Museo della Sanità e dell’Assistenza
Guida al complesso monumentale di
Santa Maria della Vita Santuario, Museo, Oratorio
Indice 6
Presentazione Giovanni Bissoni
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Premessa Franco Riboldi
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Introduzione al complesso monumentale
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Il Santuario
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Il Compianto di Niccolò dell’Arca
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L’altare maggiore
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Il Museo
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Le tele di Gaetano Gandolfi
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Il gioiello del Re Sole
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La farmacia
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L’Oratorio
80
La pala del Nosadella
82
Il Transito della Vergine
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Apparati
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Il restauro del complesso monumentale e il recupero dei suoi valori storici e artistici Guido Cavina, Roberto Terra
96
Abstract
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Le note di culto e gli orari del Museo
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Bibliografia
el vasto patrimonio storico-artistico che afferisce al Servizio sanitario regionale attraverso le Aziende Sanitarie, il complesso monumentale di Santa Maria della Vita è sicuramente una delle punte di diamante, non soltanto per i suoi ottocento anni di storia e per le grandi e significative opere d’arte che ne compongono il ricco corredo ma anche per le apprezzabili attività storico-artistiche che contraddistinguono questo luogo, come pure per l’innovativo progetto di gestione realizzato con l’ utilizzo di utenti del Servizio di salute mentale assunti da una cooperativa sociale. È da oltre un lustro che l’Assessorato alle Politiche per la Salute della Regione Emilia-Romagna si occupa della tutela, della catalogazione e della valorizzazione del patrimonio artistico delle Aziende Sanitarie. Nel corso degli anni, col procedere del lavoro, ci siamo resi conto di quanto esso sia ancora vasto dal punto di vista della storia dell’arte ed importante per la storia della salute del cittadino e della cura dei malati. Si è già dimostrato come il nostro patrimonio sia connaturato con la storia culturale della società e quanto fondamentale esso sia per capire la storia della sanità, il modo in cui si è evoluta nel corso dei secoli, da dove è nato ciò che oggi noi siamo e facciamo; quali profonde motivazioni di carattere sociale, morale, religioso e scientifico ci spingano ancora oggi ad occuparci di sanità e del costante miglioramento dei servizi ad essa dedicati. Questi materiali sono i documenti che ci ricordano continuamente il perché del nostro operare; è anche per questo motivo che è doveroso tutelarli, conservarli e trasmetterli alle generazioni future utilizzando per questo tutte le opportunità che la società ci può fornire, senza tradire così il significato che essi ci hanno tramandato.
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Giovanni Bissoni Assessore Politiche per la Salute Regione Emilia-Romagna
’Azienda Sanitaria di Bologna, che ho l’onore di dirigere, possiede uno dei più vasti e ricchi patrimoni d’arte dell’intera città se non dell’intera regione. Tra questi il complesso monumentale di Santa Maria della Vita, gestito direttamente dall’Ufficio Patrimonio Storico-Artistico, che è uno dei servizi della nostra Azienda. Ciò che a molti pare non essere uno dei compiti di un’Azienda Sanitaria è invece per noi un’attività propria, attività e dovere che sta prendendo piede presso altre Aziende in Emilia-Romagna e oramai in tutta Italia. La salvaguardia del patrimonio storico-artistico derivato alle Aziende Sanitarie attraverso le infinite vicissitudini, leggi e donazioni della millenaria storia di questa nazione è oramai un sentire comune e condiviso da molte altre realtà sanitarie. Il carattere di impegno sociale di un’azienda come la nostra (una delle più grandi se non la più grande dell’intera provincia di Bologna sia per numero di dipendenti, che per l’impatto sulla città e per mole di fatturato) non può prescindere, anche se solo in una sua piccola parte, dalla difesa del proprio patrimonio artistico, che ne è la storia stessa: patrimonio fondante dell’esistenza e documento del nostro operare nel corso dei secoli. Per questo motivo, accanto al grande impegno nella tutela della salute del cittadino, non possiamo esimerci dal “tutelare” anche il nostro patrimonio storico-artistico, chiedendo però la collaborazione di tanti altri, dalle Soprintendenze all’Istituto per i Beni Culturali, alla Regione stessa, alle fondazioni bancarie, ai privati, al volontariato, poiché esso, pur di nostra proprietà, ha però un grande valore collettivo e quindi, anche per questo, chiediamo ad altri che ci aiutino a salvarlo, conservarlo, e promuoverlo.
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Franco Riboldi Direttore Generale Azienda USL di Bologna
Introduzione al complesso monumentale el 1260, partendo da Perugia su consiglio del podestà di illustre famiglia bolognese Orlandino Marescotti, Raniero Barcobini Fasani si diresse verso Bologna con alcuni seguaci, “ispirato”, diceva, a questa missione dalla Vergine. Raniero, prima eremita, poi frate minore ed infine beato, nel procedere verso il nord Italia vedeva crescere i propri seguaci che, attraversando le città al grido di “Pace! Pace!”, si fla-
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gellavano le carni per riprovare su se stessi le pene del Cristo, chiedendo pace alle fazioni, tutte cristiane, in lotta sanguinosa tra loro. Arrivato a Bologna con ventimila seguaci, prima di partire alla volta di Modena fondò la confraternita dei Battuti Bianchi (frati flagellanti) e organizzò un ospedale per mezzo di cui, assieme a forze bolognesi quali Bonaparte Ghisilieri e la terziaria francescana Suor Dolce, ci si potesse
Giacomo Cavedoni, Il Beato Raniero che sana gli appestati, prima metà XVII secolo (particolare), oratorio. 8 Introduzione al complesso monumentale
La cupola del santuario.
dedicare alla cura e all’accoglienza di infermi e pellegrini nel centro della città di Bologna. L’ospedale e la confraternita iniziarono a operare verso il 1275. La chiesetta dedicata a San Vito e situata a fianco dell’ospedale, di cui presto divenne la chiesa ufficiale, per la fama dei suoi medici e per le molte guarigioni effettuate, prese il nome di “chiesa della Vita”; nacquero così l’ospedale, la chiesa e la confraternita dedicate a “Santa Maria della Vita”. Nel corso dei secoli attorno a questa chiesetta e al primo piccolo ospedale crebbe il grandioso santuario, un famoso ospedale e un oratorio per la confraternita; tutti, nel corso dei secoli, arricchiti di splendide opere d’arte.
Con le riforme napoleoniche del 1796-97 i beni della confraternita vennero espropriati e divennero pubblici; nel 1801 l’ospedale della Vita venne unito a quello della Morte (posto esattamente davanti ad esso), formando così il “Grande Ospedale della Vita e della Morte” nel quale confluirono anche altri ospedali bolognesi (quelli di San Francesco, di San Biagio, della Trinità, di Sant’Antonio Abate). Nel 1814 il complesso degli ospedali assunse la nuova denominazione di “Ospedale Maggiore”, luogo che nel corso dell’Ottocento divenne una delle principali istituzioni ospedaliere della città, ricoverando attorno al 1890 più di 3000 persone all’anno. L’ospedale ebbe la sua sede presso Introduzione al complesso monumentale 9
Il Compianto di Niccolò dell’Arca Niccolò dell’Arca, Compianto sul Cristo morto, XV secolo.
28 Il Santuario
n un locale a fianco della cappella maggiore del Santuario si trova un’opera d’arte eccezionale, la più significativa e conosciuta dell’intero complesso monumentale, da molti studiosi considerata la più importante “terracotta” di tutto il Rinascimento italiano. Si tratta del Compianto sul Cristo morto di Niccolò d’Apulia,
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detto “dell’Arca” (m. 1494), gruppo scultoreo composto da sette figure in terracotta a grandezza naturale che rappresenta con drammatico e intenso realismo il dolore e lo struggimento della Vergine, delle tre Marie, di San Giovanni Apostolo e di Giuseppe d’Arimatea sul corpo del Cristo morto, posto all’interno del sepolcro.
Il Compianto di Niccolò dell’ Arca 29
Il gruppo, originariamente dipinto in policromia, di cui restano qua e là vaghe tracce, fu commissionato dalla confraternita omonima a Niccolò verso il 1463; l’artista, noto come “Niccolò dell’Arca” perché autore dell’arca sepolcrale di San Domenico nell’omonima chiesa bolognese (opera commissionatagli dopo la grande e favorevole impressione che fece il Compianto di Santa Maria della Vita), plasmò le figure infondendo alla terracotta, materiale solitamente considerato “povero”, un’inedita e tuttora impressionante potenza espressiva. Il corpo senza vita del Cristo è disteso sopra un feretro rettangolare; la testa poggia su un cuscino che riporta la firma dell’artista: OPUS NICOLAI DE APULIA.
Compianto sul Cristo morto, particolari: San Giovanni, Cristo, la Maddalena, Maria di Cleofa.
Cleofa, la Maddalena) esprimono con sguardi e gesti teatrali uno strazio e un dolore insostenibile per la perdita di Cristo: la Maddalena, dalle vesti scomposte per il vento e la
Gli altri personaggi (Giuseppe d’A- corsa affannosa, è pietrificata in un rimatea, Maria madre di Giuseppe, urlo di incredulità davanti all’inesola Vergine, San Giovanni, Maria di rabile realtà della morte di Cristo; 30 Il Santuario
Maria di Cleofa si blocca nella corsa e si fa schermo con le mani quasi a rifiutare l’accaduto; San Giovanni rimane ammutolito e colmo di tristezza; la Vergine piange straziata dal cordoglio, con le mani strettamente intrecciate; Maria di Giuseppe cerca di trattenere le lacrime aggrappandosi alle proprie gambe e stringendo la stoffa del vestito che le ricopre; Giuseppe d’Arimatea, con le tenaglie appese alla veste e il martello in mano, guarda lo spettatore quasi a volerlo coinvolgere nella tragedia. L’identificazione di quest’ultima figura barbuta e inginocchiata, in realtà, non è certa: essa è descritta a volte come Giuseppe d’Arimatea, a volte come Nicodemo, figure sempre presenti in tutti i compianti; in
questo, tuttavia, uno dei due manca, probabilmente perchè andato distrutto. Alcuni hanno sostenuto celarsi in questa figura proprio l’ autoritratto dell’ artista. Un altro elemento da segnalare al lettore è un’ipotesi di diversa datazione, almeno per quanto riguarda parte del Compianto, soprattutto i volti di Maria di Cleofa e della Maddalena. Cesare Gnudi li ipotizza successivi al 1480 per una evidente somiglianza tra essi e il volto di una Maria piangente dipinta da Ercole De’ Roberti, unico frammento di affresco superstite della scomparsa cappella Garganelli della cattedrale di San Pietro, oggi conservato alla Pinacoteca Nazionale di Bologna (1486 circa). L’opera è sempre stata meta di visi-
Il Compianto di Niccolò dell’ Arca 31
Le tele di Gaetano Gandolfi
Gaetano Gandolfi, La continenza di Scipione, 1780-1790.
ra i dipinti presenti nella sala del museo si distinguono due tele di Gaetano Gandolfi (17341802), importante pittore bolognese e membro di spicco dell’Accademia Clementina: Coriolano e la madre e La continenza di Scipione, databili al decennio 1780-90; esse presentano al visitatore un saggio della produzione più matura del Gandolfi e preannunciano chiaramente la
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50 Il Museo
netta svolta neoclassica che caratterizzò gli ultimi anni di attività dell’artista. La scelta stessa dei soggetti di queste due tele, exempla virtutis di alto contenuto eroico, testimonia l’influenza delle tematiche neoclassiche che stavano prendendo progressivamente piede in Europa in quel periodo. È appena il caso di rilevare che, nel-
lo stesso anno di commissione di queste due tele, Jacques Louis David, dopo un soggiorno romano, codificò il neoclassicismo nel suo Giuramento degli Orazi (oggi al Louvre). È possibile constatare simili requisiti, sia pure temperati da una maggior freddezza di schema, anche nelle due tele del Gandolfi, dove l’ideale classico assume il carattere di un forte fine etico. In questa fase tarda della sua produzione, inoltre, il Gandolfi esprime nei soggetti profani una maggiore libertà ed eterogeneità di re-
pertorio rispetto alla retorica più programmata delle opere a soggetto sacro. Entrambe le tele furono commissionate nell’anno 1784 dal marchese Giacomo Marescotti Berselli per il suo palazzo bolognese, ora Palazzo Brazzetti al numero 4 di via Barberia; pervennero poi al marchese Luigi Pizzardi quando, nel 1845, sposò la marchesa Maria Antonia Marescotti, ultima discendente di quella casata; il loro figlio Carlo Alberto divenne l’erede universale dei beni delle due famiglie e alla sua
Gaetano Gandolfi, Coriolano e la madre, 1780-1790. Le tele di Gaetano Gandolfi 51
La farmacia l servizio di vasi da farmacia esposto nel museo è eccezionale sia per la consistenza estetica dei pezzi sia per il loro numero. La collezione, scampata alla distruzione dell’Ospedale Maggiore durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, è composta da 159 vasi, e costituisce uno dei pochi corredi da farmacia di rilevante consistenza presenti in Italia. Il cospicuo insieme è composto da albarelli di due diverse misure, bottiglie e orciuoli. Gli albarelli presentano un corpo cilindrico rastremato verso la base e una spalla che si raccorda con un breve collo alla bocca. Gli orciuoli hanno un corpo simile a quello degli albarelli, ma con piede allargato, collo allungato e bocca svasata; sono forni-
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ti di un manico ad ansa e di un beccuccio rivolto verso l’alto. Le bottiglie presentano un corpo ovoidale su una base rastremata dal fondo incavato, un collo lungo e cilindrico e una bocca svasata. Le diverse forme e misure dei vasi sono da porre in relazione con le sostanze conservate all’interno: gli orciuoli venivano generalmente usati per contenere mieli e sciroppi, le bottiglie per le acque ottenute dall’infusione di piante officinali, gli albarelli piccoli per unguenti ed estratti e quelli grandi per resine, polveri, radici e spezie. Tutti i vasi sono privi di marchi di fabbrica e hanno una decorazione identica, in elegante policromia a toni tenui: su fondo lievemente azzurrato, essa si sviluppa principalmente lungo una fascia posta nel mezzo
Albarello, fine XVIII-inizi XIX secolo. 56 Il Museo
del corpo di ogni vaso. Fra anelli e stra al museo della Sanità e dell’Asrigature serpentinate è posta un’i- sistenza, infine, vi arrivarono dopo scrizione, a caratteri capitali, che varie e dispersive collocazioni nel riidentifica il medicamento contenu- costruito Ospedale Maggiore. to nel vaso. Sopra ad essa due stem- Stilisticamente il complesso si può mi, rispettivamente dell’ospedale ragionevolmente ricondurre alle della Vita (croce latina a due bracci produzioni ceramiche faentine, seborizzontali posta su un trimonzio) e bene la presenza a Bologna di fabbricanti di maiolica di rilevante abidell’ospedale della Morte (croce lità produttiva polatina a un solo bractrebbe anche far pencio orizzontale posta sare che esso sul teschio di Adaabbia un’orimo) sostenuti da gine bolofestoni fitomorfi gnese. Trauniti da nastri dizionalannodati. Sulla mente daspalla e alla base tato al Setè raffigurata una tecento, al cui catenella di argusto decorativo chetti incrociati dell’arte ceramica puntati alle estrepare appartenere, ha mità ed entro gli avuto anche dataziospazi cuspidati. ni nei primissimi anL’originale comni dell’Ottocento, e plesso, notificato nel più precisamente, 1933, constava di successive al 1801, 203 pezzi, residui da quando gli ospedali un totale di 222 dedella Vita e della scritti nel 1920 da Orciuolo, fine XVIII-inizi Morte furono uniti Raffaele Guerrieri, XIX secolo. con decreto delallora direttore dell’Amministrazione l’Ospedale Maggiore. Tutti i vasi recuperati dopo i bom- Dipartimentale del Reno. A inbardamenti dell’ultima guerra furo- fluenzare tale posteriore datazione no provvisoriamente sistemati pres- fu forse anche la presenza sui vasi di so l’ospedale Sant’Orsola, dove an- entrambi gli emblemi degli ospedali cora se ne conservano 32; circa 17 confraternali, che, d’altro canto, doesemplari passarono inoltre al mu- vevano utilizzare già da tempo una seo Davia Bargellini, dove sono tut- farmacia comune. tora esposti. I 159 vasi oggi in mo- Oltre al loro interesse storico, i vasi La farmacia 57
’oratorio di Santa Maria della Vita è uno degli esempi più suggestivi di architettura ecclesiastica barocca bolognese, importante soprattutto per essere un caso davvero raro di integrità conservativa, essendosi mantenuto pressoché intatto nel suo impianto decorativo ed architettonico generale (con l’unica eccezione degli arcibanchi che riempivano la parte inferiore e dei dipinti che li ornavano). L’edificio è testimonianza storica di un fenomeno diffusosi in tutte le città italiane dopo la conclusione del Concilio di Trento: il fiorire o rifiorire di numerose confraternite, laicali e non, la cui devozione, praticata talvolta ai limiti dell’eterodossia, trovava idonea sede, più che nelle chiese vere e proprie, in oratori ad esse annessi; in questi luoghi, privati ed esclusivi, i confratelli si riunivano, pregavano, organizzavano la loro
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62 L’Oratorio
attività religiosa: lo spazio sacro dell’oratorio diveniva così l’espressione di una ben definita identità religiosa e sociale. In ambito bolognese tale identità si espresse attraverso le decorazioni dei vari oratori fioriti nell’età della Controriforma: San Colombano, San Rocco, l’oratorio della Trinità di Pieve di Cento; laddove, però, questi oratori hanno in comune la preferenza per una decorazione ad affresco che copre quasi globalmente le pareti, l’assetto decorativo dell’oratorio della Vita privilegia un uso più moderato dell’affresco, impiegato per la sola decorazione delle volte e della cupola del presbiterio; nel restante spazio, le scene sacre sono narrate per mezzo di dipinti su tela. L’oratorio fu costruito nelle forme attuali agli inizi del Seicento come rifacimento di una primitiva struttura risalente al XV secolo. Il pro-
Interno dell’oratorio con veduta sul presbiterio. L’Oratorio 63
Le note di culto La chiesa è un santuario mariano con adorazione eucaristica perpetua, gestito tramite convenzione dalla Curia Arcivescovile di Bologna e grazie ai Padri Filippini. Il Santuario è aperto ai fedeli: dal lunedì al sabato dalle ore 7.30 alle ore 19.00; alla domenica e nei giorni festivi dalle ore 16.30 alle ore 19.30. Resta chiuso nel mese di agosto. Durante le funzioni ordinarie e straordinarie le visite turistiche sono sospese. Le sacre celebrazioni si svolgono con i seguenti orari: Sante Messe: nei giorni feriali alle ore 8.30 e alle ore 18.30; nei giorni festivi alle ore 18.30; al sabato e nelle vigilie delle festività la Santa Messa delle ore 18.30 è prefestiva. Adorazione Eucaristica: tutti i giorni è esposto il Santissimo Sacramento per l’adorazione quotidiana. Viene esposto alle ore 9.00 circa, dopo la Santa Messa (tranne la domenica, in cui l’esposizione avviene alle ore 16.30). La benedizione eucaristica avviene alle ore 18.15. Recita dell’Angelus: tutti i giorni alle ore 12.00. Recita dei Vespri: tutti i giorni alle ore 17.45. Recita del Santo Rosario: tutti i giorni alle ore 18.00. tel: 051.236245 100 Apparati
Gli orari del Museo Il Museo della Sanità e dell’Assistenza con l’Oratorio dei Battuti è aperto: da ottobre ad aprile dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00 da maggio a settembre dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.00. Resta chiuso: al lunedì e nel mese di agosto. Direttore: Graziano Campanini tel: 051.230260 fax: 051.6569777 È gestito dall’Ufficio Patrimonio StoricoArtistico dell’Azienda USL di Bologna Direttore: Graziano Campanini tel: 051.230260 fax: 051.6569777 e-mail: graziano.campanini@ausl.bologna.it I locali del Museo della Sanità e dell’Assistenza e dell’Oratorio di Santa Maria della Vita possono essere concessi per mostre, conferenze, seminari e convegni. Informazioni e preventivi: ART4 via Altabella 3 - 40126 Bologna tel: 051.2966111 fax: 051.2966130 e-mail: art4@art4.it
Interno del santuario. Apparati 101
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Piccoli pellegrinaggi. Mete, percorsi e devozioni nel territorio orientale di Bologna dal Medioevo a oggi, Il Torchio, Bologna 2000.
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Apparati 103