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Design Prossimo Marco Marseglia

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Alma Eterea

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Design prossimo

Marco Marseglia

Dipartimento di Architteura Università degli stud di Firenze

Il design, disciplina che per natura lavora sull’innovazione, è spesso in grado di o!rire, attraverso dei concept, una visione su ciò che il futuro potrebbe essere. Questa considerazione è ra!orzata dal fatto che il presente testo riguarda delle tesi di laurea dove dei giovani designer, che in linea teorica progettano il loro futuro, propongono scenari prossimi relativi all’ampia questione della sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale, culturale e di responsabilità nei confronti del mondo che sarà. Il design è una disciplina progettuale che opera nel complesso mondo delle azioni umane (Buchanan, 2004) con l’obiettivo di trasformare una situazione esistente in una desiderabile e migliore (Simon H. A., 1988, p. 55). Partendo da questa definizione generica di design, che pone le basi disciplinari del fare progettuale, è giusto chiedersi quali siano oggi le responsabilità delle discipline del progetto di fronte ad un contesto in forte mutazione dal punto di vista economico, politico, sociale e tecnologico e non da ultimo, di fronte all’annoso dibattito sulla sostenibilità che, oggi più che mai, nell’era antropozoica, necessita di attenzione. Progettare è dunque, o almeno dovrebbe essere, un processo di cambiamento che trasforma il presente in un futuro migliore. Il nodo cruciale di questo processo, come sostiene Findeli (2018, p.105), risiede nel significato di “futuro migliore”. Chi è che decide la migliore condizione futura da progettare? In termini di sostenibilità molti autori (Lofthouse, 2004 e 2006) (Thackara, 2005) (Vezzoli, Manzini, 2007) sono concordi sul fatto che la maggior parte dell’impatto ambientale del progetto si determina nelle primissime fasi di progettazione. Se prendiamo come riferimento le più importanti teorie relative al flusso di progetto, come ad esempio il concetto di “macrostruttura” di Bonsiepe (1993), il “Problema-Soluzione” di Munari (1996) o il “Double Diamond” del Design Council (2005), tutte queste nelle primissime fasi di progetto fanno riferimento ad un’analisi e ad una strutturazione del problema progettuale per poi passare alla fase di azione creativa-progettuale. Questo passaggio dal pensiero all’azione, come evidenziato da Panetti (2017), è spesso frutto di una nostra modalità di pensiero che continua automaticamente a far riferimento al passato per riproporre qualcosa di leggermente diverso nel futuro. Panetti, con riferimento alla Theory U proposta da Otto Scharmer del MIT di Boston, sostiene che per generare innovazione profonda è necessario smettere di fare il downloading dal passato. Secondo l’autore: “Rischiamo di passare gran parte della nostra vita in questo stato: il downloading [...] È come cercare il tesoro andando a scavare sempre nella stessa porzione di terreno” (Panetti, 2017, p.24).

Bibliografia

Bonsiepe G., 1993, Teoria e pratica del disegno industriale. Elementi per una manualistica critica, Feltrinelli Editore, Milano, prima edizione fuori collana - prima edizione in sc/10 anno 1975. Buchanan R., 2004, “Design as inquiry: The Common, Future and Current Ground of Design“, in Futureground, atti del convegno (Melburne 17-21 novembre 2004). De Bono E. ,2016, I ed. 1970, Creatività e Pensiero Laterale, Rizzoli Libri/BUR Rizzoli (2016), Venezia, traduzione di Francesco Brunelli – titolo originale: Lateral Thinking. A Textbook of Creativity (1970), Mica Management Resources (UK) inc. Design Council, 2005, «A study of the design process», (pp. tot. 144) documento consultabile al link: http://www. designcouncil.org.uk/sites/default/ files/asset/ document/ElevenLessons_ Design_Council%20(2).pdf. Di Lucchio L., Giambattista A., 2018, Design & Challenges. Riflessioni sulle sfide contemporanee del Design, LISt Lab, Barcelona. Findeli A., 2018, «The Metamorphosis of the Designer: A Prerequisite to Social Transformation by Design», DOI: 10.14361/9783839443323-011, in: Un / Certain Futures – Rollen des Designs in gesellschaftlichen Transformations prozessen, pp.103-114. Flusser V., 2003, Filosofia del Design, Mondadori, Milano - prima edizione 2001 by Edith Flusser, New York. Lofthouse V., 2004, “Investigation into the role of core industrial designers in ecodesign projects“, Loughborough University, «Elsevier Design Studies» n.25 (pp. 215–227). Lofthouse V., 2006, “Ecodesign tools for designers - defining the requirements“, Loughborough University, «Journal of Cleaner Production», 14(15-16) (pp. 1386- 1395). La teoria proposta da Scharmer si basa essenzialmente su tre fasi che possono permetterci di generare innovazioni profonde: sensing (percepire), presencing (volontà), realizing (azione). Secondo questa teoria le innovazioni radicali e profonde si generano facendo leva su questi tre aspetti. Il primo riguarda la percezione dove è necessario ‘aprire la mente’ e attivare le capacità di pensiero laterale (De Bono, 1970) al fine di definire e vedere il problema da diversi punti di vista. Il secondo riguarda la volontà, ovvero la condizione interiore che definisce chi siamo attualmente e quale potrebbe essere il nostro futuro; questa è la componente più importante di questa teoria che include in un processo di innovazione gli aspetti profondi dell’essere umano come il pensiero, l’intenzione ed il sentimento. Il terzo passo è l’azione ovvero la concretizzazione dell’idea. Findeli (2018) fa notare, sovrapponendo la Theory U con il Double Diamond, che la di!erenza principale è che il modello proposto dal Design Council, che è anche quello più utilizzato a livello mondiale dalle scuole di design a livello didattico, sembra comprendere soltanto le componenti cognitive mentre la Theory U “discloses a certain human depth by di!erentiating three anthropological/ experiential dimensions corresponding to the three main faculties of the human psyche, respectively thinking (the cognitive), feeling (the af- fective), willing (the conative)” (Findeli, 2018, p.109). Questo è esattamente ciò che costituisce la principale di!erenza tra i due modelli. Non ci sono dubbi che, seppur in modo sfumato, l’attuale metodo formativo in design fa riferimento al modello di produzione industriale, ma possiamo dire che tale modello è in trasformazione e i suoi attori non fanno più parte di un’organizzazione sociale tradizionale. Il vecchio modello determinato dal rapporto profitto-consumo e o!erta-domanda, dove un tempo si collocava il design, non appare più come univoco e di conseguenza, come evidenzia Di Lucchio (2018, p. 6), anche i progettisti si trovano ad a!rontare i problemi complessi della contemporaneità con strumenti concettuali e metodologie sempre meno adeguate. L’autrice in questa turbolenta trasformazione individua soprattutto due punti fondamentali che il design dovrà tenere come riferimento. Il primo riguarda il ruolo del progettista che non è più l’unico autore del progetto ma spesso una figura che lavora in gruppi progettuali ampi a favore delle ‘persone’ e non più dei ‘consumatori’. Il secondo aspetto riguarda il passaggio dal problem solving al problem finding. In questo contesto quindi il pragmatismo del passato lascia spazio a pensieri progettuali di tipo idealistico e abduttivo relativi ai possibili scenari futuri. “A predictive scenario is based on what could happen. Its methodologies involve gathering data and organizing it into patterns that make reflection on future possibilities more plausible. Creators of predictive scenario recognize that the events or activities they study are too complex to control by fiat. In contrast, prescriptive scenarios embody strongly articulated visions of what should happen. Data plays a subordinate role in the argument for a specific course of action. Predictive scenarios tend to be pragmatic, while prescriptive ones are idealistic” (Margolin in Di Lucchio et.al.,2018 p.7). Panetti (2017, p. 160), con riferimento alla Theory U sopra accennata, sostiene che qualsiasi processo di cambiamento deve far fronte a tre domande: “cosa siamo”, “cosa potremmo essere”, “cosa dovremmo essere”.

Margolin V., 2007, “Design, the Future and the Human Spirit“, «Design Issues», 23(3), pp. 4-15. Munari B., 1996, Da cosa nasce cosa, dodicesima edizione (2008) Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari. Panetti R., 2017, Theory U, Learning Organization e Design Thinking. Strategie, strumenti e tecniche per l’innovazione profonda, FrancoAngeli, Milano. Sanders E. B.-N., Stappers P. J. 2008, “Co-creation and the new landscapes of design“, «Co-design International Journal of CoCreation in Design and the Arts», 4:1 (pp.5-18). Simon H. A. 1988, Le scienze dell’artificiale, il Mulino, Bologna (titolo originale: The Sciences of the Artificial, Cambridge, MIT Press, 1968). Thackara J., 2005, In the bubble. Designing in a complex world, Cambridge (Mass.), London (trad. italiana In the bubble. Design per un futuro sostenibile, Torino 2008). Vezzoli C., Manzini E., 2007, Design per la Sostenibilità Ambientale, Zanichelli, Bologna. Troppo spesso, con riferimento ai modelli del passato, sono stati a!rontati i problemi progettuali saltando direttamente dal “cosa siamo” al “cosa dovremmo essere” proprio per far fronte alla contingenza ed alle necessità del vecchio modello di produzione e consumo. Per Margolin, progettare (nel presente) richiede una visione di ciò che il futuro potrebbe e dovrebbe essere. Secondo Di Lucchio (2018, p. 7) il termine “potrebbe” mette in gioco il condizionale e il “dovrebbe” il prescrittivo. “Margolin a!erma quindi che il design, progettando il futuro, non deve lavorare solo sulla contingenza delle scelte umane, ma deve guidarle, dare loro una possibilità. Il design contemporaneo quindi, più che altro, lavora con un’idea di possibilità, ne fa uno strumento del mestiere” (Di Lucchio et. al., 2018 p. 7). Secondo queste considerazioni l’idea di possibilità futura per un progetto risiede appunto nelle prime fasi del flusso progettuale dove, come sostiene Sanders, spesso si definisce anche quello che non deve essere progettato (Sanders E.B.N, 2008, p.7). In questo senso prende valore il concetto di ‘volontà’ proposto dalla Theory U dove quello che è necessario fare è una trasformazione del nostro pensiero, del nostro “io”, del nostro essere progetti- sti e quindi, nel bene e nel male, essere persone che propongono degli scenari futuri. Secondo la Theory U dopo una profonda fase di osservazione dobbiamo so!ermarci e riflettere su di noi, sul nostro ruolo, al fine di far emergere, nel modo più autentico, il futuro. Nelle tesi presentate in questo testo, sembrano emergere degli scenari futuri. Proprio perché lo studente, nella fase della tesi, privo da condizionamenti di mercato e aziendali, riesce in qualche modo a cogliere i segnali che la società esprime ed esplicitarli in progetto. “Ma questi segnali non sono mai evidenti, potenti e ben definiti: si tratta di comportamenti, attitudini, prodotti e servizi dell’oggi che annunciano il futuro in forma “debole” (Di Lucchio et al., p. 7)”. Secondo l’autrice il concetto di ‘debole’ non ha un significato riduttivo: “ma evoca la nozione di prime avvisaglie di fenomeni che potrebbero diventare importanti in futuro. E dunque al design spetta il compito di lavorare proprio con questi ‘segnali deboli’ che vanno riconosciuti, focalizzati ed espansi”(idem). Un tema sicuramente debole e di!uso è quello dello Zero Waste in cucina, presentato nella tesi di Alessio Tanzini e Valentina Zamorano. Pensiamo a quanto spreco di cibo e a quanta energia consumiamo per nutrirci. La tesi presentata mira a far ristabilire alle persone un rapporto più corretto con gli sprechi in cucina proponendo una collezione di prodotti, a cavallo tra bassa e alta tecnologia, recuperando in parte conoscenze tradizionali legate alla conservazione dei cibi. Il progetto Endèmica proposto da Francesco Cantini riguarda il rapporto uomo-natura con una ricerca che indaga le potenzialità delle biomasse e delle resine naturali estratte dalle specie endemiche delle coste mediterranee muovendo dall’assunto che la sostenibilità è in prima istanza un fatto locale. La tesi presenta una sperimentazione sui materiali (material tinkering) e un’applicazione pratica su alcuni prodotti d’arredo.

Nella tesi presentata da Elisa Matteucci il tema è invece quello del recupero e riuso delle lane rustiche sul concetto di ‘scarto’ come potenzialità di progetto. L’output della ricerca è un abaco-campionario di soluzioni tessili applicabili nel settore arredo e complemento. La tesi presentata da Roberto Rubrigi e Daniele Funosi indaga invece le potenzialità dei materiali di scarto dell’industria tessile in un’ottica di economia circolare con l’obiettivo di elaborare nuovi sistemi produttivi necessari per la creazione di filiere maggiormente sostenibili rispetto a quelle attuali. Nella ricerca presentata da Marika Costa il design prende in prestito le ricerche svolte da numerosi studiosi (biologi, botanici) realizzando un oggetto, grazie alle recenti tecnologie definite “abilitanti”, che mette in comunicazione il mondo delle piante con gli esseri umani nel tentativo di promuovere la comprensione interspecie. La ricerca di Letizia Capaccio indaga le opportunità che possono nascere progettando con un pensiero di tipo sistemico in ottica di economia circolare. La tesi propone un nuovo materiale composto da scarti in marmo e cemento che valorizza l’attuale gestione dei rifiuti lapidei mutando una “risorsa negativa” in materia prima seconda. In queste tesi mi sembra di cogliere alcuni aspetti del prossimo futuro che possono essere così riassunti e ulteriormente sviluppati: prodotti ibridi tra alta e bassa tecnologia, recupero di conoscenze tradizionali, miglioramento del rapporto con le nostre azioni quotidiane (stili di vita), ristabilire il rapporto con la natura, pensare la produzione in modo circolare, senza rifiuti e valorizzando lo scarto. Nelle tesi presentate in questo testo sembrano emergere intenzioni e sentimenti verso un futuro molto diverso rispetto alla condizione attuale e i progetti, seppur in forma debole, annunciano un “design prossimo” caratterizzato da un approccio problem finding. Design, nelle sue mille accezioni, come fa notare Flusser (2003, p. 1), significa anche ‘intenzione’. Intenzione che, nel caso degli scenari futuri, deve comprendere gli aspetti profondi dell’essere umano, il pensiero ed il sentimento per un futuro prossimo migliore.

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