La vita di Margarethe von Parma
In prime nozze sposò un Medici, poi (per ragion di Stato) divenne moglie di Ottavio Farnese A Parma ha indissolubilmente legato il suo nome e una parte significativa della sua affascinante esistenza, che si segnala per le mille facce, tutte da approfondire e da raccontare. Questo è l’obiettivo di Carlo Fornari, che, nel saggio «Margherita d’Austria e di Parma» (Diabasis), analizza il profilo di un’eccezionale donna del Cinquecento nelle diverse vesti di «figlia, donna, moglie, madre, madama, governatrice, duchessa», come promette già il sottotitolo dell’opera. Già, ma chi fu davvero Margherita? Era la figlia illegittima dell’imperatore Carlo V, sui cui possedimenti «non tramontava mai il sole», e di Jeanne van der Gheynst, una popolana figlia di un tessitore di arazzi.Nella sua vita, che cominciò a Pamele-Oudernade (in francese, Audenarde) nel 1522 e si concluse a Ortona nel 1586, Margherita non fu solo duchessa di Parma e Piacenza, ma anche duchessa di Firenze, governatrice dei Paesi Bassi spagnoli e poi dell’Aquila. Certo, quella di Parma fu certo una fase centrale della sua esistenza. Di qui il doppio nome che le è comunemente assegnato: come spiega l’autore, a Parma e in Italia, «dove ha maggiormente vissuto», è nota come Margherita d’Austria, mentre a Vienna e nel resto d’Europa come Margarethe von Parma. Al di là dei titoli e dello sfarzo imperiale, la sua vita non fu certamente facile, se è vero che a soli cinque anni, presumibilmente nella primavera del 1527, fu condotta lontano dalla mamma, a Bruxelles, allora capitale dei Paesi Bassi austriaci, dove si prese cura di lei la prozia Margherita d’Austria. L’ obiettivo era quello di educarla secondo il rango di una nobildonna, figlia, per quanto illegittima, dell’imperatore, che dispose della sua vita secondo le logiche del tempo, ossia decidendone il destino e i matrimoni. Per motivi politico-diplomatici, infatti, dopo lunghi preparativi, nel 1536 sposò Alessandro de’ Medici. Non fu un matrimonio felice, anche se «Margherita nutriva senza dubbio per Alessandro un misto di simpatia e ammirazione vicino all’affettuosità». A causa dell’ancora giovanissima età, viveva separata dal marito, che tuttavia, a causa dei suoi comportamenti lussuriosi e disdicevoli, si rivelò presto «l’opposto della persona fatta per lei». Ma il matrimonio durò davvero poco: la notte dell’Epifania del 1537 egli venne pugnalato in circostanze oscure.Il secondo marito fu Ottavio Farnese, il figlio di Pier Luigi: Margherita cedette, pur manifestando da subito la sua contrarietà. Prevalse, come era inevitabile, la ragion di Stato che animava
Carlo V e papa Paolo III. Le nozze si celebrarono nel 1538. Il 27 agosto 1545 Margherita diede alla luce due gemelli: Carlo, che sarebbe morto di lì a poco, e Alessandro, «condottiero di razza», come lo definisce Fornari, destinato a un futuro importante. Dopo l’insediamento del marito, l’approdo a Parma avvenne il 2 luglio 1550, quando Margherita fu accolta con grandi manifestazioni di gioia. A parte un viaggio a Bruxelles con il figlio Alessandro nel 1556, la nobildonna rimase nel ducato di Parma e Piacenza per quasi nove anni, in una situazione politica basata su equilibri fragili (in quegli anni fu combattuta anche la cosiddetta Guerra di Parma). Poi divenne governatrice dei Paesi Bassi, per ritornare quindi nel ducato (a Piacenza) nel 1568; l’ultimo incarico di rilievo che assunse fu quello di governatrice dell’Aquila. Morta a Ortona, Margherita fu sepolta, come lei stessa aveva disposto per testamento, a Piacenza, nella chiesa di San Sisto.«Con la scomparsa della Madama, - spiega l’autore – usciva in punta di piedi dalla scena l’ultima Duchessa che aveva contribuito a fare grandi i Farnese, aprendo loro le porte delle dinastie padroni d’Europa». In queste pagine, ricche di osservazioni puntuali e di riflessioni stimolanti, Fornari analizza la figura di Margherita nel più ampio contesto della dinastia asburgica, che ha contribuito ai processi di integrazione tra comunità europee allora assai distanti. Il libro, arricchito dall’iconografia e da un’utile nota bibliografica, presenta anche l’interessante postfazione di Andrea Zanlari: «Per comprendere meglio una donna difficile». Analizzando le differenze tra ritratti ufficiali e opere d’autore, Zanlari, tra l’altro osserva, che in queste ultime «gli artisti hanno spesso osato favorire […] l’immagine della donna comune, per certi aspetti moderna», non priva di una vena malinconica. Insomma, una donna dotata di un’umanità ricca e complessa, come peraltro è lecito supporre dalla ricostruzione della sua non semplice vita. CHRISTIAN STOCCHI Gazzetta di Parma 28/08/2017 www.diabasis.it