Rethinking happiness: nuove strategie insediative per Marocco

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Università IUAV di Venezia FACOLTA’ DI ARCHITETTURA PRODUZIONE DELL’EDILIZIA anno accademico: 2010-2011

DAVIDE FIOROTTO

Rethinking happiness: nuove strategie insediative per Marocco Relatore: Prof. D’Ambros Matteo



Università IUAV di Venezia FACOLTA’ DI ARCHITETTURA PRODUZIONE DELL’EDILIZIA anno accademico: 2010-2011

Rethinking happiness: nuove strategie insediative per Marocco

Relatore: Prof. D’Ambros Matteo

DAVIDE FIOROTTO matricola: 264194



Rethinking happiness: nuove strategie insediative per Marocco

Manifesto per la metropoli nordest L’ area centrale veneta

Caso di studio: Marocco

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Rilievo del territorio

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Esplorazione territoriale

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Strategie e progetto per il territorio

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INDICE

Introduzione


Introduzione testo tratto da: ÂŤManifesto per la metropoli nordestÂť di Gigi Copiello con segni e disegni di Aldo Cibic editore Marsilio 2007


Manifesto per la metropoli nordest

Voglio partire da questi estratti di un testo che ho letto in questi ultimi mesi. Si tratta del manifesto provocatorio del sindacalista vicentino Gigi Copiello per il territorio del Nordest, che affronta il tema della metropoli. Ho scelto queste brevi parti, prima di introdurre al mio lavoro di tesi, perchè le ritengo stimolanti per gli argomenti che verranno successivamente trattati.

«Vista panoramica», dissero a mio padre del lotto di terra per fare la casa. Si vedevano, infatti, le colline che dalle Prealpi scendono ad incrociare i colli Berici.

[...] Mia madre disse: «Tutti si fanno la casa». Mio padre stette zitto e non ci fu altra parola in proposito. Dopo due anni, mio padre disse a mia madre: «Vieni, la casa è finita». Primi anni Settanta. Lotte e riunioni. Si passava tutto il tempo in compagnia. Un delegato, uno dei migliori, uno dei più duri, ad un tratto sparì. Clandestino? No. Col fratello fecero la casa per entrambi. Gran casa, gran case. E siccome i soldi prima non c’erano e poi non bastavano, “nei ritagli di tempo” via a dare il bianco, in casa d’altri. Finita la casa, rientro nelle lotte e nelle riunioni. Abbiamo lavorato come matti, giorno e notte, lavorativi e festivi, fino a perdere il senso del tempo. È tutta roba nostra. Una casa. Un capannone. Un negozio. Un ufficio. Una strada. Poi un’altra casa. Un capannone più grande. Abbiamo alzato muri davanti, di dietro, di fronte, di lato. Fino a non vederci fuori da nessuna parte. Fino a non vedere più niente.

Ma già mio padre toglieva la “vista panoramica” alla villa di fronte. Adesso, la vista fa il giro tra: la villa, un gran condominio, due quadrifamigliari, due unifamiliari. Più in là la circonvallazione. Al di là, case, condomini, centri commerciali. Monte Berico è sparito. Vicenza è sprofondata. Quasi senza accorgersi. Perché tutto è capitato di corsa. Perché “non vorrai fare come a Milano” e le altre grandi città che intanto la televisione cominciava a mostrare. No. Noi siamo diversi. O meglio: noi eravamo diversi. Cosa oggi siamo, non lo sappiamo. Non sappiamo se siamo davanti, di dietro, di fronte, di lato. Non lo sappiamo.

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[...] La “grande livellatrice” si è abbattuta su spazio e tempo. “La vita di città” si è chiusa a tripla mandata dentro un appartamento, bloccata in un traffico sempre impossibile, rinserrata attorno ad uno schermo multimediale. “La vita di città” non ha più storia, memoria, stile. Solo “eventi”, ora tragici, ora drammatici, ora mondani, ora politici: qualche secondo, qualche minuto. Poi altri eventi. Infine, niente.

[...] Una zuppa. Un minestrone. Con tanti ingredienti buttati dentro tutti assieme. Che vanno su e giù con l’acqua che bolle. Che perdono consistenza e cedono sapore.

“La vita di città” è stata inghiottita dalla “metropoli”, che ha diviso, spappolato, ciò che prima era unito. “Vita di città” era un cerchio magico, che teneva assieme, in ogni punto, funzioni, ruoli, interessi e culture le più diverse. Un unico tempo (quello della chiesa o quello della fabbrica) ed un unico spazio (la piazza al centro della città) tenevano tutto assieme, come in un organismo. Anche il conflitto, che trovava nel “comune” il suo momento più alto di espressione, di rappresentazione, ma anche di mediazione e di decisione. Era per questo “comune” che la polis era eminentemente politica. La metropoli ha sezionato spazio e tempo: lo spazio è diventato funzione, area, all’insegna di una specializzazione che doveva essere autosufficiente. Fino al punto di essere, ciascuna, dotata di un tempo proprio. Non c’era (apparentemente) alcuna gerarchia. In realtà: era accettata quella gerarchia che trovava nel “centro finanziario” e nella “grande fabbrica” i due pilastri. La vecchia rappresentazione della politica era stata “lasciata” nei vecchi palazzi, il dimorare aveva trovato rifugio nei “quartieri dormitorio” o nelle “città giardino”. La cosa aveva comunque una sua utilità ed un suo fascino: aveva liberato forze produttrici di una grande produzione di ricchezza. Detroit nasce attorno a Ford, Chrysler e General Motors, Torino attorno alla Fiat. La metropoli è il nuovo Eldorado, capace di produrre e distribuire ricchezza come mai avvenuto prima, in decine di migliaia di anni di storia dell’uomo. Non solo, ma dentro strutture di massa aveva prodotto una straordinaria libertà individuale. Walter Benjamin cita un rapporto della polizia scritto nel 1798 che lamenta come la sorveglianza sia diventata impossibile perché «ogni indivi-

Una volta, per andare all’Università, si andava tutti a Padova, eccezion fatta per gli “artisti” a Venezia e i “matti” a Trento. Oggi le Università son otto e le sedi quarantotto! Comunque più delle province e delle sedi vescovili. Per vedere le prime dei film, si andava in città. Oggi ci si incolonna verso le Piramidi o in direzione delle zone industriali. Se c’era una corsa, a piedi o in bici, si prendeva la campagna o s’andava per colline e montagne. Oggi la maratona si fa a Venezia e con le bici si attraversa il “Corso”. Da Vicenza a Belluno, che fanno confine, conviene andare per Padova-Venezia e Treviso. Da Treviso a Venezia, conviene... non farla. Per prendere l’aereo, occhio alle strade! Neanche le capre, a questo punto, si ritroverebbero. Anche gli istinti più primordiali risulterebbero inutili. Non è la metropoli, un centro che è cresciuto fino a travolgere ed inglobare ogni periferia o altro centro. Se così fosse, rimarrebbe un senso. O almeno una traccia di senso: la city, la cité, il burg, piazza Duomo se volete. Un senso più evocato che reale. Ma pur sempre evocativo. Al punto da consentire una qualche consapevolezza di cos’era, com’è stata e (forse) come sarà. Una zuppa di città. Nata e cresciuta sotto il motto omnia confundar. In un processo dove nessuno ha diretto, ma dove tutti sono stati direttori, è andata persa ogni direzione. E stato rotto ogni ordine, naturale o artificiale che fosse. Il paradigma: per trovare la “Fabrica” bisogna cercare un po’ di verde, trovare una splendida villa del Settecento e incontrare gruppi di ragazzi di ogni parte del mondo che giocano a inventarsi chi sa cosa.

duo, sconosciuto agli altri, si nasconde nella folla e non abbassa gli occhi di fronte a nessuno»1. È la folla che fa muro, che «nasconde», che confonde ogni tratto caratteristico e ti rende «sconosciuto».

Benvenuti a Nordest! Città invisibile. Metropoli improbabile.

1 W. Benjamin, The Arcades Project, Cambridge, Harvard University Press, 2000.

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Ma è qui, proprio qui, che nasce l’individuo, liberato da ogni determinazione data e imposta una volta per sempre. Questa nudità è la sua forza: è quello che è, quello che vuole essere, anzi, «nessuno» gli può dire, ordinare, imporre nulla. L’aria della metropoli rende liberi. E «non devi abbassa-

Sarebbe, invero, un progettista pazzo, costui che ci ha consegnato a questo caos. Un caos che ha nel dissesto del territorio la sua configurazione plastica e nelle non-decisioni delle politiche il suo vocabolario. Eppure, questo caos non è figlio del caso. C’è di più, oltre la cortina di smog che nulla lascia vedere. In capo a strade che non conducono da nessuna parte. Nella confusione che, al momento, regna nelle nostre povere teste. Oltre, in capo, in testa, ci siamo noi. Noi, al plurale.

re gli occhi di fronte a nessuno».

[...] In questo viaggio siamo compresi tutti. Compresi noi, abitanti di questo Nordest. Il nostro viaggio, di ieri e di oggi, ci ha condotto qui. A questa metropoli policentrica. Se qualcuno dice che detta affermazione è una contraddizione in termini o, sragionamento per sragionamento, un casino, rispondo che ha perfettamente ragione. Ma solo un folle può mettere le braghe al mondo e venire a capo di tutto. Se si è ragionevoli, si prendono le cose per quello che sono. Diverse, divise, complicate, difficili. Come la nostra metropoli policentrica del Nordest. Che, poi, non è neanche produzione di oggi, caso e caos del momento. Viene da lontano. È una Gran Storia. È tutt’altro che cronaca.

[...] Eppure il Nordest è ancora in tempo a fermare la corsa, ad arrestare lo scivolamento. C’è, seppur ormai quasi distrutto, ancora un tessuto su cui operare. In altro modo, in maniera alternativa. E ormai evidente il disastro rappresentato dalla “città infinita”. Appartengono però al passato tanto la città quanto la metropoli. Ma appartengono ancora al presente, qui a Nordest, realtà che possono essere l’alternativa alla “città infinita”, senza cadere nel retorico dell’antico. Ci sono spazi che sono ancora luoghi, ci sono distanze che non sono ancora annullate, ci sono tempi che sono ancora diversi. Questo è ancora il Nordest. La “grande livellatrice” ha già fatto un gran lavoro, ma non ha ancora finito. Il “policentrismo” è la bestia nera della grande livellatrice. Ha impedito la metropoli. Ha impedito ogni forma metropolitana qui a Nordest. Può essere, nel suo velleitarismo, seppellito nella “città infinita”. Ma la può mettere in crisi e può disegnare un altro vivere.

[...] Se alziamo la testa e riflettiamo su di noi. Se non ce la facciamo raccontare da altri, a loro uso e consumo. Se leggiamo oltre il caso e il caos, vediamo quel che siamo ed eravamo: i poli della metropoli. Un polinmetro. Un polinmetro da sette milioni di abi¬tanti. Che non manca di nulla ed è al posto giusto. Che è cresciuto (altro che miracolo veneto! Solo l’ignoranza altrui poteva stupirsi delle capacità nostre! Ma perché abbiamo consentito all’ignoranza altrui? Solo per pagare meno tasse?) E crescerà ancora.

[...] Chiunque consideri il Nordest oggi, inclina ad ammirare la potenza, del caso. S’è già detto. Quello che viviamo non è un mondo nato da un modello ideale. Non c’è, né c’è stato, progetto.

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Come crescerà, sta a noi, polinmetro, decidersi e decidere. A nessun altro. Sta a noi accontentarsi della zuppa. Della zuppa di metropoli che, in buona parte, già siamo. Se sarà così, se la mangeranno soprattutto gli altri, che passeranno per i “corridoi” di questa grande periferia decaduta. Oppure sta a noi mettere i puntini sugli i. Sugli i dei poli. Alzando, sollevando, specializzando i poli. Avendo come confronto l’unico che conta: il meglio al mondo.

era già questa garanzia, certezza di valore. Le altre scuole, le altre fiere, gli altri posti non valevano di più. Erano solo più vicini. Bisogna ristabilire queste differenze, in tempi dove non valgono più le differenze di tempo e di spazio. È questo che offriva la metropoli: dentro il suo caos, dentro la sua invivibilità, punti che sono vette, slarghi che sono squarci, tempi che sono eterni. Per questo valgono la pena di essere vissute. E sono cercate. Questi “materiali” esistono ancora, qui a Nordest. Vanno liberati dagli ingombri attorno, vanno ristabiliti unici contro copie e contraffazioni, vanno rialzati se sono piegati. Questo è possibile, perché non sono materiali “inerti”, ma materia viva, “vocazioni”. Tutt’ora vive. Vicenza ha conosciuto tutti i fatti e misfatti legati al prodotto più volubile: la moda. Dalla seta alla lana, al cotone, storie infinite di successi e catastrofi. Pareva infine finita, con la fine di Lanerossi e Marzotto. Pareva che il filo fosse finito, per sempre. Pareva che toccasse al tondino. Ma c’è qualcosa che conta nel mondo quanto un Diesel o un Dainese? Padova è ancora la prima università al mondo. Non nelle classifiche, ma nella storia. Ma dentro stormi di lauree fasulle, di studenti di casa, di professori per casta, emergono ricerche che fanno testo e ricercatori ricercati da tutto il mondo. Fuorché in Italia. Su questi, e su altri nodi va costruita questa nostra metropoli. Curando le reti, ma ristabilendo i nodi. Un nodo, uno solo, vale una fortuna. Ma ce bisogno di una fortuna per “fare” un nodo. Selezionare, concentrare, specializzare: queste sono le “politiche” da fare. Dal centro alla periferia.

[...] Perché, e questo è il punto di forza, abbiamo tutto. Tutto abbiamo. L’eccellenza abita qui. Non sarebbe spiegabile il successo economico delle imprese, la loro eccellenza su scala mondiale, se le radici, le loro radici, non affondassero in un terreno adeguato. Spesso devono andare a fondo, sempre più a fondo, per trovare acqua che più sopra è sparita, per trovare alimenti quando sopra sono escrementi. E devono alzare le fronde, quasi scappar via, per trovar spazio quando attorno è ingorgo, per trovare aria quando sotto è smog. Ma resta, con tutto ciò, che qui sono, da qui partono, qui vivono. E per questo eccellono. Se c’è una minaccia, per loro e per noi, è la quantità industriale, ma proprio industriale, di merda ambientale, acca tastata da una storia finita. Di mediocrità, di copie, di fai si, a basso prezzo e senza più autore. Di piccoli affari, spesso malaffari, consumati nelle pieghe, cresciuti senza fatica, grossi e senza sapore come tutti i frutti di serra. Bisogna rompere, spazzare via, cambiare aria. E tempo di riandare ai tempi passati. Quando per andare all’Università si andava a Padova, per mercato grosso a Verona, per arte e turismo a Venezia, per monti a Cortina. E l’unicità, la distanza,

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L’ area centrale veneta

Dopo alcuni decenni in cui si è assistito ad azioni sul territorio spregiudicate e spesso dettate da interessi di parte, appare urgente ripensare un progetto che ristabilisca un equilibrio attraverso nuove regole condivise volte a un ridisegno complessivo dello spazio urbanizzato. L’Area Centrale Veneta (ACV) in particolare è stata ed è luogo di importanti progetti che ne hanno segnato profondamente la morfologia e modificato in modo irreparabile il paesaggio, offrendo un progetto di un futuro di sviluppo difficile quanto, a volte, incerto.

area centrale veneta compresa tra le città maggiori: Venezia-Mestre, Padova, Vicenza, bassano, Treviso

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al territorio e alla città prestazioni non sempre facilmente conciliabili: grandi strade-autostrade per gli attraversamenti veloci, ma anche piccoli centri antichi trasformati in salotti all’aperto; grandi centri commerciali come moderne piazze private e case isolate come rifugio per il proprio clan famigliare. Da un lato le mappe sempre più allargate disegnate sul territorio dagli spostamenti per il tempo libero, lo shopping, il lavoro; itinerari che usano in modo allargato il territorio, che disegnano traiettorie ampie ed articolate. Dall’altro il rifugio in ambiti ristretti e locali, dove alcuni luoghi, come la parrocchia, il bar, la palestra di paese/ quartiere, o anche la taverna e la vecchia casa colonica restaurata, diventano “luoghi della sociabilità”, luoghi nei quali ci si ritrova e riconosce. La trasformazione delle pratiche e degli stili di vita in un territorio caratterizzato da un fitto reticolo infrastrutturale, ha provocato un’esplosione e segmentazione degli spostamenti. Il territorio è sempre più attraversato utilizzando di volta in volta, a seconda del motivo, del mezzo e della meta, percorsi anche molto differenti. Sono cioè territori porosi, attraversati seguendo mille rivoli diversi e non solo alcuni pochi e principali “canali di traffico”. Le persone e le cose sembrano percolare nel territorio come l’acqua attraverso una spugna piuttosto che incanalarsi lungo alcune poche direttrici, alcuni pochi tubi. E’ ovvio che anche nel Veneto è possibile riconoscere alcuni importanti assi di scorrimento e attraversamento particolarmente utilizzati. Tuttavia rimane l’impressione che “sbrogliare questi nodi” non equivalga a dare risposta ai problemi di mobilità posti da questi territori: dare risposta ai problemi delle tangenziali significa probabilmente confrontarsi con i problemi della mobilità internazionale tra Est e Ovest, e questo ha poco a che fare con ciò che quotidianamente si muove nella vasta città-pianura, con una mobilità che sembra richiedere indagini, riflessioni e progetti infrastrutturali diversi. Nei processi di trasformazione che hanno investito il territorio veneto uno dei materiali utilizzati con maggiore frequenza ed insistenza è la casa isolata. Vaste porzioni del territorio sono caratterizzate dalla cospicua presenza di case isolate. La sua duttilità, la possibilità di essere utilizzata singola o in serie, organizzata in linee o superfici, per dare luogo a nuovi insediamenti, o anche per densificare e “compattare” vaste aree caratterizzate da discontinuità e frammentazione, consente di immaginare silenziosi luoghi residenziali, ma anche luoghi densi caratterizzati da quella mixité riconosciuta spesso come una delle caratteristiche principali e positive della città.

è qui riportato un estratto del libro «Tracce di città» di Stefano Munarin e Maria Chiara Tosi, che

raccoglie rilievi, ricerche ed esplorazioni sull’area veneta. Essi affermano che nel Veneto, il minuto e continuo processo di trasformazione, con la formazione di insediamenti frammentati e discontinui, è avvenuto in un territorio in cui la dispersione è carattere di lungo periodo, fenomeno preesistente e caratterizzante. Si potrebbe dire, quasi paradossalmente, che la dispersione e diffusione recente di case e fabbriche ha di fatto costituito una sorta di “densificazione della dispersione”. Questa ipotesi si lega all’idea che la recente trasformazione dispersa e pervasiva sia avvenuta e avvenga in un territorio già chiaramente infrastrutturato, antropizzato e predisposto ad accogliere nuove costruzioni (preparato fisicamente, ma anche culturalmente, nella struttura sociale ed economica). Rinvia all’idea che la dispersione non rappresenti un processo lineare, stabile ed irreversibile, ma che il processo di densificazione e dispersione assomigli piuttosto ad una marea che, con i suoi cicli di espansione, di contenimento e riduzione, lascia periodicamente nuovi depositi e nuove tracce su un territorio, una pianura in particolare, disegnata da una lunghissima storia umana. Sullo sfondo delle trasformazioni minute e pervasive che hanno interessato il territorio veneto, inteso come supporto di lungo periodo, si collocano politiche e progetti che hanno differentemente assecondato, influenzato, determinato, contrastato le stesse trasformazioni. Osservare il processo di trasformazione del territorio porta ad incrociare le trasformazioni sociali, consente soprattutto di rilevare le modificazioni nelle pratiche e negli stili di vita, riconoscendo, ad esempio, quale carattere rilevante la presenza simultanea, solo apparentemente contraddittoria, di un “uso allargato del territorio” e dell’esasperazione della propria “privacy-introversione”. Osservando le pratiche di vita quotidiane diventa interessante mettere in evidenza la compresenza e sovrapposizione di “geografie allargate” tracciate dalle diverse popolazioni che si spostano in questo territorio per lavorare, divertirsi, studiare, ecc. con “reti locali” definite dalle micropratiche sviluppate all’interno della casa-famiglia, all’interno della rete sociale locale in cui si svolge una parte significativa della vita trattenendo, richiamando e rendendo utilizzabile parte delle tradizioni culturali. Vivere immersi contemporaneamente in due reti che definiscono ambiti e geografie molto differenti, sembra essere una condizione al contempo normale e necessaria, la quale porta a richiedere

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CONFRONTI Veneto, Los Angeles, Randstad Holland, Orestat Regionen. Di ciascun territorio abitato si considera un quadrato di cinquanta chilometri di lato ed alcune sue misure: quanta popolazione ci abita e come è distribuita, quali figure territoriali è possibile riconoscere, quanti chilometri di strade, autostrade e ferrovie ci sono, come sono distribuite e come si relazionano con il territorio. La scelta delle tre aree con le quali confrontare il Veneto è legata ad alcune ipotesi. Los Angeles: spesso viene evocata come temuta o sperata fase finale dell’evoluzione urbana del Veneto; talvolta viene richiamata come un incubo, una sorta di “situazione limite”. Los Angeles diviene espressione massima dell’individualismo, della molecolarizzazione della società e dello spazio urbano, della separazione funzionale, paradigma della frammentazione spaziale. Randstad Holland: spesso è evocarla come situazione con alcune caratteristiche simili al Veneto: policentrismo, assenza di un’unica città capoluogo, articolazione regionale del lavoro, compresenza di reti di relazioni generali e identità dei nodi locali, ecc. In realtà, più che simile, questo è soprattutto un territorio dal quale si è cercato di imparare, al quale si è guardato come “esempio”, dal quale si

è cercato di riprendere suggestioni progettuali e politiche (ad esempio, l’idea di un policentrismo ordinato attorno ad un “cuore verde”). Se viene evocata come “situazione simile” in realtà è perché la si considera “ideale”. Orestat Regionen: la situazione, tra quelle esaminate, che allo stesso tempo più si avvicina all’area veneta in termini di superficie urbanizzata e di quantità di popolazione insediata e che più se ne distanzia per la configurazione spaziale: un insediamento più compatto e continuo, nel quale la città di Copenaghen svolge un ruolo preponderante. Una situazione alternativa al policentrismo veneto, che tuttavia mostra la possibilità di edificare tessuti insediativi compatti, lungo alcune principali linee ferroviarie, senza necessariamente rincorrere l’idea della concentrazione di servizi e funzioni in un unico punto centrale. La parola chiave è “situazione alternativa”, tuttavia “possibile”. Quattro tenitori abitati, ma caratterizzati da una diversa organizzazione dello spazio costruito, un diverso rapporto tra tessuto edificato e spazio aperto; una diversa dotazione e articolazione infrastrutturale con le forme di mobilità che a ciascuna di esse può essere associata; diverse geografie dei luoghi centrali.

Los Angeles: circa 10 milioni di abitanti

Orestat Regionen: circa 1,7 milioni di abitanti

Randstad Holland: circa 6,8 milioni di abitanti

Area Centrale Veneta: circa 1,6 milioni di abitanti

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Da questo confronto l’area centrale veneta appare come un territorio estesamente, ma non completamente abitato, dove si alternano continuamente spazio aperto e spazio costruito e dove una o più tessere di spazio costruito sono affiancate da una o più tessere di spazio aperto. Un territorio costruito utilizzando prevalentemente tessuti a bassa densità, mai però in modo omogeneo e continuo, sia per le frequenti interruzioni del tessuto, sia per la significativa mescolanza di funzioni. Un territorio caratterizzato da una capillare rete di strade secondarie che raggiunge ed alimenta l’esteso tessuto insediativo e gli innumerevoli luoghi centrali dispersi e frammentati, da una buona rete ferroviaria che però non riesce a stabilire adeguate relazioni soprattutto con i numerosi piccoli centri, da poche autostrade alle quali è affidato un ruolo di attraversamento più che di “servizio interno” all’area.

strade primarie: 2.400 km strade secondarie: 25.000 km

strade primarie: 5.700 km strade secondarie: 6.900 km

strade primarie: 7.500 km strade secondarie: 8.000 km

strade primarie: 600 km strade secondarie: 9.000 km

ferrovie: 290 km - stazioni 79 autostrade: 2.500 km - accessi 413

ferrovie: 280 km - stazioni 150 autostrade: 280 km - accessi 58

ferrovie: 350 km - stazioni 111 autostrade: 290 km - accessi 174

ferrovie: 300 km - stazioni 48 autostrade: 100 km - accessi 13

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A proposito del concetto di città diffusa, il professore Francesco Indovina nel 1990 con il suo libro così intitolato, svolge un’indagine sulla forma assunta dall’organizzazione del territorio nel Veneto centrale. Sostiene che non soltanto in questa parte del paese tale fenomenologia territoriale si manifesta, ma nel Veneto centrale essa ha assuntoun carattere vistoso. Si può affermare che la struttura territoriale dell’area centrale, così come oggi appare, è sicuramente diversa da quella passata, e dà luogo ad un fenomeno nuovo. Ci si trova di fronte a qualcosa di diverso dalla precedente struttura territoriale. Se in precedenza l’aggettivo “diffuso” qualificava l’urbanizzazione (urbanizzazione diffusa), oggi bisognerà trovare una nuova terminologia, tentativamente definiamo questa nuova struttura territoriale come città diffusa. In un certo senso la “città diffusa” ha alle spalle l’“urbanizzazione diffusa”, ma i due fenomeni si

È possibile descrivere la struttura urbana del Nord-Est italiano – dell’ACV in particolare – a partire da una semplificazione. Il suo sviluppo non segue il modello di un vasto e articolato addensamento attorno ad un nucleo storico consolidato, ma presenta una struttura urbana dispersa all’interno del territorio che ha assunto progressivamente la forma di una città diffusa, le cui caratteristiche principali, tra le quali la casa isolata su lotto e il sistema infrastrutturale dotato di un fitto reticolo di strade, sono state precedentemente trattate. Con il passare del tempo si è assistito a fenomeni di densificazione di varia natura e portata. Ad esempio, oggi è possibile riconoscere un’organizzazione del territorio che sembrerebbe avere un assetto policentrico, in cui i nodi degli affari, anziché essere nei centri storici consolidati, tendono a essere dislocati nei luoghi di intersezione delle principali vie di comunicazione e di interscambio tra flussi di diversa natura.

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presentano del tutto diversi, sia sul piano territoriale, che su quello economico sociale, e costituiscono stadi diversi di organizzazione dello spazio, ciò in conseguenza della riorganizzazione dei processi so- ‘ “ciò economici. Si è di fronte, cioè, al manifestarsi di un fenomeno reale nuovo che richiede qualche nuova elaborazione concettuale. In termini assolutamente schematici e in modo che può sembrare più allusivo che descrittivo, si può dire che le forme di organizzazione del territorio in esame sono passate attraverso tre stadi: • città incastonate in uno spazio agricolo; • città circondate da campagne urbanizzate (campagne, cioè, disseminate di edilizia abitativa e no); • un’unica grande città con intercluse alcune zone di campagne. Ciascuno di questi stadi fa riferimento a specifici cicli di sviluppo economico sociale e costituisce il risultando composito di attività finalizzate e di attività “spontanee”; essi corrispondono, inoltre, a modi diversi di reazione rispetto all’emergere di esigenze di tipo produttivo o all’insorgere di nuove aspirazioni sociali. Preme sottolineare, tuttavia, che quanto detto in precedenza, non ha il significato di prospettare un percosso fissato e predeterminato delle traformazioni nell’organizzazione dello spazio. Non si sostiene, cioè, che ogni forma di organizzazione del territorio deve necessariamente passare attraverso i tre stadi indicati; nè che necessariamente una data evoluzione della struttura economica comporti, in tutte le situazioni, un’identica trasformazione del sistema insediativo. Si è voluto indicare, soltanto, un percorso probabile e comunque un percorso che è possibile ricostruire nell’area oggetto di analisi.

Pare importante sottolineare che l’insieme dei processi danno come esito che il fenomeno della diffusione territoriale interessa una popolazione consistente. L’aspetto quantitativo, come vedremo, non è indifferente: nell’insieme, la popolazione che si disloca in quella che abbiamo chiamato città diffusa è numericamente consistente, pari a quella di una grande città. E’ proprio questo aspetto quantitativo che diventa determinante per spiegare le modifiche di qualità territoriale. Si è già segnalato che l’incontro (e talvolta scontro) della politica degli enti locali (sul piano urbanistico e dei servizi) con la “domanda” che derivava da una popolazione crescente e che si modificava in termini sociali e di “espereinza”, ha determinato una crescita della dotazione di infrastrutture e di servizi collettivi. Il fenomeno, ovviamente, non si presenta omogeneo nè dal punto di vista spaziale, né da quello settoriale. Questa maggiore dotazione di infrastrutture e di servizi inizia a dare tono urbano all’insediamento. Va detto che la città diffusa già oggi presenta connotazioni urbane ma risulta sotto standard, per così dire, rispetto alla città concentrata. La piena realizzazione di un effetto città, in sostanza, ha bisogno ancora di investimenti infrastrutturali e di dotazione di servizi.

L’inserimento nel contesto dell’urbanizzazione diffusa di servizi alle persone di tipo metropolitano (centri commerciali, ipermercati, grandi centri di vendita specializzati, attrezzature di divertimento 0 sportive di grande dimensione, ecc.), di attività produttive, di attività di servizio alle imprese (consulenza, centri meccanografici, disegnatori, ecc.), punti di vendita collegati direttamente con la produzione (o anche ad un’apparente produzione), quindi punti di vendita specializzati (per esempio: tutto luce), danno luogo ad una diversa configurazione dell’urbananizzazione a bassa densità.

L’urbanizzazione che ne risulta appare, così, sparsa, priva di un disegno e non sostenuta da un adeguata maglia di infrastrutture e di servizi. Essa si dirama dai centri abitati preesistenti, più o meno antichi, più o meno grandi, investendo il complesso del territorio, senza direttrici prevalenti, neanche a macchia d’olio perché molto spesso caratterizzata da soluzione di continuità. Si è cioè di fronte al fenomeno della campagna “costruita”, denominata urbanizzazione diffusa, tipica di alcune regioni, e segnatamente del Veneto. Questa dislocazione edilizia e di popolazione nel territorio risultava, anche per la sua matrice culturale, non collegata ad una pressante “domanda” di servizi. Proprio per questa caratterizzazione e per l’assenza di questa “domanda” questa fase dall’urbanizzazione diffusa si presenta come di basso livello: sono assenti anche i servizi di base e le stesse infrastrutture viarie sono carenti.

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Questa diversa configurazione dell’urbanizzazione a bassa intensità è quella che abbiamo chiamato città diffusa. Tale fenomenologia territoriale si caratterizza quindi per: • una massa consistente non solo di popolazione, ma anche, almeno parzialmente, di servizi e di attività produttive; • una dispersione di tale massa in un territorio tanto vasto da non presentare, nell’insieme, fenomeni di alta densità e intensità; • un’alta connessione tra i diversi punti del territorio.


estratto della carta di aggiornamento della Carta Tecnica Regionale (CTR): in bianco gli edifici costruiti prima del 1981, in rosso gli edifici costruiti tra il 1981 e il 1996/1997.

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scomposizione della carta di aggiornamento della Carta Tecnica Regionale (CTR). una lettura interpretativa dell’area compresa tra Padova, Mestre, Treviso e Castelfranco con il riconoscimento di tre livelli corrispondenti ad altrettanti processi di trasformazione: frammenti, filamenti, edifici singoli.

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rete stradale nell’area centrale veneta sulla base della “Carta Topografica del Regno Lombardo-Veneto” dell’I.R. Stato Maggiore Generale Austriaco, 1833.

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processo di costruzione della rete stradale nell’area centrale veneta tra il 1895 e il 1996: in rosso le strade costruite tra il 1895 e il 1950; in giallo le strade costruite tra il 1950 e il 1965; in blu le strade costruite tra il 1965 e il 1996.

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localizzazione degli insediamenti produttivi nell’area centrale veneta nel 1973, 1980, 1998 e nelle previsioni dei piani regolatori vigenti (2001).

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processi di densificazione: il caso di Montebelluna. forma del costruito nel 1890, 1940, 1970, 1990. nel 1890 si nota la dispersione degli insediamenti lungostrada, ilvecchio piccolo entro in collina a nord e già il nuovo sistema di piazze piÚ a sud, lungo l’asse pedemontano, attorno al quale iniziano a concentrarsi altri edifici. nel 1940 oltre alla dispersione, inizia a prendere forma il centro urbano, attorno ai nuovi poli costruiti dal sistema delle piazze e dalla stazione ferroviaria. nel 1970 emerge il paese, formato attraverso l’accostamento di lottizzazioni, mentre gli insediamenti lungostrada si ispessiscono. nel 1990 la dispersione lungostrada e le lottizzazioni (residenziali e produttive) danno luogo ad una composita figura urbana.

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Questo vasto territorio simile e paragonabile per caratteristiche ad altre aree altrettanto ricche e densamente popolate del pianeta, negli ultimi anni è soggetto al tema della metropoli. Oggi, è interessante notare che la dispersione urbana nell’ACV si confronta in maniera sempre più evidente ed urgente con la presenza in un suo “interno”, forse perduto, dello spazio agricolo. Questo elemento, fondamentale per qualsiasi territorio, chiede di essere valorizzato e salvaguardato, insieme a quelle che possiamo riconoscere come grandi riserve di naturalità, dai grandi laghi e fiumi fino alla rete minore delle acque con canali e fossi, ai paesaggi alpini e lagunari. Affermare che la dispersione insediativa è dovuta anche alla presenza dell’elemento agricolo e di quello naturale è un punto di estremo interesse ed è centrale nell’indagine e nel progetto di questo lavoro di tesi. Per questo è rilevante individuarne i caratteri fondamentali e fissarne i fattori imprescindibili e di assoluta e vera forza che possono diventare fondanti e strutturali di una proposta progettuale alternativa. Alla complessità del territorio corrispondono temi e domande che questo lavoro considera nel suo insieme senza spingersi nel valutarne le specificità. Per questa ragione sembra ragionevole soffermarsi in modo consapevole solo su alcune delle questioni in cui si sono riconosciute delle opportunità traducibili in un progetto concreto. Cauti nel comprendere i limiti e gli slanci dei manifesti che si susseguono e sono attualmente alla ribalta, dobbiamo tuttavia prendere coscienza che molte cose non saranno più come prima: “La crisi economica che stiamo affrontando ci ha mostrato i limiti di un modello di sviluppo e, nello stesso tempo, l’emergenza ambientale ci sta mettendo nelle condizioni di ripensare radicalmente a come affrontare il nostro futuro” (Cibic, 2010). È difficile per ciò non condividere il motto “rethinking happiness” suggerito da Aldo Cibic e seguirne almeno i propositi per la costruzione di un progetto che consideri il nostro futuro in termini diversi. Ci troviamo di fronte ad un’incredibile occasione per iniziare un processo di mutazione, ridefinendo bisogni, abitudini, attività rispetto alle nuove condizioni. La realtà è che il suolo non ammette più sprechi, non si può più considerare soltanto una logica strettamente individualistica e utilitaristica, ma deve affermarsi un modello in cui più parti lavorano insieme.

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caso di studio: Marocco


Rilievo del territorio

MAROCCO stato ITALIA

Veneto

regione

provincia

Treviso - Venezia

PROVINCIA TREVISO PROVINCIA VENEZIA

6 m s.l.m.

Mogliano Veneto Venezia (Mestre) . 1 978 (Mogliano Veneto) 704 (Venezia - Mestre)

comune

Marocco (Maroco /ma’roko/ in veneto locale) è una località posta tra le province di Venezia e Treviso, tra i comuni di Venezia stessa e Mogliano Veneto.

728 . 1 161 . 1 511 . 2 247 . 2 509 . 2 682

(1901) (1931) (1951) (1981) (2001) (2009)

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L’origine del nome Una paretimologia fa deriva il toponimo (attestato dalla metà del XIV secolo) da “mar rauco”, sostenendo che la costa un tempo giungeva sino a Marocco. L’ipotesi più verosimile, comunque, lo avvicina a Matruchus o Madruchus, nomi propri assai diffusi tra i Goti (a cui si ricollegano i toponimi Dese e Castelcigoto). Dante Olivieri, invece, lo rimanda al latino Marius, aggiungendovi un raro suffisso -ocu.


Con “Marocco” si indica la zona in cui il Terraglio, la strada statale che collega Mestre a Treviso, attraversa il fiume Dese, il quale funge da confine tra le due provincie suddette. Più precisamente, indicherebbe l’area un tempo occupata dagli antichi colmelli di San Zulian e San Nicolò sulla riva mestrina e di Marocco sulla riva moglianese ad est del Terraglio. Negli ultimi tempi il toponimo si è esteso però anche alla località Marignana, che sorge in comune di Mogliano ad ovest della strada, dove nel secondo dopoguerra è sorto un quartiere residenziale.

È parte della parrocchia di Sant’Antonio di Mogliano (viacariato di Mogliano, diocesi di Treviso), la cui chiesa, di recente costruzione, sorge sulla piazza omonima. Durante la Serenissima la località corrispondeva ai colmelli di Marignan, ad ovest, e Marocco, ad est, ricadenti nella villa di Mogliano. Marocco di Venezia Sul versante mestrino, Marocco si sviluppa ad ovest del Terraglio, lungo l’inizio di via Gatta. Si divide nelle due località di Marocco Terraglio e Marocco Zelarino. Il 7 ottobre 2008 la prima, compresa nella Municipalità di Mestre-Carpenedo, contava 658 abitanti, la seconda, parte della Municipalità di Chirignago-Zelarino, 46. Dal punto di vista ecclesiastico, sebbene si trovi in provincia di Venezia, anche questo quartiere è ricompreso nella parrocchia di Sant’Antonio di Mogliano. Fu comune autonomo sotto Napoleone ma, passato al Regno Lombardo-Veneto, venne incorporato a quello Mestre.

Marocco di Mogliano Marocco di Mogliano mostra uno sviluppo urbano di rilievo ad ovest della Statale, presso l’incrocio con via Marignana, mentre meno abitata è la zona di campagna che si sviluppa lungo via Marocchesa, sul lato opposto. Costituisce una delle nove circoscrizioni del comune (quartiere 5 - Marocco). A Marocco di Mogliano è ubicata la Direzione per l’Italia delle Assicurazioni Generali.

Mappa dell’accesibilità I principali accessi al quartiere di Marocco avvengono lungo la statale Pontebbana, a nord con via Marignana e a sud con via Gatta. Per la parte ad est del Terraglio, l’accesso è da via Marocchesa.

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il territorio ponendo fine a questo bellicoso periodo. Dal punto di vista amministrativo, Marocco era allora possedimento del comune di Treviso. La zona era compresa entro l’arcipretato di Mestre, essendo parte della pieve di Carpenedo. Era inoltre organizzata in due regulae: Castelcigoto (poi San Zulian) ad ovest del Terraglio e San Nicolò ad est. Oltre il Dese, territorio della pieve di Mogliano, esisteva il comune di Moggian Marocco. Sotto la Repubblica il sistema fu pressoché mantenuto, anche se i tre comuni vennero posti sotto la nuova podesteria di Mestre. Solo dopo la guerra della Lega di Cambrai, tuttavia, si raggiunse un momento di stabilità. È questo il periodo in cui i Veneziani, con l’indebolimento dei commerci via mare seguiti alla scoperta dell’America e all’affermarsi dell’Impero Ottomano, volgono i propri interessi alla terraferma e costruendo le prime ville. Sorgendo sul Terraglio e a breve distanza dalla Laguna, Marocco è una delle prime località ad essere investita da questo fenomeno. Alla caduta della Serenissima (1797) succedette il breve periodo della Francia rivoluzionaria, durante il quale l’eccessiva libertà amministrativa (ciascun paese poteva scegliere da sé la propria municipalità) portò ad una situazione di caos. Ma già qualche mese dopo, il Veneto fu ceduto agli Austriaci che, di fatto, ripristinarono le vecchie istituzioni veneziane (Mestre fu sede di provveditoria). Nel 1805 il Veneto passò all’Impero Napoleonico: vennero istituiti i comuni e Marocco risultò diviso fra Mogliano di Mestre e Carpenedo; facevano riferimento al cantone di Mestre, assegnato dal 1807 al dipartimento dell’Adriatico. Nel 1813 le truppe dell’Impero Austriaco occuparono tutti i paesi lungo il Terraglio, ponendo Venezia sotto assedio. L’intera zona fu un brulicare di soldati e nella stessa Marocco sorsero accampamenti. A villa Volpi fu posto il comando. Nel 1814 gli Austriaci presero il definitivo controllo sul Veneto e l’anno successivo costituivano il Regno Lombardo-Veneto. Poco dopo, Mogliano di Mestre e Carpenedo furono incorporati rispettivamente a Mogliano e a Mestre. I moti del 1848-’49 con la costituzione della Repubblica di San Marco e il successivo assedio di Venezia, portarono ancora a Marocco truppe e comandi militari. Nell’attuale villa Fürstenberg si insediò il generale Haynau che dirigeva le operazioni militari e nello stesso palazzo furono portate avanti le trattative per la resa. Nel 1866 Marocco è nuovamente coinvolta nelle operazioni militari che portarono al passaggio del Veneto al Regno d’Italia.

Storia In epoca romana Marocco rappresentò il limite meridionale della centuriazione Altinate, oltre il quale si estendeva una fascia di boschi. L’antica organizzazione agraria è ancora evidente nella regolare disposizione di strade, campi e fossati. Più o meno all’angolo tra via Gatta e via Armellini, dove ora sorge villa Carboni Ghiara, si trovava in passato un fortilizio indicato come Castelcigoto. L’origine del castello sembra molto antica, presumibilmente romana visto che si trovava al limite della centuriazione e all’incrocio tra due strade ritenute rispettivamente un cardo e un decumano. Tuttavia il nome suggerirebbe un legame con gli Ostrogoti, a cui forse passò dopo la caduta dell’Impero. Castelcigoto ebbe un’importanza considerevole in epoca medievale, come testimoniano i numerosi riferimenti scritti. Ma già dal Quattrocento, reso inutile dalla stabilità politica seguita alla conquista della Serenissima, sarebbe stato abbandonato e sostituito da una casa colonica. Il toponimo si estese però all’area circostante: nel 1315 è menzionata una regula con questo nome ed è riportato nelle mappe sino al 1781; «strada comuna de Castel Cigotto» era denominata ancora alla metà del Seicento la via che collegava le attuali vie Tre Garofoli e Gatta all’altezza della rotonda. A parte il castello, si può supporre che durante tutto l’alto medioevo anche l’area di Marocco fosse decaduta e abbandonata, come testimonia l’atto di fondazione del monastero di Mogliano («locus nominatur Moliane, [...] et erat vastitas solitudinis et silvosum locum, ubi erat nulla habitatio hominum»). Dopo l’anno Mille si assistette ad una notevole ripresa, a cui si legò lo sviluppo dei traffici sul Terraglio, l’importante arteria che tutt’oggi collega Mestre a Treviso. A Marocco sorse una locanda (l’ex ristorante “Al Postiglione”), mentre poco più a sud, presso l’attuale Favorita, fu fondato il monastero di San Zulian del Bosco, citato già in una bolla papale del 1184. Ma il passaggio della strada e la presenza del Castelcigoto portò anche ad un’incessante serie di eventi bellici: nel 1192 passano per Marocco le truppe padovane alla volta di Mogliano, dove incendiano l’abbazia; nel 1234 sempre i Padovani attaccano il castello; l’anno successivo è la volta di Ezzelino III da Romano; nel 1257 Castelcigoto viene consegnato da Alberico da Romano, fratello e nemico del precedente, alla lega in lotta contro il “Tiranno”. Nel XIV secolo è al centro delle mire espansionistiche di Cangrande della Scala che, nell’intendo di conquistare Treviso e Mestre, passa più volte per Marocco. Solo dal 1338 la Serenissima conquista

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Luoghi d’interesse Come già accennato nella parte storica il territorio di Marocco presenta molte ville venete, tra cui le principali villa Padoan, villa Volpi e villa Fürstemberg situate lungo via Terraglio, villa Mattiuzzi, villa Flavia e villa Benetton situate lungo via Marignana, villa Frisotti-Parenzan in via Marocchesa e villa Carboni Ghiara in via Gatta. In via Marocchesa sono inoltre presenti due importanti strutture. La prima situata all’inizio della via, è un ex piccolo parco di divertimenti, Veneland. Nato nella seconda metà degli anni settanta, Veneland aveva giostre, videogiochi, pizzeria, chioschi bar e un piccolo zoo. Ebbe tuttavia breve vita: per motivi non ancora bene accertati chiuse i battenti già nel 1980. Da allora le strutture sono state abbandonate e le attrezzature rimaste sono divenute così facile preda di visitatori che hanno spogliato il parco di ogni suppellettile presente. Attualmente, del complesso resta un capannone e il vistoso arco d’entrata (ispirato al Ponte di Rialto). La seconda importante struttura in via Marocchesa è un ospedale psichiatrico, fondato presso una villa che Andrea Pancrazio, medico veneziano a cui è intitolata la struttura, lasciò alla provincia di Venezia perché vi fosse istituita una colonia agricola per alienati lievi. Attivo dal 1 gennaio 1900, durante la prima guerra mondiale ospitò anche i soldati che davano segni di squilibrio mentale.

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Mappa dello spazio agricolo come già affermato per l’area centrale veneta, il territorio di Marocco presenta al suo “interno”un vasto spazio agricolo; elemento fondamentale che chiede di essere valorizzato e salvaguardato insieme agli elementi di naturalità.

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Mappa dell’uso dei suoli secondo i piani urbanistici

Ambiente caratterizzato dalla presenza temporanea o permanente di acqua.

Isole ad elevata naturalità, tra le quali il PTCP individua anche i parchi delle Ville che integrano la catena di continuità; offrono rifugio e nutrimento per gli organismi mobili. Sono caratterizzate da un’attività agricole specializzata nei diversi ordinamenti produttivi, in presenza di una forte utilizzazione del territorio da parte della residenza, del produttivo e delle infrastrutture. Sono prevalentemente presenti nell’area centrale. Nelle aree agro-politane lo sviluppo urbanistico deve avvenire attraverso modelli che garantiscano l’esercizio non conflittuale delle attività agricole, valorizzando il ruolo produttivo dell’agricoltura che assicura la tutela degli elementi caratteristici del territorio rurale.

Sono quelle nelle quali l’attività agricola è consolidata e il territorio è strutturato e caratterizzato dalla presenza di contesti figurativi di particolare valore dal punto di vista paesaggistico. Di queste aree vanno conservate l’estensione e la continuità fisico-spaziale del sistema agrario e rurale.

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Studio attraverso lo strumento delle sezioni, della composizione del suolo del territorio di Marocco. Sezioni corrispondenti a dei vetrini, “passati sotto l’occhio� del microscopio in laboratorio, per analizzare alcune situazioni localizzate nel territorio di Marocco.

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Mappa dei tessuti e del suolo Nella prima mappa le campiture piene indicano i campi mentre quelle vuote le recinzioni delle aree piÚ o meno private. La seconda è frutto di un ridisegno e arricchimento della ctr. indica e quantifica le aree ad uso agricolo, i suoli impermeabili e le superfici verdi alberate o quelle lineari formate delle siepi campestri.

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Mappa delle acque La mappa mostra la fitta rete di canali, piccoli corsi d’acqua e quella minore dei fossi, lungostrada o divisori dei campi agricoli. Effettuando dei carotaggi nei punti principali e mediante l’uso di immagini aeree ho individuato alcuni paesaggi naturali o seminaturali che compongono il territorio oggetto di analisi.

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Mappa del costruito

Mappa degli spazi pubblici e delle attivitĂ

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Mappa dell’infrastruttura viaria

Mappa della mobilitĂ pubblica

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Esplorazione territoriale

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tipologie residenziali • villette unifamiliari su uno o due piani con giardino • bifamiliari a schiera su due piani con garage esterno e piccolo giardino • appartamenti su tre piani con giardino del proprietario del piano terra • condominio su più piani con attività commerciali al piano terra e appartamenti con terrazze ai piani alti, intorno parcheggio asfaltato • case unifamiliari di più arretrata costruzione (Marocco-Mestre) su uno o due piani con ridotto spazio esterno adibito a micro giardino o piccolo orto o spazio pavimentato per posto auto • edifici residenziali di nuova costruzione principalmente appartamenti • ville situate alcune lungo il Terraglio e a est della linea ferroviaria; accesso privato trammite stradine in ghiaia o pietrisco contornate da filari di alberi o siepi, possiedo ampi spazi verdi a prato con alberature • edificio rustico isolato ristrutturato o in disuso, molti in stato di abbandono presentano rischi di crollo, erano adibiti ad abitazione per i coltivatori terrieri.

Tipi edilizi

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servizi pubblici

edifici “particolari”

• palestra • scuola • chiesa I servizi sono tutti situati in un’area centrale alla zona residenziale nella parte di Marocco nord Dese. • ULSS negli edifici ex colonia, a est del Terraglio.

Ci sono due importanti costruzioni di ieri e di oggi che caratterizzano il territorio di Marocco a est del Terraglio. • Veneland: verso la fine degli anni ‘70, è stato uno dei primi parchi giochi tematici d’Italia, con animali esatici, pista di pattinaggio, ristorante, svariate attrazioni, esterno attrezzato con tanto di trenino, barca dei pirati e pure un’area barbecue. Il parco, nel quale era presente un lago artificiale con tanto di porticiolo, era in parte coperto, qui sorgeva la birreria e la pizzeria, il rettilario e l’acquario, una sala per le manifestazioni, il palazzetto del ghiaccio ed una sala spettacoli dedicata ai bambini. Il parco era frequentatissimo e i soci guadagnavano, ma non ritenendo glli incassi troppo elevati e per altri problemi sopraggiunti, il parco nei primi anni ‘80 venne chiuso e la struttura abbandonata. Attualmente, del complesso resta un capannone e il vistoso arco d’entrata ispirato al Ponte di Rialto. • Quartiere direzionale delle Assicurazioni Generali: a Marocco di Mogliano è ubicata la Direzione per l’Italia delle Assicurazioni Generali, la più grande compagnia italiana di assicurazioni ed una delle più importanti del mondo.

spazi pubblici • piazze: generalmente piazze-parcheggi nei quali non sono neanche indicati chiaramente i posti auto, alcune zone chiuse al traffico con delle aiuole o fioriere. Nello spazio antistante la chiesa si svolge il mercato settimanale • parco giochi: i due principali sono situati uno nel prato retrostante la chiesa, il secondo nei pressi della nuova rotonda di via Gatta (Marocco-Mestre) vicino alla bocciofila, presenta i giochi per bambini disposti su prato alberato e un campo da gioco volley-basket. attività commerciali • piccoli esercizi commerciali: generalmente al piano terra di una palazzina residenziale, disposte lungo le principali vie • vivaio: a Marocco-Mestre c’è un importante azienda vivaistica dotata di numerose serre.

tipologie parcheggi • posti auto privati interni al confine di proprietà di una abitazione • parcheggi pubblici generalmente su area asfaltata senza l’indicazione dei posti auto • lungo strada ove consentito principalmente nei quartieri residenziali • nuovi parcheggi collegati a nuove infrastrutture (per servire esercizi commerciali), o a nuove abitazioni, o alla sede dell’ Ass. Generali.

tipologie recinzioni • ringhiere metalliche: generalmente in condomini, palazzine e case unifamiliari • basamento in cls e rete metallica + siepe: a confine nelle case unifamiliari • murette in cls e mattoni: nelle ville o case di campagna.

piste ciclabili Sono raramente già esistenti, nel territorio troviamo principalmente solo marciapiedi pedonali. E’ la costruzione di nuove strade che porta alla realizzazione delle piste ciclabili, tranne nel caso del tratto di strada davanti al quartier delle Ass. Generali in cui sono già presenti. Da notare che il rifacimento del suolo di queste speciali corsie lungo via Gatta prevede la sostituzione dell’asfalto con una pavimentazione in bettonelle.

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tipologie suolo strade

incroci strada-ferrovia

• asfalto o ghiaia: principalmente le strade hanno un fondo di asfalto, generalmente in cattivo stato, ma qualche strade secondaria o privata, come quelle di accesso alle ville, presentano un fondo in pietrisco • a due corsie o molto raramente sensi unici particolari limitazioni: la strada davanti ai principali servizi pubblici di Marocco presenta una limitata circolazione nelle ore di accesso ed uscita dalle strutture.

• sottopassaggio: con corsia ciclopedonale rialzata, a Marocco nord Dese • passaggio a livello: a Marocco sud Dese, sostituito da un nuovo sottopassaggio collegato dalle nuove opere stradali di realizzazione della nuova rotonda di via Gatta.

Sezioni del territorio

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Strategie e progetto per il territorio


Un progetto-manifesto

È bene precisare fin da subito che il progetto va ad inserirsi nel territorio creando relazioni con un intorno già ben consolidato, andando a mutare delicatamente gli stili di vita, volendo creare una comunità che integra una struttura sociale basata sulla sostenibilità, solidarietà, collaborazione, condivisione e contatto con la natura. Una comunità autosufficiente che vive nel rispetto della natura, utilizzando energie rinnovabili e riciclando, in cui la socialità è innescata anche da dinamiche legate al tempo libero. I principi sui quali si basa la comunità sono l’autosufficienza alimentare ed energetica, l’attenzione per la stagionalità delle coltivazioni, la sana alimentazione, il benessere fisico, l’educazione dei bambini, la difesa dell’ambiente, la salvaguardia delle risorse idriche e la progettazione a basso impatto ambientale. Il contesto storico nel quale è inserito il progetto non deve essere trascurato, l’arte, le tecnologie e i saperi devono essere presi in considerazione per mantenere il contatto con la realtà del mondo.

Nella mia tesi son andato ad esplorare, analizzare e poi progettare una strategia per un territorio, quello di Marocco, che racchiude al suo interno caratteristiche e criticità tipiche dell’area veneta centrale. Tra le caratteristiche principali, elencate, descritte ed analizzate nella prima parte della tesi, bisogna però menzionare il progetto di realizzazione di una fermata della rete ferroviaria metropolitana regionale, infrastruttura che cambierà gli equilibri del piccolo quartiere, facilitando gli spostamenti e i collegamenti con i principali centri maggiori ma anche minori dell’area metropolitana veneta e che di conseguenza comporterà delle trasformazioni d’effetto per l’area. Il progetto per il territorio di Marocco parte da una riflessione di creare un “bel posto” in cui la vita che vi si svolge è ricca di opportunità, dove le persone possono incontrarsi e fare delle cose insieme, dove ci sia del verde, dove si scoprono nuovi modi di studiare e lavorare, dove l’architettura crea un luogo in cui la bellezza sta nella qualità complessiva che essa genera, un’armonia data dalla soddisfazione delle aspettative.

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sostenibilità

maggiori servizi

economia equosolidale educazione continua

nuovo stile di vita

modello fattoria a ciclo chiuso

fonti energetiche rinnovabili

OBIETTIVI

spazi di aggragazione e socializzazione

integrazione uomo-ambiente opportunità per il tempo libero

crescita culturale, economica e salutare

ALLOGGI

TURISMO

relax eventi enogastronomico cicloturisti

AGRICOLTURA

residenti turisti (hotel, bed sharing) studenti

orti frutteti coltivazioni serra prodotti stagionali e autoctoni

ici eventi ristorazione entro sportivo

SERVIZI INTERNI

carni pollame equini, suini, bovini apicoltura stalla b iogas piscicoltura

TEMPO LIBERO

jogging b skater equitanti passeggiate c

ALLEVAMENTO

DIDATTICA

COMUNITA’

bambini adolescenti studenti

biblioteca fattoria didattica eventi ricercatori

ENERGIA

scuole asili autoproduzione alimenti piazza s pazi comuni ortoterapia per pazienti psichiatrici centro culturale

fotovoltaico s olare biomasse biogas riciclo compostaggio

COMMERCIO

SERVIZI ESTERNI

esportazione prodotti freschi percorso didattico-formativi mostre, rassegne, eventi bed sharing

ATTIVITA’ LAVORATIVE lavoratori residenti lavoratori esterni a tempo libero (fruit picking)

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vendita diretta prodotti agricoli (frutta e verdura) prodotti animali (carni e latticini)


- STABILI

- residenti

- famiglie - single

- lavoratori residenti

- ANZIANI

- residenti - agricoltori

- STUDENTI

- giovani - ricercatori

- ESTERNI

- turisti visitatori - lavoratori -scolaresche - clienti

UTENTI

OCCUPAZIONE

- COLTIVAZIONI

- estensive - frutteti - orti - serra

- ALLEVAMENTO

- stalla - cortile - piscicoltura

- VENDITA PRODOTTI E SERVIZIO A DOMICILIO - HOTEL RISTORANTE - AGRITURISMO - CENTRO RICERCA LABORATORI - PRODUZIONE ENERGIA - ISTRUZIONE

- visite guidate - snack bar - ristorante agriturismo

REDDITO

- alloggi (hotel, bed sharing) - redidenze - alloggi e hotel

- mercato km 0 e vendita prodotti - sussistenza (orti urbani)

- aziende agricole

- energia e biocarburanti

AMBIENTI

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- serra - campi - fattoria - stalla - impianto produzione energia

- orti - mercato - ristorante agriturismo - parco naturalistico - centri sportivi e per il tempo libero - spazi per l’agroterapia - piazze - istituto di agraria - fermata SFMR e parcheggi scambiatori - centro di ricerca - centro culturale - asilo


CONCEPT Collegamenti Nord-Sud fiume Dese • unico attraversamento incrocio Terraglio • creazione di ponti ciclopedonali

CONCEPT Collegamenti Est-Ovest Terraglio • tratto del Terraglio in tricea • estensione della piazza verde come nuovo centro di raccordo

CONCEPT Mobilità minore ciclabile • messa in sicurezza delle strade e delle piste ciclabili • realizzazione di nuovi percorsi

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CONCEPT Mobilità pubblica • connettere la mobilità ferroviaria con il trasporto pubblico su gomma • creare luoghi di interscambio per servire meglio il territorio


13. fermata SFMR (copertura verde grande tunnel-collina) 14. parcheggio - mercato, bike sharing 15. ponte ciclopedonale 16. azienda agricola di piscicoltura 17. mulini produzione energia idroelettrica 18. orti urbani 19. farmer market, parcheggio auto (copertura fotovoltaico) 20. bed sharing, fruit picking 21. frutteti 22. vigneti 23. case per gli uccelli 24. percorsi ciclopedonali e percorso libero a cavallo 25. azienda agricola da agricoltura biologica, fattoria didattica, allevamento 26. bacino d’espansione fiume Dese 27. azidenda agricola colture energetiche e biomasse 28. centro equestre 29. capanne studio + wi-fi 30. residenze per studenti, campi da basket-volley e beach volley 31. istituto di agraria

1. stalla con serra (a recupero calore), fienile, vasca liquami e rifiuti organici + impianto biogas 2. azienda agricola per coltivazioni estensive (rotazione agricola), impianto depurazione acque agricole 3. mercato km 0, servizio a domicilio 4. orti e giardini per l’ortoterapia per i malati dell’ospedale psichiatrico 5. centro sportivo con snack bar, campi da calcetto, basket-volley, parete per l’arrampicata 6. hotel - centro relax con piscina e campi da tennis, ristorante - agriturismo 7. parco naturalistico, bird watching (postazioni di osservazione), aree attrezzate per pic nic e barbecue 8. tratto di terraglio in trincea 9. la grande piazza verde 10. serre, centro ricerca e laboratori 11. piazza sull’acqua, info point, servizi pubblici, commerciali e uffici, centro culturale, asilo, spazio per eventi (teatro, musica, cinema, spettacoli) 12. parco urbano, piazza per lo skate

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Le fattorie di via Marocchessa

Gli orti urbani e i servizi agricoli

Strutture e servizi per i malati e i lavoratori

Energia, sicurezza, educazione e tempo libero

Park hotel ristorante Parco naturalistico

Le nuove piazze e la fermata sfmr

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Istituto agrario e servizi per lo studio


Le fattorie di via Marocchessa

1. impianto di depurazione delle acque agricole 2. coltivazioni estensive (rotazione agricola) 3. allevamento 4. stalla con serra (a recupero calore) 5. azienda agricola 6. deposito mezzi agricoli 7. fienile 8. granaio e silos mangime 9. vasca liquami e rifiuti organici 10. impianto biogas (digestore anaerobico) 11. cogeneratore di energia termica e elettrica 12. mercato km 0, servizio a domicilio prodotti agricoli

Il primo progetto va a valorizzare un’elemento tra i più fondamentali di questo territorio, lo spazio agricolo. Dall’esplorazione territoriale mi sono reso conto della grossa quantità di ex edifici ad uso agricolo che oggi risultano abbandonati e dismessi. Un’attività quella dell’imprenditore agricolo, in forte decrescita, comportando spesso l’abbandono anche degli spazi utilizzati alla coltivazione. L’area ad est del Terraglio, lungo via Marocchessa, offre un’elevato potenziale al suo interno, grazie al vasto spazio agrario e strutture annesse, le quali manterranno il loro uso, adattandolo ai nuovi servizi per l’agricoltura, come la produzione d’energia. Verrà mantenuta una coltivazione di tipo estensivo, con un’attenzione alla depurazione delle acque utilizzate per l’irrigazione, inoltre verrà potenziato l’allevamento delle aziende agricole, sfruttando i residui organici degli animali per la produzione di energia elettrica e termica. Il prodotto agricolo verrà portato fino alla fase finale, che prevede la vendita in un mercato a km 0, nel quale si potranno trovare prodotti freschi con la sicurezza del luogo di produzione. Un servizio a domicilio porterà il prodotto fino all’abitazione di coloro che lo richiedono, oppure ai lavoratori che in pausa pranzo vorranno provare un’esperienza nuova.

Sistema di depurazione delle acque agricole

Schema urbano

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Stalla con serra


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Strutture e servizi per i malati e i lavortori

1. ospedale psichiatrico 2. ortoterapia (orti) 3. giardino 4. centro sportivo 5. parcheggio 6. spogliatoi 7. snack bar 8. campi da basket 9. campi da pallavolo 10. campi da calcetto 11. campi da gioco coperti 12. parete per arrampicata 13. Assicurazioni Generali

Il secondo progetto, come si può ben già capire dal tema nel titolo, ha per oggetto la realizzazione di strutture ad uso e servizio di due importanti realtà esistenti nel territorio di Marocco, sempre su via Marocchessa, la grande sede dell’Assicurazione Generali e l’ospedale psichiatrico situato nell’ex colonia Pancrazio, di proprietà dell’ulss. Due strutture che più che aprirsi al territorio, si chiudono quasi in se stesse, riducendo al minimo le relazioni con lo spazio intorno, grandi recinzioni chiudono queste aree e le attività lavorative e di cura appaiono completamente estranee agli abitanti residenti nel quartiere. I due progetti proposti vanno ad integrare queste realtà, creando nuovi legami con il territorio, nuove opportunità per il tempo libero e il dopo lavoro, nuovi stimoli per i malati e per la loro cura. Nell’area compresa tra le due strutture verrà realizzato un centro sportivo, aperto a tutti, per attività sportive di vario genere ed una grande palestra di roccia per l’arrampicata. Per i malati dell’ospedale psichiatrico vengono proposti degli spazi per l’ortoterapia, una nuova terapia alternativa capace di migliorare lo stato di salute degli individui. L’ortoterapia comprende l’attività di giardinaggio, la coltivazione di piante e di ortaggi, attività queste che permettono la cura dell’ansia attraverso la stimolazione dei sensi del tatto, dell’olfatto e della vista.

Parete per l’arrampicata

Schema urbano

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Spazi per l’ertoterapia


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Park hotel ristorante Parco naturalistico

Il terzo scenario progettuale può essere diviso in due distinte operazioni, la prima consiste nella realizzazione di un park hotel, la seconda nell’attrezzare l’area delle cave, progetti entrambi legati dal parco naturalistico che li racchiude in sè. Il park hotel con centro relax (piscine e campi da tennis) è localizzato nell’area dove attualmente sorge il capannone dell’ex parco divertimenti Veneland, che dato il suo stato di abbandono da ormai parecchie decine d’anni, verrà demolito. L’hotel andrà ad inserirsi in un territorio in cui la domanda di alloggio è molto richiesta, basti pensare alla confinante sede di una grossa compagnia di assicurazioni o la vicina città di Venezia raggiungibile trammite il servizio ferroviario con fermata proprio a Marocco. Inoltre l’albergo ospiterà anche coloro che si vorranno concedere un periodo di relax vivendo anche a contatto con la natura, immersi nel parco delle ex cave di Marocco. Un ristorante agriturismo offrirà dei prodotti coltivati nelle aziende agricole locali. Il parco naturalistico, già oggi area protetta, racchiede al suo interno varie specie di vegetazione ed una fauna tipica di questi ambienti, che si potrà osservare anche grazie a varie postazioni (birdwatching). Nel parco si potrà passeggiare, trascorrere il proprio tempo libero immersi nella natura, con la possibilità di trascorrere la giornata in alcune aree appositamente attrezzate per babecue e pic nic.

1. hotel - centro relax 2. parcheggio 3. piscine 4. spogliatoi 5. piscina olimpionica 6. tribune 7. campi da tennis 8. ristorante - agriturismo 9. parco naturalistico 10. cave 11. aree attrezzate per pic nic e barbecue 12. bird watching (postazioni di osservazione)

Parco naturalistico “cave di Marocco”

Schema urbano

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Bird watching


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Le nuove piazze e la fermata sfmr

La nuova fermata del servizio ferroviario metropolitano regionale nel quartiere di Marocco, fornisce al territorio, in particolare in questo progetto, un elemento cardine, tanto da condiderare questo scenario insediato qui rappresentato un pò il centro che lega tutti gli altri progetti a sè. Sicuramente la nuova stazione è un valore aggiunto al territorio, che di conseguenza si presta a dei possibili cambiamenti. Dall’altro lato la forte carenza di un luogo di socializzazione e di servizi per il quartiere residenziale già presente, richiedono un progetto di quest’area, attualmente lasciata per la maggior parte a vegetazione spontanea. Il fiume Dese non rappresenta più un ostacolo, anzi diventa l’elemento più suggestivo del paesaggio, nel quale si alterna in successione un sistema di piazze. Nascono su di esse nuovi luoghi di lavoro, nuovi spazi per il tempo libero, dove la cultura, la musica, l’arte fanno la loro parte. La piazza per lo skate per il divertimento, l’asilo per l’educazione dei bambini, il teatro multifunzionale come luogo di eventi per la serata. Il mercato cittadino ha finalmente un luogo fisso e adatto ai bisogni degli abitanti, il verde fornisce la giusta cornice alle piazze e lega con una copertura praticabile la parte est ed ovest dei binari ferroviari. Lungo il fiume Dese sorgono i nuovi percorsi ciclopedonali, che unisco i progetti presentati costituendo un circuito che attraversa lo spazio agricolo costeggiando sempre il corso d’acqua. Vengono incentivati nuovi modi di muoversi, sfruttando ad esempio la bicicletta (bike sharing) o il cavallo, in sostituzione delle auto. Un’importante azienda vivaistica presente a Marocco presenta dei nuovi spazi di ricerca e sperimentazione, in collaborazione anche con gli studenti dell’istituto di agraria.

Schema urbano

1. tratto di Terraglio in trincea 2. villa 3. la grande piazza verde 4. serre 5. centro ricerca 6. laboratori 7. fermata SFMR 8. copertura verde (grande tunnel - collina) 9. parcheggio 10. bike sharing 11. info point 12. piazza mercato 13. piazza sull’acqua 14. servizi pubblici, commerciali e uffici 15. centro culturale 16. ponte ciclopedonale 17. fiume Dese 18. teatro multifunzionale 19. parco urbano 20. piazza per lo skate 21. asilo

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Gli orti urbani e i servizi agricoli

In questo scenario progettuale, lo spazio agricolo torna ad avere un ruolo principale. I due quartieri residenziali di Marocco, quello trevigiano e quello veneziano a sud del fiume Dese, presentano dei lotti molto piccoli intorno all’abitazione, nei quali risulta difficila coltivare un pezzetto di terreno come orto, spesso è preferito adibirlo a giardino o a prato. L’area ad est della fermata della sfmr, in stretto contatto quindi con la parte più urbana e residenziale del territorio di progetto, risulta particolarmente adatta al posizionamento di uno spazio dedicato agli orti urbani. Piccoli pezzi di terreno agricolo assegnati agli abitanti della zona che ne fanno richiesta, in cui potranno coltivare i loro ortaggi ed avranno anche un piccolo deposito per le attrezzature e la fornitura idrica. I percorsi ciclopedonali, dalle piazze si snodano lungo il fiume Dese, attraversando gli orti, i grandi frutteti ed i vigneti, con la possibilità di sostare anche nei parchi delle ville ora accessibili, che fungono anche da riserve per i volatili. Il progetto prevede la possibilità di sfruttare l’acqua come fonte di energia, grazie ai mulini lungo il fiume Dese, spesso più di innovare si tratta di recuperare parte del nostro passato, adattandolo alle moderne tecnologie. Energia elettrica ricavata anche dai pannelli fotovoltaici installati sopra il secondo parcheggio della stazione, in grado di servire il territorio ad ovest della linea ferroviaria.

1. orti urbani 2. parcheggio (copertura fotovoltaico) 3. farmer market 4. bed sharing 5. fruit picking 6. frutteti 7. ponte ciclopedonale 8. fiume Dese 9. azienda di piscicoltura 10. percorso ciclopedonale 11. mulino produzione energia idroelettrica 12. case per gli uccelli 13. vigneti

L’orto urbano

Schema urbano

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Energia, sicurezza, educazione e tempo libero

Energia, sicurezza, educazione e il tempo libero sono i tempi di questo scenario progettuale, le domande a cui il progetto per questa parte di territorio dà delle risposte. L’aspetto energetico ha un filo conduttore in tutte le strategie insediative proposte in questo lavoro, ma in particolare in quest’area assume un aspetto più innovativo e meno comune rispetto ad esempio all’energia solare o idrica. Un’importante azienda agricola locale, sta ricercando nuovi stimoli per rilanciare la propria attività. nasce quindi la proposta di creare un’azienda di produzione di energia, ricavandola dal proprio spazio agricolo, attraverso delle coltivazione energetiche, come la colza, il girasole e il pioppo. Le prime attraverso dei processi di lavorazione consentono le produzione di biocarburante, precisamente biodiesel, il pioppo invece, coltivato ad alta densità e ceduato ad intervalli frequenti a cicli biennali o quinquennali, per la produzione di cippato ovvero legno sminuzzato, per la successiva produzione di energia termica utilizzata come riscaldamento. Per la sicurezza idrica viene riservata un’area lungo il fiume Dese, la quale in caso di necessità può venire allagata, evitando danni maggiori al resto del territorio. Infine il tema dell’educazione, fondamentale per le nuove generazioni che si approcciano per le prime volte al mondo agricolo, le aziende propongono dei progetti educativi chiamati fattorie didattiche, alla scoperta delle loro attività.

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

azienda agricola da agricoltura biologica fattoria didattica ponte ciclopedonale fiume Dese percorso ciclopedonale bacino d’espansione fiume short rotation forestry (pioppo) coltivazioni energetiche (colza, girasole) impianto biomasse produzione carburante (biodiesel) 10. azienda agricola 11. centro equestre 12. percorso libero a cavallo

Centro equestre veneto

Agriturismo da agricoltura biologica

Schema urbano

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Sezione percorso ciclopedonale e percorso libero a cavallo


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Istituto agrario e servizi per lo studio

Il progetto prevede la realizzazione di un istituto di agraria per circa 500 allievi, calcolati tenendo conto di alcuni dati e statistiche della possibile domanda da parte dei giovani di intraprendere gli studi agrari in un territorio dove attualmente manca un istituto con tale indirizzo; inoltre la vicinanza alla fermata della linea di trasporto ferroviario, favorisce la richiesta. L’istituto comprende tutte le strutture necessarie per la didattica e l’apprendimento delle discipline sia teoriche che pratiche e di sperimentazione. Attualmente nell’area di progetto c’è una vecchia industria dismessa e l’area risulta abbandonata, ricca di vegetazione spontanea che la sta ricoprendo; per la realizzazione del progetto dell’istituto di agraria si prevede quindi la demolizione del vecchio fabbricato e il cambio di destinazione d’uso del lotto, come indicato anche dal piano regolatore. L’istituto avrà due accessi, uno già esistente, situato in via Marignana in prossimità del sottopassaggio, che verrà mantenuto per l’ingresso delle auto, mentre verrà realizzato un nuovo accesso ad est della linea ferroviaria, unicamente per pedoni e biciclette. Quest’ultimo ingresso sarà fornito di uno spazio antistante di fermata del trasporto pubblico su gomma, collegato alle attuali linee già esistenti che collegano l’intero territorio vicinante. Inoltre l’istituto sarà collegato con la nuova fermata SFMR. L’istituto non avendo grandi spazi all’interno del proprio lotto per l’azienda agraria, collaborerà con strutture presenti già nel territorio. Per il tempo libero degli studenti, che potranno usufruire anche di alcuni alloggi nelle vicinanze dell’istituto, ci saranno spazi per il gioco e per l’allenamento a cavallo. Inserite nello spazio agricolo e nella vegetazione delle capanne saranno adibite a momenti di relax, di lettura o di studio.

Schema urbano

1. ingresso auto 2. vigna con cantina e spazi per la degustazione 3. frutteto 4. parcheggio 5. palestra 6. ingresso pedonale 7. laboratori 8. centro metereologico 9. serra 10. apicoltura 11. capanne per lo studio con wi-fi 12. residenze per gli studenti 13. campi da beach-volley 14. teatro all’aperto 15. campo da basket

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Schema funzionale


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La rete degli istituti di agraria

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Planimetria attacco a terra


Planimetria

Sezione AA

Sezione BB

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Sezione CC


rethinking happiness _ Aldo Cibic Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te nuove realtà per nuovi modi di vivere

Il periodo storico che stiamo vivendo ci pone di fronte a condizioni e a sfide che possono generare cambiamenti sostanziali nel modo di concepire un approccio diverso e più contemporaneo alla progettualità. La crisi economica che stiamo affrontando ci ha mostrato i limiti di un modello di sviluppo e, nello stesso tempo, l’emergenza ambientale ci sta mettendo nella condizione di ripensare radicalmente a come affrontare il nostro futuro. Da sole queste due problematiche sono sufficienti a farci capire che molte cose non saranno più come prima; se vogliamo invece tentare di fare qualcosa per intravedere una speranza ci troviamo di fronte a un’incredibile occasione per ridisegnarci la vita, per iniziare un processo di mutazione. Dobbiamo preparaci a vedere con altri occhi, pensare a una situazione di tabula rasa in cui ridefinire bisogni, abitudini, attività, sogni rispetto alle nuove condizioni, per ragionare su una aggiornata idea di contemporaneità.

Per progetti ideali intendo una progettualità che tenda a generare un miglioramento nella qualità di vita delle persone a livello sociale, economico e ambientale. La grande frustrazione che si registra da più parti risiede nella difficoltà di capire quali sono le azioni in cui possiamo essere coinvolti che rimettano in moto la sensazione di essere parte di un processo, in cui stiamo facendo il meglio per il futuro delle nostre comunità. Tante delle tematiche, problematiche, criticità, su cui dobbiamo lavorare le abbiamo tutti i giorni davanti ai nostri occhi; per citarne alcune, si va dai problemi legati al tema della sicurezza (a livello personale, alimentare, energetico, economico), ai temi del paesaggio (verde, natura, agricoltura ma anche periferie urbane e industriali), al problema dei rifiuti, ma anche, a monte, al problema del riciclo e dei modelli di consumo, alle emergenze sui giovani e sugli anziani. Ci sono anche criticità che possono trasformarsi in opportunità: un caso emblematico, quanto meno imbarazzante in Italia, è rappresentato dalla relativa incapacità di valorizzare il turismo; in un paese così ricco di potenzialità non sfruttate, ci sarebbe tantissimo da lavorare per ripensare a modelli più aggiornati di sviluppo.

La sfida si presenta a diversi livelli: se pensiamo a come possiamo produrre significato dobbiamo capire su quali riferimenti e con quali modalità possiamo provare a costruire un percorso. Per quanto riguarda i riferimenti, anche se il futuro può apparirci oscuro, in quanto non fa intravvedere certezze positive, tante cose su cui ragionare le conosciamo e abbiamo accesso a una grande quantità di informazioni; i paletti entro i quali possiamo agire ci sono noti, delineano un realtà che non ammette sprechi, che non può più considerare soltanto una logica strettamente individualistica e utilitaristica, ma che deve vedere affermarsi un modello in cui più parti lavorano insieme. Questo perché le singole discipline, in mancanza di visioni generali a monte, non sono più in grado di fornire da sole delle risposte che ci facciano capire come e a che condizioni si possono operare delle trasformazioni. In questo momento, la grande difficoltà che si percepisce riguarda il coraggio di guardare a progetti ideali e risiede nella capacità di aggirare gli ostacoli rappresentati molte volte da leggi inadeguate, da interessi politici ed economici di parte, dall’inerzia di abitudini e dal cinismo che vedono nel cambiamento uno sforzo inutile se non una minaccia.

L’azione creativa in una prospettiva multidisciplinare consiste nel produrre, rispetto alle realtà che si osservano, idee, riflessioni, proposte in grado di delineare processi progettuali specifici rispetto a più tematiche, per elaborare dei brief approfonditi e articolati. Questa modalità è più simile a una produzione cinematografica che all’approccio professionale tradizionale del mondo dell’architettura, dell’urbanistica e del design, nel senso che non c’è necessariamente un cliente che richiede una prestazione, ma invece un gruppo composto, per fare un esempio, da economisti, sociologi, architetti, designer, urbanisti, paesaggisti e semplici cittadini in grado di proporre progetti specifici, che vadano a toccare una o più tematiche nello stesso tempo, per produrre l’intero ciclo progettuale prevedendo sia l’aspetto del progetto tradizionalmente inteso, che l’attivazione di dinamiche sociali ed economiche.

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Bibliografia

• Aldo Cibic, Rethinking Happiness : fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te - do unto others as you would have them do unto you : nuove realtà per nuovi modi di vivere - new realities for changing lifestyles, Mantova, Corraini, 2010. • Bernardo Secchi, Prima lezione di urbanistica, Roma, GLF editori Laterza, 2000. • Francesco Indovina, La citta diffusa, Venezia, 1990. • Stefano Munarin e Maria Chiara Tosi, Tracce di città: esplorazioni di un territorio abitato: l’area veneta, Milano, F. Angeli, 2001. • Gigi Copiello, Manifesto per la metropoli nordest, con segni e disegni di Aldo Cibic, Venezia, Marsilio, 2007. • G. Venturini, Passeggiate moglianesi, Mogliano Veneto, Centro culturale Astori, 1980. • T. Zanato, M. Facchinetto, I Colmelli di San Zulian e San Nicolò. Cenni storici su Marocco e La Favorita, Silea, Comune di Venezia, 1985. • Laura Fregolent, Governare la dispersione, Milano, F. Angeli, 2005. • Francesco Indovina, Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitano, con contributi di Luigi Doria, Laura Fregolent e Michelangelo Savino, Milano, Angeli, 2009. • Laura Fregolent, Francesco Indovina, Un futuro amico: sostenibilità ed equità, Milano, F. Angeli, 2002. • Paolo Ceccarelli, Strategie per un futuro possibile, a cura di Arnaldo Cecchini e Francesco Indovina, Milano, F. Angeli, 1992. • Lorenzo Fabian, Paola Viganò, Extreme city: climate change and the transformation of the waterscape, Venezia: Università Iuav di Venezia, 2010.

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