Contributi di: Mariano Apa Ignazio Breccia Fratadocchi Adriano Cornoldi Maria Antonietta Crippa Frédéric Debuyst Giacomo Grasso Alberto Pedrazzini Mario Federico Roggero
storia di una rivista e di un movimento per l’architettura a Bologna
M. Beatrice Bettazzi Giuliano Gresleri
Chiesa e Quartiere
Glauco Gresleri
Introduzione
Paul Eluard e Pablo Picasso, Le visage de la Paix (da «Chiesa e Quartiere», 44, 1967).
Si usa, oggi, scrivere di teologia narrando. Grandi narratori, tra i teologi, ce ne sono stati sempre. Bastino alcuni nomi. Per i tempi più antichi ricordo l’autore del libro di Giona. Uomo arguto, sensibile, racconta e fa conoscere il mistero. Per quelli ormai nuovi cito l’autore dell’Apocalisse di Gesù Cristo. Usa uno stile popolare, sempre al limite tra la metafora, cara a narratori come Esopo, Fedro, La Fontaine, Rodari e don Catti, e comunica così l’annuncio gioioso della vittoria del Salvatore. Molti Padri della Chiesa hanno un genere narrativo. Talora è poco sopportabile, come quello di Agostino nelle Confessioni. Talora mirabile in tante omelie dello stesso o di tanti Padri greci. Tra i medievali amo citare san Tommaso che, a prima vista, sembra proprio poco discorsivo. C’è perfino chi lo accusa di razionalismo. Forse perché non lo ha mai letto. Soprattutto non ci si è mai divertito sopra e si è limitato a studiare i suoi epigoni. Provi un po’ a leggere gli Inni della Liturgia delle Ore da lui composti, e sarà servito. Potrei anche citargli centinaia di passi. Si considerino le opere di Jacopo da Varagine, e non solo la Legenda Aurea. Non si dimentichino le Lettere di santa Caterina da Siena e le Prediche di fra Girolamo Savonarola. Si legga, poi, san Giovanni della Croce, e si canti con sant’Alfonso Maria dei Liguori. Non si dimentichi Newman e, più vicino a noi, il padre Chenu di opere minori, e padre Pera, nelle omelie e nella Corrispondenza. Io, qui, uso il genere narrativo, tentando comunque di essere rigoroso, come gli autori citati. Lo uso per scrivere della Chiesa che prepara, vive il Concilio e il primo dopo Concilio, cioè della Chiesa in cui nasce, vive e muore «Chiesa e Quartiere». Ho vissuto, subito dopo il Concilio, in cinque realtà diverse. In esse ho visto, o non ho visto, la Chiesa dopo il Concilio, ma ho anche visto ancora tratti della Chiesa preconciliare della quale ho memoria come di giovane laico impegnato negli scout, nella FUCI, in Azione cattolica e in parrocchia. L’ho vista perché la Chiesa non è una persona giuridica, come la Repubblica Italiana. Di questa si può scrivere – come Pietro Chiodi a proposito della Repubblica di Weimar – che è una metafora. E se in tutto non lo è, perché c’è un territorio, ci sono dei cittadini e c’è un ordinamento giuridico, lo è quasi perché il territorio può mutare, così l’ordinamento giuridico e anche i cittadini: alcuni invecchiano, e muoiono, altri nascono e li sostituiscono. Lo Stato non è un Moloch che esiste a sé. È solo una persona morale. Così l’ha pensato Sinibaldo Fieschi, poi papa Innocenzo IV. La Chiesa non è mai una metafora, e forse per questo, secondo Cassirer, i cristiani usano sempre metafore. È, invece, una realtà concretissima. La realizza l’eucaristia nella sua dimensione profonda. La Chiesa non ha un territorio perché la patria è in cielo, ha discepoli di Gesù che aumentano ma mai muoiono e continuano a formare lo stesso Corpo, quello di Cristo, e al posto di un mutabile ordinamento giuridico ha la grazia dello Spirito Santo che ne costituisce la Legge. La Legge nuova, o evangelica.
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La realtà concreta della Chiesa è insieme visibile e spirituale. Come l’eucaristia. Può capitare di celebrarla, l’eucaristia, con vino che ti piace davvero o con vino che non ti piace. È sempre eucaristia, anche se il pane è secco e tu lo preferiresti morbido. Tutte e cinque le Chiese che ho visto, o non visto, vivere il Concilio, sono, comunque, Chiese, nella loro dimensione spirituale. Ma alle realtà intelligibili e spirituali, insegna san Tommaso d’Aquino, si arriva solo attraverso quelle corporee. In quella visibile talora non lasciavano veder quasi nulla, o poco, o troppo poco. Provo a descriverle. La prima di queste realtà è la Chiesa che è in Bologna. Vi ho vissuto dal 1965 al 1969. Fino all’inizio del 1968 vi era vescovo dei cattolici il cardinale Giacomo Lercaro (1891-1976). Era una Chiesa che fu in grado di seguire il suo vescovo durante i lavori conciliari. Chi può dimenticare il ruolo dell’«Avvenire d’Italia», e l’opera del suo direttore, Raniero La Valle? Una Chiesa che accolse festosa il suo vescovo di ritorno da Roma (la sera dell’8 dicembre 1965). Una Chiesa che si organizzò per preparare un Sinodo che non si tenne mai. Fu proprio questa preparazione che verificò le prime debolezze. Grande la distanza tra un piccolo gruppo di discepoli in posizione di avanguardia e troppi a formare una retroguardia. Dice il Siracide che «un uomo si conosce veramente alla fine» (Sir 11, 28). Non fu chiaro, a quanti volevano il Sinodo, chi fosse il Popolo di Dio in Bologna. La Chiesa vivace di Lercaro, quella di un postconcilio festoso, terminò. Con lei le pubblicazioni di «Chiesa e Quartiere». Era ancora troppo forte la Chiesa del primo Lercaro, quella che così bene si coglie nella statua bronzea di Giacomo Manzù collocata in San Petronio. Lercaro vi è raffigurato con gli occhi chiusi, il sorriso beffardo, tutto avvolto, tranne uno strano pugno aggressivo, in un piviale. A Lercaro successe il cardinale Antonio Poma. Un episcopato reso importante da una presidenza della Conferenza Episcopale Italiana che seppe dare alle chiese cattoliche
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in Italia i primi Catechismi per la vita cristiana che in molto restano i migliori. Si pensi a quello per i bambini, nato a Bologna per opera di don Catti, e al Documento di Base. Poma diresse poi il primo Convegno Ecclesiale Italiano, quello di Roma, nel 1976. Lercaro, che pur tanto aveva lavorato per la Liturgia ed era riuscito a dare un tono alle celebrazioni nella sua Chiesa, non riuscì, invece, a strutturare una Commissione Diocesana per l’Arte con il respiro lungo. Certo la commissione bolognese non ebbe una primaria importanza a livello nazionale. Il grande Seminario regionale da lui voluto, bell’opera di architettura, fu presto chiuso. Lo stesso, d’altra parte, era successo al convento de La Tourette di Le Corbusier negli stessi anni. La seconda è la Chiesa che è in Torino. Vi era vescovo dei cattolici il cardinale Michele Pellegrino (1903-1986). Eletto alla Cattedra di san Massimo a fine estate 1965, la resse fino al 1977. Io rimasi a Torino dal 1969 al 1982. Dal 1970 al 1976 fui membro del Consiglio Pastorale che aveva centralità e preminenza tra gli organismi consultivi dell’Arcidiocesi. Dal 1976 al 1982 del Consiglio Presbiterale (un passo indietro…). Dal 1970 al 1982 della sezione arte della Commissione Liturgica Diocesana. Pellegrino non solo era dottore in Teologia, ma aveva anche conseguito la laurea in Lettere alla Cattolica di Milano, e aveva ottenuto l’ordinariato in Letteratura cristiana antica all’Università di Torino nel 1946, essendo preside della Facoltà il professor Augusto Rostagni, un pensatore agnostico dall’elevata eticità. Il professor Michele Pellegrino, che aveva sempre svolto un’attività pastorale specie nei confronti di studenti e laureati, era stato chiamato alla sede di San Massimo dallo stesso Paolo VI che lo conosceva personalmente per i suoi contributi alla FUCI e ai Laureati Cattolici (oggi MEIC). Sarebbe poi stato creato cardinale nel 1967. Lavorò pastoralmente per la formazione del clero (spiritualità, Sacra Scrittura, liturgia, teologia, omiletica), per liberare la Chiesa cattolica in Torino dalla “protezione” FIAT, per dare una struttura diocesana ai “preti al lavoro”, con una pastorale nel mondo operaio, si impegnò nell’evangelizzazione. Volle che i professori del seminario avessero una buona biblioteca e trasportò la sede degli studi nuovamente in centro città. Diede sostegno alla Commissione Liturgica Diocesana, con le tre sezioni di Arte, Musica e Pastorale liturgica, rendendole solidali con un Ufficio liturgico efficiente. Pellegrino, che non aveva compreso la contestazione studentesca del ’67, comprese invece bene le ragioni dell’“autunno caldo” del 1969. L’8 dicembre 1971 pubblicò Camminare insieme, la lettera pastorale più conosciuta in quegli anni. Fu letta ovunque, dai circoli parrocchiali alle cellule del PCI. Ne trasmise estratti la BBC. Diego Novelli, giornalista dell’«Unità» e in seguito sindaco di Torino, ne pubblicò la “storia”. Furono anni vivaci, specie per i laici. Nessuno tra i suoi diretti collaboratori fu eletto all’episcopato. Pellegrino, sofferente di cuore, chiese di ritirarsi nel 1977. Già due anni prima voleva dimettersi «perché non voglio essere un vescovo a mezzo tempo». «No», gli aveva risposto il Segretario del Consiglio pastorale, Ottavio Losana,
«noi preferiamo un vescovo a mezzo tempo, piuttosto che un mezzo vescovo a tempo pieno». Gli successe il cardinale Anastasio Alberto Ballestrero, o.c.d., che avrebbe mostrato negli anni le sue grandi doti. Non bloccò nulla, a Torino, di quanto fatto da Pellegrino e, come presidente della CEI, produsse, tra l’altro, la seconda edizione del Messale Romano, nonostante le difficoltà che gli provenivano dal cardinale Joseph Ratzinger. La terza è la Chiesa che è in Genova. Sono genovese, ma fui lontano dalla mia città dal 1961 al 1982. Vi vissi nuovamente dal 1982 al 1999. Vi conobbi tre vescovi: il cardinale Giuseppe Siri (1906-1987), vescovo ausiliare del cardinale Pietro Boetto dal 1944 e arcivescovo di Genova dal 1946 al 1987, il cardinale Giovanni Canestri e il cardinale Dionigi Tettamanzi. Parlerò solo del primo e dell’impressione che mi fece, arrivando da Torino, la Chiesa cattolica che è in Genova, dal 1982 fino al 1987. Il cardinale Siri mai accettò il Concilio. Non accettò neppure il beato Giovanni XXIII, da lui
considerato un inetto. Incontrai Siri, insieme ad altri studenti, nel febbraio 1959, a pochi giorni dall’annuncio della convocazione di un Concilio ecumenico. Ci disse che se lo avessero interpellato sulla convenienza di questa convocazione avrebbe risposto di no. Non a caso il professor Veneruso, concludendo il suo saggio sulla Chiesa in Genova prima del Concilio, scrisse che dopo la morte di Pio XII la Chiesa di Genova era rimasta pacelliana. Incontrai dei cristiani a Genova in tanti preti, pochi fra i curiali, in tanti laici, specie tra gli scout, tra gli amici della rivista «Il Gallo», tra quelli della Caritas, tra gli amici di don Cavallini e di don Balletto, tra gli ex soci del MEIC. Mancavano, però, autentiche strutture di Chiesa e autentici organismi consultivi. Quasi per dileggio, il Consiglio pastorale nominato nel 1986 si riunì una volta sola, per due ore, tra le 18 e le 20, un venerdì sera, per trattare due temi come quello del sostentamento del clero («un’invenzione di monsignorini romani perché un po’ di minestrone e un po’ di stufato tutti i miei parroci l’hanno dai parrocchiani…») e dell’insegnamento della religione,
Primo incontro tra Kenzo Tange e il cardinale Lercaro in occasione delle celebrazioni michelucciane del settembre 1966 all’Università di Bologna. Da sinistra Glauco Gresleri, Kenzo Tange, Francesco Scolozzi e il Cardinale a colloquio sul tema del nuovo centro ecumenico da costruirsi nel quartiere fieristico.
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introdotto da un curiale. L’arcivescovo parlò per un’ora e mezza. Per quindici minuti il curiale. A Genova, sotto Siri, fui Segretario dei religiosi, e mi sentii dire dal cardinale che quel che gli importava era quel che facevano in concreto i religiosi, non quel che erano. Questo quando il Concilio, in Lumen gentium, 31, insegna che i religiosi sono i testimoni che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio se non con lo spirito delle Beatitudini. Al cardinale interessavano le scuole e le parrocchie, o altre attività diaconali. Esse si danno se i religiosi testimoniano, cioè se i religiosi sono tali. Ma anche i religiosi hanno bisogno di suggestioni profetiche. Queste, a livello femminile, non esistevano per le troppo numerose congregazioni di Diritto diocesano, per lo più asfittiche. Non si parli, poi, della vita liturgica. Anche in questo ambito nessuna ricezione del Concilio da parte del vescovo e degli ufficiali di Curia, anche se proprio a Genova, all’inizio del Novecento, era sorto un vivace movimento liturgico sostenuto pastoralmente da monsignor Moglia e scientificamente dall’abate Righetti. La maggior parte delle chiese non aveva, nel 1983, anno della pubblicazione del nuovo Messale Romano, sistemato il presbiterio. Ottima, invece, l’azione della Caritas. Di basso profilo l’attività dell’UCID e quella dell’Azione Cattolica, soffocata quella dei Medici Cattolici. Più vivace l’Unione Giuristi Cattolici. A livello culturale il glorioso Didaskaleion era agonizzante. Il seminario, lasciata la sua sede nel seicentesco Seminario dei Chierici – che si sperava alienare operando una spregiudicata operazione finanziaria – e sistemato in un nuovo grande edificio di poca funzionalità, troppo fuori del centro, aveva pochi docenti, e non tutti qualificati, almeno da quando un noto prete politologo, ma solo licenziato in teologia, aveva estromesso un qualificato esegeta. Vi erano, invece, troppi seminaristi provenienti da varie diocesi, anche straniere, patiti del no al Concilio. A Genova funzionò anche per diversi anni un seminario francese e si organizzò una Pia Unione di preti, governata da un ex colonnello greco, che creava solo disturbo a una
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Chiesa che avesse voluto vivere il post Concilio. Per anni questa Pia Unione diresse una Scuola di Scienze religiose che preparava gli insegnanti di religione. Sembra che la situazione di questa Pia Unione sia ora mutata. Inesistente la formazione dei preti, anche se un gruppo di essi, un po’ alla macchia, si riuniva stabilmente nel tentativo di crescere. Ottima la qualità dello studio teologico del Collegio Brignole Sale Negroni, retto dai padri Vincenziani. La quarta realtà è data dalle Chiese cattoliche in Italia. Sono stato per vent’anni, dal 1970 al 1991, assistente ecclesiastico centrale e nazionale di due significative associazioni educative. Ho quindi conosciuto non certo tutte le Chiese locali, ma una buona parte sì. Che idea mi sono fatto, quanto alla ricezione del Concilio? Da un’indagine della Fondazione Agnelli di Torino, nei primi anni Settanta, risultava che la gran parte dei vescovi italiani proveniva da famiglie contadine ed era stata rettore di seminari diocesani. Le famiglie contadine sono certo da apprezzare, ma che vescovi di Chiese che sentivano massicciamente l’industrializzazione, e dunque l’emigrazione verso il nord, avessero una cultura contadina non era il massimo. Pellegrino proveniva da una famiglia di artigiani (suo padre era un muratore), ma era soprattutto un docente universitario presso un’università statale. Anche il padre di Siri era muratore. Ma Siri aveva una formazione clericale (seminario di Genova e Pontificia Università Gregoriana). Il padre di Lercaro era un nostromo. La formazione del vescovo di Bologna era come quella di Siri, solo che Lercaro aveva studiato Sacra Scrittura e, dalla fine degli anni Cinquanta, aveva incontrato in Bologna gente di grande levatura professionale, e l’aveva ascoltata. C’erano, tra i vescovi italiani, uomini di statura eccezionale. Penso, in Piemonte, a Bettazzi. In Lombardia a Manziana. In Liguria a Parodi. In Veneto a Battisti. In Emilia Romagna a Baldassarri. In Toscana a Vivaldo. In Lazio a Riva. In Campania a Riboldi. In Puglia a Magrassi. In Calabria a Ferro. In Sardegna a Bonfiglioli. In Sicilia a Pappalardo. Non rappresentavano, però, la maggioranza, né in assemblea CEI né in Consiglio permanente. C’erano anche preti, religiosi e religiose, e laici di grande livello, come dimostrò il primo Convegno ecclesiale di Roma (autunno 1976), a conclusione di una prima parte del Piano pastorale su evangelizzazione e sacramenti. Nel loro insieme le Chiese cattoliche in Italia, specie nella componente laicale, recepirono il Concilio. Furono favorite dalla pubblicazione dei Catechismi per la vita cristiana, dalla pubblicazione della prima e seconda edizione del Messale Romano, dall’edizione dei Rituali dei diversi sacramenti. Si organizzarono un po’ ovunque giornate di aggiornamento del clero. Le diverse riviste, prima «Il Regno», ma anche a suo modo «Famiglia Cristiana», svolsero un buon ruolo. Il Consiglio presbiterale nazionale operò per una coscientizzazione conciliare del clero. Gli organismi, nazionali e regionali, dei religiosi e delle religiose non persero tempo. Più discutibile l’azione della Consulta nazionale per l’apostolato dei laici. Un’alternativa fu tentata da padre Sorge con le riunioni presso
la casa Tra noi di Roma dal 1976, ma veri risultati non si dettero e l’iniziativa durò solo due anni. Presero corpo movimenti ecclesiali che, pur non essendo riconosciuti dalla CEI, ebbero qua e là grande sostegno da vescovi, ignari dei fondamentalismi di ogni tipo che tali movimenti esprimevano, ma sicuri della dichiarata fedeltà, tanto simile a quella del fratello del “figliol prodigo”. Tali movimenti partivano, con diversi esiti, da un’ecclesiologia della “presenza”, mentre quelli tradizionali si basavano sull’ecclesiologia della “mediazione”. Il Concilio sembra collocarsi in questa seconda prospettiva (cfr. Lumen gentium, 1 e 16). Mi fermo volutamente agli anni Settanta, che si sono conclusi con l’uccisione di Moro e la morte di Paolo VI. La quinta realtà è quella della Chiesa nel mondo intero. Dal 1972 al 1989 presi parte, prima come rappresentante dell’AGESCI, l’associazione di cattolici che fanno scoutismo in Italia, poi come assistente ecclesiastico per l’Europa e i paesi sul Mediterraneo, all’attività della Conferenza Internazionale Cattolica dello Scoutismo. Così ebbi modo di conoscere tante Chiese, in molte parti del mondo. Il Concilio vi era in genere recepito. Modalità diverse, dovute a diverse culture. Mezzi diversi, da quelli opulenti delle principali Chiese europee a quelli quasi inesistenti delle Chiese in Africa e in America Latina. Formalità di peso diverso. Da quelle estreme delle Chiese negli Stati Uniti, allo stile liberale di quelle olandesi. In tutte ho letto, anche se mi rendevo conto che dovevano esserci difficoltà che non riuscivo a cogliere in pochi giorni di soggiorno, il grande desiderio di realizzare una realtà nuova di Chiesa. È di sempre, la Chiesa concreta, e non può che convertirsi giornalmente. Il Concilio aveva fatto appello alla continua riforma, ne aveva indicato in Gesù la strada e nei mezzi rinnovati i nuovi strumenti per procedere. Fin qui ho narrato. Alcune fonti sono mie memorie, le più fanno riferimento a pubblicazioni raggiungibili. I numeri di «Chiesa e Quartiere», «Il Regno», «L’Avvenire d’Italia», «Il Nostro Tempo», «La Voce del Popolo», «L’Italia», «L’Osservatore Romano», «Famiglia Cristiana», «Vita pastorale», «Il Foglio», «Testimonianze», «Il Tetto», «La Goccia», «Il Gallo», «Dialoghi nella Chiesa di Treviso», «Lettera 1970», «Com-Nuovi Tempi», «Qiqaion» di Bose, i bollettini di ordini e congregazioni religiose, di società di vita apostolica, di istituti secolari e tante altre testate nazionali, specie quelle di associazioni o movimenti, o diocesane, gli innumerevoli settimanali cattolici, o le opere storiografiche, non esclusa quella previa, sul Concilio, diretta da Giuseppe Alberigo. Sono utili gli atti dei due convegni di Roma e Loreto, in particolare di quello di Roma per la scelta più libera dei relatori. Come ogni narrazione, anche questa chiede di essere decodificata. Non l’ho corredata di preziose note volutamente. Il lettore, che è certo adulto, saprà discernere e capire cosa mai possa essere una Chiesa dopo il Concilio. Potrà anche, sulla scorta delle cinque realtà descritte, interrogarsi sulla sua Chiesa e trarne, come lo scriba sapiente, cose nuove e cose antiche. Nella prospettiva del Regno.
Cosa ha fatto «Chiesa e Quartiere» sulla linea di una nuova dimensione di Chiesa? Ne ho scritto anche altrove (cfr. G. Grasso, Tra teologia e architettura, Borla, Roma, 1988). Negli ultimi numeri si è occupata degli uomini, specie se ultimi, delle loro non-case, delle loro non-città. Forse non si è occupata abbastanza di un progetto di Chiesa in prospettiva escatologica. Così un antico collaboratore della rivista ha potuto scrivere un libro senza contenuti a proposito della “fine del Tempio?”. E altri, non più sostenuti dal grande dialogo che caratterizzava la rivista, hanno continuato a pensare chiese come se il dopo Concilio fosse la stessa realtà del Concilio, come se non vi fosse stato il Sessantotto, come se non si dovesse operare in città classiste e dunque divise, come se la Pedretti non avesse pubblicato la sua ricerca, e così via. Veniva mantenuto in vita lo stilema di Le Corbusier, e fin qui forse talora può andare, tanto più se si mantiene, come a Riola, quello di Alvar Aalto, ma si sono mantenuti anche quelli di Michelucci e di Gio Ponti, di Scarpa e di Nervi, nei loro epigoni, non dando abbastanza spazio a quel movimento sapientemente italiano che, come il Palladio, ama le citazioni, per lo più implicite, talora esplicite, come le amavano i grandi teologi che sono stati tra i miei maestri, Chenu, Congar, Schillebeeck. Pur protesi nel futuro citavano, comprendendolo, Tommaso d’Aquino. Anche negli ultimi numeri un contributo teologico c’è stato. L’ultimo accolse il sapiente discorso che Lercaro avrebbe dovuto rivolgere agli architetti e urbanisti tedeschi in Colonia. Il cardinale Lercaro non andò in Germania perché aveva ricevuto da Paolo VI la lettera di accettazione delle dimissioni, ma il discorso resta basilare per il modo di intendere la presenza della Chiesa e delle chiese nelle città dell’uomo, luoghi anch’essi, come la storia, di incarnazione del Verbo. Giacomo Grasso, o.p.
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Testimonianza torinese Mario Federico Roggero
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Arrivati che si sia ad un punto avanzato della nostra esistenza, può risvegliarsi nella nostra mente la compiaciuta fierezza con cui Indro Montanelli ostentava una propria scelta: quella di avere voluto rimanere sempre rigoroso testimone di ciò cui aveva assistito, senza la pretesa di diventarne, a lungo andare, il protagonista. L’essere chiamato a rendere testimonianza, ancorché modesta o marginale, circa eventi del passato può infatti costituire occasione concreta ed efficace per contribuire alla restituzione di quei frammenti di materia che consentono l’identificarsi della trama e del disegno (o anche solo dei colori e delle sfumature) autentici di un più vasto ed articolato affresco; affinché questo possa venire inserito nella storia degli uomini e delle loro idee. E tanto maggiore valenza assume nella memoria l’immagine di momenti forti, se questi ci ritornano ancorati al ricordo di personalità di rilievo, anche se in stagioni di non particolare interesse: di quelle stagioni, cioè, che di solito hanno preceduto il compiersi di avvenimenti di rilievo. È quasi un ricondurre la storia degli uomini che l’hanno forgiata alla dimensione dimessa del quotidiano, riproponendola così nell’unico modo accettabile da noi, uomini di oggi, quale modello pragmatico di intenzioni e di comportamenti: alla sola ma indispensabile, abile condizione di rimanere servitori fedeli della verità e misurati fino allo scrupolo nella sua restituzione. Queste riflessioni mi sono state suggerite dall’invito rivoltomi a percorrere da testimone le vicende di «Chiesa e Quartiere», come questo volume intende fare e, nel contempo, a ricordare Giorgio Trebbi che, indubbiamente, ne fu uno dei protagonisti di maggior spicco. A me toccò allora, in qualche modo, di assumere il ruolo di corrispondente ad limina, da Torino, come accadde ad altri amici, da Roma, da Milano, da Genova o da Venezia; o, successivamente, addirittura da cento altri luoghi d’Europa; dovunque sorgessero voci a certificare l’attenzione (accompagnata talora anche da un po’ di invidia), l’interesse e l’adesione sincera e fervida a quanto in Bologna si stava inventando e proponendo. Pareva che fossero tempi di un dopoguerra ecclesialmente convenzionale e un po’ sonnolento nel suo complesso; in cui si badasse essenzialmente a rimettere ordine fra le macerie che il dramma atomico aveva rivelato in tutta la sua sconcertante complessità e nelle sue devastanti conseguenze, peraltro non sempre né appieno ancora assorbite dalla mentalità corrente. Erano invece i tempi dei segnali, talora solo appena accennati e formulati in mezzo a difficoltà sconfinate di ascolto; i tempi di un pre-Concilio frammentario e confuso, in cui un po’ dovunque avevano cominciato a levarsi voci, spesso isolate o timidamente sommesse, che auspicavano una convergenza di riflessioni in comune su ciò che dovesse andare mutato anche nel mondo ecclesiale, al di fuori
e ben al di sopra dei tentativi epidermici di restauro, compiaciuto ma inutile, delle facciate e degli apparati formali. Non costituì quindi sorpresa eccessiva un consenso così vasto e diffuso capillarmente, direi, alle prime iniziative bolognesi: ma nemmeno lo furono le caute resistenze o le critiche che l’accompagnarono lungo tutto il suo cammino. Tale consenso proveniva da quella plebs sancta1 cui si sarebbe rivolto il cardinale Lercaro nella sua Prolusione al Congresso nazionale di architettura sacra, nel settembre del 1955 a Bologna. Plebs costituita da individualità sparse o da piccoli gruppi: che, per vie diverse e singolari, in momenti differenziati e a ciascuno propri, avevano incominciato a individuare sul proprio cammino quelle valenze ancora latenti, o solo embrionalmente o sporadicamente germogliate; rivelatrici di una profonda, intensa spiritualità, dono autentico del Paraclito. Sarebbe oltremodo arricchente e confortante verificare con sistematicità e rigore documentaristico il graduale rivelarsi di questo progetto di maturazione, attraverso le sue manifestazioni molteplici di luogo in luogo, sotto l’urgenza di stimoli fortemente differenziati e, spesso, addirittura imprevedibili o casuali. Come del tutto imprevedibile e casuale fu il mio primo incontro con il gruppo bolognese. E come divennero poi imprevedibili e diversificati – e ciò va detto subito – i frutti maturati nel procedere e nel moltiplicarsi delle tante peculiari espressioni sviluppatesi in seguito e spesso tuttora operanti, nate nei centri allora convergenti: il miracolo evangelico del granellino di senape. Ma il discorso in questione, pur opportuno, ci porterebbe lontano, richiedendo tra l’altro tempo e forze che oggi mi mancano. Per me la grande avventura di «Chiesa e Quartiere» non cominciò nel gennaio del 1956 con l’uscita ufficiale della rivista; e neppure nel settembre del 1955 al Congresso nazionale di architettura sacra. Era cominciata durante una lunga notte torinese del 1953, in una piazza, Vittorio Veneto (che passa per essere una delle maggiori d’Europa), gremita di folla, con vescovi e cardinali, convenuti per il Congresso Eucaristico Nazionale a memoria del miracolo torinese del “Corpus Domini”2. Si era conclusa la grande celebrazione eucaristica, officiata dal cardinale Ildefonso Schuster, legato pontificio, circondato da otto cardinali tra cui il patriarca di Venezia e il nuovo arcivescovo di Bologna, Giacomo Lercaro. Questi, durante l’intera funzione, mi aveva colpito per l’appassionata carica che sapeva trasmettere attorno a sé anche alla fine di un’estenuante giornata. La gente stava lentamente sfollando ed io, conclusa la modesta fatica affidatami dal Comitato, stavo convogliando le Autorità convenute – non senza qualche difficoltà – verso le rispettive automobili. Quasi alla fine dell’operazione, scese per ultimo dal palco-presbiterio il cardinale Lercaro che, sorridendo e indicandomi un gruppo di persone nelle vicinanze, mi disse: «Io resto qui un momento con i miei bolognesi; se
del caso, rimandi pure la macchina. Anzi, perché non si ferma anche Lei con noi?». Gli obbedii volentieri, e il giorno successivo – rientrato a Bologna il Cardinale – accompagnai in giro per Torino i “bolognesi”, invitandoli poi a cena per un commiato in letizia. Ed ebbi notizia di quel concorso per una monografia, i cui frutti mi avrebbero coinvolto dal settembre 1955 in forma definitiva con il Centro di studio per l’architettura sacra. Da quel momento fu un susseguirsi fittissimo di circostanze e di eventi; di occasioni colte al volo e di coincidenze fortuite divenute subito pretesto di incontri e di riflessioni comuni “a distanza”; attraverso brevi note e propositi suggeriti; dubbi e perplessità, invenzioni e pause di ripensamento, dove Giorgio Trebbi rimaneva il fulcro di ogni tentativo di traduzione in concreto, ispirato sempre alla lungimirante traccia segnalata da Lercaro, e dallo stesso cardinale seguita con discrezione fino alla compiuta realizzazione. Momenti diversi per impostazione e attuazione, per condizioni di paziente attesa e di sollecitazione ad experimentum dettati da congiunture quotidiane, raccolte e portate alla valutazione comune; avvenimenti personali felici trasformati improvvisamente in occasione di creazione spontanea (e collettiva insieme) di comportamenti o di gesti innovativi, di intuizioni programmatiche o di applicazione di nuovi metodi nella concretezza di un fare (anche architettonico) rinnovato. Non vi erano preclusioni né pregiudizi. Ogni avvenimento, ogni spunto si sapeva che poteva essere portato, anche attraverso un’improbabile adesione collettiva, a pretesto ponderato di analisi, a soggetto di verifica attenta perché si tramutasse in un progetto realizzabile (e spesso realizzato). C’era il Centro di studio per l’architettura sacra nella sua efficiente, scarna struttura, e c’era la rivista «Chiesa e Quartiere» con il proprio Comitato direttivo, i corrispondenti dislocati un po’ dovunque e la sua mitica sede di via Altabella 6, collettore puntuale
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Leonardo Mosso, cappella per la Messa dell’Artista a Torino (1962-63). Veduta dell’interno (da «Chiesa e Quartiere», 29, 1964).
di ogni stimolo esterno. Ma c’erano, insieme e autonome, innumerevoli occasioni di incontro, in luoghi diversi, a seguito di eventi anche eterogenei o normalmente inavvertiti. La sorpresa diveniva stimolo e provocazione per accettare ogni sfida. Dopo il congresso di Bologna del 1955, il viaggio in Scandinavia del 1957, i periodici convegni di Assisi alla “Cittadella”; le tavole rotonde un po’ dovunque; le conferenze; gli interventi, verbali o scritti, ad ogni sollecitazione seria pervenuta; i concorsi di Architettura: da quello internazionale bandito dalla CECA in Lussemburgo, del 1960, a quello parigino per il Parco della Villette del 1982, costituirono tutti motivo di intervento severamente
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professionale per ciascuno di noi, fervidamente accettato e svolto nella collettiva coscienza di portare avanti, quasi in una gioiosa “staffetta” sportiva, il comune patrimonio di idee e di intenzioni che, senza neppure rendercene conto, ci eravamo trovato realizzato tra le mani. E forse sono proprio le testimonianze superstiti di queste riflessioni comuni a costituire oggi il fitto e fecondo campo di argomenti da affrontare di nuovo, da approfondire, da riprendere e rimeditare, nella loro ormai lontana e complessa matrice lercariana e nella ricchezza di tante espressioni singolari o dialogiche (oggi a rischio della propria dispersione); queste ultime nate dalla coscienza collettiva o alla coscienza col-
lettiva riportate per una maturazione generale, come allora accadde spesso, dopo l’ incontro di qualcuno di noi con uno dei grandi Maestri, premurosamente e criticamente scelti quali interlocutori attorno ad un tema specifico, per tutti noi ritenuto urgente e importante. Dall’“architettura sacra” alla “sacralità del fare architettura”, intesa quale modesta e missionaria espressione di una vocazione comune, il trapasso graduale – per tutti noi, credo – fu coinvolgente e naturale. Dal padiglione dell’Esprit Nouveau alla chiesa di Riola, dalla Tourette alla fondazione dell’OIKOS, non ci fu argomento relativo al nostro “terribile” mestiere che non portasse il segno di un sommesso, discreto, mai proclamato, né formulato direttamente, modo preciso di essere integralmente architetti. Persino nella gioiosa, delicata festività del matrimonio di Giorgio con Paola, celebrato nell’eremo di San Vittore dal cardinale Lercaro, a me – allora, per una volta, anche ufficialmente testimone – fu dato di cogliere in ogni gesto, in ogni sfumatura, in ogni espressione verbale la profonda realtà spirituale di una tale collettiva (e rarissima) vocazione interiore, né conclamata né ostentata, all’architettura: che ancora oggi traspare inequivocabilmente dalle testimonianze di tante pagine, pubblicate o rigorosamente rimaste private, dichiaratamente esplicite sul tema oppure genericamente legate a una speciale occasione. Ma queste, se recano senza alcun dubbio, quale sigillo, le linee direttrici ispirate da Lercaro, riportano in primo piano assoluto la paziente, tenace, rigorosa, faticosa capacità intuitiva di Giorgio. Non ci fu numero di «Chiesa e Quartiere» che non portasse in apertura il suo editoriale sui più disparati ma attualissimi argomenti, nella più coraggiosa trasparenza e nella più serena obiettività, pur nel fervore della polemica accesa. La sua coerenza, a qualunque prezzo, fu il ritmico, regolare “metronomo” sulla cui cadenza si orientavano (e molte ancora lo fanno) le divagazioni, anche le più libere e fantasiose, che spesso e volentieri si agitavano nelle teste di tutti noi.
E non è soltanto nello stretto ambito bolognese di «Chiesa e Quartiere» che ciò si è verificato: come non è rimasto vincolato ai quaderni della rivista fino al giorno della sua cessazione. È di questa durevolezza, nel tempo e nello spazio, che oggi anch’io – come Montanelli – sono davvero orgoglioso di aver potuto essere testimone. Tuttavia, ciò che di tale testimonianza mi sta particolarmente a cuore non è tanto il richiamo puntuale ad avvenimenti, a vicende, a circostanze che possano meglio caratterizzare il loro autentico svolgimento nel tempo o il contributo apportato ad un’avventura, culturale e spirituale insieme, iniziata ormai quasi mezzo secolo fa. Quanto mi anima, spingendomi a ritornare con insistenza su questi ricordi lontani, è piuttosto il bisogno di ribadirne la persistente attualità; non tanto come manifestazioni evocative di memorie, preziose anche se storicamente superate, bensì quali urgenti espressioni di precisi valori che chiedono, oggi più che mai, di venire riaffermati nella loro integrità e, soprattutto, nella loro piena capacità di offrire risposte essenziali e convincenti ai tormentati interrogativi, alle contraddittorie ansietà, ai dubbi, alle nostre odierne paure. Molte cose, nel frattempo, sono cambiate. Le condizioni ambientali, l’assuefazione a tanti rivolgimenti di costume, l’acquisizione scontata o indifferente, remissiva o indolente, di posizioni e di comportamenti allora giudicati “di frontiera”, su cui pareva indispensabile assumere un preciso e inequivocabile atteggiamento, ora inducono troppo spesso a guardare a questi valori come se appartenessero a una remota, poetica preistoria, di cui non si sappia più valutare la portata; questa è invece fondamentale per i problemi di oggi, fagocitati dalle assopite coscienze della nostra attuale stagione quali temi di retroguardia, tardiva fioritura di momenti lontani e – cosa ancora più grave – rimossa dalla memoria, in una marginalità apparente di manifestazione circoscritta ed effimera. È vero: ci fu – dopo – un Concilio a richiamare l’attenzione generale della cultura (cattolica e non); ci furono sconvolgimenti nelle strutture, avvicendamenti nelle direttive; il risveglio dall’assuefazione fu rapido, generale e risonante. Ma quanti di quei successivi accadimenti sarebbero stati accolti con adesione così piena nei diversi settori dell’opinione pubblica, senza i primi scossoni del movimento bolognese? A poco a poco il discorso si allargò, si fece corale, talora anche in una polifonia polemica di non agevole gestione. Il milanese Centro di San Fedele, le varie “Messe per gli Artisti” attive in una ventina di città italiane, in una sostanziale e solidale consonanza con «Chiesa e Quartiere» e, insieme ad alcuni gruppi di puntuale ricerca, condussero un po’ ovunque sul territorio quell’indispensabile lavoro preparatorio che, se non fosse stato diffuso capillarmente sugli animi e sulle culture delle differenti realtà locali, avrebbe corso il rischio di essere vanificato, lasciato cadere nel vuoto di singoli
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tentativi isolati, non certo in grado di dare il necessario respiro ad una rinnovata comune coscienza della realtà che Bologna, invece, aveva chiaramente denunciato, portandola con coraggio alla ribalta. Senza il sistematico sforzo di approfondimento critico, senza la propedeusi (“la catechesi e il laboratorio”), la preparazione culturale di base, gli stimoli – di volta in volta discreti o duri – di Luciano Gherardi, primo direttore responsabile di «Chiesa e Quartiere», capofila di quella generazione sollecita e attenta cui toccò in sorte coordinare in termini operativi concreti le tante “provocazioni” teoriche di principio dei Padri Conciliari, tutta la fatica condotta in quegli anni sarebbe andata dispersa. E probabilmente non avremmo avuto (come invece ancora oggi abbiamo) sotto i nostri occhi, per la verità talora un po’ distratti, le parole indirizzate da Paolo VI «Bonarum artium cultoribus ex italica sodalitate v.d. “Messa degli Artisti” qui in Sacello Sixstino interfuerunt Sacro a Beatissimo Padre celebrato» il 7 maggio 19643. Era il giorno dell’Ascensione, e nella cappella Sistina il pontefice si rivolse agli artisti dicendo testualmente: «Abbiamo bisogno di voi, che avete la prerogativa, la capacità di avvertire per via di sentimento ciò che per via di pensiero non si riuscirebbe a capire né a esprimere» e, continuando: «Noi vi abbiamo talvolta messo una cappa addosso, possiamo dirlo: perdonateci», per concludere: «Ma noi abbiamo già, da parte nostra, un grande atto della nuova alleanza con l’artista. La Costituzione della Sacra Liturgia che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha emesso e promulgato per prima, ha una pagina che è appunto il patto di riconciliazione e di rinascita dell’arte religiosa in seno alla Chiesa cattolica. Ripeto, il nostro patto è firmato. Aspetta da voi la controfirma». Secondo un’interpretazione di carattere strettamente giuridico-diplomatico, la “controfirma” offerta e attesa dal Santo Padre non venne mai apposta. Ma il calore della reazione in quel giorno, l’emozione sul vol-
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to dei presenti, la loro adesione entusiastica non lasciarono dubbio alcuno, né agli artisti, né al Pontefice. Infatti, a una riproposizione testuale e commentata con molta attenzione di quel documento, avvenuta trent’anni dopo, l’editore ne volle accentuare la chiave di lettura più autentica, sottolineandone il titolo “nel segno dell’ineffabile”. Sottile e acuta interpretazione dell’atmosfera che permeò quel momento di una luce totalmente nuova: nuova non perché inattesa, ma perché improvvisa nella sua pienezza e nella sua testimonianza di un’apertura a 360 gradi proprio da parte del supremo vertice di una gerarchia fino ad allora apparsa avara di concessioni concrete sull’argomento. E a scrutarne meglio in dettaglio le vicende, sia quelle immediatamente precedenti sia le successive che seguirono a breve, precisi segnali di attenzione alle nostre trepide istanze, un diverso e più sereno consenso al nostro “lavoro” di approfondimento e di dialogo furono chiaramente evidenti. Il discorso di Paolo VI agli artisti venne pronunciato nel maggio del ’64: nel numero 29 di «Chiesa e Quartiere» del marzo dello stesso anno era comparso, ampiamente evidenziato e commentato, il resoconto di un dibattito svoltosi a Torino, alla Galleria d’Arte Moderna, nell’ottobre del 1963: una “tavola rotonda” cui il cardinale Lercaro aveva inviato un caloroso messaggio di adesione e di augurio, e che si era avvalsa dei contributi di relatori impegnati a fondo come monsignor Ennio Francia, gli architetti Luigi Moretti, Raffaello Fagnoni, Enrico Castiglioni e Giorgio Trebbi, per valutare la condizione dell’architettura religiosa in una società in profonda trasformazione. In quell’occasione era stato sottolineato con forza come nella sua teoria, così rigorosa eppure così aperta alla nostra problematica, Teilhard de Chardin, in una nota al suo La place de l’homme dans la nature, accomunasse alla ricerca scientifica, d’ordine logico e razionale, la ricerca artistica, di ordine alogico e irrazionale, dimostrandone l’«inseparabilità biologica» e considerandole entrambe «parte integrante dell’identico impulso di Energia Umana»4. Con ciò togliendo ogni eventuale scrupolo circa i limiti nell’uso dei modi usati per addentrarci in un campo che, se troppo spesso perde coscienza della liceità dei propri strumenti operativi, altrettanto spesso si sbarra da solo la strada per poter proseguire. Sono ormai gli stessi interrogativi e gli stessi argomenti che si possono ritrovare in un articolo comparso su «Il nostro tempo», scritto da Michele Pellegrino, non ancora arcivescovo di Torino, né cardinale, ma già dal 1957 ordinario di letteratura cristiana antica nell’Università torinese. Un’ulteriore coincidenza o il segnale che, anche a Torino, qualcosa andava davvero maturando? «Era una nuova testimonianza di un risveglio che cominciava a manifestarsi, dopo un decennio che, anche a causa dell’età molto avanzata del cardinale Fossati, fu prevalentemente un periodo di stasi (con abusi di sottogoverno) per l’assenza di una vera guida»5. Con la chiamata di monsignor Pellegrino alla cattedra di San Massimo, le cose
cambiarono radicalmente: a suo sostegno sorsero subito strutture adeguate ed efficienti, impegnate nella ristrutturazione della diocesi e della curia, sempre con uno sguardo attento e appassionato ai rapporti con la cultura. Nel 1966 l’innovazione ritenuta in città come la più importante fu l’istituzione dell’Ufficio Liturgico Diocesano, affidato a don Aldo Marengo con il compito di guidare l’attuazione della riforma liturgica, attraverso le sue tre sezioni: per la pastorale, la musica e l’arte. La commissione costituì il punto di forza per la svolta operativa sistematica e fondamentale, strumento metodologicamente rigoroso che, da allora, dura ininterrottamente, con efficaci mansioni di tutela e di coordinamento con gli organi periferici del Ministero per i Beni Culturali, in ordine alla schedatura e al controllo critico di quanto appartenente alla giurisdizione ecclesiastica. Sull’onda di questi ricordi, e in un’occasione come l’attuale, di ripensamento e di verifica circa la strada percorsa, non mi parrebbe iniziativa di poca importanza quella di fermarci per qualche momento a riflettere, per valutare con franchezza e coraggio sia l’eventuale disponibilità ad apporre oggi quella “controfirma” che Paolo VI ci offrì e ci chiese nel 1964, sia gli strumenti e le forze di cui ancora disponiamo per onorarla come conviene. Si farebbe in tal modo la conta su quanto sia necessario riesaminare, con nuovi obiettivi e nuovi linguaggi, forse, ma con lo stesso spirito, gli interrogativi e i temi di allora. E cercando di comprendere, al contempo, se non sia il caso di riproporli a noi stessi, per primi, e ai più giovani che certo avranno molte cose da dire sull’argomento; non fosse altro che per individuare con maggiore certezza la nostra odierna, autentica collocazione nella cultura di un mondo in completo mutamento. Gli anni sono passati per tutti noi. Con il cardinale Lercaro e con monsignor Gherardi, anche Giorgio Trebbi ci ha lasciati. Il vuoto è enorme, ma credo che quel fuoco che ardeva non sia ancora spento. Perché non tentare allora, anche se in pochi e in spirito di novità, un meditato, approfondito ritorno alle fonti? Non come un patetico e un po’ grottesco raduno di ex commilitoni, ma come quei figli prodighi che, umili e dimessi, tornano alla casa del Padre. Una voce ci richiama pur sempre con insistenza: «A Messa, figlioli!»6. Dalla Prolusione del cardinale Giacomo Lercaro, in “Atti del I Congresso nazionale di architettura sacra” (Bologna 23-25 settembre 1955), Università degli studi di Bologna, UTOA, p.18. 2 Il Congresso Eucaristico Nazionale si tenne a Torino nel 1953, nella ricorrenza del quarto centenario del miracolo del “Corpus Domini”, 1
allorché il cieco di Briançon riacquistò la vista mentre l’Ostia rapita e nascosta in un sacco si levava in cielo. 3 Cfr. Discorso di Paolo VI agli artisti, ripreso integralmente in «Chiesa oggi - architettura e comunicazione», 10, 1994, pp. 16 ss. 4 Cfr. «Chiesa e Quartiere», 29, marzo 1964, pp. 17 ss. 5 Turinetti G., L’attività pasto-
rale del cardinale M. Pellegrino, arcivescovo di Torino 1965-77, in “Atti del Convegno su M. Pellegrino a dieci anni dalla sua morte” (Torino, 8 febbraio 1997), ElleniciLeumann, Torino, 1997. 6 Indispensabile e doveroso richiamo al titolo del direttorio liturgico del cardinale Lercaro: «A Messa, figlioli», UTOA, Bologna, 1955.
In alto. Mario Federico Roggero, Studi su Ronchamp, 1955.
In basso. Mario Federico Roggero, schizzi di studio per la conferenza “La chiesa, l’uomo e la collettività nella struttura del quartiere residenziale: rapporti spaziali e sociali”, al I Congresso di architettura sacra a Bologna (1955). Chiese a Ibiza.
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Programma culturale e strumenti operativi Glauco Gresleri
Copertina del numero 1, 1957, di «Chiesa e Quartiere», monografico dedicato al saggio di Luigi Figini Il tema sacro nell’architettura minore del mediterraneo.
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Un principio fu chiaro fin dall’inizio. Che il Movimento bolognese non sorgeva solo da un’urgenza culturale fine a se stessa con l’obiettivo di perseguire un’ortodossia organizzativa della sinergia architettura/liturgia, che pure era passaggio obbligato di avanzamento concettuale; ma come strumento dell’azione pastorale con cui la diocesi, attraverso l’impulso diretto e personale del cardinale Lercaro, voleva aggredire le aree diseredate della periferia perché si compisse il comandamento evangelico. Giacomo Lercaro era pastore ai limiti della ragione per la sua ansia a ché la parola di Dio arrivasse a toccare i cuori di tutti gli uomini. Nessuno escluso. Egli viveva in uno stato di perenne frustrazione e continua esaltazione perché ogni spicchio del territorio della diocesi avesse un punto di irradiazione evangelica. Nessuna analisi del suo momento esistenziale e della sua azione può essere non solo capito, ma neppure analizzato, se non ci si pone da questo punto di vista. Occorre aver partecipato alle sue omelie, negli incontri con i giovani specialmente, quelle ad esempio impareggiabili durante le cresime, per capire come il suo dire fosse realmente strumento della parola di Dio, non rivolta genericamente ai presenti, ma portata di persona a ciascuno, trasmessa in via diretta e personale, perché in lui era l’intuizione che non le masse, ma solo ognuno per se stesso, può essere oggetto di pesca pastorale. Ciò che è stato detto da Renato Farina a proposito di come l’editore Leonardo Mondadori vedeva papa Wojtyla1, può essere ripetuto per Lercaro: «follia per il popolo di Bologna!». La sua intuizione circa la forza spirituale della modernità fu immediata. Gli incoraggiamenti, gli input che immediatamente gli arrivarono da Giuseppe Vaccaro e da Giorgio Trebbi circa il valore della voce moderna in architettura, certo lo confortarono, ma erano semi che cadevano su un terreno già arato e pronto a dare i suoi frutti. Il suo impatto con chiese della periferia appena costruite, chiuse e ostili nei loro rigidismi, vuote di senso liturgico, prive di poesia, reperti senza possibilità di rapporto funzionale ed emozionale con la vita dei quartieri d’intorno – che trovò nella diocesi al suo arrivo in città – crearono un rigetto totale, al punto che faceva fatica a visitarle e dalle quali fuggiva ogni volta affranto. Fu chiaro per lui come le strutture pastorali dovessero essere diverse da quelle. Diverse. Come, sarebbe stato da definire; ma aperte, gioiose, illuminate, capaci di trasmettere emozioni, in cui fosse facile e piacevole entrare, trovarsi, ascoltare, guardare, partecipare, pregare e cantare; sì, proprio cantare. Quali spazi sublimi potevano essere immaginati ove la parola di Dio e l’azione santificante dell’eucarestia potessero liberarsi come atti di gioia privata e comunitaria, e dove la chiesa apparisse realmente come la casa di ognuno, ricca per coloro che avevano una dimora dimessa, luminosa per quelli che vivevano
in zone tristi, spaziosa per chi desiderasse il senso dell’aria libera, giovane per gli uni e gli altri! Se la Chiesa deve parlare di salvezza nell’eterno, allora la chiesa costruita deve almeno parlare di liberazione dalle situazioni infelici, dagli spazi torbidi e ottusi, liberazione gioiosa nello scambio del segno di pace. Allora questo era il compito. Questo era il comandamento che Lercaro diede al manipolo di volonterosi che, in forma inespressa, giurarono di mettere la propria capacità professionale, sostenuta dal triplice apporto di mente, cuore e intelligenza, al servizio di questa battaglia. E fu subito guerra. Di colpo furono scavate le tre trincee (Sezione tecnica dell’Ufficio Nuove Chiese; Centro di studio e informazione per l’architettura sacra; rivista «Chiesa e Quartiere») da cui muovere all’assalto per la conquista. Conquista di cosa? Delle mentalità non preparate, per mostrar loro le meraviglie dell’impostazione moderna; delle situazioni che di volta in volta andavano espugnate, contro orde retrograde che negavano la verità della vita; del modo di intendere la città come struttura organica che dovesse vivere crescendo in qualità spirituale, e non come insieme di case e di cose; di quella “seconda Bologna” (la parte extra moenia trascurata dall’intellighenzia tecnica di tutte le amministrazioni!) che la Bologna “bene” ignorava; di quella pseudo professionalità aggrappata alla Curia, che intendeva costruire la chiesa come opera edilizia e non come strumento che dovesse far vivere la Liturgia rendendola riconoscibile! Le battaglie si susseguirono. Giornaliere quelle della Sezione tecnica dell’Ufficio Nuove Chiese, trimestrali quelle della rivista che, a ogni numero, affrontava casi e aree culturali puntuali e proponeva ipotesi risolutive. Saltuarie quelle del Centro di studio, i cui interventi puntavano alle grandi occasioni perché il vangelo architettonico potesse affiancarsi al Vangelo delle Scritture.
Questo fu «Chiesa e Quartiere»: dibattito culturale, esplorazione verso ricerche anche effettuate da altri in aree lontane, ma anche lettura dei fenomeni locali, delle stesse soluzioni provvisorie, per trarne esperienze ai fini delle operazioni di missione. Tutto fu affinamento culturale, avanzamento scientifico e strumento per l’operatività diretta. L’impianto urbano, le relazioni con il contesto, il modo in cui la gente potesse pervenire al sito dell’incontro, l’aula come momento in cui la partecipazione divenisse realmente possesso dell’azione liturgica e comprensione della realtà per costruirsi come membra del corpo di Cristo, il modo con cui la luce non solo illuminasse ma rendesse esplicito il senso stesso della Luce, l’espressione degli elementi fisici perché parlassero in termini poetici, i paramenti come segno di festa e di candore, l’eliminazione delle paccottiglie come rispetto per il “mistero”, le scritte, la posizione dei fiori, la presenza delle opere d’arte… Tutto via via fu campo di dibattito, cattedra d’insegnamento, testimonianza di comportamento, dichiarazione d’amore. Strumento operativo carico di valori fondativi, e ricerca di una verità architettonica che intuisse la magia dello spazio agli effetti di rendere vera e riconoscibile la liturgia nei comportamenti sacramentali, fu l’opera delle “soluzioni provvisorie” come sedi immediate dell’azione pastorale. Ricavate entro ambiti edilizi esistenti, anche poverissimi, quali scantinati o baracche, o realizzate con uso di mattoni edilizi “ad incastro” (quindi neppure murati), a dare veramente significato della soluzione minimale improntata alla situazione di urgenza e di estrema economicità, esse si costituirono non solo come luoghi in cui attivare le prime forme di assistentato pastorale e umano, ma come segni in grado di trasmettere, in molti casi con la “poesia” delle soluzioni giocate sulla concretezza dei materiali inusuali (legno) e della luce, la sensazione di luogo diverso e speciale2. Cosa eccezionale fu la possibilità – nella libertà data appunto dalla singolare “provvisorietà” delle soluzioni adottate – di sperimentare nella forma più disinvolta il modo di attivare il rapporto tra i fedeli e i momenti sacramentali (primo fra tutti l’eucarestia) così da fornire esempi pratici, immediati e concreti del principio della partecipazione che, in quelle situazioni, fu da subito concretamente attiva e coinvolgente a tutti i livelli, fisico, personale, spirituale, di attività, di scambio, di esaltazione, per aver trovato emozioni ritenute ormai irrecuperabili. Partecipazione così tangibile e vera, da prendere ogni persona, cardinale Lercaro compreso, che veniva via da quei siti raggiante, come un padre che abbia fatto visita alla nuova famiglia del figlio! Le pagine della rivista raccontano qualche cosa di quei tanti episodi: la soluzione improvvisata in via del Ravone entro un garage3 e affidata alla cura di don Walter Michelino, il segretario stesso di Lercaro, o quella provvisoria
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per San Vincenzo de’ Paoli, costruita ad hoc con blocchi di calcestruzzo “a incastro” senza uso di malta, la cui atmosfera di sacralità spinse la rivista dei domenicani francesi «L’Art Sacré» a dedicarvi un servizio che risultò esemplare4, e via via le tante altre. Fu, quella, un’epopea importante perché ha realizzato la “sperimentazione” sul campo; ha permesso a tutti di verificare, vedere, provare e immergersi nel sistema della nuova sinergia partecipativa. Quale lezione e carica d’entusiasmo per lo stesso Lercaro, il poter vedere, il poter partecipare, l’eseguire una verifica emozionante dall’esito entusiasmante. Quanta di questa tensione e quale sicurezza egli portò chiuse nel suo cuore quando, aprendolo ai padri Conciliari, poté dire: «Io so perché ho visto; io credo perché ho sperimentato; io dico perché ho sentito!». Ma questo entusiasmo, questa certezza di camminare sulla giusta strada, doveva essere comunicata. Si era coscienti che occorreva dare risonanza al progetto, e che questo dovesse essere allargato ad altri; ma anche che la sua realizzazione passava attraverso la comunicazione che assurgeva, così, a imperativo morale. Già durante il Congresso apparve subito la necessità di avere un foglio su cui scrivere; immediata fu la sensazione che si dovesse colloquiare con quanti avevano aderito con entusiasmo al momento bolognese del settembre 1955 senza perdere tempo. Che occorresse subito una via diretta di comunicazione scritta. Ripercorrendo la catena di mosse susseguenti, si ha veramente la sensazione dell’ossessione reale che prese il nucleo di base del movimento per trovare il modo di “comunicare e manifestare”. Prendiamo atto dei tempi tumultuosi di partenza… Quale urgenza e senso reale della necessità di esistere e di vivere! Al punto che di colpo, senza fissare un vero programma, subito parte la prima mossa6; e poi ancora la seconda7. Ma non basta; è tanta l’angoscia di dover dire e fare che ecco ancora un’altra partenza8, sino a raggiungere solo in un quarto tempo la formula definitiva dei quaderni con cui finalmente il meccanismo è attivo e definitivo9. È agli atti il verbale di un incontro, avvenuto quando la rivista era ormai cosa tangibile, tenutosi nella sede di via Altabella 6, in cui i presenti si relazionarono sulla necessità di potenziare la vita dello strumento d’informazione e la sua promozione, ciascuno dei presenti dichiarandosi disponibile alla fatica relativa!10 «Chiesa e Quartiere» è ormai viva e tale sarà, spasmodicamente, sino alla fine, sino a che i tempi dell’intorno non le imporranno di dover denunciare, gridandola al mondo, la rottura della magia bolognese del tempo lercariano. La rivista fu cassa di risonanza: prendere e dare; ascoltare e parlare; imparare e insegnare.
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I nostri referenti a scala europea erano quelli dell’«Art Sacré», i costruttori cattolici svizzeri, i teorici grandi realizzatori tedeschi, ma anche gli iberici, gli slavi, gli ungheresi. E le opere erano nel segno della modernità, da André Block a Gehr, da Le Corbusier a Candela, da Picasso a Rouault, da Gaudí a Holzbauer, da Gauguin a Moore. Tutto peraltro vissuto, scambiato, discusso non come accademia, neppure come solo godimento e gioia dello spirito per le cose che esistono in stato di lirismo puro, ma assunto come strumento, come strada del fare, come meccanismo da mettere in pratica per far cantare la materia e dar pace allo spirito degli uomini. Come dimostrazione, come prova provata, come documento di verità. Come lezione di cosa significhi operare in stato di poesia in contrapposizione alla normalità piatta e senza vita della routine di tanti. Era questa la filosofia dell’essere e del fare di «Chiesa e Quartiere». Fornire indicazioni di comportamento per la ricerca di ognuno verso il traguardo della voluta e ricercata sinergia tra l’architettura, luogo dello spazio, e la liturgia, luogo della verità salvifica. Nessuna soluzione data come paradigmatica, nessun principio di tipologia architettonica, nessuna proposta di forma, nessun campione da proporre, ma l’emozionante magia di operare affinché l’assemblea, nel costituirsi e nel celebrare, realizzi l’unità del corpo di Cristo! Quale forma mai, quale cono di luce, quale vibrazione di spazio, quale atmosfera poetica, quale irradiazione centripeta potrà esprimere il mistero di tale verità? Questo la rivista proponeva e cercava, questo sperava divenisse metodo perché i progettisti crescessero, uno per ciascuno, creativi di quella “energia” architettonica entro la quale la liturgia può manifestarsi. Non balbettanti ripetitori di forme già viste e inutili. Gli scambi e gli incontri con tanti giovani in “stato di attesa”, non si contarono, e tanti poterono bere alla fonte di questa nuova carica di energia.
Quanti passarono dalla sede della Sezione tecnica, per informarsi, per capire, per testimoniare! Lorenzo Ceregato, pittore giovanissimo, affascinato dall’atmosfera dell’ufficio, si accosta a un tavolo, e traccia d’un fiato una delle sue prime scene di crocifissione!11 Solo una citazione, per comprendere la spinta che Bologna indirizzava verso tante direzioni: il concorso per una chiesa di Ascoli Piceno, per il quale il comitato promotore si affidò alle indicazioni del Centro, che furono drastiche! «Non richiedere progetto di “architettura” che avrebbe distolto l’attenzione e la tensione creativa dei progettisti verso una sterile ricerca di forma […] Ma una espressione rappresentata solo in “pianta”, con grafici od impronta plastica, a “inventare” il rapporto con cui l’energia che si irradia dall’altare possa trasferirsi all’assemblea e da questa ritornare centripeta verso il luogo del sacrificio!». Le proposte e le soluzioni
«Panorama», 8 agosto 2002, p. 9. 2 «Chiesa e Quartiere», 1-2, gennaio-febbraio 1956, p. 8; 3-4-5, ottobre 1956, pp. 1624; 2, giugno 1957, pp. 6770; 4, dicembre 1957, pp. 42-43; 6, giugno 1958, pp. 58-62; 19, settembre 1961, pp. 95-96; 21, aprile 1962, pp. 25-65. 3 «Chiesa e Quartiere», 2, giugno 1957, pp. 67-70. 4 Cfr. L’Église des apôtres, in «L’Art Sacré», 7-8, aprile 1958, pp. 28-32. 5 Convegno di studio per i corrispondenti della rivista «Chiesa e Quartiere» (1° maggio 1957), via Altabella 6, Bologna. Presenti: cardinale Giacomo Lercaro, Ludovico Quaroni, Mario Roggero, Enea Manfredini, Giorgio Trebbi, 1
Cesare Fera, Pierluigi Giordani, Enzo Zacchiroli, Odoardo Bertani, Glauco Gresleri, Giuliano Graziosi, don Luciano Gherardi, don Antonio Savioli, Raffaele Contigiani, Giorgio Olcese. 6 «Chiesa e Quartiere», 1. Sottotitolato foglio mensile del Centro di studio e informazione per l’architettura sacra, via Altabella 6, Bologna; come supplemento al n. 7 di «Amici del Cardinale», novembre 1955. 7 «Chiesa e Quartiere», 1-2, gennaio-febbraio 1956. Centro di studio e informazione per l’architettura sacra, Ufficio Nuove Chiese di periferia, Bologna. Ancora: supplemento al n. 2 di «Amici del Cardinale», febbraio 1956.
uscite dal concorso, liberate dalla farragine architettonica furono magnifiche e, tra esse, una fu esemplare. Basta riguardarne le immagini su «Chiesa e Quartiere» per ritrovare l’emozione e l’entusiasmo di quei tempi12. La rivista germogliò a vista, proliferò anche con polloni che lavoravano, per fortuna, indisturbati sottoterra perché nessuno nella diocesi li strappasse; fiorì, portò alla maturazione semi affinché fossero trasportati lontano dal vento e dagli uccelli del cielo. Che iato incredibile tra la limitatezza delle forze operative in campo (Roberto Rubini alla pubblicità e alla gestione economica, Glauco Gresleri alla promozione e agli abbonamenti) e il risultato conseguito nel numero dei lettori e nella penetrazione in così tanti ambiti! Ma la giornata di luce fu troppo breve; e fu «subito sera». L’onda nera e fredda dell’inverno bolognese del 1968 era già arrivata, e il 12 febbraio13 sommerse tutto. Solo qualche seme attecchì anche lontano, tra i sassi e nei rovi, e qualche pollone, anche a distanza di tempo e oltre i confini della diocesi, riuscì a sortire alla luce e divenire pianta esso stesso. A dimostrare come quel momento bolognese non fu inutile ed ebbe buona eco in cielo.
«Chiesa e Quartiere», 3-4-5, ottobre 1956. Organo del Centro di studio e informazione per l’architettura sacra e dell’Ufficio Nuove Chiese di periferia, Bologna. Edizioni dell’Ufficio Tecnico Organizzativo Arcivescovile UTOA, Bologna. 9 «quaderni di Chiesa e Quartiere», 1, marzo 1957, Il tema sacro dell’architettura del Mediterraneo. Quaderni trimestrali a cura del Centro di studio e informazione per l’architettura sacra di Bologna, UTOA, Bologna. 10 Vedi documento negli Apparati. 11 «Chiesa e Quartiere», 12, 1959, p. 12. 12 «Chiesa e Quartiere», 42, giugno 1967, pp. 42-57. 13 Il 12 febbraio 1968 Giaco8
mo Lercaro lascia la cattedra arcivescovile di Bologna, dopo un incontro drammatico col visitatore apostolico monsignor Ernesto Civardi (ex compagno di studi di monsignor Giacomo Poma che succederà sul soglio bolognese) avvenuto il giorno 27 gennaio 1968 nel salottino d’ingresso della casa del cardinale alla Ponticella di S. Lazzaro. Alla ripetuta domanda di Lercaro se fosse volontà del Santo Padre che egli lasciasse la diocesi di Bologna, il visitatore per tre volte, come San Pietro nell’orto, asserì affermativamente. Il testo in corsivo riporta fedelmente quanto dichiarato, in un incontro a quattr’occhi, da Lercaro a chi scrive queste note.
Sull’incontro successivo tra Lercaro e il Pontefice, ove fu chiarita la totale estraneità della più alta gerarchia a tale processo, riferisce il cardinale Giuseppe Siri nella prolusione alle “Giornate commemorative a dieci anni dalla morte”: «Venne il giorno in cui scese i gradini della cattedra di San Petronio. Quando Paolo VI gli disse che era disposto a riportarlo su quella cattedra, egli immediatamente e decisamente rifiutò. Quello che era stato fatto, doveva restare fatto… In seguito, papa e cardinale si incontrarono e concelebrarono la santa messa». Cfr. p. 57 Giacomo Lercaro, Pastore, Maestro, Testimone, Atti della giornata commemorativa a dieci anni dalla mor-
19
Apparati
Documenti Sono qui raccolti documenti (lettere,
il congresso del 1955
del mio ingresso faremo il punto: saranno in nostra proprietà tutte le aree? Messaggio di Giacomo Lercaro ai sacerdoti
La Vergine di S. Luca che la sera del 14 maggio
di Bologna
in Piazza Maggiore ho investito del problema nel
Bologna, 1° sabato di giugno 1955
momento stesso che lo sottoponevo a voi, solleciti e benedica lo sforzo di tutti e lo renda fecondo!
comunicati, note varie, ecc.) utili riferimenti Miei carissimi nel Signore,
A tutti, Sacerdoti e fedeli, invio ampia e cordiale la
Il criterio con cui sono stati selezionati,
a tre anni dal mio ingresso in Diocesi vi chiamo a
mia benedizione.
tra gli oltre 1.500 consultati, non intende
raccolta per sensibilizzarvi sul problema delle nuove
ai saggi di questo volume.
suggerire particolari chiavi interpretative.
parrocchie di periferia: circa 150.000 abitanti sono
La complessità dei loro apporti va sempre
privi di una assistenza religiosa adeguata; e anzitutto
Lettera di Luciano Gherardi
molto oltre le pur logiche estrapolazioni
sono privi di chiese proporzionate al loro numero
e di Giorgio Trebbi a Umberto Ortolani
che un autore è autorizzato a fare per
attuale e alle loro esigenze.
Bologna, 18 agosto 1955
appoggiare la costruzione critica e la
Occorrono in periferia 17 nuove parrocchie; uno
propria lettura degli eventi.
studio diligente della situazione e dei suoi sviluppi
Ill.mo Signor Avvocato,
ormai in atto ha dato questa indicazione.
al ritorno di S.E.za il Signor Cardinale gli abbiamo
provengono dai fondi di Gi. e Gl. Gresleri,
E occorre mettersi all’opera subito: ogni ritardo è
consegnato la Sua lettera ed abbiamo immediata-
G. Trebbi. Altri fondi sono citati in
un danno: le aree sfuggono e si fanno ogni giorno
mente preso contatto per chiarire i punti, sui quali si
calce al documento, con sigla. Tutta la
più preziose; le popolazioni, non sufficientemente
era discusso con Lei nell’incontro a Roma.
assistite, si allontanano e diventano ostili.
S.E.za è dell’avviso di istituire un Comitato di Alto
diplomatica”. “Omissis” interviene solo per
Il 26 corr. siete dunque chiamati a raccolta per la
Patronato, comprendente nell’ordine il Presidente
rispettare la privacy di persone viventi.
Giornata delle Nuove Chiese di periferia! Sarà la data
della Repubblica, il Presidente del Senato, il
del lancio di una impresa che ci terrà impegnati tutti
Presidente della Camera (le lettere per questi due
quanti, fino alla sua piena attuazione.
ultimi sono formulate però con la dicitura “Comi-
Quel giorno, consacrando il primo sforzo dei più
tato d’Onore”).
solerti e avveduti e grazie soprattutto alla compren-
Al di sotto di questo Comitato sta la Presidenza
sione paterna del Santo Padre, prenderò possesso
Generale (S.E. il Cardinale). Segue quindi il Co-
in nome di Nostro Signore di una diecina delle
mitato d’Onore, del quale fanno parte solamente
aree sulle quali debbono sorgere le nuove chiese
i titolari dei Ministeri in qualche modo interessati
e vi pianterò la Croce; e giureremo di non darci
alle manifestazioni e, di seguito, le personalità
pace finché non vedremo, lì e nelle altre località
della cultura e dell’arte.
designate, la chiesa aperta alla lode di Dio e alla
S.E. escluderebbe dal Comitato d’Onore gli E.mi
devozione dei fedeli.
Cardinali, perché normalmente è preclusa la loro
Perché il 26 giugno ha da essere soltanto l’inizio di
adesione a Comitati di cui fanno parte anche laici.
un lavoro incessante e di una serie di iniziative volte
I Cardinali Mimmi (Bolognese) e Cicognani (S.C.
alla attuazione della grande impresa.
dei Riti) rientrano con la loro adesione nel quadro
L’Ufficio incaricato del problema verrà via via sug-
della Settimana Liturgica propriamente detta.
gerendole; e tutti ne accoglierete le proposte con
C’è infine una Commissione Promotrice compren-
slancio comprensivo e generoso.
dente gli Istituti locali, Ente del Turismo, Ordini
Tutti i documenti qui pubblicati
documentazione viene data in “scrittura
22
L’anno prossimo, nella stessa ricorrenza anniversaria
Professionali ecc…; e un Comitato Esecutivo.
Lettera di Italo Gasperi-Campani
macchina per pregare) o di irriverenza alla Matisse
Il Presidente del Comitato Esecutivo è anche il
a Giacomo Lercaro
(la Cappella di Vence è rivestita di piastrelle da
Presidente della Commissione Promotrice: S.za
Bologna, 23 agosto 1955
bagno con figure che suscitano una piacevole ilarità) od alla Wright (vedasi allegato “La tirannia
ha inteso di demandare a Lei questa funzione. Tra breve saranno convocati e la Commissione Promo-
Eminenza Reverendissima,
del grattacielo”) oppure scene di “Annunciazioni”
trice e il Comitato Esecutivo e sarà nostro dovere
È troppo tempo che mi è giunta la lettera dell’E.V.
sconvenienti sul tipo di quella che fu pubblicata in
avvertirLa tempestivamente.
del 26 luglio, senza che io abbia provveduto a
uno dei numeri di “Selearte” od infine certe teorie
Le uniamo uno schema complessivo di quanto
rispondere: non lo avevo fatto perché – essendo
architettoniche che oggi trovano tanto credito negli
abbiamo descritto.
venuto vario tempo fa in Curia con l’intendimento
insegnamenti ufficiali.
Ci è giunta lettera dell’Ecc. Iervolino e del Prof. De
di esporre all’E.V. alcuni miei punti di vista – avevo
Io non posso condividere né prestarmi a discutere
Angelis D’Ossat con il preannuncio di un contribu-
conferito con uno dei Segretari che avevo pregato
con certi… esistenzialisti architettonici, che dimo-
to di L. 600.000, e non 300.000, come annunciato
di fissarmi un’udienza.
strano unicamente la loro sapienza nel rinnegare in
in un primo tempo. Perciò, a questi chiari di luna,
Oggi non credo di poter dilazionare ulteriormente
pieno il passato come se costruire modernamente
riteniamo opportuno accettarle!
la risposta senza che la cosa debba assumere
e cioè secondo lo spirito, le condizioni sociali,
Per il momento avremmo necessità di concludere
l’aspetto di una scortesia verso il Cardinale, che –
le esigenze statico-economiche attuali – e senza
presso il Ministro dei Trasporti la pratica intesa
fra l’altro – ha voluto riporre in me una fiducia ben
partire dal presupposto della copia – volesse dire
ad ottenere agevolazioni sull’importo relativo a
superiore alle mie possibilità.
per forza rinnegare in blocco il passato.
spedizioni, materiali, viaggi e accompagnatori che
Rispondo perciò con la presente per ringraziare e
Essi fanno come certi costruttori di tazze esisten-
da tempo andiamo sollecitando, il 25% sull’andata
per dirmi senz’altro disposto a collaborare alle in-
zialiste che si sono affannati nel fare dei manici
e ritorno degli espositori, giurati e tecnici; il 40%
tenzioni dell’E.V., portando quel poco di contributo
anormali (fiori, gambe, orecchi…!) ma non hanno
sul ritorno delle merci.
che mi riuscirà possibile solo per l’esperienza delle
potuto rinunciare al concetto di manico (qualcosa
Le trasmettiamo la lettera che l’Ecc. Iervolino ha
numerose e dolorose ferite incontrate nel modesto
per cui si possa prendere) e tanto meno a quello di
trasmesso in tale senso al Ministero dei Trasporti.
quotidiano lavoro.
tazza (concavità che contenga).
Infine Le sottoponiamo una lettera giuntaci
Ma mi permetto di pregare caldamente l’E.V. di vo-
Il fatto di non aver raggiunto una novità assoluta, che
dall’Istituto di Organizzazione Scientifica Attività
ler considerare tale collaborazione esclusivamente
rinneghi in pieno il passato, non credo che – alla
Congressuali. Quanto in essa contenuto è per noi
come personale e diretta.
fine – debba troppo interessare agli stessi autori, se
del massimo interesse. Saremmo lieti di conoscere
Non ritengo proficua una discussione fatta in sede
dobbiamo credere alla vera essenza ed al vero scopo di
il Suo parere in merito e il Suo consiglio.
di ampi comitati che gridino a piena bocca “li-
tali oltranzisti, scopo che non è difficile comprendere
bertà e prosperità” (Humanum genus) ed ai quali
dalla lettura degli allegati stralci e fra questi – in parti-
Allegati
si ispirino articoli di stampa che fanno apparire
colare – quelli dei grandi “dèi” architettonici attuali Le
1- Lettere a personalità, firmate dal Cardinale;
il Cardinale come un rivoluzionario ribelle alle
Corbusier e Wright, tanto venerati perfino in Italia.
Invito: Segni, Gonella, Russo - Merzagora, Leone
disposizioni del Santo Uffizio (Carlino del 13 mar-
Purtroppo la campagna a difesa di tale modernismo
Presentazione della S.V. Romita, Angelini.
zo), articoli che ad altro pare non mirino se non a
è così estesa (e l’incomprensione dei conservatori
Ringraziamento: Andreotti e Natali (con appendice
mettere di fronte a fatti compiuti.
tanto ottusa) da far sì che nessuno dei giovani –
cinematografica).
Tale discussione la ritengo anzi dannosa per gli
che per loro indole credono più alle innovazioni
2 - Lettera di S.E. Iervolino.
effetti che potrebbe avere su persone non informa-
che al passato – può rimanere immune da essa:
3 - Proposta dell’Istituto Organizzazione Scientifica
te. Sono certo che gli intendimenti di modernità
o ci si assimila e si accetta o si è colpiti a morte
dell’E.V. – ed io pure credo di dovermi considerare
professionalmente, espulsi da posti conquistati
4 - Carta intestata
moderno – non raggiungono certe forme di mec-
col sudore e col lavoro, tacciati di antiquati, qua-
5 - Notizie relative alla sit. economica.
canicismo del tipo Lecorbusieriano (la Chiesa è la
lifica quest’ultima con la quale vengono – senza
Attiv. Congressuali.
23
distinzione – bollati d’infamia e distrutti nella pro-
ben diversa da quella che a me (e ritengo anche al
Lettera di Gaston Bardet al Presidente
fessione tutti coloro che non vogliono far deviare il
Cardinale) pare la più giusta.
del Comitato esecutivo del Congresso
binario morale del quotidiano lavoro.
È dopo un lungo esame della mia coscienza che
Parigi, 5 settembre 1955
Purtroppo quindi tanti – anche cattolici – si ac-
mi sono deciso a rispondere così e dopo che mi
climatizzano per ingenuità e senza accorgersi –
è giunta all’orecchio la voce di ieri in circolazione
Monsieur le Président du Comité exécutif,
spesso durante gli stessi studi – a certi modi di
che “Gasperi non ha risposto al Cardinale”. Io ho
1° - Je vous remercie de votre aimable invitation et
pensare, abbagliati dal miraggio della novità; altri
troppo rispetto per un Cardinale – e particolar-
hospitalité comme membre du Comité d’Honneur
devono farlo per vivere; altri ancora lo fanno per
mente per il mio – per adularLo e per non dirGli la
de votre CONGRES NATIONAL D’ARCHITECTURE
l’ambizione di posti preminenti o per timore di
verità come la mia coscienza mi detta.
SACRÉ. Je viendrai donc prendre part à votre
essere tacciati di incompetenza: vittime tutti della
Sono certo che Egli – nella Sua bontà – vorrà
Congrès, mais veuillez me dire exactement à quelle
immane piovra architettonica dai tentacoli fini e
perdonarmi e il ritardo e l’ardire; anche perché io
date je dois être là en m’envoyant un programme
potenti che “hanno sempre in bocca lo zelo della
ho scritto la presente solo a scopo informativo e
précis.
civiltà, l’amore della povera plebe” e dicono “es-
per scarico della mia coscienza: non ho alcuna
2° - Par ailleurs y a-t-il des réductions de transport
sere unico intento loro migliorare le condizioni del
presunzione di assumere mansioni cardinalizie
comme pour la plupart des congrès. Il faudrait
popolo” (Humanum genus).
(…ne ho già abbastanza di quelle ingegneresche!)
m’envoyer d’urgence la carte qui me permettrait de
Come può ad esempio un cattolico – che non
e sono anzi nello stato d’animo di chi vuole essere
les obtenir.
sia ingenuo e non sufficientemente documentato
corretto dei propri errori ed obbedire.
3° - Enfin j’espère trouver au congrès un confrère
– affermare – come di una novità – a proposito
qui m’emmenerait en auto à RIESE, village de S.S.
dell’“insostituibile priorità del contenuto religioso
Pie X. Le Vatican a demandé à mon Institut d’étu-
che sovrintende alla forma della nascente Chiesa”,
Lettera di Bruno Zevi a Giorgio Trebbi
dier le problème de ce village et j’en profiterais
che esso “è una esigenza religiosa comunitaria che
Bologna, 28 agosto 1955
pour faire une petite enquête.
va avvertita e tradotta; quella stessa esigenza la cui
4° - Dès que je saurai si le T.C.F. RAYMOND peut
mancanza ci lascia oggi in eredità antiche chiese,
Egregio Architetto,
venir, je vous le ferai savoir immédiatement.
valide come documento d’arte, inutili e morte come
La ringrazio per la sua lettera del 14 agosto e per
Dans l’attente de ces précisions, je vous prie de
vitalità religiosa” (Bollettino Ingegneri Architetti
il gentile invito a partecipare all’interessantissimo
croire, Monsieur le Président du Comité exécutif
Costruttori, Bologna luglio 1955 a firma Trebbi)?
congresso da Lei organizzato.
du Congrès, à l’expression de mes sentiments les
Distruggiamo dunque a Bologna il Santo Stefano
Purtroppo i miei molti impegni nel mese prossimo
plus distingués.
e la Cripta di San Vitale, come cose ormai pagane
– non ultimo la rivista il cui straordinario successo
ed inutili, non consacrate a Dio da artisti di vera
si riflette in un enorme lavoro, assai superiore al
fede e testimoni dell’ormai millenario succedersi in
previsto – mi fanno ritenere impossibile una mia
Lettera di Giorgio Trebbi a Giorgio La Pira
esse del Sacrificio e della preghiera di tanti e tanti
diretta partecipazione.
Bologna, 6 settembre 1955
fedeli. Ed anzi, distruggiamole proprio perché esse
Desidero però inviare con la presente la adesione
non sono nate da un’“esigenza comunitaria”, ma
ufficiale mia e della rivista “L’ARCHITETTURA”
On. Sindaco,
per diversivo accademico, così come puramente
che, a tale scopo, sarà rappresentata dall’ing. Pier
come Ella certamente avrà appreso dalla stampa,
accademico fu il sacrificio del sangue dei Martiri
Luigi Giordani.
avranno luogo a Bologna nel corrente mese per
che esse ricordano!!
L’ing. Giordani è incaricato di inviare alla rivista un
iniziativa di S. Eminenza il Cardinale Giacomo
Io non sono adatto a stare in Comitati, né a parte-
resoconto dettagliato dei lavori del congresso, che
Lercaro, alcune importanti manifestazioni di alto
cipare a Congressi, né credo di essere all’altezza di
pubblicheremo per esteso.
livello, culturale ed artistico, nel quadro della IV
poter degnamente rappresentare un Principe della
La ringrazio di nuovo e Le invio i migliori auguri per
settimana nazionale liturgica pastorale.
Chiesa in un consesso già orientato su una strada
la piena riuscita del congresso.
Fra queste, meritano particolare menzione:
24
1) Il I Congresso nazionale di architettura sacra con
i problemi dell’architettura sacra, e a risolverli con
capito come si partecipa, invio a Lei, relatore ge-
la partecipazione ufficiale di Sacerdoti, Architetti e
coscienza architettonica rinnovata. La mia adesio-
nerale felicissimamente scelto, questo mio appun-
Ingegneri d’Italia, la presenza dei rappresentanti
ne, per quel che vale, glieLa mando subito; e spero,
to; che non vuole essere comunicazione ufficiale,
ufficiali di tutte le Facoltà Universitarie di Architet-
come le ho detto, che non sia adesione puramente
ma solo pro-memoria per il Relatore generale di
tura e d’Ingegneria e l’adesione dei più importanti
platonica.
come la pensa qualcuno.
istituti stranieri.
Mando a Mario Missiroli, direttore del Corriere
Forse Lei conoscerà già l’argomento, perché mi
2) La Mostra Nazionale documentaria dell’architet-
della Sera la Sua lettera di invito a partecipare al
sembra d’averLe inviato il mio articolo “Case di ie-
tura sacra del dopoguerra (1945-55).
Congresso e a riferirne ai lettori del Corriere. Nel
ri e di oggi”, apparso sulla rivista “Atti e Rassegna
3) La Mostra internazionale del calice e della pia-
caso che egli non aderisse al mio desiderio (ma
Tecnica” nel settembre 1951.
neta (produzione moderna europea).
non lo ritengo probabile) ne darei conto su La
Spero, ma non sono certo, di essere presente alla
4) Esposizione del problema delle nuove Chiese di
Nazione.
Sua conferenza.
periferia a Bologna.
Non sarebbe male che Ella interessasse diretta-
5) Concorso nazionale per una monografia sul te-
mente il dott. Missiroli a mandarmi al Congresso.
ma: “La Chiesa, l’uomo e la collettività nella strut-
Egli è molto caro amico mio; ma so che una lettera
tura del quartiere residenziale: rapporti spaziali e
da Bologna gli fa sempre piacere, legato com’è da
sociali, aperto a sacerdoti, architetti, ingegneri”.
tanti ricordi all’ambiente petroniano.
Mozione del 24 settembre 1955 I sottoscritti constatano la grande importanza del Congresso e delle Manifestazioni promosse da
A nome di S. Eminenza il Signor Cardinale e
S.E. il Cardinale Lercaro, plaudendo all’iniziativa
dell’intera Commissione promotrice mi permetto di rivolgerLe invito a voler onorare della Sua ambita
Lettera di J.J.P. Oud a Pier Luigi Giordani
di promuovere l’approfondimento sul piano na-
presenza le sedute Congressuali.
Wassenaar, 14 settembre 1955
zionale dei problemi inerenti alle concrete realizzazioni dell’Architettura Religiosa.
Particolarmente nella discussione del tema urbanistico “La Chiesa nelle città” ci sarà prezioso il suo
Cher Monsieur,
Auspicano che nella circostanza di nuove mani-
intervento. L’esperienza del Sindaco di una delle
Votre deuxième lettre du 8ct. m’a été envoyé [sic]
festazioni, di cui si ravvisa la necessità di con-
più importanti città italiane potrà recare ai congres-
par intermédiaire du B.N.A. Amsterdam.
tinuità, le Mostre abbiano un carattere selettivo,
sisti informazioni di altissimo interesse.
Votre première lettre ne m’est pas connue.
così da poter raggiungere una finalità pedagogica
Voglia gradire l’espressione della più alta conside-
C’est par cela que je ne sais pas faire mieux que
più efficace. Così pure ritengono opportuno che
razione e la più viva riconoscenza.
de vous souhaiter un bon succes avec votre [sic]
la pubblicazione degli Atti e del Catalogo della
initiatives lesquelles seront, j’en suis sûr, de grand
presente Manifestazione già assuma tale carattere
intérêt pour l’architecture.
selettivo.
Lettera di Roberto Papini a Pier Luigi Giordani
Veuillez agréer, mon cher confrère, l’expression de
Constatata la funzione essenziale che il commit-
Firenze, 7 settembre 1955
mes sentiments distingués et cordials.
tente ha nella produzione di un’opera architettonica, auspicano pure che nei Seminari vengano introdotti i mezzi per preparare il Clero alla cono-
Gent.mo Ingegnere, Ricevo oggi la Sua cortese lettera del 3 Sett., re-
Lettera di Augusto Cavallari-Murat
scenza ed alla comprensione dell’architettura mo-
spintami da La Nazione. Come Ella può immagina-
a Giovanni Michelucci
derna, con l’ausilio di persone e di pubblicazioni
re il Congresso mi interessa molto e spero proprio
Torino, 19 settembre 1955
qualificate. Auspicano pure che le riviste di architettura moderna dedichino maggiore attenzione ai
di potervi partecipare, nonostante i molti impegni. Oltre tutto, credo che il Congresso sia particolar-
Chiarissimo Professore,
problemi inerenti l’Architettura Sacra.
mente opportuno per richiamare specialmente i
Vengo sollecitato dalla “Messa per l’Artista” tori-
Da ultimo si auspica che lo spirito di apertura
giovani architetti ed ingegneri a studiare sul serio
nese a partecipare al Congresso. Ma non avendo
verso le correnti più vive della architettura con-
25
Lettera di Luigi Figini a Giorgio Trebbi Milano, 29 settembre 1955 Caro Trebbi, Eccoci giunti – con l’articolo del Sig. Anacleto Margotti (su “L’Italia” del 29 sett., che qui ti accludo) – ad uno dei più tipici casi di Babele delle lingue, di confusione delle idee nel campo dei cattolici e del clero, all’origine del quale sta purtroppo (mi sembra) la mancata selezione della Mostra di Bologna. Come volevasi dimostrare! Non sono stato facile profeta? Cosa ne pensi? Scusa se ribatto su quel chiodo, ma vedi a che punto siamo ridotti!
Lettera di Giorgio Trebbi a Lodovico Barbiano di Belgiojoso Bologna, 2 ottobre 1955 temporanea manifestatasi nel presente Congresso,
Lettera di Roberto Papini a Giacomo Lercaro
Ill.mo Architetto,
possa promuovere anche nei supremi organi cen-
Firenze, 26 settembre 1955
debbo ringraziarLa vivamente per l’alto onore che ci ha fatto intervenendo al Congresso di Bologna e per
trali preposti al giudizio sui progetti delle nuove chiese, un dialogo ed una collaborazione con le
Eminenza, non Le so dire quante idee mi si sono
la così cordiale simpatia che ha voluto dimostrarci.
forze vive della cultura liturgica ed artistica, ope-
chiarite e quanti sentimenti confermati durante il
Il nostro sforzo non si fermerà qui; abbiamo intenzione di
ranti nelle singole regioni.
Congresso di Bologna. Ne riferirò sui giornali e
operare la selezione e portare il discorso in tutta Italia.
spero con ciò di poter diffondere fra i lettori quella
Stiamo anzi progettando di trasferire a Milano una
Arch. Lodovico Belgiojoso (Milano)
fiducia nell’avvenire che il Congresso mi ha dato.
parte della Mostra di Architettura, limitatamente cioè
Arch. Enea Manfredini (Reggio Emilia)
Ora io so che molto dobbiamo, tutti quanti, a Lei, Eminen-
ai lavori validi.
Arch. Luigi Figini (Milano)
za, per la chiarezza con cui ci ha parlato, per l’opportunità
Il discorso potrebbe così riprendere.
Arch. Marcello Grisotti (Milano)
con cui ha voluto tanto il Congresso quanto le esposizio-
Poiché abbiamo in preparazione un grosso volume
Arch. Ico Parisi (Como)
ni e per la grande cortesia con cui siamo stati accolti. Io
dal titolo “Dieci anni di architettura sacra in Italia”
Arch. Raffaella Crespi (Milano)
spero proprio che si sia iniziata la fine dell’equivoco che
comprende il testo completo delle relazioni ufficiali e
Mario Radice, pittore (Como)
per tanto tempo ha tenuto lontana la Chiesa dall’arte viva
i migliori progetti (“migliori” è usato senza pericolo
Ing. Cesare Fera (Genova)
e gli artisti veri dalla Chiesa. Bisognerà ancora procedere
di equivoco), sarei a dirLe che se intende pubblicare
Arch. Mario Roggero (Torino)
“per aspera ad astra”; ma il ghiaccio ormai è rotto; la
quel progetto non presentato alla Mostra per ragioni
Arch. Giovanni Romano (Milano)
prudenza e la perseveranza faranno il resto.
di tempo, io sarò ben lieto. Il formato della pubblica-
Arch. Ludovico Quaroni (Roma)
Se in qualche cosa potrò essere utile, mi adoperi, che
zione è sul tipo delle edizioni d’architettura svizzere e
farò il possibile per la buona causa. È il meno che
sarà curata con il massimo impegno.
posso dirLe per attestarLe la mia grata devozione. E mi
Voglia accettare i miei rinnovati ringraziamenti e i
consenta di chiederLe la Sua paterna benedizione.
migliori ossequi.
26
Lettera di Giorgio Trebbi a Luigi Figini
zione diverebbe anche più netta, soprattutto con La
Lettera di Giovanni Michelucci
Bologna, 2 ottobre 1955
vostra collaborazione sulla stampa milanese.
a Giacomo Lercaro
Oltretutto ci riprometteremmo di incassare qualco-
Firenze, 10 dicembre 1955
Caro Figini,
sa per poi procedere.
ho ricevuto le tue lettere nel momento in cui mi
Se per cortesia mi fornisci qualche elemento in propo-
Sono vivamente grato a Vostra Eminenza della recen-
accingevo a scriverti la presente.
sito, faccio un salto a Milano e combiniamo la cosa.
te lettera che si è degnata inviarmi: penso che il cen-
Anzitutto desidero esprimerti il più vivo ringraziamento
A parte ti spedisco le relazioni desiderate.
tro di studi e di informazione per l’Architettura Sacra,
per così cordiale partecipazione e manifestarti il piace-
con la rivista che gli è affiancata, potrà svolgere sotto
re e l’onore d’averti conosciuto personalmente.
la guida illuminata di V. Em. un’opera feconda.
Le osservazioni che tu fai sono completamente
Lettera di Luigi Figini a Giorgio Trebbi
Attualmente le mie gravose occupazioni didattiche
condivise. So che il nostro vocabolario si presta
Milano, 22 novembre 1955
e professionali non mi consentono di dare al nuovo “Centro” quella collaborazione che vorrei poter offri-
all’equivoco come pochi altri. Ti dirò che non siamo rimasti inattivi.
Caro Trebbi,
re: mi auguro che mi sarà possibile in seguito.
Per prima cosa abbiamo organizzato un servizio di al-
[omissis]
Prego V. Em. di voler accogliere i miei più fervidi auguri e le espressioni del mio più profondo ossequio.
toparlanti che, in continuazione, diffondono alla Mostra le nostre idee e facilitano l’identificazione del “vero” dal
5°) Libro “10 anni di Arch. Sacra” Bene tutto, fuor-
“falso”. Poi ogni comitiva di persone, parroco in testa,
ché…
che viene alla Mostra è bloccata da noi e accompagnata
In nome di quella sincerità totale che ha contrasse-
Lettera di Giacomo Lercaro ai fidejussori
nella visita con opportune indicazioni.
gnato il nostro incontro a Bologna prima, e la no-
della società “Casa di Dio”
Il piano del Cardinale Lercaro sta conducendo a
stra amicizia (credo ormai di poterla così chiamare)
Bologna, 16 luglio 1956
Bologna fiumi di preti e parrocchiani; naturalmente
poi, ti dirò fino in fondo quanto ne penso. Riprendo
noi siamo tutti in movimento.
dunque: Bene tutto, fuorché il numero sbalorditivo
Ringraziamo sentitamente per l’avvallo che gen-
Terza cosa: siamo partiti anche noi con gli articoli
dei progetti annunciati! In verità quel “100 proget-
tilmente le SS.LL. hanno posto nella apertura di
sulla stampa e continueremo. In questo settore la
ti” ci ha scandalizzati parecchio (Pollini e me). Se
Conto Corrente con fido di L. 24.000.000=(ventiqu
confusione è facilitata dalla impreparazione specia-
ben ricordo, a Bologna mi sembra che di progetti
attromilioni) perfezionata dalla Soc. per Az. la Casa
lizzata di coloro che in gran parte scrivono su argo-
buoni ce ne fossero 20 o 30, non molti di più (o mi
di Dio di Bologna presso la Cassa di Risparmio di
menti che, come l’architettura, non conoscono.
sbaglio?) E allora dell’annunciata e promessa se-
Bologna.
Quarto: abbiamo in preparazione un grosso volume
lezione, del tuo “ridimensionamento qualitativo”,
Detta operazione pur essendo stata fatta al nome
dal titolo “Dieci anni di architettura sacra in Italia”.
che ne facciamo? Scusami la brutalità della forma e
della Soc. per Az. per la Casa di Dio, di fatto è ser-
Qui si è operata una selezione rigorosa, ed io anzi
del contenuto, ma sono fatto così (alla mia età non
vita per l’acquisto di terreni per le nuove Chiese di
ti pregherei di autorizzarmi a pubblicare più di una
mi ammorbidisco più, ormai!)
periferia nell’interesse della Diocesi di Bologna.
fotografia del tuo lavoro.
6°) Relazione “Chiesa della Madonna dei Poveri”
Conseguentemente nella nostra qualità di Ordina-
Facciamo una edizione a formato orizzontale tipo
e “Borgo Porto Conte” - Te le spediamo a parte
rio Pro Tempore della Diocesi di Bologna sollevia-
“Le Corbusier” ed. Zurigo.
e scusa il ritardo: in questo periodo siamo stati
mo le SS.LL. da ogni responsabilità e conseguenza
Quinto: desidereremmo trasferire a Milano una
terribilmente indaffarati. Ti uniamo anche un foglio
per l’avallo prestato come sopra.
parte selezionata della Mostra di Architettura.
con diverse didascalie, che potresti eventualmente
Puoi aiutarci?
utilizzare per le illustrazioni.
Occorrerebbe una sala o una galleria centrali; il Cardinale Lercaro verrebbe con piacere all’Inaugu-
In allegato: n° 1 assegno per £ 1000.= della Banca
razione, il discorso così continuerebbe e la sele-
Comm. Ital. N° 8118
27
Indici di ÂŤChiesa e QuartiereÂť a cura di Maurizo Galletti
Chiesa e Quartiere n. 0, novembre 1955
Prospettive giuridiche nella polemica intorno a Ron-
Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia
Foglio mensile supplemento al n. 7 di «Amici del
champ
Dopo Siracusa, Giorgio Trebbi
Cardinale»
Corrispondenze: Il congresso della Società Svizzera di
Risultati del concorso per il Tempio della Madonna
S. Luca all’Università di Friburgo
delle Lacrime in Siracusa
Chiesa e Quartiere n. 1-2, febbraio 1956
Panorami del pensiero: Le fond dès problèmes actuels
Un lungo e difficile cammino, Pierre Vago
Supplemento al n. 2 di «Amici del Cardinale»
de l’art sacré, Pier-Raymond Regamey
Quando un garage diventa chiesa, Glauco Gresleri
Nella chiesa : Liturgia e arte, Giovanni Fallani
Centro Studi. Bibliografia su chiesa e comunità
Chiese di periferia, Giacomo Lercaro
Tradizione e novità nell’Architettura Sacra, Saverio Mu-
Viaggio nei Paesi Nordici
L’Eglise dans la citè, Gaston Bardet
ratori
Chiesa nel Quartiere Sperimentale Q.T.8, V. Magistretti
Architettura e arti figurative nelle chiese, Enrico Casti-
e M. Tedeschi
glioni
Operazione Isaurico, Luigi Figini
Architettura Sacra in movimento
Svizzera si e Svizzera no – Due Madonne dei poveri
Ricetta per fare una Chiesa, Roberto Papini
Il tema sacro nell’architettura minore delle isole Medi-
Polveri bagnate e cannoni a troppo lunga gittata
Il museo degli orrori, Vitruvio
terranee, Luigi Figini
Siracusa e Nazareth
Bando di concorso nazionale per la chiesa di S. Vincen-
Chiese antiche e chiese nuove nell’Italia meridionale,
Corrispondenze: Solothurn. Riunione annuale della
zo de’ Paoli in Bologna
Raffaele Cortigiani
Società svizzera di S. Luca: intervento dell’architetto
Costruzioni e progetti – Due chiese, Fritz Metzger
Glauco Gresleri
Aspetti del problema dei rapporti fra chiesa e collettivi-
Roberto Papini
tà, Antonio Ravaioli
Concorso per la nuova chiesa di S. Anna a Nancy
Lettera a S. Eminenza, Odoardo Bertani
Un uomo uscito dall’officina: Antonio Benetton
Cristo nell’arte contemporanea, Venturino Alce
Centro studi
Dizionario liturgico per Architetti
Hans Stocker
Compiti, fini e limiti della sociologia religiosa, Giaco-
Ricostruzioni e restauri: impressioni di una visita a
Panorami del pensiero: il passatista e l’avvenirista, Eva
mo Lercaro
Cassino e all’Abbazia
Tea
Le ragioni di una speranza, Mario Roggero
Centro studi: Bibliografia d’Arte Sacra
La messa assemblea del popolo di Dio. Analizzati i rap-
Chiesa e Quartiere n. 3-4-5, ottobre 1956
Chiesa e Quartiere n. 3, settembre 1957
porti fra l’atto fondamentale della liturgia e l’architettura
Chiesa provvisoria a Bologna, Glauco Gresleri Chiesa e Quartiere n. 2, giugno 1957
della chiesa al Congresso Eucaristico di Bologna
tà, Antonio Savioli
Come si studia una comunità. L’esperienza di Grassa-
La Santa Messa nella chiesa primitiva, Giuseppe Lazzati
Educazione all’arte moderna, Eva Tea
no. Introduzione agli atti della Commissione Parlamen-
La Santa Messa e la vita del cristiano, Bruce Marshall
Una comunità sotterranea ai margini della città, Lucia-
tare d’Inchiesta dell’On. Prof. Gaetano Ambrico
Chiesa della B. V. Immacolata in Bologna, Glauco
no Gherardi
Comunità della storia e comunità della fantasia, Odo-
Gresleri, Umberto Daini, Nevio Parmeggiani
Ufficio Nuove Chiese di periferia
ardo Bertani
Le nuove chiese d’Europa, p. Cloud Meinberg
Corrispondenze: Il quartiere Hansa a Berlino, Glauco
Dizionario liturgico per architetti
Chiesa e Quartiere n. 1, marzo 1957
Gresleri
Centro Studi: Bibliografia d’arte sacra. Bibliografia a
Primo numero autonomo, ampio ventaglio di argo-
Lezione del Cardinale Giacomo Lercaro a Firenze: Posi-
carattere sociologico
menti, presentazione, subito in evidenza il rapporto tra
zione attuale dell’Architetto di fronte al tema sacro
liturgia e arte, tradizione e novità nell’architettura sacra,
Concorso nazionale per il complesso di S. Vincenzo
rapporti chiesa collettività.
de’ Paoli: Rilievi di vita pastorale – Prime indicazioni –
Il museo delle cose viste, Vitruvio
Carattere delle nostre chiese nuove, Raffaello Fagnoni
Aspetti del problema dei rapporti fra chiesa e collettivi-
30
Chiesa e Quartiere n. 4, dicembre 1957
Risultati del concorso
Il padiglione “Civitas Dei” e la chiesa all’Esposizione
Lo spazio interno liturgico. Studio della Cooperativa
Universale di Bruxelles 1958 – Chiesa nel Colorado
Il gigante nano – Gli ingegneri finanziano e gli avvocati
Dal mondo: Plastik im Kirchenbau
Complesso parrocchiale di S. Lorenzo al Taglio Corelli,
progettano – Silenzio sulle porte sbarrate per l’Architet-
Biennale internazionale d’arte sacra a Salisburgo
Arturo Locatelli
tura sacra all’XI triennale
Panorami del pensiero: Il cristiano e l’arte, Eva Tea
Sistemazione di una delle Cappelle del Transetto nella
Georges Rouault
Images de l’invisible, Joseph Pichard
chiesa di S. Pietro in Gessate, Antonio Faranda
Panorami di pensiero: Arte e redenzione, Giuliano Ca-
Lezione del Cardinale Giacomo Lercaro a Torino
Chiesa provvisoria di S. Giuseppe Lavoratore a Bolo-
merini
Chiesa e quartiere, Giacomo Lercaro
gna, Glauco Gresleri
Amate l’Architettura, Gio Ponti
Una cappella per la messa dell’artista, Mario F. Roggero
Oratorio in località Stadio, Glauco Gresleri
Fuoco a mezzanotte, P.S.O.
Premessa all’opera religiosa di Antoni Gaudí, Luigi Figini
La chiesa della S.S. Annunziata in Bologna e il suo
Chiese tedesche, Antonio Savioli
Gaudí architetto religioso, Mario Brunati, Sandro Men-
restauro, Alfredo Barbacci
Nuovi allarmi a Napoli
dini, Ferruccio Villa
Dizionario liturgico per architetti
Una Via Crucis, Evamaria Brukner
Giudizi su Gaudí
Attraverso i paesi nordici
Opere di Antoni Gaudí – Mostre dell’opera di Antoni
Note e riflessioni su di una esperienza urbanistica,
Gaudí
Mario Roggero
La IV mostra internazionale d’arte sacra a Novara
La nuova direzione dell’associazione italiana di scienze sociali
Chiese di legno, Luciano Lullini Soluzione tecnico costruttiva della copertura per la
Chiesa e Quartiere n. 7, settembre 1958
Chiesa e Quartiere n. 6, giugno 1958
L’ultimo indirizzo di Pio XII agli artisti III Biennale Nazionale d’Arte Sacra contemporanea
chiesa dell’architetto Vaccaro a Borgo Panigale, Pier Luigi Nervi
Corrispondenze: Dibattito sulle volte del Duomo di
all’Antoniano
Chiese di campagna dell’architetto Alfonso Stocchetti
Milano, Carlo Perogalli
Arte in chiesa, Corrado Corazza
presentazione, Romano Viviani
Restaurare o no le volte del Duomo di Milano? La rela-
Tempi difficili?, Fortunato Bellonzi
Angeli, Arrigo Armieri
zione Scurati, Manzoni e Caligaris
Avventura dell’arte sacra
Chiese di periferia: Evangelizzare la periferia, Aleardo
Documenti: Direttive dell’Episcopato Tedesco in materia
Expo’ 58
Mazzoli
di edifici sacri
Lettera del collegio degli architetti della provincia di
Un piano economico finanziario, Vittorio Albertazzi
Henri Matisse, A.M. Avril o.p.
Bergamo
Esperienze d’architettura sacra a Bologna, Giorgio Treb-
Cronache: Le vetrate di Carlo Rapp alla Galleria d’arte
Bergamo: una soluzione sbagliata per una iniziativa
bi
“la bussola” di Torino, Luigi Mallè
ammirevole, Giorgio Trebbi
Corrispondenze: Mostra a S. Domenico
Stralci: Perret, il poeta del cemento armato
I Biennale internazionale d’Arte Sacra a Salisburgo
Centro studi: Attuali orientamenti della legislazione ita-
Architettura e Liturgia, pastorale sull’arte sacra, Manuel
L’artista e la chiesa, Giacomo Lercaro
liana in materia di edifici di culto, V. Maini e V. Rovera
Gonçalves Cerejera
Saluto inaugurale, Leopold Figl
Il discorso di Ronchamp, Le Corbusier
Arte sacra negli Stati Uniti, Thomas M. Messer
Chiesa e Quartiere n. 5, marzo 1958
La conferenza internazionale di sociologia urbanistica
Artisti d’Irlanda, Donald O’Sullivan s.j.
Numero monografico sull’Architettura religiosa di An-
a Bruxelles
Arte sacra in Olanda, Jacob Seelen
toni Gaudí
Les conséquences religieuses d’un encadrement pa-
Da Lovanio a Salisburgo, Giorgio Trebbi
roissial insuffisant des villes, M. Winninger
La sezione italiana a Salisburgo
Chiesa hangar a Lecco
L’homme des villes, l’urbanisme et la religion, M.J.
Basilica di S. Pio X a Lourdes, Pierre Vago, André Le
Chiesa di S. Antonio da Padova all’Havana
Labbens
Donne, Pierre Pinsard e Eugène Freyssinet
Centro studi di architettura per la comunità cristiana
L’aménagement religieux des territoires urbains, M.F.
Chiesa parrocchiale del Preziosissimo Sangue, Sa-
Il problema religioso nell’urbanistica moderna
Houtart
lisburgo-Parsch, “Arbeitsgruppe 4”
Corrispondenze: Dibattito a Colonia su l’architettura
Problemi di organizzazione parrocchiale in una città
Carlo Paganini
sacra contemporanea
industriale, Mario Roggero
Centro studi: rilievi di vita pastorale, Mario Lodi
31
Chiesa e Quartiere n. 8, dicembre 1958
Il bando regolamento della IV Internazionale di Arte
Assisi, salvaguardia e rinascita, G. Astengo
Sacra
Difendiamo Assisi ed il Piano Regolatore Generale Astengo, Giorgio Trebbi
Architettura e folklore, chiese di missione, da Salisburgo, gli architetti italiani chiedono un concorso interna-
Chiesa e Quartiere n. 9-10, marzo-giugno 1959 Chiesa e Quartiere n. 11, settembre 1959
zionale per la basilica di Nazareth Il sacro volto, disegno, Giuliano Gresleri
Milano
Convegno della Federazione Europea della Cultura a
Corrispondenze: Architettura sacra italiana a Wuerz-
Kirchengerat, nuova pubblicazione tedesca
Milano – IV Conferenza Internazionale di Sociologia
burg
La gioventù del quartiere operaio, inchiesta dell’ufficio
Religiosa a Bologna
Parole dell’ambasciatore d’Italia a Bonn, Pietro Quaroni
studi sociali e del lavoro del comune di Genova
Il centro storica di Genova, Giorgio Trebbi
Chiesa all’aperto nel Sudan meridionale
La Chiesa nell’architettura, Ludovico Quaroni
Chiese francesi ricostruite, Antonio Savioli
Milano di Dio, il problema delle nuove chiese
Ein tag mit Ronchamp
Un volume dedicato alle chiese nella collana Callwey,
Parole del Cardinale Giovanni B. Montini
Universita di Notre Dame, Indiana, Stati Uniti: Discorso
Raffaele Cortigiani
Compito missionario, Aldo Milani
agli architetti, Giacomo Lercaro
Architettura sacra italiana a Colonia (11 febbraio 1959)
Sviluppo della pianificazione parrocchiale a Milano,
Architettura e società in Danimarca, Mario F. Roggero
Colonia Riehl 1928, chiesa di S. Engelbert, Dominikus
Vittorio Gandolfi e Antonello Vincenti
LA casa del sole: arte, luce e liturgia, Tarcisio M. Piccari
Böhm
Dieci nuove chiese a Milano
o.p.
Saluto dell’ambasciatore d’Italia a Bonn, Pietro Qua-
Considerazioni sull’architettura sacra, Gillo Dorfles
La luce in S. Sabina: osservazioni fotografiche riprese in
roni
Tavola dell’ubicazione delle dieci nuove chiese
diverse stagioni ed in differenti ore, Tarcisio M. Piccari
Parole del Cardinale Giuseppe Frings, Arcivescovo di
Chiesa di S. Gabriele in via delle Termopili, Achille e
o.p.
Colonia
Pier Giacomo Castiglioni
Il nuovo seminario minore di Vicenza, Luigi Vignali,
Architettura e Liturgia, Giacomo Lercaro
Complesso parrocchiale di S. Maria Liberatrice, Ezio
presentazione di Corrado Corazza
Rede Seiner Eminenz des Hchwurdigen Herrn Giacomo
Cerutti
Chiesa parrocchiale della Sacra Famiglia in via Bobbio
Kardinal Lercaro
Chiesa all’Idroscalo, Vittorio Gandolfi
a Genova, Adolfo De Carlo, Andrea Mor, Ludovico
Rapporto antico-nuovo nelle chiese di Colonia, Carlo
Chiesa di Cesate, Ignazio Gardella
Quaroni e Angelo Sibilla
Perogalli
Chiesa di Rescaldina, Vico Magistretti
Complesso parrocchiale e chiesa di S. Andrea nel quar-
Chiesa della Villa Cagnola a Gazzada, Magnaghi e
tiere C.E.P. della “Barca” a Bologna, Vittorio Gandolfi,
Terzaghi
presentazione di Giuseppe Vaccaro
Chiesa a Baranzate, Mangiarotti e Morassutti
Attualità urbanistica del monumento e dell’ambiente
Le chiese dell’architetto Enea Manfredini
Chiesa di S. Marcellina in via Espinasse, Mario
antico, tutela legale dei monumenti e dei centri antichi e
Chiesa del Seminario Vescovile di Reggio Emilia
Tedeschi
sue carenze, Mario Labò
(1948)
Chiesa a Sesto S. Giovanni, Carlo Villa
L’incontro di Basilea, Glauco Gresleri
Chiesa di S. Antonio da Padova – Reggio Emilia, pro-
Cappella dell’Istituto “Le Carline”, Marco Zanuso
Una nuova vita per la Chiesa di Maria a Basilea
getto (1958-59)
L’arredamento nella Casa del Signore, Costantino
L’incontro di studi promosso da “Orientamenti Sociali”:
Chiesa di S. Cristoforo – Vezzano sul Crostoso, Reggio
Ruggeri
Città, periferie e azione sociale, Carlo Trevisan
Emilia, progetto (1958-59)
Operazione Isaurico, Luigi Figini
Stralci: il sesto grado della difficoltà, Luigi Figini
Chiesa a La Vecchia – Reggio Emilia
Il problema del rapporto delle arti nelle nuove chiese di
Arte senza frontiere
Le vetrate di Padre Farina
Milano, Giorgio Kaisserlian
Le tappe del nostro cammino, A.M. Cocagnac o.p.
Dizionario liturgico per architetti
Liturgia, storia, architettura, Enrico Villa
Omaggio a «L’Art Sacré», Giorgio Trebbi
Centro studi: notiziario di sociologia e urbanistica reli-
Il complesso monumentale di Agliate, C. Perogalli
Chiesa e monastero a Bonmoschetto (Sanremo), Gio
giosa, a cura di Silvano Burgalassi ed Edoardo Vogt
In memoria di F. L. Wright, Luciano Lullini
Ponti
32
Chiesa e Quartiere n. 12, dicembre 1959
Chiesa a Birsfelden (Basilea), Herman Baur
Recensioni: Kirchenbau, Giorgio Trebbi
Mostra delle nuove chiese di Colonia a Bologna
Chiesa di S. Maurizio a Saarbrucken, Albert Dietz e
Liturgia e vita comunitaria, Giacomo Lercaro
Colonia ha scelto, Giuseppe Frings
Bernhard Grothe
Il dono gratuito della bellezza
L’architecture des èglises et le renouveau liturgique,
Aspetti della pianificazione parrocchiale in Olanda, Ka-
Non è facile costruire a Firenze perché esiste Firenze,
A.M. Cocagnac o.p.
tholik Social Kerkelijk Institut
Silvano Bardazzi
Il convento di Sainte Marie de La Tourette: J’ètais venu
La lezione del passato: Sant’Antimo, Carlo Perogalli
Esperienze fiorentine, Lando Bartoli
ici, Le Corbusier
Centro studi: Rilevazione sulla frequenza alla Messa
Chiesa a Lardarello, Giovanni Michelucci
Il convento di Sainte Marie de La Tourette di Le Corbu-
domenicale, Antonio Toldo
Chiesa di S. Timoteo a Termoli, Enrico Mandolesi
sier; Relazione
Chiesa nuove in Francia, Giulia Veronesi
Il convento di Sainte Marie de La Tourette, documenta-
Chiesa e Quartiere n. 13, marzo 1960
zione del progetto e dell’opera realizzata Chiesa e Quartiere n. 15, settembre 1960
Un giorno con La Tourette, Glauco Gresleri Le couvent dominicain de La Tourette, fr. Michel
Ferdinand Gehr pittore, João de Almeida Il dramma della pittura di Gehr al S. Nicola di
Arte contemporanea in Vaticano, Enrico Francia
Bibliografia sul convento di La Tourette. Articoli e foto
Oberwil-Zug
La nuova sezione d’arte contemporanea in Vaticano
apparsi su libri e pubblicazioni periodiche
Maria e la Chiesa nell’arte – “Weltgeschichte der
Echi all’articolo di «Casabella» n. 238: Religiosità o no,
Kunst”
Lando Bartoli
Presenza cristiana nella metropoli portoghese, Ma-
Arte moderna e arte da Igreja, Antonio Savioli
nuel Gonçalves Cerejeira
Seconda Biennale Internazionale d’Arte Sacra contem-
Premio internazionale d’architettura “Card. Lercaro” per
Architettura sacra contemporanea in Germania, Ven-
poranea a Salisburgo
il 1961
turino Alce
La medaglia d’oro della giuria internazionale all’archi-
Artisti d’oggi: Josè Luis Alonso Coomonte
Chiesa di Miramare a LA Jolla in California, Richard
tettura sacra italiana
Recensioni: Città, periferia e servizio sociale nei quader-
J. Neutra e Robert E. Alexander
Relazione sui temi d’architettura al Congresso di
ni dell’E.G.S.S., Antonio Savioli
Chiesa di S. Pier Damiano a Ravenna, Giovanni Gandolfi
Monaco
Corrispondenze: Il colore di Ronchamp
Complesso parrocchiale alla borgata di S. Romualdo,
La chiesa e la sintesi delle arti, Alberto Burkart
Stralci: “L’Espace Indicible” di Le Corbusier a Ronc-
Pierluigi Giordani
Les églises modernes en France, Pierre Pinsard
hamp, Giuseppe Samonà
L’arte religiosa di Gauguin, Giuliano Gresleri
Architettura per la comunità, Giorgio Trebbi
La Chiesa alla Esposizione “Italia 1961”
L’acustica nella chiesa, William J. Cavanaugh
L’architettura sacra negli Stati Uniti, Maurice La-
Rinasce per la comunita di oggi l’oratorio della parroc-
Il progetto Matteucci per assicurare stabilità al campani-
vanoux
chia delle Grazie a Bergamo, Vanni Zannella
le pendente di Pisa, Luigi Vignali
Chiesa a Rescaldina (Milano), Vico Magistretti
Urbanistica in piazza
Ricordo di Adriano Olivetti, L. F.
Tradizione e problematica dell’architettura sacra, Lilia-
In memoria del Cardinale Wendel
Centro studi: Chiaravalle, Carlo Perogalli
na Grassi
Arte e Ordine Supremo, Giuseppe Wendel
Chiesa e Quartiere n. 14, giugno 1960
Chiesa e Quartiere n. 16, dicembre 1960
Da «Casabella» n. 238: Architetti laici per le chiese,
Assegnati i premi internazionali d’architettura “Card.
Sammartini
Ernesto N. Rogers
Lercaro” dall’Università di Notre Dame negli Stati Uniti,
Enrico De La Mora y Palomar, biografia
Genesi del termine “laico”, G. Lazzati
Patrick O’Donnel
Chiesa di N. S. della Solitudine (1957) ad Antillo de
«L’Art Sacré», un instrument de formation du goût et
Le mostre di Novara, Fortunato Bellonzi
Coyocoan
de la sensibilité
Considerazioni sulla Quarta Biennale Nazionale di Arte
Cappella di S. Vincenzo di Paola (1960) a Coyocoan
Le club des nouvelles images
Sacra contemporanea a Bologna, Glauco Gresleri
Chiesa di San Josè Obrero al Monterrey (1960)
Chiesa e Quartiere n. 17, marzo 1961
Valori e limiti del simbolismo, Herbert Muck Quattro chiese dell’architetto Enrico De La Mora y Palomar con strutture dell’ingegnere Felix Candela, Tudy
33
Indice dei nomi
L’indice non contempla i nomi degli autori del volume, nÊ quelli dei protagonisti delle vicende qui narrate che ricorrono sistematicamente nel testo. Sono dunque omessi: Lercaro, Gherardi, Trebbi, Scolozzi, Gresleri, ecc.
Aalto, Alvar 11, 27, 37, 161, 171, 209, 230, 239, 275, 279, 281, 282, 288, 289, 313, 324, 325 Aalto, Elissa 171 Abramo 151, 247 Abruzzini, Eugenio 211 Accame, Giovanni Maria 145 Accatino, Enrico 143, 145 Adenauer, Max 170 Aghemio, Francesco 264 Agnelli, fondazione 10 Alberigo, Angelina 46, 48 Alberigo, Giuseppe 11, 47, 48, 161, 228, 288 Albertazzi, Vittorio 25, 319 Albini, Franco 61, 202 Alce, Venturino 150, 152, 170, 273, 287, 318, 321, 322 Alcese, Giorgio 184 Aldrovandi, Ulisse 139 Ambrico, Gaetano 285, 286, 298, 318 Anceschi, Luciano 136 Ando, Tadao 118 Andreotti, Giulio 293 Angeli, Franco 37, 87 Antonelli, Franco 202, 203, 204, 211, 289 Antoons, Willy 146 Apa, Mariano 3, 5, 134 Arbeits Gruppe 4 166 Arcangeli, Francesco 129, 135, 136, 139, 141 Ardigò, Achille 20, 27, 29, 37, 45, 48, 88, 161, 268, 286, 304 Argan, Giulio Carlo 145, 308 Aristarco, Guido 145 Armieri, Arrigo 232, 239, 319 Arp, Hans 141, 152 Aschieri, Pietro 87 Asplund, Gunnar 55, 64 Astengo, Giovanni 45, 48, 286, 320 Atanasio, Mendes 143 Auzelle, Robert 56, 61 Avetta, Ildo 63, 184, 261 Aymonino, Carlo 203, 205, 210 Bacchi, Alberto 24 Bacci, Antonio 156 Baffa, Matilde 37 Baglione, Chiara 88 Baldissara, Luca 37 Balducci, Ernesto padre 136, 202, 203, 210, 280, 282, 325 Ballestrero, Anastasio Alberto, cardinale 9
Balletto, don 9 Bandiera&Facchini 211 Banfi, Antonio 37 Barberis, Corrado 37 Barbiano di Belgiojoso, Lodovico 65, 197, 296 Bardazzi, Silvano 287, 321 Bardet, Gaston 261, 294, 318 Barilli, Renato 136 Baroni, Gilberto 24, 37, 145, 322 Barracco De Carlo, Giuliana 286 Bartning, Otto 206, 211 Bassi, Carlo 182, 209, 288, 322 Battelli, Giuseppe 47, 280, 289 Battisti, Eugenio 307 Battisti, monsignore, vescovo 10 Baur, Herman 161, 162, 163, 171, 172, 206, 226, 288, 321, 326 BBPR 202 Bedeschi, Lorenzo 156, 315 Bega, Melchiorre 41, 192, 217, 275, 323 Behnisch, Gunther 118 Benetton, Antonio 134, 142, 318 Benevolo, Leonardo 203, 211, 325 Berarducci, F. 118 Bernabei, Giancarlo 37 Bertani, Giuseppe 47 Bertani, Odoardo 47, 125, 134, 180, 184, 261, 263, 266, 285, 286, 298, 318 Bettazzi, Luigi, monsignore, vescovo 10 Bettazzi, Rodolfo 288, 323 Bevilacqua, Giulio, padre 53, 144 Bianchino, Gloria 37 Biancini, Angelo 115, 153, 156 Boccioni, Umberto 33 Bodenehr, Gabriel 284 Bodini, Floriano 143 Boetto, Pietro, cardinale 9 Böhm, Dominikus 118, 206, 320 Böhm, Gottfried 55, 206, 209, 227, 269, 288 Bonfiglioli, monsignore, vescovo 10, 136 Bonifazio, Patrizia 37, 286 Bonini, Giorgio don 14, 15, 190, 191, 192 Bontempi&Perini 211 Borsi, Franco 87 Boschetti, Goffredo 182, 209, 210, 285, 288, 306, 322 Boschi, Giuseppe 24 Bossi, Franco 62, 322 Bottini, Fabrizio 48
Bozzato, Giorgio 47, 52, 60, 61, 86, 88, 288, 323 Bozzini, Bruno 118, 211 Branca, Alexander Freiherr von 206 Braque, George 141, 146, 276, 323 Brasco, Gianmaria 286 Breccia Fratadocchi, Ignazio 3, 5, 112 Breuer, Marcel 53, 161, 171, 288, 324, 325 Brighetti, Giorgio 288 Brivio, Ernesto 62 Brukner, Eva Maria 141, 319 Bruzzichelli, Pia 145, 146, 153, 323 Bucciarelli, Piergiacomo 211 Bulgheroni, Piero 281, 289, 325 Burelli, Augusto Romano 211 Burkart, Alberto 143, 321 Burri, Alberto 70, 136 Bussolari, Giuseppe 288 Caccia Dominioni, Luigi 70, 103 Cacciari, Massimo 211 Calatrava, Santiago 118 Camera, fotografo 79 Campo, Cristina 156 Cancellotti, Gino 62, 115 Candela, Felix 124, 273, 321 Canella, Guido 203 Canestri, Giovanni, cardinale 9 Canevaro, Andrea 283, 289, 307 Caniggia, Gianfranco 205 Caniglia Rispoli, Costanza 48 Canino, Ennio 118 Cantwell, Wilfrid 288 Capellades, Jean 171, 251, 271, 325 Capellades, M.R., padre 288, 312 Capogrossi, Giuseppe 136, 141, 146 Carbonara, Pasquale 206, 211 Carena, Felice 152 Caroli, Flavio 136 Caronia, Giuseppe 206, 211 Carpanelli, Franco 285 Carracci, fratelli 139 Carrieri, Romano 22 Caruso, Paolo 283, 289, 325 Cascella, Andrea 138 Casini, Tito 156 Cassi Ramelli, Antonio 206, 211 Cassirer, Ernst 7 Castiglioni, Achille 70, 99, 320 Castiglioni, Enrico 64, 70, 94, 101, 134, 142, 210, 265, 303, 318
37
Castiglioni, fratelli 106, 107, 110, 270 Castiglioni, Pier Giacomo 99, 320 Cattaneo, Cesare 96 Cattani, G. 60 Catti, Giovanni, don 7, 8, 47, 161, 228, 289 Cavallini, don 9 Ceccarelli, Francesco 37 Celant, Germano 136 Celsing, Peter 206 Ceregato, Lorenzo 125 Cerejeira, Manuel Gonçalves, cardinale 161, 321 Cerutti, Ezio 63, 106, 110, 111, 320 Cervellati, Pier Luigi 4, 88 Ceschi, Carlo 117, 118 Cevenini, Giancarlo 288, 322 Cézanne, Paul 155 Chagall, Marc 143, 146, 150, 151, 271, 324 Chapuis, François 312 Charensol, Georges 87 Charlier, Celestino 145, 274 Chenu, padre 7, 11, 289 Chiappetta, Spirito Maria 96 Chiodi, Pietro 7 Ciampani, Pina 153, 206, 211, 288 Cicognani, cardinale 292 Cimabue 83 Cini, fondazione 153 Citterich, Vittorio 136 Ciucci, Giorgio 88 Civardi, Ernesto 29, 125 Claudius-Petit, Eugène 54 Cocagnac, A-M., padre 163, 171, 271, 321, 324 Coccolini, Giuseppe 288, 322 Cocteau, Jean 146 Colombi, marchese 310 Colombo, Luigi. Vedi Fillia Congar, Yves 11 Conti, Sergio 63 Contigiani, Raffaele 86, 125, 184, 261, 265, 285, 288, 298, 301 Cooperativa architetti e ingegneri di Reggio Emilia 196, 226, 266, 288 Cope, Gilbert 171, 312 Corazza, Corrado 142, 319, 320 Couturier, Marie Alain, padre 36, 37, 56, 57, 61, 81, 86, 145, 146, 150, 156, 271, 323 Crespi, Raffaele 65, 197, 296 Crippa, Maria Antonietta 3, 5, 96, 211, 287 Cristini, Luigi 288, 326
38
Croce, Benedetto 30 Crosby, Theo 171, 312 D’Azeglio, Massimo 311 da Varagine, Jacopo 7 Dahinden, Justus 171, 312 Daini, Umberto 286, 288 Dal Co, Francesco 88 Damasso, P. 37 Daneri, Luigi Carlo 202 Danesi, M. 37, 118, 279 Dardi, Costantino 210 de Aguilar, José Manuel, sacerdote 164, 171, 313 de Almeida, João 147, 164, 171, 288, 312, 321 de Azeredo Perdigão, José 164 de Baudot, Anatole 96 De Carli, Carlo 103, 106 De Carlo, Adolfo 203, 320 de Chardin, Teilhard 94 De Chirico, Giorgio 130, 134 De Feo, Vittorio 205, 210 De Fusco, Renato 145 De Gasperi, Alcide 43 de la Fuente, Jullian 171, 230, 234, 325 De la Mora y Palomar, Enrico 273 De Mayer, Nereo 72, 81, 87 De Menasce, Giovanni 288, 323, 324 De Rita, Giuseppe 114, 118 de Rosa, Luciana 325 De Sica, Vittorio 74 de Stael, Nicolas 136, 138 De Stefano, Cristina 156 de Valencia, Roia, padre 171 Debuyst, Frédéric, padre 161, 171, 172, 211, 312, 323 Del Debbio, Enrico 87 Del Rio, Lapayese 127, 129, 131, 142, 164 Descola, Jean 283, 289, 325 Deves, Pierre 171 Dezzi Bardeschi, Marco 72, 87 Di Biagi, Paolo 48 Di Bonaventura, Adriano 208, 211 Di Liegro, monsignor 118 Doenhofer, Hans 171 Dolei, Danilo 82 Dorfles, Gillo 5, 104, 145, 270, 287, 320 Dossetti, Giuseppe 6, 27, 29, 30, 37, 40, 43, 45, 48, 88, 136, 144, 161, 246, 263, 276, 280, 283, 284, 289, 312, 326 Duccio, di Buoninsegna 83
Dufy, Raoul 141 Durbiano, Giovanni 37 Eiermann, Egon 206 Eisenman, Peter 118 Esopo 7 Fabbretti, Nazareno 139, 145, 223, 288, 289, 324, 326 Fabbri, Marcello 37 Fagnoni, Raffello 53, 94, 116, 267, 318 Fallani, Giovanni, monsignor 53, 59, 117, 134, 135, 142, 144, 318, 323 Fanfani, Amintore 43, 45, 48 Fanti, Mario 4, 28, 239, 311 Farina, Renato 27, 122, 320 Fautrier, Jean 136, 141 Fazzini, Pericle 156 Fedro 7 Felicori, Ferdinando 28 Fera, Cesare 65, 125, 184, 197, 285, 296, 298, 299, 300, 301 Ferretti, G.C. 136 Ferri, Antonio 24, 48, 51 Ferro, monsignore, vescovo 10 Fidia 57 Fieschi, Sinibaldo 7 Figini, Luigi 53, 60, 64, 65, 66, 67, 70, 79, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 103, 106, 122, 126, 129, 132, 133, 134, 141, 142, 145, 163, 184, 186, 190, 197, 206, 208, 261, 262, 264, 265, 269, 270, 275, 276, 277, 281, 282, 284, 285, 286, 287, 288, 289, 296, 297, 298, 300, 302, 306, 308, 309, 311, 313, 318, 319, 320, 323, 324 Figl, Leopold 168, 319 Fillia 84, 85, 88 Filoramo, Giovanni 48, 86, 287 Fiorini, P. 156 Fisac, Miguel 171, 323 Fiumi, F. 207 Flüeler, Augustina suora 171, 312 Folicardi, Anna 289 Fondamenta Briati 152 Fontana, Lucio 70, 111 Forcesi, G. 289 Forlani, Marisa 63, 70 Fraccaroli, Arnaldo 4, 155 Frampton, Kenneth 88 Francia, Ennio 60, 94, 150, 152 Francia, Enrico 321 Frascari, Marco 211
Fregna, Roberto 87 Frings, Giuseppe, cardinale 161, 169, 170, 320, 321 Fuchs, Josef 60 Gabetti, Roberto 203 Galeazzi, E. 114, 117 Galli, P. 153, 207 Gallingani, Maria Angiola 37 Gandolfi, Vittorio 64, 70, 101, 106, 107, 184, 209, 214, 269, 287, 288, 320, 321, 322 Garau, Giorgio 211 Garbari, Tullio 147 Gardella, Ignazio 103, 106, 107, 109, 110, 202, 320 Garonne, monsignore 161 Garzillo, Elio 238, 239 Gasperi-Campani, Italo 86 Gaudí, Antoni 124, 134, 142, 269, 319 Gauguin, Paul 124, 135, 150, 321 Gautier, Paul, padre 275 Gebekristos, Kidané Mariam 171 Gehr, Ferdinand 88, 124, 134, 141, 147, 161, 171, 223, 288, 321, 323 Gehry, Frank O. 118 Gennaro, Paola 208, 211 Germi, Pietro 74 Ghedini, Luciano 184, 286, 323 Gherardi, Luciano monsignor 14, 22, 29, 55, 86, 94, 125, 134, 145, 147, 171, 176, 184, 190, 211, 212, 226, 228, 239, 258, 272, 285, 288, 292, 298, 302, 304, 306, 311, 312, 314, 315, 318, 323, 324, 325 Ghermandi, Quinto 60, 61, 155, 167, 284 Giacobbe 150, 247 Giacometti, Alberto 151 Giedion, Sigfried 56, 84, 86, 161, 240 Gilby, Peter 171 Gillet, Guillaume 111 Giona 7 Giordani, Pierluigi 4, 24, 37, 86, 125, 285, 294, 295, 298, 300, 321 Giovanni Paolo II, papa 122 Giovanni XXIII, papa 9, 144, 175, 307, 323 Giovannoni, Gustavo 87 Giurgola, Romualdo 205 Gnudi, Cesare 136 Gonella, Guido 293 Gonzales, José Ruiz 171, 312 Gorio, Federico 37, 190, 196, 209, 226, 288, 306, 322
Gozzini, Mario 136 Gramsci, Antonio 30 Grasso, Giacomo 3, 5, 11 Graziosi, Giuliano 125, 285, 298 Greco, Saul 86, 156 Gregotti, Vittorio 88, 203 Grelo 4, 233 Gribaudo, Ezio 312 Grisotti, Marcello 65, 197, 296 Gronchi, Giovanni 50 Gropius, Walter 53, 144, 203 Grossi, Giovanni 47, 171, 314 Gruppo 1999 211 Guala, Filiberto 47 Guano, Emilio 136 Guardini, Romano 36, 135, 172, 206, 211 Guenzi, Giovanni 288, 323 Guercino 137, 138 Guerriero, Rafael 171 Guidi, Virgilio 136 Guidotti, Tiziano 285 Gulbenkian, Calouste 24, 164 Gurioli, Katia 4, 46 Gutkind, Erwin Anton 59, 61, 86, 266, 286 Haerdtl, Carmela 137 Hauser, Arnold 139 Herwegen 135, 211 Higi, Karl 141 Hollak, Jan 161, 171, 312 Holzbauer, Wilhelm 124, 171, 172 Hugot, Leo 209, 227 INA 288 INA-Casa 32, 34, 36, 37, 43, 45, 46, 48, 86, 196, 202, 204, 273, 288, 298, 322, 323 Innocenzo IV, papa 7 Isaurico, Leone 262 Isola, Aimaro, Oreglia d’ 19, 82, 127, 129, 130, 131, 203, 289 Jensen, Holger 279 Jung, Dora 141 Kahn, Louis 203, 205 Kaisserlian, Giorgio 145, 184, 320 Kandinsky, Wassily 144 Kasserlian, Giorgio 269 Klee, Paul 141, 144, 146, 150, 151, 323 Klimt, Gustav 137 Koenig, Giovanni 288 La Fontaine, Jean de 7 La Pira, Giorgio 30, 136, 294
La Valle, Raniero 8 Laach, Maria 135, 146 Lackner, Josef 166 Lavanoux, Maurice 171, 312, 321 Lavedan, Pierre 56, 61 Lazzati, Giuseppe 267 Le Caise, Plasse 140 Le Corbusier 8, 11, 27, 37, 53, 54, 55, 57, 61, 74, 85, 86, 124, 129, 132, 141, 146, 151, 161, 205, 211, 230, 234, 239, 260, 262, 265, 269, 271, 272, 275, 279, 281, 282, 285, 287, 288, 289, 293, 297, 302, 306, 313, 319, 321, 324, 325 Leal, Antonio 305 Léger, Fernand 54, 57, 144 Legnani, Alberto 88 Lehmbrock, Josef 171, 312 Leitl, Alfonso 169 Lenti, E. 114, 115, 138 Leonardo 78, 79 Leone, Raffaele 262, 288, 293 Leonetti, Francesco 136 Leris, Michel 151 Levi, Carlo 31 Lewerentz, Sigurd 206 Libera, Adalberto 70, 76, 77, 78, 79, 87, 323 Licini, Osvaldo 136 Lisimaco, re 170 Lodi, Enzo 47, 161, 228 Lodi, Mario 288, 289, 320 Lombardi, Alfonso 232, 236, 238 Longhi, Roberto 135 Losana, Ottavio 8 Lovero, Pasquale 87 Lullini, Luciano 4, 24, 47, 52, 60, 61, 86, 88, 134, 180, 184, 188, 195, 216, 261, 286, 288, 306, 312, 319, 320, 322, 324 Lumsden, Anthony 289, 325 Magistretti, Vico 70, 102, 103, 106, 107, 163, 261, 262, 286, 318, 320, 321 Magnaghi, Augusto 104, 106, 107, 109, 110, 320, 322 Magrassi, monsignore, vescovo 10 Mähönen, Jouko 288 Malaguti, Carlo 239 Malaparte, casa 70 Mallé, Luigi 146 Mandelli, Pompilio 136 Manessier, Alfred 138, 140, 141, 146, 161, 171, 312
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