Reality 60

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Editoriale

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nel Belpaese

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Carissimi, ben ritrovati! Reality è a quota sessanta. Questo numero ci conduce in situazioni, luoghi, realtà nuove. Molti gli argomenti e gli eventi. Abbiamo arricchito la nostra rivista di qualche pagina, cercando però di non renderla troppo pesante. Arte e cultura ci accompagnano, ci guidano, ci fanno da Cometa. Noi la seguiamo con grande volontà, forza e decisione; però, nostro malgrado, navighiamo a vista. Non è facile impostare e seguire una rotta: molte sono le correnti e forti gli spostamenti. La bussola a volte sembra impazzita. Forse stiamo passando sotto un campo elettromagnetico fortissimo? Per i giovani naviganti oggi non è certo facile comprendere cosa fare, quali scuole frequentare, in che cosa specializzarsi, come comportarsi. Difficile distinguere il giusto e lo sbagliato. Oggi chi decide tutto ciò? Gli aspiranti capitano sono molti, ma poche le navi. Allora si pensa che solo i raccomandati si imbarcano sulla nave del Belpaese. Forse in alcuni casi è vero: non sempre si impone il merito, non sempre si riesce a valorizzare le risorse umane. Vero è che tutti ci atteggiamo, vogliamo essere capitani e nessuno marinaio o mozzo. Ci sono lavori duri, difficili, forse poco remunerati, ma dignitosi. Sono mansioni che pochi riescono a svolgere bene e con coscienza. A questi dobbiamo dare più dignità, fiducia e sicurezza, perché grazie a loro la nostra nave potrà raggiungere il porto. Io certamente non sono, come ben sapete, un capitano di lungo corso e non salgo in cattedra per dire cosa si può o si deve fare. Nemmeno so dove andrà il nostro Paese o quale futuro riusciremo a costruire. Una cosa mi auguro: che sfogliando Reality riusciate a togliervi un po’ dell’amaro legato alla quotidianità, a viaggiare verso destinazioni più grate, se non emozionanti, a vedere anche il positivo di questa società nella quale tutti siamo Attori, quindi chiamati a svolgere ognuno il proprio modesto ma indispensabile ruolo.

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Reality

MAGAZINE D’INFORMAZIONE

Centro Toscano Edizioni srl Sede legale via Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Redazione casella postale 36 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Studio grafico via P. Nenni, 32 50054 Fucecchio (FI) Tel. 0571.360592 - Fax 0571.245651 info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it Direttore responsabile Margherita Casazza direzione@ctedizioni.it Direttore artistico Nicola Micieli Redazione redazione@ctedizioni.it Studio grafico lab@ctedizioni.it Abbonamenti abbonamenti@ctedizioni.it

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Irene Barbensi, Carlo Baroni, Martina Benedetti, Andrea Berti, Paola Baggiani, Patrizia Bonistalli, Carlo Borsani, Brunella Brotini, Pierluigi Carofano, Margherita Casazza, Giulia Cavallo, Carla Cavicchini, Francesca Ciampalini, Andrea Cianferoni, Carlo Ciappina, Angela Colombini, Gustavo Defeo, Carmelo De Luca, Valentina Diara, Angelo Errera, Federica Farini, Enrica Frediani, Eleonora Garufi, Luca Gennai, Luciano Gianfranceschi, Letizia Grazzini, Kirilla, Matthew Licht, Luciano Marrucci, Marco Massetani, Sergio Matteoni Nicola Micieli, Claudio Mollo, Paolo Pianigiani, Alberto Presutti, Giampaolo Russo, Carla Sabatini, Domenico Savini, Gaia Simonetti, Samuela Vaglini, Valerio Vallini.

Photo Archivio CTE, Marco Bonucci

Stampa Bandecchi & Vivaldi s.n.c.- Pontedera (Pi) ISSN 1973-3658

Reality numero 60 - giugno 2011 Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998 Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007 © La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore. Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2007 - Via G. Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI), tel. 0571 360592, e-mail: info@ctedizioni.it - AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.



eality6 ARTE & MOSTRE

Sommario

Giuliano Vangi Contemplazione 2011

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Contemplazione Arte e moda La battaglia di Magenta Contrasti di Giannoni Porto della scultura Attraverso il ‘900 Mediterraneo mon bijou Maestro dei paesaggi Il maestro presenta l’allievo Arte relazione con se stessi Sentimento della natura Da Peccioli a Forte dei Marmi STORIA & TERRITORIO

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Da mercato a salotto Gli Etruschi e le vie d’acqua Label POESIA & LETTERATURA

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Salvatore Quasimodo Cottomale Anima contadina scrive poesie MUSICA & SPETTACOLO

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Palma d’oro all’America A San Miniato Sarabanda Bolgheri Melody Al chiar di luna Artista di altri tempi Universo spettacolo 57° Festival Puccini Salina docfestival Mozart a Firenze

EVENTI & SOCIETÀ

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La Sibilla dice che... Lezione di giornalismo Intervista a Patrizia Gucci Una vittoria di squadra The Royal wedding Il menù a prova di esami I loti d’oro e altre curiosità Agopuntura Una partita nella storia In vacanza non mi stressano più Luce dell’est ECONOMIA & AMBIENTE

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Premio Emas Carismi resta autonoma e toscana La strategia non cambia Come seconda pelle Business English Truck Tuning Day 5 SENSI

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Ristorante La Magnolia Il paradiso chiamato Salento L’oroscopo A dieta con Bon Ton L’estate nobile Charleston e champagne Rosso fragola Miti e Leggende. Perseo e Medusa Arte Libri Film Dischi


Parliamo di...

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Giuliano Vangi

Contemplazione di Nicola Micieli

PHOTO Tiziana Loi e Nevio Doz

Nella sua colma maturità Vangi si rimette al lavoro come fosse poco più che un esordiente, e che quel che scolpisce, anche quando abbia sviluppo monumentale, non gli sembrerà che un provvisorio approdo all’opus, a quella sorta di “summa” della visione che deve profilarsi nel suo immaginario con il nitore spaurente delle apparizioni, delle manifestazioni del sacro.

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a grande scultura Contemplazione, che Giuliano Vangi ha da poco portato a termine nella calda pietra di Apricena bronzetto - grande quanto a concezione strutturale e respiro plastico, oltre che per la non usuale estensione fisica in scala monumentale (h. mt 3,5x2,8x7,30) - campeggia in uno degli spiazzi del complesso di cascine e cortili, già sede di un’antica azienda agricola, che oggi compongono il Centro Materima di Casalbeltrame, tra Novara e Vercelli. Materima è un’imprevista, sorprendente “cittadella della scultura”. Scultura “scolpita”, per dirla con precisione: che mai prescinde dalla concretezza dell’opera materialmente e formalmente fondata e duratura. Di cittadella parla Nicola Loi, che ha creato e dirige questo Centro consacrato alle arti plastiche e correlate espressioni grafiche, unico al mondo per ampiezza, versatilità e diversificazione d’uso degli spazi destinati alle esposizioni sia temporanee sia stabili o museali che dir si voglia, al chiuso e all’aperto. Si aggiungano i laboratori tecnici e didattici e le attrezzature per l’accoglienza e il coinvolgimento del pubblico e per i soggiorni degli artisti. L’attenzione riservata al fare, oltre che al mostrare, attesta che a Materima persiste un’idea della scultura ancora centrata sull’uomo, ispirata al pieno concorso delle capacità ideative e creative e delle abilità manuali. Il tutto all’incrocio e nel rispetto dei materiali nelle loro specificità formali e tecniche, essi pure importanti alla definizione di un’opera che deve farsi veicolo del riconoscimento di sentimenti e valori non effimeri. Molte sculture di Giuliano Vangi abitano stabilmente il Centro Materima. Con esse numerose opere di molti artisti italiani e stranieri, del passato e contem-



poranei. Tra gli altri, Arturo Martini, Marino Marini, Giacomo Manzù e Augusto Perez, che cito perché si tratta di personalità creative che nella loro inequivocabile identità, hanno segnato il continuum del Novecento scultoreo italiano, al quale si riconosce un vero e proprio primato nel mondo. Ebbene, con la forza e la novità del proprio linguaggio plastico severo e sensibile, Giuliano Vangi di quella linea è oggi sicuramente il maggior rappresentante. Lo è da scultore la cui rigorosa concretezza deve qualcosa, idealmente, al conterraneo Giotto. Dalle cui partiture - come da quelle del corrispettivo Giovanni Pisano, al quale Vangi rese a suo modo omaggio con l’altare e l’ambone nel Duomo di Pisa - discendono non poche falcate sintesi della sua modulazione plastica. Al Centro Materima Contemplazione è solo in sosta temporanea. Le quaranta tonnellate di marmo che in dodici pezzi la compongono, stazionano là in attesa di partire per una terra lontana, destinate a essere collocate all’aperto, in un museo in costruzione nei pressi di Seul, la capitale della Corea del Sud. Vangi sarà l’unico scultore italiano là presente. È presumibile che per la sua configurazione di teatro scultoreo ove nell’unità spaziale della scena si sospende un’azione, e si danno gli elementi visivi e simbolici d’un racconto, Contemplazione costituirà un vero e proprio momento nodale nel percorso del museo. In Estremo Oriente, peraltro, Vangi è scultore di ampia notorietà e riconosciuto prestigio, per certo considerato tra i primi dell’intero schieramento occidentale. Non a caso nel 2002 gli veniva assegnato in Giappone il Praemium Imperiale per la scultura, una sorta di Nobel dell’arte. Lo stesso anno, su una superficie collinare di 30.000 metri quadrati con vista sul monte Fuji, veniva inaugurato a Mishima, non distante da Tokyo, un museo progettato dall’architetto Munemoto e a lui dedicato. Vi hanno trovato stabile collocazione numerose opere da considerarsi capitali nella sua vicenda scultorea costellata di imprese davvero impegnative e perfino ardite, alcune delle quali esposte nella imponente antologica del 1995 al Forte Belvedere a Firenze. Sempre in Giappone, il Museo all’Aperto di Akone acquisiva nel 2004 due sue grandi sculture: Uomo nel canneto (1994) e, soprattutto importante per il nostro tema, il Grande racconto del 2003-2004 che meno imponente con i suoi pur rispettabili due metri e cinquanta di altezza per quattro e venti di profondità, di Contemplazione è antesignana per analogia concettuale e formale e carattere narrativo della partitura. Ispirate a un epos di evocazione biblica, il Grande racconto e Contemplazione sintetizzano nella compenetrazione e sequenza dei piani, nella dislocazione delle figure variamente atteggiate e nella continuità dell’ambiente (insieme roccia e arboreto e spelonca e tenda), i temi portanti della poetica di Vangi. Vi sono il corpo e la natura. Vi è l’uomo incontrato nel suo andare, con il proprio carico esistenziale, il sentimento del tempo e lo stupore del mistero, la sacralità, la pazienza/passione, la prefigurazione dell’arte e della possibile bellezza. Osservavo in un mio scritto che nella sua colma maturità Vangi si rimette al lavoro come fosse poco più che un esordiente, e che quel che scolpisce, anche quando abbia sviluppo monumentale, non gli sem-

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NOTIZIA

Giuliano Vangi nasce nel 1931 a Barberino di Mugello (Firenze). Studia all’Istituto d’Arte e all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dal 1950 al 1958 insegna presso l’Istituto d’Arte di Pesaro e dal 1959 ed il 1962 si trasferisce in Brasile dove si dedica a studi astratti, lavorando cristalli e metalli. Le sue opere iniziano ad essere conosciute: vince il Primo Premio al Salone di Curitiba, espone al Museo di San Paolo e partecipa ad una mostra negli USA. Nel 1962 torna in Italia e riprende l’attività didattica all’Istituto d’Arte di Cantù. È stato presente alle più prestigiose rassegne d’arte, dalla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Scultura di Carrara. Memorabili restano la grande antologia del 1995 al Forte Belvedere di Firenze, la mostra agli Uffizi “Studi per un crocefisso e opere scelte (1988-2000)”nel 2000, l’esposizione personale all’Ermitage di S. Pietroburgo. Vangi ha realizzato diversi monumenti collocati in contesti prestigiosi: la statua di San Giovanni Battista a Firenze, il Crocefisso ed il nuovo Presbiterio per la Cattedrale di Padova, il nuovo altare ed ambone del Duomo di Pisa, Varcare la Soglia , scultura in marmo posta nei Musei Vaticani, una scultura in legno policromo per la sala Garibaldi del Senato e un ambone sul tema di Maria di Magdala per la Chiesa di Padre Pio a S. Giovanni Rotondo. Nel 2002 inaugura a Mishima il Vangi Sculpture Garden Museum e nello stesso anno gli viene assegnato il Praemium Imperiale. Nella primavera 2002, al Museo Piaggio Giovanni Alberto Agnelli di Pontedera ha luogo la mostra Vangi l’Uomo, davanti al Municipio viene collocata la scultura Ragazza in piedi 2001, nello stesso anno alla Park Ryu Sook Gallery di Seoul viene allestita un’importante personale. Nel 2004 due importanti eventi si passano il testimone, dalla Rotonda della Besana alla Chiesa di Sant’Agostino a Pietrasanta. Nel 2005 si tiene al Palazzo della Ragione di Padova una prestigiosa personale. A Vangi sono stati assegnati, tra gli altri, il Premio dei Lincei e quello del Presidente della Repubblica, il Michelangelo, il Praemium Imperiale nipponico e il premio per la scultura Libero Andreotti. Tre grandi opere sono state collocate all’interno di un parco privato a Seul, in Corea. Nel 2007, in occasione della Primavera italiana in Giappone, viene inaugurata la personale di Vangi all’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo, e nel solito anno una personale a Parma. Nel 2009 colloca nel giardino del museo Vangi l’opera Primavera e colloca Florenzia all’ ingresso del Palazzo della Fuji Television a Daiba a Tokyo. Partecipa anche alla rassegna Memorie dell’Antico nell’Arte del Novecento a Palazzo Pitti, Firenze, e personale a Sassoferrato nelle Marche e a Berlino. Attualmente vive e lavora a Pesaro e a Pietrasanata.

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Angelo del Lipomar. Nella pagina successiva Fuga da Alcatraz


brerà che un provvisorio approdo all’opus, a quella sorta di “summa” della visione che deve profilarsi nel suo immaginario con il nitore spaurente delle apparizioni, delle manifestazioni del sacro. Penso a una scultura-isola o scultura-paesaggio in forma di stele o di area praticabile. Penso a un unico, ciclopico simulacro di grande madre feconda e dolorosa cui fanno capo le partenze e gli approdi del genere umano, nel tempo storico, mitico e cosmico del suo divenire. Come l’essenza di un corpo cosmico calato nel cuore della terra che nutre l’uomo e lo accoglie al compimento del ciclo, incarnato nella pietra e negli alberi, trascorrente con gli elementi e nelle creature, dispiegato nell’orografia dell’ambiente che l’uomo abita e incide con le sue tracce, e dissemina delle sue pietre votive. C’è questo respiro profondo e trascorrente, questa idea del viaggio che prefigura altre dimensioni, mentre si consuma nella breve parentesi dell’apparizione umana. Nelle sue sculture di vocazione narrativa Vangi ricorre a una sorta di iperbole temporale, un grande arco nel quale si verificano sincretismi ossia incroci e compresenze culturali. Epoche e civiltà, dunque, appaiono sottese al dettato narrativo. Il Grande racconto induce un sentimento del tempo incline a valori arcaici e primordiali. In Contemplazione la coppia di sposi seduti - come non cogliere la memoria etrusca in queste presenze che innalzano alla regalità il qui e l’ora quotidiano - e la figura di donna in sosta contemplativa del cielo rimandano a una dimensione storica e del vissuto. La gran madre si fa largo e avanza nella roccia e nella foresta, nella caverna e nel ricetto vegetale, in uno con la roccia e la foresta, segno della rigenerazione e del divenire biologico e fisico nella continuità di un tempo che include l’umano, ma non può essere misurato con metro umano. Una serenità degli sguardi concentrati delle figure, che dislocate con perfetta correlazione spaziale sulla scena, invitano il viaggiatore a entrare lui stesso nel circolo degli attori, a sedersi sulla panchina vuota e prendere parte, concentrandosi, a questo simposio contemplativo che una leopardiana immersione nel mare dell’essere.

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ArteModa a Venaria

Mostre

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TEXT Carmelo De Luca

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a storia d’Italia raccontata attraverso i capolavori artistici creati da maestri del passato, questa idea geniale rappresenta l’impresa, pienamente riuscita, messa in essere dai responsabili del Polo Museale torinese. Le vecchie capitali dello Stivale ostentano una inimmaginabile opulenza grazie alle pregevoli opere prodotte da artisti attivi presso

le rispettive corti, così le sale espositive delle Scuderie Juvarriane brulicano di tesori creati da Giotto, Beato Angelico, Donatello, Botticelli, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Correggio, Bronzino,

Tiziano, Veronese, Rubens, Tiepolo, Parmigianino, Velazquez, Bernini e tanti altri. La mostra, visitabile sino al prossimo 11 settembre, avrà quale degno proseguo il tema della moda a partire da fine ottocento. La “couture” nostrana rappresenta un punto di orgoglio grazie alla qualità, l’estro, l’eleganza delle creazioni e la Venaria propone una carrellata sullo stile italico ripercorrente l’evoluzione del vestito sino ai grandi stilisti dei nostri giorni, la cui fama è riconosciuta universalmente. Nel percorso museale sono esposti sontuosi abiti per le cerimonie di palazzo, la sperimentazione futurista, il minimalismo autarchico dello stile fascista, costituenti l’embrione di ciò che diventerà emblema di eleganza nel mondo: la moda italiana. Tale sezione è degnamente rappresentata da modelli della blasonata Sartoria Umberto Tirelli, tempio indiscusso dell’abbigliamento da teatro e da cinema. Creatore indiscusso del “costume d’attore”, l’atelier romano rappresenta la scuola d’eccellenza dove studiare l’archeologia della moda, le nostre radici identitarie in tale campo e, per questo, Venaria ha ritenuto opportuno attingere materiale prezioso dai suoi archivi. La consapevolezza dell’estro patriottico diventa palpabile col finire della seconda guerra mondiale, 1 grazie all’alto senso civico delle maestranze verso la ripresa economica forte di una utenza creativa, capace, produttiva, inventando il Made in Italy. I giorni nostri sono costellati dal nome di Valentino, Armani, Ferré, Versace e tantissimi altri grandi couturier,

degnamente rappresentati in mostra con creazioni originale. Il visitatore sarà aiutato nella comprensione storico-creativa attraverso una apposita strumentazione visiva e sonora. La data di inaugurazione è prevista per il prossimo 23 luglio 2011.

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1. Francesco Hayez, Il bacio, 1861, , Olio su tela 2. Abito della Contessa di Castiglione, 1870 ca 3. Abiti appartenuti a Eleonora Duse, 1912-1919 ca

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San Miniato - Palazzo Grifoni

Battaglia

Mostre

la

di

TEXT&PHOTO Valentina Diara

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a mostra “Giovanni Fattori: il cartone della Battaglia di Magenta ed altre opere grafiche” curata dal Museo della Grafica di Pisa e realizzata grazie al contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di San Miniato nei locali dello storico Palazzo Grifoni dal 16 al 29 maggio 2011, ha reso possibile, nella ricorrenza dei 150 anni dall’Unità d’Italia, la presentazione sul territorio sanminiatese di una delle più significative testimonianze figurative dell’opera di Giovanni Fattori: il cartone preparatorio del grande dipinto ad olio conservato alla Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze: Il campo italiano dopo la Battaglia di Magenta, 1862. Il cartone di proprietà del Cavalier Flaminio Farnesi, attualmente esposto al Museo della Grafica di Pisa, venne presentato per la prima volta dall’artista livornese al Concorso bandito dal Presidente del Consiglio e

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agenta

Ministro dell’interno del Governo provvisorio di Toscana, Bettino Ricasoli. La decisione di celebrare l’annessione della Toscana al regno sabaudo con una serie di soggetti che

Il cartone e altre opere grafiche di Giovanni Fattori omaggiassero le gesta eroiche ed i “grandi fatti” della storia di’Italia, dovette essere ben accolta da Giovanni Fattori se, fin dai primi moti del ’48, pur non prendendone mai parte, aveva mostrato un vivo interesse per quegli avvenimenti politici. Fu così che esortato dall’amico e pittore romano Nino Costa, decise di partecipare al concorso realizzando, secondo le disposizioni del bando pubblicato il 24 settembre 1859 su

“Il Monitore Toscano”, il grande cartone rappresentante Il campo italiano durante la Battaglia di Magenta (1859-1860), assieme ad un altro ed a due bozzetti preparatori. La vittoria del Concorso Ricasoli (25 marzo del 1860) consentì al pittore livornese di affermarsi sulla scena artistica, dimostrando, in tale modo, di essere riuscito nell’elaborazione di un nuovo modello iconografico per la pittura di storia risorgimentale e contemporanea. Il tema della battaglia viene per la prima volta interpretato in chiave antieroica e anticelebrativa e ricondotto ad una dimensione più umana e realistica, quale quella visibile nel disegno a carboncino e biacca dello stesso cartone, in cui protagonista principale della scena è il grande carro-ambulanza delle “suore di Carità” che soccorrono, alla fine della cruenta battaglia, i feriti di entrambe le schiere combatten-


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ti, austriache e franco-piemontesi. Dunque un’originale scelta tematica che fu molto apprezzata dalla Commissione giudicatrice per la “novità nell’impianto e conveniente realismo” che ritroveremo rappresentata, seppur con alcune varianti, nel dipinto finale di Palazzo Pitti. Una stessa visione disincantata e realistica del quotidiano ritorna nelle altre opere dell’artista esposte alla mostra sanminiatese, anch’esse appartenenti alla Collezione Farnesi: le straordinarie acqueforti, tra le quali la grande incisione della Carica di Cavalleria, commissionata dalla Società di Incoraggiamento delle Belle Arti di Firenze nel 1883, con cui Fattori aveva inaugurato pubblicamente la sua attività di incisore e le preziose litografie della serie dei Venti Ricordi dal vero, la cui cartella venne pubblicata per la prima volta a Pistoia nel 1884 in tiratura molto limitata. Tutte opere grafiche che ci consentono di apprezzare la freschezza del segno dell’artista toscano, oltreché la sua incisiva capacità espressiva di raccontare momenti di vita reale di un mondo oramai lontano dal nostro presente quotidiano. Ed è proprio all’incisione, oltre che alla pittura, che Fattori spesso affida il compito di tradurre sulla lastra i disegni “dal vero”dei suoi taccuini per parlarci degli umili popolani in divisa, colti quasi sempre di spalle mentre si allontanano nelle perlustrazioni a cavallo tra le sterpaglie deserte, o della vita contadina, come nelle monumentali Gabbrigiane o nella solitaria Ciociara, presenza anonima, fissata di spalle, ricurva e nascosta dai pan-

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neggi delle vesti, oppure per descrivere i suoi “fratelli animali”, metafora anch’essi di quella “umanità fattoriana”, popolana, umile e povera, ma autentica e vera nella sua semplicità. Gli stessi soggetti li ritroviamo disegnati sulla pietra litografica nella mirabile serie dei Ricordi dal vero. Un anno prima di morire (1908), in una lettera all’amico e pittore Ulvi Liegi, Fattori scriverà: “Tu, come artista, devi sapere che si amano i nostri lavori come figli e dispiace anche quando se ne vanno venduti…Le lastre io godo a vedermele e farle vedere”. 1. Ritorno dal pascolo 2. Le Gabbrigiane 3. Ciociara 4. Cavalleggeri in perlustrazione

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EVENTI

urante il periodo della mostra altri eventi collaterali si sono svolti presso la sede della Fondazione della Cassa di Risparmio di San Miniato di Palazzo Grifoni. L’incontro di approfondimento tematico e storico-culturale Perché mi piace Fattori, moderato dalla giornalista Betty Barsantini, svoltosi il giorno della inaugurazione, ha visto la partecipazione del Prof. Paolo Romano Coppini (Università di Pisa), del Prof. Alessandro Tosi (Università di Pisa, Museo della Grafica) e del Cavalier Flaminio Farnesi, oltre alla presenza del Presidente Antonio Salini Guicciardini e dei soci della Fondazione della Cassa di Risparmio di San Miniato. Alle scuole superiori del territorio è stata invece dedicata la conferenza del 26 maggio: Giovanni Fattori e l’iconografia risorgimentale della professoressa Lucia Tomasi Tongiorgi (Università di Pisa). L’intervento seminariale, partendo dall’analisi del cartone della Battaglia di Magenta, nonché dal periodo storico risorgimentale in cui si compie la formazione artistica di Giovanni Fattori, ne ha approfondito le tematiche iconografiche attraverso la lettura di alcune delle principali testimonianze figurative dell’artista macchiaiolo. Agli insegnanti ed agli studenti delle classi partecipanti dell’Istituto tecnico superiore Carlo Cattaneo di San Miniato, è stato consegnato il piccolo catalogo della mostra Giovanni Fattori. Il cartone della Battaglia di Magenta e altre opere grafiche, Edizioni ETS, Pisa, 2011, curato dal Museo della Grafica e realizzato dalla Fondazione in occasione dell’evento espositivo. Infine, sono state possibili, su richiesta e prenotazione di visite guidate, aperture straordinarie della mostra, per consentire alle classi delle scuole interessate (Istituto Inferiore di Primo Grado di San Miniato) di visitare gli spazi espositivi.

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Mostre

Empoli

contrasti giannoni di

TEXT Angela Colombini PHOTO Marco Bonucci

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i è inaugurata giovedì 14 aprile presso la Filiale della Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.A. in via Cavour a Empoli, la mostra personale Contrasti dedicata alle opere del pit-

Il maestro sanminiatese ci accompagna al di là del reale per prendere coscienza di una nuova autonomia di pensiero tore sanminiatese Gianfranco Giannoni. Entrando nei locali dell’agenzia ci accoglie un allestimento sobrio e colorato. Le opere si insinuano al centro della sala, si stagliano sulle pareti in alto, ci avvolgono. Nei dipinti l’inquietudine per quella realtà in cui si consumano i drammi della vita quotidiana, situazioni conflittuali e contraddittorie che fanno parte della civiltà dei consumi e dello spettacolo, un universo di benessere in apparenza alla portata di tutti, che al contrario priva della felicità individui e popoli. Ma lo sguardo dell’artista passa oltre per rivolgersi, con animo libero e puro, in una nuova dimensione di colori, personaggi e paesaggi, travalicando la fantasia e raggiungendo così una nuova dimensione di speranza e spensieratezza.

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Contrasti appunto, tra il reale e il fantastico, che il maestro Gianfranco Giannoni sta sperimentando nella ricerca della sua oasi personale di pace e serentità. Passaggi dal grigio e nero al giallo, arancio e rosso carichi della luce e della vita che, prepotente, chiede di perdersi in un nuovo stupore. Una raccolta inedita delle opere del pittore, nelle quali la crudezza del reale quotidiano si perde nella fantasia, e la travalica alla ricerca di nuovi spazi e nuovi colori.

La mostra, curata da Margherita Casazza e dal critico Nicola Micieli, con il Patrocinio del Comune di Empoli, è stata realizzata all’interno del progetto Carismi per l’Arte, che da oltre due anni promuove l’arte all’interno degli spazi bancari. Spazi dedicati all’economia, che assumono con queste iniziative una nuova dimensione, un nuovo significato e soprattutto ci danno l’opportunità di riflettere, in un luogo in cui solitamente ci rechiamo solo per scopi pratici. Qui gli artisti ci accompagnano per mano e

l’Arte diviene così patrimonio di tutti; può proporre una dinamica profonda e diventare modo comune, portare a raggiungere la maturità che risiede nell’autonomia di pensiero. Solo l’Arte infatti possiede questa caratteristica: portarci verso una capacità critica. Gli artisti come interpreti del nostro tempo, ci aiutano a raggiungere questa dimensione al di là delle apparenze del reale; per questo motivo abbiamo bisogno di averli vicini, oggi più che mai, in ogni luogo della quotidianità.

Nella foto: da sinistra D’Anteo Alessia (ufficio marketing), Gianfranco Giannoni, il direttore generale Carismi Piergiorgio Giuliani e i curatori della mostra. Nelle altre foto momenti del vernissage

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Mostre

Franco Adami a Pisa

PortoScultura della

TEXT Angelo Errera PHOTO Cristiana Cei

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ercoledì 8 giugno 2011 alle ore 18.30 presso Palazzo Alliata in Lungarno Gambacorti a Pisa è stata inaugurata la personale PISA Porto della Scultura dedicata alle opere del maestro Franco Adami, curata da

CARISMI per l’Arte una personale di Franco Adami a Pisa Margherita Casazza e dal critico d’arte Nicola Micieli. La mostra, allestita con il Patrocinio del Comune di Pisa, è stata inserita nel calendario del Giugno Pisano, un mese ricco di rievocazioni storiche, manifestazioni, concerti ed iniziative culturali per festeggiare le antichissime tradizioni della città di Pisa, tra cui la Luminara di San Ranieri, il Gioco del Ponte e la Regata Storica delle Repubbliche Marinare. La Cassa di Risparmio di San Miniato Spa, all’interno del progetto Carismi per l’Arte, ha organizzato questa personale che ripercorre il cammino del maestro pisano attraverso le opere nate dall’incontro con i grandi artisti del Novecento, come Picasso e Cézanne, conosciuti durante il suo soggiorno a Parigi. La continua ricerca di linguaggi e scambi interculturali, nel confronto con le popolazioni dell’America Latina, della Cina e dell’Africa, segna e caratterizza le sue opere. Un percorso cono-

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Nella foto: da sinistra il sindaco di Calci Bruno Possenti, l’assessore alla cultura comune di Pisa Silvia Panichi, Nicola Micieli, Franco Adami, l’assessore alla cultura provincia di Pisa Silvia Pagnin, responsabile area Toscana Carismi Mauro Favati, Margherita Casazza e il consigliere della Carismi Moreno Menichetti. Nelle altre foto momenti del vernissage.

scitivo che trova spazio nello storico e prestigioso palazzo, sede dell’Agenzia 1 della CARISMI S.p.A. in Lungarno Gambacorti, ma che coinvolge anche le altre agenzie della Banca nella città di Pisa con l’esposizione di ulteriori opere scultoree e dipinti. Al vernissage sono intervenuti molte autorità ed esponenti del panorama culturale di Pisa. Un’esposizione le cui presenze in dimensione ridotta invitano a una sosta e a un raccoglimento più a misura personale e privata, più intima. Un’ideale “scenografia” corredata dalle

grafopitture che l’artista esegue in preparazione ma anche in variazione postuma delle sculture, riportandone al piano la struttura e la figura che, per quella riduzione alla sintesi della linea e alla campitura del colore, assumono una più evidente valenza simbolica. Visitando le sale possiamo ammirare inoltre la splendida vista che si ammira dalle finestre sui Lungarni della città. La personale chiuderà il 30 giugno e sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 16.30; il sabato e la domenica dalle 18 alle 20.


a cura di Val eri a C al dell i , giorna lista de La Na z ione di Pis a

Intervista a Franco Adami

Franco Adami di ritorno dal mondo nella “sua” Pisa. Un segno di che cosa? Un segno di amicizia verso la terra dove sono cresciuto, dove sono andato a scuola e dove ho avuto tanti amici. Ho portato le mie opere in tutto il mondo, dall’Africa all’estremo Oriente, restando sempre un toscano di Calci. La mia terra è rimasta questa. La riconosco ogni volta che ritorno e che mi immergo di nuovo nei suoi colori, nelle sue forme, nei suoi odori. Niente è cambiato? Molto poco, per fortuna. Pisa è sempre stata una città surrealista. Tutti hanno le torri diritte, la nostra invece è storta. E guardando l’Arno non capisci mai dov’è il mare perchè non sempre si capisce come scorre l’acqua... C’è un messaggio che vuole lanciare attraverso questa mostra? In un momento di guerre, in cui una parte dell’umanità è l’un contro l’altra armata, credo che l’arte possa portare un messaggio di pace. Perché l’arte è unione tra i popoli e vorrei che le mie opere fossero un linguaggio universale per comunicare. E Pisa luogo dell’incontro vituale? Pisa deve ritornare ad essere quella che era una volta ed è importante cominciare dall’arte. Per questo ho un progetto nel cuore, quello di realizzare in questa città un Centro di arte moderna. Io sono pronto a portare qui artisti

di fama internazionale, i più bravi e i più importanti. Per questo la mostra ha per titolo: “Pisa, porto della scultura”? Per questo ed anche per altro. Ho realizzato piazze importanti in varie parti del mondo. Adesso mi piacerebbe fare un grande monumento all’imbocco dell’Arno per sottolineare il rapporto tra Pisa e il mare e dare di nuovo un segno della bellezza e della storia della nostra città. Ha detto che vorrebbe portare a Pisa artisti internazionali. Lei, invece, gli artisti andò a cercarli a Parigi quando era ancora un ragazzo... Ci racconti chi ha conosciuto. Ne ho conosciuti moltissimi, da Giacometti a Mirò, da Magritte a Picasso. Chagall lo incontrai all’Opera: lui ne affrescava il soffitto e io stavo costruendo una scenografia. Gli piacque quello che facevo e allora mi chiese di lavorare per lui. Così partecipai alla realizzazione di una tappezzeria (lui aveva fatto il disegno e noi giovani artisti dovevamo riprodurlo sul tessuto) che ora è in Israele. E di Picasso cosa ricorda? Per mantenermi a Parigi facevo qualche lavoretto. Un giorno, mentre ero intento alla doratura di un canapé vedo sullo sfondo dei quadri bellissimi e mi metto a guardarli, fino a quando non inciampo in un signore che mi osservava. “Ti piacciono?” mi chiese. Io risposi che dopo il Rinascimento italiano erano

la cosa più bella che avessi visto. Quel signore era Picasso. Più tardi ho lavorato nel suo atelier per poco tempo. Una volta gli chiesi un consiglio sul luogo dove poter fare una mostra. Lui mi rispose. “Alla tua età le mostre si fanno anche nei vespasiani”. E io lo ascoltai. Il primo quadro? La Verruca di Calci, riprodotta con gli oli colorati che andavo a raccogliere tra i rifiuti di una fabbrica di Livorno “sfollata” a Calci. Chi era e chi è Franco Adami? Franco Adami è un ragazzo di Calci che ogni tanto veniva a Pisa in bicicletta per vendere i prodotti dell’orto al mercato e poi tornava a casa, sempre in bicicletta. E ora chi è? Uno che mette l’onestà davanti a tutto. Uno qualunque che fa un lavoro che ama, che plasma la materia per dargli le forme della sua fantasia. Un artista... Questo lo dicono gli altri.

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Mostre

Volterra. Mino Rosi

attraverso il TEXT Giulia Cavallo

‘900

D

a sabato 18 giugno fino a domenica 9 ottobre 2011 gli spazi espositivi di Palazzo dei Priori a Volterra ospitano la mostra Attraverso il Novecento. Mino Rosi: l’artista e la collezione da Fattori a Morandi, evento centrale della programmazione annuale voluta dal Comitato Esposizioni 2011. Nata dal desiderio di portare a conoscenza del grande pubblico la figura di un artista volterrano e la sua straordinaria collezione, la mostra presenta un’inusuale panoramica dell’arte del Novecento, vista attraverso le esperienze culturali e le opere di un raffinato collezionista ed equilibrato pittore dalla dominante vena poetica. La vita stessa di Mino Rosi, intesa nella completezza dei rapporti di amicizia e condivisione culturale oltre che di ricerca strettamente artistica, diventa in questa esposizione lo spunto per delineare un quadro esauriente, anche se non puntuale, dei numerosi interessi culturali che hanno contrassegnato il contesto artistico volterrano, toscano e italiano del Novecento, in particolare dagli anni Trenta agli anni Cinquanta. Nato a Volterra il 9 giugno del 1913, Mino Rosi conciliò fin dall’epoca della sua formazione artistica gli usuali studi con letture e frequentazioni di grande significato formativo, non ultima quella con Ardengo Soffici conosciuto a Poggio a Caiano nel 1933. Nel 1935 conseguì il diploma presso l’Istituto d’Arte di Porta Romana a Firenze e iniziò subito ad insegnare presso il Liceo Artistico di Volterra. Da quel momento il suo impegno nell’insegnamento continuò senza interruzione per molti decenni, segnando profondamente la storia di istituti e scuole toscane, in particolare dell’Istituto d’Arte di Pisa da lui diretto sin dalla fondazione nel 1962. Parallelamente all’impegno didattico, Mino Rosi affrontò e sviluppò diversi tipi di ricerche artistiche relazionandosi costantemente con le maggiori figure di artisti del suo tempo, da Soffici a Ponti, da De Pisis a Guttuso e Morandi, senza dimenticare l’apporto di artisti come

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Sassu, Severini, Sironi, Viani e Viviani. Dagli anni Trenta agli anni Cinquanta del Novecento visse al centro di una complessa rete di relazioni personali che, da

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una parte, arricchirono i risultati della sua personalissima ricerca artistica e dall’altra, furono capaci di portare i riflessi vivi della più avanzata arte europea in centri allora considerati minori, come Pisa e Volterra. Dai primi anni Cinquanta cominciò una nuova esperienza, legata alla lavorazione diretta del mosaico e della vetrata istoriata i cui principali risultati si possono oggi ammirare tra l’altro nel transetto della Collegiata di Casole d’Elsa, nelle absidi del Duomo e di San Michele in Borgo di Pisa e nel Rosone della Cattedrale di Santa Maria Assunta di Volterra (1990). Critico d’arte dal gusto raffinato e attento, Mino Rosi ricoprì anche importanti incarichi istituzionali e ministeriali, e, in particolare dopo la morte del figlio Giovanni che ne esaurì per quasi vent’anni la vena artistica, si dedicò principalmente all’insegnamento e alla curatela di numerose pubblicazioni d’arte. Alla fine degli anni Settanta riscoprì il desiderio di tornare alla pittura, realizzando pastelli e acquarelli.


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La mostra ripercorre quindi le varie tappe dell’esistenza di Mino Rosi, dalla formazione sofficiana alla maturità artistica degli anni Quaranta, dai quasi vent’anni di silenzio pittorico fino alla tarda ripresa della pittura con la creazione di pastelli e acquarelli dal forte incanto poetico. In contemporanea propone dipinti, disegni, incisioni e sculture di suoi contemporanei ai quali fu legato da rapporti di amicizia o affinità artistica. Si evidenzia in questo modo una sorta di dialogo continuo tra le diverse anime dell’uomo Rosi, quella dell’artista alla ricerca di una propria personale via per la creazione artistica e quella del collezionista e connoisseur d’arte appassionato di dipinti, disegni, incisioni e sculture di artisti toscani e italiani, attivi nella prima metà del Novecento: Ardengo Soffici, Ottone Rosai, Lorenzo Viani, Giuseppe Viviani, Luigi Bartolini, Mirko e Afro Basaldella, Carlo Carrà, Filippo De Pisis, Renato Guttuso, Mario Mafai, Giorgio Morandi e Aligi Sassu, solo per fare alcuni dei tanti nomi presenti. Per meglio comprendere le radici culturali e artistiche della passione di Rosi per l’arte, una piccola sezione dell’esposizione è dedicata all’arte della fine dell’Ottocento e degli inizi del Novecento, partendo da album, disegni, incisioni e dipinti di Giovanni Fattori fino ad arrivare ai dipinti di Luigi e Francesco Gioli. Infine è presente una piccola, ma estremamente qualificata, rappresentanza delle opere d’arte antica raccolte da Rosi con estremo gusto, esponendo dipinti e disegni, ad oggi sconosciuti al grande pubblico, di artisti come Solimena, Cambiaso, Bernini e Salviati. 1. Arturo Martini, Amazzoni spaventate, 1934 2. Rosi con Carlo Carrà ed Enrico Pea, Forte dei Marmi, 1947 3. Massimo Campigli, ritratto di Susanna Zimmer Langneese, 1938 4. Mino Rosi, Figurine nel prato, 1942 5. Mino Rosi, Studio per ritratto, 1950

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mon Bijou

Mostre

mediterraneo TEXT Federica Farini

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ull’onda del trascorso successo della mostra Natura e Artificio. Il gioiello interpreta il fiore, il fiore interpreta il gioiello, la Provincia di Livorno, in collaborazione con il Garden Club ed il Gruppo Toscano

Il gioiello contemporaneo in mostra a Livorno ci regala le suggestioni del Mare Nostrum attraverso i suoi colori, profumi, miti, storia e tradizioni. Mediterraneo. Incontri e Orizzonti: quando arte e natura si fondono insieme in un’affascinante ispirazione dell’A.G.C. (Associazione Gioiello Contemporaneo), hanno rilanciato dal 12 al 19 aprile 2011 una nuova esposizione internazionale di gioielli contemporanei, intitolata Mediterraneo. Incontri e Orizzonti, curata ed organizzata da Corrado De Meo, designer del gioiello e membro del suddetto A.G.C. Luogo dell’evento la Sala delle Mostre Temporanee del Museo di Storia Naturale di Livorno ed in lizza per il premio di mille euro ben tredici nazioni, tra cui Italia, Singapore, Russia. Sessanta gli artisti, fino ai trentacinque anni di età, tra designers, orafi e studenti del settore del gioiello contemporaneo.

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Concept della mostra il “Mare Nostrum”, da sempre crocevia di contaminazioni tra differenti culture, tradizioni, idee e linguaggi che esprimono la ricchezza delle civiltà che vi appartengono, in nome di quel “centro” di significati economici, politici e culturali che oggi più che mai vince attraverso il dialogo e la mediazione dei contrasti, traducendosi in bacino di crescita per la società contemporanea. Agli artisti è stato chiesto di esprimere il “pensiero mediterraneo” nei suoi colori, profumi, miti, storia e tradizioni, attraverso le loro distinte identità, in espressioni di reinterpretazione del concept, che si trasformassero in “ponte” su quelle variegate diversità, le quali da sempre costituiscono una fonte di inesauribile ricchezza tipica della cultura mediterranea. Ad impreziosire la mostra il Garden Club ha proposto inoltre una rilettura in chiave botanica dei gioielli esposti, nelle composizioni di arte floreale dell’Orto Botanico: suggestivo l’impatto estetico, in perfetta armonia con la natura e arricchito anche da una selezione di foto di Virgilio Catarsi sui particolari delle livree di alcuni pesci del Mediterraneo. Bianca Cappello, storica del gioiello

contemporaneo, ha omaggiato l’evento della sua critica attraverso il contributo nella pubblicazione del catalogo della mostra. Le osservazioni sottolineano come il gioiello contemporaneo sia al giorno d’oggi spesso volutamente in contrasto con le millenarie tradizioni orafe della vasta area geografica mediterranea, evidenziando il divario tra un Nord Europa attivo nella sperimentazione artistica e nel design e un’Africa settentrionale poco consapevole, forbice che spesso si deve alla mancanza di sostegni per la ricerca e alla chiusura delle realtà politiche, economiche, storiche e culturali (Egitto e Turchia), alla scarsa presenza sul territorio di scuole adeguate (Croazia e Slovenia), alla manipolazione del gusto e della moda da parte delle grandi maison del gioiello (Francia). L’anima della mostra si è incarnata in un Mediterraneo percepito come non-luogo, punto di incontro tra innovazioni tecniche e culturali, dotato di una sua identità e forza vitale inesauribile, che si incarna in una espressività di colori, sapori, forme e odori unica, una vera e propria “musica dell’universo (mediterraneo)”.


NOTIZIA

Nella pagina a fianco: Liana Pattihis Blue Knitted 3d Sopra: Eikyung Lee, vincitore americano Sotto: Younghee Hong Giappone, Dania Kelminsky printed Israele

UNA “MAREA” DI GIOIELLI I due vincitori tra gli artisti under trentacinque in gara sono risultati Euikyung Lee (Corea del Sud), con il bracciale “Ambivalence” di resina e creta rosso-nero, e Trinidad Contreras (Spagna), con la spilla in argento e porcellana. Curiosi “Puoi per... metterti la barca?” di Fabio Corsini, realizzazione in assemblaggio, saldatura ed ossidazione, “Schegge impazzite dal nostro passato” di Marco Picciali, argento, oro e lapislazzuli con modellazione, microfusione ed incisione al pantografo, “Coral dream”di Maria Mamkaeva, ottone, plastica e smalto. Ad ognuno il suo…mare!


Giovanni Larciani

maestro dei

Arte

paesaggi

TEXT&PHOTO Pierluigi Carofano

T

ra gli aspetti più stimolanti - ed anche più ludici - della ricerca storico artistica vi è certamente quello relativo all’esercizio dell’attribuzione di opere d’arte che presentano elementi e stilemi di non immediata e facile decifrazione. Per questa ragione, quando si arriva all’individuazione di un nome condiviso, il ricercatore prova un certo appagamento

Tra Firenze, San Miniato, Montopoli e Fucecchio il Maestro dei Paesaggi Kress che va a rafforzare l’approccio linneo che egli mette sempre in questo tipo d’indagine. A questo approccio non si è sottratta questa tavola (olio e tempera grassa su tavola di pioppo, cm 73×69), recentemente restaurata da Estrelita Giampiccolo (Hermes restauro – Pisa) che si presenta in ottimo stato di conservazione, caratterizzata da una cromia equilibrata non alterata da vernici ingiallite o da ridipinture. Raffigura uno dei soggetti prediletti dai pittori fiorentini di primo Cinquecento della cerchia di Mariotto Albertinelli, Fra Bartolomeo e Francesco Granacci, ovvero la Madonna col Bambino e san Giovannino in un paesaggio fiabesco brulicante di vegetazione con sulla destra un’architettura fantastica degna di Piero di Cosimo. Si tratta di un tipico esempio di quadro devozionale privato - come si deduce dalle dimensioni - destinato ab origine ad essere collocato sopra un inginocchiatoio o inserito sull’altare di una cappella privata. L’esecuzione non necessariamente legata ad una committenza religiosa è confermata dal tono ameno della composizione, risolta nei sorrisi e negli ammiccamenti degli sguardi. In particolare, il Bambino gioca con un cardellino che tiene legato ad un esile filo, la Vergine, a due terzi di figura, ha un’espressione

dolcemente pudica, cinge il Bambino, lo tiene in collo ed al contempo si volge verso san Giovannino che, in primo piano in basso a sinistra, a mezza figura, viene invitato a partecipare alla “Sacra conversazione”. Ai personaggi fa da sfondo un paesaggio collinare estremamente elegante, disegnato con grande cura ed impostato secondo le istanze leonardesche degli sfondi ambientali ed atmosferici (si veda il bellissimo cielo aurorale con tutte le gradazioni dell’azzurro), anche se l’indagine micrografica con cui sono delineate le colline e i particolari naturalistici risente decisamente di analoghe soluzioni di Fra Bartolomeo, come si può vedere dal confronto con l’affascinante paesaggio della tavola col Dio Padre in gloria tra la Maddalena e santa Caterina da Siena (Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi) e con quello presente nella celebre Pietà di Palazzo Pitti Questa tavola inedita si presenta con una forza stupenda grazie al perfetto equilibrio della composizione e nell’insieme il dipinto si fa apprezzare per l’intensità dolce e familiare degli affetti, traslata nella sfera del sacro dall’impaginazione rigorosa sottesa alla distribuzione delle figure. Gli incarnati rosei dei protagonisti, i capelli color miele, il contrasto della veste rossa (profilata d’oro) e blu lapislazzuli dell’abito della Vergine, tutto concorre a dar vita ad un’immagine elegiaca qualitativamente pari, ad esempio, alle migliori opere di simile formato e tipologia, di Fra Bartolomeo e di Mariotto Albertinelli. Il riferimento ai due protagonisti della fulgida stagione artistica della Scuola di San Marco (1509-1513) non è casuale poiché, esaminando nel complesso la tavola si scoprono molti punti di contatto, ad esempio, con opere di analogo soggetto di Mariotto Albertinelli quale la palmare citazione del san Giovannino presente nella Sacra Famiglia in coll. Stanley Moss a New York, opera imponente per dimen-

sioni e per qualità, tale da proporsi come il prototipo intorno al 1510 per tutti i giovani artisti che in quegli anni frequentavano la Scuola di San Marco. Tra questi, ve ne era uno particolarmente dotato ed eccentrico: Giovanni di Lorenzo Larciani alias Maestro dei Paesaggi Kress. Fu Federico Zeri, in un articolo di apertura al movimento di fronda “eccentrica” che affianca le istanze classiciste dell’arte fiorentina del primo Cinquecento, prefigurando gli esiti della maniera moderna, a riunire per la prima volta intorno alle tre vedute di paesaggio provenienti dalla collezione Kress, e confluite nella National Gallery of Art di Washington, un corpus omogeneo di opere (la più importante è sicuramente la Pala del Museo Civico di Fucecchio) sino a quel momento senza nome. Per Zeri, l’autore di quelle opere era appunto il cosiddetto Maestro dei Paesaggi Kress, dai name-pieces di Washington. Tale nucleo si è via via accresciuto di alcuni numeri (Madonna col Bambino della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Arezzo; Sacra Famiglia con san Giovanni Battista, Roma Galleria Borghese; la cosiddetta Pala di Montopoli) sino ad arrivare alle fondamentali ricerche d’archivio di Louis A. Waldman che nel 1996 identificò in Giovanni di Lorenzo Larciani (Firenze 1484-1527) l’autore della Pala di Fucecchio e quindi, per estensione, il responsabile di tutte le opere sino a quel momento riunite sotto il nome convenzionale del Maestro dei Paesaggi Kress. Stando ai suoi estremi cronologici, il Larciani è artista leggermente più giovane di Fra Bartolomeo (Firenze 1473-1517), di Mariotto Albertinelli (Firenze, 1474-1515) e di Francesco Granacci (Villamagna di Volterra 1469-Firenze 1543), coetaneo del Franciabigio (Firenze 1484-1525; col quale talvolta è stato confuso) e di Frà Paolino (Pistoia 1488-1547). Questi artisti costituiscono l’universo figurativo entro cui si muove l’estro bizzarro ed anticon-

Bibliografia su Giovanni Larciani alias Maestro dei Paesaggi Kress: Federico Zeri, Eccentrici fiorentini, in «Bollettino d’arte», 47, 1962, pp. 216-236; Antonio Natali, La piscina di Betsaida: movimenti nell’arte fiorentina del Cinquecento, Firenze 1995; L’età di Savonarola: Fra’ Bartolomeo e la scuola di San Marco, a cura di Serena Padovani con la collab. di Magnolia Scudieri, Firenze 1996, pp. 153-155; Louis A. Waldman, Un nome per il “Maestro dei Paesaggi Kress”: Giovanni Larciani e la pala d’altare di Fucecchio, in «Erba d’Arno», 74, 1998, p. 22-47; David Franklin, A painting by Giovanni Larciani in Rouen, in «The Burlington Magazine», 140, 1998, p. 470; Italian Renaissance masters, Haggerty Museum of Art, essays by Annemarie Sawkins, David Franklin, Louis Alexander Waldman, Milwaukee, Wis., 2001, pp. 24-45; Louis A. Waldman, Nicoletto da Modena and Giovanni Larciani, in «Print quarterly», 24, 2007, 2, pp. 141-145; Louis A. Waldman, An unpublished Albertinellian Madonna by Giovanni Larciani, in «Source», 28, 2009, 2, pp. 14-21.

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venzionale del Larciani, senza trascurare l’iniziale influenza di Raffaello, Leonardo e Rosso Fiorentino. Difatti, se nelle opere della piena maturità, come le pale di Fucecchio e di Montopoli (1523; 1526) il Larciani si pone quasi l’obiettivo di andare oltre i ‘ghiribizzi’ di Rosso (ma anche di Pontormo), in questa deliziosa tavola il Maestro è debitore dei grandi modelli della pittura fiorentina di primo Cinquecento: in primis Raffaello, Leonardo e Fra Bartolomeo. L’impostazione bilanciata, la simmetrica divisione tra terra e cielo, i colori complementari, tutto concorre ad infondere armonia e quiete ed a collocare questo dipinto tra i juvenilia, se non la primizia a tutt’oggi nota, della fulgida arte del Larciani. La sua visione eccentrica, abbinata ad un raffinatissimo trattamento pittorico, trasforma le citazioni dai maestri della Scuola di San Marco in una sintesi viva e originale, fresca e persona-

le: il Bambino e san Giovannino presentano lineamenti morbidi e fisionomie leonardesche; le teste dei protagonisti sono tracciate con tratti decisi e puliti cui poi il colore oro aggiungerà la massa dei capelli così come raffinatissimo è l’accenno del velo trasparente sul capo della Madonna. Dal punto di vista compositivo, il motivo del Bambino in braccio sulla gamba della Madre e di san Giovannino in basso a destra è presente in almeno un altro dipinto (ubicazione ignota) attribuito a Giovanni Larciani di cui si conserva la memoria fotografica presso la Fototeca della Fondazione Longhi di Firenze (con data 3 agosto 1955), ma la nostra opera, vero e proprio unicum, è anche accostabile alla Madonna col Bambino e san Giovannino in coll. Drey a Monaco. Per quanto riguarda la cronologia, poiché le uniche date certe relative ad opere

del Larciani riguardano la Pala di Fucecchio (1521-23), e l’Annunciazione, Visitazione, san Giuseppe e Dio Padre nella Pieve di Montopoli (1526), e trattandosi in quei casi di dipinti in cui l’espressività accentuata e l’adesione al linguaggio del Rosso e di Berruguete è piuttosto deciso, ne deriva per la nostra tavola una datazione alta, intorno al 1510, allorquando il Larciani, come ipotizzato da più studiosi, è pittore fatto, e appena uscito dalla bottega di Fra Bartolomeo e di Mariotto Albertinelli. Dunque, questa Madonna col Bambino e san Giovannino risulta un’acquisizione fondamentale per arricchire le nostre conoscenze su un maestro in parte ancora misterioso, e per questo affascinante, come Giovanni di Lorenzo Larciani. Sopra: Madonna col Bambino e san Giovannino, coll. privata

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Premio Ugo Guidi - terza edizione

M

Mostre

il

aestro

presenta l’

TEXT Enrica Frediani

N

el 2010 premio di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con lettera di encomio del Presidente del Senato Renato Schifani, la Rassegna Il maestro presenta l’allievo ha ricevuto quest’anno il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, concesso dal Ministro della Gioventù Giorgia Meloni. In mostra a Villa Undulna (Terme della Versilia, Cinquale di Montignoso, dal 2 al 30 luglio) le creazioni di giovani studenti o neodiplomati delle Accademie di Belle Arti Statali Italiane. I giovani artisti e le loro opere sono stati segnalati dai rispettivi insegnanti in quanto “maestri”, a loro volta invitati dal comune di Montignoso (ente organizzatore) e dall’Associazione “Amici del Museo Ugo Guidi Onlus” (organo promotore). Una rassegna d’arte dunque rivolta ai giovani, che premia il merito, favorisce il confronto artistico e avvicina le città italiane sedi delle accademie nel perseguimento di un obiettivo comune. Il maestro presenta l’allievo è nato nel 2009. La prima edizione si limitò alle accademie toscane: Firenze e Carrara. Alla seconda parteciparono le accademie di Bologna, Carrara, Firenze, Frosinone, Milano, Napoli,

Torino, e Venezia. In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia sono stati invitati i docenti delle venti Accademie italiane, per la prima volta, a selezionare e presentare i loro migliori allievi per partecipare alla rassegna d’arte, limitatamente alle discipline che richiedono abilità manuale: Scultura, Pittura, Plastica ornamentale, Disegno, Incisione, Decorazione, Anatomia artistica, Scenografia, Tecniche del marmo, Tecniche dell’incisione, Tecniche pittoriche. Dunque ideazione e abilità manuale, concetto e laboratorio insieme. La mostra inoltre ambisce a divenire una piattaforma espositiva nella quale i nuovi linguaggi si configurano e si strutturano attraverso l’impegno e lo studio. La tradizione accademica non è sinonimo di ripetitività, ma diviene espressione d’una manualità consapevole, che conduce alla creatività e all’innovazione utilizzando varie tecniche e materiali. Una giuria di esperti d’arte contemporanea formata da storici, critici e galleristi assegnerà il “Premio Ugo Guidi 2011”, consistente nella scultura in bronzo a tiratura limitata Capra, eseguita nel 1971 dal Maestro Ugo Guidi (1912-1977).

Nella foto: Un momento della premiazione nell’edizione del 2010

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Come nelle precedenti edizioni, la mostra propone sculture, disegni, pitture, incisioni, bozzetti scenografici. Scultura e pittura si contendono la supremazia delle opere esposte, seguite da incisioni, bozzetti scenografici e un’installazione. Sono presenti sculture in marmo, resina, terracotta, fibra di legno pressato. Diverse le tecniche pittoriche, dagli acrilici, agli oli, pastelli, acquarelli. Non mancano gli assemblaggi di altri materiali come ferro, lacche, pietre. I temi affrontati evidenziano una netta sensibilità ai problemi e disagi dell’uomo moderno: la scarsa comunicazione interpersonale, il dilagante interesse per la materialità a scapito della spiritualità, l’omologazione a canoni estetici imposti dai mass-media. Ma si trovano anche citazioni dagli antichi Maestri per esprimere concetti universali come le riflessioni sulla creazione e i quattro elementi terra, fuoco, aria, acqua; la “Questione omerica” e la forma vista in rapporto allo spazio. Anche nei lavori pittorici e nelle incisioni le tematiche preferite dagli autori sono legate alla condizione umana, ai problemi religiosi, alla perdita d’identità dell’uomo, all’importanza della creazione, all’indagine psicologica. I docenti segnalatori sono: Antonio Cicchelli (Bari); Paola Babini (Bologna); Aron Demetz (Carrara); Bruno Antonio (Catania); Giulio De Mitri (Catanzaro); Maria Rosaria Manigrasso (Firenze); Salvatore Lovaglio (Foggia); Luigi Fiorletta (Frosinone); Valter Battiloro (L’Aquila); Pippo Altomare (Lecce); Paolo Gobbi (Macerata); Massimo Pellegrinetti (Milano); Gennaro Vallifuoco (Napoli); Riccardo Perricone (Palermo); Andrea Leuzzo (Reggio Calabria); Salvatore Dominelli (Roma); Carlo Pizzichini (Sassari); Ermanno Barovero (Torino); Michelangelo Galliani (Urbino); Giuseppe La Bruna (Venezia). I rispettivi allievi sono: Marco Fabiano, Pietro Pastore, Rapo Najada, Maria Luisa Marchio, Giacomo D’Alessandro, Angela Vocale, Donato Marrocco, Fabrizio Sebastiani, Rehana Giurda, Antonella Servili, Giuliano Giancotti, Luca Petti, Nunzia Russo, Claudio La Fata, Francesco Palamara Mesiano, Tancredi Fornasetti, Marco Basile, Elisabetta Vezza, Elvis Spadoni, Valter Cerneka.



Faustini Art Gallery - Modern and Contemporary Art - www.galleriafaustini.com - info@galleriafaustini.it

Giancarlo Caponi

s

Arte:

relazione con TEXT Patrizia Bonistalli

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ell’ospitale cornice di una raccolta pittorica liricamente tinteggiata, l’artista racconta di aver intrapreso la sua attività all’età di dodici anni; un’attitudine giovanile promettente si estende fino a divenire

La vera arte sta sempre nascendo trascinante e riservata esigenza creativa. Trasportato dentro un viaggio autodidattico, il pittore si manifesta inizialmente come osservatore di spazi di vita vissuta che con gli anni trovano foce in un infinito fantastico. Apprezzato ed encomiato, se pur impegnato professionalmente in ambito diverso, Giancarlo Caponi intraprende gradualmente un percorso espositivo che lo conduce oggi quale acclamato protagonista d’intense collezioni sia nel nostro Paese che all’estero. Pittore sapientemente autentico senza ricalchi imitativi, c’introduce ai suoi capolavori compiuti con tecnica ad olio, dalle tinte apertamente accostate che liberano raffigurazioni simboliche volte piuttosto ad illustrare un sogno, quello dell’arte che feconda la mente. La pittura è per Giancarlo una pratica di vita strappata in ogni possibile angolo, messa in pratica nel tempo depredato senza impedimenti e immesso in una solitudine liberamente scelta. Gli incontri con il proprio personale spazio vitale e reale si rielaborano in un susseguirsi di tempi immaginativi che regalano senso all’esistenza medesima. La sua personale ed artistica ricerca si sviluppa snodandosi dall’impronta sostanzialmente narrativa in multiformi elementi suggestivi e poetici, senza uguagliarsi né rendersi conforme ad una qualche particolare corrente storico-artistica. Il recupero impegnativo e difficoltoso di uno spazio-tempo senza tempo e senza spazio dal quale le richieste di vita giornaliera minaccerebbero di sottrarre, è il riscat-

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A destra: Giancarlo Caponi Nella pagina a fianco: Circo a Venezia, 2010, olio su tela, 80x100 cm

to di un’urgenza di essere, di agire, come altrove non sarebbe avverabile. Varie fasi si stagliano dunque in una progressiva maturazione artistica in cui la pittura si avvia a divenire con il tempo sempre di più fluttuata, i movimenti

e stessi

dati dai colori intervengono sempre in modo più acceso; filo conduttore la richiesta personale di dipingere come a ritrovare lo spazio della comunicazione più profonda, che talvolta viene affranta dalla quotidianità. La ricerca comples-



Sabato 25 giugno alle ore 22.00 presso la Galleria Faustini piazza Marconi n.2, Forte dei Marmi (Lucca), avrà luogo il vernissage della personale Dipingimi un sogno del Maestro Giancarlo Caponi. Durata della mostra dal 25 giugno al 17 luglio 2011. www.giancarlocaponi.com - info@giancarlocaponi.com

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sa di una continua traslazione degli ambienti e delle circostanze porta sullo scenario pittorico una delle tematiche più care all’artista fin dall’età giovanile: il mondo circense, maschere, artisti. L’antologia di Giancarlo Caponi è ricca altresì di configurazioni e di sembianze che intrecciano attimi di vita in seno a ben riuscite parabole emotive. Animali: in particolare, colombe, cavalli. Elementi ed ambientazioni varie: isole, colline, vulcani, barche, sigari. Richiami a protagonisti incancellabili delle fiabe e della tradizione, in modo speciale Pinocchio, Arlecchino. I protagonisti invadono la scena attraverso il tratto soffice, ma deciso, dell’artista, entrano a far parte della nostro spazio fisico come un’ estensione della loro personalità: generosamente liberi, si avvicinano, esclamano, giocano, soffrono, con armoniosa abbondanza. Ogni oggetto od essere vivente è attore vivace di un impulso unico e intimo. In essi il riscatto dalla realtà avviene in modo totale ed intraprendente. L’eloquenza dei volti come anche la movenza dei corpi recitano all’unisono l’elegia felpata ed ineffabile del loro commosso artefice. Attraverso la propria personale storia si snoda la ricerca minuziosa e per di più l’appassionato appropriarsi di storie interiori, rievocate nei volti, nelle mani, nei corpi che si agitano dentro un creato simbolico. L’elemento cromatico, frutto di uno studio cromatico sapiente ed assiduo, è interprete imprescindibile del sentire di Giancarlo: prevalenti l’azzurro e il verde, i colori danzano nella scena dirompenti con contrasti eccezionalmente armonici. Il colore è linguaggio principe che riconsegna i note e aliti di un mondo poetico. Giancarlo si presenta quale artefice originale di una pittura che mette al mondo se stessa. Le composizioni fantastiche iniziano ad auto riprodursi: il colore ed il segno si ricreano nelle moltitudini variopinte, nell’animo di voli coinvolgenti, sulla scia di acrobazie liberatorie. Trasferitosi silenziosamente nel suo cosmo interiore il pittore mette in gioco tutto se stesso nella conquista di spazi tra la vita reale e la poesia rendendo possibile una sorta di sopravvivenza equidistante esplorabile e vivibile dentro contrade immaginarie e sorprendenti. Ogni rappresentazione restituisce uno slancio emotivo, crescente mentre esso viene alla luce. L’opportunità di contemplare la poesia silenziosa delle cose si lega inscindibilmente con l’esigenza di divenire parte di un incorporeo, al punto che l’artista scopre in se di non propendere in nessun caso per la mera restituzione della realtà: la disinvoltura dei segni, l’intraprendenza dei corpi, riconsegna agli occhi la forma meno definibile e conosciuta, più universale, delle emozioni. In alto: Coro, 2008, olio su tela, 100x80 cm Sotto: Volo libero, 2011, olio su tela, 80x100 cm



Marco Dolfi

N

sentimento atura

Mostre

della

TEXT Enrica Frediani

I

l Museo Diocesano di Massa ospita questa mostra al termine di un percorso di riflessione sul rapporto tra Natura e Arte concluso nel mese di aprile che ha preso spunto da un progetto di valorizzazione del giardino storico dell’Antico Episcopio, oggi sede del Museo. Iniziato dall’osservazione

Vita, morte e rinascita: il sentimento della natura nelle opere di Marco Dolfi diretta delle piante e dei fiori che arricchiscono il giardino, il percorso si è sviluppato attraverso incontri didattici e conferenze nei quali è stato indagato il rapporto tra Natura e Arte figurativa, soffermandosi in particolare sul valore altamente simbolico della natura nelle opere di arte sacra. Naturalismo, spiritualità, sentimento, poesia sono elementi fondamentali nella pittura di Marco Dolfi. Su di essi si basa la liricità di un processo creativo che esplora la mutevolezza del dato sensibile colto nella variazione dello stato di caducità di fiori recisi e oggetti recuperati alla memoria del quotidiano. Fine esploratore del sentimento ivi racchiuso, l’artista indaga sul senso profondo delle cose, oltre la loro apparenza. Egli crea calde e intime atmosfere caratterizzate da delicati cromatismi, incisioni sul supporto materico della tela simili a graffiti, sovrapposizioni di velature che conferiscono alle sue composizioni il senso del trascorrere del tempo. Pittura, dunque, come ricerca incessante dell’anima delle cose rappresentate.

L’artista scava nel profondo del soggetto, spesso una natura ormai morta, dimenticata e abbandonata, residuo scomodo e inutile divenuto rifiuto di una vegetazione un tempo rigogliosa. Consapevole di trovare il seme da cui nasce l’amore del mondo, carpisce dalle sue “vite silenti” l’elemento spirituale portandolo in superficie, ridando all’oggetto “povero e consunto” nuova vita e ragione di esistere, in grado di trasmettere ancora sentimenti ed emozioni. Con la straordinaria capacità di rendere viva l’immagine, mostra la fiera bellezza della semplicità e il fascino misterioso della solitudine che porta a leggere nelle sue tele l’amore profondo per la vita e per quel meditativo, lirico rapporto col soggetto rappresentato dove fiori secchi, pigne vuote e contorte, aerei ciuffi di aghi di pino, cardi recisi e foglie secche accartocciate, rivelano l’aspra natura dell’entroterra viareggino di fine estate. Alla rappresentazione secca e riarsa, Dolfi contrappone scorci lussureggianti di verdi arbusti, dove il pino marittimo, protagonista indiscusso della macchia versiliese, è rappresentato in primo piano, squarciato, dilaniato dai temporali estivi. Anche il tema del sacro è affrontato da Dolfi con positività; la vita è bella e il Bambino con una colomba in mano, sorride benevolo tra le braccia di Maria il cui volto esprime dolcezza e serenità. Così il Cristo A sinistra: Fiori su tavola, 2011 In alto a destra: Sgabello con melograni nel cortile

nella “Cena di Emmaus” accenna un sorriso mentre spezza il pane. L’ambientazione della scena è moderna. Il Cristo veste una lunga tunica ma il suo volto appartiene ad un giovane del nostro tempo. I due discepoli indossano jeans stretti in vita da una cintura di cuoio, maglietta e scarpe da ginnastica, la gestualità indica sorpresa, ma è contenuta nei modi, significando umiltà. I toni delicati dei verdi, dei rossi e dei gialli sfumati delle vesti dei personaggi esprimono pace e tranquillità. Con una descrizione dettata più dalla percezione affettiva che da una ragionata volontà rappresentativa, Dolfi affronta tutta la sua creazione artistica con una sensibilità personalissima volta a carpire il messaggio più recondito ed emozionale delle cose cui riesce a conferire atmosfere sospese ed incantate per quel senso di spiritualità, d’immaterialità segnica e cromatica che caratterizza tutta la sua opera investendo il fruitore di sensazioni non precedentemente conosciute. 8 luglio – 8 settembre 2011 Inaugurazione: 8 luglio ore 18,30 Museo Diocesano – Massa via Ghirlanda - tel. 0585- 499241 Apertura: da giovedì a domenica dalle 21,00 alle 23,30



La Collezioni Incisioni e Litografie incontra il Museo di Ugo Guidi

Peccioli Forte dei Marmi da

Mostre

a

TEXT&PHOTO Irene Barbensi

L

a sua umiltà non era certo mancanza di consapevolezza del proprio valore, ma disponibilità piena a confrontarsi con le idee altrui… Questa è l’idea da cui è nata la mostra: far rivivere l’arte di Ugo Guidi attraverso il confronto con opere di maestri, alla ricerca di corrispondenze, contaminazioni e dialoghi con le opere del Museo Collezione Incisioni e Litografie – Donazione Vito Merlini di Peccioli. L’iniziativa che vede coinvolte la Fondazione Peccioliper e il museo Ugo Guidi rinnova un rapporto di reciproca stima e fiducia nato nel 2009 quando una selezione di opere dello scultore di Forte dei Marmi fu ospitata all’interno delle sale del Museo Archeologico di Peccioli. La mostra propone un confronto tra i lavori di Ugo Guidi e i grandi maestri del XX secolo presenti nella Donazione Merlini quali Carla Accardi, Enrico Baj, Carlo Carrà, Giorgio De Chirico, Francisco Goya, Giacomo Manzù, Marino Marini, Emilio Vedova e molti altri. Il percorso espositivo è stato pensato per accompagnare il visitatore alla scoperta di corrispondenze tematiche e stilistiche tra le opere di Guidi e quelle degli artisti provenienti dalla Donazione Merlini ma anche per mettere in evidenza i diversi approcci e soluzioni formali adottati dai diversi maestri.

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Interverranno Umberto Buratti, Sindaco di Forte dei Marmi; Silvano Crecchi, Sindaco di Peccioli; Vittorio Guidi, Museo Ugo Guidi. L’intrattenimento musicale sarà a cura del M° Roberto Cecchetti Dal lunedì alla domenica, dalle ore 17.30 alle ore 20.30 Per informazioni Segreteria Organizzativa: tel. 0587 672158 - fax 0587 670831 info@fondarte.peccioli.net www.fondarte.peccioli.net Museo Ugo Guidi: 348 3020538 museougoguidi@gmail.com



ROMA

La storia di Roma raccontata attraverso il ritratto, mezzo raffinato per esternare potenza, prestigio, affermazione dei grandi personaggi. Sin dalla età 10 marzo 2011 repubblicana, monumenti 25 settembre 2011 e abitazioni si arricchiscono Roma, di sculture auto-celebrative Musei Capitolini commissionate da coloro che hanno reso unica l’Urbe, eterna la memoria del personaggio, superato il tema della morte attraverso il ricordo. Tali caratteristiche connotano il volto delle opere che animano le sale dei Musei Capitolini, sede della esposizione, dove ammirare gli uomini artefici del prestigio romano dalla repubblica sino all’età imperiale. Sinonimo di prestigio, il ritratto rappresenta un messaggio di affermazione politica, ricordo di ciò che si è stati. Tanti i capolavori presenti in mostra, provenienti da prestigiose istituzioni museali, dal volto di Commodo, immortalato quale personificazione della forza erculea, alla severità compassata degli imperatori della Gens Flavia: uno spaccato di storia da non perdere!

L’ARTE INTORNO A TE a cura di Carmelo De Luca

Opere mai esposte

14 giugno 2011 30 ottobre 2011 Firenze, Galleria degli Uffizi

ROMA

Vasari

FIRENZE

Ritratti

Egregio tributo a colui che ha rivoluzionato l’urbanistica dei palazzi medicei, la mostra ripercorre l’iter creativo degli Uffizi. L’edificio rappresenta una sintesi perfetta tra l’arte classica, riconoscibile nella strada colonnata costituente il pianterreno, l’armonico senso della prospettiva con fuga verso il fiume Arno, la composita utilizzazione di ordini e stili riconoscibili nelle artistiche finestre. La sede delle Magistrature costituisce il collegamento tra Palazzo Vecchio e la Reggia di Pitti, in tal modo viene direttamente sorvegliata del suo illustre committente, il giovane Cosimo I. Ma il genio del Vasari e le dritte del suo Granduca trovano l’apoteosi nella realizzazione della Loggia, con i soffitti dipinti a grottesche, la quale diventa sede espositiva delle collezioni di casa Medici, idea rivoluzionaria per quei tempi. Le sale della mostra raccontano la realizzazione degli Uffizi attraverso arazzi celebrativi, raffinate opere in metalli preziosi e pietre dure riproducenti la Piazza Grande della Signoria, ritratti di Cosimo I, disegni con schizzi, prospetti, appunti, e altre meraviglie che il visitatore potrà scoprire recandosi nel Tempio della cultura mondiale.

18 aprile 2011 2 ottobre 2011 Roma, Museo di Roma

Una Roma festaiola raccontata attraverso pregevoli capolavori provenienti dai depositi del Polo Museale. Bozzetti, dipinti, disegni, incisioni, sculture, illustrano l’evoluzione del vedutismo e dello scenico fantastico, a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, prodotto da Domenichino, Bernini, Lemaire, Breemberg, Gaspar Van Wittel e altri illustri maestri. Il visitatore scopre una città godereccia, dedita alle feste, ai giochi popolari, al culto dello sfarzo per le cerimonie religiose, dove i luoghi simbolo diventano palcoscenico della quotidianità. Così il Campidoglio e Piazza Navona accolgono affollati mercati, il Gianicolo ospita il gioco delle bocce, Piazza Pasquino diventa un singolare teatro all’aperto per commedianti professionisti o improvvisati, le strade barocche ospitano le solenni processioni papali. L’esposizione propone anche squisite statuine in terracotta e cartoni preparatori per le grandi opere destinate alle celebri chiese romane: uno spaccato di storia emozionante.


Vanitas L’effimero esistenziale illustrato attraverso le collezioni artistiche appartenenti a Palazzo Doria-Panphili. Opere di Caravaggio, Lotto, Ribera, Fetti, Guercini, Preti e altri maestri denunciano la vanità del materialismo terreno attraverso il tema dell’allegoria rappresentata in pittura, negli oggetti di utilizzo quotidiano, celebrata in scritti d’epoca e spartiti musicali. Grande mecenate dell’omonima famiglia, il cardinale Benedetto (1653-1730) percepisce il senso della vita, che è mortale, e tale filosofia pervade i suoi trattati, l’acquisizione di importanti dipinti, la sua stessa esistenza: l’anima della mostra capitolina è influenzata da questo personaggio, tra i maggiori artefici della quadreria di famiglia. La pittura di genere con una selezione di nature morte, le origini religiose del tema, il ritratto con elementi allegorici, oggetti decorativi, stampe, libri, orologi, denunciano la vulnerabilità dell’esistenza ma, proprio per tale motivo, la mostra è una esortazione alla gioia di vivere con dinamismo quanto ci è concesso.

ROMA

21 maggio 2011 25 settembre 2011 Roma, Palazzo Doria - Panphili

Anticonforme

FIRENZE

L’operato artistico di Rabarama colpisce per l’amore simbiotico verso il nuovo materiale adoperato per la mostra fiorentina: il marmo di Carrara. Bianco come la neve, candido come l’innocenza di un fanciullo, la blasonata “roccia” rappresenta il mezzo espressivo delle sue opere, distinguibili per le grandi dimensioni, esprimenti il senso di liberazione del soggetto dal blocco lapideo, tematica molto cara al grande Michelangelo. Le nuove creazioni dell’artista esprimono purezza spirituale al pari della sua produzione classica caratterizzata da figure umane rivestite di pelli arabescate, squamate, simili alle fantasie dei tessuti preziosi, a mute, a pelli di serpente, anch’esse presenti nei luoghi espositivi della mostra. Ed è la pelle racchiudente tali corpi a contraddistinguerli dall’usuale, dalla normalità, dall’anonimato, quasi a richiamare l’attenzione dell’esterno verso l’interiorità dell’opera.

10 giugno 2011 30 settembre 2011 Firenze, Boboli, Pagliere, Piazza Pitti

PRATO

Live!

21 maggio 2011 7 agosto 2011 Prato Museo Pecci

Una contaminazione bizzarra, accattivante, creativa, tra l’arte e il rock rappresenta l’ispirazione della esposizione pratese. Infatti il XX secolo, soprattutto l’ultimo cinquantennio, è caratterizzato da grandi movimenti culturali e musicali che, spesso, si intrecciano nei loro principi fondanti. La mostra racconta questo importante fenomeno attraverso dipinti, sculture, installazioni, videoclip, LP, opere grafiche, fotografie, riviste, film, il cui filo conduttore è rappresentato dalla performance. L’esibizione live dei Beatles “Welcome to the Show!”, il concerto dei Rolling Stones a Altamont, quello dei Pink Floyd presso l’anfiteatro romano a Pompei, una scenografica gigantografia di Michael Jackson realizzata da David Lachapelle, rappresentano alcune delle chicche offerte da questa validissima iniziativa.

Reality

LA VETRINA


Firenze

Territorio

o

mercat

da

salotto

a TEXT Samuela Vaglini

P

iazza della Repubblica a Firenze non è sempre stata tale e non è sempre stata così come la vediamo oggi. Non si tratta di una questione puramente toponomastica, ma dell aspetto, della funzione, delle attività legate a questo spazio urbano: in una parola, si tratta della vita che animava questa parte così importante della città. Vicoli, chiassi, banchi, botteghe, edifici in muratura ed in legno, chiesette, torri che

Le origini di Piazza della Repubblica ai tempi dell’Unità d’Italia affollavano la zona potrebbero sembrare solo artifici favoleschi se non fosse per l’esistenza e la conservazione di illustrazioni, raffigurazioni pittoriche e resti architettonici che ci mostrano una realtà radicalmente diversa da quella odierna, la realtà del Mercato Vecchio di Firenze. Nel Mercato Vecchio si condensavano un miscuglio di

suoni, di odori e fetori, di richiami, di colori e di genti che sono andati perduti nel giro di un decennio, quello del “risanamento” del centro fiorentino, avvenuto fra il 1885 e il 1895, in seguito alla designazione di Firenze quale capitale della novella Italia unita (1865-1871). Il Mercato Vecchio occupava, quindi, la zona che oggi si estende fra via Cerretani, via Rondinelli, via Tornabuoni fino a via Calzaioli, comprendendo quindi piazza della Repubblica, e vi era stato istituito fin dall’anno Mille, assumendo il ruolo di luogo deputato alla produzione e alla compravendita delle più svariate merci, in contrapposizione alla piazza del Duomo, luogo di natura religiosa, e alla piazza della Signoria, centro di interessi politici e amministrativi. Da qui l’esistenza di strade che prendevano il nome delle attività che vi venivano svolte o delle merci che vi si producevano, quali piazza dell’Olio, via dei Pellicciai (oggi via Pellicceria), via delle Ceste e piazza delle Cipolle (oggi piazza Strozzi), piazza del Vino e piazza delle Ricotte. Ma occorre notare

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anche che fu proprio in questa zona che abitarono fino al Trecento famose dinastie quali i Medici, gli Strozzi, i Lamberti, i Tosinghi, gli Anselmi, i Sassetti e i Tornaquinci, che, a loro volta, hanno lasciato una traccia nella toponomastica fiorentina.


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Cuore pulsante del Mercato Vecchio era una costruzione ellittica rettilinea con tetto aggettante che ospitava i banchi dei venditori, attorno alla quale si era progressivamente infittito un groviglio tale di costruzioni adibite a botteghe e ad abitazioni, fondaci, beccherie, chiesette, sedi di Arti e Corporazioni da rendere quasi inesistenti gli orti e i cortili, da rendere necessario costruire in altezza per mancanza di spazio e tale da rendere l’ambiente malsano. Su tutte le edificazioni spiccava la Colonna della Dovizia, oggi Colonna dell’Abbondanza, eretta nel centro della piazza nel 1431, ma che venne presto inglobata dalle baracche perennemente in costruzione. La Colonna, che recava sulla sommità un’allegoria dell’Abbondanza originariamente costruita da Donatello e poi sostituita nel 1721 da una di Giovan Battista Foggini, era stata posta in corrispondenza dell’antica colonna romana, nel punto di incontro del Cardo e del Decumano, che segnava il centro del Foro romano. Il Mercato Vecchio, infatti, poggiava sui resti della Firenze di epoca romana. Sul lato ovest della piazza del Mercato Vecchio era collocata la Loggia del Pesce, costruita dal Vasari nel 1567, fra le poche opere architettoniche di rilievo storico e culturale che scampò alla distruzione voluta dal consiglio comunale fiorentino con la connivenza del ceto borghese imprenditoriale, beneficiario dei cospicui guadagni derivanti dalla nuova urbanizzazione. La Loggia del Pesce venne smontata alla demolizione del Mercato e rimontata solo nel 1956, ma in piazza dei Ciompi, dove è tuttora visibile. Non ebbe uguale fortuna e considerazione il Ghetto di Firenze, ubicato nel malfamato e cadente complesso immobiliare detto “Frascato” fra le odierne via Roma, via dÈ Pecori e Piazza della Repubblica, dove Cosimo I dÈ Medici aveva relegato gli ebrei fiorentini a partire dal 1571. L’isolato venne sgomberato e distrutto in nome del ripristino di migliori condizioni igieniche, sanitarie e di decoro. La salubrità, il decoro, l’ammodernamento furono, infatti, le motivazioni alla base del cosiddetto “risanamento“ del centro storico fiorentino, fortemente voluto dal ceto borghese e altrettanto osteggiato da quanti vedevano in questa operazione solo un’in-

discriminata volontà di fare “tabula rasa“ di tanta storia, stratificazione culturale e perché no, di pittoresco vivere cittadino, a favore del denaro e del progresso più becero. Costituirono gli elementi decisivi per l’avvio delle opere di bonifica e di ricostruzione lo spettro di un’epidemia di colera che andava profilandosi in Toscana nel 1884 e che avrebbe trovato terreno fertile nel vecchio centro, il momento favorevole per le finanze comunali e il disposto legislativo n. 2892 del 1885, detto “Legge di Napoli”, con cui si attribuivano ai comuni ampie facoltà di espropriare se rese necessarie da esigenze igienico-sanitarie. Le demolizioni iniziarono nel gennaio del 1890 e, a lavori non ancora ultimati, venne inaugurata nel settembre 1890, al centro della piazza, la statua equestre di Vittorio Emanuele II da cui la piazza prese inizialmente il nome e che verrà, nel dopoguerra, ribattezzata Piazza della Repubblica. La statua in questione, poco amata dai fiorentini, venne spostata alle Cascine.Il risanamento o “lo sventramento”, come lo hanno definito alcuni, del centro cittadino andava a completare il progetto più ampio e radicale, a livello urbanistico e architettonico, voluto per adeguare Firenze

al ruolo impostole di capitale d’Italia. Il piano Poggi, dal nome dell’architetto ingegnere che lo ideò, comportò l’abbattimento delle mura che cingevano la parte vecchia della città per unirla alla parte nuova attraverso la costruzione di grandiosi viali transitabili con passeggi laterali adatti allo svago e al viavai pedonale. Il piano previde anche l’isolamento conservativo del Cimitero degli Inglesi e della Fortezza da Basso, nonché la costruzione di piazze in corrispondenza di Porta alla Croce, Porta San Gallo, Porta al Prato e dell’ingresso alle Cascine. Va attributo al Poggi, infine, il merito di aver creato il Piazzale Michelangelo, la spettacolare terrazza panoramica che domina la città di Firenze. Piazza della Repubblica si avviava dunque a diventare il salotto buono della città di Firenze così come lo vediamo oggi: con grandiosi palazzi adibiti a residenze signorili, edifici commerciali e rappresentativi, alberghi di lusso e famosi caffè, come il Gilli, il Paszkowski e Le Giubbe Rosse, luogo di incontro di letterati ed artisti. Di quello che fu il Mercato Vecchio nel centro di Firenze non rimane più niente se non la statua beneaugurante dell’Abbondanza che vigila i passanti dall’alto della sua colonna e l’epigrafe di Isidoro Del Lungo, impressa nel fastigio dell’“arcone” sul lato ovest della piazza, a perenne vanto di un’operazione la cui legittimità rimane, ancora oggi, dubbia: l’antico centro della città da secolare squallore a vita nuova restituito. 1. Ricordi del vecchio centro della città. La piazza del Mercato Vecchio, Firenze (Ed. Alinari) 2. Odoardo Borrani, Il Mercato Vecchio con la Loggia del pesce, 1890, ubicazione ignota, 3. Giuseppe Moricci, Il Mercato Vecchio, 1860, olio su tela, Firenze, Galleria d’Arte Moderna 4. Telemaco Signorini, Il Mercato Vecchio, 1882 ca. olio su tela, Montecatini Terme, collezione privata 5. Piazza della Repubblica oggi, Firenze Le immagini dei dipinti sono state tratte dal volume “Quando Firenze scacciò i venerandi fantasmi del passato” edito da Banca Etruria

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Territorio

fra Montopoli e Marti

gli

Etruschi d’

TEXT a cura di Valerio Vallini

S

crive Francesca Grassini nell’introduzione al bel catalogo Gli etruschi e le vie d’acqua - Insediamento della Granchiaia fra Montopoli in val d’Arno e Marti: «In seguito alla preziosa segnalazione del Gruppo Archeologico Isidoro Falchi prese avvio nell’autunno 2007 la

Grazie ai rilevamenti della Nasa la ricostruzione delle scomparse vie d’acqua campagna di scavo in località Granchiaia, quasi alla confluenza di questo fosso con il Chiecina. Lo scavo, diretto scientificamente da Monica Baldassarri, con il coor-

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acqua

dinamento della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, durò circa due mesi e portò alla luce una parte di storia di questa valle che era ancora soltanto ipotizzata sulla base dei ritrovamenti nelle aree limitrofe. Il contesto indagato ha infatti restituito le tracce di un antico insediamento abitativo etrusco, databile all’alta età arcaica (VI secolo a.C.).» Monica Baldassarri, direttrice del Museo Civico di Montopoli, si sofferma sull’attività del Gruppo Archeologico Isidoro Falchi e le scoperte etrusche nel territorio di Montopoli Valdarno. «Il ritrovamento del sito della Granchiaia scrive la Baldassarri - ci consente di aggiungere un altro tassello alla ricostruzione storica di quest’area dell’Etruria, della quale si può definire ormai la fisionomia grazie

e le vie

all’intensificarsi delle ricerche archeologiche nell’ultimo ventennio.» Giulio Ciampoltrini, archeologo, soprintendente ai beni archeologici, nel suo Paesaggi e insediamenti etruschi d’età arcaica nella terra dei quattro fiumi, dà un quadro esauriente, avvalendosi anche della ricerca aerofotografica della NASA, della terra dei quattro fiumi: Arno, Arme (l’Usciana), Auser, Era. L’Auser - che nel medioevo colmava la depressione fra Cerbaie e Monti Pisani -, è individuabile grazie a fotointerpretazioni di Marcello Cosci di cui Ciampoltrini egregiamente si serve. Per restare al nostro territorio, poiché Ciampoltrini affronta in modo fluviale anche porzioni importanti del territorio lucchese, è affascinante la lettura dei paleoalvei che rivela, ad esempio, da Santa Croce a Bientina, una straordinaria sovrap-


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posizione di meandri dell’Arno. Venendo al corpo del presente lavoro, Ciampoltrini ricostruisce anche gli insediamenti che dovevano attestarsi sul corso dell’ArmeUsciana. Inoltre, secondo le sue puntuali analisi, nel territorio di Castelfranco fino al confine di Santa Croce, ha acquistato solidità l’ipotesi che «il dosso fluviale fosse capillarmente occupato fra il VI e V secolo a.C., da insediamenti che coniugavano le opportunità agricole con le occasioni dei traffici che potevano svilupparsi su un itinerario transappenninico.» Riguardo al sito etrusco della Granchiaia nella piana del Chiecina fra Montopoli e Marti, siamo sulle tracce dei ritrovamenti di Ignazio Donati, storico ottocentesco di Montopoli, il cui territorio è stato rintracciato da Daniela Pagni, presidentessa del Gruppo Archeologico Isidoro Falchi. Riassumendo il lavoro del Gruppo, Monica Baldassarri, Sara Cucini, Francesca Grassini, dall’interpretazione delle stratificazioni, del vestibolo di una capanna di età arcaica e delle ceramiche e di altri oggetti, affermano che le tracce di epoca etrusca ritrovate nel sito, confermano in modo inequivocabile una frequentazione dell’area in età arcaica, databile alla prima metà circa del VI secolo a.C. Si tratta di un insediamento di tipo rurale caratterizzato da piccole abitazioni realizzate in materiale deperibile e con tecniche costruttive “di base”, al di sopra di parziali livelli di distruzione delle strutture precedenti.

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1. Struttura abitativa in corso di scavo 2. Fasi della pulizia delle interfacce durante le prime fasi dello scavo estensivo (archeologi professionisti e volontari del GA “Falchi”) 3. materiali da US 262 4. altri reperti da US 261 Dal volume: Gli estruschi e le vie dell’acqua. L’insediamento della Granchiaia fra Montopoli in Val d’Arno e Marti, a cura di Giulio Ciampoltrini e Francesca Grassini, Comune di Montopoli in Val d’Arno, Pacini Editore 2011

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Storia

etichette attraverso i secoli parte terza TEXT Luciano Marrucci

A

partire dall’inizio del secolo scorso si afferma un nuovo processo di stampa che consente di presentare un cartellino che consocia i caratteri tipografici con il colore: la quadricomia. Qui il clichet sostituisce la pietra. Attraverso 4 o 5 impressioni tipografiche si ottengono impasti di colori che conferiscono all’etichetta uno smagliante aspetto.

ta costi più elevati ma risultati veramente soddisfacenti. Le grandi Case produttrici di liquori preferiscono riproporre l’immagine originaria, quella stessa che compariva fin dall’inizio, e in tal modo intendono insinuare il prestigio legato all’antichità del loro prodotto. La stampa, accurata e arricchita spesso da rilievi in oro, conferisce ai loro brandy un aspetto superbo e avvincente.

L’etichetta moderna: rèclame di un prodotto commerciale

Un collezionismo in espansione La passione per il cartaceo non poteva ignorare l’etichetta come prodotto pubblicitario

L’etichette di questo periodo si riconoscono dalle piccole sbavature dei diversi inchiostri e ancora da leggeri rilievi prodotti da taccheggio. Il taccheggio, usato dai maestri tipografi, era un rilievo cartaceo che l’artigiano creava per dare evidenza alle scritte presenti nel cartellino. Il risultato di questi prodotti è ancora eccellente. Con l’avvento dell’offset si introduce un procedimento più sbrigativo; ma non si tratta più di stampa diretta. Tra le etichette dei periodi precedenti e quelle attuali, spesso c’è la differenza che esiste tra un quadro ad olio e un semplice acquerello. Per questo molti produttori richiedono una stampa diretta che compor-

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e documento di costume e società. Già alla fine del 800 gli acquirenti di vini e di liquori potevano assicurarsi delle figurine, presentate nella versione di etichetta. Risulta che in questo periodo si accese un forte interesse collezionistico verso le chromos che ditte produttrici di carne, di cioccolato e di bevande donavano come offerta aggiuntiva a chi acquistava questi prodotti. A partire dalla seconda metà del secolo scorso si moltiplicano i collezionisti di etichette, di vini e di liquori. La ripartizione di questa folta schiera è operata con questi criteri: collezionisti di etichette di liquore, collezionisti di etichet-

te di vini; collezionisti di etichette antiche (a partire dal 700 fino alla prima metà del 900), collezionisti di etichette moderne (a partire degli anni ‘50 fino ai nostri giorni). In molti casi le etichette venivano prelevate direttamente dalle superfici delle bottiglie (la bottiglia veniva in precedenza immersa in acqua calda); ma questo procedimento sottoponeva l’etichetta stessa ad uno stress che incideva sul risultato finale. Per questa ragione l’interesse va per le cosiddette etichette “vergini”, cioè mai attaccate. Molte case vinicole provvedono a stampare in surplus un certo quantitativo di etichette destinate a venire incontro alle richieste dei collezionisti. Questo accorgimento consente al produttore di attuare un’operazione pubblicitaria che restituisce un conto positivo in quanto l’etichetta inserita nell’album del collezionista fa pubblicità a basso costo.

1. cm 12,5 x 10. Superbo esemplare di etichetta. La rappresentazione di Venezia è espressa magistralmente attraverso il fondo della città e l’emblema del leone di San Marco 2. cm 12 x 9. Creola tra palme e vitigni 3. cm 12 x 9. Porto francese In queste ultime due etichette è evidenziato il gusto per l’esotico di cui si è fatto interprete lo scrittore francese Pierre Lotì. www.old-labels.com



Lo scaffale dei poeti

alvatore S Quasimodo

TEXT Valerio Vallini

N

acque a Modica nel 1901 dal padre Gaetano capostazione delle ferrovie e da Clotilde Ragusa. A Messina, nei giorni del terremoto, il fanciullo Salvatore ricevette un imprintig che segnò precocemente la sua sensibilità. Fece studi tecnici e le prime amicizie da Giorgio La Pira a Salvatore Pugliatti. Nonostante avesse seguito studi tecnici, studiò il greco e lesse i classici in letteratura e in filosofia: Dante, Petrarca, Tasso, Platone e S. Agostino. La grande occasione per il suo esordio fu il rapporto con il gruppo culturale che operava a Firenze intorno alla rivista Solaria: c’erano Arturo Loria, Montale, Alessandro Bonsanti, Vittorini. Nel 1930 vide la luce

“Un vero erede del mondo classico” Acque e Terre. Nel 1940 ottenne l’insegnamento di lettere per chiara fama e pubblicò la traduzione dei Lirici Greci che lo portò alla ribalta della cultura nazionale. Da quel momento la vicenda biografica di Quasimodo diventò quella della sua poesia, e dei suoi successi, a partire da Ed è subito sera che uscì nel 1942. Nel 1950 gli venne assegnato il premio San Babila; nel 1958 il Viareggio. Infine nel 1959 ottenne il premio Nobel che suscitò invidie e recriminazioni in molti settori della cultura italiana. Per L. Baldacci (Le idee correnti, Vallecchi Editore, 1968, p. 149) Quasimodo «É un caso esemplare a cui si devono le prove più limpide di un classicismo italiano fra le due guerre: quasi uno specchio di Narciso nel quale si placa l’antico mito romantico della vie antérieure: valga ricordare Vento a Tindari. Perché il sentimento della memoria, in Quasimodo, si ribaltava quasi in un passato immemoriale, prenatale, al sicuro dalla tristizia dei tempi.» Su Quasimodo è stato detto moltissimo: Per Ancheschi «Quasimodo come la condizione moderna della lirica e del canto». Per Solmi “Quasimodo come bisogno di essenzialità e di purezza”. Per Macrì «Quasimodo come poetica della parola e identità fra poesia e poetica.» La poesia e l’opera di Quasimodo hanno

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Nella foto: Salvatore Quasimodo (1901-1968)

conosciuto esaltazioni (Macrì e Bo, soprattutto); ridimensionamenti come in Vincenzo Mengaldo che scrive (Poeti italiani del Novecento, Meridiani Mondadori, 1978, p. 586) «Il mito di Quasimodo è in sostanza cosa del dopoguerra, quando fu soprattutto alimentato dell’equivoco sul nuovo impegno civile dell’autore, e dalla sua militanza a sinistra. Comunque oggi alla stima che generalmente resiste nei critici formati fra le due guerre si contrappongono indifferenza o rifiuto prevalenti nei più giovani.» Mengaldo come altri mette in evidenza il Quasimodo memorabile come traduttore dei Lirici Greci. Bontà sua, Mengaldo riconosce nell’ultimo Quasimodo «risultati ancora apprezzabili» anche se «non oltrepassa la nobile retorica». Ci pare troppa svalutazione se non disprezzo, dettati da un critico arrogante e supponente. A queste acredini si può rispondere citando una frase di Anders Osterling, dell’Accademia Svedese letta a Oslo in occasione del conferimento del Nobel per la letteratura: «Benché giudicato uno dei rinnovatori della poesia, Quasimodo rimane tuttavia, in un certo senso, vincolato alla tradizione con la naturalezza di un vero erede del mondo classico.» Per me Quasimodo, iniziatore dell’ermetismo insieme con Gatto e il giovane Luzi, è stato uno dei primi poeti letti dopo

gli studi liceali che mi avevano fermato a Pascoli e D’Annunzio. Credo sia stato proprio Quasimodo, fra gli italiani, insieme a Ungaretti e dopo l’innamoramento simbolista, a stimolarmi a buttar giù i primi versi. Quel “Ed è subito sera” mi parve una grande liberazione, una sintesi fulminante. Credo che come me, decine di poeti o cultori di poesia, siano stati intrigati dal dettato di quel primo Quasimodo, come scrive l’ignoto estensore di una prefazione a Tutte le poesie (Mondadori, 1965). «Non vi è - lo cito testualmente - un solo poeta italiano fra i trenta e i cinquanta anni che non abbia subito la suggestione della sintassi, del lessico, della metrica di Quasimodo e non mostri nelle proprie opere la traccia.» Poi, certamente, ognuno ha seguito le sue strade. Io - allora avevo 24 anni - credo di averlo lasciato presto, ma non ho mai disprezzato la sua musica, il suo ermetismo. Al più me li sono lasciati alle spalle senza rimpianti. Posso dire di trovare nella sua poesia una eccessiva insistenza sui modi e le maniere della morte e del mito della sua Sicilia, ma anche sprazzi di bellezza e di espressività raramente raggiunti da altri poeti civilmente impegnati.


Vento a Tindari

Oboe sommerso

Ora che sale il giorno

Tindari,1 mite ti so fra larghi colli pensile sull’acque dell’isole dolci del dio, oggi m’assali e ti chini in cuore.

Avara pena, tarda il tuo dono in questa mia ora di sospirati abbandoni.

Finita è la notte e la luna si scioglie lenta nel sereno, tramonta nei canali.

Un òboe gelido risillaba gioia di foglie perenni, non mie, e smemora; in me si fa sera: l’acqua tramonta sulle mie mani erbose.

É così vivo settembre in questa terra di pianura, i prati sono verdi come nelle valli del sud a primavera. Ho lasciato i compagni, ho nascosto il cuore dentro le vecchie mura] per restare solo a ricordarti.

Salgo vertici aerei precipizi, assorto al vento dei pini, e la brigata che lieve m’accompagna s’allontana nell’aria, onda di suoni e amore, e tu mi prendi da cui male mi trassi e paure d’ombre e di silenzi, rifugi di dolcezze un tempo assidue e morte d’anima. A te ignota è la terra ove ogni giorno affondo e segrete sillabe nutro: altra luce ti sfoglia sopra i vetri nella veste notturna, e gioia non mia riposa sul tuo grembo.

Ali oscillano in fioco cielo, labili : il cuore trasmigra ed io son gerbido,2

Come sei più lontana della luna, ora che sale il giorno e sulle pietre batte il piede dei cavalli!

e i giorni una maceria.

Aspro è l’esilio, e la ricerca che chiudevo in te d’armonia oggi si muta in ansia precoce di morire; e ogni amore è schermo alla tristezza, tacito passo nel buio dove mi hai posto amaro pane a rompere. Tindari serena torna; soave amico mi desta che mi sporga nel cielo da una rupe e io fingo timore a chi non sa che vento profondo m’ha cercato

Acquamorta Acqua chiusa, sonno delle paludi che in larghe lamine maceri veleni, ora bianca ora verde nei baleni, sei simile al mio cuore. Il pioppo ingrigia d’intorno ed il leccio; le foglie e le ghiande si chetano dentro, e ognuna ha i suoi cerchi d’un unico centro sfrangiati dal cupo ronzar del libeccio. Così, come su acqua allarga il ricordo i suoi anelli, mio cuore; si muove da un punto e poi muore: cosi t’è sorella acquamorta.

Note alle poesie: 1. Tindari città della Sicilia nord orientale 2. Gerbido incolto, brullo

Ride la gazza, nera sugli aranci

Già la pioggia è con noi

Forse è un segno vero della vita: intorno a me fanciulli con leggeri moti del capo danzano in un gioco di cadenze e di voci lungo il prato della chiesa. Pietà della sera, ombre riaccese sopra l’erba così verde, bellissime nel fuoco della luna! Memoria vi concede breve sonno; ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo per la prima marea. Questa è l’ora: non più mia, arsi, remoti simulacri. E tu vento del sud forte di zàgare, spingi la luna dove nudi dormono fanciulli, forza il puledro sui campi umidi d’orme di cavalle, apri il mare, alza le nuvole dagli alberi: già l’airone s’avanza verso l’acqua e fiuta lento il fango tra le spine, ride la gazza, nera sugli aranci.

Già la pioggia è con noi, scuote l’aria silenziosa. Le rondini sfiorano le acque spente. Presso i laghetti lombardi, volano come gabbiani sui piccoli pesci ; il fieno odora oltre i recinti degli orti. Ancora un anno è bruciato, senza un lamento, senza un grido levato a vincere d’improvviso un giorno.

Nello sfondo: Modica (RG) Sicilia paese natale di Salvatore Quasimodo Nel centro: Casa natale

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Racconto

Ho capito di essere un mostro un giorno in riva al mare, che era anche il giorno più felice della mia vita. La prima volta che vedi il mare non te lo puoi dimenticare: la sabbia bianca, il sapore e il profumo della salsedine, il suono e la travolgente bellezza un racconto TEXT&PHOTO Matthew Licht

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o capito di essere un mostro un giorno in riva al mare, che era anche il giorno più felice della mia vita. La prima volta che vedi il mare non te lo puoi dimenticare: la sabbia bianca, il sapore e il profumo della salsedine, il suono e la travolgente bellezza delle onde e quell’orizzonte così netto, così blu e verde dove la terra finisce e incomincia il cielo. Sgranai gli occhi. Aprii la bocca come se stessi per lanciare un grido di gioia. Mossi la lingua per produrre suoni che esprimevano la mia estasi a quella vista. Veramente quella faccia lì ce l’ho sempre incollata. Non riesco a cambiare espressione. È un aspetto del mio grave difetto fisico. Malformazione del cranio, acromegalia, paralisi dei muscoli maxillo-facciali. La mia capoccia sembra una grossa patata con sopra una matassa di spaghetti al nero di seppia. Gli occhi ce li ho grossi, iniettati di rosso, con le pupille sempre dilatate. La mia bocca è sempre spalancata per far vedere tutti i miei dentoni storti che non servono praticamente a niente. Non riesco a masticare. Nemmeno a parlare, o non più di tanto. Al massimo mi escono dalla gola grugniti, ululati, urla come di dolore, o di gioia eccessiva, fastidiosi. Perciò tendo a stare zitto. Ma la prima volta che vidi il mare, non ce la feci a contenermi. Il mare è troppo grande da contenere. Peccato che a Torino non ci sia il mare. Un fiume non è la stessa cosa. Neanche due fiumi. Beh, quella volta che sono andato a Forte dei Marmi con la mia famiglia ho combinato un bel casino. Mi sono buttato a pesce sulla sabbia, nonostante la mamma mi avesse detto di non farlo perché mi sarebbero entrati granelli negli occhi. Non erano riusciti a trovare degli occhiali da sole che mi stessero. Mi lasciai spogliare e mia madre mi infilò il costumino da bagno mentre urlavo, sbraitavo, ululavo di gioia. Volevo fare subito una corsa all’impazzata e buttarmi tra le onde per sentire la forza che le muove e perdermici dentro. Ma mi trattennero.

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Se ho capito bene, ad alcune persone la vista del mare incute spavento, incubi. Non sono tra quelli. Decisamente no. Insomma feci spettacolo, cosa che i miei non volevano. Era più forte di me. Vedo ancora mio padre, più bianco della sabbia, che soffia e soffia dentro la canoa gonfiabile che mi aveva comprato. Vedo anche mia madre che si spalma la crema sulla pelle bellissima, bianca, morbida, calda, in un bikini blu a pois bianchi. Era molto bella. A me non mi metteva la crema. Tanto ho la pelle scurissima. Anche a febbraio sembro abbronzato, quasi un negro. Quella canoa sembrava quasi vera. Sulla plastica c’era stampata la corteccia di faggio. La pagaia era di vero legno, bellissima. Mi dissero di non allontanarmi troppo, e soprattutto di non buttarmi in acqua. Non riesco a chiudere la bocca. Sarei affogato in pochi minuti. Però sarei morto felice. Invece mi allontanai. Volevo vedere se riuscivo ad arrivare a quella linea dove il mare toccava il cielo. Non mi rendevo conto che è impossibile, che non ci si arriva mai, che la linea veramente non esiste, che solo sembra una linea.

Mi stancai presto. Non avevo ancora i muscoli sviluppati. Dovettero venirmi a soccorrere dei bagnini col sandolino. Almeno loro sono stati cortesi. Mi hanno trainato a riva con la corda. Mi lasciarono nella canoa, in modo che potessi mantenere la mia dignità di marinaio. Avevo solo un po’ esagerato, ecco tutto. Ero andato oltre le mie capacità. Almeno una cosa l’avevo imparata, cioè di non andare oltre le mie capacità. Tutti accorsero per guardare. Mia madre piangeva in modo esagerato. Mi abbracciò, mi sollevò di forza, ed ero piuttosto peso anche allora, e quasi mi sbavò sul collo, le spalle. Disse di aver pensato che non mi avrebbe mai più rivisto. Mio padre invece si mise a parlare coi bagnini, come se non fosse, appunto, successo nulla di grave. Voleva dargli la mancia, ma loro rifiutarono molto cortesemente. Ricordo ancora i loro accenti toscani. “Eh, sò ’ose da ragazzi. Siuramente l’ho fatto anch’io, deh.” Erano uomini abbronzatissimi, forti, belli. C’era un sommesso vociare tutt’attorno a questa scena quasi da film. Se uno affoga, non sono i bagnini coraggiosi che hanno tentato il tutto per tutto, né i parenti disperati della vittima sfortunata che la gente


vuole vedere, ma il morto. Vogliono vedere che aspetto ha un affogato. Quel giorno volevano vedere il mostro che non era morto. Si era sparsa la voce che un mostro era apparso dal mare, che i bagnini l’avevano trascinato a riva. E tutti erano accorsi per dare un’occhiata al fenomeno della natura crudele. E io mi vergognavo, sia perché mia madre piangeva così tanto che faceva suoni non proprio da essere umano, forse da foca o da delfina, non so, ma anche perché tutti mi fissavano inorriditi. Che non fossi morto non gliene fregava proprio nulla. Ero vivo, ero orrendo, facevo paura e schifo, sembravo una di quelle testone di cartapesta che sfilano sul lungomare per il Carnevale di Viareggio. Ma le testone di cartapesta sono nate per essere guardate. Hanno occhioni e orecchioni, ma sono cieche e sorde. Non hanno sentimenti. Chi le vede si rallegra, ride. Per forza i mostri spesso diventano cattivi. Come ti sentiresti tu, se tutti quelli che incroci avessero involontariamente un moto di ribrezzo, e stornassero gli occhi? Poi, quasi timidamente, tornano a guardarti. E fanno commenti sottovoce. Ho le orecchie quasi da elefante e purtroppo mi funzionano benissimo. “Oddio. Ma t’immagini? Quella povera donna…” “Ma non può nemmeno chiudere gli occhi? Deve fare sempre quella boccaccia? Maremma cignala, po’erino…” Avrei voluto diventare alto dieci metri e schiacciarli tutti sotto i miei piedi piatti, così, tutti seminudi e sudati, trasformarli in una grossa polpetta di carne rossa, umana. Farli diventare una cosa mostruosa e orrenda come me, peggio di me. Ma naturalmente non potevo. E dopo un attimo, neanche volevo. Erano solo degli esseri umani. È più forte di loro. Non avevano esperienza di mostri. Non sono una cosa che si vede tutti i giorni. Specialmente ora che vivo al Cottolengo. Non mi vede quasi più nessuno. E gli altri che stanno qui non fanno commenti. Oppure i loro commenti sono simili ai commenti che i normali fanno normalmente tra di loro. Qui, noi mostri siamo normali. Ma non ci sentiamo normali. Sappiamo di essere dei mostri. Forse quelli ritardati non lo sanno. Hanno una bella fortuna, i ritardati.

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Libri

quando un’Anima Contadina

Poesie

crive s TEXT Letizia Grazzini PHOTO Andrea Bellini

L

a Poesia è una delle arti più suggestive che si possano immaginare. Con poche parole è in grado di portarci ovunque, di farci riflettere e di rappresentare la visione soggettiva di ciò che ci circonda.

Presentazione del nuovo libro di Graziano Bellini fra musica e immagini La Fotografia è uno dei migliori mezzi per mostrare l’idea che si ha del mondo. La Musica è una delle arti più comunicative che esistano: unisce le persone e le fa viaggiare sulla stessa linea d’onda. Quando Poesia, Fotografia e Musica s’incontrano, la magia è assicurata. Questo è successo la sera del 5 giugno 2011 sul palco de La Limonaia, rinomato pub di Fucecchio. Lo scrittore Graziano Bellini ha presentato il suo secondo libro Anima Contadina in cui ha raccolto ben 33 anni di poesie. L’autore ha unito alle sue poesie le fotografie scattate da un gruppo di amici fotografi che ha coinvolto nel progetto. Le foto sono state inserite nel libro e proiettate durante la presentazione, le musiche poi, realizzate per ogni singola poesia interpretata sul palco, hanno fatto da suggestiva colonna sonora dell’evento.

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La serata è iniziata con l’intervento del Sindaco di Fucecchio Claudio Toni, il quale ha commentato e elogiato il libro di Bellini, invitando tutti gli spettatori a diffondere interesse verso quest’arte sempre affascinante. Il Sindaco si è anche soffermato sull’attenzione che ha posto l’autore su eventi sociali importanti degli ultimi decenni, come il 9 maggio 1978, come la guerra in Jugoslavia o l’irruzione alla Diaz durante il G8 a Genova. Soprattutto ha evidenziato la sensibilità che porta un ragazzo,

com’era Bellini quando ha iniziato a scrivere, a rimanere colpito da grandi accadimenti storici e avere il desiderio di trasmetterne le emozioni perché non si perda la memoria. L’intervento successivo ha visto sul palco lo scrittore e giornalista Riccardo Cardellicchio, che ha ammirato l’intento dello scrittore di ridare vita alla poesia, genere non spesso diffuso, e lodato la sua capacità di semplificazione della scrittura anche nel trattare temi non facili. L’autore ha spiegato il significato di Anima Contadina e del progetto di unire poesia, fotografia, musica e teatro. L’anima contadina, a cui fa riferimento l’autore, è la metafora di uno stile di vita che abbraccia la semplicità e le piccole cose. É ciò che ti dovrebbe riportare all’essenziale in questo mondo dove si cerca di complicare sempre tutto, perdendo di vista i risultati pratici. «L’obiettivo della serata» ha affermato l’autore «era quello di evitare una presentazione statica e scontata e preferirne una più creativa e comunicativa, in grado di far arrivare la poesia ai giovani, in un locale per giovani. Sono convinto che nell’era dei Social Network e di Facebook, la poesia sia tornata, per certi versi, di “moda”, perché nel web si vede una costante ricerca della citazione, della frase breve per descrivere una emozione.» Dopo l’introduzione dell’autore, siamo


Nella foto: il sindaco di Fucecchio Claudio Toni insieme allo scrittore Riccardo Cardellicchio In basso: alcuni momenti della presentazione

arrivati al momento più significativo della serata, ossia la lettura di alcune poesie da parte di Bellini stesso nonchè di Alessandra Talini e Francesco Marabotti, che hanno interpretato i vari brani accompagnati dal sottofondo musicale di Renato Settesoldi e dalle fotografie proiettate sul palco. Questa atmosfera ha catturato l’attenzione dei numerosi partecipanti, che si sono immersi e immedesimati nelle parole, nelle immagini e nei suoni. La presentazione si è conclusa con la musica degli Home Traveling, una band fucecchiese nata nel 1991 con la quale Bellini collaborava scrivendo i testi e che ha visto sul palco Renato Settesoldi alla tastiera e Stefano Matteucci alla chitarra e voce interpretare due canzoni frutto di quella collaborazione. É vero che la vita oggi è più frenetica, più nevrotica e meno riflessiva, ma, come ha affermato lo scrittore, «i giovani stanno rivalutando la poesia come forma di comunicazione creativa. Forse a loro insaputa, ma lo stanno facendo.» La presentazione del libro Anima Contadina in Limonaia a Fucecchio, è stata sicuramente la prova schiacciante di tutto ciò. Graziano Bellini (classe 1961) vive a Querce-Fucecchio (Fi) e ha avuto da sempre la passione della scrittura che lo ha portato a scrivere poesie, racconti, testi di canzoni e articoli. “Anima Contadina” è una raccolta di poesie che segue la pubblicazione del racconto “Due Libertà” (2008, Cte) il quale ottenne un buon gradimento di critica e di pubblico. Amante della combinazione fra più arti ha coinvolto nel progetto Anima Contadina un gruppo di amici creativi i quali hanno arricchito, con le loro fotografie, la loro musica e la loro interpretazione, sia il libro che la serata di presentazione. Essi sono: Alessandra Talini, Alessio Rosati, Alfredo Sabatini, Civitelli Simone, Edoardo Marrassini, Elisa Bilancieri, Emanuele Bertini, Enrico Panchetti, Francesco Scarselli, Letizia Grazzini, Marco Padovani, Paride Campagnolo, Silvia Bicchi, Renato Settesoldi, Stefano Matteucci, Francesco Marabotti


Fabio Norcia La dieta per l’anima Edizioni: Sassoscritto

SALUTE

Secondo il dottor Norcia l’Anima è contenuta in una zona precisa del cervello e come ogni parte del nostro organismo, è costituita da cellule molto specializzate. L’anima, quindi, come il nostro corpo “invecchia”. Qualità del cibo e sane abitudini alimentari possono contrastare il decadimento delle attività celebrali, in particolare quelle dell’Anima. Una dieta sana è d’obbligo quindi, per preservare il centro operativo dell’organismo e per affrontare in modo efficace frustrazioni giornaliere, stress e insoddisfazioni personali. Fabio Norcia, classe 1948, nasce a Siena ma vive e lavora a Firenze. Laureato in Medicina e Chirurgia, specializzato in Pediatria,è un grande appassionato di cucina. Unendo le passioni della sua vita, da oltre venticinque anni è impegnato nella divulgazione dell’importanza di una corretta alimentazione per prevenire le malattie dell’invecchiamento attraverso, libri, seminari e trasmissioni televisive.

Edizioni: Centro Toscano Edizioni

Graziano Bellini Anima Contadina

NATURA E PSICHE

NOVITÀ EDITORIALI a cura dii Angelo Errera

POESIA

Ho un’anima contadina e scrivo versi. Non posso prescindere da questo dato di fatto. Sono cresciuto in mezzo alla natura e continuo a vivere in mezzo alla natura dove la vita ha spiegazioni molto più semplici di quello che troppo spesso l’uomo vuole far credere ai propri simili, perciò mi rimane molto difficile vedere le cose dell’esistenza con gli occhi complicati delle persone complicate. Anche i miei scritti risentono di questa mia predisposizione. Provenire da famiglie di quella società rurale dove la sussistenza dipendeva dal lavoro della terra, dai suoi frutti e dalla convivenza con la natura e le sue leggi, mi ha regalato il sereno dono del disincanto nonché la predisposizione a riconoscere facilmente le emozioni e i sentimenti. Il fatto che poi abbia sempre amato raccontarli è una logica conseguenza. È stata una necessità quasi fisica quella di usare le parole, in prosa o in versi, per cantare il mio personale Dna dell’anima. (Dall’introduzione dell’autore)

Susan Chernak McElroy Animali guide per l’anima Edizioni: Impronte di luce

“Se parli con gli animali, gli animali parleranno con te, e vi conoscerete a vicenda. Se non parli con loro, non li conoscerai, e ciò che non conosci, lo temi. Ciò che uno teme, distrugge”. Capo dan Gorge Con questa citazione Susan Chernak McElory, autrice statunitense di bestseller sul rapporto tra uomo e animali, apre il terzo capitolo del suo libro. Convinta che esista un linguaggio universale dello spirito e della saggezza, che unisce gli uomini e gli animali, l’autrice crea una mitologia di vita vissuta. Attraverso le esperienze con gli animali della sua fattoria di Brightstar e quelle inviate dai suoi lettori, Susan apre le nostre menti ad un nuovo modo di pensare gli animali e ci dice come aprire il nostro cuore al mondo vivente. Gli animali fungono da specchio per noi stessi, da portali che conducono verso la nostra natura intuitiva e da ambasciatori del regno dell’anima. Ci mostrano una verità superiore e ci permettono di conoscerci. Conoscere gli animali, le loro emozioni, i loro comportamenti verso il mondo, per conoscere noi stessi.


Lorenzo Andreaggi I trabocchetti del Bandino Edizioni: Polistampa

ROMANZO

Un borgo antico e pieno di misteri. Incantesimi, delitti, cattiverie e bontà. Storie sconvolgenti che passano attraverso i secoli, dal 250 dopo Cristo fino all’inimmaginabile 3015, travolgendo intere famiglie e generazioni. Tutti i trabocchetti possibili e immaginabili, gli inganni e le amicizie false in un solo piccolo luogo nei pressi di Firenze: il Bandino. Qui il nobile Antonio Alberti dovrà lottare con la storia scoprendo vecchi segreti, magie, misteri, suore, frati, e corone di Francia. Un cammino lungo, un racconto di storie incrociate e sconvolgenti per chi ha grinta e voglia d’avventura! Lorenzo Andreaggi nasce il 14 aprile del 1990 a Firenze. Fin da piccolissimo coltiva la sua passione per il teatro e per il cinema. Regista di più di 200 cortometraggi, grafico pubblicitario, studia alla Scuola Cinematografica di Giuseppe Ferlito e alla Scuola Teatrale di Adelaide Foti. Nel 2010 ottiene la sua prima parte nel film di Neri Parenti Amici Miei-Come tutto ebbe inizio. Oggi è capocomico della Compagnia Giovani del Teatro Reims di Firenze. Ha scritto questo romanzo a 17 anni. Un giovane talento che ha “… sperato di fermare sulla carta un romanzo… una di quelle opere, che si sente di voler condividere con gli altri”.

RACCOLTA Grazia Focardi Sognando… sopra le nuvole

ROMANZO

Edizioni: Albatròs

Una raccolta di poesie densa e ricca di significato quella di Grazia Focardi. Nata a Firenze nel gennaio del 1959, l’insegnante di moda si racconta in una “Raccolta d’identità”. Schietta e sincera Grazia si presenta come: “Donna solare, splendente, giocosa, imprevedibile”. Una donna curiosa, avida d’esperienza e amante della vita che apre ai lettori il mondo articolato dell’essere donna, dell’essere Grazia. La tenacia, la sopportazione degli eventi, il superamento dei dolori, la pazienza dei silenzi, le verità degli occhi sono tutti momenti di riflessione che hanno caratterizzato il percorso di crescita interiore dell’autrice. Una crescita che ha affinato la sua sensibilità che le ha insegnato il valore delle piccole cose e la giusta prospettiva della vita. Una maturazione in cui dono, è tutto ciò che dà gioia, conforto, fiducia e manifestazione d’amore. La vita di Grazia come il passaggio delle stagioni: dal rigido e severo inverno, al costante ritorno della primavera.

Marco Catocci Sguardi bruciati di Siena Edizioni: Mauro Pagliai

Un giallo ambientato a Siena, un contesto che è la ragione di vita stessa per i senesi: il Palio. Una storia incredibile, piena di suspense, dove niente può essere dato per scontato. Gli strani giochi del destino e l’imprevedibile casualità d ella vita s’intrecciano, e anche l’impossibile diventa possibile. Il libro racconta di una famiglia come tante altre, un padre premuroso rimasto vedovo e un’unica figlia. Una sera, il 21 giugno 2009, in preda a un violento diverbio tra i due, la ragazza esce di casa sbattendo la porta. Apparentemente sembrerebbe un litigio come tanti, ma il misterioso messaggio ricevuto dall’uomo il mattino seguente darà l’avvio a un’assurda e incredibile corsa contro il tempo, un’angosciante situazione nella quale nessuno al mondo vorrebbe mai trovarsi. Il messaggio impone all’uomo di recarsi nella città di Siena, dove sembra si trovi sua figlia, e di sottostare a un perfido gioco. Qui Giulio Cadorni conoscerà Vanessa, una giovane ragazza non vedente, se ne innamorerà e con lei e un investigatore privato comincerà l’ingarbugliata ricerca dell’amata figlia. Giulio verrà coinvolto e trascinato nella vita di contrada, confrontandosi con usanze e tradizioni legate alla storia del Palio, senza poter impedire tutta una serie di omicidi…

Reality

LA VETRINA


alma d’ ro P A merica ‘50 Festival di Cannes

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Cinema

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TEXT&PHOTO Andrea Cianferoni

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ome ogni anno, la madrina del Festival di Cannes si è rivolta al presidente della giuria affinché pronunciasse i nomi dei vincitori dell’edizione 2011. Quest’anno, a por-

Per l’Italia nessun riconoscimento, ma De Niro definisce Moretti “un regista eccezionale” e il film di Sorrentino “un’opera con un formidabile Sean Penn”. tare a termine l’oneroso incarico è stata la bellissima attrice francese Mélanie Laurent. Con una giuria capeggiata dal grande attore americano Robert De Niro, questa passata edizione non è riuscita a soddisfare le aspettative nostrane per quanto riguarda gli unici due titoli italiani che erano in gara, ovvero lo stupendo This Must Be The Place di Paolo Sorrentino, interpretato da

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un sempre bravo e intenso Sean Penn, e l’Habemus Papam di Nanni Moretti, magistralmente portato avanti dal veterano Michel Piccoli. La spasimata Palma d’oro è così finita nelle mani del vero favorito del festival, quel The Tree of

Life di Terrence Malick che ha da poco fatto la sua comparsa nelle sale italiane, ma l’albero della vita e le sue domande esistenziali promettono di far capolino persino agli Oscar, per chi non se ne fosse accorto, e le interpretazioni di


Brad Pitt e Sean Penn potrebbero valere una doppia candidatura a quest’ultimo e una meritata, prima statuetta dorata al primo. A seguire, il Grand Prix Speciale della Giuria è finito nelle mani degli altri due favoriti in gara, che hanno almeno in parte reso giustizia a un festival di per sé d’impronta francese; Il ragazzo con la bicicletta dei fratelli Dardenne e Once Upon Time in Anatolia di Nuri Bilge Ceylan se lo sono dunque spartiti ex aequo, dividendo il palco in un momento davvero molto commovente della serata finale. Parlando dei due premi agli attori, invece, sono andati, rispettivamente, all’attrice statunitense Kirsten Dunst per il controverso Melancholia del regista danese Lars von Trier, allontanato a seguito di numerose polemiche che l’avrebbero visto schierarsi con l’ex regime nazista, e al carismatico Jean Dujuardin per lo stravagante film muto in bianco e nero The Artist, del quale si continuerà senz’altro a discutere moltissimo. Applauditissimo è stato l’ultimo film del regista spagnolo Pedro Almodovar, La piel que habit. Prima pellicola del genere horror per il noto regista che, con questo film, ritrova il suo attore-musa Antonio Banderas. Un’altra novità in campo cinematografico riguarda l’attore Mel Gibson. Dopo il successo riscosso per il film drammatico Mr Beaver diretto da Jodie Foster, Gibson sembra esser ritornato in auge anche a Hollywood. Infatti, Gibson era stato allontanato da Hollywood a causa di alcuni scandali giudiziari che lo avevano visto coinvolto. Palma d’oro alla carriera per Jean Paul Belmondo consegnata direttamente dalle mani del presidente Gilles Jacob. Un premio assolutamente meritato per la sua lunga carriera, premiata finalmente nella sua Francia. Del resto, come ha detto Jacob: «Il tempo mette le cose a posto.» E lui, l’ex bel tenebroso, fa ancora la sua figura in smoking sul palco con accanto la sua giovanissima ultima compagna

Nella pagina precedente: Il Cast di Il Pirata dei Caraibi In basso da sinistra: Eva e Roberto Cavalli Paolo Sorrentino Catherine Deneuve Caroline Gruosi Scheufele con Jude Law e Jane Fonda Antonio Banderas e Salma Hayek Uma Thurman Owen Wilson Bianca Balti e Fawaz Gruosi Bob Sinclair A fianco: Johnny Deep e Penelope Cruz Gilles Jacob con Jean Paul Belmondo Niels Schneider con Robert De Niro e Caroline Gruosi

Barbara Gandolfi, ex coniglietta di Playboy. Come ogni anno il Festival di Cannes ha ospitato il gran galà Amfar per la lotta contro l’AIDS, un evento mondano con scopi benefici, che si è tenuto nella prestigiosa location di Cap d’Antîbes. E come ogni anno, questa serata intitolata Cinema Against Aids, organizzata per raccogliere fondi contro la terribile malattia, è stata anche l’occasione per ammirare una gran parata di vip. Mancava la madrina Sharon Stone, che quest’anno ha disertato l’evento, in compenso tante altre star e teste coronate hanno messo il loro volto per combattere contro l’AIDS. Una curiosa gaffe, infine, ha invece coinvolto due bellissime modelle, la fidanzata di Leonardo di Caprio, Bar Refaeli e la svedese Victoria Silvstedt. Entrambe le modelle si sono presentate al party organizzato dallo stilista italiano Roberto Cavalli, in occasione dell’apertura della sua nuova boutique sulla croisette, indossando lo stesso abito!


Sarabanda

Teatro

a San Miniato

TEXT a cura di Margherita Casazza

I

n scena il 22 luglio alle 21,30, in piazza Duomo a San Miniato (PI), l’ultimo lavoro del maestro svedese Ingmar Bergman, Sarabanda, quello che è stato definito “il capolavoro degli addii” di Bergman.

La fondazione Dramma Popolare di San Miniato e il Teatro Metastasio di Prato uniti portano in scena il capolavoro di Ingmar Bergman Sarà l’opera d’esordio di questa collaborazione teatrale tutta toscana. Con la regia di Massimo Luconi, interpreti tre grandi attori come Giuliana Lojodice, Massimo De Francovich, Luca Lazzareschi, scene Daniele Spisa, Massimo Luconi, costumi Sabrina Chiocchio, traduzione del testo di Renato Zatti. Sarabanda è uno spietato affresco delle relazioni parentali, un dramma di rimpianti, rimorsi, rancori che si muovono sulla scena come quella danza lenta e malinconica che dà il titolo all’opera e nella quale avviene l’ultimo confronto degli stessi personaggi. In questo capolavoro del Teatro dei sentimenti ci sono tutte le cose importanti che Bergman si porta dietro in tutta la sua opera: il mistero, la vita, la morte, la ricerca di Dio. Un’opera magistrale sull’autismo dei sentimenti, ma anche un canto appassionato sul dolore per la mancanza d’amore, descritta con toni tanto disperati da suscitare l’effetto opposto, cioè un altrettanto disperato desiderio della ricerca d’affetto. Analizzando magistralmente i suoi personaggi, soffermandosi sul tormentato

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rapporto genitori-figli, riesce in poche pagine a svelare le grandezze e le miserie dell’animo umano, regalandoci, soprattutto nelle figure femminili, dei personaggi straordinari. La realizzazione teatrale di Sarabanda, in prima esecuzione assoluta per il teatro italiano, conserva quasi integralmente la sceneggiatura originale basandosi su una drammaturgia che seppur scritta per la macchina da presa, è perfetta nei ritmi e nelle scansioni teatrali, con una scrittura limpidissima che è nello stesso tempo altissima letteratura e imponente sguardo morale sulla solitudine della nostra società. Frutto della coproduzio-

ne triennale tra la Fondazione Dramma Popolare di San Miniato ed il Teatro Metastasio Stabile della Toscana, una collaborazione che pur lasciando intatte le singolarità progettuali possa mettere in comune esperienze importanti come quella del Metastasio, che si distingue da sempre per la ricerca di un teatro rigoroso dal punto di vista culturale, e quella della Fondazione Dramma Popolare di San Miniato che è il più antico festival di produzione d’Italia, oggi sempre operoso grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato.


PROGRAMMA LXV FESTA DEL TEATRO

Lunedì 4 luglio

Palazzo Grifoni - San Miniato dalle ore 17,00 Convegno “Il metodo mimico di Orazio Costa”

Lunedì 11 luglio ore 21.30 Auditorium San Martino San Miniato

Teatro Pandemonium Stabile di innovazione Qohélet Con Antonio Zanoletti

Mercoledì 6 luglio

Mercoledì 13 luglio

Fondazione Istituto Dramma popolare e Anima Mundi Presentano in prima nazionale Le jongleur de Notre Damew concertazione e direzione: Maestro Guido Corti

Compagnia Gili Shanit (Israele) in prima nazionale Il Re David Con Avinoam Mor Haim Regia di Gili Shanit

Piazza Duomo - San Miniato ore 21.30

Auditorium San Martino San Miniato ore 21.30

18 luglio 2011

Sicilia Teatro presenta Auditorium San Martino San Miniato ore 21.30 Le ultime sette parole di Cristo, minestra di fede per cialtrone e strumenti antichi uno spettacolo di Giovanni Scifoni con Giovanni Scifoni, santur, liuto, chitarra, percussioni Maurizio Picchiò nichelarpa, viella, ribeca Stefano Carloncelli

DAL 22 AL 27 luglio Piazza Duomo - San Miniato ore 21.30

Venerdì 8 luglio Auditorium San Martino San Miniato ore 21.30

Teatrino dei Fondi presenta Chàris Di Anna Dimaggio liberamente tratto da Rimbaud Shakespeare e Testori con Enrico Falaschi Contrabbasso Cristiano Minelli Scene Cristina Conticelli Regia Anna Dimaggio

Venerdì 15 luglio Auditorium San Martino San Miniato ore 21.30

Fondazione Istituto Dramma popolare e Teatro Metastasio Stabile della Toscana

Fondazione Istituto Dramma Popolare e Associazione Leele Sacrum Facere (Rendere Sacro) Regia Katia Frese Drammaturgia Massimiliano Bardotti, Katia Frese con Katia Frese, Andrea Giuntini Musiche: Coro Mons. Cosimo Balducci direttore Simone Faraoni Luci: Luca Telleschi

Sarabanda di INGMAR BERGMAN Regia di Massimo Luconi con Giuliana Lojodice, Massimo De Francovich, Luca Lazzareschi e Clio Cipolletta Scene: Daniele Spisa, Massimo Luconi Costumi: Sabrina Chiocchio Traduzione: Renato Zatti

Presentano in prima assoluta


Spettacolo

Bolgheri Melody non solo vino d’autore tra i cipressi

TEXT&PHOTO Andrea Berti

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ino e Nobiltà, Spettacolo e Cultura, Poesia e Magia nella Costa degli Etruschi. C’è tutto il fascino di un luogo unico, la bellezza modellata dalle mani sapienti di secolari dinastie di vignaioli, e l’eccellenza di un territorio saggio e paziente, educato ed esclusivo, dentro l’anima di Bolgheri Melody. Patria dei grandi vini italiani e di etichette preziose e ricercate come diamanti, dall’8 luglio “Davanti San Guido”, il celebre Viale dei Cipressi reso immortale dall’ode di Carducci, torna protagonista assoluto con il Festival di musica, teatro e danza ospitato nella grande Arena all’aperto - 5 mila posti a sedere - dedicata al Marchese Mario Incisa Della Rocchetta, “padre” del Sassicaia. Un evento per palati fini, ancora più gustoso dopo una gita in una delle tante cantine che profumano di storia lambite con dolcezza dal soffio del Mar Tirreno, e che possono essere scoperte anche grazie a veri e proprio pacchetti soggiorno all-inclusive che prevedono visite, degustazioni e biglietto (per info Lazzi World - Tour Operator Ufficiale dell’evento - Via della Principessa, 120 San Vincenzo (Li) Tel. 0565/701720). Nato da un’idea di Sauro Scalzini e Massimo Guantini e promosso da Bolgheri Melody Srl con il patrocinio del Comune di Castagneto Carducci e della Provincia di Livorno e il contributo di Regione Toscana, Camera di Commercio, Banca Credito Cooperativo di Castagneto Carducci e Finmeccanica, insieme a importanti sponsor e partner curati dal Conte Gaddo della Gherardesca, dopo lo straordinario successo della prima edizione con oltre 30 mila spettatori e le performance in cartellone di Roberto Bolle, il direttore d’orchestra inglese Daniel Harding insieme alla Filarmonica della Scala, Massimo Ranieri e Roberto Benigni per citarne alcuni, Bolgheri Melody punta a confermare tutta la freschezza di un palinsesto potente che fa dell’esclusività e della qualità delle proposte, insieme alla varietà dei generi, un segno ben distinguibile nel panorama nazionale degli eventi estivi all’aperto. Dal balletto classico alla musica rock, leggende internazionali e nuovi miti italiani si ritrovano, sullo stesso palcoscenico, per

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scandire l’emozione di un percorso culturale ed artistico destinato ad accendere i riflettori su Bolgheri, e a mettere a nudo il suo fascino irresistibile. Ad alzare il sipario dell’Arena Mario Incisa della Rocchetta, sono le graziose punte del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano diretto dal Maestro Makhar Vaziev (9 luglio), nell’allestimento, voluto fortemente dal suo direttore Frédéric Olivieri, del Sogno di una notte di mezza estate di George Balanchine. Ha vinto la sezione Sanremo Giovani, e poi ha spiazzato tutti all’Eurofestival dove è arrivato secondo dopo un lungo digiuno di presenze e successi, Raphael Gualazzi con il suo stile musicale originale è una delle grandi attrazioni canore di Bolgheri Melody (13 luglio). È una prima mondiale il balletto del Corpo di Ballo del Maggio Musicale Fiorentino “The Genesis Tribute” (16 luglio) danzato sulle musiche dei Genesis (direttore Francesco Ventriglia) e creato appositamente per il palcoscenico emozionante di Bolgheri. Musica di successo con i Modà, band rivelazione del 2011 e seconda a Sanremo insieme ad Emma (21 luglio), mentre sono esclusivi gli appuntamenti con l’unico live in programma in Italia del leader dei Roxy Music, Bryan Ferry (28 luglio) e con il mega evento di Gianna Nannini e il suo Io e Te Tour 2011 (30 luglio). Per la Nannini sarà l’unico concerto previsto nei mesi estivi in Italia. Tutto da ridere lo show di Giorgio Panariello Panariello non esiste (23 luglio) che ripropone la galleria dei suoi

più celebri personaggi, insieme ad alcune divertenti caricature, mentre è una novità assoluta in cartellone l’operetta, con uno dei titoli più conosciuti ed amati dal pubblico, La Vedova Allegra (4 agosto) accompagnata da Orchestra e Coro dal vivo. E ancora il Bolgheri Melody Award, il premio ideato dai produttori Doc di Bolgheri e dedicato ad un artista produttore di vino - nel 2010 il premio era andato ai Negramaro - mentre alla voce “novità” troviamo il ciclo di talk show televisivi in onda su Sky, in programma nei luoghi della memoria di Castagneto Carducci che scandiranno il mese del Festival bolgherese, e a cui parteciperanno personaggi del mondo della politica, del giornalismo, dello spettacolo e della cultura. Prodotti da Athena Communications saranno in tutto nove gli incontri condotti dal responsabile delle pagine culturali di Libero Francesco Borgonovo insieme ai direttori dei più importanti quotidiani nazionali. C’è anche l’arte internazionale di Franco Adami insieme ai suoi giganti di bronzo, già visti all’aeroporto di Pisa in occasione del centenario della Fanciulla del West di Giacomo Puccini. A Bolgheri Melody il buon vino si sposa con il grande spettacolo e con la grande cultura! Per maggiori informazioni: www.bolgherimelody.com. Prevendite sul circuito online www.ticketone.it e nei punti vendita Ticketone, Vivaticket e Boxoffice. Inizio spettacoli ore 21,30. Biglietti a partire da 25 euro.


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nche quest’anno sul colle di Peccioli le notti d’estate sono illuminate da 11 Lune, con la rassegna di spettacoli teatrali, concerti, talk show e serate d’arte in programma dal primo al 31 luglio presso l’Anfiteatro Fonte Mazzola, affacciato su uno degli scorci più suggestivi della Toscana. Ad aprire la rassegna sarà Vittorio Sgarbi, l’irriverente critico d’arte e personaggio televisivo sempre al centro dell’attenzione, con lo spettacolo Caravaggio secondo Sgarbi (venerdì 1 luglio). Si tratta di una serata-show in cui lo storico dell’arte più imprevedibile e estroso che abbiamo, racconta e valuta l’opera dell’artista seicentesco più geniale, nella storia dell’arte italiana. La serata continua, dopo lo spettacolo, alla scoperta di un vero e proprio percorso d’arte en plein air attraverso il centro storico di Peccioli, nell’iniziativa dal titolo Caravaggio, caravaggini & Co., in cui il paese sarà il teatro naturale che ospita una serie di opere di artisti caravaggeschi toscani. A seguire (domenica 3 luglio) ci sarà l’appuntamento con Armando Punzo, il regista teatrale che da anni porta avanti il suo lavoro con la Compagnia della Fortezza, di cui fanno parte i detenuti del carcere di Volterra. Portano in scena Hamlice. Saggio sulla fine di una civiltà, un viaggio senza fine da Amleto ad Alice nel Paese delle meraviglie, con la drammaturgia e la regia di Punzo, la partecipazione straordinaria di Maurizio Rippa e le musiche dal vivo di Andrea Salvadori. La rassegna propone poi lo show Intervista al cervello show con Fabrizio Diolaiuti (mercoledì 6 luglio) un viaggio teatrale che affronta i dubbi, le curiosità, perplessità e le scoperte più recenti sulla nostra “cen-

trale operativa”, con la partecipazione di Adriano Barghetti. La rassegna dei concerti, molto nutrita, si apre con i Pooh (domenica 10 luglio), la band che ha segnato la storia della musica italiana, in anteprima in Toscana a Peccioli, con un vero e proprio concerto evento. Lo spettacolo dei Pooh segna in modo particolare il percorso delle sette edizioni delle 11Lune perché è il centesimo appuntamento da quando è sorta la rassegna estiva. A seguire ci sarà la serata con l’Orchestra del Teatro del Giglio di Lucca e la Corale Valdera che propongono Il Canto degli italiani (martedì 12 luglio), un concerto lirico-sinfonico per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia e il 40° dalla fondazione della Corale Valdera. Per il teatro ci saranno Massimo Ghini (giovedì 14 luglio) con Cannibardo e la Sicilia, di Andrea Camilleri per la regia di Giuseppe Dipasquale: la storia di Garibaldi e della Sicilia post unitaria ripercorsa, su testo dello scrittore siciliano, come la breve parabola di un sogno. Lo spettacolo si inserisce nei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. E poi sarà la volta di Giorgio Panariello (domenica 17 luglio) con Panariello non esiste, uno spettacolo tra realtà e fantasia con uno sguardo divertito sull’attualità. Il comico toscano porta in scena un minivarietà, accompagnato da una band, ballerini, un cantante e un illusionista e non manca di riproporre i suoi personaggi simbolo, dalla Signora Italia a Merigo, da Naomo a Raperino. Le intramontabili canzoni degli Abba saranno protagoniste in Abba Mania (martedì 19 luglio), il concerto tributo con suoni, scenografie, effetti speciali e costu-

mi fedeli alle performance del mitico gruppo musicale svedese, in una serata per i fan ma anche per i più giovani che non hanno avuto l’opportunità di veder esibire la band. È un vero e proprio appuntamento con la storia quello che propongono Paola Gassman e Edoardo Siravo in Edipo o della colpa (domenica 24 luglio), per la regia di Maurizio Panici. Lo spettacolo racconta la ricerca ostinata della verità da parte di Edipo, la sua determinazione e il compiersi di un destino. Lo spettacolo rientra nella rassegna delle Notti dell’Archeologia 2011 che prevede l’apertura straordinaria del Museo Archeologico (dalle 21 alle 23). Ancora prosa anche per gli ultimi due appuntamenti in cartellone, con lo spettacolo Chi ha ucciso la bella Elvira?, con Andrea Giuntini, dal testo La strega e il vicario dello scrittore Riccardo Cardellicchio (mercoledì 27 luglio). La tragica vicenda dell’uccisione di Elvira Orlandini, ritrovata in un bosco nella campagna di Palaia, nel 1947. Il racconto è quello del fidanzato, Ugo Ancillotti, accusato come omicida e sempre proclamatosi innocente. E infine tornano sul palco di Peccioli Andrea Buscemi e Eva Robin’s in Il mercante di Venezia della Compagnia PeccioliTeatro (domenica 31 luglio), uno spettacolo di Andrea Buscemi, in cui l’attore e regista si confronta con uno dei personaggi più famosi e riusciti della drammaturgia shakespeariana. Tutti gli spettacoli hanno inizio alle 21.30. La manifestazione è organizzata e promossa dalla Fondazione Peccioliper e dal Comune di Peccioli in collaborazione con la Fondazione Teatro di Pisa a cui è stata affidata la produzione esecutiva, lo sponsor della rassegna è Belvedere S.p.A.

PER INFORMAZIONI, PREVENDITE E ACQUISTO BIGLIETTI

Biglietteria - Punto informazioni: Spazi per l’Arte Fonte Mazzola - Via della Costia, 1 Peccioli (PI) Fino al 19 luglio, dal lunedì al sabato dalle 16.30 alle 19.30 e nelle sere degli spettacoli dalle 20.30 alle 21.30 - Tel 334 7172854 Segreteria Organizzativa: Fondazione Peccioliper - Piazza del Popolo, 10 - Peccioli (PI) Fino al 19 luglio, dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 12.30 Tel 0587 672158

IL PREZZO DEI BIGLIETTI NON SUBIRA’ ALCUNA MAGGIORAZIONE DOVUTA AI DIRITTI DI PREVENDITA 64


PROGRAMMA SPETTACOLI dal 1 al 31 luglio Tutti gli spettacoli hanno inizio alle ore 21.30 Sconti e promozioni per i possessori della card “Amici del Polo Museale di Peccioli”

Venerdì 1 Vittorio SGARBI in “Caravaggio secondo Sgarbi” Ingresso gratuito

Domenica 3 COMPAGNIA DELLA FORTEZZA in “Hamlice. Saggio sulla fine di una civiltà” Ingresso gratuito Mercoledì 6 Fabrizio DIOLAIUTI in “Intervista al cervello show” Ingresso gratuito Domenica 10 POOH in “Dove comincia il sole” tour Spettacolo a pagamento

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Martedì 12 ORCHESTRA DEL TEATRO DEL GIGLIO DI LUCCA e CORALE VALDERA “Il Canto degli italiani” Ingresso gratuito Giovedì 14 luglio Massimo GHINI in “Cannibardo e la Sicilia” Spettacolo a pagamento Domenica 17 Giorgio PANARIELLO in “Panariello non esiste” Spettacolo a pagamento Martedì 19 ABBA MANIA in “Abba Mania” Spettacolo a pagamento

Domenica 24 Paola GASSMAN e Edoardo SIRAVO in “Edipo o della colpa” da Sofocle a Seneca Ingresso gratuito Mercoledì 27 Andrea GIUNTINI in “Chi ha ucciso la bella Elvira?” Ingresso gratuito Domenica 31 COMPAGNIA PECCIOLITEATRO Andrea BUSCEMI e Eva ROBIN’S in “Il mercante di Venezia” Ingresso gratuito


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Intervista Spettacolo

Andrea Buscemi

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TEXT Martina Benedetti

I

l 31 luglio andrà in scena a Peccioli al festival 11 Lune Il mercante di Venezia di Shakespeare, diretto e interpretato da Andrea Buscemi a fianco di Eva Robin’s e gli attori storici della Compagnia Peccioliteatro. Si tratta dell’ennesima tappa artistica di un percorso nato ormai sette anni fa, che ha visto il regista-attore impegnato nella riproposizione di capolavori classici che hanno fatto la storia del teatro, da Moliere a Goldoni a Collodi a Shakespeare a Gogol passando perfino per Karol Wojtila portati poi in giro in tutta Italia, e che lo ha visto dirigere interpreti come Tosca d’Aquino, Paola Gassman, Flavio Bucci, Debora Caprioglio, il compianto Oreste Lionello, Paolo Villaggio, Corinne Clery, Eva Robin’s. Col senno di poi si è trattato come di un’estenuante galoppata, resa tra l’altro più impervia dal fatto che stiamo vivendo tempi molto difficili che registrano un generale imbarbarimento dei gusti e dei costumi. Proporre Moliere o Shakespeare al giorno d’oggi può sembrare un rischio non da poco, e poi ti accorgi invece che in questa epoca così frammentaria e intrisa di volgarità televisiva c’è ancora un pubblico che cerca la qualità e si confronta volentieri con la Parola. PeccioliTeatro (e direi lo stesso festival 11 lune che io personalmente ho creato col sindaco Silvano Crecchi e Renzo Macelloni) è stata perciò direi una scommessa vinta e sono convinto che si sia trattato di un’operazione unica non solo in Toscana ma anche in Italia. Ti consideri un’artista di altri tempi? Se con questo concetto vogliamo definire un artista che ha il rispetto anche delle regole estetiche (riferibili sia alla parola sia al gesto sia a un’idea generale di cultura che sempre dovrebbe accompagnare i momenti artistici in senso lato) direi di sì, sono completamente fuori dal tempo che stiamo vivendo, o meglio lo subisco perchè non riesco a ritenere musica l’orrendo baccano che ci viene propinato (per me è più un rumore che una melodia ) o arte le deliranti installazioni che stiamo vedendo in questi giorni alla Biennale di Venezia o peggio ancora certe operazioni di teatro sperimentale che sono

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frutto di stimoli pretestuosi e pretenziosi. Probabilmente il mio ideale di artista si riferisca a quello ottocentesco che anelava al bello e all’armonia. Un’armonia completamente polverizzata, come ti dicevo in quest’epoca corrotta e purtroppo ulteriormente corruttibile. Cosa ne pensi dei modelli culturali odierni, come per esempio quelli della televisione generalista? La televisione di oggi non propone modelli culturali, è essenzialmente un contenitore del nulla, momenti di totale voyerismo, affacci su vite spesso prive di reale interesse (mi riferisco ai reality) e dal contenuto bieco e mortificante. Non parliamo poi dei talent show che hanno ridimensionato il talento a un optional. Non capisco come da questi concorrenti possa mai venire fuori domani un Renato Zero un Lucio Battisti o un Giorgio Gaber e la cosa la dice lunga sul livello culturale, o forse della perversione, dei capistruttura delle televisioni nazionali. Io sono molto rattristato soprattutto per l’insulsaggine che andiamo a insegnare ai giovani invece che quell’anelito al Bello e alla Cultura che è stato per tanti anni il mio credo assoluto. Quale è la causa di questo degrado culturale? Bisognerebbe capirlo con esattezza perché i pareri sono discordi: c’è chi dice che la tv è lo specchio del paese. Io penso invece che la colpa sia proprio del mezzo dato che negli intenti statutari della Rai il principio pedagogico era uno dei capisaldi. Poi probabilmente la corsa sgangherata al denaro ha fatto sì che quell’intento si perdesse del tutto e che si privilegiasse la massa, poco attenta alla qualità (che però aveva tutti i diritti di essere indottrinata e aiutata a comprendere). Certamente l’avvento della televisione commerciale ha innescato un meccanismo perverso, per il quale poi la Rai si è trovata a rincorrere i risultati cimentandosi sullo stesso terreno. Di fatto è da lì che l’arte ha cominciato a morire, che il teatro ha cominciato a languire, che il cinema ha perso il suo ruolo e che noi oggi siamo qui a parlare di rimpianti e non di una nazione realmente progredita.

Quale dovrebbe essere il ruolo del teatro per la società, e quanto è difficile fare teatro oggi? Il teatro oggi può essere solo una forma di arte privilegiata per pochi, intanto non siamo riusciti a creare degli attori degni di questo nome (non mi si dica che chi recita oggi nelle fiction o peggio ancora è reduce dai reality si possa definire tale, anche se molti tentano di farlo). Di conseguenza si capisce tutta la difficoltà che scaturisce da una simile condizione, visto che una collocazione del genere porta poche risorse economiche. In più c’è anche la miopia di certi governanti che non capiscono quanto i giovani oggi siamo veramente abbandonati a se stessi e quanto farebbe bene far loro frequentare anche solo come buoni spettatori la grande prosa. E sicché troviamo le istituzioni sempre meno disposte a investire in un progetto di pedagogia teatrale qualificata, col risultato che ormai i veri teatranti stanno riducendosi a una casta sempre meno preparata e in grado di incidere nella società. Perché hai scelto il teatro? Quando cominciai a far teatro il panorama che ti ho descritto non si era ancora completamente delineato e io pensavo che ci fosse un anelito generale alla qualità. Cominciando come pittore sentivo l’esigenza di confrontarmi con un pubblico più vasto affrancandomi dalla solitudine dell’atelier. Oggi per l’andazzo che ti ho descritto il mio anelito è quasi il contrario, anzi il mio ideale sarebbe probabilmente vivere in un monastero, meglio se medievale, dove poter studiare la Parola insieme a pochi seguaci e poi mettere in scena il frutto di un percorso il più possibile filologico. C’è una vecchia poesia di Vittorio Gassman che a questo proposito già chiosava: «Farsi da istrione, archivista.» Eppure sembra che tu viva da Dottor Jeckyl e Mister Hide perché dopo i tuoi trascorsi televisivi con Panariello ora ti accingi perfino a fare il film natalizio con Pieraccioni. Non bisogna disdegnare mai il lavoro. Se ragiono nel modo che ti ho detto è proprio perché grazie a Dio non sono il clas-


sico purista a cui magari è facile rinfacciare la favola della volpe e l’uva. Prima di fare delle dichiarazioni cosi perentorie è giusto confrontarsi col “resto del mondo” e a parte il fatto che le poetiche di Panariello e Pieraccioni non sono affatto disprezzabili (anzi, ce ne fossero in Italia!), l’attore deve completarsi frequentando tutti i generi per poi tornare magari alla propria personale poetica e al proprio percorso stilistico. Inoltre con Giorgio e Leonardo ci facciamo sempre tante risate, che è una componente essenziale per vivere bene e per poi magari tornare più sereni al monastero! Cos’ è il successo? Il successo per come si intende oggi è una cosa che non mi riguarda né mi interessa. Per quanto riguarda me posso semmai parlare di affermazione o meglio affermazioni di tanti progetti che mi hanno dato soddisfazione e perché no anche da vivere bene. Ma se penso che un qualsiasi concorrente di reality show o una velina o un opinionista di una trasmissione calcistica può oggi essere considerato un personaggio di successo, ho un vero orrore del livello trogloditico in cui si ritrova oggi l’Italia e non mi sento di concorrere a raggiungere quei traguardi. Chissà cosa penserebbero oggi un Alberto Sordi, un Fellini, un Gassman, o anche Gabriele D’Annunzio e la Duse che quando avevano successo lo avevano in virtù delle loro enormi doti davanti a questo panorama: abbiamo veramente fatto scempio delle cose più importanti per lasciare spazio al nulla, e questo è davvero demoniaco. Non c’è altro paragone possibile che non la decadenza dell’Impero Romano dopo il quale come sappiamo ci fu l’imbarbarimento totale. Per te è quindi importante la valorizzazione della memoria del nostro passato, ed è anche per questo che spesso metti in scena i grandi classici? I grandi classici sono impareggiabili. Goldoni, Moliere o Gogol hanno già scritto tutto, e Shakespeare per primo ha raccontato in modo totale l’Umano. Dopodiché ci sono stati, è vero, altri bagliori di genio, e io li ho visti in Buzzati, Zavattini, ma anche Tobino (che per l’appunto ho pure frequentato teatralmente) ma essi stessi sono ormai già lontani anni luce dalla nostra sgangherata società, anche se ci separano pochi decenni. Il fatto è che il declino è stato cosi improvviso e vorticoso che è come se fossimo passati attraverso un naufragio e ogni tanto sull’isola dove pochi superstiti hanno trovato salvezza, la risacca portasse qualche prezioso cimelio e noi fossimo invitati a salvarlo e poi salvaguardarlo. Questo mi sembrano i capolavori classici, che non hanno bisogno di nulla (se non del talento di chi li affronta) per diffondere una luce qua e là in un paesaggio per il resto spettrale. Ti cimenti con maggior soddisfazione in un’esperienza di compagnia come quella che affronterai con il Mercante

di Venezia o nei tuoi meravigliosi e impareggiabili monologhi, come ad esempio Bagno finale, Memorie di un pazzo, Edmund Kean? Ti ringrazio degli aggettivi che hai usato, che tradiscono un’eccessiva deferenza (va bè, dopo ti invito a cena!). La risposta è difficile perché da un lato io sento come una vocazione al capocomicato e perciò volentieri metto su compagnia, anche prendendomi a cuore la formazione dei giovani (ad esempio tu sei una delle giovani attrici su cui la compagnia ha puntato e devo dire con soddisfazione). D’altra parte è anche vero che pubblico e critica mi hanno dato sempre risposte lusinghiere per quanto riguarda i miei assolo teatrali, e perciò ca-

pisco che questi atti artistici sono considerati di per sé completi. Diciamo che oggi, parallelamente al progetto di quattro titoli shakespeariani che porterò ben volentieri avanti con la Fondazione Goldoni di Livorno, il mio interesse più forte potrebbe essere quello di mettere in scena un one man show dove riproporre le cose che più mi aggradano e che magari sono già nel mio repertorio da Dante ai classici, alle poesie, in uno spettacolo che potrei intitolare: Svendita Totale. Qual è il tuo ideale di spazio scenico, tenuto conto che siamo nel 2011? Penso che il teatro debba essere esportato il più possibile in frangerti disparati e sfruttando tutte le occasioni e tutti gli spazi (il


che è anche un ottimo deterrente contro la crisi). Del resto è arcinoto che le esperienze delle cantine romane degli anni settanta hanno cambiato il modo di intendere l’uso dello spazio teatrale sia per gli attori che per gli spettatori e così si può benissimo prescindere da un magniloquente teatro ottocentesco con palchetti e broccati. D’altro canto penso che la compagnia che rappresento (e Andrea Buscemi stesso direi) oggi abbia compiuto un percorso il cui travaso fisiologico è un teatro da abitare. Intendiamoci, l’ho già fatto in grazia delle mie molteplici direzioni artistiche al Poliziano di Montepulciano, al Persio Flacco di Volterra, agli Arrischianti di Sarteano, ai Vigilanti di Portoferraio e perfino nell’ambito di 50 canale (un’esperienza televisiva che mi ha dato molto) ma è indubbio che tutto questo proliferare di idee, iniziative, stimoli oggi cerca un approdo definitivo col quale cominciare a fare un lavoro più specifico sullo spettatore. In questo senso forse la sorte ci sarà presto benigna perchè abbiamo individuato la struttura che fa per noi e di cui taccio il nome per semplice scaramanzia (e non solo, perché tu sai che negli anni sono riusciti a “scipparmi” la paternità del recupero del cinema Lux e del teatro Ros-

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si di Pisa, strutture che solo la mia tenacia era riuscita letteralmente a risuscitare). Ma il Teatro può bastare? Se il momento storico non fosse così allarmante, potrebbe bastare. Ma per tutto quello che ti ho descritto finora, io sento oggi anche il bisogno di far qualcosa di più, di cimentarmi in qualcosa anche di socialmente utile. Forse perfino politicamente utile. Visto e considerato tra l’altro che è nella politica stessa, o meglio, in certe caste politiche, che si celano le chiavi anche per fare teatro. Il disordine e l’impoverimento che vedo intorno a noi debbono necessariamente stimolare a una riflessione e magari a una “discesa in campo” degli uomini di buona volontà, per sottrarci al degrado e alla deriva. Io non so quale possa essere lo strumento necessario per migliorare e migliorarsi (forse un po’ con certe mie trasmissioni come L’Impallato e Lucidellacittà per 50 Canale ho contribuito alla riflessione, portando anche lì magari un certo mio approccio “teatrale”), ma è indubbio che il nostro tempo storico impone a tutti l’assunzione di un minimo di responsabilità che abbisogna di ben altro che non solo un talk show o la mera attività teatrale. Perché la scelta de Il Mercante di Venezia come regista e di Shylock come interprete? L’ebreo è uno dei “diversi” mirabilmente tratteggiati da Shakespeare, accanto ai

quali (nelle quattro messinscena che curerò per la Fondazione Goldoni e PeccioliTeatro) metterò Riccardo III, Falstaff e Otello. Quattro personaggi enormi destinati per la loro diversità alla solitudine e a una memorabile malinconia, che è la cifra che oggi mi interessa artisticamente. Shylock in particolare è uno dei più riusciti e giganteschi personaggi mai concepiti, attorialmente un banco di prova temibile ma al quale mi sento di approdare quasi fisiologicamente dopo il mio Arpagone nell’Avaro (un incontro che mi ha dato grandi soddisfazioni, inutile negarlo). I personaggi shakespeariani sono talmente perfetti da essere delle vere e proprie personalità, un miracolo che si ripete solo però attraverso l’ausilio di ottimi attori. Spero che la compagnia mi stia dietro, ci sarà da divertirsi, se è vero che nessuno come Shakespeare ha saputo descriverci l’uomo nella sua interezza. Ma chi è Andrea Buscemi? Un uomo d’altri tempi, in ritardo di 150200 anni circa, che mal sopporta il nostro lento e inesorabile declino, e che naturalmente ha più stima di Napoleone o di D’Annunzio che di Bonolis o Fiorello (se interpretata da un altro punto di vista la mia posizione potrebbe peraltro essere paradossalmente anticipatrice dei tempi, e perfettamente postmoderna). Per altri versi penso di essere un folle, ma anche l’illuminato architetto della mia follia. Venite a teatro, che ne parliamo.



Spettacolo

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spettac TEXT a cura di Eleonora Garufi

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ome ogni anno il Parco della Versiliana ospita uno dei Festival più famosi a livello internazionale, punta di diamante nel panorama italiano della cultura. “Il più bel posto dell’Universo”. Così Gabriele D’Annunzio amava definire il parco della Versiliana, dove trascorse lunghi periodi e dove compose alcune delle più belle pagine della nostra letteratura. In questo luogo privilegiato dove le incantevoli atmosfere naturali si sposano con le arti e la cultura, prende vita in luglio e agosto il Festival La Versiliana. Giunto alla 32° edizione il prestigioso appuntamento con lo spettacolo, l’arte e l’approfondimento culturale, si apre ad un nuovo percorso sotto la presidenza di Manrico Nicolai, pilastro del Festival di cui fu artefice nel 1980, che oggi torna a presiedere la Fondazione organizzatrice e ne parla con noi. «La Versiliana è luogo di elezione della cultura e dello spettacolo e insieme alla Città di Pietrasanta ha un profondo legame con l’arte contemporanea. Né è una testimonianza il manifesto che Igor Mitoraj, uno dei più grandi artisti di fama internazionale, ha disegnato per la Versiliana: un angelo, che sotto un cielo mistico, un cielo d’oro, indica a un uomo la strada verso il futuro.» Sul palcoscenico del teatro della Versiliana, a Marina di Pietrasanta si alterneranno, tra luglio e agosto, 26 eventi, tra cui due prime nazionali per 35 serate di grande spettacolo. «Con il direttore artistico del Festival Luca Lazzareschi abbiamo messo a punto un cartellone ricchissimo che coniuga assieme tutti i generi dello spettacolo…puntando alla varietà e alla elevata qualità artistica degli spettacoli con l’atteso ritorno di uno dei più grandi artisti italiani, Gigi Proietti, 20 anni di assenza.» La Versiliana però è anche e soprattutto uno spazio di approfondimento culturale: «È il Caffè della Versiliana, lo spazio dell’approfondimento culturale, il salotto letterario sotto la guida di Romano Battaglia, patron del Caffè da oltre 25 anni. Per questa stagione abbiamo messo a punto tante novità per questo spazio di

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dibattito e di confronto e ci siamo avvalsi delle più illustri firme giornalistiche per la conduzione degli incontri. Per 5 giorni, dal 4 all’8 luglio, la trasmissione di Radio 2 Rai Un giorno da Pecora condotta da Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro, metterà sotto torchio i politici in diretta radiofonica nazionale proprio dal palcoscenico del nostro caffè e poi ancora avremo Edoardo Raspelli con cui tutti i lunedì si parlerà di Cibo e benessere con i maggiori esperti di enogastronomia. Con Oliviero Beha si parlerà di poesia e letteratura e con Claudio Sottili di Medicina e benessere. Ma c’è anche un’altra grande novità: a condurre gli incontri ci saranno anche i giornalisti e i direttori delle testate di informazione delle reti Mediaset.» Infine, ma non per importanza, è il progetto di cultura e insegnamento dedicato ai bambini: La Versiliana dei piccoli. Si tratta di un parco del divertimento

intelligente, curato da Massimo Pasquini, dove con fiabe, sorprese e meraviglia, la cultura viene messa in mano ai più piccoli che qui possono dare il loro contributo artistico e divertirsi insieme alle proprie famiglie. Photo: ufficio stampa La Versiliana, V.Vjatkin, Javier del Real

32° FESTIVAL LA VERSILIANA Viale Morin, 16 Marina di Pietrasanta (Lucca) Prevendite: tel. 0584 265757 www.laversilianafestival.it TicketOne.it - Box Office


32° FESTIVAL LA VERSILIANA 32° FESTIVAL LA VERSILIANA UGLIO

L

venerdì 8 - sabato 9 Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI di C. Goldoni - Regia Giorgio Strehler messa in scena da Ferruccio Soleri con la collaborazione di Stefano De Luca

mercoledì 13 Compañía Antonio Gades Direzione Artistica Stella Arauzo CARMEN ispirato all’opera omonima di Prosper Merimée Storia, Coreografia e Luci Antonio Gades e Carlos Saura

martedì 19

domenica 24

La grande danza tradizionale russa e dal Mondo IGOR MOISEEV BALLET Balletto di Stato Accademico di Danza Popolare “Igor Moiseev”

Aterballetto ROSSINI CARDS / H+ Coreografie Mauro Bigonzetti

venerdì 29, sabato 30 Teatro di Roma PRIMAALE Teatro Stabile dell’Umbria N NAZIO I MASNADIERI di F. Schiller - Regia Gabriele Lavia Giovane Compagnia del Teatro di Roma in collaborazione con La Versiliana Festival

mercoledì 20 GORAN BREGOVIC Wedding & Funeral Band

giovedì 21 Marco Travaglio Isabella ferrari in ANESTESIA TOTALE

domenica 31 Maurizio Crozza in FENOMENI

sabato 23 DANIELE SILVESTRI

sabato 20, domenica 21

O T S O AG

giovedì 11

ORNELLA VANONI

lunedì 1

SVETLANA ZAKHAROVA Etoile del Teatro Bol’šoj di Mosca con solisti del Teatro Bol’šoj di Mosca e del Teatro dell’Opera di Kiev

martedì 2

IGUDESMAN & JOO

mercoledì 3 PRIMAALE N IO Ballet David Campos Z A N LA BELLA ADDORMENTATA

Mariano Anagni SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE di W. Shakespeare

venerdì 5, sabato 6

Silvano Toti Globe Theatre, Politeama srl Giorgio Albertazzi in LA TEMPESTA di W. Shakespeare - Regia Daniele Salvo

domenica 7

Beppe Grillo BEPPE GRILLO IS BACK

1.30

Orar

mercoledì 17

Balletto di Roma CENERENTOLA Coreografia Fabrizio Monteverde

giovedì 18

ROBERTO VECCHIONI

STEFANO BOLLANI E I VISIONARI

coli 2 io Spetta

martedì 16

GINO PAOLI Flavio Boltro, Danilo Rea, Roberto Gatto, Rosario Bonaccorso UN INCONTRO IN JAZZ

Emiliano Pellisari Studio INFERNO (Divina Commedia)

ELIO in GIAN BURRASCA Regia Lina Wertmuller

martedì 9

sabato 13

Compagnia della Rancia su licenza di Anfiteatro Musica per conto di The Really Useful Group Ltd. CATS Musica Andrew Lloyd Webber Tratto dal libro di T.S. ELIOT “Old Possum’s Book Of Practical Cats” prima versione originale inglese prodotta da Cameron Mackintosh e The Really Useful Company

mercoledì 10

martedì 23

mercoledì 24

Balletto Teatro di Torino CARAVAGGIO Balletto di Matteo Levaggi

venerdì 26

GIGI PROIETTI BUONASERA, VARIETA’ DI FINE STAGIONE

to 4 agos STITUZIONE 1 a ic n e om PRO dì 9 a d ME DI

da marte ITÀ AUTONO ionna E L IA C E P IGN na Melch EVENTO S unale D elchion uciano

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Spettacolo

CARLO COLOMBARA

ROBERTO BOLLE AND FRIENDS

domenica 24 luglio

martedì 26 luglio

MASSIMO RANIERI

COMPAGNIA JIULIEN LESTEL

mercoledì 10 agosto

mercoledì 24 agosto

1/1 PRIMA

CANTO PERCHÈ NON SO NUOTARE

CORPS ET AMES


titolo titolo

57° FESTIVAL PUCCINI 22 luglio – 27 agosto 2011 Il programma e il cast possono subire modifiche. Tutte le rappresentazioni hanno inizio alle ore 21.15

LA BOHEME luglio

Venerdì 22 Sabato 30

agosto

Venerdì 12 Sabato 20 Sabato 27

Spettacolo

Gran teatro all’Aperto G. Puccini Torre del Lago Puccini

Nuova ione produz

MUSICA: Giacomo Puccini LIBRETTISTI: Giuseppe Giacosa, Luigi Illica L’opera ebbe la sua prima a Torino al Teatro Regio il 1 Febbraio 1896, sotto la direzione del Maestro Arturo Toscanini. Allestimento coprodotto con Hong Kong Opera House e Teatro dell’Opera di Roma per la regia di Maurizio Di Mattia. Costumi firmati da Anna Biagiotti per gli artisti che calcheranno il palcoscenico tra le scene di Maurizio Varamo. Un’ambientazione che propone unaTour Eiffel ante litteram che crea un corto circuito spazio-temporale in un visionario gioco di luci e colori.

TURANDOT luglio

Sabato 23 Venerdì 29

agosto

Domenica 7 Sabato 13 Venerdì 26

MUSICA: Giacomo Puccini LIBRETTISTI: Giuseppe Adami, Renato Simoni Turandot fu rappresentata per la prima volta a Milano, a La Scala il 25 Aprile 1926. Ripresa del monumentale allestimento realizzato per le celebrazioni pucciniane nella fortunata ed apprezzata messa in scena regia di Maurizio Scaparro, scene di Ezio Frigerio e costumi di Franca Squarciapino.

MADAMA BUTTERFLY agosto Sabato 6 Giovedì 11 Giovedì 18

MUSICA: Giacomo Puccini LIBRETTISTI: Giuseppe Giacosa, Luigi Illica La prima di Madama Butterfly andò in scena il 17 Febbraio, 1904 a Milano a La Scala. La cultura giapponese protagonista a Torre del Lago con l’esclusivo allestimento, anteprima italiana con scene e costumi provenienti dal Sol Levante grazie alla coproduzione con NPO di Tokyo. La regia è affidata al baritono giapponese Takao Okamura, scene sono disegnate da Naoji Kawaguci, costumi sono firmati dal più famoso stilista di kimono Yasuhiro Ciji.

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SalinaDocFest V° edizione 20-25 settembre 2011

I

l SalinaDocFest è un festival internazionale del documentario narrativo che si tiene ogni anno a Salina, sede della Panaria Film, prima casa di produzione dedicata al documentario subacqueo, centro nodale di una manifestazione che coinvolge tutte le Eolie, le altre isole minori siciliane e la Sicilia stessa. Il SalinaDocFest si candida dunque a diventare officina del genere documentario dal sud al nord del Mediterraneo, fino alle sponde di Stati Uniti, Brasile, Argentina, Paesi legati al nostro da un destino d’immigrazione ed emigrazione. Come racconta Giovanna Taviani a capo della direzione artistica, il festival nasce dalla volontà di far appassionare il pubblico al “documentario” come forma d’espressione cinematografica. Una forma d’arte, quella documentaristica, che con schiettezza e verità non nasconde i problemi della nostra Terra, cercando così di aprire gli occhi alle persone nel tentativo di trovare soluzioni possibili in un’epoca dove i problemi tendono ad essere “offuscati” da frivolezze e banalità. Da questo presupposto cinque anni fa nasce la prima edizione del festival. I documentari che arrivavano a Salina ricostruiscono, poco a poco, le piaghe reali del nostro paese, dimostrando che si può - si deve - documentare la realtà raccontando una storia. Per questo aggiungemmo a“documentario” l’aggettivo “narrativo”, per distinguerlo per sempre dal réportage tradizionale”. Quest’anno il tema è Confini e orizzonti. Quell’orizzonte comune di valori che lega i popoli del Mediterraneo, dalla riva sud alla riva nord, accomunati da gusti, sapori e valori condivisi, contro la crisi che sta investendo il mondo occidentale e che va sotto il nome di globalizzazione. La scommessa del festival è sempre aperta e rinnovata ogni anno nella speranza che il pubblico aderisca sempre più numeroso e che quindi si dia sempre più spazio alle problematiche contemporanee.

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grandi soggiorni

Mozart

Musica

a Firenze

TEXT Gustavo Defeo

A

prile del 1770. Tra gli eventi della corte del Granduca Pietro Leopoldo, la Gazzetta Toscana riporta la seguente notizia: «Trovandosi in Firenze il Sig. Volfang Motzhart eccellente suonatore di cimbalo all’attual servizio di Sua Altezza il Vescovo di Salisburgo, nello scorso lunedì ebbe l’onore di farsi sentire a Corte, ove riscosse gli applausi dovuti alla sua abilità. Questo non oltrepassa l’età di tredici anni, ed è cosi fondato nella musica, che già due anni sono compose un Dramma, che fu rappresentato a Vienna. Egli dopo una gita a Roma si porterà a Milano, espressamente chiamatovi per mettere in musica l’Opera, che deve andare in scena nel futuro Carnevale. I più intendenti Professori non fanno che ammirare questo giovanetto, riconoscendo in esso la più rara capacità per profittare quanto si puole in tal’arte.» Un commento che fa rabbrividire al solo pensare che questo ragazzino così giovane iniziasse a lasciare la sua perenne impronta non solo nella storia della musica, ma anche nei nostri cuori. Il giovane Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) fece questo viaggio in Italia a scopo formativo, in compagnia del padre Leopold (1719-1787), anche lui noto compositore e violinista. In questo viaggio visitarono Venezia, Verona, Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. Il loro breve passaggio da Firenze durò poco più di una settimana, dal 31 marzo al 9 aprile, e furono ospitati nell’Albergo dell’Aquila Nera, che si trovava nelle attuali Via Cerretani e Piazza dell’Olio. Il 2 aprile, Mozart padre e figlio furono presentati alla corte dal marchese Pierre-Eugène-François de Ligniville, sovrintendente musicale del granducato, tra altre cariche ufficiali, ma anche compositore dilettante. Bisogna ricordare che questo non fu il primo incontro del prodigioso Wolfgang con il Granduca Pietro Leopoldo. Egli lo aveva già sentito suonare in due occasioni precedenti a Vienna nel 1762 e 1769. Sicuramente Leopold Mozart augurava da questo nuovo incontro con il Granduca la possibilità di un ingaggio per suo figlio.

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Lo stesso 2 aprile Wolfgang si esibì in una Accademia preso la villa di Poggio Imperiale, suonando il clavicembalo da solo, e accompagnato dal famoso violinista Pietro Nardini. Si disse che il marchese de Ligniville pose al giovane prodigio alcuni complicati enigmi compositivi, che secondo suo padre, Wolfgang risolse così facilmente come «mangiando un pezzo di pane» come riferì in una lettera alla moglie qualche giorno dopo. Durante il loro breve soggiorno, assistettero a una funzione religiosa, dove si suonò lo Stabat Mater del marchese de Ligniville, opera che, nonostante il carattere dilettantistico del marchese, avrebbe impressionato e influenzato il giovane Mozart in future composizioni sacre. L’agenda dei Mozart a Firenze fu fitta di eventi musicali, tra le visite ai teatri, salotti, ed inviti di noti personaggi della vita culturale fiorentina. Tra questi incontri, Wolfgang conobbe il giovane prodigioso violinista inglese Thomas Lindney (1756 - 1778) con cui suonò la sera prima della loro partenza per Roma, presso la residenza di Giuseppe Gavard de Pivets, amministratore delle pubbliche rendite. Mozart non tornerà mai più a Firenze, però visiterà altre volte l’Italia. Questo viaggio sicuramente influi notevolmente sul carattere delle composizioni di Mozart, che divenne uno dei compositori di opera italiana più rinomati di tutti tempi. Questo brevissimo passaggio sempre ricordato è stato oggetto nel 2006 di una mostra alla Biblioteca Nazionale Centrale, in memoria del 250° anniversario della sua nascita dal titolo Mozart a Firenze: qui si dovrebbe vivere e morire, frase con cui Leopold Mozart si riferì alle bellezze della città del Giglio in una lettera alla moglie, poco prima della sua partenza per Roma. Nelle immagini dall’alto verso il basso: Wolfgang Amadeus Mozart a Bologna, qualche giorno prima della sua visita a Firenze. Wolfgang Amadeus Mozart al clavicembalo insieme a suo padre Leopold e alla sorella Maria Anna detta “Nannerl”. Gazzetta Toscana - N.14 - 1770



AZIONE

Captain America: il primo vendicatore Regia: Joe Johnston Distribuzione: Universal Pictures Italia Data di uscita: 27 luglio 2011 Intenzionato a difendere l’onore del suo paese ma scartato dal servizio militare, Steve Rogers si offre volontariamente per partecipare ad un programma di ricerca segreto dell’esercito. Dopo una serie di test ed esami, Rogers, viene trasformato in Captain America, al quale viene affidato il compito di proteggere gli Stati Uniti dal male.

COMMEDIA Regia: Mark Waters Distribuzione: 20th Century Fox Data di uscita: 12 agosto 2011 Da sempre affascinato dal Polo Nord, Mr. Popper, imbianchino, instaura una regolare corrispondenza con la squadra degli esploratori dell’Ammiraglio Drake, che per regalo gli spediscono una scatola con dodici pinguini. Se inizialmente la convivenza non é fra le più agevoli, alla fine Popper riesce, addirittura, a mettere su uno spettacolo con le bestiole, che gli permetterà di girare il mondo

DRAMMATICO

SOLO IL MEGLIO DEL CINEMA a cura di Kirilla

I pinguini di Mr. Popper

Il Debito

Regia: John Madden Distribuzione: Universal Pictures Italia Data di uscita: 16 settembre 2011 Il film racconta la storia di alcuni agenti dei servizi segreti israeliani, incaricati di catturare un criminale di guerra nazista. Di fronte all’insuccesso dell’operazione saranno costretti ad insabbiare il caso. A distanza di trent’anni però, la ricomparsa del criminale li costringerà a nascondere nuovamente la verità.


“Vamp” (Edel) Esattamente il suo 15°Lp. Corteggiatissima da produttori importanti italiani e stranieri, nel 2004 prodotta da John Paishm, Nada da tempo viaggia nelle alte sfere di poesia e composizione musicale. Questo lavoro è affidato alla produzione di Manu Fusaroli, produttore di importanti band giovanili. La voce di Nada rimasta inalterata nel tempo intreccia, un rock potente venato a momenti di tastiere ed elettronica. Straordinario il brano d’apertura Sirena, con un testo suggestivo che fino dalle prime note cattura l’ascoltatore. Di sicuro impatto anche La canzone per dormire con un arrangiamento sporco come si addice al buon rock. Un’introduzione elettronica la troviamo nel brano L’elettricità con un testo incentrato sull’attuale problema del nucleare. L’album originale e potente è pervaso da suoni molto attuali grazie alla collaborazione con gli Zen Circus, gruppo rock pisano da 10 anni sulle scene.

Dome La Muerte

“Poems for Renegades” (Japan Apart/Audioglobe)

“Just Consumer” (N Label)

Da Piombino (Li) Gianluca Becuzzi e Chiara Migliorini con la collaborazione di quattro preziosi musicisti italiani, danno vita a un doppio cd Just consumer, lavoro di sapore futuribile che si sviluppa in sonorità post-punk, electro-ebm, new-industrial. La loro è una musica sintetica, cerebrale e danzabile pervasa da rumori e voce filtrata, a tratti robotica e ossessiva. Ispirati da Cabaret Voltaire, Throbbing Gristle, Clock DVA, il loro sound di sicuro impatto porta caratteristiche di suoni sintetici-vintage, sapientemente smontati e riassemblati in un’elaborazione sensuale, oscura, ma trascinante e corrosiva quanto basta. La verde Toscana ha anche un animo meccanico.

a cura di Luca Gennai

Noise Trade Company

Domenico Petrosino in arte Dome La Muerte, pisano, icona del rock’n’roll italiano, finalmente si affaccia con una pubblicazione da solista, dopo essere entrato nella leggenda del rock italiano con gruppi come CCM, Not Moving, Hush, The Diggers. Centinai di concerti in Italia, Europa e altrettante collaborazioni con personaggi di fama internazionale. Fra country americano e sonorità folk ci racconta di mondi a volte sofferti, altri vissuti attraverso la ricerca della gioia, ma comunque degni di essere vissuti. Il disco scorre in sonorità essenziali, un lavoro fresco che ha capacità di trasportarci nell’intimità dell’autore. Da tempo un artista underground non ci regalava un lavoro acustico e strumentale che ha la volontà di parlare ed arrivare ad un pubblico così vasto.

LA MUSICA CHE CI PIACE ASCOLTARE

Nada

Cosmo Parlato

“Terra mia” (Carosello) Finalmente Cosmo Parlato si riappropria delle radici con questo cd dal titolo Terra mia. In questo nuovo disco prende le canzoni della sua Napoli e gli dà una nuova veste interpretativa. Grande è il lavoro di arrangiamento, l’orchestra che l’accompagna è composta da 40 elementi. Questo disco arriva dopo i due cd che Gennaro aveva dedicato a cover degli anni ‘80, e dopo l’album Soubrette di inediti con influenze musicali elettroniche uscito due anni fa. Questo è un lavoro maturo e ci sono collaborazioni prestigiose: Giusy Ferreri, Angela Luce e sopratutto Francesco Bianconi che con Cosmo interpreta Canzone Appassionata. Bello pure l’inedito in dialetto che non è stato ammesso al Festival di Sanremo. In questo album l’artista gode di luce propria cantando brani della sua terra natia.

Reality

LA VETRINA


s

Intervista

la

TEXT Carla Cavicchini

ibilla

dice che... D

i fronte a me, durante un evento fiorentino, siede una bella signora nobile. Fonti d’araldica, raccontano che i Della Gherardesca sono un’antica casata toscana dal Medioevo, di origini longobarde. Il primo ramo della famiglia gode dei seguenti titoli nobiliari: conte Palatino, conti di Donoratico e di Castagneto, conti di Bolgheri e di Pietra Rossa. Parlo di Sibilla Della Gherardesca, bionda nobildonna che però non ama troppo i blasoni. E quindi ci gioco sopra con ironia e rispetto. Tra un drink e l’altro, chiedo cortesemente se mi concede due parole, anche se capisco che è un momento di glamour e di svago, tuttavia, dal momento che la classe non è acqua «Facciamo una cosa veloce…magari all’uscita» e sorride consenziente. A breve inizia il consueto Pitti Uomo, seguito da “Bimbo” e “Filati”. Sappiamo che cura le pubbliche relazioni per Pitti Immagine, ci vuol parlare della sua professione? Beh… lo dice la parola stessa, mi relaziono con gli altri, è un impegno a largo raggio che spazia su tanti campi. Io mi trovo bene in tal contesto, le relazioni vanno ben curate, da qui il fatto che mi muovo molto

favorendo numerosi contatti. Questi chiaramente vanno nei confronti di chi “ruota” nel mio mestiere, confrontandomi di conseguenza con istituzioni varie, espositori, media… ed altro ancora. Pitti è un evento internazionale. E presumo sia importante anche salvaguardare il nostro “Made in Italy”? Certo, è basilare promuoverlo, è la nostra ricchezza e la nostra identità. Pitti è una società no profit che opera insieme al Comune, alla Provincia, alla Regione, all’Associazione Industriali dell’abbigliamento, dove non vengono divisi i profitti, ma i margini vanno alla promozione. Ciò consente di creare eventi di forte impatto, capaci d’attirare non poco chi opera nel settore, e tutto questo con notevole, anzi notevolissimo, giro d’affari per l’indotto stesso. Bene, cerco di rispettare i tempi, le chiedo solamente: se è vero che non vuole esser chiamata contessa, e... qualcosa dell’altro celebre fratello? Sì, è vero, vanno più che bene il mio nome e cognome. Quanto a Gaddo è il mio adorato fratello, ci vogliamo molto bene e praticamente siamo cresciuti insieme. Ma ne ho anche un altro più piccolo che vive a Londra, Manfredi, e sono attaccatissima anche a lui. Se dico Sarah Ferguson? Mamma mia, è passato tanto di quel tempo, lo sanno tutti che è una storia finita, anche se rimane una donna semplicemente straordinaria; sì, siamo rimasti tutti molto amici. Dice l’ultima frase alla velocità della luce, infatti… «Sono stata cortese, adesso lo sia lei.» Mentre porgo la mano per la sua gentilezza, mi mordo le labbra poiché stava per uscire «è stato un piacere», frase fatta che la signora detesta; anzi, ad esser precisi, l’accetta solo se ben contestualizzata. Mi sussurrano che non prova affetto nemmeno per la parola salve e neanche per buona giornata. Sono le 19 circa… buonasera andrà bene?

Foto fornita da: Ufficio Stampa Pitti Immagine

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presenti nella vita e che premia l’operato delle case automobilistiche che pongono questo come obiettivo della progettazioni e della commercializzazione dei veicoli. All’inizio del 2011 in una cerimonia privata a New York uno di questi premi ha consacrato la Jaguar XJ Auto di Lusso 2011. Il premio, sponsorizzato quest’anno dalla Bridgestone, è stato ritirato da Adrian Hallmark, direttore del marchio globale Jaguar, che ha espresso la soddisfazione e l’onore di ricevere un riconoscimento tanto prestigioso che ripaga lo studio e la dedizio-

ne per la ricerca di un design innovativo da parte del marchio Jaguar e che rappresenta l’ennesima conferma Jaguar nel campo della produzione auto. Un design sportivo in alluminio con elementi strutturali leggeri contiene un potente motore in agguato sotto il cofano sporgente. Prestazioni impressionanti su diversi tracciati unite a un totale comfort per i passeggeri che godono dello stile ricercato degli interni in pelle. Uno stile elegante e lussureggiante per regalare piacevoli emozioni di guida che consacra l’eleganza Jaguar 2011.

2011

English Car spa via Empoli, 7 - Firenze - Tel. 055/7324466 - www.englishcar.it - info@englishcar.it

L’INTERNATIONAL CAR OF THE YEAR AWARDS (ICOTY) Courtney Caldwell, Editor-in-Chief, Road & Travel Magazine e fondatore ICOTY, presenta Ian Callum, Direttore Design di Jaguar, con l’auto di lusso internazionale del premio di anno 2011 per la Jaguar XJ. Inoltre a disposizione da sinistra a destra: Denise McCluggage, editor, DeniseMccluggage.com, Adrian Hallmark, Direttore Global Brand per Jaguar, Michele Martini, Presidente della Bridgestone Americas OE (ICOTY sponsor); Joe Wiesenfelder, Senior Editor, Cars.com e Global Head of Communications per Jaguar Land Rover, Frank Klaas.

from Reality Magazine

D

al 1997 viene conferito un prestigioso premio nel mondo dei motori che vede il collegamento perfetto tra auto e consumatore. L’International Car of the Year Awards (ICOTY) “è un premio che non si basa solo sulla potenza e le prestazioni dell’autovettura ma sulla personalità e la passione” così come spiega Courtney Caldwell, responsabile esecutivo del prestigioso riconoscimento. L’auto non solo come mezzo,ma simbolo rappresentativo dell’uomo. Un premio legato alla riflessione emotiva sul come l’auto ci rap-


Intervista

Sud America e dintorni

Gianni Minà lezione di

giornalismo

TEXT Carla Cavicchini

L

ezione di giornalismo: chi meglio di Gianni Minà? Sotto quel suo essere pacione, calmo, con lo sguardo da bassotto, ponderato, spiazza non solo per la preparazione ma per la grande umanità che trasporta attraverso quegli occhioni morbidi, intensi, a volte melanconici, che, accompagnata ai suoi scritti, lo rivela giornalista più che eccellente. L’amore, una ossessione per l’America Latina. Nella poliedricità d’uomo curioso nei confronti della cultura, del sociale, della politica, dello sport, afferma che le cose colte gli entrano dentro! Aprendogli un mondo. ”Amo la letteratura, la musica, ho fatto l’operatore culturale, dirigo una collana della Sperling & Kupfer dove scrivono i grandi scrittori latino-americani… i saggi, edito e dirigo la rivista trimestrale Latino-America, inoltre lavoro per Lime su Micro Mega, controinformazione pura che ospita anche prestigiose firme dell’America del Sud, con molta attenzione nei confronti dell’attualità. Ha intervistato le più grandi personalità: Cassius Clay, Rigoberta Menchù, Fidel Castro, Silvia Baraldini e tanti ancora. Colui o colei che l’hanno più colpita? Muhammad Alì. Un ragazzo delle strade di Louville, un pugile, che da solo aveva preso coscienza del simbolo che era, nella società americana dell’epoca. Un uomo capace di cambiare i rapporti che solitamente i boxeur hanno con le persone. Come? Le spiego. Durante le interviste metteva subito le mani avanti: «Prima devo parlare dei problemi della mia gente, dei neri d’America, e dopo rispondo!» Cassius si è sempre dato molto: scelse di militare nella Black Mussulm, musulmani neri, pagando l’alto prezzo di venirgli negato il titolo mondiale di pugilato; questo poiché, secondo la sua religione, essendo ministro di culto, si era rifiutato d’andare a combattere in Vietnam. É e rimarrà una grande figura che ha fatto un lavoro importantissimo per la crescita della sua gente. Quando lo vidi ad Atlanta, per le Olimpiadi, all’ultimo teodoforo, malgrado l’offesa che gli faceva la malattia, il morbo di Parkinson, vidi uno stadio intero alzarsi con le lacrime agli occhi. Minà si commuove e non è il solo. Prosegue: Più tardi mi disse: - vedi, Gianni, an-

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che quel 50% di America che non mi amava, adesso mi rispetta - Sì, siamo molto amici, quando l’ho avuto a cena a casa mia, a Roma, fu veramente una bella rimpatriata! Il giornalismo migliore si fa all’estero o in Italia? Eppoi, un giornalista valido come lo si riconosce? Eh… belle domande. Ci sono sacche di buon e cattivo giornalismo ovunque, anche se da noi il campo si è un po’ ristretto. Quanto alla seconda domanda, una persona che svolge coscientemente il proprio lavoro, deve avere una sorta di ossessione per le fonti che gli arrivano, dal controllo delle notizie, degli articoli che riceve se ricopre ruoli di responsabilità, confrontarli, e verificarli. Ciò comporta un duro lavoro da farsi otto ore al dì. Spesso però non hai il tempo di verificare, ti accorgi un mese dopo che quella notizia che ti sembrava vera o verosimile, era costruita da una di quelle agenzie del grande potere economico, che servono a confondere l’informazione internazionale. Ricorda la foto del famoso cormorano nella prima Guerra del Golfo, quando addosso aveva i cascami del

petrolio, facendo di conseguenza commuovere il mondo? Bene. La scoperta fu che in quella parte del Medio Oriente non c’erano cormorani! Che l’invenzione partì da un fotografo del nord d’America, per toccare il cuore della gente e giustificare la guerra. In teoria dovrei smettere perché mi ha già raccontato molto e bene, però mi affascina troppo ascoltarlo, e sono sicura che anche la vostra curiosità non ha limite quando c’è tanta e buona materia in circolazione. L’inviato di guerra sa di rischiare la vita, c’è un confine in questo? No, non esiste confine… come un medico, un radiologo. Il tuo mestiere è quello, e quando ti dicono che crei grattacapi ad un governo come anni fà: disse il ministro Castelli della Sgrena, che procuri lutti inutili beh, vuol dire che tu vuoi che non sia raccontato quell’evento terribile che risponde al nome di guerra, rimettendoti semplicemente a quel comunicato stampa del colonnello americano al briefing della mattina. Quello non è giornalismo, è propaganda. Giusto! Ci sono giornalisti e... giornalai!




Gucci intervista

Intervista

Patrizia

TEXT&PHOTO Giampaolo Russo

P

atrizia, suo bisnonno era il grande Guccio Gucci, genio fondatore del marchio simbolo per eccellenza del Made in Italy. Quali elementi hanno determinato il successo mondiale del marchio Gucci? L’alta qualità dei materiali è stata sicuramente la chiave del successo del marchio Gucci, unita alla passione per le cose belle e al grande lavoro creativo di mio bisnonno il quale era un vero genio.

La celebre artista fiorentina ha deciso di mantenere la tradizione della sua famiglia, creando la linea di borse “Patti Patti” su cui si progetti il ​​suo stile, sempre elegante e sofisticato La nostra fabbrica di Firenze era composta da personale altamente qualificato e ogni singolo pezzo veniva numerato in modo che si potesse risalire alla persona e al periodo in cui era stato prodotto. Tutto il jet set internazionale veniva a rifornirsi da noi tanto che nel giro di pochi anni abbiamo aperto un negozio a Roma e, poco dopo la guerra, anche a Palm Beach. Quale è stato il suo percorso professionale? Ho iniziato la mia carriera come pr internazionale per l’azienda di famiglia, affiancando mio padre Paolo nella cura dell’immagine del marchio e, successivamente, come designer. Dopo aver lasciato l’azienda nel 1992, ho iniziato la mia attività in proprio nel 1996 come designer indipendente, disegnando una collezione di mobilia di cuoio. Successivamente ho fondato il mio marchio di accessori moda in Giappone e una linea di abbigliamento equestre per una società americana. Nel 2005 sono stata invitata dall’Istituto di Design Europeo di S. Paolo in

Brasile per mostrare la mia collezione di piastrelle di ceramica e mosaico e per parlare di decorazione d’interni. Parallelamente porto avanti la mia passione per la pittura. Ho esposto a Firenze, Vienna, Bahrein. A Budapest ho ricevuto il Premio Arte Laudabilis dall‘Europa Autentica Cultural Organization. Sono editorialista per la rivista femminile italiana, “Donna Moderna” e autore di tre libri, Il piccolo libro della Semplicità, Single, il Fascino della donna Libera e Charme tradotto in molti paesi stranieri. Cosa significa per lei portare un nome così importante? Io sono molto orgogliosa di essere una Gucci perché so il grande sforzo che è costato a chi mi ha preceduta e che è stato alla base del nostro successo. Il nostro cognome, conosciuto in qualsiasi parte del mondo, è il simbolo del gusto e dell’eleganza italiana. Allo stesso tempo sono fiera di aver ereditato una creatività che mi ha consentito di intraprendere una carriera nel campo artistico.

Cosa ne pensa del sistema della moda di oggi? È molto più difficile creare qualcosa di innovativo oggi che nel passato; in un certo senso è già stato inventato tutto. Ormai si produce con la politica del grande marketing, pensando che l’obiettivo principale sia quello della quantità. Invece credo che per essere vincenti, anche nella sfida con gli altri Paesi, bisogna continuare a puntare sull’alta qualità del prodotto, così come sosteneva mio bisnonno. Noi italiani abbiamo tutte le carte in regola per continuare a detenere la palma dei più creativi nel settore della moda. Cosa significa per lei la parola lusso? Ho un concetto tutto mio della parola lusso, che fra l’altro conosco molto bene per tradizione familiare. Ritengo che nella società in cui viviamo, con i ritmi frenetici di tutti i giorni, il vero lusso consista nel ritagliarsi del tempo per se stessi, dedicandosi a ciò che maggiormente ci fa star bene. La stessa eleganza e lo stile sono fondamentalmente dettati dalla semplicità.

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felicemente anziani

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Eventi

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TEXT a cura di Angela Colombini

I

l 15 giugno 2011, nella prestigiosa cornice della sala delle assemblee di Palazzo Grifoni di San miniato si è festeggiata un’importante vittoria sociale. Protagonisti della serata, gli anziani del centro di socializzazione della Misericordia di San Miniato Basso e di Montopoli. Al tavolo dei relatori il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato Antonio Guicciardini Salini, il presidente della Carismi Alessandro Bandini, il sindaco di San Miniato e presidente della Società della Salute del Valdarno Vittorio Gabbanini, consiglieri della Fondazione Crsm e amministratori della banca. Ma tra tutti sono spiccate Leda e Sidonia, due simpatiche nonnine che con il sorriso sulla bocca, hanno raccontato quanto è bello essere anziani e non stare soli, avere amici e persone che s’impegnano per farti sentire che sei ancora vivo. La Crsm, come ha spiegato Laura Bandini, coordinatrice della serata, porta avanti da diversi anni Itaca, il progetto operativo sul territorio di assistenza e socializzazione degli anziani, di cui è Presidente di commissione. A coronare il successo di questo impegno è stata la celebrazione della vittoria del 1° Premio al concorso promosso dall’European Foundation Centre, un’associazione internazionale indipendente che promuove e sostiene il lavoro delle fondazioni e della filantropia d’impresa in Europa e con l’Europa. Tra tutte le foto in gara ha vinto lo scatto del fotografo Alberto

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Nelle foto: in alto Leda, Antonio Guicciardini e Sidonia, in basso momenti della giornata.

Lotti, che ritrae Leda e Sidonia alle prese con una partita al calcio balilla nel centro per anziani di San Miniato Basso: un’istantanea di grande carica comunicativa, che «rappresenta il piacere, la voglia, la bellezza dello stare insieme ha aggiunto Bandini - e tutto questo è il

pilastro di Itaca.» La foto sarà l’immagine dell’European Foundation Centre per tutto l’anno. La serata è proseguita nei festeggiamenti dimostrando come siano importanti le sinergie e l’unione d’intenti per far crescere il territorio.


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Società

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TEXT Domenico Savini PHOTO Claudio Cirri

I

l 29 aprile circa novecento persone erano sotto le volte dell‘abbazia di Westmister per assistere al matrimonio fra il principe William d’Inghilterra e Catherine Middleton. Lo stesso giorno, alla stessa ora, un gruppo meno numeroso, ma altrettanto scelto di ospiti, ha seguito in diretta televisiva su mega schermo e con commento della BBC, il matrimonio stesso nell’elegante e raffinata atmosfera della biblioteca del British Institute di Firenze. Inutile dire quanto sia piacevole questo luogo: sembra di stare nella vecchia Inghilterra dei Clubs di Londra, in un’ atmosfera ancora vittoriana. Motivo reale di questo regale incontro è il fatto che circa dieci anni fa una giovanissima ragazza inglese ha studiato per tre mesi al Britsh, in questa biblioteca, per un corso di storia e di approfondimento di Storia dell’arte. Questa studentessa era proprio lei: Kate Middleton, da oggi duchessa di Cambridge, moglie del secondo erede in linea di successione al trono britannico e di conseguenza futura regina d’Inghilterra. Non si può credere quanto sia stato interessante lo spettacolo visto sullo schermo gigante nella bella sala dedicata a Fiamma Ferragamo, voluta da Wanda Ferragamo, che era naturalmente presente all’evento. La sala, che comunemente è aperta il mercoledì per la programmazione dei film in lingua inglese e per conferenze, e comunque è sede di biblioteca, era adorna di fiori; le signore molte delle quali avevano adottato acconciature e piccoli cappelli, erano in perfetto stile anglosassone. La Comunità inglese di Firenze rappresentata quasi al gran completo e non mancava certamente David Broomfield, console britannico, insieme ad alcuni esponenti della più anglofila e tradizionale aristocrazia fio-

rentina, come i conti Capponi, che poi sono un po’ inglesi anche loro, e ancora amici italiani, gli ”amici del British Institute”, che fu fondato a Firenze nel 1917. L’idea di questa interessante mattinata anglo fiorentina è stata della nuova direttrice dell’Istituto, Sara Milne; bella, gentile, giovane e raffinata, Sara ha voluto dare all’evento quel di più di eleganza speciale che gli inglesi sanno dare con un tocco quasi magico; insieme a lei Amanda Lowe, responsabile dei corsi di lingua, e Mark Roberts storico dell’Istituto, hanno ricordato i tre mesi trascorsi da Kate a Firenze per i corsi di Italiano e di Storia dell’Arte. E poi la vista sui Lungarni incorniciati di fiori era lo spettacolo nello spettacolo! A finire, con ancora negli occhi le immagini del matrimonio dove, eleganza e tocco di suprema sensibilità ecologica, erano alberi ad adornare la chiesa più che fiori, gli ospiti anglo-fiorentini hanno avuto un ottimo buffet a base di piatti della tradizione anglo-toscana. E ancora fino alle prime ore del pomeriggio, sorseggiando il caffè (italiano) fino al momento in cui i

regali ospiti si sono affacciati al balcone per il tradizionale saluto alla folla festante. Bella giornata di sole a Londra come a Firenze, la città italiana più vicina all’Inghilterra per tradizione e cultura; al brindisi, la direttrice ha reso omaggio, sia alla Sovrana inglese sia al nostro Presidente della Repubblica. Cara Inghilterra, bella e cara Inghilterra amata a Firenze, dove soggiornò più volte la regina Vittoria e dopo lei quasi tutti i suoi discendenti fino ad oggi. Mi raccontava un amico molto vicino alla casa reale che un giorno la regina gli ha detto «Purtroppo non posso capire come mai mia madre, mia sorella e mio figlio amano tanto Firenze; io quando vengo in Italia sono in visita ufficiale, ho solo obblighi di stato e non posso vedere quello che a loro è permesso» Noblesse oblige! Cari inglesi di Firenze e di Toscana che dovunque siete arrivati avete piantato alberi, anche qui a due passi, a Santo Spirito, a deliziare la nostra vita. “God Save the Queen”!

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Alimentazione

a prova di TEXT Paola Baggiani

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iugno, mese di grande impegno per tutti gli studenti: è tempo di esami scolastici, da quelli delle scuole dell’obbligo, agli universitari, passando per i sempre temuti esami di maturità. Quali sono le indicazioni utili dal punto di vista dell’alimentazione e quali le cose da fare e da non fare? Il primo consiglio riguarda il frazionamento dei pasti, che dovranno essere regolari, nutrienti ma leggeri, per non sovraccaricare il sistema digerente, garantendo comunque un adeguato apporto di energia e di sostanze nutritive. Anche la distribuzione dei pasti è importante come confermano le tante ricerche sui rapporti fra prima colazione e apprendimento e dell’effetto positivo sulla concentrazione e sullo studio del consumo di snack nutrienti nel pomeriggio. Il cervello per lavorare bene, ha bisogno di un gran numero di sostanze nutritive la cui carenza può rendere faticoso lo studio e la memorizzazione, prima fra tutte il glucosio: questo zucchero presente sotto forma di amido nella pasta, nel pane e nel riso è fornito anche dallo zucchero comune (saccarosio), dalla frutta, dal miele, è la fonte elettiva di “energia” per il cervello. Secondo lavori scientifici condotti su giovani adulti, l’effetto del glucosio nell’aumentare l’attività mnemonica sembra maggiore quando esso viene assunto in assenza di grassi che potrebbero rallentarne l’assorbimento. Quindi un frutto, un succo di frutta o un gelato, consumati nello spazio tra i due pasti principali come spuntino, possono rappresentare un trucco per dare una ricarica. Attenzione invece ad un consumo esagerato di bevande con caffeina, come caffè, thè, bibite tipo cola, che possono aumentare il nervosismo e se consumate tardi possono causare insonnia. Il menù ideale per affrontare gli esami è costituito da una buona prima colazione, basata sui carboidrati accompagnati da latte o yogurt . Per quanto riguarda il pranzo e la cena bisogna prevedere sia buone fonti di carboidrati come pasta o riso non esagerando nella quantità e nel condimento (condire preferibilmente con olio extra vergine d’oliva); sia proteine sotto forma di pesce,

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e

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nù sami

carni magre, uova, e formaggi scegliendo i meno grassi. Le proteine sono insieme ai carboidrati utili per migliorare le capacità cognitive perché forniscono aminoacidi, che oltre ad essere utilizzati come componenti strutturali del cervello sono necessari per la produzione di neurotrasmettitori come le catecolamine e l’acetilcolina da cui dipendono l’apprendimento e la memoria. Le proprietà attribuite in passato al consumo di pesce come aiuto per la memoria, sono vere non tanto per il suo contenuto di fosforo, quanto per la presenza di acidi grassi omega 3 e di colina necessari per il mantenimento delle funzioni cerebrali. Molto importante è il consumo dell’acqua, poiché un disidratazione anche leggera come quella che si verifica stando una mattinata a scuola senza bere, può far calare la capacità di apprendimento. Nella dieta equilibrata degli studenti va segnalata l’importanza di minerali come il ferro, il cui fabbisogno è particolarmente elevato nelle ragazze per il flusso mestruale. La carenza di ferro oltre a diminuire le difese immunitarie e la resistenza alla fatica, può accorciare il tempo di attenzione e

diminuire le prestazioni intellettuali. Esso è presente sia in carni e pesci, dove si trova in forma più facilmente utilizzabile, sia in alimenti di origine vegetale come radicchio, spinaci, legumi. Ci sono altri oligoelementi e vitamine che non devono mancare come lo iodio presente nei pesci di mare e nel sale iodato; lo zinco presente in carne, uova, pesce, latte e cereali. L’acido folico (vitamina del gruppo B) presente nelle verdure a foglia e nei fagioli; la vitamina B12 fornita da alimenti di origine animale; gli acidi grassi omega3 presenti nei pesci grassi, nella frutta secca e nell’olio di soia. Quando si affronta un intenso periodo di studio è consigliabile interrompere diete “fai da te”, troppo drastiche e squilibrate, perché potrebbero non fornire quantità adeguate di tutti i nutrienti di cui l’organismo e in particolare il cervello hanno bisogno. Lo sport e l’attività fisica possono aiutare e “distrarre“ in senso positivo come emerge da un recente studio, che dimostra come i risultati scolastici di ragazzi che praticano sport sono migliori di quelli degli studenti che riservano poco tempo all’esercizio fisico. Auguri a tutti gli studenti per una buona dieta e per ottimi esami! www.baggianinutrizione.it



LotiOro

Medicina

i

TEXT Brunella Brotini

C

on questo nome venivano chiamati i piedi deformati delle donne cinesi, ma ancora oggi (in Cina) si vedono alcune donne anziane con questa deformazione. Senza i loti d’oro, nessuna ragazza avrebbe potuto sposarsi ed entrare a Corte. L’ideale della bellezza femminile erano proprio i piedi deformati. Allorché la bambina compiva sette anni, le venivano applicate ai piedi delle fasce molto strette che rialzavano il calcagno e abbassavano le dita, le quali si piegavano progressivamente sulla pianta; le bende sempre più strette, finivano per riunire il calcagno e l’avanpiede: ne risultava un piede equino - varo, incurvato e accorciato. Una donna con i loti d’oro era per il marito uno status-symbol in quanto poteva dimostrare di essere in grado di mantenere la moglie senza che ella lavorasse e poiché la poveretta non camminava tanto facilmente, lasciava campo libero alle “scappatelle” del marito. Ma i cinesi andavano fieri anche di un’altra pratica in cui eccellevano: la castrazione. Essa serviva a preparare gli Eunuchi al servizio imperiale. Di Eunuchi, nell’epoca del massimo splendore dell’impero, se ne contavano a migliaia. L’operazione veniva praticata legando insieme con una fascia di seta il pene e lo scroto (anestetizzati con miscugli rimasti segreti) recidendoli poi di netto con una forbice. L’emorragia veniva bloccata con una miscela a base di allume di rocca e resina. La mortalità era anche del 50%. I medici cinesi sapevano riparare il labbro leporino e stabilizzavano i denti tentennanti con degli stecchini di bambù. Molti ricchi si facevano ricoprire i denti con l’oro, ma più per decorazione che per protezione. Il medico non poteva visitare la donna, questa indicava i punti dolenti del suo corpo su di una statuetta (di avorio o di giada), il suo intervento si limitava a guardare la lingua e a tastare il polso.

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d’

e altre curiosità


L’assistenza al parto era compito delle ostetriche. Lo stipendio dei medici era stabilito su criteri precisi (rituale chou): a fine anno se moriva 1 malato su 10 risultato buono, 2 malati su 10 risultato discreto, 3 malati su 10 risultato scarso, 4 malati su 10 risultato pessimo. Tali criteri rimasero validi fino al 1278, allorché l’imperatore Kublai introdusse nuove regole cioè, chi si laureava a pieni voti otteneva incarichi ufficiali, chi a votazione media esercitava fra i comuni mortali, chi a votazione scarsa ripeteva l’esame e se non lo superava doveva cambiare mestiere. Nel 2800 a.C. sarebbe stato il leggendario Imperatore Rosso ad inventare la farmacovigilanza. Essendo per definizione il padre del popolo, non permetteva che un nuovo farmaco venisse diffuso tra i suoi sudditi senza averlo prima sperimentato lui stesso. Secondo la leggenda, era riuscito con un farmaco magico a rendere trasparente la pelle del suo addome, attraverso la quale poteva osservare i farmaci in prova. La medicina cinese non è solo agopuntura, ma molto di più. Basti pensare che ben 4500 anni prima di Harvey e della sua teoria sulla circolazione del sangue, l’Imperatore Giallo aveva già intuito che la corrente sanguigna fluisce continuamente in un cerchio e non si arresta mai.



A

gopuntura

S

econdo la medicina energetica cinese, di cui fa parte l’agopuntura (tecnica risalente al 4000 a.C.), il corpo umano possiede un sistema di canali energetici (“meridiani”) nei quali scorrerebbero il “Qi” (l’energia vitale) ed il sangue, il cui ritmico fluire permetterebbe il normale funzionamento del corpo umano e la difesa dalle malattie. L’energia Qi è presente in tutto l’universo sotto due aspetti diversi in contrasto ed in unione inscindibile fra di loro: l’energia Yang e l’energia Inn; il fluire armonico della vita dipende dalla presenza equilibrata di entrambe le forme energetiche tanto che in mancanza di una delle due si verifica la morte. Quando il soggetto è sano, l’energia e il sangue scorrono nei meridiani nutrendo e proteggendo i tessuti corporei e gli organi, mantenendone il corretto funzionamento: un’alterazione

Medicina

antica medicina per il futuro

TEXT Carlo Borsari

o una malattia di uno di questi organi provocherebbe una modificazione del regolare decorso energetico o uno squilibrio fra le due energie con comparsa della sintomatologia specifica. I punti di agopuntura rappresentano delle zone sui meridiani dove l’energia vitale è più superficiale e modificabile in senso positivo o negativo mediante l’infissione di aghi. Tali punti funzionano come interruttori di un circuito elettrico o delle saracinesche di un sistema idraulico e, pertanto, ristabiliscono il flusso dell’energia e del sangue così da permettere la guarigione o ridurre i sintomi dolorosi. Ma l’agopuntura può essere usata anche per prevenire l’insorgenza delle malattie mediante l’attivazione delle energie difensive. Negli ultimi anni, molte teorie sull’agopuntura sono state verificate grazie allo sviluppo delle tecniche biomediche e diagnostiche. Dal 1970 ad oggi le pubblicazioni apparse su riviste scientifiche internazionali accreditate riguardanti l’agopuntura sono quasi 8000 e nel 1997 il National Institutes of Health statunitense (corrispondente al nostro Ministero della Salute) concluse che «i dati a sostegno dell’agopuntura sono in realtà solidi quanto quelli esistenti per altre terapie mediche occidentali largamente accettate» e che «l’incidenza di effetti collaterali è sostanzialmente inferiore rispetto ai farmaci o ad altre procedure di trattamento accettate per la terapia della medesima condizione.» Le indicazioni cliniche dell’agopuntura sono molteplici: cura le malattie dell’apparato respiratorio (sinusiti, riniti allergiche, asma bronchiale); le malattie gastrointestinali (gastrite, ernia iatale, colite e stipsi); le nevrosi con ansia e depressione e le varie forme di insonnia; l’obesità (senza ricorrere a farmaci o a diete particolari); la patologia osteoarticolare (lombalgie, sciatalgie, periartriti scapolo-omerali, epicondiliti e soprattutto le cervicoalgie); le forme artrosiche (cervicoartrosi, lomboartrosi, coxartrosi, ecc.); le patologie sessuali funzionali (impotenza e frigidità); le

malattie dermatologiche acute (eczema, orticaria); l’Herpes Zoster (conosciuto come Fuoco di S.Antonio); i disturbi provocati dal trattamento chemioterapico antiblastico (vomito, parestesie, paresi, ecc.). È molto efficace in ostetricia (non solo durante il parto, ma soprattutto per ridurre i disturbi dipendenti dal ciclo mestruale e nelle oligo-amenorree), nonché nei casi di ipo-ipergalattie postpartum. Il trattamento del dolore resta comunque una delle principali applicazioni: le cefalee, le emicranie, le nevralgie (trigeminali, intercostali, ecc.) rappresentano un’indicazione ben precisa, come anche il dolore neuropatico acuto (es. sindrome del tunnel carpale) e, in minor misura, cronico (nevralgia posterpetica). Fino ad oggi non si conoscono controindicazioni assolute all’agopuntura. Questa tecnica medica antichissima, ma con ampie prospettive future, ha un indice terapeutico elevato e duraturo con effetti indesiderati quasi assenti, riduce l’impiego di molti farmaci e, soprattutto grazie alla sua visione olistica della patologia, migliora il rapporto medico-paziente. www.agopunturapisa.it

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Tel Aviv - Palestina

Sport

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TEXT&PHOTO Gaia Simonetti

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ull’aereo che da Tel Aviv atterrava a Roma, i diciotto calciatori della rappresentativa Under 20 di Lega Pro non hanno dormito. Il loro pensiero tornava ai quattro giorni passati in Palestina: dalla partita con i bambini del campo profughi di Aida a Betlemme, alla visita di Gerusalemme e dei posti sacri, alle bambine palestinesi che, all’ingresso degli azzurrini nello stadio di Dura (una piccola cittadina tra le alture, a dieci chilometri da Hebron) hanno consegnato loro una rosa rossa, un sorriso e un dolce “welcome”. Le bambine, in abiti tradizionali, avevano le guance dipinte con la bandiera dell’Italia, e le mani impegnate: da una parte la bandiera della Palestina, dall’altra una rosa rossa per i giocatori. Il cielo azzurro, solcato dagli aerei, i tetti delle case che si affacciano sullo stadio con le lunghe figure dei cecchini e sotto il terreno di gioco, verde smeraldo, il pallone che rotola, i giocatori che si abbracciano. Non ci sono avversari. Si capisce da subito che non è una gara come un’altra, dove il ruolo di protagonista non lo recita il goleador,

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s

partita toria nella

ma le emozioni. Sensazioni che restano sulla pelle, lacrime che scendono giù, occhiali neri che coprono gli occhi arrossati: lo stadio è gremito di gente. Sugli spalti accorrono donne e bambini, anche di pochi mesi, e poi uomini con sciarpe e bandiere. Si capisce che è una festa. È un giorno di riscatto, un giorno di straordinaria normalità per il popolo palestinese.
I ventimila spettatori, sotto il sole cocente, accolgono i giocatori azzurri con un abbraccio ideale: novanta minuti di applausi.
Alla fine il risultato sul campo, il 3-0 della Palestina, passa in secondo piano, in una giornata storica e di festa. Il 12 giugno 2011 è una data da scrivere nel libro della storia, una pagina colorata che, come dicono gli Under 20 di Lega Pro, “valeva la pena di vivere”. È stata la prima squadra occidentale a giocare in Palestina. Alla fine i giovani calciatori italiani, per tre giorni “ambasciatori di pace,” hanno ringraziato il loro presidente Mario Macalli. Per loro, quello che alla partenza poteva sembrare un semplice viaggio in Palestina, ha assunto i contorni di un’esperienza di vita, che apre gli occhi. Apre la mente

su una realtà difficile, ma contribuisce a rafforzare il messaggio che lo sport è un veicolo di socializzazione e di amicizia. All’uscita dal rettangolo di gioco, l’abbraccio degli Italiani con i Palestinesi e un silenzio che parlava.


da quando c’è

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Lavoro

stressano più TEXT Sergio Matteoni

Dalla conoscenza profusa a quella diffusa angolo di vita quotidiana. Ciò ha modificato sensibilmente il modo di lavorare in azienda. Lavorare in un team richiede che più persone collaborino per un fine comune, ognuno con responsabilità e competenze diverse. Questo significa spesso avere la capacità di comunicare con chi ha una cultura ed un gergo diversi per trovare soluzione ai problemi che toccano tutti ma in modo diverso. È Sempre più necessario interfacciarsi con collaboratori che operano in ambiti dissimili, su aree geografiche lontane, con altri fusi orari, distanti migliaia di Km. La necessità sempre più sentita da tutti è quella di essere “connessi” in tempo qu es reale con in v t’ann i propri o aca m nza In u e la colleghi, g ffic o di poter io h do! o rispondeil c rm ! re al cliente come una entità unica aziendale e non più come il sig. Rossi o Verdi. Se un dato cliente è seguito costantemente dal sig. Verdi ma questo è in ferie, gli affari che intercorrono tra l’azienda ed il cliente stesso non devono subire

nessun disagio. Il cliente deve percepire che l’azienda è tutta a sua disposizione e non solo il sig. Verdi. È finita l’era della conoscenza profusa ed è nata l’era della conoscenza diffusa. Per riuscire a stare sul mercato ed a migliorare il nostro business dobbiamo usare la tecnologia che ci permette di essere “connessi” in tempo reale con i nostri collaboratori anche quando non siamo in ufficio, che ci permette di condividere migliaia di informazioni con gli altri senza essere disturbati quando siamo in ferie o ci riposiamo (pensiamo ai fusi orari), che ci permette di risolvere i problemi rapidamente e di gestire le nuove opportunità con una velocità mai conosciuta (pensiamo alle richieste di informazioni sui nostri prodotti che ci arrivano via WEB direttamente sul nostro telefonino). Questi strumenti che si possono identificare in Notebook, IPad, TabletPC, Smartphone etc, sono in crescita continua, e non solo perché sono di moda ma anche perché migliorano il nostro business. I software di CRM (Customer Relationship Management) per gestire la clientela e l’organizzazione aziendale si stanno diffondendo sempre più velocemente, e sfruttano sempre più gli strumenti tecnologici suddetti per farci aumentare il nostro fatturato e migliorare il nostro modo di lavorare. Secondo una ricerca di IDC (International Data Corporation) solo il mercato degli Smartphone avrà una crescita stimata nel 2011 del 24,5% e secondo le proiezioni tale crescita tenderà a rallentare solo entro la fine del 2014. Ci stiamo avvicinando al periodo estivo, tra poco inizieremo ad usufruire in maniera pianificata, in base alle esigenze aziendali, un po’ di meritato riposo e l’incubo che si riproporrà sarà sempre quello di essere disturbati mentre siamo sotto l’ombrellone, o al fresco in montagna. Lo scenario tradizionale prevede che ci arrivi una comunicazione sul nostro

telefonino con cui ci chiedono di fare una telefonata per risolvere una questione o di rispondere ad una e-mail urgente per dei chiarimenti da dare ad un collaboratore oppure ad un cliente. Con l’utilizzo delle nuove tecnologie abbinate ai software di CRM è possibile evitare tutto questo in almeno 8 casi su 10 in quanto tutte le informazioni inerenti al cliente sono attaccate alla scheda del cliente, tutto gira intorno al Nominativo stesso ed è fruibile in varie maniere in base al contesto (Smartphone, IPad, Netbook, PC, WEB). I quesiti sui nostri prodotti o su come gestire alcune questioni particolari, pagamenti, scontistiche, etc, sono inseriti in un database aziendale, sempre gestito dal CRM, comunemente chiamato “Knowledge base aziendale”, così tutti coloro che sono autorizzati possono accedervi ed attingere alle informazioni ricercate come se interloquissero davvero con il Deus Ex Machina della tragedia Greca. Ci sarà sempre bisogno di noi umani ma quando è possibile e ci conviene perché non farci dare una mano dalle macchine ? WORKLAND CRM Via Pacinotti, 2 - S. Croce sull’Arno (PI) Tel. 0571.366980-367749 Fax 0571.367755 www.worklandcrm.it

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l modello aziendale in cui il titolare sa tutto di tutti ed è il Deus ex Machina che interviene nella risoluzione dei problemi come un attore del tragediografo greco Euripide sta finendo, la realtà è che oggi siamo circondati da informazioni dalla natura veloce e mutevole a causa della tecnologia che pervade ogni

per le imprese della Regione Toscana: contributi a fondo perduto per l’acquisizione di consulenza per l’innovazione organizzativa e di soluzioni per il recupero di competività

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Sport

Tennis a Santa Croce

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TEXT Marco Massetani PHOTO Massimo Covato e Riccardo Lombardi

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on c’è bisogno di dire trentatre… Il “Torneo” gode di ottima salute: ha un cuore che pulsa battiti caldi in ricordo del suo inventore, l’indimenticato Mauro Sabatini, e due polmoni grandi così che lavorano passione pura, capace di trasformare un’eredità pesante

Il moldavo Dubarenco e la russa Khromacheva si aggiudicano la 33a edizione del Torneo Internazionale juniores intitolato alla memoria di Mauro Sabatini in un sogno leggero come una piuma. Non c’è da meravigliarsi, dunque, che l’edizione 33 del Torneo internazionale juniores “Città di Santa Croce” Mauro Sabatini - l’ormai classica passerella dei tennisti che domani “saranno famosi” (10 atleti saliti sul podio ATP e WTA, ovvero sul tetto del mondo, dopo aver giocato al Cerri) - abbia riscosso un successo importante, un attestato che forse va anche oltre ogni più rosea aspettativa della vigilia. I concorrenti, ovviamente, la materia prima del torneo, ci hanno messo del loro: parliamo dei tre “top ten” mondiali e dei 25 “top 50” del ranking ITF che hanno impreziosito la manifestazione, con la loro precocità tecnica ma anche con la loro giovanile (e già matura) professionalità. Il risultato? Nove giorni di grande spettacolo per palati esigenti, circa 240 partite tra giocatori provenienti da 42 Paesi, un cielo azzurro (No Sun no Party, verrebbe da dire, in ricordo del piovono maggio 2010…), che ha fatto da cornice a questo palcoscenico che rimane l’ombelico toscano - e non solo - del tennis giovanile dei 5 Continenti. Qui, dove sull’argilla infuocata al di là delle concerie, contano i giocatori, il loro talento e le loro vere credenziali, e dove si viene per vincere, non per produrre

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inutili cerimoniali turistici o per godersi il relax di una terrazza su vista campi. Come spesso accade, i pronostici non sempre vengono rispettati a Santa Croce sull’Arno, e comunque non nella loro interezza. È così accaduto che nel maschile abbia quest’anno trionfato un outsider di qualità, tale Maxim Dubarenco, 18 anni, fenicottero moldavo con tanti centimetri messi a disposizione di fisico aggressivo, cattiveria e voglia di emergere, tratti tipici di chi ancora conosce la parola ‘famÈ nelle sue varie sfumature. Dubarenco, seguito a Santa Croce da Frank Slezak del team ITF, quindi prescelto in una selezione di giovani campioncini con la racchetta che altrimenti non potrebbero permettersi viaggi e tornei fuori dal patrio suolo, ha vinto in finale su un ottimo regolarista come il serbo Nikola Milojevic, rispetto al quale ha però dimostrato una maggiore padronanza di colpi e un atteggiamento mentale più solido. Nel maschile, sono piaciuti anche i due semifinalisti: da una parte il colosso croato Mate Delic, potente nei colpi ma fragile nei nervi (tre racchette spezzate nel giro di pochi points nel pomeriggio di venerdì sul campo n.4…) e il 16enne portoghese Frederico Silva che in futuro potrebbe diventare un brutto cliente per il circuito Pro, almeno sulle superfici lente. Nel femminile, invece, persa per strada velocemente la n.2 del tabellone, la 16enne canadese Eugenie Bouchard (allenata dall’ex n. 42 ATP Martin Sinner e già facente parte del team di Fed Cup del suo Paese), il pubblico ha assistito a un cammino trionfale verso il titolo da parte della baby prodigio russa Irina Khromacheva, classe 1995, e già n. 1 al mondo nella passata stagione, a soli 14 anni. La Khromacheva, che si allena in Belgio alla 6th Sense Academy, che adora la sinuosa lingua francese e che sogna di diventare una nuova Kim Clijisters (la strada è lunga, ma non impossibile), dopo otto giorni esatti avrebbe vinto anche il Trofeo Bonfiglio di Milano, del quale Santa Croce è ormai il raffinato e prestigioso vernissage. Determinazione,

carattere, un bellissimo rovescio a due mani che diventa a una mano in situazioni più comode, la giovanissima russa sempre con le cuffie color fucsia all’orecchio, tranne che quando gioca - «altrimenti mi addormento», enfatizza lei - ha prevalso alla fine sulla più regolare ma tecnicamente limitata slovacca Chantal Skamlova, esponente di un Paese tennisticamente all’avanguardia che è riuscito a piazzare anche la più interessante Anna Karolina Schmiedlova tra le last 4. E gli italiani? Le cose sono andate oltre pronostico, perché come anticipato nella conferenza stampa di presentazione dal tecnico federale Giancarlo Palumbo, il gap tra i nostri azzurrini e gli stranieri quest’anno a Santa Croce sarebbe stato incolmabile. Parole sante e responsabili. E tuttavia, sia il biellese Stefano Napolitano che il ravennate Pietro Licciardi hanno arrestato la loro corsa solo ai quarti, mentre il 18enne Pietro Rondoni ha messo a segno un bel colpo nella giornata inaugurale, eliminando il campione europeo ETA under 16, l’inglese Kyle Edmund, un gigante che sul veloce potrebbe diven-


tare la nuova stella del tennis anglosassone. Chi ha ancora potenzialità da affinare e muscoli da tornire è la vincitrice della 32a Coppa Beppe Giannoni, l’olandese Indy De Vroome, classe 1996, che sul piano fisico sembra più uscita da un campo di cemento della periferia moscovita che dal Paese dei mulini a vento. Abbiamo parlato dei protagonisti sul campo, ma ci sono quelli che hanno operato dietro alle quinte per la realizzazione e il successo di questa edizione, e non sono pochi: Banca Mediolanum, Gyproc-Saint Gobain, Goldengas, Nick Winters e Eurotrans le aziende che hanno preziosamente collaborato alla manifestazione; Mariano e Maria coloro che hanno sfamato la grande tribù del torneo con 18 giorni di pasti gustosi e torte indimenticabili. Ricordiamo anche gli autisti e gli addetti ai campi; i giudici, gli arbitri di sedia e il Supervisor Pino Guastavino; i fotografi Massimo e Riccardo. E poi i “ragazzi” (non in senso esclusivamente anagrafico…) del torneo, i veri attori: Francesco, Simone, Federico, Roberto, Piero e i tre “Franchi Senatori”, Luciano, Elena, Erika, Gloria, Caterina, Anita, il nuovo “acquisto” Giovanni, (e forse qualcun altro che ci è sfuggito). Infine l’amico e collega Paolo Caldarera, con il quale ho condiviso, per una settimana, la solita disordinata scrivania dentro la solita baita più bollente di questo pianeta…

XXXIII TORNEO INTERNAZIONALE “CITTA’ DI SANTA CROCE SULL’ARNO” MAURO SABATINI (ITF GRADE 1, TERRA, 9-15 MAGGIO)

RISULTATI FINALI Singolare maschile Quarti di finale: Dubarenco (Mda, 9) b.Napolitano (Ita) 6-2 6-3 Delic (Cro, 4) b. Krstin (Srb, 6) 6-3 6-3 Milojevic (Srb, 3) b. Licciardi (Ita) 3-6 6-4 6-0 Silva (Por, 16) b.Hossam (Egy) 6-3 2-6 6-3 Semifinali: Dubarenco b. Delic 7-5 2-6 6-3 Milojevic b. Silva 6-4 6-4 Finale: Dubarenco b. Milojevic 6-2 6-2 Singolare femminile Quarti di finale: Khromacheva (Rus, 1) b. De Vroome (Ned, 11) 6-0 6-2 Schmiedlova (Svk, 5) b. Poznikhirenko (Ukr, 4) 6-2 6-3 Suvrrijn (Fra) b. Ku Flores (Per, 12) 7-6(6) 6-0 Skamlova (Svk, 7) b. Sasnovich (Blr, 13) 6-1 7-6(2) Semifinali: Khromacheva b. Schmiedlova 7-5 6-1 Skamlova b. Suvrijn 0-6 6-1 7-5 Finale: Khromacheva b. Skamlova 6-0 6-4 Doppio maschile Finale: Bambridge / Edmund (Gbr, 7) b. Dellien /Hidalgo (Bol/Ecu, 1) 7-5 7-6(9) Doppio femminile Finale: Khromacheva/Krejcikova (Rus/Cze, 4) b. De Vroome/Kerfs (Ned/Bel, 8) 62, 61

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Eventi

Distretto Conciario Toscano

TEXT a cura di Angelo Errera

Emas

G

iovedì 16 giugno 2011, al Centro Studi i Cappuccini di San Miniato, è stato conferito il premio EMAS al Comitato promotore del Distretto Conciario Toscano, nell’ambito del convegno La sfida della green competition sul mercato, idee a confronto, progetti in corso, opportunità immediate per il Made in Italy sostenibile. L’EMAS - EcoManagement and Audit Scheme - è il Regolamento della Commissione Europea che istituisce lo schema per la certificazione delle aziende eccellenti sotto il profilo della gestione dei propri impatti ambientali. Aziende che s’impegnano quindi ad investire in tecnologie “amiche dell’ambiente”. In Italia la certificazione è rilasciata dal comitato interministeriale Ecolabel Ecoaudit che opera con il supporto tecnico dell’ISPRA - Istituto Superiore per la protezione e la Ricerca Ambientale. Dal 2007 la certificazione è conferita parallelamente alle singole aziende, come riconoscimento speciale per quei distretti industriali o ambiti produttivi omogenei, che si impegnano a migliorare le condizioni ambientali del territorio e a favorire l’adozione dell’EMAS da parte delle imprese ivi localizzate, attraverso

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la realizzazione di iniziative comuni e di supporto operativo alle aziende. Questo è l’attestato conferito al Distretto Conciario Toscano. Il premio è stato ritirato da Piero Maccanti, direttore dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno e presidente dello

stesso comitato promotore che comprende anche il Consorzio Conciatori di Ponte a Egla, la Provincia di Pisa e i Comuni di Castelfranco di Sotto, di Fucecchio, San Miniato e Santa Croce sull’Arno. «L’aspetto dell’attenzione all’ambiente è una prerogativa del settore conciario ormai da molti anni - ha detto Maccanti e ottenere la certificazione Emas significa coronare 40 anni di impegno in questo ambito. La certificazione Emas per ambiti produttivi omogenei, è il primo passo per permettere alle aziende di intraprendere questo percorso, in modo da essere maggiormente competitivi in mercati sempre più attenti all’aspetto ecologico legati ai prodotti.» Grande la soddisfazione dimostrata dagli altri rappresentanti del Consorzio presenti. «La certificazione Emas e il convegno - ha detto il Sindaco di Santa Croce sull’Arno Osvaldo Ciaponi - valorizzano l’ambiente come incremento della competitività delle aziende. Un elemento di grande importanza perché si punta a una sempre più alta qualità dei prodotti, ma con una coscienza ambientale di grande valore sociale.» Continua poi il Sindaco di San miniato Vittorio Gabbanini:


«La salvaguardia dell’ambiente da parte delle concerie è un tema fondamentale per il nostro distretto visti gli sforzi compiuti, perché dimostra la voglia di crescere degli imprenditori, non solo economicamente, ma anche dal punto di vista sociale ed etico.» Il premio s’inserisce nell’altro tema del convegno: la presentazione del protocollo d’intesa promosso dal Ministero dell’Ambiente e da quello delle Attività Produttive, che avvia lo Schema nazionale per la qualificazione ambientale dei prodotti made in Italy. Uno strumento di grande importanza per le strategie di marketing, che verrà adottato dallo stesso Distretto Conciario. Un punto importante questo per il distretto Conciario Toscano, che conferma il suo impegno per la tutela dell’ambiente dimostrato con tecnologie ecosostenibili. Una linea produttiva versatile e innovativa che lo ha reso il principale produttore conciario sul nostro territorio e che ora lo inserisce a pieno titolo nel mercato competitivo europeo come prodotto garantito e amico dell’ambiente.

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autonoma eToscana TEXT Carlo Baroni

A

lessandro Bandini è il nuovo presidente della Cassa di Risparmio di San Miniato Spa. A poco più di un mese dal suo insediamento ci presenta il quadro generale della banca, le prossime strategie e ribadisce che la linea resta quella dello “stand alone“ a fianco delle famiglie e delle piccole e medie imprese. Qual è l’identità di Carismi? Siamo una delle poche Casse di Risparmio rimaste autonome. Questa è stata, ed è, la volontà degli azionisti. È la volontà della Fondazione che ha il 68,9 per cento delle quote, di Cattolica Assicurazioni che detiene il 25 per cento e dei 3800 soci che hanno sottoscritto azioni. Presidente quali spazi ci sono per Carismi in questa Toscana che a fatica sta cercando di uscire dalla crisi in un clima economico generale ancora incerto? Ci sono buoni spazi se riusciamo a servire il cliente al meglio, ad interpretare le sue esigenze, a fare quello che le grandi banche non possono e non hanno interesse a fare. Noi dobbiamo garantire efficienza, velocità nella riposta, capacità nel personalizzare il credito. E allo stesso tempo dobbiamo ridurre i costi, incrementare i volumi e la redditività e porre particolare attenzione al contenimento dei rischi. Questo è il quadro della nostra sfida. La dimensione regionale resta un elemento strategico? Certo. Ma con un’attenzione forte concentrata nelle province di Pisa, Livorno,

Firenze e Prato, perché questi sono i distretti di massimo riferimento per la nostra banca. Inoltre dobbiamo migliorare la qualità del credito. Questo è un elemento importante per fare banca oggi: l’attenzione al cliente, al cliente

meritevole, all’imprenditore serio e alla famiglia seria. Solo così una banca riesce a perseguire il proprio interesse e quello della clientela. La riduzione del rischio, oggi, è imprescindibile. Le fondazioni sono chiamate a ricapitalizzare le banche. Questo sarà un pas-

Intervista

carismi resta

saggio cruciale per il mantenimento dell’autonomia? Sicuramente. E la Fondazione ritengo farà la sua parte, se necessario. L’obiettivo è incentivare l’azionariato diffuso, così come quello della Fondazione è diversificare il proprio patrimonio. La nostra Cassa di Risparmio ce la farà a restare autonoma e toscana: abbiamo chiuso il bilancio in utile, sfioriamo i 5 miliardi di raccolta complessiva e i 2,2 di impieghi alla clientela. Il gruppo ha 88 filiali, 723 dipendenti e un Tier 1 pari al 7,8 per cento e contiamo di arrivare all’8 per cento e di essere una vera banca regionale. Quali sono gli impegni a breve termine? Sono tre i punti chiave: riposizionare la politica del credito verso il retail e verso le PMI, con una maggiore attenzione al contenimento del rischio; rivalutare il personale in un’ottica meritocratica ovvero premiando professionalità ed impegno; ritornare sul territorio che consiste nella vicinanza della rete al cliente. Quali segnali di ripresa avverte la banca? Il nostro territorio si sta incamminando verso la ripresa. Anche se i segnali, per ora, sono timidi e ci sono delle criticità significative in alcuni comparti come il settore immobiliare. La banca saprà stare vicino, come ha fatto finora, alle aziende per intercettare tutte le opportunità di ripresa che arrivino dal risveglio dei mercati.

La Cassa di Risparmio di San Miniato, fondata nel 1830 da Monsignor Torello Pierazzi, è una delle più antiche Casse di Risparmio d´Italia e una delle poche ancora autonome in Toscana. Con la Legge Amato del 1992 la Cassa di Risparmio di San Miniato è divenuta Società per Azioni, mentre la Fondazione svolge attività orientate al sostegno di iniziative culturali e sociali nonché alla conservazione del patrimonio storico-artistico. La banca è presente con i propri sportelli in tutti i distretti e le province della Toscana. Il suo territorio storico è, comunque, quello compreso nelle province di Livorno, Pisa, Firenze e Prato. Sono organi della banca, il presidente, il consiglio d’amministrazione, il collegio sindacale. Il 70 per cento della azioni della Carismi sono in mano alla Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato direttamente e tramite la Finanziaria Cassa di Risparmio di San Miniato, il 25 per cento sono detenute dal socio Cattolica Assicurazioni Spa, il 5 per cento sono sul mercato.

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strategia cambia non

TEXT Carlo Baroni

A

ntonio Guicciardini Salini, nuovo presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, annuncia come la strategia non cambia con la sua presidenza. Quale sarà la sua strategia? Il primo impegno - rileva - resta quello di lavorare per l’autonomia della banca. Subito, a ruota, c’è il territorio storico, i dieci comuni tra Valdera, Valdarno ed Empolese Valdelsa dove la Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato è motore e volano della crescita culturale, sociale, attraverso importanti progetti propri, con il sostegno agli enti locali, con la vicinanza al variegato e prezioso mondo dell’associazionismo e del volontariato che, da fronti diversi, concorrono allo sviluppo: Carismi, banca operativa con la sua mission storica e la Fondazione pronta a riversare gli utili che riceve dalla banca e quindi artefice di quel ciclo virtuoso che ha dato fino ad oggi importanti risultati Quali prospettive, presidente, vede per la Fondazione nell’attuale panorama economico e sociale, con la crisi ancora in atto e le sue ripercussione sul sistema bancario? Sono state le Fondazione a salvare le banche dalla crisi. E sono state le piccole banche come la nostra a salvare le imprese dalla fase acuta della congiuntura. La Fondazione, in questi anni, ha saputo far fronte ai suoi impegni e continuerà a saperlo fare. La strategia resta quella di garantire l’autonomia della banca, anche se questo dovesse comportare qualche sacrificio. Se sarà necessario rinunceremo anche al dividendo, e se l’organo di vigilanza ci chiederà un rafforzamento patrimoniale, prenderemo in considerazione il progetto di mettere sul mercato il dieci per cento delle nostre azioni. In fondo si tratterebbe di passare dal 70 al 60 per cento delle quote.

Un grande sforzo fu fatto poco più di tre anni fa. Era diverso allora? Certo. Allora fu chiesto solo a noi, mentre oggi Banca d’Italia lo sta chiedendo un po’ a tutte le banche. Allora fu un aumento di capitale che superò i 30 milioni di euro, compreso l’acquisto di Palazzo Grifoni, la nostra sede, e dell’auditorium di piazza Bonaparte che vogliamo restaurare. Con minori risorse come mantenere l’impegno sul territorio? In questi anni è stato fatto un lavoro eccellente

sull’efficientamento della struttura, sulla trasparenza e sulla regolamentazione delle erogazioni che puntano a premiare la progettualità in base alle linee d’indirizzo varate dagli organi. Abbiamo diminuito le spese e razionalizzato le risorse che arrivano in modo mirato sul territorio. Comunque la Fondazione non farà mancare il proprio sostegno agli impegni

Intervista

la

storici come il Dramma Popolare, ai progetti propri come Solidarietà & Sorrisi che ci vede in prima linea per la nuova sede di Casa Verde, o al progetto Itaca sul quale negli anni abbiamo investito oltre un milione di euro rendendolo un modello regionale nell’assistenza agli anziani, oltre al nuovo impegno che dedicheremo ai “giovani”. Inoltre non ci dimentichiamo che anche in questi anni difficili, non abbiamo mai fatto mancare il sostegno al territorio per il superamento della crisi in atto. Voglio ricordare a questo proposito il nostro contributo al fondo per il microcredito utilizzato dalla Fondazione per l’usura, al fondo per la famiglia attivato dalla Diocesi di San Miniato per sostenere coloro che hanno perso un lavoro ed hanno difficoltà a mantenere il proprio nucleo familiare. Quali i prossimi impegni della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato che è un grande motore anche della cultura? Ci sono molte cose in cantiere. Sicuramente in autunno faremo un nuovo bando per la San Miniato Foundation in Terra Santa visti gli ottimi risultati raggiunti anche in termini di nascita di attività artigianali e commerciali, e quindi di posti di lavoro, che abbiamo favorito. Questa iniziativa che portiamo avanti in Terra Santa è motivo di grande orgoglio per noi: la nostra è stata la prima fondazione di origine bancaria a portare il microcredito in quella terra martoriata, con il pieno assenso e la collaborazione sia di israeliani che palestinesi. Intanto ad ottobre, a palazzo Grifoni, ospiteremo la mostra dello scultore Bruno Innocenti, uno dei più celebri del Novecento italiano. Poi avremo il premio biennale intitolato al nostro fondatore, Monsignor Torello Pierazzi, e tante altre cose alle quali stiamo lavorando.

La Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato è la continuazione ideale dell’Ente Cassa di Risparmio di San Miniato e della Cassa di Risparmio di San Miniato istituita da una associazione di persone private ed autorizzata con Sovrano rescritto del Granduca di Toscana 23 gennaio 1830. La Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato ha tra i suoi scopi statutari quello di perseguire finalità di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico. Nel perseguire gli scopi di utilità sociale, la stessa indirizza la propria attività nei diversi settori dell’arte e della cultura in genere, nonché in quelli dell’assistenza e della tutela delle categorie sociali più deboli. La Fondazione Crsm ha sede a Palazzo Grifoni. Sono organi della Fondazione Crsm: il presidente, il comitato di gestione che si compone di nove membri, il collegio sindacale, il consiglio d’indirizzo che si compone di 25 membri, l’assemblea dei soci (100).

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N

on c’è accessorio che non sia in pellame, nella prossima moda primavera estate 2012. Cuoio compreso. E così il lavoro ha ripreso, spinto dalla creatività. Gli stili tendono sempre più al naturale e al morbido, ma anche con l’innovazione di fili lucenti in trama. I toni del colore sono intensi, autenticamente espressivi. L’euforia si trasmette dai creativi ai manifatturieri: calzaturieri, pellettieri, confezionisti. PELLE DA OSCAR. È per la scarpa “Maty” del brand Rizieri ®, indossata da Livia Firth, moglie di Colin Firth, l’attore premio Oscar, in occasione della prestigiosa vittoria del marito ai Golden Globe Awards 2011. Il pellame “Roots” è della conceria Tre effe, partner di C.L.A.S.S. (Creativity, Lifestyle, and Sustainable Synergy). UNO STABILIMENTO BALNEARE. Abitué di Forte dei Marmi, l’ha ricostruito allo stand del consorzio D.& Co. il tecnico Franco Donati. Che ha appena assunto la presidenza dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno. Raccoglie per i prossimi tre anni l’eredità di Alessandro Francioni, che continua a far parte del consiglio direttivo. Donati è l’artefice dello sviluppo sia del Poteco (il Polo tecnologico conciario, che nel 2012 vedrà operativa la nuova sede, dopo un investimento di oltre cinque milioni di euro), sia del Tubone, cioè la riorganizzazione complessiva della depurazione industriale dell’intera area. Inoltre Donati cercherà l’unificazione con il Consorzio Conciatori di Ponte a Egola. 40 ANNI. Li ha festeggiati la conceria Zabri. Il fondatore Mario Brillanti svela il segreto dell’azienda: «Stare all’avanguardia nella moda. E credere nel futuro della pelle. In questo sono assecondato dai miei cinque figli, tutti in azienda: Samuele, Consuelo, Sara, Michele e Marco, un full vincente.» I complimenti sono del sindaco fucecchiese Claudio Toni: «Valorizzare le pelli con la moda è una peculiarità del Distretto.» NIENTE PER NIENTE. Idee chiare alla conceria Mangusta. «Ai cinesi non diamo niente, né mazzette colori né ritagli, se non ordinano una campionatura. Sono rimasti incantati dal pellame morbido, ma non con tatto ingrassato» sottolineano Luca Grasso e Claudio Buralli. IL RITORNO DEL CUOIO. Giuseppe Volpi (delle concerie omonime), sorride: «Il cuoio ritorna sempre, è un prodotto fondamentale. Ora ha anche la morbidezza, eppure è ugualmente traspirante e impermeabile. La particolarità è soprattutto che la prima volta che viene indossata la scarpa, risulta più confortevole, il piede sente la differenza.» ORGOGLIO. Allo stand della conceria fratelli Rosati sono stati realizzati mezzi vitelli

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tricolori, per i 150 anni dell’unità d’Italia. E all’orario d’apertura, e di chiusura, risuona l’inno nazionale. «Siamo veramente made in Italy, nella lavorazione manuale artigiana, e nell’orgoglio creativo tricolore» racconta Paolo Rosati, indicandoli, insieme a Edoardo Di Giovanni. AMERICANEGGIANTI. «Abbiamo visto gli stilisti che per gli americani cercano lo scamosciato vintage, è più economico del vitello. Un classico elegante, pelo molto rasato eppure scrivente, che si presta ad articoli americaneggianti, per uomo e donna» raccontano Massimo Puccini e Cristiana Lami, tra pellami con la luce nel colore come il pittore Caravaggio, che dà il nome all’azienda. TRAPIANTO DI PELL…AME. I cinesi hanno preso una conceria spagnola, l’hanno spostata in Cina con macchinari e personale, hanno il prezzo dalla loro parte. «A Santa Croce ci si difende meglio, grandi disastri non ci sono stati - osserva Valerio Nuti, conceria MB3 -. La crosta, essendo quadrata, è meglio sfruttabile del pellame con il fiore, che ha le zampe.» VACCHETTA DEPILATA. La classica vacchetta, rinnovata con la depilazione mirata, viene prodotta dalla conceria Badalassi Carlo. Osserva il titolare Simone Remi, che è anche neo presidente del Consorzio vera pelle italiana conciata al vegetale: «Così la scarpa acquista un aspetto grintoso, mai visto prima.» RITARDO O ANTICIPO? La fiera è in ritardo perché i campionari della prossima stagione sono ormai chiusi. E allora alla conceria Dallas, c’è anche un sancta sanctorum con le anticipazioni dell’autunnoinverno 2012-13. Dichiara Giovanni Catastini, all’assessore fucecchiese Alessio Spinelli: «Le griffe americane fanno programmazione a lungo termine.» Replica il giovane assessore: «Creatività che nasce dalla cultura.» ENERGIA. Il sindaco sanminiatese Vittorio Gabbanini, che ha appena incontrato il nuovo presidente di Cuiodepur, Michele Matteoli, e il direttore del Consorzio conciatori di Ponte a Egola, Damiano Ciurli, parla chiaro: «Grande interesse dei clienti che determina ottimismo ai conciatori. Alle 9 e 10 di mattina c’erano già nuovi clienti stranieri dal Giappone, un popolo che non ha cancellato gli ordini ma li ha soltanto rimandati. Il Distretto ha una rinnovata energia.» RIPRESA ECONOMICA. Piergiorgio Giuliani, direttore generale della Cassa di Risparmio di San Miniato, conferma in positivo: «L’economia è in ripresa, lo vediamo in Fiera a Bologna ma l’avevamo già notato con il salvo buon fine dei primi mesi dell’anno 2011, cresciuto del 10% sull’anno precedente, un valore di circa 35 milioni di euro. Il lavoro produttivo - conclude - ha ripreso a marciare.» di Luciano Gianfreschi



E

Formazione

Busin

° 0 6 3

ss nglish

TEXT Carla Sabatini - Francesca Ciampalini

O

biettivi: Il corso di inglese commerciale (Business English) mira a migliorare la capacità di parlare inglese con sicurezza, di capire più facilmente chi parla inglese e di sviluppare le abilità di comunicazione scritta. Le lezioni si basano su situazioni e argomenti che si incontrano nel lavoro, quando è necessario capire e farsi capire, concentrandosi su che cosa si sta dicendo, più che su come dirlo in inglese. Vi offriamo l’opportunità di seguire un corso che migliori il vostro inglese usato in un contesto di affari, con particolare attenzione al vostro settore. Tutti i nostri corsi di Business English sono progettati in modo da dare risultati concreti e miglioramenti sensibili nella vostra scioltezza e comprensione dell’inglese. Il corso offre una combinazione di lezioni con un insegnante madrelingua inglese e sostegno costante e consulenze da parte dei nostri tutor. Metodo: Siamo convinti che ogni corso debba migliorare la sicurezza nell’uso dell’inglese orale e scritto da parte degli studenti, nelle situazioni più svariate: riunioni, telefonate, presentazioni, relazioni o e-mail. Il metodo più rapido ed efficace per sviluppare sicurezza e precisione è il cosiddetto “learning by doing”. Le lezioni di Business English con l’insegnante madrelingua non solo puntano ad applicare e correggere l’espressione, migliorare la proprietà del linguaggio e la conoscenza della grammatica, ma mettono in particolare risalto l’applicazione dell’inglese a situazioni reali tipiche della vostra professione, con simulazioni, casistica, giochi di ruolo e materiali di lavoro realistici. Contenuti: Il corso di inglese aziendale permette di sviluppare le seguenti competenze: Comunicazione con clienti e colleghi: sviluppo delle abilità di comunicazione in inglese, in particolare di come modificare il tono e il registro di ciò che si dice.

Telefonate, riunioni e presentazione: analisi di ciò che provoca problemi nella comprensione orale per le persone non di madrelingua inglese e di come superare queste difficoltà. Funzione e forma: settori lessicali specifici e problemi di grammatica. Casistica: riferimento alle situazioni reali che i professionisti del vostro settore vivono giorno per giorno, al fine di ampliare il vocabolario e sviluppare tutte e quattro le abilità di comunicazione (leggere, scrivere, parlare e ascoltare). Lo sviluppo di queste abilità si basa sullo studio di una casistica autentica in vostro settori come, ad esempio, marketing, technologia, HR, vendite, pianificazione strategica, finanza, e contabilità d’impresa. Corrispondenze e relazioni: studio approfondito di come stendere e leggere le e-mail, i report e altra corrispondenza. Struttura: il corso di inglese commerciale per aziende combina i tre moduli: Formazione d’aula: training con docenti madrelingua sia per gruppi sia per singoli, per sviluppare le effettive capacità linguistiche richieste nel vostro settore, applicare e perfezionare l’espressione orale e la capacità di comprensione dei partecipanti

Per iscrizioni e informazioni: NKey srl Soluzioni Informatiche FO.RI.UM. Via Pacinotti, 2 - S. Croce sull’Arno (PI) Via del Bosco 264/f - S. Croce sull’Arno (PI) Tel. 0571/367749 e-mail sabatini@nkey.it Tel 0571/360069 - info@forium.it

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con simulazioni, giochi di ruolo ed esercizi di applicazione, e infine migliorare la capacità di gestire riunioni, presentazioni e trattative in inglese. Tutoraggio & coaching: il vostro docente madrelingua personale sostiene e motiva costantemente i partecipanti ai corsi, risponde alle domande sui contenuti del programma di apprendimento e fornisce assistenza. Inoltre, riceverete assistenza nella correzione ortografica, grammaticale e dei contenuti di lettere, report ed e-mail, nella redazione di offerte e presentazioni o per qualsiasi domanda interculturale. Viaggi di Studio: full-immersion all’estero: Solitamente questa richiesta viene fatta da aziende che desiderano offrire dei benefits ai propri collaboratori, tuttavia organizziamo soggiorni full-immersion anche individuali in varie località europee su richiesta di manager e professionisti che hanno bisogno di perfezionare l’inglese in modo mirato.


Santa Croce sull’Arno

3° Raduno Truck Tuning Day

S

i è svolto a Santa Croce sull’Arno il 18 e 19 giugno 2011, il terzo raduno “Truck Tuning Day”: due giorni all’insegna del tuning organizzati dalla collaborazione tra Transpecial Capecchi, Moto Club Castelfranco e Decibel. Molti i partecipanti del raduno: moto, auto, ma soprattutto camion o meglio truck, arrivati da tutta la Toscana, dall’Emilia Romagna e addirittura dalla Campania, per un totale di circa 60 mezzi di cui 5 d’epoca. Al raduno i truck si presentano come macchine di lusso, non più unicamente mezzi da trasporto o da lavoro, ma vere e proprie limusin alte oltre tre metri, comode, ordinate e ben laccate. Molti gli spettatori incuriositi per un evento che come sempre ha registrato un grande successo. Ore 10.30 partenza, ma prima Don Mario benedice i mezzi e i partecipanti! Che spettacolo, il momento clou del raduno: una carovana lunga circa un chilometro, percorre le principali strade di Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto, Fucecchio. Non i soliti “camion” da trasporto, ma mezzi super personalizzati dai colori, ai disegni, alle luci, a scarichi cromati, abitacoli che sono piccoli appartamenti di lusso allestiti in pelle e materiali pregiati. A proposito di lusso e comodità non poteva certo mancare a questo raduno il “truck hospitality” un motorhome, ufficio mobile, con uno spazio utilizzabile di oltre 50 metri, dove all’interno, in alcuni eventi, e’ stata montata una vera e propria cabina di regia. Il suo punto di forza è che grazie alla “Truck Tuning” capitanata da Massimo Capecchi, Hospitality può cambiare il suo allestimento sia interno che esterno ogni volta a secondo delle varie esigenze, riuscendo così ad essere utilizzato sia per corse, sfilate o concerti. Ah dimenticavo: oltre alla musica del dj Buralli, i gonfiabili per i piccoli, non poteva certo mancare, “over the top”, sfida di calcio balilla fra conduttori. Al termine dei due giorni è stato consegnato un riconoscimento ai partecipanti e un ringraziamento ai vari sponsor che hanno permesso di portare a Santa Croce sull’Arno un raduno così particolare a dimostrazione che un mezzo da lavoro può diventare anche una passione, una moda, uno stile. Truck Tuning dall’America in stile italiano.



Sensi

di Margot

Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma i silenzi dei nostri amici.

Martin Luther King

(1929-1968)


Ristorante La Magnolia

Piaceri di palato

piccolo tempio gastronomico a Forte dei Marmi

Text&photo Claudio Mollo


L

a Versilia rimane senza dubbio una delle mete più gettonate per le vacanze vip e non degli italiani. I toscani la conoscono bene per la scintillante vita notturna che nella buona stagione s’impenna vertiginosamente facendo diventare questo tratto di litorale che da Viareggio sale verso Forte dei Marmi, un luogo cult del bien vivre nazionale, con tante discoteche, locali trend pieni di personaggi del jet set, bellissime strutture ricettive e tanta buona cucina. Proprio poco prima del centro di Forte, sui viali a mare, riparato dalla confusione, si trova l’Hotel Byron con le sue 5 stelle, uno dei punti fermi dell’accoglienza di qualità della Versilia. Una

quelle delle strutture che accoglievano il suo lavoro. Alla Magnolia si assaggia una cucina fresca, come a me piace definirla, fatta di grandi profumi e sapori; schietta e diretta. Molto legata alla tradizione ma impreziosita da un’ottima dose di fantasia e una mano felice nelle elaborazioni e nelle cotture, che trova nel pesce - e non potrebbe essere diversamente vista la zona - una delle sue migliori espressioni. Originario di Pietrasanta, quindi dell’adiacente entroterra, Andrea parla della sua grande passione per il cibo: ricerca e rispetto degli ingredienti e tanta voglia di terra di Toscana, nel senso che la scelta dei prodotti di qualità presenti sul territorio è maniacale, affiancata ad

struttura a dir poco fascinosa, con una suggestiva allure da villa patrizia, che ti accoglie in modo elegante dal suo ingresso sui viali a mare e ti proietta poi, al suo interno, in un habitat raccolto e intimo, fatto di suggestivi angoli, giardini fioriti e una suggestiva piscina che nella stagione migliore, oltre che ritemprare lo spirito, da un ulteriore valore aggiunto ad un pranzo di lavoro o cena sotto le stelle, permettendo ai clienti di mangiare lungo i suoi bordi. Nel ristorante del Byron, La Magnolia regna sovrana la cucina di Andrea Mattei, giovane promessa della ristorazione nazionale. Esperienze importanti in passato, accanto a grandi nomi del mondo culinario, come Alain Ducasse nel suo locale parigino, l’Enoteca Pinchiorri di Firenze, il San Domenico di Imola, il Four Season di Milano, da Paracucchi ed altre chicche. Un continuo passare da una stella all’altra, da quelle dei ristoranti citati a

una imprescindibile stagionalità, per un impegno culinario che deve essere costante - come lui afferma - visto che proprio nella costanza si riesce a comprendere il vero stile e la filosofia di uno chef. Il locale, elegante e raffinato è suddiviso in più ambienti. Pochi coperti comodamente disposti, il tutto confortato da un servizio impeccabile e di alto profilo. Importante è anche sottolineare la completa indipendenza del ristorante dall’hotel, con tanto di ingresso separato e parcheggio dedicato. Aspetto questo di non poco conto che permette ad un locale come La Magnolia di aprirsi totalmente al pubblico esterno senza passaggi obbligati all’interno dello stesso hotel. Una sosta quasi obbligata per un gourmet che si rispetti e per chiunque altro abbia voglia di godere di una cucina di pregio, abbinata ad una carta dei vini di notevole spessore, in un ambiente di particolare bellezza.

Ristorante LA MAGNOLIA dell’Hotel Lord Byron Viale A. Morin, 46 - Forte dei Marmi - Lucca tel. 0584/787052 - fax 0584787152


Viaggio

o s i d a r a Un p chiamato

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TEXT Carlo Ciappina PHOTO Uffico Stampa spiaggepuglia.it

R

itorno all’Eden; tale affermazione si presta egregiamente per riassumere le bellezze di una terra ricca di storia, tradizioni, rilevanze architettoniche, artistiche, paesaggistiche. In effetti il Salento rappresenta la meta perfetta per il visitatore esigente, che da anni promuove a pieni voti questo luogo grazie a un turismo prospero tutto l’anno e un offerta ricettiva decisamente allettante. Scogliere ciclopiche dalle guglie arcigne racchiudono calette famosissime per il candore della sabbia sottile, il canyon del Ciolo cade a strapiombo sul mare ricco di sfumature dall’azzurro intenso al celeste chiarissimo, la punta di Orte Palacia brilla di rosso quasi a contrastare il colore delle acque che la circondano, insomma questa terra rappresenta un angolo di Caraibi in territorio italico. Giusto per rimanere in tema, la mondanissima Gallipoli ha vincolato le aree di S. Andrea e Punta Pizzo, quest’ultima conosciuta per le forme voluttuose delle sue dune, grazie al loro interesse naturalistico; stesso discorso vale per il territorio compreso tra Nardò e Porto Cesareo dove dimorano le Spunnulate, grotte “senzatetto” ospitanti due suggestivi

laghetti. Anche il Parco di Otranto, Castro, Leuca possiede meravigliose terrazze adorne di prati, sui quali crescono le famose querce vallonee e, ancora, le grotte denominate Zinzulusa, Tre Porte, Cattedrale. Questi luoghi sono spesso costellati da imponenti torri, costruite per ostacolare le incursioni saracene, ora divenute rinomate masserie. Insomma il Salento possiede una natura incontaminata dove è gradevole praticare un tuffo nelle sue acque cristalline, rilassanti


passeggiate tra la florida macchia mediterranea, olivi secolari, vigneti, ombreggianti pinete dal profumo inebriante; tali ambienti sono visitabili grazie a ben nove percorsi escursionistici supportati da segnaletica. Se il territorio vanta una meritata laurea per quanto riguarda le famose coste balneari, non bisogna dimenticare che esso possiede inaspettate risorse assolutamente da scoprire, ad iniziare dai caratteristici paesi racchiudenti centri storici dalla bellezza mozzafiato. Quest’ultimi rappresentano la veridicità dello spirito salentino, orgoglioso, aperto verso l’esterno, ospitale, dove l’autenticità autoctona trova sfogo nelle sfarzose feste patronali, note per le luminarie di gusto barocco, i famosi fuochi pirotecnici, il singolare patrimonio artistico. Il tour comprende Galatina con la romanica Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, conosciuta per il ciclo pittorico tardo medioevale raccontante la Bibbia attraverso un realismo disarmante. Ugento merita una visita per le sue austere dimore nobiliari, la ricca collezione di reperti archeologici ospitati presso Palazzo Colosso e il Museo Zecca. Otranto primeggia grazie alla blasonata Cattedrale con l’elegante mosaico ricco di animali mitologici, scene dell’Apocalisse, le imprese di Alessandro Magno. Da non dimenticare Presicce, la ridente cittadina poggiante sopra i frantoi sotterranei costruiti dai monaci bizantini. L’immenso patrimonio descritto trova supporto promozionale nelle Istituzioni, da sempre sensibili verso l’importanza economica del turismo, ma anche tra le categorie del settore ricettivo, che hanno creato pacchetti promozionali alettanti per l’ottimo rapporto qualità-prezzo, il confort, l’ospitalità. Gli aderenti all’iniziativa sono tanti, dal Basiliani Resort, Robinson, Masseria Serra Capozza di Ugento all’Hotel Palazzo Baldi di Galatina, dall’Hotel Messapia di Leuca a Palazzo Vecchio di Marittima, dall’Hotel Piccolo Mondo di Castro ai ristoranti, masserie, cooperative, associazioni onlus, oleifici: una mobilitazione così sinergica nel promuovere il prodotto Salento rappresenta un chiaro messaggio di professionalità, esperienza nel campo, attenzione nei riguardi del turista: l’iniziativa, visti gli ottimi risultati, avrà certamente un seguito.

Nelle pagina a fianco a sinistra: Capo d’Otranto; Festa a Galatina; Grotta Zinzulusa a Castro. Nel centro: Basilica di Santa Caterina a Galatina. A destra: Cave di Bauxite a Otranto; Zeus di Ugento. In questa pagina: insenatura del Ciolo


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leome ergine cancr

di Federica Farini

Raggi di Toscana nelle costellazioni estive 116

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uando il tepore dei raggi di sole si fa più intenso, ecco il segno zodiacale del Cancro accoglierci alle porte dell’estate, simbolo di gradevole invito al ritorno a quelle vacanze lontane, come fossimo rientrati a casa. E proprio al concetto di casa si lega il quarto segno, domicilio della Luna che rende i nativi fortemente legati alla famiglia e all’abitazione, vissute come radici, linfa vitale e allo stesso tempo protezione e pace. Come l’astrologia karmica suggerisce, il Cancro vive in una continua meditazione emotiva sulle origini e sul passato. La sua dimora deve tutelare la privacy, dare senso di stabilità ai figli, contenere e raccontare storie famigliari, sentimenti e ricordi, proprio come nei tipici casali toscani, “guscio” di tradizioni, ideali per questo segno. Perfetti i casolari nella rigogliosa campagna di Siena, Firenze, San Gimignano e Volterra, circondati da uliveti e boschi, arredati con mobili antichi, romantici, dal sapore rétro, dove raccogliersi al calore del fuoco acceso, attorniati da foto e divani enormi, magari stringendosi tutti insieme attorno ad una calda tavola imbandita.

uando l’estate si trova all’apice della sua potenza e luminosità, ecco dirompere l’ottimismo e la generosità del segno del Leone, simbolo di amore ed energia, che prende la vita di petto, deciso e audace nella sua affermazione, ambizione, vitalità, orgoglio. È nel comando che il quinto segno sprigiona la sua indole e peculiarità, che non deve tuttavia essere autoritaria, bensì autorevole e di supporto alla realizzazione del cammino di vita. Leone, emblema di volontà, forza, successo, come rappresentato nel duomo di Volterra, costruzione romanica del 1120, nella statua di quel leone che sconfigge l’eresia, rappresentata da un moro armato di frusta. Leone come frutto che matura al sole in tutto il suo vigore, portatore di influenza positiva, allegria e luce, come il girasole, fiore simbolo del quinto segno, acceso e splendente come un “piccolo sole”, il quale illumina e comunica senso di calore. La Toscana dona al Leone un miele ricco, alla fioritura di girasole, dalle tonalità giallo verdognole e dal sapore dolciastro con retrogusto amarognolo, tipico delle pianure e colline della provincia di Arezzo, perfetto per tisane, dolci al cucchiaio e formaggi stagionati come il pecorino.

N

ella costellazione della Vergine l’estate volge al termine e ci ricorda l’alternarsi delle stagioni e della vita stessa. Il sesto segno rappresenta simbolicamente i nodi che permettono di chiudere una fase e di aprirne una nuova, metafora della trasformazione che mira al raggiungimento della perfezione, attraverso la dedizione, la precisione, il ragionamento, il lavoro. Vergine come tempo perfetto nella ciclicità universale della natura, rappresentata nel suggestivo dipinto de La Primavera di Botticelli, nel suo germogliare e fiorire continuo, difesa e conservazione della stessa natura, luogo-tempo di pace e bellezza (intelletto-Mercurio, pianeta governatore della Vergine, protegge il sacro bosco e scaccia le nuvole). Il vento, materializzazione dello spirito di Dio nella creazione del Mondo, è l’alito vitale che il divino trasmette a tutti gli esseri viventi, che si traduce in anima per l’essere umano, creatura ad immagine e somiglianza di Dio e pertanto in grado di “creare” a sua volta mediante la ragione. Venere, proprio come la Vergine, diviene simbolo di bellezza intesa come perfezione ed elevazione spirituale attraverso l’arte e la conoscenza.


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a cura del maestro di cerimonie Alberto Presutti

Con le vacanze, arriva la inevitabile “prova costume” tanto temuta dalle signore (e dai loro, poco pazienti, mariti) e prima di doversi arrendere a rotondità a quel punto non più eliminabili, per tempo, moltissime si tormentano con diete, purtroppo spesso fai da te, iniziate sconsideratamente, senza consultare un medico specialista, a serio rischio per la salute. La dieta, invece, non deve essere effettuata sulla base di meri motivi estetici o per una nevrosi del momento dovuta a fattori ansiogeni. Per il Bon Ton la dieta è cura del corpo, rispetto del sé, e quindi attenzione costante, giornaliera, tutto l’anno, al cibo, evitando esagerazioni ed eccessi. Ma qualsiasi dieta si scelga, da quella cosiddetta “mediterranea” alla dieta “a punti”, il Bon Ton impone di non trasferirla e farla forzosamente seguire anche a chi si inviti a pranzo o a cena, né servendo cibi con poche calorie od eliminando dolci o, peggio ancora, a parole, divenendo la dieta argomento monotematico di conversazione a tavola. Se si sta effettuando una dieta, non per questo, non si dovrà partecipare a party o a feste, occasioni mondane dove, semplicemente, colti a stare a digiuno, si eviterà di provare a convincere gli interlocutori circa la scelta dietetica seguita, decantandone gli effetti benefici. Guai ad imporre, come ricorda il Bon Ton, le convinzioni alimentari del momento, ai compagni di vita, ai figli e ai familiari, solo per dare più motivazione ad un percorso di faticose, difficili rinunce. Se si è scelta “la dieta giusta” questa, sicuramente, non peserà mai sulle quotidiane abitudini sia sociali sia lavorative. Se, invece, si prova “vergogna” di sentirsi a dieta, e di doverla dichiarare agli amici, il Bon Ton suggerisce di non obbligare, per l’occasione conviviale, la cucina di piatti con ingredienti particolari richiesti dalla specifica dieta. È davvero di cattivo gusto e di poco buon senso, fare questo! Quando, poi, a tavola, non volendo svelare agli altri commensali di essere a dieta, si inventi una plausibile scusa a giustificazione dell’“occasionale” poca fame.

www.albertopresutti.it


Forte dei Marmi

L’estate nobile

R

iti e tradizioni che si ripetono da oltre un secolo. Forte dei Marmi riesce a conciliare le bellezze del suo paesaggio - mare pulito, lunghe spiagge di sabbia, pinete verdeggianti che costeggiano il litorale - con ottimi servizi turistici. Le “sabbie nobili” del Forte, cosi definite da un noto pr fiorentino che ogni anno vi organizza il più celebre dei concorsi culinari che si svolgano d’estate su una spiaggia, vedono alternarsi i personaggi del mondo dello spettacolo e della televisione al bagno Twiga (per pochi metri già nel comune di Pietrasanta) alle famiglie nobili e di industriali nei bagni Rosina, Piero e Giovanni. Che dire poi del bagno America, prescelto da una giovane nobildonna modenese per festeggiare una importante ricorrenza a fine agosto… già è partita la caccia all’invito. Tappe d’obbligo per l’aperitivo rimangono il caffè Morin e l’Almarosa, quest’ultimo di fronte a Villa Elena, l’hotel che più di tutti ha conservato il fascino della Forte dei Marmi di un tempo, gestito da più di un secolo dalla famiglia Czeczott. L’estate è appena iniziata ma già si favoleggia delle spumeggianti serate musicali e cinematografiche organizzate dalla famiglia Donati, proprietaria del Dalmazia, il bagno storico di Forte dei Marmi essendo confinante con la Capannina di Franceschi, che anche quest’anno sarà la protagonista della Versilia by night!

di Andrea Cianferoni

Nelle immagini in senso orario: Flavia Mercatali, Sandro Secci, Guglielmo Giovanelli Marconi Pinina Garavaglia e Domenico Savini Olimpia Rospigliosi Oletta Citterio, Olga e Giuseppe Ferrajoli Nobili al bagno Rosina Umberto Buratti, Mara Maionchi, Beppe Bigazzi Paola Baggiani, Laura Ferrari, Eugenio Virgillito,Chicca Calvino Chiara Moretti, Chicca Calvino, Luca Marchetti, Oletta Citterio Alessandro e Maria Francesca de Larderel Elettra Marconi con Giorgiana Corsini La famiglia Giovanelli con Marzio Forcella della Mirandola Massimiliano Kornmuller Domenico Savini, Margherita Casazza, Alessandro Billardello Vittoria Colonna di Stigliano, Natalia Strozzi, Girolamo Strozzi, Elisa Orioles Edoardo Fabbri, Tommaso Menchini Fabris, Valentina Babi Bertrand du Vignaud de Villefort


Palazzo Bartolini Salimbeni

Charleston e champagne

U

no dei party “vintage” più riusciti degli ultimi anni ha movimentato il centro storico di Firenze. Palazzo Bartolini Salimbeni, situato nella centralissima via Tornabuoni di Firenze, di proprietà del Principe Prospero Colonna di Stigliano, ha ospitato centocinquanta persone provenienti non solo dall’Europa, ma anche dal Sud America e dall’Australia, per la festa di compleanno della figlia Vittoria Colonna, giovane ed emergente regista italo-irlandese. Gli “Anni Venti”, tema prescelto dalla festeggiata, hanno scatenato la fantasia degli invitati, molti dei quali hanno tirato fuori dall’armadio frac, cilindri e bastoni. Una piccola folla di curiosi, fin dal tardo pomeriggio, si è raggruppata per fotografare gli ospiti accanto all’auto d’epoca parcheggiata sotto palazzo Bartolini Salimbeni, capolavoro dell’epoca tardo rinascimentale. Solo le prime luci dell’alba hanno interrotto questo sogno di mezza estate. di Andrea Cianferoni

Nelle immagini in senso orario: Paparazza anni venti La loggia del palazzo Vittoria e Lucrezia Colonna di Stigliano Prospero Colonna di Stigliano Tommaso Corsini Fabio e Vittoria Colonna di Stigliano col figlio Marcantonio Diletta Frescobaldi Una veduta dal palazzo Mariofilippo Brambilla di Carpiano Vittoria Colonna & friends Taglio della Torta Ospiti Diana Torrigiani, Diletta Frescobaldi, Ginevra e Lucrezia Basile Nike Borghese, Elettra e Guglielmo Giovanelli Marconi, Flavia Borghese Prospero e Frances Colonna di Stigliano con le figlie Lucrezia e Vittoria Vittoria Colonna


Frutto

Rosso Fragola TEXT Paolo Pianigiani PHOTO Alena Fialová

S

ono i primi versi della celeberrima canzone dei Beatles, Strawberry Fields Forever, che nel 1967 andò a far compagnia all’altra, scritta da Paul McCartney,

Lascia che ti accompagni Perchè sto andando ai Campi di Fragole Niente è reale e niente per cui stare in attesa. Campi di fragole all’infinito John Lennon Penny Lane. “Strawberry Field” era il nome di un orfanotrofio situato in Beaconsfield Road, nei pressi di Liverpool, vicino alla casa d’infanzia di Lennon. Un modo struggente per ricordare l’infanzia, come luogo di sottili felicità, impossibili da dimenticare. Ma partiamo dall’inizio: da sempre le fragole hanno addolcito la vita degli uomini, con il loro sapore e la loro fragranza. I latini la chiamavano Fragaria vesca, a indicarne il profumo e la morbidezza. Per i greci, soliti sognare, le fragole non sono altro che le lacrime di Venere, quando conobbe la sorte dell’amato Adone, il bellissimo cacciatore ucciso da un cinghiale. E in effetti, la forma della fragola fa ricordare quella di un cuore, dove da sempre si pensa aver dimora il centro dei sentimenti e delle passioni umane. Virgilio invece avverte i giovani che frequentano i boschi alla ricerca dei fiori e delle fragole, di guardarsi dai serpenti, sempre in agguato fra le erbe. Una tradizione popolare, giunta fino a noi, insegna a raccogliere le foglie della fragola la notte di San Giovanni, il 24 giugno, per poi farle seccare e intrecciarle in una cintura, per tener lontani proprio i serpenti. Shakespeare le adorava, definendole “cibo delle fate”. Ma il primo ad andarne pazzo fu il Re Sole, che per primo apprezzò le nuove fragole provenienti dalle Americhe. Erano di dimensioni maggiori e ordinò ai suoi giardinieri di Versailles di piantarle ovunque fosse possibile.

Lo svedese Linneo, padre della moderna botanica, le definì “bene di Dio”, affermando che erano un incomparabile rimedio contro la gotta. E il colore rosso, dalle tante sfumature, così tipico nelle fragole, divenne argomento principe per la simbologia cristiana, avvicinandole al sangue e alla passione di Cristo. E ancora Bosch, il pittore ricco di fantasia, riempie il suo Giardino delle delizie che si trova al Prado, di ogni sorta di fragole, grandissime come idoli e minute come gioielli, nascondendo dentro questi doni della natura significati misteriosi, che

sorridono però all’esoterismo e all’eros. Ma nell’immaginario popolare la fragola rappresenta anche la fedeltà nell’amore. Non a caso il fazzolettino ricamato che il gelosissimo Otello regalò alla povera e incolpevole Desdemona, era pieno di fragole. E infine, parliamo di sogni: se per caso vi succede di sognare fragole, siete proprio fortunati. Entro l’anno vi arriveranno soldi e regali a non finire da una persona, di cui non conoscete nemmeno l’esistenza. Almeno così dice un antico libro che spiega i significati premonitori e futuribili delle nostre misteriose visioni notturne.


© Foto Alena Fialová


Miti e Leggende

I

l regno delle Gorgoni era ai limiti estremi del mondo e confinava con il Regno della Morte. Una spiaggia desolata si apriva davanti alla grotta fatale. Quando Perseo vi giunse dal mare, sui sandali alati, era notte. Nel silenzio pauroso della landa si alzavano innumerevoli statue di marmo, che parevano fantasmi, disseminati sulla pianura; erano tutti gli uomini e gli animali che lo sguardo di una delle Gorgoni, Medusa, aveva trasformato in pietra. In fondo alla spiaggia, livida di spettri, si apriva la grotta ove le Gorgoni vivevano. Perseo vi si accostò cautamente mentre le orrende sorelle dormivano. Medusa era accovacciata all’ingresso della caverna; sull’enorme volto si vedevano un largo naso e due orecchie deformi, una bocca ributtante armata di lunghi denti simili alle zanne di un cinghiale. Sulla fronte scura si ergevano, in forma di capelli innumerevoli vipere sibilanti e aggrovigliate fra di loro. Le braccia del mostro erano di bronzo, lunghe ali d’oro uscivano dalle sue spalle. I suoi occhi, che in quel momento erano chiusi, avevano su tutti gli esseri animati il potere di pietrificarli, e la sua voce, simile al ruggito di una belva, incuteva terrore in chiunque la udisse, sia pure anche da lontano. Perseo, approfittando di quel sonno, che intorpidiva Medusa e le sue vipere, si avvicinò lentamente, tenendo voltato il capo in modo che, se la donna mostruosa si fosse svegliata, il suo sguardo non lo colpisse. Quando le fu accosto, dispose lo scudo d’argento che gli aveva mandato in dono Minerva, in modo da farne uno specchio e, senza guardare direttamente Medusa, vibrò un colpo possente sulla testa di lei. La testa cadde a terra di colpo, e nel sangue che ne sgorgò nacque un cavallo alato, Pegaso, che se ne volò in cielo. Perseo fu lesto ad afferrare per i serpentelli viscidi, la testa del mostro e a gettarla nella bisaccia profonda di cui si era munito. Intanto le altre Gorgoni Euriale e Steno, si erano svegliate e stavano per gettarsi su di lui. Ma il casco donatogli dalle Graie salvò l’eroe, rendendolo invisibile. Le Gorgoni, infatti avevano un bel lanciarsi urlando sulle sue orme per vendicare la morte della sorella, ma non vedendo dove l’invisibile eroe correva, dovettero ben presto rinunciare ad inseguirlo. Perseo volò fino alla fine del giorno. E mentre volava, dalla bisaccia dove stava nascosta la testa di Medusa, cadevano infinite gocce di sangue, che arrivando sulla terra, si trasformavano in serpi. Quando venne la notte, Perseo si fermò. E discese col suo tragico fardello sanguinante, nel regno di Atlante, presso il giardino delle Esperidi, fiorito di alberi meravigliosi carichi di frutti d’oro.

erseo e edusa P M



C T

E

Centro Toscano Edizioni


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