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redazione
fondatore / founder Giulio G. Rizzo
direttore / director Gabriele Corsani
comitato scientifico / scientific committee Paolo Bürgi, Vittoria Calzolari, Christine Dalnoky, Guido Ferrara, Roberto Gambino, Jean-Paul Métailié, Giulio G. Rizzo, Mariella Zoppi
comitato di redazione / editorial board Michele Ercolini, Silvia Mantovani, Gabriele Paolinelli, Antonella Valentini
progetto grafico / graphic design / editing Laura Ferrari
scrivere alla redazione rivista.drpp@unifi.it
editore / publisher Firenze University Press Borgo degli Albizi 28 50122 Firenze e-press@unifi.it
Ri-Vista ricerche per la progettazione del paesaggio rivista elettronica semestrale del Dottorato di Ricerca in Progettazione Paesistica Facoltà di Architettura – Università degli Studi di Firenze registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5307 del 10 novembre 2003 ISSN 1724-6768
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Fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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sommario
I
Fare paesaggio. Dove vanno le regioni
numero monografico
1
Editoriale A cura della redazione.
3
Fare paesaggio Introduzione di Attilia Peano
la pianificazione paesaggistica delle Regioni 9
Il Piemonte: dalla tradizione dei “beni culturali e ambientali” al paesaggio Claudia Cassatella
17
La Lombardia: un quadro in trasformazione Angela Colucci
27
Verso un nuovo paesaggio per il Veneto. Concezioni e idee in transizione Giulia Tettamanzi
41
Il caso del PTCP ligure, tra disciplina territoriale e progetti Giuseppe Cinà
53
Emilia Romagna. Dal piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme Chiara Lanzoni
77
Paesaggi in filiera. Il percorso toscano Emanuela Morelli con Michele Ercolini, Carlo Natali
87
Il PPTR della Puglia, un piano per lo sviluppo locale auto sostenibile Giuseppe Cinà
99
Sardegna: il Piano Paesaggistico, tra innovazioni e sfide Michele Ercolini con Emanuela Morelli e Carlo Natali
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II
Fare paesaggio. Dove vanno le regioni
approfondimenti 107
La pianificazione paesaggistica in Piemonte L. La Riccia
113
La pianificazione paesaggistica in Lombardia Angela Colucci
121
La pianificazione paesaggistica in Veneto Giulia Tettamanzi
129
La pianificazione paesaggistica in Emilia Romagna Chiara Lanzoni
135
La pianificazione paesaggistica in Toscana Emanuela Morelli con Michele Ercolini
141
La pianificazione paesaggistica in Sardegna Michele Ercolini con Emanuela Morelli
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editoriale
1
Editoriale A cura della redazione.
Questo numero della rivista presenta due specificità degne di segnalazione. Innanzitutto registra un momento particolare. Come per ogni gruppo di lavoro e per ogni prodotto intellettuale, l’avvicendamento delle persone in una rivista non è un fatto irrilevante, che possa essere solo appreso e registrato in forma burocratica o, anche fosse, organizzativa. E in questo caso si tratta del passaggio di consegne della direzione scientifica, ruolo che, per la connaturata individualità, marca il cambiamento ancora più degli avvicendamenti redazionali. A Giulio G. Rizzo, che ha lasciato la rivista dopo averla ideata, voluta con decisione, fondata e sviluppata, non va il saluto di un normale, per quanto comunque importante, avvicendamento, bensì un arrivederci che vuole sottintendere la permanenza del pensiero e dei modi del fondatore, pur nell’evoluzione che i tempi e le persone che succedono apportano in modo legittimo e opportuno ad ogni entità che debba conservare nella dinamicità un requisito essenziale. A Gabriele Corsani, il nuovo direttore che con questo numero inaugura la sua attività nella rivista, non va solo un sincero augurio di buon lavoro, ma prima di tutto un caloroso abbraccio di benvenuto in una comunità piccola che molto tiene ai rapporti personali, in quanto tali come anche per la stessa qualità dei prodotti, che con fatica e altrettanto piacere si prefigge di continuare a sviluppare. Un cultore del progetto cede il testimone ad uno storico. Non si tratta di una modifica di profilo della rivista, che in quanto organo del Dottorato si occupa di studi paesaggistici dai molteplici punti di vista progettuali, bensì semmai di una opportunità di arricchimento della sua vita, del processo di stratificazione dei contributi che ospita. Si guarda avanti dunque, senza alcuna esigenza di segnare una discontinuità e con la consapevolezza propria della stessa ricerca scientifica dell’importanza dei contributi di molti ai patrimoni comuni e delle opportunità che riservano gli sguardi indietro. La seconda particolarità è costituita dal fatto che in questo numero la rivista esprime la massima coerenza possibile con l’obiettivo di fondo indicato dal suo titolo, la diffusione di ricerche per la progettazione paesaggistica. Si propone un numero monografico sui primi risultati della ricerca PRIN 2007 ‹‹Fare paesaggio. Dalla pianificazione di area vasta all’operatività locale››, coordinata da Attilia Peano del Politecnico di Torino. La ricerca riguarda le esperienze della nuova stagione italiana della pianificazione paesaggistica poste a confronto con quelle precedenti alla emanazione del Codice e della Convenzione europea del paesaggio. Di tessere le relazioni salienti fra i principali termini della tematica affrontata da molteplici lavori afferenti a tale esperienza collettiva si occupa con la dovuta efficacia l’introduzione, alla quale questo editoriale rimanda.
Testo definito dalla redazione nel mese di giugno 2010. © Copyright dei redattori. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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Introduzione
Fare paesaggio1
3
The making of landscape
Attilia Peano*
abstract Le Regioni italiane attraversano un periodo di grande attivismo nel campo della pianificazione paesaggistica prescritta dal Codice dei beni culturali e de paesaggio: nuovi piani o adeguamenti di piani esistenti richiedono intese stato-Regioni e innovazioni metodologiche e procedurali. Il numero presenta i primi risultati della ricerca PRIN 2007 “Fare paesaggio. Dalla pianificazione di area vasta all’operatività locale”, ponendo a confronto, in “saggi interpretativi” che seguono chiavi di lettura comuni, le esperienze ante e post Codice di alcune Regioni, evidenziando le innovazioni che si prospettano, ma anche la forza delle specifiche tradizioni costruite fin dalle prime fasi di legislazione regionale. “Materiali di approfondimento” illustrano in modo dettagliato gli strumenti legislativi e pianificatori.
abstract As a consequence of the Cultural Heritage and Landscape Code, Italian Regions are living an intense phase of landscape planning: the new plans (and the conformation of the old ones) need innovations of methodologies and procedures, and, in particular agreements between National and Regional Authorities. The volume presents some results of the Projects of Research of National Interest 2007 “The making of Landscape: from regional planning to local planning and design”. The essays confront the regional experiences, before and after the Code, using common keys for the interpretation, highlighting both the perspectives of innovation and the strength of the traditions, coming from the regional legislation. The second section of the volume focuses on the legislative and planning instruments, providing detailed illustrations.
parole chiave Pianificazione del paesaggio, territoriale, intese Stato-Regioni.
key-words Landscape planning, Regions agreements.
pianificazione
regional
planning,
State-
* Ordinario di Urbanistica presso il Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico ed Università di Torino
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Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio costituisce parziale e per certi versi discutibile applicazione per il nostro paese della Convenzione Europea del 2000, come è stato da più parti rilevato. Ad esso si rivolgono molteplici osservazioni, sia strutturali, nel senso che non paiono completamente trasferiti lo spirito, il significato complesso, il ruolo politico che la Convenzione attribuisce al Paesaggio, sia, conseguentemente, operative poiché non risultano o risultano solo in parte recepite e sviluppate importanti innovazioni che dovrebbero guidare le politiche dei singoli stati: il paesaggio di tutto il territorio come bene comune della società e il conseguente coinvolgimento, imprescindibile per la Convenzione, delle popolazioni nelle decisioni che lo riguardano, il superamento dell’azione statica di difesa in favore di azioni dinamiche, articolate nella forma e nel tempo e combinate tra loro, di protezione, gestione e pianificazione e di formazione, la proiezione al progetto per la creazione di nuovi paesaggi e il forte legame tra paesaggio e sviluppo economico, considerato d’altra parte anche nell’Agenda Territoriale dell’Unione Europea 2007-2013 dei Ministri per le aree urbane e lo sviluppo. Nella sua applicazione si stanno ponendo in evidenza alcune questioni tutte italiane derivate, credo, dalla storia specifica che ha guidato l’intero ‘900, (di cui avevo svolto un attento esame attraverso gli atti parlamentari del primo decennio del novecento in un vecchio saggio pubblicato in Storia Urbana) di netta separazione di competenze, leggi e strumenti per la tutela e per lo sviluppo del territorio. Questa separazione si è espressa da un lato con le leggi sui vincoli nazionali relativi ai beni, storici e paesaggistici, dall’altro con le pianificazioni del territorio e di settore trasferite nella
Fare paesaggio
competenza degli enti territoriali con la regionalizzazione. La posta in gioco è, in specifico, il rapporto tra Stato e Regioni e tra pianificazione paesaggistica e pianificazione territoriale. Infatti, la distinzione delle competenze della tutela del paesaggio, che resta in capo esclusivo allo Stato e della sua valorizzazione che si configura come competenza concorrente tra Stato e Regioni, pone non pochi interrogativi e difficoltà non solo per la pianificazione paesaggistica, ma più in generale per il governo del territorio, di responsabilità delle Regioni, che costituisce competenza complessa per funzioni, soggetti e oggetti tra loro interrelati. Infatti il governo del territorio, introdotto con la modifica del 2001 del Titolo V della Costituzione, richiede di tenere insieme territorio, ambiente e paesaggio, pianificazioni territoriali e di settore, gestione e progetto, richiede responsabilità e coerenza tra politiche e azioni di diversa natura e livello, che si concretizzano tutte nel e per il territorio.
Le intese Stato-Regioni Le intese Stato-Regioni definite e in atto si limitano in alcuni casi alla forma dell’art. 135 del Codice e quindi esclusivamente riferite ai beni paesaggistici; mentre altre Regioni (come Piemonte, Friuli, Toscana per la formazione del PIT, Lazio, Abruzzo, Puglia) hanno perseguito la possibilità di elaborazione congiunta del piano tra Regione e Ministeri, compreso quello dell’Ambiente, prevista dall’art. 143 dello stesso Codice. Tutte le intese, ma in particolare quelle relative all’art. 143, dovrebbero rappresentare un’occasione positiva di cooperazione inter-istituzionale per integrare la
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tutela con la valorizzazione di tutti i paesaggi del territorio, al fine di costruire un progetto di conservazione, gestione e creazione di nuovi paesaggi, come indica la Convenzione Europea. Invece si stanno rivelando difficili da praticare, a scapito dei tempi di formazione e della qualità stessa dei piani, ponendo in essere anche posizioni di arroccamento dei due soggetti sulle proprie prerogative, sostenute dalle specifiche competenze. Se la tutela dei beni paesaggistici è assolutamente necessaria per il loro notevole interesse pubblico, la rappresentatività e la funzione in un determinato territorio, altrettanto importante è considerarne e promuoverne il ruolo, insieme alle risorse naturali, di struttura portante per la valorizzazione dell’intero territorio e per il suo sviluppo culturale, sociale ed economico (sostenibile, come recita lo stesso Codice), soprattutto in un paese come il nostro la cui più importante risorsa, riconosciuta fin dai secoli passati e a livello mondiale, è costituita da natura, storia e paesaggio. Risulta allora impossibile separare la tutela dalla valorizzazione e altrettanto impossibile separare il paesaggio dal territorio, e di ciò si trova dimostrazione anche nell’ultima modifica dello stesso Codice, che nella sua impostazione non supera certo il dualismo storico tra tutela dei beni e governo delle trasformazioni territoriali, dove vengono introdotti, tra i contenuti del piano paesaggistico riferiti agli ambiti (art.135), la limitazione del consumo di territorio e l’individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio in funzione della loro compatibilità con i valori paesaggistici riconosciuti e tutelati. Il Codice cioè si inserisce “per forza” in questioni specifiche dell’ assetto territoriale, demandate agli strumenti di pianificazione urbanistica, con ciò esplicitando l’esigenza di uno stretto rapporto tra progetto del
Introduzione
territorio e progetto del paesaggio. Per quanto attiene al consumo di territorio, sembra emergere nel dettato del Codice una scontata corrispondenza tra modificazione del suolo in uso antropico e distruzione di paesaggio, idea in astratto di per sé inaccettabile, se ci si riferisce anche solo al fatto che gli insediamenti-centri e nuclei storici a cui va oggi un riconoscimento di valore paesaggistico tanto da essere stati inseriti nell’elenco di immobili e aree di notevole interesse pubblico all’art. 136-, hanno pur consumato suolo; dunque appare improprio sposare l’idea che la trasformazione antropica sia di per sé incapace di produrre paesaggio. Senza entrare nel merito degli effetti paesaggistici determinati dal consumo di suolo, in termini ecologici, culturali e percettivi, considerati come detrattori in molti studi e valutazioni di paesi europei che presentano una considerazione del paesaggio più consolidata della nostra, si può comunque convergere su una valutazione negativa dell’enorme e diffuso consumo di suolo prodottosi nel nostro paese dal dopoguerra e che continua anche nei periodi di stasi demografica, per la vastità e la varietà di paesaggi naturali e rurali che distrugge.
Pianificazione paesaggistica – pianificazione territoriale Diventa di conseguenza problematico pensare che l’attività di governo del territorio regionale possa separare la pianificazione paesaggistica dalla pianificazione territoriale, il governo dei processi di trasformazione del paesaggio dalle dinamiche fisiche e socio-economiche del territorio che ne costituiscono il contesto generatore.
Questione che si pone in modo non banale nelle Regioni che hanno scelto di formare il piano paesaggistico in modo autonomo dal piano territoriale, trovandosi a costruire due strumenti per loro natura necessariamente fortemente interconnessi, ma la cui interconnessione risulta difficile da realizzare e soprattutto da trasferire nelle pratiche operative. Con il rischio che, a livello locale, dove le scelte strutturali del piano territoriale si traducono in previsioni e progetti concreti, del piano paesaggistico restino soltanto i vincoli, vanificando dunque le aspettative di esiti progettuali e concreti dei nuovi piani paesaggistici che dovrebbero condurre alla riqualificazione, riprogettazione, valorizzazione dell’intero territorio. Sembra invece che la scelta praticata da alcune Regioni di integrare le pianificazioni territoriale e paesaggistica (come ad esempio Toscana e Puglia), sia attraverso nuovi piani che con integrazioneadeguamento di piani esistenti, possa sortire l’effetto di ragionare in modo più efficace proprio sulle relazioni tra trasformazioni territoriali e paesaggio, tra aspetti strutturali del territorio e del paesaggio, tra progetti strategici e regole paesaggistiche, attribuendo al paesaggio un ruolo cardine e attivo nel e per il governo del territorio. Forse l’esempio più consolidato di questa visione di integrazione è quello toscano, dove fin dalle leggi regionali della fine anni ’70 vengono poste le basi per attribuire alla pianificazione ordinaria la tutela dei valori ambientali e paesaggistici, riconfermate con l’inserimento del piano paesaggistico nel PIT. Il Piemonte, pur avendo optato per un nuovo piano paesaggistico autonomo in attuazione del Codice, ne ha ricercato le indispensabili intersezioni con il nuovo piano territoriale attraverso un comune Quadro Strategico, proprio al fine di rendere le
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scelte per il paesaggio congruenti con quelle per il territorio.
Dal piano paesaggistico all’operatività In entrambi i casi un’ulteriore questione problematica riguarda i contenuti dei nuovi piani paesaggistici in attuazione del Codice e le modalità praticate di rapporti interistituzionali e di coinvolgimento delle popolazioni per la loro formazione e gestione. Sembra che la preoccupazione della completezza piuttosto che delle specificità del paesaggio e dei processi territoriali, abbiano prodotto una pletora di norme, che si esprimono quasi esclusivamente in indirizzi discorsivi, impossibili da trasferire ai livelli dell’operatività, come sembra riproporsi, nonostante la consolidata negazione in termini culturali, la catena dal generale al particolare, dalla Regione alle Province e poi ai Comuni, attraverso successivi approfondimenti conoscitivi e definizioni normative e propositive. Una catena che la realtà ha sempre dimostrato irrealizzabile, anche in tempi lunghi e in contesti territoriali virtuosi; basti considerare la piccola Regione della Valle d’Aosta che ad undici anni di distanza non ha ancora neanche un piano comunale adeguato al piano paesistico regionale. Vengono i brividi soltanto a pensare all’illusione che più di ottomila Comuni italiani siano chiamati ad adeguare i loro piani urbanistici alla nuova pianificazione paesaggistica: in quanto tempo? con quale possibilità di successo? Non è forse il caso di incominciare a considerare con attenzione le non del tutto isolate iniziative locali di “fare paesaggio” per confrontarle, verificarle, contestualizzarle e sostenerle con alcune-poche, politiche e guide paesaggistiche
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regionali ritenute essenziali e specifiche, per avviare un processo di progressivo cambiamento culturale delle amministrazioni e della società? Non va trascurata la pelle di leopardo di progetti paesaggistici che si costruisce dal basso, certo molto parziale e incompleta, ma operativa e condivisa dal territorio di cui la Commissione INU Paesaggio darà esempi concreti nella sezione dedicata del prossimo Rapporto dal Territorio. Esistono anche iniziative particolarmente interessanti di sperimentazione dell’operatività paesaggistica nella pianificazione urbanistica locale, una ad esempio è stata intrapresa con il Progetto Pilota per Feltre dalla Regione Veneto d’intesa con il Ministero MiBAC, la Provincia di Belluno e il Comune per la salvaguardia dei valori ambientali e paesaggistici, da recepire attraverso apposita variante nello strumento urbanistico locale e con l’obiettivo di individuare linee guida per piani paesaggistici di dettaglio da applicare al territorio regionale. Un ambito, quello Feltrino, di particolare interesse, per i valori del centro storico, del paesaggio agrario collinare, delle aree naturali di livello nazionale e comunitario, per la particolare situazione di sottoposizione a vincolo paesaggistico di tutto il territorio comunale, su cui sperimentare l’applicazione dei contenuti dell’art.143 del Codice. E’ stato presentato recentemente alla RUR Sicilia un altro caso interessante di traduzione a livello locale della visione paesaggistica del piano provinciale, per il comune di Aci Catena (CT), dove emergono i reciproci condizionamenti delle politiche urbanistiche e paesaggistiche, giungendo ad individuare criteri localizzativi e morfologicofunzionali e progetti di qualificazione paesaggistica. Per affrontare la spinosa questione dell’operatività dei piani, torna in campo l’importanza dell’attività di pianificazione, che ancora risulta molto debole
Fare paesaggio
nel nostro paese, a fronte di un alto affollamento di piani. In attesa di un generale ripensamento, alla luce della competenza di governo del territorio, dell’attuale apparato pianificatorio, cresciuto e complessificatosi sproporzionatamente nel corso del tempo, non si può che puntare su una qualche forma di copianificazione, intesa nel senso di concorrenza effettiva alla definizione delle strategie e di condivisione delle scelte, “una scrittura collettiva e condivisa” che nel caso del piano paesaggistico renda semplice, quasi naturale, l’adeguamento dei piani locali, laddove essi condividono strategie generali e già comprendono almeno in parte conoscenze, regole e progetti che hanno contribuito a implementare la formazione del piano regionale. Certo, un’interazione collaborativa tra livelli istituzionali e anche tra apparati della stessa amministrazione necessaria per guidare e seguire la fase operativa è un processo che non si può improvvisare, perché richiede di costruirsi e consolidarsi nel tempo attraverso dimostrazione di responsabilità e affidabilità di tutti i soggetti concorrenti. Richiede inoltre di mettere in atto le pratiche della valutazione e del monitoraggio per seguire l’evoluzione degli eventi e poter intervenire con i necessari adeguamenti. Così come non si improvvisa in occasione di un piano la capacità di comunicare e di coinvolgere i soggetti del territorio, i veri attori del paesaggio, problema trascurato dal Codice e di conseguenza da molti nuovi piani. Bisognerà pur cominciare a costruire anche nel nostro paese modalità concrete di comunicazione e di coinvolgimento attivo dei soggetti territoriali, come solo qualche piano paesaggistico prova a fare, che si dimostrano essere, in tutti i paesi che le praticano, anche attraverso incentivi finanziari da parte pubblica cui corrispondono interventi
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diretti e contributi fiscali da parte privata, l’unico strumento per iniziare a “fare” un territorio e un paesaggio migliori.
Dove vanno le Regioni I saggi che costituiscono questo numero della RiVista rappresentano il risultato della prima fase della ricerca PRIN 2007 con titolo “Fare paesaggio. Dalla pianificazione di area vasta all’operatività locale”, che vede impegnati i Politecnici di Torino e Milano e l’Università di Firenze2. Nel quadro della vasta attività regionale in applicazione del Codice, sono stati esaminati, attraverso un confronto sistematico e chiavi di lettura comuni, i percorsi di legislazione e di pianificazione paesaggistica di alcune Regioni che si sono svolti a partire dai primi anni della regionalizzazione, con un particolare accento sulle attività recenti; oltre a rappresentare i casi più vicini alle Unità di Ricerca, essi costituiscono un ventaglio di esperienze differenti per tipologia di piano e per periodi di elaborazione. Il confronto fa emergere alcune tematiche trasversali quali: integrazione o separazione tra pianificazione paesaggistica e pianificazione territoriale; funzionamento della “filiera” Regione – Province–Comuni rispetto all’operatività, peso della tradizione vincolistica e apertura a definizione di strategie e di progetti; introduzione di linee guida per i progetti e le verifiche di compatibilità paesaggistica; ruolo e funzionamento degli Osservatori per il paesaggio. In generale, si può rilevare che il Codice consente una relativa unificazione dei contenuti, grazie al comune riferimento alla individuazione degli ambiti, mentre una vasta articolazione presentano gli apparati conoscitivi e normativi, in alcuni casi
Introduzione
integrati e aggiornati per parti, come in Liguria, in altri come in Piemonte impostando un piano del tutto nuovo. Molto differente è il rapporto delle Regioni con gli altri livelli di governo, condizionato anche dalle modalità già in atto o prescelto di relazioni interistituzionali. La Toscana, ad esempio, aveva già in precedenza coinvolto province e comuni nella formazione del PIT e allo stesso modo li ha coinvolti nella nuova parte dedicata al paesaggio. La stessa Regione ha anche elaborato, d’intesa con i Comuni interessati, un piano strutturale intercomunale, come caso pilota di applicazione delle strategie paesaggistiche a livello locale. Anche la Lombardia e l’Emilia Romagna hanno coinvolto le Province nella formazione del piano regionale. Più comune si presenta invece la definizione del piano a livello regionale con richiesta a Province e Comuni di successivi approfondimenti conoscitivi e definizioni normative e progettuali. Sul fronte della partecipazione, il caso più significativo è quello della Puglia che ha utilizzato le “mappe di comunità” come elemento fondativo del piano, in adesione al ruolo attribuito dalla Convenzione Europea alla partecipazione delle popolazioni nella determinazione dei propri paesaggi. Molto differenziati si presentano gli orientamenti normativi, posti come condizioni alla trasformazione o come coerenze, o strutturati per strategie aperte a definizioni propositive e progettuali (schemi d’insieme come la rete di valorizzazione ambientale piemontese, i piani d’area, i progetti di parti o elementi significativi del paesaggio come il progetto Aurelia e il parco costiero del Ponente in Liguria). Il quadro che si ricava, pur nella uniformità di metodo dettata dal Codice, risulta ancora una volta
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molto diversificato e non sembra mostrare l’affermarsi di un modello nazionale. Tuttavia, si può rilevare una nuova e più estesa generale attenzione delle Regioni al paesaggio, la cui pianificazione sta diventando “ordinaria”, e questa può rappresentare la premessa di ricadute positive, se si riuscirà ad agganciare alla pianificazione regionale la pianificazione e la gestione locale del paesaggio.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Questo contributo costituisce parziale rielaborazione della relazione tenuta alla VI RUN, INU, Matera, 4 marzo 2010, in apertura della sessione sul paesaggio. 2 Coordinatore nazionale A. Peano; Unità di ricerca: Politecnico di Milano M.C. Treu (coord. scient.), M. Magoni, A. Colucci, P. Marzorati, C. Lanzoni, G. Tettamanzi, A. Maestri; Università di Firenze C. Natali (coord. scient.), L. Vallerini, M. Ercolini, E. Morelli, E. Campus, D. Agostini; Politecnico di Torino, Unità 2, G. Cinà (coord. scient.), Unità 1 A. Peano (coord. scient.), P. Fabbri, C. Cassatella, F. Finotto, L. La Riccia, B. Seardo.
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Il Piemonte: dalla tradizione dei “beni culturali e ambientali” al paesaggio Claudia Cassatella*
The Piedmont Region: approaching the landscape from a strong tradition concerning the cultural and natural heritage
abstract La Regione Piemonte ha una legge urbanistica molto attenta alla protezione dei “beni culturali ambientali”, fin dagli anni settanta. L’approccio al paesaggio è tradizionalmente attento alla conservazione, meno a politiche di indirizzo e pianificazione. Il nuovo piano paesaggistico regionale, per ora solo adottato, registra invece un cambiamento di approccio e l’introduzione di temi nuovi, come l’attenzione agli aspetti percettivi ed identitari, il disegno di un sistema di reti multifunzionali, la previsione di progetti territoriali integrati. Una nuova legge sul paesaggio offre anche un supporto finanziario alle azioni di valorizzazione.
abstract Since the Seventies, the Piedmont Region has got a careful legislation about the “cultural and environmental goods”. The approach to the landscape traditionally pays much attention to the conservation issues, minor to pro-active policies and planning strategies. The new Regional Landscape Plan (although, not approved) shows signals of a new approach and introduces new topics, such as identity and scenic perception, the project of a multifunctional ecological network and the proposal for “integrated territorial projects”. A new law for the landscape gives a financial instrument to the programme of landscape enhancement.
parole chiave pianificazione paesaggistica, beni culturali ambientali, politiche regionali per il paesaggio.
key-words landscape planning, cultural and environmental listed goods, regional landscape policies
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* Ricercatore in Urbanistica presso il Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico ed Università di Torino.
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La tutela e la pianificazione del paesaggio ante Codice: il PTR e i “beni culturali e ambientali” L’attenzione al paesaggio nell’azione amministrativa del Piemonte è ben riconoscibile fin dalla prima Legge Urbanistica Regionale (n. 56/1977 “Tutela e uso del suolo”, nota come “legge Astengo”): con l’espressione “beni culturali e ambientali”, infatti, vi si affronta la salvaguardia delle aree di interesse paesistico ambientale, delle morfologie insediative, dei nuclei minori, dei manufatti civili e rurali, sempre comprendendo anche le aree esterne di loro pertinenza per relazioni storiche, ambientali e paesaggistiche (art. 24). Attraverso la LUR, si imposta quindi la tutela dei valori paesistici sulla pianificazione ordinaria, imponendo ai piani comunali l’individuazione dei beni culturali ambientali; il controllo delle trasformazioni inerenti tali beni viene affidato ad una Commissione regionale e subdelegato ai Comuni per determinati livelli di intervento (L. 20/1989). La legge Astengo appare dunque anticipatrice rispetto alla concezione di tutela del paesaggio più recente, che pone attenzione non solo alle eccellenze ma anche ai valori di insieme, ai sistemi di relazioni, al paesaggio agrario e al patrimonio minore. Di fatto, nella prassi pianificatoria la maggior parte delle attenzioni è stata dedicata al patrimonio storico: i centri urbani, le borgate e l’edilizia rurale e montana. Su questi temi l’azione amministrativa è stata supportata anche da una forte tradizione di studi e di formazione portata avanti dal Politecnico di Torino e dalla Scuola di Specializzazione in storia, analisi e valutazione dei beni architettonici e ambientali (dal 2008 anche “del paesaggio”).
La pianificazione del paesaggio in Piemonte e la tradizione dei “beni culturali e ambientali”
Alla tutela del paesaggio in Piemonte ha dato un contributo non marginale anche la politica delle aree protette, grazie all’istituzione di parchi in aree strategiche e alla considerazione degli aspetti culturali in stretto accordo con quelli ambientali: basti citare le tenute delle Residenze Sabaude e i Sacri Monti (successivamente riconosciuti come Siti Unesco), la fascia del Po, i numerosi ecomusei. Intorno ai parchi e agli ecomusei (che hanno rappresentato un’esperienza propulsiva a livello nazionale) sono nati recentemente anche numerosi Osservatori del paesaggio. L’attenzione al paesaggio sembra dunque permeare esperienze diverse, mentre non trova momenti eclatanti nella pianificazione di settore. Alla legge Galasso il Piemonte risponde con una legge regionale (n. 20/1989) che definisce i contenuti dei piani paesistici e con una modifica della LUR che consente di attribuire valenza paesaggistica ai Piani Territoriali Regionali e Provinciali e ai Progetti Territoriali Operativi; nel 1997 si approva il Piano Territoriale Regionale con valenza paesistica. I contenuti del PTR sono però piuttosto limitati: una carta di individuazione dei “caratteri territoriali e paesistici” (in scala 1:250.000), nella quale, oltre alle aree protette a vario titolo, sono evidenziati soprattutto il valore agricolo dei suoli e il valore storico-culturale degli insediamenti, e poche indicazioni normative, di carattere conservativo, con attenzione anche al consumo di suolo e al rischio idrogeologico. La Regione, in sostanza, si ritaglia un ruolo di verifica, ma non di indirizzo, atteggiamento confermato anche dalla scarsa produzione di linee guida sui diversi aspetti della 1 disciplina . È facile immaginare l’efficacia di tale impostazione. Il PTR individua aree di approfondimento sulle quali si sarebbero dovuti elaborare piani paesaggistici di
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dettaglio: ad oggi, sono stati approvati solo due piani (sotto la pressione di rischi trasformativi), mentre altri due, riguardanti Siti Unesco, giacciono da anni solo adottati. Si contano invece numerose aree tutelate per decreto immediatamente dopo la Legge Galasso (i cosiddetti “Galassini”, ben ottantatre), gestite quindi in regime di vincolo paesaggistico attraverso la Commissione Beni Culturali e Ambientali. Se si aggiungono le aree tutelate per legge, più del 51% della superficie regionale è sottoposta a tutela paesaggistica, anche a causa della conformazione montuosa – situazione che può spiegare il maggior sforzo amministrativo dedicato alla gestione dei vincoli piuttosto che alla pianificazione. Sul fronte della pianificazione del paesaggio, con l’affermarsi nel corso degli anni di una più diffusa consapevolezza sul tema, si registra invece l’attività delle Province, accomunate dalla volontà di dotare i piani territoriali anche di valenza paesaggistica (con l’esclusione della Provincia di Torino). Gli approcci e i contenuti paesaggistici dei piani provinciali restano tuttavia vari e disomogenei, con una prevalenza dell’approccio ecologico e qualche apertura sul tema delle reti di 2 fruizione . Da registrare, tra il PTR e i PTCP, l’entrata in vigore della direttiva sulla VAS e, a livello regionale, della L.40/1998 “Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e procedure di valutazione”: l’attenzione al paesaggio nei piani passa anche da questa strada, benché l’esame degli indicatori utilizzati mostri la distanza ancora da percorrere.
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
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Figura 1. Vincoli in atto: il 51 % del territorio regionale è soggetto a tutela paesaggistica o ambientale (dagli studi per il nuovo PPR).
La svolta “strategica” del nuovo Piano paesaggistico Nel 2005 la Regione Piemonte ha avviato contemporaneamente la formazione di un Piano 3 Territoriale e di un Piano Paesaggistico ; dunque due strumenti distinti, benché redatti con attenzione alle loro intersezioni, a partire da un comune Quadro Strategico. Entrambi sono stati
adottati nell’estate del 2009 , mentre si discute anche un disegno di legge sul Governo del territorio che rappresenterebbe la prima vera riforma dell’impostazione data dalla legge Astengo. Il nuovo PPR segna un enorme arricchimento del patrimonio conoscitivo riguardante il paesaggio, articolato in aspetti fisici ed ecosistemici, storicoculturali, urbanistici e insediativi, percettivi e identitari. Alcuni temi, infatti, erano assenti nel piano precedente e non coperti dai PTCP; anche la scala è di maggior dettaglio: 1:100.000 per la restituzione cartografica, ma su dati validati in scala 1:25.000. Rispetto al piano precedente è assai più accentuata la parte strategica, che comprende, oltre ad obiettivi e linee d’azione per ciascun ambito, una serie di Progetti e programmi strategici integrati (NdA, Parte VI), la cui attuazione dovrebbe avvenire sia attraverso iniziative a regia regionale, sia attraverso accordi di co-pianificazione ed intese, verticali ed orizzontali. I progetti riguardano: la Rete di valorizzazione ambientale, la Qualificazione dei sistemi peri-urbani, la Salvaguardia attiva dei paesaggi a rischio, la Valorizzazione dei paesaggi identitari. Tra questi sono inclusi progetti già definiti, come il “Progetto Corona Verde” per l’area metropolitana torinese, la candidatura Unesco dei “Paesaggi vitivinicoli tipici del Piemonte” e, in una certa misura, la Rete di valorizzazione ambientale; altri dovranno nascere dall’iniziativa di comuni in forma aggregata o dalla stessa regione, come approfondimento delle linee d’azione indicate. Alla realizzazione della Rete di valorizzazione ambientale è anche dedicato un titolo delle Norme (Parte V, Le reti). Essa è intesa in senso multifunzionale, è una “rete di reti” che comprende la Rete ecologica regionale, la Rete storicoculturale e la Rete di fruizione. Torna dunque la
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cura ad integrare la dimensione ambientale con i valori culturali e paesaggistici del territorio, puntando sulla riconoscibilità e fruibilità delle risorse come strategia per la conservazione attiva.
Figura 2. La Rete di valorizzazione ambientale proposta dal nuovo PPR. Il modello concettuale è la rete multifunzionale, che connette aspetti ecologici, storicoculturali, fruitivi. Essa costituisce una delle parti propositive del piano.
La disciplina di Componenti e beni paesaggistici (Parte IV) sfrutta la possibilità, lasciata dal Codice, di individuare attraverso il piano ulteriori beni tipizzabili oltre a quelli già oggetto di
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La pianificazione del paesaggio in Piemonte e la tradizione dei “beni culturali e ambientali”
provvedimenti ministeriali, ed amplia a 28 le categorie oggetto di specifica disciplina: la disciplina dei beni paesaggistici è quindi definita da quella dei componenti in essa ricadenti, stante la pluralità degli intrecci possibili. La parte normativa riguardante gli Ambiti (parte III) è costituita da schede che indicano obiettivi e linee d’azione; inoltre, i 76 Ambiti sono suddivisi in 553 Unità di Paesaggio, ricondotte a 9 tipologie normative, in base alla loro integrità e rilevanza.
Figura 3. Tavola P.4 “Componenti paesaggistiche”. Si suddividono in: “Componenti e sistemi naturalistici”, “Componenti e sistemi storico-territoriali”, “Componenti e caratteri percettivi”, “Componenti morfologicheinsediative”, “Aree degradate, critiche e con detrazioni visive”. Originale in scala 1:250.000
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Un ruolo per gli enti locali, tra subdelega e incentivi Il piano è elaborato d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, aspetto che consentirà la semplificazione delle procedure di autorizzazione paesaggistica (l’accordo comprende già l’adozione di una scheda semplificata). La Regione, tuttavia, non ha atteso l’adozione del piano per subdelegare ai comuni tale competenza: con un “provvedimento urgente” (L.R. 32/2008) i Comuni sono stati investiti dell’autorità di rilasciare le autorizzazioni paesaggistiche, purché si dotino di una commissione ad hoc ed individuino, all’interno dell’amministrazione, un funzionario responsabile diverso dal responsabile del procedimento edilizio (con una certa forzatura del dettato di legge). Più di milleduecento Comuni, molti montani e di esigue dimensioni (vedi tabella), solo in alcuni casi organizzati in forma associata (ad esempio attraverso la nomina di una commissione unica per Comunità montana): il provvedimento ha suscitato perplessità e proteste sia da parte degli enti locali, sia da parte dei professionisti, preoccupati dalla possibile discrezionalità e dalle differenze tra commissione e commissione, soprattutto in assenza di criteri e linee guida, sia sulla valutazione, sia sulla redazione della Relazione paesaggistica. Gli enti locali sembrano comunque piuttosto attenti al paesaggio, soprattutto in alcune aree a vocazione turistica: il Verbano, ad esempio, ha immediatamente istituito le Commissioni per il paesaggio in ogni comune; nelle colline centrali (Langhe, Monferrato, Roero) si moltiplicano gli studi sui territori locali, anche a supporto della candidatura dei paesaggi vitivinicoli presso l’Unesco; si istituiscono premi e si promuovono
progetti pilota. L’attivismo locale è testimoniato anche La numerosità degli Osservatori del paesaggio nati per iniziativa locale (ben otto, riuniti in un Coordinamento) è un’altra testimonianza di questo attivismo. A livello regionale, invece, non è ancora stato istituito l’Osservatorio del Paesaggio richiesto ai sensi del Codice BCP (art. 133). Una prima bozza delinea competenze che, ancora una volta, sono vicine alla gestione dei beni ambientali. Tra 2008 e 2009 il Settore Pianificazione paesaggistica è stato riunificato con la Pianificazione territoriale, mentre è nato il Settore Gestione e valorizzazione del paesaggio, nascita accompagnata da una legge di dotazione finanziaria: la L.R. 14/2008 “Norme per la valorizzazione del paesaggio”, che istituisce un fondo per incentivare gli interventi di recupero, riqualificazione e valorizzazione della qualità paesaggistica. La L.R. 14/2008 è la prima legge regionale esclusivamente dedicata al tema in oggetto. Essa ribadisce i principî ispirati dalla Convenzione Europea del Paesaggio: “La Regione…riconosce il paesaggio quale componente essenziale del contesto di vita della popolazione e ne preserva i valori culturali e naturali”, “promuove ed attua politiche volte alla valorizzazione, alla pianificazione e alla riqualificazione del paesaggio, nonché concorre alla sua tutela. Verifica inoltre l’incidenza diretta e indiretta sul paesaggio delle attività di governo. La Giunta regionale, in sede di adozione dei provvedimenti, riconosce e dichiara espressamente di aver svolto la verifica di incidenza” (art. 1). Le “Azioni e programma di interventi” (art.2) comprendono la pianificazione paesaggistica, le azioni di comunicazione, sensibilizzazione e formazione, l’elaborazione di
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studi, l’incentivazione dei concorsi e la promozione ed il finanziamento di progetti, benché il budget assegnato faccia prevedere molta meno attività. Sono istituiti un premio ed una Commissione per la salvaguardia del patrimonio paesaggistico (!), per esprimere pareri sul programma. Ancora una volta, la pianificazione non è al centro dell’attenzione, ma è apprezzabile il tentativo di mettere in campo una serie più articolata di strumenti, in sintonia con le politiche suggerite dalla Convenzione Europea.
La lunga strada per responsabilizzazione
l’attuazione
e
la
La situazione, ad oggi, non è brillante. La Regione non sembra avere la forza (forse la volontà) di assumere la regia della pianificazione paesaggistica: se nel passato il PTR si è limitato ad individuare aree di approfondimento (raramente approfondite), seguito a ruota dai PTCP (con lo stesso esito), oggi il controllo delle trasformazioni è affidato ai Comuni, mentre il nuovo piano non è ancora stato approvato. La responsabilizzazione degli enti locali è incentivata anche attraverso le nuove possibilità di finanziamento per progetti mirati alla qualità del paesaggio ed è accentuata dal nuovo PPR, che assume un forte orientamento strategico. Anche nelle norme riguardanti beni e componenti le prescrizioni sono assai ridotte, in favore di indirizzi e direttive che indicano nei piani provinciali e, successivamente, in quelli locali il luogo in cui precisare sia le individuazioni sia, talvolta, gli stessi criteri di delimitazione, sia le indicazioni normative. Il noto meccanismo dell’adeguamento a cascata appare dunque inevitabile, giustificato dal ritenere
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Box. La Regione Piemonte
La pianificazione del paesaggio in Piemonte e la tradizione dei “beni culturali e ambientali”
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Tabella 1. Quadro degli elementi geografici del Piemonte (elaborazione dati ISTAT)
Tabella 2. Quadro della legislazione regionale e dei piani paesistici del Piemonte
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la scala provinciale più vicina ai fenomeni e dal principio di sussidiarietà. Un processo sul quale il PPR potrebbe avere immediate ricadute è quello della valutazione ambientale. “La valutazione ambientale strategica dei piani territoriali e settoriali assume come riferimento quanto definito dal PPR in merito: a. agli obiettivi di sostenibilità, b. agli indicatori individuati, c. agli obiettivi strategici” (art. 6 NdA): la Regione garantisce così uniformità e comparabilità nelle VAS, imponendo l’uso degli stessi indicatori (eventualmente integrati da altri) in tutti i piani; inoltre, rende obbligatoria la verifica di incidenza rispetto agli elementi costitutivi della rete ecologica Anche al di là dell’obbligatorietà del riferimento, ribadito in altri punti della normativa (in particolare con riferimento alla Rete ecologica), Anche in attesa che il riferimento diventi obbligatorio, gli enti locali hanno fin d’ora a disposizione un ingente patrimonio conoscitivo e valutativo, che toglie alibi nell’affrontare le verifiche di compatibilità ambientale e paesaggistica di piani e programmi. Anche la nuova legge regionale sul paesaggio offre nuove possibilità piuttosto che vincoli. Il rischio, noto, di tale impostazione è che i vantaggi ricadano solo sui luoghi già attivi sul tema, senza incidere sugli altri. Fino ad ora, più della pianificazione sembra efficace la crescita di sensibilità, nelle aree dove il paesaggio ha un valore anche economico, ma l’azione locale dovrebbe trovare forme di indirizzo e di controllo più efficaci. Inoltre, l’incentivazione della progettualità (già presente in alcuni programmi regionali) dovrebbe essere accompagnata da linee guida in materia, che sono ancora carenti, se si esclude il tema dell’edilizia 6 storica . La cura del patrimonio storico architettonico e dei centri storici rappresenta un
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
punto di forza della cultura regionale ed è piuttosto pervasiva, anche grazie al ruolo della Soprintendenza regionale, mentre si avverte ancora in pochi luoghi pari attenzione al paesaggio rurale e ai suoi componenti. In ogni caso, mentre la gestione dei vincoli e dei beni culturali e ambientali, come abbiamo visto, ha una tradizione consolidata, è decisamente carente un atteggiamento “paesaggistico” nella pianificazione e progettazione dei nuovi insediamenti. La mole delle conoscenze, degli obblighi di approfondimento e di valutazione, delle norme e linee strategiche messa in campo dal nuovo PPR costringerà, se non altro, ogni ente locale ad affrontare la questione.
Riferimenti bibliografici Peano A., Voghera A. (2008), “La nuova pianificazione paesaggistica”, in Properzi P. (a cura di), Rapporto da territorio 2007, INU Edizioni, Roma. Regione Piemonte, Assessorato ai Beni Ambientali (2002), Criteri e indirizzi per la tutela del paesaggio, a cura di Bianco M., Olivero E., www.regione.piemonte.it/sit/argo menti/pianifica/beniamb/home.htm Regione Piemonte, Assessorato Politiche Territoriali, (2005), Per un nuovo piano territoriale regionale. Documento programmatico, http://www.regione.piemo nte.it/sit/argomenti/pianifica/pubblic/dwd/ptr.pdf Regione Piemonte, Assessorato Politiche Territoriali, (2007), Per il piano paesaggistico regionale, http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/p aesaggio/ppr.htm Regione Piemonte, Assessorato Politiche Territoriali, (2009), Primo Piano Paesaggistico Regionale, http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/p aesaggio/ppr.htm Regione Piemonte, Assessorato Politiche territoriali, Guide per il paesaggio: http://www.regione.piemonte.it/sit/ argomenti/pianifica/pubblic/guide.htm.
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Riferimenti iconografici Figura1: Regione Piemonte, 2005. Figure 2,3,4: Regione Piemonte, 2009.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Fa eccezione il documento “Criteri e indirizzi per la tutela del paesaggio”, a cura di Bianco M., Olivero E., Assessorato ai Beni Ambientali, 2002, www.regione.piemonte.itsit/argomenti/pianifica/beniamb/ home.htm. 2 Balocco V., 2008, “La pianificazione territorialepaesistica in Piemonte alla luce dei recenti sviluppi legislativi in materia di paesaggio”, tesi di Laurea in Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale, relatore C. Cassatella. 3 Il PPR è redatto dalla Regione Piemonte con i contributi e la consulenza del Politecnico di Torino (Dipartimento Interateneo Territorio, Casa-Città, Progettazione Architettonica e Disegno Industriale, coordinamento scientifico generale di Roberto Gambino) e dell’Istituto per le piante da legno e l’ambiente (IPLA). 4 Il PPR è stato adottato con DGR n. 53-11975 del 4 agosto 2009. 5 A cura di Bianca Maria Seardo e Luigi La Riccia. 6
In particolare, la Regione ha elaborato guide per l’intervento o per la pianificazione relative ad ambiti caratterizzati, come le colline centrali, l’Ovest Ticino e per l’intervento sull’edilizia rurale e tradizionale. Cfr.
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fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
La Lombardia: un quadro in trasformazione
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Lombardia Region: A dinamic ramwork
Angela Colucci*
abstract L’ esperienza della regione Lombardia, in materia di pianificazione paesaggistica, si caratterizza per l’alternanza di fasi di accelerazione, che hanno visto l’avvio di numerose esperienze e progetti, e fasi di stasi riconducibili ad una difficoltà di tradurre in strumenti operativi, efficaci e cogenti il complesso degli studi e delle esperienze maturate. Ancora prima della legge Galasso la Regione avvia una fase di politiche, che, pur mirate alla tutela della natura, hanno portato alla tutela ed alla valorizzazione dei paesaggi dei parchi regionali. L’articolo presenta tale percorso sottolineando le principali fasi che hanno portato all’approvazione nel 2001 del Piano Territoriale Paesistico (PTPR, approvato sotto la minaccia del commissariamento) e nel gennaio 2010 del Piano Territoriale Regionale con valenza paesaggistica.
abstract The paper focus on the landscape policies developed in the Lombardia Region. The policies and institutional strategies on landscape safeguard and improvement are summarised from the first laws and plans (’70 years) to the last landscape plan (approved in 2010). The paper stress also on the main difficulties in the landscape policies improvement: the actions implementation, the central role of the safeguard in terms of constrain, the lack of “active” and project of landscape, the difficulty to define a continuity across the different scale … . In the ’90 the polices and instruments were implemented in a uncertainty framework due to the innovation in laws (on environment, landscape and planning) at the national level (new laws) and regional level (new regional laws on planning).
parole chiave paesaggio, regione Lombardia, pianificazione paesaggistica, piano territoriale regionale
key-words Landscape, Lombardia Regional policies, planning
*Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Politecnico di Milano.
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La Lombardia: un quadro in trasformazione
compiti in materia di gestione di alcuni aspetti che oggi rientrano nella interpretazione del paesaggio, come la gestione dei fenomeni di degrado (idrogeologico ad esempio), la tutela dei centri 2 storici, la gestione del territorio agricolo .
1 Dove eravamo? Aspetti normativi, piani ed esperienze pre-codice
1.1 Gli esordi: la Lombardia gioca d’anticipo Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 la regione Lombardia agisce sul paesaggio, attraverso le esperienze dei parchi. In particolare, partendo dalla “tutela della natura”, vengono sviluppate politiche e piani che tendono a una visione complessa dei territori dei parchi e che fanno, o meglio tutelano e valorizzano, paesaggio. Con la legge regionale 58/1973 recante Istituzione delle riserve naturali e protezione della flora spontanea, la Regione introduce i Parchi Regionali e gli strumenti per la loro gestione. Nel 1974, con l’istituzione del Parco Regionale del Ticino, che costituisce il primo caso nazionale di parco regionale, si abbraccia una visione integrata che guarda in direzione di un approccio complessivo alla tutela della “natura” comprensivo degli aspetti 1 della tutela e della gestione del paesaggio . Con la legge regionale 86/1983, Piano generale delle aree regionali protette, la Lombardia integra ed aggiorna le norme in materia di aree naturali esplicitando i contenuti paesistici dei Piani Territoriali di Coordinamento (PTC) dei Parchi. La Legge introduce, infatti, non solo elementi di vincolo ma di progettualità e gestione dei territori a parco prevedendo un efficace coordinamento tra gli strumenti di pianificazione. I Parchi Regionali devono dotarsi di un piano territoriale di coordinamento i cui effetti di piano paesistico coordinato sono poi confermati ed esplicitati (in coerenza con l’art.57 D.Lgs 112/98) con i contenuti paesistici del piano territoriale di coordinamento provinciale.
1.2 Le esperienze di pianificazione paesistica
Figura 1 L’immagine mostra gli ambiti compresi in aree a parco nella regione Lombardia: in scuro le aree tutelate ai sensi dell’art. 1 ter, legge 431/1985 ed in chiaro i Parchi Regionali istituiti. (fonte: PTPR 2001, Tavola l/4 Il perimetro dell’art. 1 ter, legge 431/1985 ed i Parchi istituiti al suo interno ad oggi).
Parallelamente all’avvio delle norme e delle esperienze dei Parchi, la Lombardia si dota, nel 1975 di una legge urbanistica, nel cui titolo viene esplicitamente richiamato il paesaggio. La legge regionale 15 aprile 1975, n. 51, che reca come titolo Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia del patrimonio naturale e paesistico conteneva espliciti riferimenti ed indirizzi in merito a compiti in materia di tutela dei beni paesaggistici (nei tre principali strumenti di pianificazione identificati dalla legge: piano territoriale regionale, piano territoriale di coordinamento comprensoriale e piano regolatore generale comunale). La legge introduceva anche
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A seguito dello stimolo della legge Galasso la Regione Lombardia inizia il lungo percorso per la costruzione del Piano Paesistico Regionale. Tra la fine degli anni ’80 e il 2001, data di approvazione del PTPR, vengono attivati strumenti e politiche differenti: azioni e metodi finalizzati alla costruzione dei quadri conoscitivi e alla lettura dei paesaggi lombardi e, parallelamente, esperienze di pianificazione del paesaggio sotto la regia regionale. Alla luce di tali esperienze emerge la difficoltà da parte della Regione Lombardia di tradurre, pur avendo messo in campo una notevole mole di letture e di esperienze, le risultanze della fase di “lettura-sintesi” del paesaggio in strumenti operativi per gestire tutela e valorizzazione del paesaggio. Di fatto, nel PTPR adottato le cogenze si poggiano ancora prevalentemente su ambiti di tutela della natura, a cui sono affiancati alcuni indirizzi per specifici paesaggi di valore e per i centri storici. Analogamente si sottolinea come le esperienze dei piani paesaggistici avviate in molti ambiti regionali non siano stati tradotti in strumenti operativi e risultino, oggi, enunciati e condivisibili ma non attuati. La Regione Lombardia, sulla scorta della legge 431/85, ha messo in atto il procedimento di
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
pianificazione paesistica del proprio territorio, integrando con la legge regionale n. 57 i contenuti del piano paesistico come definiti dalle leggi nazionali. La fase conoscitiva ed interpretativa del paesaggio regionale ha notevoli pregi (multiscalarità, coinvolgimento di molteplici livelli e soggetti, diffusione, elaborazione di metodi e chiavi di lettura) ma trova maggiori difficoltà sul piano operativo, nelle esperienze dei piani paesaggistici di iniziativa regionale e in quelle provinciali e comunali. La scelta degli ambiti risulta di notevole interesse e innovatività: tra questi non vengono individuati solo ambiti naturalistici o i contesti paesaggistici (come gli ambiti di consolidato valore paesaggistico delle valli montane o dei contesti dei laghi) ma anche ambiti metropolitani e ambiti della pianura padana fortemente antropizzati che presentano criticità dovute a forme di insediamento diffuso (come ad esempio l’ambito del Barco Certosa e naviglio Pavese). Per ciascun ambito vengono redatti i piani paesaggistici che non trovano una effettiva attuazione e diventeranno una sorta di allegato di approfondimento del PTPR. Alcune di queste esperienze trovano oggi attuazione, anche in forme e con strumenti indipendenti rispetto al percorso del piano paesistico regionale (come ad esempio il programma di valorizzazione del sistema dei Navigli Lombardi) . Parallelamente alla costruzione del piano paesistico vengono emanati gli atti finalizzati ad integrare le competenze in materia di pianificazione paesistica e a esplicitare i criteri per la sua attuazione: con la L.R. 18/1997 (art. 12) si riconosce la valenza paesistica al Piano Territoriale di Coordinamento provinciale (fatto salvo quanto disposto dall'art. 5 della L.R. 57/1985 in
materia di parchi) e si introduce la delega in materia ai comuni;
Piani territoriali paesistici di iniziativa regionale: 1 Bormiese - Livignasco (So) 2 Prealpi Orobiche (Co, So, Bg, Bs) 3 Riviera Garda Nord (Bs) 4 Laghi e Morene del Varesotto (Va) 5 Canturini e Brianza Comasca (Co, Mi) 6 Garda Sud, morene e fiume Chiese (Bs, Mn) 7 Barco, Certosa e naviglio Pavese (Pv, Mi) 8 Fiume Oglio, Sebino e Golena del Po (Bg, Bs, Cr, Mn) 9 Oltrepò Montano e Collinare Vogherese e Stradellino (Pv) 10 Area Metropolitana Milanese: (Mi) Milano - Chiaravalle e sistema dei parchi di cintura Milano - San Siro e Sistema dei parchi di cintura 11 Grigne (Co) Figura 2 Gli ambiti per i quali sono stati elaborati i piani paesistici regionali. (Fonte: PTPRP 2001, Tavola l/3 Piani territoriali paesistici di iniziativa regionale effettivamente prodotti - piani d’ambito)
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nel 1997 vengono emanati i Criteri per i contenuti di valenza paesaggistica dei PTC provinciali (la d.g.r. 47670/1999 definisce i criteri di elaborazione). I PTCP devono individuare: le principali classi tipologiche del territorio, ai fini della conservazione dei rispettivi caratteri paesistici fondamentali, le zone di particolare interesse paesistico-ambientale, includendovi le aree assoggettate a vincolo, i criteri per la trasformazione e l'uso del territorio indicando i livelli di tutela (conservazione integrale; tutela limitata a determinate componenti paesistiche; trasformazione congiunta ad interventi di valorizzazione paesistica). Si ricorda come la legge regionale 23/1997 recante Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio, nella sua applicazione ha di fatto vanificato gli indirizzi della legge 18/97 fino al suo blocco (che avviene con la attuazione della legge 12/05) in quanto, sub specie di correzioni ai margini urbani, è stata utilizzata anche per nuove espansioni.
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1.3 Il lungo percorso per la redazione del PTPR 2001 Benché il cammino del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) sia iniziato nella seconda metà degli anni ’80 la prima proposta viene adottata dalla Giunta Regionale nel 1997 e si deve attendere il 2001 per giungere alla approvazione da parte del Consiglio Regionale. Possono essere individuate tre principali fasi di avanzamento del PTPR:
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Fase di ricognizione e definizione dei criteri per la lettura e la descrizione del paesaggio lombardo; La redazione del Progetto di piano territoriale paesistico regionale; L’approvazione del piano paesistico regionale.
Il piano territoriale paesistico regionale si articola in tre sezioni fondamentali: a) sezione conoscitiva, comprendente l’analisi dei caratteri e dei valori paesistici del territorio lombardo e l’individuazione dei conseguenti indirizzi generali per la loro tutela; b) sezione normativa, comprendente la definizione del sistema degli atti di pianificazione e delle regole per il controllo delle trasformazioni e le disposizioni direttamente o indirettamente operanti sul territorio, che tutti i comuni e le province sono tenuti a seguire nella redazione degli strumenti urbanistici e nel rilascio degli atti abilitativi di natura urbanistico-edilizia; c) sezione programmatica, comprendente la definizione delle politiche attive che la Regione Lombardia e gli altri enti preposti alla tutela paesistica e gli enti interessati si impegnano a porre in essere con la specificazione delle relative priorità e risorse. Il PTPR è composto da documenti generali di indirizzo supportati da allegati di lettura dei paesaggi lombardi: la relazione generale è integrata dal Quadro di Riferimento Paesistico regionale, dai documenti I paesaggi della Lombardia: ambiti e caratteri tipologici e L’immagine della Lombardia e da documenti conoscitivi e repertori (come l’Abaco delle principali informazioni di carattere paesistico-ambientale articolato per comuni, il Quadro provinciale dei riferimenti conoscitivi) e da elaborati con contenuti
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dispositivi e di indirizzo (come la normativa e le carte di dettaglio riportanti le aree di vincolo). Il piano si fonda sul concetto che tutto il territorio è paesaggio, e, pertanto, presenta in differente misura elementi paesisticamente significativi che caratterizzano l’ambiente quotidiano e contribuiscono alla qualità di vita delle popolazioni locali. In tale ottica uno dei compiti che la Regione Lombardia assegna alla pianificazione paesistica è quello di stabilire diversi gradi di tutela e di controllo, e definire gli ambiti spaziali ai quali tali diversi gradi si applicano, utilizzando categorie e metri di giudizio pertinenti alle specificità dei territori interessati. La Pianificazione Paesistica persegue tre grandi finalità: la conservazione delle preesistenze e dei relativi contesti (leggibilità, identità ecc.) e la loro tutela nei confronti dei nuovi interventi; la qualità paesaggistica degli interventi di trasformazione del territorio (la costruzione dei “nuovi paesaggi”) e la consapevolezza dei valori e la loro fruizione da parte dei cittadini. La lettura e la descrizione dei paesaggi lombardi La fase ricognitiva e valutativa è affidata alle Province, sulla base di criteri e metodologie definiti da parte della regione, attraverso l’esperienza della costituzione dei Nuclei Operativi Provinciali (competenti per la costruzione dei quadri ricognitivi provinciali). Le provincie sono chiamate a lavorare d’intesa con i Parchi per la lettura e la descrizione del paesaggio. Nel maggio 1988 la regione propone un primo metodo di classificazione impostato su fasce geografiche incrociate con settori tematici. Le fasce geografiche sono: alpina, prealpina, collinare, dell’alta pianura, della bassa pianura, Oltrepò ed i
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settori tematici sono: settore geomorfologico naturalistico (beni geomorfologici, vegetazionali, faunistici), settore dei beni storico-culturali e insediativi e settore del paesaggio agrario. Il documento “Progetto di Piano Territoriale Paesistico Regionale” integra il metodo di lettura del paesaggio inizialmente proposto con l’identificazione di sette tipi di paesaggio a cui sono abbinati "indirizzi generali di tutela". I tipi di paesaggio sono determinati, oltre che dai fattori morfologico-geografici, delle variazioni dovute al mutare brusco o progressivo delle situazioni naturali e antropiche. Alle fasce geografiche precedentemente individuate si aggiunge la categoria dei "paesaggi urbanizzati" Un ultimo aspetto è quello degli "indirizzi particolari" articolati in base ai settori geomorfologico-naturalistico, storico-culturale e del paesaggio agrario. Infine, il PTPR ingloba, gli aspetti conoscitivi ma senza darne una effettiva attuazione, le esperienze di pianificazione paesistica d’ambito. Il PTPR approvato conferma l’impostazione data per la lettura del paesaggio lombardo attraverso gli ambiti geografici e unità tipologiche di paesaggio. I primi si distinguono sia per le componenti morfologiche, sia per le nozioni storico-culturali che li qualificano. Le unità tipologiche di paesaggio nella filosofia del PTPR corrispondono a una omogeneità percettiva, fondata sulla ripetitività dei motivi, un’organicità e un’unità di contenuti. Alla loro identificazione concorrono elementi diversi, alcuni dei quali però assumono significato basilare nella combinazione di fattori naturali e di fattori 3 antropici . Il PTPR contiene, per ciascun ambito di paesaggio una descrizione identificativa, la definizione delle criticità in atto e/o potenziali ed alcuni indirizzi per la tutela e il miglioramento della qualità del
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
paesaggio affiancati (fotografie).
da
repertori
iconografici
Cogenze Da un punto di vista strettamente normativo e giuridico il PTPR (Articolo 15 del PTPR 2001): individua i criteri e gli indirizzi per la pianificazione successiva spettante agli enti locali e individua ambiti unitari da sottoporre a studi più approfonditi; indirizza e fornisce linee guida e criteri paesistici per la pianificazione e la progettazione delle infrastrutture tecnologiche a rete e della viabilità; definisce una procedura sperimentale di esame paesistico degli interventi sul territorio; fornisce disposizioni immediatamente efficaci su ambiti territoriali regionali (individuati nella tavola D e negli abachi). In relazione agli ambiti direttamente disciplinati sono introdotti indirizzi per la tutela degli ambiti di elevata naturalità (articolo 17), per gli ambiti di specifico valore storico-ambientale e di contiguità ai parchi regionali (articolo 18) ed i criteri per l’individuazione e la tutela dei Centri e Nuclei Storici (articolo 19). Il PTPR introduce anche una revisione ed integrazione dei contenuti paesaggistici dei PTCP (articolo 22), che prevede oltre alla ovvia rassegna dei caratteri e dei valori del paesaggio anche l’individuazione e la definizione di indirizzi relativi alla classificazione della viabilità in funzione delle relazioni visuali con il contesto e l’analisi critica dei processi di crescita che hanno interessato il territorio negli ultimi decenni. Il PTPR ha introdotto una procedura di valutazione dei contenuti paesaggistici dei progetti, che sposta
l’attenzione dal solo impianto vincolistico verso una logica di valutazione (e controllo preventivo) della qualità delle trasformazioni diffuse sul territorio. Viene previsto come “in tutto il territorio regionale i progetti che incidono sull’esteriore aspetto dei luoghi e degli edifici sono soggetti a esame sotto il profilo del loro inserimento nel contesto, ivi compresi i piani attuativi, i cui provvedimenti di approvazione, di cui al comma 9 dell’articolo 7 della l.r. 23/1997, devono essere preceduti dall’esame di impatto paesistico (articolo 25)”. Le Linee guida per l'esame paesistico dei progetti (d.g.r. n. 11045, 8 novembre 2002) definiscono i criteri e le metodologie sulla base delle quali, contestualmente all'elaborazione del progetto, il progettista provvede ad una valutazione del progetto. L’esame paesistico prevede tre fasi che devono essere effettuate a cura del professionista (la determinazione della sensibilità paesistica del sito, la determinazione dell’incidenza paesistica del progetto e la determinazione dell’impatto paesistico del progetto). Sulla base dei riscontri emersi dalla terza fase, i progetti il cui impatto superi la soglia di rilevanza sono soggetti a giudizio di impatto paesistico, i progetti devono essere corredati dalla relazione paesistica (da allegarsi alla presentazione della domanda del titolo abilitativo). In tal caso, ai fini del rilascio del titolo abilitativo, il responsabile del procedimento e/o le commissioni paesaggistiche dovranno esprimersi in merito attraverso il giudizio di impatto paesaggistico.
2 Dove siamo? Dal Codice alla Legge per il Governo del Territorio In regione Lombardia l’attuazione del Codice Urbani si sovrappone con l’attuazione della legge di
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governo del territorio (che prevede un radicale mutamento nella pianificazione di livello comunale) e con l’elaborazione e adozione del piano territoriale regionale. Questa concomitanza porta inevitabilmente ad un panorama che sconta un alto livello di incertezza, rispetto al quale risulta importante sottolineare come: la legge 12/05 individui il paesaggio come esplicita competenza (aspetti di valorizzazione e di tutela) degli strumenti di governo di territorio con particolare riferimento allo strumento comunale; vi sia una fase complessa e delicata che deve portare ad un buon livello di coerenza e linearità tra gli strumenti e le procedure introdotti dal Codice Urbani e gli strumenti di tutela paesaggistica introdotti dalla Regione Lombardia (si assiste ad un periodo di sovrapposizione di delibere e adeguamenti di commissioni, esami e procedure paesistiche da cui emerge un panorama non sempre di chiarezza e certezza); con il PTR, e alcuni suoi strumenti attuativi, pur partendo ancora dalla tutela della natura, si assista ancora ad un passo in avanti nel disegno di paesaggio (in particolare, il progetto della Rete ecologica Regionale costituisce uno strumento operativo per il progetto ed il fare paesaggio nel quale sono individuati sia corridoi e connessioni coincidenti con corridoi esistenti di pregio, come i corridoi fluviali, ma anche corridoi sui quali si prevede l’attivazione di progetti di potenziamento e di rinatualizzazione localizzati nella pianura rurale in ambiti di forte artificializzazione e semplificazione ecosistemica e paesaggistica); vengano introdotti alcuni tentativi di strumenti operativi: l’osservatorio del paesaggio, gli
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indirizzi per la riduzione ed il contenimento dei fenomeni di degrado del paesaggio (affrontandolo in una logica dell’operatività del paesaggio diffuso) e le disposizioni per la progettazione delle infrastrutture nel paesaggio e per la tutela del paesaggio dei laghi lombardi.
2.1 Il paesaggio nella legge 12/05 La Regione Lombardia emana la legge 12/05 per il governo del territorio ad un anno dal Codice Urbani. Con la legge 12/05 la Lombardia coglie l’opportunità di integrare il paesaggio nel quadro dei contenuti e delle competenze in materia di governo del territorio perfezionando i contenuti paesaggistici degli strumenti di pianificazione e aggiornati i contenuti dei piani paesaggistici vigenti (PTPR d.g.r. 6447/08 e PTCP d.g.r. 6421/07). La legge 12/05 pone particolare attenzione alla dimensione del paesaggio ed alla sua gestione nella pianificazione comunale (d.g.r. 1681/05 contenuti paesaggistici dei PGT). Il titolo V della legge regionale 12/05 è dedicato ai Beni Paesaggistici, ove si definiscono le competenze e le funzioni degli strumenti e degli Enti Locali in materia di tutela dei beni paesaggistici e viene esplicitato come i limiti alla proprietà derivanti dalle previsioni in materia di tutela paesaggistica non siano oggetto di indennizzo (comma 2, Articolo 77). La legge 12/05 introduce il Piano di Governo del 4 Territorio quale strumento di pianificazione comunale (che viene a sostituire il PRG). Il documento di piano deve esplicitare i criteri di intervento preordinati alla tutela ambientale, paesaggistica, storico-monumentale, ecologica e definire la strategia paesaggistica comunale declinando gli obiettivi generali di tutela in specifici
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obiettivi di qualità paesaggistica. Il piano dei servizi, pur essendo l’atto meno toccato dai contenuti paesaggistici nei documenti regionali, è però l’atto che incide maggiormente sulla costruzione del sistema del verde urbano e di connessione tra città e territorio rurale, sulla costruzione dei corridoi ecologici, e sulla definizione formale e funzionale di spazi ed edifici pubblici. Le Modalità assegnano al piano delle regole il compito di individuare aree, ambiti e immobili che caratterizzano a diverso titolo lo “stato dei luoghi” e di formulare le regole volte a disciplinare le trasformazioni e gli interventi in relazione al loro valore paesaggistico. Il Piano delle regole deve individuare le aree agricole, i nuclei di antica formazione e articolare le parti di territorio urbanizzato in differenti tipologie di Tessuti urbani consolidati (che fortemente si differenziano rispetto alle precedenti zonizzazioni del PRG), definendo poi per questi modalità di trasformazione e di gestione.
2.2 La Carta del Paesaggio e delle Sensibilità Paesaggistiche “La conoscenza paesaggistica attraversa le diverse componenti del territorio, naturali e antropiche, considerandone le specificità proprie e le relazioni che le legano tra loro in modo caratteristico ed unico dal punto di vista fisico-strutturale, storicoculturale, visivo, percettivo-simbolico” [Modalità per la pianificazione comunale, allegato A, Contenuti Paesaggistici del PGT]. Come definito nelle modalità per la pianificazione comunale per carta del paesaggio non si intende un singolo elaborato cartografico, ma un apparato descrittivo e rappresentativo capace di comunicare a tutti i cittadini la struttura del paesaggio locale e la presenza in esso di emergenze e di criticità, esito
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della fase di lettura e di comprensione e descritto attraverso cartografie, testi e repertori. Oltre alla carta del paesaggio, il PGT deve anche contenere, quale elaborato obbligatorio, la carta della sensibilità paesaggistica dei luoghi. Questa carta individua nel territorio comunale gli ambiti, gli elementi e i sistemi a maggiore o minore sensibilità/vulnerabilità dal punto di vista paesaggistico. La carta costituisce la sintesi del percorso di lettura/valutazione del paesaggio e dovrebbe costituire il riferimento normativo per l’individuazione degli ambiti nei quali attivare le procedure dell’esame paesistico dei progetti introdotto dal PTPR. A tal fine la regione “consiglia caldamente”, in coerenza con l’applicazione del PTPR e delle correlate Linee guida per l’esame paesistico dei progetti, di utilizzare nella sua redazione una classificazione omogenea di tutto il territorio comunale organizzata secondo cinque livelli di sensibilità (da sensibilità molto bassa a sensibilità molto elevata).
3 Dove stiamo andando? Transizioni
3.1 Verso il Piano Territoriale Regionale Il percorso di approvazione della proposta di Piano Regionale (approvato dal Consiglio Regionale con deliberazione del 19/01/2010) si intreccia con i decreti di modifica del Codice Urbani, a cui il PTR nella sua componente paesaggistica (Piano del Paesaggio Lombardo) si adegua in fase di redazione/approvazione. Il PTR adottato si articola in cinque parti:
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Documento di Piano: gli obiettivi e le strategie di sviluppo per la Lombardia Piano Paesaggistico: integrazioni e aggiornamento dei contenuti del PTPR 2001 vigente Strumenti Operativi: criteri e linee guida per perseguire gli obiettivi proposti Sezioni Tematiche: Atlante di Lombardia e approfondimenti su temi specifici Valutazione Ambientale: Rapporto Ambientale e altri elaborati prodotti nel percorso di Valutazione Ambientale del Piano. Dei documenti precedentemente elencati il solo Piano del Paesaggio contiene indirizzi cogenti e specifiche prescrizioni (è l’unico documento a cui viene associata una Normativa di Attuazione).
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La Regione, inoltre, ha emanato alcune disposizioni attuative (attraverso deliberazioni di giunta immediatamente vigenti) che costituiscono atti integrativi del PTR. Tra queste ultime, di particolare rilevanza, è l’adozione del documento Rete Ecologica Regionale e programmazione territoriale degli Enti locali (DGR n. 8/8515 del 26 novembre 2008) che si caratterizza per una logica fortemente innovativa: alla componente (più tradizionale) orientata alla tutela dell’esistente, affianca progetti ed indirizzi verso la costruzione di brani di paesaggio (come, ad esempio, nuovi corridoi negli ambiti della pianura agricola) coinvolgendo e responsabilizzando gli enti locali e introducendo soluzioni operative per la realizzazione degli interventi.
3.2 L’ evoluzione del piano paesaggistico regionale Le tappe che hanno portato all’attuale Piano del Paesaggio Lombardo sono: l'approvazione del PTPR nel 2001; l’aggiornamento del piano territoriale paesistico 2001 ovvero l’approvazione degli aggiornamenti e integrazioni al PTPR vigente (con d.g.r. 6447 del 16 gennaio 2008); l’approvazione del PTR e quindi del Piano Paesaggistico quale sezione specifica del PTR (deliberazione del Consiglio Regionale del 19/01/2010) che comprende, oltre agli aggiornamenti di cui al punto precedente, la revisione della disciplina paesaggistica regionale e dei documenti e cartografie correlati. Il Piano del Paesaggio Lombardo (Piano paesaggistico Regionale – PPR 2010, come definito nella normativa) definisce il Quadro di Riferimento Paesaggistico (che è costituito dalle componenti conoscitive e interpretative del PPR) e la nuova disciplina paesaggistica. Costituiscono aggiornamenti ed integrazioni del quadro di riferimento paesaggistico: l’aggiornamento delle parti già vigenti (PTPR 2001) con l’integrazione degli elementi identificativi, dei percorsi di interesse paesaggistico e del quadro delle tutele della natura (con i necessari adeguamenti della Cartografia e dei Repertori); l’introduzione dell’Osservatorio dei paesaggi lombardi, quale integrazione delle descrizioni dei paesaggi di Lombardia e riferimento per il monitoraggio delle future trasformazioni (attualmente l’Osservatorio comprende 35
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punti di monitoraggio che dovranno essere implementati); la descrizione dei principali fenomeni di degrado e compromissione del paesaggio e delle situazioni a rischio di degrado che costituisce un nuovo elaborato del PPR con cartografie. Costituiscono aggiornamenti della disciplina paesaggistica regionale: gli indirizzi relativi alla competenze ed ai contenuti paesaggistici dei piani (PPR, PTCP e PGT) e la definizione dei contenuti paesaggistici dei piani territoriali delle aree protette; la revisione e l’adeguamento/raccordo della disciplina paesistica regionale alla disciplina paesaggistica introdotta dal Codice Urbani e s.m.i.; l’introduzione di disposizioni immediatamente operative e prescrizioni inerenti specifici ambiti oggetto di tutela: come gli ambiti perilacuali (paesaggio dei laghi lombardi) e perifluviali e le linee guida per il corretto inserimento paesaggistico delle infrastrutture della mobilità; l’introduzione della Parte IV degli Indirizzi di Tutela, dedicata alla “Riqualificazione paesaggistica e contenimento dei potenziali fenomeni di degrado”. Il PPR esplicita come i piani provinciali e comunali debbano indagare ed esplicitare i fenomeni di degrado del paesaggio. Il PPR individua categorie di fenomeni di degrado paesaggistico e condizioni di rischio di degrado che devono essere approfondite e declinate a livello locale come ad esempio: calamità naturali o provocate dall’uomo: alluvioni, erosioni, frane, incidenti di impianti industriali;
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processi di urbanizzazione e di infrastrutturazione, di edificazione e di diffusione di pratiche e usi urbani: tendenza alla diffusione e saldatura dell’urbanizzato, frammentazione e dequalificazione aree agricole periurbane, banalizzazione del paesaggio e destrutturazione degli insediamenti, crescente infrastrutturazione, elevata presenza e percepibilità elementi “detrattori” di paesaggio; (…).
La Lombardia: un quadro in trasformazione
Nel PPR vengono esplicitati gli indirizzi per la mitigazione dei fenomeni di degrado. Il sistema di indirizzi (Parte IV “Riqualificazione paesaggistica e contenimento dei potenziali fenomeni di degrado”) è organizzato per le categorie di fenomeni individuati. Per ciascuna categoria sono esplicitati: descrizione del fenomeno, criticità paesaggistiche, indirizzi di riqualificazione degli ambiti già degradati e indirizzi di contenimento e prevenzione dei rischi di degrado.
ambiti di degrado e/o compromessi, per i quali sono definite procedure e rimandi alle competenze degli strumenti di pianificazione (PTCP, PGT e strumenti attuativi) e indirizzi prescrittivi direttamente vigenti a fronte di specifiche situazioni (come ad esempio il divieto di localizzazione di grandi strutture di vendita all’interno dei parchi regionali o dei parchi locali di interesse sovra comunale). Viene poi raccordata la procedura dell’esame paesaggistico alla procedura nazionale dell’autorizzazione paesaggistica. Di fatto negli ambiti e sui beni vincolati ai sensi del Dlgs 42/04 si deve avviare la procedura di autorizzazione paesaggistica come definito da leggi nazionali (e provvedimenti regionali di raccordo sottoscritte con intesa stato/regione), mentre in tutti gli altri casi è sempre da applicarsi la procedura dell’esame paesistico dei progetti come definito dalla parte IV della normativa del PPR (che non subisce sostanziali cambiamenti nei contenuti rispetto alla versione del 2001).
In merito alle disposizioni immediatamente operative, il PPR conferma nella sostanza gli indirizzi di tutela già introdotti (definendo limitazioni alla loro alterazione e/o a specifici usi) per gli ambiti di elevata naturalità, per la rete idrografica naturale e artificiale, per i geositi, per i siti UNESCO, la viabilità storica e per i centri storici. Sono introdotti ex novo o fortemente innovati gli indirizzi prescrittivi relativi alla tutela e alla valorizzazione dei laghi Lombardi (con limitazioni agli usi per ambiti e fasce dei diversi laghi), alla rete verde in raccordo con il progetto della rete ecologica regionale e ai belvedere. Il PPR introduce ex novo la disciplina relativa alla riqualificazione paesaggistica delle aree e degli
Per quanto riguarda il raccordo con la legislazione nazionale, il PPR costituisce “il riferimento per la definizione dello specifico accordo, ai sensi della legge 7 agosto 1990 n. 241, tra Regione Lombardia e Ministero per i Beni e le attività culturali, ai fini dell’individuazione delle modalità tecniche e procedimentali di integrazione e adeguamento processuale della suddetta disciplina in riferimento ai singoli beni di cui agli artt. 136 e 157 del D. Lgs. 42/2004, secondo quanto indicato al comma 3 articolo 156 dello stesso Decreto legislativo” (PPR articolo 16). Il PPR all’articolo 16bis introduce una disciplina transitoria definendo gli indirizzi generali per la tutela dei beni paesaggistici ex articolo 136 del Dlgs 42/2004 in mancanza e fino alla revisione
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dei decreti/dichiarazioni di notevole interesse pubblico (che definiranno, una volta rivisti, specifici indirizzi per la gestione/uso dei singoli beni).
Ad una prima analisi è possibile sottolineare una potenziale incisività di alcuni strumenti operativi introdotti tra il 2004 ed il 2009. Gli strumenti operativi (intendendo con questi la carta del paesaggio comunale, le procedure autorizzative in materia paesaggistica, le linee guida per specifici ambiti e/o per specifiche categorie di interventi) sulla carta costituiscono strumenti potenzialmente efficaci, ma che hanno fatto emergere difficoltà operative nelle prime fasi di implementazione. Basti sottolineare come non siano esplicitate (ed efficaci) le competenze di controllo relative agli strumenti introdotti. Un esempio è dato dalle Linee guida e modalità per la pianificazione comunale, che prevede la redazione della carta del paesaggio e della carta delle sensibilità paesaggistiche del PGT, ma di fatto spesso disattese nella prassi, tanto che molti PGT pur approvati non hanno neppure redatto la carta (e nella disamina della disciplina paesaggistica regionale in effetti non emerge con chiarezza chi sia il soggetto competente per verificare la presenza e la qualità dei contenuti paesaggistici del PGT). Vi è, invece, una conferma della capacità operativa e dell’efficacia di alcuni progetti mirati e specifici come la Rete Ecologica Regionale di pianura. In questo caso si conferma ancora come uno strumento che parte dalla tutela della natura (biodiversità) di fatto sia sulla carta uno strumento di “fare paesaggio” (rimandando a valle della sua attuazione una valutazione della sua effettiva incisività).
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
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Figura 3 schematizzazione temporale dei principali atti di pianificazione e pianificazione paesaggistica in regione Lombardia (elaborazione di A. Colucci)
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Il territorio del parco del Ticino è vasto ed accoglie, oltre all’asta fluviale e le aree di maggior naturalità lungo le sue sponde, anche vasti territori agricoli e parti di territorio urbanizzato, tra cui alcuni centri urbani come Pavia o Vigevano. 2 Il Piano territoriale di coordinamento regionale (Art. 4. lett. d) avrebbe dovuto definire i criteri, le disposizioni ed i vincoli per la tutela del patrimonio naturale, agricolo, forestale, storico, artistico ed ambientale della regione e ne doveva indicare le aree relative. Il Piano territoriale di coordinamento comprensoriale (poi di fatto non attuato, e sostituito dal Piano territoriale di coordinamento provinciale) avrebbe avuto tra le sue competenze specifiche la gestione dei bacini e delle acque e dei piani agricoli zonali, la definizione di criteri e vincoli per la tutela del patrimonio naturale, agricolo, forestale, storico, artistico ed ambientale e l’autorizzazione delle trasformazioni d’uso che ne modifichino la struttura e l’aspetto (lettera f) comma 3 articolo 8). Nella definizione delle competenze della Pianificazione comunale (Art. 13) la legge assegnava ai PRG il compito di esplicitare gli indirizzi per i Centri storici, volti alla tutela di monumenti e dei tessuti dei centri storici (Art. 17) e le prescrizioni per il territorio non urbanizzato (Art. 18). I PRG avrebbero dovuto individuare oltre ai i beni paesistici e naturali, le caratteristiche idrogeologiche e l'assetto colturale ed agricolo-produttivo del territorio comunale nonché le aree di tutela dei beni paesaggistici. 3 Si riportano alcuni esempi dei caratteri tipologici del paesaggio individuati. Per la Fascia alpina: I. Paesaggi delle energie di rilievo, II. Paesaggi delle valli e dei versanti, e per i Paesaggi urbanizzati: XV. Poli urbani ad alta densità insediativa, XVI. Aree urbane delle frange periferiche, XVII. Urbanizzazione diffusa a bassa densità insediativa. 4 Il PGT si articola in tre atti Documento di Piano, Piano dei Servizi e Piano delle Regole: in relazione al ruolo dei tre atti la legge 12/05 ed il documento Modalità per la pianificazione comunale ne esplicita i contenuti paesaggistici. Quest’ultimo, in particolare, definisce la
La Lombardia: un quadro in trasformazione
metodologia per la redazione ed i contenuti della carta del paesaggio e della carta delle sensibilità paesaggistiche che i PGT devono elaborare e che dovrebbero costituire il riferimento per la costruzione delle scelte di Piano e per la gestione delle trasformazioni.
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Verso un nuovo paesaggio per il Veneto. Concezioni e idee in transizione
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Towards a new landscape in Veneto. Conceptions and ideas in transition
Giulia Tettamanzi*
abstract L’attenzione per il paesaggio nella pianificazione della regione Veneto segue l’evoluzione del concetto stesso. La prima legge urbanistica e il primo PTRC hanno reso possibile, attraverso gli strumenti preziosi dei Piani d’Area, di consegnare alle generazioni contemporanee un patrimonio inestimabile di paesaggi naturali. I nuovi strumenti di pianificazione e di conoscenza, il nuovo PTRC, l’Atlante dei Paesaggi, e la legge urbanistica regionale, coevi alla revisione del Codice Urbani, nel suo recepimento della Convenzione Europea del Paesaggio, hanno il compito di rendere il paesaggio, in tutte le sue eccezioni, componenti e manifestazioni, protagonista e attore nella pianificazione, fornendo strumenti concreti di conoscenza, di dialogo tra livelli amministrativi e di governo del territorio differenti.
abstract Landscape attention in regional planning in Veneto Follows the concept evolution. The first regional planning law and the first Regional Plan gave special attention, with important instruments called “Piani d’Area”, to natural sites and area. So today the Veneto region has many important Natural parks. The new law and the new PTRC grew at the same time with the Codice Urbani, that take in the European Landscape Convention. So their principal aim is keep landscape in the centre of urban planning, trying to give concrete instruments to understand landscape structural elements, and to promote relations between different level of planning.
parole chiave Regione Veneto; Piano territoriale regionale, Piano paesistico, Codice urbani.
key-words Veneto, Regional planning, Landscape planning, Codice Urbani.
* Politecnico di Milano.
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Dove eravamo? Esperienze pre-Codice Urbani La prima legge urbanistica della regione Veneto (L.R. 61/85) e il primo Piano territoriale di coordinamento regionale (adottato nel 1992) cedono il passo ai rispettivi successori in una congiuntura temporale delicata e di transizione per la discipline urbanistica e del paesaggio. La legge regionale n. 11 del 23 aprile del 2004 riguarda le “Norme per il governo del territorio” e risulta essere praticamente coetanea del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs n. 42 del 22 Gennaio 2004). Il PTCR, la cui redazione inizia nel medesimo anno con la predisposizione del documento “Fondamenti del buon governo del territorio – Carta di Asiago 2004”, arriva ad adozione il 17 febbraio del 2009, intercettando la revisione del marzo 2008 del Codice Urbani. Il codice Urbani, con le successive integrazioni, è infatti fondamentale per l’interpretazione del ruolo e delle competenze di strumenti e soggetti coinvolti nella tutela e valorizzazione del paesaggio. La questione paesaggistica, a livello regionale, è relativamente recente, risale al 1973 e attraversa essenzialmente tre fasi corrispondenti a diversi contesti legislativo-culturali: prima della legge Glasso, dalla legge Galasso al Codice Urbani, dopo il Codice Urbani. Nel 1972, con il DPR n. 8 del 15 gennaio1, vennero trasferite alle regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative statali in diverse materie, e in particolare, le competenze in ordine all’approvazione dei piani territoriali. I piani territoriali paesistici non rientrarono nelle deleghe, riguardanti la materia urbanistica, continuando a fare riferimento agli strumenti di applicazione discrezionale, volti alla protezione delle bellezze
Verso un nuovo paesaggio per il Veneto. Concezioni e idee in transizione
naturali d’insieme, previsti all’art. 5 della legge n. 1497 del 1939. La necessità dello stretto rapporto tra le due discipline pianificatorie è sancito con la legge regionale n. 27/1973, che, con l’articolo 3, stabilì che nel Piano Territoriale Regionale di Coordinamento2 fossero “individuate le vaste località di cui all’art. 5 della legge n. 1497/19393, ai fini della formazione di piani territoriali paesistici, aventi il contenuto di cui all’art. 23 del R.D. 3 giugno 1940, n. 13574. ”5. Tuttavia, nonostante fino dal 1973 la normativa regionale contemplasse le linee fondamentali per la pianificazione paesistica6, queste rimasero inattese per più di dieci anni, ovvero fintanto che la legge Galasso, nel 1985, non impose alle regioni di dettare specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale per il proprio territorio, fatto che, nella sua interpretazione attuativa, si esplicitò mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico - territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici. Il Veneto rispose adeguando in itinere le caratteristiche del redigendo primo Piano territoriale regionale di coordinamento, adottato il 23 Dicembre del 1986. La regione, con un apposito provvedimento (L.R. n. 9/1986), introdusse nella legge urbanistica regionale n. 61 del 1985 un nuovo articolo, il n. 124, relativo alla “valenza paesistica del primo PTRC”, che definitivamente approvato nel dicembre del 1991, è tuttora vigente. L’attenzione al paesaggio, espressa con il conferimento della valenza paesistica al primo PTRC, era anticipata nella legge urbanistica regionale n. 61/85, che prevedeva, tra gli strumenti di pianificazione, il Piano d’Area (art. 3, co. 1a), inteso come articolazione del processo di
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uso e di tutela del territorio regionale, volto ad approfondire o ad anticipare il PTRC (art. 125) sugli ambiti territoriali individuati con legge Galasso, su questioni connesse alla pianificazione dei valori paesistico-ambientali, riprendendo il concetto delle “vaste località” introdotte nel 1939 e riproposte nel 1973. I piani d’Area tutt’ora vigenti sono diciotto, sono strumenti di specificazione del PTRC, parti integranti dello stesso, come specificato dall’art. 48 della nuova legge in materia di Governo del territorio, L.R. 11/04, e la quasi totalità di questi fa riferimento ad aree a forte valenza naturalisticoambientale, parchi naturali nazionali e regionali. L’esteso ricorso ai Piani d’Area costituisce un’esperienza unica a livello nazionale per quanto concerne la quantità, la significatività degli ambiti oggetto d’intervento ed i contenuti prevalentemente attinenti alla sfera naturalisticoambientale. Il primo PTRC e i Piani d’Area hanno introdotto in Veneto la protezione ambientale, i parchi e i vincoli imposti dalla legge Galasso, ovvero un sistema di tutela paesaggistica incentrata maggiormente sulle risorse naturali, imponendo un regime severo e rigoroso sui beni ambientali e meno regolato sul rimanente territorio. Più di vent’anni dopo, la nuova legge urbanistica e il nuovo PTRC si trovano in un contesto profondamente cambiato, frutto anche delle conseguenze degli strumenti predecessori. Lo scrupoloso regime di tutela attuato dai piani ha preservato il ricco patrimonio naturalistico (15% del territorio regionale) dall’aggressione antropica; tale regime non ha però risparmiato il resto della regione, in cui il modello policentrico fa i conti con l’esaurimento fisico del territorio, enfatizzando lo scempio paesaggistico causato dal consumo di suolo. Il contesto è mutato ed in evoluzione, non solo dal punto di vista fisico e sociale, ma anche
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dal punto di vista normativo. All’atto della promulgazione della nuova legge per il Governo del Territorio, L.R. 11/04, i riferimenti legislativi statali, concernenti le funzioni e i compiti amministrativi in materia di territorio e ambiente e quelli inerenti la tutela e la gestione del paesaggio, erano costituiti rispettivamente dai decreti legislativi nn. 112 del 1998 e 490 del 1999. Occorre sottolineare che il DLgs 112/98, pur non discostandosi dall’ampia nozione della materia paesistica definita dal DPR 616/77, introduce all’articolo 148 le definizioni di beni culturali e beni ambientali. I primi si compongono essenzialmente del patrimonio storico, artistico e monumentale, archeologico e dei beni che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà; i beni ambientali invece sono “quelli individuati in base alla legge quale testimonianza significativa dell’ambiente nei suoi valori naturali o culturali.”. Successivamente la riforma normativa sui beni culturali e ambientali, confluita nel Testo Unico approvato con il DLgs 490/99, nonostante avesse inserito al Titolo II i "beni paesaggistici e ambientali", nel definire gli oggetti da sottoporre a tutela, accomuna sotto la sola locuzione di “beni ambientali”, sia quelli sottoposti a vincolo ai sensi della legge n. 1497/39, sia le aree individuate ex lege dalla legge n. 431/85. È importante ricordare, infine, che nel 2001 la legge costituzionale n. 3 ha modificato il Titolo V della parte seconda della Costituzione, attribuendo allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, ed assegnando alle regioni le materie di competenza concorrente del governo del territorio, della valorizzazione dei beni culturali e ambientali, cella promozione e organizzazione di attività culturali, e tralasciando il paesaggio.
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Figura 1. Piani d’Area della Regione Veneto.
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Dove stiamo andando? ll paesaggio tra il Codice dei beni culturali e del paesaggio e la Legge urbanistica regionale La riforma urbanistica nella Regione Veneto coincide temporalmente con la fase di ridisegno in forma unitaria della disciplina afferente ai beni culturali. Le finalità del Codice mirano principalmente alla risoluzione dei conflitti istituzionali emersi a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione ed alla definizione chiara delle competenze legislative nella tutela, gestione, valorizzazione, promozione del patrimonio culturale. Parallelamente assumono un nuovo e rilevante ruolo elementi di attenzione rispetto al sistema di pianificazione del paesaggio. L’emanazione del nuovo Codice per i beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) precede solo di qualche mese la promulgazione della nuova legge urbanistica del Veneto, e tale parallelismo temporale ha impedito che il testo normativo regionale potesse ispirarsi integralmente, a livello contenutistico e procedurale, a quello statale (non introducendo ad esempio la forma linguistica di “beni paesaggistici” rispetto alla tradizionale locuzione di “beni ambientali”, oppure precisando i contenuti paesaggistici degli strumenti urbanistici, o proponendo una legge specifica in materia di paesaggio). La legge regionale del Veneto n. 11 del 23 aprile del 2004 ha tuttavia tenuto ampiamente conto del Codice, essendo il decreto legislativo n. 42 del gennaio del 2004 ed ispirandosi, in generale, ai principi della precedente Convenzione Europea del Paesaggio, che sebbene sia stata ratificata solo con la successiva legge n. 14 del 19 gennaio del 2006,
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era ben nota, essendo stata sottoscritta a Firenze il 20 Ottobre del 2000. Tuttavia, nonostante gli elementi di continuità, è necessaria una verifica volta a determinare le ricadute del Codice sulla legge regionale n. 11 del 2004, analogamente a quanto fu già affrontato in passato, quando la neonata legge urbanistica regionale n. 61/985 dovette essere adeguata alle disposizioni dettate dalla legge Galasso dello stesso anno. Il percorso di riassetto della materia urbanistica nel Veneto ha coinciso, inoltre, anche con l’avvio del processo di aggiornamento del Piano territoriale regionale di coordinamento, individuato della legge urbanistica del 1985 come primo livello dei piani urbanistici e la cui valenza paesistica è sancita dall’articolo 124 della stessa legge. La valenza paesistica, confermata in via definitiva dalla legge regionale n. 11/2004, e, tenuto conto di quanto previsto dal Codice Urbani, meglio articolata nella disciplina e nei contenuti (artt. 24 e 25), assume un ruolo specifico e primario nel percorso pianificatorio della regione Veneto, fatto il bilancio degli effetti dei precedenti strumenti. Nel prosieguo dell’elaborazione del nuovo Piano Territoriale di Coordinamento Regionale, il paesaggio ed i beni paesaggistici (nel senso dato dal Codice) assumono un ruolo sempre di maggior rilievo, avendo come obiettivo prioritario, specificato dal Programma di Sviluppo Regionale, “la tutela e la valorizzazione dei valori paesaggistici ed ambientali presenti nel territorio regionale, il superamento dell’attuale sistema vincolistico, la promozione di una nuova sensibilità verso le politiche dell’ambiente e del paesaggio che indirizzino la pianificazione verso criteri paesaggistico-ambientali di rispetto e non esclusivamente delle aree oggetto di vincolo”7.
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Per quanto riguarda le definizioni, nel testo regionale non si parla ancora di patrimonio culturale, locuzione unica sotto la quale il Codice comprende le due categorie di beni culturali e i beni paesaggistici, decretando il superamento della concezione essenzialmente estetizzante o ambientale di paesaggio, declinata rispettivamente dalle leggi 1497/1939 e 431/1985. Viene così reso inscindibile il rapporto tra beni culturali e paesaggio rispettando il dettato dell’art. 9 della Costituzione8. Altrettanto importante, sotto il profilo delle definizioni, è il mutamento dei contenuti e delle finalità che il Codice, nella versione del 2004, delinea per gli istituti della tutela e della valorizzazione: orientando la prima “in termini di principio verso un’accezione più circostanziata e tipizzata” e lasciando “ogni altra funzione, a cominciare dalla valorizzazione, espressamente e inequivocabilmente subordinata”9, anche per il fatto che la tutela è materia di esclusiva competenza statale, mentre la seconda è di legislazione concorrente. Aldilà delle differenze lessicali, conseguenti più che altro a un problema di coerenza temporale delle norme, è nelle modalità d’attuazione dei recenti principi normativi, statali e regionali, dove si rinvengono, invece, alcune analogie, in particolare per quanto concerne la gestione dei processi di trasformazione territoriale. Entrambi pongono la pianificazione come cardine della normativa d’uso del territorio. Nel Codice la pianificazione paesaggistica costituisce il fondamento di qualsiasi iniziativa pubblica che abbia come oggetto il territorio inteso nella sua integralità e globalità: “La centralità assunta dalla pianificazione e la concezione estensiva ed integrata del paesaggio consentono di
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superare la limitatezza delle disposizioni volte a tutelare sia singoli oggetti che determinate porzioni di territorio.”10. Sotto questo profilo tutto il territorio può considerarsi paesaggio, così come viene definito dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Il piano paesaggistico, la cui estensione è resa obbligatoria all’intero territorio regionale, costituisce quindi lo strumento per l’individuazione dei beni paesaggistici e per il riconoscimento delle diversità e qualità dei valori culturali e naturali. La costruzione del piano passa attraverso una sequenza di fasi che il legislatore ha ben dettagliato. La scansione proposta prevede dapprima la suddivisione del territorio in ambiti omogenei, da graduare in rapporto al diverso livello di valore paesaggistico funzionale al grado di rilevanza e integrità, successivamente l’attribuzione ad ogni ambito riconosciuto dei corrispondenti obiettivi di qualità paesaggistica. Tale procedura è valida sia per i piani paesaggistici che per quelli urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi ammessi dal Codice e denominati univocamente piani paesaggistici (art. 135). Il Codice sembrerebbe dunque ammettere due possibili scenari legislativi, a “piano unico” (un piano urbanistico con valenza paesaggistica) e a “doppio piano” (un piano urbanistico e un piano paesaggistico). La nuova “legge urbanistica” del Veneto, analogamente alla previgente L.R. 61/85, prevede che il governo del territorio venga attuato attraverso un insieme di strumenti tra i quali il PTRC, nella cui configurazione è possibile cogliere un esplicito richiamo, come già sottolineato, alla pianificazione paesistica ed alla valenza ambientale (art. 3 co. 611).
Appare evidente come in tal modo venga riaffermata la valenza “ambientale - “paesistica”, secondo la dizione del Codice Urbani 2004- del PTRC, e che la regione Veneto opti per un percorso che dovrebbe condurre ad unico piano territoriale, piuttosto che a due strumenti separati, come si dichiarerà poi esplicitamente nella relazione illustrativa del PTRC (adozione 2009), che riporta l’indicazione “verso un piano territoriale con valenza paesaggistica”12, e come conferma l’art. 24, relativo ai contenuti che non possono mancare al PTRC. In particolare al comma 1, lettera c), vengono espresse le indicazioni che il PTRC deve contenere “per la conservazione dei beni culturali, architettonici e archeologici, nonché per la tutela delle identità storico-culturali dei luoghi, disciplinando le forme di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio in funzione del livello di integrità e rilevanza dei valori paesistici”. Nonostante nell’impianto della L.R. 11/04 l’approccio alla materia paesistica segua il tradizionale dettato, mutuato dal DLgs 490/99, in vigore al momento dell’approvazione della legge, che attribuisce altresì valenza ambientale al PTRC, l’art. 24 introduce un elemento di novità che si discosta dalla prassi delle normative in vigore, ovvero viene inserita una fase di valutazione dei caratteri paesistici del territorio regionale. La locuzione “in funzione del livello d’integrità e rilevanza dei valori paesistici”13 fa riferimento ad una pratica valutativa nei confronti del paesaggio, ed assume un peso ragguardevole, poiché inserisce nella prassi pianificatoria regionale uno dei contenuti innovativi attribuiti al piano paesaggistico dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. Frutto e conseguenza di questo percorso di revisione di strumenti è stata l’adozione (DGR 7
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agosto 2007, n. 2587) del “Documento Preliminare al Piano Territoriale Regionale di coordinamento”, che, sottoposto ad un’ampia partecipazione e concertazione, avrebbe dovuto portare nell’adozione del piano con valenza paesistica, se non fosse intervenuto nel 2008, i decreti legislativi correttivi n. 62 e n. 63 del 26 marzo 2008, che, modificando le originarie previsioni del Codice Urbani ed in particolare gli articoli 135, 143 e 156, hanno introdotto per le Regioni l’obbligo di pianificazione congiunta con il ministero per quanto riguarda i beni paesaggistici specificati all’articolo 143, comma 1, lettere b,c,d. Il “Protocollo di intesa” siglato il 9 settembre 2008 tra Regione Veneto e Ministero, pur concordando sulla “necessità di pervenire alla sollecita stipula dell’intesa” propedeutica alla redazione del piano paesaggistico previsto dal codice, non ha portato risultati immediati, per cui la Giunta Regionale ha provveduto comunque ad adottare il PTRC (DGR del 17 febbraio 2009, n. 372) come strumento generale di pianificazione urbanistica con specifica considerazione dei valori paesaggistici, sebbene, il pianificatore stesso dichiari che il PTRC “resta incompleto” e “in questa fase non assume ancora la valenza propria di un piano paesaggistico nel significato giuridico attributo a questa espressione dal Codice Urbani”14, ovvero di unico strumento legislativo che pone vincoli. Si applicano comunque le misure di salvaguardia, secondo le modalità della legge 3 novembre 1952, n. 1902, dalla data dell’adozione e per un periodo massimo di tre anni, o di cinque anni nel caso in cui lo strumento urbanistico sia stato trasmesso per l’approvazione entro un anno dall’adozione. Infatti, se da un lato assume una grande e positiva rilevanza il corposo lavoro effettuato per la redazione l’Atlante ricognitivo degli ambiti di
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paesaggio, parte integrante del Piano adottato che costituisce realmente la “prima ricognizione finalizzata alla predisposizione del piano paesaggistico da attuare d’intesa con i Ministeri competenti” e che definisce “il quadro di riferimento per la conoscenza dei caratteri del paesaggio veneto e dei processi di trasformazione che lo interessano”15, dall’altro si specifica che “i perimetri degli ambiti di paesaggio individuati dal PTRC hanno valore indicativo e non costituiscono vincolo”, in attesa, appunto, come si legge nel prologo del PTRC adottato, dell’“ulteriore lavoro da svolgere, per costruire un piano paesaggistico unico, statale, e regionale, per tutto il Veneto, per integrarlo nel PTRC, in modo da fare di quest’ultimo una sintesi, un piano allo stesso tempo territoriale e paesaggistico”. A questo proposito nel 2009 si è proceduto alla stesura di un protocollo di intesa di cui si sottolinea come il Ministero per i Beni e le Attività Culturali esprima giudizio positivo sull’operato della regione in tema di pianificazione territoriale-paesaggistica, avendo questa svolto “una significativa attività di analisi e di pianificazione riconducibile all’obiettivo di salvaguardare ambiti di particolare rilievo sotto il profilo naturalistico, storico, ambientale e paesaggistico, individuabili in via prioritaria in tutti i Piani di Area” (preambolo). I Piani d’area, previsti dalla precedente legge urbanistica, non sono stati reintegrati come strumento di pianificazione nell’attuale legge 11/2004 (art. 48 co. 2), ma, in alcuni ultimi casi, essendo stati orientati in via sperimentale all’individuazione e all’analisi dell’attività edilizia e urbanistica in coerenza con il Codice, sono premesse considerevoli per una base di partenza condivisa, al fine di un’elaborazione congiunta del piano, sebbene sia preponderante la
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parte relativa alla sfera descrittiva più che prescrittiva. Inoltre con l’entrata in vigore del nuovo Codice è diventata urgente la necessità di disciplinare le competenze in materia di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Attualmente la funzione di rilascio di autorizzazione è regolamentata della legge regionale n. 63/1994, ed esiste un progetto di legge (PDL n. 357 presentato il 18/09/2008: Disciplina delle competenze in materia di paesaggio in attuazione al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio" e successive modificazioni e integrazioni) con l’obiettivo, appunto, di disciplinare il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. L’articolo 31 della legge regionale 12 gennaio 2009, n. 1 conferma sino al 31 dicembre 2009 le funzioni amministrative previste dalla legge Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 in materia di autorizzazione paesaggistica (Bur n. 6 del 16/01/2009, Legge N. 1 del 12 gennaio 2009 - Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2009)16. Inoltre il PTRC nelle norme tecniche, art. 72, specifica che i Piani d’Area approvati, divenuti parti integranti del PTRC, e in alcuni casi anche i piani urbanistici locali (PAT) possano anticipare indicazioni paesaggistiche in attesa della disciplina paesaggistica.
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Il paesaggio nel nuovo PTRC Sullo sfondo del processo di riforma della legislazione statale e regionale ha preso avvio l’iter di revisione del primo e tuttora vigente PTRC. Il percorso avviato nel 2004, con la Carta di Asiago e la predisposizione del Documento programmatico preliminare (ai sensi del c. 5, art. 3, L.R. 11/04), è proseguito con l’elaborazione nel 2005 di un ulteriore documento “Questioni e lineamenti di progetto”, nel quale si legge ancor una volta un’attenzione di tutto rilievo per la questione del paesaggio, considerato nella nuova accezione indicata dal Codice ed assunto come elemento portante nella costruzione dei lineamenti dello sviluppo territoriale futuro. In quest’ottica tale approccio viene ulteriormente rafforzato dalla espressa valenza paesaggistica attribuita al piano. In tali di documenti di predisposizione del piano si legge chiaramente, quantomeno, la volontà di fare un passo avanti rispetto al precedente piano, andando oltre, senza rinnegarla, alla vocazione naturalistico-ambientale che ha caratterizzato la pianificazione paesistica del Veneto fino ad oggi, per considerare il paesaggio nella sua accezione olistica, sostenuta dal Codice Urbani e, ovviamente, dalla Convenzione Europea. La metodologia utilizzata per la definizione dei contenuti paesaggistici del nuovo PTRC segue le disposizioni indicate dall’art. 143 del DLgs 42/2004 che detta le linee ed i principi per la formazione del piano. Il percorso prende avvio dalla conoscenza del territorio ed affronta unitariamente più tematiche, superando in tal modo una metodologia settoriale che concepiva il paesaggio come la somma di singole entità a sé stanti. Ciò ha comportato sia un nuovo metodo di lettura dei paesaggi, che una nuova concezione degli strumenti di pianificazione e governo del territorio.
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Gli indicatori considerati, al fine di comporre il quadro conoscitivo, sono stati applicati all’intero territorio regionale ed hanno tenuto conto dei caratteri fisico-ambientale, percettivo-morfologico, storico-culturale, geografico-paesaggistico, insediativo-infrastrutturale e delle loro interrelazioni. Ad essi è stato aggiunto l’insieme delle conoscenze relative ai rischi, dissesti e degradi che hanno portato alla determinazione del livello di fragilità e vulnerabilità delle risorse paesaggistiche, al fine appunto di considerare nel progetto di paesaggio anche i paesaggi degradati.
Figura 2. Percorso metodologico per la definizione della disciplina paesaggistica (PTRC Documento Preliminare Piano Paesaggistico Territoriale).
L’insieme delle ricerche, dei rilevamenti e delle analisi ha dato esito ad un sistema di “sintesi descrittivo-interpretative” della struttura del paesaggio, le quali costituiscono la prima ed imprescindibile base alla costruzione delle iniziali ipotesi progettuali, e il punto di partenza per passare da un piano solamente descrittivo ad un
livello prescrittivo, che possa quindi tradursi in elementi di progettualità. Si tratta di un complesso di conoscenze, da assumere unitamente alle questioni insediative, all’assetto socio-economico, infrastrutturale, che trovano la loro integrazione nello strumento di pianificazione ad un tempo urbanistico-territoriale e paesaggistico. A questo processo di sintesi corrisponde la tavola degli Ambiti strutturali di paesaggio che rappresenta il raccordo tra la fase descrittivainterpretativa e quella valutativa, preliminare alla definizione degli ambiti omogenei e a come intervenire, che si fonda sui criteri di rilevanza e integrità secondo quanto previsto dal D. Lgs. 42/2004 e sue successive integrazioni. La fase successiva alla definizione di ambiti presuppone un’interpretazione critica degli elementi che compongono il paesaggio di quest’ultimi. Il processo valutativo avviene attraverso il riconoscimento del livello d’integrità e rilevanza e in funzione dei valori paesaggistici, sulla base dei quali la pianificazione regionale andrà successivamente a disciplinare le forme di tutela, valorizzazione e riqualificazione. Si tratta di attribuire dei valori alle singole risorse paesaggistiche, alle loro stratificazioni e combinazioni per definirne gli elementi di qualità e/o criticità. Per Rilevanza si è inteso l’importanza dei valori paesaggistici, e si può distinguere in Rilevanza espressa - Re (valutazione delle condizioni di stato dei caratteri strutturali che determinano i “valori paesaggistici”; è relativa agli obiettivi generali di qualità espressi dalla concezione di paesaggio), e Rilevanza latente – Rl (valutazione dei “valori paesaggistici” sviluppabili in ragione dei caratteri
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strutturali relativi agli obiettivi generali di qualità espressi dalla concezione di paesaggio). Integrità indica la prossimità a condizioni qualiquantitative di equilibrio, alle quali è riferibile l’espressione di caratteristiche positive di rilevanza (valutazione dipendente dalla rilevanza attribuita e pertanto dagli obiettivi generali di qualità espressi dalla concezione di paesaggio). L’identificazione della rilevanza viene espressa attraverso la lettura dei caratteri naturalistici e storici del paesaggio, mentre l’integrità viene definita attraverso l’esame degli aspetti relativi alla criticità potenziale ed alla frammentazione paesaggistica. A tal fine vengono identificati i diversi ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio a quelli compromessi o degradati. Gli ambiti, strumento di rappresentazione olistica del paesaggio, sono caratterizzati da sistemi di relazioni ecologiche, percettive, storiche, culturali e funzionali tra componenti eterogenee che conferiscono loro un’immagine e un’identità distinta e riconoscibile. Agli ambiti individuati vengono attribuiti, in base all’art. 143 co. 2 del DLgs 42/2004, obiettivi di qualità paesaggistica volti a precisare gli esiti a cui saranno finalizzate le politiche e le scelte strategiche del piano, in relazione alla tipologia, rilevanza e integrità dei valori paesaggistici. L’apparato normativo, che dovrà essere predisposto al termine delle diverse fasi del progetto, è finalizzato alla definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio, limitando le funzioni possibili, le altezze, per esempio. Agli obiettivi individuati sono associati degli indirizzi di qualità paesaggistica, che hanno la funzione di proporre strategie e azioni per il raggiungimento
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degli obiettivi stessi. Gli obiettivi, che si configurano come formulazioni di intenti piuttosto generali, sono relativi alla salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi “eccezionali, ordinari e degradati, geologici e geomorfologici, fluviali, lacustri, lagunari, di risorgiva, di area umida; agrari, agropastorali e forestali, urbani, industriali, delle infrastrutture”. Gli obiettivi sono inoltre relativi al governo dei processi di urbanizzazione e di abbandono ed infine alla conservazione della cultura materiale e alla salvaguardia dei paesaggi “immateriali”, intesi come l’insieme delle “storie dei luoghi” e delle espressioni culturali minori (carnevali, feste paesane, riti religiosi, rogazioni, espressioni musicali ed artistiche, mestieri tradizionali), nonché alla consapevolezza delle popolazioni nei confronti dei valori e delle criticità del paesaggio e delle conseguenze dei comportamenti collettivi e individuali sul paesaggio stesso. Ricco e approfondito dunque appare il lavoro approntato per la predisposizione del Quadro conoscitivo, come anche di grande rilevanza è la redazione dell’Atlante ricognitivo degli ambiti di Paesaggio, premessa consistente alla volontà della valenza paesaggistica del Piano. Volontà e obiettivi di conservazione e valorizzazione del paesaggio che appaiono chiare e documentate nei documenti di analisi e di intenti, ma che risultano meno incisive nella parte delle norme tecniche del piano adottato e che assumono un livello basso di prescrizioni, in favore più della limitazione di certi interventi, che del divieto, come si legge nell’articolo 10, relativo alle zone ad utilizzazione agricola, in cui si garantisce “l’eventuale espansione della residenza” e si limitano “attività in contrasto con gli obiettivi di
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conservazione delle attività agricole e del paesaggio agrario”. Accanto a questa forbice di intenti e norme che si riscontra nel piano, si sottolinea l’introduzione, ad opera della recente legislazione, di altri strumenti che coinvolgono in modo più o meno diretto il paesaggio: progetti strategici e piani paesaggistici. I progetti strategici regionali sono introdotti all’art. 26 della L.R. 11/04 e, analogamente ai Piani d’Area della precedente legge urbanistica regionale, sono strumenti di specificazione del PTRC atti a definire opere ed interventi di particolare rilevanza per parti significative del territorio, mediante accordo di programma. Il PTRC rispecchia una concezione che articola più strumenti alle varie scale e, complessivamente, propone un approccio strutturale e un approccio strategico. Il primo è basato sul quadro conoscitivo, definisce i grandi temi di evoluzione, sviluppo, riqualificazione, trasformazione per i tre assetti paesaggistico, insediativo, infrastrutturale, ha come oggetto tematiche diffuse non riferibili necessariamente ad ambiti delimitati, e a livello progettuale ha l’obiettivo di costruire modelli di riferimento, linee guida. Il secondo approccio si riferisce a tematiche rilevanti per la dimensione e la capacità di trasformazione del territorio o di impatto e consiste nell’individuazione di politiche territoriali finalizzate. I progetti strategici17 si configurano dunque come elemento di continuità e al tempo stesso di evoluzione della preziosa esperienza dei Piani d’Area redatti negli ultimi anni, considerando ambiti già noti e dibattuti, per i quali però viene introdotto l’innovativo approccio di fornire possibili soluzioni all’interno di quadro di riferimento unitario.
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Altro strumento di cui si sottolinea l’introduzione è il piano paesaggistico introdotto con la L.R. 18/2006. Tali piani sono volti ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni paesaggistici fino all’adeguamento degli strumenti di pianificazione al codice Urbani. A tal fine è la regione che individua gli ambiti di cui all’articolo 135 co. 2 del Codice, e su questi ambiti si formano piani paesaggistici di dettaglio, che hanno titolo di prevalenza sulle altre disposizioni (art. 154 co. 3 del Codice). Tra gli ambiti individuati, appunto con l’Atlante, ne sono stati scelti alcuni per “sperimentazioni paesaggistiche” che attraverso progetti pilota hanno l’obiettivo di consolidare un percorso di piano paesaggistico anche di intesa con il ministero. È questo il caso del progetto Pilota per i piani paesaggistici di Feltre e della Laguna di Caorle, che rispetto ai Piani di Area e i Progetti Strategici si inseriscono nel quadro istituzionale previsto dal Codice urbani, ovvero di elaborazione congiunta di piani paesaggistici tramite intese stipulate tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell’Ambiente, Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio della regione. Sarà interessante leggere queste nuove iniziative di sperimentazione in campo paesaggistico alla scala locale, in modo sinergico con tutti gli altri strumenti, che storicamente hanno interessato il territorio del Veneto a partire dai Piani d’Area .
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
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Box - Leggi e piani_ veneto
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Verso un nuovo paesaggio per il Veneto. Concezioni e idee in transizione
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Verso un nuovo paesaggio per il Veneto. Concezioni e idee in transizione
Box – Quadro dati anagrafici_ Veneto
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
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Riferimenti bibliografici 1
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Riferimenti iconografici Figura 1: http://www.ptrc.it/ita/pianificazione-territorialeveneto-piani-area.php. Figura 2: all.A5, PTRC - Piano Paesaggistico territoriale. Metodologia ai sensi del D. Lgs. 42/2004 e succ. mod. e int., pag.8.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
Cfr. DPR 616/1977 Cfr. art. 5 della legge 1150 del 17 agosto 1942. 3 “Delle vaste località incluse nell'elenco di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 1 della presente legge, il Ministro per l'educazione nazionale ha facoltà di disporre un piano territoriale paesistico, da redigersi secondo le norme dettate dal regolamento e da approvarsi e pubblicarsi insieme con l'elenco medesimo, al fine di impedire che le aree di quelle località siano utilizzate in modo pregiudizievole alla bellezza panoramica.” Comma 1 dell’all’art. 5 della legge n. 1497/1939. 4 L’articolo citato stabilisce che “I piani territoriali paesistici di cui all'articolo 5 della legge hanno il fine di stabilire: 1) le zone di rispetto; 2) il rapporto fra aree libere e aree fabbricabili in ciascuna delle diverse zone della località; 3) le norme per i diversi tipi di costruzione; 4) la distribuzione e il vario allineamento dei fabbricati; 5) le istruzioni per la scelta e la varia distribuzione della flora. La redazione di un piano territoriale paesistico è commessa dal Ministro alla competente regia Soprintendenza, la quale vi attende secondo le ricevute direttive, valendosi della collaborazione degli uffici tecnici dei Comuni interessati. 5 Testo tratto dall’art. 3 l.r. 27/1973. 6 I contenuti erano esplicitati in “stabilire: le zone di rispetto, il rapporto fra aree libere e aree fabbricabili in ciascuna delle diverse zone della località, le norme per i diversi tipi di costruzione, la distribuzione e il vario allineamento dei fabbricati, le istruzioni per la scelta e la varia distribuzione della flora” (R. D. 1357/1940) per i “complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale e le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze” (L. 1497/1939). 7 Pag. 108 BUR 13/03/07, n. 26. 8 PAOLO CARPENTIERI, La nozione giuridica di paesaggio, Rivista di diritto pubblico, n. 2, Giuffrè Editore, Milano 2004. 9 MARCO CAMMELLI (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Il Mulino, Bologna 2007. 2
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PAOLO URBANI, Commento all’art. 135 del DLgs 42/04, in MARCO CAMMELLI (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Il Mulino, Bologna 2007. 11 “Il PTRC, i PTCP nonché i PAT e i PI sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il territorio includente i beni ambientali, ai sensi e per gli effetti dell'Art. 149 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'Art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352» e successive modificazioni.” Art. 3 co. 6 della L.r. 11/04 del Veneto. 12 PTRC adottato, Relazione Illustrativa, pag. 126. 13 L.R. n.11/2004 art. 24 co.1 lettera c. 14 PTRC adottato, Relazione Illustrativa, pag. 126. 15 PTRC adottato, Norme Tecniche, art. 71. 16 Art. 3: Disposizioni transitorie per l'esercizio delle funzioni delegate in materia di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica: 1. Nelle more dell'entrata in vigore di una specifica normativa regionale in materia di beni paesaggistici, in attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio" e successive modifiche ed integrazioni, la ripartizione delle funzioni amministrative prevista dalla legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112", è confermata fino al 31 dicembre 2009. 17 Progetti strategici già individuati con appositi atti regionali o nazionali: Logistica e Diportistica, Ville di Andrea Palladio, Area vasta della città del Pedemnonte, Valle del Fiume Po.
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fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Il caso del PTCP ligure, tra disciplina territoriale e progetti
The Ligurian PTCP case, regulations and projects
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between
Giuseppe Cinà*
abstract Questa nota tratta l’attuale fase di ridefinizione del PTCP ligure, che vede l’elaborazione di una Variante limitata alla fascia costiera e inquadra i contenuti del nuovo modello di piano previsto dal Codice. I contenuti della Variante vengono riassunti in relazione al loro duplice obiettivo: tutelare le ultime aree costiere ancora non urbanizzate con dispositivi normativi più restrittivi; definire alcuni progetti strategici capaci di corrispondere sia alle ragioni del paesaggio che a quelle dello sviluppo territoriale, con modalità volte a saldare molteplici interessi, istituzioni, operatori e strumenti gestionali verso obiettivi comuni. La compiuta ridefinizione del piano resta tuttavia in itinere e sconta le difficoltà proprie della transizione in corso a scala nazionale.
abstract The paper deals with the present reassessment of the Ligurian PTCP, starting with a partial reshaping confined to the coastal areas and framing the contents of the new plan established by the Code. The contents of the partial reshaping are explained in relation to their double goal: to protect the last coastal areas still not urbanized with more restrictive normative devices; to define some strategic projects corresponding to the reasons of both the landscape and the local development, able to amalgamate multiple interests, institutions, stakeholders and management tools. Still, the completion of PTCP reassessment remains underway and bears the difficulties typical of the present transition at national scale.
parole chiave normativa, progetti entroterra
key-words regulations, backcountry
strategici,
* Professore Associato Dipartimento Interateneo Università di Torino.
aree
costiere,
strategic
projects,
coastal
areas,
in Urbanistica presso il Territorio, Politecnico ed
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La tutela e la pianificazione del paesaggio prima del Codice In Liguria il vigente Piano territoriale di coordinamento paesistico (PTCP), il solo ad essere stato adottato entro il 1986 come richiesto dalla L. 431/85, poi approvato nel 1990, norma tutto il territorio regionale sotto il profilo paesistico, anche dove non sussistono vincoli ex L. 1497/39. La sua disciplina, disegnata su base cartografica 1:25.000, è definita con riferimento agli assetti insediativo (art. 9 Nta), geomorfologico (art. 14) e vegetazionale (art. 20) e si articola a due livelli: territoriale e locale. Per la normativa urbanisticoedilizia inerente l’assetto insediativo si prevede altresì un terzo livello ‘puntuale’, a una scala di maggiore dettaglio, da definire in sede di formazione dei Piani urbanistici comunali (PUC). La disciplina per il livello territoriale identifica 100 ambiti territoriali. Le relative schede di descrizione e indirizzo sono volte a definire organismi territoriali caratterizzati dal punto di vista morfologico e delle relazioni tra le forme d’insediamento ma non si costituiscono come quadro di riferimento pertinente la specificità dei paesaggi: resteranno infatti una descrizione senza ricadute operative. La disciplina per il livello locale (elaborata al 10.000) è articolata nei tre assetti insediativo, geomorfologico e vegetazionale. Nel primo caso norma gli interventi edilizi o ad essi assimilabili; nel secondo gli interventi per le opere idrauliche e marittime, per le cave e le discariche, e quelli comunque rilevanti per gli assetti morfologico e idraulico; nel terzo norma gli interventi in ambito agro-forestale. Possiamo dire che la disciplina per l’assetto geomorfologico è rimasta scarsamente influente.
Il caso del PTCP Ligure, tra disciplina territoriale e progetti
D’altra parte quella per l’assetto vegetazionale è stata ancorata a un obiettivo di progressiva naturalizzazione del territorio rurale, già allora colpito da gravi fenomeni di abbandono, abdicando al tentativo di contribuire al mantenimento di una maggiore diversità dei paesaggi e del presidio umano sul territorio. Di fatto il piano si è preoccupato sostanzialmente di controllare l’assetto insediativo, in parte riuscendoci e in parte no. È la disciplina sull’assetto insediativo ad essere rimasta quella dirimente sulle trasformazioni del territorio, peraltro contenente solo norme di indirizzo, atte a inquadrare le previsioni dei piani di livello provinciale e soprattutto dei PUC. La sua funzione di descrizione e indirizzo si evince chiaramente dalle sigle delle norme riguardanti, appunto, l’ambito urbanistico territoriale. Tali norme infatti classificano tutto il territorio regionale secondo una sigla doppia: la prima definisce lo stato attuale dell’assetto insediativo (area non insediata, insediamento sparso, insediamento diffuso, tessuto urbano, ecc.), la seconda definisce il regime normativo imposto (conservazione, mantenimento, modificazione, 1 trasformazione, ecc.) . La disciplina per il livello puntuale è rinviata interamente in sede di formazione dei piani comunali, chiamati a definirla con proprie analisi, inquadramenti normativi e scelte progettuali. Per facilitare tale compito nel 1994 è stato elaborato uno specifico quadro di ‘…indirizzi esplicativi e applicativi della normativa del PTCP...’ e nel 1999 un documento congiunto della Regione Liguria e della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, riportante ‘Indirizzi e criteri per l’interpretazione delle norme del PTCP’. Ma tali inquadramenti sono risultati del tutto insufficienti.
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Da un esame della disciplina del livello puntuale 2 operato su numerosi piani comunali si evince come il paesaggio sia considerato spesso come cornice entro cui ‘ambientare’ il costruito onde diminuirne l’impatto fisico, attraverso dispositivi progettuali ridotti all’osso: la definizione esterna degli edifici (tetti, aperture, intonaci, pavimentazioni, recinzioni ecc.), e la sistemazione delle aree libere ad essi adiacenti, ne sono le modalità più ricorrenti. Ne conseguono misure che prescrivono materiali, forme e tecniche paesaggisticamente compatibili, che si qualificano più come pratiche di recupero edilizio che come misure di valorizzazione del paesaggio. La disciplina paesistica è spesso spalmata nei vari documenti del PUC, col risultato che le misure d’intervento previste non riescono a ricomporsi in un quadro normativo e progettuale che si faccia carico della valenza territoriale del paesaggio. Nei pochi casi in cui il livello analitico risulta approfondito, anche in risposta all’obbligo di elaborare la ‘descrizione fondativa’ prevista dalla Lur 36/97, esso manifesta spesso discrepanze con quello propositivo, che non lo riflette. Il quadro analitico assume così una funzione meramente 3 rituale . Pratiche così riduttive sono da ricondurre a vari fattori, non ultima l’assenza di linee d’indirizzo sufficientemente condivise e autorevoli, da sviluppare ex ante, in seno allo stesso PTCP, o ex post nell’azione di accompagnamento e indirizzo spettante alle componenti tecniche regionali e provinciali. A fronte di questi insuperati nodi l’idea che la disciplina del paesaggio debba uscire dalle secche dei dispositivi normativi e trovare espressione anche in altri dispositivi di indirizzo e progettuali,
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
come abachi, repertori, schede, manuali, continua a non trovare seguito. La difficoltà di convertire i vincoli ricognitivi posti dalla legge Galasso in vincoli conformativi dell'uso dei suoli ha fatto sì che la disciplina restasse in buona parte attestata intorno ai dispositivi di vincolo e spesso limitata a generici criteri d’intervento. 4 In occasione del Meeting sul paesaggio del 2008 la Regione Liguria ha presentato un bilancio degli esiti del PTCP, fondato in primo luogo sull’analisi delle varianti ad esso apportate. Sulla base di questo bilancio si afferma che il PTCP ha comunque contrastato e rallentato le diverse spinte insediative, con i vincoli e anche assoggettandosi a più o meno puntuali modificazioni; i suoi contenuti, nonostante la disciplina fortemente centrata sulla dimensione insediativa e le sue difficoltà applicative, hanno resistito alla prova del tempo. Con le inevitabili necessità di approfondimento e modifica esso è dunque ancora considerato il documento da cui ripartire per ridisegnare la politica per la tutela e la valorizzazione del paesaggio ligure. In generale, e in positivo, si può dire che il piano da un lato ha consentito di preservare cospicui elementi paesistici sottoponendoli al regime della conservazione (CE), dall’altro ha giocato un ruolo di moderatore nel limitare fenomeni di eccessiva urbanizzazione grazie al fatto di aver definito in un modo netto il confine tra territorio urbanizzabile e non urbanizzabile (ANI-CE/ ANI-MA); numerosi rilevanti esempi di questa azione sono stati documentati nella mostra presentata in seno al 5 Meeting . Al contempo il piano non è riuscito a contrastare il fenomeno di espansione della residenza sparsa (sottoposte al regime IS-MA: insediamento sparso-
mantenimento) nelle aree di fascia collinare, tra oliveti, serre ed aree ex agricole. In questo senso le trasformazioni del paesaggio agrario sono sfuggite di mano e con esse una parte significativa del bel paesaggio ligure. Ne sono un esempio le stesse aree IS-MA e delle relative sistemazioni accessorie degli spazi esterni. O ancora le aree a regime TRZ (di trasformazione), per le quali la norma prevede la riqualificazione in quanto degradate (siti industriali dimessi ecc.), ma in realtà utilizzate per trasformazioni con forti carichi residenziali. Inoltre il piano non è riuscito a trovare compimento alla scala dei piani comunali. Nelle trasformazioni a piccola scala esso è rimasto quasi inefficace. Il dispositivo del livello puntuale, demandato al piano urbanistico comunale (PUC), è divenuto il suo tallone d’Achille. In conclusione il vigente PTCP ha saputo incidere sul contenimento e la distribuzione delle quantità, ma non altrettanto sulla qualità dei risultati; si è molto preoccupato della disciplina per il contenimento delle trasformazioni ma non si è misurato su un progetto del paesaggio. In quanto concepito per controllare azioni proposte da altri soggetti, ha giocato ‘in difesa’, non ponendo in essere una strategia di valorizzazione di un riconoscibile insieme di paesaggi. Una posizione, questa, per molti versi comprensibile se si pensa alle forti pressioni insediative cui occorreva prioritariamente far fronte all’epoca della sua formazione. Per completezza occorre ricordare che una visione più strategica era stata in parte inserita al Capo II delle Norme del piano (Indicazioni di tipo propositivo, art. 30), con l’indicazione di interventi di riqualificazione paesaggistica funzionalmente motivati (accessibilità al mare, itinerari storico etnografici, percorsi di fruizione paesaggistica
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ecc.), ma essa è rimasta ineffettuale poiché lasciata in sostanza alla libera iniziativa dei Comuni. Il realtà le poche significative esperienze di valorizzazione diretta del paesaggio, a mezzo di azioni strategiche e progetti, si sono sviluppate al di fuori del PTCP e all’interno di politiche territoriali diversificate, rispondenti a particolari condizioni e a capacità locali di sviluppo e autodeterminazione, come si dirà più avanti.
La redazione di un nuovo PTCP in applicazione del Codice All’inizio di questo decennio l’esigenza di aggiornare il PTCP aveva trovato come piano di riferimento la formazione del PTR regionale. Nel 2004 la bozza per il PTR proposto per l’adozione era stata definita anche con valenza paesistica, incorporando i contenuti del vecchio PTCP modificati con nuovi indirizzi e norme. Ma l’adozione del PTR è rimasta sospesa e l’aggiornamento del PTCP si è imposto come un adempimento da definire autonomamente ai sensi del D.lgs. 42/2004. La Regione Liguria ha dunque avviato gli studi per il suo aggiornamento. In un primo momento si è assunto l’obiettivo di redigere una nuova completa versione del PTCP, in adeguamento al nuovo Codice. Poi le difficoltà incontrate nel rispondere ai requisiti che il nuovo testo di legge richiede, hanno portato a scegliere una modalità più graduale: dapprima la redazione di una ‘Variante di salvaguardia della fascia costiera’, da apportare al vigente PTCP, che è stata adottata il 24 luglio 2009 e quindi sottoposta al procedimento delle osservazioni; poi il completo aggiornamento dello
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Il caso del PTCP Ligure, tra disciplina territoriale e progetti
stesso ai sensi del Codice, da redigere d’intesa con il MBAC, la cui approvazione è prevista entro la fine della legislatura regionale. Gli obiettivi principali della variante sono così esplicitati: a. ridurre la pressione insediativa lungo la fascia costiera, salvaguardando in particolare l'efficienza del Sistema del Verde Regionale (con l’individuazione di corridoi verdi con valenza paesisticoambientale) e l' identità paesistica delle maggiori emergenze (Capi e linea di Costa); b. aumentare la tutela del patrimonio storico attraverso: la valorizzazione paesistica della via Aurelia e del Parco Costiero del Ponente; l’individuazione di 13 nuovi Parchi Urbani e l’ampliamento di alcuni parchi già esistenti; l’individuazione di nuove emergenze di interesse paesaggistico. Lo studio è stato preceduto da un’attenta analisi dell’efficacia dell’applicazione quasi ventennale del piano, cominciando con il censimento informatizzato dalle modifiche ad esso introdotte attraverso le numerose varianti nel frattempo intervenute. I risultati mostrano che i cambiamenti apportati alle diverse categorie normative interessano una superficie di 100 kmq (su 5400 di sup. regionale), e riguardano sia le aree sottoposte a maggiore tutela sia quelle ammesse alla 6 trasformabilità ; la lettura fattane in sede regionale è che esse non siano tali da metterne in discussione l’impianto. Pertanto si è deciso di mantenere detto impianto e di individuare quelle parti del piano per le quali studiare adeguati miglioramenti. In particolare la disciplina della variante parte dalla verifica della validità delle
Figura 1. Sintesi delle modifiche della Variante al PTCP.
indicazioni del PTCP sul livello locale dell’assetto insediativo nelle aree costiere, che interessano 56 comuni, comprendenti oltre il 70% della popolazione regionale, con una superficie di 1550 kmq, soggette alle maggiori dinamiche insediative, nonché alcuni comuni costieri di seconda fascia.
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Da questa verifica sono dedotti una serie di aggiustamenti della disciplina volti a recuperare aree non completamente impegnate dalle trasformazioni, con norme più restrittive: si perviene così a una modifica della zonizzazione del vigente PTCP per circa 100 kmq (più o meno
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Figura 2. Sistema del verde e PTCP.
uguale a quanto modificatosi negli ultimi 20 anni) con relativa introduzione di due nuove categorie: IS MA Saturo, IS MA CPA (corridoi paesistico7 ambientali) . I CPA, tracciati in direzione montemare, sono pensati per rafforzare la tutela dei Capi, cioè i punti finali dei rami territoriali 8 individuati nello studio della rete ecologica .
Oltre che sul versante normativo la Variante si struttura altresì in due ulteriori azioni: l’introduzione del “Sistema della Via Aurelia” e del “Parco Costiero del Ponente” come oggetti di una specifica disciplina e di strategie di intervento di più complessa definizione. Per la definizione di queste modifiche normative è stato attivato un confronto con i comuni interessati
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per arrivare a una loro per quanto possibile preventiva condivisione, anche perché poi i PUC (Piani urbanistici comunali), esistenti o in formazione, vi si dovranno adeguare. Nelle more dell’approvazione della Variante, per il successivo ‘aggiornamento’ del piano ai sensi del Codice, restano in agenda alcuni approfondimenti di non secondario rilievo. In sintesi essi si prospettano in questi termini: • l’aggiornamento a scala regionale delle indicazioni di livello territoriale; • la definizione di una specifica disciplina per ‘ambiti omogenei’ di paesaggio, per la quale gli uffici regionali sembrano orientati a riferirsi agli stessi 100 ambiti identificati dall’attuale PTCP; un’operazione tutta in salita, considerati i contenuti pregnanti 9 attribuiti dal Codice agli ‘ambiti omogenei’ , ma che potrebbe trovare utili riferimenti nella formulazione degli stessi studiata nel 2003 nell’ambito della formazione del PTR; • l’aggiornamento del livello ‘locale’ di tutto il territorio, rimodulando, dove necessario, la graduazione dei regimi di tutela; • l’individuazione di misure atte a sostenere il mantenimento delle aree agricole, verificando tra l’altro l’efficacia della norma per il ‘Territorio di presidio ambientale’ previsto per i PUC (art. 36, Lr 36/1997); • la revisione e l’aggiornamento dei vincoli relativi ai beni paesaggistici (art. 138 del 10 Codice) ; • la definizione di indirizzi di dettaglio per l’elaborazione del livello puntuale nei comuni, da attuare attraverso ‘guide agli interventi’, manuali di buone pratiche, ecc. adeguati alla specificità dei contesti di riferimento;
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Il caso del PTCP Ligure, tra disciplina territoriale e progetti
Figura 3. Imperia, proposte di variante.
la definizione della disciplina per le aree demaniali marittime le nuove prescrizioni d’uso per alcune aree sottoposte a vincolo (come l’area archeologica di Luni). Come si vede per arrivare a un effettivo ‘aggiornamento’ del PTCP devono essere ancora risolti molti aspetti fondamentali, fino alla definizione di delicati aspetti amministrativi, come quello dell’istituzione delle ‘Commissioni Locali per il Paesaggio’ competenti in materia di •
autorizzazione 11 affrontata .
paesaggistica,
non
ancora
Paesaggio, ambiente e progetti di territorio Il quadro d’azione così delineato, benché fondato sulla riutilizzazione della parte migliore dell’impianto del vecchio PTCP, non resta tuttavia ingabbiato nella sua originaria impostazione ma si
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arricchisce di nuovi riferimenti e indirizzi di lavoro, di rilievo ambientale, culturale e territoriale. Questi hanno già dato luogo ad esiti concreti: tra essi assumono rilievo lo studio per la rete ecologica 12 regionale , quello per la rete culturale territoriale (ancora in corso), i ‘progetti’ di territorio che hanno trovato riferimento anche nella disciplina del PTCP (il Progetto Aurelia e il Parco costiero del Ponente). L’approfondimento del piano paesistico sul piano della rete ecologica poggia su uno studio che assume il sistema delle vulnerabilità come filo conduttore sia per l’inquadramento conoscitivo del sistema ambientale sia per l’inquadramento di interventi di tutela, avvalendosi di principi e metodi che vanno dall’ecologia alla pianificazione del paesaggio. Esso permette di sostenere alcune misure di protezione paesaggistica avvalendosi anche delle motivazioni ambientali. La caratterizzazione del piano paesistico sul piano della rete culturale ha invece come asse l’individuazione e la valorizzazione di specifici itinerari innestati sul patrimonio storico-culturale esistente, definiti sia con riferimento agli elementi di valore storico già tutelati dal piano vigente (manufatti, centri, percorsi e giardini storici, testimonianze di culture materiale, ecc.), sia con riferimento al quadro dei vincoli in corso di completamento con la Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Liguria. Ne sono un esempio gli itinerari da Castellaro a Briga, da Finale alle Langhe, da Nervi alla Val Trebbia, da Levanto al valico di Cento Croci. Di particolare rilevanza e per molti versi innovativi sono i già citati ‘progetti di sistema’ del Parco costiero del Ponente e del Progetto Aurelia, al cui interno la qualità paesaggistica è la risultante sia dell’impianto normativo ‘passivo’ del PTCP che di un sua interpretazione in chiave propositiva.
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Il Parco costiero Ponente, in particolare, si costituisce come una particolare forma di progetto strategico che fa interagire il progetto di paesaggio con diversi strumenti della trasformazione territoriale. Esso prevede il riuso delle aree della linea ferroviaria Ospedaletti-Finale (spostata a monte) per un complesso di interventi d’interesse paesaggistico, ambientale e turistico. Il progetto prende avvio con l’acquisto delle aree dimesse da Rfi (Rete ferroviaria italiana) da parte della Regione Liguria e con il finanziamento del ‘Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio del ponente ligure’, promosso nel 1999 dalla Regione Liguria, per il tratto di costa da Ospedaletti a San Lorenzo al Mare. Le opere pubbliche, assi portanti dell'intero programma, comprendono: • il riuso delle aree dismesse finalizzato alla realizzazione di una pista ciclabile di 24 chilometri; • la sistemazione di una linea di trasposto pubblico locale ecocompatibile; • la sistemazione della passeggiata belvedere e di migliori accessi al mare; • il progetto di riqualificazione della costa e di gestione delle dinamiche costiere (con la realizzazione di quattro nuove spiagge); • la riqualificazione, nei centri urbani attraversati, delle aree prospicienti la passeggiata a mare, riutilizzando quelle dismesse per un miglioramento della mobilità locale. Il prodotto di questo insieme di interventi è altresì la ricomposizione dell’unità funzionale e paesaggistica della fascia costiera, centrata sulla sistemazione delle aree libere (a quest’ultima è destinato il 50% del budget del progetto).
Si tratta della più vasta infrastruttura turistica e paesaggistica della regione, il cui progetto è stato approvato come ‘specificazione d'ambito del PTC della costa’. Un apposito ‘accordo di pianificazione’ ha permesso di approvare con un’unica variante le necessarie modifiche al PTCP nonché di apportare alcune varianti agli strumenti urbanistici vigenti nei comuni interessati dagli interventi e di inquadrarne organicamente contenuti e aspetti quantitativi. La partnership dei diversi soggetti a vario titolo impegnati comprende: Regione, Rfi (Rete ferroviaria italiana), Soprintendenza, Anas, Area 24 spa (società costituita per il 43% da Regione Liguria, per il 43% dal Comune di Sanremo e per il 14% dalla Banca Carige), responsabile della progettazione di massima dei 24 km di tracciato e di quella esecutiva del primo tratto di 18 km, oggi realizzato. La prossima dismissione interesserà i comuni da San Lorenzo al Mare fino ad Andora (si prevede entro il 2013), con un eventuale proseguimento fino a Finale Ligure, rendendo disponibile un tracciato complessivo di 70 chilometri. Il Progetto Aurelia, diretto alla valorizzazione paesistico culturale dell’antica strada consolare, presenta un approccio metodologico e propositivo certamente innovativo nel quadro dei progetti 13 regionali promossi dalla Regione Liguria . Il progetto si propone di rivedere i vincoli funzionali che oggi costringono l’Aurelia entro le ordinarie norme stradali, cercando di valorizzarne la singolarità e la centralità che le vanno riconosciute sotto il profilo identitario. Obiettivo complesso: la sua identità deriva dalle sue origini storiche (via consolare che univa Roma a Ventimiglia, Route Impériale de Première Classe in epoca napoleonica, strada reale, strada statale n. 1) ma è tutta da riconquistare in seno alla
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società contemporanea. Il progetto, approvato dalla Giunta regionale (Del. n. 484 dell'11 maggio 2007) e dal documento Aurelia & il progetto ad essa allegato, si articola a tre livelli: amministrativo, territoriale, culturale. Il progetto amministrativo ha avuto come primo esito il Protocollo d'intesa tra Regione Liguria, Ministero per i Beni e le attività culturali e Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Liguria per la tutela e la valorizzazione paesistica del tracciato storico della ex ss1 Aurelia nel tratto ligure, siglato il 30 luglio 2007. Ne è derivato l'individuazione di un vincolo specifico sulla strada all'interno della revisione del Ptcp e la ridefinizione, in corso, dei vincoli ministeriali già oggi vigenti su diversi tratti del 14 percorso . Il progetto culturale è rivolto a promuovere la conoscenza della strada e della sua storia, attraverso varie iniziative d’interesse storico artistico anche molto diverse tra di loro: tra queste un concorso letterario nazionale e lo studio di elementi che favoriscano la percezione e la comprensione della strada come tracciato unitario. Il progetto territoriale è articolato in quattro filoni: 1) ‘Aurelia & l'architettura’, che guarda alla strada come teatro dei linguaggi architettonici di ormai quasi due secoli di storia, ma anche come possibile vetrina di nuove espressioni architettoniche e artistiche; 2) ‘Aurelia & il paesaggio’, che riguarda il progetto di recupero di un tratto stradale dismesso e di riqualificazione del paesaggio attraverso il rilancio delle produzioni agricole e il recupero del patrimonio edilizio esistente, in località Le Grazie presso Chiavari; 3) ‘Aurelia & i giardini’, consistente in una serie di interventi di valorizzazione funzionale e paesaggistica presso i Giardini Hanbury, l'area archeologica del Nervia, il
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Il caso del PTCP Ligure, tra disciplina territoriale e progetti
palmeto Winter presso Bordighera, il viale Mazzini di Sarzana; 4) ‘Le antiche strade’, rivolto al recupero di quanto è ancora riconoscibile degli antichi tracciati che hanno preceduto l'Aurelia attuale. Tutti questi progetti si pongono come paradigma di un nuovo modo di costruire e conservare il paesaggio, urbano ed extraurbano, dove la disciplina del PTCP, di per sé generalizzante, è surrogata da un complesso sistema di scelte progettate per corrispondere sia alle ragioni del paesaggio che a quelle dello sviluppo territoriale, con modalità volte a saldare molteplici interessi, istituzioni, operatori e strumenti gestionali verso obiettivi comuni. Accanto ai due grandi progetti sopra richiamati, il Parco costiero del Ponente e il Progetto Aurelia, altri casi ‘bandiera’, di minore scala ma altrettanto interessanti, connotano il quadro dei progetti regionali significativi per gli esiti paesaggistici ma derivanti da altre politiche settoriali. Citiamo tra questi l’importante svolta ambientalista delle politiche urbane e territoriali del comune di Varese 15 Ligure e le diversificate azioni di rilevanza paesistica condotte nel Parco delle Cinque Terre e in quello del Beigua.
Conclusioni In Liguria permangono consistenti pressioni insediative sulla costa e sulle colline di seconda fascia. Pertanto con la Variante del PTCP si è ritenuto di procedere dapprima con l’aggiornamento della disciplina delle zone costiere, ove hanno avuto luogo i più significativi cambiamenti rispetto al piano vigente, apportando puntuali modifiche alla disciplina del livello locale
Figura 4. Proposta di variante, tav. 56.
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
per preservare le aree ancora paesaggisticamente rilevanti. Per il resto del territorio, da disciplinare con un completo ‘aggiornamento‘ del PTCP, non si profilano modificazioni sostanziali. Il problema che si vuole affrontare non è più (se non in piccola parte) quello di arginare una forte domanda di nuove urbanizzazioni, quanto piuttosto quello di affiancare e promuovere interventi di riqualificazione dei paesaggi che continuano a degradarsi. La revisione in corso mantiene dunque un carattere fortemente centrato sulla leva della disciplina dell’assetto insediativo basata sull’imposizione del vincolo e sulla formulazione di indirizzi. Una tale posizione appare corretta e insieme insufficiente, non proporzionata alla domanda di tutela e riqualificazione del paesaggio che sembra emergere dalle dinamiche in corso. Com’è noto la particolare orografia della regione ha fatto sì che l’incontenibile urbanizzazione della costa fosse compensata dal mantenimento dell’assetto insediativo dell’entroterra. Ma accanto a questo occorre osservare che il paesaggio delle aree interne è fortemente connotato da fenomeni di abbandono, di rinaturalizzazione e talora di desertificazione. La dimensione del fenomeno è impressionante. Basti pensare che la popolazione complessiva dei comuni costieri è di 1.385.487 abitanti, mentre quella della Liguria interna è di 290.434 abitanti, L'abbandono produce un progressivo decadimento dell'uso del suolo e delle colture agricole e innesca diffusi fenomeni di degrado geomorfologico. L'avanzata del bosco e dell'arbusteto determina inoltre un impoverimento progressivo del mosaico dei paesaggi e della biodiversità. Il bosco interessa oggi una superficie superiore al 75% del territorio e presenta in genere una qualità
medio-bassa. Persino l'uliveto, elemento peculiare del paesaggio ligure, presenta rilevanti fenomeni di degrado e abbandono. A fronte di questa realtà si registra un clima d’incertezza nel mettere in moto azioni a carattere strategico, intercettando interessi a vari livelli, producendo sviluppo con la risorsa paesaggio. La ricchezza del ‘discorso sul paesaggio’ che si è sviluppato negli ultimi anni, con la Regione in prima fila, stenta a filtrare alle scale inferiori degli enti territoriali. La grande questione delle aree interne e delle residue aree agricole rimane presente nel dibattito ma marginale negli effetti operativi. I ‘progetti’ di sviluppo paesaggisticamente connotati restano quelli individuati sulla costa. La ricerca di nuove tensioni operative non riesce ad intercettare sufficienti sinergie per i progetti di paesaggio bottom up. Per il nuovo PTCP si rincorre con affanno la definizione di una disciplina di livello puntuale e l’elaborazione di strumenti d’indirizzo tecnico, di guide, di atlanti e osservatori, capaci di inquadrare o affiancare l’operatività alla scala comunale: obiettivi che sono in agenda da anni e non trovano soluzione. Il passaggio dalla dimensione vincolistica a una strategica, sostenibile, interattiva, interagente in modo più diretto con le altre politiche territoriali, così come si va affermando a scala nazionale, resta all’ordine del giorno ma incompiuto. Se da un lato l’azione delle componenti tecnicoamministrative è oggi limitata da condizioni politiche meno favorevoli che nel passato (il risultato dell’enorme sforzo progettuale che diede luogo al piano del 1986-90 va relazionato anche a un’azione politica fortemente impegnata a suo favore), dall’altro il contributo a una vivacizzazione dell’approccio politico al problema attraverso la
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mobilitazione dal basso delle diverse componenti sociali stenta a prendere corpo. Una condizione, quella ligure, che riflette in pieno la travagliata transizione in atto in Italia. Grazie anche ai nuovi indirizzi introdotti dalla CEP oggi è in atto un superamento, a scala nazionale, dell’autonomia della pianificazione paesaggistica da quella territoriale, basato su un ampliamento fisico e concettuale del paesaggio, che porta la sua tutela e valorizzazione verso una relazione molto più stringente con le politiche territoriali. Con esso è in atto altresì un affiancamento dell’approccio strettamente conservativo, patrimonialista, con un approccio strategico, basato sulla identificazione di azioni di sviluppo condivise e fisicamente connotate. In questo quadro le esperienze di piano più interessanti oggi in corso sembrano quelle che si sono definite (o che si stanno definendo) cercando un piano di equilibrio tra questi due 16 approcci . La strada intrapresa all’inizio di questo decennio nella Regione Liguria, con l’aggiornamento del PTCP entro il nuovo PIT, aveva introdotto un approccio a doppia valenza come quello appena descritto: mantenere l’approccio patrimonialista del vecchio piano ma in una cornice più strategica, entro un’agenda di sviluppo formalmente definita, capace di inquadrare le azioni più rilevanti e le modalità di nascita di altre (come il Parco costiero del ponente e il Progetto Aurelia). Questa spinta innovativa non va lasciata scemare. Tutti hanno capito che con la vecchia disciplina si è ottenuto tutto quello che si poteva. Per i nuovi problemi emergenti occorre un supplemento di strumenti e di progettualità, ben presenti nel dibattito corrente, ma che stentano tuttavia a prendere forma.
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Il caso del PTCP Ligure, tra disciplina territoriale e progetti
Box – Regione Liguria
Principali riferimenti legislativi regionali in materia di paesaggio, aree protette, ambiente •
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Tabella 5. Riferimenti territoriali e demografici.
• Tabella 8. Comuni e popolazione residente per classe di ampiezza demografica al 31.12.2008.
• • • Tabella 6. Distribuzione territoriale dei comuni.
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Tabella 7. Distribuzione dei comuni per provincia.
Tabella 9. Uso del suolo a scala regionale.
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LR n. 15 del 18/3/1980 e sm: Subdelega ai comuni delle funzioni amministrative in materia di bellezze naturali e norme in merito al Monte di Portofino Del. Consiglio regionale n. 6 del 26/2/1990: Approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento Pesistico LR n. 6 del 2/5/1991 e sm: Norme per l'aggiornamento e l'applicazione del piano territoriale di coordinamento paesistico LR n. 20 del 21/8/1991 e sm: Riordino delle competenze per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di bellezze naturali LR n. 9 del 28/1/93: Organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della legge 18 maggio 1989 n. 183 LR n. 12 del 22/2/1995: Riordino delle aree protette LR n. 36 del 4/9/1997: Legge urbanistica regionale LR n. 38 del 30/12/98: Disciplina della valutazione di impatto ambientale LR n. 4 del 22/1/1999: Norme in materia di foreste e di assetto idrogeologico LR n. 11 del 6/4/1999: Riordino degli organi tecnici collegiali operanti in materia di territorio LR n. 13 del 28/4/1999: Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa, ripascimento degli arenili, protezione e osservazione dell'ambiente marino e costiero, demanio marittimo e porti
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
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Protocollo d’Intesa tra il MBAC, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria e Regione Liguria, 30 luglio 2007: specificazioni e semplificazioni dei criteri di redazione dei contenuti della relazione paesaggistica per le diverse tipologie d’intervento rapportate alle peculiarità del territorio ligure (pubbl. su Burl, parte II,19/9/2007) LR 6/6/2008 n.16: Disciplina dell'attività edilizia e s.m.i. Circolare reg. PG/2008/84165 del 20/6/2008: modifiche al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio apportate dal Decreto Legislativo 26.3.2008 n. 63. Prime indicazioni applicative LR n.28 del 10/7/2009: Tutela e valorizzazione della biodiversità
Siti web Regione Liguria – Ambiente e territorio: http://www.regione.liguria.it/Area.asp?idArea=4 Regione Liguria – Il paesaggio: http://www.regione.liguria.it/MenuSezione.asp?Parametri =4_10_167_$4_10_167_$Il_paesaggio$0$ Regione Liguria – Urbanistica: http://www.regione.liguria.it/MenuSezione.asp?Parametri =4_10_173_$4_10_173_$Urbanistica$0$ Regione Liguria – Tutela del paesaggio: http://www.regione.liguria.it/MenuSezione.asp?Parametri =4_10_173_233$4_10_173_2334_$Urbanistica$4_10_17 3_2334_-1$intro.htm$ Regione Liguria – Parchi naturali: http://www.regione.liguria.it/MenuSezione.asp?Parametri =4_10_4_$4_10_4_$Parchi_naturali$0$
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Riferimenti iconografici Figure 1-4: Regione Liguria.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Aprile 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Ad esempio: IS-CE = insediamento sparso/in regime di conservazione; IS-MA = insediamento sparso/in regime di mantenimento’; IS-MO = insediamento sparso/in regime di modificabilità. Oppure ANI-CE = aree non insediate/ in regime di conservazione; ANI-MA = area non insediata/ in regime di mantenimento; TU = territorio urbano, ecc. 2 G. Cinà, (2006), ‘La tutela del paesaggio negli strumenti urbanistici liguri’, in A. Ghersi (a cura di), Politiche europee per il paesaggio, Gangemi, pp. 134-150. 3 La Descrizione Fondativa (artt. 18 e 25, L. 36/97) avrebbe potuto essere un valido strumento d’indirizzo nell’approfondimento della disciplina per il paesaggio, in quanto rivolta a descrivere l’identità fisica e storica delle formazioni socio-territoriali, indirizzando verso la sostenibilità delle loro trasformazioni. Tuttavia amministrazioni e progettisti hanno manifestato limitate disponibilità e capacità nel dispiegare il lavoro richiesto dalla DF, tendendo a ripiegare verso una interpretazione più tradizionale del piano. Peraltro l’istruttoria dei PUC, condotta distintamente presso le ripartizioni urbanistica della Provincia e della Regione, presenta dei limiti di fatto non superabili. È infatti solo sul preliminare del piano che esse possono opporre delle valutazioni di merito, richiedendo al Comune la modifica o la verifica di determinate scelte del PUC. Il Comune può recepire queste indicazioni nella misura e nei modi che ritiene condivisibili, poiché il regime della sussidiarietà permette
che esso assuma una responsabilità diretta sul merito delle scelte assunte. 4 Regione Liguria, DPT, Il paesaggio tra sciûsciâ e sciorbî. Materiali per capire e governare il conflitto. Genova, 2008. 5 Alcuni interventi di contenimento delle previsioni dei PUC (di Borghetto S. Spirito, Finale Ligure, Leivi, Framura, ecc.), sono riportati in: Regione Liguria, DPT, Settore Urbanistica, Meeting sul paesaggio. Alcuni casi, Genova, 2008. 6 In particolare negli ultimi otto anni le trasformazioni operate, in termini di nuove costruzioni o rinnovo urbano, hanno interessato 5,33 kmq, pari all’1% del territorio regionale. I modi del cambiamento sono stati relativi alla realizzazione di passeggiate sul fronte mare, nuovi parchi urbani, edifici industriali e commerciali, campi da golf, porti turistici, edifici specialistici, locali accessori e residenza. Cfr. Regione Liguria, DPT, Il paesaggio tra sciûsciâ e sciorbî.op.cit. 7 Nella fascia costiera le aree a regime ANI-MA (la categoria più estesa a scala regionale) coincidono con le aree ex agricole, di fatto aree a espansione rada. Esse vanno talora riperimetrate: vi sono infatti presenti settori ancora non insediati e altri in cui c’è molta densità (dunque non più edificato sparso ma diffuso). Le aree ISMA (che interessano circa il 25% del territorio regionale), coincidono con quelle del versante a mare dell’autostrada, eccetto le aree urbanizzate TU. Anche queste vanno talora riperimetrate: nei settori non insediati diventano ANI-MA; nelle aree molto trasformate diventano IS-MA saturo; nelle aree poco edificate presso l’autostrada diventano IS-MA CPA (corridoi paesistici ambientali). 8 In considerazione della sua natura complementare alla pianificazione regionale, nella stesura della Variante si è tenuto conto – oltre che dello studio ‘Il sistema del verde’ (vedi nota 13), dei seguenti piani: Piano Sviluppo Rurale 2007 – 2013; Piano della Costa; Piani di bacino regionali e interregionali; Piani territoriali dei Parchi. 9 L’art. 143 del Codice ai commi 1 e 2 recita: 1. In base alle caratteristiche naturali e storiche ed in relazione al
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livello di rilevanza e integrità dei valori paesaggistici, il piano ripartisce il territorio in ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi o degradati. 2. In funzione dei diversi livelli di valore paesaggistico riconosciuti, il piano attribuisce a ciascun ambito corrispondenti obiettivi di qualità paesaggistica. 10 Per quanto ci risulta in Liguria né la Regione nè la Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici hanno ancora avviato procedimenti in tal senso, nonostante la presenza di aree di rilevante valore paesaggistico, esposte al rischio di interventi distruttivi. Resta inoltre da formalizzare il previsto accordo StatoRegione. 11 Il D. Lgs. n. 157/2006 all’art. 18, sostituendo l'articolo 148 del Codice, stabilisce che entro il 31/12/2006 le Regioni promuovano l' istituzione di Commissioni Locali per il Paesaggio aventi il compito di esprimere parere obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche e aventi competenza su ambiti sovracomunali, in modo da realizzare il necessario coordinamento paesaggistico. 12 Regione Liguria, Il sistema del verde, Quaderni del Dipartimento di Pianificazione Territoriale, 2007. Responsabili del progetto: Giuseppe Ruzzeddu e M. Gioia Gibelli. 13 Regione Liguria DPT, Aurelia & le altre, a cura del Centro documentazione e proposte sulla trasformazioni territoriali, Diabasis, Reggio Emilia, 2006. 14 In particolare la disciplina in corso di definizione prevede l’elaborazione, d’intesa con l’ANAS, di linee guida per gli interventi sui tracciati (moderni e antichi) dell’Aurelia e promuove progetti di valorizzazione paesistica su singoli tratti o aree volti al conseguimento di obiettivi di tutela e valorizzazione. 15 Varese Ligure, Dichiarazione Ambientale 2008 - 2011, Regolamento CE 761/2001 EMAS. 16 Ne è un esempio il PIT della Toscana, che comprende la disciplina del piano paesistico assumendo come approcci sia quello patrimonialista, imperniato sullo
Il caso del PTCP Ligure, tra disciplina territoriale e progetti
statuto dei luoghi, sia quello programmatorio territorialista, imperniato sulla agenda strategica.
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e
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Emilia Romagna. Dal piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
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Emilia Romagna. From the plan to the projects, the need for an overview
Chiara Lanzoni*
abstract Dall’approvazione del Piano paesistico regionale nel 1993 il contesto normativo dell’Emilia-Romagna è mutato. La recente riforma urbanistica regionale, che succede temporalmente il Codice del beni culturali e del paesaggio, conferma le modalità di articolazione e approfondimento delle tematiche paesistiche alla scala locale, e la validità dei progetti di tutela, recupero e valorizzazione che hanno concretizzato sul territorio molteplici forme di progettualità. I numerosi progetti regionali così come l’adesione ad iniziative internazionali distribuite in modo eterogeneo sul territorio, restituiscono un contesto di forte interesse e fermento in materia paesistica e si configurano come strumenti attraverso i quali sperimentare nuove collaborazioni tra gli enti locali.
abstract Since the approval of the regional landscape plan in 1993, the Emilia-Romagna legislative context has changed. The recent regional urban reform, which succeeds in time the Codice dei beni culturali e del paesaggio, confirms the arrangements for articulation and development of the landscape themes at the local scale, and the viability of the protection, recovery and development projects, which materialized on the territory by means of a multiplicity of planning forms. The numerous regional projects, as well as the adherence to international initiatives heterogeneously distributed in the territory, return a context of strong interest and ferment in landscape matter and act as the means by which to test new partnerships between local authorities.
parole chiave Piano paesistico regionale, Emilia-Romagna, buone pratiche, Progetti di tutela, recupero e valorizzazione.
key-words Regional landscape plan, Emilia-Romagna, good practices, Projects for the protection, recovery and enhancement.
* Politecnico di Milano, Architetto e Dottore di Ricerca in Progettazione Paesistica.
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Dove eravamo? Gli esordi della pianificazione paesistica dell’Emilia-Romagna Dalla prima legge urbanistica regionale (L.R. n. 47/1978) il contesto normativo dell’EmiliaRomagna è mutato, si assiste ad una progressiva evoluzione delle discipline urbanistica e paesaggio, con un conseguente adeguamento degli strumenti di pianificazione alle diverse scale. Per attuare le disposizioni del Codice Urbani e assimilare i principi introdotti dalla Convenzione Europea del paesaggio, la regione si dota di una legge organica (L.R. n. 23/2009) riunendo in un unico corpus normativo la materia paesistica, precedentemente demandata a norme inserite in differenti leggi, e riconferma nella struttura e nei contenuti essenziali il Piano territoriale paesistico regionale oggi in fase di aggiornamento. Dal 1978 la questione paesistica regionale attraversa un lungo periodo di transizione che viene scandito dai principali eventi legislativoculturali a livello nazionale: la legge Galasso e il Codice Urbani. Nel 1972 con il D.P.R. n. 8 del 15 gennaio le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in diverse materie, tra cui la materia urbanistica, vennero trasferite alle Regioni a statuto ordinario, per il rispettivo territorio. Il quarto comma dell’art. 1 precisa che il trasferimento “riguarda altresì la redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all’art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497”. È importante sottolineare la distinzione che il DPR contiene: l’attività urbanistica e la pianificazione paesistica sono considerate materie separate. Le competenze trasferite alle Regioni furono comunque più di natura amministrativa che di pianificazione vera e propria, mancando una
Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
effettiva delega di poteri che viene stabilita con la promulgazione del D.P.R. n. 616/1977; i piani territoriali paesistici rimasero strumenti di applicazione discrezionale. A partire dalla fine degli anni Settanta l’EmiliaRomagna intervenne con una prima legge sul tema della tutela e dell’uso del territorio (L.R. n. 47/1978) e a distanza di dieci anni con una seconda legge (L.R. 36/1988) in tema di programmazione e pianificazione territoriale. La legge regionale n. 18/1975 sancì il riordinamento delle funzioni amministrative in materia urbanistica prevedendo che fosse compito della Regione predisporre e approvare i Piani paesistici e le relative varianti, come indicati all’art. 5 della Legge n. 1497/1939 Protezione delle bellezze naturali. L’integrazione tra urbanistica e paesaggio si riscontra a livello comprensoriale nella legge regionale n. 47/1978, che all’art. 8 stabilisce come i Piani territoriali di coordinamento comprensoriale provvedano alla “individuazione delle zone da sottoporre a speciali norme di tutela ai fini della difesa attiva del suolo, dell’ambiente e delle risorse naturali. Tali norme hanno valore di piano territoriale paesistico ai sensi dell’articolo 5 della legge 29 giugno 1939 n. 1497 e producono gli effetti di cui alla legge stessa”.1 Tuttavia solo in seguito all’entrata in vigore della Legge Galasso, n. 431 dell’8 agosto 1985, la Regione iniziò i lavori per la formazione del piano paesistico, uno strumento che considera il territorio “non solo dal punto di vista delle bellezze individue e d’insieme, come entità naturale ed estetica, ma anche dal punto di vista della fisionomia naturale del territorio, che di per se stesso, nelle sue linee forti, è un’entità considerabile solo globalmente”.2
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La successiva legge regionale n. 36/1988 stabilì che nel Piano territoriale regionale fossero individuati i “caratteri distintivi” e le “tendenze evolutive del paesaggio nonché delle componenti biotiche ed abiotiche e dei caratteri funzionali dei sistemi ambientali al fine di salvaguardare e valorizzare le risorse naturali e culturali”.3 La regione, in adempimento alla Galasso, elaborò il Piano Territoriale Paesistico Regionale come parte tematica del Piano Territoriale Regionale (PTR) e si pose come riferimento centrale per la conservazione dei paesaggi regionali, esplicitando in modo attuativo le indicazioni della legge. 4 Il Piano, adottato con D.C.R. n. 2660/1989 e definitivamente approvato il 28 gennaio 1993 con D.C.R. n. 1338, si rivolge alla stessa Regione nella sua attività di pianificazione territoriale, alle Province che nell’elaborazione dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale assumono e approfondiscono i contenuti del PTPR, e ai Comuni che garantiscono la coesione tra tutela e sviluppo attraverso i loro strumenti urbanistici. Nell’interpretazione del concetto di “paesaggio da tutelare”, la Regione estende l’elaborazione del Piano Paesistico all’intero territorio regionale ritenendo necessario promuovere una cultura di tutela ambientale e paesaggistica diffusa. In un primo tempo il piano venne annullato dalla Commissione di controllo sull’amministrazione della Regione Emilia-Romagna, che non ritenendo lo strumento idoneo a governare l’intero territorio regionale lo limitava alle aree segnalate dall’art. 1 bis della Galasso. La questione si risolse con una Sentenza della Corte Costituzionale, la quale sostenne il valore del Piano Territoriale Paesistico come strumento di pianificazione urbanistica con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali.5
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
La regione affrontò la possibilità di concepire come non contraddittorie due applicazioni di pianificazione disciplinarmente diverse, il piano territoriale e il piano paesistico, ma con un’impostazione culturale unitaria: la considerazione del territorio come sistema complesso, composto “da un insieme di parti separate da usi monofunzionali, unite dallo stesso disordine, degrado e sfruttamento edilizio e ambientale che ne ha connotato la trasformazione; parti che occorre sempre più ricomporre, riqualificare e recuperare”.6 In considerazione delle caratteristiche paesaggistiche, naturali e culturali del territorio regionale il Piano individuò “ i sistemi, le zone e gli elementi territoriali meritevoli di tutela, in quanto costituiscono gli aspetti e i riferimenti strutturanti del territorio, e stabilisce per ciascuno di essi le prescrizioni generali di tutela.” Le intenzioni degli estensori del Piano Territoriale Paesistico non furono quelle di configurare un piano settoriale ma uno strumento trasversale che dettasse indirizzi, direttive e prescrizioni a tutti i livelli della pianificazione.7 La struttura fisica e paesaggistica del territorio veniva integrata con l’assetto urbanistico mediante lo strumento della pianificazione regionale. Con la riforma urbanistica regionale introdotta dalla L.R. n. 20/2000 Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio, venne confermata la validità del Piano Territoriale Paesistico Regionale come “parte tematica del Piano Territoriale Regionale, avente specifica considerazione dei valori paesaggistici, ambientali e culturali del territorio regionale, anche ai fini dell’art. 149 del D. Lgs 29 ottobre 199, n. 490.8 Vale la pena richiamare il fatto che all’atto della promulgazione della legge regionale n. 20/2000 i
riferimenti legislativi nazionali in materia di territorio e ambiente, oltre a quelli connessi alla tutela e gestione del paesaggio, erano costituiti dal Decreto Legislativo n. 490 del 1999 Testo unico delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali, in cui all’art. 149 - comma 1, si indicava una possibile coincidenza tra Piani Territoriali e Piani Paesistici: “le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso e valorizzazione il territorio includente i beni ambientali mediante la redazione di piani territoriali paesistici o di piani urbanistico-territoriali aventi le medesime finalità.”9 Nel 2001 la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre modificò il Titolo V della parte seconda della Costituzione attribuendo allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. La valorizzazione dei beni culturali e ambientali così come il governo del territorio e la promozione e organizzazione di attività culturali sono annoverate tra le materie di competenza concorrente, per cui spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato. Nella riforma la nozione di paesaggio, nonostante l’importanza attribuitagli dall’art. 9 della Costituzione, non compare.10 In seguito alla riforma del Titolo V la regione rilevò l’esigenza di riformare la normativa in materia di governo del territorio, in particolare rispetto ai contenuti della L.R. n. 19/1998 sulla riqualificazione urbana, della L.R. n. 20/2000 sull’uso e la tutela del territorio, della L.R. n. 31/2002 sull’attività edilizia e della L.R. n. 23/2004 sulla vigilanza e controllo dell’attività edilizia. Da un oltre un decennio l’Emilia-Romagna promuove i Programmi Speciali d’Area, istituiti con la legge regionale n. 30/1996, strumenti di
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programmazione negoziata con l’obiettivo di accrescere l’integrazione tra gli enti locali, il coordinamento delle progettualità e delle risorse finanziarie.11 I programmi si applicano ad una specifica zona del territorio regionale e per un ristretto arco temporale nel quale può essere sviluppata una strategia specifica, un insieme di interventi per la valorizzazione di aree con particolari situazioni economiche, sociali, culturali ed ambientali, o per aree urbane dove sono necessari consistenti interventi di riqualificazione e recupero. I Programmi Speciali d’Area introducono un’attenzione mirata alle singole aree, eterogenee per varietà territoriale, e alla loro valorizzazione; nonostante la questione paesistica non costituisca il tema dominante di questi piani-programmi, spesso essa è al centro delle scelte progettuali, come nel caso del Programma Speciale d’Area denominato Po Fiume d’Europa.12 Il programma ha come obiettivo strategico la riorganizzazione spaziale e gestionale delle pertinenze fluviali sotto il profilo paesaggistico, ecologico e socio-economico, obiettivo che viene articolato in tre temi: il paesaggio e la qualità ambientale, le attività socio - economiche, la valorizzazione dell'entroterra. Lo stesso ambito territoriale del Programma Po Fiume d’Europa è inserito tra i Progetti di tutela recupero e valorizzazione che si inquadrano nel contesto tecnico e normativo definito dall’art. 32 delle norme del Piano Territoriale Paesistico Regionale.
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Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
Dove stiamo andando? Situazione post Codice: permanenze, innovazioni concettuali e revisioni strumentali
Figura 1. Quadro d’unione dei Programmi Speciali d’Area della regione Emilia-Romagna.
La riforma urbanistica dell’Emilia-Romagna attuata con la legge regionale n. 6/2009 e la recente legge regionale n. 23/2009 in materia di paesaggio succedono temporalmente la fase di ridisegno della normativa statale avviata con l’emanazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio13. La precedente legge urbanistica regionale n. 20/2000 anticipò di alcuni anni la promulgazione del Codice (decreto legislativo n. 42/2004) e la disciplina non venne integrata con le disposizioni statali fino all’emanazione delle leggi del 2009. Tuttavia il rinnovamento del quadro normativo regionale in materia di governo del territorio considerò sempre più il tema del paesaggio nella definizione degli obiettivi di qualità territoriale, per la pianificazione di settore e la valutazione degli effetti degli interventi. La volontà di rinnovamento si esplicitò anche nella progettazione del paesaggio, attraverso la promozione di progetti integrati di tutela e valorizzazione.14 La legge regionale n. 16/2002 sul recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e del paesaggio estese il concetto di riqualificazione anche al territorio extraurbano e tra i suoi obiettivi annoverò l’eliminazione delle opere incongrue rispetto al contesto paesaggistico. La legge regionale n. 31/2002 istituì la Commissione per la qualità architettonica e del paesaggio, dedicata alla valutazione degli effetti degli interventi sul contesto paesaggistico, analogamente alle Commissioni locali per il paesaggio contemplate dal Codice.15
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La stessa legge n. 31/2002 sancì l’avvio di un percorso di collaborazione e concertazione istituzionale prevedendo uno specifico Accordo tra la regione, il Ministero per i Beni e le attività culturali e l’Associazione delle Autonomie locali per il riordino della gestione delle tutele paesaggistiche. 16 Le disposizioni previste dall’Accordo, sottoscritto il 9 ottobre 2003, anticiparono di alcuni mesi il Codice Urbani pur essendo in sintonia con esso nei contenuti sostanziali: nella pianificazione condivisa, nella definizione di un quadro strumentale univoco e condiviso, nell’integrazione degli strumenti di tutela.17 Tra le principali attività previste dall’Accordo è interessante citare la promozione di “Progetti pilota”, rivolti alla realizzazione di obiettivi di qualità paesistica, allo scopo di formulare linee guida e buone pratiche da estendere ai vari contesti del territorio. Linee guida che il piano paesaggistico può individuare, così come indicato dal Codice, per la conservazione, il recupero, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale.18 Le disposizioni legislative introdotte dal Codice dei beni culturali e del paesaggio delineano una definizione chiara delle competenze nella tutela, gestione, valorizzazione del patrimonio culturale, e richiedono un immediato intervento legislativo circa l’efficacia del Piano Territoriale Paesistico Regionale e il procedimento di approvazione delle varianti allo stesso. La competenza in materia di pianificazione paesaggistica, come richiamato precedentemente, venne trasferita alle Regioni già con il D.P.R. n. 8 del 1972. Il Codice affida congiuntamente anche allo Stato, non solo alle regioni, il compito di
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
assicurare la conoscenza, la salvaguardia, la pianificazione e la gestione del territorio.19 Il Codice stabilisce per le regioni, in conformità ai suoi contenuti, l’obbligo di verifica e adeguamento dei piani paesaggistici, oltre all’assunzione di un maggior ruolo di orientamento, promozione e supporto per l’esercizio delle funzioni attinenti alle politiche di salvaguardia del paesaggio. Per adeguare la propria normativa in materia di paesaggio il Codice prevede che le regioni possano seguire due strade: siglare protocolli d’intesa, per scrivere il nuovo piano congiuntamente al ministero per i Beni e le Attività Culturali, ministero dell’Ambiente e Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio della regione, oppure decidere di limitare la co-pianificazione alle sole aree vincolate. Quest’ultima è la via intrapresa dall’Emilia-Romagna dove è in atto il tavolo di copianificazione, che ha portato alla revisione dello strumento paesaggistico in vigore dal 1989, in base all’Accordo del 2003 e quindi precedente al varo del Codice, pertanto si rende necessario provvedere alla sottoscrizione di una nuova intesa.20 La legge regionale n. 6/2009 Governo e riqualificazione solidale del territorio provvede al riordino della disciplina urbanistica dell’EmiliaRomagna in un unico corpus normativo, opera la revisione dei contenuti e del ruolo degli strumenti di pianificazione. 21 Il provvedimento ridisegna nuove regole urbanistiche per il territorio emiliano-romagnolo e raccorda aggiornandoli due precedenti leggi regionali (n. 19/1998 e n. 20/2000). Dal testo di legge si evince il consolidamento della natura di indirizzo strategico del Piano Territoriale Regionale, il cui quadro conoscitivo è riferimento necessario per la costruzione degli scenari di sviluppo sostenibile del territorio. Per quanto
riguarda la pianificazione provinciale si rafforza nei Piani Territoriali di Coordinamento la competenza di definire l’assetto del territorio per le tematiche di scala sovra comunale, che attengono ai seguenti sistemi: paesaggio, ambiente, infrastrutture per la mobilità, poli funzionali e insediamenti commerciali e produttivi di rilievo sovra comunale, sistema insediativo e servizi territoriali di interesse provinciale e sovra comunale.22 In materia di paesaggio e pianificazione paesistica la regione accoglie quanto contenuto all’art. 158 del Codice, che rimette alle regioni l’emanazione di apposite disposizioni di attuazione del Codice stesso, nella formulazione della legge regionale Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio. Modifica della Legge Regionale 24 marzo 2000, n. 20 (L.R. n. 23 del 30 novembre 2009). Il provvedimento integra la legge regionale n. 20/2000 con il nuovo Titolo III bis intitolato Tutela e valorizzazione del paesaggio. Sottolinea l’importanza del paesaggio quale componente essenziale del contesto di vita della popolazione, espressione della identità culturale e dei valori storico-testimoniali, naturali, morfologici ed estetici del territorio. Indica come la tutela e la valorizzazione del paesaggio debbano avere un approccio integrato ed essere assunte come riferimento nella definizione delle politiche territoriali, nella riqualificazione del paesaggio urbano ed extraurbano, indirizzando le azioni progettuali verso il recupero delle aree compromesse e degradate. La legge regionale adegua alle disposizioni del Codice la definizione del Piano territoriale paesistico regionale, piano che costituisce parte tematica del PTR con riferimento all’intero territorio regionale, quale piano urbanistico-territoriale avente specifica
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considerazione dei valori paesaggistici, storicotestimoniali, culturali, naturali, morfologici ed estetici.23 Al consolidato strumento del Piano paesistico, confermato nella struttura e nei contenuti essenziali, si affianca un percorso progettuale teso alla valorizzazione delle specificità paesaggistiche che connotano il territorio regionale. Si conferma la delega ai Comuni delle funzioni amministrative in materia di gestione della tutela del paesaggio, attribuite con la legge regionale n. 26/1978, in attuazione dell’art. 146, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio dove viene ribadito che i Comuni devono assicurare un “adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”.24
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L’aggiornamento del Piano paesistico regionale Dalla riorganizzazione dell’assetto normativo regionale in materia di paesaggio e governo del territorio consegue l’adeguamento del Piano paesistico regionale, di cui viene confermata la struttura originale, in sinergia con l’elaborazione del nuovo Piano Territoriale Regionale.25 Tale aggiornamento assume il paesaggio come elemento strategico di riferimento e articola la propria azione su tre assi strutturali principali: la tutela del paesaggio, attuata dal Piano Territoriale Paesistico regionale e dal sistema di pianificazione provinciale e comunale; la valorizzazione e la riqualificazione del paesaggio, attraverso progetti integrati basati su obiettivi comuni piuttosto che riferiti a competenze amministrative; la vigilanza sulle trasformazioni mediante l’azione di monitoraggio svolta dall’Osservatorio regionale del Paesaggio sull’attuazione della pianificazione paesaggistica. 26 All’Osservatorio è affidato il compito di restituire un rapporto periodico sull’attività di pianificazione e dei suoi effetti sul paesaggio verificandone le ricadute a scala provinciale e locale. Il riordino della materia paesistica in base alla legge regionale n. 23/2009 conferma la validità del sistema della pianificazione paesaggistica che ha caratterizzato l’esperienza regionale, fondato sull’articolazione e lo sviluppo a scala provinciale e comunale delle scelte del piano regionale. L’aggiornamento del Piano territoriale paesistico è articolato sul costante rapporto tra la Regione e le Province, in entrambe le direzioni; non va ad interessare le norme di piano e la delimitazione delle zone, mentre è in corso una verifica dei vincoli, di ogni genere, finalizzata anche all’integrazione con i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale.
Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
Figura 2. Schema di riferimento per la gestione integrata del paesaggio, obiettivo dell’aggiornamento del PTPR.
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Integrazione strutturale e funzionale dei livelli di tutela, riconoscimento dell’importanza del ruolo della partecipazione, definizione di obiettivi di qualità e strumenti di gestione attiva del paesaggio: questi i temi su cui si basa l’aggiornamento del piano. Il PTPR è oggi inteso come “piano delle condizioni”27, i cui presupposti analitici e normativi mantengono la validità all’interno di una politica per il paesaggio unitaria e condivisa, che ha l’obiettivo di migliorare la qualità dei paesaggi regionali in relazione ai bisogni sociali ed economici della società tramite la salvaguardia e il rafforzamento dei valori identitari e la gestione sostenibile del paesaggio. Si riconferma per il PTPR il compito di individuare, analogamente alle Unità di paesaggio indicate nel 1989, gli ambiti paesaggistici costituiti da un insieme eterogeneo di elementi, contesti e parti del territorio unitariamente percepite.28 Per ciascuna ambito il PTPR è chiamato a precisare degli obiettivi di qualità paesaggistica, al fine di migliorare la qualità complessiva del territorio e diminuire il consumo di suolo. Il Piano conferma ciò che già dalla sua prima formulazione richiedeva alla pianificazione provinciale e agli strumenti urbanistici comunali: l’approfondimento e l’attuazione dei contenuti del piano paesistico, in relazione ai caratteri dei paesaggi locali. Le Province e i Comuni hanno infatti la facoltà di precisare, modificare e articolare motivatamente zone e norme al fine di adattarle alle caratteristiche locali, estendendone l’applicazione anche a tipologie e ambiti non considerati dal Piano regionale. Per effetto del sistema di pianificazione previsto le cartografie e le normative dei Piani Territoriali di
Coordinamento Provinciale, in materia di paesaggio, sostituiscono di fatto quelle del Piano Territoriale Paesistico Regionale. La politica territoriale che la Regione persegue affida la sua azione non solo al Piano paesaggistico ma a molteplici attività, dalla formazione professionale alla predisposizione di strumenti applicati a diversi contesti e diverse scale territoriali.29 In questi anni di attività post-Piano Paesistico sono stati elaborati numerosi progetti di tutela e valorizzazione finanziati dalla Regione, in merito a tematiche sia ambientali, sia storiche e culturali. Progetti che attuando gli obiettivi della pianificazione paesaggistica regionale e provinciale hanno concretizzato sul territorio forme di valorizzazione del paesaggio. 30 Dal Piano ai progetti: buone pratiche e progetti di valorizzazione Dall’anno della sua entrata in vigore il Piano Territoriale Paesistico Regionale individua alcune aree da sottoporre a riqualificazione tramite specifici progetti di tutela, recupero e valorizzazione ed “aree studio” (art. 49 della legge regionale n.20/2000 e art. 32 delle Norme del PTPR), da promuovere con azioni regionali o da incentivare fornendo aiuti finanziari alle Province e ai Comuni. Questi progetti regionali interessano in particolare le strutture ambientali e architettoniche che costituiscono il sistema paesaggistico regionale, quali la Costa adriatica, la via Emilia, il Po e l’Appennino. Dall’approvazione del Piano paesistico sono stati elaborati 65 progetti di tutela e valorizzazione, interessando tematiche ambientali, storiche, culturali ed in particolare i paesaggi sensibili quali i paesaggi fluviali, costieri, naturali protetti.
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Da un punto di vista tecnico si configurano come “progetti di sistema o piani d’azione, in quanto non prospettano la progettazione di singole opere, ma la definizione di nuovi assetti funzionali e gestionali volti al miglioramento della qualità paesaggistica e di fruizione del territorio. Assetti strettamente connessi e integrati al complesso di azioni già individuate dal PTPR (come la necessità di intervenire nei tratti dei corsi d'acqua in attraversamento delle grandi conurbazioni della via Emilia e della costa riminese), o dettate dall’evidenza degli effetti che lo sviluppo, nel suo complesso, determina sugli equilibri paesaggistici delle aree di pianura e dei margini urbani, sempre più interessati da un’aggressiva e omologante trasformazione indotta dalla diffusione insediativa e infrastrutturale.”31 I progetti possono essere suddivisi in sette temichiave o modelli di interpretazione: - il paesaggio condiviso: progetti di partecipazione e integrazione - le vie d’acqua: valorizzazione e promozione degli ambienti fluviali e dei sistemi idraulici - il paesaggio organico: gestione integrata e concertata per ambiti territoriali complessi - le trame verdi: riqualificazione ecologica e tutela attiva dei paesaggi locali - percorrere il paesaggio: fruizione come opportunità di valorizzazione territoriale - i valori della storia: valorizzazione e recupero delle espressioni testimoniali - il paesaggio agricolo: nuove identità ambientali per il territorio rurale
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Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
Figura 3. Progetto Po, Fiume d’Europa (1999-2001). Stralcio della rete ecologica polivalente. Il progetto prefigura uno scenario di trasformazione che combina le regole del territorio con quelle del paesaggio e dell’ecosistema, in una visione organica e condivisa del territorio. Definisce un modello di rete ecologica polivalente che risponde a molteplici finalità: ottimizzazione delle funzionalità ecologiche, traduzione della rete in neo-ecosistemi realizzabili, sviluppo delle potenzialità economiche, coerenza con la rete territoriale di riferimento.
Tra i vari progetti realizzati, il progetto d’iniziativa regionale “Po, fiume d'Europa” rappresenta un’esperienza pilota poiché ha trovato sviluppo ed attuazione unitaria nell'omonimo Programma d’area regionale, la cui strategia è quella di assicurare l’assetto spaziale e gestionale proposto dal Progetto Po. In riferimento ai progetti di tutela e valorizzazione del paesaggio la regione Emilia-Romagna partecipò al programma di finanziamento europeo LIFEEconet (1999-2003), insieme alle Province di Bologna e Modena, con l’obiettivo di sperimentare metodi di pianificazione, progettazione e realizzazione delle reti ecologiche nei rispettivi territori di competenza. Collegare le aree naturali sul territorio in una rete ecologica per tutelare gli habitat, le specie animali e vegetali e per migliorare la qualità dell’ambiente anche per l’uomo, questi gli obiettivi principali del progetto. In seguito al rinnovamento culturale favorito dalla Convenzione Europea del Paesaggio, la Regione avvia l’elaborazione di una strategia per la qualificazione dei paesaggi ordinari, al fine di superare le forme tradizionali di tutela grazie a nuovi strumenti di integrazione delle politiche e dei progetti di settore. Attraverso il progetto europeo PAYS.DOC - Buone pratiche per il paesaggio la
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Regione intraprende una serie di attività che forniscono elementi di conoscenza del paesaggio attraverso pubblicazioni divulgative che possono costituire utili forme di comunicazione delle esperienze regionali.32 All’interno di questo contesto si colloca “Paesaggi in Divenire. L’Atlante dei paesaggi dell’EmiliaRomagna ” che fotografa il paesaggio regionale e le dinamiche di cambiamento in corso. L’attività di definizione di un metodo condiviso per l’osservazione del paesaggio mediterraneo nella sua diversità si traduce nella realizzazione di descrizioni secondo criteri comuni, che nel caso dell’Emilia-Romagna porta alla definizione di 35 schede descrittive rappresentative del paesaggio regionale. I paesaggi regionali sono individuati a partire da alcuni punti di osservazione privilegiati che pongono al centro dell’indagine i caratteri strutturanti del paesaggio e le sue principali dinamiche di trasformazione. Ogni scheda esplora un contesto paesaggistico e lo traduce in una rappresentazione fotografica di sintesi, una scelta paradigmatica del tema che si intende affrontare nel contesto analizzato. Attraverso queste schede vengono ricostruite le sequenze di paesaggi che connotano il territorio regionale. Altre rappresentazioni ne descrivono gli elementi caratterizzanti, il ritmo delle trasformazioni, l’entità degli effetti che tali trasformazioni hanno sulla modificazione o creazione di nuovi paesaggi.33 Nell’ambito del progetto PAYS.DOC la Regione promuove due ricerche originali volte a contribuire alla conoscenza dei paesaggi regionali, alla divulgazione della cultura del paesaggio e a fornire esempi e suggerimenti per operare le trasformazioni sui paesaggi nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile. Le ricerche, pubblicate in
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quaderni, riguardano: “Agricoltura urbana”, una proposta di diffusione dell’agricoltura urbana come strumento di riqualificazione delle periferie, per il miglioramento della qualità paesaggistica dei luoghi urbani e della vita sociale nella città, accompagnata dalla presentazione di una selezione internazionale di casi esemplari. “Nuovi paesaggi costieri”, una proposta di percorsi di rigenerazione urbana e paesaggistica per le località costiere, densamente urbanizzate ed interessate dal turismo balneare di massa, mediante lo studio di piani, programmi e progetti, realizzati e in corso, sulle coste mediterranee ed europee.
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Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
Figura 4. Paesaggi in divenire. Atlante dei paesaggi dell’Emilia Romagna. Ricostruzione del mosaico dei paesaggi regionali attraverso l’individuazione di 35 punti di osservazione, descrittivi e rappresentativi del territorio.
Riflessioni L’esperienza condotta finora dall’Emilia-Romagna ha promosso una gestione del paesaggio e del territorio seguendo una visione territoriale articolata e partecipata. I piani provinciali hanno un ruolo centrale nella definizione delle politiche per il paesaggio. In continuità con la direzione che l’Emilia-Romagna ha portato avanti dal 1986, è il mosaico dei paesaggi restituito dai piani provinciali che si configura oggi come l’aggiornamento dei PTPR e diviene elemento di raccordo tra gli strumenti settoriali di pianificazione e di tutela. Il piano provinciale, in attuazione dell’art. 24 della L.R. 20/2000, assume valore di piano paesistico, una volta approvato in conformità al piano regionale.34 L’attuazione del PTPR ad opera dei piani provinciali e comunali è concepita come un approfondimento ed uno sviluppo del Piano regionale. Province e comuni hanno infatti la facoltà di precisare, modificare ed articolare motivatamente zone e norme al fine di adattarle alle effettive caratteristiche ed alle esigenze di tutela e valorizzazione locali, estendendone l'applicazione anche a tipologie e ambiti non considerati dal PTPR. Confermando l’impostazione originaria del piano, nell’aggiornamento dello stesso la regione prefigura uno strumento costituito dall’insieme dei piani di coordinamento, in opposizione al modello unitario di Piano Paesistico previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, art. 143. Il processo evolutivo di decentramento del Piano Territoriale Paesistico regionale alle province e ai
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
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comuni necessita della direzione di “ritorno”, ovvero di convergenza, verifica e assimilazione dei contenuti e obiettivi legati alle specificità locali in uno strumento unitario. 35 L’autonomia dei comuni, così come i numerosi progetti regionali e l’adesione ad iniziative internazionali distribuiti in modo eterogeneo sul territorio, si configurano come strumenti attraverso i quali sperimentare le collaborazioni tra gli enti locali e delineano una situazione di forte interesse e fermento in materia di paesaggio. Se da un lato la modalità di articolazione e approfondimento delle tematiche paesistiche a scala locale è un effetto positivo della struttura prevista dalla Regione, in termini di consapevolezza, conoscenza e attenzione al paesaggio, dall’altro si pone in rilievo l’esigenza di un controllo d’insieme, di un quadro unitario che al momento sembra mancare. Le considerazioni di cui sopra lasciano intuire come sia auspicabile che le nuove iniziative progettuali in campo paesaggistico alla scala locale siano integrate, in modo sinergico e coerente, con tutti gli altri strumenti della tradizione paesistica dell’Emilia-Romagna.
Figura 5. Paesaggi in divenire. Atlante dei paesaggi dell’Emilia Romagna. Sequenza di paesaggio del litorale: la forma di rappresentazione utilizzata ricostruisce l’articolazione dei temi rilevanti per i diversi sistemi geografici identificati nella regione, tra cui la costa, la pianura fluviale, la pianura urbanizzata, la collina e la montagna.
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BOX – LEGGI E PIANI – EMILIA ROMAGNA
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BOX – QUADRO DEGLI ELEMENTI GEOGRAFICI – EMILIA ROMAGNA
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Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
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Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
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Riferimenti iconografici
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Figura 1: tratta dal sito http://www.regione.emiliaromagna.it/pda/psa.asp Figura 2: GIANCARLO POLI, Dal Piano delle condizioni alla politica per il paesaggio. Verso l’adeguamento del piano paesaggistico, Regione Emilia-Romagna, Assessorato alla Programmazione e Sviluppo Territoriale, 30 giugno 2009. Immagine tratta dal sito http://www.regione.emiliaromagna.it/ptr/ Figura 3: tratta dal sito http://www.regione.emiliaromagna.it/paesaggi/ptpr/po.htm Figura 4: MARANGONI BARBARA (a cura di), Paesaggi in divenire. Atlante dei paesaggi dell’Emilia Romagna. http://www.regione.emiliaromagna.it/paesaggi/europa/PID.pdf Figura 5: MARANGONI BARBARA (a cura di), Paesaggi in divenire. Atlante dei paesaggi dell’Emilia Romagna. http://www.regione.emiliaromagna.it/paesaggi/europa/PID.pdf
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Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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“Delle vaste località incluse nell'elenco di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 1 della presente legge, il Ministro per l'educazione nazionale ha facoltà di disporre un piano territoriale paesistico, da redigersi secondo le norme dettate dal regolamento e da approvarsi e pubblicarsi insieme con l'elenco medesimo, al fine di impedire che le aree di quelle località siano utilizzate in modo pregiudizievole alla bellezza panoramica.” Art. 5 della legge n. 1497/1939.
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Significato e attuazione dei Piani Paesistici, Tavola Rotonda 1 ottobre 1985, in ACER n. 6, novembredicembre 1985. 3 L.R. n. 36/1988, art. 5. In base alla suddetta legge regionale il Consiglio regionale adotta il PTR con deliberazione consiliare n. 2609/1989, piano che viene approvato con deliberazione consiliare n. 3065 del 28 febbraio 1990, secondo le proposte contenute nella deliberazione di Giunta regionale n. 196 del 31 gennaio 1990. 4 Legge n. 431/1985, art. 1 bis. La legge Galasso impose alle regioni di dettare una specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale per il proprio territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali. 5 La Sentenza della Corte Costituzionale n. 327 del 1990 stabilì che il piano paesistico adottato nel 1989 era da inquadrarsi nell’ambito degli strumenti di pianificazione urbanistica, in particolare nella categoria dei piani urbanistici territoriali di cui all’art. 1 bis della legge n. 431/1985 e dei piani territoriali stralcio di cui all’art. 4, secondo comma della legge regionale n. 47 del 1978, e come tale poteva estendere la propria operatività a tutto il territorio regionale. 6 Regione Emilia-Romagna, Piano territoriale paesistico regionale. Relazione illustrativa, Assessorato ediliziaurbanistica, 1990, pag.7. 7 Norme di Attuazione del PTPR, art. 4 Efficacia del Piano: il Piano detta disposizioni, riferite all’intero territorio regionale, consistenti in: a) indirizzi; b) direttive; c) prescrizioni. “Gli indirizzi costituiscono norme di orientamento per l'attività di pianificazione e programmazione della Regione, delle Province, dei Comuni, nonché degli altri soggetti interessati dal presente Piano. […] Le direttive costituiscono norme operative che debbono essere osservate nell'attività di pianificazione e di programmazione regionale o subregionale, nonché per gli atti amministrativi regolamentari regionali o subregionali. Le prescrizioni
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
costituiscono norme vincolanti, relative a sistemi, zone ed elementi esattamente individuati e delimitati dalle tavole […], ovvero esattamente individuabili in conseguenza delle loro caratteristiche fisiche distintive, che prevalgono automaticamente nei confronti di qualsiasi strumento di pianificazione, di attuazione della pianificazione e di programmazione regionale o subregionale e sono immediatamente percettive. 8 Legge Regionale n. 20/2000, art. 24 Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR). 9 Il Testo Unico accomuna sotto la locuzione “beni ambientali”, definiti secondo l’art. 148 del D. Lgs n. 112/1998, sia quelli sottoposti a vincolo ai sensi della legge n. 1497/1939 sia le aree individuate dalla legge Galasso, pur inserendo al Titolo II anche i beni paesaggistici. Decreto Legislativo n. 112/1998, art. 148: si intendono per beni culturali, quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà; si intendono per beni ambientali quelli individuati in base alla legge quale testimonianza significativa dell’ambiente nei suoi valori naturali o culturali. 10 SALVATORE SETTIS, Un pò di storia e le aporie irrisolte di un rapporto difficile alla vigilia di un passaggio importante: la revisione del Codice, da la Repubblica, 27 novembre 2007. 11 Legge regionale n. 30 del 19 agosto 1996, Norme in materia di Programmi Speciali d’area. La prima generazione dei Programmi Speciali d´area, attivati con la D.G.R. n. 538 del 1997 e D.G.R. n. 699 del 1999, sono stati sperimentati in 9 zone del territorio regionale ed hanno coinvolto la totalità delle Amministrazioni Provinciali. Nel 2002, con la D.G.R. n. 669, sono state individuate ulteriori sette aree territoriali (seconda generazione dei Programmi Speciali d´area). Nel 2006 sono state attivate le procedure per la formazione di due nuovi Programmi d’area. 12 Il programma interessa tutti i comuni rivieraschi del Fiume Po delle province di Piacenza, Parma e Reggio
Emilia e quattro comuni dell’entroterra parmense per un totale di 24 Comuni. 13 D. Lgs n. 42 del 22 gennaio 2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della L. n. 137 del 6 luglio 2002 e così come modificato dai decreti legislativi n. 156 e 157 del 24 marzo 2006, nonché dai decreti legislativi n.62 e 63 del 26 marzo 2008. 14 Legge regionale n. 20/2000, art. 49. 15
La Commissione locale per il paesaggio introdotta dal Codice (art. 148) come struttura a supporto degli enti locali titolari di subdelega per l’autorizzazione paesaggistica, ha il compito di formulare un giudizio di compatibilità paesaggistica relativamente alle proposte progettuali che accompagnano le richieste di autorizzazione. Il ruolo e la struttura della Commissione hanno subito modifiche rispetto alla prima versione del Codice del 2004; in particolare è interessante ricordare le innovative modifiche apportate nel 2006 che attribuirono alle Commissioni una competenza per ambiti sovra comunali, modifica non mantenuta dalle integrazioni apportare al Codice nel 2008 e attualmente vigenti. 16 L’Accordo costituisce il riferimento amministrativo sulla base del quale si è instaurato un dialogo permanente di confronto, collaborazione e sperimentazione di attività, intese e progetti finalizzato alla condivisione di approcci e strumenti per la tutela e la gestione del paesaggio. 17 La Circolare del Direttore Generale alla programmazione territoriale dell’Emilia-Romagna, del 12 maggio 2004, nel fornire indicazioni operative sull’applicazione del Codice Urbani rimanda ai contenuti e alle indicazioni dell’Accordo per quanto riguarda l’attuazione delle innovazioni fissate dal Codice, ed in particolare relativamente alle forme di collaborazione tra gli Enti e alle modalità di valutazione e di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. 18 Codice dei Beni culturali e del paesaggio, come modificato dal D. Lgs n. 63/2008. Nella prima versione del 2004 il Codice parlava di “progetti”, termine poi sostituito con “linee-guida”.
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D. Lgs. Del 26 marzo 2008, n. 62 - Art. 135, comma 1: […]le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati “piani paesaggistici”. L’elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art. 143. 20 D. Lgs. Del 26 marzo 2008, n. 62 - Art. 143, comma 2: Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall’art. 135, comma 1, terzo periodo. 21 La legge Governo e Riqualificazione solidale del territorio è stata approvata dall’Assemblea legislativa il 30 giugno 2009 e pubblicata sul BUR n. 116 del 7 luglio 2009. Il progetto di legge conteneva nel Titolo III bis – Tutela e valorizzazione del paesaggio, innovazioni in materia di paesaggio e pianificazione paesistica. Rispetto alla prima stesura il testo di legge è stato rivisto: si è stralciata la sezione dedicata al paesaggio che diviene oggetto di una apposita legge. Inoltre, sempre rispetto alla prima stesura, sono state recepite solo le principali disposizioni di aggiornamento delle leggi regionali sull’edilizia (n. 31 del 2002 e n. 23 del 2004) prediligendo le norme per l’applicazione dell’Intesa tra Stato, Regione ed Enti locali finalizzata al rilancio dell’attività edilizia. 22 L.R. n. 6/2009, art. 12 e art. 27. 23
Cfr. L.R. 23/2009, art. 40-quater e Codice dei beni culturali e del paesaggio e s.m.i., art. 135. 24 Con la Determinazione del Direttore Generale Programmazione territoriale e negoziata, intese. Relazioni europee e relazioni internazionali n. 16673 del 31 dicembre 2008 è stata approvata la prima fase della verifica regionale dei Comuni in possesso dei requisiti di competenza tecnico-scientifica e di organizzazione per l’esercizio della funzione amministrativa di rilascio
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dell’autorizzazione paesaggistica, ai sensi del D. Lgs. 24 gennaio 2004, n. 42, e s.m.i. 25 Attualmente è in corso l’adeguamento del PTPR in collaborazione con il Ministero dei beni culturali e la direzione generale per i Beni culturali e paesaggio, ai sensi del Codice. 26 Legge regionale n. 23/2009 Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio - Art. 40-octies. 27 Regione Emilia-Romagna, Planning Center - Archivio regionale della pianificazione, http://www.regione.emiliaromagna.it/wcm/planningcenter/index.htm 28 Legge regionale n. 23/2009, art. 40-quater, comma 4. 29
La Regione è membro fondatore della RECEP, la Rete Europea degli Enti locali e regionali per l’attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio, costituita a Strasburgo presso il Consiglio d’Europa il 30 maggio 2006. 30 L’Emilia-Romagna è partner del progetto LOTO – Landscape Opportunities for Territorial Organization, ed ha sperimentato il percorso di progetti-pilota e delle linee guida soprattutto attraverso forme di collaborazione tra istituzioni e di partecipazione delle comunità locali. Cfr. LOTO. Nuovi strumenti per la gestione del paesaggio (Ambiti, Contesti /Buone pratiche), Regione Emilia Romagna, Bologna 2005. 31 REGIONE EMILIA-ROMAGNA, Progetti di paesaggio. Idee ed esperienze nella programmazione regionale, 2007, pag. 5. I progetti di tutela e valorizzazione illustrati nella pubblicazione propongono l’intero panorama delle esperienze progettuali attivate nel periodo che va dal 1993 al 2003 nell’ambito degli specifici programmi di finanziamento regionale. 32 Il progetto PAYS.DOC – BUONE PRATICHE PER IL PAESAGGIO è cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Interreg IIIB, area MEDOC, ed ha come obiettivo generale lo sviluppo e la sperimentazione dei contenuti della Convenzione Europea del Paesaggio e dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE) nelle politiche territoriali. Il progetto si
Emilia-Romagna. Dal Piano ai progetti, la necessità di una visione d’insieme
sviluppa in continuità con il percorso intrapreso da tempo dalla Regione Emilia-Romagna in materia di paesaggio. 33 BARBARA MARANGONI (a cura di), Paesaggi in divenire. Atlante dei paesaggi dell’Emilia Romagna, Regione EmiliaRomagna 2007. 34
Cfr. legge regionale n. 23/2009 art. 40-bis, comma 4.
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A questo proposito Italia Nostra presentò alcune osservazioni alla Proposta di Legge in materia di paesaggio della regione Emilia-Romagna, oggi divenuto legge a tutti gli effetti ( l.r. n. 23/2009). Secondo Italia Nostra il Piano paesistico, come concepito nel testo normativo regionale, si esporrebbe a rilievi di legittimità costituzionale. (ITALIA NOSTRA, Il paesaggio dell’Emilia Romagna o della tutela indebolita, pubblicato su www.eddyburg.it) 36 Le immagini utilizzate per il box geografico sono tratte dai seguenti documenti: DGR 16 febbraio 2005 n. 360, Allegato SCHEMA DI SVILUPPO DEL TERRITORIO REGIONALE - DOCUMENTO PRELIMINARE, Opzioni strategiche per l’aggiornamento del PTR vigente; Regione Emilia Romagna, Integrazione al Quadro conoscitivo del Piano Territoriale Regionale dell’Emilia Romagna, febbraio 2007. Fonte dei dati: www.regione.emilia-romagna.it/statistica/
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La pianificazione paesaggistica delle regioni
Paesaggi in filiera. Il percorso toscano
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Landscapes in chain. The Tuscan way
Emanuela Morelli con Michele Ercolini, Carlo Natali*
abstract Fin dai suoi esordi la Regione Toscana ha fatto la scelta di cercare di integrare la tutela e la conservazione del paesaggio all’interno della pianificazione territoriale e di costituire una “filiera” tra i vari livelli di pianificazione (regionale, provinciale, comunale). In questo contesto nasce il nuovo Piano Paesaggistico regionale che è parte integrante del PIT (Piano di indirizzo Territoriale regionale). Grazie ad uno specifico accordo tra il Ministero e la Regione Toscana è possibile superare l’iter gerarchico istituito dal Codice che vede la Regione quale unica artefice del PPR: qui difatti viene riconosciuto che tutti i livelli di pianificazione contribuiscono e sono responsabili dell’attuazione del piano paesaggistico, rispettando così la coesione, il modello di governance tipico regionale.
abstract Since its foundation the Regione Toscana (Tuscan Region) has chosen to integrate both the protection and conservation of landscape within its territorial planning and to build a “chain” among the different planning levels (regional, provincial and urban/municipal). It is in this context that the new regional landscape plan, which is part of the PIT (Territorial Address Plan of Region), is born. Thanks to a specific agreement between the Ministry and the Regione Toscana, the hierarchical process established by the “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” has been overcome as it is acknowledged that all levels of planning contribute and are responsible for the implementation of the landscaping plan, thereby the cohesion, the typical model of regional governance is respected.
parole chiave Regione Toscana, piano paesaggistico regionale, filiera.
key-words Regione Toscana (Tuscan landscape plan, chain.
Region),
regional
* Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di urbanistica e Pianificazione del Territorio.
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Gli esordi della pianificazione regionale toscana: dal sistema delle aree protette al riconoscimento del paesaggio quale invariante strutturale Con il DPR n. 616/77 le Regioni assumono la delega nell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio e la Regione Toscana si attiva fin da subito in tale direzione elaborando alcuni studi per approfondire la conoscenza del proprio paesaggio e ambiente. In particolare lo studio “Aree verdi e tutela del paesaggio”, coordinato da Giuseppe Barbieri, pone le basi per la formazione del sistema regionale di aree protette, ufficialmente poi approvato con la L.R. 52/82 “Norme per la formazione del sistema delle aree protette, dei parchi e delle riserve naturali” (modificata con la legge L.R. 25/87 e successivamente abrogata con la legge 49/95), che ha appunto lo scopo di tutelare “l’ambiente, la natura, il paesaggio e il patrimonio storico-artistico”2 (art.1). In netto anticipo rispetto alla legge nazionale 431/85, questa legge regionale adotta la perimetrazione di potenziali aree protette, con l’obiettivo non tanto di “vincolare” quanto piuttosto di arrivare a gestire e “progettare” un uso compatibile, per conservare e tutelare le risorse presenti. Perimetrazione che Province e Comuni hanno il compito di confermare anche attraverso rettifiche (integrazioni o modifiche), in modo da integrare la tutela del paesaggio alla pianificazione ordinaria, cominciando a mettere in discussione l’efficacia del “vincolo” come strumento per la conservazione di paesaggi. A seguito della Legge Galasso, con il DCR n. 296/88, il sistema di aree verdi assume il ruolo di Piano paesaggistico diviso in quattro categorie3, mentre
Paesaggi in filiera. Il percorso toscano
con la L.R. 4/90 viene resa ancor più esplicita la volontà di non trattare la tutela del paesaggio e dell’ambiente con approccio settoriale, ma piuttosto di interpretare la pianificazione ordinaria come la principale responsabile della gestione dei valori paesistici e ambientali. In questo senso, la Legge regionale 4/90 sostiene fermamente due principi strategici: “l’unitarietà del territorio e l’unitarietà della pianificazione e del suo processo di costruzione e gestione, che non può essere distinta tra paesaggistica, territoriale e urbanistica; la tutela dell’ambiente, che non può essere solo limitata alle aree protette o tutelate, ma deve essere estesa a tutto il territorio”4. Nel corso degli anni Novanta, la Regione continua a promuovere numerosi studi in materia di paesaggio che nel loro complesso andranno poi a fornire una parte significativa del bagaglio culturale per la redazione del quadro conoscitivo del secondo PIT avente valenza di Piano paesaggistico regionale. La Legge Regionale 5/95, “Norme per il governo del territorio”, prosegue nell’approccio integrato tra tutela e pianificazione ordinaria, al fine di garantire la salvaguardia delle risorse essenziali del territorio5, tra cui il paesaggio, individuate come “invarianti strutturali” (art. 5). “Paesaggio” quindi come invariante strutturale, ovvero non più passivamente sottoposto a vincolo, ma invariante in quanto soggetto attivo, capace di assumere un ruolo cardine nel e per il governo delle trasformazioni, per la tutela e per la qualità dei luoghi. La Legge 5/95 definisce, inoltre, specifiche competenze paesaggistiche per i tre livelli di pianificazione (regionale, provinciale e comunale), vale a dire:
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Il PIT, Piano di Indirizzo Territoriale regionale: contiene prescrizioni in ordine alla pianificazione urbanistico-territoriale, con specifica considerazione dei valori paesistici ai sensi della Legge 8 agosto 1985, n. 431 (art. 6, comma d); Il PTCP, Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale: ha valore di piano urbanisticoterritoriale, con specifica considerazione dei valori paesistici, di cui alla Legge 8 agosto 1985, n. 431 (art. 16, comma d). Il PS, Piano Strutturale comunale: definisce le indicazioni strategiche per il governo del territorio comunale, la definizione delle specificazioni della disciplina degli aspetti paesistici e ambientali, ai sensi dell’art. 1-bis della Legge 8 agosto 1985, n. 431. La pianificazione toscana non si presenta, quindi, gerarchica o “a cascata”, ma si fonda sul principio di sussidiarietà e per questo spesso definita come “filiera toscana”. Conseguentemente i Piani urbanistici, alle varie scale, sono composti da una componente strategica riferita ai principi e alle scelte “ferme”, non negoziabili (le invarianti, appunto), individuate e decise in applicazione al principio di sussidiarietà prima citato. Parallelamente alla Legge regionale sul governo del territorio, le regioni europee dell’Andalusia, del Languedoc-Roussillon e della Toscana, “agendo nel quadro degli obiettivi del Consiglio d’Europa e condividendone l’obiettivo che è quello di realizzare una unione più stretta tra i paesi europei”6, e più precisamente per l’elaborazione della Convenzione Europea del Paesaggio, promuovono “La carta del paesaggio mediterraneo” che prende attuazione attraverso un primo progetto interregionale, “Paesaggi Mediterranei e Alpini”, che confluisce nel 1° Premio Mediterraneo per il Paesaggio”, e in un -
La pianificazione paesaggistica delle regioni
secondo progetto che prende avvio dopo il 2000, attraverso il progetto Interreg Pays.doc, che oltre a confluire in un 2° Premio Mediterraneo per il Paesaggio, collabora all’istituzione della “Rete europea degli enti locali e regionali per l’attuazione della Convenzione europea del paesaggio” (RECEP), associazione internazionale di pubbliche autorità territoriali costituita sotto l’egida del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa7. La Toscana difatti oltre ad essere tra i membri fondatori oggi accoglie la sede permanente della RECEP principalmente per due motivi: il primo per ragioni “storiche” in quanto la Convenzione Europea è stata firmata a Firenze, il secondo motivo in quanto la Regione Toscana è tra i maggiori sostenitori a mantenere efficaci i rapporti, gli scambi, nonché le collaborazioni, tra le varie regioni europee.
La formazione Regionale
del
Piano
Paesaggistico
Il PIT 2000 – 2005, il primo Piano di Indirizzo Territoriale elaborato dalla Regione Toscana, riconosce l’importanza del Quadro conoscitivo come parte fondante dello stesso Piano e quindi strettamente legato agli obiettivi da perseguire. Identifica inoltre i grandi sistemi territoriali, che fanno riferimento alle cosiddette “Quattro Toscane”: la “Toscana dell’Appennino”, la “Toscana dell’Arno”, la “Toscana delle aree interne e meridionali” e quella della “Costa e dell’Arcipelago”. Tra le invarianti strutturali relative al territorio rurale viene, altresì, indicata “la conservazione attiva, la tutela della memoria collettiva e di testimonianza culturale degli elementi che costituiscono il paesaggio” (art. 16). Infine, l’Allegato A - Piano Paesistico (1995) del Quadro conoscitivo per le previsioni di Piano,
rimanda alle finalità e agli obiettivi della L.R. 52/82, confermando la valenza paesaggistica della pianificazione ordinaria, mentre affida l’attuazione della pianificazione paesaggistica “ad un unico soggetto, quello comunale, che la esercita, in sede di valutazione, attraverso la Commissione edilizia integrata”8. La seconda legge regionale sul governo del territorio la L.R. 1/2005, nella sua prima stesura del 3 gennaio 2005, chiude la prima generazione della pianificazione regionale sul governo del territorio aprendo, allo stesso tempo, una nuova stagione, alla luce della Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 2000) e del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (2004). All’Art. 31 della citata Legge regionale, “Tutela e valorizzazione dei paesaggi e dei beni culturali”, si definisce che: “1. Gli strumenti della pianificazione territoriale concorrono tutti, ciascuno per quanto di propria competenza, a definire, con particolare riferimento ai beni tutelati ai sensi degli articoli 32 e 33, le trasformazioni compatibili con i valori paesaggistici, le azioni di recupero e riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposte a tutela, nonché partecipano agli interventi di valorizzazione del paesaggio di cui all’articolo 35, in relazione alle prospettive di sviluppo sostenibile”. Ovvero, la disciplina paesaggistica viene articolata in base ai tre livelli di pianificazione (regionale, provinciale e comunale) ognuna con specifiche competenze. In particolare, le Province assieme ai Comuni individuano i progetti prioritari per la conservazione, il recupero, la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti9. La Corte Costituzionale però, con sentenza 182/2006, dichiara l’illegittimità costituzionale dei
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contenuti paesaggistici della Legge regionale, in particolare dell’art. 32 - comma 3 e dell’art. 34 comma 3, poiché in contrasto con il nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio (artt. 135 e 143). Gli artt. 32 e 34, in sostanza, qui attribuiscono agli enti territoriali comunali le possibilità di pianificare e tutelare il proprio paesaggio in modo autonomo, nel rispetto degli indirizzi e prescrizioni del PIT, anziché affidarle, come previsto dall’art. 143, comma 5, del Codice10, al Piano Paesaggistico regionale. Questa empasse legislativa viene comunque superata dalla Regione attraverso una serie di step, che possono essere così brevemente sintetizzati. Il 23 gennaio 2007 viene firmato il Protocollo di intesa (Accordo Regione/Ministro – Martini/Rutelli) per procedere all’elaborazione congiunta del PIT regionale avente valore di Piano paesaggistico agli effetti del Codice11. Sempre nel 2007, il 24 luglio, il Consiglio regionale approva il nuovo Piano di Indirizzo Territoriale della Toscana 2005 - 2010, benché ancora incompleto nei suoi contenuti paesaggistici. Il 17 novembre 2008, con deliberazione n. 947, la Giunta della Regione avvia formalmente il procedimento di implementazione del PIT per la disciplina paesaggistica, ai sensi dell’art. 15 della L.R. 1/2005. Nel novembre dello stesso anno, nel 2008, nell’ambito della cosiddetta “Legge Regionale di Manutenzione”, sono approvate le modifiche alla L.R. 1/2005, “Norme sul governo del Territorio”, che disciplinano i contenuti paesaggistici del PIT12, le integrazioni degli studi ed il ruolo di Piano Paesistico ai sensi del Codice. Da ricordare infine, il 18 Novembre 2008, la firma da parte della Regione, del Ministero per i beni e le attività culturali, della Direzione Regionale del Ministero B.A.C., delle Soprintendenze e delle Associazioni dei Comuni e delle Province toscane, del Protocollo d’intesa per la collaborazione tra tutte le istituzioni
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interessate dall’attuazione del Codice e dell’Intesa Martini – Rutelli, per l’implementazione della pianificazione territoriale, per sviluppare sistemi di consultazione reciproca e per approfondire forme di semplificazione procedurale. Grazie a questo accordo tra il Ministero e la Regione Toscana è possibile superare l’iter gerarchico istituito dal Codice, in quanto viene riconosciuto che tutti i livelli di pianificazione contribuiscono e sono responsabili dell’attuazione del piano paesaggistico, rispettando così la coesione, il modello di governance tipico regionale, tra i vari livelli di pianificazione, quello regionale, provinciale e comunale.
Il Piano Paesaggistico Regionale: contenuti e obiettivi Il nuovo PPR redatto all’interno del Dipartimento di Governo del Territorio della stessa struttura regionale si configura come il braccio operativo del PIT per la pianificazione paesistica e pertanto non può essere considerato come strumento autonomo utilizzabile senza il contesto generatore. A riguardo il titolo 2 della disciplina del PIT individua direttive, prescrizioni e salvaguardie dello Statuto del territorio toscano. Le componenti del sistema territoriale, che connotano e rappresentano la struttura del territorio, sono individuate e argomentate dal Documento di Piano (ai paragrafi 6.1.2 e 6.1.3) mediante i lemmi «Universo urbano della Toscana» e «Universo rurale della Toscana» che vanno a sostituire le “Quattro Toscane” che erano state precedentemente formulate nel PIT 2000 – 2005. I contenuti paesaggistici presenti riguardano in particolare:
Paesaggi in filiera. Il percorso toscano
La tutela dei beni del paesaggio ai sensi della parte III, Titolo I, del d.lgs 42/2004 e s.m., in base all’intesa tra Regione Toscana, Ministero per i beni e le attività culturali e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di cui all’articolo 143 del d.lgs. 42/2004; L’individuazione dei beni paesaggistici; La disciplina paesaggistica, che ai sensi dell’articolo 143 del d.lgs. 42/2004, è costituita inoltre: dalla ricognizione analitica dell’intero territorio nelle sue molteplici caratteristiche (storico, naturali, eccetera); dall’individuazione degli ambiti paesaggistici (di cui all’art. 135 del d.lgs. 42/2004), delle dinamiche di trasformazione, nonché dei fattori di rischio e di vulnerabilità; dalla definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio compreso negli ambiti individuati (art. 31, “I beni paesaggistici di interesse unitario regionale quale invariante strutturale dello Statuto. Definizione tematica”). Infine, fanno parte integrante del Piano: L’“Atlante ricognitivo dei caratteri strutturali dei paesaggi della Toscana” che contiene i trentotto ambiti paesaggistici che si configurano come l’esito della storia dei luoghi13; La “Carta dei beni culturali e paesaggistici” (sezione specifica del Quadro conoscitivo) che contiene la rilevazione e la georeferenziazione su Carta Tecnica regionale del patrimonio immobiliare dichiarato di interesse; Le “Schede dei paesaggi ed individuazione degli obiettivi di qualità” che riprendono i contenuti dell’Atlante dei paesaggi, -
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riconoscendone i valori, i funzionamenti e gli obiettivi di qualità per ogni valore riconosciuto. Per ogni azione è inoltre individuato il soggetto attuatore. Le schede relative agli immobili ed aree dichiarate di notevole interesse pubblico, comprensive degli obiettivi e degli indirizzi per la tutela e la riqualificazione.
Le conseguenze (gli effetti) a livello locale Il 16 giugno 2009 il Piano Paesaggistico Regionale della Toscana è stato adottato dal Consiglio Regionale. Entro due anni dalla sua approvazione definitiva i diversi livelli della pianificazione dovranno risultare adeguati al piano stesso: il Piano paesaggistico regionale difatti “troverà completa attuazione solo al momento in cui l’ultimo dei 287 comuni della Toscana avrà integrato la propria disciplina di piano strutturale, recependo le prescrizioni contenute nel PIT quale piano paesaggistico e definendo puntualmente gli elementi di valore paesistico e le modalità per la loro tutela e valorizzazione”14 ma ciò non significa che dovranno essere rielaborati tutti i piani comunali e provinciali della regione. Per il piano paesaggistico difatti, secondo la stessa Regione, è stata operata “una scrittura condivisa e collettiva”, ovvero su tavoli in cui la partecipazione di tutti i soggetti interessati è stata attiva. Province e Comuni difatti non si limitano al recepimento di quanto stabilito a scala regionale poiché essi stessi hanno fornito tramite i loro piani indagini, conoscenze e regole che sono andate a implementare la formazione dello stesso piano paesaggistico regionale.
La pianificazione paesaggistica delle regioni
Molti Comuni potranno così trasmettere in tempi brevi l’adeguatezza dei propri strumenti urbanistici al piano regionale: nel caso pertanto un piano comunale (nello specifico il regolamento urbanistico) risulti adeguato, la Regione stessa trasmetterà il parere alla Direzione Regionale del Ministero dei Beni Culturali; se necessita “di accorgimenti e integrazioni” verrà avviata una variante al piano; se il piano è in corso di elaborazione saranno invece attivati i tavoli di collaborazione da parte della Regione. Nell’obiettivo inerente “la semplificazione del procedimento”, l’accordo con il Ministero dei Beni Culturali prevede che se il Piano comunale è adeguato al Piano paesaggistico: nel caso in cui le aree vincolate siano state dichiarate degradate possono essere previste una serie di “opere/interventi minori” per le quali non è richiesta autorizzazione della Soprintendenza competente; in tutte le aree a vincolo per decreto il parere della Soprintendenza c’è (richiesto per legge nazionale), ma non è più vincolante. In definitiva le autorizzazioni paesaggistiche saranno rilasciate dalla Commissioni paesaggistiche comunali (costituite da 3 esperti in materia di paesaggio e attualmente disciplinate dalla L.R. 1/05 e dalla Delibera Regionale 1079/08). I risultati del PPR si fondano principalmente su tre parole: 1) Formazione; 2) Diffusione della Cultura 3) Monitoraggio.
Questi esiti verranno misurati attraverso l’Osservatorio, in questo momento in fase di costituzione, che sarà una struttura regionale composta dalle varie Direzioni regionali interessate (Agricoltura, Cultura e Territorio e Ambiente), dal Direttore regionale del Ministero dei Beni Culturali e da un Comitato Scientifico. Per quanto riguarda il ruolo delle Province si rileva che tutti i piani provinciali della Toscana sono attualmente in fase di revisione per l’allineamento dei propri contenuti nella normativa regionale (L.R. 1/05), al PIT 2005 – 2010), pertanto alla Convenzione Europea del Paesaggio, al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e quindi al Piano Paesaggistico regionale, recentemente adottato dal Consiglio Regionale. Come caso esemplificativo si cita brevemente il PTCP della Provincia di Siena. Il primo PTC della provincia è stato approvato nell’ottobre del 2000 e seguendo le indicazioni della L.R. 5/95 individua regole per la gestione paesaggistica al fine di tutelare e valorizzare l’identità del paesaggio senese (inteso come patrimonio)15. Il paesaggio difatti qui viene definito come il “fondamento” del PTCP stesso. Sistemi e sottosistemi ambientali, unità di paesaggio e soprattutto i tipi di paesaggio diventano i principali riferimenti per le norme del piano (Capi E, L e M delle Norme). Nel mese di Marzo del 2009 la Giunta provinciale ha approvato il nuovo PTCP 200916 ma ancora da trasmettere al Consiglio provinciale. Il nuovo PTCP nasce attraverso la revisione del precedente piano, incontri con la Regione, con i Circondari e le Amministrazioni Comunali della Provincia, incrociando, verificando e valorizzando in un rapporto sinergico i contenuti dei vari piani strutturali comunali, i contenuti paesaggistici del nuovo piano provinciale e del piano paesaggistico
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regionale, questi ultimi due in particolare nella loro fase di elaborazione. Il nuovo PTC della Provincia di Siena si pone difatti l’obiettivo non tanto di prevedere ma di gestire, governare e progettare le trasformazioni che investono territorio e paesaggio, grazie ad una serie di definizioni, significati, approcci e metodi da condividere. Il PTCP quindi intende diffondere una maggior consapevolezza nei processi di trasformazione, coordinare scelte e azioni anche all’interno della stessa Provincia superando le logiche di settore, individuare gli strumenti, i metodi per poter attuare le azioni individuate in particolare all’interno delle Schede degli obiettivi di qualità del PPR: il nuovo piano, in altre parole deve funzionare affinché sia “stoffa” per un progetto condiviso di governo del territorio senese.
Conclusioni La Regione Toscana ha da sempre cercato di superare l’approccio statico del “vincolo” come strumento di conservazione e di creare un nesso inscindibile tra pianificazione territoriale e urbanistica e tutela del paesaggio e dell’ambiente. È questa forse è la sfida più interessante del nuovo Piano paesaggistico regionale toscano incluso all’interno del Piano di indirizzo territoriale regionale. Con il PPR difatti la Regione non ha cambiato rotta ma ha proseguito e rafforzato il cammino preso all’inizio. Gli stessi recenti protocolli di intesa firmati con il Ministero cercano difatti si superare le limitatezze o restrizioni che la Regione Toscana avverte nel Codice, in particolare nella definizione di paesaggio all’art. 131, in cui sembra prevalere una visione ancora molto legata all’approccio estetico della L. 1497/39 (paesaggio quindi concepito come
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oggetto passivo), definizione ben diversa da quella Convenzione Europea che vede invece il paesaggio come un bene coincidente con tutto il territorio. Le scelte relative al paesaggio, secondo sempre la Regione Toscana, non possono essere concepite e pensate separatamente da quelle territoriali e pertanto la tutela, la valorizzazione, la trasformazione e la riqualificazione del paesaggio necessitano della collaborazione di tutti i soggetti di riferimento della pianificazione richiamando così un rapporto sinergico tra Regione, Province e Comuni. La normativa relativa alla gestione diffusa del paesaggio così non appare solo relegata agli articoli inerenti i beni paesaggistici ed ai valori riconosciuti intesi come i punti attorno ai quali si struttura il paesaggio, responsabili di qualità, ma si manifesta comunque estesa ad altri articoli della disciplina del PIT, relativamente alla progettazione e alla messa in opera delle infrastrutture, nella tutela e nel consolidamento della continuità e della biodiversità delle reti naturali nei corridoi ecologici per sostenere la “qualità della e nella città toscana”, al recupero e alla riqualificazione delle aree industriali dimesse, così come alla tutela e alla valorizzazione degli itinerari storico-culturali dotati di una specifica attività turistica17. Riguardo alla gestione dei beni paesaggistici al momento si registra una scarsa attività riguardo alle commissioni provinciali nominate dalla Regione che hanno il compito di individuare nuovi beni paesaggistici. Ad eccezione di una proposta comunale (Poggibonsi) non sono giunte difatti altre iniziative. Anche se il PPR offrirà strumenti, norme e indirizzi utili certo è che i Comuni saranno i principali responsabili della gestione dei propri paesaggi, come forse è giusto che sia, ma il dubbio rimane nell’effettiva preparazione in materia di paesaggio
Paesaggi in filiera. Il percorso toscano
dei soggetti in gioco. Sarà certamente compito dell’Osservatorio regionale monitorare le trasformazioni ma anche individuare e diffondere una metodologia paesaggistica condivisa, che per altro già affiora nelle schede per i valori individuati, con visione olistica, per la valutazione e la redazione dei piani e dei progetti che interessano non solo i paesaggi soggetti a vincolo, già comunque supportati dalla Relazione paesaggistica, ma per tutti i paesaggi così come lo stessa Convenzione Europea del Paesaggio sancisce. Il Piano paesaggistico quindi si pone non come l’obiettivo finale ma come un ulteriore importante passo in avanti che la Regione compie per la conservazione, la tutela, la valorizzazione, la riqualificazione e la trasformazione del paesaggio toscano.
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Box – La Regione 1.- Superficie territoriale - Montagna: 25,1% - Collina: 66,5% - Pianura: 8,4% Totale superficie: 22.997 Kmq 2.- Lunghezza coste e numero comuni costieri Circa 633 chilometri di costa, ricadenti in 24 Comuni continentali e 10 Comuni insulari (la lunghezza della costa insulare si aggira attorno ai 250 km) 3.- Popolazione totale e densità territoriale 3.6 milioni di abitanti (pari al 6,2% della popolazione italiana) La densità media è pari a 158 abitanti per chilometro quadrato. In realtà si registrano aree ad alta densità (ad esempio, l’area fiorentina ha oltre 1000 abitanti/kmq) e, all’opposto, zone poco abitate con 87 abitanti/kmq (vedi aree montuose). 4.- Numero Comuni / Superficie territoriale media comunale / Numero medio abitanti per Comune / Distribuzione percentuale Comuni per classi di abitanti - Numero Province: 10 - Numero Comuni: 287 - Distribuzione percentuale Comuni per classi di abitanti: classi meno di 5.000 ab più di 15.000 ab
n. comuni 140 147
Il 51% dei residenti abitano in Comuni con meno di 30.000 abitanti. La dinamica dell’ultimo decennio ha visto un flusso migratorio dai grandi agglomerati urbani ai più piccoli comuni della cintura. L’organizzazione dei Comuni in Toscana ha oggi origine nella Riforma Granducale di Pietro Leopoldo (attuata tra il 1772 e il 1790) che ha comportato il raggruppamento dei tanti comunelli di epoca medicea.
La pianificazione paesaggistica delle regioni
5.- Indicatore/dato caratterizzante lo specifico contesto regionale La Toscana è la prima regione per estensione di boschi, il 13% dei boschi italiani si trovano difatti in Toscana, seguita dal Piemonte con il 9.8%. Di oltre un milione di ettari di bosco circa il 18% toccano la provincia di Grosseto seguita da Firenze (17%) ed Arezzo (16%). Quasi il 10% del territorio regionale, per una superficie totale di 227.000 ettari, è coperto da parchi e aree protette. Ci sono 3 parchi nazionali, 3 parchi regionali, 3 parchi provinciali, 28 riserve naturali statali, 42 riserve naturali provinciali e 52 aree naturali protette di interesse locale. In Toscana sono stati censiti e georeferenziati 7.707 vincoli monumentali e archeologici nonché 384 vincoli paesaggistici per un totale di 8.091 beni e aree vincolate. In sintesi si rileva che: - La Superficie protetta da vincolo (aree protette, vincolo paesaggistico) è di 14219 kmq pari al 61,8 % della superficie totale; - La Superficie regionale non coperta da vincolo è 8771 kmq pari a 38,2 della superficie totale. Fonte: IRPET http://www.irpet.it; Regione Toscana http://www.regione.toscana.it/cultura/paesaggioterritor io/index.html
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Tabella riassuntiva relativa alle leggi nazionali e regionali per il paesaggio Legge nazionale
Legge regionale
Obiettivi e/o definizioni
Strumenti e Piani
DPR 616/77 Delega alla Regioni in materia di tutela del paesaggio
L.R. 52/82 Norme per la formazione del sistema delle aree protette (s.m. con la L.R. 52/82 e abrogata con L.R. 49/95) L.R.n. 52/1979 Sub-delega ai comuni delle funzioni amministrative riguardanti la protezione delle bellezze naturali. (s.m. con LL.RR. 10/80, 1/85, 24/93, 5/95, 21/95 vedi anche L.R. n. 24/93). DCR 296/88
Tutela “l’ambiente, la natura, il paesaggio e il patrimonio storico-artistico” (art. 1)
Individuazione del sistema regionale delle aree protette
Istituzione delle Commissione per i beni ambientali (art. 5) per ciascuna associazione intercomunale individuata (allegato1). Istituzione delle Commissioni Provinciali tramite apposita Commissione Regionale (art. 12) nominata con decreto del Presidente della Giunta regionale.
C.B.A. Istituzione delle commissioni comunali e provinciali per il controllo e la gestione della tutela paesaggistica (aree sottoposte a vincolo paesaggistico).
Con il decreto il sistema delle aree verdi assume il ruolo di Piano paesaggistico Integrazione tra pianificazione urbanistica e territoriale e tutela del paesaggio. La tutela dell’ambiente è indirizzata a tutto il territorio.
Piano paesaggistico
Legge 1497/39 modificata con l’art. 31 del DPR 805/1975.
L. 431/85
L.R. 4/90 Contenuti paesistici ed ambientali della pianificazione urbanistica L.R. 24/93 L.R. 5/1995 Norme per il governo del territorio
Convenzione Europea (2000) del Paesaggio e Codice dei beni Culturali e del paesaggio (2004).
Istituzione della Commissione edilizia integrata per il paesaggio. Stabilisce le competenze nei tre livelli di pianificazione regionale, provinciale e comunale.
L.R. 1/05 Norme per il governo del territorio e s.m.
Stabilisce le competenze nei tre livelli di pianificazione regionale, provinciale e comunale. Insieme alla Delibera regionale 1079/08 disciplina le commissioni paesaggistiche comunali.
Delibera Regionale 1079/08
Disciplina per le commissioni paesaggistiche comunali istituite con la LR1/05.
C.E.I. Commissione edilizia integrata costituita da tre membri esperti in materia di paesaggio.
PIT, PTCP piano a valenza paesaggistica, e PS. Principio di sussidiarietà e pianificazione territoriale e urbanistica e pianificazione paesaggistica integrate. Istituzione della Commissione Comunale per il paesaggio (art. 89). PIT, piano di indirizzo territoriale regionale avente valenza di piano paesaggistico.
Commissioni paesaggistiche comunali
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Paesaggi in filiera. Il percorso toscano
Figure 1 e 2. Tavole estratte dal piano paesaggistico regionale.
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La pianificazione paesaggistica delle regioni
Riferimenti bibliografici
Siti internet
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Regione Toscana: Il Piano Paesaggistico della Regione Toscana in http://www.regione.toscana.it/ambienteeterritorio/normeu rbanisticheeedilizie/index.html Regione Toscana: Il Pit quale Piano paesaggistico in http://www.regione.toscana.it/ambienteeterritorio/paesagg io/index.html Regione Toscana: Piano di indirizzo territoriale in http://www.rete.toscana.it/sett/pta/cartografia_sit/sit/pit/d efault.htm IRPET http://www.irpet.it;
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Riferimenti iconografici Figure 1 e 2. : Regione Toscana: Il Piano Paesaggistico della Regione Toscana in http://www.regione.toscana.it/ambienteeterritorio/normeu rbanisticheeedilizie/index.html
Testo acquisito dalla redazione nel mese di aprile 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Il presente articolo è stato redatto nel giugno 2009.
Poiché territorio cerca di ecologica (Art.1).
un’area protetta poteva essere una porzione di anche molto antropizzato la Regione Toscana applicare la tutela non solo per importanza e naturalistica ma anche motivi storici e culturali
Vedi ANTONELLA VALENTINI, La tutela paesaggistica, in GIUSEPPE DE LUCA, a cura di, “Piano di Indirizzo Territoriale. Le regole e le strategie”, Regione toscana, Giunta Regionale, Firenze 2003, pag. 19. 4 MARCO GAMBERINI, Le politiche della Regione Toscana per il paesaggio, in FERRUCCIO CANALI, VIRGILIO GALATI, “La tutela del paesaggio toscano”, Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 15, 2006, pagg. 29-30. 5 L. R. 5/95 art. 2. “Le risorse del territorio e l’azione della Regione e degli Enti locali”: “1. Sono risorse naturali del territorio l’aria, l’acqua, il suolo, gli ecosistemi della fauna e della flora. Esprimono gli equilibri ambientali e lo stato di salute dell’ecosistema generale a fronte dei quali è valutata la sostenibilità ambientale delle trasformazioni del territorio. 2. Sono risorse essenziali del territorio le risorse naturali, le città e i sistemi degli insediamenti; il paesaggio, i documenti materiali della cultura; i sistemi infrastrutturali e tecnologici. 3. Per garantire la tutela di tali risorse, la Regione, le Province, i Comuni singoli o associati, nel quadro dei principi della legge 8 giugno 1990, n. 142, esercitano in modo organico e coordinato le funzioni di programmazione, pianificazione e controllo di cui alla presente legge, assicurando il collegamento e la coerenza tra politiche territoriali e di settore”. 6 Carta del Paesaggio Mediterraneo. 7
Il suo obiettivo statutario è quello di sostenere comuni, province, regioni, ed ogni altro tipo di ente territoriale interessato, nelle attività di attuazione dei principi della Convenzione europea del paesaggio. 8 Le Commissioni edilizie integrate già avevano sostituito le precedenti C.B.A., disciplinate dalla prima versione della L.R. 52/79. 9 L’Art. 35 definisce la “Valorizzazione dei paesaggi”. La valorizzazione dei paesaggi consiste in ogni attività diretta a consentirne la piena fruizione pubblica quale testimonianza significativa dei valori storici, culturali e naturali, attraverso: a. - la conservazione delle invarianti strutturali; b.- il ripristino e il recupero delle risorse riconosciute; c.- la trasformazione delle risorse territoriali in conformità con quanto prescritto dagli statuti del territorio; d.- l’intervento di ripristino, ispirato alla
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Paesaggi in filiera. Il percorso toscano
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ricostituzione dei caratteri di identità, anche attraverso l’introduzione di destinazione d’uso con essi compatibili. Gli interventi di trasformazione assicurano la compatibilità e la coerenza paesaggistica ai connotati del paesaggio. 10 Secondo cui la disciplina paesistica compete allo Stato e alle Regioni. 11 Principi di riferimento: la Convenzione Europea del Paesaggio; il Decreto Legislativo 42/2004 “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” che impone alle Regioni di sottoporre il proprio territorio, anche in collaborazione con lo Stato, a specifica normativa d’uso approvando Piani Paesaggistici; la legge regionale 1/2005 stabilisce che lo statuto del Piano di Indirizzo Territoriale ha valore di Piano Paesaggistico da definire nelle forme di cui all’art. 143 del Codice; il Patto Istituzionale con ANCI, UPI, UNCEM toscane per la redazione del PIT del 2 novembre 2006; il valore unico del paesaggio della Toscana che costituisce un campo privilegiato di sperimentazione nell’attuazione del Codice; l’attività di pianificazione paesaggistica deve essere svolta da Regione e Ministero in modo unitario e sinergico e deve coinvolgere Comuni e Province (dalla presentazione del Piano paesaggistico 28-11-2008, Regione Toscana). 12 Oltre all’integrazione di diversi articoli del PIT vigente, è prevista la sostituzione degli artt. 31, 32, 33 e 34 con i seguenti: Articolo 31 – La normativa paesaggistica del PIT. Articolo 32 – Immobili ed aree dichiarate di notevole interesse pubblico. Articolo 33 - Aree tutelate per legge. Articolo 33 bis – Disciplina delle aree tutelate per legge. Prescrizioni d’uso relative ai territori costieri, ai laghi, agli ambiti fluviali e alle zone umide. Articolo 33 ter – Disciplina delle aree tutelate per legge. Prescrizioni d’uso relative alle montagne, ai circhi glaciali, ai parchi, riserve regionali nonché ai territori di protezione esterna dei parchi e foreste. Articolo 33 quater – Disciplina delle aree tutelate per legge. Prescrizioni d’uso relative ai parchi e alle riserve regionali e provinciali. Articolo 33 quinquies – Disciplina delle aree tutelate per legge. Prescrizioni d’uso relative alle aree archeologiche. Articolo 34 - Prescrizioni a tutela del paesaggio in funzione del piano di indirizzo energetico regionale.
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Gli ambiti sono diventati in seguito quaranta per la suddivisione in tre sottoambiti dell’Ambito Senese, oltre una scheda relativa al paesaggio urbano degli insediamenti delle Quattro Toscane. 14 Il Pit quale Piano Paesaggistico, http://www.regione.toscana.it/ 15 Responsabile scientifico settori urbanistica e paesaggio, Prof. Gian Franco Di Pietro, consulenti per il paesaggio Proff.ri Claudio Greppi, Francesco Pardi. 16 Il nuovo PTCP di Siena (PTCP 2010) è stato adottato il 17 marzo 2010. Progettista Arch. Silvia Viviani, gruppo di progettazione Arch.tti Teresa Arrighetti e Emanuela Morelli (paesaggio). 17 Vedi Documento di Piano del PIT § 6.5.
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Il PPTR della Puglia, un piano per lo sviluppo locale autosostenibile
The Apulian PPTR, a plan for sustainable local development
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auto-
Giuseppe Cinà*
abstract Il paper sintetizza i contenuti del PPTR pugliese presentandone i principali aspetti di originalità: l’approccio patrimonialista al paesaggio come opzione di sviluppo, la produzione sociale del piano come strumento di formazione e implementazione, lo ‘scenario strategico’ come quadro delle azioni nel piano. La sintesi del PPTR è svolta sul filo di alcuni dei temi/strumenti che si ritengono caratterizzanti il nuovo quadro operativo stabilito dal Codice e dalla CEP: la copianificazione, i progetti strategici, la cogenza normativa, le linee guida. Da questa lettura il PPTR si definisce come uno strumento tendente a incidere su tutte le trasformazioni legate al paesaggio; che si propone di superare la disciplina fondata sul binomio permesso/divieto, a favore di scelte e progetti spazialmente definiti; che affida la sua efficacia soprattutto sulla capacità degli abitanti e degli operatori di condurre azioni di sviluppo locale e di valorizzazione del territorio.
abstract The paper deals with the Apulian PPTR contents presenting its principal aspects of originality. These aspects mainly consist on the patrimonialist approach to the landscape preservation, on the cooperative planning, on the strategic planning, all of them aiming at insure a sustainable development to the territorial patrimony. The presentation of the PPTR follows some of the most relevant themes/tools of the new operational framework established by the Code and the ELC: the cooperative planning, the strategic projects, the regulations efficacy, the guidelines. As a result the PPTR emerges as a tool directed to weigh on all the transformations tied to the landscape, handing itself as a discipline crossing all the territorial regional policies. Moreover the PPTR intends to overcome the regulatory discipline in favor of projects and plans spatially identified, so entrusting its efficacy above all on the capacity of stakeholders to implement actions of local development.
parole chiave copianificazione, progetti normative, linee guida
key-words participative planning, regulations, guidelines
* Professore Associato Dipartimento Interateneo Università di Torino.
strategici,
disposizioni
strategic
projects,
in Urbanistica presso il Territorio, Politecnico ed
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Il PPTR pugliese, approvato dalla Giunta regionale come una ‘Proposta’ in attesa di adozione, costituisce una svolta significativa nella vicenda urbanistica pugliese1. Esso presenta infatti numerosi aspetti di originalità, a fronte del fatto che la sua formazione si inserisce in un contesto amministrativo caratterizzato da una storica inerzia burocratica nel campo della pianificazione paesistica e non solo2. La struttura progettuale del PPTR3 si articola intorno agli obiettivi e al conseguente quadro di azioni e norme definiti nell’ambito dello ‘scenario strategico’ di medio lungo periodo. Detto scenario, in buona misura ‘è’ il piano, in quanto ne inquadra tutta la dimensione operativa. Ma esso non potrebbe aver luogo senza i due momenti che lo precedono e lo ‘informano’, e cioè la filosofia che ispira il posizionamento culturale-operativo del piano e la ‘macchina’ attraverso cui detta filosofia viene posta in essere, ossia l’approccio patrimonialista al paesaggio e la produzione sociale del piano. Abbiamo dunque da un lato un approccio che si propone di mettere in valore in forme durevoli e sostenibili gli elementi del patrimonio identitario territoriale, attraverso azioni di tutela, valorizzazione, riqualificazione e riprogettazione dei paesaggi; dall’altro un differenziato sistema di attori privati e pubblici che, in un regime di mutuo apprendimento e secondo diverse forme di partecipazione e responsabilità, attivano disparate azioni di sviluppo locale. Sulla base di tale approccio i valori patrimoniali del paesaggio vengono identificati e tradotti in obiettivi di trasformazione propri allo scenario strategico, al fine di costruire le precondizioni di un diverso sviluppo socioeconomico, fondato sulla produzione di valore aggiunto territoriale e paesaggistico.
Il PPTR della Puglia, un piano per lo sviluppo locale autosostenibile
Per descrivere in forma sintetica gli elementi salienti del piano, piuttosto che seguire l’ordine tematico stabilito nella Relazione generale o nelle Norme di attuazione si ritiene utile evidenziare i modi in cui esso affronta alcuni dei temi caratterizzanti il nuovo quadro operativo stabilito dal Codice e dalla CEP. Temi sul cui solco si sta sviluppando, in molti piani recenti, il tentativo di superare la debole efficacia dei piani della generazione Galasso; temi che hanno assunto rilevanza nel dibattito corrente in quanto snodi su cui si gioca l’innovazione concettuale e operativa del nuovo piano: la copianificazione, i progetti strategici, la cogenza delle disposizioni normative, le linee guida.
La copianificazione come produzione sociale del piano Il PPTR si caratterizza per i fatto di aver radicalmente innovato il dispositivo della copianificazione previsto dal Codice (in termini di rapporti Stato-Regione), ampliandone la portata su due livelli: sul piano istituzionale con l’utilizzo sistematico di tavoli di concertazione tra enti pubblici; sul piano dell’interazione con la società civile, promuovendo azioni e progetti trasversali già in fase di formazione del piano. Esso si pone dunque come un processo che porta alle estreme conseguenze un sistema di formazione delle scelte fondato sulla partecipazione e la condivisione da parte dei soggetti territoriali, così come voluto dalla CEP. Il processo prende avvio con lo schema di “Intesa interistituzionale tra il MiBAC, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e la Regione Puglia per l’elaborazione congiunta del
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PPTR” (novembre 2007), che prevede l’elaborazione congiunta del piano con riguardo agli art. 135, 143, 144 e 145 del Codice. La collaborazione con la Soprintendenza regionale si è poi estesa fino ad assumere impostazioni condivise sull’insieme dell’impianto normativo. A questa intesa (e in accordo al metodo della copianificazione previsto all'art. 2, c. 1, lett. a) della L.r. 20/2001) ha fatto seguito un complesso di azioni di cooperazione stimolate dalla strategia partecipativa del piano, coinvolgenti una vasta gamma di soggetti e di interessi, pubblici e privati, entro un sistema di procedimenti istituzionali o informali, volti alla costruzione di piani, progetti e iniziative di sviluppo locale. La produzione sociale del paesaggio si definisce così come il risultato di strumenti di coordinamento tra soggetti pubblici (intese interistituzionali e protocolli), strumenti di programmazione operativa (patti territoriali locali, accordi di programma, contratto di fiume, ecc.), nonché attraverso una strutturazione stabile degli strumenti di partecipazione, come le conferenze d’area (proiettate anche verso la gestione del piano), le mappe di comunità e il sito web4. Ne consegue una forma di copianificazione non solo verticale ma anche orizzontale, fra settori e assessorati della Regione (Ecologia, Agricoltura, Trasporti e vie di comunicazione, Trasparenza e cittadinanza attiva, Turismo e industria alberghiera, Attività produttive, Beni culturali)5 e fra questi e una vasta gamma di operatori del terzo settore. L’approfondimento congiunto dei problemi afferenti i settori sopra richiamati ha avuto inoltre positive ricadute sull’attività della valutazione integrata di piani e programmi che ha affiancato l’attività di VAS, nonché sulla definizione degli obiettivi di qualità paesaggistica che dal PPTR rifluiscono nel
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Drag (Documento Regionale di Assetto Generale), nei PTC delle Province e nei Pug comunali. Di particolare rilievo, nell’ambito dell’interazione tra diverse politiche territoriali, è altresì l’obiettivo di intercettare e integrare alcune delle politiche del Programma di sviluppo rurale, attivando alcuni percorsi coerenti con l’obiettivo di territorializzare questo strumento di programmazione spesso non abbastanza ancorato alle specificità territoriali, orientando i fondi comunitari PAC anche verso la valorizzazione del paesaggio. L’impostazione cooperativa della formazione del piano non comporta tuttavia la rinuncia al potere sovraordinato della Regione rispetto agli altri enti territoriali. Ai fini dell'adeguamento dei piani urbanistici e territoriali vigenti alle previsioni del PPTR è infatti richiesto il ‘parere regionale di compatibilità paesaggistica’ (art. 93, Nta).
I Progetti strategici come orizzonte operativo Nel piano in esame i progetti strategici non si pongono come elementi integrativi rispetto alla disciplina generale (come nel caso del PTCP ligure) ma ne sono piuttosto la struttura portante. Fatti salvi i beni tutelati da specifici provvedimenti tutta la disciplina del piano è incardinata sugli obiettivi e i progetti così come definiti nello ‘scenario strategico’ e nei suoi elaborati, posti a quattro livelli: Obiettivi generali e specifici, Progetti Territoriali a scala regionale, Progetti Integrati di Paesaggio Sperimentali e Linee guida regionali. Troviamo contenuti strategici all’interno degli obiettivi generali e specifici messi a manifesto dal piano, in quanto espressione non solo dei requisiti di qualità che si vogliono raggiungere, ma anche di concrete misure da adottare. Essi si costituiscono
come il programma di un complesso di azioni di diversa scala, con riferimento a diversi partenariati e territori. Gli obiettivi generali sono dodici6 e per ognuno di essi vengono descritti: le finalità generali nel contesto dello scenario strategico del piano; gli obiettivi specifici che articolano e sostanziano l’obiettivo generale; le azioni e i progetti attraverso cui il piano intende perseguirli; gli elaborati di riferimento del PPTR che interagiscono con l’elaborazione e la realizzazione dell’obiettivo; i soggetti pubblici e privati che concorrono alla loro realizzazione; le tipologie normative di riferimento alla disciplina del piano. Connessi a questi obiettivi vi sono i cinque Progetti Territoriali per il paesaggio regionale, che disegnano una visione strategica dello sviluppo territoriale, intercettando anche i principali problemi sollevati dagli obiettivi generali: la Rete Ecologica regionale, il Patto città-campagna, il Sistema infrastrutturale per la mobilità dolce, la Valorizzazione integrata dei paesaggi costieri, i Sistemi territoriali per la fruizione dei beni culturali e paesaggistici7. Si tratta di progetti densi di propositività, che definiscono le matrici politiche, culturali e tecniche del piano. A partire da essi si costituisce un terreno di sintesi delle disparate azioni di valorizzazione e tutela, disciplinate entro una cornice territoriale e strategica definita. Con essi la sfera politica e quella tecnica trovano una sintesi anticipata nel progetto. La loro utilità è duplice: forniscono soluzioni a territori/temi peculiari ma al contempo si pongono come terreno di sperimentazione di soluzioni diffuse. A scala minore, e agenti come assi strategici operativi del piano, si collocano i Progetti Integrati di Paesaggio Sperimentali. Questi progetti sono
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chiamati ad operare un’applicazione puntuale degli obiettivi generali del piano, contribuendo a meglio definire gli obiettivi stessi, a indicare strumenti di attuazione, a selezionare gli attori territoriali su specifici temi. Non tutti i progetti sperimentali previsti nel Documento Programmatico sono stati attivati, ma lo potranno essere in seguito8. Siamo dunque in presenza non già di progetti strategici intesi come luogo di sintesi di azioni pilota, che propongono soluzioni dirette a poche situazioni specifiche, bensì a fronte di un piano le cui articolazioni operative sono tutte intese come strategiche, tutte caratterizzate dal tentativo di offrire soluzioni a situazioni specifiche, siano esse di scala locale o di scala regionale. Il loro approfondimento, legato alla diversa natura delle singole azioni, ne risulta necessariamente asimmetrico, induttivo, ma fortemente ancorato ai contesti locali, nelle loro declinazioni fisiche e sociali. Sulla base di un tale impianto la nozione di disciplina sfuma in quella di azione e trova la sua misura nell’operatività.
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Figura 1 Progetti Integrati di paesaggio Sperimentali. Conservatorio Botanico "I Giardini di Panoma" (Cisternino).
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Cogenza delle disposizioni divieto e incentivazione
normative,
tra
Le disposizioni normative del PPTR si articolano in indirizzi, direttive e prescrizioni9. Il campo operativo della disciplina è costituito da un doppio livello di beni, cui corrisponde una duplice ricognizione degli elementi da considerare e una distinta efficacia dei dispositivi normativi. Un livello è quello dei beni già tutelati o da tutelare con specifici provvedimenti del piano. Un secondo livello è quello dei beni diffusi, relazionati o meno ai precedenti, che concorrono a definire la qualità del paesaggio e del territorio. Ne derivano due distinte modalità normative. La prima è riferita alla puntuale individuazione e protezione dei beni e definisce le condizioni alle quali può essere concessa l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi che li riguardano (Titolo VI delle NTA). In questo caso la disciplina di tutela è organizzata con chiarezza, secondo una sequenza di articoli che forniscono, per ogni componente o tipologia di bene: la sua individuazione così come derivante dalle forme di tutela esistenti (art. 134, c. 1a) e 1b) del Codice); l’individuazione di ulteriori immobili ed aree specificamente individuati (art. 134, c. 1c), rientranti nella stessa tipologia, da sottoporre a tutela; gli indirizzi e le direttive riguardanti nel loro insieme i beni già tutelati per legge e quelli individuati dal piano; infine le prescrizioni, riguardanti le distinte sottocategorie di beni individuate10. Dette norme provvedono effettivamente alla ‘individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio...’ (art 143, c. 1h del Codice), non limitandosi a forme di vincolo ricognitive ma
dettando ‘specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione’ aventi diretta efficacia sul regime giuridico dei beni. In particolare in ogni norma prescrittiva sono chiaramente enucleati gli interventi che ‘non sono ammissibili’ e quelli che ‘sono ammissibili ed eventualmente incentivati’. Va aggiunto che il PPTR provvede altresì a ricomporre entro una propria sequenza tematica, corrispondente alla lettura del territorio condotta con l’Atlante, le molteplici fattispecie di beni individuate all’art. 134 del Codice11. La seconda modalità normativa è quella riferita al territorio nel suo insieme, così come inquadrato negli ambiti di paesaggio (Titolo 6 delle Nta) e riguarda l’individuazione degli elementi e dei valori d’interesse paesaggistico, ambientale e territoriale da preservare e valorizzare nei progetti e nei successivi livelli di pianificazione. Il territorio regionale è articolato in undici ambiti paesaggistici (art. 7, Nta)12. A loro volta gli ambiti sono articolati in più figure territoriali (corrispondenti alle unità di paesaggio di altri piani paesistici), descritte nella loro struttura morfotipologica e nelle regole costitutive delle relazioni fra fattori antropici e ambientali. Di ognuna delle figure è definita la tipologia, la rilevanza, l’integrità, lo stato di conservazione), nonché gli obiettivi di qualità paesaggistica. Nella loro ricognizione va rilevata la ricchezza delle specificità riscontrate e come tali distintamente normate. A ciascuno degli ambiti corrisponde la relativa scheda, articolata in tre sezioni: la descrizione strutturale di sintesi, l’interpretazione identitaria e statutaria, e lo scenario strategico, che riporta gli obiettivi di qualità e le normative d'uso come parte integrante delle norme tecniche (art. 135, c. 2, 3, 4, del Codice). In essa traspare il percorso logico
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della costruzione del piano, dal quadro conoscitivo alla giustificazione delle scelte compiute, alla loro traduzione in regole. Nella Relazione del piano si dichiara di voler superare la natura regolamentare basata sulle modalità vincolistiche e prescrittive del piano tradizionale e si individuano dispositivi con diversi gradi e forme di cogenza (da vincoli perimetrati, a regole per la valorizzazione delle invarianti strutturali tradotte in obiettivi di qualità paesaggistica, a progetti di valorizzazione o ricostruzione di paesaggi, ecc). Questa posizione emerge con chiarezza nel caso degli ambiti di paesaggio. In questa parte della disciplina il piano viene superato come atto amministrativo con contenuto normativo, rispetto a cui operare secondo verifiche di conformità, adottando una tastiera normativa più complessa, agente a mezzo di a) regole statutarie per garantire la riproduzione del patrimonio e delle sue invarianti strutturali; b) strumenti di governance e di partecipazione sociale; c) misure di territorializzazione del sistema normativo per ambiti territoriali-paesistici e figure territoriali. Prevalgono dunque le norme di principio, d’indirizzo, esemplificative, con disposizioni che appaiono circostanziate ma che conservano gli inevitabili margini d’indeterminatezza di azioni programmate ma tutte da verificare. In sintesi la disciplina del piano poggia poco sui dispositivi normativi e molto sulle azioni e gli strumenti entro i quali essa viene contestualmente enunciata e sperimentata. Sulla base dei caratteri di originalità del piano sopra richiamati risulta difficile valutare l’effettiva cogenza delle norme che riguardano i beni non sottoposti a regime di tutela: una consistente parte
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Figura 2 Lo Scenario Strategico. Rete per la Conservazione della Biodiversità (R.E.B.).
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dei contenuti regolativi sono infatti delegati alle azioni di produzione sociale del piano. Tuttavia, se è vero che non è dato sapere fino a che punto dette azioni riescano ad essere autoregolative, in pratica alcune di esse, messe in cantiere nel corso della formazione del piano, lo sono già. Lo stesso sito web del piano c’informa delle numerose iniziative, in corso o da avviare, che operano secondo questo metodo autoregolativo. Azioni che sono il prodotto di accordi e procedimenti poggianti sul concorso di istituzioni e soggetti pubblici, nonché su quello di una nutrita serie di operatori privati e associazioni, operanti su definiti programmi. Un fattore non secondario nella chiarezza dei contenuti normativi è inoltre dato dalla completezza del quadro conoscitivo e dalla sua rappresentazione, così come riportato nell’Atlante del patrimonio ambientale, territoriale e paesaggistico. Questi presenta un repertorio cartografico dei paesaggi regionali, accuratamente descritti nella loro identità storica e morfotipologica nonché nella loro rilevanza e integrità. L’Atlante si articola a tre livelli:descrizioni analitiche (cartografie di base), descrizioni di sintesi (su diversi tematismi) e interpretazioni dei caratteri e dei valori patrimoniali. Nella regione sono identificate 5 regioni geografiche: Gargano, Subappennino, Puglia “classica”, Valle d’Itria, Salento. Per ognuna di esse sono svolte delle analisi organizzate su due livelli principali: la regione (scala 1/300000-1/150000) e gli ambiti (scala 1/100000, con possibili approfondimenti alla scala 1/50000), sono descritti attraverso testi, apparati iconografici e fotografici, schemi grafici, tavole, raccolti in tre sezioni. A latere il piano ha attivato un Osservatorio, che si avvale delle segnalazioni di cittadini, associazioni e
istituzioni, per costruire un repertorio di beni del paesaggio, offese del paesaggio, buone pratiche, cattive pratiche, con ciò componendo una mappa della percezione sociale del paesaggio, in accordo alla CEP.
Le Linee guida Le linee guida si propongono come una componente cardine degli strumenti operativi del piano, una sorta di ponte tra gli obiettivi e gli strumenti attuativi (art. 143 c. 8 del Codice). Esse sono l’esito della collaborazione degli estensori del piano con settori dell’amministrazione regionale responsabili sui temi di volta in volta trattati; alcune di esse sono già operanti nei progetti sperimentali. Redatte in forma di schede norma, progetti tipo, abachi, regolamenti, ecc. esse contengono sistematiche indicazioni sviluppate per orientare la redazione di strumenti di pianificazione o di singoli interventi che necessitano di un quadro di riferimento unitario di indirizzi e criteri metodologici. Esse riguardano i seguenti temi: • Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energie rinnovabili; • Linee guida sulla progettazione e gestione di aree produttive paesisticamente ed ecologicamente attrezzate; • Linee guida per la qualificazione paesaggistica e ambientale delle infrastrutture; • Linee guida per il patto città-campagna: riqualificazione paesaggistica delle periferie, degli insediamenti degradati e delle aree agricole periurbane;
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•
Linee guida per un regolamento edilizio tipo; • Linee guida per il restauro e il riuso dei manufatti in pietra a secco. Sono in via di completamento le Linee guida per il recupero, la manutenzione e il riuso dell’edilizia e dei beni rurali. Il loro contenuto è molto differenziato e va dal classico repertorio di criteri d’intervento, decritti e graficizzati, come nel caso delle ‘linee guida ... delle infrastrutture’, al documento di inquadramento per il ‘Patto città-campagna’, contenente linee guida concettuali invece che tecniche. Nel loro insieme questi strumenti costituiscono una ricca offerta di inquadramenti e criteri d’intervento, con contenuti anche progettuali. Pur nei limiti di alcune definizioni non particolarmente approfondite, per la prima volta un piano paesistico si misura con un’azione di supporto tecnico ai progetti, avviando il superamento di una storica carenza nell’ambito del progetto di paesaggio.
Conclusioni Il Piano come laboratorio di progetti di sviluppo. Nell’impostazione e nei principi il caso pugliese mostra non poche analogie con il quadro valoriale di riferimento della Lr 1/2005 della Toscana, e con la sua declinazione nell’ambito del PIT toscano. Esso offre un ulteriore esempio di come potrebbe essere applicata quella legge, per la parte riguardante il Piano Paesistico, in quanto attiva le intense propensioni cooperative tra i soggetti pubblici evocate dal PIT, che hanno fornito tangibili effetti già nel corso della formazione del piano.
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Il PPTR si propone come laboratorio di progetti di sviluppo, fondato sul doppio binario della ‘progettualità istituzionale’, cioè su un’azione capace di attivare gli organismi amministrativi su un piano di competenza creativa invece che passiva, e sul coinvolgimento della cittadinanza attiva, associativa e imprenditoriale. Esso incarna in pieno l’obiettivo di assumere la ‘conoscenza regolatrice’ e la ‘responsabilità diffusa’ come strumenti a molteplice utilità, agenti sul doppio binario del progetto di territorio e del progetto di paesaggio. Anche se è difficile, dalla sola lettura dei documenti del piano, valutarne la reale portata, resta un fatto significativo l’avvenuta messa in opera di molteplici laboratori di sviluppo locale. Correlazione tra piano paesaggistico e piano territoriale. Nell’assumere il paesaggio come esito delle diverse forme di uso del territorio il PPTR pugliese si propone programmaticamente un’azione capace di incidere su tutte le trasformazioni territoriali. Da qui la sua forte correlazione con il DRAG, il suo porsi come disciplina trasversale delle politiche regionali: il governo delle trasformazioni del paesaggio intercetta quello delle trasformazioni del territorio. Non va tuttavia sottovalutato il fatto che la stretta coerenza tra il PPTR e il DRAG non risulta solo da una scelta di natura disciplinare ma anche da una visione e una gestione politica, a livello regionale, che ha offerto tutte le condizioni necessarie a costruire questa piena sintonia. Il PPTR è infatti fortemente ancorato al posizionamento culturale delle forze politiche oggi al governo e avanza, con quelle, una proposta di cambiamento radicale rispetto al passato. Da questo punto di vista il suo vigoroso lavoro di sfondamento nell’ambito delle istituzioni e della cittadinanza attiva, attraverso i progetti e le Figura 3. Il sistema delle tutele: componenti culturali e insediative. Tav. 383.
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Figura 4. Il sistema delle tutele: componenti culturali e insediative. Tav. 438.
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iniziative avviate, sembra destinato ricevere un ulteriore impulso dalla recente conferma del quadro politico al comando della Regione. Una disciplina per principi e progetti. Il PPTR porta alle estreme conseguenze l’idea di abbandonare il piano fondato sulla leva dei dispositivi di permesso e divieto, definendosi piuttosto come la sede di formazione di scelte e progetti definiti, le cui regole generali sono esplicitate nel piano. Il concetto stesso di vincolo viene posto in discussione e reinterpretato come spazio di progetto, anche se il piano non abdica all’uso del vincolo, cui ricorre nel caso dei beni sottoposti a tutela. Un tale approccio riflette la sempre più diffusa attenzione all’opzione ‘progetto’ rispetto a quella della norma, come leva per superare i limiti dell’impostazione dei piani paesistici di prima generazione. Occorre tuttavia non considerare sbrigativamente quest’alternativa come la raggiunta soluzione finale. Troppi esempi stanno a dimostrarci che anche i progetti, non solo gli aggirabili vincoli, possono eludere l’obiettivo della tutela così come quello della (effettiva) valorizzazione. Ma allora come riuscirà il piano a controllare l’implementazione degli strumenti attuativi, che avranno attuazione in tempi e modi diversi, se le regole scritte al suo interno poggiano poco su dispositivi cogenti? Fino a che punto le regole statutarie riusciranno a imporre linee di azione con esse coerenti? Il piano si pone come uno strumento processuale e in quanto tale capace di riflettersi nelle azioni strategiche da esso innescate. La garanzia della sua tenuta sta allora nella tenuta di tutte le singole azioni poste in essere, dipendente dalle partnership
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dei soggetti impegnati, dalla collaborazione tra i diversi soggetti pubblici e da cento altri fattori. Su questa tenuta nulla si può dire. Si possono immaginare i più grigi scenari, intese che saltano, compagini politiche che si avvicendano, un mercato che boccia le più volenterose iniziative. Resta il fatto che un significativo complesso di attori sociali è oggi operante lungo la linea tracciata dal piano, che ha definito l’architettura dei problemi da affrontare (che solo in piccola parte possono essere risolti all’interno del piano) e la definizione di un terreno entro cui seguire un percorso evolutivo. Il piano alla fine ha prodotto una quadro conoscitivo rilevante, prima inesistente, e ha già attivato molteplici azioni entro una logica di conservazione attiva dei valori del territorio. Ha avviato un possente processo di sviluppo locale finora mai operato, nel senso della cooperazione verticale e orizzontale, istituzionale e non, pubblica e privata. Un processo che è riuscito a coinvolgere tutte le energie e le risorse attivabili in questo momento. Non è poco.
Siti web Tutti i documenti del piano sono disponibili ai siti: http://paesaggio.regione.puglia.it/ http://www.regione.puglia.it/drag/
Riferimenti iconografici Figure 1 - 3: Regione Puglia, PPTR 2009.
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Testo acquisito dalla redazione nel mese di Aprile 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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L’11 Gennaio 2010 la Giunta Regionale ha approvato la ‘Proposta di Piano Paesaggistico Territoriale Regionale’ (PPTR), da sottoporre alla formale adozione dopo la stipula dell’accordo con il MBAC previsto dal Codice. 2 In Puglia le basi per un nuovo sistema di governo del territorio sono state stabilite dalla Lr 20/2001 (Norme generali di governo e uso del territorio) e dal Documento Regionale di Assetto Generale (DRAG), approvato con DGR 1328/2007. Il Piano Paesaggistico oggi vigente, che presenta notevoli limiti concettuali e operativi, è il Piano Urbanistico Territoriale Tematico/Paesaggio, elaborato ai sensi della Lr 56/1980 e in attuazione della L. 431/1985, approvato nel 2000 e riferito soltanto ad alcune aree del territorio regionale. 3 Responsabili di Progetto: Piero Cavalcoli, Dirigente Settore Assetto del Territorio, Regione Puglia; Alberto Magnaghi, coordinatore del PPTR. Comitato scientifico: Alberto Magnaghi, Pietro Cavalcoli, Ruggero Martines, Pio Baldi, et alii. Segreteria Tecnica: M. Valeria Mininni (coord.). Del gruppo di lavoro fanno parte numerosi esperti afferenti a: Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, Dipartimento UPT, Larist - Unifi, Uniba, Poliba, IUAV, Unisa, Unifo, Polito, Società Tecnopolis Csata. 4 Nel Titolo II delle NTA sono definiti l’identificazione e il funzionamento di tutti gli strumenti di partecipazione e sussidiarietà previsti (artt. 8-24), in coerenza con l'articolo 2, comma 1, lett. c) e a) della L.r. 20/2001 “Norme generali di governo e uso del territorio”. 5 I piani di settore che interagiscono con i vincoli, le regole e i progetti del piano sono i seguenti: Programma di sviluppo rurale; Piano energetico regionale; Rete
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ecologica regionale e le aree protette; Piano dei trasporti e delle infrastrutture; proiezioni territoriali del Documento Strategico Regionale; Regolamento per i piani urbanistici comunali e per i Piani di coordinamento provinciali del DRAG; PAI dell’Autorità di bacino; Piano di Tutela delle acque; DDL Piano del turismo e del commercio; Piano delle coste e la nuova legge sulle coste; leggi sulla qualità dell’architettura e sull’abitare sostenibile; legge sugli ulivi monumentali. 6 Essi sono così individuati: 1) realizzare l’equilibrio idrogeomorfologico dei bacini idrografici; 2) sviluppare la qualità ambientale del territorio; 3) valorizzare i paesaggi e le figure territoriali di lunga durata; 4) Riqualificare e valorizzare i paesaggi rurali storici; 5) valorizzare il patrimonio identitario culturale-insediativo; 6) riqualificare i paesaggi degradati delle urbanizzazioni contemporanee; 7) valorizzare la struttura esteticopercettiva dei paesaggi della Puglia; 8) progettare la fruizione lenta dei paesaggi; 9) riqualificare, valorizzare e riprogettare i paesaggi costieri della Puglia; 10) definire standard di qualità territoriale e paesaggistica nello sviluppo delle energie rinnovabili; 11) definire standard di qualità territoriale e paesaggistica nell’insediamento, riqualificazione e riuso delle attività produttive e delle infrastrutture; 12) definire standard di qualità edilizia, urbana e territoriale per gli insediamenti residenziali urbani e rurali. 7 Nell’elaborato 4.2 della Proposta di PPTR sono riportati, per ogni progetto: la descrizione della metodologia di costruzione del progetto; i contenuti; schemi grafici e iconografici; la tavola di progetto. 8 I progetti integrati di paesaggio fino a ora attivati sono molteplici: Mappe di Comunità ed Ecomusei della Valle del Carapelle; Mappe di Comunità ed ecomusei del Salento; Mappe di Comunità ed Ecomuseo di Valle d’Itria; Le porte del parco fluviale del fiume Ofanto, il Patto per la bioregione e il Contratto di fiume; Progetto di Corridoio Ecologico multifunzionale del fiume Cervaro; Valorizzazione del tratto pugliese del tratturo Pescasseroli-Candela; Recupero di un tratto del tratturo di Motta Montecorvino; Progetto di parco agricolo
multifunzionale dei Paduli di San Cassiano; Conservatorio botanico “I Giardini di Pomona”; Regolamento edilizio del comune di Giovinazzo; Progetti di copianificazione del piano del Parco Nazionale dell’Alta Murgia; Progetto per una rete della mobilità lenta a servizio del territorio del Parco Nazionale; Recupero di Torre Guardiani in Jazzo Rosso in agro di Ruvo; Area Produttiva Paesaggisticamente ed Ecologicamente Attrezzabile (APPEA) in area ASI Bari-Modugno; Progetti con la Provincia di Lecce di Riqualificazione delle voragini naturali e riqualificazione paesaggistica delle aree esterne e dei canali ricadenti nel bacino endoreico della valle dell’Asso; Bonifiche ambientali, recupero aree degradate di cave dismesse della provincia di Lecce; Progetto di riqualificazione paesaggistica delle cave in località Spirito Santo e progetto per il Centro ILMA Prevenzione e Riabilitazione Oncologica. L’elaborato 4.3 dello Schema di PPTR contiene le relative schede illustrative. 9 Gli indirizzi indicano ai soggetti attuatori gli obiettivi generali e specifici del PPTR da conseguire. Le direttive definiscono modi e condizioni idonee a garantire la realizzazione degli obiettivi generali e specifici del PPTR da parte dei soggetti attuatori. Le prescrizioni sono disposizioni conformative del regime giuridico dei beni oggetto del PPTR, volte a regolare le trasformazioni e gli usi ammissibili. Esse, una volta approvato il piano, contengono norme vincolanti, immediatamente cogenti e prevalenti sulle disposizioni incompatibili di ogni strumento vigente di pianificazione. 10 Si fornisce come esempio l’elenco degli articoli riguardanti le componenti geomorfologiche: Art. 51, Individuazione delle componenti geomorfologiche e controllo paesaggistico; Art. 52, Definizioni degli ulteriori contesti paesaggistici di cui alle componenti geomorfologiche; Art. 53, Indirizzi per le componenti geomorfologiche; Art. 54, Direttive per le componenti geomorfologiche; Art. 55, Prescrizioni per i “Versanti”; Art. 56, Prescrizioni per le “Lame e gravine”; Art. 57, Prescrizioni per le “Grotte”; Art. 58, Prescrizioni per i “Geositi”, gli “Inghiottitoi” e i “Cordoni dunari”.
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Il PPTR ricompone i beni tutelati e da tutelare entro tre strutture (la Struttura idro-geo-morfologica, la Struttura ecosistemica e ambientale, la Struttura insediativa e storico culturale) a loro volta articolate in diverse componenti, come quella di cui alla nota precedente. 12 Gli ambiti paesaggistici sono individuati attraverso la valutazione integrata di una pluralità di fattori, che vanno dalla conformazione storica delle regioni geografiche alle forme di percezione dei paesaggi.
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fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Sardegna: il Piano Paesaggistico, tra innovazioni e sfide
Sardinia: the Landscape innovations and challenger
Michele Ercolini con Emanuela Morelli e Carlo Natali*
Michele Ercolini con Emanuela Morelli e Carlo Natali*
abstract Il Piano Paesaggistico della Sardegna (PPR) è il primo Piano unitario dedicato al paesaggio regionale. Non solo, è questa la prima volta che un Piano comprende l’intero territorio in un unico processo di conoscenza, riprogettazione e gestione delle risorse strategiche della Sardegna. Inoltre, è una novità per l’approccio operativo alle trasformazioni urbanistiche.
abstract The Sardinia Landscape Plan (PPR) is the first unitary Plan concerning the regional landscape. This is also the first time that a Landscape Plan involves the whole regional territory in a single process of knowledge and management of strategic resources. Moreover, the PPR represents a new experience thanks to its innovative approach towards the urban development.
parole chiave Sardegna, PPR, Conoscenza, costiera, Ambito di Paesaggio.
key-words Sardinia, PPR, Knowledge, Management, Coastline, Landscape Ambit.
Gestione,
Fascia
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Plan,
* Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio
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Dal “disorientamento legislativo” degli anni Novanta alla “Legge salvacoste” del 20041 Il Piano Paesaggistico della Regione Sardegna (PPR) arriva dopo l’annullamento degli strumenti di programmazione urbanistica territoriale e un lungo periodo di vuoto legislativo conclusosi con la Legge regionale di tutela delle coste (n. 8/2004). Ma procediamo con ordine. La Legge urbanistica regionale n. 45/89, “Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale”, attribuiva ai Piani Territoriali Paesistici (PTP) la funzione di coordinamento e orientamento delle scelte nell’organizzazione dell’intero territorio regionale. Di fatto, però, il campo d’applicazione dei PTP si limitava alla sola fascia di due chilometri dalla linea di costa. A tale restrizione seguivano due “distorsioni”: anzitutto, una disattesa delle aspettative per cui gli stessi PTP erano stati pensati; secondo di poi, una distinzione “patologica” del territorio regionale tra parti che “valgono di più”, quelle cioè comprese nella fascia dei due chilometri, e tutte le altre, che “valgono di meno”. Tutto ciò portò, in breve tempo, ad una pianificazione della restante parte di territorio (affidata ai Comuni) priva di una qualsiasi forma di coordinamento, con un conseguente ed inevitabile sviluppo a pelle di leopardo, quasi del tutto privo di riconoscibilità e di connotati dominanti. In altre parole, questa fase della politica regionale riteneva degne di un coordinamento territoriale solo le zone della fascia di due chilometri. A guardar bene, inoltre, tale coordinamento si limitava per lo più all’imposizione di un vincolo deterministicamente ed immotivatamente rigido di “integrale conservazione dei singoli caratteri naturalistici, storico-morfologici e dei rispettivi insiemi” (art. 10 bis, comma 1, LR 45/89) che, di
Sardegna: il Piano Paesaggistico, tra innovazioni e sfide
fatto, esprimeva una rinuncia totale all’esercizio di qualunque ulteriore competenza di coordinamento ed orientamento dei processi del territorio2. Questa condizione di profondo e preoccupante disorientamento, con ricadute pesanti e poco controllabili, ulteriormente accentuata dall’annullamento con relativa sentenza degli stessi PTP (ad eccezione di quello del Sinis), si doveva poi misurare con altre problematiche e questioni aperte. La prima problematica era riconducibile al rilevante ritardo con cui i Comuni (tra l’altro, solo una parte minoritaria lo fece) adeguarono i loro Piani Urbanistici a quelli Territoriali Paesistici della Regione. In seconda battuta, la mancanza di una direttiva strategica per la pianificazione comunale delle aree urbane che, va sottolineato, ancora oggi ha come unico riferimento il “vecchio” Decreto n. 2266/U/1983, “Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei Comuni della Sardegna” (conosciuto anche come Decreto “Floris”). Le questioni aperte, invece, interessavano due settori strategici: quello della pianificazione provinciale e quello delle aree protette. Dopo oltre dieci anni dall’approvazione della Legge regionale n. 45/89, le Province incominciarono lo studio dei propri Piani urbanistici che, secondo quanto stabilito dalla stessa Legge, risultano subordinati agli atti di pianificazione regionale e non hanno corso in assenza di essi. Dando per assodato che la definizione dell’assetto del territorio avesse ormai esaurito la sua attività con i PTP (gli stessi, come detto, poi annullati), la pianificazione provinciale poteva essere (ma non fu così) una grande occasione per dar vita ad una stagione nuova e innovativa della pianificazione
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paesistica, anche con riferimento alle ampie competenze assegnate alle stesse Province dal “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (D.lg. 267/2000)3. La seconda questione riguardava, invece, le aree protette regionali. La più volte citata Legge urbanistica n. 45/89 stabilisce che il Piano del parco o della riserva naturale sostituisce, di fatto, il Piano Territoriale Paesistico, qualora questo sia già stato approvato per il territorio dell’area protetta, e che, qualora non vi sia ancora questo Piano, il Piano del parco abbia i contenuti definiti per il Piano Territoriale Paesistico e ne assuma la valenza (art. 10, comma 2). Le potenzialità dell’istituzione di un parco o di una riserva naturale erano quindi fortissime proprio in chiave di coordinamento territoriale, e avrebbero potuto essere sfruttate per sopperire al carente esercizio delle competenze in materia di definizione dell’assetto del territorio, da parte della Regione. L’uso del “condizionale” è dovuto al fatto che, a differenza dei Piani Urbanistici Provinciali, quelli delle aree protette (così come stabilito dalla Legge regionale sulle aree protette n. 31/89, art. 12) sono elaborati ed approvati dalla Giunta regionale. In conseguenza di ciò, le prassi pianificatorie per le aree protette si allinearono pian piano con quelle in atto per tutto il territorio regionale. Anche i successivi tentativi di “voltare pagina”, muovendosi verso nuove proposte di definizione dei PTP costruite sulla base di quadri territoriali fondati sulle Unità Paesaggistico-Ambientali (UPA), sono stati via via depotenziati, sviliti e travisati. Il risultato fu, ancora una volta, la riduzione degli stessi Piani a strumenti sostanzialmente vincolistici e limitati ad una stretta fascia del territorio costiero. Le ragioni di questo ennesimo fallimento sono da
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
ricondurre al fatto che i contesti locali reagirono in maniera negativa a letture del proprio territorio e a scelte di assetto che, probabilmente, non erano in grado di comprendere più che di condividere4. In altre parole, le amministrazioni regionali succedutesi iniziarono a lavorare, da qui in avanti, per rendere sempre meno invasivo “l’impatto” territoriale della pianificazione paesistica, annullandone l’efficacia potenziale. La prima vera svolta verso una nuova stagione della pianificazione del territorio sardo, fortemente orientata alla tutela del paesaggio costiero ed interno, si colloca tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila. In questo periodo si delinearono due scenari strettamente connessi: da una parte, la disastrosa conclusione della pianificazione basata sui PTP, culminata nel loro annullamento; dall’altra, la pericolosa situazione di vacatio legis che per diversi anni ne seguì e che l’amministrazione regionale, nel quinquennio 19992004, non volle o non seppe affrontare, alimentando, più o meno consapevolmente, speranze di deregulation urbanistica, soprattutto nelle zone costiere. Il primo importante atto fu la Deliberazione della Giunta Regionale n. 33/1 del 10 Agosto del 2004, che si tradusse, qualche mese dopo, nella Legge regionale n. 8/2004, “Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale”, immediatamente ribattezzata “Legge salvacoste” (LSC). La legge stabilisce misure di salvaguardia estremamente restrittive per i territori costieri, identificate con la fascia di due chilometri dalla linea di battigia, rimaste in vigore fino all’approvazione del PPR, il cui processo di definizione, adozione e approvazione (DAA) la stessa LSC definisce in maniera estremamente rigorosa.
Una nuova fase Il Piano Paesistico della Sardegna5 è il primo Piano unitario dedicato al paesaggio regionale, dopo tanti Piani settoriali e i Piani paesistici caducati. Non solo, è questa la prima volta che un Piano di livello regionale ricomprende l’intero territorio sardo in un unico processo di conoscenza, riprogettazione e gestione delle risorse strategiche della Sardegna, unificando il riconoscimento identitario con la programmazione di un nuovo modello di sviluppo. Inoltre, il Piano Paesaggistico rappresenta una novità anche sotto l’aspetto dell’approccio operativo alle trasformazioni urbanistiche e, in un certo qual modo, precede e coordina diversamente la procedura urbanistica, che si limitava sostanzialmente alla sola zonizzazione del territorio. Una nuova fase, questa, sostenuta da un principio ispiratore che esprime la “nuova frontiera” che il governo regionale indica come prospettiva strategica: il “bisogno di progettualità”. È su questo assunto che si basa la sfida, il “sistema delle scelte” del PPR tradotto in indirizzi per il governo del territorio, che guardano: alla priorità per la preservazione delle risorse e dei paesaggi “intatti”, non ancora irrimediabilmente devastati o mutilati dalle trasformazioni antropiche; al riconoscimento del ruolo centrale che l’eredità naturale e culturale è chiamata a svolgere nell’organizzazione complessiva del territorio; all’orientamento a perseguire nuove forme di sviluppo turistico ed in particolare una nuova cultura dell’ospitalità, basata sulla rivalorizzazione dei valori urbani consolidati e sottratta alle ipoteche dello sfruttamento immobiliare ed agli effetti devastanti della proliferazione delle seconde case e dei villaggi turistici isolati.
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Una nuova fase cui corrispondono importanti conseguenze, che coinvolgono l’azione di governo del territorio, sotto il profilo paesaggistico, di numerosi altri attori. Innanzitutto, il Piano pone a tutti i Comuni l’obbligo di dotarsi del Piano Urbanistico Comunale (PUC), quale strumento di regole e diritti, in armonia con le disposizioni legislative di carattere generale. Dentro l’obiettivo di approvazione dei PUC, i Comuni recuperano competenze fino ad ora non in capo agli Enti locali, come quelle nella gestione del Demanio marittimo, attraverso l’approvazione contestuale del Piano di utilizzo dei litorali, e d’intesa con le Province, la programmazione dello sviluppo urbanistico industriale. Il PPR elimina inoltre vasti spazi di discrezionalità dell’apparato regionale, che nelle sue diverse articolazioni dovrà d’ora in poi provvedere al coordinamento ed all’integrazione delle istruttorie e delle autorizzazioni obbligatorie in materia urbanistica, di paesaggio, ambientale, forestale, idrogeologica, eccetera. Il PPR, infine, permette di conseguire una definizione delle Norme più chiara e intelligibile al fine di evitare, da parte dei Comuni, problematiche interpretative ed applicative, soprattutto in merito alle questioni legate alla disciplina paesistica.
PPR e fascia costiera, invertire una tendenza Pur essendo composta da elementi appartenenti a diverse specifiche categorie di beni (le dune, le falesie, gli stagni, i promontori, eccetera), la fascia costiera nel suo insieme costituisce una risorsa paesaggistica di straordinario valore. A causa però della scarsa capacità di governo delle risorse territoriali, questo incomparabile bene è oggetto da decenni di furiose dinamiche di distruzione, fondate
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su processi di trasformazione avulsi da qualsiasi forma di rispetto della cultura, delle tradizioni locali, dei segni impressi dalla storia nel territorio. Il Piano Paesaggistico propone di invertire questa tendenza, promuovendo e garantendo un buon governo delle trasformazioni, sotto il segno di una regia regionale attenta sia alla tutela che alla promozione delle azioni suscettibili di orientarne le trasformazioni, nel senso di un ulteriore miglioramento della qualità e della fruibilità6. Il Piano Paesaggistico Regionale propone di invertire questa tendenza rilanciando, altresì, la funzione turistica e ricettiva dei centri abitati situati nella fascia costiera, attraverso la valorizzazione dei centri storici, delle tradizioni culturali e agro alimentari a servizio del turismo. Ecco perché si è scelto di mantenere e conservare nei loro valori ambientali e culturali le parti del territorio costiero ancora intonse, orientando le opportunità di sviluppo turistico verso i centri urbani e dando impulso ad azioni di riqualificazione urbanistica degli insediamenti turistici esistenti. In particolare, è promossa dal Piano la cosiddetta “salvaguardia dell’intatto”, ovvero la sostanziale inedificabilità delle aree ancora salve dalla pervasiva espansione dell’edilizia costiera. La “salvaguardia dell’intatto” in realtà, investe tutti gli ambiti naturali e seminaturali, per i quali è sostenuta e razionalizzata una politica di tutela e valorizzazione attenta della biodiversità.
Aspetti positivi e criticità Il concetto di “Ambito di paesaggio”, elemento attorno al quale il Piano è stato pensato e costruito, per la sua coerenza interna e di relazione tra ambiti, ha legittimato un’articolazione dello stesso
Sardegna: il Piano Paesaggistico, tra innovazioni e sfide
per fasi e per tappe. Il primo step (oggi concluso) ha interessato i soli Ambiti di paesaggio costieri. Il PPR, in pratica, suddivide il territorio costiero in ventisette ambiti omogenei, che delineano il paesaggio della costa, aprendo alle relazioni con gli ambiti interni in una prospettiva unitaria di conservazione attiva. L’Ambito di paesaggio, come indicato dagli autori del Piano, è un “dispositivo spaziale di pianificazione del paesaggio attraverso il quale s’intende indirizzare, sull’idea di un progetto specifico, le azioni di conservazione, ricostruzione o trasformazione”. Ogni Ambito ha un “nome e cognome” riferito alla toponomastica dei luoghi o della memoria, che lo identifica come unico e irripetibile. Sono caratterizzati dalla presenza di specifici beni paesaggistici individuali e d’insieme. Gli Ambiti sono individuati sia in virtù della “forma”, che si sostanzia in una certa coerenza interna (la struttura) che ne rende la prima riconoscibilità, sia come luoghi d’interazione delle risorse del patrimonio ambientale, naturale, storico-culturale e insediativo, sia come luoghi del progetto del territorio7. Attraverso la suddivisione del territorio in “Ambiti di paesaggio omogenei”, il Piano propone di salvaguardare il paesaggio costiero elaborando indirizzi specifici volti ad orientare la pianificazione sotto-ordinata (in particolare quella comunale e intercomunale) al raggiungimento di determinate finalità e alla promozione di determinate azioni. In quest’ottica, l’Ambito assume il ruolo di unità di riferimento nella quale convergono scelte, ipotesi progettuali, obiettivi. In altre parole, gli Ambiti di paesaggio costituiscono un’importante cerniera tra la pianificazione a scala regionale e la pianificazione a scala locale, ovvero rappresentano il “testimone” che la Regione affida agli Enti locali (Province e
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Comuni) perchè proseguano, affinino, completino l’opera di tutela e valorizzazione del paesaggio alla scala della loro competenza e della loro responsabilità. Uno strumento molto complesso, entro cui inevitabilmente si possono riscontrare criticità. Prima fra tutte, l’individuazione degli Ambiti sul territorio, che ha richiesto una non facile sintesi tra l’analisi e il progetto, unificando elementi spesso molto diversi tra loro (la forma del territorio, la sedimentazione storica, eccetera) e individuando l’unitarietà di diversi ambienti nella diversità degli elementi che li compongono, perimetrandoli senza separarli dagli ambienti vicini. Anche la successiva fase di valutazione (in parte già avviata durante quella di identificazione) ha comportato difficoltà, soprattutto nell’individuazione del sistema di valori e criticità strutturali, delle relazioni sistemiche e della qualità delle risorse paesistico-territoriali dell’Ambito, in riferimento agli usi attuali del territorio e alle previsioni di trasformazione formalizzate dagli strumenti di Piano (PUC, PUP, altri Programmi e/o Piani). Una seconda problematica deriva dalla difficoltà, soprattutto quando si è di fronte a contesti complessi e dinamici come i paesaggi costieri della Sardegna, ad utilizzare (sfruttare?) il “sistema delle risorse” e al tempo stesso salvaguardarlo, visto che lo sviluppo (economico, e non solo) rende oggi sempre più difficile non solo ridurre ma addirittura mantenere costante l’utilizzo delle risorse ambientali. Una difficoltà, semplificando il concetto, che riguarda il delicato passaggio dalla “teoria alla pratica”, come nel caso, ad esempio, dell’orientamento normativo (sulla carta certamente condivisibile) che prevede di far insediare prioritariamente le infrastrutture turistico-ricettive nei centri abitati, proponendo “un
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
premio di cubatura in contropartita ad evidenti e significative compensazioni paesaggistiche nell’azione di riqualificazione urbanistica” nelle ex zone F di insediamento turistico (superate di fatto dalla nuova pianificazione paesaggistica). Una terza criticità è riscontrabile, infine, nella difficoltà a concretizzare una efficace partecipazione della popolazione nelle scelte di trasformazione del territorio e del paesaggio. Infatti, al di là dei principi chiave e delle formulazioni quadro, che costituiscono la strategia complessiva delle politiche del PPR, le popolazioni della Sardegna (così come altrove) risultano oggi ancora troppo distanti dall’assunzione di specifiche responsabilità di governance del territorio, entro cui il paesaggio è assunto quale risorsa decisiva per l’orientamento del proprio futuro, anziché come vincolo calato dall’alto. Nonostante le criticità anzidette, il Piano Paesaggistico può comunque leggersi, nel suo complesso, quale primo importante strumento che ha permesso di introdurre il tema del paesaggio e della sua salvaguardia nei diversi livelli di pianificazione del territorio e negli atti della programmazione regionale e locale, promuovendo, nel contempo, un processo dialettico e integrato tra i diversi attori, in coerenza con le rispettive competenze e con gli indirizzi di tutela delineati nello stesso PPR. Tra tutela, trasformazione e valorizzazione (progetto) del paesaggio Il Piano Paesaggistico Regionale propone di tutelare il paesaggio con la duplice finalità di conservarne gli elementi di qualità e di testimonianza mettendone in evidenza il valore sostanziale e di promuovere il suo miglioramento. Il Piano è perciò la matrice di un’opera di ampio respiro e di lunga
durata, nella quale tutela e trasformazione si saldano in un unico progetto, essendo volta la prima a mantenere riconoscibili ed evidenti gli elementi significativi che connotano ogni singolo bene, e la seconda a proseguire l’azione di costruzione del paesaggio (progetto). Il PPR è quindi, da una parte, il “catalogo” perennemente aggiornato delle risorse del territorio sardo e del suo paesaggio e delle regole necessarie per la sua tutela e, dall’altra parte, il centro di promozione e di coordinamento delle azioni (progetto) che, a tutti i livelli, gli operatori pubblici pongono in essere per trasformare la tutela da insieme di regole a concreta gestione del territorio. Ed è proprio questo accoppiamento tra tutela e messa in valore che consente di passare da logiche puramente difensive e reattive centrate sui vincoli a logiche pro-attive di promozione e di valorizzazione territoriale centrate sul Piano, dando significato concreto ai principi dello sviluppo sostenibile. Dalla scala regionale a quella locale: la sfida dell’Osservatorio del Paesaggio L’Osservatorio della Pianificazione Urbanistica e Qualità del Paesaggio8 ha come obiettivo chiave l’aggiornamento periodico e l’implementazione del Piano Paesaggistico Regionale. L’Osservatorio come laboratorio di idee e progetti utile alla formazione e allo sviluppo della Cultura del paesaggio, al fine di salvaguardare e valorizzare l’identità del mosaico paesistico-culturale del territorio sardo. L’Osservatorio come dispositivo per il controlloprogetto delle trasformazioni e della qualità paesistica attraverso l’analisi comparativa sui cambiamenti in atto. E soprattutto, l’Osservatorio come strumento chiave per la trasmissione delle conoscenze e dei principi dal Piano Paesaggistico alla scala locale, attraverso lo sviluppo di studi,
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analisi e opzioni strategiche utili a fornire strumenti agli Enti locali per l’attuazione degli interventi di trasformazione territoriale, in armonia con il contesto paesaggistico di riferimento. E in questa direzione l’Unità di Ricerca di Firenze si è mossa, guardando in particolare a due obiettivi: definizione di una metodologia condivisa di lettura sistemica del paesaggio; elaborazione di Linee guida per il “buon governo” riferite a tre Scenari di studio, ovvero i “Paesaggi delle (altre) acque” (fiumi e aree umide), i “Paesaggi dei margini urbani”, i “Paesaggi delle infrastrutture” (strade). Il carattere innovativo dello strumento è riconducibile al fatto che esso non si limita semplicemente a segnalare i possibili rischi a carico del paesaggio (alterazioni), conseguenti alle possibili interconnessioni tra i Scenari suddetti (fiume/margine urbano; strada/area umida, fiume/strada, eccetera), ma mira ad indicare le potenzialità e le opportunità che da tali sistemi relazionali potrebbero derivare, per uno sviluppo fondato sul paesaggio stesso e proprio per questo capace di garantirne la qualità e la durata nel tempo. Pur tenendo conto del “naturale” carattere sperimentale dell’Osservatorio, anche in questo caso si possono evidenziare criticità, riconducili in primis alla mancata (ad oggi) risposta ad alcuni obiettivi chiave richiesti dalla Regione stessa. Tra questi: garantire una efficace cooperazione a livello scientifico attraverso iniziative di ricerca a scala europea; determinare indici quantitativi e qualitativi per la valutazione delle risorse, delle potenzialità e fragilità territoriali e la definizione di parametri che consentano di valutare il grado di applicazione e l’efficacia della pianificazione a livello locale; promuovere e organizzare attività di sensibilizzazione, culturali, scientifiche, di
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formazione e di educazione, attraverso seminari, corsi, mostre, conferenze, pubblicazioni, specifici programmi di informazione e formazione sulle politiche paesaggistiche. Ma la criticità che necessità maggiormente una risposta è ben sintetizzata nelle parole di Joan Noguè, Direttore dell’Osservatorio del paesaggio della Catalogna: la capacità di “ampliare la conoscenza che la società […] ha del proprio paesaggio e funzionare allo stesso tempo da supporto per l’applicazione della Convenzione Europea del Paesaggio, proponendosi come punto di riferimento per la ricerca scientifica, tecnica, per gli enti pubblici e gli attori politici che definiscono i cambiamenti in materia di paesaggio”. Ed in questa direzione il gruppo di ricerca dell’Unità di Firenze sta lavorando.
Sardegna: il Piano Paesaggistico, tra innovazioni e sfide
Box Regione
Legislazione e strumenti di pianificazione
1.- Superficie territoriale - Montagna: 5075,08 kmq (21,07%) - Collina: 14660,70 kmq (60,87%) - Pianura: 4349,59 kmq (18,06%) Totale superficie: 24.089 kmq
* Decreto n. 2266/U/1983, “Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei Comuni della Sardegna” (conosciuto anche come decreto “Floris”) * Legge urbanistica regionale n. 45/89, “Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale” (Piani Territoriali Paesistici - PTP) * Legge regionale sulle aree protette n. 31/89 * Decreto n. 267/2000, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” * Legge regionale n. 8 del 25 novembre 2004, “Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale”, conosciuta come “Legge salvacoste” (LSC). La procedura di definizione, adozione e approvazione del PPR è definita dalla stessa L.R. 8/2004. La norma prevede che il PPR possa essere proposto, adottato e approvato per ambiti territoriali omogenei. La Giunta Regionale ha approvato, con Delibera n. 36/7 del 05/09/2006, il Piano Paesaggistico Regionale - Primo Ambito Omogeneo * Delibera n. 50/22 del 5.12.2006 per l’istituzione dell’Osservatorio della Pianificazione Urbanistica e Qualità del Paesaggio della Regione Sardegna
2.- Lunghezza coste e numero comuni costieri - Circa 1.870 km di costa - 72 Comuni costieri 3.- Popolazione totale e densità territoriale - 1.672.422 abitanti (ISTAT dicembre 2008) - 69,4 ab./km² 4.- Numero Comuni / Superficie territoriale media comunale / Numero medio abitanti per Comune / Distribuzione % Comuni per classi di abitanti - Numero Comuni: 377 - Superficie territoriale media comunale: 63.9 kmq - Numero medio abitanti per Comune: 4.436 abitanti - Distribuzione percentuale Comuni per classi di abitanti: classi
%
0-2000 ab 2.001-5.000 ab 5.001-20.000 ab 20.001-50.000 ab 50.001-100.000 ab > 100.000 ab
55,2 28,4 12,7 2,9 0,3 0,5
Riferimenti bibliografici
5.- Superficie soggetta a tutela paesaggistica (secondo quanto indicato dal PPR) - Superficie territorio regionale: 24.732,90 kmq - Totale superficie Ambiti paesaggio costieri: 10.040 kmq - Superficie Ambiti di paesaggio costieri: 40,59 % 6.- Indicatore/dato caratterizzante contesto regionale - 1.870 km di costa - Densità territoriale: 69,4 ab./km²
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lo
specifico
Da sito web Regione Sardegna http://www.sardegnaterritorio.it/pianificazione/pianopaes aggistico/: Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione I, Relazione introduttiva, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione I, Relazione comitato scientifico, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione I, Relazione tecnica, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione II, Componenti di paesaggio con valenza ambientale – Schede, Cagliari 2006.
La pianificazione paesaggistica delle Regioni
Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione II, Componenti di paesaggio e sistemi con valenza storico culturale – Schede, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Allegati, Il paesaggio culturale della Sardegna, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale, Indirizzi applicativi del piano paesaggistico regionale, Cagliari 2007. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale, Norme Tecniche di Attuazione, Cagliari 2006. CALLEDDA GIOVANNI, PODDIE LOREDANA, L’adeguamento del Piano urbanistico comunale di Sinnai al Piano paesaggistico regionale della Sardegna: riflessioni metodologiche e casi di studio, Tesi di Laurea, relatore Corrado Zoppi, 2007, Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari (per gentile concessione). COSTA GIORGIO, Il limite del territorio costiero nel piano paesaggistico della Sardegna, in “Ri-Vista - Ricerche per la progettazione del paesaggio”, Volume 6 – lugliodicembre 2006, Università degli Studi di Firenze, Firenze University Press, Firenze 2007. ERCOLINI MICHELE, CAMPUS ENRICA (a cura di), Osservatorio della Pianificazione Urbanistica e Qualità del PaesaggioReport 2006-2008, Regione Autonoma della Sardegna Università degli Studi di Firenze, 2010 (in pubblicazione). ERCOLINI MICHELE, Cultura dell’acqua e progettazione paesistica, Gangemi Ed., Roma 2010. FERRARA GUIDO, RIZZO GIULIO G., ZOPPI MARIELLA (a cura di), Paesaggio. Didattica, ricerche e progetti, Firenze University Press, Firenze 2007. PUNGETTI GLORIA, Paesaggio in Sardegna: storia caratteri politiche, CUEC, Cagliari 1996.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Aprile 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Tratto e parzialmente rielaborato dalla documentazione messa a disposizione dalla Regione Autonoma della Sardegna. In particolare si è fatto riferimento al documento (inedito) redatto da GIOVANNI CALLEDDA e LOREDANA PODDIE, “L’adeguamento del Piano urbanistico comunale di Sinnai al Piano paesaggistico regionale della Sardegna: riflessioni metodologiche e casi di studio”, Tesi di Laurea, relatore Corrado Zoppi, 2007, Corso di Studio di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari. 2 Degli altri strumenti, teoricamente a disposizione per l’esercizio delle competenze a livello regionale, la Regione Sardegna non si è mai dotata: non ci sono vincoli, direttive e schemi d’assetto, se si eccettua una direttiva sulle zone agricole. 3 L’art. 20, comma 2, stabilisce che l’amministrazione provinciale adotta il Piano territoriale di coordinamento che, in quanto tale, non può essere considerato subordinato a quello territoriale paesistico, come indica la legge regionale 45/89, bensì, al più, dello stesso livello gerarchico, se non sovraordinato. Non si poneva comunque il problema poiché i PTP erano riferiti solo ad una piccola porzione costiera del territorio provinciale. 4 I contesti locali, in pratica, hanno assunto un ruolo passivo, la cui inerzia ha condotto ad esiti assolutamente inadeguati rispetto alle aspettative delle comunità in termini di qualità della vita urbana e di sviluppo locale. 5 La procedura di definizione, adozione e approvazione del PPR è definita dalla Legge regionale n. 8 del 25 novembre 2004, che introduce le “Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale”. Tale legge prevede che il PPR possa essere proposto, adottato e approvato per ambiti territoriali omogenei. La Giunta Regionale ha approvato, con delibera n. 36/7 del 05/09/2006, il Piano Paesaggistico Regionale - Primo Ambito Omogeneo. 6 I Comuni avranno la possibilità, in sede di adeguamento dei PUC, di arricchire e di integrare l’insieme di questi valori ambientali, paesaggistici e storico culturali, sulla base delle loro conoscenze territoriali e delle strategie di maggiore valorizzazione del proprio territorio.
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Gli Ambiti di paesaggio, a differenza degli ambiti amministrativi, hanno valore solo per quanto riguarda le fasi successive di progettazione del territorio, che avverrà con l’intesa degli Enti locali. Essi costituiscono pertanto una guida all’azione e non una rigida divisione in parti del territorio. 8 La L.R. n. 8/2004 (art. 2), la stessa istitutiva del PPR, prevede “allo scopo di pervenire ad una più incisiva adeguatezza e omogeneità degli strumenti urbanistici a tutti i livelli, debba procedersi ad un sistematico monitoraggio e comparazione dell’attività di pianificazione […] attraverso l’istituzione dell’Osservatorio della pianificazione e qualità del paesaggio”.
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fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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Approfondimenti
La pianificazione paesaggistica Piemonte. Approfondimenti
in
Landscape planning in Piedmont Region. Study materials
abstract Il presente contributo costituisce un approfondimento sistematico sullo stato della pianificazione paesaggistica in Piemonte, in particolare per quanto concerne la legislazione e la strumentazione regionale. Da un lato si affrontano le modalità secondo le quali la legislazione regionale affronta il paesaggio; dall’altro, si analizza la strumentazione pianificatoria, in particolare il Piano Territoriale Regionale (1997) e il nuovo Piano Paesaggistico Regionale (2009). La ricerca condotta considera i loro contenuti e propone un confronto sulla dimensione conoscitiva, strategica e regolativa degli strumenti. Infine è approfondita più esplicitamente la questione dell’autorizzazione paesaggistica, della subdelega agli enti locali, i problemi relativi all’attuazione, alla partecipazione, al ruolo delle identità locali e al riconoscimento dei paesaggi identitari.
abstract This paper represents a systematic deep examination about the situation of landscape planning in Piedmont. This research is structured on the analysis and interpretation of legislative and planning instruments, by two fundamental approaches. On the one hand, there are the modalities by which landscape enters the regional legislation. On the other hand the research focuses on regional landscape planning instruments, like the Regional Territorial Plan (1997) and the new Regional Landscape Plan (2009), suggesting a comparison between cognitive, strategic and regulative dimensions. Finally, we find an in-depth examination about the question concerning landscape authorization, the sub-delegation to local authorities and main issues on implementation of regional strategies, public participation, the role on local identities and the methodology of identification of landscapes.
parole chiave Paesaggio, Piemonte, legislazione, piani.
key-words Landscape, Piedmont Region, legislation, planning instruments.
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Luigi La Riccia*
* Dottorando di ricerca presso il Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico ed Università di Torino.
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Il paesaggio nella legislazione regionale Il lungo percorso della legislazione piemontese in materia di paesaggio è segnato da una serie di passaggi fondamentali. Di seguito si riportano i riferimenti legislativi che costituiscono i capisaldi della politica regionale nei confronti della dimensione paesaggistica del territorio. La legge regionale 4 giugno 1975, n. 43 riguardante le “Norme per l’istituzione dei parchi e delle riserve naturali”, contempla la finalità generale della tutela del paesaggio: “Al fine di conservare e difendere il paesaggio e l'ambiente, di assicurare alla collettività ed ai singoli il corretto uso del territorio per scopi ricreativi, culturali, sociali, didattici e scientifici e per la valorizzazione delle economie locali, la Regione in attuazione all'art. 5 dello Statuto, istituisce parchi e riserve 1 naturali […]” . Successivamente, la legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 “Tutela e uso del suolo” (e successive integrazioni, LR n. 45/1994) inserisce norme tra i contenuti della pianificazione ordinaria e inoltre dispone: • “La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale in genere e, in particolar modo, dei beni ambientali e culturali” (art. 1,3); • “La piena e razionale utilizzazione delle risorse, con particolare riferimento alle aree agricole ed al patrimonio insediativo ed infrastrutturale esistente, evitando ogni immotivato consumo del suolo” (art.1,4); In seguito all’entrata in vigore della legge n. 431/1985, la legge viene modificata attribuendo valore paesistico ai PTR, ai Piani Territoriali Provinciali, al Piano Territoriale Metropolitano ed ai Progetti Territoriali Operativi, qualora contengano
La pianificazione paesaggistica in Piemonte. Approfondimenti
una specifica ed esauriente considerazione dei valori ambientali delle porzioni di territorio da tutelare e da valorizzare (art. 4,3). In particolare nell’art. 24 si individuano le norme generali per i beni culturali ambientali da salvaguardare nei piani regolatori, in particolare“gli insediamenti urbani aventi carattere storico-artistico e/o ambientale e le aree esterne di interesse storico e paesaggistico ad essi pertinenti”; “i nuclei minori, i monumenti isolati e i singoli edifici civili o rurali ed i manufatti, con le relative aree di pertinenza, aventi valore storicoartistico e/o ambientale o documentario”; “le aree di interesse paesistico ambientale”. Attualmente la legge urbanistica regionale è in corso di revisione: la nuova Proposta di legge della pianificazione per il governo del territorio regionale (DDL regionale n. 488/2007) fa esplicito riferimento al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e alla Convenzione Europea del Paesaggio, e affronta: • L’assunzione del principio di sostenibilità; • L’attribuzione di competenze in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio; • La verifica di compatibilità delle politiche sul paesaggio e sull’ambiente; • I riferimenti per il piano paesaggistico regionale. La legge regionale del 3 aprile 1989, n. 20 “Norme in materia di tutela di beni culturali, ambientali e paesistici” ribadisce l’interesse verso la salvaguardia dei valori paesistici della Regione ed esplicita le modalità di pianificazione paesistica, il contenuto e gli elaborati del piano paesistico ed è la prima a definire le modalità di subdelega di funzioni amministrative ai Comuni (art.13) in merito al rilascio delle autorizzazioni per interventi nelle zone elencate ai sensi della legge 431/1985.
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La legge regionale 16 giugno 2008, n.14 “Norme per la valorizzazione del paesaggio” individua diverse azioni volte alla valorizzazione del paesaggio, tra le quali spiccano l’avvio di attività di comunicazione, di sensibilizzazione, di formazione ed educazione ai valori paesaggistici, l’elaborazione di studi per l’individuazione, la conoscenza e la valutazione dei paesaggi, l’incentivazione alla ricerca della qualità nel progetto di paesaggio. La legge inoltre promuove progetti per il recupero e la valorizzazione della qualità paesaggistica attraverso uno specifico bando di finanziamento (art.2).
La pianificazione paesistica regionale: il PTR e il nuovo PPR In Piemonte è vigente il Piano Territoriale Regionale, espressamente qualificato come “piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali”, ai sensi dell’art. 1bis della legge 431/85 (richiamato dall’art.4 della legge regionale 56/1977 e s.m.i.) e approvato con DGR 19 giugno 1997 n.388-9126. In generale esso si configura come un piano di valenza strategica e come riferimento per le politiche trasformative di territorio e paesaggio a scala regionale. È il primo tentativo di sistemazione dell’assetto del territorio regionale, nato con l’intento, da un lato, di individuare e normare i caratteri territoriali e paesistici, dall’altro, di definire gli indirizzi per il governo delle trasformazioni dell’attuale sistema regionale. La parte rubricata “Caratteri territoriali e paesistici”, è organizzata nei seguenti argomenti: Sistema delle emergenze paesistiche, Sistema del verde, Aree protette nazionali, Aree protette
Approfondimenti
regionali, Aree con strutture colturali di forte dominanza paesistica, Aree ad elevata qualità paesistico ambientale, Sistema dei suoli a eccellente produttività, Sistema dei suoli a buona produttività, Aree interstiziali, Centri storici, Architetture o insiemi di beni architettonici di interesse regionale, Sistema di beni architettonici di interesse regionale, Aree storico-culturali, Rete dei corsi d'acqua principali. Questi articoli affrontano perlopiù le singole tematiche in modo settoriale indicando vincoli, prescrizioni e norme (oppure richiamando disposizioni nazionali o settoriali) spesso molto tecniche atte alla tutela, alla salvaguardia ed alla conservazione dei beni, indicando in alcuni casi le possibilità di intervento per nuovi insediamenti residenziali o produttivi. Il PTR individua poi aree di approfondimento per le quali sono necessari piani di natura paesistica di competenza provinciale o regionale. Per queste gli interventi diretti sono demandati però alla pianificazione provinciale e locale. Specificamente, il PTR prevede che vengano disciplinate le zone elencate nel comma 5 dell’articolo 32 del D.P.R. 616/1977 o le altre specificamente vincolate ai sensi della legge 1497/1939, oggi nell’articolo n.143 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (versione 2008). Inoltre il piano estende la sua efficacia su aree territoriali non specificatamente comprese nella disciplina della legge 431/1985, giustificando la necessità di “fare salva una visione organica dell’intero territorio regionale”. Risultano ad oggi redatti quattro piani paesistici d’area, di estensione territoriale molto ridotta (sub comunale): • “Pragelato” (1993); • “Fascia a lago del comune di San Maurizio d’Opaglio” (2002);
• •
“Area della tenuta ex Reale e del Centro Storico di Pollenzo” (adottato nel 2002 e non approvato); “Collina di Pinerolo” (adottato nel 2007 e non approvato).
Figura 1. Regione Piemonte. Piano Territoriale Regionale (1997). "I caratteri territoriali e paesistici" (originale in scala 1:250.000)
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La Regione Piemonte ha intrapreso nel 2005 una nuova fase di pianificazione dell’intero territorio regionale, indicando nella redazione di due piani distinti (ma ricompresi in un Quadro Strategico Regionale), il Piano Territoriale Regionale e il Piano Paesaggistico Regionale (PPR), adottato recentemente dalla Giunta Regionale2, la via per perseguire le politiche di sviluppo sostenibile del territorio, contestualmente ad una fase di notevole slancio per quanto riguarda anche la possibilità di rinnovare il proprio quadro legislativo. Il nuovo piano affida un ruolo strategico al “Quadro di interpretazione strutturale”, impostato su tre fattori chiave, in coerenza con la sua duplice valenza strutturale e strategica, “fattori strutturanti”, “fattori caratterizzanti”, “fattori qualificanti”, e su quattro assi fondamentali (naturalistico (fisico ed ecosistemico); storicoculturale; urbanistico–insediativo; percettivo– identitario). Elemento di sintesi del piano, in esso si ritrovano le indicazioni per orientare l’intero processo di pianificazione paesaggistica, dal livello regionale al livello locale. Il quadro, tuttavia, non esaurisce la propria funzione in un dispositivo di conoscenza delle componenti, ma consente, attraverso anche la considerazione di livelli di relazioni, di guidare le prospettive di trasformazione del paesaggio. Il PPR articola il territorio piemontese in 76 ambiti di paesaggio, i quali devono essere ulteriormente specificati in unità di paesaggio a livello sub regionale. La loro definizione si appoggia sui seguenti criteri: l’evidenza degli aspetti geomorfologici, la presenza di ecosistemi naturali, la presenza di sistemi insediativi storici e coerenti, la diffusione consolidata di modelli colturali e culturali. La schedatura degli ambiti è quindi strutturata in: descrizione ambito, fattori di
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Figura 2. Quadro strutturale del PPR (agosto 2009). Le componenti si articolano in: “Componenti naturalistico ambientali”, “Componenti idromorfologiche”, “Paesaggio agrario”, “Componenti storico-culturali”, “Componenti percettivo-identitarie”. Originale in scala 1:250.000
La pianificazione paesaggistica in Piemonte. Approfondimenti
strutturazione naturale, fattori di strutturazione storico-culturale, dinamiche in atto, criticità e rischi, tutele, piani e progetti, indirizzi e orientamenti strategici, componenti storicoculturali, componenti percettivo-identitarie, componenti naturalistico-ambientali, paesaggio agrario (aree agricole biopermeabili, classi di capacità d’uso dei suoli...), elenco delle unità di paesaggio comprese nell’ambito e relativi tipi normativi, aree e beni paesaggistici vincolati, tipologie architettoniche rurali, tecniche e materiali costruttivi. L’apparato strategico e regolativo del piano è suddiviso per obiettivi generali, scenari di riferimento, linee strategiche paesistico-ambientali e progetti strategici integrati, e infine in linee d’azione coerenti con lo stato dei singoli contesti territoriali. Rispetto ai progetti strategici integrati di attuazione diretta da parte della regione, nel quadro del nuovo piano paesaggistico regionale prevede l’implementazione di iniziative locali (comunali e provinciali). I progetti strategici integrati contribuiscono all’attuazione del PPR secondo diverse modalità: • “progetti localizzati”, a scala sovracomunale, da realizzare sulla base delle capacità di iniziativa e di gestione delle comunità e degli enti locali; • “programmi di rete”, da realizzare con attività locali ma con un supporto e una regia provinciale e regionale; • “politiche per le azioni diffuse”, da realizzare a scala regionale o sovra regionale con accordi intersettoriali, al fine della realizzazione di obiettivi di valorizzazione paesaggistica. In merito invece ai rapporti con i livelli subordinati, il piano definisce le modalità di coerenza e propone
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azioni la cui attuazione è demandata agli enti locali, chiamati a rivestire un maggiore ruolo di responsabilità nell’articolazione intermedia delle strategie del PPR: “Gli strumenti di pianificazione ai diversi livelli, con riferimento alla tutela e valorizzazione del paesaggio, devono garantire la coerenza di tutte le azioni trasformative in progetto con quanto previsto dal PPR attraverso: a. la valorizzazione del patrimonio ambientale, storico, culturale, paesaggistico e le attività connesse; b. la riqualificazione delle aree urbane e la rigenerazione delle aree dismesse e degradate; c. il recupero e la riqualificazione di aree degradate in territori rurali (insediamenti industriali dismessi, cave, depositi, discariche, etc.); d. il contenimento dell’edificato frammentato e disperso al fine di evitare la dequalificazione del paesaggio modificandone in modo diffuso i connotati tradizionali.”(art. 2, 4 NdA)
Figura 3. Estratto cartografico di scheda “Eporediese”. Fonte PPR, agosto 2009.
d'ambito:
Approfondimenti
Altri strumenti: Linee Guida per il paesaggio In Piemonte sono state pubblicate e approvate in Consiglio Regionale, anteriormente al decreto ministeriale sulla relazione paesaggistica, le linee guida per la progettazione “Criteri e indirizzi per la tutela del paesaggio” del 2003, espressamente dedicate al singolo progettista, all’ente pubblico e anche al singolo cittadino. Rispetto ad una prima parte “Normativa”, che implementa già i riferimenti alla Convenzione Europea del Paesaggio, e ad una seconda “Tutela paesaggistica ed ambientale”, nella terza parte del documento si affronta una metodologia per l’inserimento degli interventi nel paesaggio. Tra i criteri fondamentali si riportano: • Una adeguata conoscenza degli elementi caratterizzanti il paesaggio (fisico-naturali, storico-culturali, umani, percettivi); • Interdisciplinarietà e transdisciplinarietà; • Utilizzo sostenibile delle risorse; • Rispetto delle caratteristiche morfologiche ed orografiche; • Compatibilità ecologica; • Compatibilità visuale; • Localizzazioni alternative; • Rispetto di elementi, tecniche, materiali tradizionali; • Integrazione nel contesto; • Compensazione; • Concorsi di idee. La redazione del nuovo Piano Paesaggistico Regionale ha visto anche la predisposizione di Manuali di Buone Pratiche relativi alla morfologia insediativa e alla sostenibilità edilizia, di cui si prevede la pubblicazione in concomitanza con il piano approvato.
L’autorizzazione paesaggistica e la subdelega agli enti locali Nel 2007, è stato siglato un accordo tra Regione Piemonte e Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni e le Attività Culturali del Piemonte, che definisce la “Relazione paesaggistica semplificata”, i cui criteri 3 sono già descritti nell’allegato del DPCM del 2005 , ma con più restrizioni sulla redazione degli elaborati. Può essere presentata la richiesta di procedura semplificata per quelle categorie di intervento espressamente indicate nella LR 20/1989, per gli interventi di ampliamento e sopraelevazione degli edifici entro il 20%, per manufatti di ridotte dimensioni, per gli interventi su aree boscate, per le modifiche morfologiche contenute entro 5.000 mc, per gli interventi di adeguamento di impianti tecnici entro un certo limite, ecc. Nella legge regionale 1 dicembre 2008, n.32 “Provvedimenti urgenti di adeguamento al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)” contiene la delega in materia paesaggistica agli enti locali. In particolare l’articolo 3 della legge disciplina la ripartizione di competenze tra Regione e Comuni per il rilascio delle autorizzazioni. L’elenco delle competenze regionali è stato formulato tenendo conto della pluriennale esperienza degli uffici regionali in materia e individua gli oggetti che, per natura o dimensione, hanno un rilevante impatto sul paesaggio: “1. La competenza a rilasciare le autorizzazioni paesaggistiche, nel rispetto della procedura stabilita dal codice dei beni culturali e del paesaggio, è in capo alla Regione nei seguenti casi:
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a) realizzazione di infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali di interesse sovracomunale; b) nuovi insediamenti produttivi, direzionali, commerciali o nuovi parchi tematici che richiedano per la loro realizzazione una superficie territoriale superiore a 10.000 metri quadrati; c) interventi di nuovo impianto, di completamento, di ampliamento o di ristrutturazione di edifici esistenti, pubblici o privati, che complessivamente prevedano una cubatura superiore a 10.000 metri cubi o a 3.000 metri quadrati di superficie lorda di pavimento; d) impianti per la produzione di energia con potenza superiore a 1000 chilowatt di picco; 2. Nei casi non elencati dal comma 1 il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è delegato ai comuni, che si avvalgono, per la valutazione delle istanze, delle competenze tecnico scientifiche delle commissioni locali per il paesaggio di cui all'articolo 4.” (art.3) Si definisce quindi nell’articolo 4 come debba essere composta la Commissione locale per il paesaggio, prevista dall’articolo 148 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, demandando al livello comunale le modalità di funzionamento di tale Commissione (art. 4,4). La costituzione della Commissione, con le fondamentali caratteristiche volute dal Codice, di competenza paesaggistica e di separazione dagli istituti e dalle procedure che gestiscono il rilascio dei permessi di costruire, è condizione necessaria per l’esercizio della delega da parte dei Comuni.
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Abrogando (artt. 6 e 8) le disposizioni della Legge regionale 20/1989, che disciplinano la procedura per l’attribuzione della subdelega ai Comuni, competenza oggi sostanzialmente modificata dal Codice e ripartita nella presente legge tra Regione e Comuni con criteri diversi, si elimina anche l’obbligo di integrare la commissione edilizia con un esperto in materia urbanistica.
Il carattere della pianificazione paesaggistica regionale: copianificazione, partecipazione, progettualità Già il PTR vigente riconosce la necessità della copianificazione, soprattutto “orizzontale”. Tuttavia, il piano regionale non prevede standard metodologici e requisiti a cui i piani locali debbano attenersi per le modalità di conoscenza, valutazione, normativa, progetto in materia di paesaggio. Come detto precedentemente, si individuano le componenti del piano paesistico a scala regionale e contestualmente si richiede agli enti locali di provvedere mediante piani paesistici, o piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici, alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio, come parte integrante del PTR e in piena sintonia con la legge regionale 56/77. Il nuovo Piano Paesaggistico riflette la maggiore consapevolezza verso il tema della partecipazione pubblica, così come indicato dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Nonostante non sia individuata una specifica procedura per la partecipazione, si considera in via generale un riconoscimento delle comunità locali, anche mediante un coinvolgimento degli Osservatori del Paesaggio locali, da molto tempo attivi sul
La pianificazione paesaggistica in Piemonte. Approfondimenti
territorio. Tale condizione è ritenuta indispensabile per il riconoscimento dei caratteri strutturali del paesaggio. Il nuovo PPR affronta anche il tema della percezione identitaria del paesaggio, ossia le dinamiche di interazione tra la dimensione oggettiva del paesaggio e i significati derivanti dall’elaborazione culturale delle comunità locali. Si assume che la morfologia del territorio piemontese è fattore di riconoscimento primario per una identità a scala regionale. Scendendo di scala, il riconoscimento identitario del paesaggio è assunto soprattutto dalle forme degli insediamenti storici e del paesaggio agrario tradizionale ed ottenuto attraverso l’incrocio tra la letteratura, l’arte figurativa, il cinema, e le citazioni derivanti dalle guide turistiche. Infine, il piano riconosce, nel Titolo “Beni e Componenti”, il valore simbolico della percezione sociale attraverso una distinzione puntuale di luoghi di rilievo regionale. A livello locale, provinciale e comunale, il piano richiede invece: • La precisazione degli aspetti caratterizzanti i luoghi e gli elementi identitari individuati a livello regionale; • La definizione delle procedure e dei criteri per il riconoscimento di nuovi luoghi ed elementi identitari; • La definizione delle modalità di conservazione attiva dei suddetti luoghi e beni; • L’assunzione degli interventi su tali luoghi e beni in progetti unitari e piani di gestione, salvaguardandone gli aspetti paesaggistici.
Riferimenti bibliografici Convenzione Europea del Paesaggio, 2000 (Consiglio d’Europa), http://conventions.coe.int/Treaty/ita/
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Treaties/Html/176.htm Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, 2004 (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, MiBAC), http://www.beniculturali.it/mibac/ex port/MiBAC/sitoMiBAC/MenuPrincipale/Normativa/No rme/index.html Regione Piemonte, 2010, Riferimenti legislativi, http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianif ica/paesaggio/rif_legisl.htm Regione Piemonte, 2010, Assessorato Beni Ambientali, Criteri e indirizzi per la tutela del paesaggio, http://www.regione.piemonte.it/montagna/dwd/ma nuale.pdf Piano Territoriale Regionale, 1997 (Regione Piemonte), http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianif ica/pianifica/piani/ptr.htm Piano Paesaggistico Regionale, 2009 (Regione Piemonte), http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianif ica/paesaggio/ppr.htm
Riferimenti iconografici Figure 1: Regione Piemonte, 1997. Figura 2,3: Regione Piemonte, 2009.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Legge regionale 4 giugno 1975, n.43 “Norme per l’istituzione dei parchi e delle riserve naturali”, Art.1 “Finalità”. 2 Il PPR è stato adottato con DGR n. 53-11975 del 4 agosto 2009. 3 DPCM 12 dicembre 2005, Relazione paesaggistica, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.25 del 31.01.2006.
Approfondimenti
La pianificazione Lombardia
paesaggistica
in
Angela Colucci Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Politecnico di Milano.
In questo breve articolo vengono ripercorsi i contenuti dei principali atti e piani in materia paesaggistica elaborati dalla regione Lombardia. I temi di approfondimento sono: il piano paesistico regionale, i contenuti della legge 12/05 e le linee guida in materia di tutela e valorizzazione paesaggistica.
1 Il Piano Territoriale Paesistico Regionale 2001 Il percorso del Piano Territoriale Paesistico Regionale, approvato nel 2001, trova le sue prime origini nelle esperienze di pianificazione paesistica avviate a partire dal 1985. La costruzione del piano ha visto un percorso molto articolato, caratterizzato dalla cooperazione ed integrazione tra i differenti livelli amministrativi (regione, provincie, Enti Parco e progetti paesaggistici promossi dalla regione con Enti Locali). La fase ricognitiva e prima proposta 19972001 La fase ricognitiva si è avvalsa della operatività delle Province, sulla base di criteri e direttive
definite dalla regione (D.C.R. 394/1986, allegati A, B, C). In particolare furono istituiti i Nuclei Operativi Provinciali (NOP) che hanno avuto i compito di costruire la base conoscitiva per il PTPR (i NOP sono: Sondrio, Varese, Como, Bergamo, Brescia, Milano, Pavia, Cremona, Mantova con i contributi dei comprensori di Lecco e Lodi, delle comunità Montane e dei Comuni. Le Province estendono il proprio studio all’intero territorio anche nelle aree interessate da piani d’ambito e da parchi). Contenuti del PTPR 2001 1. Elaborati della relazione generale a) Relazione generale (Allegato 1 La pianificazione paesistica della Regione Lombardia, prima fase 1985-1990, Allegato 2 - La “carta delle trasformazioni”, Allegato 3 - Documentazione di riferimento.) 2. Elaborati del Quadro di Riferimento Paesistico regionale: a) I paesaggi della Lombardia: ambiti e caratteri tipologici, b) L’immagine della Lombardia, c) Analisi delle trasformazioni recenti, d) Cartografia di piano: Tavola A - Ambiti e unità tipologiche di paesaggio, Tavola B - Elementi identificativi e percorsi panoramici, Tavola C Istituzioni per la tutela della natura, Tavola D Quadro di riferimento degli indirizzi di tutela e di operatività immediata, Tavola E - Viabilità di rilevanza paesistica e) Repertori f) Abaco delle principali informazioni di carattere paesistico-ambientale articolato per comuni (Volume 1 - “Appartenenza ad ambiti di rilevanza regionale” e Volume 2 - “Presenza di elementi connotativi rilevanti) g) Quadro provinciale dei riferimenti conoscitivi: 3. Elaborati dei Contenuti dispositivi e di indirizzo
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a) Indirizzi di tutela articolati per: Unità tipologiche, elementi costitutivi e caratteri connotativi, Strutture insediative e valori storico culturali del paesaggio, Ambiti territoriali di successivo approfondimento paesistico; b) Piani di sistema: 1. Infrastrutture a rete; 2. Tracciati base paesistici; c) Norme di attuazione. I concetti di ambito geografico e di unità tipologica di paesaggio Durante la fase preliminare di impostazione del piano il territorio regionale viene suddiviso in grandi fasce longitudinali corrispondenti alle grandi articolazioni dei rilievi, secondo una classica formula di lettura utilizzata dai geografi. In sostanza, dalla lettura emerge l’andamento altimetrico che, partendo dalla bassa pianura a nord del Po, si svolge attraverso l’alta pianura, la collina, la fascia prealpina fino alla catena alpina a cui si deve aggiungere, a sud del Po, l’Oltrepò Pavese. Gli ambiti geografici. All’interno delle fasce geografiche sono identificati territori più organici, di riconosciuta identità geografica, distinti per componenti morfologiche, per nozioni storico-culturali (sono stati utilizzati quali riferimenti anche la percezione che ne hanno i suoi abitanti o attraverso la costruzione figurativa e letteraria o la ricorrenza identificativa del linguaggio d’uso corrente). Gli ambiti del paesaggio individuati sono: 1. Valtellina, 2. Livignasco, 3. Valchiavenna, 4. Lario comasco, 5. Comasco, 6. Lecchese, 7. Varesotto, 8. Brianza, 9. Valli bergamasche, 10. Pianura bergamasca, 11. Val Camonica, 12. Sebino e Franciacorta, 13. Valli bresciane, 14. Bresciano, 15. Riviera gardesana, 16. Mantovano, 17. Cremonese,
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18. Cremasco, 19. Lodigiano, 20. Milanese, 21. Pavese, 22. Lomellina, 23. Oltrepò Pavese.
Figura 1 Gli ambiti del paesaggio individuati dal PTPR 2001 (fonte: PTPR 2001).
Le unità tipologiche di paesaggio. All’identificazione delle unità tipologiche di paesaggio concorrono diversi elementi: tra questi assume rilevanza la presenza e l’azione antropica. Con tale approccio emergono, ad esempio, gli ambiti delle alte quote alpine, dove l’azione antropica è limitata e le aree di pianura in cui il segno umano è invece forte e dominante. In questi ultimi, non sarà la naturalità o la dimensione residuale del paesaggio agrario a connotarne le caratteristiche qualificative, ma il sistema insediativo. Un altro esempio è dato dal ‘paesaggio insubrico’ costituito dal sistema dei laghi prealpini. Entro questi ambiti tipologicamente delineati vengono individuate ulteriori modulazioni di paesaggio la cui definizione dipende dal livello di scala con cui si conducono le analisi paesistiche. Ad esempio, il versante retico della Valtellina, come
La pianificazione paesaggistica in Lombardia
sub-ambito della classica vallata longitudinale, oppure la fascia delle risorgive come sub-ambito della bassa pianura irrigua ecc.. Determinazione dei caratteri tipologici di paesaggio L’identificazione dei caratteri tipologici del paesaggio lombardo segue un criterio gerarchico per cui, all’interno di sei grandi ambiti geografici e dell’ambito dei paesaggi urbanizzati, si distinguono tipologie e sottotipologie di caratteri tipologici. Ad esempio per la fascia alpina sono identificati fra gli altri: I. Paesaggi delle energie di rilievo, II. Paesaggi delle valli e dei versanti o per la fascia dell’alta pianura: VIII. Paesaggi dei ripiani diluviali e dell’alta pianura asciutta, IX. Paesaggi delle valli fluviali escavate. La descrizione dei paesaggi della Lombardia viene poi integrata dalla lettura dei paesaggi e da un’ampia raccolta di immagini e richiami iconografici dei paesaggi lombardi.
Figura 3 Lettura degli elementi identificativi dei paesaggi (fonte: PTPR 2001).
Figura 2 Le unità tipologiche del paesaggio (fonte: PTPR 2001).
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Le cogenze del PTPR La disciplina paesistica identifica ambiti spaziali o categorie o strutture di rilevanza paesistica regionale, cui attribuisce differenti regimi di tutela. Il PTPR, nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze spettanti agli altri soggetti istituzionali: a) indirizza le trasformazioni territoriali nei diversi ambiti regionali per la tutela dei caratteri connotativi delle diverse unità tipologiche del paesaggio e delle strutture insediative presenti;
Approfondimenti
b) indirizza e fornisce linee guida e criteri paesistici per la pianificazione e la progettazione delle infrastrutture tecnologiche a rete e della viabilità; c) fornisce disposizioni immediatamente efficaci su ambiti territoriali regionali, precisamente individuati, nella tavola D e negli abachi, considerati di particolare rilevanza paesistica e ambientale; d) individua i criteri e gli indirizzi per la pianificazione successiva spettante agli enti locali e individua in tal senso anche ambiti unitari di particolare attenzione da sottoporre a studi più approfonditi; e) definisce una procedura sperimentale di esame paesistico degli interventi sul territorio; f) individua le azioni di programmazione e le politiche regionali da promuovere al fine della migliore tutela del paesaggio e della diffusione di una maggiore consapevolezza rispetto alle problematiche connesse alla tutela stessa. Art.15 (Funzioni e contenuti della disciplina paesistica di livello regionale) Il PTPR individua ed esplicita cogenze (in termini di tutela) di: Tutela paesistica degli ambiti di elevata naturalità - articolo 17 Tutela paesistica degli ambiti di specifico valore storico-ambientale e di contiguità ai parchi regionali – articolo 18 Individuazione e tutela dei Centri e Nuclei Storici – articolo 19 Infine il PTPR, introduce l’esame paesistico dei progetti (articolo 25). In tutto il territorio regionale i progetti che incidono sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici sono soggetti a esame sotto il profilo del loro inserimento nel contesto. Fra i
progetti sono compresi anche i piani attuativi, i cui provvedimenti di approvazione devono essere preceduti dall’esame di impatto paesistico. Vengono escluse dall’esame dell’impatto paesistico: le lavorazioni dei terreni che rientrano nelle normali pratiche colturali agricole (mentre sono soggetti al suddetto esame gli interventi di trasformazione dell’assetto vegetazionale su parchi e giardini tutelati ai sensi delle leggi 1497/1939, 1089/1939, 431/1985 successivamente ricomprese nel D. Lgs. 490/1999 oppure definiti di interesse storico e/o ambientale dai Piani Territoriali di Coordinamento delle Province e dei Parchi, o dagli strumenti urbanistici comunali). La Regione ha successivamente emanato dettagliati criteri per la redazione delle relazioni da annettere ai progetti al fine dell’esame paesistico. Con la revisione del PTR del 2008 viene esplicitato come nelle aree paesisticamente vincolate, l’autorizzazione paesaggistica (di cui all’articolo 7 della legge 1497/1939, successivamente ricompresa nel Titolo II, art. 151, del D. Lgs. 490/1999) sostituisce l’esame paesistico introdotto da PTPR. Riassumendo, sono presenti due procedure di autorizzazione in materia paesaggistica: autorizzazione paesaggistica come da Codice Urbani negli ambiti previsti dal decreto stesso; esame paesaggistico negli ambiti indicati dal PTPR, negli ambiti paesaggistici e/o ambientali individuati dai PTCP provinciali e negli ambiti di valore paesaggistico individuati dagli strumenti comunali.
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2 La legge per il governo del territorio (lr 12/05) Il titolo V della legge regionale 11 marzo 2005, N. 12, "Legge per il governo del territorio" (e s.m.i.) è dedicato ai Beni Paesaggistici. In particolare si esplicitano le competenze e le funzioni degli strumenti e degli Enti Locali in materia di tutela dei beni paesaggistici (autorizzazione paesaggistica). La legge 12/05 ESPLICITA che i limiti alla proprietà derivanti dalle previsioni in materia di tutela paesaggistica non sono oggetto di indennizzo (comma 2, Art77). Il piano territoriale regionale (Art. 76) ha natura ed effetti di piano territoriale paesaggistico ed individua gli obiettivi e le misure generali di tutela paesaggistica da perseguire nelle diverse parti del territorio regionale, attivando la collaborazione pianificatoria degli enti locali. In particolare il PTR può stabilire norme di salvaguardia, finalizzate all’attuazione degli indirizzi e al raggiungimento degli obiettivi di qualità paesaggistica, applicabili sino all’adeguamento degli strumenti di pianificazione (comma 2 art. 76). A fronte della definizione degli indirizzi del PTR gli Enti locali e gli enti gestori delle aree protette conformano e adeguano i loro strumenti di pianificazione. Questi potranno introdurre ulteriori previsioni conformative di maggiore definizione che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l’ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dal PTR (comma 1, Art.77).
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Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) ll PTCP è atto di indirizzo della programmazione socio-economica della provincia ed ha efficacia paesaggistico-ambientale. Per la parte inerente alla tutela paesaggistica deve individuare le previsioni atte a raggiungere gli obiettivi del PTPR e può inoltre individuare gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l’istituzione di parchi locali di interesse sovracomunale. Hanno efficacia prescrittiva e prevalente sugli atti del PGT le seguenti previsioni del PTCP: le previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici; l’individuazione degli ambiti di cui all’articolo 15, comma 4, fino alla approvazione del PGT; l’indicazione, per le aree soggette a tutela o classificate a rischio idrogeologico e sismico, delle opere prioritarie di sistemazione e consolidamento, nei soli casi in cui la normativa e la programmazione di settore attribuiscano alla provincia la competenza in materia con efficacia prevalente. Piano di governo del territorio La Legge 12/05 porta importanti innovazioni nello strumento di piano comunale introducendo il Piano di Governo del Territorio (PGT), costituito da tre atti: il Documento di Piano (DP) (art. 8 della L.r. 12/2005), che ha validità di 5 anni non ha cogenza sull’uso dei suoli e deve delineare gli obiettivi e le strategie di sviluppo del territorio comunale e gli ambiti di trasformazione;
La pianificazione paesaggistica in Lombardia
il Piano dei Servizi (PdS) (art. 9), che non ha termini di validità ed ha cogenza sull’uso dei suoli ed è un piano con valenza programmatica in quanto contiene la programmazione, in termini di aree e di necessità economiche, per garantire i servizi alla popolazione residente e gravitante sul comune; il Piano delle Regole (PdR) (art. 10) che non ha termini di validità ha cogenza sui suoli e definisce le regole per la trasformazione (o non trasformazione) dei tessuti urbani consolidati, gli ambiti agricoli, gli ambiti di valore ambientale e paesaggistico e gli ambiti di non trasformazione. Un’ulteriore innovazione fondamentale introdotta dalla LR 12/05 è la Valutazione Ambientale dei Piani e dei Programmi. In particolare, dei tre atti costituenti il PGT, il Documento di Piano deve essere sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (L.R. 12/05 art. 4 e Dir. 2001/42/CEE). -
Per quanto riguarda i contenuti paesaggistici dei tre atti costitutivi del PGT: Il documento di piano individua (tra le altre competenze) i criteri di intervento, preordinati alla tutela ambientale, paesaggistica e storico-monumentale, ecologica, geologica, idrogeologica e sismica. In particolare il Documento di Piano definisce la strategia paesaggistica comunale declinando gli obiettivi generali di tutela in specifici obiettivi di qualità paesaggistica, conseguenti determinazioni riferite ai compiti del Piano delle Regole, del Piano dei Servizi e dei Piani attuativi relativi agli ambiti di trasformazione, definendo:
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descrizione e finalità della tutela dei sistemi e degli ambiti della conservazione descrizione e finalità della tutela dei sistemi e degli ambiti del mantenimento individuazione, descrizione e definizione delle priorità e degli indirizzi paesaggistici degli ambiti di trasformazione individuazione, descrizione, definizione delle priorità e degli indirizzi paesaggistici degli ambiti del degrado da riqualificare/recuperare
Nel testo della legge non sono esplicitate competenze in materia paesaggistica assegnate al Piano dei Servizi. In generale questo atto, come esplicitato dal documento delle modalità per la pianificazione comunale, contribuisce alla attuazione della strategia paesaggistica definita dal Documento di Piano in coerenza con la disciplina e i criteri definiti dal Piano delle Regole. In particolare, vista la natura del PdS, i livelli sui quali incide maggiormente sono la costruzione del sistema del verde di connessione tra città e territorio rurale, la costruzione di corridoi ecologici, la definizione formale e funzionale di spazi ed edifici pubblici. Il Piano delle Regole individua le aree destinate all’agricoltura e le aree di valore paesaggisticoambientale ed ecologiche. Per le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche, inoltre, definisce ulteriori regole di salvaguardia e di valorizzazione che diano attuazione agli obiettivi e strategie individuati dal piano territoriale regionale, dal piano territoriale paesistico regionale e dal piano territoriale di coordinamento provinciale e dal documento di piano. Per quanto riguarda i contenuti paesaggistici, il piano delle regole individua aree, ambiti e immobili
Approfondimenti
che caratterizzano a diverso titolo lo “stato dei luoghi”, articolati secondo categorie distinte, ma non reciprocamente esclusive, per le quali il PGT formula regole volte a disciplinare o ad escludere gli interventi. Al piano delle regole compete l’individuazione e la definizione delle regole per la gestione dei differenti “tessuti” delle aree urbane consolidate (tra cui i nuclei di antica formazione e i tessuti urbani consolidati sulla base delle principali funzioni ma anche sulle caratteristiche morfologiche, molto distanti dalle zone omogenee di PRG), delle aree agricole, delle aree paesaggistiche ed ecologiche e delle aree non trasformabili. Il documento Modalità per la pianificazione comunale, nell’allegato A definisce i contenuti paesaggistici del PGT e riporta i criteri per la 1 costruzione della carta del paesaggio e delle sensibilità paesaggistiche (già descritti nel report).
3 Il Piano Territoriale Regionale Per quanto riguarda i contenuti paesaggistici del PTR, che aggiorna con il documento Piano Paesaggistico Regionale, è possibile sottolineare le seguenti principali modifiche rispetto al PTPR del 2001: a) aggiornamenti della cartografia e dei contenuti del PTPR 2001 senza una sostanziale modifica dei contenuti se non dovuti a aggiornamenti, integrazioni previste e adeguamenti normativi; b) aggiornamenti e integrazioni coerenti con la struttura del PTPR 2001, che apportano alcun modifiche ed innovazioni (come la revisione e l’integrazione di alcuni ambiti di tutela) e le integrazioni al quadro
conoscitivo e descrittivo; integrazioni della normativa non contenute nel vecchio PTPR. In tal senso le modifiche riguardanti i punti a) e b) sono entrate in vigenza alla approvazione del PTR in giunta regionale (gennaio 2008: facendo parte del piano paesaggistico regionale attualmente vigente necessitavano della sola approvazione di giunta regionale in quanto aggiornamenti e integrazioni tecniche), mentre le modifiche inerenti il punto c) sono entrate in vigenza nel marzo 2010 con l’approvazione del PTR da parte del Consiglio Regionale. In particolare, le integrazioni e aggiornamenti del quadro di riferimento paesistico e degli indirizzi di tutela, approvati dalla Giunta regionale, ed immediatamente efficaci alla pubblicazione della d.g.r. 6447/08 riguardano: L.r. 12/05: attenzione ai corridoi tecnologici e della mobilità e al sistema paesistico rurale; integrazione con politiche ambientali e di difesa del suolo, salvaguardia siti UNESCO, tutela paesaggio agrario, contenimento del consumo di suolo, riqualificazione aree compromesse e contenimento del futuro degrado, priorità di preservazione ambientale (Documento di Piano –PTR) di fiumi, laghi, navigli, geositi, valorizzazione dei sistemi verdi e correlazioni della rete verde con la rete ecologica. Nello specifico le principali integrazioni, rese vigenti a seguito della approvazione, riguardano: aggiornamento delle letture e della sintesi (relazione e cartografie) del paesaggio regionale (A Ambiti geografici e unità tipologiche, B Elementi identificativi e percorsi di interesse paesaggistico, C c)
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Istituzioni per la tutela della natura); introduzione dell’osservatorio dei paesaggi lombardi; individuazione della lettura (relazione, cartografie, allegato specifico e normativa) relativo ai fenomeni di degrado (G Contenimento dei processi di degrado e qualificazione paesaggistica: ambiti ed aree di attenzione regionale, H Contenimento dei processi di degrado paesaggistico: tematiche rilevanti); aggiornamento delle cartografie cogenti e degli indirizzi cogenti. In particolare, oltre all’aggiornamento delle cartografie vi è l’introduzione di indirizzi prescrittivi relativi alla tutela dei laghi insubrici e dei corsi d’acqua e delle linee guida per l’inserimento paesaggistico delle nuove infrastrutture (D Quadro di riferimento della disciplina paesaggistica regionale, D1a,b,c,d, Quadro di riferimento delle 2 tutele dei laghi insubrici ; E Viabilità di rilevanza regionale, F Riqualificazione paesaggistica: ambiti di attenzione regionale; I Quadro sinottico delle tutele paesaggistiche di legge) e adeguamento degli indirizzi normativi.
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Figura 4 PTR 2010 Tavola D1a,b,c,d, Quadro di riferimento delle tutele dei laghi insubrici (fonte: PTR 2010).
I fenomeni di degrado I fenomeni di degrado devono essere indagati e devono essere esplicitati nei PTCP e nei PGT. Il PPR individua i seguenti fenomeni di degrado paesaggistico e le condizioni di rischio di degrado: calamità naturali o provocate dall’uomo: alluvioni, erosioni, frane, incidenti di impianti industriali; processi di urbanizzazione e di infrastrutturazione, di edificazione e di
La pianificazione paesaggistica in Lombardia
diffusione di pratiche e usi urbani: tendenza alla diffusione e saldatura dell’urbanizzato, frammentazione e dequalificazione aree agricole periurbane, banalizzazione del paesaggio e destrutturazione degli insediamenti, crescente infrastrutturazione, elevata presenza e percepibilità elementi “detrattori” di paesaggio; trasformazioni della produzione agricola e zootecnica: introduzione di elementi estranei ai caratteri connotativi dei luoghi, banalizzazione dei paesaggi tradizionali e semplificazione delle trame verdi e tessiture territoriali; abbandono, dismissione, incuria di spazi aperti e di territori urbanizzati: cave e discariche esaurite, aree industriali e impianti dismessi, abbandono aree agricole residuali e nuclei rurali, scarsa cura di componenti del sistema irriguo; criticità ambientali, in particolare acqua e aria: inquinamento atmosferico e del suolo, stato ecologico corsi d’acqua. Nel PPR vengono esplicitati gli indirizzi per la mitigazione dei fenomeni di degrado. Il sistema di indirizzi (Parte IV “Riqualificazione paesaggistica e contenimento dei potenziali fenomeni di degrado”) è organizzato per categorie di fenomeni. Per ciascuna categoria sono esplicitati: descrizione del fenomeno, criticità paesaggistiche, indirizzi di riqualificazione degli ambiti già degradati e indirizzi di contenimento e prevenzione dei rischi di degrado. Gli indirizzi evidenziano il livello più appropriato ed efficace per la messa in campo delle azioni di riqualificazione e di prevenzione indicate: Politiche e piani di settore, PTCP o PGT, progetti. Nella
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normativa vengono esplicitati i compiti della pianificazione locale. Il PPR indirizza verso una maggiore attenzione progettuale e individua alcune cautele in merito a specifiche tipologie di intervento (recupero aree dimesse, piani cave ecc).
Figura 5 PTR 2010 Tavola G Contenimento dei processi di degrado e qualificazione paesaggistica: ambiti ed aree di attenzione regionale (fonte: PTR 2010).
Approfondimenti
Regione Lombardia: scheda istituzionale
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Regione Lombardia: scheda anagrafica Regione popolazione residen te popolazione stranier a % popolazione strani era su totale densitĂ territoriale (ab /kmq) superficie regionale ( Kmq) superficie Lombardia su nazionale numero comuni popolazione media p er abitanti per comune superficie media com unale (kmq)
Lombardia 9.642.406 815.335 8,45 404,08 2.3861 4,48 1l548 6l229 15,41
Classi di comuni Le classi sono individuate in relazione alle differenti soglie indicate ed individuate nelle delibere regionali applicative degli strumenti di governo del territorio
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Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
La pianificazione paesaggistica in Lombardia
per ciascun lago vengono inoltre evidenziate le principali peculiarità paesaggistiche.
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La carta condivisa del paesaggio e dei suoi processi di costruzione Per carta del paesaggio non si intende qui un singolo elaborato cartografico, ma un apparato descrittivo e rappresentativo, che può essere composto da una o più carte, da testi discorsivi e da elenchi o repertori, tali comunque da comunicare efficacemente la struttura del paesaggio locale e la presenza in esso di emergenze e di criticità, in termini comprensibili alla generalità dei cittadini e non solo agli addetti ai lavori. Tali elaborazioni dovranno non soltanto sostenere le fasi di valutazione e di formulazione di norme e indirizzi ma anche stimolare e alimentare la partecipazione dei cittadini alla formazione del piano. Le elaborazioni devono riuscire nel loro complesso a rispondere ad alcune domande fondamentali che permettano di verificare all’interno della realtà comunale, auspicalmente in un confronto allargato, se vi sia consapevolezza e condivisione sul “paesaggio” che c’è, vale a dire come si caratterizza e quali siano gli aspetti o elementi riconosciuti come più qualificanti. Fonte: Modalità per la pianificazione comunale 2 Le tavole ed i contenuti relativi alla tutela dei paesaggi dei laghi costituiscono un’ulteriore integrazione ed approfondimento introdotto dal PPR 2008. Vengono introdotte norme generali per la tutela dei numerosi laghi presenti in Lombardia, differenziate per grandi tipologie e disposizioni specifiche per i laghi di Mantova e per i grandi laghi Insubrici (Maggiore – Ceresio – Como/Lecco - Idro – Iseo –Garda). In generale per i sei grandi laghi vengono individuati: un ambito di salvaguardia dello scenario lacuale che ha specifici indirizzi per la pianificazione locale ed un ambito di specifica tutela (per una fascia di 300 m. sono individuati indirizzi specifici ed è stata introdotta una norma transitoria di salvaguardia con sospensione grandi trasformazioni e nuovi Piani attuativi fino al PGT). Inoltre
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Approfondimenti
La pianificazione paesaggistica in Veneto Giulia Tettamanzi Politecnico di Milano.
La situazione legislativa a livello regionale La regione Veneto non contempla attualmente una specifica legge in materia di paesaggio. I riferimenti normativi per la disciplina del paesaggio vanno ricercati, all’interno del quadro legislativo regionale vigente, nelle norme riguardanti l’“Assetto e utilizzazione del territorio” che contemplano una sezione dedicata ad “Edilizia ed urbanistica” ed una a “Beni ambientali, protezione della natura, riserve e parchi”. La legge urbanistica regionale, attualmente in vigore, è la legge regionale del 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio”, con successive disposizioni per l’applicazione della L.R. del 2 dicembre 2005, n. 23 “Disposizioni per l’applicazione della legislazione urbanistica regionale e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, Norme per il governo del territorio”. In materia di tutela ambientale il corpus di norme fa riferimento, in generale, all'istituzione dei singoli parchi naturali regionali. La nuova “legge urbanistica” regionale 11/2004 si configura come testo unico e succede di quasi vent’anni la legge regionale urbanistica 61/1985. Analogamente a quanto successo in altre regioni che hanno leggi urbanistiche recenti, la nuova legge tenta di archiviare il vecchio modello di pianificazione in favore di un nuovo approccio, di cui già si conoscono alcuni esiti positivi e sperimentazioni, che, attraverso l’introduzione nel
piano di una componente strutturale ed una operativa, punta all’interpretazione e interrelazione dei fenomeni, piuttosto che ad una semplice descrizione ed accettazione dei fenomeni. L’articolo 3 della nuova legge specifica l’intenzione di superare un modello rigidamente gerarchico di pianificazione, a favore di un coordinamento tra piani che rispetti il principio di sussidiarietà e coerenza, e individua gli strumenti ed i livelli entro i quali si articola la pianificazione. A livello comunale, il piano regolatore si esplicita attraverso il Piano di Assetto del Territorio comunale (PAT), la cui approvazione è di competenza provinciale e delinea le strategie di assetto e di sviluppo, e il Piano degli Interventi comunali (PI), di esclusiva competenza comunale, che disciplina gli interventi da realizzare nel periodo di cinque anni, in coerenza e conformità con gli obiettivi ed indirizzi del PAT. Sono previsti inoltre Piani di Assetto del Territorio Intercomunali (PATI) finalizzati al coordinamento della pianificazione fra più Comuni. L’attuazione delle previsioni urbanistiche comunali avviene attraverso i diversi strumenti urbanistici attuativi (PUA) previsti dalle leggi statali e regionali. Le Province, mediante il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), definiscono gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell’assetto del territorio provinciale coerentemente con gli indirizzi per lo sviluppo socio-economico provinciale, con riguardo alle prevalenti vocazioni, alle caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, paesaggistiche ed ambientali. La Regione, attraverso il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC), delinea gli obiettivi e le linee fondamentali di organizzazione e di assetto del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione. In
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particolare, l’articolo 26 della nuova legge urbanistica regionale introduce i Progetti Strategici, nuovi strumenti di governo del territorio volti alla definizione operativa della componente strutturale. In generale, fatta eccezione per i Progetti Strategici ed il livello comunale, nel quale si riscontrano le principali innovazioni apportate dalla legge regionale n.11/2004, l’istituto della panificazione territoriale postulato dalla nuova legge urbanistica non si allontana radicalmente dalla impostazione tecnico-culturale della precedente L.R. 61/85: il governo del territorio viene infatti attuato attraverso una serie di strumenti nella cui configurazione è possibile cogliere un esplicito richiamo alla pianificazione paesistica ed alla valenza ambientale. Il comma 6 dell’art. 3 prevede che tutti gli strumenti (PTRC, PTCP; PAT e PI) sottopongano “a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il territorio includente i beni ambientali, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 149 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490”. La legge urbanistica regionale affronta i temi del paesaggio inserendone specifici contenuti e finalità già nell’articolo 2: “tutela delle identità storicoculturali e della qualità degli insediamenti urbani ed extraurbani, attraverso la riqualificazione e il recupero edilizio ed ambientale degli aggregati esistenti, con particolare riferimento alla salvaguardia e valorizzazione dei centri storici; tutela del paesaggio rurale, montano e delle aree di importanza naturalistica”, oltre che più esplicitamente nel sopracitato articolo 6.
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Dal piano al progetto di paesaggio. Elementi di novità e strumenti operativi A prescindere dalle indicazione specifiche in materia di paesaggio, l’elemento più originale ed innovativo della legge per il governo del territorio, si riscontra in un necessario nuovo approccio al piano ed alla comprensione dei fenomeni, che trova la sua matrice nella intenzionale volontà di porre al centro dell’attenzione il territorio nella sua interezza, completezza e complessità, dai punti di vista paesaggistico, agronomico, geologico, insediativo, economico, culturale, ribaltando la lettura tradizionale urbanocentrica, che poneva nella crescita insediativa dei centri urbani la matrice della strategie e delle politiche di piano. La nuova legge si inserisce infatti anche in un contesto nuovo rispetto alla precedente legge urbanistica, che, alla luce delle dinamiche che hanno trasformato il territorio, ha dimostrato alcuni limiti e incapacità di governo, rispetto al garantire un equilibrato sviluppo del territorio ed una corretta tutela della sue risorse. Ciò comporta un arricchimento metodologico ed un mutamento di approcci progettuali, che necessitano di altri saperi oltre a quello dell’urbanistica, e, in particolare, la valutazione ambientale diventa una componente essenziale della progettazione, diventando un elemento obbligatorio per tutti i livelli di pianificazione, ed entrando a tutti gli effetti come elemento essenziale sia nella fase di costruzione del quadro conoscitivo, sia nella fase di individuazione delle scelte progettuali e della verifica degli effetti delle diverse trasformazioni. Un ulteriore elemento di novità è la copianificazione. Forma di accordo di pianificazione tra i diversi soggetti interessarti alla pianificazione del territorio, comuni, province e regioni, se utilizzata come forma di partecipazione e
La pianificazione paesaggistica in Veneto
concertazione ai vari livelli, come facente parte realmente dei processi di formazione delle scelte, risulterebbe importante per superare il modello gerarchico dei piani, eliminando le negatività della dipendenza a cascata tra i diversi livelli. La legge riconosce e legittima lo strumento della perequazione urbanistica, già ampiamente sperimentato nel Veneto. La perequazione è intesa come principio che appartiene alle scelte progettuali della componente strutturale del piano, in questa fase non negoziabile. “Essa deve essere concepita non solo attraverso criteri estimativi del valore di scambio, ma in relazione alle diverse componenti del territorio, architettonica, sociale, infrastrutturale; in questo senso i criteri e le modalità devono evidentemente essere stabiliti nel momento in cui si costruisce il quadro strategico del piano perché la perequazione stessa costituisce una modalità di conseguimento delle scelte che troveranno applicazione e attuazione nella fase operativa.”1. Ulteriori strumenti di interesse per l’attuazione di progetti di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici sono la compensazione urbanistica, in quanto strumento per consentire ai proprietari di ambiti soggetti ad esproprio di recuperare in altra zona le capacità edificatorie, consentendo nel contempo all’Amministrazione di far proprie le aree vincolate, e sempre nella logica di perseguire il riordino ambientale e la riqualificazione del territorio, il credito edilizio che consente la demolizione dei volumi situati in ambiti impropri mantenendo il diritto volumetrico acquisito.
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La situazione pianificatoria a livello regionale L’approccio strutturale La regione Veneto prende in seria considerazione il tema della questione paesaggistica come nodo strutturale per una nuova forma pianificazione regionale, che ampli il punto di vista del precedente approccio, che ha saputo tutelare il grande patrimonio naturalistico regionale, ma a scapito dei “paesaggi ordinari”. La redazione del nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (adottato dalla Giunta Regionale con deliberazione n. 372 del 17/02/09, ai sensi della legge regionale 23 aprile 2004, n.11, art. 25 e 4) si pone come reale occasione per porre al centro della pianificazione del territorio il paesaggio, nella concezione della Convenzione Europea del Paesaggio, ma si trova in una situazione intermedia di redigendo piano paesaggistico, piano territoriale urbanistico adottato, essendo ancora vigente il PTRC del 1992. Il PTRC, Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, rappresenta lo strumento regionale di governo del territorio e ai sensi dell'art. 24, co.1 della L.R. 11/04, "il piano territoriale regionale di coordinamento, indica gli obiettivi e le linee principali di organizzazione e di assetto del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione". Il PTRC rappresenta il documento di riferimento anche per la tematica paesaggistica, stante quanto disposto dalla Legge Regionale 10 agosto 2006 n. 18, che gli attribuisce valenza di "piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici", valenza già attribuita al primo PTRC dalla Legge Regionale 11 marzo 1986 n. 9 e successivamente confermata dalla Legge Regionale del 23 aprile 2004 n. 11.
Approfondimenti
Tale attribuzione fa sì che nell'ambito del PTRC siano assunti i contenuti e ottemperati gli adempimenti di pianificazione paesaggistica previsti dall'articolo 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 (… A tal fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati “piani paesaggistici”.). La Regione Veneto ha avviato il processo di aggiornamento del primo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, come riformulazione dello strumento generale relativo all'assetto del territorio veneto, in linea con il nuovo quadro programmatico previsto dal Programma Regionale di Sviluppo (PRS) e in particolare in conformità con le nuove disposizioni introdotte con il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004 e successive integrazioni). Il disegno del nuovo PTRC evidenzia lo scenario, radicalmente mutato, cui questo deve fare riferimento, ove la regione assume un ruolo sempre più pregnante in materie attinenti il territorio, il paesaggio e la valenza paesaggistica degli strumenti di pianificazione, l’importanza della naturalità del territorio e la richiesta di una sempre maggiore partecipazione del Veneto a livello europeo. Il PTRC sviluppa dunque i contenuti tecnici e la valenza giuridica di piano paesaggistico secondo la legislazione regionale in un panorama legislativo nazionale che nel 2008 ha trovato ulteriore precisazioni con integrazioni al Codice Urbani. Il piano assume i beni paesaggistici (art. 134 D.Lgs 42/2004) e il paesaggio (art. 131 D.Lgs 42/2004) come categorie di conoscenza e di progetto distinte, facendo riferimento rispettivamente al
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e alla Convenzione Europea del Paesaggio, mirando però a superare tale distinzione tecnico-giuridica con una profonda ed efficacie integrazione delle politiche di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici con quelle di salvaguardia, riqualificazione, trasformazione e valorizzazione del paesaggio, al fine di coordinare un progetto che riguarda un unico territorio regionale. Il percorso di elaborazione del piano riprende le indicazione del Codice all’art. 143 e prevede la ricognizione dell’intero territorio, considerato mediante l’analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare.
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“Si tratterà quindi di studiare il territorio veneto e la sua interazione con la vita e le attività delle popolazioni che per millenni hanno lasciato i segni delle loro opere in città d’arte, in patrimoni culturali diffusi nel territorio, come il sistema delle Ville Venete con la straordinarietà delle Ville Palladiane riconosciute dall’UNESCO, patrimonio dell’Umanità, e di una infinità di segni diventati parte integrante del “Paesaggio culturale Veneto”2. Ma il Veneto è stato interessato anche da interventi di sviluppo non sempre rispettosi delle qualità di quel paesaggio culturale sui quali vanno intraprese azioni di riqualificazione e ripristino.
Figura 1. quadro sinottico dei temi, obiettivi, azioni progettuali.
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Il percorso di predisposizione del nuovo PTRC è iniziato nel 2004 con la redazione della “Carta di Asiago - Fondamenti del buon governo del territorio”, manifesto degli assunti culturali alla base del nuovo piano, realizzato con l’apporto di alcune personalità del mondo scientifico e culturale del Veneto. Tre anni dopo viene adottato il Documento preliminare del PTRC articolato in una matrice di che mette a sistema gli obiettivi, suddivisi in sei temi, articolandoli in livello strategico e a livello operativo, il quale a sua volta declina gli obiettivi in azioni, suddivise in tre linee di progetto, città, montagna, paesaggio. Ad esempio per il tema “uso del suolo” all’obiettivo strategico di “tutelare e valorizzare la risorsa suolo, corrisponde l’obiettivo operativo “razionalizzare l’utilizzo della risorsa suolo” che, per il paesaggio, si declina in azioni come “limitare l’utilizzo di suolo per finalità estrattive” e “tutelare i varchi liberi da edificazione sulle coste marine e lacuali (cfr. figura 1). Coerentemente con il primo PTRC, viene riconfermata dalla L.r. 18/2006 la valenza paesistica al PTRC, strumento che si estende all’intero territorio regionale, e rende quindi legittimi strumenti di piano riferiti ad ambiti minori, come attuazione specificazione del vigente piano territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici. Il percorso metodologico per la formazione del piano, introdotto dal codice, prevede l’individuazione di ambiti di paesaggio, a cui poi riferire le politiche pianificatorie. Il risultato finale del processo ricognitivo e valutativo ha composto l’Atlante dei Paesaggi del Veneto.
La pianificazione paesaggistica in Veneto
L’esame di tutti gli indicatori analizzati per la definizione degli ambiti di paesaggio concorre alla formulazione della valutazione di qualità relativa all’ambito considerato. Lo scopo finale della valutazione è la definizione di opportune azioni strategiche rivolte a migliorare la qualità del paesaggio ed altresì individuare prescrizioni generali e operative per la tutela e l'uso del territorio (D. Lgs. 42/2004, art. 143). Le schede di valutazione dell’Atlante consentono una visione complessiva di tutti gli elementi descritti e che nel loro insieme compongono i paesaggi del Veneto, nonché di inquadrare i fattori di criticità, intesa in un’accezione sia positiva che negativa. L’ultima parte della scheda descrive gli obiettivi di qualità paesaggistica delineandone strategie generali per il perseguimento. A partire dai trentanove ambiti individuati del PTRC, la regione ha poi ritenuto di procedere ad una pianificazione paesaggistica di dettaglio su aree scelte. Le aree individuate sono comunque tutte riconducibili ad aree a parco, o appartengono a territori sottoposti a Piani d’Area o Piani Strategici. Con la DGR n. 3485 del 06/11/2007 la Giunta Regionale ha deliberato di avviare prioritariamente la pianificazione paesaggistica di dettaglio in sei aree, che possano offrire un campione significativo del territorio e del paesaggio del Veneto: Alpago, Feltrino, Coneglianese, Valsana, Litorale Veneto Orientale; per queste stesse aree sono stati presi in considerazione progetti pilota in collaborazione con il Ministero, in corso di sperimentazione per Feltre e Caorle.
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L’Atlante del paesaggio della regione Veneto L’Atlante “Ambiti di paesaggio: atlante ricognitivo” è parte integrante del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, non appartiene al quadro conoscitivo e si configura come documento a sé stante che struttura una scheda per ogni ambito (in totale ne sono individuati trentanove), disaminando elementi generali di identificazione, caratteri specifici, le dinamiche di trasformazione e specificando poi azioni specifiche per ogni obiettivo di qualità paesaggistica individuato. Nel Documento Preliminare al PTRC, adottato dalla Giunta Regionale nell’agosto 2007, è descritto il percorso metodologico che ha condotto alla definizione dell’Atlante. Tale percorso si è concretizzato in un primo livello di indagine basato sull’individuazione di un quadro analitico di riferimento, finalizzato alla conoscenza delle specificità e dei processi evolutivi che caratterizzano il territorio regionale; ad esso è seguita la formulazione di sintesi descrittiveinterpretative, relative alle informazioni raccolte. A conclusione del processo, riconosciuta la complessità e molteplicità del paesaggio veneto, è stata definita una prima articolazione spaziale, poi perfezionata suddividendo il territorio veneto in trentanove ambiti di paesaggio, cui sono dedicate altrettante schede. La definizione degli ambiti di paesaggio è dunque il risultato di un processo complesso, avvenuto in più fasi e basato su molteplici fattori di scelta, che si è svolto parallelamente al processo di elaborazione del Documento Preliminare del Piano. Il perimetro degli ambiti non deve essere considerato un rigido confine, quanto piuttosto uno strumento pratico per circoscrivere e comprendere non solo le dinamiche che interessano l’ambito ma anche e soprattutto le relazioni e le analogie che
Approfondimenti
legano ciascun ambito con il territorio circostante, locale, regionale e interregionale. Le schede hanno una funzione di strumento conoscitivo e propositivo, in primo luogo per la redazione del PTRC stesso e poi per l’integrazione del paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed
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economico e nelle altre politiche che possono avere un’incidenza diretta o indiretta sul paesaggio. All’interno del PTRC l’Atlante mette in luce la componente strutturale del paesaggio e gioca il ruolo di punto di incontro tra il riconoscimento della complessità del paesaggio e la definizione di indirizzi per il governo delle trasformazioni, che sono ancora un argomento aperto.
Figura 3. Struttura della scheda descrittiva dell’Atlante. Figura 2. Ambiti dell’Atlante.
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La struttura della scheda, che tiene conto delle indicazioni della Convenzione Europea, è adatta a organizzare le informazioni di base indispensabili per una prima sommaria comprensione della complessità paesaggistica dell’ambito. Il contenuto del primo capitolo, Identificazione generale, si esplicita in “fisiografia” e un inquadramento normativo, ha carattere prevalentemente descrittivo, ma dato il carattere di sintesi permette di individuare eventuali “sottoambiti”, secondo criteri eminentemente identitari. Il secondo capitolo introduce i Caratteri del paesaggio, descritti attraverso geomorfologia e idrografia, vegetazione e uso del suolo, insediamenti ed infrastrutture, valori naturalisticoambientali e storico-culturali, e guida alla lettura delle caratteristiche paesaggistiche dell’ambito nelle loro componenti primarie e nelle loro interrelazioni. Vengono messe in evidenza sia le relazioni strutturali tra parti dell’ambito, sia quelle con gli ambiti adiacenti. Il capitolo si chiude con il rilevamento dei valori culturali e naturalistici attribuiti agli elementi del paesaggio. Il terzo capitolo, Dinamiche di trasformazione presenta i temi della vulnerabilità, del degrado paesistico, e della frammentazione, entrando nel cuore delle trasformazioni avvenute nel passato e delle tendenze attuali che interessano i paesaggi dell’ambito, di cui tenta di individuare le ragioni e le prospettive. Il capitolo termina con i dati sulla frammentazione paesaggistica elaborati nell’ambito di una apposita ricerca, elaborata per il PTRC. Il quarto capitolo, infine, ha il compito di definire una serie preliminare di Obiettivi e indirizzi di qualità paesaggistica, esposti in forma di sollecitazione, che derivano dalle riflessioni e dai dati raccolti all’interno della scheda, dalle indicazioni degli
La pianificazione paesaggistica in Veneto
esperti e dai suggerimenti pervenuti dagli enti territoriali. Si sottolinea che la concezione olistica del paesaggio, in questo caso privilegia gli elementi strutturali del paesaggio, gli elementi che lo compongono, gli agenti che lo trasformano, tralasciando in parte le relazioni che derivano dagli aspetti percettivi. La percezione non può certo essere l’unico criterio di progettazione del paesaggio, ma sicuramente deve essere considerata nel sistema della conoscenza quanto in quello delle determinazioni progettuali. Ancora una volta si ha la chiara percezione di una sovrapposizione di obiettivi progettualità classificazioni del territorio della regione Veneto. Direzione di approfondimento di questa ricerca sarà quella di evidenziare i rapporti e le relazioni tra gli elementi fino a qui presentati: trovare ricadute effettive dei sei temi del Piano nelle schede dell’Atlante, riconoscendone l’esplicitazione delle azioni nei tre ambiti di progetto città, montagna e paesaggio, e individuare le relazioni con le sei aree individuate per le sperimentazioni paesaggistiche, tenendo conto del ruolo dei Piani d’Area. Progettare per temi. Progetti Strategici e Sperimentazione Paesaggistica La logica strutturale del PTRC coesiste con quella strategica che si articola su tematiche rilevanti. I progetti strategici, introdotti all’art. 26 della L.R. 11/04 arricchiscono il PTRC per definire nello specifico interventi di particolare importanza per parti significative del territorio. Sono nuovi strumenti di governo del territorio integrati al PTRC che dovrebbero risultare agili e snelli, proporre un numero limitato e mirato di azioni considerate efficaci, fattibili dal punto di
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vista tecnico, ammirativo e finanziario, azioni condivise e con date scadenza temporali. Gli ambiti da sottoporre a progetti strategici sono valutati per rilevanza dimensionale e per capacità di trasformazione del territorio o di impatto. Obiettivo è l’individuazione di politiche territoriali finalizzate. Il documento “Questioni e lineamenti di progetto 2005” propone le tematiche da assoggettare a progetto strategico per la loro capacità di assumere un ruolo determinate nella pianificazione locale e complessiva; la formulazione di un primo elenco è frutto di scelte tecnico politiche valiate dalla consultazione e dalla condivisione. La lettura degli assetti, il confronto con il quadro di riferimento territoriale, la conoscenza del territorio veneto maturata negli anni di applicazione del vigente PTRC, hanno messo in luce un primo elenco di temi, parte già individuati e parti ipotizzati, destinato ad arricchirsi e completarsi attraverso il confronto e il dibattito che accompagna tutte le fasi di elaborazione del PTRC, alcuni già individuati con appositi atti regionali o nazionali3, altri individuati nelle Norme del nuovo PTRC4. Un primo Progetto Strategico definito con DGR 2214/2006 è “Le ville di Andrea Palladio”. Obiettivi prioritari sono salvaguardare, ottimizzare, potenziare e valorizzare un patrimonio dell’UNESCO. In particolare si punta a definire misure di salvaguardia dell’intorno di ogni singola villa, alla ricomposizione dell’immagine ambientale e all’aggiornamento degli strumenti urbanistici, dove carenti rispetto alle attuali sensibilità culturali e disciplinari. Obiettivo della sperimentazione paesaggistica, messa in campo appositamente per la redazione del Piano paesaggistico dalla Regione Veneto, è la verifica dei contenuti, modalità operative e
Approfondimenti
procedure, del piano paesaggistico redatto ai sensi dell’art. 143 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché l’individuazione dei “beni paesaggistici” di cui all’art. 134 del Codice e le modalità per la gestione del rilascio dell’autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159 del Codice, per fornire indicazioni utili alla formazione della nuova “valenza paesaggistica” del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento in fase di revisione e di verificare in prima analisi l’applicazione delle previsioni del Codice stesso. La Regione del Veneto, con la legge regionale 15 agosto 2006, n. 18, ha introdotto una prima disciplina per l’approvazione dei piani paesaggistici di dettaglio. In particolare l’art. 6 prevede che: gli ambiti di tali piani siano definiti dalla Giunta regionale, sentita la competente Commissione Consiliare; i piani paesaggistici siano formati con la procedura prevista dall’articolo 25 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio” e successive modificazioni, integrata dalle disposizioni dell’articolo 143, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni. È dunque in fase di concertazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ai sensi dell'articolo 25 della Legge Regionale 11 del 2004 il Documento Preliminare del Piano Paesaggistico di Dettaglio "Laguna di Caorle", progetto parallelo a quello promosso per il comune di Feltre. Il documento mira a definire i contenuti di un piano che si configura come a sé stante rispetto agli strumenti urbanistici comunali, e rispetto ai quali ha il compito di evidenziare compatibilità ed incompatibilità, individuare ambiti particolari e proporre interventi concreti di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio e degli ambenti
naturali. Sarà importante verificare come questi intenti verranno tradotti in norme e prescrizioni. In attesa della specifica legge regionale sul paesaggio, di recepimento del D.lgs 42/04, entro il principio generale nel quale paesaggio e azione urbanistica risultino integrate, il Piano paesaggistico di dettaglio dovrà definire tra l’altro: a) di quali contenuti, tra quelli previsti dalla pianificazione territoriale e urbanistica, avrà la responsabilità esclusiva della tutela, gestione e pianificazione; b) per quali contenuti, potrà essere demandata la responsabilità ad altri livelli della pianificazione (provinciale, comunale …); c) per quali contenuti il piano paesaggistico di dettaglio disporrà vincoli, prescrizioni e direttive, anche attraverso manuali e sussidi. Il Progetto Pilota per Feltre e le Linee Guida per la pianificazione paesaggistica regionale Estratto dal Documento Preliminare del Progetto Pilota per Feltre L’area appartiene ad uno dei trentanove ambiti individuati dall’Atlante, ed in particolare è stata considerata come esempio di esperienza in accordo con il ministero. Con riferimento a quanto previsto dall’art. 150 del DLgs 490/99 e di quanto stabilito dall’Accordo Stato-Regioni la Giunta Regionale del Veneto, con deliberazione n. 2220 del 16 luglio 2003, ha approvato uno specifico protocollo di intesa con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Provincia di Belluno e il Comune di Feltre, sottoscritto a Roma in data 19 novembre 2003, finalizzato alla predisposizione di un "progettopilota" per la salvaguardia dei valori paesaggistici e ambientali del territorio comunale di Feltre da recepire nella pianificazione comunale attraverso
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una apposita variante urbanistica. Nonché da utilizzare per la definizione di linee guida di carattere generale, contenenti i criteri di massima per salvaguardare i valori paesistici e ambientali del territorio regionale. Il Comune di Feltre, che rientra nel quinto dei trentanove ambiti individuati dall’Altlante, è risultato particolarmente interessante per la complessità delle tematiche in esso presenti: un centro storico di eccezionale interesse, un paesaggio agrario collinare di elevata integrità, la presenza di aree di pregio naturalistico di livello comunitario e nazionale, ed un territorio interamente sottoposto a vincolo paesaggistico, in merito al quale vi è attualmente una proposta di revisione. Con DGR 4370 del 31 dicembre 2003 è stato approvato il Programma di lavoro per l’organizzazione delle attività di competenza della Regione nell’ambito del progetto pilota. L’entrata in vigore del DLgs 42/04 e della nuova Legge per il Governo del Territorio ha reso necessario un aggiustamento dei contenuti del progetto pilota pur confermando gli obiettivi generali del protocollo d’intesa. È apparso infatti utile attraverso il progetto pilota verificare in dettaglio le metodologie ed i contenuti dell’art. 143 del Codice, anche in considerazione della complessità del territorio del Comune di Feltre, e più in generale dell’ambito "Feltrino", intendendo ora per "linee-guida" i criteri per la redazione concertata del Piano Paesaggistico (o della nuova Valenza Paesaggistica di uno strumento urbanistico-territoriale), nonché i criteri per la conformazione e l’adeguamento degli strumenti di livello inferiore ai sensi dell’art. 145 c. 5. DLgs 42/04.
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Allo scopo di aggiornare la precedente deliberazione 4370/03 ai contenuti del Codice, la Giunta Regionale ha approvato con DGR 3712 del 19 novembre 2004, un nuovo programma di lavoro che precisa tempi e contenuti del progetto pilota e del suo documento preliminare. Con la stessa deliberazione è stata formulata una prima proposta per la redazione di piani paesaggistici a scala intercomunale, individuando gli "ambiti amministrativi per la pianificazione paesaggistica", tale proposta è stata recepita inoltre con DGR 1175 del 18 marzo 2005, che stabilisce le procedure per la redazione, elaborazione ed approvazione dei piani paesaggistici ai sensi dell’art. 143 del Codice. La prima fase dei lavori ha riguardato la stesura del “documento preliminare” sottoscritto dagli enti interessati nel maggio 2005, nel quale sono stati stabiliti "criteri e modalità" per la definizione degli ambiti paesaggistici e dei relativi obiettivi di qualità e riconosciuti alcuni obiettivi di carattere più generale, quasi delle meta-proposizioni, al fine di indicare il campo entro cui si articolerà il progetto. Si afferma, ad esempio, che in tutto il territorio del Comune di Feltre il progetto pilota si prefigge lo scopo di "promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi", sia quelli che possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati e propone di: individuare i propri paesaggi, sull’insieme del territorio feltrino; analizzarne le caratteristiche, nonché le dinamiche e le pressioni che li modificano; seguirne le trasformazioni; valutare i paesaggi individuati, tenendo conto dei valori specifici che sono loro attribuiti dai soggetti e dalle popolazioni interessate. Inoltre, il progetto pilota si propone di stabilire gli obiettivi di qualità paesaggistica
La pianificazione paesaggistica in Veneto
riguardanti i paesaggi individuati e valutati, previa consultazione pubblica. Accanto alla approfondita ricerca e meticoloso studio della stato del paesaggio e della sua valutazione sarà necessario porre altrettanta attenzione agli elementi del progetto e di trasformazione da porre entro i piani paesaggistici sotto forma di norme e prescrizioni che vadano altre alla tutela per favorire la valorizzazione.
Riferimenti iconografici Figura 1: Nuovo PTRC Quadro sinottico del sistema degli obiettivi. Figure 2,3: Nuovo PTRC Ambiti di paesaggio Atlante ricognitivo.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
Riferimenti bibliografici BREGANZE MARINO, L’esperienza della pianificazione paesaggistica e territoriale in Veneto, Atti del convegno “L’esperienza della Pianificazione territoriale regionale: paesaggio e territorio a confronto” Padova 5 giugno 2009. CAMMELLI MARCO (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Il Mulino, Bologna 2007. CARPENTIERI PAOLO, La nozione giuridica di paesaggio, Rivista di diritto pubblico, n. 2, Giuffrè Editore, Milano 2004. GATTEI ALESSANDRA, ORLANDIN ENDRI, GOMIRATO ARNALDO, La questione del paesaggio: nuove forme di pianificazione, Veneto, Norme per il governo del territorio, LR 23 aprile 2004, n. 11, Edizioni il Sole 24 Ore, Milano 2006, http://www.inuveneto.it/La-questione-del-paesaggionuove. GATTEI ALESSANDRA, ORLANDIN ENDRI, Il processo di riforma urbanistica nel Veneto, http://www.inuveneto.it/Ilprocesso-di-riforma-urbanistica. GATTEI ALESSANDRA, ORLANDIN ENDRI, Il sistema produttivo agricolo nel nuovo Ptrc del Veneto, in Urbanistica Informazioni, numero 201, maggio-giugno 2005, Roma, http://www.inuveneto.it/Il-sistema-produttivo-agricolonel. ORLANDIN ENDRI,Veneto, in Urbanistica Dossier n.112, 2009. URBANI PAOLO, Commento all’art. 135 del DLgs 42/04, in CAMMELLI MARCO (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Il Mulino, Bologna 2007.
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MARISA FANTIN, L’avvio della legge regionale veneta 11/2004, http://www.inuveneto.it/L-avvio-della-leggeregionale. 2 PTRC adottato, Relazione illustrativa. 3 “La Logistica e la Diportistica” (rif. DGRV n. 2587 del 7.8.2007); “Ville di Andrea Palladio” ( rif. DGRV n. 2214 del 11.7.2006, DGRV n. 108/CR del 8.8.2008); “Progetto strategico di area vasta della città del Pedemonte” (rif. DGRV n. 352 del 19.2.2008); “Progetto Strategico Speciale Valle del Fiume Po” (rif. delib. CIPE 21/12/2007), fanno riferimento ad atti regionali o nazionali. 4 “Progetto Strategico ex rete ferroviaria Treviso – Ostiglia”; “Progetto Strategico ambito portuale Veneziano”; “Progetto Strategico Dolomiti e montagna veneta”; “Progetto Strategico cittadelle aeroportuali”; “Urban Labor” di Rovigo; “Verona, città della musica”; “Sistema insediativo afferente le stazioni del SFMR e l’accesso alla rete viaria primaria”; “Sistemi difensivi regionali di epoca moderna e contemporanea”; “il progetto culturale storico della Grande Guerra”.
Approfondimenti
La pianificazione paesaggistica in Emilia Romagna Chiara Lanzoni Politecnico di Milano
Il paesaggio nelle leggi regionali dell’EmiliaRomagna I riferimenti al paesaggio nella legislazione urbanistica regionale sono contenuti nella recente legge regionale n. 23/2009 che introduce nella legge n. 20/2000 il Titolo III bis Tutela e valorizzazione del paesaggio. Il nuovo approccio alla questione paesistica vede come sua base e fondamento la lunga tradizione dell’attenzione al paesaggio dell’Emilia-Romagna, riscontrabile all’interno del quadro legislativo regionale nei precedenti riferimenti normativi della disciplina urbanistica, della promozione della qualità architettonica e del paesaggio, della gestione delle aree naturali protette. La legge urbanistica regionale n. 20 del 24 marzo 2000, Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio si configura come testo unico in materia e succede di quasi trent’anni la legge regionale urbanistica 18/1975. Nella legge regionale n.20/2000 l’attenzione alla tutela e alla pianificazione paesaggistica si riflette nella centralità della sostenibilità, attraverso la valutazione preventiva delle politiche di gestione e trasformazione del territorio, dell’ambiente e del paesaggio. E a questo fine opera la riorganizzazione delle competenze esercitate dai livelli istituzionali in attuazione del principio di sussidiarietà.
Con la legge regionale il governo del territorio viene profondamente innovato nei contenuti e nelle forme; i piani regolatori comunali vengono modificati nelle caratteristiche e procedure scorporandone i contenuti in tre nuovi strumenti di pianificazione generale - i Piani strutturali comunali (PSC), i Piani operativi comunali (POC) i Regolamenti urbanistico edilizi (RUE).1 In particolare la legge stabilisce che il Quadro Conoscitivo, elemento costitutivo degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, deve avere riguardo dei valori paesaggistici, culturali e naturalistici nel provvedere alla rappresentazione organica dello stato del territorio (art. 4). Gli strumenti di pianificazione devono dettare la disciplina di tutela e valorizzazione delle aree di valore naturale e ambientale, quali le aree boscate, i litorali marini, gli invasi e gli alvei, le golene, le aree umide; per gli ambiti agricoli di rilievo paesaggistico la pianificazione territoriale assicura la conservazione e ricostituzione del paesaggio rurale e del patrimonio relativo nel rispetto dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici presenti nel territorio. Relativamente alla pianificazione all’art. 24 la legge specifica come il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) costituisca parte tematica del Piano Territoriale Regionale (PTR), avente specifica considerazione dei valori paesaggistici, ambientali e culturali del territorio regionale. Il PTPR è lo strumento che individua le risorse storiche, culturali, paesaggistiche e ambientali del territorio regionale e ne definisce la disciplina di tutela e valorizzazione. Nel testo di legge la rappresentazione cartografica della tutela paesaggistica regionale è affidata al mosaico dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale approvati in attuazione del PTPR: i piani
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provinciali costituiscono, in materia di pianificazione paesaggistica, l’unico riferimento per gli strumenti comunali di pianificazione e per l’attività amministrativa attuativa. Particolare rilievo assume il territorio rurale, per il quale le azioni di promozione, valorizzazione e la salvaguardia del paesaggio, sono fondate sulla sua connotazione economica e strutturale oltre che nella funzione di mitigazione degli impatti negativi dei centri urbani. Per gli ambiti agricoli di rilievo paesaggistico, definiti come “caratterizzati dall’integrazione del sistema ambientale e del relativo patrimonio naturale con l'azione dell'uomo volta alla coltivazione e trasformazione del suolo”, la pianificazione territoriale e urbanistica prevede la salvaguardia delle attività agro-silvo-pastorali ambientalmente sostenibili e dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici presenti nel territorio; la conservazione o la ricostituzione del paesaggio rurale e del relativo patrimonio di biodiversità, delle singole specie animali o vegetali, dei relativi habitat, e delle associazioni vegetali e forestali; la salvaguardia o ricostituzione dei processi naturali, degli equilibri idraulici e idrogeologici e degli equilibri ecologici.2 Per questi ambiti rurali la legge prevede che sia la pianificazione provinciale ad individuare quali siano le trasformazioni e le attività di utilizzazione compatibili con le caratteristiche e i valori del contesto. Oltre alla citata legge regionale n. 20/2000 che disciplina l’utilizzo del territorio i riferimenti normativi della Regione in materia paesistica sono da ricercare nelle leggi dedicate all’edilizia, alla qualità architettonica e all’ambiente. La prima legge emilano-romagnola dedicata al tema della qualità architettonica e del paesaggio è
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la n. 16/2002, Norme per il recupero degli edifici storico-artistici e la promozione della qualità architettonica e paesaggistica del territorio. Il provvedimento manifesta l’intenzione di superare le distinzioni fra politiche per i luoghi urbani e quelle per i luoghi rurali, promuove il recupero e la valorizzazione degli edifici e dei luoghi di interesse storico-artistico presenti sull’intero territorio, oltre al miglioramento della qualità architettonica e il recupero del valore paesaggistico. La legge disciplina una possibile azione per raggiungere gli obiettivi di qualità, puntando all’eliminazione, tramite demolizione parziale o totale, delle opere incongrue lesive dei valori paesaggistici.3 Il compito di individuare le opere incongrue presenti nel proprio territorio, definire gli obiettivi di qualificazione e gli indirizzi e direttive in merito agli interventi da attuare, viene affidato alla pianificazione comunale attraverso lo strumento del PSC – Piano Strutturale Comunale. In materia ambientale la legge regionale n. 6/2005 Disciplina della formazione e della gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti della rete natura 2000, riconosce alla scala regionale e alla pianificazione di area vasta il ruolo di principale riferimento territoriale per l’integrazione delle politiche ambientali e paesaggistiche, ai fini della realizzazione della rete ecologica regionale quale parte integrante delle reti ecologiche nazionale ed europea. In Emilia-Romagna le funzioni amministrative relative alla gestione della tutela del paesaggio sono delegate ai Comuni fin dalla legge regionale n. 26/1978 e s.m.i., con cui la regione ha delegato agli stessi le funzioni amministrative relative al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. L’assetto istituzionale è ampiamente consolidato e la
La pianificazione paesaggistica in Emilia-Romagna.
limitazione di delega ai Comuni legata all’approvazione dei piani paesaggistici (art. 143 del Codice del Beni culturali e del paesaggio) non coinvolge il caso emiliano-romagnolo, poiché la regione è in fase di adeguamento del piano paesaggistico vigente.4 I Comuni istituiscono la Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, facoltà introdotta dalla legge regionale n. 31/2002, Disciplina generale dell’edilizia. La commissione è un organo consultivo a cui spetta “l’emanazione di pareri, obbligatori e non vincolanti, ai fini del rilascio dei provvedimenti comunali in materia di beni paesaggistici, interventi di risanamento conservativo e restauro e di abbattimento delle barriere architettoniche in edifici aventi valore storico architettonico.” Con determinazione del Direttore Generale Programmazione territoriale e negoziata, intese, relazioni europee e internazionali n. 13823 del 31 dicembre 2009 si è conclusa la fase di verifica regionale dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica stabiliti dall’art. 146, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Con tale atto sono stati indicati i Comuni che non sono risultati ancora adeguati ai requisiti ed entro il termine del 30 giugno 2010 i comuni che dovessero risultare ancora non adeguati saranno dichiarati decaduti dalla funzione di rilascio.
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Il Paesaggio negli strumenti di pianificazione regionale Il Piano Paesistico dell’Emilia-Romagna: struttura e contenuti Il Piano Territoriale Paesistico Regionale, approvato nel 1993 e ancora oggi vigente anche se in fase di adeguamento, viene riconfermato per la tutela dell’identità culturale e dell’integrità fisica dell’intero territorio regionale, sulla base della convinzione che esistono livelli di trasformabilità diversi a seconda del ruolo che una determinata situazione territoriale e paesistica assume nell’ambito del sistema ambientale, naturalistico e storico-culturale di appartenenza. Il piano attraverso scelte di trasformazione e di sviluppo compatibili con i diversi ambienti regionali portò il tema del passaggio da una fase di difesa passiva ad una fase di salvaguardia articolata in funzione dei caratteri del territorio: la struttura fisica e paesaggistica del territorio venne integrata con l’assetto urbanistico. Il piano paesistico influenza le strategie e le azioni di trasformazione del territorio sia attraverso la definizione di una quadro normativo di riferimento per la pianificazione provinciale e comunale, sia mediante singole azioni di tutela e di valorizzazione paesaggistico-ambientale. Gli operatori ai quali il piano si rivolge sono la stessa Regione, nella sua attività di pianificazione territoriale e di programmazione generale e di settore; le Province che nell'elaborazione dei Piani territoriali di Coordinamento Provinciale assumono ed approfondiscono i contenuti del piano paesistico nelle varie realtà locali; i Comuni che garantiscono la coesione tra tutela e sviluppo attraverso i loro strumenti di pianificazione generale; gli operatori
Approfondimenti
pubblici e privati che con le loro azioni incidono direttamente sul paesaggio. L’obiettivo generale che il piano si pone è quello di fornire parametri di riferimento che possano essere utilizzati per valutare la compatibilità delle scelte di trasformazione e per avere una chiara cognizione delle conseguenze che tali scelte comportano, in termini di coerenza, di identità, di nuove opportunità anche economiche. L’impostazione strutturale del Piano Paesistico è di tipo tradizionale: lo strumento è formato da un corpo normativo e da una cartografia che delimita le aree a cui si applicano le relative disposizioni. Il Piano Paesistico individua le grandi suddivisioni di tipo fisiografico (montagna, collina, pianura, costa), i sistemi tematici (agricolo, boschivo, delle acque, insediativo) e le componenti biologiche, geomorfologiche o insediative che per la loro persistenza e inerzia al cambiamento (le cosiddette «invarianti» del paesaggio) si pongono come elementi ordinatori delle fasi di crescita e di trasformazione della struttura territoriale regionale. Secondo queste valutazioni i caratteri strutturanti il paesaggio considerati nel piano sono suddivisi in tre gruppi: sistemi, zone ed elementi. Ai sistemi appartengono gli ambiti che strutturano e definiscono la forma e l'assetto del territorio regionale; alle zone appartengono gli ambiti che connotano e caratterizzano le diverse realtà regionali; agli elementi appartengono gli oggetti intesi come ambiti o elementi aventi una propria definita ed inconfondibile identità.
Figura 1. Piano Territoriale Paesistico Regionale dell’Emilia Romagna, Quadro d’unione: zone ed elementi di particolare interesse storico; zone ed elementi di interesse paesaggistico-ambientale; zone ed elementi strutturanti la forma del territorio.
Attraverso l’incrocio di una serie complessa di fattori (costituzione geologica, elementi geomorfologici, quota, microclima ed altri caratteri fisico-geografici, vegetazione espressioni materiali della presenza umana ed altri) il Piano paesistico individua ventitré Unità di paesaggio per tutto il territorio regionale. Le Unità di paesaggio rappresentano ambiti territoriali con specifiche, distintive e omogenee caratteristiche di formazione e di evoluzione; permettono di individuare l’originalità del paesaggio emiliano-romagnolo, di precisarne gli elementi caratterizzanti. In ogni Unità di paesaggio è riconoscibile una sostanziale omogeneità strutturale, di caratteri e relazioni, che si costituisce come ambito di riferimento entro cui applicare le regole della tutela avendo ben presenti il ruolo e il valore degli elementi che concorrono a caratterizzare il sistema territoriale e ambientale in cui si opera.
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Figura 2. Piano Territoriale Paesistico Regionale. Tavola delle 23 Unità di Paesaggio. (1.Costa Nord; 2.Costa Sud; 3.Bonifica ferrarese; 4.Bonifica romagnola; 5.Bonifiche estensi; 6.Bonifiche bolognesi; 7.Pianura romagnola: 8.Pianura bolognese, modenese e reggiana; 9.Pianura parmense: 10.Pianura piacentina; 11.Fascia fluviale del Po; 12.Collina della Romagna centro-meridionale; 13.Collina della Romagna centro-settentrionale; 14.Collina bolognese; 15.Collina reggiana-modenese; 16.Collina piacentina-parmense; 17.Oltrepo' pavese; 18.Montagna romagnola; 19.Montagna bolognese; 20.Montagna del Frignano e Canusiana; 21.Montagna parmense-piacentina; 22.Dorsale appenninica in area romagnola e bolognese; 23.Dorsale appenninica in area emiliana.)
Oltre che una finalità metodologica per la lettura dei caratteri territoriali le Unità di Paesaggio rappresentano il riferimento per l’adeguamento degli strumenti urbanistici al PTPR: “Le unità di paesaggio costituiscono quadro di riferimento essenziale per le metodologie di formazione degli strumenti di pianificazione e di ogni altro strumento regolamentare, al fine di mantenere una gestione coerente con gli obiettivi di tutela”5 Coerentemente al piano regionale gli strumenti di pianificazione infra-regionale sono tenuti ad
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individuare le Unità di paesaggio di rango provinciale. Allo stesso modo i Comuni individuano le Unità di paesaggio di livello comunale. Il Piano racchiude alcuni contenuti innovativi per gli anni in cui viene redatto: parte dal presupposto che il paesaggio non è immutabile nel tempo, né sempre uguale a sé stesso; l’impostazione metodologica dello strumento integra nella disciplina paesaggistica i contenuti ambientali che stanno alla base delle espressioni fisiche, biologiche e antropiche percepibili, e afferma negli obiettivi e nelle scelte una nuova cultura dello sviluppo. In continuità con l’elaborazione del PTPR la Regione avviò la redazione del “Progetto Atlante. Quadro di riferimento, analisi degli strumenti esistenti, implementazione metodologica e applicazione prototipale” finalizzato alla verifica della funzionalità e della concreta applicazione di un modello imperniato sulle Unità di paesaggio. L’Atlante rappresenta il tentativo di realizzare uno strumento che permettesse la valutazione preventiva delle trasformazioni che le politiche territoriali inducono sul paesaggio. Non ha carattere strutturale ma rimane un documento illustrativo redatto in continuità con le elaborazioni del Piano Territoriale Paesistico Regionale. A ciascun ambito paesaggistico omogeneo sono stati assegnati diversi livelli di significatività attraverso opportuni indicatori sintetici descrittivi del valore paesaggistico e ambientale globale, con attenzione al ruolo ecologico degli ambiti territoriali individuati. Sulle diverse possibilità di valutazione del paesaggio il progetto prende in considerazione lo stato dell’arte e la scomposizione del paesaggio nei “costituenti fondamentali”, arrivando a definire una proposta per l’attribuzione dei valori agli elementi del paesaggio.6
La pianificazione paesaggistica in Emilia-Romagna.
I Progetti di tutela , recupero e valorizzazione del paesaggio Congiuntamente al complesso sistema di tutela descritto, il Piano prevede e delimita una serie di interventi da definire con specifici progetti di tutela e valorizzazione, che la Regione può promuovere direttamente attraverso azioni proprie, o incentivare indirettamente fornendo aiuti finanziari alle Province e ai Comuni. I progetti strategici, introdotti dall’art. 32 delle Norme del Piano Territoriale Paesistico e riconfermati dalla legge regionale n. 23/2009, arricchiscono il Piano e definiscono nello specifico interventi di particolare importanza per parti significative del territorio. Proprio la legge regionale in materia paesistica indica come temi da prediligere nel’articolazione dei progetti, le aree compromesse e degradate, per cui favorire il recupero, e i contesti identitari individuati dal PTPR, in cui promuovere nuovi valori paesaggistici.7 Si segnalano inoltre come aree preferenziali per la realizzazione dei progetti, i territori sui quali insistono immobili o aree di notevole interesse pubblico, ai sensi della Parte III del Codice dei Beni Culturali e del paesaggio. I progetti possono riguardare alcune delle seguenti tipologie progettuali: a. gli ambiti perimetrali come “progetti di tutela e valorizzazione” nella cartografia del Piano territoriale paesistico regionale, riguardante gli ambienti fluviali, al fine di creare nuove possibilità di fruizione e di sperimentare forme di riqualificazione e gestione integrata dell’ambito fluviale; b. i sistemi idraulici e l’archeologia industriale quali elementi costitutivi e caratterizzanti il
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paesaggio della pianura, che possono rappresentare occasioni importanti dal punto di vista testimoniale e didattico; le preesistenze archeologiche e paleontologiche, al fine di consentire la conoscenza e la fruizione di alcune zone di particolare interesse scientifico e documentale, realizzando circuiti e aree organizzate che dovranno promuovere la potenzialità didattica e culturale riferita all'eredità di forme di vita e di civiltà del passato, in connessione con altri elementi significativi del patrimonio storicopaesaggistico circostante e museografico locale; le colonie marine e le loro aree di pertinenza, che offrono possibilità per operazioni di riqualificazione ambientale e paesistica della fascia costiera, contribuendo alla qualificazione di contesti fortemente urbanizzati e alla valorizzazione di porzioni di litorale che presentano ancora un significativo aspetto di naturalità; le aree del demanio pubblico o comunque di proprietà pubblica che rappresentano un potenziale per le attività di riqualificazione ambientale; le aree agricole di frangia urbana, caratterizzate da usi impropri del suolo e da tipi di insediamento marginale, e le zone di fruizione visuale lungo gli assi viari a maggiore intensità di traffico, al fine di creare spazi verdi di penetrazione e di collegamento con la città; la campagna-parco, con la finalità di conservare e di documentare il paesaggio rurale storico.
Approfondimenti
Il primo Progetto-pilota promosso dalla Regione in modo diretto in attuazione della legge regionale n. 47/1992 è quello denominato “Po, Fiume d’Europa” ridefinizione di un modello territoriale di gestione ecosostenibile (Programma regionale anno 1998, Delibera G.R. n. 2816/1998). L’idea generale del progetto deriva dalla volontà di recuperare il ruolo e il significato del fiume nella caratterizzazione strutturale del paesaggio della pianura, attraverso la valorizzazione della regione fluviale nel suo insieme, evidenziando l’intreccio delle dimensioni ecologica, economica, socioculturale. Il progetto rappresenta un’esperienza-pilota anche per il carattere originale nell’adozione e applicazione dell’integrazione settoriale e della condivisione partecipata alle diverse fasi del lavoro. Il progetto non si è sostituito alle progettualità programmate o in corso ma le ha messe a sistema, riconducendole ad una visione unitaria del territorio orientata al miglioramento qualitativo dell’ambiente e del paesaggio fluviale. L’ambito progettuale comprende la regione fluviale del Po comprendente gli ambiti golenali e le contigue fasce perifluviali in sponda destra ricadenti nelle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia, per una lunghezza di 120 km e una superficie complessiva di 144.797 kmq. Il progetto è stato concepito come un laboratorio di concertazione territoriale, nel quale hanno partecipato attivamente le Province (cofinanziatrici dell’iniziativa), i Comuni e le Associazioni delle categorie economiche (agricoltura, pioppicoltura, attività estrattive) e ambientaliste territorialmente coinvolte. L’assetto territoriale così come le modalità e gli strumenti d’attuazione sono stati definiti congiuntamente.
Come obiettivo strategico si assume la riorganizzazione spaziale e gestionale delle pertinenze del Po attraverso la forma di una rete ecologica polivalente, “uno scenario che combina le regole del territorio con quelle del paesaggio e dell’ecosistema, in grado di utilizzare in modo ottimale le opportunità fornite dal particolare sistema del medio Po senza comprometterne i valori e le potenzialità”.8 Il Progetto ha inteso attuare e qualificare gli obiettivi del PTPR, del Piano Stralcio Fasce Fluviali dell’Autorità del Po integrandoli all’interno di un quadro progettuale unitario. Tra le finalità principali l’iniziativa ha voluto integrare e sostenere le azioni di valorizzazione turistica del fiume e fornire indicazioni per la pianificazione urbanistica ai comuni. All’interno del Progetto sono stati individuati alcuni ambiti di approfondimento progettuale sulle quali si è proceduto a redigere progetti di riqualificazione tenendo conto dell’eventuale progettualità presente sull’area individuata.9 Tra i contenuti progettuali l’iniziativa fornisce un “Quaderno degli interventi tipo”, una guida alla individuazione delle tipologie di intervento utilizzabili per la costruzione della rete ecologica. Tra i progetti di tutela e valorizzazione del paesaggio promossi a livello locale la regione colloca ai primi posti della propria graduatoria tematica il progetto “Lungo i bordi. Riqualificazione del paesaggio agrario di margine” (Programma regionale anno 2007, Delib. G.R. n. 2180/2007), promosso dal comune di Reggio Emilia, dal comune di Albinea e dalla Provincia di Reggio Emilia. Il Progetto, realizzato attraverso un importante percorso partecipativo, nasce come approfondimento del Piano Strutturale Comunale della città di Reggio Emilia e rappresenta il
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passaggio dalla scala urbanistica a quella progettuale dei temi paesistici. Sarà interessante vedere come lo studio e le proposte per questo paesaggio di margine in trasformazione producano poi norme e indirizzi nella pianificazione comunale che superino il concetto della tutela.
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Riferimenti bibliografici
Riferimenti iconografici
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Figura 1: tratta dal sito http://www.regione.emiliaromagna.it/paesaggi/index.asp Figura 2: tratta dal sito http://www.regione.emiliaromagna.it/paesaggi/ptpr/unita.htm
Testo acquisito dalla redazione nel mese di Marzo 2010. © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte.
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Il Piano Strutturale Comunale (PSC) è lo strumento di pianificazione urbanistica generale con riguardo a tutto il territorio comunale; delinea le scelte strategiche di assetto e sviluppo e per tutelare l’integrità fisica ed ambientale e l’identità culturale del territorio stesso. Il Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE) contiene la disciplina generale delle tipologie e delle modalità attuative degli interventi di trasformazione e delle destinazioni d’uso. Il Piano Operativo Comunale (POC) individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e trasformazione del territorio da realizzare nell’arco di cinque anni, in conformità a quanto previsto dal PSC. 2 Allegato A alla Legge Regionale 20/2000, art. A-16 e art. A-18. 3 Sono definite opere incongrue le costruzioni e gli esiti di interventi di trasformazione del territorio che per impatto visivo, per dimensioni planivolumetriche o per caratteristiche tipologiche e funzionali, alterano in modo permanente l'identità storica, culturale o paesaggistica dei luoghi, Legge Regionale n. 16/2002, art. 10. 4 Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, art. 146, comma 6, dispone l’esercizio diretto da parte della Regione della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, ma prevede anche la possibilità di delegare
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l’esercizio di tale funzione alle Province, a forme associative e di cooperazione tra enti locali, ai Comuni “purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”. 5 Norme del Piano Territoriale Paesistico regionale, art. 6, comma 2. 6 Regione Emilia-Romagna, Progetto Atlante. Quadro di riferimento, analisi degli strumenti esistenti, implementazione metrodologica e applicazione prototipale, tratto dal sito www. regione.emiliaromagna.it 7 Legge regionale n. 23/2009, art. 40-septies 8
Scheda dell’esperienza Progetto “Po, Fiume d’Europa”, tratta dal sito del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, www.cirf.org 9 Le aree di approfondimento progettuale individuate sono: Isola Serafini, foce Trebbia-isolotto Maggi (provincia di Piacenza); lanca di Mezzani, lanca di Stagno (provincia di Parma); foce Enza a Brescello, golena tra Guastalla e Gualtieri (provincia di Reggio Emilia).
Materiali di approfondimento
La pianificazione Toscana 1
paesaggistica
in
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The landscape planning of Tuscan Region
Emanuela Morelli con Michele Ercolini *
abstract Il nuovo Piano Paesaggistico della Regione Toscana che si presenta come l’implementazione del PIT (piano di indirizzo territoriale regionale) ai sensi dell’art. 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e dell’art. 33 della L.R. 3 gennaio 2005, n. 1, Norme per il governo del territorio è costituito principalmente da tre parti: Documento di Piano, Disciplina paesaggistica, Quadro Conoscitivo.
abstract The new regional landscape plan comes as the implementation of the PIT (Territorial Address Plan of Region) as pursuant to art. 143 of the Codice dei beni culturali e del paesaggio and to art. 33 of L.R. n. 1/2005 Norme per il Governo del Territorio (Rules for the Government of the territory). The plan consists of three main parts: Plan Document, Discipline landscape, knowledge chart.
parole chiave Regione Toscana, Disciplina paesaggistica, Atlante dei paesaggi.
key-words Regione Toscana (The Tuscan Region), Discipline landscape, Landscapes Atlas
* Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di urbanistica e Pianificazione del Territorio.
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La pianificazione paesaggistica in Toscana
Struttura e strumenti L’articolazione del Piano Il Piano Paesaggistico della Regione Toscana che si presenta come l’implementazione del PIT (Piano di Indirizzo Territoriale regionale) ai sensi dell’art. 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e dell’art. 33 della L.R. 3 gennaio 2005, n. 1, Norme per il governo del territorio, è costituito principalmente da tre parti: Documento di Piano; Disciplina paesaggistica, ai sensi dell’articolo 143 del d.lgs. 42/2004, suddivisa in disciplina generale di piano (2A) e Disciplina dei beni paesaggistici (2B); Quadro Conoscitivo. Nella sezione Quadro conoscitivo, che è appunto parte integrante del piano, le informazioni relative alle fasi analitica e diagnostica sono state sistematizzate a loro volta in tre documenti: L’“Atlante ricognitivo dei caratteri strutturali dei paesaggi della Toscana”; La “Carta dei beni culturali e paesaggistici”; Le “Schede dei paesaggi ed individuazione degli obiettivi di qualità”2. Questa ricognizione analitica dell’intero territorio nelle sue molteplici caratteristiche (storiche, naturali, eccetera) ha portato all’individuazione degli ambiti paesaggistici (di cui all’art. 135 del d.lgs. 42/20043), e per ognuno di essi sono stati identificati: gli obiettivi di qualità-funzionamenti, i fattori di rischio e di vulnerabilità, dinamiche, obiettivi di qualità, azioni prioritarie dell’intero territorio; i beni paesaggistici soggetti a tutela ai
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sensi dell' art.136 del d.lgs. 22/01/2004 n° 42; l’individuazione cartografica, attraverso la delimitazione e la rappresentazione in scala idonea degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’art.143, comma 1, lettera b) del codice dei beni culturali e del paesaggio; l’individuazione cartografica, attraverso la delimitazione e la rappresentazione in scala idonea delle aree tutelate per legge, ai sensi dell’art.143, comma 1, lettera c) del codice dei beni culturali e del paesaggio; l’individuazione cartografica delle aree gravemente compromesse o degradate individuate all'interno degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico (in attesa di validazione da parte della Direzione Regionale del Ministero dei Beni e delle Attività culturali).
Gli strumenti attuativi e metodologici L’Atlante ricognitivo dei caratteri strutturali dei paesaggi della Toscana L’Atlante contiene i trentotto ambiti paesaggistici4, che si configurano come l’esito della storia dei luoghi5. In pratica, sono il risultato di una lettura maggiormente sistemica e complessa, seppure con inevitabili limiti quali ad esempio quelli relativi alla scala di lettura, rispetto a quella più “tipologica” dei sistemi di paesaggio individuati precedentemente nel 1994 da Rossi et al.6. Proprio per la scala di lettura gli ambiti non sono delimitati cartograficamente ma piuttosto sono indicati quali Comuni rientrano nei vari ambiti, pertanto può
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accadere che un Comune ricada contemporaneamente in uno, due o più ambiti di paesaggio7. L’Atlante si interessa di tutto il territorio regionale, così come stabilito dalla Convenzione Europea, e non fa distinzione tra paesaggi “eccezionali” e “ordinari”, così come non privilegia i caratteri e le relazioni naturali su quelli culturali, né, viceversa i caratteri e le relazioni culturali su quelle naturali poiché l’intento è quello “di registrare in un archivio ragionato quanto emerso”8, e pertanto individuare “l’articolata struttura paesaggistica del territorio”9. L’Atlante, sinteticamente, si presenta come uno strumento “divulgativo e descrittivo” del paesaggio toscano, costruito attraverso la capacità comunicativa della fotografia, che opportunamente integrata con descrizioni e specifiche, ha permesso di evidenziare i caratteri strutturali del paesaggio, secondo parametri identitari e ordinari, ma anche morfologici, idrografici, vegetazionali, di uso del suolo, insediativi e infrastrutturali, cogliendo anche i processi di trasformazione e/o alterazione in atto. La Carta dei Beni Culturali e Paesaggistici La carta dei Beni Culturali e Paesaggistici contiene la rilevazione e la georeferenziazione su Carta Tecnica Regionale del patrimonio immobiliare dichiarato di notevole interesse pubblico presente sul territorio, ai fini della conoscenza e tutela storico artistica archeologica e paesaggistica. Le Schede dei paesaggi ed individuazione degli obiettivi di qualità Il Piano paesaggistico, come abbiamo già detto, prende corpo attraverso l’implementazione dei contenuti paesaggistici del PIT e si muove secondo il seguente principio: il paesaggio toscano letto ed interpretato quale risorsa costituente, patrimonio
Materiali di approfondimento
collettivo di rilevanza universale, luogo della vita delle collettività locali, fattore di crescita civile, culturale ed economica. Muovendosi in questa direzione, il Piano ha permesso: la delimitazione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico e delle aree tutelate per legge con determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso; l’individuazione e la delimitazione delle aree gravemente compromesse o degradate e la determinazione degli interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica, con conseguente semplificazione di procedura per gli interventi coerenti con gli obiettivi di recupero e riqualificazione; l’approfondimento delle quaranta “Schede dei paesaggi con individuazione degli obiettivi di qualità” per i trentotto ambiti di paesaggio, già individuati dal PIT vigente; le prescrizioni per l’attuazione del Piano di Indirizzo Energetico Regionale. Le quaranta Schede dei paesaggi della Toscana riprendono i contenuti degli allegati documentali per la disciplina paesaggistica del PIT, al fine di specificare indirizzi e direttive per i valori paesaggistici riconosciuti. Le Schede sono così articolate: Inquadramento dell’ambito (amministrativo, nonché descrittivo delle principali caratteristiche del territorio); Sezione 1 - Riconoscimento dei caratteri strutturali (quadro conoscitivo), dove sono riproposti i caratteri strutturali identificativi
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dell’Atlante, rispetto a tre categorie: 1. Elementi costitutivi naturali; 2. Assetti agricoli e forestali; 3. Insediamenti e infrastrutture. Sezione 2 - Riconoscimento dei valori (quadro conoscitivo), dove si attribuiscono alle risorse territoriali valore paesaggistico secondo lo schema riportato nella tabella 1. Rispetto alle stesse categorie si riconoscono i beni e le aree dichiarate di notevole interesse pubblico (ex L. 1497).
Tabella 2. I valori della sezione 3 sono catalogati secondo questa Tabella che nell’ultima versione in realtà contiene una quarta colonna in cui si ritrova il soggetto attuatore dell’Azione espressa.
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Tabella 1. Tabella relativa al riconoscimento dei valori per i caratteri strutturali individuati nell’Ambito paesaggistico.
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Sezione 3 - Funzionamenti, dinamiche, obiettivi di qualità, azioni prioritarie (allegato alla disciplina). La sezione è così strutturata: 1. Interpretazione delle dinamiche territoriali che hanno ricadute sugli aspetti paesaggistici; 2. Definizione degli obiettivi di qualità riferiti ai valori riconosciuti dalla scheda o alle criticità evidenziate nell’interpretazione, e formulazione delle conseguenti azioni prioritarie; 3. Indirizzi, direttive, incentivi, prescrizioni e salvaguardie.
Sezione 4 - Immobili ed aree dichiarati di notevole interesse pubblico (allegato alla disciplina). La sezione è così strutturata: 1. Elementi identificativi contenenti i dati tecnici relativi all’area oggetto di notifica; 2. Identificazione dei rischi e dei valori e valutazione in riferimento alla loro permanenza; 3. Indirizzi/obiettivi di tutela e riqualificazione.
Contenuti, obiettivi, prospettive Il Piano Paesaggistico della Regione Toscana è parte integrante del PIT (Piano di Indirizzo Territoriale regolamentato dalla L.R. 1/05) e si presenta come uno strumento di governo del territorio che disciplina la normativa paesaggistica per tutto il territorio regionale.
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Il piano paesaggistico difatti “indica alle amministrazioni e ai cittadini quali tipi di azioni saranno possibili all'interno di un determinato sistema territoriale”10, e si pone come uno strumento urbanistico volto “a migliorare e qualificare il paesaggio”11. Qui il paesaggio “è considerato come un fattore di identità dei nostri territori, come ingrediente importante per la qualità della vita dei cittadini, e anche come leva significativa per la competitività dei territori e delle imprese. Per ciascuna di queste tre funzioni il piano si presenta come uno strumento aperto, non chiuso, che, attraverso i suoi processi dinamici, accompagna le politiche di settore e mira a diffondere una cultura diffusa del paesaggio. E proprio per la necessità di far corrispondere il piano a esigenze in continua e dinamica trasformazione, sono previsti un sistema di monitoraggio e un tavolo di confronto permanente tra regione, amministrazioni locali, organi decentrati del Ministero e studiosi e analisti del sistema. Questi organismi devono verificare la costante corrispondenza del piano ai suoi obiettivi di fondo”12. La Regione coerentemente al proprio approccio storico che vede la tutela paesaggistica non come un processo settoriale e passivo ma come azione attiva intimamente legata alle scelte urbanistiche e territoriali ha cercato di costruire sin da subito “un nesso inscindibile e funzionale tra piani e strumenti di governo del patrimonio territoriale e ambientale della comunità regionale, da un lato, e piani e programmi di sviluppo sul versante economico, sociale e culturale, dall’altro”13, ovvero di legare assieme scelte ambientali, culturali, economiche, paesaggistiche e territoriali. Mediante questa scelta politica nel PIT 2005 – 2010 il territorio diviene “patrimonio ambientale,
La pianificazione paesaggistica in Toscana
paesaggistico, economico e culturale della società toscana. Ma anche «veicolo» essenziale con cui la nostra comunità regionale partecipa alla comunità universale dell’umanità e si integra nei suoi destini”14. I “metaobiettivi”, contenuti nello “Statuto del Territorio” dello stesso PIT e che rappresentano le scelte imprescindibili nelle quali prenderà corpo la messa in opera del Piano stesso, diventano un apparato decisionale, costruito attorno al principio chiave del “contrasto alla rendita”: Integrare e qualificare la “città policentrica” Toscana; Sviluppare e consolidare la presenza “industriale” in Toscana Conservare il valore del patrimonio territoriale della Toscana. Lo Statuto del Territorio inoltre, con riferimento al Quadro conoscitivo, si dota di una propria agenda programmatica che pone in relazione funzionale stabile le proprie finalità e i propri obiettivi presenti con il PRS15. A questo scopo il PIT definisce quindi una serie di “sistemi funzionali” con i quali sintonizza il perseguimento dei propri metaobiettivi e dunque il proprio specifico disegno territoriale. Il titolo 2 della disciplina del PIT16 così individua direttive, prescrizioni e salvaguardie dello Statuto del territorio toscano, mentre le componenti del sistema territoriale, che connotano e rappresentano la struttura del territorio, sono invece individuate e argomentate dal Documento di Piano (ai paragrafi 6.1.2 e 6.1.3), mediante i lemmi «Universo urbano della Toscana»17 e «Universo rurale della Toscana»18. Le invarianti strutturali correlate ai suddetti sistemi territoriali sono identificate secondo la seguente formulazione sintetica (Articolo 3 – “I sistemi che
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definiscono la struttura del territorio toscano e le sue funzionalità”, comma 2): a) la «città policentrica toscana»; b) la «presenza industriale» in Toscana; c) il «patrimonio collinare» della Toscana; d) il «patrimonio costiero, insulare e marino» della Toscana; e) le infrastrutture di interesse unitario regionale; f) i paesaggi ed i beni paesaggistici della Toscana. I lemmi «Universo urbano della Toscana» e «Universo rurale della Toscana» sostituiscono le “Quattro Toscane” precedentemente formulate nel PIT 2000 – 2005. In questo contesto l’articolo 31 della disciplina introduce al tema paesaggio rimandando ai contenuti delle schede di ambito e conclude con gli articoli 34 bis – Prescrizioni a tutela del paesaggio in funzione del piano di indirizzo energetico regionale e 34 ter - Prescrizioni a tutela del paesaggio in relazione agli itinerari storico- culturali ad elevato attrattività turistica.
Riferimenti iconografici Tabelle 1 e 2. Regione Toscana. dalla presentazione del Piano paesaggistico regionale della Toscana, dicembre 2008.
Testo acquisito dalla redazione nel mese di aprile 2010 © Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la fonte. 1
Il presente articolo è stato redatto in data luglio 2009. Il Quadro Conoscitivo è oggi integrato da altri documenti quali: rapporto di valutazione del gennaio 2009 sul
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Materiali di approfondimento
potenziale eolico; l’atlante ricognitivo delle risorse archeologiche; la rappresentazione cartografica dei trentotto ambiti di paesaggio. 3 D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n.137, così come modificato dal D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 156 e D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 157, nonché dal D. Lgs. 26 marzo 2008, n. 62 e D. Lgs. 26 marzo 2008, n. 63: Art. 135, comma 2. I piani paesaggistici, con riferimento al territorio considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari, nonché le caratteristiche paesaggistiche, e ne delimitano i relativi ambiti. 4 In seguito diventati quaranta per la suddivisione in tre sottoambiti dell’Area Senese, nelle schede dei paesaggi. La scheda “39” riguarda gli insediamenti delle Quattro toscane. 5 Una prima articolazione del territorio è stata effettuata da Lando Bortolotti attraverso la storia del territorio e presentata nella relazione “I territori della Toscana” del Quadro conoscitivo. L’“Atlante ricognitivo dei caratteri strutturali dei paesaggi della Toscana”, invece, è stato elaborato dal gruppo di lavoro: Arch.tti Antonella Valentini (Coordinamento), Emanuela Morelli, Gabriele Paolinelli, Paola Venturi, in collaborazione con Regione Toscana, Dipartimento delle Politiche territoriali ed ambientali nel 2004. 6 ROBERTO ROSSI, GIOVANNI ARIBERTO MERENDI, ANDREA VINCI, I Sistemi di paesaggio della Toscana, Stampa Litografica della Giunta regionale Toscana, Firenze 1994. Qui i sistemi di paesaggi sono descritti attraverso unità geografiche fisiche. 7 Vedi la Carta della Rappresentazione schematica degli ambiti di paesaggio del Piano di indirizzo territoriale. Ad esempio il Comune di Orbetello ricade contemporaneamente negli ambiti n. 24 Costa Grossetana, 25 Le colline dell’Albegna, 26 Argentario. 8 GABRIELE PAOLINELLI, L’atlante fotografico del Paesaggio, in F. Canali, V. Galati, “La tutela del paesaggio toscano”, Bollettino della Società di Studi Fiorentini, 15, 2006, pag. 66. 9 Ibidem.
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http://www.regione.toscana.it/ambienteeterritorio/paesa ggio/index.html 11
http://www.regione.toscana.it/ambienteeterritorio/paesa ggio/index.html 12
http://www.regione.toscana.it/ambienteeterritorio/paesa ggio/index.html 13 PIT 2005 -2010, Documento di piano, Il PIT nei suoi contenuti essenziali, pag. 25 aggiornato al Marzo 2009. 14 PIT 2005 -2010, Documento di piano, Il PIT nei suoi contenuti essenziali, pag. 21 aggiornato al Marzo 2009. 15 Piano Regionale di Sviluppo 2005 – 2010, prima declinazione di Programma di governo, ovvero uno strumento di programmazione che raccoglie priorità ed investimenti per i successivi cinque anni, proposti dalla Giunta e sottoposti all’approvazione del Consiglio regionale. 16 Il documento di piano raccoglie gli indirizzi statutari e strategici che hanno valore di direttiva generale del PIT. 17 La densissima rete di città e centri abitati che, con diverso spessore, consistenza, grammatica costruttiva, sintassi e forma, marcano e contraddistinguono lo spazio regionale fino a disegnare un sistema organizzativo di natura policentrica di ineguagliabile valore storico, culturale ed economico nel contesto non solo europeo. 18 Quella varietà di campagne, dalla storia economica e sociale diversa ma anch’esse accomunate - tra territori collinari e territori di pianura - da un denso grado di “elaborazione” umana sul piano tecnico e paesaggistico.
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fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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Approfondimenti
La pianificazione paesaggistica in Sardegna
Landscape planning in Sardinia
Michele Ercolini con Emanuela Morelli *
Michele Ercolini con Emanuela Morelli *
abstract Il Piano Paesaggistico della Sardegna (PPR) è il primo Piano unitario dedicato al paesaggio regionale. Non solo, è questa la prima volta che un Piano comprende l’intero territorio in un unico processo di conoscenza, riprogettazione e gestione delle risorse strategiche della Sardegna. Inoltre, è una novità per l’approccio operativo alle trasformazioni urbanistiche.
abstract The Sardinia Landscape Plan (PPR) is the first unitary Plan concerning the regional landscape. This is also the first time that a Landscape Plan involves the whole regional territory in a single process of knowledge and management of strategic resources. Moreover, the PPR represents a new experience thanks to its innovative approach towards the urban development.
parole chiave Sardegna, PPR, Pianificazione urbanistica, Qualità del paesaggio, Osservatorio del Paesaggio.
key-words Sardinia, PPR, Urban planning, Landscape quality, Landscape Observatory.
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* Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio
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PPR: struttura ed impianto Non solo un Piano di vincoli Il Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna (PPR)1, il primo redatto in Italia in conformità col Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, può definirsi “non solo un Piano di vincoli, bensì di indirizzi”. È questo il concetto attorno al quale lo stesso è stato pensato e costruito, ovvero un moderno quadro normativo che guida e coordina la pianificazione, difende l’ambiente (partendo dalle coste), interpretando il paesaggio “quale intreccio tra natura e storia, tra luoghi e popoli”. In questo senso, il PPR - ha riconosciuto, anzitutto, le peculiarità del paesaggio sardo partendo da un meticoloso riordino delle conoscenze territoriali; - ha altresì rilevato come il paesaggio, bene complesso e fragile, principale risorsa della Sardegna, sia ancora oggi considerato un giacimento dal quale “estrarre” pezzi pregiati sradicandoli dal contesto, piuttosto che patrimonio da amministrare con saggezza e lungimiranza; - ha assolto, mantenendo invariata la cornice normativa della L.R. n. 45/89, l’importante compito di ristabilire un quadro di regole certe ed uniformi, eliminando qualsiasi ambito di arbitrio e di eccessiva discrezionalità; - infine, ha disciplinato, dentro questo nuovo e più chiaro quadro di regole e di prescrizioni, ventisette ambiti costieri, determinati attraverso una rigorosa analisi e sovrapposizione dell’insieme delle conoscenze scientifiche e territoriali. I tre elementi 1. Le città, anzitutto, obbligate a dotarsi di PUC secondo gli indirizzi generali sanciti dalla pianificazione sovraordinata. Resta compito del
La pianificazione paesaggistica in Sardegna
Comune elaborare, predisporre, integrare ed approvare tale strumento, mentre alla Regione rimane solo la verifica di coerenza. 2. L’agro: il PPR prescrive delle regole precise che nulla cambiano per quanto riguarda le attività agricole e zootecniche, rimandando il tutto alle Direttive per le zone agricole in vigore, ma ponendo dei limiti e dei vincoli ad un uso arbitrario e non coerente della campagna per finalità residenziali non connesse all’attività agricola. 3. Nelle ex zone F di insediamento turistico, di fatto superate con la nuova pianificazione paesaggistica, è attuabile la sola riqualificazione urbanistica. Ribadito che l’orientamento principale espresso dal Piano è la conservazione e valorizzazione dell’intero patrimonio costiero ancora intatto e che le infrastrutture turistico-ricettive dovranno insediarsi prioritariamente nei centri abitati, la riqualificazione urbanistica è attuata nel pieno rispetto di tutti i vincoli e valori riconosciuti negli studi degli assetti storico-culturali ed ambientali, sulla base delle volumetrie esistenti, per le quali le Norme prevedono un definito premio di cubatura in contropartita ad evidenti e significative compensazioni paesaggistiche. Le Linee Guida Le Linee Guida, premessa e compendio degli indirizzi politici del Piano paesaggistico, assumono la centralità del paesaggio della Sardegna come ispiratrice del processo di governance del territorio regionale, provinciale e locale, riferimento strategico per definire gli obiettivi, i metodi e i contenuti indirizzati verso una politica di sviluppo sostenibile. Le Linee Guida, altresì, pongono a fondamento dell’azione di governo un’“idea di Sardegna” fondata sull’identità del territorio, che si incarna nel suo paesaggio, inteso non più come
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oggetto di contemplazione, ma quale fondamento e misura stessa di un progetto possibile tra identità e costruzione del futuro. A fronte di ciò, il Piano Paesaggistico promuove un governo delle trasformazioni del territorio attraverso politiche di sistema, anziché interventi su singole aree o risorse, ricercando e assumendo principi di sviluppo fondati sulla sostenibilità, che perseguono: alta qualità ambientale, sociale, economica, come valori in sé, come indicatori di benessere; mantenimento e rafforzamento dell’identità della regione come sistema (la storia, la cultura, il paesaggio, le produzioni, eccetera) e della sua coesione sociale. Gli orientamenti strategici Il PPR fa riferimento a due orientamenti strategici: 1.- Identifica le grandi invarianti del paesaggio regionale, i luoghi sostanzialmente intatti dell’identità e della lunga durata, naturale e storica, i valori irrinunciabili e non negoziabili sui quali fondare il progetto di qualità del territorio della Sardegna; 2.- Mira a ricostruire e risanare i luoghi delle grandi e piccole trasformazioni in atto, recuperando il degrado che ne è conseguito, sia per abbandono che per sovra-utilizzo, attraverso una costruzione partecipata del progetto, in coerenza con quanto stabilito dalla Convenzione Europea del Paesaggio.
Lo strumento “Ambito di paesaggio” L’iter di costruzione Gli Ambiti di paesaggio rappresentano il dispositivo cardine del Piano Paesaggistico Regionale. L’iter di costruzione dell’Ambito è articolato su tre Sistemi: ambientale, storico-culturale, insediativo. Tre letture del territorio, o meglio, tre modi per
Approfondimenti
giungere all’individuazione degli elementi che ne compongono l’identità. Tre settori di analisi finalizzati alla definizione delle regole da porre perchè di ogni parte del territorio siano tutelati ed evidenziati i valori (e i disvalori), sotto il profilo di ciò che la natura (assetto ambientale), la sedimentazione della storia e della cultura (assetto storico-culturale), l’organizzazione territoriale costruita dall’uomo (assetto insediativo) hanno conferito al processo di costruzione del paesaggio.
Figura 1. PPR: Mappa degli Ambiti di Paesaggio.
Linea di delimitazione degli ambiti La “linea di delimitazione degli ambiti” non è interpretata quale confine, cesura, salto, discontinuità, anzi, all’opposto, è intesa in termini di “saldatura”, elemento di unione tra territori diversi, utile per il riconoscimento delle peculiarità e identità di un luogo, una storia, un ambiente, in rapporto al contesto. La Scheda d’ambito Ogni Ambito è supportato da una scheda in cui è riportato il Comune che vi rientra (totalmente o in parte), le Province coinvolte, i vincoli di Legge che vi ricadono, i dati riferiti alla popolazione, lavoro, abitazioni interessata dall’ambito, anche parzialmente. Ciascuna scheda è così articolata: - Individuazione cartografica dell’Ambito; - “Struttura” ed “elementi” dell’Ambito. Vengono descritti la struttura e gli elementi (suddivisi in “ambiente”, “rurale”, “storia”, “insediamento”) più significativi per la definizione ed individuazione spaziale dell’ambito, nonché elementi o caratteri descrittivi che ne rappresentano i limiti fisicamente riconoscibili. - Individuazione e valutazione delle relazioni fra ambiti verso la costa e verso l’interno. In particolare, sono sottolineati i processi di relazione ambientali, insediativi, economici, sociali che caratterizzano la dimensione ecosistemica dell’ambito. - Valutazione della struttura e degli elementi in termini di valori e criticità. Sono presi in considerazione i principali processi di sviluppo e scenari di crisi, in riferimento agli usi attuali del territorio e alle previsioni di trasformazione ed in relazione a momenti di sconnessione fra struttura ed elementi.
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- Attribuzione e definizione di indirizzi e direttive. La valutazione rispetto agli obiettivi di qualità paesistica degli ambiti di paesaggio conduce all’indicazione degli indirizzi, delle linee strategiche e degli strumenti, che emergono dalle potenzialità progettuali identificate in ciascun ambito. - Restituzione ideogrammatica degli obiettivi progettuali e cartografica della struttura e degli elementi interni all’Ambito. Da segnalare, in particolare, l’“Atlante cartografico” che riporta per ciascun ambito i beni individuali e d’insieme, la struttura ambientale e insediativa, gli elementi oggetto di indirizzo, schemi progettuali d’indirizzo, eventuali forme di gestione esistenti o di nuova individuazione.
Figura 2. PPR: Atlante degli Ambiti - Ambito 9 – “Golfo di Oristano”.
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La pianificazione paesaggistica in Sardegna
Obiettivi e prospettive
Figura 3. PPR: Indirizzi progettuali per l’Ambito 9 – “Golfo di Oristano”.
Figura 4. PPR - Ambito 9 – “Golfo di Oristano”.
Fattori, finalità, modelli L’estensione dell’area disciplinata (è il più grande Piano Paesaggistico mai redatto in Italia), il carattere controcorrente della filosofia di fondo che sostiene il Piano rispetto alla tendenza prevalente (corsa alla privatizzazione e dissipazione del territorio e delle sue risorse), la possibilità di verificare e applicare i nuovi orientamenti scientifici derivanti dalle direttive europee e le regole del Codice dei beni culturali e del paesaggio, tutti questi fattori evidenziano la “dimensione” del Piano Paesaggistico della Sardegna. Si tratta, in sostanza, di un processo di pianificazione con alla base una forte concezione “ecosistemica” che contraddistingue i contenuti e le finalità del Piano stesso, inserendosi pienamente nel rapporto uomonatura, ambiente-comunità. Il PPR, in questo senso, prende atto del carattere di “bassa densità” del paesaggio regionale, con il suo modello di habitat sostanzialmente accentrato, fatto di nuclei compatti che evitano qualsiasi dispersione suscettibile di configurare occupazioni diffuse del territorio. Tale “modello insediativo”, che minimizza il consumo del territorio, viene assunto come riferimento dal Piano (e dalla sua normativa), che infatti: favorisce la concentrazione delle future “addizioni” abitative e di servizi attorno e dentro lo spazio costruito esistente; tende così a rafforzare la dimensione e la solidarietà urbana scoraggiando o vietando la politica delle seconde case costiere o la dispersione della residenza nell’agro; a questo proposito, rafforza il concetto che nello spazio agrario ogni ulteriore presenza edificata deve essere fortemente motivata da esigenze aziendali e non da autonome esigenze abitative2.
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Prospettive di co-pianificazione Il PPR mira soprattutto ad incrementare la sua efficacia/ruolo nella pianificazione provinciale e comunale. Secondo l’ottica del Piano, infatti, la responsabilità della Regione deve saldarsi con quelle della Provincia e del Comune, promuovendo un’azione coordinata e concreta di tutti i livelli di rappresentanza dei cittadini. Non a caso, lo stesso Piano Paesaggistico, mentre recupera in pieno la capacità e le responsabilità della Regione rispetto al paesaggio regionale, come riferimento fondamentale di un nuovo modello di sviluppo della comunità della Sardegna, rilancia e potenzia un grande programma di riforma della pianificazione del quale sono destinati a diventare protagonisti proprio gli Enti locali. In altre parole, il Piano Paesaggistico - fornisce la cornice delle regole generali, - prende posizione netta sui valori fondamentali - definisce lo sfondo di conoscenza, che consente di individuare i beni e le risorse del territorio e del paesaggio. Tuttavia, quasi punto per punto questo processo deve essere ripercorso a livello locale, impegnando le istituzioni comunali e provinciali a co-pianificare, motivando, precisando, modificando il Piano sulla base della più puntuale conoscenza della scala locale e di una progettualità nel territorio. La prospettiva della co-pianificazione conferisce al Piano un carattere processuale e interattivo. In pratica, attraverso il Piano si attua una visione di livello regionale, integrata puntualmente da conoscenze e determinazioni locali. Il confronto con le visioni locali – quali quelle che, tipicamente, trovano espressione nella pianificazione urbanistica comunale – è di cruciale importanza. È evidente infatti che le previsioni e le prescrizioni del PPR, per la loro stessa natura, sono destinate ad esercitare
Approfondimenti
un “impatto” rilevante sulla pianificazione locale, sollecitando una profonda ristrutturazione dei PUC. Ecco perché l’apparato normativo del PPR è stato pensato e costruito, anzitutto, per “dialogare” con gli altri strumenti di pianificazione: da un lato, esso esprime indirizzi e direttive tali da responsabilizzare i soggetti istituzionali cui spetta di tradurle in disposizioni operative, limitando le prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti ai casi in cui spetti alla Regione presidiare risorse e valori indiscutibili (non adeguatamente tutelabili dagli altri soggetti istituzionali); e, dall’altro, le specificazioni e gli approfondimenti operati dagli Enti locali e dalle autorità di settore si ripercuotono sulle determinazioni del Piano stesso. Il lavoro svolto finora ha già prodotto un primo importante risultato, conducendo a sintesi in un tempo ridottissimo una mole imponente di conoscenze e dando loro un significato rilevante e coerente. Questo ne fa un riferimento imprescindibile per tutte le elaborazioni successive sui paesaggi regionali, in qualunque contesto vengano condotte. 3
L’“Osservatorio” : quadro operativo e metodologico Lo strumento metodologico riconducile all’Osservatorio, predisposto dall’Unità di Ricerca di Firenze4 con riferimento ai tre Scenari di studio indagati (i “paesaggi delle (altre) acque”; i “paesaggi dei margini urbani”; i “paesaggi delle infrastrutture”), è costruito su tre distinte fasi. Prima fase - Ragionare per Scenari. Definizione di criteri guida per la riscoperta, il recupero e la valorizzazione dell’identità paesistica nei singoli Scenari indagati (acque, margini urbani, strade).
Figura 5. Osservatorio della pianificazione urbanistica e qualità del paesaggio: Abaco di sintesi dei Sistemi Relazionali (Sistema Relazionale 5 Margine urbano/Fascia costiera; Sistema Relazionale 6 Fiume/Foce/Fascia costiera; Sistema Relazionale 7a Margine urbano/Area umida).
Seconda fase - Progettare per Sistemi di Relazioni. La seconda fase è strutturata attorno al seguente quesito: cosa accade se gli Scenari analizzati (acque, margini urbani, strade) entrano in relazione, o meglio iniziano a “dialogare”, sovrapponendosi, intrecciandosi o ignorandosi? La risposta ha richiesto l’elaborazione di due strumenti: l’“Abaco di sintesi dei sistemi relazionali” e la “Matrice metaprogettuale per la qualità paesistica dei sistemi relazionali”. L’“Abaco di sintesi dei Sistemi Relazionali” è articolato su tre tematismi chiave. Il primo contiene una schematizzazione grafica degli elementi che compongono il sistema relazionale (esempio: fiume/margine urbano; strada/area umida, eccetera). Nel secondo tematismo, il
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sistema viene “contestualizzato”, ovvero calato in uno specifico contesto territoriale. Il terzo tema è composto da due sottotemi: il primo (“Elementi del sistema relazionale”) descrive sinteticamente i singoli elementi che caratterizzano il sistema in oggetto; il secondo definisce, invece, le cosiddette “Dimensioni relazionali prevalenti” del sistema indagato: dimensione longitudinale, dimensione trasversale, dimensione areale. Per ogni dimensione è a sua volta specificata la natura relazionale, secondo le seguenti “categorie”: ecologico-connettiva; fruitivo-connettiva; funzionale/visivo-percettiva; funzionale-ricreativa; funzionale-educativa; funzionale-produttiva; storico-culturale5. La “Matrice metaprogettuale per la qualità paesistica” è organizzata su una scala di letturainterpretazione facente riferimento ai seguenti tematismi: “Rilevanza”, “Criticità”, “Opportunità/Opzioni strategiche”. La Matrice definisce, per ogni sistema relazionale riconosciuto, opzioni dotate di contenuto propositivo e strategico tenendo conto, anzitutto, dell’apparato di “Indirizzi” indicato dal PPR per ciascun ambito paesistico (“Rilevanza”). Questo permette di comprendere le regole di funzionamento del sistema, sia riconoscendo i fattori di rischio (“Criticità”), sia predisponendo idonee strategie d’intervento (“Opportunità/Opzioni strategiche”). Un sistema di scelte che si richiama ai criteri guida definiti per ciascun scenario nella prima fase, ai principi chiave elaborati dal PPR, così come ad altre iniziative di significativo interesse per il contesto indagato (esempio progetti Interreg, eccetera)6. Terza fase - Applicare/Sperimentare. La terza ed ultima fase ha previsto la selezione di un’area campione (compresa all’interno di un “Ambito di
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paesaggio” definito dal Piano Paesaggistico Regionale7), di significativa rilevanza per le tematiche affrontate (acque, margini urbani, infrastrutture), su cui si è sperimentato l’apparato conoscitivo-metodologico proposto.
Figura 6. Osservatorio della pianificazione urbanistica e qualità del paesaggio: Matrice metaprogettuale per la qualità paesistica (Sistema Relazionale 5 - Margine urbano/Fascia costiera – Torre Grande/Golfo di Oristano).
Riferimenti bibliografici Da sito web Regione Sardegna http://www.sardegnaterritorio.it/pianificazione/pianopaes aggistico/: Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione I, Relazione introduttiva, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione I, Relazione comitato scientifico, Cagliari 2006.
La pianificazione paesaggistica in Sardegna
Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione I, Relazione tecnica, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione II, Componenti di paesaggio con valenza ambientale – Schede, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Sezione II, Componenti di paesaggio e sistemi con valenza storico culturale – Schede, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale Allegati, Il paesaggio culturale della Sardegna, Cagliari 2006. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale, Indirizzi applicativi del piano paesaggistico regionale, Cagliari 2007. Regione Sardegna, Il Piano Paesaggistico Regionale, Norme Tecniche di Attuazione, Cagliari 2006. CALLEDDA GIOVANNI, PODDIE LOREDANA, L’adeguamento del Piano urbanistico comunale di Sinnai al Piano paesaggistico regionale della Sardegna: riflessioni metodologiche e casi di studio, Tesi di Laurea, relatore Corrado Zoppi, 2007, Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari (per gentile concessione). COSTA GIORGIO, Il limite del territorio costiero nel piano paesaggistico della Sardegna, in “Ri-Vista - Ricerche per la progettazione del paesaggio”, Volume 6 – lugliodicembre 2006, Università degli Studi di Firenze, Firenze University Press, Firenze 2007. ERCOLINI MICHELE, CAMPUS ENRICA (a cura di), Osservatorio della Pianificazione Urbanistica e Qualità del PaesaggioReport 2006-2008, Regione Autonoma della Sardegna Università degli Studi di Firenze, 2010 (in pubblicazione). ERCOLINI MICHELE, Cultura dell’acqua e progettazione paesistica, Gangemi Ed., Roma 2010. FERRARA GUIDO, RIZZO GIULIO G., ZOPPI MARIELLA (a cura di), Paesaggio. Didattica, ricerche e progetti, Firenze University Press, Firenze 2007. PUNGETTI GLORIA, Paesaggio in Sardegna: storia caratteri politiche, CUEC, Cagliari 1996.
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Riferimenti iconografici Figure 1-4: Da sito web Regione Sardegna http://www.sardegnaterritorio.it/pianificazione/pianopaes aggistico/ Figure 5, 6: ERCOLINI MICHELE, CAMPUS ENRICA (a cura di), Osservatorio della Pianificazione Urbanistica e Qualità del Paesaggio-Report 2006-2008, Regione Autonoma della Sardegna - Università degli Studi di Firenze, 2010 (in pubblicazione).
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La procedura di definizione, adozione e approvazione del PPR è definita dalla Legge regionale n. 8 del 25 novembre 2004, che introduce le “Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale”. Tale legge prevede che il PPR possa essere proposto, adottato e approvato per ambiti territoriali omogenei. La Giunta Regionale ha approvato, con delibera n. 36/7 del 05/09/2006, il Piano Paesaggistico Regionale - Primo Ambito Omogeneo. 2 Lo spazio agrario è individuato come riferimento fondamentale della ricostruzione paesaggistica della Sardegna e, contemporaneamente, come area a rischio entro cui i processi di crisi stanno assumendo rapidità e peso crescente. In ragion di ciò, il Piano ribadisce in più punti l’esclusiva competenza delle attività produttive specifiche dello spazio rurale - e dei soggetti che ne sono protagonisti a pieno titolo - ad occuparlo con azioni di manutenzione e trasformazione agraria. Questo non significa che quella porzione di spazio agricolo che circonda quasi sempre i nuclei abitati non possa essere oggetto anche di trasformazioni connesse all’uso
Approfondimenti
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abitativo, produttivo e per servizi dei paesi e delle città. Un opportuno meccanismo normativo consente infatti, previa rigorosa dimostrazione dei fabbisogni, la possibilità di utilizzare il comparto agro-forestale (e in determinati contesti anche quello semi-naturale) per circoscritte espansioni urbane: ma viene chiaramente precisato che ciò deve avvenire in stretta aderenza e relazione con il costruito, mentre è impedita l’occupazione dei suoli agrari per isole autosufficienti. 3 Deliberazione della Giunta Regionale n. 50/22 del 5.12.2006: “La Giunta regionale, […] delibera di istituire, presso la Direzione Generale della Pianificazione Urbanistica Territoriale e Vigilanza Edilizia, l’Osservatorio della pianificazione urbanistica e qualità del paesaggio […] mediante la stipula di apposite Convenzioni con le Università […] e con gli ordini e i collegi professionali interessati, che prevedano l’acquisizione di collaborazioni di alta qualificazione a livello internazionale e nazionale nei campi dell’architettura, della pianificazione territoriale paesaggistica”. 4 Università degli Studi di Firenze - Facoltà di Architettura - Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio. Responsabile scientifico: prof. Giulio G. Rizzo. Gruppo di ricerca: dott. arch. Michele Ercolini (Coordinamento), dott. arch. Enrica Campus, dott. arch. Emanuela Morelli, dott. arch. Antonella Valentini. 5 Può accadere che per uno stesso sistema relazionale si presentino più casi. Analizzare, ad esempio, un margine urbano di matrice industriale in rapporto ad un’area umida è cosa ben diversa da studiare la medesima tipologia relazionale (margine urbano/area umida) nel caso in cui l’area umida sia a confronto con un tessuto urbano di matrice storica o, ancora, con un’espansione recente. 6 Naturalmente, gli indirizzi di intervento proposti non costituiscono l’unica soluzione possibile, ma solo un’indicazione di metodo tendente al raggiungimento di una qualità paesaggistica diffusa dell’intero sistema. 7 L’area campione prescelta è compresa all’interno dell’Ambito di paesaggio n. 9 - “Golfo di Oristano”.
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Fare paesaggio. Dove vanno le regioni
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