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I’M Glam A volte succede. Che l’alto e il basso e si tocchino, che il lusso e il mercato di massa si incrocino, che l’haute couture e il packaging si uniscano e producano valore. Succede, soprattutto quando i protagonisti della nuova edizione di Nivea Glam sono una crema cult e un couturier visionario come Antonio Marras. Sonia Pedrazzini Lo stile di Marras è inconfondibile, sia nel mondo della fashion - di cui rappresenta un caso unico in Italia per la sua idea di moda fantasiosa ed anticonformista - sia nelle altre attività culturali ed artistiche in cui questo infaticabile creativo si impegna costantemente. Gli elementi chiave del suo lavoro sono il racconto, l’ornamento e il recupero della manualità artigiana. Alla base di ogni collezione c’è sempre uno spunto narrativo, una storia, spesso incentrati su personaggi e vicende legati alla Sardegna, il luogo in cui ha scelto di vivere e lavorare, lontano dalle grandi città e dai centri più importanti del mercato economico. I temi ricorrenti e più profondamente sentititi sono quelli dell’identità e della differenza, del viaggio, della nostalgia, della perdita, ma quello
che poi dà voce alla forma dell’abito, il suo aspetto comunicativo, è l’ornamento, per il quale lo stilista dichiara una sfrenata passione. Grazie all’ornamento la forma può coinvolgerci emotivamente e fisicamente; da qui una moda, quella di Marras, prodiga di particolari e dettagli, opere sartoriali che richiedono tecniche di esecuzione straordinarie e che spesso fanno appello alla sapienza delle artigiane di Ittiri, depositarie della tradizione del ricamo sardo. Racconto, ornamento, manualità artigiana. Gli stessi ingredienti Marras ha usato per ridisegnare il packaging della “special edition” della crema Nivea. Protagonista di questa storia è una
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figura femminile stilizzata, dall’aria retrò e dallo sguardo sognante, che cambia abito pagina dopo pagina, ma dagli oblò perforati fa sempre capolino la mitica creme, ridisegnata con maxi pois bianchi su fondo blu, finché, nell'ultima pagina, la Niveadoll prende addirittura vita: si può infatti estrarre dal libro per giocare a vestirla come le bambole di carta di un tempo. Il book è chiuso da un nastro di tela bordeaux ed è contenuto in una shopping bag in canvas ecrù, che sembra disegnata a mano. Il tutto ha un’aria estremamente raffinata ed artigianale, ed è prodotto in serie limitata, 2000 pezzi numerati posti in vendita al prezzo di 30 euro. Una Nivea troppo costosa? Un accessorio Marras assai economico? Non importa quale sia la risposta, in questo caso la favola è happy ending, perché sia il compenso dello stilista sia il ricavato delle
vendite saranno devoluti a sostegno di un importante progetto di Emergency: la creazione di una corsia chirurgica pediatrica all'interno dell'ospedale di Lashkargah, in Afghanistan. Antonio Marras, hai “vestito” con il tuo stile la confezione di un prodotto storico e popolarissimo come la crema Nivea. Puoi spiegarci come è nata questa collaborazione? La proposta di inventare un’edizione limitata della ultra-famosa crema Nivea è arrivata esattamente un minuto dopo che mi ero ripromesso di non accettare più nessuna proposta di collaborazione, causa esubero di lavoro: ma la simpatia istintiva che si prova verso quella crema bianca, quell’immagine così familiare e quel profumo inconfondibile hanno fatto sì che, ancora una volta, non mantenessi l’ennesima promessa fatta a me stesso! Per uno curioso e amante delle sfide come me era impossibile resistere alla tentazione di “dissacrare” questa vera, immutabile icona: esiste qualcuno al mondo che non conosca il barattolo di latta blu con la scritta bianca, da oltre 50 anni sempre lo stesso, presente in tutte le case del mondo? Non è un caso, infatti, che abbia voluto lavorare proprio sulla confezione più classica, escludendo da subito le versioni da borsetta, molto carine e pratiche, ma già troppo “fashion” e moderne rispetto al progetto che avevo in mente. La prima idea istintiva è stata quella di “sporcare” il rigore del monocolore blu con pois bianchi e con una textura densa al tatto: pensando ad una scatola che la contenesse, pian piano è venuta fuori l’idea di un libro-oggettobambola, che prende vita pagina per pagina. A progetto terminato, si
potrebbe dire che il contenitore ha quasi preso il sopravvento rispetto all’oggetto originale su cui ci era stato chiesto di lavorare, tenendo conto anche del fatto che il tutto è contenuto in una shopping di tela ecrù con stampa effetto manuale. Parlando di packaging più in generale, che significato ha per te la confezione nel sistema del gusto contemporaneo? Per me, fondamentale! Mi è capitato di acquistare cose e oggetti solo perché completamente affascinato dall’involucro che li conteneva e totalmente disinteressato al contenuto… Del resto, da sempre pongo moltissima attenzione a tutto ciò che serve ad anticipare un argomento, a comunicare l’oggetto: fin dall’inizio ho investito molto, in termini non solo prettamente economici ma piuttosto di pensiero e di creatività, sugli inviti alle mie sfilate. Dal momento che tratto le mie collezioni come fossero storie da raccontare, le sfilate sono per me le sceneggiature del racconto e l’invito una sorta di introduzione. Lo stesso vale per il packaging. Cos’è il lusso? Uno stile di vita, la qualità dei prodotti, uno stato mentale... La parola lusso, presa in sé, non ha nessun significato: è un concetto troppo generico ed ampio per avere una valenza unica e comune. Il lusso inteso semplicemente come oggetto costoso mi sembra assai lontano dall’essere un fenomeno di massa, soprattutto in questi tempi decisamente di crisi: solo i palliativi del lusso possono essere così definiti. Personalmente, il lusso a cui ambisco di più è il tempo: non il tempo libero, si badi bene, ma tempo per riuscire a fare tutte le
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identi-kit cose che vorrei fare e a cui vorrei dedicarmi di più. Sempre più spesso il mondo della moda dialoga con quello dell’arte contemporanea; come vedi questo rapporto considerando anche le tue dirette esperienze personali, come la collaborazione con artiste quali Maria Lai, Claudia Losi, Carol Rama e gli eventi che ogni anno crei in occasione di Trama Doppia ? Credo che, oggi, queste categorie andrebbero in parte ridefinite; non è più una questione di prestiti o di influenze reciproche, quello che accade è che i confini tra arte e moda diventano sempre più sfumati, al punto che esiste tutta una fascia di esperienze intermedie, difficili da classificare nell’uno o nell’altro dei due ambiti. Personalmente, ho sempre sentito forte la necessità e l’importanza
di lavorare su spazi di autonomia creativa. La libertà è un lusso che mi permetto, per creare qualcosa di trasversale alla moda, qualcosa che nasca da momenti di vita indipendenti, come nel caso dell’incontro con Maria Lai o con Carol Rama. La loro modalità corrisponde in modo naturale a ciò che ho sempre creato. Di sicuro sono uno che ha la fortuna di fare ciò che più ama: un mestiere che mi permette di mischiare tutto, abiti, musica, teatro, cinema … Mi viene in mente un episodio che riguarda proprio Maria Lai. Una volta le dissi che avevo copiato un suo disegno. Mi ha risposto: “l’arte è un continuo rubare, non ti preoccupare, io rubo dappertutto. Nel momento in cui la rubi, l’opera diventa tua”: ecco, forse la relazione tra arte e moda potrebbe sintetizzarsi in questa immagine.
Secondo te, che ruolo ha assunto oggi la moda nella nostra società, e verso quali direzioni si sta evolvendo? La moda è uno dei mezzi più efficaci che abbiamo per autorappresentarci, quindi svolge una funzione importantissima, anche se per la maggior parte delle persone, compresi ahimè coloro che reggono le sorti dell’economia nazionale, è un gesto frivolo e insignificante. Ci permette di segnalare appartenenze etniche, politiche, ideologiche, culturali; ma ci permette anche di giocare con le apparenze, di costruire e decostruire l’identità che vogliamo offrire allo sguardo degli altri. Più importante ancora, attraverso la moda possiamo elaborare simbolicamente il cambiamento, il tempo che passa, la realtà che si trasforma con ritmi sempre più accelerati. Possiamo
accettare di lasciarci il passato alle spalle, di aprire la porta al presente, di guardare al futuro. Data la situazione economica critica che stiamo attraversando, il bisogno di moda è destinato a far leva sempre più sulla richiesta di prodotti caratterizzati da vera identità ed unicità progettuale. Da questo punto di vista l’Italia al momento non regge il confronto con altre realtà nazionali, che hanno fatto della sperimentazione e dell’innovazione formale i loro punti di forza. La possibilità di una crescita nel settore mi sembra quindi legata alla sua capacità di rinnovarsi potenziando la ricerca creativa. È ciò che mi auguro per il bene di tutto il settore, e per il suo positivo sviluppo futuro. Un ringraziamento particolare alla boutique Aglaja, Piacenza
I’M Glam Sometimes it happens that high and low meet in the middle, that luxury and the mass market intersect, that haute couture and packaging join forces and generate worth. It happens above all when the protagonists of the new edition of Nivea Glam are a cult cream and a visionary couturier such as Antonio Marras. Sonia Pedrazzini Marras’s style is unmistakeable, both in the world of fashion - where he is a unique case in Italy with his imaginative and unconventional idea of fashion - and in those other cultural and artistic activities in which this tireless creative man is constantly involved. The key elements of his work are the story, ornament and a revival of craftsmanship. At the root of every collection there is always a narrative idea, a story, often focussing on people and events linked to Sardinia, the place where he has chosen to live
and work, far from large cities and the most important centres of finance. Recurring and deeply-felt themes are identity and difference, travel, nostalgia and loss but what makes his clothes speak, what constitutes its communicative aspect, is ornament, for which the designer declares an unbridled passion. Thanks to ornament the form may involve us emotionally and physically. This leads to a genre of fashion, such as that of Marras, which is lavish with details, sartorial works which require extraordinary manufacturing techniques and often call on the knowledge of the artisans of Ittiri, keepers of the Sardinian tradition of embroidery. Story, ornament, craftsmanship. Marras has used the same ingredients in order to redesign the packaging for the special edition of Nivea cream. The protagonist of this story is a stylised female figure with a retro look and dreamy eyes who changes clothes on every page, while the legendary crème, redesigned with maxi polka-dots on a blue background, continues to peep out from the cut-out window, until, on the last page, the Nivea-doll actually comes into life. Indeed, she
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can be removed from the book and dressed like the paper dolls we used to play with. The book is held together with a ribbon made of burgundy cloth and comes in an ecru canvas shopping bag which appears to be hand-drawn. The whole has an extremely sophisticated and well-crafted look and is produced in a limited series of 2,000 numbered pieces sold at a price of 30 euros. It does not matter what the response is. In this case the fairy tale has a happy ending as both the designer’s fee and the sales profits will be donated to Emergency in order to back an important project: the creation of a children’s surgical ward at Lashkar-gah hospital in Afghanistan. Antonio Marras, you have dressed the packaging of a historic and highly popular product like Nivea cream in your own style. Can you explain how this partnership began? The offer to invent a limited edition of the ultra-famous Nivea cream arrived exactly one minute after I had promised myself once again never to accept another offer of work due to having far too much to do. But the instinctive liking I feel for this white cream, that oh-so familiar image and that unmistakeable perfume, meant that, once again, I was unable to keep the promise I had made to myself. For a curious person and style lover such as I am it was impossible to resist the temptation to “desecrate” this true, immutable icon. Is there anyone anywhere in the world who wouldn’t recognise this blue tin with its white lettering, unchanged for over 50 years, one of which is found in every home? Indeed, it is no coincidence that I wanted to work on the most classic packaging, excluding the handbag version, which is very pretty and practical, but already far too “fashion” and modern compared to the project I had in mind. The first instinctive idea was to “dirty” the severity of the blue with white polka-dots and to give it a texture thick to the touch. In concocting a box to contain it the idea gradually emerged of a book-object-doll who comes to life on every page. In the end one might say that the container has almost got the upper hand compared to the original object we were asked to work on, taking into account the fact that it all comes in an ecru canvas
shopping bag with a print that looks handcrafted. Speaking of packaging in more general terms what does packaging mean to you within the context of contemporary taste? For me it’s fundamental! I have bought things merely because I’ve been absolutely fascinated by the packaging that contained them and totally uninterested in the content… On the other hand, I have always paid a great deal of attention to what is required in order to announce and communicate the object. From the very start I have invested a great deal not just in economic terms but, above all, in philosophy and creativity, when designing the invitations to my shows. As I treat my collections as though they were stories to tell, the shows are the backdrop to the story and the invitation is a kind of introduction. The same thing goes for packaging. What is luxury? A lifestyle, product quality, a mental state… The word luxury, taken by itself, is meaningless. It is too broad and generic to have a unique and shared meaning. Luxury understood merely as a costly object seems to me to be very far from being a mass phenomenon, above all in these times of real hardship. Only luxury palliatives can be defined in those terms. Personally, the luxury I most aspire to is time: not free time, mind you, but time to manage to do all those things I would like to do and dedicate more time to. The world of fashion increasingly dialogues with that of contemporary art. How do you see this relationship considering too your direct, personal experience such as your partnership with artists like Maria Lai, Claudia Losi, Carol Rama and the events which you create every year on the occasion of Trama Doppia? I think that today these categories should be partly redefined. It is no longer a question of lending or reciprocal interest. What happens is that the boundaries between art and fashion become increasingly blurred to the point that there is a whole swath of intermediate experiences, difficult to classify in one or the other environment. Personally, I have always felt the strong necessity and importance of working on spaces of
autonomous creativity. Freedom is a luxury which allows me to create something which is transversal to fashion, something which emerges from independent moments in my life, as in the case of meeting Maria Lai or Carol Rama. Their mode corresponds naturally to what I have always created. I am certainly someone who is lucky to do what he loves: a job which allows me to mix everything, clothes, music, theatre, cinema… I have just thought of an episode involving Maria Lai herself. Once I told her I was going to copy one of her designs. She replied “Art is continuous theft. Don’t worry, I steal from all over the place. When you steal something the work becomes yours”. There, perhaps the relationship between art and fashion could be summed up in that image. In your opinion, what role does fashion have in our society and which direction is it moving in? Fashion is one of the most efficient means we have of self-representation and therefore it has an extremely important function, even though for most people, including, sadly, those who hold in their hands the fate of the Italian economy, it is a frivolous and insignificant act. It allows us to announce our ethnic group and political, ideological and cultural affiliations but it also allows us to play with appearances, to construct and deconstruct the identity we wish other people to see. More importantly through fashion we can symbolically elaborate change, passing time, the reality that is transforming us at an increasingly rapid pace. We can agree to leave the past behind, to open the door to the present, to look to the future. Given the critical economic situation we are forced to face, the need for fashion is destined to have more and more influence on the demand for products distinguished by true identity and unique design. From this point of view Italy is currently unable to compete with other countries who have made experimentation and innovation their strengths. Therefore, this sector’s potential for growth seems to me to be linked to its ability to renew itself by expanding its creativity. That is what I wish for the good of the sector and for its positive future development. Special thanks to the boutique Aglaja, Piacenza
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Trama Doppia Da tempo le griffe hanno capito che la qualità non sta solo nel prodotto, ma anche nella comunicazione della propria immagine: sempre piÚ spesso le sfilate di moda assomigliano a veri e propri spettacoli, con tanto di colpo di scena finale, mentre fashion victims e giornaliste di ogni dove si contendono inviti che sono piccole opere d’arte. Paolo Bazzani, art director per Antonio Marras e Kenzo, ci spiega che cosa significa esprimere, raccontare e rendere memorabile il lavoro di un grande stilista. Marco Senaldi photos by Laura Fantacuzzi
identi-kit Dietro al successo di una griffe di moda, oltre che il genio dello stilista, vi sono molte menti creative che restano spesso in ombra, ma il cui contributo è fondamentale. Si tratta di direttori creativi, grafici, scenografi, sound designer, videomaker, il cui compito è quello di sintonizzarsi sullo stile di una determinata collezione e riuscire ad esprimerne al meglio l’essenza, lavorando fianco a fianco con gli stilisti, e collaborando a stretto contatto con loro. Paolo Bazzani, classe 1965, riunisce nel suo studio, costituito nel 2003, dopo decenni di attività nel campo, tutte queste competenze e, da diversi anni, si occupa dell’immagine grafica e dell’allestimento delle sfilate per le collezioni di abbigliamento Antonio Marras Donna e Uomo e Kenzo Donna e Uomo, senza contare le tante altre attività collaterali. Grazie al suo approccio eclettico, è riuscito nel
tempo ad articolare un linguaggio personale e al tempo stesso in grado di restituire l’atmosfera culturale della collezione di riferimento. Gli inviti prodotti dallo Studio Bazzani sono veri e propri oggetti d’affezione, si va da quello con la ghirlanda di pane sardo, a quello che riproduce in facsimile le lettere dal carcere di Gramsci, a piccole giostrine di cartone, a flaconi con dentro la sabbia di Sardegna, a piccoli libri con pop up di farfalle multicolori. Pezzi ormai da collezione, contesi dagli appassionati che, insieme alle vere e proprie installazioni dinamiche che fanno da scenografia alla sfilata, contribuiscono a rafforzare l’immagine di marca e la sua identità complessiva. L’ispirazione artistica è sempre presente: in un caso i pois alludono al lavoro di Yaioi Kusama, in un altro una grande scultura di petali e fili di cotone, che a fine sfilata crolla sul pavimento con effetto teatrale, richiama le opere di Jesús-Rafael Soto; in un’altra occasione ancora i modelli sfilano in un ambiente post industriale e alla fine, da bottiglie giganti appese al soffitto, piove sabbia come da immaginarie clessidre ispirate alle installazioni di Bob Wilson… Abbiamo incontrato Paolo nel suo studio milanese e gli abbiamo chiesto di raccontarci come lavora e come arriva a realizzare le sue creazioni.
Antonio Marras e Paolo Bazzani, una liaison totalizzante e feconda... Com’è nato il vostro legame professionale? Ci siamo conosciuti quasi venti anni fa, grazie a un amico comune. Io stavo finendo l’ISIA a Urbino e Antonio iniziava a disegnare le prime collezioni di moda; ho iniziato allora a collaborare con lui come grafico, progettando il materiale promozionale, inviti, cataloghi per le linee che lui disegnava e che non avevano ancora il suo nome. Ho condiviso da subito la necessità e la voglia di Antonio di raccontare la storia e l’ispirazione che c’era nel progetto di ogni collezione per farle diventare un piccolo percorso narrativo attraverso gli inviti, gli show, i cataloghi e i video, e che ogni volta potesse coinvolgere emotivamente per il modo in cui venivano esplicitati. Proprio per questa necessità di coerenza e coordinamento della comunicazione, il mio coinvolgimento si è evoluto diventando un lavoro vero e proprio di art direction al fianco di Antonio e Patrizia, prima sul marchio Antonio Marras, in seguito sul
marchio Kenzo di cui Antonio è diventato il direttore creativo nel 2002 e anche su I’M IsolaMarras, la sua seconda linea. Quanto è importante il packaging per una maison - inteso sia come imballaggio per i prodotti (shopping bag, scatole, sacchetti, confezioni varie), che come modulistica e materiale per la comunicazione? L’importanza dei mezzi e degli elementi visivi che rappresentano una maison è enorme; sono l’abito che la maison indossa per farsi conoscere e ricordare. Per questo da sempre sul marchio Antonio Marras è stato scelto di investire tantissimo su questi elementi, anche sperimentando forme, colori e materiali particolari che possano generare l’enfasi necessaria per la comunicazione degli eventi. Come si sviluppa il progetto di un invito, a cosa si ispira e quali sono le tecniche e i materiali più usati nella loro realizzazione? Sempre il progetto nasce dalla storia, dall’ispirazione che Antonio individua
quello in cui la narrazione ha sempre lo struggimento della nostalgia, ed è spesso legata a storie di personaggi incredibili, spesso border line; per questo marchio vorremmo che i progetti risultassero emotivamente e sentimentalmente coinvolgenti, toccando le corde di un messaggio poetico sempre stratificato a livello concettuale. I’M IsolaMarras, è un marchio più semplice, più immediato, legato alla natura, fresco come una poesia in rima. La comunicazione è più ludica, ed esiste anche una mascotte, “Peppeddu”, un cagnolino disegnato con pochi tratti, presente in tutta la comunicazione e abbinato ad immagini assemblate a collage per raccontare le sue “avventure”. Qui la
per il progetto della collezione. Può essere un personaggio, un periodo storico, un elemento geografico, che ovviamente varia di volta in volta, a seguito di un brief messo a punto insieme. Il nostro lavoro di progettazione inizia con ricerche storiche e iconografiche molto approfondite e da qui si elaborano una o più idee da sottoporre ad Antonio; queste spesso vengono rimesse in discussione e modificate fino ad arrivare alla soluzione definitiva per l’invito, la scenografia e la regia dello show il cui coordinamento, e la coerenza con la collezione che andranno a rappresentare, deve essere ottimale. La carta, il cartoncino, e la cartotecnica sono sempre presenti, ma, variando sempre le tematiche, si apre anche la possibilità di sperimentare i materiali e le forme più disparati. Ci siamo divertiti molto con cose impensabili, per esempio stampare su lastre di ferro
arrugginito, oppure imprimere a secco una lastra di piombo, o ancora annegare un cartoncino stampato sotto uno strato di cera, usare scatoline dalle forme diverse, bottigliette, oggetti riadattati, ecc. Com’è facile immaginare, è enorme l’importanza di lavorare con stampatori flessibili che si appassionino al progetto e che mi aiutino a cercare le soluzioni migliori per realizzarlo; mi piace molto che ognuno sia coinvolto appassionatamente per la sua parte, a questo punto il lavoro diventa rappresentativo di tutte le maestranze coinvolte e ognuno potrà mostrarlo con orgoglio. Quali sono i codici comunicativi e lo stile che caratterizza la comunicazione per i diversi marchi Antonio Marras, I’M, e Kenzo? Si tratta di tre marchi con identità molto diverse: Il marchio Antonio Marras è il più poetico e romantico,
manualità e la gestualità sono elementi importanti usati nelle illustrazioni e nei caratteri. Kenzo invece è un marchio storico, con una forte identità propria, che Antonio ha trattato molto intelligentemente rinnovandone ed enfatizzandone a suo modo gli elementi caratterizzanti, quali il viaggio, le stratificazioni culturali, il metissage. L’ispirazione delle collezioni è sempre legata a un luogo geografico, a un’idea di esplorazione, e di conseguenza anche la comunicazione di questi eventi racconta in modo sorprendente queste tematiche. La sorpresa, infine, è uno degli elementi più importanti di questo universo.
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Dual Approach For some time now the designer labels have understood that quality does not only lie in the product, but also in the communication of ones image: all the more fashion shows are taking on the vestige of show-events true and proper, with a final coup de théâtre, while fashion victims and journalists from all sides vie for invitations that are small works of art. Paolo Bazzani, art director for Antonio Marras and Kenzo, explains to us what expressing, recounting and making the work of a great fashion designer memorable is all about. Marco Senaldi Behind the success of a fashion designer label, as well as the genius of the fashion designer, there are many creative minds that often remain in the shadows, but whose contribution is fundamental. These are art directors, graphic artists, set designers, videomakers, that have the task of tuning into the style of a given collection and managing to best express its essence, working side-by-side with the fashion designer, closely cooperating with the same. Paolo Bazzani, born in 1965, combines all these skills in his studio, set up in 2003 after decades of activity in the field, and for several years now has been dealing with the graphic image, preparation and setup of fashion shows for Antonio Marras Womens and Menswear and Kenzo Womens and Menswear, without counting the many other associated activities. Thanks to his eclectic approach, he has managed in time to formulate a personal language while at the same time being able to render the cultural atmosphere of the main collection. The invitations produced by Studio Bazzani are true and proper fancy objects, going from that girded with Sardinian bread, to that offering a replica of Antonio Gramsci’s prison notebooks, to small cardboard mobiles, little bottles containing sand from Sardinia, to booklets with multicolor butterfly pop-ups. These have become collectors pieces, vied for by connoisseurs, that, along with the true and proper dynamic installations that offer the setting for the fashion shows, contribute to
reinforcing the brand image and its overall identity. The artistic inspiration is always present: in one case the pois allude to the work of Yaoi Kusama, in another a huge sculpture of petals and cotton threads, that at the end of the show collapses to the floor with a theatrical effect, alludes to the works of Jesús-Rafael Soto: in yet another occasion the models parade in a post industrial environment and at the end sand rains down from a giant bottle hanging from the ceiling like an imaginary hourglass inspired by the installations of Bob Wilson…. We met Paolo in his Milan studio and we asked him to tell us how he works and how he goes about making his creations. Antonio Marras and Paolo Bazzani, a totalizing and fecund liason… How did your professional fellowship come into being? We met up almost twenty years ago, thanks to a common friend, I was finishing the ISIA at Urbino and Antonio was starting to design his first fashion collections; it was then that I began working with him as a graphic designer, designing promo material, invitations, catalogues for the lines he was designing though still not bearing his name. Right from the start I shared Antonio’s wish to recount the story behind and the inspiration that went into the designing of each collection turning them into small narratives via the invitations, the shows, catalogues and videos, so that they were always emotionally involving in the way that they were represented. Due to this very need for coherence and coordination in the communication my involvement evolved becoming a job true and proper of art direction alongside Antonio and Patrizia, firstly on the Antonio Marras brand, and following that for the Kenzo brand for which Antonio became art director in 2002 and also on I’M IsolaMarras, his second line. How important is packaging for a fashion house meaning both product packaging (shopping bags, boxes, other bags, various packs) as well as stationery and material for communication? The importance of the means and the visual elements that represent a fashion house is enormous; they are the house’s cladding by which it is recognised and remembered. This is why a lot has been invested on these facets, also experimenting special shapes, colors and materials that can generate the necessary emphasis for communicating events.
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How do you develop the project of an invitation, what are you inspired by and what are the techniques and materials most used in the making of the same? The project is always born out of the story, the inspiration that Antonio locates for the collection project. It may be a personality or historic figure, a historic period, a geographic element, that obviously changes each time, following a brief we draw up together. Our design work begins with an in-depth historic and iconographic research from which one ore more ideas are devised to be submitted to Antonio: these are often questioned and modified up to reaching a definitive solution for the invitation card, the show setting and the coordination of the same, where the coherence with the collection they are to represent must be optimum. The paper, cardboard and converting techniques are always present but with ever varying subject matter, one has the possibility of experimenting with the most disparate forms and materials. We have had a lot of fun with the most unlikely things, for example printing
on rusty iron plates, or dry printing a lead plate, or again covering printed paper with a layer of wax, using differently shaped boxes, bottles, re-adapted objects etc. As can be easily imagined, the importance of working with flexible printers who get involved with the project and that help me find the best solutions for attaining the same is enormous; I am really keen on the fact that everyone is passionately involved for their part, at this point the work becomes representative of all the craftspeople involved and everyone can show this with pride. What are there communicative codes and styles that characterise the communication for the various Antonio Marras, I’M and Kenzo brands? These are three brands with very different identities: the Antonio Marras brand is the most poetic and romantic, that where the narration always has the yearning of nostalgia, and it is often associated with stories of incredible characters, often borderline; for this brand we want the projects to be emotionally
and sentimentally involving, touching the strings of a poetic message as ever stratified on a conceptual level. I’M Isola Marras is a simpler, more immediate brand, associated with nature, as fresh as a rhyming poem. The communication is more playful, and the brand also has its mascot, “Peppeddu”, a sketchily drawn puppy, present in all the communication and accompanied by assembled pictures and collages that recount his “adventures”. Here the style and the gestuality are important elements used in the illustrations and characters. Kenzo in turn is a historic brand, with a strong personal identity, that Antonio has dealt with very intelligently revamping and emphasising its characterising elements, such as the journey, the cultural stratification, the métissage, in his own way. The collection is always inspired by a geographic area, an idea of exploration, and consequently the communication of these events also recounts this subject matter in a surprising manner. After all surprise is one of the most important elements of this universe.