della notte (e non solo)… rampolli delle più importanti dinastie del nostro paese, scesi dal Nord, dopo mesi di surplus lavorativo, per trascorrere le vacanze tra falò sulla spiaggia, una chitarra sotto le stelle e macchine cabriolet. Oggi c’è una Versilia che sta cambiando. Discoteche, lounge bar, raffinati ristoranti con luci morbide simili a sogni che convivono, spesso appiccicati ai monumenti intramontabili del divertimento, che danzano sulle hit di Lady Gaga, Bob Sinclair e Black Eyed Peas. È un po’ più adriatica questa Versilia. È la Versilia dell’Ostras

1 Beach di Focette, del Twiga di Briatore e Lippi, del Cocoà dei testimonial Martina Colombari e Billy Costacurta, del Costes di Forte dei Marmi e della new entry Beach Club di Cinquale, ultima creatura con la missione di divertire con eleganza ri-

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evocando le atmosfere dell’Hollywood milanese. Alessandro Mazzucco, maitre a penser dell’Ostras Beach, rigetta la logica del personaggio ad ogni costo. “Ognuno ha la sua filosofia: per quanto ci riguarda privilegiamo una clientela non necessariamente ultra-giovanile, così come non ci interessano le ospitate con paparazzi di scorta al vip di passaggio. Pensiamo di essere il crocevia di un divertimento che non sconfina nell’eccesso, fra il rito dell’aperitivo domenicale su spiaggia e il rendez-vous del venerdì sera con gli anni ’80 per un approccio più sobrio, ma tutto sommato, esclusivo, con selezione all’ingresso, della nostra clientela. Se siamo di fronte ad una nuova Versilia? Diciamo che in una realtà complessa ed intrigante quale è quella espressa dal nostro litorale, convivono due anime: una più affine al “c’era una volta”, alla tradizione, ai riti consolidati della focaccina in piazza al Forte e della passeggiata in bicicletta lungo i viali alberati. L’altra - chiosa Mazzucco – che volge lo sguardo al nuovo, al divertimento più ostentato, ma non necessariamente sopra le righe. È la Versilia che, a prescindere, ama farsi guardare. 1. Alba Parietti canta al Cocoà 2. Colombari Barale Pampaloni 3. Ostras 4. Andrea Pirlo con la moglie al Cocoà 5. Carlo Conti e la fidanzata al Cocoà


4 Manuel Dallori, proprietario e general manager del Beach Club, offre invece un servizio “a più ampio respiro”, qualcosa che va ben oltre il confine locale. Parlerei di un’offerta di respiro internazionale. L’esperienza dell’Hollywood, a Milano, si riflette così in terra di Versilia cercando di abbracciare tipologie diverse di clienti: la famiglia che privilegia il ristorante, l’aperitivo ad un soffio di brezza dal mare, la movida notturna che si accompagna al coinvolgimento di decine di modelle, visto che da anni lavoriamo con le più importanti case di moda del milanese. Una proposta che, in fondo, già esisteva in passato e che poi, con il tempo ed il succedersi di nuovi miti, è venuta meno. Oggi si ricomincia. Con il Beach Club. L’obiettivo del Cocoà è la stella Michelin. A dare il benvenuto agli esclusivi commensali, c’è un coccodrillo imbalsamato. Tocco kitsch (e glamour) che non scoraggia però il Vip di turno. Quest’anno sono già passati da quelle parti Barbara Bouchet, Smaila, Vittorio Sgarbi, Alba Parietti e Federica Panicucci. A contorno la platea di russi dai nomi impronunciabili che lo hanno eletto tra le cucine migliori della Versilia. Aperto solo da due stagioni, il lounge bar dell’ex calciatore Costacurta e della bellissima moglie Martina Colombari, punta a scardinare le logiche della Vecchia Versilia offrendo la voce (e la musica) di Ilaria Della Bidia (Domenica In, Buona Domenica e altri), ed una cucina d’eccellenza e di eccellenze grazie alle mani del guru-Chef Gianfranco Breschi. Dietro le quinte della nuova ristorazione d’intrattenimento c’è una faccia nota agli addetti ai lavori, quel Pier Angelo Spadoni, già direttore artistico della Capannina, oggi general manager del locale. “Musica e piatti di prima scelta. Puntiamo su eleganza e classe e su portate che rispecchiano le logiche dell’eccellenza per un pubblico di fascia medioalta. Il nostro Chef punta alla stella Michelin e a garantire ai nostri clienti la massima espressione della cucina a base di specialità di pesce”. Qui il Vip va, e molto volentieri. Calciatori (Cruz e Pirlo), imprenditori (Paolo Berlusconi), sportivi (Kobe Briant), personaggi del mondo dello spettacolo (Paola Barale) ci vanno spesso quando sono in Versilia anche per la preziosa carta dei vini. “L’altra nostra specialità è la musica live – conclude Spadoni - Una specialità della casa”.

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FANTASCIENZA

Tron: Legacy

Regia: Joseph Kosinski Distribuzione: Walt Disney Studios Data di uscita: 29 dicembre 2010 Sam Flynn (Garrett Hedlund), un ventisettenne esperto di tecnologia, indaga sulla scomparsa di suo padre Kevin Flynn (Jeff Bridges) e si ritrova catapultato nello stesso mondo di crudeli programmi e giochi di gladiatori in cui il genitore ha vissuto per 25 anni. Insieme alla leale amica di Kevin e abitante del mondo di Tron Quorra (Olivia Wilde), padre e figlio si lanciano in un viaggio fra la vita e la morte, attraversando lo spettacolare universo cibernetico di Tron, estremamente avanzato e pericoloso.

DRAMMATICO Un altro mondo

Andrea (Silvio Muccino), ventotto anni, una famiglia ricca alle spalle, un difficile legame con una madre algida e anaffettiva (Greta Scacchi), vive una vita superficiale e priva di responsabilità insieme alla sua ragazza Livia (Isabella Ragonese). Il giorno del suo compleanno Andrea riceve una lettera: il padre, che non vede da più di vent’anni, è in punto di morte e gli chiede di raggiungerlo in Kenya per l’ultimo saluto. Andrea vince le proprie resistenze e parte per Nairobi. Contro ogni previsione, si ritroverà a dover gestire un’eredità alquanto singolare: un fratellastro di otto anni (Michael Rainey Jr.) che il padre ha avuto da una donna del luogo. A questo punto inizia per Andrea un viaggio fisico e interiore che lo porterà molto più lontano di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

COMMEDIA

SOLO IL MEGLIO DEL CINEMA a cura di Kirilla

Regia: Silvio Muccino Distribuzione: Universal Pictures Italia Data di uscita: 22 dicembre 2010

I fantastici viaggi di Gulliver Regia: Rob Letterman Distribuzione: 20th Century Fox Data di uscita: 4 febbraio 2011 In una moderna rivisitazione del racconto classico, Jack Black interpreta Gulliver, un impiegato addetto alla consegna della posta aziendale e aspirante scrittore di viaggi in un giornale di New York. Dopo che gli viene assegnato erroneamente un pezzo di viaggio sul Triangolo delle Bermuda, mentre si sta recando sul posto, si trova improvvisamente nel mezzo di una tempesta... Si risveglia su un’isola abitata da persone molto piccole chiamate lillipuziani.


Andrea Cola (A buzz supreme) Melodicamente impeccabile, di sapore pop cantautoriale, questo primo disco di Andrea. Anche qui come in molte delle nuove realtà musicali italiane (Andrea è cresciuto a Cesena), si respira un‘aria inquieta, popolata da pensieri cupi. La sua musica è pop folk rock. Il pezzo che sovrasta tutto ha per titolo Il cuore trema, che pare un delirante tributo al gruppo new wave Suicide. Negli altri brani ci sono rimandi a classici cantautori che hanno fatto la storia del cantautorato italiano come Sergio Endrigo, Lucio Battisti o addirittura Gino Paoli. Un altro interessante nome dopo Dente e Vasco Brondi per la nuova musica d’autore italiana.

La macarena su Roma Io sono un cane

(Trovarobato)

Cattive abitudini Massimo Volume

Interessante, estremamente interessante. Jacopo Incani, cagliaritano trapiantato a Roma, fa uscire per l’etichetta Trovarobato, che fa un altro centro, questo straordinario disco fatto di suoni assurdi e poesia metropolitana odierna. Ne occorrerebbero molti di prodotti interessanti così in italia, frutto di sperimentazioni e di idee trasversali. Politicamente scorretto, rifiuta ogni metrica, dando vita con chitarra acustica, drum machine, giocattoli, percussioni, un lavoro esclusivo che dà corso alle recondite pulsioni di ciascuno di noi. Genietto! In certi momenti risulta addirittura industriale. Molto attuali i testi. Certamente uno dei prodotti migliori usciti in questo anno.

a cura di Luca Gennai

(La Tempesta)

LA MUSICA CHE CI PIACE ASCOLTARE

Blu

Dovere aspettare 10 anni per avere da questo gruppo un album di inediti, non ha prezzo, se poi il risultato è così interessante... Le Cattive Abitudini sono quelle che affliggono i protagonisti del disco. Ossessioni e peccati quotidiani, in brani lenti, noise, riflessivi, dilatati. Tra i brani Fausto dedicato al musicista Fausto Rossi. Robert Lowell è un tributo all’omonimo poeta. Molto belle le due canzoni Mi piacerebbe ogni tanto averti qui e Avevi fretta di andartene che parlano d’amore passato e presente. Nell’ultima canzone In un mondo dopo il mondo si intravede il nostro mondo prossimo al baratro. Gran bel disco per la chiusura di questo 2010.

Per ora noi la chiameremo felicità Le luci della centrale elettrica (La Tempesta) Vasco Brondi è la nuova realtà italiana ormai da qualche anno e finalmente adesso esce questo nuovo lavoro dove ritroviamo il solito cantato mono-tono. Le atmosfere che Vasco ci fa vivere sono come al solito strazianti, gettandoci addosso la nostra disperazione fatta di miserie. Vasco ha la visione del mio mondo, un mondo apocalittico, ingiusto, ma come me da sempre, lascia delle speranze nei suoi testi: ...scriveremo lettere d’amore al computer... Rispetto al precedente album qui le canzoni sono più strutturate, gli arrangiamenti sono più corposi, però perdono un po’ di originalità nei testi, anche se fanno emergere la stessa rabbia, lo stesso romanticismo disperato. Comunque un buon avvio per questi anni 10.

Reality

LA VETRINA


Architettura e contemporaneità PEOPLE MEET IN ARCHITECTURE La gente socializza con l’architettura

TEXT Stefania Catastini PHOTO Gianni Bellucci e Stefania Catastini

“ … auspico che tutti riescano a costruire una propria relazione con l’architettura ” Kazuyo Sejima 12a Mostra internazionale di Architettura Biennale di Venezia 2010

Immagini dalla Biennale d’Architettura 2010 Visitare la biennale è un bombardamento di stimoli, idee, materiali, emozioni sui quali riflettere a lungo. È la prima biennale d’architettura creata da un giapponese, firmata da una donna per giunta progettista e non storico/critica, leone d’oro per l’architettura nel 2004 e vincitrice del Pritzker Price (celeberrimo riconoscimento che onora annualmente un architetto in vita le cui realizzazioni, prova di talento, impegno e capacità immaginative, rappresentino un contributo significativo attraverso l’arte dell’architettura all’umanità e all’ambiente) nel marzo del 2010. Che cosa aspettarsi? Proposte in merito architettonico. L’architettura ha, secondo la visione della direttrice artistica, oggi più che mai il compito di creare spazi reali che agevolino la comunicazione tra gli individui in un’epoca in cui le tecnologie più avanzate sostituiscono il dialogo diretto tra gli individui. La volontà che si percepisce è quella di far utilizzare lo spazio come mezzo con cui formulare il pensiero, quella di far partecipare attivamente al processo creativo ogni fruitore dello spazio proposto così da diventare egli stesso progettista attraverso la relazione. Quelli che si trovano sono spazi in cui l’individuo si rapporta con l’architettura, l’architettura si relaziona con l’individuo e l’individuo si relaziona a sé e all’altro in un atto di socializzazione globale. Questa edizione della mostra permette alle persone di prendere coscienza delle varie idee formulate da contesti diversi; è più un’esperienza di possibilità architettoniche capace di esprimere nuovi modi di vita. MATHIAS SCHULER e TETSUO KONNO: presentano una nuvola, una installazione che obbliga ad una nuova lettura ed esperienza dello spazio illustrandone la mutevolezza.


Katzujo Sejima in congresso al Teatro delle Tese

SMILJAN RADIC e MARCELA CORREA: espongono una grande pietra che è stata scavata all’interno in modo da ricavare uno spazio sufficiente per una persona. Creata dopo il terremoto in Cile, quest’opera presenta il prototipo di uno spazio idealizzato sociale del futuro dove l’individuo possa trovare la propria sfera in cui ritirarsi. ALDO CIBIC: “Ripensando alla felicità: fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Presenta il tema dell’urbanismo rurale, della bioedilizia e dell’impiego del legno; prendendo materiali usati esplicitamente dalla tradizione, li reinterpreta per spingerci oltre le nostre personali riflessioni. Occorre ripensare radicalmente a come affrontare il nostro futuro preparandoci a vedere con i nostri occhi e pensare ad una situazione in cui occorre ridefinire i bisogni, le abitudini, i sogni rispetto ad una nuova condizione per ragionare su una aggiornata idea di contemporaneità. LEONE D’ORO PER LA MIGLIORE PARTECIPAZIONE NAZIONALE REGNO DEL BAHRAIN Considerata la varietà degli sviluppi urbani che il Regno del Baharian avrebbe potuto voler presentare in questa mostra, la giuria è stata particolarmente colpita dalla scelta di una lucida ed efficace autoanalisi della relazione del paese con il rapido cambiamento della sua linea costiera. In questo intervento forme di architettura transitoria sono presentate come dispositivi capaci di rivendicare il mare come spazio pubblico: una risposta eccezionalmente semplice, nonostante la sua impellenza, si legge nelle motivazioni ufficiali fornite dalla giuria internazionale. 1. Bosco di luce, giardini 2. Bosco di architettura 3. Sou Fujimoto architects 4. Paesi scandinavi, ingresso 5. Costruzione tipica cinese 6. Arsenale 7/8. Mathias Schuler e Tetsuo Konno, Nuvola 9. Padiglione francese, particolare 10/11. Toyo Ito, plastico 12. Regno del Baharian, Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale 13. Installazione Arsenale 14/15/16. Aldo Cibic

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Società

o

GRASSAmagra Qual è la bellezza?

TEXT Paola Baggiani

G

li archetipi di bellezza che hanno caratterizzato molte epoche storiche e soprattutto preistoriche, sono in netta antitesi con i canoni estetici che imperano ai nostri giorni.

Un percorso dall’antichità ai giorni nostri per scoprire come è cambiato l’archetipo della bellezza Nel Paleolitico la Donna, “Grande Madre“ e “Grande Dea” ha il potere divino di generare e questo potere è associato alle sue rotondità, c’è l’idea delle forme abbondanti e generose come ”fonte” di vita. Ne è esempio la raffigurazione dell’antichissima Venere di Willendorf di 25000 anni fa, emblema della fertilità. Con il passaggio al Neolitico si verifica una epocale transizione di pensiero: dal culto della fecondità esteso alla Natura vista come “utero universale”, si giunge a focalizzare nelle raffigurazioni il “frutto” dell’atto del generare. È cioè la prole che conquista tutto il potere divino e la donna, spodestata, inizia a perdere la sua carica soprannaturale per incarnare l’erotismo e la sensualità della “Venere profana”. Questo è il tempo in cui si restringono le forme ed assumono contorni più aggraziati e meno espansi. Il ruolo sociale della

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donna lentamente diminuisce per far posto all’uomo: al matriarcato subentra il patriarcato! Questa fase di cambiamento è espressa magistralmente nell’Antico Egitto: accanto al Faraone divinizzato e riconosciuto come autorità indiscussa, la donna manifesta appieno la sua femminilità e il suo potere. Esse vengono rappresentate con figure sottili, con seni e fianchi ben proporzionati, corpi minuti curati con cosmetici e profumi, arricchiti con gioielli preziosi, ma sono anche colte e hanno potere come la famo-

sa regina Cleopatra, simbolo eterno ed universale di fascino. Esaminando il rapporto fra donna e bellezza nella civiltà greco-romana, emerge dai versi dei poeti lirici e dalle statue degli scultori ellenici, essenzialmente una figura femminile accogliente con curve morbide, esaltata da abiti dai quali traspaiono fianchi rotondi e seni abbondanti. I canoni dell’estetica Ellenica conquistarono Roma, come vediamo nelle innumerevoli raffigurazioni sparse nel mondo, di belle matrone romane e di floride “messaline”con curve sinuose. Nel Medioevo, epoca buia e di miseria, la donna è esile, pallida, malinconica; la femminilità viene celata e colpevolizzata, fino ad arrivare ai digiuni ascetici e alle sante anoressiche…

1. Tintoretto, Susanna e i vecchioni 2. Pin-up Art of R. Armstrong Collection


Nel Rinascimento, periodo di profondo rinnovamento culturale di fioritura artistica, la donna riappare florida e rotonda; è una icona di grazia, perfezione ed armonia come nella celebri opere del Botticelli e ha forme morbide e voluttuose nei dipinti di Tiziano, del Tintoretto e del Giorgione. Nel periodo barocco e già con il pittore fiammingo Rubens che di questo periodo è precursore, i corpi delle donne sono rappresentati con forme abbondanti e prosperose, spesso esageratamente floride; hanno perso la grazia e l’armonia del Rinascimento. In contrapposizione, è questa l’epoca in cui appare il bustino nel guardaroba femminile, perché la moda esige che il grasso venga nascosto in modo adeguato. Questo capo comprime le curve del corpo, modellando il celebre “vitino di vespa”anche quando la realtà è tutt’altro! Il periodo neoclassico è caratterizzato dall’equilibrio e dall’ispirazione all’epoca classica greca e romana: il corpo della donna è armonioso, elegante, le gambe lunghe, le spalle affusolate… Tuttavia gli eccessi del Barocco non tramontano definitivamente e percorreranno, seppure in forme diverse, tutto l’800 e il 900, fino ad essere presenti anche in artisti contemporanei come Fernando Botero. Nel XX secolo, con le maggiorate del secondo dopoguerra, si afferma una donna che esibisce orgogliosa le sue curve, i suoi fianchi rotondi e i seni abbondanti, ma questo mito della rotonditàformosità=bellezza sarà travolto e rimpiazzato già negli ultimi decenni del Novecento, con un altro binomio quello di “magrezza-bellezza” inseguito ed ambito da una moltitudine di uomini e donne del Terzo Millennio. www.baggianinutrizione.it


Medicina

STIPSI

credenze e rimedi attraverso i secoli

Importante è bere molti liquidi durante il giorno, fare attività fisica quotidiana, introdurre nella dieta più fibre alimentari

TEXT Brunella Brotini

C

ontinuando la nostra dissertazione sulla stipsi, arriviamo al XVII secolo, periodo in cui il clistere divenne un vero e proprio fatto di costume, tanto che veniva prescritto anche per usi impropri, tipo cure di bellezza per le signore. Anche per il re Sole era una pratica quotidiana, così come per le classi agiate. Per quanto apparentemente comiche, le descrizioni fatte da Molière nel “Malato Immaginario” non sono esagerazioni, ma corrispondono a quanto si poteva leggere nei bollettini sulla salute del Re o nella corrispondenza dell’aristocrazia. La Rivoluzione Francese insieme alla monarchia, toglie di mezzo molte abitudini, tra cui purghe ad oltranza ed i clisteri senza fine. Nel XIX secolo si sviluppa un vero e proprio

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la funzione evacuativa, ma il sistema che regola la mobilità del colon ancora non è ben compreso, anche se la scoperta degli entero-ormoni è stata un grande balzo in avanti. Certo è che la stipsi non è una malattia, ma una condizione dell’organismo, e fin quando essa non supera certi limiti non deve preoccupare la persona che ne è afflitta. Il medico Armand Trousseau consigliava l’impiego di una sigaretta al mattino (la sigaretta veniva considerata una pianta medicinale), ma precisava “quantunque non sia molto conveniente che una donna fumi, da non molto tempo consiglio a qualche donna di provare una sigaretta di tabacco”. Importante è bere molti liquidi durante il giorno, fare attività fisica quotidiana, aumentare senza esagerare l’introito di fibre alimentari, preferire fra i cibi proteici le carni fibrose, meno digeribili sì, ma importanti per la formazione del residuo fecale. In ultimo fare ricorso ai lassativi, meglio se di massa: infatti aumentano il volume del contenuto intestinale favorendo la peristasi naturale.

curiosità

Rinascimento scientifico, perché ci si rende conto che le conoscenze debbono essere supportate da esperienze controllate e da parte di laboratorio ma, nonostante ciò, il mito dell’autointossicazione persiste ancora: le malattie nervose erano causate, si sosteneva, da intossicazione da stasi fecale. Alla stipsi venivano imputate conseguenze disastrose sull’organismo dovute alla comparsa di microbi, tossine, veleni organici tali da togliere forza, bellezza, energia. All’inizio del XX secolo viene sostenuta una bizzarra teoria: asportare il colon chirurgicamente all’età di due anni, in quanto la stipsi provoca un tale assorbimento colico di tossine da rendere insostenibile l’azione depuratrice di fegato e reni con conseguente stato depressivo, vecchiaia precoce etc. etc. La teoria dell’autointossicazione fu confutata solo nel 1922, anno in cui fu dimostrato con esperimento che l’intossicazione non è reale, ma solo contingente, tanto è vero che con l’evacuazione i sintomi legati alla stipsi (cefalea, alitosi, astenia, lingua sporca, irritabilità) spariscono. Nel 1941 la scuola tedesca sostenne giustamente la teoria motoria, supportata dallo studio radiologico che evidenzia i movimenti dell’intestino e la progressione del contenuto intestinale. È quindi la mobilità del colon che regola


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Z3mendi

Eventi

sono atterrati

TEXT Angelo Errera

I

l 10, 11 e 12 settembre 2010 si è svolto Aeroplani, 21° raduno nazionale del Club Z3mendi all’insegna della beneficenza. Il Club, nato nel 2003 da un gruppo di amici con la passione per le auto, è dal 2008

75 equipaggi, ma soprattutto 20.000 € di beneficenza con il raduno Aeroplani un’Associazione Sportiva Dilettantistica i cui raduni spesso sono occasione per raccogliere fondi tra sponsor e soci che aiutino concretamente chi si trova in difficoltà. L’evento ha avuto il patrocinio della Regione Toscana, della Provincia di Pisa, dell’OPA di Pisa, del Comune di Pisa, Calci, Bientina

e Buti, dell’ACI di Pisa e di molti altri comuni e associazioni oltre alla preziosa collaborazione della 46a Brigata Aerea. Venerdì 10 settembre equipaggi provenienti da tutta Italia, anche da regioni più distanti come Sicilia e Valle d’Aosta, si sono ritrovati a Tirrenia (Pi). In tutto 75 equipaggi che hanno soggiornato all’Hotel Resort Regina del Mare, una struttura polifunzionale con ampi spazi verdi immersa nelle pinete del parco di San Rossore, lungo la costa pisana. Sabato, giornata da turisti, nella quale non poteva mancare una visita a Piazza dei Miracoli e alle altre bellezze della città di Pisa. Grande cena-evento poi alla sera, in cui sono stati consegnati gli “assegni” delle donazioni. 10.000 euro sono state consegnate all’Asso-

ciazione Niccolò Campo, fondata da Sergio Campo nel 2001 per aiutare il mondo dell’infanzia malata ricordando il fratello Niccolò, medico scomparso insieme ad altre 4 persone nell’incidente dell’eliambulanza Pegaso 2 avvenuto il 9 ottobre 2001 a Grosseto. La somma sarà destinata all’acquisto di protesi per il progetto Bimbingamba ideato da Sergio Campo e Alessandro Zanardi. 4.000 euro sono state donate alla Fondazione Francesca Rava che aiuta l’infanzia in condizioni di disagio in Italia e nel mondo tramite adozioni a distanza, progetti, attività di sensibilizzazione sui diritti dei bambini, volontariato. Rappresenta in Italia N.P.H. Nuestros Pequeños Hermanos (I nostri piccoli fratelli). La somma sarà destinata all’acquisto di protesi per i bambini terremota-

Nelle immagini alcuni momenti del raduno. In basso al centro Margherita Casazza con il Colonnello Nicola Catalano e il Generale Stefano Fort, comandante della 46A Brigata Aerea. In basso a destra il gruppo dei partecipanti in visita alla 46A Brigata Aerea. A destra il Sindaco di Bientina Corrado Guidi.

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ti ricoverati presso l’ospedale pediatrico N.P.H. Saint Damien di Haiti. 1500 euro sono stati consegnati al Generale Stefano Fort, Comandante della 46a Brigata Aerea, devoluti poi all’ONFA (Opera Nazionale per i Figli degli Aviatori) nata a Loreto nel 1920 in aiuto agli orfani degli aeronauti. La somma servirà a finanziare borse di studio e sussidi straordinari per gli studenti meritevoli, alleviando alcune situazioni di disagio economico. Inoltre sono state acquistate, per la Misericordia di Bientina, bombole d’ossigeno e la scheda “GSM globe trotter”, che installata sulle autoambulanze è in grado di inviare il tracciato dell’elettrocardiogramma al reparto di cardiologia e alla centrale operativa del 118. Questa

tecnologia permette di raggiungere la struttura sanitaria più idonea nel minor tempo possibile, aumentando la possibilità di salvezza del paziente. Alla serata hanno partecipato il Generale Comandante della 46a Brigata Aerea Stefano Fort, il Colonnello Nicola Catalano, il Colonnello Nuccio Torru, il Sindaco di Bientina Corrado Guidi, i maestri di scherma Antonio e Enrico di Ciolo, il ciclista ex professionista Gabriele Balducci, l’allenatore di rugby Carlo Orlandi, il Presidente del Club Z3mendi Gianni Paderni, Stefano Maffei e Daniela Bagnoli, organizzatori dell’evento, oltre ad autorità della Provincia di Pisa. Durante la serata è intervenuto telefonicamente il mitico Alessandro Zanardi che ha ringraziato per il lavoro fatto per Bimbin-

gamba e ha donato una sua tuta da pilota estratta come omaggio tra i soci. La domenica i partecipanti hanno visitato la prestigiosa 46a Brigata Aerea presso l’aeroporto di Pisa e poi il sacrario ai caduti del VEGA 10 sul Monte Serra. La giornata si è conclusa a Bientina, con una sosta nella piazza del paese di tutte le vetture e l’incontro con le autorità. Lo spettacolo della fanfara dei bersaglieri ci ha salutato in allegria. Ringraziamo vivamente tutti gli sponsor che con il loro contributo hanno permesso di realizzare questo evento. Un ringraziamento particolare per l’indispensabile supporto alla Polizia Stradale di Pisa, ai Vigili Urbani di Cascina e ai Carabinieri di Pontedera, che hanno scortato la carovana di Z3 durante i tragitti. Ci vediamo al prossimo raduno!

Alcuni momenti della serata finale presentata da Maurizio Zini di Radio Bruno. La consegna degli “assegni” a Sergio Campo per l’Associazione Niccolò Campo, a Maria Vittoria Rava per la Fondazione Francesca Rava, al Colonnello Stefano Fort per l’ONFA. La tuta donata da Alessandro Zanardi. Il Presidente della Misericordia di Bientina. La fanfara dei bersaglieri.


Interviste

vita

una

TEXT Carla Cavicchini

U

n’altezza niente male per una donna con pelle color cioccolata e due occhioni ora ingenui, ora furbi… - per vincere ci vuole grinta! - che inseguono l’amata figlia Larissa, “cioccolatino” quale mammà.

Per vincere ci vuole grinta! E a Fiona May non manca, una ne fa e cento ne pensa Entrambe portano capelli frisé, genoma dell’amata Giamaica e, mentre la piccolina gioca coi riccetti fermati da nastri colorati, Fiona May mostra il bel volto coi capelli tiratissimi all’indietro. L’ex-campionessa di salto in lungo una ne fa e cento ne pensa: attrice per Butta la luna ed altre fiction televisive, ballerina per Ballando sotto le stelle, ma anche golosona per la Kinder, con la scusa fissa:… ma tanto è uno spot! Fiona, una vita sempre in salita… “Non lo so, io vivo intensamente, senza regole da seguire, mi occupo di tante cose è vero, e quindi mi ritengo fortunata; metto impegno in tutto ciò che faccio, e questo mi gratifica non poco. S o n o u n a

FIONA MAY

in salita

donna ostinata che va avanti ponendo in primis la qualità più che la quantità”. Quando vediamo la sua bambina in tv per gli spot sembra si diverta molto… “Sì, è un bel gioco per lei, conosce tutto, saltella sempre qua e là, e con la regista - tra l’altro spagnola - va d’accordissimo: praticamente è come se fosse a casa sua. Lo spot dura il tempo che dura… poco più che attimi, in realtà è un lavoro di quattro giorni, con Larissa sempre giocosa e tranquilla. Le piace molto recitare, ed io non l’ho certamente costretta. Quanto alla golosità… oddio, lo siamo entrambe, è sempre guerra tra noi, anche se la sorellina, Anastasia, per il momento non mangia dolci, ed è giustissimo così”. Ultimamente abbiamo visto la più grandicella sfilare giocosamente a Pitti… Già, fa anche la fotomodella, disinvolta come sempre, ed io sono più emozionata di lei quando la vedo. Ha… giocato, sì, questo è il termine giusto, in un viaggio ultrafantastico verso il Sud Africa tra safari ed avventure a stretto contatto con gli animali e la natura. In terra, sui tappeti, c’erano elefanti, scimmie, giraffe, zebre - chiaramente di pezza - per far assaporare a lei e alle altre bimbe l’emozione della moda come mezzo di scoperta e crescita”. E lei che rapporto nutre con la moda? “Come qualsiasi donna... prendo, compro, forse anche troppo! d’altronde la mia vita prima era anche troppo sportiva e quindi...” Una specie di rivalsa? “Sì, direi di sì”. Ho il 42 di piede, non è facile trovare la scarpa giusta, però quando trovo i miei numeri... è diventata una vera e propria mania. Per non parlare

delle borse, d’altronde tutte noi abbiamo le nostre manie, non trova?” Fiona parla velocissimamente e con forte accento english, tanto che tali caratteristiche la rendono ancor più particolare, ma è d’una tal grazia, che di snob ha proprio poco. Anzi, niente, direi che… ha solo di spot! L’osservo in tutta la sua altezza: supera il metro e ottanta ed è “tirata” come una corda di violino. Ecco perché i suoi record segnavano così bene il salto in lungo e salto triplo. Roba da gazzelle signori miei! Ma rientro nei ranghi domandando ancora: È vero che dopo la nascita di sua figlia Anastasia ha donato il cordone ombelicale? “Yes, verissimo, per tutte e due le figlie.


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Donare è basilare, quale contributo alla ricerca scientifica. Chiaramente ho dovuto subire controlli ed ancora controlli, ma è giusto, deve essere così, ne è valsa proprio la pena”. Viviamo in una società sempre più multietnica: lei se non erro vive a Calenzano, e allora le chiedo: come vengono visti gli extracomunitari? “Ho vissuto quattro anni nel cuore di Firenze e poi mi sono trasferita; mi trovo

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meglio. Dico che ci vuole tanta ed ancora tanta pazienza, poiché la mentalità italiana è molto indietro rispetto a Francia, Inghilterra, Germania... e quindi bisogna guardare al futuro in maniera ancora più aperta”. Lei fa anche beneficenza? In che misura si occupa di sociale? “Sì, come no! Faccio da testimonial per enti italiani, ed anche per l’Inghilterra, ben contenta che - finalmente! - le donne rie-

scono sempre più a ribellarsi nei confronti del maschio-padrone. La violenza fisica e verbale è un’atrocità, di conseguenza bisogna alzare la voce ancor più in proposito; un grazie di cuore va alle associazioni di tutela, affinché gli abusi non debbano essere più dei tabù”. E brava Fiona capace di metter molta sostanza nelle parole, capendo che la vita si affronta sì coi salti, ma soprattutto con buona dialettica.


Sport

lfred

TEXT Gaia Simonetti

C

osa è il ciclismo? Provate a chiederlo ad Alfredo Martini. Gli occhi si illuminano e il sorriso solca il viso. “È una disciplina che ti insegna le regole e ti fa alzare da tavola per affacciarsi alla finestra, quando passa la corsa”.

“il ciclismo è una disciplina che ti insegna le regole e ti fa alzare da tavola per affacciarsi alla finestra, quando passa la corsa” Ciclista professionista dal 1941, Commissario tecnico della Nazionale dal 1975 al 1997, il grande saggio, a pochi mesi dalle novanta candeline, si emoziona ancora per la bicicletta. A conferma che il primo amore non si scorda mai. “L’emozione non ha tempo - racconta mentre ritaglia i giornali sportivi con gli ultimi risultati di una tappa - si soffre e si gioisce. È uno sport che si vive e fa vivere intensamente”. Ieri Alfredo Martini non risparmiava consigli e suggerimenti a Franco Ballerini,

Martini

oggi con lo stesso affetto e saggezza li tramanda alla nuova guida della Nazionale di ciclismo, Paolo Bettini. La casa di Alfredo Martini è piena di trofei, coppe, medaglie, ma anche targhe, libri sulla sua vita e foto. Un fiume di immagini che hanno vinto la corsa contro il tempo e ci raccontano l’Italia del passato, come un puzzle con le tessere che si incastrano alla perfezione. Fa contrasto con il legno scuro del tavolino, la cornice d’argento che ritrae Franco Ballerini. Impossibile dimenticarlo. Il suo ricordo, a distanza di quasi un anno dalla scomparsa, è sempre nitido perché non è solo una foto che lo mostra con il volto annerito di carbone e con il sudore nella Parigi-Roubaix, che lo fa ricordare. “Franco è nel mio cuore, ma anche in quello di tutti coloro che lo hanno conosciuto

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Professionista dal 1941 al 1957, vinse una tappa al Giro d’Italia 1950. Successivamente fu commissario tecnico della Nazionale italiana. Martini vinse il Giro dell’Appennino nel 1947, il Giro del Piemonte nel 1950, una tappa al Giro d’Italia 1950 che concluse al terzo posto dietro Koblet e Bartali vestendo la maglia rosa per una tappa, e una tappa al Tour de Suisse 1951, concluso al terzo posto dietro Kubler e Koblet. Come direttore sportivo fu alla Ferretti e alla Sammontana dal 1969 al 1974 e vinse il Giro d’Italia 1971 con lo svedese Gösta Pettersson. Da commissario tecnico della nazionale dal 1975 al 1997 ha condotto a conquistare la maglia iridata Francesco Moser nel 1977 a San Cristóbal (Venezuela), Giuseppe Saronni nel 1982 a Goodwood (Gran Bretagna), Moreno Argentin nel 1986 a Colorado Springs (Stati Uniti), Maurizio Fondriest nel 1988 a Renaix (Belgio), Gianni Bugno nel 1991 a Stoccarda (Germania) e nel 1992 a Benidorm (Spagna). Dal 1998 è supervisore di tutte le squadre nazionali di ciclismo e Presidente Onorario della Federazione Ciclistica Italiana; contemporaneamente abbandona il suo pluridecennale incarico di CT della nazionale, lasciando il posto ad Antonio Fusi. Nel febbraio 2008 è uscito il libro Alfredo Martini, memorie di un grande saggio del ciclismo di Franco Calamai, che ripercorre, i ricordi e gli aneddoti di una vita passata nel mondo delle due ruote.

Notizia

A

in sella con


e che hanno avuto la fortuna di stare con lui” racconta l’ex Ct. Mi mostra un ritaglio di giornale. Riporta la data del 30 settembre scorso e a caratteri cubitali primeggia la Toscana. “Lo conservo perché descrive un giorno storico - confessa Martini - quello della candidatura ufficiale della Toscana, con Firenze, Lucca, Montecatini Terme e Pistoia che ospiteranno i Mondiali di ciclismo del 2013”. È per Franco, ma anche per Bartali e per tutti gli altri che ci hanno lasciato troppo presto”. È la vittoria del “Ballero” che tanto aveva voluto questo evento nella sua regione, che mai aveva ospitato la corsa iridata”. “Il ciclismo è lo sport che più di ogni altro somiglia al lavoro. A un lavoro umile. Quando le sofferenze diventano sempre più dure, correndo sotto la pioggia, la grandine, oppure la neve, quando i morsi del freddo lungo le discese diventano insopportabili, quando devi gareggiare sotto il sole che picchia, l’amore degli appassionati diventa adorazione per i corridori”. Parola di un grande saggio che ha vissuto il ciclismo. E quando Alfredo Martini lo racconta, la gente si alza in piedi ed applaude. Stima ed orgoglio vestono la stessa maglia. 1. Alfredo Martini 2. Ballerini e Martini 3. A destra Alfredo Martini

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Moda

Vogliadi TEXT Isabella Giomi

P

anta rei: tutto scorre, sosteneva Eraclito. Così come il tempo con il divenire delle stagioni, anche la moda di conseguenza. È così che negli ultimi mesi, anticipando questo inevitabile passaggio climatico, le settimane della moda tenutesi a Milano, Parigi,

Di fianco al bianco e al nero, eterni signori dello stile ben lontani dal timore di un declino, si stagliano colori brillanti... Londra e New York, ci hanno presentato le nuove collezioni per la primaveraestate 2011. Di fianco al bianco e al nero, eterni signori dello stile ben lontani dal timore di un declino, si stagliano colori brillanti, fusi tra loro in una mescolanza ancestrale che profuma d’un esotismo anti-

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co, e richiama alla mente il calore etnico dell’Africa e la cultura dell’Oriente. Tra frange, motivi floreali, stampe animalier, tagli asimmetrici, pizzi, ruches e volant, la moda in arrivo per la stagione calda ammalia e affascina, dettando nuovi schemi stilistici e confermando tendenze già in voga, riuscendo, grazie alle sue fantastiche proiezioni fatte di tessuti impalpabili, a distogliere la nostra attenzione dal gelo incombente, già pronto ad attanagliarci nella sua morsa. L’excursus stilistico è iniziato l’8 settem-

bre con la Fashion Week di New York, che ha presentato le sue glorie: dalla raffinatezza e le vaghe note bon-ton di Donna Karan alle stampe multiformi di Diane Von Furstenberg, passando per le linee morbide e le tinte ispirate al tramonto proposte da Marc Jacobs. Il 17 settembre ha poi segnato il turno

Immagini tratte da www.style.popcrunch.com e www.kikapress.com


della Fashion Week di Londra. A farla da padroni nella capitale britannica, marchi di notevole prestigio quali Burberry, che ha illuminato tinte neutre con tocchi di colori sgargianti; Paul Smith, con i suoi capi dal taglio maschile; l’irriverente, strepitosa e bizzarra Vivienne Westwood; e Matthew Williamson, che

ha unito ai colori caldi della terra quelli freddi e ipnotici del crepuscolo. Il 22 settembre il testimone è passato quindi all’Italia, con la Settimana della Moda di Milano, che ha dato a Gucci l’onore e l’onere di aprire le danze, presentando capi con linee pacate e definite al tempo stesso, tinti d’azzurro, viola, verde e arancione, screziati d’oro e intarsiati di pietre preziose, listini in pelle e frange. Il compito di chiudere l’appuntamento con la moda italiana è spettato ad Armani: da sempre uomo del rigore, della classe e di una femminilità seducente nascosta dietro giacche sartoriali, Giorgio Armani ha tracciato stavolta l’immagine di una donna-tuareg, vestita di blu e di un’eleganza innata, di un’aura che la rende imperturbabile e divina

nella sua raffinata sobrietà. A terminare in bellezza la presentazione delle tendenze moda per la primavera estate 2011, dal 28 settembre al 6 ottobre è stata Parigi, dove hanno spiccato il connubio di stili proposto da John Galliano per Dior, impossibile da catalogare in una chiave stilistica definita e definitiva; il compromesso tra minimalismo ed eccesso di Chanel e la classe sinuosa delle linee dei capi Lanvin. Sedotti da questo tripudio di fantasie e colori, dopo aver preso nota dei trend che il quadrilatero della moda ci ha mostrato, non ci resta che munirci di sciarpa, capello e guanti, e affrontare il rigido clima invernale nella prospettiva della prossima primavera, lontana dagli occhi ma sempre vicina al nostro cuore.


Cronache Mondane

BOBO mania TEXT Domenico Savini

C

onfesso una mia debolezza. Le serate, autunno-inverno, preferisco passarle con gli amici al Boston T. di viale Europa. Non si creda però a pubblicità più o meno occulta. Il fatto è che i miei amici ed io non abbiamo più età da discoteca e non facciamo nemmeno ore troppo tarde. Per chi ama invece uscire la sera per un aperitivo o magari una cena a lume di candela, è assolutamente un must per la stagione il caldo ed accogliente locale di viale Europa. Le serate iniziano presto: la musica dal

Serate d’inverno tra locali alla moda e beneficenza vivo, l’ottima cucina: è tutto impeccabile. E poi il proprietario: Bobo per gli amici, vero anfitrione delle notti fiorentine, amato da tutti, dalle serie A in giù (tutti i giocatori della fiorentina frequentano il locale). E per noi autori delle cronache mondane è un punto fermo, una bobomania! Se c’è un nome che ricorre al femminile per le raffinate relazioni pubbliche, è quello di Moreschina Fabbricotti. Se è vero che Moreschina rima con regina, mai tale intreccio poetico è stato più appropriato. La giovane aristocratica, che discende da un’illustre casata di Carrara, imparentata con la più antica nobiltà fiorentina, è indiscutibilmente colei che progetta e crea serate. Ad esempio aperture di alberghi; resta mitico il doppio ricevimento per l’inaugurazione dell’Hotel Salviatino, per vernissage o quanto altro, dando un’impronta di vera classe ad ogni evento. I suoi ospiti sono sempre di qualità, le sue liste selezionatissime. E come non parlare di Loretta Grazzini e della sua monumentale opera sugli ottanta anni della Capannina di Forte dei Marmi? Domenica 5 dicembre all‘Harry’s Bar sotto l’alto patronato del direttore del locale Fiorenzo Smalzi; la presentazione ha avuto toni di eleganza e buon gusto, con un brunch da... leccarsi i baffi! Presenti tra gli altri il marchese Lorenzo Medici Tornaquinci, il marchese Giuseppe Ferraioli con la fidanzata Olga, la baronessa Tuzzi Maestrelli proprietaria del palazzo Gianfigliaz-

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zi, Dada Del Rosso, i Fioravanti, il giornalista Simone Innocenti. A questa presentazione farà seguito la prossima, prevista per il 16 Dicembre a Montecatini. Ed il 15 ancora auguri di Natale: Isabella Pratesi, con le amiche Giosi Pozzi e Roberta Bastagli, hanno convocato gli amici per un drink alla Bottega 53, in via Santa Caterina d’Alessandria, e qui albero di Natale, dipinti, auguri, regali, ritratti, spritz e panettone. Fervono le serate pre-natalizie, la stagione mondana è in pieno fermento, c’è chi addirittura ha quattro o cinque inviti per sera! La celebre boutique Luisa di via Roma ha dato un cocktail a lume di candele, mentre nello stesso momento al Museo Marini ed a seguire al cinema Odeon, pronuba l’amica di tutti Selvaggia Velo inaugurava, con grande successo, il festival del cinema indiano. Una delle serate più spettacolari è stata senz’altro quella per l’inaugurazione della mostra sulla creatività di Ferragamo, dove si è data convegno non solo tutta la Firenze che conta ma anche ospiti dal resto d’Italia e d’Europa. Per ammirare gli storici modelli delle scarpe più belle del mondo, a proseguire nei saloni un fastosissimo ricevimento con decorazioni floreali e trionfi di torte che riprendevano i colori della celebre maison fiorentina. Ed infine, come in una bella favola, que-

sta attesa del Natale avrà il suo culmine nella giornata benefica a favore dell’Istituto degli Innocenti curata dalla bravissima Cecilia Sandroni. All’Hotel Four seasons, si potranno percorrere i viali del meraviglioso giardino tra cedri secolari, assaggiando caldarroste e cioccolato caldo, in un’atmosfera surreale. L’anno scorso c’era la neve ed il paesaggio era, lasciatemelo dire nella lingua che preferisco, “enoubiable”! Nelle immagini: Bobo con la moglie Natalia e Domenico Savini, Domenico insieme alla principessa Giacinta Ruspoli e al duca Amedeo di Savoia Aosta


M H

come sentirsi a casa

Novità

artini ome TEXT Giampaolo Russo

U

n prezioso patrimonio “genetico” è alla base del segreto professionale della Martini Home, segmento della più nota Martini Guido srl, leader nel settore della ferramenta. La passione e la curiosità nel rendere attraente ogni microcosmo domestico ha spinto quest’intraprendente clan familiare ad estendere i propri e ormai consolidati confini aziendali. L’esperienza accumulata in 60 anni di onorata attività ha garantito solide fondamenta, sia per quanto riguarda la conoscenza dei canali distributivi sia per quanto concerne la prassi finanziaria. Assoluta originalità ed esclusività sono le etichette distintive dei prodotti offerti (che verranno esposti alla prossima fiera di Arezzo): teli multiuso tessuti a telaio in puro

cotone da destinare al bagno, alla tavola e alla casa in generale, una linea di articoli naturali e artigianali da bagno e hammam, una collezione di ceramica, piatti e oggettistica firmata Martini Home. Tenui aspettative e spiccata determinazione hanno preceduto questo progetto, quasi a voler testare delle capacità, già ampiamente sostenute da risultati di successo decennale, ed anche stavolta le soddisfazioni sono giunte puntuali e meritate. Il futuro prevede l’allargamento dell’offerta, puntando sempre all’assoluta esclusività, il perfezionamento del reparto organizzativo e il restyling a livello di immagine al fine di dare al cliente un prodotto che rispecchi a 360° la coordinazione e la qualità del marchio Martini.

MARTINI GUIDO srl I T A LY

-

T U S C A N Y

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Società

CELEBRAZIONI 2011

Unità d’Italia

tra

TEXT Pierluigi Carofano

T

ra poco meno di un anno il mondo intero celebrerà, ciascuno dalla propria parte, con i proprî sentimenti e stati d’animo, l’anniversario dell’11 settembre 2001. L’Italia, devotamente impe-

Con l’implosione delle Twin Towers è crollato il mito stesso dell’allegra onnipotenza consumistica... gnata a celebrare il cento cinquantenario dell’Unità, dovrà fermarsi, almeno per qualche giorno, a riflettere sul significato di ciò che a livello socio-antropologico ha significato quell’evento nella vita di tutti noi. Ho deciso di occuparmi di questo tema decisamente in anticipo, per di più in un periodo natalizio, perché non credo molto agli eventi a comando, ai sentimenti ad orologeria, agli stati d’animo che mu-

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tano repentinamente soltanto a pensare al “Giorno della memoria”. Certamente, l’immissione nel nuovo secolo e ulteriore millennio è stata profondamente scossa dal tragico evento dell’11 settembre a New York: l’implosione delle Twin Towers. Qualcosa di più che un’immane tragedia con il suo carico di alcune migliaia di morti, con il peso evidente di responsabilità prossima, diretta, degli attentatori, ma anche di responsabilità remota e non perciò meno determinante di chi, con i propri comportamenti economici e politici, ha concorso a motivare il disperato segnale di quella folle iniziativa. La cui portata clamorosa si consegna tuttavia soprattutto nella risonanza emblematica dovuta all’implosione in diretta televisiva mondiale che ha reso stupefacente e tragicamente spettacolare (quasi una performance cinematografica) l’evento, imponendo il segnale allarmante d’una necessaria e profonda riflessione critica. Con l’implosione delle Twin Towers

è infatti crollato il mito stesso dell’allegra onnipotenza consumistica, dell’esasperata concentrazione del grande numero, di cui il grattacielo attuale – nonostante le ipertrofiche fantasie degli architetti giapponesi o coreani di turno - costituisce la condizione immaginifica topica dell’innaturalità eterodiretta di uno stato di sostanziale alienazione, culturale, psichica, di riduzione dello spessore umano a livello merceologico, oggettuale, meramente segmento d’un circuito chiuso di coatto produttore e insieme di coatto consumatore. Le Twin Towers, ferite profondamente dall’impatto degli aerei dirottativi, non hanno in realtà retto proprio nella loro presunta solidità strutturale. Sono fuse, sono implose su se medesime (come riconosciuto, con profondo senso di colpa, dai progettisti e dai costruttori) per inadeguatezza ipertecnologica, per noi tutti quale limite emblematico tragico di esibizione esasperata di una idolatria consumistica che sospinge la produttività minandone sostanzialmente la qualità. Con le Twin Towers emblematicamente si è disfatta la presunta evidenza dell’onnipotenza consumistica, dell’innaturalità alienante che lede alle fondamenta le virtualità sia dei paesi poveri sia dei paesi ricchi del mondo. Il loro crollo inopinato, inimmaginabile, ha rappresentato una sostanziale resa dei conti: non soltanto come distruzione d’un mito d’intangibilità territoriale dell’unica superpotenza mondiale rimasta, ma di una profonda disfatta dei rapporti fra popoli, fra aree e componenti del contesto economico mondiale. Ne deriva una riflessione che s’insinua nell’immaginario psicologico contemporaneo sempre più sollecitando lo scrupolo d’un riscontro di verità, che è a livello d’una basica, fisiologica, psicologica naturalezza, d’una recuperata naturalità antropologica. Problema che investe tutto il nostro vissuto, ogni ambito d’attività sociale. Anche il nostro che è quello


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settembre

di leggere criticamente i linguaggi delle arti della visione. E nella fattispecie sollecita ad un’autenticità di comportamenti, di progetti, di azioni, di realizzazioni secondo un modello formativo. Chiedendo di essere non soltanto fedeli ma progettualmente creativi, incoraggiando i giovani ad operare scientificamente, correttamente, in modo aperto e problematico, originalmente, resistendo nella consapevolezza di una continuità evolutiva di rapporti, di una necessaria sostanziale continuità di tramandi. Contro mode, contro pervasive induzioni consumistiche, contro l’inautenticità eretta a sistema, a parametro del reale, la catastrofica implosione delle Twin Towers costituisce a quasi dieci anni di distanza la rappresentazione dell’eclatante disfatta dell’Occidente più oltranzista ed invasivo.


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ANALISI CHIMICHE IGIENE AMBIENTALE CONSULENZA ALLE IMPRESE AGENZIA FORMATIVA

Labostudio S.r.l. Via del Bosco, 71 - 56029 - Santa Croce sull’Arno (PI) Tel. 0571.33313 - Fax 0571.34572 www.labostudio.it - labostudio@labostudio.it


L

abostudio srl opera da oltre vent’anni fornendo ai propri clienti servizi altamente qualificati nei settori della chimica, dell’ambiente, della sicurezza e igiene del lavoro, delle sostanze pericolose (ADR, REACH, Schede di sicurezza) e dei rifiuti.

Chiunque smetta di imparare è vecchio, che abbia 20 o 80 anni. Chiunque continua ad imparare resta giovane. La più grande cosa nella vita è mantenere la propria mente giovane Henry Ford Labostudio è strutturato in tre grandi comparti: LA CONSULENZA L’AGENZIA FORMATIVA IL LABORATORIO CHIMICO Le attività si coordinano e si integrano in modo da fornire alle aziende un servizio efficiente e personalizzato. I cambiamenti del mondo del lavoro e delle metodologie di trasmissione e apprendimento di nozioni hanno incrementato la richiesta, da parte delle aziende, di nuove

risorse specializzate. Oggi è possibile avvicinare i lavoratori al mondo del lavoro anche garantendo loro una formazione specifica e continua, con un programma didattico di alto livello in grado di conferire professionalità e conoscenza. Questa necessità del mercato ha spinto LABOSTUDIO srl a sostenere e favorire lo sviluppo professionale dei lavoratori incrementando lo spazio a disposizione per lo svolgimento di attività di formazione. E’ stata infatti creata una nuova aula adatta alle nuove esigenze. La direzione di Labostudio srl ritiene che l’insegnamento di metodi e teorie sia altrettanto importante per svolgere al meglio il proprio lavoro e l’avere creato questi nuovi spazi ne è un’ulteriore testimonianza. Siamo infatti convinti che il personale sia il capitale vero su cui investire e questo cerchiamo di trasmetterlo anche alle aziende nostre clienti. L’aula è attrezzata con tutto il necessario per svolgere incontri formativi o socio-culturali in completa autonomia. Sono infatti a disposizione una parte per il ricevimento, la postazione con il PC, il videoproiettore di ultima generazione e i servizi. Per chi ne avesse necessità, i nuovi locali saranno infatti disponibili anche per l’organizzazione di eventi culturali, sociali, convegni, seminari e presentazioni da poter organizzare in totale autonomia o con il supporto logistico dello studio. Vi informiamo inoltre che sono già state organizzate alcune attività per l’anno 2011: l’otto marzo verrà allestita una mostra di pittura dal titolo “la donna negli occhi degli uomini”. Sarà anche organizzato un concorso fotografico sul tema “immagini dal mondo del lavoro” che sarà premiato nel mese di settembre con relativa mostra delle fotografie presentate.

Formazione

nuovi per la spaziformazione professionale

In occasione del periodo natalizio alle porte, LABOSTUDIO srl è lieto di invitare i propri clienti il giorno Martedì 21 dicembre 2010 presso la propria sede dalle ore 9:00 fino a tarda mattinata per “LA COLAZIONE DEGLI AUGURI”, un appuntamento per un saluto e per la visione dei nuovi spazi a disposizione dei clienti.

LABOSTUDIO srl Via del Bosco 71 56029 Santa Croce sull’Arno Tel. 0571. 33313 - Fax 0571. 34572 labostudio@labostudio.it www.labostudio.it

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di Luciano Gianfranceschi

A L N AT U R A L E

TECNOPELLI

Si parlava tanto d’innovazione tecnologica, ma come se fosse impossibile mantenere alla pelle la naturalezza. Ebbene, chi l’ha fatta, ora lavora. Ed è anche per questo che nel Distretto industriale di Santa Croce sull’Arno la produttività va un po’ meglio degli altri poli conciari. Tale è il responso significativo di Lineapelle a Bologna. NASCERE, CRESCERE, EVOLVERSI È il motto significativo che accoglie alla conceria Panchetti e Soldanelli. E Paolo Panchetti racconta addirittura l’emancipazione globale. “Le griffe americane ordinavano e facevano spedire le consegne in oriente. Ora sono venuti gli orientali ad acquistare in proprio, quantitativi veri per lavorazione. Un salto di qualità: infatti hanno guardato, oltre al pellame, anche le calzature già realizzate. E vogliono continuare a pagare in dollari, perché più vantaggioso per loro”. VEGETALIZZATI “I cinesi sono rimasti incantati dai mezzi vitelli vegetalizzati, invecchiati e lavati. Vuol dire – osserva Luca Grasso, conceria Mangusta - che sanno lavorare, perché questo pellame si presta ad essere caratterizzato per calzature che non passano inosservate”. Aggiunge Irene Caponi: “Aspettando il ritorno degli americani, sono gli orientali i più interessati”. LUCIDO O SCAMOSCIATO? Indaffarati, allo stand Ambassador, sono Giuseppe Borioni e Gianni Sant’Andrea. “Paciotti e Prada hanno fatto una calzatura in crosta la cui tomaia è in parte scamosciata sul davanti e in parte resta lucida sul tallone”. Le scarpe sono fatte a mano, e sul pellame che viene fornito dalla conceria si può ampliare e diminuire la fascia lucida, oppure quella opaca, secondo lo stilista. CAMBIO DI COLORE Una sobria borsa grigiastra quando si va al lavoro, si colora per la pausa pranzo oppure quando siamo all’aperto. Tutto questo sarà possibile, grazie a pigmenti fotosensibili a seconda del clima; come succede già con le automobili. Ne ha dato una dimostrazione pratica Roberto Carrai, un chimico ora alla Centralkimica, ma che ha contribuito all’innovazione tecnologica conciaria. LIVREA “Da tempo le imitazioni rettile hanno raggiunto vertici, ma il coccodrillo ha una particolarità: la cosiddetta “livrea” originale, sul dorso, che poco dopo la morte dell’animale scompare, e conciarli subito è difficile. Pertanto tra gli intenditori è una garanzia di vero coccodrillo”. Ebbene, qui la livrea c’è… e dunque per fare un figurone in un regalo al gentil sesso non occorrerà più svuotare il portafoglio, osserva Paolo di Sandro alla conceria Camaleonte. STRETCH Pellami come tessuto. Presso LMF Biokimica il tecnico Claudio Rosati presenta una pelle “elasticizzata, traspirante, completamente ecologica perché la conciatura della pelle di montoni/incrociati è esente da cromo, e il tessuto sull’altro lato è 100% cotone”. MORBIDI Lo stilista Sergio Belloni, con la partner Carmen Rimoldi, consulenti di Taddei & Manzi, ribadisce che “va il morbido in tutte le sue declinazioni, soprattutto quella naturale”. Anche per quei materiali che si davano per scontato fossero un po’ più rigidi, come gli spazzolati o i vegetali, s’è lavorato molto di riconcia, rendendo morbidi anche materiali che storicamente non si poteva fare, non si riusciva a fare”. SCAMOSCIATA AL VEGETALE Una scarpa da bambino attirava l’attenzione allo stand Itaca. E’ in crosta scamosciata, ma conciata al vegetale. “Siamo i primi, e finora gli unici, riusciti a farla. Basta toccarla, e lo scamosciato si chiude: perché la concia è al sego. Se la scarpa viene spazzolata, prende anche l’effetto vintage. Ed è l’unica crosta – concludono Vieri Favilli e Florio Malvolti - sulla quale si può fare il marchio a fuoco”.


I commenti sono già favorevoli, anche se, trattandosi della moda autunno/inverno 2011-12, la produttività è attesa all’inizio dell’anno nuovo, cioè tra qualche mese. E sicuramente gli ordini non si faranno attendere: per il pellame destinato alle vetrine di gran moda nel mondo. CONCERIE TRAINANTI Carismi era presente con il presidente della Fondazione, Alessandro Bandini, il vicepresidente Antonio Salini Guicciardini, e il direttore generale della Cassa Piergiorgio Giuliani. Che parla chiaro: “Il territorio sanminiatese è presente con le concerie di qualità e di moda, che in fiera sono quelle trainanti”. Aggiunge Bandini: “Ormai le prospettive sono quelle di un risveglio”.

SERIETÀ Aggiunge il direttore di Assoconciatori, Piero Maccanti, presente anche il vice Aldo Gliozzi: “Le caratteristiche del pellame attirano, ma c’è anche la serietà dell’imprenditorìa che garantisce la consegna di prodotti perfettamente identici a quelli visti in mostra. Ma quando riparte il lavoro, ripartono anche gli aumenti di grezzo e prodotti chimici”. STUPORE Nello stand di Giovanni Tempesti incontriamo il sindaco di San Miniato, Vittorio Gabbanini. “Tutti gli anni trovo pelli più fantastiche, mi stupisco di come si riesca a fare con la ricerca e l’innovazione articoli d’altissima qualità. Bisogna continuare a credere in queste aziende che da sessant’anni stanno producendo ricchezza sul territorio”. Sono presenti la vice sindaco Chiara Rossi, il consigliere Mauro Quagli, Paola del Consorzio Conciatori di Ponte a Egola; oltre al comandante della compagnia dei Carabinieri Gianluca Rossini. CONSUNTIVI Anche il direttore del Consorzio conciatori di Ponte a Egola, Damiano Ciurli, vede positivo: “I consuntivi verranno fatti a tempo debito, ma l’effetto è già tonificante sul piano psicologico”. E comunque non nasconde altre preoccupazioni per il cambio del dollaro al ribasso, per il grezzo che tende al rialzo insieme ai prodotti chimici. Effetti che di solito… confermano la ripresa.

DESTINATI ALLE VETRINE DI MODA

MOVIMENTO Per il Comune di Santa Croce, c’erano l’assessore Alessandro Valiani con il sindaco e la vice Giulia Deidda. “Molto movimento - dichiara Osvaldo Ciaponi. Gli imprenditori, compreso il presidente Alessandro Francioni, sono soddisfatti di come sta andando la fiera: non a macchia di leopardo, ma favorevolmente per la maggior parte delle aziende, essendoci novità concrete”.

foto Marco Bonucci e

Mauro Rossi


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call center

è un

e non lo sapevi?

Lavoro

la tua azienda

TEXT Sergio Matteoni

Q

uando sentiamo parlare di Call Center ci vengono in mente ampi saloni in cui un numero cospicuo di persone stanno sedute dietro a bassi separé di fronte a piccole scrivanie con avveniristiche cuffiette in testa e sguardi fermi su schermi di computer mentre parlano continuamente con interlocutori sconosciuti. In realtà il concetto di Call Center può essere applicato a qualsiasi azienda medio piccola, più o meno a tutte quelle che hanno un centralino, praticamente il 90%. I concetti che stanno alla base sono gli stessi: ogni azienda ha del personale che a tempo pieno o mentre svolge altre mansioni deve rispondere alle richieste dei clienti, ogni azienda ha dei clienti che la chiamano

Il concetto di Call Center può essere applicato a qualsiasi azienda medio piccola con l’aiuto dei software di CRM (Customer Relationship Management) per avere informazioni sui suoi prodotti prima di completare l’acquisto (pre-vendita) oppure per avere spiegazioni sull’utilizzo degli stessi o sulla documentazione amministrativa od ancora sullo stato dell’ordine se pendente (post-vendita). Un Call Center è fatto di questo, operatori che comunicano con clienti cercando di servirli al meglio. Quindi le stesse regole di un Call Center

possono essere applicate anche ad un’azienda; a questo punto potremmo analizzare quali sono i punti di forza di un Call Center valido e ben funzionante ed applicarli alla nostra azienda. La prima regola di un buon Call Center è rispondere dopo pochissimi squilli, questo ha fatto sì che molti Call Center, ma anche molte aziende, usino dei risponditori automatici, i quali però devono essere programmati in modo da evitare lunghi messaggi o complicati menu di opzioni in cui il cliente spesso si perde e da cui può scappare facilmente riagganciando. È sempre bene, dove si usino i risponditori, dare una scorciatoia per accedere velocemente all’operatore (“in qualsiasi momento digitare zero per parlare con un operatore…”). La seconda regola è la gentilezza e competenza degli operatori ed aggiungerei anche l’umiltà, in tal senso è importante che l’operatore si renda conto immediatamente se può rispondere alle richieste del potenziale cliente oppure se è meglio passarlo ad un collega o prendere nota, aprire una chiamata e farlo richiamare al momento che il collega più adatto sia di nuovo disponibile. È molto meglio evitare di perdere tempo in due (operatore + cliente) senza arrivare a concludere niente piuttosto che tentare e finire magari per dare informazioni sbagliate o che tendano ad aumentare le aspettative del cliente rispetto alle reali qualità del prodotto. Per quanto riguarda la gentilezza credo che a tutti noi sia capitato di chiamare un’azienda e sentirsi rispondere un semplice “Pronto..” magari anche un po’ sgarbato e con voce cavernicola. Almeno per quanto mi riguarda non è stata una bella esperienza. Tutti

preferiamo che ci risponda una voce gentile (è indifferente se di uomo o di donna, a dispetto di quanto si può credere) che, anche senza usare le frasi da manuale come “Ditta Rossi e Verdi srl buongiorno, mi chiamo Daniela, come posso esserle utile?” che sono talmente lunghe che spesso chi sta dall’altro capo del telefono viene colto da un irrefrenabile voglia di interromperle, ci accoglie con un semplice “Ditta Rossi e Verdi buongiorno”; efficace, breve, da subito spazio alla richiesta del cliente. La terza regola è la collezione delle informazioni sul cliente; numero chiamate, ultima chiamata fatta, argomento trattato, chi è all’interno dell’azienda l’interlocutore abituale di quel cliente, se ci sono chiamate aperte e via di seguito. È importantissimo che il cliente possa sentirsi accolto e riconosciuto come tale, deve sentirsi importante e percepire che la sua richiesta è stata presa in seria considerazione, si deve evitare di richiedere ulteriormente le stesse informazioni ogni volta che chiama o che viene passato da un interno all’altro. In quel momento deve sentirsi il Cliente e non uno dei tanti. Per quest’ultimo punto ci viene in aiuto la tecnologia informatica con i software di CRM (Customer Relationship Management). WORKLAND CRM Tel. 0571.366980-367749 Fax 0571.367755 www.worklandcrm.it Novità per le imprese della Regione Toscana: contributi a fondo perduto per l’acquisizione di consulenza per l’innovazione organizzativa e di soluzioni per il recupero di competività

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Ambiente

fotovoltaico e certificazione acustica degli

edifici

TEXT Dott. Federico Ghimenti

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lcuni Comuni della Regione Toscana, tra cui il Comune di Castelfranco di Sotto, prevedono l’ottemperanza al “Regolamento per l’edilizia bio-eco sostenibile”; il regolamento è un documento tecnico che traccia le linee guida per chi opera negli enti pubblici e privati.

L’energia che conviene te la paga il sole! Verso un’edilizia bio-eco sostenibile Obiettivo del presente Regolamento è quello di disciplinare le trasformazioni edilizie secondo criteri di compatibilità ambientale, eco-efficienza energetica, confort abitativo, salubrità degli ambienti interni, incentivando il risparmio e l’uso razionale delle risorse primarie, la riduzione dei consumi energetici, l’utilizzo di energie rinnovabili.

In particolare nel caso di realizzazione di un Lotto (edificio e sua area di pertinenza non edificata) deve essere fatta particolare attenzione agli aspetti acustici e termici dell’immobile nonché alla produzione autonoma di energia termica e elettrica. Nello specifico sono previsti: La Diagnosi Energetica, Isolamento Acustico, Progettazione e Collaudo, Produzione di acqua calda sanitaria mediante Pannelli Solari, Produzione di energia elettrica, pari ad almeno 1 kW mediante Pannelli Fotovoltaici. Per questi aspetti sono erogati importanti contributi come il Conto Energia erogato dal GSE che permette al sole di ripagare l’impianto fotovoltaico.

Delta Consulting s.r.l. Via Puccioni, 4 56029 Santa Croce sull’Arno PISA Tel. 0571.34503 Fax 0571.34504 www.consultingdelta.it

Un esempio Un impianto fotovoltaico per una abitazione con: (costi IVA esclusa) Potenza complessiva di Consumo annuo di circa Costo impianto circa Risparmio costo energia elettrica medio annuo Contributo conto energia annuo (per 20 anni)

3,4 kWp 4.300 kWh 15.000 € 534,00 € 1.747,00 €

In definitiva l’impianto in 20 anni ha un costo di circa € 15.000, un risparmio per energia elettrica di circa € 10.680 e un contributo per Conto Energia di circa € 34.940! La nostra società con oltre trent’anni di esperienza offre una consulenza e un’assistenza seria, professionale e personalizzata in base alle specifiche richieste del cliente; sono state inoltre strette importanti alleanze con aziende leader a livello nazionale. Il sopralluogo da parte di un nostro tecnico è gratuito!

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Tendenze TEXT Susanna Bagnoli

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l gruppo Biokimica di Santa Croce ha ospitato – per la prima volta in Italia – il meeting Modeurop, l’appuntamento che si tiene ogni sei mesi e riunisce gli attori principali del settore moda, chiamati a confrontarsi sulle tendenze dei colori per la pelle che troveremo negli articoli fashion della primavera – esta-

La primavera-estate 2012 è già pronta per essere colorata di moda te 2012. Massimo Baldini, del gruppo Biokimica, ha introdotto l’iniziativa a cui hanno preso parte Marga Indra Heide, fashion consultant di Modeurop e Manfred Junkert presidente dell’associazione industriale calzaturiera tedesca. Era presente anche M. Sadiq dell’istituto di ricerca CRLI di Chennai (India). Il messaggio lanciato dagli stilisti e produttori è all’insegna dell’ottimismo e per il ritorno – dopo una fase di “attesa” condizionata dalla crisi attraversata – al colore, che viene proposto in tutta la sua

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MOD UROP COLOUR MEETING

vivacità e positività. Le nuove tendenze per il 2012 sono all’insegna del chiaro e del fresco. La fase più critica può dirsi alle spalle e il segnale inequivocabile ci arriva proprio dagli stilisti e dai top – designer internazionali, che hanno presentato una colour card completamente rinnovata. Più ottimismo, dicevamo, ma

anche più gioia di vita e una creatività più istintiva nella scelta delle sfumature. Se fino ad oggi i materiali e i colori si presentavano in forme indefinibili e slavate adesso è tornata la voglia di osare quel qualcosa in più. Ci stiamo lasciando alle spalle una fase di riflessione, quasi intimistica, per ritornare a una vitalità


Nelle immagini: gli associati del MODEUROP Colour Club fanno la selezione dei colori per la cartella pellami per la stagione primavera/estate 2012. Nell’immagine qui sotto: Enrico Goria e Massimo Baldini (soci Gruppo Biokimica) con il direttore del HDS, Manfred Junkert (Associazione industria calzaturiera tedesca).

nuova fatta di energia e voglia di dinamismo. A centro della scena troveremo colori chiari, intensi e forti: arancione e pink, rosso pomodoro, blu cobalto, tur-

chese, verde mela e giallo solare. Il bianco e il nero, sempre presenti, faranno da contorno. I colori saranno interpretati come superficie coprente, nei modi del

colour – blocking, ma sarà possibile anche incontrare stampati fantasiosi. A offrire spunti interessanti è il mondo delle vitamine: frutta, fiori, animali. Niente effetti vintage, al contrario spazio ai materiali con effetto lucido. I gruppi di colori che sono stati presentati a Santa Croce – la colour card pubblicata da Modeurop è la linea guida per concerie, calzaturifici e pelletterie di tutto il mondo da circa 30 anni – sono sostanzialmente tre. Oltre ai brillanti, avremo una linea di colori lucidi nelle nuances pastello. A dominare sarà il bianco, in tutte le sue sfumature. Un effetto ‘acqua e sapone’ che trova ispirazione dal mondo del wellness e della salute. Il terzo gruppo di colori guarda al mondo delle pietre, della terra, della natura: verde, blu, grigio. I materiali hanno effetti porosi, rotti, cotti, intagliati, opachi, su velluto e nabuk.



per imparare

l’inglese

Lavoro

utilizza i VOUCHER TEXT Carla Sabatini - Francesca Ciampalini

I

voucher Formativi sono dei “buoni di spesa” emessi solitamente dalle pubbliche Amministrazioni (Regioni e Province) che consentono la partecipazione a percorsi di formazione erogati dagli organismi di formazione accreditati e dalle Università. I voucher sono stati introdotti in alcune regioni italiane a partire dal 1998 grazie alla normativa europea che ha consentito di orientare alcune risorse comunitarie e nazionali verso percorsi di formazione individuale scelti direttamente dai singoli destinatari in base alle proprie esigenze e fabbisogni. I voucher sono infatti finalizzati a sostenere la realizzazione dei progetti formativi dei singoli individui al fine di soddisfarne le esigenze di aggiornamento ed ampliamento di conoscenze e competenze professionali. La caratteristica fondamentale di tali finanziamenti agli interventi personalizzati consiste proprio nel fatto che venga riconosciuto il diritto soggettivo alla formazione esclusivamente in base alle proprie necessità. Grazie ai voucher i singoli individui interessati a frequentare un corso di formazione a pagamento possono richiedere il finanziamento o cofinanziamento alla Regione o Provincia di residenza/domicilio, tramite bandi regionali o provinciali. Le informazioni relative ai bandi per richieste di voucher sono reperibili presso le Regioni, Province e Comuni. Sul nostro comprensorio Fo.Ri.Um. sc in qualità di Agenzia Formativa accreditata dalla Regione Toscana in collaborazione con Netaccess in qualità di Test Center ECDL accreditato da A.I.C.A. Associazione Italiana Calcolo Automatico ha elaborato un catalogo per la riqualificazione individuale. Sono infatti disponibili percorsi formativi, min 44 max 150 ore, rispondenti alle esigenze di sviluppo professionale dei lavoratori. I corsi spaziano dalla semplice alfabetizzazione sia in ambito

informatico che della lingua inglese all’aggiornamento e al consolidamento dei livelli più avanzati. La formazione continua costituisce uno degli strumenti fondamentali per sviluppare il peso e la qualità della “forza lavoro” nel nostro paese e per venire incontro alle esigenze dei lavoratori i corsi si svolgono anche in orario serale 1° gruppo 18.30-20.30 - 2° gruppo 20.30-22.30 con frequenza bisettimanale lun-mer oppure mar-gio. Alcuni percorsi prevedono il rilascio della Patente Europea del Computer e della Qualità. Sia i corsi che gli esami (ove previsti) sono tenuti mensilmente presso la Netaccess

Soluzioni Informatiche di Santa Croce sull’Arno. Per gli interessati è stato istituito un servizio per avere tutte le informazioni riguardo alla possibilità di accedere a tale opportunità nonché di assistenza alla compilazione dei moduli da inviare all’Ente erogatore

FO.RI.UM. Via del Bosco 264/f - Santa Croce sull’Arno (PI) Tel 0571/360069 - info@forium.it - www.forium.it NETACCESS Via Pacinotti 2 - Santa Croce sull’Arno (PI) Tel 0571/366980 - info@netaccess.it - www.netaccess.it

CORSI DI LINGUE con insegnante madrelingua Inglese / Italiano per stranieri Al termine dei corsi viene rilasciato l’attestato di partecipazione. I corsi sono studiati su misura per te (Enti, aziende e professionisti) con vari livelli di difficoltà. Corsi mattutini, pomeridiani e serali Preparazioni alle certificazioni linguistiche, attestato di frequenza, certificazione competenze, certificazione linguistica, test di accesso e di valutazione delle conoscenze. Corso Lingua Inglese (40 ore) costo €600,00 - €480,00 per i Soci COOP

95



Sensi

di Margot

Non penso mai al futuro. Arriva cosĂŹ presto. Albert Einstein

(1879-1955)

fisico tedesco


Ristorante Il Colombaio

Piaceri di palato

Charme e grande cucina a Casole d’Elsa

di Claudio Mollo


S

tupenda sosta per chi di cucina se ne intende davvero, proprio in mezzo alle copiose colline, verdi e vellutate, che si trovano tra Volterra e Colle Val d’Elsa; al Colombaio. Un ristorante, con annesso agriturismo, situato proprio ai piedi di Casole d’Elsa, borgo accogliente e solitario, decisamente fuori dalle rotte più frequentate. Non ci si capita per caso ma bisogna proprio andarci apposta. Ma secondo me ne vale abbondantemente la pena, per conoscere un fienile a dir poco elegante, arredato con grande garbo, all’interno del quale trovate un ristorante che fa dell’arte culinaria il suo bellissimo biglietto da visita. Il locale è molto accogliente, caldo e confortato da tonalità e punti luce studiati con attenzione. L’inverno lo fa diventare ancora più intimo e intrigante, mentre la buona stagione offre l’opportunità di pranzi e cene, fuori dal locale in un piacevole spazio attrezzato, con tan-

to di valli e colline sullo sfondo. Il menù racconta di cucina Toscana, molto ben conosciuta e reinterpretata ad arte da Umberto Gorizia, lo chef che da anni lavora nel locale insieme ad uno staff molto affiatato, con una costanza qualitativa di non poco conto, che porta alla cucina un notevole valore aggiunto. Inutile fare la solita lista di ciò che di meglio si può mangiare. Il menu cambia spesso e, fantasia e bravura non mancano, come testimoniano anche le foto di alcuni piatti. Protagonista principale delle pietanze è il gusto: misurato ma allo stesso tempo deciso e sempre presente in ogni proposta. Uno dei posti dove la creatività non toglie niente al piacere del palato coinvolgendo tutti i sensi e non soltanto l’aspetto cerebrale che da qualche anno a questa parte è la prerogativa dominante e spesso unica di molti piatti di alta ristorazione. Per quanto riguarda invece i vini, prevalentemente toscani ma anche del resto d’Italia ed oltre, la scelta dalla voluminosa carta è notevole. Pensate a un nome e lo troverete sicuramente e se amate le etichette straniere, anche in quel caso avrete di che scegliere fra bianchi e rossi. Consigliati e serviti in modo impeccabile dall’altra faccia dell’eccellenza del locale, rappresentata dal servizio in sala. Proprietaria del complesso, Mariva Benucci. Nome singolare, energia da vendere e schiettezza nei rapporti con il prossimo. Una grande passione che l’ha portata a realizzare un piccolo-grande sogno, con molta fatica e notevole impegno economico. Quello che si vede è tutto opera sua, dagli arredi del locale alla scelta dei vini, parlando con lei si capisce che s’intende di aziende e produzioni vitivinicole come di pezzi d’antiquariato, stoffe, lampadari ecc. Se arrivate fuori orario e senza preavviso, la potete trovare nei campi a raccogliere quello che di meglio la stagione riesce ad offrire. Proprio così; dal campo alla cucina in un crescendo di sapore e piacere, sapendo di poter suggerire ad ospiti e clienti, veri e propri assaggi di genuinità. Che altro dire, di un locale Stella Michelin che brilla davvero, dal quale non dovete assolutamente lasciarvi intimorire. Un invito per chi ha voglia di scollinare dalla provincia di Pisa a quella di Siena, per un “rendez vous” gastronomico di ottimo livello, sicuramente più dedicato agli estimatori del cibo e del vino, che ai neofiti che in questo caso però, possono andare tranquillamente accompagnati da chi è in grado di comprendere meglio certe finezze che si incontrano nei piatti dello chef, che fanno la differenza.

RISTORANTE IL COLOMBAIO Tel. 0577 949002 - Fax 0577 949900 Località Colombaio - Casole d’Elsa (SI)


Monaco, mon amour

TEXT Carlo Ciappina PHOTO Ufficio Promozione Turistica del Principato di Monaco

Viaggi

E

dificato sopra una possente altura in roccia, l’austero palazzo-castello del sovrano vigila, con occhio paterno e un pizzico di vanità, il più gettonato Principato del mondo: Monaco. La consapevolezza di ricoprire un ruolo del tutto speciale nell’immaginario collettivo costituisce per il piccolo regno motivo di orgoglio, ma anche una grande responsabilità a livello di immagine, di efficienza, di benessere socio-politico. A tal uopo, il governo monegasco ha realizzato una “macchina burocratica” famosa nel mondo per i risultati ottenuti, per la mente aperta verso nuove frontiere da sperimentare. Non a caso le statistiche parlano chiaro: criminalità inesistente grazie all’operato di 1500 agenti e un sofisticato sistema di sorveglianza mediante telecamere, altissima concentrazione di banche famose per rispettare alla lettera il segreto d’ufficio garantendo lusinghiere condizioni di crescita monetaria, una miriade di soggetti economici, società, sedi di rappresentanza varie, istituzioni internazionali, una efficiente organizzazione di servizi vero vanto dello Stato (come non menzionare l’ospedale Grace Kelly, sede di un importante centro cardio-toracico), una economia basata sull’assenza delle imposte dirette, il tutto concentrato in un francobollo molto raro pertanto ricercato, ambito, sognato da molti. Il borgo antico attornia, quasi ossequiante, la dimora dei Grimaldi, riuscitissimo esempio di architetture varie, nelle quali convivono in simbiosi lo stile tardo medievale, esempi di arte rinascimentale riscontrabili in alcuni loggiati, la ricercata voluttuosità degli elementi in stile barocco. Gli interni magnificamente decorati con affreschi, tappezzati di damaschi e sete, arredi costituiti da sontuosi mobili d’epoca, quadri recanti la firma di grandi pittori, porcellane, statue, rappresentano un vero spaccato di storia dinastica, cultura, arte: peccato sia accessibile a pochi privilegiati… è la dimora di Alberto e della sua augusta famiglia. L’abitato primitivo riserva altre sorprese, basti pensare al Museo Oceanografico, superbo edificio del XIX secolo, ricco di specie marine provenienti da ogni angolo della terra, pardon del mare! E ancora la Cattedrale, severo monumento in stile eclettico-medievale: entrarci


fa un certo effetto… in questo magnifico luogo sacro, Grace e Ranieri hanno coronato il loro sogno d’amore tra paggi, dame, teste coronate, nobili, una selezionata rappresentanza del mondo politico e dell’alta borghesia europea. Lasciata l’altura del colle, ci si avventura alla ricerca di un altro status-symbol del posto, il celebrato Casinò, e all’improvviso eccolo! Incastonata tra palme, aiuole curatissime con sfavillanti fiori multicolore, giochi d’acqua, la casa da gioco sembra uscire da un mondo fiabesco, quasi irreale, ricca di marmi, colonne, soffitti con stucchi in oro e, soprattutto, grande professionalità del personale; questi particolari contraddistinguono pure gli esclusivi Hotel de Paris e l’Hermitage, ubicati nelle vicinanze, templi indiscussi per quanto riguarda l’accoglienza alberghiera a cinque stelle lusso. Contemplare il Principato illuminato di sera rappresenta una occasione da non perdere, al riguardo va menzionato che sono molti i punti di sosta per i veicoli presso lo stadio, la spiaggia, il noto centro commerciale-ricettivo Metropole. Ai cultori delle opere architettoniche di dimensioni “colossali” si consiglia una visita al quartiere di Fontvieille, sorto su un lembo di terra strappato letteralmente al mare. Per il turista stacanovista il tour riserva altre attrattive, ad iniziare dal Grimaldi Forum, eccellente location per concerti ed esposizioni, dallo Sporting, rinomato nel mondo per essere il luogo dove si svolge il tradizionale Ballo della Rosa, dal romantico Roseto, per finire al celebre Giardino Esotico, ricco di piante grasse, grotte naturali dalla forma bizzarra per la presenza di stalattiti e stalagmiti, che si snodano dal punto più alto del Principato sino al… anzi, sotto livello del mare. Monaco non è soltanto mondanità, efficienza, bellezza, ma anche sede di importanti manifestazioni sportive, basti pensare al prestigioso Gran Premio di Formula 1, la finale della Super Coppa UEFA, il Monte Carlo Rolex Masters di Tennis, lo storico Rallye e, allora, cosa si vuole di più dalla vita? Il famoso liquore di una propaganda televisiva? Beh, potrebbe andar bene, a condizione che venga assaporato presso uno dei numerosi locali di questo paradiso in terra: signori, questa è Monaco, benvenuti!


tra simpatie e antipatie

a cura del Maestro di Cerimonie Alberto Presutti

S

pesso simpatie e antipatie nascono, come suol dirsi, “a pelle”, ma è l’antipatia a coinvolgerci emotivamente e a volte, istantaneamente, portandoci a tenere atteggiamenti non educati. Chi non ha un “nemico” per causa di carriera, di competizione sociale, o semplicemente per screzio passionale come l’ex coniuge con cui non si è mai trovato un equilibrio e un accordo pacificatori? Quale comportamento ci consiglia il Bon Ton nei riguardi di queste persone che non riusciamo a sopportare? Oggigiorno, sono proprio le regole del Bon Ton ad essere utili a dirimere queste situazioni imbarazzanti. Se in un’occasione pubblica o conviviale, il nostro malumore tracima, causa un’antipatia, non evitiamo un saluto di circostanza che è d’obbligo per educazione e non raccogliamo qualsivoglia altrui provocazione. Durante una cena o nel corso di una festa, non potremo mai permetterci di avvelenare la gioiosa atmosfera generale dando in escandescenze o usando modi di sfida plateali. Secondo il Bon Ton l’indifferenza, la calma e il buon gusto, devono contraddistinguerci. Ricordiamoci sempre che se ospiti, ogni sgarbo o scortesia nei confronti di un altro invitato offende, di riflesso, i padroni di casa, per cui con stile e Bon Ton restiamo imperturbabili e con classe superiore, frutto di una autodisciplina che è bene saper coltivare, non diamo occasione per apparire noi gli sgarbati, privi di buona creanza e di gentilezza! Certo, al termine dell’evento a cui partecipiamo, avviseremo i padroni di casa che il nostro comportamento meno cordiale del solito, era dovuto ad una presenza per noi ostile, cosicché, tacitamente, comunicheremo loro che al prossimo party non gradiremmo essere invitati se vi dovesse partecipare talaltra persona. Assolutamente da non fare, per i principi propri al Bon Ton, - precedentemente all’accettazione di un invito - è domandare chi siano gli altri ospiti; piuttosto avviseremo che non gradendo incontrare Tizio o Caia, piuttosto preferiremmo non intervenire, scusandocene, poiché non sussistono buoni rapporti con costoro.

www.albertopresutti.it


Aspettando il

Carnevale d’Autore

2011

,15 21 rno e r 1 o ll’A 01 ce su 2 a io ro nna nta C ramm 2011 e g g 28 di Sa e pro ocese 0 Ï d i 5.0 r d on ntacr e 1 i r n z e e r Ve ro V enta Sa 1o s t le 1 e a a r 0 e v P T e o o2 0 arn rai herat C 5.0 b l 1 b c e e de s a or 3f 11 a 1 orso m c 0 i n C o o2 me rai herat .00 b Do b c 17 e s f a e r 0 om na a2 1o 01 ottur nic Cors 2 e n m io rire Do p bra ato in o b sc fe er er 11 26 asch p i o s 0 m at ero del 2 Sab Corso m i u n on mo stazi a i t e if et asp man i e V l


capricorn

acquario

A

l rigore capricorniano si oppone la leggerezza del segno dell’Acquario, che guarda con distacco e tranquillità alla vita, moderazione e diplomazia, che non si infervora quasi mai platealmente e che agli eccessi preferisce la buona via di mezzo, meno traumatizzante e drammatica rispetto alla passionalità e all’orgoglio, a favore della più semplice amicizia, valore per lui fondamentale. L’undicesimo segno contrappone al cuore quella razionalità imbevuta di una sana dose di genialità un po’ folle e fuori dagli schemi, che preferisce non lasciarsi condizionare dai sentimenti, ma piuttosto occuparsi di inventare marchingegni utili al progresso dell’umanità e dedicarsi a nuove religioni e ideologie avanguardiste. Perfetto un vino che solletichi il suo gusto per il nuovo, come il Tignanello, tra i più apprezzati all’estero, nato da una sperimentazione di una variante del Chianti Classico che ha eliminato la componente di vini bianchi a favore di una varietà di merlot e cabernet sauvignon.

È

esci

di Federica Farini

Germogli di stelle nella brina invernale

N

el cuore dell’inverno spicca il segno zodiacale del Capricorno, tenace e perseverante come la gelida terra che non cessa di contenere il nutrimento che in primavera germoglierà il seme della nuova vita. Ambizione lenta ma infallibile, fermezza e apparente imperturbabilità. Il decimo segno è governato da una triade di solida determinazione: Saturno, Marte e Urano, la razionalità, la forza e il metodo, celati da un’armatura spesso indossata come corazza contro gli attacchi esterni. Personalità piacevole e affidabile, spigolosa solo in apparenza, devota una volta conquistata la sua fiducia. Il rigore del Capricorno ricorda lo spirito di una disciplina dedita alla solitudine e al raccoglimento, come quella propria delle forme di vita monastiche, dove la concentrazione e l’isolamento si trasformano in un mezzo di riuscita nell’aspirazione alla perfezione. Naturale il paragone con il Monte di San Vivaldo, luogo di culto francescano legato alla figura di Vivaldo Stricchi, santo eremita la cui venerazione si diffuse quando il corpo fu miracolosamente ritrovato nel cavo del castagno che egli stesso aveva adibito a dimora in vita. Chiesette e cappelle riproducono tutt’oggi la topografia e i luoghi santi di Gerusalemme, motivo per cui il nome attribuitogli è quello di “la Gerusalemme di Toscana”.

con l’ultimo segno zodiacale, quello dei Pesci, che si chiude l’inverno e si apre la primavera, allegoria di trasformazione e metamorfosi, simbolo di congiunzione tra il terreno e il trascendente. Sensibilità, fantasia, sogno di una vita romantica e avventurosa, la quale spesso non viene sperimentata nella realtà ma nell’immaginazione. Amore per la filosofia, la musica, cura del prossimo che si esprime nella compassione, nella viva e commossa partecipazione alle disgrazie altrui, spesso vissute con eccessiva sensibilità. Il dodicesimo segno viene perfettamente rappresentato da un profumo dall’aroma fresco, amabile e delicato, come quello del gelsomino. Una leggenda narra che nel 1500 in Toscana un nobile ne piantò uno splendido esemplare nel proprio giardino, proibendo al giardiniere di riprodurre la pianta. Fu la fidanzata del giardiniere a disobbedire, rubando un rametto, ripiantandolo, riuscendo così a riprodurre il gelsomino stesso, a venderne le talee fino ad arricchirsi e riuscire poi a sposare il fidanzato. Tutt’oggi in Toscana resta tradizione per le spose aggiungere un rametto di gelsomino al bouquet, affinché porti fortuna al futuro marito.


A Padova l’appuntamento con auto e moto d’epoca Anche per questa edizione 2010 Reality visita i padiglioni di Padova, ammira le bellezze e la storia delle 2 e 4 ruote, auto e moto d’epoca un mondo che sembra non sentire la crisi. Buona l’organizzazione di questo evento, un plauso al patron Mario Carlo Baccaglini. Espositori da tutta Italia, naturalmente non poteva mancare la Automax Collection di Santa Croce sull’Arno con le sue auto a dir poco impeccabili da gli anni ‘60 al ‘90 attuale tetto limite per auto d’epoca, anche in questo campo il nostro territorio è ben rappresentato, oltre allo Zocchi altri addetti ai lavori e collezionisti presenti nei padiglioni padovani. Lo sguardo in questi padiglioni non si posa solo su mezzi storici ma anche più recenti, e si trova di tutto: dai banchetti di minuteria per il restauro, dal modellismo in scala vere e proprie chicche, un tempo usate dai piccoli per giocare, oggi very-cult per grandi collezionisti; auto da sogno, si d’altri tempi, ma oggetti di gran classe, fascino e desiderio. Un mercato in crescita forse non molto per il fatturato, ma sicuramente per interesse e pubblico, infatti oltre ai visitatori europei si è notato una forte affluenza di collezionisiti orintali che naturalmente vanno pazzi le nostre sportive. Tra le due ruote oltre alle inglesi, continua la corsa della popolare vespa, qui a Padova per lei il suo fiero conducente si trova di tutto. Un saluto all’edizione 2011. (Archivio fotografico CTE)


Rosa

la regina dei fiori

TEXT Paolo Pianigiani /PHOTO Alena Fialová

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on ci sono dubbi, è la rosa il fiore più bello, quello che da sempre accende e rappresenta le passioni più grandi. Anche se il suo profumo è particolarmente delicato, tanto che le cose di poco conto vengono definite: “all’acqua di rose”. Omero, nel descrivere Eos, la dea dell’aurora, canta le sue dita “di rosa”, con le quali colora ogni sfumatura dell’alba. Gli antichi greci, sempre pronti a cercare l’origine dei fiori nelle gesta degli dei, vollero far nascere le prime rose rosse dal sangue di Afrodite, che si era ferita a causa dei rovi, nel tentativo di soccorrere il bellissimo cacciatore di cui si era perdutamente innamorata, Adone. E ricordando questo mito, Cleopatra andò incontro ad Antonio percorrendo un viale coperto di petali di rosa. Ma con l’avvento del Cristianesimo, alcuni attributi della dea della bellezza passarono alla Madonna. Ed ecco che il mese di maggio, in precedenza dedicato a Venere, viene consacrato alla Madre di Gesù, e la rosa diventa il simbolo della purezza assoluta. E “Rosa Mistica” è una delle litanie più belle, con la quale si invoca il Suo aiuto. Dante, nel Paradiso, per rappresentare l’Empireo, non può che pensare a una “Candida Rosa”. Ma la poesia si riappropria di questo fiore, e il poeta siciliano Cielo d’Alcamo si rivolge alla rosa, fresca e profumatissima, per trovare un po’ di serenità nelle sue pene d’amore. Per non dire del romanzo, che ha visto Umberto Eco intitolare Il nome della Rosa il suo libro più bello. E la storia? In Inghilterra la guerra di successione dinastica fra i Lancaster e gli York, è rimasta nel ricordo degli studiosi come “Guerra delle due Rose”, che campeggiavano, rispettivamente in rosso e in bianco, negli stemmi nobiliari dei due casati. La rosa rappresentava anche il vincolo del silenzio, ed è per questo che veniva incisa sui confessionali, o era presente sui tavoli dei banchetti degli antichi romani. Quello che veniva detto sotto la sua tutela era “Sub Rosa”, e doveva restare segreto. Ma in fondo, la rosa rimane un fiore, semplice nella sua armonia e bellissimo. Nei suoi infiniti colori, che non raggiungono però la purezza del nero o del blu. Tanti sono i ricercatori che continuano a provare e sperare, come facevano gli alchimisti per l’oro, la realizzazione del loro sogno: ma probabilmente non ci riusciranno mai, perché la rosa non può essere scoperta del tutto, deve conservare una parte del suo infinito mistero. E abbiamo, nel finire, i significati, ben noti a chi è innamorato: rosso per la passione, rosa per la timidezza, bianco per la castità, giallo per la gelosia: che corrode, acido insaziabile, la notte senza sonno di tanti cuori disperati.


© Foto Alena Fialová


Immagine: Sir Lawrence Alma Tadema (1881)

Miti e Leggende

l vaso di andora P I E

rano troppo cattivi e superbi gli uomini da qualche tempo. Giove ne era proprio stanco: “Bisogna punirli” si disse. E, chiamato presso il suo trono il fabbro Vulcano, gli comandò di fabbricargli una donna. Con le braccia vigorose, la modellò in argilla dal capo alle piante, la fece disseccare, le plasmò con dita sapienti un volto soave, la colorò di tenero rosa e le diede come anima una scintilla del fuoco divino che ardeva nei forni immensi dell’Olimpo. Allora la donna aprì gli occhi, sorrise e le sue membra si mossero con grazia; era in tutto simile alle bellissime Dee. Ognuna di loro le fece un dono e anche Giove volle offrire il suo regalo alla bellissima mortale, prima di mandarla fra gli uomini: “Io ti metto nome Pandora” disse Giove. “E il tuo nome vuol dire la donna “di tutti i doni” e a quelli che hai ricevuto ora, aggiungo il mio. Eccolo, tu porterai questo vaso con te, quando andrai sulla terra. Esso contiene tutti i mali che possono far piangere, soffrire, rovinare gli uomini. Guardati dunque dall’aprirlo, essi sfuggirebbero tutti per il mondo; mentre invece chiusi lì dentro, rimarranno imprigionati in eterno e non potranno nuocere a nessuno”. La donna accolse grata il dono e scese sulla Terra ove il Fato aveva stabilito che dovesse diventare la sposa di un re. Ma la curiosità, a poco a poco, prese a roderle il pensiero: che cosa dunque conteneva il prezioso vaso intarsiato donatole da Giove? Tutti i mali aveva detto il nume? Ma come erano fatti? Quali erano? E se avesse aperto appena un pochino il coperchio e avesse curiosato con precauzione da uno spiraglio? Piano piano la donna sollevò il coperchio, ficcò il viso nella breve fessura, ma dovette staccarsene subito inorridita. Un fumo denso, nero e acre usciva a folate enormi dal vaso e mille fantasmi orribili si delineavano in quelle tenebre paurose che invadevano il mondo e oscuravano il sole. C’erano tutte le malattie e tutti i dolori e tutte le brutture e tutti i vizi. E, tutti rapidi, inafferrabili, violenti, uscivano dal vaso irrompendo nelle case tranquille degli uomini. Invano Pandora cercava affannosamente di chiudere il vaso, di trattenere i Mali e di rimediare al disastro. Il Fato inesorabile si compiva e da quel giorno la vita degli uomini fu desolata da tutte le sventure scatenate da Giove. Quando tutto il fumo denso fu svaporato nell’aria e il vaso parve vuoto, Pandora guardò nell’interno: c’era ancora un grazioso uccellino azzurro; era la Speranza, l’unico bene rimasto ai mortali a conforto delle loro sventure. Giove aveva punito gli uomini con la curiosità rovinosa di Pandora, aveva voluto che i Mali fossero liberi di causar loro infiniti castighi, ma aveva anche donato alla vita travagliata che egli stesso aveva imposto all’umanità, un dolce azzurro conforto: la Speranza che non abbandona nessuno.




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