ANTONIO GUIZZI INGEGNERE ED URBANISTA
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INDICE
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INTRODUZIONE UNA LIMPIDA COSCIENZA CRITICA PERCHÉ È ILLEGITTIMA LA VARIANTE DI SALVAGUARDIA IL NICHILISMO EDILIZIO DELL’ASSESSORE DE LUCIA I GUARDIANI DELL’HAREM LE STRAORDINARIE IMPRESE DELLA COMMISSIONE EDILIZIA STERMINATELE SENZA PIETÀ GLI SCONTENTI DI BASSOLINO SE QUESTO È UN ASSESSORE LA MIGLIORE DI TUTTE LE STAGIONI LA CARTA FANTASMA DEL SOTTOSUOLO TUTTA COLPA DELLE FOGNE (E DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI) LA LUNGA CATENA DELLE RESPONSABILITÀ IL GRANDE CIRCO BARNUM DELL’URBANISTICA BUONE NUOVE PER L’EDILIZIA? L’ITALIA? PAESE DI LEGGI E PIANI URBANISTICI EDILIZIA ELETTORALE REVOCANDO S’IMPARA C’È UNA SOLUZIONE POSSIBILE: “STRALCI CON RACCOMANDAZIONI” CORO CON VOCI DISSONANTI COMUNE E REGIONE: GEMELLAGGIO NELL’ILLEGITTIMITÀ INUTILITÀ DI CHIAMARSI MASSIMO TANGENZIALE: UNA STORIA INFINITA È IL PROGETTO DEL SECOLO (SCORSO) ASPETTANDO IL PIANO REGOLATORE INTERVENTI AMMESSI NELLA ZONA A URBANISTICA E PECCHE LESSICALI INTERVENTI AMMESSI NELLA ZONA C. RESTANO SCARSE
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PUP: PUBBLICAZIONE ILLEGITTIMA RISCHIO EDIFICI: QUALI PRIORITÀ L’ASSESSORE E LA “SUA” EDILIZIA DRIBBLATA IN PUGLIA LA LEGGE GALASSO URBANISTICA: IL VANGELO SECONDO MARCO LA PROCURA SBAGLIA SEMPRE DUE VOLTE
LE OPERAZIONI PREVISTE PER LE AREE PERIFERICHE
117 120 124 126 128 131 133 136 140 142 144 146 150 153 155 157 162 166 172 175 178 181 183 187 191 195 199 202 205 208 210 213 216 219 222 225 230
È IL MOMENTO DI METTERE ORDINE STORIA DI DUE EPISODI CONTROVERSI PROTOCOLLO D’INTESA, UNA SBORNIA D’ESTATE QUANDO LA NATO DISSE “NO GRAZIE” A VEZIO DE LUCIA SCELTE SBAGLIATE DELL’ASSESSORE MARCO DI LELLO CARO DI LELLO, IL GUINZAGLIO NON TI SI ADDICE È FEDERALISMO ALLA ROVESCIA TESTO UNICO, ALBERO CON TROPPI RAMI COMUNE, UN CASO DI TOLLERANZA PAGINE DI STUPIDARIO COMUNALE E VOILÀ, I PRECEDENTI IMPEGNI PONTE DI ARCHIMEDE NEI MARI DELLA CINA INCONGRUENZE DI PALAZZO SAN GIACOMO STRETTO, QUESTIONE MERIDIONALE IL MARCHESINO EUFEMIO A PALAZZO SAN GIACOMO MAZZIOTTI, LA PASSIONE DI UN TESTIMONE BISOGNA IMPEDIRE L’ABUSIVISMO DI RITORNO TANGENZIALE, IL PEDAGGIO DELLA QUALITÀ VARIANTE PRG, MODI E TEMPI SBAGLIATI REGISTRO FABBRICATI: LEGGE INAPPLICABILE SUL REGISTRO DEL FABBRICATO ASCOLTATE I GEOMETRI MA OCCORRE DISBOSCARE LA GIUNGLA NORMATIVA QUEI PREFETTI CHE AMAVANO IL CEMENTO VITE SPEZZATE DA ERRORI GIUDIZIARI CONDONO, 18 ANNI E LI DIMOSTRA TUTTI ABUSIVISMO, NON BASTA UN FORUM SUL CONDONO EDILIZIO ANTONIO BASSOLINO È D’ACCORDO CON ME ZONA ROSSA, ECCO CHE COSA SI PUÒ FARE AREE VINCOLATE, SÌ ALLA SANATORIA NON È L’APOCALISSE, È SOLTANTO BABILONIA UNA CAVALCATA ATTRAVERSO TRE SECOLI QUEL PASTICCIACCIO DEL PRG DI NAPOLI IL COMUNE RIPESCA NORME ABROGATE IN MUNICIPIO C’È CHI HA PAURA DI FIRMARE QUEL PASTICCIACCIO DEL NUOVO CONDONO EDILIZIO L’AUTOSTRADA DIMENTICATA DI VITTORIO DI PACE FERDINANDO, SINDACO ILLUMINATO
235 238 241 244 247 250 253 256 259 262 265 268 270 274 277 281 284 288 291 294 297 300 303 306 312 315 318 321 323
LA QUESTIONE DELLE AREE URBANE AREE URBANE: TROPPE LEGGI, POCHI INTERVENTI PALAZZO ROCCELLA, QUELLA NOTTE BRAVA VIETATO A NAPOLI DEMOLIRE GLI EDIFICI INDECENTI CONSULTA DELLE COSTRUZIONI: UN COMITATO DI SALUTE PUBBLICA LA BUROCRAZIA GENERA ILLEGALITÀ PENSARE IN GRANDE, AGIRE SUBITO “LE MANI SULLA CITTÀ”, FILM DI CULTO TABELLE, INVESTIMENTI A RISCHIO ANIAI, UN PONTE CON IL FUTURO VINCOLI, VERSO L’ABROGAZIONE ECCO PERCHÉ È NECESSSARIO ELIMINARE QUESTO VINCOLO NAPOLI, IL REGNO DELL’IMPOSSIBILE CI SARÀ UN DOMANI PER NAPOLI AGENDA PER IL PROSSIMO SINDACO DI NAPOLI VELE DI SCAMPIA: ROSA PRENDI IL FUCILE CITTÀ METROPOLITANA, RILANCIO DIFFICILE DELIBERA-REBUS SOLO PER ADDETTI AI LAVORI UN MASTER SULLA CITTÀ ANTICA NITTI E LA CITTÀ METROPOLITANA MOLTI PROGETTI, POCHE OPERE VIETATO RINNEGARE IL PROGRESSO ARENACCIA, UNA DEMOLIZIONE IRRAGIONEVOLE MAZZONI, CINQUANT’ANNI DA PROTAGONISTA ESPROPRI: INTERVIENE LA CONSULTA GLI ESPROPRI E LE SENTENZE DELLA CONSULTA POCO SPAZIO AI TECNICI QUALIFICATI IL SACCO DELLA CITTÀ E I SUOI VERI RESPONSABILI MAZZIOTTI, IL SUPERTESTIMONE I PARCHEGGI A NAPOLI
327 331 333 335 339 342
ALLA RICERCA DI CHI VUOLE FARE BATTAGLIA NAVALE DIRE ANCHE IN PUBBLICO CIÒ CHE SI DICE IN PRIVATO PARCHEGGI TOGNOLI: LA GRANDE ILLUSIONE NULLA DI NUOVO SUL FRONTE COMUNALE PENALIZZATI I PARCHEGGI PRIVATI. IL PUT GENERA SOLO CONFUSIONE
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QUESTO PUP È PROPRIO UN BLUFF PUP: QUESTO PIANO È DA RIFARE PARCHEGGI A NAPOLI, QUESTI FANTASMI NAPOLI PARK PARTE BENE TUTTI I LIMITI DEL PIANO PARCHEGGI PARCHEGGI, ROMA BATTE NAPOLI 5000 A ZERO LEGGE TOGNOLI, 14 ANNI MA NON LI DIMOSTRA PARCHEGGI: AVANTI ADAGIO, QUASI INDIETRO COMMISSARIO-PARCHEGGI: RIMEDIO TARDIVO PARCHEGGI, TUTTI I SE E TUTTI I MA PARCHEGGI. ELIMINARE I VINCOLI PERTINENZIALI PARCHEGGI, GEMELLIAMOCI CON ROMA PARCHEGGIARE, VERBO DEL FUTURO VARIANTE AL PUP: MANCA L’INTESA PARCHEGGI, DIALOGO CON IL COMUNE PARCHEGGI A NAPOLI, FALSA PARTENZA NAPOLI, UNA CITTÀ PARALIZZATA: SERVONO PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E PARCHEGGI SIA PUBBLICI CHE PRIVATI
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URBANISTICA A NAPOLI TRA PASSATO E FUTURO
INTRODUZIONE di Alfonso Ruffo
Non mi è facile ricordare Antonio Guizzi in poche parole perché sono tanti e tali gli episodi che spingono e si accavallano per farsi spazio sul foglio bianco che alla fine, per contenerli tutti, ci vorrebbe un altro libro. Dirò che Antonio mi è stato subito molto caro perché molto caro era al mio maestro Orazio Mazzoni che me lo presentò, io giovanissimo, raccomandandomi di averlo come punto di riferimento per i temi di natura urbanistica. C’era un codice per identificare l’importanza delle segnalazioni e in quel caso l’indicatore segnava il massimo. Non ci volle molto perché al legame mediato se ne aggiungesse un altro, diretto e altrettanto schietto. Antonio era un uomo giusto e un combattente. Due qualità che possono distruggere una persona in una città come Napoli propensa all’aggiustamento e all’accettazione più o meno rassegnata delle storture. Era bello riconoscere in Antonio le caratteristiche tipiche del cavaliere medievale, senza paura e senza macchia. Quando credeva in una causa le si donava tutto, e non era certamente poco, scacciando il timore di compromettersi e la paura di fallire. I suoi nemici, ne aveva tanti, si divertivano a tagliarli addosso i panni del don Chisciotte. Ma la sua grandezza stava proprio in questo: nell’andare nel campo di battaglia a viso aperto e petto in fuori, disprezzando i mediocri che invece di esporsi si mettono d’accordo col nemico. Antonio non era in vendita. E questa circostanza mandava in bestia molti di quelli che denigrandolo avrebbero voluto acquistare la sua intelligenza, il suo favore. A costoro riservava battute fulminanti e qualcuno non s’è più ripreso. Antonio era coraggioso. Credevo e credevamo, tutti i suoi sostenitori, che lo fosse naturalmente nelle dispute verbali e per interposto giornale dove sfoggiava conoscenza dei problemi, proprietà di linguaggio, chiarezza di scrittura. Ma non era tutto.
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Antonio era speciale. Perché il coraggio più grande l’ha riservato al modo con il quale ha fronteggiato il male che gli aveva oscurato la vista lasciandolo per il resto in piena forza fisica e mentale. Non un lamento, nessun freno all’attività. Antonio era amato. In redazione tutti lo ricordano con affetto. Dettava i suoi articoli da vicino o per telefono e sempre qualcuno (più spesso Pina) si candidava a batterli e correggerli con lui perché c’era sempre da imparare e da ricevere qualche particolare complimento. Antonio, che nel suo campo d’azione – ingegnere con il pallino della legge – non aveva rivali per rigore e capacità di comprensione, nella vita di tutti i giorni, nei piccoli e grandi gesti quotidiani, era un campione. *** Questo volume, realizzato con il contributo di Marcello Fasolino, amico che proprio Antonio volle farmi conoscere molti anni fa ritenendolo iscritto al Club dei “leoni combattenti”, raccoglie una selezione degli articoli realizzati per il Denaro in tanti anni di collaborazione. Un’antologia dei mali e dei possibili rimedi per Napoli che andrebbe letta e capita da chiunque si candidi a far qualcosa di buono per la città.
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UNA LIMPIDA COSCIENZA CRITICA
di Marcello Fasolino
Ho conosciuto Antonio Guizzi molti anni fa, verso la fine degli anni Settanta, in occasione di un convegno- voi vi aspettereste su “Napoli e l’urbanistica”, invece, di tutt’altro genere- sul cinema, di cui era un grande intenditore, a testimonianza di una versatilità, che non conosceva confini, espressa, però, sempre con molto rigore mai con autoreferenzialità. Il convegno si tenne al vecchio Circolo della stampa di Napoli, in Villa Comunale, ed io, dopo avere apprezzato molto il suo intervento, ebbi modo di conoscerlo poi durante il pranzo, che segui al convegno, nel corso del quale, la conversazione spaziò dal Cinema all’urbanistica, ad altri temi cittadini, anche perché pranzando all’aperto, uscimmo un po’ tutti dalle coordinate convegnistiche. In quei giorni, in cui ancora una volta v’era alla ribalta il Piano Regolatore di Napoli, si parlava ancora molto di Guizzi per un suo libro di cocenti riflessioni sulla Napoli delle occasioni perdute, che egli aveva chiamato provocatoriamente “i Magliari dell’urbanistica”, suscitando polemiche a non finire nel mondo politico e delle professioni. Io lo avevo letto qualche anno prima e mi aveva colpito la lucida franchezza con cui esprimeva il proprio pensiero, i propri convincimenti, dando la sensazione che quanto diceva era sì frutto di particolari visioni urbanistiche, filtrate però da un credo riformista, disposto sempre a discutere più che a imporre come si pretendeva da talune istituzioni locali. Il modo di argomentare una tesi diventava per lui così un piccolo saggio giornalistico, ricco di varie e molteplici spunti, che spaziavano dalla letteratura, alla narrativa, al cinema all’ultimo trattato di urbanistica, tutti convergenti nel renderne la lettura piacevole, accessibile, formativa, favorendo un giusto rapporto dialettico tra istituzioni e cittadini per costruire città e comunità più degne. Le tribune delle sue “Predi11
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che inutili” per riprendere un titolo Einaudiano, che, però, lasciarono il segno, furono “Il Roma”, “L’Avanti” e tanti altri giornali, su cui, con la firma di Astrolabio, menò fendenti senza riguardo per alcuno, sempre però sorretto da grande educazione e civiltà del vivere, compagna fedeli e rigorose. Indipendentemente da ogni altro giudizio, basta sfogliare appena uno scritto di Guizzi per rendersi conto che nessuno come lui sapeva coniugare dottrina e sapere intuitivo, in uno spazio di due, tre pagine, che aprivano infinite discussioni nel dibattito cittadino, da accreditarlo e legittimarlo come una limpida coscienza critica, non solo nel campo suo specifico della urbanistica ma della vivibilità stessa di Napoli, altrettanto attivo e praticato dalla sua sensibilità. Avendo letto quel suo libro, in cui emergevano la dirittura dell’uomo, lo spessore del professionista e il riformismo del politico, nel sentirlo conversare, come può conversare chi ama Napoli, restai molto ammirato del rispetto, che lui aveva per la città, della sua grande passione civile, vissuta come doveroso tributo reso al proprio luogo, mai racchiuso nel mero dato anagrafico ma visto nel segno di una consapevole stratificazione di civiltà e quindi di appartenenza valoriale di doveri e di diritti. Da allora divenne un riferimento continuo, come persona con cui era un privilegio confrontarsi, discutere per la civiltà del discorrere e la pacatezza di ogni suo giudizio, fermo e meditato. La sua giornata io la dividevo in due tempi: il tempo dedicato alle riflessioni mattiniere in rapporto alla vita della città, delle istituzioni, delle informazioni che l’alimentavano, in cui si distingueva sempre come sostenitore di una visione di sviluppo policentrico: e il tempo, dell’attività professionale, fatto di consulti, approfondimenti con gli allievi e i colleghi di studio, che, alla fine, approdavano sempre a scelte condivise e avanzate. Anche se da allora cercai di non perderlo mai di vista, essendo rimasto incantato dalla sua affabilità, la nostra amicizia divenne stretta, nel senso di decisiva frequentazione, quando intorno agli anni ’90 diedi vita insieme con lui a quel programma di insediamenti, che mi portò alla coraggiosa creazione del Centro Commerciale San Paolo di Fuorigrotta. 12
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Grazie ad Antonio Guizzi e alla mia tenacia, che trovò in lui un sensibile e ineguagliabile alleato, mi fu possibile realizzare una grande opera, da cui partì il mio fortunato cammino e che rappresentò, in lunghi anni di frequenti e di costanti contatti, il collaudo più vero e autentico della nostra amicizia, in una Napoli dove c’è sempre un ostacolo dietro l’angolo ad aggiungere difficoltà di cronico ordine strutturale a quelle di emergenze avventizie destinate a diventare definitive. Quei giorni sono semprevivi in me con un profondo senso di gratitudine, avendo avuto la fortuna di averlo sempre al mio fianco come un riferimento di grandissima professionalità, di altissimo rigore morale, sempre attento a trovare soluzioni ai mille problemi, che, da che mondo è mondo, si parano a Napoli davanti a un imprenditore, ogni qualvolta cerca di creare qualcosa di nuovo e di positivo per questa nostra, difficile e pur amata, città. Solo lui sapeva l’odissea che dovemmo affrontare in una giungla di “lacci e lacciuoli”, da cui venimmo fuori con fatica, molta fatica. Allora si cementò un tale rapporto amicale che- anche dopo che egli si trasferì a Roma con lo studio, per una ulteriore sfida, tra le tante di varia natura professionale, familiare e anche di salute- che ne misero a dura prova il suo indomito carattere- è stato sempre molto stretto, mai interrotto. Ogni qualvolta veniva a Napoli, fermandosi all’hotel Royal per incontrare amici, discutere e concordare importanti impegni di lavoro, a sera, per me e mia moglie era un piacere, sempre rinnovato, averlo a cena, ritrovarci a tavola insieme con lui davanti a un bel piatto di spaghetti al filetto, semplice e profumato con un ciuffetto di basilico in cima, che egli trovava come un regalo sempre più sorprendente sotto lo sguardo sornione, del caro e rimpianto Gaetano, il mio mastino napoletano che lo annunciava e poi lo accompagnava con passo proiettivo. Della “squisita” ospitalità era molto grato a mia moglie ma le era grato anche del fatto che Iole, poco attratta da dispute urbanistiche, si appassionava però nel sentire le sue gradevoli e originali analisi, che sapevano rendere ogni tema, ogni argomento, anche il più ostico, degno di una serena conversazione. Gli piaceva vivere con semplicità, da persona di elevati sentimenti; già il fatto di ritrovarsi a casa di 13
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amici, circondato da amici, come io, mia moglie Jole, i miei figli Lorenzo e Laura, ci siamo sempre onorati di essergli, lo gratificava. In quelle sere discutevamo fino a tarda notte, incuranti degli impegni del giorno dopo: quando si parlava di Napoli, e questo avveniva quasi sempre, non vi era orario che tenesse, saltava ogni “crono programma” distratti da un approfondimento puntiglioso delle complesse tematiche, e perché no le storiche patologie napoletane, che egli conosceva talmente bene come se lui ne fosse lui per tutte “l’archiatra” . Che piacere sentirlo parlare e spaziare nei risvolti noti e meno noti della nostra storia, sempre corredati da curiosità calzanti e rapportati con suggestivi paragoni con il mondo di oggi, in cui, senza infierire, di mostrava che a risultare inadempiente, era sempre il presente, il nostro tempo. Questo non perché fosse lui a volerlo, ma perché egli conosceva i limiti oggettivi della nostra città, gli errori storici commessi dal dopoguerra in poi e anche prima e durante il regime fascista, e ancora perduranti per la mediocrità che spesso prevaleva sulla competenza. Un fenomeno che lo irritava, in quanto- diceva- penalizza le migliori intelligenze, spingendole addirittura a trovare altri lidi e altri approdi, con grave danno per la città. La cosa, però, che di lui ricordo come se fosse un incancellabile tratto iconografico, anche specchio memoria significativo della sua bellezza d’animo erano quei suoi occhi cerulei, sempre aperti e rivolti a ricercare conoscenze e verità, a sondare un umore: anche se da tempo avevano perso il bene sconfinato della vista, lui riusciva lo stesso ad animarli, trovandoteli addosso come dei fari luminosi, specchio della sua intelligenza e interiore ricchezza. Questa sensazione però non posso ricordarla senza citarne l’amore, la dedizione della cara e amabilissima moglie Velia, che gli rendeva la vita vivibile e ancora molto bella, standogli sempre devotamente vicino, seguendolo dove gradiva andare, digitando fino agli ultimi giorni gli arguti e acuti articoli di Antonio che gettavano scompiglio per la forte e stringente logica che avevano nell’ inchiodare chi era in malafede e voleva far passare come eccellente soluzione una furbizia. In tutto questo, devo anche dire, che non ho mai sentito da lui una parola di troppo o di sospettabile offesa su qualcuno, anche se av14
GLI ARTICOLI
versario, perché non teneva nemici; se oggi dovessi dare su di lui un secco giudizio, lo definirei un “uomo giusto, al di sopra di ogni meschinerie, che però non le lascava mai passare”. Quanto al resto, alla sua filosofia di vita, o meglio alla sua esistenza di uomo scomodo ma simpatico, penso se ben ricordo che nessuno meglio di lui l’abbia definita, sposando in pieno un motto di Leon Blum, il grande socialista riformista francese che disse: “ Il potere è tentatore, per cui solo l’opposizione è gratificante”. Non è casuale che la trincea di una vita del caro Antonio, sia sempre stata l’opposizione. Oltre che un carissimo amico, per me Antonio è stato un grande maestro, lo intuii dal primo giorno che ebbi la fortuna di parlargli, trovando da allora e ogni qualvolta lo incontravo, in ogni suo discorso o scritto, sempre sottili motivi di insegnamento.
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Perché è illegittima la variante di salvaguardia
Attenzione, però: all’atto dell’adozione (cioè dell’approvazione da parte del consiglio comunale di una qualsivoglia variante) non sono applicabili le norme in essa contenute, perché bisogna attendere, per la loro vigenza, la definizione dell’iter procedimentale, cioè l’approvazione della variante da parte della Regione. La “ripresa degli interventi” potrà avvenire, dunque, in tempi certamente non brevi, giacché non celere sarà l’iter per l’approvazione della variante, per il tiro incrociato cui essa sarà sottoposta, prima in sede di osservazioni, cioè di quelle critiche e di quelle proposte che enti, associazioni e anche i privati possono presentare al Comune entro 60 giorni dalla pubblicazione della variante (la scadenza, per il caso in questione, è il 5 aprile), poi nel corso dell’istruttoria da parte della Regione. Le osservazioni, nella nostra Repubblica democratica fondata sul lavoro (lo dice l’articolo 1 della Costituzione) e sull’ipocrisia (lo confermano i fatti quotidiani) generalmente vengono accolte solo se presentate dalle associazioni culturali e ambientalistiche che vivono al riparo dell’ombrello della sinistra. (L’ombrello – Italia vegetariana – è stato sostituito, di recente, da quercia, ulivo e cespugli). C’è da attendersi, quindi, che saranno rigettate tutte le eccezioni sulla illegittimità della variante di salvaguardia, che costituisce un vincolo di sostanziale inedificabilità di gran parte del territorio comunale. Perché il nostro paese, si sa, è culla del diritto e anche tomba della giustizia. Se si vuole procedere a un esame, sia pure sommario della variante, bisogna iniziare dall’articolo 2, che evidenzia un sicuro motivo – ovvio e inconfutabile – di illegittimità della delibera. Quest’articolo precisa infatti che gli elaborati sono costituiti da una relazione, da no sette grafici e dal testo delle norme di attuazione. La rappresentazione in scala 1 a 10 mila di cinque tavole su sette (strumento urba17
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nistico vigente; vincoli delle leggi 1497/39 e 431/85; vincoli archeologici; stabilità dei versanti e – soprattutto – zonizzazione) non appare affatto accettabile, perché non consente al cittadino – e nemmeno al tecnico – la lettura del disegno, la identificazione dei confini delle diverse destinazioni d’uso della aree, l’individuazione delle proprietà. Il che comporta la difficoltà, se non l’impossibilità, di produrre osservazioni o impugnative alla variante. Il non aver rappresentato il territorio in scala leggibile non costituisce però una mancanza di riguardo verso il cittadino o una scelta infelice del rapporto, ma un gravissimo errore, tale da comportare l’annullamento della deliberazione per vizio di legittimità (Coreco, dove sei?). La legge regionale 20 marzo 1982 (Allegato, Titolo II), nell’elencare gli elaborati occorrenti per la presentazione del piano regolatore o di variante ad esso, ha stabilito infatti che le tavole, comprendenti l’intero territorio comunale interessato al Piano, devono essere in scala non inferiore a 1 a 5 mila. Il Comune, dunque, avendo rappresentato tutte le parti del territorio in scala 1 a 10 mila (toh! solo per le zone agricole ha redatto tavole 1 a 4 mila), non ha rispettato un preciso disposto della legge regionale. Lo so, il Comune interpreta e applica disinvoltamente le leggi dello Stato (rammentate la delibera anti-Tognoli sui parcheggi, bocciata dal Coreco?) e, per rispettare la par condicio, applica a suo modo anche le leggi regionali. Ma Bassolino è grande e De Lucia è il suo profeta. 16-03-1996 Commenti & Dibattiti / Cose di casa nostra
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Il nichilismo edilizio dell’assessore De Lucia
C’è innanzi tutto un’illegittimità pregiudiziale, concernente il vincolo di sostanziale immodificabilità di gran parte del territorio comunale, di cui, però, è inutile fare cenno, per due ragioni. La prima, perché i motivi di illegittimità li ho già ampiamente esposti da queste colonne (Il diritto-rovescio di Alessia Stachanova, 23 gennaio ’95) quando commentai il documento sugli indirizzi di pianificazione urbanistica presentato dall’assessore De Lucia nel 1994, in cui venivano precisati i “fondamenti giuridici” della variante di salvaguardia. Seconda ragione. L’assoluta inutilità di un’opposizione di principio, che – con i tempi che corrono, con il filo rosso-verde che lega sinistra e ambientalisti a vasti settori della magistratura – non avrebbe alcuna possibilità di accoglimento. Esaminiamo quindi gli aspetti di illegittimità (e di stupidità) di alcune parti della variante. Tutto il territorio comunale viene destinato a conservazione, sia quello inedificato che quello edificato. La “conservazione del territorio” non edificato viene attuata con la sua destinazione a zona nE, come prevede l’articolo 6 delle nuove norme di attuazione introdotte con la variante di salvaguardia. La sigla nE – non ci vuole molto a capirlo – significa nuova zona E delle norme di attuazione (nel vigente piano regolatore la zona E riguarda invece i centri direzionali). Desta qualche imbarazzo la definizione successiva: “componenti strutturanti la conformazione naturale del territorio”, la quale appare di oscura chiarezza morotea. Per comodità dei lettori, non abituati al lessico del culturese, scusandomi per la banalità della definizione, traduco: zona a verde. Ma i redattori della variante, se non sanno quello che fanno, sanno quello che dicono: se avessero defi19
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nito – tout court – zona a verde il vastissimo territorio destinato a conservazione, non avrebbero potuto aggiungere: “le parti del territorio ricadenti in detta zona comprendono i beni immobili qualificati di bellezza naturale, aventi valore paesistico, storico e ambientale nel loro complesso e, come tali, sottoposti a tutela improntata a integralità e globalità”. Viene poi stabilito che “la disciplina della zona nE, si applica alle cinque sottozone in cui essa si articola, salvo le specifiche norme ad esse relative. Dette sottozone sono identificate in base ai loro caratteri distintivi prevalenti, e segnatamente: zone agricole, aree incolte produttive, aree boscate, aree a verde ornamentale, rupi e costoni”. I successivi commi dell’articolo 6 stabiliscono tutto quello che (non) si può fare sulle aree effettivamente agricole e su quelle che tali vengono considerate anche se, per stato di fatto e dimensione, non hanno alcuna connotazione agricola. E la contraddizione appare evidente al comma 8, laddove vengono precisate “le utilizzazioni compatibili negli edifici esistenti nella zona nE”, fra le quali vengono comprese le abitazioni ordinarie, quelle specialistiche, le attrezzature pubbliche e private, le strutture ricreative, i pubblici servizi, le attrezzature tecnologiche. C’è da domandarsi però con quale disinvoltura si possano classificare zona agricola aree su cui preesistono edifici con tante varietà di destinazione d’uso che in nessun modo sono connesse, in un logico rapporto funzionale, con l’attività agricola. Ma che si vogliano destinare all’inedificabilità assoluta tutte indistintamente le aree libere del territorio comunale, contrabbandandole per agricole, lo si capisce subito, ove si esaminino – come faremo – i successivi articoli, ambigui e contraddittori, delle nuove norme di attuazione. Ma la cosa non deve sorprendere, perché è ormai noto il nichilismo edilizio di De Lucia, primatista da Guinness, il quale, dopo tanti anni, ancora non ha compreso che la genesi dell’abusivismo va ricercata proprio in questi divieti assoluti che sono il suo chiodo fisso. 23-03-1996 Commenti & Dibattiti / Cose di casa nostra 20