Dieci progetti per la qualità abitativa | Maria De Santis (a cura di)

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Dieci progetti per la qualità abitativa a cura di

Maria De Santis

Concorso di idee per l’edilizia sociale nel post-pandemia



Dieci progetti per la qualità abitativa a cura di

Maria De Santis

Concorso di idee per l’edilizia sociale nel post-pandemia


Il libro rappresenta uno studio sulla qualità dell’abitare sociale sintesi degli esiti del concorso di idee “La qualità abitativa nel post pandemia”, promosso dalla Regione Toscana attraverso il Fondo Housing Toscano, gestito da InvestiRE Sgr e partecipato, tra gli altri, dal Fondo Investimenti per l’Abitare, gestito da CDP Immobiliare SGR, dalla Regione Toscana, dalle Fondazioni CR Firenze, Cassa di Risparmio di Prato, Cassa di Risparmio di Pistoia e Cassa di Risparmio di Livorno in attuazione di un protocollo d’intesa mirato proprio alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale di tipo sperimentale. Il libro è stato finanziato con il contributo del Fondo Housing Toscano gestito da InvestiRE Sgr con il coordinamento di Abitare Toscana, gestore sociale del fondo medesimo. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale.

in copertina Edilizia sociale, elaborazione grafica crediti: takadahiroto/123RF; Freepik.com.

Si ringraziano gli studi di progettazione per la preziosa collaborazione e per aver fornito le immagini e i testi a corredo dei progetti.

progetto grafico

didacommunication lab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Federica Giulivo

didapress

Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2022 ISBN 978-88-3338-169-5

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


Sommario

Prefazione Serena Spinelli

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InvestiRE SGR e il modello toscano: una riflessione sul futuro dell’abitare Paolo Boleso

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Il ruolo della Fondazione CR Firenze verso un abitare sostenibile Luigi Salvadori

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Il Gestore Sociale: multidisciplinearità, integrazione, partecipazione e sostenibilità Stefano Tossani

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RIFLESSIONI SULL’ABITARE DOPO IL COVID-19

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Nuovi scenari per l’abitare Maria De Santis L’abitare e il Terzo Settore: l’esperienza “Fai la casa giusta” Tancredi Attinà Disagio abitativo post COVID-19 Barbara Da Rin, Marco Marcatili Le sette parole chiave della qualità abitativa nel post pandemia Sociolab Società Cooperativa e Impresa Sociale

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I DIECI PROGETTI DEL CONCORSO

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I dieci progetti del concorso Maria De Santis

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1° classificato ROSSI PRODI Associati s.r.l.

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2° classificato RES ARCHITETTURE

50

3° classificato ITER

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Altri partecipanti Architectural Research Workshop

78

DAP Studio

88

Studio tecnico Edilprogetti + MDU architetti

96

EPSUS MUSA s.r.l.

106

Studio Pession Associato

116

S.IN.TER.

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TASCA Studio architetti associati

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Prefazione Serena Spinelli

Assessora alle Politiche sociali, all’edilizia residenziale pubblica e alla cooperazione internazionale della Regione Toscana

L’emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19, nella quale ancor oggi ci troviamo a vivere, ha imposto la necessità di una riflessione di ampio respiro sul modo di abitare e vivere le nostre città, “imponendo” l’esigenza di ripensare, in particolare, temi qiali la casa la tutela della salute, in chiave di diritti universali. La Regione Toscana, anche cogliendo il dibattito sollevato in proposito a livello nazionale, si è fatta promotrice della ricerca e sperimentazione di un modello abitativo che tenga conto delle criticità riscontrate nell’attuale sistema urbanistico- edilizio, promuovendo la sperimentazione di interventi di housing sociale volti a configurare assetti abitativi innovativi in grado di rispondere concretamente ai bisogni delle persone. La questione è stata approcciata, tra l’altro, con un importante e specifico provvedimento normativo e finaziario: la legge regionale n. 78/2020 “Disposizioni per la realizzazione di interventi di tipo sperimentale in materia di alloggi sociali a seguito dell’emergenza COVID-19”. In continuità con la positiva esperienza relativa a quanto realizzato in Toscana dal 2014 da parte del Fondo Housing Toscana, gestito da InvestiRe S.g.r. s.p.a., che ad oggi gestisce oltre 700 alloggi realizzati e oltre 400 in corso di realizzazione con canoni di locazione controllati, Regione Toscana ha deciso di sottoscrivere ulteriori quote del Fondo, di cui era già partner, per 2 Milioni di Euro, finalizzate alla realizzazione di interventi sperimentali in materia di alloggi sociali, a seguito delle evidenze problematiche generate dall’emergenza COVID-19.

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La possibilità per tutte e tutti di poter accedere ad alloggi di qualità, la diffusione di sistemi abitativi con standard elevati, migliorando al contempo la coesione sociale e la qualità della vita, l’esigenza di realizzare non solo case, ma comunità che abbattano l’isolamento e l’atomizzazione delle relazioni, rappresentano un’urgenza a cui dare risposta. Gli alloggi di housing sociali e le loro comunità, rinnovati da questa concezione che spinge al raggiungimento di un’alta qualità dell’abitare per tutte e tutti, possono diventare spazi fisici e virtuali capaci di catalizzare risorse, informazioni, attività, servizi utili all’intero quartiere e per le città di ogni dimensione. A seguito dello svolgimento del concorso di idee, diretta conseguenza della l.r. 78/2020 e del Protocollo di Intesa sottoscritto tra Regione Toscana e Investire s.G.R. s.p.a., finalizzato ad individuare le soluzioni tecnico - architettoniche innovative volte a materializzare il concetto qualità dell’abitare, sono stati selezionati 10 progetti, provenienti da ogni parte di Italia. L’interesse e l’alto livello delle progettualità rappresentano un patrimonio di conoscenza, innovazione e sperimentazione che può servire da catalizzatore per un ripensamento generale dell’abitare “bene”, non solo del vivere in spazi fisici adeguati. La prossima realizzazione degli interventi selezionati sarà un primo piccolo, ma decisivo passo verso il superamento dell’equivalenza minor costo/bassa qualità


InvestiRE SGR e il modello toscano: una riflessione sul futuro dell’abitare Paolo Boleso

Head of Residential and Social Infrastructure di InvestiRE SGR

InvestiRE Sgr si è resa protagonista negli ultimi dieci anni nel panorama nazionale – attraverso la gestione dei fondi immobiliari etici dedicati al social housing partecipati dal Fondo Investimenti per l’Abitare gestito da CDP Immobiliare SGR – nella creazione di valore sociale attraverso la rigenerazione urbana. La collaborazione con gli stakeholder pubblici e privati territoriali, tra cui il consolidato partenariato con il mondo delle fondazioni di origine bancaria, ha permesso ad InvestiRE di specializzarsi nella riqualificazione di asset dismessi e degradati nei centri cittadini, contribuendo alla rigenerazione non solo urbana, ma anche sociale con l’attivazione di nuove comunità vive e dinamiche. Ad oggi InvestiRE è il principale operatore nazionale nell’ambito dell’abitare sociale, settore nel quale gestisce masse per oltre un miliardo. Fra i fondi gestiti dalla SGR vi è anche il Fondo Housing Toscano – FHT – attraverso il quale la Regione Toscana ha promosso un concorso di idee volto a stimolare la ricerca di nuovi modelli abitativi “post pandemia”, che tengano conto delle criticità riscontrate nell’attuale sistema urbanistico-edilizio, promuovendo interventi di housing sociale volti a configurare nuovi assetti abitativi, in grado di rispondere concretamente alle esigenze della società attuale. L’esperienza del Fondo, che costituisce un vero e proprio modello toscano nell’ambito dell’abitare sociale, fa parte del più ampio piano nazionale di gestione di fondi di investimento immobiliari finalizzati alla promozione del social housing in Italia in partnership con Cassa Depositi e Prestiti e gli stakeholder locali. In Toscana, entro fine 2022, saranno disponibili tramite il Fondo oltre 1.200 appartamenti in social housing principalmente destinati alla locazione convenzionata. L’occupancy degli alloggi superiore al 95% conferma la bontà del modello di housing sociale promossa dal Fondo, grazie al mix tra qualità degli alloggi, gestione sociale, sostenibilità energetica ed affitti accessibili e, al contempo, la sostenibilità di tale tipo di investimenti. Grazie alla gestione virtuosa degli investimenti e all’expertise di un soggetto specializzato quale InvestiRE SGR, si rende possibile la realizzazione di alloggi di qualità e ad alta efficienza energetica destinati invia prevalente alla locazione a canoni calmierati ovvero alla vendita a prezzi convenzionati.

Elemento centrale per il successo dei progetti di rigenerazione urbana resta comunque la virtuosa collaborazione fra soggetti pubblici e privati: questa tipologia di partenariato permette infatti di progettare iniziative costruite ad hoc sulle esigenze del territorio, a fronte di un attento studio dei bisogni della comunità. Questa tipologia di interventi permette dunque di operare in molti casi come volano di rigenerazione urbana e sociale, integrando gli aspetti classici della finanza immobiliare sostenibile – il cosiddetto modello ESG – all’interno di uno specifico tessuto urbano. Le iniziative consentono così di riqualificare anche l’ambito territoriale e sociale circostante al singolo quartiere oggetto di intervento, agendo da moltiplicatore dei benefici per la comunità. A fronte di queste evidenze, inserendosi nel solco delle riflessioni sul tema “casa” stimolate dalla situazione pandemica, il concorso ha permesso di offrire nuove suggestioni sia nella dimensione dell’infrastruttura sociale che per gli aspetti relativi alla sostenibilità degli spostamenti e alla possibilità di ripensare i centri urbani in ottica policentrica, secondo il modello della Città dei 15 minuti. Grazie agli stimoli sollevati dal dibattito nazionale, gli studi coinvolti nel concorso hanno sintetizzato dieci interessanti suggestioni dell’abitare polivalente del domani. I partecipanti al concorso hanno affrontato, in maniera coordinata ed integrata, tematiche quali l’innovazione tecnologica e tipologica, valorizzando parametri quali accessibilità e flessibilità degli spazi, oltre a nuove modalità di erogazione dei servizi alla residenza, ma soprattutto la connessione con lo spazio urbano e la valorizzazione delle interrelazioni con l’ambiente esterno, introducendo formule di servizi collaborativi per favorire la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini. Prezioso anche l’apporto del Terzo Settore che ha contributo alla soluzione proposta esplicitando anche la capacità di apportare valore aggiunto in fase gestionale. I progetti sono stati esposti a fine 2021 nella sala delle Colonne della sede di Fondazione CR Firenze all’interno di una mostra dal titolo “La Qualità Abitativa nel post pandemia”.

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Il ruolo della Fondazione CR Firenze verso un abitare sostenibile Luigi Salvadori

Presidente Fondazione CR Firenze

È quanto mai opportuna una pubblicazione che aiuti a riflettere sui nuovi modelli di abitazione e soprattutto su quelli destinati ad una particolare fascia di utenza sociale. Ringraziamo dunque il Dipartimento Dida dell’Università di Firenze per averla curata dopo l’unanime apprezzamento che ha avuto la mostra ‘La qualità abitativa nel post pandemia’ ospitata nella sede della Fondazione CR Firenze e promossa dalla Regione Toscana attraverso il Fondo Housing Toscano, gestito da InvestiRE Sgr (Gruppo Banca Finnat), e partecipato, tra gli altri, dal Fondo Investimenti per l’Abitare gestito da CDP Immobiliare SGR e da Fondazione CR Firenze. Credo che, mai come in questo momento, sentiamo tutti in maniera molto decisa l’esigenza di ripensare agli spazi in cui viviamo non soltanto nella loro funzionalità progettuale, ma anche e soprattutto come parte di un tessuto sociale attivo. Fondazione CR Firenze partecipa al Fondo Housing Toscano nella convinzione che la qualità abitativa sia fondamentale per il benessere della persona e del territorio nel quale vive. Mi complimento con le idee degli studi professionali che hanno partecipato a questo concorso di idee, poiché hanno saputo cogliere l’esigenza primaria di apertura e di dialogo fra ambienti circostanti. Il lockdown ha stimolato profonde riflessioni in ambito urbanistico e sul tema della casa e ha mostrato quanto i nostri spazi domestici siano spesso inadeguati per sottodimensionamento, mancanza di flessibilità e povertà di funzioni. Il concorso di idee mirava alla sperimentazione non solo di nuove formule di progettazione, ma anche allo sviluppo di idee su spazi nei quali gli abitanti svolgono attività collaborative, anche con il supporto del Terzo Settore. Gli elaborati, tutti di alta qualità progettuale, hanno mostrato soluzioni tecnico/architettoniche innovative capaci di interagire con servizi alla residenza svolti in maniera autogestita o con il supporto di soggetti specializzati del Terzo Settore. Ritengo che sia così possibile incentivare una nuova qualità dell’abitare che tenga conto delle criticità emerse nell’attuale sistema urbanistico-edilizio in seguito all’emergenza sanitaria e sia capace di promuovere un modello abitativo “post pandemia”. Un modello cioè maggiormente integrato con tecnologia e formule di servizi collaborativi per migliorare la coesione sociale e la qualità della vita. I partecipanti al concorso hanno affrontato tematiche quali l’innovazione tecnologica e tipologica, valorizzando parametri quali l’accessibilità e la flessibilità degli spazi, oltre a nuove modalità di erogazione dei servizi alla residenza. Hanno anche considerato la connessione con lo spazio urbano e le interrelazioni con l’ambiente esterno, introducendo formule di servizi collaborativi per favorire la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini. Prezioso anche l’apporto del Terzo Settore che

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ha contributo alle soluzioni proposte apportando del valore aggiunto in fase gestionale. Siamo molto soddisfatti della nostra partecipazione al Fondo Housing Toscano che sta consentendo l’inserimento sul mercato complessivamente di quasi 500 nuovi appartamenti. Fondazione CR Firenze, dal 2010 ad oggi, ha infatti investito circa 12 milioni di euro nel Fondo Housing Toscano e ha erogato contributi complessivamente per oltre 4 milioni e mezzo di euro che hanno consentito il recupero, complessivamente, di oltre 700 appartamenti di proprietà comunale o della Fondazione Comitato Case uso Indigenti con cui, da anni, abbiamo una proficua collaborazione. Una prima efficace realizzazione di un nuovo modo di abitare l’abbiamo inaugurata lo scorso settembre a Sesto Fiorentino. Mi riferisco al complesso di Sesto Smart Village con 140 alloggi di housing sociale arricchito da un’importante dotazione di spazi comuni, interni ed esterni, oltre a servizi alla residenza per target fragili gestiti dal Terzo Settore. Mi sembra una efficace e concreta dimostrazione di un social housing di nuova generazione nato anch’esso grazie all’intervento del Fondo Housing Toscano. L’intervento ha generato un significativo indotto nell’area, fungendo da volano alla rigenerazione urbana e migliorando la qualità dell’abitare. Grazie al cofinanziamento di Fondazione CR Firenze tramite il bando ‘Fai La Casa Giusta’ e in piena pandemia è stato sperimentato un progetto sociale che ha portato alla nascita di una comunità abitativa e di nuovi servizi che, nel tempo, porteranno valore aggiunto al quartiere e all’intera città. Una ricaduta positiva dunque grazie alle attività di supporto e accompagnamento previste in tutte le iniziative del Fondo. Questa sperimentazione ha l’obiettivo di dare un nuovo significato alla parola “abitare”, aggiungendo alla dimensione fisica dell’alloggio quella relazionale di una comunità coesa e responsabile, che può migliorare la qualità della vita di tutti e prevenire quelle situazioni di isolamento che possono configurarsi nei grandi complessi residenziali, generando fenomeni di degrado fisico, conflitto e disgregazione. Quella della Fondazione è una strategia di ampio respiro che e desideriamo continuare a sostenere tutti quei progetti che possono contribuire a far nascere, per dirla con le bellissime parole del grande architetto Renzo Piano, ‘’luoghi dove la gente condivide gli stessi valori, le stesse emozioni, impara la tolleranza; nei quali ci si confonde gli uni gli altri, dove le differenze spariscono e la diversità diventa un valore. Luoghi di urbanità che celebrano il rito dell’incontro e dove la città è intesa come civiltà’’.


Il gestore sociale: multidisciplinearità, integrazione, partecipazione e sostenibilità Stefano Tossani

Presidente Abitare Toscana

Sono ormai 10 anni che Abitare Toscana svolge, su incarico di Investire Sgr, il ruolo di Gestore Sociale del Fondo Housing Toscana (FHT). Funzione svolta anche per altri Fondi del Sistema Nazionale partecipato dal FIA. Nata da una costola della cooperazione d’abitanti toscana, Abitare Toscana, ha potuto contare su un know-how pluridecennale che si è indubbiamente arricchito ed evoluto con l’esperienza maturata in relazione alle ormai numerose iniziative di Housing sociale di FHT (oltre 1.000 alloggi entro la fine del 2022). Inoltre nella sua veste di Gestore Sociale ha potuto contribuire attivamente alla formazione di diverse comunità residenziali costituitesi in particolare negli ultimi anni (Pieve degli Orti a Scandicci, Osteria Social Housing a Firenze, Sesto Smart Village a Sesto Fiorentino) e ad altre in fase di strutturazione (a Prato, Montelupo, Pistoia, Piombino). Queste esperienze sul campo sostanziano le riflessioni che seguono e che confluiscono in un ragionamento più generale sull’Housing sociale, sulle sue caratteristiche peculiari, sulle condizioni per un suo sviluppo. Il profilo aggiornato dell’Housing Sociale lo descrive non limitato alla sola risposta fisica ed economica, in termini di alloggi a canoni sostenibili, ad una domanda “debole” e fortemente articolata, ma pure come incubatore di relazioni sociali e di rapporti solidaristici fra i suoi abitanti e fra questi ed il tessuto sociale circostante. Se, da una parte, le implicazioni di questo profilo sono sempre di più patrimonio comune, oggetto di confronto allargato e di pratiche diffuse, occorre non perdere di vista la forte connessione con la figura ed il ruolo del Gestore sociale. Basti ricordare quanto il successo ottenuto dalle migliori pratiche abbia evidenziato il contributo determinante del lavoro svolto dal Gestore. Da qui la necessità di attenzione al profilo ed alle caratteristiche del Gestore Sociale in relazione agli obbiettivi che l’Housing Sociale in generale e le singole iniziative si propongono. Il Gestore Sociale di fatto si presenta come imprenditore sociale che funge da cerniera con il pubblico ed al quale sono richieste capacità volte a colmare il gap fra domanda ed offerta di servizi abitativi. Un profilo articolato dunque che richiede di tenere insieme diverse facce per essere pienamente compiuto. Dovrebbe essere implicito, pertanto, diversamente da quanto spesso accade, che, per il pieno raggiungimento degli obbiettivi preposti, vi è la necessità di risorse adeguate finalizzate da una parte ad una gestione attenta e competente dei “capitali pazienti” e dall’altra al raggiungimento di obbiettivi sociali variamente declinati. Appare altrettanto importante che il Gestore Sociale sia capace di un rapporto “vero” con il territorio, in grado cioè di conoscerne i bisogni, le aspettative e di interpretarne al meglio le sensibilità. Modelli di Gestore Sociale, individuati esclusivamente sulla base di parametri prevalentemente economici, hanno già dimostrato, ed in più occasioni, lo scarto con gli obbiettivi ipotizzati. La sintesi che il ruolo del Gestore Sociale deve saper esprimere si presenta dunque molto impegnativa da conseguire nella pratica. Infine, data la necessità di

monitorare e rendicontare i risultati e l’impatto sul territorio delle diverse iniziative di Housing sociale, indispensabile per rilevarne la sua reale efficacia, non va sottovalutato il carattere di flessibilità delle diverse soluzioni di accompagnamento sociale, sia in relazione ai diversi contesti sociali che nel corso del tempo. Peraltro, la flessibilità, nelle sue diverse declinazioni, appare come il carattere ricorrente che emerge dal concorso di idee sollecitato dalla Regione Toscana a proposito dell’abitare post-pandemia. Citare la Regione e l’apprezzabile ruolo svolto attorno a questi temi, anche d’intesa con FHT, offre lo spunto per accennare ad un ulteriore argomento che mi pare richieda uno “scatto” di attenzione considerati gli impegnativi obbiettivi “affidati” alle iniziative di Housing sociale. Peraltro, anche in conseguenza del “Next Generation Eu”, appare in crescita la consapevolezza che si debba parlare ed agire a livello di “Abitare” piuttosto che di “Casa”, così come considerare la “Casa” come “il perno attorno a cui ruota la costruzione di una infrastruttura sociale”. Tutte queste riflessioni che stanno caratterizzando il confronto culturale, per concretizzarsi avranno bisogno di tradursi in politiche e indirizzi, e dovranno influenzare l’agenda ed i comportamenti dei decisori politico/ istituzionali in modo da contribuire a configurare un rinnovato partenariato pubblico- privato nelle sue varie formulazioni. Affrontare il tema dell’”Abitare” implica uscire dall’ ambito strettamente settoriale, che finora ha contraddistinto la “Casa”. Conseguentemente affrontare le problematiche inerenti l’attuale frammentazione normativa ed organizzativa che regola la materia e ne determina l’agire; probabilmente porsi anche il tema di una “regia” fra i tanti attori coinvolti, che non sia di per sé una procedura aggiuntiva; considerare le implicazioni che ne derivano negli schemi organizzativi e concettuali della PA, dai settori, agli uffici agli organi politico-amministrativi. Un rinnovato partenariato pubblico-privato deve considerare le esperienze maturate come il punto di partenza anche perché le buone pratiche finora prodotte, sono spesso il risultato meritorio della buona volontà dei soggetti coinvolti, frutto di un lavoro intenso e, spesso, riuscito grazie ad una combinazione fortunata di fattori. Non possiamo pensare sia sufficiente la loro semplice moltiplicazione. È indispensabile un salto di scala: passare dalla conoscenza diffusa e dall’analisi critica delle buone pratiche alla creazione delle condizioni di contesto (politiche, economiche, normative ed organizzative) che favoriscano il loro sviluppo ed evoluzione. Il PPP è chiamato ad una prova concreta, che lo faccia uscire da una dimensione spesso ideologica quando non generica, a terreno concreto di sviluppo di politiche attuative. Abbiamo di fronte ad una sfida tremendamente impegnativa ma altrettanto urgente, che chiama in campo ricerca e sperimentazione come terreni di primario impegno. Il risultato non è scontato ma la consapevolezza e l’impegno conseguente sono ugualmente obbligati.

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RIFLESSIONI SULL’ABITARE DOPO IL COVID-19

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Nuovi scenari per l’abitare Maria De Santis

Università degli Studi di Firenze

Belpoliti M., 2020, “La mappa della nostra era glaciale: così il coronavirus ha congelato l’Italia,” in «La Repubblica». Disponibile su: https://lab.gedidigital.it/repubblica/2020/cronaca/coronavirus-mappa-italia-impatto-sulla-mobilita/ [ultimo accesso: 4/3/2022].

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“Bisogna in primo luogo prendersi cura della terra (nel senso delle risorse e del patrimonio che essa rappresenta), conseguentemente di chi vive nell’ecosistema, cioè le persone (a partire da noi stessi, poi i propri parenti e le comunità di riferimento), e infine si deve impostare un assetto equo e corretto per limitare consumi e ripartire le risorse” (Ciastellardi M., 2016, 11).

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Il 27% delle risorse totali del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono dedicate alla transizione digitale. La strategia Italia digitale 2026 include importanti investimenti per realizzare l’obiettivo di gigabit society. Piano nazionale di ripresa e resilienza. [Online] Disponibile su: https://assets.innovazione.gov. it/1620284306-pnrr.pdf [ultimo accesso: 4/3/2022]

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Il Terzo Settore è attore di primo piano in questo processo, come dimostrano le esperienze della Fondazione Housing Sociale, con il coinvolgimento e il rafforzamento degli operatori non profit che si occupano della gestione non solo immobiliare ma anche dei servizi per i residenti dell’area. Disponibile su: https://www.secondowelfare.it/uncategorized/ social_housing/ [ultimo accesso: 4/3/2022]. 4

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Con la recente pandemia COVID-19 siamo stati tutti indistintamente coinvolti dall’esperienza delle “misure di confinamento”: dalle soluzioni drastiche e totalizzanti del lockdown a quelle più circoscritte e parziali della quarantena. Queste misure hanno generato una serie di comportamenti capaci di mettere profondamente in crisi e di far saltare tutti i modelli, ormai consolidati, degli habitat e degli spazi in cui viviamo. In un tempo estremamente accelerato il fenomeno ha evidenzato tutti i limiti delle città, delle sue infrastrutture e architetture, e ha pure intaccato gli spazi domestici e gli stili di vita provocando un vero e proprio collasso sistemico capace di mettere tutti e tutto a dura prova. La crisi sanitaria di scala globale ha fatto emergere questioni spesso ignorate, o ancora più spesso rimandate, dando loro una nuova valenza e urgenza. È stata definita come “l’era glaciale della mobilità”1: tutti bloccati nel proprio spazio domestico contraddicendo l’idea di condivisione degli spazi comuni proposta dal modello urbano che negli ultimi anni aveva iniziato a modificare la qualità degli spazi aperti di alcune nostre città. C’è stato un rapido processo di trasformazione delle abitudini delle persone e della città attorno a esse i cui effetti si sono tradotti in uno spazio pubblico inutilizzabile, in spazi scolastici senza senso di comunità, in spazi sanitari inadeguati nella struttura e nell’organizzazione, mentre la casa è ritornata ad essere un rifugio (ma non per tutti). Nella sua complessità, questo periodo critico, ha evidenziato l’importanza d’integrare scienze mediche e ambientali, urbanistica, psicologia, architettura, ingegneria per conquistare capacità operative di tipo sistemico in grado di affrontare l’emergenza. Una condizione che ha spostato il dibattito culturale sull’importanza della progettazione, adottando soluzioni sostenibili ed ecocentriche2, sulla necessità dell’investimento nella ricerca, sull’urgenza della transizione digitale3 e sulla necessità di Per interpretare i nuovi scenari che si affacciano è utile considerare come le crisi non siano solo fasi di transizione, caratterizzate da tensioni e rotture, ma anche momenti di selezione e accelerazione di tendenze in atto L’esperienza ha infatti dimostrato come la rapida innovazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) abbia reso più permeabili e porosi i confini tra la vita pubblica e quella privata e sia inoltre stata il principale volano della digitalizzazione di massa dell’agire quotidiano delle persone (lavoro, formazione, acquisto, benessere, socializzazione, ecc.). In poco tempo ha preso forma quell’idea di città intelligente che Hans Schaffers descrive come un computer a cielo aperto dove “people can read and add to are revealing all sorts of information, and public kiosks and displays in buildings are allowing literate and illiterate people to access information” (Schaffers et al., 2012, II). Nel circoscrivere la riflessione alle tendenze di trasformazione della casa e del suo spazio domestico Claudi de Saint Mihiel evidenzia due effetti principali: il primo riguarda la permeabilità e porosità dei “confini simbolici che delimitano l’area entro cui prende forma l’idea di interno/esterno dello spazio domestico”; il secondo la relazione tra polifunzionalità e flessibilità “nella definizione delle pratiche e dei vissuti che si sviluppano entro i confini di tale spazio” (Claudi de Saint Mihiel, 2021, 294). L’abitare è una modalità con cui si edifica la società (Marrone, 2014, 15). Nella prospettiva sociologica, l’abitare è strettamente connesso all’idea di casa e alla relazione complessa che l’individuo instaura in uno spazio fisico in base a un sistema di riferimenti culturali e di opportunità sociali che contribuiscono a plasmarlo. Oggi il modo di intendere l’abitare è a un nuovo punto di svolta, che dipende dal modo stesso in cui percepiamo la società e da come l’agire degli abitanti definisce i suoi cambiamenti. Abbiamo la consapevolezza di doverci confrontare con i nuovi modi di intendere l’abitare perché i vecchi paradigmi sono ormai obsoleti e non rappresentativi dello spirito del tempo. Sempre più nella ricerca della casa non ci si limita alla scelta di un’abitazione in cui potersi rinchiudere, ma si ricerca anche un contesto capace di facilitare le relazioni e i supporti sociali. La città e i suoi luoghi devono cioè essere capaci di sostenere o addirittura creare il nostro “Noi” (Amendola 2010, 90). Per questa ragione se l’architetto non vuole incorrere in fallimenti progettuali, deve essere in grado di mediare l’ispirazione creativa con i bisogni, i desideri e le aspettative degli abitanti (Amendola, 2009) sperimentando processi di confronto e partecipazione button-down anche attraverso l’utilizzo di facilitatori rappresentati da associazioni no-profit del Terzo Settore4.


In Italia già da alcuni anni si è tornati a parlare della casa e delle sue trasformazioni utilizzando neologismi che riprendono la terminologia anglofona social housing, o anche housing sociale, combinando l’inglese con l’italiano (Lungarella, 2010, 271). La novità terminologica definisce il riemergere di una questione latente oggi arricchita di nuovi elementi prodotti dalla società contemporanea che rimandano: all’eterogeneità della popolazione che esprime il disagio abitativo; alla trasformazione della governance degli interventi, che aprono al privato e al Terzo Settore; alla necessità di adeguare i progetti alle nuove esigenze con soluzioni in grado di conciliare la risposta al disagio abitativo attraverso la produzione di luoghi sociali. In sintesi, come scrive Marrone: “dopo la lunga parentesi modernista, un sistema abitativo che vuole essere sociale necessita di comunicare con gli altri sistemi e, per questo, deve includere l’agire abitativo” (Marrone, 2014, 17). Secondo Alexander Mitscherlich le strategie moderniste, nelle quali era l’intervento pubblico a determinare il modus operandi, hanno dettato dall’alto del sistema esperto le modalità dell’abitare escludendo di fatto l’abitante dalla partecipazione all’edificazione del proprio luogo e determinando frequentemente – specie nella seconda metà del Novecento – forme di disadattamento, degrado, emarginazione, sradicamento sociale (Mitscherlich, 1968, 38). Le più recenti ricerche offrono spunti riguardo all’applicazione della teoria relazionale alle pratiche abitative. In questa i significati attribuiti alla casa, normalmente intesi come universali e cristallizzati, vengono problematizzati, restituendo quel ventaglio semantico entro cui è possibile ricostruire l’agire abitativo dei soggetti sociali. L’agire abitativo si estende dalla sfera domestica a quella del vicinato e dello spazio del quartiere favorendo le dinamiche sociali e il benessere delle persone (Marrone, 2014). Gli studi sociologici solo negli ultimi anni hanno ritrovato un interesse per la casa come oggetto di indagine, o meglio hanno introdotto nello sviluppo della ricerca nuove riflessioni sul sistema di osservazione fino ad allora utilizzato. La casa non può più essere vista con la sola lente di una specifica disciplina, ma deve essere considerata rispetto a una dimensione interdisciplinare (Mallett 2004), per comprendere la quale è dunque necessario perseguire la porosità dei confini disciplinari e favorire la loro reciproca contaminazione. La sociologia, non avendo finora sviluppato un’intensa elaborazione rispetto alla casa come fatto sociale, non ha costruito riferimenti teorici ed empirici, come è invece avvenuto per la sociologia urbana. In un certo senso è “orfana” di un pensiero forte, di tradizioni consolidate e di modalità di indagine robuste che le permettano di affrontare il tema con un certo grado di autonomia rispetto ad altre discipline. In questo senso la sua specificità è potenziale o in divenire. Ed è proprio a causa di questo contemporaneo processo di costruzione disciplinare della sociologia dell’abitare che il tema casa rappresenta, anche da questo punto di vista, una novità. Durante il lockdown è stato evidente il divario tra le abitazioni di pregio e le abitazioni di tipo economico, tra case costruite per accogliere e quelle solo per contenere. Sarebbe confortante pensare che il futuro ci proporrà abitazioni in grado di offrire tutto ciò che serve anche in caso di confinamenti (palestra, aree ricreative per i più piccoli, spazi dedicati agli hobby, ecc.): la casa diventerebbe il rifugio in cui poter stare anche a lungo ma serenamente. Il comfort domestico deve diventare la norma: spazi adeguati in grandezza e areazione, illuminazione naturale, spazi per vivere all’aperto, servizi comuni. L’emergenza sanitaria ci ha messo, ancor più di prima, di fronte alla necessità di avere più spazio a disposizione per i nostri gesti quotidiani che diventano fondamentali quando la città rimane inerme rispetto a eventi che non sempre è in grado di controllare. Occorre pensare la casa non come un luogo in cui rinchiudersi, esterno ed estraneo all’intero contesto in cui è inserita, ma che invece sia un punto di incontro e un contesto capace di stimolare relazioni, scambi e supporti sociali. Il luogo abitato che si deve estendere dalla casa al vicinato, al quartiere, alla città, e diventare sempre più lo spazio in cui sperimentare l’appartenenza collettiva (Vitta, 2008). L’ecosistema domestico dovrà prevedere spazi che potranno essere utilizzati in modo e momenti diversi e per questo due sono gli agenti che dovranno supportare il progetto: la digitalizzazione e la conformazione spaziale.

Nuovi scenari per l’abitare • Maria De Santis

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L’evoluzione digitale dell’ambiente domestico

Dati forniti dalla ricerca sulla Smart Home dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano presentati durante il convegno “La Smart Home riprende a correre e apre la porta ai servizi. Disponibile su: https://cdn. qualenergia.it/wp-content/uploads/2022/02/Internet_of_Things_Smart-Home_booklet_2022.pdf [ultimo accesso: 4/3/2022].

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

La digitalizzazione centrata sull’ambiente domestico ha subito un’improvvisa accelerazione nel periodo del lockdown in quanto risorsa determinante per rispondere alle esigenze di confinamento che sovrapponevano in un unico spazio vita, lavoro e svago. L’esperienza e l’utilizzo di strumenti smart sempre più accessibili faciliteranno l’adozione e l’integrazione delle nuove tecnologie capaci di creare una nuova cultura dell’abitare digitale che fino a ieri faticava a trovare una significativa identità. L’avvento dell’Internet delle cose (IoT - Internet of Things), ovvero la possibilità di connettere tramite rete internet i vari dispositivi a un cellulare e farli comunicare tra loro sta trasformando la casa in un ambiente sensibile e intelligente in grado di massimizzare il benessere fisico e psicologico dei suoi abitanti, mutando in funzione dei desiderata degli utilizzatori e rispondendo alle esigenze più stringenti di risparmio energetico, sicurezza e comfort abitativo. Definire tutte le dinamiche associate al concetto di smart home risulta in qualche modo ancora difficile in quanto non abbiamo ancora tutti gli elementi di interpretazione capaci di dare evidenza alla sua resa sociale. Le definizioni in genere si concentrano sulle componenti tecnologiche trattandole come mera sommatoria e trascurando il valore del risultato della connessione e del dialogo che si stabilisce tra le persone e le macchine (Sessa, 2021). Per valutare la dimensione e la rapidità di crescita dei sistemi e delle applicazioni smart nell’ambiente domestico basta guardare i risultati di una ricerca del Politecnico di Milano (Fig. 1): nel 2021 il mercato italiano ha avuto una nuova impennata facendo registrare una crescita di +29% (650 milioni di euro), rispetto al 2020, che si traduce in un investimento pari a 11 euro in media per abitante. Considerando che la crescita sarebbe potuta essere del 45%, se non fossero entrati in gioco la carenza di materie prime e semiconduttori. Una tendenza che comunque pone l’Italia, insieme alla Spagna, come fanalino di coda rispetto agli altri Paesi Europei e ovviamente agli USA (precursori nell’uso dell’ICT)5. Una casa che, nella sua interezza, è espressione e strumento della società, ma anche una modalità che l’attore sociale ha di costruire la città (Amendola, 2009). Il modo di intendere l’abitare si trova quindi a un punto di svolta strettamente collegato al modo e alle tecnologie che stanno culturalmente cambiando la città. Se da una parte la città continua a produrre “nonluoghi” (Augè, 2018), dall’altra, in contrapposizione allo svuotamento, il sociale propone risposte attraverso una risignificazione degli stessi luoghi. Tanto che l’abitare si costituisce come ideologia solo “quando appare plausibile estendere alla intera società un determinato sistema di valori abitativi e quando questo sistema – e l’opportunità di coinvolgere in esso l’intera società – diventano oggetto di un discorso” (Tosi, 1980, p. 17). Un discorso che secondo Melissa Sessa oggi ha come base la presa in considerazione del sistema smart, quale elemento costitutivo delle nuove dinamiche dell’abitare (Sessa, 2021, p. 6). L’evoluzione della società dell’informazione ha di fatto distribuito l’intelligenza dei calcolatori elettronici in tutti quegli oggetti che normalmente usiamo nel nostro quotidiano, ha fatto sì che le persone non fossero più solo circondate da calcolatori, ma da oggetti intelligenti con i quali interagire per i motivi più disparati. Un’intelligenza che senza dubbio può favorire processi di inclusione rendendo interattivo e cooperativo l’ambiente nel quale si vive, efficace ed efficiente nel sostenere la vita indipendente, capace di fornire maggiore sicurezza, semplicità e soddisfazione nello svolgimento delle attività della vita quotidiana (Beretta, 2015). L’ottimizzazione e la voglia di inclusione e cambiamento di cui la smart home si fa portavoce si rispecchia nel più ampio contesto della smart city per colmare il gap di sostenibilità che le città si trovano a dover affrontare. Se guardiamo i dati risultanti da un sondaggio svolto su un campione significativo di 1200 persone interpellati sulla casa del futuro: il 95% degli italiani pensa che sia fondamentale che gli investimenti personali debbano essere riversati sulla costruzione di una casa sostenibile ed ecologica (il 47% li ritiene uno degli elementi fondamentali per la casa del futuro); il 76% crede che la casa di domani aiuterà a ridurre concretamente l’impatto ambientale; il 67% a risparmiare sui consumi. (AdnKronos, 2019). È proprio grazie all’interconnessione tra le varie componenti della casa con la struttura tecnologica della città che l’amalgama tecnologica e sociale del quale è fatta la smart city potrà continuare a crescere in una visione sostenibile. Il sistema domotico serve sì per migliorare la vita all’interno della casa, tuttavia non deve essere circoscritto alla sola casa, ma attraverso la connessione mirare alla dimensione generale di quartiere e poi a quella della città.


Fig. 1 Il mercato smart home Fonte: Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano.

Per cogliere con maggior chiarezza la relazione che lega la casa alla dimensione del quartiere e a quella più ampia della città, Ade Kearns e Michael Parkinson definiscono home area come l’unità più piccola del quartiere attraversabile in 5-10 minuti a piedi; un’area che riveste particolare importanza rispetto ai benefici psicosociali come il senso di appartenenza al luogo, alla comunità, alla città intera (Kearns, Parkinson, 2001). Nonostante il considerevole ritardo che registriamo nel nostro Paese, con l’accelerazione di questi ultimi anni la presenza di sistemi domotici nella casa comincia ad assumere una configurazione confacente ad una smart home possibile e non più futuribile. Il futuro ci prospetta la necessità di interpretare la smartness non nei suoi fenomeni tecnologici, quanto piuttosto nelle sue dimensioni di integrazione sistemica e delle sue relative criticità (Iannone et al., 2019). I prossimi anni saranno gli anni della sperimentazione e della verifica di questa nuova sfida. Per questo “il nuovo urbanesimo smart apre la strada a nuove dimensioni spaziali e sociali che dovranno fare i conti con la profonda relazione tra casa e città, che informa di sé l’intera definizione della società” (Sessa, 2021, 15). Il significato dell’abitare trova corrispondenza in quella che Zygmunt Bauman definisce “società liquida”6, un neologismo adatto a rappresentare le complessità e le contradizioni della società contemporanea nella quale i riferimenti sociali e i confini tra la sfera pubblica e quella privata sono spesso talmente fusi da provocare un’ingerenza che arriva a trasformare anche i concetti di spazio e di tempo7. Siamo di fronte di fronte a quella che Michela Luzi definisce “epifania di un mondo nuovo, che si costruisce e si disfa ogni giorno per ripresentarsi sotto forme nuove e mutevoli. Un mondo in bilico tra ciò che è, ed è stato, e ciò che vorrebbe essere e probabilmente sarà in una dimensione atemporale ed omologante. È certamente una fase di transizione, dove nulla è ancora scontato ed ogni possibile approdo è perfettamente raggiungibile. Se ne percepiscono e se ne scorgono i segnali, ma nulla è come in apparenza sembra” (Luzi, 2015, 96). Ciastellardi a sua volta afferma che: “La cultura del progetto si relaziona, si intreccia e si pone sempre più frequentemente come mediatrice di altre discipline, dalle quali mutua modelli, idee e possibilità teoriche o di intervento, e alle quali offre il suo contributo in termini di definizione e razionalizzazione verso la realizzazione di un percorso spesso immaginativo e creativo, orientato a visualizzare, tradurre e rendere efficace non solo ciò che già esiste, ma ciò che potrebbe prendere forma” (Ciastellardi 2016, 16). Stuart Walker critica la dimensione del progetto focalizzata sullo studio dei fattori, degli scenari, delle relazioni, dei campi che “non rappresentano il sapere progettuale immediato” ma che sono orientati a una produzione di strumenti (linee guida, toolkit e framework) che “distraggono dallo sviluppo creativo e dalla sintesi creativa”, valore peculiare della progettazione (Walker, 2017). Walker nel suo libro Design for life afferma che, per essere durevole, realmente incisiva nel modo di progettare e capace di ottenere risultati significativi per la società, la forza della dimensione creativa deve essere principalmente fondata su motivazioni importanti e condivise. Per esempio, affrontare temi che riguardano l’ecocentrismo e il biocentrismo ci aiuta a comprendere i presupposti morali,

L’evoluzione digitale dell’ambiente domestico

6 Concezione sociologica che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile. Nel volume Modernità liquida Zygmunt Bauman spiega la postmodernità usando le metafore di liquido e solido. (Bauman, 2011).

“Lo spazio è il sedimento del tempo necessario per annullarlo, e quando la velocità del movimento del capitale e dell’informazione eguaglia quella del segnale elettronico, l’annullamento della distanza è praticamente istantaneo e lo spazio perde la sua materialità, la sua capacità di rallentare, arrestare, contrastare o comunque costringere il movimento, tutte qualità che sono normalmente considerate i tratti distintivi della realtà. In questo processo la località perde valore” (Bauman, 2000, 124). 7

Nuovi scenari per l’abitare • Maria De Santis

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“White Paper, DesignTech for Future”, documento programmatico per la ripartenza che espone come il design, unito all’innovazione tecnologica, può svolgere un ruolo cruciale nel superamento della crisi sanitaria ed economica. [Online] Disponibile su: https://www.yesmilano.it/system/files/articolo/ allegati/3081/9031/DesignTech_for_Future_it.pdf [ultimo accesso: 1/3/2022]. 8

Nel 2002 il sociobiologo Edward O. Wilson propone una nuova definizione per il termine biofilia: “l’innata tendenza a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente” (Wilson, 2002, 134). Interessanti anche lo strumento dei pattern proposti nel libro di Browning, W.D., Ryan, C.O., Clancy J.O., (2014), “14 Patterns of Biophilic Design”, edito da Terrapin Bright Green, LLC, New York. Disponibile su: http://www.terrapinbrightgreen.com/ report/14-patterns/ [ultimo accesso: 1/3/2022].

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10 Il termine Hub & Spoke si riferisce a un modello organizzativo, preso in prestito dall’aviazione civile americana, che parte dal presupposto per cui determinate condizioni e malattie complesse necessitano di competenze specialistiche e costose che non possono essere assicurate in modo diffuso e capillare su tutto il territorio. Per questo motivo tale organizzazione prevede la concentrazione della casistica più complessa in un limitato numero di sedi, detti Hub (centri di eccellenza), e di centri periferici, detti Spoke, dove vengono inviate le persone che hanno superato una certa soglia di complessità.

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etici, sociali, ma pure quelli operativi e pragmatici, utili per riconfigurare le pratiche del progetto in un contesto di equilibrio e mediazione che tuteli gli interessi degli individui e le concezioni olistiche a fondamento della sostenibilità del nostro pianeta. Prioritario è considerare il progetto secondo un approccio fondato sull’ambiente, socialmente giusto, che è raggiungibile solo se vengono riconsiderati valori e priorità antropocentrici finalizzati a soluzioni che siano funzionalmente rilevanti, socialmente definiti, responsabili dell’ambiente e che “arricchiscano spiritualmente” (Walker, 2017). La crisi vissuta con la pandemia da COVID-19 ci ha messo nella condizione di poter immaginare nuovi modi di vivere, di lavorare e di muoversi. Oggi, in un clima dove l’emergenza risulta gestita, più che superata, riflettiamo sulla casa di domani e su cosa la differenzierà da quella di ieri. Abbiamo capito che dobbiamo immaginarla come un ecosistema aperto e digitale, un ambiente estroverso, proteso verso lo spazio esterno che temporaneamente può esserci anche negato. Nel libro bianco DesignTech for the Future8, curato da un gruppo progettisti e aziende, al progetto e alla tecnologia (nel titolo fusi quasi a voler coniare neologismo) viene assegnato il ruolo principale dell’innovazione in quanto elemento strutturale di un possibile raccordo tra visione, ispirazione e realizzazione. Tutte riflessioni che sostanziano la costruzione di edifici e spazi aperti che non sono progettati per sempre, ma secondo uno studio attento al loro ciclo di vita e, in senso più ampio, ai principi fondanti della bioclimatica e della sostenibilità ambientale associando anche gli input provenienti dalla progettazione biofilica9, che assegna alla natura non più il ruolo di un mero valore estetico ma quello di necessità per la salute e il benessere dell’uomo. Al crescente interesse per un rinnovato rapporto con la natura urbana si associa la necessità di aumentare la capacità di resilienza agli shock sistemici dal punto di vista sanitario con soluzioni e tecnologie che agiscano sia su fattori oggettivi legati agli aspetti normativi e tecnici, sia su fattori soggettivi legati alla percezione e al controllo del rischio: ventilazione naturale e meccanica, sistemi di sanificazione, sistemi con tecnologie di scanning contactless e wireless, uso di materiali germo-repellenti, allestimenti flessibili con utilizzo di arredi su ruote o rotaie, ampliamento dello spazio per ridurre la densità. Nei prossimi anni assisteremo, probabilmente, a una accelerazione dei processi di telemedicina, attraverso modelli denominati hub & spoke 10, basati sulla logica dell’assistenza domiciliare in rete che consente il collegamento a centri sanitari periferici e a strutture ospedaliere specialistiche. Al concetto di “cura” oggigiorno si associa sempre più anche quello del “prendersi cura”, ponendo grande attenzione a tutti quei parametri che influiscono sul benessere e che sono intrinsecamente connessi con lo spazio dell’abitare (qualità dell’aria e dell’acqua, comfort termico, luminoso e acustico). La conformazione spaziale resta senza dubbio il progetto più complesso che si misura in termini di modelli tecno-tipologici in grado di garantire flessibilità e resilienza per i diversi scenari (climatico-ambientali e socio-economici) che sollecitano l’abitare contemporaneo. La sperimentazione progettuale dovrà abbandonare l’immagine degli alloggi omologati e monotoni dell’abitare sociale e prendere in considerazione soluzioni rispondenti al profilo contemporaneo degli utenti e offrire modelli di organizzazione funzionale e spaziale flessibili in modo da contaminare le diverse funzioni dell’abitare. L’affaccio della casa verso l’esterno avrà senza dubbio un ruolo centrale per la qualità degli spazi serviti dell’abitare. Ciò comporterà una particolare attenzione nel privilegiare modelli organizzativi che liberano i fronti degli edifici dalla presenza di spazi serventi (servizi igienici, cucine, scale, ecc.) per lasciare tutto lo spazio possibile alla soluzione del rapporto interno/esterno della casa. Il bagno e la cucina, fortemente vincolati dai requisiti degli impianti, limitano le possibili trasformazioni dell’alloggio. DI conseguenza la loro posizione e le loro caratteristiche spaziali saranno la discriminante sostanziale per la flessibilità del modello abitativo proposto (De Santis, 2013, 190). In passato i maestri dell’architettura, pur lavorando su presupposti diversi, hanno posto le basi per riflessioni e sperimentazioni originali che possono essere recuperate per nuove interpretazioni dello spazio abitativo


contemporaneo. Tra i tanti, Giò Ponti, figura ecclettica dell’avanguardia architettonica italiana, negli anni ’50 proponeva una riflessione sull’abitazione che, in alternativa alla concezione razionalista dell’Existenzminimum11, suggeriva originali (dirompenti per l’epoca) riflessioni sul piano di una progettualità emotiva e sul concetto di flessibilità. L’abitazione in Via Dezza a Milano (Fig. 2) è di fatto un’esempio di libertà planimetrica che, oltre al rispetto dei criteri di corretta esposizione, aerazione e illuminazione, esprimeva la volontà di creare infilate visuali che dall’ingresso invitavassero lo sguardo ad attraversare il piccolo soggiorno sino all’esterno retrostante della casa (Dell’Aglio e Ghiraldini, 2020). Per Ponti la casa significava godere di uno spazio colorato e pratico dove ogni elemento contribuiva ad arricchire la vita domestica, concepita non come momento di rifugio, ma come espressione di incontro e dialogo, dove la soglia tra l’ambiente privato e il paesaggio diventava una finestra arredata (Fig. 3), “perché da dentro l’esterno si vede sempre attraverso i primi piani dei mobili. E in questo consiste il suo incanto”12. Il valore della soglia rientrava, peraltro, in un primo esperimento di progetto partecipato dove gli “abitatori”, come Ponti amava definirli, potevano scegliere il colore e la composizione delle finestre contribuendo così alla costruzione della loro casa. L’esigenza di soluzioni per una spazialità più associativa e condivisa, orientata al tentativo di superare le idee di separazione e isolamento del singolo rispetto agli altri, dovranno essere connaturate nella progettazione di tutti quegli spazi neutri che l’organismo edilizio realizza. Il progetto dello studio Peris+Toral Arquitectes, selezionato nell’ultima edizione del Premio Mies van der Rohe, sperimenta lo stesso concetto di flessibilità e di coabitazione utilizzando una matrice (coerente con il sistema costruttivo in pannelli portanti di legno) di ambienti comunicanti ed eliminando lo spazio corridoio (Fig. 4‑5). Lo spazio dell’abitare dovrà quindi potersi espandere in modo organico, crescere in funzione dei flussi degli utenti che lo abitano ed essere in grado di proporre un “uso nuovo per tutti gli spazi interstiziali” (piani terra, coperture piane, pianerottoli, cortili, ecc…) dell’organismo residenziale che possono essere nobilitati a spazi di vita comune (Pininfarina Architecture, 2020). L’ambito condominiale potrà diventare un sistema efficace in cui una comunità ristretta potrà informarsi vicendevolmente sugli stati di salute dei suoi componenti, i quali si potranno così sentire protetti e aiutati. Gli spazi

Fig. 2 Planimetria, Via Dezza, Milano, 1957. Giò Ponti. Fig. 3 La finestra arredata, Via Dezza, Milano, 1957. Giò Ponti.

Existenzminimum, ossia l’Abitazione per il livello minimo di esistenza, è titolo del II CIAM (Congresso Internazionale Architettura Moderna) tenutosi nel 1929 a Francoforte.

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Ponti, G., (1957), Una casa a pareti apribili, in «Domus» n. 334, pp. 21-34.

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Nuovi scenari per l’abitare • Maria De Santis

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Fig. 4 Pianta e sezione alloggio tipo. peris+toral.arquitectes, 85 Social Housing Units, Cornellà de Llobregat, Spagna, (2020). European Union Prize for Contemporary Architecture Mies van der Rohe 2022.

Fig. 5 Viste interni alloggio tipo. peris+toral.arquitectes, 85 Social Housing Units, Cornellà de Llobregat, Spagna, (2020). European Union Prize for Contemporary Architecture Mies van der Rohe 2022.

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interstiziali considerati neutrali e inutili, in un’ottica di flessibilità e resilienza, sono un’opportunità per trasformare un’esigenza in un’occasione (spazi per il gioco dei bambini, per lo studio, per attività fisiche, per coltivazioni idroponiche, per il delivery, ecc.). L’impianto di queste funzioni, attraverso la formula del cohousing, potrebbe trasformarsi in una nuova prospettiva che, anche sulla scorta della recente esperienza pandemica, potrebbe portare a nuovi impulsi sul piano dell’innovazione. Per abbassare i costi della casa e aumentare i livelli di qualità dell’abitare sarà necessario sperimentare tipologie e nuove forme di aggregazione flessibili in grado di assorbire i cambiamenti dei modelli d’uso dell’alloggio. Con le nuove forme di vicinato solidale del cohousing è possibile prevedere spazi semiprivati (gestiti dal condominio o da coppie) o gruppi di alloggi che hanno le potenzialità dimensionali e fruitive in grado di soddisfare tutte quelle esigenze aggiuntive o temporanee dell’abitare (stanza per gli ospiti, feste o riunioni di famiglia, ecc.) che generalmente non trovano collocazione nella dimensione e funzionalità standardizzata dell’alloggio (De Santis, 2013, 188). “How will we live toghether?”, il tema della XVII Mostra Internazionale di Architettura di Venezia proposto dal curatore Hashim Sarkis, ha sottolineato la responsabilità dell’architettura nel ridefinire “il contratto spaziale” dei luoghi in cui viviamo. Un titolo apparso pleonastico per lo stato di emergenza che la pandemia ha imposto pochi mesi prima dell’apertura della mostra, facendola slittare di un anno. Negli ultimi anni emerge con chiarezza la necessità per l’Architettura di assumere un ruolo politico, per prospettare delle soluzioni non parziali ma basate sulla ricerca interdisciplinare e orientate all’inclusività. Se nelle passate edizioni della Biennale di Architettura i temi affrontati dai curatori avevano lasciato spazio alla libera interpretazione dell’ambiente costruito da parte dei suoi utilizzatori (Free Space - 2018) o valorizzato la capacità del progetto di favorire forme di occupazione spontanee (Reporting from the Front, 2016), quest’ultima “probabilmente sancisce la fine di un’epoca” (Zancan, 2021) e sostanzia l’idea che il progetto deve ritrovare il suo ruolo di responsabilità per tornare a prendere forma.


L’emergenza sanitaria e la rapidità dei cambiamenti climatici e sociali stanno mettendo a dura prova la cultura architettonica rispetto alla sua capacità di affrontare le sfide della contemporaneità. Oggi il dibattito sembra alternarsi su due fronti: da un lato quello spinto a cavalcare l’ibridazione dei saperi nella ricerca di soluzioni in grado di governare la complessità e dall’altro quello più attento al recupero dei temi tradizionali dell’ambito disciplinare dell’architettura. Forse la direzione più giusta sta proprio nell’inclusività capace di mantenere vivo il confronto critico tra queste due anime così da evitare il rischio degli effetti di un pensiero unico.

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L’abitare e il Terzo Settore: l’esperienza “Fai la casa giusta” Tancredi Attinà

Vicepresidente Legacoop Abitanti

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I profondi mutamenti avvenuti nell’economia, nel quadro istituzionale e nella geografia mondiale negli ultimi decenni hanno avuto un impatto significativo sulle città, riaprendo il dibattito nazionale attorno al fenomeno urbano ed alle sfide connesse alle sue trasformazioni: sul piano economico, ecologico, socio-culturale e urbanistico. In questo quadro, la questione abitativa torna ad assumere una rinnovata centralità, rendendo evidenti le conseguenze di un mercato spesso inaccessibile e frammentato in cui si manifesta il bisogno di casa: accanto all’aumento degli sfratti si è col tempo consolidata, per effetto di fenomeni di precarizzazione del mercato del lavoro e del generale abbassamento delle retribuzioni, una fascia “grigia” che fatica ad inserirsi nel mercato degli affitti e che al tempo stesso non ha requisiti per poter accedere all’edilizia popolare, di cui peraltro è ormai evidente la carenza strutturale. L’esplodere della pandemia e il conseguente lockdown, con milioni di persone costrette a casa per intere settimane, hanno riacceso l’attenzione sul tema abitare non solo dal punto di vista quantitativo ma, anche e soprattutto, qualitativo. Le mura domestiche sono improvvisamente diventate i confini entro i quali si svolge l’intera esistenza delle persone: dalla dimensione privata a quella del lavoro, passando per quella relativa al tempo libero e alla socialità in remoto. La concentrazione delle attività in ambito domestico ha alimentato il dibattito sulla qualità dell’abitare che non può prescindere né dalla dimensione strutturale e architettonica né da quella sociale: la casa non deve solo trasformarsi in un’infrastruttura intelligente ma anche essere inserita in una rete di vicinato fatta di spazi e servizi e di (ri)attivazione di processi di empowerment della comunità. In tal senso, l’esperienza vissuta in questi ultimi due anni ed i bisogni che da essa sono scaturiti, possono accelerare quel passaggio dalla residenza all’abitare colmando il gap tra l’alloggio e lo spazio pubblico attraverso la partecipazione attiva degli abitanti alla vita sociale e culturale della cosiddetta “città di prossimità”. I cambiamenti epocali in atto manifestano, infatti, la ritrovata consapevolezza dell’uomo “sociale” che agisce in ciò che gli sta intorno e nel contesto dove vive. Diviene allora fondamentale prendere coscienza della mutata concezione del “bene abitazione” in un servizio per la comunità: abitare rappresenta l’azione propria dell’uomo che vive, che si prende cura di sé e della propria comunità.

La collaborazione pubblico-privato per un nuovo welfare abitativo

La fine del secolo scorso e la crisi economica del primo decennio hanno altresì segnato sostanzialmente la fine della stagione dell’edilizia convenzionata avviando invece la stagione del social housing, ovvero l’evoluzione delle politiche abitative nazionali rivolte a quella cosiddetta “fascia grigia” che non rappresenta un fenomeno del nuovo millennio ma è sempre esistita e, condizionata dalla crisi economica tutt’ora in corso, si è evoluta – ora viene definita dai principali stakeholder sul tema “key people” -, si evolve e si evolverà, mantenendo il bisogno casa intatto. Il social housing, attraverso la partecipazione e collaborazione di istituzioni, soggetti privati e non profit, svolge una funzione di interesse generale volta a promuovere la coesione sociale sul territorio e rappresenta una nuova concezione di welfare abitativo incentrato sulla prossimità ovvero sulla diffusione nelle nostre città di servizi legati all’abitare cogliendo anche l’opportunità di intervenire sulle disuguaglianze territoriali. Parlare di abitare e terzo settore significa anche ripercorrere il percorso di un binomio ancora non troppo consolidato ma che ha generato progettualità non banali su precisi progetti abitativi nei quali il ruolo principale è svolto dalla comunità abitativa stessa.

L’esperienza di Fai la casa giusta

All’interno del network di rete cooperativo e del terzo settore, ha preso vita il progetto “Fai la Casa Giusta”, progetto di inclusione sociale, abitativa e lavorativa. Il progetto, co-finanziato dalla Fondazione CR Firenze, è stato pensato, strutturato e viene gestito strategicamente in una visione sistemica grazie alle professionalità e sensibilità di Auser Abitare Solidale, della Cooperativa Sociale G. Di Vittorio, del Consorzio per l’inclusione lavorativa COOB, della Cooperativa Sociale Samarcanda, della Cooperativa e Impresa Sociale Sociolab, e sotto il coordinamento e con il supporto di Abitare Toscana, gestore sociale toscano.

Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


“Fai la casa giusta” ha preso avvio proprio durante il primo lockdown nazionale, nei primi mesi del 2020, e ha interessato tre interventi di social housing: Sesto Smart Village nel Comune di Sesto Fiorentino (FI), coniuga residenza, coinvolgimento attivo degli inquilini nella definizione, implementazione e gestione di spazi e servizi condivisi, con servizi di natura sociale anch’essi a carattere abitativo e con approccio fortemente innovativo, gestiti da enti del terzo settore radicati sul territorio che danno una risposta di qualità ad alcuni bisogni specifici che attengono fasce fragili della popolazione; Osteria Social Club a Firenze, intende rispondere, oltre alla residenzialità, anch’esso in modo innovativo alle esigenze di fasce specifiche di persone in condizione acclarata di fragilità tramite servizi alla residenza e nel contempo realizzare una sperimentazione di welfare di comunità attraverso la realizzazione di servizi collaborativi e di attività di inclusione sociale per un progressivo miglioramento delle condizioni di vita degli inquilini; Pieve degli Orti nel comune di Scandicci (FI), abitato prevalentemente da giovani famiglie, diviene laboratorio di inclusione lavorativa aperto all’associazionismo di quartiere. La nostra esperienza prende avvio nel lontano 2007, anno precrisi, con il servizio di accompagnamento a esperienze di abitare condiviso non intenzionale, fondate sul principio del mutuo aiuto tra persone caratterizzate da forme di fragilità diverse. La soluzione della coabitazione tra, per lo più, anziani soli proprietari di immobili sovra dimensionati e una platea ampia e articolata di soggetti momentaneamente esclusi dal diritto alla casa, pareva in effetti uno strumento sperimentale dalle interessanti potenzialità sia per mantenere il benessere complessivo dell’anziano in un’ottica di ageing in place, sia per contenere o prevenire fenomeni di marginalità ed esclusione socio abitativa. Nel corso degli anni i risultati consolidati di questa pratica fondata su pochi elementi base - assenza di transazioni economiche stabili tra coabitanti, e priorità della pratica solidaristica in una logica “win win”; lavoro in rete con modelli di ‘cluster sociale’ Pubblico – Privato; approccio sartoriale e personalizzato all’utenza; temporaneità della condivisione abitativa; centralità della dimensione relazionale –, hanno dimostrato l’efficacia della coabitazione come intervento sociale, e la possibilità di trasferire e applicare il modello dell’abitare condiviso e dell’iper-prossimità tra estranei anche a ambiti più strutturati e complessi dell’housing. Tra i servizi sviluppati dalla matrice della coabitazione, quello del Condominio Solidale, avviato nel 2015 e consolidato tra il 2018 e il 2020, rappresenta senz’altro lo spin off più interessante. Pur avendo dovuto collocarsi all’interno della normativa regionale che governa le strutture di accoglienza, i gruppi appartamento ed altre forme di residenzialità sociale e temporanea, il Condominio Solidale si configura come un unicum nei programmi di housing sociale, proprio a partire dal suo essere inserito in un chiaro contesto di filiera dell’abitare che l’associazione sta strutturando per organizzare la risposta al disagio abitativo su più livelli, adeguati alla natura e intensità del bisogno espresso e alla natura polimorfica del disagio socio abitativo. Altro elemento caratterizzante è senz’altro l’approccio progressivo nella definizione dei progetti individuali di autonomia di ogni ospite, curati dall’equipe multidisciplinare. Per quanto il servizio si rivolga a persone – singoli e famiglie – in temporanea condizione di vulnerabilità, quindi con caratteri sociali relativamente omogenei, l’unicità di ogni storia e percorso di vita impone la massima attenzione al significato di autonomia, che non ha valore univoco, ma viene messo quotidianamente in relazione alle reali possibilità dei singoli casi e agevolato tramite un sistema di obiettivi graduali, con fasi intermedie per misurarne il grado di raggiungimento, e correggere le eventuali criticità. All’interno di questi processi di recupero della propria indipendenza, due sono i principi volano: la centralità della casa (nei progetti di Condominio Solidale ogni ospite dispone di un appartamento a uso esclusivo) intesa quale occasione di normalizzazione, strumento di inclusione attraverso l’interazione con il tessuto urbano e sociale di prossimità; l’investimento nella dimensione relazionale - agevolata dalla presenza di spazi e servizi in comune, nonché da appositi momenti di socialità e convivialità curati dall’equipe – che agevoli il riconoscimento dell’altro da sé come alleato, e non ostacolo al soddisfacimento dei propri bisogni, e ricomponga opportunità di benessere basate proprio sui rapporti interpersonali e sulla capacità di ‘fare comunità’.

Auser abitare solidale racconta

L’abitare e il Terzo Settore: l’esperienza “Fai la casa giusta” • Tancredi Attinà

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Stanti le caratteristiche appena descritte, il Condominio Solidale ha trovato il suo habitat ideale all’interno dell’articolato ecosistema ‘Fai la casa giusta’. Qui i processi di community building messi in campo per implementare la qualità dei rapporti tra residenti, intesi come sistema di relazioni, fruizione comune di spazi, progettazione di servizi e opportunità, stanno concorrendo alla costruzione di vere comunità di abitanti dove la fragilità, per quanto riconosciuta, non viene stigmatizzata, ma può essere accolta e ‘diluita’ nella normalità del quotidiano. Una normalità incentivata dal fatto che i 7 appartamenti (5 nel complesso di Sesto Smart Village e 2 presso Osteria Social Club) sono inseriti e distribuiti all’interno di contesti residenziali ‘normali’ appunto. Anzi dove è più facile trasferire il concetto di abitazione su un piano non di semplice residenza, bensì di spazio di vita aperto, interconnesso con l’esterno e determinante per rinnovate reti sociali. Ma vi è un ulteriore valore aggiunto: l’integrazione tra social housing e housing sociale, grazie a una governance unitaria curata dal Gestore Sociale dei tre interventi e da una costante collaborazione tra operatori sociali ed esperti dei percorsi di attivazione delle comunità residenti, ha portato alla formalizzazione di organismi di rappresentanza tra abitanti, consolidati dall’adesione ai due comitati di rappresentanti dei soggetti del terzo settore attivi in loco. Questi ultimi possono costituire un ulteriore punto di riferimento per l’intera comunità abitativa e quell’elemento di continuità a conclusione della community start up iniziale, rendendola elemento stabile di questi nuovi contesti abitativi e volano di processi di rigenerazione urbana in termini di servizi e relazioni, che intercettino e coinvolgano nuove porzioni di città e stakeholder.

Cooperativa sociale G. DI Vittorio racconta

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

G. Di Vittorio è una grande cooperativa sociale di tipo A, che svolge servizi alla persona in tutti i settori del sociale. La mission della cooperativa è essere riconosciuta come protagonista del ben-essere delle comunità. attraverso la creazione di una buona occupazione e soddisfacimento dei bisogni di welfare. La collaborazione fra Coop G. Di Vittorio, Auser Abitare Solidale, COOB e Samarcanda, Sociolab ed il gestore sociale ha reso possibile, anche grazie al cofinanziamento della Fondazione CRF, la realizzazione di un progetto abitativo capace di integrare diverse fasce di utenza restituendo una risposta sociale di resilienza nel contesto di welfare pubblico. Tutte le realtà citate hanno partecipato ad un tavolo di co-progettazione con SDS Firenze e Azienda USL Toscana Centro che ha portato alla definizione del “Progetto Housing” di “Osteria Social Club”: progetto rivolto ad adulti seguiti dai servizi di Salute Mentale o Dipendenze Patologiche, che necessitano di un percorso di “uscita” dal nucleo familiare o da strutture residenziali, per progredire nel percorso di autonomia economica e relazionale attraverso l’esperienza di coabitazione in una civile abitazione, supportati in modo fortemente personalizzato da personale educativo. Coop G. Di Vittorio ha dedicato a questo scopo 2 appartamenti favorendo il percorso di coabitazione per 4 utenti. La creazione di nuovi legami e collaborazioni all’interno della realtà di Osteria Social Club può infatti favorire la nascita di rapporti mutualistici e di percorsi graduali di normalizzazione, rafforzando la rete dei servizi in loco e allo stesso tempo assicurare un ambiente di vita non solo decoroso, ma anche stimolante e (ri)generativo. A tal fine i residenti e gli operatori della Coop G. Di Vittorio e Auser Abitare Solidale sono stati invitati a partecipare al percorso di start up di comunità, coordinato da Sociolab, che ha previsto la realizzazione di incontri di costruzione della comunità abitativa, di laboratori di coprogettazione degli spazi comuni, attività di service design finalizzate a definire servizi collaborativi da attivare insieme alla comunità di residenti e la redazione partecipata di un regolamento per l’uso degli stessi spazi da parte di un nuovo soggetto. All’interno del “Sesto Smart Village”, si trova la Comunità Educativa per minori, Alidoro, gestita dalla Cooperativa G. Di Vittorio; questa accoglie bambine/i e ragazze/i, dai 6 ai 12 anni di età, che il tribunale, ha allontanato “temporaneamente” dalla famiglia di origine e inserito in struttura, come misura protettiva e di tutela. Alidoro, ha lo scopo di favorire una crescita sana ed equilibrata degli ospiti, sostenendoli nelle attività del quotidiano, in un ambiente sereno e un clima familiare. Aprire una Comunità educativa, nel contesto di Sesto Smart Village, è stata senz’altro una scommessa: costruire una “comunità” all’interno di un’altra “comunità”.


La palazzina di Alidoro è ubicata al centro di Sesto Smart Village e verso di essa si rivolgono gli affacci di tutti gli altri palazzi: inizialmente, questa collocazione, dava, ad ospiti e operatori, la sensazione di avere addosso “gli occhi di tutti”, incutendo un po’ di timore, ma con il tempo ha costituito un elemento di rassicurazione e protezione, in un ribaltamento completo della prospettiva iniziale. Insieme a Abitare Toscana e Auser Abitare Solidale, gli operatori di G. Di Vittorio hanno partecipato fin da subito ai vari incontri promossi da Sociolab, avendo così modo di conoscere alcuni degli abitanti ed essere partecipanti attivi della rete di soggetti che stava nascendo a Sesto Smart Village. Il cortile dello Smart Village costituisce un importante luogo di gioco e di incontro per i nostri ragazzi e i loro coetanei, così come occasioni di incontro sono quelle costituite dalle attività promosse dal Comitato Stephen Biko, come l’organizzazione di feste e la partecipazione a laboratori creativi. Le difficoltà non mancano ma, per quanto non tutti i ragazzi della Comunità, in base alla propria storia personale, riescano a partecipare alle attività comuni, vivere in un ambiente accogliente, cooperativo, non giudicante e ricco di stimoli, costituisce indubbiamente un valore aggiunto per l’esperienza dell’intera Comunità Alidoro. COOB è un consorzio regionale di cooperative sociali di tipo B che ha come scopo principale quello di dare peso e valore aggiunto alle esperienze di inclusione lavorativa di persone svantaggiate, di permetterne la crescita e di promuoverne la professionalità. Una rete di realtà territoriali che operano per il benessere delle comunità, offrendo servizi professionali e opportunità di crescita e formazione a persone che convivono con forme di svantaggio e che, grazie al lavoro, possono riacquistare dignità e ruolo sociale. COOB, nato nel 2004, oggi raccoglie 35 Cooperative Sociali della Toscana, dell’Umbria e dell’Alto Lazio e si pone come strumento operativo di coordinamento e leva di forze omogenee ricche di esperienze e competenze diverse. L’esperienza di COOB nell’abitare sociale è recente ma rappresenta una delle linee di sviluppo per gli anni venturi: si è sviluppata a partire dal 2019 attraverso la partecipazione diretta e/o attraverso le proprie Consorziate nella co-progettazione di alcune esperienze di HOUSING SOCIALE. Fra queste “Pieve Degli Orti” - Scandicci: Ripensare gli spazi di vita di una comunità in un grande progetto di riqualificazione urbana. Una comunità abitativa a partire dalla progettazione e gestione condivisa di uno spazio ad uso comune che punta sul valore aggregativo e sociale dell’agricoltura urbana. Da questo obiettivo ha preso le mosse il progetto che ha coinvolto i residenti di Pieve degli Orti, un complesso residenziale realizzato tra 2017 e 2018 in località “La Pieve”. Pieve degli Orti non è solo un progetto ma diventa modello di come sia possibile costruire una nuova forma di vivere gli spazi e riqualificare un’area in modo generativo e partecipato. Frutto di un ampio progetto di riqualificazione urbana, attraverso un intenso lavoro di co-progettazione e di percorsi partecipativi è stato possibile coniugare la costruzione di un complesso di Housing Sociale alla creazione di una vera community in cui i fruitori degli spazi diventano i veri protagonisti dello sviluppo e della crescita degli spazi in cui vivono. In sintesi le finalità di questo progetto sono: • a) la creazione di un sistema innovativo per lo sviluppo di percorsi di crescita personale di soggetti fragili attraverso la promozione di attività di inclusione e formazione volte a garantire alle persone prese in carico risposte concrete ai bisogni individuali. • b) il coinvolgimento attivo delle comunità locali: le attività previste mirano a determinare il coinvolgimento attivo delle comunità locali e dei diversi gruppi di portatori d’interesse nel dispiego delle azioni volte all’integrazione sociale e allo sviluppo delle autonomie personali delle persone diversamente abili e vulnerabili prese in carico. • c) la nascita di attività “strutturali” nei territori: l’azione progettuale mira a favorire la nascita e lo sviluppo di attività “strutturali”, cioè persistenti, finalizzate ad operare nel tempo nella promozione della partecipazione attiva della comunità locale. • d) lo sviluppo di azioni a sostegno dell’autonomia e dell’inserimento socio-lavorativo a favore dei giovani in uscita dai percorsi scolastici, formativi o da percorsi di tutela sociale o sociosanitaria nell’ottica di promuoverne l’inclusione sociale.

Consorzio di cooperative sociali COOB racconta

L’abitare e il Terzo Settore: l’esperienza “Fai la casa giusta” • Tancredi Attinà

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• e) la creazione di un welfare di comunità: le attività coinvolgono tutti i portatori di interesse che a diverso titolo possono influire positivamente sul conseguimento delle finalità generali e degli obiettivi specifici del progetto quali: associazioni di famiglie, utenti, volontariato territoriale che si occupano di integrazione sociale di disabili e persone vulnerabili; Cooperative di tipo B e loro consorzi, che costituiscono la risorsa essenziale di questo progetto e, più in generale, delle azioni volte a creare nuove opportunità di lavoro e sviluppo sociale nei territori; tutti gli altri soggetti che, a diverso titolo, possono concorrere al migliore sviluppo delle azioni per l’inserimento lavorativo, l’integrazione sociale, l’innovazione ed il miglioramento della capacità del sistema di dare corso a prese in carico globali, personalizzate, efficaci ed efficienti.”

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Sociolab cooperativa e impresa sociale racconta

Sociolab opera dal 2006 in Italia e all’estero per enti e istituzioni locali e regionali, organizzazioni profit e no profit, Università, fondazioni, Istituti di ricerca, agenzie internazionali con l’obiettivo di facilitare la crescita di comunità e organizzazioni a partire dalle persone. L’attività della cooperativa e impresa sociale si sviluppa su tre assi: partecipazione, ricerca sociale e codesign di soluzioni collaborative. La nostra attività di ricerca e azione nel campo delle politiche abitative si è intensificata negli ultimi 5 anni, durante i quali abbiamo potuto mettere il nostro approccio e i nostri strumenti a disposizione di un network regionale di soggetti cooperativi e del terzo settore impegnato nella promozione di un modello innovativo di abitare collaborativo. Nell’ambito di Fai la casa giusta abbiamo svolto un’attività di housing community building progettando e conducendo interventi di attivazione e coinvolgimento diretto degli abitanti di complessi abitativi per la creazione di relazioni, la gestione di conflitti, la progettazione partecipata di spazi e servizi collaborativi, la definizione di strumenti e forme di gestione di questi ultimi attraverso l’accompagnamento alla creazione di associazioni e comitati di abitanti. Il nostro lavoro è trasversale rispetto ai tre interventi descritti e si sviluppa come processo, in fasi che si susseguono nel tempo. Prima analizziamo il contesto di riferimento per declinare un progetto sociale che risponda ai bisogni dei futuri residenti ma anche dei loro vicini di casa valorizzando opportunità e risorse esistenti sul territorio. Quindi iniziamo a organizzare le attività dello start up della comunità abitativa coinvolgendo gli abitanti in attività di conoscenza e socializzazione, laboratori di co-progettazione degli spazi e autocostruzione di arredi, workshop di service design per definire servizi collaborativi e incontri facilitati per stabilire regole condivise. Il nostro approccio prevede l’organizzazione di momenti ludici e ricreativi e l’utilizzo di strumenti ispirati alla metodologia del serious game: per promuoviamo la App “Abito in Community” messa a disposizione dal Gestore Sociale per facilitare la gestione di spazi e servizi condivisi da parte degli abitanti, per esempio, abbiamo prototipato un gioco in scatola, Social Housingame, che consente agli abitanti di allenarsi a costruire un social housing collaborativo a partire dagli strumenti offerti dalla app.

La prospettiva

Allontanandoci per un attimo dai nostri territori, alcune esperienze europee, che associano la residenza condivisa e collaborativa ad attività imprenditoriali, commerciali, di spettacolo e di diffusione culturale, oltre a servizi aperti al quartiere, hanno portato l’abitare urbano a risultati concreti, sovvertendo molti pregiudizi consolidati. Tali risultati sono accomunati da un più generale progetto di vita, condiviso da gruppi sempre più numerosi di persone legate dalla voglia di sperimentare un modo diverso di vivere, all’insegna dell’inclusione sociale e del rispetto per le generazioni future, visione più che attuale anche a fronte della spinta congiunturale data dall’ecommerce e dallo smart working, manifestatasi con tutti i suoi limiti negli scorsi mesi di lock down, e che pone la città di prossimità come unica alternativa alla città a domicilio. Puntare sulla prossimità non significa inventare nuovi servizi ma renderli replicabili in diversi contesti intervenendo sulle forme di disuguaglianza territoriale tramite le specificità locali. Ed allora ecco l’idea che investe il terzo settore per un nuovo modo di abitare sperimentando strumenti e modalità per innovare il terzo settore stesso quale forma di gestione sostenibile di contesti abitativi collaborativi,

Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


strumento di protagonismo degli abitanti e di coinvolgimento di cittadini e stakeholder locali nella gestione della città di prossimità. Un nuovo modo di abitare incentrato sulle dimensioni del vivere collettivo e collaborativo in cui è possibile creare valore aggiunto tramite: • l’attivazione di economie di scala e l’efficientamento dei processi di acquisto di beni e servizi; • la produzione e lo scambio di servizi integrativi all’abitare; • il presidio e l’animazione sociale dei territori attraverso lo sviluppo di piccole attività produttive artigianali o imprese sociali che implementino i servizi alla città e quindi manutenzione e cura dei beni comuni, creazione di infrastrutture utili alla città, l’arte e la cultura. Questa sperimentazione offre al Terzo settore l’opportunità di misurare sul campo le trasformazioni e le sfide che investono i settori tradizionalmente più legati alla dimensione dell’abitare, del lavoro e dei servizi. Di converso il Terzo Settore si approccia all’abitare offrendo un ibrido di strumenti che integrano le loro rispettive competenze per dare risposta ai bisogni legati all’abitare ed al vivere in contesti urbani, dall’accesso ai servizi pubblici locali alla fruizione di servizi più evoluti di carattere sociosanitario e culturale. Una nuova cultura, dunque, che veda il protagonismo inclusivo di comunità attive e Terzo Settore accomunati dal suggestivo e ambizioso obiettivo di generare nodi vitali ed interattivi diffusi nel tessuto socio-territoriale, e quindi nuovo tessuto sociale.

L’abitare e il Terzo Settore: l’esperienza “Fai la casa giusta” • Tancredi Attinà

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Disagio abitativo post COVID-19 Barbara Da Rin

Project Manager di Nomisma

Marco Marcatili

Responsabile Sviluppo di Nomisma

Indagine alle famiglie italiane condotta nel mese di marzo 2021 nell’ambito del progetto Next Housing realizzato da Nomisma e Legacoop Abitanti.

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Il fenomeno del disagio abitativo ha subito nei vari decenni un’importante evoluzione, strettamente correlata al processo di trasformazione sociale ed economica che ha riguardato le famiglie italiane già prima degli eventi pandemici manifestatasi negli ultimi due anni. All’interno di un quadro socio economico in profondo cambiamento, la casa si conferma come uno dei fattori principali di riconoscimento sociale; il suo possesso garantisce l’acquisizione di alcuni diritti, e in alcuni casi è la condizione necessaria per ottenerne il riconoscimento. In quest’ottica, la dimensione economica non rappresenta più l’elemento che definisce o influenza maggiormente la condizione di disagio abitativo. Vanno infatti aggiunti altri fattori non più secondari come la precarietà del lavoro, la situazione familiare, la tendenza sempre più comune tra i giovani a posticipare una scelta di autonomia, oppure alcuni fattori di natura demografica che influenzano il mercato abitativo oltre ad aspetti legati al sistema sociale e familiare. Fattori divenuti quanto mai importanti durante la pandemia. In altri termini, alle problematiche legate all’abitazione di natura prettamente economica, che fino agli anni ‘70 rappresentavano gli unici indicatori del disagio abitativo, a partire dal decennio successivo si sono aggiunte problematiche di natura sociale ed abitativa. Ne deriva una nuova accezione dell’idea di disagio, che si fonda su un’analisi multidimensionale. Con questa accezione, Nomisma ha voluto indagare la domanda cosiddetta “debole” in epoca pandemica, per comprendere le condizioni in cui versano le famiglie e i bisogni che esprimono, allargando lo sguardo e prendendo in considerazione una serie di criticità riconducibili sostanzialmente a tre ambiti di debolezza. Nel dettaglio, la fotografia delle famiglie scattata da Nomisma attraverso un’indagine campionaria rappresentativa della popolazione italiana1 ha evidenziato 3 differenti tipologie di debolezze: • la “debolezza economica”, intesa in termini di difficoltà nel sostenere le spese legate all’abitazione e che coinvolge 7,3 milioni di famiglie (pari al 28,3% di tutte le famiglie italiane); • la “debolezza abitativa” caratterizzata da un’insoddisfazione riguardante sia le caratteristiche dell’immobile, sia una serie di aspetti relativi al contesto in cui si vive, che interessa una platea di 3 milioni di famiglie (11,7%). Tra queste ve ne sono 420mila insoddisfatte sia della propria abitazione che del contesto abitativo. Si tratta di famiglie nel 13,5% dei casi con redditi al di sotto di 2.400euro/mese e nel 6,7% dei casi con redditi al di sopra di 2.400euro/mese. La debolezza abitativa è trasversale alla ripartizione geografica, all’ampiezza del comune di residenza e al numero di componenti della famiglia;


• Oltre a queste due debolezze ve ne è una terza, di tipo “sociale”, caratterizzata da problematiche legate al tema della salute (presenza di persone non autosufficienti, con limitazioni nelle attività quotidiane, ecc.), del lavoro (componenti disoccupati o che lavorano in maniera discontinua) e del sistema relazionale (assenza di una rete familiare o amicale di supporto), che coinvolge ben 11,3 milioni di famiglie (43,5%). L’attenzione poi si è concentrata su quei segmenti di famiglie che presentano al contempo più di una debolezza, e che quindi vivono una situazione di elevata fragilità. Nello specifico, ci sono circa 625 mila famiglie (2,4% delle famiglie totali) che manifestano tanto una debolezza economica quanto una debolezza abitativa: si tratta soprattutto di persone anziane che vivono da sole, sovente in una casa in affitto e che risiedono nei grandi centri urbani, con un reddito inferiore a 1.200 euro al mese. Ci sono poi circa 890 mila famiglie (3,4%) che segnalano difficoltà sia sul fronte abitativo che su quello sociale, rappresentate principalmente da nuclei di 2 persone, generalmente un adulto con un genitore anziano a carico. Un altro gruppo è costituito da ben 3,7 milioni di famiglie (14,1%) che esprimono contemporaneamente criticità economiche e una fragilità di tipo sociale, diffuse soprattutto nel Sud del Paese e nelle città di medie dimensioni (tra 40 mila e 100 mila abitanti). Infine, si aggiunge un altro milione di famiglie (3,9%) che concentrano su se stesse tutte le 3 tipologie di debolezza: in questo caso sono coppie con figli, in particolare genitori soli con figli, che condividono l’abitazione con altre persone (legate o meno da vincoli di parentela) e che presentano problemi occupazionali. Nel complesso, la lettura dei fenomeni descritti conduce alle seguenti considerazioni: Le famiglie che vivono in debolezza abitativa hanno spesso anche problemi economici e di tipo sociale: si tratta delle cosiddette “famiglie incastrate” perché manifestano difficoltà ad attivare una delle tre leve (economica, sociale ed abitativa); Vivono spesso in affitto, in case di piccole e medie dimensioni, nei grandi centri urbani; A «soffrire» sembrano, particolarmente, le famiglie nelle quali convivono persone di età diverse, in cui spesso la coabitazione è dettata da situazioni di necessità: in questo caso la coabitazione viene vissuta come un elemento di fragilità. Questo il caso, ad esempio, di figli ormai adulti che non hanno le risorse sufficienti per distaccarsi dal nucleo di origine, o che dopo una separazione tornano a vivere dai genitori anziani, o, al contrario, di genitori che rimasti vedovi si trasferiscono a casa dei figli.

Disagio abitativo post COVID-19 • Barbara Da Rin, Marco Marcatili

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Le sette parole chiave della qualità abitativa nel post pandemia Sociolab società cooperativa e impresa sociale

L’emergenza pandemica con le sue conseguenze socio economiche ha ridefinito in modo sempre più evidente e urgente la questione abitativa nei suoi diversi aspetti strutturali e gestionali: dalle soluzioni per l’emergenza abitativa alla gestione delle morosità incolpevoli, dall’idoneità alloggiativa alla sempre maggiore rigidità del mercato della locazione. Problemi antichi nel nostro paese che, in fase di crisi, mostrano tutta la fragilità di un sistema di politiche abitative incapace di intercettare e rispondere a bisogni sempre più articolati e diversificati. La riflessione che si è generata durante e a seguito del primo lockdown nazionale però, ha anche riguardato e messo profondamente in discussione il paradigma della qualità dell’abitare nella sua doppia natura architettonica e sociale, facendo emergere la necessità da un lato di rendere la casa un’infrastruttura intelligente capace di ospitare attività che prima erano svolte in ambienti non domestici e, dall’altro, quella di (ri)attivare processi di empowerment della comunità e della rete di vicinato che hanno dimostrato tutta la loro utilità durante i periodi di maggiore restrizione degli spostamenti. Attraverso un percorso di indagine realizzato nell’autunno del 2020 sono state prodotte alcune linee guida per progettisti e enti del terzo settore concorrenti al beauty contest quale materiale di spunto e riflessione per stimolare soluzioni architettoniche innovative capaci di rispondere alle criticità evidenziate dal COVID-19, favorendo al contempo occasioni di socialità e comunità. L’indagine finalizzata a rilevare, analizzare e triangolare il punto di vista di esperti, gestori e abitanti ha previsto diversi step: ricognizione e analisi del dibattito pubblico multidisciplinare; interviste ad una selezione di portatori di interesse che portassero il punto di vista della “gestione” di alloggi di edilizia popolare o sociale durante e post lockdown; la rilevazione del punto di vista degli abitanti mediante un questionario online somministrato ai residenti di alcuni social housing toscani e un laboratorio didattico rivolto ai piccoli abitanti. La ricerca ha messo a fuoco tre dimensioni spaziali e relazionali - la casa, gli spazi intermedi e la città - e come l’attivazione di reti e relazioni tra gli abitanti opportunamente dotati in termini di risorse, supporto e spazio di azione/partecipazione, possa contribuire alla creazione di un sistema di welfare abitativo dinamico che risponda in maniera efficace alle nuove esigenze emerse. Ne emerge un approccio integrato alla progettazione di nuovi alloggi sociali sintetizzato in 7 parole chiave per la progettazione “socio-architettonica”:

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Comfort

Ripensare la configurazione dell’alloggio in termini di spaziosità, luminosità, aerazione, insonorizzazione e distribuzione in modo che lo spazio risulti adeguato e confortevole, anche per prevenire situazioni di stress e conflittualità che si possono ingenerare tra chi vi abita, inserendo spazi filtro tra l’ingresso e le diverse stanze per tutelare privacy/igiene e affacci esterni di qualità.

Modularità

Progettare spazi versatili e flessibili che consentano lo svolgimento di attività diverse in momenti diversi della giornata. Negli spazi domestici, tutelare la zona notte e organizzare la zona giorno in modo che possa conciliare le attività in remoto che creano una connessione con l’esterno (lavoro, didattica, formazione, socialità) con le attività personali e familiari che attengono la sfera privata. Negli spazi comuni, progettare locali e aree potenzialmente polifunzionali, il cui effettivo uso possa essere declinato dagli abitanti nelle forme che più rispondono alle loro esigenze e che possa essere facilmente modificato in base al mutare delle condizioni.

Connessione

Porre attenzione alle connessioni spaziali e relazionali, materiali e immateriali in modo da ridurre la sensazione di isolamento degli abitanti e dar loro strumenti per sviluppare un sistema di socialità che possa, in situazioni emergenziali, tradursi anche in solidarietà. Nello specifico, progettare spazi intermedi che facilitino nella quotidianità, l’incontro e la conoscenza reciproca anche e soprattutto dei bambini, proporre momenti di confronto e ascolto, fornire strumenti di comunicazione (ad esempio social network o APP dedicate), garantire la connessione wifi e progettare edifici permeabili rispetto al quartiere, evitando muri e recinzioni, e ben connessi ai percorsi pedo-ciclabili della città.

Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


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Dare ampio spazio al verde per favorire il contatto con la natura anche nel contesto urbano e permettere lo svolgimento di attività all’aperto soprattutto ai più piccoli. Laddove possibile destinare alcuni spazi condivisi aperti alla coltivazione di giardini, orti, serre, anche per consentire attività dirette alla produzione di ortaggi per autoconsumo e, più in generale, uno stile di vita salutare. Creare spazi fruibili per svolgere attività fisica e sportiva all’aperto.

Natura

Supportare l’esperienza abitativa mediante l’attivazione di processi decisionali e gestionali che stimolino la partecipazione attiva degli abitanti in modo da costruire una consapevolezza diffusa di essere inseriti in un sistema di connessioni/relazioni e da coinvolgerli attivamente nella costruzione di una comunità abitativa su misura. Porre particolare attenzione alle persone con maggiore fragilità come risorsa per la comunità.

Attivazione

Dotare il complesso abitativo di spazi e strumenti che consentano ai futuri abitanti di avviare servizi collaborativi che possano facilitare la loro esperienza abitativa e generare risparmi, se non addirittura piccoli introiti da “investire” a beneficio della comunità abitativa: spazi di consegna e stoccaggio per acquisti collettivi; sistemi di smart grid per controllare e ridurre i consumi energetici incentivando le energy community; spazi e servizi per mezzi di trasporto ecologico/sharing.

Collaborazione

Mappare i servizi di interesse collettivo, i luoghi di incontro e del tempo libero facilmente raggiungibili a piedi in modo da progettare al meglio le connessioni pedonali con i luoghi di interesse e fornire indicazioni utili ai futuri abitanti sulle opportunità presenti. Porsi in dialogo con le istituzioni e il terzo settore per identificare eventuali servizi che possono essere sviluppati nell’ambito della comunità abitativa, anche nell’ottica di sviluppare un sistema di sostenibilità economica per attività che qualifichino l’offerta per i nuovi residenti e per la città nel suo complesso.

Prossimità

Le sette parole chiave della qualità abitativa nel post pandemia • Sociolab società cooperativa e impresa sociale

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


I DIECI PROGETTI DEL CONCORSO

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I dieci progetti del concorso Maria De Santis

Università degli Studi di Firenze

Il Bando di concorso

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

Sono dieci le proposte progettuali che hanno partecipato al concorso di idee per ripensare la qualità dell’abitare nell’edilizia sociale, a seguito dell’emergenza da COVID-19. L’iniziativa promossa dalla Regione Toscana attraverso il Fondo Housing Toscano, gestito da InvestiRE e partecipato, tra gli altri, dal Fondo Investimenti per l’Abitare, gestito da CDP Immobiliare SGR, dalla Regione Toscana, dalle Fondazioni CR Firenze, Cassa di Risparmio di Prato, Cassa di Risparmio di Pistoia e Cassa di Risparmio di Livorno in attuazione di un protocollo d’intesa mirato proprio alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale di tipo sperimentale. Una sperimentazione progettuale volta a orientare le future politiche abitative verso lo sviluppo di un nuovo modello di intervento urbanistico-edilizio nel settore dell’edilizia sociale capace di rispondere concretamente alle nuove esigenze della società. Un’occasione per argomentare una riflessione profonda sulle criticità di un sistema normativo rigido e desueto che, da strumento pensato per garantire standard qualitativi, è diventato limite per i nuovi bisogni. Il concorso, anche sulla scorta delle esperienze a livello nazionale portate avanti dal gruppo InvestiRE Sgr, spinge la riflessione verso modelli abitativi che prevedono soluzioni e spazi per favorire la coesione sociale, l’integrazione della comunità e la sostenibilità ambientale. Tra cittadini, istituzioni e operatori del settore è ormai matura la consapevolezza di utilizzare un approccio diverso per affrontare l’annosa questione dell’emergenza abitativa che rispetto ai nuovi scenari non può più essere centrata sull’aspetto esclusivamente quantitativo. La complessità della questione, che con il dramma del Covid-19 è di fatto esplosa e si è arricchita di nuove criticità, ci obbliga a una diversificazione delle risposte e a ripensare profondamente i processi e gli strumenti per le nuove politiche dell’abitare da mettere in campo. Emerge quindi la necessità di spostare l’attenzione dalla dimensione quantitativa a quella relazionale per immaginare servizi in grado di costruire nuove comunità. Sono le relazioni tra le persone, e il tessuto sociale che ne deriva, il vero nodo da sciogliere per un progetto responsabile dell’abitare sociale intrinsecamente connesso con una nuova cultura collaborativa e una sensibilità civica del vivere insieme condividendo l’uso e la cura di spazi, risorse e servizi integrati nell’organismo abitativo. Per avviare tale processo virtuoso il bando ha richiesto la partecipazione di gruppi integrati di studi professionali di architettura con soggetti specializzati del Terzo Settore, proprio per favorire e incentivare processi progettuali in grado di promuovere soluzioni spaziali, integrate con tecnologie smart e formule di servizi collaborativi, per migliorare la coesione sociale e la qualità della vita degli abitanti. In particolare il bando ha individuato, come criteri di selezione, i seguenti obiettivi: • incentivare una nuova qualità dell’abitare che tenga conto delle criticità emerse nell’attuale sistema urbanistico-edilizio a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19; • promuovere un modello abitativo post-pandemia basato su una progettazione architettonica di modelli residenziali innovativi, realizzando forme di edilizia ispirata a nuove concezioni per fornire una risposta adeguata all’evoluzione del fabbisogno abitativo, promuovendo interventi volti ad innalzare la qualità del vivere e dell’abitare, attraverso la riqualificazione e l’incremento del patrimonio edilizio esistente; • sviluppare modalità innovative di erogazione dei servizi, favorendo la diffusione di sistemi abitativi maggiormente integrati con la tecnologia e formule di servizi collaborativi, migliorando al contempo la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini.


Per quanto riguarda le soluzioni tecnico-architettoniche integrate con servizi alla residenza (in formule autogestite o con il supporto del Terzo Settore), le soluzioni devono: • favorire interventi connessi allo spazio urbano, privilegiando il recupero e la realizzazione di organismi edilizi che assicurino prossimità delle residenze ai servizi, alle strutture lavorative e ricreative, finalizzati alla riduzione degli spostamenti e del pendolarismo; • privilegiare soluzioni ecosostenibili, di innovazione tecnologica e tipologica dei manufatti tali da garantire un basso impatto ambientale anche in termini di materiali utilizzati (in fase di costruzione, di esercizio, smaltimento a fine vita); • prevedere spazi in grado di garantire l’interrelazione dell’utenza con l’ambiente esterno, valorizzando elementi edilizi quali balconi, terrazzi e logge, cortili e giardini anche condominiali, nonché tutti gli spazi intermedi in generale che possono svolgere ruoli importanti, anche dal punto di vista ambientale, in coerenza con il green building approach; • garantire l’accessibilità e la flessibilità degli spazi, al fine di rendere gli alloggi utilizzabili anche per altre funzioni oltre a quelle strettamente abitative, con interventi che privilegino dimensioni degli alloggi adeguate e confortevoli per utilizzi differenziati e permanenze prolungate, contemplando anche l’inserimento di spazi e piani flessibili da destinare alle diverse esigenze della comunità, quali, a titolo esemplificativo, smart working, smart learning, attività culturali, svago, fitness, società e assistenza sanitaria; • prevedere negli alloggi la dotazione di spazi filtro e disimpegno, in particolare modo nelle zone di ingresso, al fine di garantire una maggiore separazione tra ambiente esterno e ambiente domestico; • sviluppare modalità innovative di erogazione dei servizi, favorendo la diffusione di sistemi abitativi maggiormente integrati con strumenti informativi di telemedicina volti a garantire elevati livelli di salubrità, definendo nuovi sistemi per il trattamento dell’aria “sistemi salute”, attrezzando gli alloggi con strumenti utili a individuare lo stato di salute dell’utenza, sul modello del “kit salute” (saturimetro, termometro, attacco per erogatore ossigeno, possibilità di connessione alle strutture sanitarie territoriali), prevedendo presidi per la sanificazione dei luoghi (lampade a raggi UV); • favorire interventi urbanistico-edilizi di housing sociale volti a configurare nuovi assetti abitativi multifunzionali e di rigenerazione urbana offrendo servizi, anche presenti all’interno degli interventi stessi, che diano vita a nuovi quartieri nei quali in quindici minuti si possano raggiungere tutti i servizi di cui si può aver bisogno a piedi, ovvero nel raggio di cinquecento metri, evitando quindi quartieri tematici monofunzionali, vista l’importanza emersa durante il lockdown di avere accesso a tutti i servizi necessari, come anche a spazi di intrattenimento e svago, nelle vicinanze di casa. A supporto dello sviluppo progettuale sono stati inoltre forniti alcuni documenti, frutto dell’esperienza maturata negli ultimi anni nel campo del social housing, che hanno supportato lo sviluppo dei diversi programmi progettuali rappresentati. Le richieste del bando sintetizzano l’esigenza di un ripensamento radicale dell’abitare ponendo in discussione gli spazi, all’interno e all’esterno della dimensione abitativa, le sue funzioni e il rapporto con la città. I dieci gruppi invitati, selezionati con un avviso pubblico esplorativo, hanno affrontato in modo coordinato lo sviluppo di una ricca gamma di soluzioni proponendo diverse opzioni tecno-tipologiche per valorizzare la flessibilità degli spazi abitativi e favorire l’integrazione con nuove modalità di erogazione dei servizi alla residenza pensati per essere collaborativi grazie al coinvolgimento di facilitatori e strumenti ICT. Centrale è la definizione dei bisogni abitativi e del ruolo strategico di un nuovo welfare abitativo che si traduce in servizi di comunità, progettati secondo una gerarchia in grado di supportare tutte quelle attività individuali e collettive che non trovano luogo nello spazio privato dell’abitazione e in quello pubblico della città di prossimità. Occorre quindi “destandardizzare” i modelli di welfare, aprendo una interpretazione dei servizi sociali non solo pensati nei termini dell’assistenza sociale, ma anche in una visione più ampia che riconosce la domanda di servizi

I dieci progetti del concorso • Maria De Santis

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anche da parte di quei cittadini (anziani, bambini, mamme, ecc.), che pur non avendo difficoltà economiche particolari, esprimono bisogni di cui le politiche pubbliche devono occuparsi (Bricocoli, Savoldi, 2010). I progetti proposti presentano una ricca panoramica di possibili scenari confrontandosi anche con gli effetti più estremi della distopia ambientale prodotta sull’abitazione dal COVID-19. Se le funzioni dell’alloggio sono aumentate, e l’abitare deve evitare di accentuare il divario economico esistente nel tessuto sociale, sarà necessario controllare i costi adeguando l’abitazione allo svolgimento di nuove funzioni senza incrementi di superficie per l’alloggio ma ricercando la qualità aggiuntiva in altre formule di welfare risolte con spazi e servizi condivisi ed erogati entro e fuori la dimensione dell’alloggio attraverso un sistema gerarchico di attività.

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Nuovi spazi per nuovi servizi

In considerazione della crescita delle funzioni che si devono svolgere all’interno dell’abitazione e della dimensione limitata dello spazio i progetti del concorso propongono soluzioni che cercano da un lato nuovi spazi condivisi al di fuori dell’abitazione e dall’altro suggeriscono i modi in cui è possibile interpretare la flessibilità al suo interno. I nuovi spazi si traducono in servizi risolti con una gamma assortita di soluzioni chiuse, coperte o aperte che trovano luogo nella diversa sequenza di tutte quelle zone intermedie che l’edificio propone sfruttando la peculiare vocazione di luogo di incontro e di prossimità con l’abitazione. I piani terra, gli spazi di distribuzione, le coperture si traducono in nuove forme riuscendo così a supplire da un lato alle carenze dimensionali dell’abitazione e dall’altra proponendo una concreta opportunità per realizzare quella necessaria osmosi tra abitante/comunità/ città. Le zone intermedie spesso solo di risulta. o conseguenza di morfologie e tipologie progettuali, vengono così riabilitate assumendo una funzione centrale per il funzionamento delle nuove comunità. Nuovi luoghi che si offrono per una gamma di usi e pratiche tali da arricchire e alternare occasioni di privacy e socialità moltiplicando gli effetti sulla qualità dell’abitare grazie all’uso di strategie per: alimentare il senso di sicurezza dei luoghi; attivare economie di scala condividendo spese di acquisto, gestione e manutenzione; incentivare le opportunità di socializzazione accrescendo il senso di appartenenza a una comunità. In alcuni casi viene messo in evidenza l’importanza della gerarchia delle zone intermedie, ma anche della loro ricchezza e chiarezza, per suscitare nelle persone che le percorrono e le utilizzano processi di appropriazione spaziale e di identificazione.

La flessibilità dell’alloggio

La flessibilità interna all’alloggio viene invece interpretata in una gamma di soluzioni principalmente influenzata dalle scelte modulari del sistema strutturale (in prevalenza puntiforme) e impiantistico, e delle conseguenti tipologie di taglio dell’alloggio fino a misurarsi sullo studio del vano e del rapporto dimensionale tra zona notte e zona giorno. In alcuni casi i progetti si spingono verso il superamento della dimensione standard della camera a favore di un nuovo standard che propone camere da letto flessibili che si attestano su dimensioni di 11-12 metri quadri calibrate per poter accogliere le diverse configurazioni di arredo (per uso matrimoniale, doppia o singola) e in alcuni casi, associate a un secondo bagno, riescono anche a creare ambiti autonomi nella zona notte, per rispondere a diverse esigenze (pandemia, anziani, badanti, ospiti). Anche la separazione tra lo spazio notte e lo spazio giorno tende in alcuni casi a farsi più fluida per favorire spazi multiformi, anche su più livelli (letto sopra scrivania). Per questo viene suggerita la possibilità di passare ad altezze interne dei vani di 3,00-3,50 metri per poter consentire la realizzazione di arredi abitabili con micro architetture interne che, soprattutto in presenza di bambini, portano a una vera moltiplicazione delle superfici abitabili e delle loro funzioni. In alcune proposte lo studio degli elementi di arredo è strettamente legato al progetto architettonico configurando “invenzioni spaziali” che garantiscono la fluidità dell’impianto distributivo e, al tempo stesso, la modulazione della privacy: volumi centrali per ambienti di servizio; arredi-cerniera multifunzionali che filtrano alcuni ambienti;

Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


cucina passante per arricchire con microcircuiti secondari il sistema dei percorsi principali; letti che con soluzioni d’arredo diventano la misura minima per lo svolgimento delle diverse attività (dormire, giocare, studiare). Non esistono più le soluzioni con angolo cottura, si privilegiano al contrario cucine generalmente più grandi e attrezzate che accentuano la funzione di blocco tecnologico. Perdendo, nella maggior parte dei casi, la connotazione di stanza dedicata lo spazio cottura dialoga apertamente con lo spazio pranzo-soggiorno potenziando così la sua flessibilità d’uso e nel tempo per diventare luogo di incontro, consumo del cibo, area di studio o lavoro. L’incremento di superfici a favore della zona notte viene compensato con la superficie della zona giorno che per contro riconquista una proiezione verso l’esterno con lo spazio della loggia, nobilitata in una potenziale stanza all’aperto, coerente con i bisogni emergenti e con i costi modesti di realizzazione rapportati all’incremento di qualità della cellula abitativa. L’ingresso all’alloggio è nella maggior parte dei casi mediato da zone-filtro costruite su spazi sequenziali (da 2 a 3) ipotizzati e attrezzati per: spazio pertinenziale esterno, spazio sporco/contenitore, spazio pulito/area di sanificazione in caso di bisogno. Alle soluzioni tipologiche e distributive vengono associate soluzioni tecnologiche e impiantistiche capaci di rispondere ai diversi livelli prestazionali richiesti per la realizzazione di edifici NZEB o zero emissioni, rispondenti ai requisiti CAM e comunque in linea con le esigenze di sostenibilità ambientali oggi richieste. Dai risultati del concorso emerge il forte contrasto tra uno scenario dei bisogni e dei comportamenti abitativi in forte evoluzione, con contorni ancora fluidi, e un apparato normativo che dimostra un ritardo imbarazzante per gli scenari che si prospettano. Dai progetti scaturisce l’esigenza di questo settore di affrontare nei prossimi anni le nuove sfide, per arricchirsi di processi e strumenti innovativi funzionali alla mediazione sociale capaci di favorire la gestione e la crescita delle nuove comunità di abitanti e di superare la dimensione puramente dimensionale e i limiti normativi cogenti, con i quali la disciplina progettuale ha dovuto affrontare il problema della casa negli ultimi anni, ponendo il ruolo delle persone e della ricerca di qualità al centro del dibattito sull’abitare collettivo (De Santis, 2015). Il Terzo Settore assume quindi a un ruolo chiave nel processo di rinnovamento del programma di progetto, a partire dalla fase preliminare fino alla fase di accompagnamento e gestione delle nuove comunità di abitanti. L’esperienza del concorso e delle sperimentazioni messe in campo negli ultimi anni, come il progetto dell’area metropolitana fiorentina “Abito in community”1, hanno ormai avviato un nuovo percorso di verifica su nuove forme di collaborazione tra gli operatori dell’housing sociale, il Terzo Settore e i progettisti secondo un modello di sviluppo urbano sostenibile declinato in chiave ambientale, economico e sociale.

Processi e strumenti innovativi

1 Abito in Community è un progetto cooperativo di sistema, sostenuto dalla Fondazione CR Firenze con il bando Fai la Casa Giusta. in tre Social Housing dell’area metropolitana fiorentina: Pieve degli Orti, Sesto Smart Village, Osteria Social Club. Tra i progetti vincitori del Premio URBANISTICA 2022 nella categoria Rigenerazione ambientale, economica e sociale. Disponibile su: https: https://urbanpromo.it/2020/ progetti/abito-in-community-un-modo-tutto-cooperativo-per-fare-la-casa-giusta/ [ultimo accesso: 4/6/2022].

A tutto ciò si associa l’impellente necessità di riformulare e implementare gli strumenti per lo sviluppo del progetto. Il processo di aggiornamento innescato dall’intelligenza artificiale sta proponendo strumenti sempre più evoluti, alla portata economica e di facilità di utilizzo dell’utente in grado di personalizzare e controllare gli usi e la gestione della casa e del condominio. Si sta così traghettando la casa verso modelli di gestione che presto saranno in grado di far dialogare le smart home con le smart city. La stessa inarrestabile evoluzione riguarda anche gli strumenti del progetto come il BIM (Building Information Modeling), pensati per la gestione delle informazioni a supporto dei processi collaborativi di sviluppo del progetto, che si stanno evolvendo in nuove soluzioni integrate di “gemello digitale” (Digital Twin) attraverso cui verificare tutte le prestazioni, dalla fase di progetto fino alla sua realizzazione, e prevedere i futuri interventi di gestione e manutenzione secondo il modello urbano della città intelligente, inclusiva e sostenibile.

Nuovi strumenti per il progetto

L’ibridazione dei saperi sono una prospettiva che la Scuola di Architettura dell’Università di Firenze ha colto e sperimenta già da alcuni anni con progetti formativi, per i progettisti di domani, e ricerche (AA.VV., 2014) che si focalizzano sulla sinergia fra le diverse discipline per realizzare un ambiente fecondo di idee dove architetti,

L’ibridazione dei saperi per la formazione

I dieci progetti del concorso • Maria De Santis

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ingegneri, agronomi, botanici, sociologi, scienziati possono dialogare fra loro per affrontare le nuove sfide di cura di un territorio, che deve essere interpretato come un insieme di uomini prima che di muri per ritrovare un nuovo equilibrio di sostenibilità con l’ambiente. Siamo in una fase in cui le esperienze messe in campo nei progetti di rigenerazione urbana, in particolare di quelle che riguardano l’abitare, stanno conducendo progressivamente a un cambiamento radicale nei modelli di processo aumentando quella capacità di ascolto delle parti interessate che possono sollecitare e alimentare il risultato di sintesi complessa che investe il progetto dell’abitare. La presente pubblicazione, includendo i lavori di tutti i partecipanti, si pone lo scopo di allargare la riflessione su tutte le sfumature che questo ricco repertorio di progetti intende suggerire per la costruzione di nuovi modelli per l’edilizia sociale che possano contribuire a innalzare la qualità della vita degli abitanti dalla scala dell’alloggio a quella del quartiere per arrivare a un modello urbano più sostenibile.

Bibliografia Bricocoli, M., et al., (2010), Milano Downtown. Azione pubblica e luoghi dell’abitare, et al./Edizioni, Milano De Santis, M., Bellini, E., Macchi, A., Otti, L., (2015), “Coabitare in rete: dall’abitare la città all’abitare diffuso”, in BDC. Bollettino Del Centro Calza Bini, 15(2), pp. 389-401. https://doi.org/10.6092/2284-4732/4070 Ferri, G, Pacucci, L., (2015), Realizzare housing sociale. Promemoria per chi progetta, Mondadori, Milano. Regione Toscana, (2020), Abitare in Toscana - Anno 2020 - Nono rapporto sulla condizione abitativa in Toscana. Disponibile su: https://www. regione.toscana.it/documents/10180/13844663/ Condizione+abitativa2020-interattivo.pdf/59ea99cab455-640d-4ef0-04727f000319?t=1611828713063 [ultimo accesso: 4/3/2022].

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Rossi Prodi, F., De Luca, G., Gorelli, G., De Santis, M., Stanghellini, S., (2014). Abitare sociale. Modelli architettonici e urbanistici per l’housing sociale. Linee Guida, Altralinea edizioni, Firenze ISBN:9788898743162 Sica, A., Ferri, G., (2015), Progetto 10.000. Linee Guida, CDP Immobiliare Società di Gestione del Risparmio S.p.A., in collaborazione con Investire SGR e Fondazione Housing Sociale. Disponibile su: https://www. cdpisgr. it/static/upload/pro/progetto-10-000-lineeguida. pdf [ultimo accesso: 4/3/2022]. Socioloab, (a cura di), (2020), La qualità abitativa post pandemia. Rapporto sull’attività di indagine e ascolto funzionale alla redazione di linee guida per migliorare la qualità abitativa nel post pandemia. Disponibile su: https://www.abitaretoscana.it/pdf/qualita_abitativa_post_pandemia.pdf [ultimo accesso: 4/3/2022].



1° classificato progetto ROSSI PRODI Associati s.r.l. Fabrizio Rossi Prodi, Simone Abbado, Tommaso Rafanelli, Francesca Genise Partner Terzo Settore Auser Abitare Solidale – Gabriele Danesi

Collaboratori studio Cristina Micheloni, Elia Zoppi, Raffaele Saponaro, Teresa Aronne, Francesco Albertoni Consulenti Politecnica. Ingegneria e Architettura – Giulio Bechi, Massimo Fiorini testo a cura di Fabrizio Rossi Prodi

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Una nuova visione adattiva della residenza post-COVID-19 Abitare post-pandemia Nei primi mesi di diffusione della pandemia la casa è diventata l’unica dimensione della vita umana in tutto il mondo mentre la città e lo spazio pubblico sono stati vissuti meno ed in modo molto diverso da prima. Tuttavia senza la città e lo spazio pubblico non è possibile alcun pensiero sulla casa. Ora, più che mai, la casa è diventata il centro dell’attenzione dei cittadini, sono stati resi pubblici i nostri spazi privati e questo abitare dentro le quattro mura ha fatto percepire e avvertire la casa in modo diverso. All’interno della casa diventa determinante superare la pre-determinatezza funzionale dello spazio (il taglio alloggio) per adattarlo alle nuove esigenze, renderlo “aperto”, disponibile ad essere utilizzato per più funzioni, facilitando le scelte di chi lo utilizza. All’esterno, poiché ciascuno ha potuto sperimentare sulla propria pelle che parte integrante della “ripresa” ha riguardato l’appropriazione degli spazi urbani temporaneamente deserti o inutilizzati, sarà necessario immaginare nuovi modi di abitare la città e rivalutare gli spazi della casa stessa, in particolare modo quelli di confine. Tutto questo avviene all’interno di un obiettivo alla base della “ripartenza” e cioè quello di favorire un’idea di comunità che non è più solo quella europea e globalizzata, ma è soprattutto quella locale, più prossima. Da questo punto di vista la casa è sia limite che ponte, può separare oppure unire realtà, spazi: questa è una delle lezioni che il COVID-19 ha fornito a tutti. Parlare di casa conduce, quindi, ad un concetto chiave: il limite, la soglia. Il progetto architettonico si concentra allora sul disegno di luoghi, sul limite tra lo spazio privato e il pubblico, tra la vita interiore e quella esteriore dei cittadini. L’introduzione di nuovi modelli abitativi coerenti con una società sempre più “mutante” ed un desiderio di “comunità” sempre più forte passa attraverso la risposta all’interrogativo su come potenziare e rendere sostenibili spazi fluidi di condivisione e di connessione. L’offerta di abitazioni oggi deve arricchirsi anche in funzione dei servizi e del livello di personalizzazione; questi servizi sono sia legati alle esigenze della comunità con la necessità di spazi per flex office, associazionismo, gruppi di acquisto, banche del tempo, sostegno alle famiglie ed alle persone fragili, ma anche alle esigenze del singolo con

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forniture tecnologiche più o meno avanzate per la gestione sostenibile della residenza e del benessere personale. Ecco come la gestione sociale delle comunità di residenti e i servizi diventano quindi i driver della casa adattiva. La forza, in questo senso, dei complessi di housing sociale consiste proprio nella capacità di offrire agli abitanti la possibilità di sviluppare la propria quotidianità all’interno di un ricco contesto di prossimità, grazie sia al ragionamento dell’architettura sugli spazi di soglia e inter-esterni, ma anche sulla forma, collocazione e carattere dei servizi. La pandemia ha fatto capire che possiamo abitare le città con un livello di densità minore. Forse il futuro porterà a vivere in micro comunità (Molinari, 2021) molto legate

al proprio contesto territoriale in modo tale che la domanda di residenza favorisca progetti di rigenerazione urbana in cui l’abitare rappresenti un’opportunità di trasformazione del territorio con ben identificabili orizzonti cooperativi, ma anche un’occasione per attivare economie ed interessi specifici. L’intenzione è di creare non solo nuovi edifici per abitazione ma anche una più congrua intensità relazionale e di senso all’interno della città in un determinato territorio. La presenza di soggetti cooperativi e del terzo settore radicati sul territorio garantisce una sostenibilità di lungo periodo al progetto: gli operatori diventano punti di riferimento per tutti gli inquilini, offrendo loro supporto nella gestione degli spazi e dei servizi.


La residenza come servizio Rapporto contestuale L’idea di prossimità all’interno delle città è completamente cambiata a seguito della pandemia anche se, forse, stava già cambiando prima come conseguenza dell’uso sempre più diffuso delle tecnologie; l’utilizzo a tutti i livelli della società di tecnologie sempre più performanti ha cambiato la percezione dei confini che non sono più quelli fisici proprio perché sono amplificati dalle tecnologie. Ne consegue la nascita di nuove comunità, ibride, digitali (Manzini 2021): bisogna ripensare il concetto di quartiere in un’ottica di “localismo cosmopolita”. La Ville du quart d’heure di Carlos Moreno, teorizzata per Parigi, è questo ripensamento dell’idea di quartiere dove reti brevi della vita quotidiana, quelle delle piccole distanze a piedi o in bicicletta si connettono con quelle lunghe, lavorative, culturali o di studio. Secondo questa teoria, in un contesto urbano, il lavoro, i negozi, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il benessere, la cultura, lo shopping e il divertimento dovrebbero essere tutti raggiungibili entro quindici minuti da casa propria, a piedi o in bicicletta. Viene posta al centro l’abitazione e, nel raggio di un quarto d’ora, tutte le attività essenziali, che compongono gran parte della vita di ciascuno: studiare, lavorare, fare la spesa, stare all’aria aperta, fare attività fisica, andare dal medico, uscire e svagarsi. Durante il periodo della pandemia con lo smart working e le regole anti-contagio, questo modello è stato in parte già sperimentato con tanti benefici, a partire da una riappropriazione del proprio tempo vitale, grazie alla drastica riduzione delle ore sprecate in lunghi spostamenti all’interno delle metropoli. Per questa ragione molte città europee hanno adottato questo modello per il proprio sviluppo. Questo ritorno alla vitalità dei quartieri, promuovendo la frequentazione delle vie “sotto casa” comporta delle radicali modifiche al pensiero sulla città da uno spazio ancora altamente mono-funzionale, con le sue diverse aree specializzate, ad una realtà policentrica (polycentric net di K. Lynch) in cui il concetto di centro e periferia sono relativi perché si muovono dinamicamente all’interno della rete. Diventa, quindi, fondamentale ottimizzare la gamma dei servizi attraverso la tecnologia digitale e i modelli di collaborazione e condivisione. In una riflessione che punta, attraverso il ragionamento sulla casa all’individuazione di un modello italiano

di rigenerazione dei quartieri, diventano centrali questioni come la densità insediativa, la morfologia urbana, la qualità dello spazio pubblico e le dotazioni di servizi. Vi sono diversi spazi liberi ancora “stratificabili” nei quartieri pubblici (De Matteis, Reale, 2018) e nei loro immediati intorni, risultanti ad esempio dal sovradimensionamento dello spazio aperto creato dagli standard urbanistici. Questi spazi rappresentano un patrimonio di aree pubbliche a disposizione, già espropriate e mai costruite o attrezzate (“immobilizzate”) per mancanza di sufficienti fondi, che può oggi essere messo a valore. Oggi queste riserve di spazi urbani ancora inespressi e trasformabili situate in quelle che un tempo erano periferie ma oggi sono a ben vedere parti semicentrali delle nostre città, sono considerate delle vere opportunità: i vuoti urbani, il terzo paesaggio (Clement, 2016) su cui si può lavorare per attribuire valore. In realtà quelli che sembrano vuoti di senso, utilità e funzione, in realtà a ben guardare sono stati in qualche modo colonizzati dall’uomo, “adottati”. Sono luoghi vissuti da gruppi, minoranze o anche singole persone per attività collettive e private; ogni “vuoto” quindi è carico di significati e tutti questi usi

informali e del disordine rappresentano esigenze inespresse di qualità della vita e sono quindi i principali indizi di un intervento di rigenerazione. Sono sempre più diffuse pratiche di appropriazioni spontanee degli spazi in un tentativo di autogestione e autoproduzione di servizi che, evidentemente, sono mancanti.

Bbibliografia De Matteis, F. , Reale, L. , a cura di, (2018), Quattro quartieri. spazio urbano e spazio umano nella trasformazione dell’abitare. Spazio urbano e spazio umano nella trasformazione dell’abitare pubblico a Roma, Quodlibet, Macerata. Manzini, E., (2021), Abitare la prossimità, Ed. Egea, Milano. Molinari, L., (2021), “La Metropoli inizia dentro casa”, La Repubblica, URL: https://www.inu.it/wp-content/uploads/repubblica-casa-pandemia-18-febbraio-2021.pdf [ultimo accesso 29/05/22] Clèment, G., (2016), Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata.

1° classificato • ROSSI PRODI Associati srl

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L’alloggio

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


Le indagini compiute da CasaDoxa, sia pure su un piccolo campione (7.000 famiglie) hanno messo in evidenza che il COVID-19 ha definito con chiarezza degli orientamenti al cambiamento: necessità di spazi esterni, di privacy e di maggiori dimensioni degli alloggi. La lunga permanenza in casa ha fatto tornare l’esigenza di spazi separati per accogliere la privacy di ciascun componente della famiglia, mettendo in crisi il concetto di open space così per come oggi lo conosciamo. Le pareti mobili e gli spazi trasformabili possono rispondere sicuramente ad un’esigenza di usi variabili degli spazi ed al contempo di necessità di privacy, tuttavia non ci sono regole predeterminate che possano prefigurare la modalità che preferiamo in un contesto storico dove la società ha velocità differenti e continue di “evoluzione” dei comportamenti che presentano differenze marcate già tra una generazione e quella successiva. Per questa ragione più che pensare le soluzioni specifiche per singolo alloggio occorre ritornare a immaginare in generale la spazialità della casa a cui riferirci e al quale ognuno sovrapporrà

una personale struttura di partizione e organizzazione. Forse la sconfitta dell’“alloggio minimo” e la necessità di infrastrutturazione digitale dell’abitazione sono due delle poche certezze del post pandemia. A questo si aggiunga la necessità di una buona infrastrutturazione in termini di telemedicina, che probabilmente sarà la nuova frontiera. Più che il singolo alloggio, come già anticipato, la mutazione riguarderà gli spazi condivisi, i servizi di quartiere, la possibilità di fare rete nel contesto di prossimità, di garantire l’interazione ai bambini se possibile e di sostenere le persone fragili. Per le parti comuni potranno essere adottati accorgimenti meccanici o smart per evitare il contatto con le superfici negli spazi di soglia. Per gli appartamenti si potranno immaginare zone d’ingresso che fungano da filtro per l’abbigliamento a rischio di deposito virus. Spazi multifunzione, trasformabili per le diverse esigenze nei momenti della giornata e spazi efficienti per l’home office saranno sicuramente input per il layout degli interni domestici. L’idea modernista e funzionalista di alloggio viene

meno perché in soggiorno si mangia e si dorme, in cucina a volte si lavora, si studia, si gioca. È necessario “fare spazio” in casa per attività lavorativa (zoom-room), per cura di corpo (ginnastica), mente e tempo libero; per far questo pareti mobili o scorrevoli possono dividere gli spazi di lavoro (o la cucina dal soggiorno) creando spazi adattabili facilmente anche a necessità temporanee (si pensi alla complessità di svolgere all’interno dello stesso nucleo familiare sia la dad che lo smart working). La cucina è più grande e attrezzata e forse non esistono più le soluzioni con angolo cottura. Sarà necessario pensare stanze più flessibili riducendo il concetto tradizionale di separazione fra zona giorno e zona notte ad esempio in favore di spazi multiformi, anche su più livelli (letto sopra scrivania). Infine, ma non ultimo, l’utilizzo degli spazi inter-esterni come dotazione minima all’interno degli alloggi, e quindi soggiorni all’aperto in loggia e/o in terrazza con piante pensati per una pluralità di usi e in ogni periodo dell’anno (es. giardino d’inverno con vetrate mobili).

1° classificato • ROSSI PRODI Associati srl

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Il quartiere

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


1° classificato • ROSSI PRODI Associati srl

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Tecnologie

Dotazioni impiantistiche Impianto di climatizzazione e ricambi aria La proposta prevede l’installazione di un impianto a pannelli radianti a pavimento, con layout di tipo modulare, per consentire di modificare le partizioni interne senza alcuna ripercussione dal punto di vista impiantistico, utilizzando dei ricorsi geometrici unitari fissi per la superficie abitativa (serpentine che coprono 6/8 m2). I collettori dell’impianto a pavimento saranno posizionati sulle pareti perimetrali, che non possono subire variazioni. Questo impianto conferisce una notevole flessibilità di utilizzo e un’ampia possibilità di adattamento della soluzione impiantistica alla scelta di destinazione d’uso ed architettonica. Di particolare rilievo assumono nell’ambito del progetto impiantistico le soluzioni adottate per minimizzare le problematiche sanitarie relative alla diffusione del COVID-19. Sarà previsto un impianto di ricambi aria meccanico in modo da mantenere costantemente un alto livello di purezza dell’aria ambiente. Il ricambio

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

aria garantirà un’elevata efficienza energetica per mezzo di recupero di calore a batteria doppia, che contemporaneamente azzera la possibilità di una commistione dei flussi tra aria viziata ambiente e aria esterna di rinnovo. All’interno delle macchine per il ricambio aria sono previsti filtri elettrostatici. Sistemi per il risparmio dell’acqua potabile Saranno previste due alternative progettuali, entrambe in grado di garantire un elevatissimo risparmio della risorsa più preziosa: • nebulizzatore per rubinetti mist mode risparmio 98% dell’acqua potabile • nebulizzatore per rubinetti spray mode risparmio 85% dell’acqua potabile Il progetto definirà un edificio smart, con alcune strategiche funzioni di regolazione, ottenute per mezzo di un impianto semplice, ma allo stesso tempo completo in ogni sua articolazione. Il sistema permette di mappare gli ambienti e la presenza di utenti che, a

loro volta, se abilitati, saranno in grado di interagire e gestire impianti tecnologici presenti – luce per le parti a comune, clima, rete - con un semplice smartphone. Il sistema permette di avere un controllo in tempo reale dei guasti, dei consumi energetici e delle attività di manutenzione e di pulizia. Al sistema di automazione, tramite i dispositivi di interfaccia, arriveranno le informazioni raccolte nei diversi ambienti dai sensori installati per la rilevazione dei livelli di illuminamento e presenza persone negli spazi condominiali, temperatura e umidità negli ambienti interni. Sulla base di tali informazioni, veicolate attraverso l’infrastruttura di rete, il sistema di automazione potrà gestire, regolare e attivare impianti tecnologici e dispositivi installati in campo, tra i quali: regolazione temperatura, umidità e qualità dell’aria; regolazione del funzionamento dei sistemi di generazione sia in funzione dei dati climatici esterni che delle analisi climatiche predittive.


Dotazioni impiantistiche Tecnologie strutturali Nel contesto delle nuove soluzioni adattive per l’housing, anche la progettazione strutturale deve essere mirata alla massima flessibilità di utilizzo, con il minor numero possibile di vincoli ed elementi inamovibili. L’approccio progettuale da privilegiare è dunque quello di soluzioni di concept strutturale che prevedano gli elementi sismo-resistenti verticali concentrati in zone limitate, o “cores” rigidi, come ad esempio i vani scala e i vani corsa degli ascensori, assegnando a questi ultimi l’impegnativo compito di assorbire le azioni orizzontali e trasformando la maggior parte dei pilastri in elementi secondari che lavorano prevalentemente a carichi statici per lo più verticali. Questo modello permette contestualmente lo sviluppo di ampie campate libere di solai piani e sufficientemente robusti da servire sia per la creazione di grandi spazi polifunzionali, privi di divisori e soggetti a carichi di utilizzo maggiori, sia per la creazione di spazi più ridotti, con elementi divisori liberamente distribuiti nello spazio. Con questo approccio trovano applicazione sia le tecnologie più tradizionali delle strutture in cemento armato sia soluzioni più evolute come le strutture intelaiata in acciaio, i sistemi semi-prefabbricati in acciaio e calcestruzzo tipo “REP” sia i prefabbricati: la scelta verso l’una o l’altra tecnologia potrà essere orientata anche da altre considerazioni: qualora sia da privilegiare l’economicità della costruzione il classico cemento armato gettato in opera sarà ancora un’opzione valida, mentre là dove siano da privilegiare velocità e precisione della costruzione saranno vincenti acciaio o vari tipi di prefabbricazione parziale o tale. Un caso particolare sarà poi quello delle zone con sismicità sufficientemente elevata da rendere competitiva e funzionale la tecnologia dell’isolamento sismico: in questo caso cadrà anche la necessità di robusti cores sismo-resistenti e la struttura potrà essere sostanzialmente limitata a semplici pilastri, con ampie campate di travi e solaio che offriranno spazi liberi di estrema flessibilità.

1° classificato • ROSSI PRODI Associati srl

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Il condominio Il progetto degli spazi aperti negli interventi di housing sociale oggi acquista particolare importanza perché agisce nei luoghi dove si struttura la ripresa delle relazioni sociali. Lo spazio pubblico si articola in prossimità degli edifici in una serie di spazi intermedi, percorsi comuni di attraversamento e di collegamento per raggiungere i servizi e gli edifici, gli spazi di gioco o di sosta; e ancora percorsi più privati che portano agli ingressi degli edifici, ai sistemi di distribuzione verticale, ai collegamenti orizzontali fino a raggiungere la soglia di casa. L’importanza della gerarchia degli spazi intermedi, ma anche della loro ricchezza e chiarezza, genera la qualità di un insediamento suscitando nelle persone che li percorrono e li utilizzano processi di appropriazione spaziale e di identificazione. L’articolazione degli spazi che da pubblici si trasformano in spazi semi-pubblici, spazi semi-privati e privati, genera una variazione di usi e pratiche spaziali e sociali che accrescono l’alternanza di occasioni di privacy e di socialità e soprattutto accresce il controllo locale e il senso di sicurezza. Alla particolare attenzione e cura del progetto architettonico degli spazi aperti, si aggiungono le proposte e l’inserimento di servizi integrati alla residenza che negli interventi di housing sociale acquistano il triplice scopo di supplire alle superfici degli alloggi più piccoli, di raggiungere delle economie di scala condividendo spese di acquisto e di manutenzione di attrezzature e di elettrodomestici di uso non quotidiano (attrezzi di giardinaggio e di bricolage, lavatrici, asciugatrici, ecc.), di incentivare le occasioni di socializzazione tra gli abitanti attraverso la condivisione di alcuni servizi, accrescendo il senso di appartenenza ad una comunità. Gli spazi di passaggio come le scale, i ballatoi, i disimpegni devono diventare luoghi di relazione e scambio; pertanto, questi devono essere pensati in continuità con lo spazio esterno pubblico e semi-pubblico in modo da costruire un racconto di continuità tra casa e città. Tutti gli spazi di distribuzione agli alloggi dovrebbero essere pensati come spazi inter-esterni, prolungamento della superficie dell’alloggio ma anche spazio condiviso tra i cittadini della comunità residente. La scala esterna, per esempio, è un passaggio obbligato per l’accesso all’alloggio, spazio dove può generarsi socialità tra vicini, i ballatoi lo stesso. L’attacco al suolo diventa fondamentale sia per l’immagine che offre dell’edificio rispetto al

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quartiere, sia per la sua funzione nel creare uno spazio pubblico - privato che aggiunge valore e diventa polo attrattore per i cittadini e generatore di economie locali. È necessario quindi favorire l’integrazione di volumi costruiti e spazi aperti sfruttati in chiave sociale e di servizi. Lo spazio aperto è promotore di aggregazione e se concepito come luogo collettivo, soggetti diversi possono trovare interessi in comune e praticare attività ricreative che favoriscono la socializzazione. Sicuramente la necessità di spazi per package dropoff per acquisti on line o delivery, per Fitness, di depositi biciclette, e-moto, monopattino, di zone soggiorno all’aperto coperte e riparate al pari di aree per lettura, lavoro e studio saranno nuovi input per la progettazione, così come la necessità di coperture e pensiline cioè di spazi coperti ma aperti. In particolare, però, la pandemia ci ha insegnato che è necessario collocare alla base di qualsiasi decisione progettuale, l’idea che lo spazio esterno sia strettamente connesso con i luoghi dell’abitare perché fondamentale innanzitutto per il benessere individuale. Lo stesso va interpretato come luogo di sosta e di riposo ma anche di scambio e di passaggio: luogo di tutti ove condividere la quotidianità. La cultura dell’abitare collettivo prevede che i cittadini partecipino in maniera attiva alla costituzione ed al funzionamento della rete di servizi, alle attività culturali, sociali e ricreative che possono costituire il programma funzionale degli spazi esterni ed inter-esterni di pertinenza degli edifici residenziali. Oggigiorno, infatti, sono sempre più frequenti le reazioni innovative di alcune frange di cittadini che spinti da motivazioni diverse (sostenitori green, impegnati nel sociale, organizzatori di eventi…) agiscono sul territorio urbano al fine di mostrare la loro volontà a ri-appropriarsene; il progetto architettonico è chiamato a confrontarsi con queste spinte che arrivano direttamente dalla società ed a dargli spazio, forma.

1° classificato • ROSSI PRODI Associati srl

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Spazi inter-esterni

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


Gestione sociale, delle relazioni, dei servizi

Gestione sociale, delle relazioni e dei servizi Nei nuovi modelli di abitare un elemento centrale deve necessariamente riguardare la qualità dei rapporti tra residenti, intesi come sistema complesso di relazioni, fruizione comune di spazi, progettazione di servizi e opportunità che può concorrere alla costruzione di vere comunità di abitanti e trasferire il concetto di abitazione su un piano non di semplice residenza, bensì di spazio di vita aperto, interconnesso con l’esterno e determinante per rinnovate reti sociali. Una dimensione relazionale positiva non solo agevola processi virtuosi interni ai nuovi interventi abitativi – dalla riduzione della conflittualità, alla prevenzione di degrado e scarsa cura degli spazi non privati, al mutualismo – ma può incentivare, tramite passaggi osmotici verso altre porzioni di città contigue, fenomeni di riqualificazione sociale, riattivazione e protagonismo civico, gestione dal basso dei beni pubblici. Un costante laboratorio di rigenerazione urbana. Di fatto nei recenti interventi di social housing, nonché nella riflessione sul funzionamento degli enti gestori dell’edilizia residenziale pubblica (ERP), si è assistito a un crescente investimento su quell’insieme di azioni composite che viene definito Community building, costruzione di comunità di residenti. Riconoscere e lavorare su tre nuovi connotati

dell’abitare contemporaneo – responsabile, inclusivo, collaborativo – innesca in effetti opportunità di crescita individuale e collettiva nei residenti, che è strategica per sviluppare e, in seguito, consolidare forme di autogestione che partano proprio dalla consapevolezza che la qualità e il benessere abitativo si fondano sul superamento della dicotomia tra spazio privato e spazio comune, interesse individuale e collettivo. Incentivare percorsi di community building risponde a due asset di obiettivi e bisogni, il primo più contingente e pragmatico, l’altro maggiormente orientato alla sfera sociale e collaborativa. Nel primo insieme di obiettivi troviamo senz’altro la contrazione di casi di degrado, vandalismo, morosità, uso improprio di impianti e strutture, nonché la costituzione di autogestioni per le manutenzioni ordinarie. Nel secondo i risultati attesi divengono più sfidanti: promuovere confronto, dialogo e solidarietà tra gli abitanti, fortificando la rete esistente tra comunità e territorio; sviluppare pratiche di coesione sociale e mutuo aiuto tra residenti; progettare, organizzare e gestire momenti conviviali, attività ludiche, ricreative, pedagogiche e culturali per la comunità di residenti e per il territorio circostante, co–creando nuovi servizi, fondati sui bisogni reali della popolazione (nido condominiale, centri estivi,

gruppi di acquisto solidali, biblioteca, attività motorie, ecc.) e in una logica di hub di vicinato. Il tutto non con un approccio destrutturato, bensì incentivando forme organizzative e di rappresentanza stabili tra residenti, come, ad esempio comitati o associazioni di abitanti per la futura autogestione di spazi, attività e servizi comuni. Il passaggio da abitanti a comunità cooperanti è uno degli elementi cardine, assieme alle soluzioni architettoniche e progettuali proposte, dei modelli alloggiativi post COVID-19. Diviene di conseguenza centrale la figura del Gestore Sociale, organismo che racchiude in sé più funzioni connesse al benessere socio abitativo e che, a seconda dell’intensità e complessità e natura delle attività svolte può essere un unico soggetto giuridico, caratterizzato comunque dalla presenza di competenze multidisciplinari; oppure l’insieme strutturato di più attori esperti nei vari settori in cui si sviluppa l’intervento di housing e la conseguente gestione. Proprio al Gestore Sociale spettano funzioni essenziali per il modello di abitare collaborativo proposto, tanto più che al suo interno sono ospitate anche soluzioni alloggiative sperimentali quali il co-living e il senior cohousing, per lo più rivolte a fasce fragili della popolazione o a bisogni residenziali temporanei.

1° classificato • ROSSI PRODI Associati srl

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2° classificato progetto RES ARCHITETTURE

Riccardo Roda, Silvio Pappalettere Partner Terzo Settore Cooperativa sociale Pane e Rose Onlus � L. Toccafondi, C. Torchia

Collaboratori studio G. Vallorani, G. de Sando, F. Bagnoli testo a cura di Riccardo Roda, Silvio Pappalettere

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


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La città accessibile Uno degli obiettivi esplicitamente dichiarati del concorso è di evitare proposte basate sul consumo di suolo, offrendo servizi in grado di sostenere l’obiettivo della città a portata di mano. Il nostro progetto propone un concept insediativo tratto da un caso reale, il piano di rigenerazione urbana dell’ex-ospedale cittadino di San Giovanni Val d’Arno, posto nel centro storico. Il programma prevede un nuovo quartiere affacciato sull’asse principale della città murata,

realizzando edilizia residenziale, spazi commerciali e direzionali, nuova viabilità, interventi di protezione idraulica, parcheggi ed infrastrutture. Elemento caratteristico del piano è la netta separazione tra viabilità meccanizzata e nuovo insediamento: la viabilità carrabile è mantenuta esterna al perimetro costruito, mentre una piastra interrata accoglie gli spazi di sosta, consentendo di realizzare una nuova grande piazza urbana pedonale delimitata sui

margini esterni dal nuovo edificato. Gli edifici presentano al piano terra attività commerciali e direzionali, e ai piani superiori accolgono le residenze, ricostruendo la mixitè della contigua città storica. I nuovi abitanti godranno di una situazione privilegiata, poiché tutto è a portata di mano, con percorsi pedonali inferiori ai 15 minuti.

San Giovanni Valdarno

8 minuti

5 minuti 15 minuti

La città in 15 minuti

Il nuovo insediamento La città murata - i servizi

Città in 15 minuti

Ferrovia

Servizi Pubblici

Piste ciclabili

Stazione FF.SS.

Area d’intervento

Città murata

Assi viari/Direttrici

Spazi verdi e sportivi Parcheggi pubblici

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


Evoluzione dei comportamenti abitativi

Il nuovo quartiere Porta San Giovanni

Via Alberti

Via S. Lorenzo

3

zzi

anno

Via M

4

Via Suor Eleonora Gori 2 1

Corso Italia

Le tipologie abitative odierne sono tutt’ora ancorate all’edificio popolare partorito dal movimento razionalista, che proponeva per la classe operaia spazi modellati sull’abitazione borghese attraverso un processo di miniaturizzazione dimensionale e a fronte di elevati standard igienici. Questo modello, fondato sulla separazione tra vita privata e vita pubblica della famiglia, sposandosi con linguaggio razionalista, è rapidamente divenuto uno standard internazionale e come tale applicato a livello mondiale da oltre un secolo. Nel frattempo è cambiato tutto: è cambiata la famiglia e le sue dinamiche, è migliorata la capacità di reddito e l’aspettativa di vita, sono cambiati i bisogni, si sono consolidati nuovi comportamenti; all’abitazione infine vengono richieste maggiori prestazioni rispetto al passato. Se osserviamo in modo distaccato l’evoluzione dell’abitazione, poco è davvero cambiato; riflessioni, ricerche e sperimentazioni in tal senso marcano un imbarazzante distacco tra realtà e criteri ordinativi. La normativa vigente si basa su un sistema di vincoli partorito mezzo secolo fa, a cavallo tra Piano Gescal e Piano decennale per la Casa; le riflessioni in campo urbanistico si sono limitate a registrare che la famiglia è cambiata, assottigliandosi come dimensioni, ma rimanendo imprecisata in termini qualitativi a fronte di fenomeni ormai conosciuti come separazioni, aumento dei singoli, delle convivenze, delle abitazioni ibride. In un contesto globale in cui l’estetica ha da tempo vinto sull’etica, il tema del social housing è virtualmente scomparso, venendo prevalentemente trattato come esercizio di stile anziché come problema sociale. Non deve stupire quindi che l’evoluzione dell’istituto familiare e le modifiche profonde dei bisogni legati all’abitazione siano passati sotto silenzio. Per confrontarsi correttamente con la realtà attuale, riteniamo si debba rovesciare completamente la questione, riformulando un’idea di modello abitativo a partire dai macro-dati visibili: in primo luogo la famiglia che si è trasformata da mattone fondamentale della società a un istituto più fluido rispetto al passato, e che sta enucleando un bisogno sempre più forte di autonomia da parte dei suoi componenti. La divisione tra zona-notte e zona-giorno, che delimitava la zona di rappresentazione/ricevimento in cui

5

Via Martiri della Libertà

Il processo di rigenerazione 1

Piazza Pubblica Pedonale

4

Accesso al parcheggio interrato

2

Area Giochi

5

Nuova Viabilità

3

Giardino

I percorsi; La piazza pubblica

2° classificato • RES ARCHITETTURE

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Livello 3

Livello 4

LAYOUT FUNZIONALE

Vano scala Bilocale Trilocale Quadrilocale Livello 2

Livello 1

Pentalocale Terrazza Servizi all’abitare Direzionale Commerciale Locale tecnico

Livello -1 Livello 0

Cantine Parcheggio

famiglia e società si incontravano, sta cedendo il posto a nuove famiglie immateriali allargate, costituite dalle comunità virtuali con cui ognuno è in costante contatto. Vi è quindi una convivenza tra famiglia biologica, ancorata alla struttura abitativa tradizionale, e famiglia virtuale che attraverso la tecnologia accompagna l’individuo H/24, che è quindi presente anche all’interno del perimetro fisico dell’abitazione. Questo aspetto presenta un impatto ancora maggiore nelle situazioni non tradizionali legate alla convivenza e all’abitazione ibrida, in cui il concetto di casa si confronta con il vivere in comunità. Sono cambiati anche i tempi d’uso: l’abitazione è tutt’ora costruita a misura della famiglia tradizionale genitori/figli, per adempiere alle funzioni del riposare/ mangiare/lavarsi. Oggi però all’abitazione vengono richieste funzioni aggiuntive come lavorare, studiare, fitness, etc., sulla scia di un’evoluzione dei modi di vivere e lavorare di cui stiamo ancora cercando di decifrarne la reale portata. Queste nuove funzioni implementano l’elenco delle attività tradizionalmente

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

attribuite all’abitazione che si sovrappongono ad altre svolte in ambito collettivo, gestite a livello urbano dalle pubbliche amministrazioni. Se in passato la maggior parte delle attività umane venivano svolte in un ambito pubblico/collettivo, oggi la tendenza è di riassorbire parte di queste all’interno dell’abitazione, anche grazie alla connettività digitale che trasporta il mondo sul cellulare o sul tablet, ed è quindi sempre a portata di mano, evitando spesso la necessità dello spostamento fisico delle persone. La fruizione dei luoghi pubblici cambia in modo parallelo: molte attività sono assorbite all’interno dell’abitazione; i luoghi di lavoro vengono ridisegnati in funzione dell’evoluzione dei settori specifici di attività; vengono ridefinite le modalità sia del trasporto privato sia di quello pubblico; i riti sociali fondamentali sono orientati verso lo shopping, il turismo, il cibo, il fitness, il consumo collettivo di alcolici. Per l’abitazione l’aumento di prestazioni porta alla necessità di ridefinire un modello insediativo in grado di offrire risposte convincenti, poiché la qualità

dell’abitare è una delle condizioni che assicurano coesione sociale alla comunità. Questa nuova qualità non può semplicisticamente essere risolta aumentando le dimensioni dell’abitazione o l’entità della sua unità di misura (la stanza), ma deve partire da una ricognizione dei servizi che essa deve fornire, inserendoli in un sistema integrato di risposte in grado di collegare ambito privato/semiprivato/collettivo in modo lineare e coerente. La sfida è quindi articolata: ridefinire i bisogni nei singoli ambiti in modo appropriato, ricostruire un perimetro coerente per l’unità abitativa, riconnettere l’ambito privato con quello pubblico. In questo scenario l’abitazione sfuma i suoi tradizionali connotati di rifugio dell’unità familiare e si trasforma in un duplice organismo – cellula ed edificio – in cui riallocare un sistema integrato di servizi distinti per ambiti – privati e collettivi – in grado di riconnettersi al sistema urbano.


Un nuovo modello abitativo 2 AMBITI INDIVIDUALI

ATTIVITA’ COLLETTIVE

3 LIVELLI

SFERA PRIVATA

SINGOLO/ FAMIGLIA

SFERA SEMI-PRIVATA

SERVIZI INTEGRATI ALLA RESIDENZA

SFERA PUBBLICA

SPAZI E SERVIZI COLLETTIVI

ALLOGGIO

CONDOMINIO

CITTA’

2° classificato • RES ARCHITETTURE

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Un nuovo modello abitativo

K LD

SPK

D LS

LD

B

B

B

LD

SP

B

T

T

I

K

D LS

B

D I

SP

T

SW

INGRESSO-FILTRO L’ingresso all’alloggio è mediato da una zona che favorisce la connessione/separazione tra ambiti autonomi e collettivi dell’abitazione, permettendo la diversificazione dei percorsi. Questa zona può essere alternativamente adibita ad area per la sanificazione separata dal resto degli ambienti e dotata di armadi e scaffalature per il deposito di indumenti.

RIDEFINIZIONE DELLA ZONA GIORNO L’ambiente perde la connotazione di spazio di rappresentanza e ricevimento della famiglia, accentuando la sua funzione di spazio flessibile e con usi diversificati e contemporanei. Il soggiorno pranzo con doppia portafinestra consente, con divisione in arredo, di creare due ambiti separati estensibili verso l’esterno. La cucina da ambito autonomo si trasforma in blocco tecnologico.

ESPANSIONE VERSO L’ESTERNO Logge e balconi vengono implementati per incrementare gli spazi da destinare ad attività conviviali, studio e lavoro, attraverso la previsione di doppia porta-finestra nei soggiorni e ad arredi in grado di definire zone autonome tra loro. Questi divengono spazi di servizio capaci di ridurre il carico di alcune funzioni dell’alloggio (lavatrice, contenitori).

Le modifiche in atto, all’interno e all’esterno dell’istituto familiare, portano ad un ripensamento dell’abitazione, delle sue funzioni e del suo rapporto con la città. La nostra proposta si basa sulla ridefinizione dei bisogni abitativi, la loro trasformazione in termini di servizi da erogare, la riarticolazione di questi ultimi in una gerarchia che tiene conto di attività individuali e collettive, che porta alla creazione di un sistema di servizi integrato all’abitazione, puntando a sua volta a riconnettere l’ambito individuale con la città. I livelli su cui operare sono costituti rispettivamente dall’alloggio, inteso come sfera privata (singolo/famiglia), da un sistema di servizi integrati con l’alloggio (condominio), dai servizi pubblici. In questa sede tralasciamo, per motivi di spazio, il tema dei servizi pubblici. A livello di abitazione, la nostra proposta si basa sul riconoscimento che le funzioni dell’alloggio sono aumentate e che solo in parte

possono essere risolte al suo interno; la situazione economica propone uno scenario in cui il divario economico tra ricchi e poveri tenderà ad aumentare, di conseguenza una soluzione realistica è quella di non aumentare i costi, adeguando l’abitazione a nuove funzioni senza incrementi di superficie. Parte dei servizi verrà fornita attraverso la creazione di un sistema integrato di servizi a livello condominiale. La fornitura di alcuni servizi a livello condominiale in primo luogo consente di contenere al massimo il loro costo; in secondo luogo consente di erogare servizi in termini di prossimità, quindi funzionalmente integrati con la cellula abitativa; infine proietta le persone verso l’ambito urbano, contribuendo a creare una positiva osmosi tra singolo/comunità/città. Per quanto riguarda l’abitazione, partiamo dal riconoscimento che la famiglia non rappresenta più un nucleo monolitico come in passato, ma che oggi esprime un bisogno crescente di autonomia e privacy da parte

dei suoi abitanti, fenomeno enfatizzato da nuove attività come lo smart-working o la DAD che aumentano i tempi di permanenza all’interno dell’alloggio. Di conseguenza bisogna riformulare i concetti-base su cui si è continuata a fondare la progettazione residenziale negli ultimi decenni. In primo luogo la zona-giorno, intesa come luogo principalmente destinato alla rappresentazione pubblica della famiglia, va ridefinita nelle sue funzioni: • la cucina deve accentuare la sua funzione di blocco tecnologico, perdendo la sua connotazione di stanza dedicata; • lo spazio pranzo-soggiorno deve consentire un uso flessibile e diversificato nel tempo, consentendo di essere luogo di incontro, consumo del cibo, area di studio e lavoro; • logge e balconi devono trasformarsi da un lato in spazio di servizio in grado di ridurre il carico di alcune funzioni (lavatrice, contenitori), e dall’altro divenire

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


LD

B SPK

D LS

B

LD

B

T

I

SPK

D LS

B

B

LD T

I

SPK

D LS

B

I

T

INTERCAMBIABILITÀ DELLE CAMERE Proponiamo il superamento della camera singola a favore di una camera minima di 11 mq., in grado di accogliere un letto matrimoniale grazie alla sua larghezza minima di 2,70 m. In questo modo è possibile gestire l’espansione della famiglia senza modificare l’alloggio. L’incremento di spazio (2 mq) viene recuperato nella zona-giorno.

BAGNO DOPPIO Il bagno accentua la sua funzione di cellula specializzata di servizio, è sempre cieco, e posizionato nella zona mediana dell’edifici, anche al fine di lasciare i fronti finestrati ai locali primari. Si prevede un secondo bagno a partire dal trilocale, con due apparecchi (lavabo, wc) e doccia a pavimento. La soluzione è funzionale alla creazione di ambiti autonomi e a situazioni eccezionali e di convivenza.

CREAZIONE DI AMBITI AUTONOMI Camere intercambiabili con doppio bagno, in adiacenza tra loro, permettono di definire ambiti autonomi che offrono maggiore privacy e possono risolvere sia problemi di convivenza, sia situazioni eccezionali quali, ad esempio, la pandemia da COVID-19. Il sistema dei percorsi e la zona filtro all’ingresso favoriscono l’autonomia degli ambiti individuali.

espansione verso l’esterno dell’alloggio come spazio aggiuntivo da utilizzare per attività conviviali, studio, lavoro. La zona-notte a sua volta deve essere ripensata: la nostra proposta propone il superamento della camera da letto singola a favore di un uso generalizzato di camere non inferiori a 11 mq: con la semplice accortezza di avere un lato con dimensioni non inferiori 2,70 mt, le camere possono sempre ospitare un letto matrimoniale e relativo arredo, offrendo maggior comfort nell’assetto iniziale e garantendo la possibilità di disporre di una camera intercambiabile in previsione di mutamenti nell’assetto familiare. L’incremento di superficie (2 mq) viene recuperato dalla zona-giorno che, a sua volta, usufruirà della migliore funzionalità delle logge esterne e dalla razionalizzazione degli spazi di distribuzione. Il bagno accentua la sua funzione di cellula specializzata di servizio; la nostra proposta si basa sulla previsione

di un doppio bagno a partire dal trilocale, di cui il secondo è dotato di 2 apparecchi (WC/lavabo) + doccia a pavimento; questa soluzione è funzionale sia alla creazione di ambiti autonomi camera + servizio, sia a situazione eccezionali e/o di convivenza. Il progetto prevede il contenimento delle dimensioni di entrambi i bagni, l’eliminazione dell’affaccio esterno e il loro posizionamento nella fascia mediana dell’edificio. L’obiettivo è quello di liberare i fronti esterni per i locali primari, che così risultano più facilmente divisibili in zone ad uso differenziato. L’ingresso all’alloggio viene mediato da una zona-filtro, intesa come spazio/contenitore in grado di consentire un’agevole connessione tra ambiti autonomi e collettivi dell’alloggio, svolgendo al contempo funzione di area di sanificazione in caso di bisogno. Il concept dell’alloggio, basato sulla famiglia standard mononucleare, garantisce maggiore spazio all’ambito autonomo e spazi più flessibili nell’ambito collettivo,

con un contenimento di circa 2-3 mq. rispetto alle dimensioni di un alloggio equivalente È inoltre possibile ottenere – con interventi esclusivamente in arredo – assetti differenziati dei singoli alloggi, garantendo spazi per le nuove attività senza aumento delle dimensioni medie. La riconfigurazione della zona-giorno si basa sulla maggiore flessibilità e sulla proiezione verso l’esterno, riprogettando lo spazio delle logge in spazio attrezzato abitabile, protetto con schermature nei mesi freddi, coerente con i bisogni emergenti e con costi modesti rapportati all’incremento di funzionalità della cellula abitativa. Soluzioni più estreme, oggi non praticabili, come ad esempio l’adozione generalizzata di camere matrimoniali di 11 mq o l’eliminazione del bagno disimpegnato, potrebbero consentire una compressione dei costi realizzativi; problema quest’ultimo vitale per il social housing.

2° classificato • RES ARCHITETTURE

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Un alloggio flessibile ed adattabile LA FLESSIBILITÀ VA PROGETTATA

SU 72 M2 SU 60 M2

SU 40 M2

ASSETTO BASE

T

T LS

SPK B

B

D I B

LD

I SPK

LS T

Il tema della flessibilità ha attirato l’attenzione dei progettisti per un lungo periodo di tempo, sia pure in modo discontinuo e con risultati decisamente deludenti. Il tema dell’adattabilità nel tempo si è inoltre scontrato con la rigidità intrinseca di lavorazioni umide, basate su mattoni e calcina che richiedevano operazioni lunghe e costose ogni volta si volesse modificare, poco o molto, l’assetto interno degli alloggi. Oggi l’offerta tecnologica è cambiata e vi sono le condizioni per proporre flessibilità e adattabilità all’alloggio in modo meno impattivo rispetto al passato. Punto di partenza è la progettazione: l’abitazione va pensata in base al grado di adattabilità che ad essa si vuole assegnare; senza decisioni prese a monte, la flessibilità rimane costosa e complessa.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

In secondo luogo, bisogna puntare su sistemi costruttivi in grado di offrire libertà di assetto, possibilità di operare in tempi brevi, con costi contenuti, possibilmente senza spostare l’utenza insediata. Di conseguenza vanno accantonati tutti i sistemi che presentano forte rigidità, a cominciare dalla tecnologia X-Lam, e privilegiare sistemi portanti puntiformi in grado di eliminare il maggior numero di vincoli nel piano geometrico. La nostra proposta si basa su un sistema puntiforme in acciaio, tecnologia stratificata a secco di chiusure, solai e divisori, che consente, oltre ad una completa riciclabilità a fine del ciclo di vita, la possibilità di apportare con grande facilità modifiche, anche non marginali, in tempi molto rapidi con minimo impatto sugli abitanti.

B LD

SPK I D B R LS

LD

La maglia strutturale proposta, si basa su campate quadrate di 5,80 mt di interasse che garantiscono risposte ottimali per gli spazi di sosta e assicurano la massima flessibilità nel dimensionamento della zona-notte, potendo accogliere una stanza doppia + stanza da 11 mq. Altro aspetto importante riguarda il vettoriamento dei sistemi impiantistici: verticalmente si prevede una dorsale principale, integrata nel vano-scala, che si collega orizzontalmente a controsoffitti in cartongesso i quali distribuiscono capillarmente all’interno degli alloggi; i divisori verticali in cartongesso consentono così di raggiungere ogni punto degli ambienti interni, rendendo possibili adattamenti interni con operazioni semplificate a basso impatto.


ASSETTI VARIABILI

T SPK

LA FAMIGLIA CHE CRESCE

T SW

LD

SW SPK

SPK SW

LD

LD

L

LD

T

I cavedi per bagni e cucine debbono essere posizionati e dimensionati opportunamente per consentire assetti diversi nel tempo; negli esempi che proponiamo ci siamo basati sulla presenza fissa del doppio bagno, a partire dal trilocale, e sul posizionamento dei medesimi in posizione baricentrica; è inoltre possibile prevedere in fase di progettazione un cavedio supplementare, per ampliare le possibilità di adattabilità dell’assetto interno. Altro aspetto da valutare in sede progettuale è il dimensionamento degli infissi che andrà calibrato sulle possibilità di ampliamento dei singoli ambiti, per evitare successivi interventi in facciata.

Ulteriori forme di aggregazione sono possibili rimodulando più vani-scala, ovvero facendo ricorso a tipologie insediative ottimali per il tema dell’adattabilità, come le torri o gli edifici a ballatoio. A livello di alloggio, le ipotesi di trasformazione si basano esclusivamente su modifiche di arredo interno e consentono in una prima ipotesi di aumentare nel tempo la capacità insediativa dei singoli tagli d’alloggio: da 2 a 3 abitanti per il bi-vani, da 3 a 4 abitanti per il tri-vani, da 4 a 5 abitanti per il quadri-vani; in una seconda ipotesi permettono di variare la configurazione dei locali (es. zona giorno) a seconda delle esigenze temporanee della famiglia.

Ogni alloggio di medie/grandi dimensioni possiede uno o più nuclei autonomi che possono essere utilizzati in casi particolari quali situazioni di quarantene (es. pandemia Covid 19), oppure per utilizzi temporanei e/o dedicati quali anziani, badanti, ospiti. L’adattabilità nel tempo, che prevede di intervenire sulle forme aggregative delle cellule abitative, in funzione del variare dei bisogni, è esemplificata attraverso ipotesi configurative alternative degli alloggi che passano da 2 a 3 e 4 alloggi per vano-scala, rese possibili dal sistema dei cavedi centrali e dalla facilità d’intervento con l’uso estensivo del cartongesso.

2° classificato • RES ARCHITETTURE

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SISTEMA PORTANTE PUNTIFORME La maglia strutturale si basa su campata quadrata di 5,80 m d’interasse. Questa soluzione è molto versatile, poiché garantisce risposta ottimale per le autorimesse, per ospitare vano-scala + dorsale impiantistica, per consentire nella zona-notte l’abbinamento di camera da 14 mt + camera da 11 mq e della zona-giorno con la fascia dei servizi.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

SISTEMA DEI CAVEDI La rete impiantistica si basa su una dorsale verticale integrata nel vano-scala, che si collega ai piani mediante controsoffitto orizzontale continuo. I cavedi per bagni e cucine sono posizionati nella zona baricentrica del corpo di fabbrica, dove sono concentrati gli spazi di servizio; la loro posizione e dimensionamento garantisce assetti diversificati degli alloggi nel tempo.

DISTRIBUZIONE A SOFFITTO L’uso intensivo della tecnologia del cartongesso consente di avere la massima flessibilità di assetto interno ed esterno degli alloggi. La distribuzione a soffitto delle reti tecnologiche elimina completamente le rigidità legate al tradizionale uso dei solai come vettori delle reti, semplificando variazioni d’assetto all’interno degli alloggi.


FLESSIBILITÀ TIPOLOGICA 3 ALLOGGI/PIANO SU 72 M2 SU 60 M2

SU 40 M2

2 ALLOGGI/PIANO

SU 80 M2

SU 45 M2

SU 45 M2

SU 90 M2

SU 35 M2

SU 45 M2

1 QUADRILOCALE + 1 PENTALOCALE

Il sistema costruttivo proposto punta alla massima flessibilità tipologica attraverso: • maglia puntiforme • tecnologia stratificata a secco • dorsali centralizzate dei cavedi impiantistici • distribuzione orizzontale delle reti tecnologiche mediante controsoffitti.

4 ALLOGGI/PIANO

3 BILOCALI + 1 MONOLOCALE

Rispetto alla configurazione-base di 3 alloggi a piano il sistema consente di passare a 2 o 4 alloggi semplicemente agendo sui divisori in cartongesso; ulteriori forme di aggregazione sono possibili agendo su più vani-scala, e maggiore versatilità di configurazione è assicurata ricorrendo a tipologie a torre, a ballatoio, a corpo doppio.

2° classificato • RES ARCHITETTURE

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I servizi all’abitare MODULO S.I.A.

CONFIGURAZIONI S.I.A. BIBLIOTECA / FASCIA SERVIZI / SPAZIO RICREATIVO

attività individuali

servizi

attività collettiva

proiezione verso l’esterno

40%

proiezione verso l’esterno

DIDATTICA A DISTANZA / FASCIA SERVIZI / PALESTRA

SMART WORKING / FASCIA SERVIZI / ATTIVITÀ RICREATIVE

PESI OTTIMALI S.I.A.

40%

20%

COSTRUIRE COMUNITÀ

UNITÀ ABITATIVA

STANDARD S.I.A. EDIFICIO < 50 ABITANTI 1 MQ / ABITANTE EDIFICIO 50-100 ABITANTI 0,8 MQ / ABITANTE

TECNOLOGIE

CONDOMINIO/ QUARTIERE

PIATTAFORMA DIGITALE

SOCIAL KEEPER

MEDIATORE SOCIALE

SPAZI COMUNI

BANCA DEL TEMPO

CASE MANAGER

PER TUTTI SPECIFICHE

EDIFICIO > 100 ABITANTI 0,6 MQ / ABITANTE

La proposta di un nuovo modello abitativo si basa su un sistema integrato di servizi che trova risposte sia nell’alloggio che fuori di esso. L’abitazione da sola non può risolvere la totalità dei bisogni abitativi, neppure nelle situazioni più favorevoli, e a maggior ragione di quelli sociali, poiché la vita urbana si basa sulla necessità di un continuo scambio collettivo. Di qui, anche sull’onda della segregazione legata alla pandemia Covid, l’enfatizzazione dello spazio pubblico o semipubblico e il crescente favore del concetto della città a portata di mano. La previsione di una quota di servizi in un ambito intermedio tra l’alloggio e la città risponde in primo luogo alla sfida di raccordare pubblico e privato in un modo più armonioso rispetto alla situazione attuale, in cui il costruire produce spesso situazioni di solitudine, indifferenza, emarginazione, segregazione. La creazione di spazi intermedi tra alloggio e città è pratica certamente non nuova; le lotte per la casa promosse alla fine degli anni ’60, ad esempio, proponevano quote di servizi rigorosamente collettivi come strumento per combattere l’alienazione urbana.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

COOPERATIVA GESTIONE SERVIZI

Eliminato il filtro ideologico di quel periodo, i bisogni rimangono e permane la validità di spazi intermedi in grado di accorciare le differenze sociali attraverso la fornitura di servizi complementari all’abitazione privata e la contemporanea creazione di processi di condivisione che rafforzino il senso di comunità. Gli aspetti cruciali riguardano, da un lato, l’individuazione delle attività, delle loro caratteristiche e delle loro dimensioni (aspetti materiali); dall’altro, quali forme di gestione da adottare per sostenere i servizi e l’attività di comunità (aspetti immateriali). La nostra proposta si basa innanzitutto sull’individuazione di uno standard minimo di servizi integrati con la residenza, da organizzare a livello condominiale. Sulla base delle nostre esperienze, riteniamo che uno standard accettabile sia dato dalla creazione di moduli di servizi dimensionati come segue: 1 mq/ab per edifici inferiori a 50 abitanti; 0,80 mq/ab. per edifici con 50-100 abitanti; 0,60 mq/ab per edifici con più di 100 abitanti. Negli edifici con oltre 40 alloggi questa quota di servizi esterni all’alloggio produce un aumento inferiore a 2 mq/alloggio, quindi con un pareggio

sostanziale con quanto si riesce a risparmiare all’interno dell’alloggio; nel caso di interventi di grandi dimensioni, lo standard può essere diminuito, e dovrà essere previsto il frazionamento degli spazi per mantenere una dimensione di prossimità tra alloggio e attività condominiali. Per quanto riguarda le funzioni, riconfermiamo la suddivisione tra attività individuali e collettive che abbiamo proposto per l’alloggio, individuando due aree, tra loro separate da una fascia destinata a servizi, in cui svolgere funzioni tra loro decisamente diverse. La proporzione che riteniamo ottimale è: attività individuali 40%, attività collettive 40%, servizi 20%. Entrambi gli spazi avranno forme e configurazioni il più possibile aperte a soluzioni funzionali diverse; la prima zona è destinata ad attività individuali che completano e sostengono le nuove funzioni richieste all’abitazione, come lo smart-working e la DAD, consentendo quindi la connessione wi-fi e l’uso di computer anche per situazioni sociali più deboli. Quest’area può essere anche destinata ad attività come la lettura, la biblioteca di condominio, etc.


La seconda zona è invece destinata ad attività collettive, e prevedrà arredi mobili che potranno, al bisogno, essere stoccati nel deposito previsto nella fascia servizi; le attività possono coprire una pluralità di funzioni quali assemblee condominiali, palestra, ludoteca, asilo autogestito, sala per il gioco e lo svago, eventi conviviali. In caso di bisogno quest’area, grazie al bagno presente, può diventare alloggio-volano. Il modulo di servizio propone sempre un raccordo con la dimensione urbana: i due esempi propongono rispettivamente una proiezione verso la piazza pubblica se posizionato al piano terra, una terrazza aperta se posto in copertura. Abitare oggi non significa soltanto offrire edifici efficienti, ma anche garantire una soddisfacente qualità della vita attraverso soluzioni collaborative e sostenibili che mettano in rapporto le persone, ottimizzando l’uso degli spazi privati e collettivi. Per evitare solitudine ed emarginazione, un nuovo modello abitativo dovrà prevedere necessariamente un sistema di iniziative materiali ed immateriali, che accompagni la creazione di comunità, in grado di ricucire lo iato sempre più profondo tra individuo e società. Le azioni necessarie si basano sulla creazione di spazi accompagnati da azioni in grado di creare relazioni; riveste quindi fondamentale importanza la capacità di leggere/tradurre i bisogni e di “costruire relazioni” da parte di educatori professionali prestati come elemento infrastrutturale dei servizi all’abitare (social keeper); figure che mediano il proprio ruolo tra le competenze psico-pedagogiche tipiche dei servizi destinati allo sviluppo della persona e le attribuzioni di carattere esecutivo e burocratico dell’amministratore di condominio, così come normate dal Codice Civile. Compito principale del social keeper sarà quello di costruire la comunità osservando i comportamenti, i bisogni e le dinamiche relazionali ed agendo in modo armonico e funzionale per quello specifico contesto sociale. Sarà compito del social keeper proporre l’attivazione di servizi specifici e coordinare la loro erogazione in base alle necessità emergenti (ad es. servizi di animazione o educativi per minori, attività di fitness, attività di socializzazione e/o cura per la terza età, ecc.). Accanto l’elemento umano, risulta poi centrale la creazione di una piattaforma digitale modulata sulle

Configurazione piano coperture

Smart Working Servizi Riunione / Assemblea Terrazza

Configurazione piano terra

Area Giochi Servizi Palestra / Proiezioni

esigenze in divenire degli abitanti che, valorizzando le potenzialità di un hub di gestione della domotica e delle tecnologie assistive (sensoristica per il monitoraggio da remoto, teleassistenza, telemedicina) ed enfatizzando il carattere della socialità come peculiare dell’agire abitativo, sappia indirizzare verso nuovi modelli di welfare tra i condomini e con la comunità circostante. La presenza della piattaforma digitale è funzionale ad aggiungere valore all’abitare sotto molteplici profili. Dal punto di vista della singola unità abitativa, consentirà di attivare funzioni aggiuntive legate a specifici bisogni: attraverso l’uso di sensoristica ambientale

e/o indossabile, ad esempio, sarà possibile effettuare il monitoraggio da remoto di individui costretti in condizioni di isolamento o fragilità. Dal punto di vista della comunità/condominio permetterà di gestire in modo ottimale gli spazi comuni attraverso calendari condivisi, così come di organizzare attività collettive e condividere risorse e competenze. Lo stesso strumento sarà inoltre canale privilegiato di comunicazione biunivoca con il “social keeper” per segnalare specifiche necessità ed avanzare e ricevere proposte per migliorare la qualità della vita nel contesto abitativo.

2° classificato • RES ARCHITETTURE

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3° classificato progetto ITER

Carla Ferrer, Marco Jacomella Partner Terzo Settore CAT Cooperativa Sociale

testo a cura di Carla Ferrer, Marco Jacomella

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


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LA CASA IN+ IN + si propone come un nuovo modello per l’abitare collettivo, un modello che sappia affrontare le sfide del XXI secolo, rese ancora più evidenti durante questi due ultimi anni di pandemia. IN + si basa su un approccio dove l’intervento di residenza sociale diventi da una parte motore di sviluppo personale, culturale ed economico per i suoi abitanti, dall’altra si strutturi come un’opportunità per ampliare l’offerta abitativa, contribuendo così a creare comunità resilienti ed unite, in un’ottica di rigenerazione urbana e sostenibilità ambientale, come definito all’interno del pian Next Generation EU. IN + si sviluppa a partire dalle esperienze in materia di abitare collettivo maturate da ITER studio di Urban Design + Housing in Spagna, Svizzera ed Italia –attraverso un continuo confronto con interlocutori di eccellenza attivi in queste nazioni- ed il supporto diretto di Coop CAT come partner diretto a livello toscano.

IN + si sviluppa da un’idea tanto semplice quanto attuale: la casa come è stata sempre intesa non è più sufficiente. Gli spazi domestici in cui viviamo sono stati messi a dura prova dalla situazione emergenziale tutt’ora in corso, facendo emergere con forza problemi ed inefficienze ormai largamente presenti nel tessuto urbano contemporaneo. La “casa” – per molti spazio principale di crescita, vita, lavoro ma anche conflitto–si è dimostrata in questo periodo un campo ancora più duro e difficile: spazi sottodimensionati, mancanza di flessibilità e di aree esterne, povertà funzionale e relazionale. La casa contemporanea vuole invece presentarsi come un’infrastruttura flessibile, capace di assorbire, facilitare e promuovere la molteplicità di bisogni ed esigenze attuali. Una qualità abitativa veramente efficace e che possa rispondere ai bisogni delle persone e dei gruppi sociali con più bisogno di integrazione e sostegno non può

a nostro parere limitarsi unicamente ad un appartamento di qualità. Questa è raggiungibile solo se la sfera domestica viene accompagnata da spazi e servizi aggiuntivi, che supportino gli abitanti nella loro quotidianità, promuovendo la creazione di un tessuto sociale attivo e di sinergie con il quartiere circostante. È il concetto della “Città dei 15 minuti”, ma anche quello di “casa estesa”, entrambi un richiamo esplicito alla vita dei borghi storici italiani, che con le loro funzioni di prossimità, la promiscuità funzionale, la ricchezza di spazio pubblico hanno permesso la costruzione di un tessuto urbano che guarda alla scala umana ed al benessere quotidiano. Se il concetto di partenza risulta semplice, la risposta offerta è invece a nostro parere multipla.

Cinque punti per una nuova qualità nell’abitare collettivo IN + si concretizza attraverso la somma di 5 punti strategici:

il cortile organizza le attività al piano terra, aprendo l’intervento alla città e all’ambiente circostante.

1

3

2

4

Spazi e servizi IN + Pubblico, collettivo, privato. La casa IN+ si estende oltre i limiti domestici, arricchendosi attraverso spazi e servizi che rispondono ai bisogni degli abitanti e delle persone che ci lavorano, oltre che al quartiere dove si inseriscono. Attraverso la co-progettazione ed il dialogo tra gestori ed abitanti, supportati dall’affiancamento di una piattaforma digitale, IN+ mira alla costruzione di una comunità consapevole e proattiva nella gestione della vita utile dell’intervento e nel suo inserimento a livello urbano. Rapporto con l’ambiente Un cortile abitato. Uno spazio aperto chiaro, permeabile, un archetipo dello spazio di relazione e comfort è alla base di ogni intervento IN+. Il cortile si struttura così come un luogo di incontro e mediazione tra le sfere del pubblico, del collettivo e del privato (città, comunità e alloggio). Strumento di mitigazione climatica e di distribuzione per l’intero complesso,

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Unità abitativa flessibile Diversità e mobilità. IN+ contesta il paradigma abitativo del trilocale mutuato così passivamente da esperienze datate. Attraverso l’offerta di un’unità base scalabile e liberamente componibile, la struttura tradizionale dell’alloggio viene ripensata. Attraverso un’estrema efficienza planimetrica e costruttiva si offre così un ampio spettro tipologico, che grazie all’appropriazione e alla flessibilità di utilizzo garantisce una risposta attiva e dinamica alle esigenze presenti e future degli abitanti.

prefabbricazione off-site ed alla parametrizzazione progettuale garantiranno un abbattimento di costi, tempi e rischi di cantiere, nell’ottica di una risposta più efficiente alle necessità territoriali.

5

Innovazione costruttiva Una infrastruttura performante. Si propone un sistema strutturale prefabbricato e modulare. L’impiego prioritario del legno –sinonimo di comfort e durabilità– permette un’efficace riduzione dell’impronta ecologica dell’edificio, intrappolando attivamente Co2. Il ricorso a sistemi avanzati di

Zero consumo di suolo Interventi di centralità urbana. Gli interventi di IN+ sono pensati come “condensatori sociali” per le aree in cui si inseriranno, attori principali di una diffusa rigenerazione urbana. Favorendo l’insediamento di questi in aree connesse da mezzi pubblici, si promuove così la mobilità dolce e sostenibile, mentre la scelta dei lotti persegue una politica di “zero consumo di suolo”. Si individuano così tre condizioni urbane “archetipiche” su cui si sviluppano potenziali casi studio.


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Spazi e servizi IN +. Pubblico, collettivo, privato

Lo spazio dell’abitare è la somma di tre sfere: pubblica (città), collettiva (vicini) e privata (alloggio). L’intervento IN + di residenza collettiva per il XXI secolo si pone l’ambizione di diventare un contributo a 360º su tutte le sfere, attraverso l’offerta di servizi e funzioni sviluppati in un processo condiviso. Progetto IN + Un processo di co-progettazione individua i bisogni del quartiere, coinvolgendo i vicini e gli abitanti, affiancato da un lavoro di ricerca sul territorio. Attraverso workshop e interviste si elaboreranno mappe collettive, mettendo a disposizione plastici e modelli virtuali degli spazi sempre accompagnati dal supporto di esperti di pianificazione architettonica e sociale. Gli spazi non residenziali risultanti potranno essere affittati garantendo un ritorno economico.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

Regole IN + Per garantire la convivenza e l’utilizzo adeguato degli spazi e dei servizi offerti dal progetto si propone la redazione di regole condivise che organizzino la vita dell’intervento. Supportati da esperti nel terzo settore e attraverso un processo di responsabilizzazione, l’obiettivo sarà di coinvolgere gli abitanti e i vicini nella definizione delle norme quotidiane. Questi strumenti saranno monitorati e aggiornati nel corso della loro messa in pratica. Gestione IN + La manutenzione e gestione saranno date in carico ad imprese del Terzo settore, rappresentate da CAT, coinvolgendo e responsabilizzando direttamente gli abitanti stessi dell’intervento ed eventuali persone fragili presenti sul territorio. Per garantire la sostenibilità del lavoro di gestione si prevede la redazione

di un piano economico dove gli affitti moderati degli spazi e servizi collettivi possano contribuire a finanziare le spese gestionali lungo la vita utile dell’edificio. IN + APP All’intervento fisico si affianca l’attivazione di una piattaforma digitale dedicata, dispositivo di scambio e consapevolezza degli utenti, fruibile anche dai cittadini che non risiedono nell’intervento. L’app funzionerà come chiave digitale per gli spazi condivisi, come agorà per la partecipazione e lo scambio (banca del tempo), strumento di sensibilizzazione della sostenibilità e dei consumi, luogo di comunicazione di offerta, manutenzione e funzioni.


Rapporto con l’ambiente. Il cortile abitato

Il cortile –spazio domestico simbolo di natura e protezione dalla nascita dei primi insediamenti urbani– è al centro della proposta di IN+. Non più però come elemento residuale, spesso dimenticato e trascurato, ma come spazio paradigmatico di ogni intervento, dove le tre sfere dell’abitare – pubblica, collettiva e privata– s’incrociano. Il cortile, luogo fondamentale del modello proposto, viene così interpretato e reso maggiormente funzionale alle esigenze della vita contemporanea. L’archetipo architettonico costituito dal cortile presenta caratteristiche tanto basilari quanto attuali: un rapporto corretto con gli elementi naturali; chiare soglie di condivisione e privacy; uno spazio di possibilità circondato da un basamento con funzioni diverse, complementari alle residenze ma che soprattutto enfatizzano il rapporto con il quartiere ed i suoi abitanti. Intorno al cortile si organizzano quindi le attività che

migliorano la qualità della vita. Dagli spazi dedicati a questioni di logistica quotidiana, a quelli per attività fisiche, da zone per lavorare in diverse modalità, a ristoranti o spazi dedicati alla cultura, a laboratori ed ambulatori di prossimità: un catalogo di funzioni, da sviluppare e gestire con il supporto del terzo settore e co-progettando con gli abitanti, potranno facilmente trovare spazio nel generoso piano terra (h≥4,50 m). Questo unico spazio aperto –elemento fondamentale della nostra cultura dell’abitare– è il luogo di incontro, relazione e gioco con tanti benefici per la qualità quotidiana. Sia per mitigare la contaminazione acustica e ambientale, sia per favorire il comfort climatico o per potenziare la biodiversità, il cortile è uno spazio sicuro per l’interazione fra vicini in sicurezza, un’oasi nella città.

3° classificato • ITER

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Unità abitative flessibili. Diversità e mobilità

La casa attuale resiste al cambiamento. Mentre gli ultimi anni hanno visto profondi stravolgimenti per quanto riguarda il lavoro, i trasporti, le comunicazioni, la struttura generale dell’alloggio non ha subito aggiornamenti –se non in termine dimensionale, lusso però limitato a pochi. Il periodo del lockdown ha “stravolto” il funzionamento dello spazio domestico, facendo emergere una urgente necessità di innovazione. Zona giorno/zona notte, camera singola, disimpegno e cucina rispondono a un’idea della società e dell’abitare ristretta. Invece di uno spazio diviso e compartimentato, perché non pensarlo come somma di azioni che semplificano la quotidianità, ottenendo così una casa più versatile che consente con la stessa

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metratura più attività in contemporanea? La proposta di IN+ si basa su un appartamento composto da una somma di stanze uguali, liberamente arredabili ed appropriabili, organizzato attorno ad una spina centrale, costituita da spazio “soglia” arredabile - trasformabile anche in uno studio - bagno proporzionato e aerato, cavedi, completato da ampie finestre centrali e da un balcone generoso. Il trilocale è il prototipo per eccellenza della residenza collettiva italiana. Il concetto di IN+ prende come punto di partenza un appartamento con Superficie Netta di ca. 65 mq e destinato a 3/4 persone. Il bilocale è pensato da 42 mq e il quadrilocale da 84 mq, con stanza e bagno aggiuntivi. Il monolocale invece arriva

ai 32 mq di SN –oltre la soglia dell’alloggio minimo. Tutte le tipologie fino ai 5 piani di altezza presentano un sistema a distribuzione a “ballatoio allargato”, con larghezza da 2,5 e fasce di separazione tra le parti finestrate e le zone di passaggio, pensato come estensione esterna dell’alloggio, luogo di ritrovo e di gioco per bambini. Oltre i 5 piani e per la soluzione a torre – presentata successivamente– si prevede invece la distribuzione a nucleo centrale compatto. Entrando nel merito degli spazi, le stanze flessibili sono state progettate nel rispetto delle linee guida sviluppate dalla Fondazione Housing Sociale. Gli ambienti per mangiare/cucinare e riposare si possono concepire come separate o unite in un unico


ambiente. La somma di due stanze risulta di ca. 25 mq, permettendo di essere arredata con un tavolo per 4/6 persone, un divano con poltrona, una libreria. I moduli fissi destinati alla cucina sono un totale di 7, cinque fissi e due a scelta dell’abitante. Per quanto riguarda invece le stanze con presenza di letto si pensano come due doppie piccole di 12mq –standard di camera doppia in tanti paesi europei. Se accorpate in continuazione, possono diventare una doppia di 15 mq e una singola di 9 mq. Lo spazio filtro tra l’ingresso e le diverse stanze è stato ispirato dal lavoro “La qualità abitativa “post pandemia” a cura di Sociolab. La possibilità di offrire una soglia definita, di qualità che possa gestire l’intimità

degli altri ambienti e ospitare funzioni transitorie – uno scrittoio o armadiature disponibili– è intesa come l’offerta di una stanza in più. Se per questioni di uso, familiari o di cambio di priorità, questo spazio potrebbe facilmente trasformarsi in ripostiglio o bagno di servizio. Il bagno principale di ogni unità abitativa raggruppa gli elementi sanitari sulla stessa parete, mentre la finestra divisa in orizzontale ne facilita l’utilizzo. Il rapporto interno-esterno è mediato da finestrature regolari di dimensioni contenute e centrate sugli spazi, permettendo un arredo ottimale di questi. A secondo della composizione, si prevede l’estensione dell’alloggio attraverso un elemento balcone privato,

corredato con un sistema di tende di protezione solare e parapetti di semplice finitura. La flessibilità costruttiva permette di pensare attraverso aggregazione anche ad altre forme di abitare, alternative alla “famiglia 2+1”: la casa condivisa, l’alloggio assistito, la casa temporanea, la casa-lavoro: queste offrono risposta a bisogni abitativi plurali e in cambiamento. Diversi esempi si presentano attraverso i diagrammi a seguire.

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Innovazione costruttiva. Una infrastruttura performante

Digitalizzazione, Lean Design, Simulazione parametrica: l’industria della costruzione si trova attualmente in un punto di svolta. Queste sfide si presentano come opportunità a cui puntare per il progetto IN+. Con gli obiettivi principali a livello tecnologico di: i) riduzione dei tempi di cantiere per una immediata operabilità; ii) qualità e durabilità dei materiali impiegati, garantendo un iii) abbattimento dei costi di manutenzione e di gestione dell’intero impianto. Tutto questo con uno sguardo su un arco temporale di almeno 50 anni, inglobando le spese di costruzione, gestione e manutenzione. Progettare la durabilità è un obbligo per chi disegna una infrastruttura collettiva ed è centrale per motivare ogni singola scelta. Su queste premesse si propone di impiegare principalmente tecniche costruttive di prefabbricazione avanzata e di costruzione a secco sia per lo scheletro che per i tamponamenti dell’edificio attraverso la ripetizione e la modularità di elementi componibili. Con l’obiettivo di abbassare l’impatto ambientale su tutte le fasi di costruzione –cradle to cradle– si propone il legno come principale materiale di progetto. Le sue proprietà biologiche, la sua prefabbricazione e il contributo per la salute, lo rendono ad oggi la soluzione preferita dagli sviluppi di residenza sociale in Europa. La filiera produttiva italiana e le risorse forestali nazionali sono pronte ad abbracciare questo salto tecnologico incentivato anche dall’Unione Europea: si richiede solo l’impegno e know-how –in crescita– da progettisti, committenti ed imprese.

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Diagramma del sistema costruttivo Per le parti di interrato e del basamento, si pensa ad una soluzione più resistente ad un utilizzo pubblico –calcestruzzo prefabbricato– che continuerebbe la struttura lignea proteggendola dal contatto con il suolo. A livello di copertura e di elementi esterni all’involucro si pensa invece a soluzioni puntuali in acciaio per garantire la manutenzione e la resistenza alle condizioni atmosferiche. Si propone una maglia strutturale di 2.8x2.8m accorpabile in moduli da 5.6x5.6m o 8.4x8.4m al massimo e composta da sottomoduli di 0.70m. Questa fitta griglia funziona sia per i piani fuori terra che per l’eventuale interrato integrando i posti auto. Il sistema componibile generale risponde all’ingombro del prototipo trilocale: un blocco composto da 3 vani ciascuno di 2.8x2.8 m, composti da travi e pilastri prefabbricati in legno lamellare, solai sempre in legno con tecnologia Xlam. L’impalcatura prefabbricata viene poi riempita da elementi sempre a secco, organizzando gli spazi intorno ai cavedi impiantistici, minimizzando così massetti e costosi spostamenti. A partire da questa ossatura principale, la configurazione degli spazi potrà essere facilmente modificata e implementata, sia in fase di prima occupazione che nel corso degli anni di vita utile dell’edificio. Lo sviluppo di questo sistema su un intervento concreto si realizza a partire dalla modellazione parametrica di scenari diversi, in base a comfort, occupazione, condizione geologiche, sismiche e microclima dell’edificio.

Tramite l’implementazione di una progettazione fullBIM le diverse soluzioni verranno inserite in una matrice da discutere direttamente con la Committenza. A partire delle idee preliminari, il progetto verrà sviluppato attraverso un modello virtuale sempre tracciabile e condiviso fra i diversi stakeholders coinvolti in ottica di una co-progettazione tecnica. Per garantire il controllo e facilitare lo scambio di informazione e la velocità decisionale, l’approccio di sviluppo proposto prende come riferimento il modello del LEAN DESIGN. Tenendo fissa la suddivisione in fasi tradizionali del progetto architettonico, questo metodo organizza il flusso di lavoro attraverso micro-fasi basate su un continuo scambio di informazioni con la committenza e con gli altri consulenti, rendendo l’intero approccio più fluido ed efficiente. A modo di valutazione e monitoraggio delle scelte progettuali si propone di affiancare all’intero iter progettuale il Life Cycle Assessment (LCA), un modello di analisi che prende in considerazione l’impronta dell’edificio dalla fase di cantierizzazione a quella di dismissione (cradle-to-grave), analizzandone l’impatto sulla salute e sull’ambiente. Questo approccio verrà integrato nelle opzioni e simulazioni progettuali, e riassunta infine nel documento di sintesi a fine progettazione, definendo un benchmark per futuri interventi ed analisi.


INFRASTRUTTURA

MODULI DI ATTIVITÀ

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Zero consumo di suolo. Casi studio

IL PALAZZO IN +

LA CASCINA IN +

IL QUARTIERE IN +

Le aree metropolitane sono state le più colpite durante l’emergenza pandemica, i luoghi dove le mancanze strutturali degli ultimi anni di (mancata) pianificazione urbana sono emerse con più gravità. Allo stesso tempo, uno su tre italiani abita in una delle 21 aree metropolitane italiane più popolate, una tendenza che ha registrato un aumento dell’8% nel corso dell’ultimo decennio (fonte: ISTAT). Benché i borghi, le zone interne, e tante altre realtà territoriali toscane ed italiane si trovino anch’esse in difficoltà, la scala della problematica nelle grosse periferie richiede un massimo grado di attenzione e risposta per affrontare la qualità degli spazi e della vita in queste. La rete di mobilità collettiva presente in ogni metropoli rappresenta un chiaro punto di forza e di partenza. Ogni stazione, ogni fermata servita costituiscono

potenzialmente punti favorevoli alla densificazione e allo sviluppo sostenibile, nell’ottica dell’elaborazione di una strategia di intervento. La vicinanza a un nodo di trasporto diventa dunque lo “step 0” della rigenerazione urbana proposta da IN+, dove la residenza collettiva si presenta come catalizzatrice della trasformazione dei quartieri in cui si inserisce. Mettendo quindi a prova il modello astratto presentato nelle pagine precedenti, si sono individuati un totale di tre casi, ciascuno con condizioni urbane differenti ma con un unico comune denominatore: la mobilità. Per l’individuazione dei casi lo studio si è focalizzato sull’area metropolitana di Firenze, e precisamente sui suoi quartieri popolari, definendo aree che potessero funzionare da casi studio replicabili sul territorio toscano ed in altre grosse città italiane. Le tre strategie

sviluppate si basano su un comune denominatore: il consumo di suolo zero. Analizzando situazioni ricorrenti su tutto il territorio nazionale, si identificano tre condizioni urbane su cui sviluppare le rispettive strategie: i) la sostituzione di un edificio a cortina; ii) lo sviluppo di un’area ex-industriale; iii) la conversione di un’area ferroviaria dismessa. Lo sviluppo di questi casi è da intendere come un diagramma, indicativo di strategie urbane e progettuali che verranno poi declinate a seconda dell’area di progetto e dell’effettivo programma.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


Il palazzo IN +

privato collettivo

pubblico

La prima strategia propone il completamento di una cortina urbana in un lotto di porzioni ridotte, posizionato in una zona altamente abitata ma con l’assenza di servizi di vicinato. Obiettivo è quello di offrire un nuovo piccolo centro di quartiere e alloggio per ca. 30 persone. Spostando il vano scala e i servizi condominiali verso l’interno si liberano gli spazi al piano terra affacciati verso la strada, definendo un piccolo cortile interno per eventi all’aperto. I piani superiori sono divisi in tre fasce: quella degli alloggi, quella del cortile con le scale, e quella degli spazi Flex che possono ospitare sia un’estensione privata della propria casa che atelier-ufficio o servizi collettivi per gli abitanti.

TIPOLOGIA CASA-LAVORO TRILOCALE + BILOCALE SPAZI FLEX - LAVORO

3° classificato • ITER

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La cascina IN +

privato

pubblico

La seconda strategia riguarda un’ex-cascina ad uso industriale in stato di abbandono nei pressi di una fermata del tram, una situazione spesso rintracciabile all’interno del tessuto periferico delle città italiane. Questo intervento si propone di offrire una soluzione abitativa per ca. 100 persone a cui si affianca un programma di spazi di vicinato e giardini per il quartiere. La soluzione a corte aperta costruisce spazi di relazione a piano terreno, mentre le terrazze distribuite attorno ad essa funziona come filtro di domesticità rispetto al contesto.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

collettivo

TIPOLOGIA CASA-LAVORO multifunzionale


Il quartiere IN +

privato

collettivo

pubblico

Infine, lo sguardo si svolge su un’area urbana di discrete dimensioni, uno scalo ferroviario dismessao all’incrocio tra reti infrastrutturali e naturali (ferrovia-autostrada-Arno). Si ragiona in questo caso sulla scala del quartiere, posizionato in prossimità di una fermata suburbana di trasporto. Il quartiere –pensato per ca. 1000 persone– include tipologie diverse di intervento, dalla torre al blocco con cortile, dalla corte aperta all’edificio lineare. Il focus particolare in questo caso è l’offerta di uno spazio urbano aperto di qualità del nuovo quartiere senza machine, che possa definire un nuovo centro per i suoi abitanti e per l’area dove si inserisce.

I casi presentati sono suggestioni di un modello che si confronterà con la realtà specifica del territorio e i bisogni dei suoi cittadini. L’ambizione è stata quella di partire dalla semplificazione del diagramma per affrontare una sfida complessa e multidimensionale, una proposta che presenta delle linee guida adattabili, caso per caso, alle esigenze e alle complessità all’interno del panorama dell’abitare sociale italiano.

TIPOLOGIA A TORRE bilocale + 2 trilocali + 2 quadrilocali primo piano servizi

3° classificato • ITER

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progetto Architectural Research Workshop Camillo Botticini, Matteo Facchinelli Partner Terzo Settore FABRICA consorzio

Collaboratori studio Lucia Fanetti, Alessandro Galperti, Francesca Vezzoli Consulenti Daniele Quadri testo a cura di Camillo Botticini, Matteo Facchinelli

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Living today studio

studio

allenarsi

allenarsi

igiene cucinare dormire

+

igiene igiene orto | verde lavoro lavoro

cucina cucina

giocare

allenarsi lavoro

orto | verde

dormire giocare

dormire

giocare Struttura casa pre COVID Struttura casa pre covid

Living today - abitare oggi La domanda posta dal concorso è oggi centrale: quali sono i paesaggi domestici che oggi rispondono al tema di come abitare oggi ed in particolare cosa è mutato dopo la pandemia. La complessità e frammentazione della società restituisce un quadro di grandi potenzialità e mutamenti certamente accelerati dalla condizione pandemica, elemento che introduce ulteriori variabili nella definizione dei luoghi dell’abitare. La reclusione forzata ha mostrato i limiti di determinati modi di pensare la casa imprigionandoci in ambiti che diventavano l’unico spazio dove vivere. Aspetto non secondario di questa condizione è l’entrata in crisi dei luoghi urbani, dell’idea di vivere comunitario che si è ridotta per un certo periodo all’organizzazione della casa stessa, ai suoi limiti fisici spesso segregativi. Ripensare lo spazio domestico deve necessariamente partire da una comprensione di come il corpo si muove nello spazio come può interagire, quali le condizioni di riferimento, che spesso ibridano lavoro e vita condivisa. Importante diviene anche pensare la necessità di cambiamenti dello spazio durante la stessa giornata, con possibilità di determinare condizioni fluide o

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studio

Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

Struttura casa post COVID

comunque integrate da funzioni di servizio altrimenti non presenti. La casa è stata spesso negli ultimi due anni, una sorta di luogo di clausura uno spazio che ha determinato una compressione che da un lato ha esasperato le differenze sociali (chi ha meno spazio a disposizione o una seconda casa vive male) dall’altra ha imposto una convivenza e simultanea separazione tra gli abitanti di un alloggio Centrale è diventato il tema dell’integrazione, della prossimità, della” città dei quindici minuti”, che riduca spostamenti e consenta di accedere ai servizi (commerciali, sanitari, scolastici, culturali, sportivi ma anche di nursery o di portierato etc…) in un diametro urbano circoscritto, o meglio dove possibile integrati all’edifico stesso. Definire una idea di abitare, nella nostra proposta, parte da alcuni concetti che leghino l’abitare al suo multiforme uso, ad una flessibilità che possa essere sincronica, ossia nelle ore del giorno, ma anche diacronica ossia permettere nel tempo variazioni interne, aggregazioni di spazi, addizioni. Due sono i modi di guardare all’alloggio a partire da questi presupposti: il primo lo vede come dall’interno quale spazio flessibile dove si possano modificare

Strategia ecnomica post COVID

gli spazi di vita e lavoro e che possano effettivamente avere in diretta relazione con l’esterno. La casa non può essere uno spazio chiuso, ma deve trovare una relazione osmotica con l’esterno. Un secondo aspetto è il ripensamento radicale dello spazio soglia tra interno ed esterno. Tema centrale, quando si riduce la possibilità di uscire è l’annessione dell’esterno. È evidente come questo spazio possa essere “la stanza in più” soprattutto se trasformabili in spazi bioclimatici, capaci non solo di mediare tra interno ed esterno, ma diventare una stanza aggiuntiva, un luogo che consenta di recuperate l’esternità e che soprattutto in contesti urbani manca. Questo approccio consente di proporre un modo anche di rideterminare gli edifici esistenti permettendo una sorta di wrapping che può cambiare in modo simultaneo le condizioni di abitabilità, sostenibilità energetica e sismicità. Questa modalità di intervento che si sta diffondendo nel nord Europa ed in Francia (vedi gli interventi di Lacaton e Vassal in Francia) può avere anche un approccio meno tecnicistico, più adatto all’architettura delle nostre latitudini, con un carattere capace di integrarsi o far integrare l’architettura ai luoghi.


Concept +

+

=

Alloggio

Lo spazio esterno

Spazio flessibile

Proposta progettuale

Come spazio di vita, relazioni: soggiorno, camera e cucina. Si ricerca una flessibilità spaziale e modulabile.

Rapporto di continuità con l’interno.

Uno spazio capace di accogliere le funzione tecnologiche della casa.

Una cintura verde che limita ma mette in relazione lo spazio interno e lo spazio interno, qui gli spazi flessibili, posti lunga la soglia della casa permettono di liberare lo spazio abitabile.

Schemi funzionali

Cintura verde Cintura come un nuovo spazio che permette all’alloggio di mutare. Essa è composta da spazi tecnologici, logge, spazi flessibili, giardini d’inverno.

Relazioni La disposizione di questi nuovi ambienti appendici creano una molteplicità di visuali e di relazioni interno/esterno interno/interno.

Soglia interno/esterno Le logge e i balconi diventano la zona filtro tra esterno ed interno.

Soglia interno/interno Gli ambienti “tecnologici” diventano una nuova soglia tra gli spazi interni.

Architectural Research Workshop

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Strategia spazi al piano terra

TIPOLOGIA A TORRE

Tipologia esistente

Strategia alloggi

Sistema di spazi post COVID

+

TIPOLOGIA IN LINEA

+

TIPOLOGIA A CORTE

+ + ++++

+ + + +++ +

La proposta qui cerca di articolare una definizione tipologica che lavori a partire dall’alloggi su tre componenti fondamenti nella configurazione urbana: l’edifico in linea, (2-5 piani) l’edifico “a torre “ (di nove piani) e l’edifico a corte (2-5 piani) Quest’ultimo presenta una variabilità tipologica particolarmente adatta alle dimensioni comunitarie come student housing- co-living – senior housing. Si ipotizza il piano terra come spazio di servizi condivisi. La copertura come “spazio tecnico per i pannelli di approvvigionamento termico (anche in una variante dotata di copertura inclinata). L’edifico in linea aggrega sei alloggi a piano, con

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+ =+++

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tri-quadri locali in testa e bilocali nella parte centrale serviti da un vano scala unico. La “torre” da un vano centrale unico aggrega da 4 a 6 alloggi a piano. La corte Si caratterizza per 12 alloggi ad ogni livello e può articolarsi sia a ballatoio (basterebbero nel caso 2 vani scala) per appartamenti divisi ed autonomi (cohousing- co living ed edilizia social). I servizi comuni o aggiungibili sono costituiti da volumi integrabili al centro della corte. Si determina una potenzialità di articolazione anche più complessa unendo e correlando i diversi edifici. Elemento di centrale importanza è connesso alla

Proposta progettuale

=

=+==

=

= ====

= = === =

dimensione sociale degli interventi, quale idea di abitare si propone, di comunità, di qualità dello spazio condiviso di smartness, oggi facilmente integrabile con soluzioni che vanno dal wi-fi e app condominiale, a spazi per attività condivise, alla “libreria della cose che permetta di avere oggetti di uso non frequente in condivisone, a spazi di servizio come lavanderie che possono essere escluse dalle case come spazi recuperabili (vedi copertura). Spazi condominiali per incontri, feste, nursury condivise, piccole palestre, spazio amazon sono alcune delle attività che possono rendere l’abitare una condizione che legge nella socialità un valore sostanziale per la qualità della vita.


Edificio a torre

Residenza

Servizi di quartiere

Architectural Research Workshop

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Edificio in linea

Servizi di quartiere

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Residenza


Edificio a corte

Residenza

Servizi di quartiere

Architectural Research Workshop

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Innovazione tecnologica LEGENDA 1. rivestimento in Clinker 2. cappotto in EPS 3. pannelli di OSB+lana di roccia+traversi 4. trave in c.a. prefabbricata 5. pavimentazione esterna in grès 6. pavimentazione interna ceramica 7. solaio in Predalles alleggerito 8. Infisso in alluminio a taglio termico 9. parapetto in acciaio a bacchette

La proposta tecnologica costruttiva è legata all’uso di sistemi prefabbricati flessibili dove le pareti verticali sono in calcestruzzo prefabbricato, quelle orizzontali in legno così come i tamponamenti esterni. Le logge in calcestruzzo prefabbricato hanno una struttura autonoma da quella dei solai tamponamenti, sia per ridurne gli spessori sia per non avere ponti termici. I pannelli esterni sono prefiniti con listelli incollati di cotto, toscano nello specifico, elemento che riduce a zero la manutenzione delle facciate. È evidente che le stesse strutture possono essere realizzate con tecnologie tradizionali o miste in relazione alle esigenze specifiche.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

L’impiantistica di concentra nei controsoffitti delle zone umide- corridoi con ispezionabilità diretta classificazione delle componenti finalizzata a ridurre la manutenzione. Il principio della sostenibilità è quello di avere una condizione costitutiva degli edifici che nasca da una reale qualità dei materiali usati. Aspetto determinante della proposta è la capacità delle componenti di essere unità elementari per la costruzione di una identità urbana, tasselli che possano adattandosi inserirsi nei diversi contesti, o realizzare interventi complessi, come parole di un testo urbano che si permetta di realizzare una caratterizzazione dei luoghi qualitativa.

Matrice di ogni intervento deve essere la qualità dello spazio pubblico, dell’integrazione con quello costruito, della sostenibilità insediativa quale matrice di effettivo valore di ogni intervento che è la componente di partenza vera per realizzare una dimensione dell’abitare che dalla dimensione post COVID-19 si apra al futuro prossimo, per come vivremo nelle nostre case e le nostre città.


Schema aggregativo

Architectural Research Workshop

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progetto DAP Studio

Elena Sacco, Paolo Danelli Partner Terzo Settore La Cordata

Collaboratori studio Massimo Addamiano, Altea Giuliana Clerici, Mariangela Frisardi, Michele Cortinovis testo a cura di Elena Sacco Claudio Bossi

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Costruire luoghi abitativi di senso Linee guida per un modello di gestione integrato L’Housing sociale ha due anime che devono convivere ed integrarsi in una prospettiva di progettazione immobiliare: una economico- finanziaria, l’altra sociale. Ciò al fine di sostenere la sostenibilità economica finanziaria, quella ambientale e quella sociale, considerando quest’ultima la sfida più pertinente e significativa di ogni intervento di housing sociale. Tra queste anime va cercato un equilibrio che garantisca la centralità della dimensione relazionale e la coesione della comunità, senza penalizzare la tenuta economico- finanziaria dell’investimento. La ricerca di questo equilibrio è un presupposto fondamentale, che ci porta a riflettere, come prima cosa, sulla natura e sul ruolo del “gestore sociale”, figura chiave che dovrebbe affiancare i progettisti, lo sviluppatore e gli stakeholder istituzionali e comunitari fin dall’inizio e per tutto lo sviluppo del progetto, promuovendo quindi un processo “partecipato” dello sviluppo progettuale. Il modello integrato di gestione dell’Housing Sociale proposto è quello sperimentato con successo da La

Cordata in oltre 30 anni di esperienza e si articola nei seguenti 3 ambiti: • 1. la gestione sociale della comunità di abitanti e della comunità territoriale di riferimento. Questa duplice “cura”, consente di promuovere processi di corresponsabilità degli attori in gioco, di innescare le alleanze tra abitanti e comunità locale (istituzioni, associazionismo, cittadini, etc), affinchè l’intervento non sia percepito come un innesto anonimo e incoerente con la dimensione di quartiere o porzione di città. • 2. la gestione del property: diventa strategico che l’operatore, affiancato da competenza specialistiche, diventi anche responsabile e coordinatore delle attività di property. La gestione delle morosità, i percorsi di rientro del debito, sostenere l’inquilino, quando questi è “moroso incolpevole”, nel ricomporre gli equilibri economici, famigliari, etc. rientrano nelle attività atte a garantire l’efficienza economica della gestione. Così come le attività di mantenimento dell’efficienza strutturale ed impiantistica dell’immobile, devono rientrare nella

resposabilità di un modello di gestione integrata; • 3. la gestione facility, anch’essa deve ricadere sotto la responsabilità e il coordinamento del gestore sociale. La qualità dei servizi di facility (pulizie, manutenzioni ordinarie, etc.) non possono essere allocate ad altre “responsabilità”. Ma devono trovare un punto di sintesi nel gestore sociale, il quale ha il compito primario di gestire la comunità degli abitanti, di sollecitare la loro partecipazione anche negli aspetti “operativi” del condominio. Il ruolo del gestore sociale si articola quindi a 360 gradi nella gestione dell’iniziativa di housing sociale. È responsabile e coordinatore di tutte le attività, avvalendosi delle competenze tecniche necessarie al raggiungimento degli obiettivi

Integrazione territoriale Al centro della gestione viene posta la volontà e capacità di coinvolgere i vari attori presenti nel territorio: le istituzioni locali, i servizi sociali, i cittadini, le realtà associative, le parrocchie. Il coinvolgimento, sia nella fase progettuale che operativa, di tutti i soggetti che possono concorrere al benessere della comunità. La dimensione della corresponsabilità è una leva indispensabile per la coesione sociale nei territori. L’intervento viene così percepito e vissuto come una risorsa per il territorio, alla quale tutti sono chiamati sia a contribuire che a ricevere.

l’integrazione di servizi di natura pubblica (servizi residenziali per persone fragili) con una domanda locativa privata, genera una flessibilità gestionale che consente una maggior stabilità economica. Si tratta di superare la tradizionale barriera profit-non profit, per dare vita ad un’economia generativa e ad un benessere multidimensionale. Coniugare il valore della solidarietà alla solidità di un business plan economico permetterà al gestore di vivere con le sue gambe, senza dover dipendere in tutto da supporti esterni e porre limiti al suo raggio di azione.

CRITERI E VALORI DI RIFERIMENTO L’obiettivo è quello di generare non solo un tetto sotto cui vivere ma un’esperienza di vita, la proposta è quella di abbattere i muri e mescolare le diversità. Alla base di questa visione i valori e i criteri di riferimento sono così sintetizzabili: Centralità della dimensione relazionale L’attenzione alla dimensione personale e specifica della persona, è fondamentale perché ogni intervento sia orientato alla costruzione del benessere delle persone e delle comunità. Integrazione sociale L’integrazione tra le diverse persone, con profili socio-economici diversi, che abitano significa considerare ciascun soggetto non solo come portatore di bisogni ma anche di risorse. Questo sguardo consente di valorizzare il capitale umano e relazionale di cui ognuno è portatore, lavorando ad un processo di creazione di significati condivisi e auto-prodotti.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

Integrazione economica Una gestione così articolata e complessa, si fonda su un mix di risorse pubbliche e private che consentono di sostenere economicamente la gestione operativa. L’integrazione di più “fonti di ricavo” consente un abbassamento del rischio gestionale,


Strategia gestionale

La strategia gestionale pone al centro la mixitè sociale e funzionale, con l’obiettivo di far diventare l’intervento un punto di riferimento di iniziative volte alla coesione sociale e all’offerta abitativa accessibile a diverse fasce di popolazione. Il modello di Housing Sociale proposto si declina quindi come: 1. una risposta abitativa di qualità, accessibile a diverse fasce di popolazione e bisogni (socialità, integrazione, mutualità) che esprimono fragilità sociali e/o economiche; 2. un sostegno alla qualificazione e allo sviluppo del territorio e della comunità locale (forte integrazione

con il contesto di riferimento: ente locale, quartiere, istituzioni, associazioni, imprese…); 3. lo sviluppo di un modello di community welfare, capace di attivare le risorse degli abitanti per costruire servizi di reciprocità (es. badante di condominio, mutuo aiuto tra abitanti, Repaire Cafè, Coworking,…); 4. un modello di co-abitazione sociale, dove vengono innestati servizi individualizzati di accompagnamento sociale sia per gli abitanti che per il territorio (lavoro, casa, formazione, gestione finanziaria, servizi educativi, assistenziali) volti all’uscita

del nucleo famigliare dalla situazione di emergenza e fragilità abitativa e sociale; 5. diverse quindi, anche all’interno dello stesso contesto immobiliare, dovrebbero essere le tipologie alloggiative (camere, micro- residenze collettive, appartamenti) e diversi i titoli d’uso (locazione temporanea, locazione a canone concordato, contratti di servizio), al fine di rispondere con puntualità al bisogno ma anche di innescare percorsi di autonomia con un percorso di accompagnamento sociale.

DAP studio

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Un modello integrato social housing

2

1

1. aule studio/meeting 2. residenze temporanee studenti

Mix abitativo La compresenza di differenti offerte abitative che combinano all’interno di un unico comparto immobiliare una molteplicità di utenti (famiglie in difficoltà abitativa, studenti, lavoratori, persone fragili, nuclei monogenitoriali, giovani coppie,…) permette di sviluppare forme di relazione e integrazione tra bisogni e risorse di cui ognuno è portatore e tra differenti profili sociali, facilitando fortemente la relazione con il contesto, nonché la sostenibilità nel tempo di interventi che vogliono esprimere un orientamento sociale. Il mix garantisce la creazione di contesti non marginalizzanti di mono-utenza e facilita scambi e relazioni in un’ottica di reciprocità. Il mix abitativo consente di offrire alloggi a «famiglie e/o studenti consapevoli», persone dotate di risorse relazionali, sociali e culturali che scelgono di abitare in un contesto con un forte

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

orientamento sociale (la presenza di soggetti e famiglie consapevoli che scelgono di vivere un’esperienza abitativa diversa può essere incentivata abbassando ulteriormente il canone di affitto). Il ruolo del gestore sociale si articola quindi a 360 gradi nella gestione dell’iniziativa di housing sociale. È responsabile e coordinatore di tutte le attività, avvalendosi delle competenze tecniche necessarie al raggiungimento degli obiettivi gestionali ed economici. Mix funzionale Il mix funzionale viene inteso come un approccio che integra l’abitare nelle sue varie declinazioni, con servizi abitativi ad uso esclusivo o prevalente dei residenti (es. spazi coworking co-studying, cucina comune, sala ritrovo, etc) e servizi più orientati al territorio di natura socio-culturale, commerciale, servizi domiciliari.

La strategia gestionale si orienta verso nuovi prodotti, progetti e servizi in grado di generare benessere multidimensionale. Costruire reti Obiettivo principale della strategia gestionale è, dunque, quello di mettere in relazione la comunità e gli abitanti dell’intervento di housing. Niente avrebbe senso senza le alleanze costruite e da costruire con il territorio, in quanto fare rete è condizione indispensabile per sostenere i processi di emancipazione e di integrazione sociale dei soggetti deboli. Si tratta, quindi, di rafforzare i legami con gli attori pubblici, con le imprese tradizionali, con il Terzo settore e con le comunità territoriali, costruendo reti che aggreghino, non tanto e solo su una base giuridico-identitaria, ma su oggetti, obiettivi e modelli di sviluppo sostenibili.


Trasformabilità

Drivers e contesti di riferimento DAP studio conduce da anni una ricerca su molti dei temi oggetto del concorso, ricerca che ha avuto come esito realizzazioni di social housing, di residenze ad uso temporaneo, di residenze per studenti. La progettazione di poli per la cultura e centri civici, ulteriore ambito di ricerca, ha inoltre consentito di approfondire quella dimensione comunitaria e relazionale che è elemento chiave anche negli interventi residenziali. Le soluzioni tecnico architettoniche presentate recepiscono, quindi, molti sviluppi di questa ricerca e seguono, come sequenza, l’approfondimento dei drivers proposti dal bando. Si propone, per ciascun tema, una doppia lettura che tiene conto dei diversi contesti in cui il social housing sarà inserito. È una schematizzazione che prevede due situazioni estreme: l’ambito urbano con tessuto edilizio compatto e concentrazione di servizi e l’ambito extraurbano,

posto ai limiti della città. Tra questi due casi limite c’è, ovviamente, una zona grigia intermedia dove possono coesistere elementi dell’uno e dell’altro caso. Riteniamo, tuttavia, che questo tipo di impostazione sia necessaria proprio perché la risposta ad alcuni temi non è univoca ma dipende molto dal contesto con cui il social housing entra in relazione. Il contesto urbano Nel contesto urbano la progettazione del social housing e la sua stessa gestione sono condizionati da numerose variabili, legate alla morfologia del tessuto urbano, dal rapporto con le infrastrutture e con le vie di accesso, dalla vicinanza di “emergenze”, quali poli universitari, ospedali, centri direzionali che possono orientare verso una certa tipologia di utenza ed una prevalenza di residenze temporanee. L’housing si modella, dunque, sulla base del contesto, modifica il suo rapporto con la città, la sua

permeabilità, la tipologia di funzioni collettive che possono andare ad implementare la rete dei servizi urbani. In generale, i contesti più strutturati offrono una rete di funzioni pubbliche con cui l’housing entra in relazione diventando esso stesso un polo di riferimento. Da un punto di vista architettonico questa propensione urbana si traduce in porosità, permeabilità dell’attacco a terra, relazione visiva tra ambito domestico e ambito urbano. La carenza di spazi aperti e di verde può essere certamente una criticità in contesti molto densi. In caso di edifici l’utilizzo di spazi in copertura trasformati in giardini comuni può essere una risposta. In presenza di cortili, terrazzi e balconi privati possono essere “moltiplicati” collegando fronti opposti e generando giardini pensili a disposizione di tutti. Il verde può essere utilizzato come “materiale per costruire” e deve caratterizzare tutti gli spazi pubblici e di intermediazione: le corti interne, gli orti posti

DAP studio

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Riuso dello spazio attraverso Riuso dello spazio attraverso elementi adattabili elementi adattabili

udio, bar….) .servizi Alcuni spazi abitativi Il di riuso sostenibile di edifici esistenti consente accolgono ospitalità Il di riuso sostenibile di edifici esistenti consente ccolgono servizi ospitalità di rigenerare il patrimonio edilizio e di ridurre alberghiera (pensionato universitario) di rigenerare il patrimonio edilizio e di ridurre berghiera (pensionato universitario) il consumo di suolo. L’accorpamento delle parti

La realizzazione di nuovi edifici con approccio e La realizzazione di nuovi edifici con approccio ecoc orientamento alla tecnologia i principi dell’architettura passiv orientamento alla tecnologia i principi dell’architettura passiva (o degli ambienti esposizione, apporto solare, ventilazione natura degli ambienti esposizione, apporto solare, ventilazione naturale, fotovoltaico). Si progetteranno edifici a consum fotovoltaico). Si progetteranno edifici a consumo di (NZEB) con involucro edilizio altamente prestan (NZEB) con involucro edilizio altamente prestante e con ridotte dispersioni termiche. con ridotte dispersioni termiche. I materiali selezionati saranno prevalentemente I materiali selezionati saranno prevalentemente a p e ad alto contenuto di riciclato, al fine di garant e ad alto contenuto di riciclato, al fine di garantire i sostenibilità e di diminuzione dell’utilizzo di ma sostenibilità e di diminuzione dell’utilizzo di materia

il consumo di suolo. L’accorpamento delle parti “umide”4(bagno e cucina) si coniuga con “umide” (bagno e cucina) si coniuga con interventi4a secco (partizioni e volumi inclusi), interventi a secco (partizioni e volumi inclusi), concepiti come innesti che consentono concepiti come innesti che consentono flessibilità, non appesantiscono le strutture e flessibilità, non appesantiscono le strutture e riducono i tempi di realizzazione. riducono i tempi di realizzazione.

enibili enibili

Flessibilità ne ne

erreTrasformabilità

Trasformabilità

extra-Urbano extra-Urbano Edifici a basso impatto Edifici a basso impatto

Riuso dello spazio attraverso ambientale Riuso dello spazio attraverso ambientale elementi adattabili elementi adattabili

orientamento orientamento degli ambienti degli ambienti

La realizzazione di nuovi edifici con approccio ecocompatibile, affianca La realizzazione di nuovi edifici con approcciopassiva ecocompatibile, affianca alla tecnologia i principi dell’architettura (orientamento, alla tecnologia i principi passiva (orientamento, esposizione, apportodell’architettura solare, ventilazione naturale, verde schermante, esposizione, apporto solare, ventilazione naturale, verde schermante, fotovoltaico). Si progetteranno edifici a consumo di energia quasi zero, fotovoltaico). Si involucro progetteranno edifici a consumo di energia quasi zero, (NZEB) con edilizio altamente prestante e (NZEB) involucro ediliziotermiche. altamente prestante e concon ridotte dispersioni con ridotte dispersioni termiche. I materiali selezionati saranno prevalentemente a produzione regionale I materiali selezionati saranno prevalentemente a produzione regionale e ad alto contenuto di riciclato, al fine di garantire il rispetto dei criteri di e adsostenibilità alto contenuto didiminuzione riciclato, al fine di garantire il rispetto dei criteri di e di dell’utilizzo di materiali vergini. sostenibilità e di diminuzione dell’utilizzo di materiali vergini.

ventilazione ventilazione naturale naturale

muri spe muri spess intercap intercaped

pannelli solari pannelli solari

5

che. e. uto o lizzo zzo

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

orientamento orientamento degli ambienti degli ambienti

ventilazione ventilazione naturale naturale

pannelli solari pannelli solari

ilità manutenzione sono tà didi manutenzione sono gli elementi, componenti i elementi, componenti

si hanno tendenzialmente dimensioni più contenu5 te, sia per 5 la tipologia di utenza che per ovvie ragioni di costo. La flessibilità costituisce, quindi, l’elemento chiave per creare una fluidità strutturale che renda l’esperienza abitativa scorrevole e continua. La carenza di spazio può essere gestita prevedendo all’interno dell’Housing spazi per lo studio, il lavoro e il tempo libero prevedendo anche postazioni “protette” per garantire la privacy e la sicurezza, come sta avvenendo nella progettazione degli uffici. Abbiamo nelle tavole approfondito il tema delle unità abitative minime, in quanto, certamente, è la situazione limite che presenta le maggiori criticità. Da una parte lo spazio minimo dell’abitare viene ridotto e prosciugato, lavorando per sottrazione, riducendo ed eliminando tutto ciò che non è essenziale,

14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27.

muri spessi e muri spessi e intercapedini intercapedini

10.

L’ambito residenziale è chiuso mbito residenziale è chiuso Housing è arricchito da servizi sing è arricchito da servizi ccoli spazi pubblici aperti alla li spazi pubblici aperti alla vello, la corte interna connette o, la corteininterna connette copertura, patii scavati nell’edificato che accolgono quota. Tutte queste presenze ota. Tutte queste presenze organizzati, come in un puzzle, piccoli anizzati, come in giardini. un puzzle, cenario di volumi riconoscibili. ario di volumi riconoscibili. Per quanto riguarda i singoli alloggi, in ambito urbano

11. 12. 13.

materiali materiali riciclabili riciclabili

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27.

1. Scossalina metallica 2. Strato impermeabile di policarbonato alveolato (sp. 2 cm) Scossalina metallica 3. impermeabile Rasatura minerale Strato di policarbonato alveolato (sp. 2 cm) 4. Isolante lana di legno 180 kg/mc (sp. 6 cm) Rasatura minerale 5. Isolante lana di180 legno 100(sp. kg/mc (sp. 12 cm) Isolante lana di legno kg/mc 6 cm) 6. Setto/parete XLAM tipo(sp. BBS (sp. 12 cm) Isolante lana di legnoin100 kg/mc 12SP cm) 7. Pavimentazione flottante minerale Setto/parete in XLAM tipo BBS SP (sp. 12(sp. cm)2cm) 8. Doppia guaina BTP ad alta(sp. riflettenza Pavimentazione flottante minerale 2cm) 9. Pannello isolante lana di legno 200 Kpa - 80 mm Doppia guaina BTP ad alta riflettenza – 180 kg/mc – lamda 0,043 Pannello isolante lana di legno 200 Kpa - 80 mm 10. kg/mc Pannello isolante lana di legno pendenziato – 180 – lamda 0,043 mediolana 80 mm– 55 kg/mc – lamda 0,038 Pannellosp. isolante di legno pendenziato Barriera al vapore sp.11. medio 80 mm– 55 kg/mc – lamda 0,038 12. Solaio sdraiato in XLAM tipo BBS SP (sp. 18 cm) Barriera al vapore 13. sdraiato Controsoffitto metallico fonoassorbente tipo Solaio in XLAM tipo BBSradiante SP (sp.e18 cm) freestanding acustico e radiante con lana minerale Controsoffitto metallico radiante e fonoassorbente tipo 14. Facciate continue tipo Shuco 50 + Finestre FWS 75 – freestanding acustico e radiante con AWS lana minerale emissivo =1 – UwFWS 1,4 75 +dotato di Facciatevetrocamera continue tipobasso Shuco AWS 50Ug + Finestre – selettivi sul fronte sudUg RW=143– dB vetrocamera basso emissivo Uw 1,4 +dotato di 15. Balaustra vetro di sicurezza (12 + 12 mm) selettivi sul fronteinsud RWstratificato 43 dB 16. Pavimento vinilico (sp.di0.5 cm) Balaustra in vetro stratificato sicurezza (12 + 12 mm) 17. Massetto a secco tipo Fermacell 2E31 (doppia lastra) Pavimento vinilico (sp. 0.5 cm) 18. Sottofondo anidro granulare fino (sp. 11lastra) cm) Massetto a secco tipo Fermacell 2E31 (doppia 19. Tappetino in fibra Rockwool Steprock HD Sottofondo anidroacrilico granulare fino minerale (sp. 11 cm) 20. Isolante Xps – lamba 0,035 (sp. 12 cm) HD Tappetino acrilico in 200Kpa fibra minerale Rockwool Steprock 21. Vespaio ventilato (igloo) (sp.(sp. 50 cm) Isolante Xps 200Kpa – lamba 0,035 12 cm) 22. Masselli Vespaio ventilatoautobloccanti (igloo) (sp. 50 cm) 23. Sabbia di allettamento Masselli autobloccanti 24. di Tessuto non tessuto separatore Sabbia allettamento 25. Guaina protettiva in PEHD bugnato Tessuto non tessuto separatore 26. Tubo di drenaggio PHED O 160 Guaina protettiva in PEHD in bugnato 27.di Doga e traverso in alluminio Tubo drenaggio in PHED O 160 verniciato ral Doga e traverso in alluminio verniciato ral

5

5

ottimizzando l’organizzazione dei diversi ambiti al fine di sfruttare al massimo ogni spazio. Dall’altra i progetti vengono affrontati facendo perno sui concetti di trasparenza, continuità, flessibilità: la separazione dello spazio tra ambiente notturno e diurno si fa più fluida, la circolarità dei percorsi permette agli spazi di transito di fondersi con gli spazi della socialità; lo studio degli elementi di arredo si configura come momento finale di una serie di passaggi di scala ed è strettamente legato al progetto architettonico. Questo approccio si esprime nella progettazione attraverso alcune “invenzioni spaziali” che garantiscono la fluidità dell’impianto distributivo e, al tempo stesso, la modulazione della privacy: volumi centrali che contengono ambienti di servizio e che si relazionano visivamente con i diversi ambiti; arredicerniera multifunzionali che filtrano alcuni ambienti e sintetizzano, da un punto di vista materico e compositivo, tutto il sistema di arredi della casa; cucina

passante che mette in collegamento zona giorno e zona notte arricchendo con microcircuiti secondari il sistema dei percorsi principali; il letto in nicchia dove ai piedi del letto viene posizionata una quinta di separazione ed il letto diventa la misura minima attorno alla quale si organizzano le relazioni tra zona notte e zona giorno; pareti-filtro pensate come elementi scultorei, come quinte piene caratterizzate da bucature e campiture colorate o pareti a secco realizzate in legno o in metallo con diversi gradi di trasparenza.

schema ipotizza una composizione LoLo schema ipotizza una composizione didi elementi modulari che genera un’interessante elementi modulari che genera un’interessante complessità spazi viste. L’ambito complessità didi spazi ee didi viste. L’ambito residenziale chiuso protetto ma privo residenziale èè chiuso ee protetto ma privo didi reali delimitazioni: paesaggio artificiale crea reali delimitazioni: unun paesaggio artificiale crea una divisione informale l’isolato città. una divisione informale tratra l’isolato ee la la città. L’Housing arricchito servizi a disposizione L’Housing èè arricchito dada servizi a disposizione dei residenti, come negozi, bar, biblioteca, dei residenti, come negozi, bar, biblioteca, ecc. ecc. Verso strada sono invece previsti piccoli Verso la la strada sono invece previsti piccoli spazi pubblici aperti alla città, come skate spazi pubblici aperti alla città, come la la skate ramp il centro giovani con l’area sportiva, ramp ee il centro giovani con l’area sportiva, la la palestra scuola danza. palestra ee la la scuola didi danza. Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis primo livello, corte interna connette l’area AlAl primo livello, la la corte interna connette l’area giochi alcune attività riservate residenti; giochi eded alcune attività riservate ai ai residenti; servizi servizi

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1. Sco 2. Stra Scossalina 3. Ras Strato imp 4. Isola Rasatura m 5. Isola Isolante la 6. Sett Isolante la 7. Pav Setto/pare 8. Dop Pavimenta 9. Pan Doppia gu – 18 Pannello is – 10. 180 Pan kg/m sp.is Pannello 11.medio Barr sp. 12. Sola Barriera al 13. Con Solaio sdra free Controsof 14. Fac freestandi vetc Facciate sele vetrocame 15. Bala selettivi su 16. Pavi Balaustra 17. Mas Pavimento 18. Sotta Massetto 19. Tap Sottofond 20. Isola Tappetino 21. Vesp Isolante Xp 22. Mas Vespaio ve 23. Sab Masselli au 24. Tess Sabbia di a 25. Gua Tessuto no 26. Tub Guaina pro 27. diDog Tubo dre Doga e tra


Le interconnessioni

Il contesto extra-urbano L’Housing Sociale può relazionarsi anche con ambiti extraurbani o di frangia, dove il contesto è più rarefatto sia dal punto di vista del tessuto che per la scarsa presenza di funzioni collettive e servizi. Anche in questo caso può esserci la prossimità con emergenze che condizionano, in parte, la progettazione e la gestione dell’Housing, basti pensare alle strutture ospedaliere o ai centri direzionali che spesso sorgono ai limiti della città. In generale però, in questi contesti la progettazione dell’housing risponde maggiormente a delle logiche proprie. Da un punto di vista morfologico la scarsità di connessioni con la città e il suo tessuto richiede, a livello di impianto, una maggiore delimitazione dell’intervento, mentre l’organizzazione planivolumetrica dovrebbe garantire un’articolazione di spazi comuni e di intermediazione in grado di generare un paesaggio urbano. Un sistema di spazi

progettati sul contrasto tra densità materica e trasparenza, tra continuità e discontinuità, tra dilatazioni e compressioni spaziali. Avendo una minore densità di funzioni urbane nel contesto di riferimento, la rete della mobilità sostenibile è fondamentale per connettere in sicurezza i quartieri ai principali servizi. In questi contesti l’Housing Sociale si deve arricchire di spazi e funzioni comuni destinati ai residenti, diventando esso stesso promotore o accentuatore della città dei 15 minuti. Elemento chiave è il rapporto con il verde e la possibilità di creare spazi comuni immersi nella natura: giardini, aree per i bambini o orti comuni. A integrazione di terrazzi e balconi, gli spazi verdi potranno essere concepiti come proiezione e prolungamento degli spazi interni, vere e proprie “stanze all’aperto”, di pertinenza del singolo alloggio, prevedendo opportuni elementi- filtro, oppure a disposizione di più unità abitative.

Punto di forza, in ambito extraurbano, è certamente la disponibilità di spazio sia all’interno degli alloggi che per quanto riguarda le aree comuni, per i minori costi che questo tipo di localizzazione generalmente comporta. Gli appartamenti dovranno essere organizzati prevedendo opportuni spazi filtro e disimpegnando i diversi ambienti al fine di modulare la privacy e favorire la compresenza di attività anche non strettamente abitative. La flessibilità può diventare, allora, strumento per variare la configurazione dell’alloggio anche in funzione della composizione del nucleo famigliare. Alcune partizioni possono essere gestite con elementi di arredo che consentono di adeguare l’alloggio al variare delle esigenze, viene proposto come esempio un sistema di moduli attrezzati scorrevoli su binari che permettono una riconfigurazione funzionale degli spazi.

DAP studio

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progetto Studio tecnico Edilprogetti + MDU architetti Partner Terzo Settore Consorzio CHORA

testo a cura di Alessandro Corradini, Lorenzo Chiani

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


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Introduzione La pandemia di questi ultimi anni ha generato una condizione di fragilità che ha indotto una riconsiderazione sulle consuetudini sociali che hanno generato negli anni un patrimonio edilizio che per molti aspetti è entrato in crisi nella risposta alle esigenze abitativa dell’uomo. L’uomo ha infatti fin nei suoi fondamenti biologici una forte propensione alla socialità come strumento che contribuisce a dare risposta alle esigenze primarie della vita nelle avversità del mondo. La socialità nei progetti di oggi ha bisogno di essere espressamente promossa per integrare una prassi diffusa che favorisce talvolta gli aspetti tecnologici ed economici dei processi di programmazione ed attuazione degli insediamenti residenziali. Stimolati dal tema del concorso abbiamo individuato nel sistema distributivo l’occasione per dare risposta alle esigenze di socialità dell’uomo in quanto elemento in grado di connettere la dimensione urbana - luogo dello scambio sociale - con la dimensione privata dell’abitazione. L’atrio ed i passaggi condominiali, le scale e gli ascensori vengono declinati come prolungamento della città fino alla porta di casa, attraverso l’individuazione di un sistema che supporta spunti di socialità fin nell’intimo recondito dei condomini per dare sollievo alla “solitudine” che sempre più spesso caratterizza la dimensione privata.

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I principi abitativi Come accennato il sistema degli elementi in grado di favorire l’integrazione nella comunità degli abitanti e di questa con il quartiere e la città è a nostro parere quello dei collegamenti, ovvero quegli spazi di relazione che stanno tra la città, le abitazioni e le persone. La nostra proposta individua una risposta nel sistema distributivo a “ballatoio” andando a prevedere una matrice distributiva implementabile che riproduce una sorta di suolo verticale posto in continuità con il tessuto urbano, fatto di camminamenti aperti, piccoli slarghi, giardini pensili, servizi e visuali aperte sulla città. La matrice distributiva supporta la matrice residenziale costituita da una composizione razionale di appartamenti assemblati in blocchi di forma elementare. Il concetto di matrice usato per descrivere il sistema abitativo introduce il concetto di flessibilità nella configurazione formale dei corpi di fabbrica. La matrice è per sua natura estendibile sia in verticale che in orizzontale, prestandosi ad assumere le forme di tipologie abitative in linea, a torre oppure ad occupare isolati urbani nella logica di risolvere interventi di rigenerazione urbana o di nuova edificazione. Il sistema dei ballatoi connessi con una o più torri di collegamento verticale conserva la sua funzionalità per ciascuno delle tipologie sopra elencate. Per interventi di maggiore complessità e dimensione il sistema dei collegamenti esterni a ballatoio fornisce l’occasione per mettere in relazione i diversi edifici in un più ampio sistema volto all’integrazione delle percorrenze e alla facilitazione delle relazioni tra comunità di abitanti di più corpi di fabbrica per la nascita di comunità più estese. Quelli che abbiamo definito “suoli verticali” si uniscono riproducendo una varietà di possibili contatti tra luoghi e persone moltiplicando le possibilità di relazione e di scambio.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


La matrice distributiva

I ballatoi costituiscono un sistema di distribuzione degli appartamenti che offre maggiori possibilità di incontro e scambio per la comunità degli abitanti; lungo i percorsi di distribuzione infatti si moltiplicano le possibilità di incontro e di relazione. Viceversa un pozzo scale di tipo tradizionale per sua natura non aiuta l’incontro in quanto costituito da spazi chiusi e frazionati ai diversi piani. Il sistema dei ballatoi permette poi di razionalizzare i punti di collegamento verticale diminuendone il numero in relazione alle esigenze di mobilità interna. La matrice distributiva costituisce anche un sistema dotato di una sua autonomia dedicato alla relazione tra gli abitanti e a quella tra gli abitanti e la città oltreché costituire il supporto di collegamento tra la matrice abitativa ed il sistema degli spazi collettivi in generale. Il collegamento avviene poi anche con gli spazi dedicati alle attività sociali del piano terra poste a servizio dell’utenza più allargata del quartiere. La matrice distributiva costituisce quindi una vera e propria rete di collegamenti tra abitazioni, slarghi attrezzati, giardinetti pensili, terrazze e locali

condominiali che riproduce la complessità e la varietà relazionale tipica delle città. I ballatoi vengono attrezzati con alcuni elementi che favoriscono la sosta e l’incontro. La presenza di alcuni piccoli slarghi con delle panchine e del verde pensile contribuisce a creare luoghi di aggregazione in cui si possono svolgere attività ludiche a carattere collettivo. Il semplice fatto di uscire nel ballatoio per prendere un po d’aria costituisce di per se lo spunto di un potenziale incontro. Il sistema aperto dei ballatoi costituisce poi una garanzia di maggiore salubrità anche alla luce delle recenti vicende legate alla emergenza epidemiologica da COVID-19. La varietà dei collegamenti verticali costituisce un ulteriore arricchimento dell’offerta sulle modalità di circolazione all’interno dell’intervento. Si pensi infatti che in riferimento ad un edificio o ad un complesso di edifici si possono aggiungere rampe ciclabili che consentono di arrivare alla propria abitazione, lungo un percorso collegato al sistema ciclabile urbano, e

posteggiare la bicicletta davanti a casa, magari all’ultimo piano. Un ulteriore arricchimento del sistema dei collegamenti è determinato dall’aggiunta di scale poste sui ballatoi in direzione longitudinale che implementano le possibilità di spostamento sulla matrice distributiva verticale con l’individuazione di percorsi alternativi e possibili scorciatoie. La struttura verticale della matrice distributiva costituisce, come accennato, una sorta di suolo verticale che dialoga fisicamente con il suolo reale attraverso la continuità delle percorrenza e dell’uso all’interno di un progetto integrato volto a mettere in sinergia le due realtà che si specchiano l’una nell’altra. Le persone che percorrono e animano i ballatoi si relazionano direttamente con quelle che usano i giardini, i playground ed i terminali dei collegamenti urbani. Le relazioni avvengono mediante rapporti visivi ed integrazioni funzionali filtrate dalla supervisione del Gestore sociale che orchestra l’uso degli spazi collettivi posti a servizio delle comunità dei condòmini e del quartiere che qui si incontrano per costruire nuove relazioni.

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La matrice residenziale Le unità residenziali sono organizzate secondo criteri di razionalità e semplicità formale. Gli appartamenti sono inscritti in semplici rettangoli di uguale profondità e diversa larghezza a seconda delle dimensioni (bilocali, trilocali, ecc…) che prevede la possibilità di un ampia flessibilità aggregativa. L’aggregazione tra le unità residenziali produce volumi semplici e lineari garantendo una maggiore economicità e un miglior funzionamento in relazione alla semplicità e alla standardizzazione dei nodi costruttivi. I cavedi tecnici sono disposti lungo un piano longitudinale intermedio che permette anch’esso un ampia flessibilità aggregativa. La semplicità formale del blocco residenziale si riflette nella semplicità del telaio strutturale in cemento armato caratterizzato da luci contenute ed interassi regolari, oltre che nell’uso di tamponamenti di tipo tradizionale. Il passo della struttura è stato pensato per non intralciare la libera disposizione delle unità residenziali oltre che in funzione della corretta organizzazione dei posti auto situati nel piano interrato. Come elemento di collegamento tra la matrice distributiva dei ballatoi ed il blocco residenziale vengono introdotte delle serre solari che costituiscono l’ingresso delle unità residenziali oltre che un locale di filtro posto a separazione tra l’ambiente esterno e quello domestico. Tali locali possono poi ospitare specie di piante che contribuiscono alla purificazione dell’aria interna degli appartamenti oltre che un luogo alternativo per l’abitare ed eventualmente lavorare da casa. Gli appartamenti di vario taglio sono tutti dotati di terrazza. In generale le zone notte presentano una certa flessibilità nella suddivisione delle camere che consente di variarne il numero e la dimensione. La zona giorno può a sua volta essere frazionata per ricavare uno studio o una camera aggiuntiva. Le serre solari, come anticipato, costituiscono uno spazio aggiuntivo di tipo multifunzionale compatibilmente con le caratteristiche climatiche specifiche del locale.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


Il progetto introduce alcuni criteri di carattere bioclimatico che contribuiscono a climatizzare le unità residenziali attraverso l’uso di semplici applicazione sui concetti della geotermia e dell’energia solare, nell’ottica della sostenibilità e del risparmio energetico. I due sistemi sono utilizzati rispettivamente per lo scenario invernale e quello estivo. In inverno le serre solari poste a sud trasferiscono negli appartamenti il calore generato dall’effetto serra. Con l’attivazione di un sistema di ventilazione si favorisce la circolazione dell’aria riscaldata nei locali interni con un beneficio in termini di comfort abitativo e di

risparmio energetico. I raggi solari in inverno hanno un incidenza tale da riscaldare gran parte delle superfici interne delle serre. In estate si attiva invece un sistema geotermico naturale mentre le serre risultano schermate dai ballatoi esterni che bloccano i raggi solari nella loro tipica incidenza estiva. Si specifica che le serre solari sono poi dotate di un apposito sistema di schermatura e di grandi superfici vetrate apribili. Il sistema geotermico è costituito da una semplice canalizzazione interrata che passando al di sotto del piano di fondazione dell’edificio consente la mitigazione

della temperatura dell’aria in ingresso negli appartamenti. I concetti insediativi sopra descritti sono stati applicati in due lotti di diversa natura situati a Prato per testarne l’applicabilità su casi concreti. Il primo dei due lotti contempla la realizzazione di un nuovo edificio residenziale nei pressi del parco dell’Ippodromo mentre il secondo il recupero di un’area produttiva dismessa all’interno del tessuto urbano in fregio all’asse viario denominato “Declassata”.

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Il progetto sociale

Il concetto di Social Housing nasce per soddisfare il bisogno primario di un’abitazione per i cittadini che hanno necessità di ottenere un risparmio economico, scoraggiare la formazione di ambienti di emarginazione e di stigma, e favorire percorsi di partecipazione e di responsabilità civica; tale metodo abitativo è in grado di creare armonia tra sostenibilità economica, ambientale e sociale. La crisi sanitaria ha fatto riflettere rispetto all’ambiente quotidiano e ha sconvolto la comunità in cui viviamo: la sfida è ripensare alla progettazione interna delle abitazioni, ma soprattutto recuperare il policentrismo delle città, in modo che tornino ad essere luoghi d’incontro, di benessere e di riferimento per ognuno. Serve un processo innovativo interdisciplinare, in grado di fondere discipline sociologiche con competenze tecniche, che coinvolga anche Enti del Terzo Settore, in qualità di soggetti giuridici nati dall’autoorganizzazione della società civile in gradi di captare bisogni, anche se latenti, e progettare risposte efficaci e tempestive. Dal progetto architettonico proposto sono stati individuati i seguenti spazi comuni, studiati per non invadere quelli privati dei condomini: • Giardino attrezzato: spazio esterno attrezzato con tavoli, gazebi e giochi per bambini;

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• Open space all’ingresso: centro del coordinamento delle attività sociali in cui possono essere posti terminali polifunzionali e multiservizio (esempio “Bottega della Salute”); • Saletta privata all’ingresso: polifunzionale e dedicata a servizi che richiedono privacy; • Salette individuali ai piani superiori: offre opportunità di uno spazio privato per studio o per postazione computer (adattabile anche come postazione di telemedicina); • Sala polivalente: dotata di cucina condivisa, un grande tavolo e postazione hi-tech per svolgere attività di gruppo; • Ballatoio: per creare una matrice di spazi esterni intorno alle abitazioni incentivando occasioni d’incontro tra condomini; • wwTerrazza a tetto: spazio esterno utilizzabile in diversi modi accanto alla sala polivalente. Al fine di creare una proposta progettuale è stato adottato l’approccio logico “Planning for real”, che permette di analizzare le realtà Social Housing già esistenti, apprendere tutte le best practices e coniugarle in modo innovativo, focalizzando l’attenzione sui concept d’interesse. Il lavoro di raccolta, analisi e interpretazione di carenze e attese, tacite ed esplicite, da parte del target potenziale ha permesso la

costruzione di un’analisi dei bisogni suddivisa in otto macroaree principali. Sulla base di queste necessità generiche sono stati costituiti dei livelli di prestazione dei servizi (basso, medio, alto). Per facilitare la coordinazione dei servizi verrà progettata un “App di condominio”, che permetterà ai condomini di poter dialogare a distanza e di potersi iscrivere alle diverse attività sociali organizzate. La tabella porta alcuni esempi di servizi attivabili a seconda del livello di esigenza espressa: Gli spazi comuni sono molto versatili, visto che vi possono essere svolte diverse attività e sono adattabili a fattori esogeni (come la pandemia da COVID-19). Inoltre, l’erogazione mirata dei servizi elimina sprechi di risorse e si offre soluzioni specifiche ai bisogni manifestati o latenti. Per questo, il progetto può essere replicabile in ogni contesto comunitario in cui si cerca di incoraggiare la reciprocità tra le persone alimentando così uno stile di vita collaborativo e sostenibile: il grafico a radar illustra come, a seconda delle macroaree individuate, la linea di identificazione di livello del bisogno (linea rossa) aumenta o diminuisce. Tutti i servizi sociali offerti dovranno essere coordinati da una figura professionale con particolari skills, in grado di recepire i bisogni dei condomini e attivare


Studio

MACRO AREE

Semplificazione burocratica Utilità sociale per il supporto quotidiano

Educazione e formazione

Studio

Lavoro

Salute

Promozione sociale

Salute

SERVIZI ATTIVABILI

BASE

Postazione studio con free wi-fi

MEDIO

Postazione computer desktop

ALTO

Facilitazione incontro domanda/offerta per ripetizioni

BASE

Postazione con free wi-fi, terminale informatico collegato ad ARTI (agenzia regionale toscana per l’impiego)

MEDIO

Postazione con tecnologia informatica per lo smart-working

ALTO

Organizzazioni incontri con consulente del lavoro o con centro per l’impiego

BASE

Cassetta pronto soccorso e DAE, terminale informatico per servizi connessi alla tessera sanitaria/CNS, sostegno alla prenotazione di visite mediche tramite CUP online, info COVID

MEDIO

Saletta attrezzata come infermeria base, facilitazione all’accesso al portale regionale PASS (percorsi assistenziale per soggetti con bisogni speciali), informazione e diffusione di “hAPPy Mamma” (App specifica per la gravidanza fino al primo anno di vita del bambino), kit base per svolgere visite tramite telemedicina

ALTO

Kit avanzato per svolgere visite tramite telemedicina, organizzazione e gestione di infermiere e/o badante di condominio

BASE

Orientamento scolastico, universitario e professionale

MEDIO

Alfabetizzazione digitale, supporto scolastico, universitario, professionale e per l’università dell’età libera

ALTO

Scuola di baratto, corsi professionali e attività manuali

BASE

Diffusione buone pratiche e informativa per il risparmio

MEDIO

Gruppi d’acquisto, condivisione attrezzi, community no waste

ALTO

Scambio abiti usati, supermercato collaborativo, rigenerazione dei rifiuti, car sharing

BASE

Bookcrossing, cucina condivisa, incentivazione del volontariato, App di condominio, giardino attrezzato, playground esterno, informazioni turistiche e culturali

MEDIO

Gruppi di cammino, videoteca, facilitazione e promozione corsi sportivi

ALTO

Club del libro, attività manuali ludiche, laboratori di produzione, cene solidali a tema, tavole di quartiere, orti e giardini condivisi, incontro domanda/offerta per attività turistiche e del tempo libero

BASE

Terminale informatico per supporto all’attivazione dell’identità digitale, accesso portale OPEN Toscana/fascicolo pagamenti online verso PA, stampa certificati anagrafici, supporto alla fruizione di sostegni per le fasce deboli, iscrizioni per nidi comunali, trasporto, mensa, pre e post scuola

MEDIO

Distribuzione kit raccolta differenziata, supporto per richiesta tesserino venatorio, facilitazione assistenza domiciliare

ALTO

Sportello sociale di supporto (psicologico, sociale, economico e legale)

BASE

Punto ritiro pacchi, free wi-fi, servizio di portierato diurno

MEDIO

Ludoteca di condominio, banca del tempo, ricerca dog sitter

ALTO

Terminale informatico per la gestione della consegna spesa e farmaci a domicilio e accompagnamento anziani e disabili

Risparmio economico

Lavoro

Livello alto

LIVELLO

Livello medio

Livello base

servizi che diano risposte adeguate e tempestive senza invadere gli spazi privati degli stessi. Nello specifico dovrà: 1. supportare e coordinare tutti i servizi attivati all’interno degli spazi comuni dell’edificio; 2. captare le necessità dei condomini e attivare i relativi servizi necessari; 3. alimentare il senso comunitario nel quartiere; 4. disporre di adeguate competenze di risoluzione problemi, comunicazione efficace e empatia; 5. gestione dell’App di condominio Quanto descritto, se inserito in un conglomerato abitativo adatto, può evolversi e ampliare la propria offerta potenziando i servizi non solo per i condomini, ma anche per coloro che appartengono all’intero quartiere. In questo modo, lo sviluppo comunitario e l’empowerment sociale presentato, contribuirebbe alla creazione di una comunità urbana, una delle ultime innovazioni in campo sociale dedicata alla valorizzazione della vita collettiva.

Educazione e formazione

Risparmio economico

Promozione sociale

Semplificazione burocratica­

Utilità sociale per il sostegno quotidiano

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progetto EPSUS MUSA s.r.l.

Franco Landini, Luigi Pingitore Partner Terzo Settore G. Di Vittorio Società coop. sociale Onlus � Antonella Oronte collaboratori: Carmine Di Palma, David Pasqualetti

Collaboratori studio Davide Tinti Consulenti IPOSTUDIO Architetti � Lucia Celle, Roberto Di Giulio, Carlo Terpolilli collaboratori: Ilaria Brogi, Barbara Vanni; LED-DIDA UNIFI � Francesca Tosi collaboratori: Alessia Brischetto, Mattia Pistolesi

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


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MARS+ per l’abitare sociale, inclusivo e sostenibile INDIVIDUAZIONE AREA DA DEDICARE AL PROGETTO DI EDILIZIA PER HOUSING SOCIALE

COPROGRAMMAZIONE (Proprietà, Enti Terzo settore, ASL, SDS territoriali, Comune…) Analisi del contesto, studio di fattibilità, individuazione dei bisogni specifici territoriali, condivisione delle risorse disponibili per rispondere ai bisogni individuati FIRMA CONVENZIONE COMUNE E PROPRIETÀ

INDIVIDUAZIONE DEGLI UTENTI Percorso autorizzativo e definizione del contratto per l’attivazione dei servizi del terzo settore

PROCESSO DEFINIZIONE GRADUATORIE PER:

COPROGETTAZIONE Obiettivi: definizione dei servizi attivabili e loro predisposizione in termini di affidamento e contratto; definizione delle specifiche architettoniche e strutturali necessarie alla realizzazione dei servizi individuati, con la possibilità di rispondere nel tempo anche ad una diversa tipologia di bisogni, utili alla proprietà per la realizzazione degli immobili. Partecipanti: Ente pubblico, Enti del terzo settore, proprietà.

PROCESSO DI COSTRUZIONE DEGLI IMMOBILI

Servizi sociali, cura e comunità dalla città alla casa L’abitare post pandemico dovrà essere integrato non solo di spazi nei quali promuovere e sviluppare attività condivise di comunità, già efficacemente sperimentate, ma dovrà riportare nel tessuto abitativo la possibilità di svolgere funzioni che sono state tenute lontane dalle consuetudini abitative, come quelle di invecchiare in un contesto di familiarità potendo usufruire di servizi di medicina in casa e di spazi che, nel tempo, diventano adatti al mutare delle condizioni sociali e di salute. In sintesi, l’espressione tenere insieme le mura con la cura e la socialità trova nella proposizione di uno spazio connettivo residenziale, denominato Co.Re., la soluzione per integrare gli alloggi, con una dotazione di spazi che finiscono per costituire anche un’offerta alla città di servizi comuni di interesse pubblico.

La Metodologia

PROCESSO ATTIVAZIONE DEI SERVIZI

L’ABITARE SOCIALE POST PANDEMIA Continuità e innovazione Le realizzazioni di Investire Sgr; patrimonio costituito da centinaia di interventi realizzati in tutta Italia. Da quel patrimonio bisogna partire per contribuire a far assumere all’edilizia residenziale sociale privata un ulteriore salto di qualità verso la costruzione della città inclusiva e resiliente, senza perdere di vista le imprescindibili condizioni operative di chi agisce in un ambito di mercato.

Pubblicazione bando da parte del Comune e definizione

ASSEGNAZIONE DEGLI ALLOGGI E INSERIMENTO UTENTI PER SERVIZIO TERZO SETTORE

SOSTEGNO ALLE ATTIVITÀ DI COMUNITÀ (FACILITATORE DI COMUNITÀ)

Scegliere il contesto: la rigenerazione urbana Il futuro dei programmi di trasformazione della città sarà prevalentemente quello della rigenerazione di tessuti urbani di completamento e/o degradati con strumenti complessi come i PINQuA (i programmi di Grosseto e Livorno sono scelti come casi localizzativi di studio). Rigenerare significa collocare il progetto di housing sociale in un contesto di partenariato, a fronte del fabbisogno di recupero di suolo per il pubblico, di riqualificazione degli immobili abbandonati, di servizi utili all’inclusione sociale nelle aree periferiche. In questo contesto il progetto affronta il tema della densità, utile per il recupero di suolo pubblico senza essere nemica della salute privata; propone spazi per la comunità e di servizio sociale sanitario integrati con la residenza, da considerare come nuovi standard

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

ATTIVAZIONE PERCORSO DI START UP DI COMUNITÀ (FACILITATORE DI COMUNITÀ)

per la rigenerazione urbana. In sintesi, si sostiene la casa come infrastruttura sociale. Dal lato della gestione sociale Abitare inclusivo: sul metodo Per essere inclusivo, un progetto di housing sociale deve necessariamente prevedere, fin dal suo inizio, la partecipazione dell’ente pubblico (nella fattispecie Società della Salute SDS, ASL). Riteniamo quindi che un coinvolgimento del servizio pubblico debba essere previsto non appena individuato l’ambito urbano da rigenerare.

Da questo punto di vista un fattore fondamentale di successo è che la struttura possa rispondere nel tempo al mutare dei bisogni, senza alcun intervento di tipo strutturale.

www.epsus.it


Ambiente inclusivo Un esempio di servizio attivabile Per meglio rappresentare quanto fin ora riportato immaginiamo di poter proporre nel social housing un servizio di Comunità terapeutica diffusa per utenti dei servizi di salute mentale (per l’accreditamento sanitario la struttura si classifica come una S.R.P. 3.2 - Strutture residenziali psichiatriche per interventi socio-riabilitativi). Requisiti strutturali: • il numero complessivo dei locali e spazi da progettare viene determinato in rapporto alla popolazione servita (numero max di posti 8); devono assumere caratteristiche delle civili abitazioni ed organizzazione interna che garantisca sia gli spazi e i ritmi della normale vita quotidiana, sia le specifiche attività sanitarie, con spazi dedicati per il personale, per il colloquio e per le riunioni; • preferibilmente, in normale contesto residenziale urbano, in modo da agevolare processi di socializzazione. Requisiti organizzativi: Il progetto di comunità diffusa prevede di considerare la struttura come un blocco di appartamenti indipendenti, dotati di sala con cucina a vista, bagno, spazio esterno, resede esclusivo, da assegnare agli utenti (massimo 3 per appartamento). Un ulteriore appartamento è, invece, da prevedere per gli operatori per le attività comunitarie, terapeutiche ed amministrative, dotato di ufficio, locale per attività comunitarie sufficientemente grande per accogliere 15 persone, cucina, bagno, stanza per colloqui, sala riunioni. Questo assetto mantiene la funzione riabilitativa e terapeutica della struttura, ma restituisce dignità all’utente accogliendolo in un contesto domestico di una abitazione autonoma. Insomma, si sottolinea come la possibilità di poter usufruire di spazi adibiti alla comunità degli abitanti e di partecipare al percorso di community building rappresenti un importantissimo aiuto al percorso di integrazione nel contesto sociale da parte degli utenti. Tenere insieme le mura e la cura Secondo il contributo scientifico del LED-DIDA UNIFI la casa come luogo di cura è oggi possibile grazie

alle potenzialità offerte dalla e-health e dalla telemedicina, che potrebbero facilitare il trasferimento dei servizi di assistenza sanitaria dagli ospedali alla comunità. Tale soluzione permette un miglioramento della qualità assistenziale, perché viene assicurata la continuità ospedaliera, si riduce il costo sociale sia per il paziente che per i familiari che lo assistono e si riduce il costo pubblico e privato dell’assistenza sanitaria. Gli ambienti intelligenti (smart environments) sono tipicamente concepiti per monitorare l’attività di un numero ristretto di persone fornendo servizi relativi alla sicurezza e il comfort dei soggetti. Per tali motivazioni la proposta intende realizzare un involucro edilizio intelligente dotato di: 1. uno spazio collettivo/condominiale da dedicare all’assistenza sociale di base; 2. spazi domestici privati, finalizzati alla promozione della salute, del benessere e del monitoraggio. Gli spazi inclusivi Il primo tipo di spazio, lo spazio collettivo/condominiale da dedicare al supporto dell’autonomia e al sostegno di anziani fragili, soli e di altri soggetti bisognosi, è pensato all’interno dell’involucro edilizio ed è in grado di accogliere operatori socio sanitari e volontari, offrendo agli anziani e/o soggetti bisognosi assistenza sanitaria durante lo svolgimento delle attività quotidiane (come vestirsi, fare la spesa, pagare le bollette, nutrirsi e ricevere compagnia). Il secondo tipo di spazio, pensato per la promozione della salute, tramite le potenzialità offerte dalle tecnologie odierne, è in grado di far fronte alle necessità di cura sino ad oggi risolte lontano dall’abitazione Lo stesso spazio, considerato per la promozione del

benessere, comprende l’esercizio fisico che assume un ruolo prioritario per la salute di tutti, dai giovani agli anziani, ai soggetti che soffrono di una qualche malattia (come, ad esempio, il Parkinson con una funzione rilevante per il rallentamento delle condizioni di disabilità). La casa stessa si adatta nelle dimensioni e nell’organizzazione per poter fare movimento fisico e, per tali ragioni, il progetto propone un ambiente che, grazie alla flessibilità delle pareti non portanti, varia seconda delle esigenze dell’utente, garantendo lo spazio necessario per svolgere il movimento. Infine, lo spazio domestico inteso come ambiente intelligente, dotato di sensori che hanno la funzionalità di monitorare alcune attività domestiche (comunicando immediatamente attraverso un alert una possibile emergenza). I sensori/telecamere, installati in punti strategici della casa come angoli dei soffitti e sopra porte e finestre, hanno lo scopo di monitorare: le cadute domestiche; gli allontanamenti non pianificati/organizzati dall’abitazione (che rappresentano un problema per i soggetti affetti da demenza senile/Alzheimer); lo stato ambientale (fornelli accesi o altri elettrodomestici che possono causare danni a terzi o/a persone); lo stato di chiusura/apertura della porta di ingresso e delle finestre. In termini di condizioni di fattibilità, oltre alle pareti scorrevoli, occorre che sia l’involucro edilizio che ogni spazio domestico siano dotati di connessione internet cablata con fibra ottica per poter sfruttare App opportunatamente sviluppate per l’esercizio fisico domestico e per partecipare a webinar di interesse attraverso l’uso di un PC, tablet, oppure una smartTV di uso personale.

EPSUS MUSA s.r.l.

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I luoghi dell’abitare sociale soggiorni condominiali

attrezzature comuni

25% bassa densità 25%

50% 65%

medio/alta densità 50% superficie verde

alta densità 65% kindergarten

1. Insediamento urbano - recupero del suolo pubblico e densità abitativa

La sfida culturale in due idee In un duplice significato, il terzo passo richiama i luoghi dell’abitare: luoghi che sono spazi figurati, astratti, che rimandano ad ambiti di azione avverabili con il sostegno di un processo riformatore; ma sono anche ambienti fisici reali, che distinguono la dimensione della rigenerazione urbana, fatta di recupero di suolo (pubblico) e densità, tipicamente sostenuti da iniziative pubbliche. Non a caso, la nostra proposta indica due ipotesi di interventi ad hoc per i contesti urbani delle candidature PINQuA di Grosseto (Via De’ Barberi) e Livorno (Cisternone). “MARS per l’abitare sociale inclusivo e sostenibile” pone una sfida culturale nuova ai modelli caratteristici di ingaggio del gestore sociale. In sostanza, si tesaurizzano le novità introdotte con la riforma del Terzo settore, legandole a un’idea di welfare urbano altrettanto innovativa: gli spazi comuni all’abitare, oltre una certa soglia e quando gestiti per offrire servizi sociali, si considerano standard urbanistici, spingendo più avanti la sperimentazione regionale al D.I. 1444/1968 praticata nell’ultimo ventennio.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

spazi per la gestione sociale

deposito biciclette

spazi pubblici per le disabilità

2. Organismo edilizio - servizi di prossimità

La casa sociale post-pandemia è soprattutto questo: in uno slogan, la densità urbana non è nemica della salute (in opposizione alla teoria del “ritorno ai Borghi”) purché quelle che di solito costituiscono le dotazioni civiche divengano anche servizi domiciliari, peraltro in coerenza con quanto assunto nel PNRR italiano 1. Del resto, la pandemia ha acuito le questioni, ma il tema dei “nuovi standard per nuovi bisogni” (INU, 2015) era già ben presente nel dibattito pubblico, nel tentativo di superare gli attuali impedimenti della disciplina urbanistica, divenuta nel tempo un fattore di rischio per gli investimenti. Due idee, il Terzo settore verso i servizi per l’inclusione e taluni spazi comuni intesi come standard urbanistici sono, in definitiva, il trait d’union di una diversa formula di gestione dell’housing sociale, qui ribattezzata “modello partecipato”.

1 Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ITALIA DOMANI, Investimento 1.2: “Casa come primo luogo di cura e telemedicina”, pag. 225 e ss.

Principi generali del progetto Le idee di progetto sono coerenti con i presupposti definiti a monte e le indicazioni della partnership sociale e scientifica appositamente coinvolta. Il progetto, quindi, vuole corrispondere alle esigenze e ai requisiti derivanti dall’operare nell’ambito della rigenerazione urbana: dalla sostituzione di immobili degradati con ricostruzione sul sedime liberato, alla riqualificazione di patrimonio residenziale esistente. Il progetto è in grado di sostenere i necessari cambiamenti (di uso e di target di abitanti) nelle previsioni spaziali e nel corso del tempo, integrando spazi strettamente dedicati alla residenza con spazi da dedicare alla cura, al wellness, ad attività di co-working, ecc. In definitiva, operare nella rigenerazione urbana significa far fronte alla carenza di servizi e al disagio abitativo per cui la sfida progettuale consiste nel proporre e dimostrare la realizzabilità di un modello di casa come infrastruttura sociale inclusiva.


Una casa innovativa e sostenibile 1.Involucro Strutturale

2. Impianti All’esterno

Scelte tecnologiche, flessibilità e adattabilità Per favorire il più possibile l’adattamento alle diverse ipotesi di cambiamento o variazione di funzioni e attività, il tipo edilizio è stato pensato libero il più possibile dalle interferenze dei flussi verticali che ne vincolano i caratteri distributivi a causa dei cavedi. In sostanza, un nodo centrale strutturale ospita i flussi prevalentemente in salita, mentre i flussi in discesa sono portati sui bordi esterni dell’involucro edilizio. Le reti impiantistiche, dalle colonne verticali che salgono lungo il nodo centrale strutturale, si diramano nei singoli alloggi con reti a soffitto lasciando il pavimento libero da interferenze. L’involucro edilizio Nella visione del progetto l’involucro assume un ruolo complesso e polivalente: assolve al compito di costituire una struttura esterna portante che, in simmetria con il nucleo centrale strutturale del vano scala, consente di definire orizzontamenti liberi il più possibile da strutture portanti verticali all’interno degli alloggi. I terrazzi, le logge e i balconi collaborano alla complessità dell’involucro con un sistema costruttivo a “maglia tecnologica” esterna che intercetta i flussi verticali discendenti di bagni, cucine e pluviali e ospita pannelli di pareti vegetali ed eventualmente (se l’orientamento è favorevole) serre solari biodinamiche.

discese verticali impiantistiche

3.Organizzazione Tipologica Flessibile

nucleo centrale dei flussi verticali

4. CO.RE Connettivo Residenziale Luogo Destinato Ai Servizi Di Comunità

5. Sostenibilità

co.re.

alloggi

CO.RE.

struttura e flussi verticali

servizi sociali di prossimità pubblici

discese verticali impianti

EPSUS MUSA s.r.l.

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Servizi per il comunity building CASO 1: Livorno, Pinqua località il Cisternone

pianta piano tipo con massimizzazione degli alloggi

sezione trasversale

pianta piano dedicato alla Comunità terapeutica diffusa

52% 12%

36% CO.RE monolocale (A1 e A2 12%) bilocale (B1 e B2 36%)

spaccato assonometrico in evidenza gli spazi dedicati al Co.Re.

trilocale (C1 e C2 52%)

Il progetto sostenibile Il progetto adotta la prospettiva e l’indirizzo che emerge dalle Missioni del PNRR dedicate alla transizione ecologica scegliendo proposte già sperimentate e innovative, ma compatibili con le condizioni operative di un agire sostenibile anche economicamente. Le scelte di sostenibilità verso cui il progetto è prioritariamente orientato sono: • soluzioni green, affidate a pareti verdi rampicanti in corrispondenza della maglia tecnologica in facciata o realizzate in copertura;

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

• spazi Co.Re., a doppio volume destinabile a spazi verdi condominiali (Giardino d’inverno o serra biodinamica); • utilizzazione di forme di energia rinnovabile (fino a edifici NZEB o zero emissioni); • adesione ai requisiti CAM con priorità dei temi e obiettivi sui materiali riciclabili; • trasformazione delle terrazze o logge, ove possibile, in un sistema energetico sostenibile e integrato costituito da serra, pannelli fotovoltaici, solare termico.

Uno spazio sociale inclusivo: community building e servizi pubblici Il progetto prevede che nel cotesto abitativo siano previsti servizi per il community building nello spazio Co.Re., in continuità alla distribuzione degli alloggi. Lo spazio Co.Re. è, perciò, integrabile con gli alloggi anche in un’ottica smart, wellness e cura, secondo le indicazioni che provengono dal contributo di ricerca ed esperienza del LED-DiDA dell’Università di Firenze. Al Co.Re. si aggiunge e si integra uno specifico spazio per


CASO 2: Grosseto, PINQuA via dei Barberi

CO.RE.

CO.RE.

CO.RE.

CO.RE.

CO.RE.

CO.RE.

28%

28% 15% 14%

15%

CO.RE

pianta livello 2

bilocale B e C (28%) bilocale F (14%)

CO.RE.

CO.RE.

CO.RE.

CO.RE.

trilocale A (15%) trilocale D (15%) trilocale E (28%)

pianta livello 1

servizi sociali di interesse pubblico che si dilata fino a comprendere un intero livello abitativo. Nella proposta progettuale, a titolo di esempio e grazie allo studio della Coop. Di Vittorio, è rappresentata la possibilità di insediare nel modello abitativo una Comunità terapeutica diffusa rispettando i requisiti dimensionali forniti dalla stessa Cooperativa.

sezione trasversale

spaccato assonometrico in evidenza gli spazi dedicati al Co.Re.

EPSUS MUSA s.r.l.

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TIPOLOGIA A TORRE

TIPOLOGIA IN LINEA

gli avancorpi con gli spazi misti dedicati al CO.RE.

vista generale

Due ipotesi possibili nei PINQuA di Livorno e Grosseto I principi di progetto vengono testati e confrontati in casi di studio esemplari per la rigenerazione urbana dei comparti residenziali degradati. In breve, si adotta il PINQuA quale archetipo di intervento più recente e avanzato che opera in chiave di rigenerazione urbana del patrimonio abitativo di tipo sociale, in cui applicare i tipi progettuali proposti. Nello specifico, si tratta di due contesti individuati per i PINQuA di Livorno e Grosseto (rispettivamente Cisternone e Via De’ Barberi). Nel caso di Livorno si ipotizza di intervenire in un’area centrale con un intervento di demolizione e ricostruzione di un unico edificio alto, finalizzato a recuperare

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

sopraelevazione e ampliamento della struttura esistente

a terra il massimo spazio pubblico. I piani previsti sono sei, più il piano terra nel quale è collocata l’ipotesi di Comunità terapeutica diffusa, mentre la distribuzione degli alloggi negli altri piani varia a seconda dell’incidenza del Co.Re. da un massimo di 40 alloggi (se comprensiva di monolocali) a una media di 30 alloggi con prevalenza di bilocali e trilocali. I parcheggi possono utilizzare il parcheggio pubblico adiacente tramite un accordo convenzionale con il Comune. Nel caso di Grosseto i principi di progetto vengono applicati in un contesto di riqualificazione di patrimonio esistente: vengono riqualificati, ampliati e ultimati i tre edifici in linea incompleti con una tipologia in linea che utilizza parte delle superfici degli alloggi per organizzare il Co.Re. in spazi di comunità, recuperando il

volume residenziale corrispondente con un sistema di sopraelevazione, secondo un modello progettuale frutto di ricerca europea di Ipostudio in collaborazione con il Comune di Firenze. In sintesi, gli esiti progettuali sono gli stessi della “torre” ipotizzata per Livorno: un sistema dei terrazzi con maglia tecnologica esterna (dotata dei cavedi per i flussi verticali), un nodo centrale strutturale e un involucro portante, l’introduzione dello spazio Co.Re.


Approdi e scenari TIPOLOGIA A TORRE

PRINCIPI

TIPOLOGIA A LINEA

1. Involucro strutturale

2. Impianti all’esterno

A

B

CO.RE.

C

E

CO.RE.

3. Organizzazione funzionale flessibile F

D

CO.RE.

D

A

E

B

E

D

C

D

F

A

CO.RE.

E

B

CO.RE.

C

E

CO.RE.

F

D

CO.RE.

D

A

E

B

E

D

C

D

F

CO.RE.

E

4. Co.Re. Connettivo Residenziale

5. Sostenibilità

Un quadro di sintesi La pandemia ha scoperchiato un intreccio di questioni sugli stili e bisogni delle persone che possono riassumersi nel “diritto al sole”, nel “diritto alla salute”, nei “diritti della famiglia” (questi ultimi anche in contrasto al cosiddetto fenomeno dell’inverno demografico). In breve, si configurano dotazioni e usi abitativi – il concetto è flessibilità nel tempo, variabilità nello

spazio – aumentati da una parte, ma attentamente contenuti nei costi dall’altra, al fine di poter garantire l’accesso all’abitazione sociale. Da questo punto di vista, nella proposta vi sono certamente ottimizzazioni costruttive per abbassare i costi di produzione e manutenzione. Tuttavia, ciò non basta. Per questo, la proposta suggerisce soluzioni che siano accompagnate da fattibilità di processo, economiche e normative:

non un “libro dei sogni”, ma scenari riconducibili a una visione tale da portare la casa in città, senza che ciò comporti iniziative di sviluppo immobiliari fuori dal perimetro dell’edilizia sociale. Il costo-obiettivo di 1.000 € a mq rappresenta insieme una sfida (anche rispetto ai massimali regionali di costo per l’ERP) e una propensione realizzabile.

EPSUS MUSA s.r.l.

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progetto Studio Pession Associato Carlo Pession, Emanuele Pession

Partner Terzo Settore CO&SO - Consorzio per la Cooperazione e la Solidarietà; Consorzio di Cooperative Sociali; Società Cooperativa Sociale

Collaboratori studio Andrea Serra, Cecilia Lanino testo a cura di Carlo Pession

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Soprav-vivere La pandemia è risultata essere un elemento di rottura e di definitiva separazione tra un prima e un dopo. Prima del COVID-19 le esperienze di vita, come la perdita o la morte, erano vissute in solitudine. Dopo il COVID-19 il dolore è diventato un’esperienza condivisa. La pandemia ha segnato la fine del narcisismo individuale, del sovranismo sociale, dell’antropocentrismo. (1) La pandemia globale e le misure di contenimento adottate a combatterla hanno evidenziato problematiche in ogni settore del vivere umano. Al concetto di vivere si è sostituito il concetto di soprav-vivere, cioè di vivere nonostante. Nonostante le pandemie, nonostante l’aumento delle temperature, nonostante l’inquinamento, nonostante tutto. È necessaria e improrogabile una nuova cultura della sopravvivenza.

1 Massimo Recalcati “Condividere l’incondivisibile” – La Stampa – Giugno 2001.

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Una cultura della sopravvivenza Per promuovere la nuova cultura della sopravvivenza è necessario che si agisca immediatamente attraverso processi rigenerativi del territorio e, più in generale, della città. Rifacendoci alle teorie di Jaime Lerner sull’Agopuntura Urbana (2) è necessario far reagire le aree sociali urbane attraverso una sistematica azione che riesca a intervenire puntualmente sul territorio creando positive reazioni a catena. Verificata l’inattuabilità della città post-utopica, oggi ci si deve valere di una pianificazione strategica che risulti essere l’innesco di un processo e non (solo) l’attuazione di un piano. I piani, regolatori e non, per quanto dinamici possano essere stati, non sono stati in grado di accompagnare le città nelle loro continue mutazioni. La città, proprio per sua materialità, potrà trarre beneficio da interventi mirati che agiscano sulle sue componenti strutturali modificandole in conseguenza delle continue mutazioni e trasformazioni. 2

Jaime Lerner “Agopuntura urbana” – 2003 - Curitiba.

Le città gentili La città, scenario di relazioni e incontri, è socializzante per definizione ed è il centro da cui partire per creare i nuovi codici della convivenza. Oggi il grande conflitto ideologico nel mondo è quello tra la globalizzazione e la solidarietà. Il conflitto può essere risolto globalizzando la solidarietà. Più si integreranno le funzioni urbane e quanto più si mescoleranno i livelli di reddito, di cultura, di età, tanto più umana sarà la città, tanto più sarà gentile. Una città gentile non richiederà una radicale trasformazione fisica, ma avrà necessità che tutti siano solidali nei confronti del prossimo e delle future generazioni. Per operare a favore di una città gentile, è necessaria una nuova metodologia del fare architettura 3. 3 La parola gentilezza (ju in giapponese) è sinonimo di flessibilità, di cedevolezza, di adattabilità, di duttilità e di elasticità. La gentilezza è un metodo per la gestione del conflitto (Carofiglio). Il filosofo Bobbio attribuiva alla gentilezza una dimensione attiva, in contrapposizione alla mansuetudine che avrebbe un connotato passivo. La gentilezza è un riconoscimento tra un “io” e un “tu”. Bisogna dare spazio ai “creativi culturali”, che scelgono di


La nuova architettura L’architettura dovrà interpretare le nuove forme di relazione (del vivere, del lavorare e del curarsi). Non ha più senso un’architettura individualista, autobiografica, supponente e narcisista, che continui a consumare in modo insensato territorio e risorse senza offrire, in cambio, soluzioni adeguate al nuovo tempo. Oggi ha quindi senso parlare di una architettura della sopravvivenza (4). Questa architettura dovrà essere capace di produrre opere figlie di un nuovo pensiero sociale in opposizione a quella insensata azione di auto-distruzione che il genere umano sta perseguendo con tanta persistenza. Sono necessarie opere, anche imperfette, ma intelligenti e pensate in grado di aprire prospettive inattese; un’architettura che si opponga alla sistematica mettere al centro delle loro idee il benessere collettivo. Gli architetti dovranno diventare essi stessi “creativi culturali”, così come i politici, i manager, i tecnici. 4 Yona Freedman, “Architettura della Sopravvivenza”, Bollati Boringhieri - Torino 2011.

Terrazze verdi di pertinenza Balconi in aggetto Superfici distributive

Studio Pession Associato

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opera di distruzione delle risorse e di impoverimento dei nostri patrimoni biologici e culturali e che modifichi il nostro rapporto con la natura, non più terreno di sfruttamento, ma entità viva da interrogare sulle sue capacità di sostenere la nostra vita. Il lavoro dell’architetto dovrà tornare nel flusso della vita pensando spazi sociali accoglienti che diventino storie condivise tra la gente, luoghi che rifondino con gentilezza i nostri modi di abitare la città ed il paesaggio, suggerendo modelli diversi e alternativi da contrapporre a quelli tradizionali di colonizzazione dello spazio. L’architettura dovrà contribuire a immaginare i nuovi spazi collettivi in cui accogliere gli altri, abbracciare i conflitti per trasformarli in dialoghi, riconoscere le diversità come patrimonio genetico elementare, contribuire a formare identità laiche, tolleranti, aperte. Non abbiamo più bisogno di costruire altri monumenti per vivere nel nostro tempo, ma dovremo re-interpretare abilmente il patrimonio che abbiamo; lavorando dall’interno e liberando aree senza sentire il bisogno di riempirle subito. Il vuoto diventerà sempre di più una risorsa progettuale. Al fare architettura dobbiamo chiedere una sorta di radicalismo gentile che la riporti nel mondo come

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tecnica civile, consapevole del proprio ruolo sociale e portatrice di nuove visioni, un’arte capace di costruire semplicemente luoghi dotati di un senso sociale che l’umanità fragile di questo nuovo millennio abiti in modo più felice. Un ambiente alienato Il nostro ambiente è da tempo in fase di alienazione globale. Le sue ferite sono il risultato di un processo cieco, arbitrario ed esasperatamente irrazionale attuato dagli uomini. Dato che Il nostro ambiente non è stato protetto dall’aggressivo attivismo e utilitarismo della cultura occidentale, diventa ora improcrastinabile un’attività fondata sulla proiezione concreta, cioè su una progettazione basata sulla speranza (5) in opposizione al sistematico nichilismo culturale e politico. Si rende necessario un neo-positivismo che identifichi l’universo fisico non disgiunto da quello sociale. Il nemico è il nichilismo progettuale, l’attivismo aggressivo e utilitaristico, la disparità sociale, l’iniqua distribuzione delle risorse tra continenti, tra stati, tra individui. Tomàs Maldonado “La speranza progettuale” – Giulio Einaudi Editore – Torino 1992.

5

La catastrofe non deriverà solo dall’insensato uso di risorse naturali ma anche dall’incontrollata crescita di oggetti, di rifiuti, dall’esplosiva congestione fisica, visiva, sonora del nostro ambiente. Il neo-positivismo operativo dovrà valersi della socialità del vivere proponendo azioni concrete e soluzioni di cura del territorio. Ogni intervento di vivere sociale genererà al suo interno ed al suo intorno benefiche reazioni a catena. Una visione sistematica della salute Da anni, e a maggior ragione adesso, molti - compresa l’OMS - sottolineano l’importanza di ragionare non più a “silos”, ma in termini di “salute globale”. La pandemia ha dimostrato come sia cruciale questo approccio a tutti i livelli e che la salute del pianeta e del mondo biologico sia legata in modo indissolubile alla nostra. Qualsiasi tentativo di rendere il nostro mondo più sicuro è destinato a fallire se non si affronta la minaccia esistenziale del cambiamento climatico, che sta rendendo la nostra Terra non più abitabile. Su di noi incombe una grande minaccia per la salute globale e un rischio inaccettabilmente alto di eventi potenzialmente catastrofici. Il pregiudicato contesto socio-ambientale favorisce la vulnerabilità alle


pandemie di intere comunità, di fasce di popolazione e di singoli individui. Alla salute globale (One Healt) (6) si deve affiancare una nuova modalità di abitare più sociale, più partecipata e più solidale (Social Housing). La società del vivere Il Social Housing è indirizzato ad una popolazione in crescita che, pur non trovandosi in una situazione di povertà, non riesce ad accedere al mercato immobiliare privato. Questa impossibilità nell’accesso è determinata dalla situazione reddituale dei nuclei, dalla sempre più emergente precarietà lavorativa e dall’assenza di una rete sociale di riferimento. La situazione di emergenza sanitaria ha, inoltre, mostrato i limiti e ulteriori criticità sul tema dell’abitare per quanto riguarda il target della fascia di popolazione riferibile al social housing. Per persone sole e nuclei a monoreddito o nuclei monoparentali l’accesso al mercato privato è impossibilitato dalla mancanza di risorse economiche adeguate per il pagamento della locazione. Mind for One Healt – Proposte per il PNRR di un gruppo di docenti ricercatori ed esperti di ambiente e di sociale – Torino 2021.

6

Per i nuclei familiari in cui 2 adulti lavorano, spesso, i compensi pur permettendo il pagamento di un canone di locazione impattando enormemente sul budget familiare determinando una situazione di povertà. Ciò genera l’incapacità del nucleo di rispondere ad eventuali spese straordinarie, con importanti ripercussioni sul tenore di vita ed il benessere familiare.

Se la situazione reddituale è la base per l’accesso alla casa, a questa si sommano la precarietà lavorativa che sempre più entra nella vita delle persone abbassando notevolmente le risorse economiche e l’assenza di una rete sociale di riferimento che possa supportare chi si trova in emergenza e difficoltà.

Studio Pession Associato

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Le persone sono così indotte a cercare soluzioni abitative di bassa qualità: case di dimensioni inferiori al bisogno, coabitazioni di nuclei familiari, case lontane dai centri urbani e dai servizi, case vecchie e insalubri. La pandemia ha poi acuito tali problematiche per cui si sono rilevate notevoli criticità: • spazi inadeguati a soluzioni di smart-working e didattica a distanza; • spazi inadeguati a eventuali situazioni di isolamento; • mancanza di flessibilità di spazi, in una socialità domestica forzata, che in • situazioni di conflittualità rende esponenziale il rischio di violenza; • mancanza di spazi di socialità esterni all’abitazione

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che possano fungere da promotore del tessuto sociale; (7) • la lontananza dai servizi distribuiti in maniera sparsa sui territori; (8)

La rete sociale permette infatti di creare una rete di supporto che incide sul budget familiare, si pensi al supporto nell’accudimento dei figli, evitando l’utilizzo di risorse per baby-sitting. In questo senso la riflessione su servizi socio-educativi e bisogni delle famiglie suggerisce molte ipotesi sul tema abitare/social housing, in quanto ciò che lo stato propone non è in linea con i bisogni della sfera sociolavorativa. 8 Altro aspetto rilevante, connesso, a quanto affermato è, per la nostra esperienza, la necessità di avere un presidio sociale all’interno del social – housing, un portierato sociale evoluto gestito dal terzo settore che faccia da mediatore, portatore di opportunità, controllo e promotore di convivenza. L’ottimo sarebbe la presenza di una sede per il terzo settore. 7

Conseguenze negative Accrescimento delle disuguaglianze sociali ed economiche a causa della povertà abitativa. Problematiche sanitarie e psicologiche di chi dispone di un’abitazione non adeguata agli utilizzi per sovraffollamento. Mancanza di privacy e insalubrità e indebolimento della situazione economica che ha colpito fasce della popolazione a rischio (9).

Lo sblocco degli sfratti a fine 2021 produrrà l’aumento delle situazioni di emergenza abitativa e quindi delle richieste di assistenza (contributi economici, sistemazione in residenze pubbliche).

9


Positività indotte Smaterializzazione dei servizi welfare effettuati online che hanno decongestionato gli uffici e migliorato le operazioni di back-office (10). Aumento della domanda di housing sociale Ristrutturazione e rigenerazione della qualità urbana Miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza Mitigazione della carenza abitativa e aumento della qualità ambientale Utilizzo di modelli e strumenti innovativi per la gestione e il benessere urbano

Con esclusione di quanti non dotati di conoscenze ed infrastrutture IT adeguate (copertura rete, possesso di dispositivi informatici, reti con connessioni a velocità sufficiente).

10

Una modalità operativa Il puntuale intervento dovrà avvenire nelle zone della città dove si è rilevata la presenza di sofferenza sociale e abitativa. La sistematica applicazione delle metodologie di agopuntura urbana allieveranno localmente il dolore e produrranno benefiche riverberazioni al suo intorno. Una volta individuate le aree critiche, l’operatore pubblico o privato produrrà uno studio urbanistico che individui le connessioni pedonali, i servizi di trasporto ecologico, la presenza di sistemi di car e bike sharing, la distanza di servizi entro tempi brevi. Ogni nucleo abitativo disporrà di un portierato sociale evoluto che, dopo una prima fase di gestione da parte dell’operatore, verrà gestito dal terzo settore che controllerà e promuoverà la convivenza e le opportunità sociali.

Tali servizi dovranno essere localizzati al piano terreno, permeabile e prevalentemente verde. L’aver dotato il nucleo abitativo di servizi pubblici dovrebbe avviare servizi collaborativi tra i futuri abitanti incentivando la solidarietà e l’auspicata gentilezza di relazione. Oltre a ciò si aggiunga che, una volta innescato questo processo, si dovrebbero attivare modalità decisionali e gestionali che prevedano la partecipazione degli abitanti. Al fine di evitare sistemi di ghettizzazione della comunità bisognerà che i servizi di pubblico interesse siano suddivisi tra i vari nuclei abitativi affinchè tra i vari complessi si instaurino scambi e mobilità di persone.

Studio Pession Associato

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progetto S.IN.TER.

Duccio Chimenti, Giampaolo Dellarosa, Franca Paggetti, Mattia Fusillo, Alessandro Moroni Partner Terzo Settore Consorzio COOB. Consorzio di cooperative sociali per l’inclusione lavorativa � Michele Vignali, Anna Biondini

Consulenti Ricci Ingegneria s.r.l. � Francesco Ricci; B.AND � Marco Veneri testo a cura di Duccio Chimenti, Giampaolo Dellarosa, Michele Vignali

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis


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Abitare sociale Il modello di Social Housing proposto prevede la realizzazione di sistemi abitativi modulari costituiti da 25 unità. Si tratta di un dimensionamento ottimale finalizzato a garantire la corretta fruibilità degli spazi e dei servizi proposti. Gli alloggi dovranno essere assegnati a nuclei di carattere misto (Giovani Coppie, donne con bambini, anziani, ecc.) con lo scopo di favorire lo sviluppo di un contesto di multigenerazionalità e multiculturalità

incoraggiato dalla partecipazione ad attività di socializzazione e alla condivisione di spazi comuni. Si propone inoltre di prevedere la messa a disposizione di alloggi temporanei, destinati ad accogliere inquilini in situazioni di emergenza abitativa e per i quali dovranno essere attivati, grazie al contributo del gestore sociale, percorsi di reinserimento nel modo del lavoro che consentano la fuoriuscita dallo stato di emergenza.

Oltre agli alloggi ogni modulo abitativo dovrà prevedere la realizzazione di spazi finalizzati allo sviluppo di servizi integrativi minimi, utilizzabili per l’organizzazione di attività volte a portare un beneficio riconosciuto alla comunità di inquilini e a stimolare uno stile di vita collaborativo e solidale.

luogo di consegna e prelievo di prodotti freschi e/o trasformati. Una App permetterà di scegliere i prodotti e i tempi di consegna a partire da un paniere virtuale diversificato, un vero e proprio market place di prodotti esistenti o che potranno essere il frutto delle attività laboratoriali dedicate al cibo.

mezzo alternativo al trasporto pubblico o all’auto privata ed è un sistema che consente di rafforzare la partecipazione alla comunità abitativa. Potranno essere istallate colonnine per il caricamento elettrico, gestite dal gestore sociale attraverso la app del condominio.

Social and the city In un’ottica di città a 15 minuti la progettualità proposta prevede che i piani terra dei moduli abitativi siano caratterizzati da aree destinate alla vita pubblica e prevedano anche gli spazi commerciali essenziali a servizio della comunità. Food loker I Food locker sono degli armadietti hi-tech utilizzati come punti self service di “pick up and delivery” per prodotti food. I locker sono la soluzione ideale anche per la consegna della spesa – sia per cibi freschi che caldi – grazie all’integrazione tra le piattaforme di ecommerce e i software dei locker stessi. I locker, gestiti con una piattaforma software che ne verifica il corretto funzionamento e la logistica di consegne e ritiri, sono refrigerati e questo li rende idonei come

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Bike e car scharing Si propone inoltre la realizzazione di soluzioni che riguardano la mobilità ciclo-pedonale e la mobilità condivisa (come il car- sharing di condominio o il bike sharing, oltre che l’attivazione del pedibus per i più piccoli) che potranno essere coprogettate con la comunità dei residenti. Il sistema della sharing mobility condominiale è infatti un modo semplice ma molto efficace per spronare gli abitanti ad utilizzare un

Piattaforme Grazie al supporto del gestore sociale potrà inoltre essere sviluppata una pianificazione casa-scuola/lavoro, partendo dall’analisi della domanda e dell’offerta e sviluppando e implementando strategie per ottimizzare il trasporto delle persone in modo efficiente, a partire dai valori sociali e ambientali di condivisione con la comunità, promuovendo il cambiamento positivo dei comportamenti degli utenti.


Il respiro della casa

Sistemi di terrazzamenti ottenuti per aggregazione di moduli su pianta libera.

Sistemi di terrazzamenti ottenuti per sottrazione all’interno di un volume regolare.

Le coperture intelligenti. Le coperture dei fabbricati devono essere sempre utilizzabili per qualunque funzione oltre a quella di mera protezione dagli agenti atmosferici.

La clausura forzata e l’assenza di relazione con gli spazi verdi è stata causa di gravi patologie psichiche oltre che fisiche.

Gradoni e pianta libera mmaginare edifici gradonati con superfici piane esposte agli agenti atmosferici sulle quali possa crescere la vegetazione in modo naturale. La monoliticità dei corpi di fabbrica deve essere scomposta e frantumata immaginando impianti liberi generati per aggregazione di moduli sovrapposti, oppure per sottrazione di masse.

realizzazione, escludendoli sempre dal computo della Superficie Utile Lorda.

Gli spazi intermedi Il progetto propone di concepire i fabbricati destinati ad edilizia sociale come parte di un nuovo ecosistema urbano in cui la vegetazione si compenetri con lo spazio edificato. La valorizzazione degli spazi intermedi costituiti da corti, logge, giardini, orti, terrazze, porterà alla creazione di un nuovo ambiente naturale in cui le funzioni dell’abitare, del lavorare e del giocare troveranno la loro giusta collocazione.

Nuovi regolamenti I regolamenti edilizi devono attribuire agli spazi esterni, anche a quelli privati a servizio degli alloggi, una funzione sociale e per tanto devono favorirne la

Coperture intelligenti Le coperture dei fabbricati devono essere sempre utilizzabili per qualche funzione oltre a quella di mera protezione dagli agenti atmosferici. Ogni centimetro di copertura deve essere valorizzata ed utilizzata in modo intelligente: dalle parti più assolate ed accessibili, da destinare agli orti, alle terrazze a servizio degli alloggi o ad attività sociali, fino alle più inaccessibili riservate agli impianti fotovoltaici.

S.IN.TER.

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Corti ed orti

Corti ed orti dovranno costituire un tessuto di spazi verdi protetti a destinazione d’uso sociale relazionati con giardini privati e parchi pubblici per generare quegli spazi intermedi fondamentali alla rigenerazione delle città.

contempo, conformato in maniera tale da esprimere le necessità di privacy e protezione fisica. Per consentire una idonea illuminazione della corte è fondamentale limitare in altezza gli edifici per un massimo di 5 piani nelle parti a nord.

Corti La tipologia a corte è forse quella che maggiormente favorisce la realizzazione di ambienti abitativi da destinare all’edilizia sociale. La casa a corte o a patio rappresenta sicuramente uno dei primi esempi di tipologia edilizia e nasce dalla necessità dell’uomo di costruirsi un rifugio non più isolato a livello territoriale bensì inserito all’interno di un tessuto urbano e, al

Pilotis La tipologia a corte esprime al meglio la sua funzione di aggregazione sociale quando il piano terra dei fabbricati che la delimitano, almeno nella parte rivolta verso l’interno, è destinato ad spazi di uso sociale. Il cosiddetto piano pilotis offre una ottima soluzione per lasciare la flessibilità al piano terra di poter trasformare il suo utilizzo a seconda del mutare delle necessità del condominio.

Orti Un uso diffuso degli orti, oltre che a favorire un’attività ricreativa che può avere interessanti ricadute sull’economia delle famiglie che la praticano, contribuisce in modo rilevante al benessere bioclimatico della città diffondendo biodiversità e riducendo le superfici impermeabili, con la conseguente mitigazione dei possibili effetti devastanti di eventi metereologici eccezionali. La collocazione di edifici a corte, con relative pertinenze destinate ad orti, deve essere studiata con la massima attenzione in modo da favorire la possibiltà di realizzare ampi sistemi correlati fra loro.

Comunità ecologiche Attraverso l’attività del gestore sociale alla comunità abitativa verrà proposto un nuovo modello di consumo in cui prodotti, spazi, servizi e oggetti possono essere condivisi e continuamente rinnovati lungo tutto il loro ciclo di vita. Anche l’ambiente ne beneficerà perché verranno ridotti gli impatti in termini di emissioni, consumi e produzione di rifiuti. Alla comunità saranno perciò proposte diversesoluzioni innovative e circolari: Compostaggio Allestimento di spazi per il compostaggio. Gli abitanti potranno in questo modo destinare la frazione organica dei propri rifiuti per produrre compost da riutilizzare per la gestione degli orti e dei giardini.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

Ecoscambio Attivazione di un sistema pensato per rigenerare oggetti veicolati dagli abitanti (elementi di arredo, vestiario, accessori per l’infanzia e giochi, attrezzature sportive…). Il valore creato è per tutti: per il sistema della gestione dei rifiuti che avrà minor quantità di rifiuto da smaltire, per gli abitanti che “riusano” un oggetto di loro interesse a zero o basso costo, per il territorio che vede la costruzione di reti di solidarietà. Il sistema di ecoscambio potrà essere gestito attraverso l’app della comunità ed essere aperto al quartiere e al resto dei cittadini. La piattaforma virtuale consentirà ai residenti di postare gli oggetti che intendono scambiare e di visualizzare quelli messi a disposizione dagli altri.

Comunità energetica La disposizione relativa alle comunità energetiche prevede che i soggetti che partecipano debbano produrre energia destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW. Per condividere l’energia prodotta, gli utenti possono utilizzare le reti di distribuzione già esistenti e utilizzare forme di autoconsumo virtuale. I partecipanti mantengono i loro diritti come clienti finali, compreso quello di scegliere il proprio fornitore ed uscire dalla comunità quando lo desiderano. La creazione della comunità energetica permetterà alla comunità abitativa di alimentarsi attraverso energia rinnovabile, di aprirsi al quartiere facendo entrare anche altri soggetti all’interno della comunità; di usufruire delle detrazioni fiscali previste a livello nazionale.


Moltiplicare spazi

Negli ultimi anni, a fronte di un aumento spesso insostenibile del costo degli alloggi, la tendenza a diminuire le superfici interne è diventata quasi maniacale ed ha mostrato tutta la sua drammaticità in occasione della pandemia. Le famiglie, spesso costrette a condividere spazi inadeguati per svolgere attività estremamente eterogenee (dallo smart working al gioco dei bambini, dallo sport al riposo), e, in alcuni casi, per la necessità di isolare alcuni membri della famiglia affetti da malattia, hanno espresso, in molti casi, gravi disagi psichici che hanno portato ad un sensibile aumento della violenza domestica. Risulta dunque essenziale che gli alloggi si riprendano spazio aumentando per quanto possibile le loro superfici sia interne che esterne superando i limiti imposti dalle normative attuali. Ciò premesso, con la consapevolezza che l’aumento delle superfici non è sempre attuabile, il progetto individua alcuni accorgimenti progettuali finalizzati alla massima fruizione degli spazi dell’alloggio: Bussole Nell’ottica di creare un filtro fra estero ed interno dell’alloggio è auspicabile creare delle bussole di accesso agli alloggi da escludere dal computo della SUL.

Si tratta di uno spazio molto prezioso per preservare la salubrità degli spazi interni e, in caso di pandemia, per consentire lo scambio in sicurezza con l’esterno. Terrazze Spazi vivibili in modo polifunzionale, nei quali sia possibile svolgere contemporaneamente funzioni diverse (lavorare, giocare, riposarsi). Devono essere poste al centro dell’alloggio (meglio se costituiscono una sorta di patio interno). Devono essere parzialmente scoperte per consentire la crescita della vegetazione e parzialmente destinate a serra solare per la captazione dell’energia. Il lato minore di una terrazza vivibile per gli scopi sopra menzionati non dovrebbe essere inferiore a 300cm. Camere Occorre che le camere offrano la massima possibilità di flessibilità interna. Risulta assai funzionale il raggrupparle in sequenza in modo da poterne modificare facilmente le partizioni interne a seconda delle esigenze abitative. In tal caso occorre trattare il blocco delle camere come un unico ambiente in cui gli impianti (pannelli radianti) e le finestre non costituiscano vincoli per le modifiche a cui potrà essere

sottoposto. Disimpegni Lo spazio distributivo, con dimensioni ed illuminazione adeguate, può offrire la possibilità all’alloggio di disporre di uno spazio estremamente versatile che, per sua natura, è posta sempre in posizione baricentrica. Potrà dunque essere usato come zona studio, come spazio giochi o semplicemente come spazio ripostiglio/armadi alla portata di tutti gli abitanti dell’alloggio. Altezze L’aumento delle altezze interne dell’alloggio è la chiave principale per l’aumento della funzionalità degli alloggi. Passare infatti dai 270cm minimi, ai 300 o 350cm significa poter consentire la realizzazione di “arredi abitabili”, di “micro architetture” interne che, soprattutto in presenza di bambini, portano ad una vera moltiplicazione delle superfici abitabili.

S.IN.TER.

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Innovazione e “IAQ” La progettazione degli impianti meccanici ed elettrici per i nuovi alloggi deve essere effettuata in un’ottica di basso impatto ambientale sia per minimizzare i costi di esercizio dell’edificio sia per rispettare i requisiti energetici richiesti dalle normative vigenti, ovvero sfruttando pompe di calore e un sistema di riscaldamento a pavimento radiante. Di particolare interesse, anche a seguito dei recenti fatti, è la gestione della ventilazione meccanica controllata (VMC) la quale deve garantire un continuo ricambio d’aria affinché gli ambienti interni siano salubri e sia rimosso l’inquinamento indoor dell’aria. Per gestire correttamente questi impianti di rinnovo dell’aria, deve essere bilanciato opportunamente il rinnovo di aria esterna, ricorrendo a recuperatori di

calore che permettano la riduzione dei consumi energetici. In quest’ottica, sono da preferire recuperatori a batteria o con scambiatore a flussi incrociati con il flusso dell’aria di rinnovo in sovrappressione, per ridurre al minimo la presenza di sostanze nocive o agenti patogeni presenti negli ambienti. La VMC sarà anche impiegata per la gestione dell’umidità, necessaria soprattutto durante la stagione estiva per evitare formazione di condensa sul pavimento raffrescante. Tale sistema permette anche di integrare il raffrescamento effettuato dal pavimento per raggiungere le temperature ambientali richieste mantenendo al contempo una facilità di utilizzo da parte dell’utente.

Verso un’edilizia nZEB La realizzazione dei nuovi edifici deve conciliare l’alta efficienza energetica con un elevato standard di comfort abitativo. Nell’ottica di un minor impatto ambientale, questi dovranno rispettare le caratteristiche degli edifici nZEB, acronimo di Nearly Zero Energy Building, ovvero edifici il cui consumo energetico è quasi pari a zero. Questo determina la progettazione di appartamenti che rispondono alla classe energetica A4, ottenuta grazie agli spessori e alle tipologie di coibentazioni presenti nell’involucro esterno, alla scelta delle dotazioni impiantistiche e alla presenza di ventilazione meccanica controllata (VMC). Inoltre, sempre nell’ottica di una maggiore riduzione di CO2, saranno da privilegiare edifici a zero energia incorporata, ovvero realizzati con materiali che riducono le emissioni di CO2 da parte dell’edificio, come i materiali di origine vegetale quali legno o sughero. Per queste caratteristiche e per l’utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili, ottenuta dimensionando opportunamente le dotazioni di solare termico e di fotovoltaico, gli edifici rientrano ampiamente nello standard nZEB.

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Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

Il progetto dei nuovi edifici prevede la realizzazione di superfici a verde che garantiscono un adeguato assorbimento delle emissioni inquinanti in atmosfera e favoriscono una sufficiente evapotraspirazione, al fine di creare un adeguato microclima. Nella consapevolezza dell’indispensabile ruolo svolto dal sistema del verde non più inteso solo come dotazione di standard urbanistico, l’inserimento di elementi verdi (alberi o verde pensile) è condizione imprescindibile per avere edifici sostenibili da un punto di vista ambientale e ciò è possibile anche alla luce delle recenti soluzioni e innovazioni tecniche del settore. Lo scopo è di garantire un corretto inserimento nel territorio, ma anche di contribuire alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e dell’effetto isola di calore, nonché di favorire la regimazione del deflusso delle acque meteoriche. La realizzazione di una superficie verde a elevata biomassa garantisce un adeguato assorbimento delle emissioni inquinanti in atmosfera e, come fine ultimo, un adeguato microclima.


L’importanza del vivere insieme Per costruire una comunità di residenti attiva e partecipe, capace di gestire gli spazi comuni e di preservare il valore degli immobili, si ritiene necessario prevedere la strutturazione di un sistema di gestione sociale che si occupi di favorire la costruzione della comunità, di accompagnarne l’avvio e il consolidamento e che contribuisca alla costruzione di un rapporto positivo con il quartiere nel quale il Social Housing è inserito. Gestore sociale Nella fase preliminare dell’insediamento il percorso avrà l’obiettivo di informare sull’intervento in generale e formare gli abitanti sulle principali finalità del progetto sociale. Nella seconda fase gli interventi saranno finalizzati all’attivazione di processi di ascolto, consultazione, mediazione e partecipazione volti a costruire i rapporti della comunità, accompagnarne il consolidamento e costruire un rapporto positivo con il quartiere in cui il social Housing è inserito.

Sportello L’allestimento di uno sportello e il suo presidio da parte di operatori qualificati sono i due strumenti principali necessari per rafforzare le relazioni tra i residenti, stimolare il coinvolgimento degli abitanti, raccogliere ed evadere segnalazione, mediare eventuali conflitti. In caso di lottizzazioni molto ampie si dovrà prevedere, oltre al punto di accesso fisso, anche delle postazioni mobili che consentano di avvicinare il servizio a tutti i condomini. Lo sportello è un luogo strategico per attivare i contatti con il territorio e capirne potenzialità e criticità e rappresenta il luogo di riferimento dedicato al contatto con i residenti.

App sociale Fondamentale sarà inoltre la creazione di strumenti che permettano un’efficace comunicazione sia interna che esterna. L’idea progettuale propone: un sito internet istituzionale, che illustri il progetto e favorisca la raccolta delle candidature per la realizzazione di uno strumento interattivo; un App di quartiere che consenta di fruire in modo facile e veloce dei servizi offerti.

Socialhousing: un luogo per Firenze Nel tentativo di uscire da un ragionamento che possa risultare troppo teorico, abbiamo tentato di immaginare un luogo reale nell’area metropolitana della nostra città (Firenze), nel quale fosse possibile realizzare un intervento di social Housing rispondente ai principi guida fin qui enunciati. L’area individuata è quella della ex caserma Lupi di Toscana, che è stata oggetto di un recente concorso per la definizione del master plan. All’interno dell’area sono stati individuati cluster abitativi che presentano dimensioni ottimali, sia in termini di superfici abitative realizzabili, sia in termini di dimensioni dei lotti edificabili: con una previsione di 4200mq di sul ed un ingombro a terra pari a circa 3.000mq è infatti possibile realizzare una cinquantina di alloggi in edifici raggruppati intorno ad una corte interna di altezza massima non superiore a 4 piani.

Nell’area potranno essere facilmente realizzati tutti i servizi integrativi proposti dal presente progetto quali i sistemi di compostaggio comune, quelli per la sharing mobility. Nella zona sono inoltre presenti aziende agricole che potrebbero essere coinvolte nel progetto dei Food Locker di consegna di prodotti

freschi da filiera. La presenza integrata di luoghi di aggregazione faciliterà inoltre l’apertura della comunità abitativa verso il quartiere che potrà essere coinvolto nelle attività dei laboratori, nel sistema di ecoscambio e nella costruzione della comunità energetica.

S.IN.TER.

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progetto TASCA Studio architetti associati Federico Scagliarini, Cristina Tartari Partner Terzo Settore SOCIETÀ DOLCE società cooperativa

testo a cura di Cristina Tartari

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Abitare sostenibile – dimensione umana e naturale Il presente lavoro propone possibili scelte e soluzioni progettuali per la realizzazione di interventi edilizi di tipo sperimentale e innovativo in materia di abitare, servizi all’abitare e alloggi sociali a seguito dell’emergenza da COVID-19, tenendo conto del contesto sociale ed antropologico attuale, e basandosi anche sugli studi posti a base dell’invito al concorso di idee. Il benessere, la qualità e gli spazi dell’abitare, inteso in senso lato e non solo legato alla residenzialità, hanno una forte incidenza sulla prevenzione, il controllo ed il contenimento delle patologie, in particolare di quelle virali ma anche di quelle legate alla dimensione sociale e psicologica della persona. Per questo un approccio scalare basato su soluzioni che tengano conto della dimensione umana e naturale presenti nella dimensione abitativa appare come una modalità adeguata a garantire le condizioni di sostenibilità e benessere ricercate, dalla scala urbana di comunità, a quella intermedia del gruppo sino a quella privata dell’alloggio. Attraverso questo metodo appare evidente come non si tratti dunque solo di un tema di progettazione architettonica ma anche di un tema di gestione, manutenzione e condivisione degli spazi: la rispondenza agli obiettivi di qualsiasi progetto e il suo successo non può che dipendere da un lavoro congiunto e sinergico tra progetto e gestione. Per prima cosa è necessario analizzare la situazione tenendo in considerazione l’attuale contesto a scala globale in cui andiamo ad intervenire. Più in particolare, in accordo con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile adottata nel 2015 da tutti gli stati membri delle Nazioni Unite, ed in accordo con la Lettera aperta per il futuro responsabile delle città presentata e condivisa al Milano Design Film Festival, il progetto delinea delle azioni per uno sviluppo urbano sostenibile. La sostenibilità non si limita all’utilizzo di materiali e sistemi energetici sostenibili e da fonti rinnovabili, ma ha un rapporto biunivoco di causa – effetto diretto con la nostra vita di tutti i giorni e le nostre abitudini. Il raggiungimento di uno stile di vita sostenibile a 360° è alla base della qualità della vita e dell’abitare, soprattutto in un futuro prossimo. Di seguito i principi individuati come cardini di una progettazione che rispetti la dimensione umana e naturale dei luoghi e degli spazi dell’abitare:

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Aumentare la capacità di pianificazione e gestione partecipata L’idea di abitare collaborativo e collettivo viene proposta come un obiettivo da raggiungere nella società contemporanea ed è fondamentale quindi sostenere e promuovere la partecipazione dei cittadini e delle comunità. Riqualificare ed incrementare il patrimonio edilizio esistente È importante proteggere il patrimonio culturale recuperando gli edifici abbandonati ed evitandone la demolizione, proponendone un riuso ed una ri-funzionalizzazione adeguata alle odierne necessità. Ridurre il consumo di suolo e ripristinare i terreni degradati Evitare di consumare porzioni di suolo attualmente libere cercando di intervenire sul recupero delle aree edificate esistenti. Garantire a tutti l’accesso ai servizi di base – prossimità dei servizi Realizzazione di una “città delle prossimità” che assicuri la vicinanza delle residenze ai servizi, ed alle strutture lavorative e ricreative, per ridurre gli spostamenti ed il pendolarismo, in modo tale da avere tutto il necessario a circa 15 minuti a piedi da casa. Questo porta ad una riduzione dell’inquinamento, ad uno stile di vita più sano ed attivo e ad una riduzione delle possibilità di contagio da COVID-19. Potenziare e promuovere nelle città l’inclusione sociale, economica e politica Garantire le pari opportunità e ridurre le disuguaglianze evitando l’esclusione sociale e progettando luoghi che garantiscano l’interazione tra persone. Rafforzare le capacità per la prevenzione, la riduzione e la gestione dei rischi per la salute Garantire la salubrità e i servizi essenziali all’interno degli alloggi. Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua Migliorare la qualità dell’acqua riducendo l’inquinamento, eliminando le pratiche di scarico non controllato e aumentandone il suo riutilizzo sicuro. Migliorare l’efficienza energetica degli edifici nuovi ed esistenti Preferire soluzioni ecosostenibili che garantiscano un basso impatto ambientale in termini di materiali utilizzati, tenendo conto anche della loro produzione, del loro deperimento e cercando di utilizzare materiali prodotti nelle vicinanze del cantiere.


Nuovi modelli abitativi in Italia – only brownfield Scendendo ad una scala nazionale, ma che può essere estesa al contesto europeo, e riferendoci a quello che è possibile e necessario fare in Italia, definiamo quattro modelli tipologici di intervento, tutti basati sull’utilizzo di suolo precedentemente occupato, escludendo di intervenire quindi su aree libere (greenfield) con nuove costruzioni. Questo appare come l’unico scenario possibile di azione, volendo perseguire un orizzonte etico, consapevole e responsabile della programmazione e degli investimenti sul territorio urbanizzato. Le tipologie di intervento edilizio individuate per soddisfare il fabbisogno abitativo sono le seguenti: 1. Demolizione e ricostruzione. Realizzazione di edifici di nuova costruzione che vanno a riempire i vuoti urbani lasciati dalla demolizione

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di edifici fatiscenti e privi di interesse storico, artistico o documentale. La realizzazione di questi interventi prevede la predisposizione di spazi per i servizi annessi alle abitazioni e deve garantire una connessione diretta con il contesto. 2. Recupero di edifici storici Lavori di ristrutturazione e ri-funzionalizzazione di edifici esistenti di interesse storico – artistico, per la realizzazione di alloggi di edilizia sociale e/o convenzionata. La realizzazione di nuove abitazioni e servizi in un contesto del genere deve tenere conto dei limiti di vincolo e strutturali relativi al fabbricato su cui si interviene.

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3. Trasformazione di edifici esistenti Lavori di recupero e ri-funzionalizzazione di grandi edifici dismessi (es. ex caserme, ex opifici, etc.), generalmente abbandonati perché non più utili alla comunità, ma con una grande potenzialità data dalle dimensioni, dalla libertà di intervento e dal contesto insediativo in cui sono normalmente localizzati (iperconnessi) 4. Recupero (e ripopolamento) dei borghi in via di abbandono (l’Italia delle aree interne sopra i 600 metri sul livello del mare) L’Italia conta circa 8.000 comuni di cui il 53% localizzati nelle aree interne, ove risiede il 16% della popolazione.

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Spazi intermedi – nature based solutions

Scendendo ad una scala urbana di intervento è fondamentale la realizzazione di spazi intermedi, cioè di spazi, principalmente esterni, aperti e di connessione ed interrelazione tra le persone. Gli spazi intermedi sono luoghi dove avviene la vita di comunità, di scambio di informazioni e fungono da filtro tra l’edificio ed il suo contesto, rendendolo parte connessa di esso. Questi spazi sono alla base della formazione di una comunità di abitanti e sono necessari perché essa sia aperta e pronta a relazionarsi con le collettività circostanti, senza chiudersi in sé stessa. In particolare in situazione di emergenza pandemica è proficuo avere degli spazi che mettano in relazione l’utenza con l’esterno e che consentano, negli spazi comuni all’aperto, di socializzare sottostando alle regole previste per il contenimento della malattia. Essi possono sono distinti dal loro grado gerarchico di privacy e per tipologia di utenza:

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Spazio urbano di relazione L’edificio si relaziona con le strade limitrofe tramite lo spazio pubblico (il marciapiede) che in corrispondenza degli accessi si allarga in modo da creare uno spazio di aggregazione dotato di panchine, alberature, rastrelliere e colonne di ricarica per mezzi elettrici. Giardino delle relazioni esterne Il giardino condominiale (o giardino delle relazioni esterne) è il primo spazio intermedio di connessione tra l’edificio e il suo contesto, le altre comunità e le altre abitazioni. Questo spazio ospita le persone che effettivamente alloggiano all’interno del complesso residenziale, dando loro un luogo all’aperto in cui sostare ed intrattenere rapporti interpersonali. Corte interna: il giardino condiviso La corte interna all’edificio è, come il giardino condominiale, uno spazio accessibile a tutti ed aperto, di connessione e di incontro mettendo in relazione

l’edificio con il suo contesto. Per la sua conformazione “chiusa” si crea però un livello di privacy intermedio. Green roof: il giardino esclusivo dei condomini Il giardino attrezzato sul tetto dell’edificio è di uso esclusivo dei condomini e può essere utilizzato per incontrarsi, per fare sport all’aperto, per riposare, per studiare, per lavorare etc. È un luogo di aggregazione “privato” che porta dei benefici all’edificio non solo in termini di qualità della vita e relazionali, ma anche in termini energetici e di temperatura. Può essere inoltre utilizzato per agricoltura in vasca e/o idroponica per l’autosostentamento e può essere dotato di pannelli fotovoltaici. Serra bioclimatica: il giardino privato Ogni alloggio è dotato di una serra bioclimatica che sostituisce i classici balconi e logge. È lo spazio intermedio con il maggiore grado di privacy.


Servizi per la comunità– services platform Per quanto riguarda la scala di intervento urbana è necessaria la predisposizione di servizi per la comunità che siano interni ed esclusivi di chi alloggia nel nuovo intervento di edilizia sociale, e di servizi semi-pubblici che coinvolgano anche le persone del vicinato. Ciò garantisce lo sviluppo di una comunità sempre più ampia. Si generano inoltre connessioni personali e servizi organizzati in maniera spontanea solidali e di assistenza, utili soprattutto in periodi di emergenza sanitaria. 4 sono le categorie dei servizi collettivi individuate: residenziali, per il tempo libero e la cura della persona, gestionali, per il lavoro. Di seguito gli spazi proposti: Presidio per la gestione degli spazi e dei servizi Realizzazione di uno spazio di guardiania e gestione, utile a chi prenderà in carico l’amministrazione e manutenzione di questi spazi e dei servizi comuni. Spazio polifunzionale frazionabile Realizzazione di uno spazio idoneo ad ospitare un micronido, l’assistenza delle persone anziane, uno spazio di co-working, dotato di sala riunioni separata e prenotabile, aula studio. È importante che queste funzioni siano limitrofe tra loro in modo da creare uno scambio, anche intergenerazionale, tra chi ne fruisce. Questo ambiente è dotato di lampade UV, kit salute e dispositivi per la sanificazione personale dell’utenza in accesso. Lo spazio polifuzionale deve avere la possibilità di aprirsi sull’esterno in modo tale da estendersi ed ospitare ulteriori funzioni, anche all’aperto. Spazi aperti Spazi pubblici aperti e comunicanti con l’edificio polifunzionale, con la possibilità di accogliere eventi pubblici e privati e di creare un luogo di comunità per i futuri inquilini, compresa l’organizzazione di pasti comunitari. Lo spazio esterno è dotato di una piccola aula all’aperto limitrofa agli orti urbani, utilizzabile per attività didattiche per bambini. Aree gioco attrezzate per bambini Spazio progettato per il gioco dei bambini parte della comunità.

Orti urbani Gli orti urbani possono avere una duplice funzione: autosostentamento e didattici. La coltivazione per autosostentamento genera uno stile di vita sano ed un risparmio economico. Gli orti possono essere utilizzati anche a scopo didattico e mettono in relazione tutte le fasce di età, dai bambini agli anziani, creando una comunità più unita e connessa nonostante il gap generazionale. Stazione bici e ricarica auto elettriche Postazione per la ricarica dei mezzi elettrici e la sosta delle biciclette, con la possibilità di utilizzare gli spogliatoi e le docce prima di raggiungere il posto di lavoro (co-working) all’interno dello spazio polifunzionale.

Smart gym Dotazione di una stanza attrezzata a palestra e prenotabile tramite app, per l’attività sportiva individuale. Dopo ogni accesso questo spazio viene sanificato ed è pronto per il successivo utente. L’utilizzo della Smart Gym è riservato ai residenti del social housing e questo servizio può essere collegato con l’esterno per essere aperto 24 ore su 24. Lavanderia Dotazione eventuale di una lavanderia comune, nel caso in cui non ci sia spazio o non sia sufficiente quella presente all’interno del fabbricato che ospita gli alloggi. Questo spazio è riservato ai residenti del social housing e deve essere aperto 24 ore su 24, quindi con eventuale accesso diretto dall’esterno.

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Unità abitativa – one more room L’unità abitativa è stata ripensata sulla base dell’esperienza maturata durante la pandemia di COVID-19, ma anche a partire da modelli tipologici consolidati e storicizzati (la casa antica), nei quali alcuni spazi aggiuntivi e di servizio sono stati abbandonati dalla prassi corrente delle costruzioni abitative per eccessiva compressione e genericità degli spazi offerti. La proposta connota e specifica meglio, all’interno delle metrature correnti degli alloggi sociali, gli spazi, caratterizzandoli e garantendone una flessibilità d’uso stagionale e funzionale (nella condizione pandemica ma non solo). Una stanza in più o una potenziale stanza all’aperto dunque non necessariamente aggiungendo metratura ma ricavate da una distribuzione e maggiore connotazione degli spazi. L’appartamento base è un bilocale per due persone, con una metratura corrispondente di 45 mq, all’interno del quale vengono specificati e maggiormente declinati gli spazi dell’abitare a partire dalla possibile scomposizione del living e dal sistema di accesso vestibolare. A partire da questo modulo, esso può essere espanso all’alloggio per 3 persone (con 2 camere da letto) e scalarmente adattato a tipologie progressivamente più ampie. Di seguito gli spazi innovativi caratteristici della progettazione di una soluzione abitativa post pandemia: 1. L’ingresso all’appartamento è caratterizzato da un piccolo spazio pertinenziale personalizzabile, che crea privacy davanti alla porta di accesso e da la possibilità di prepararsi all’ingresso in casa e di lasciare all’esterno eventuali oggetti ingombranti o potenzialmente contaminati. 2. Subito dopo l’ingresso abbiamo “vestibolo d’ingresso – spazio sporco”, dotato di seduta, scarpiera e guardaroba, ove ci si spoglia prima di entrare nell’alloggio; 3. Si passa così in un secondo “vestibolo d’ingresso – spazio pulito” adibito in questo caso alla pulizia ed alla sanificazione, predisposto anch’esso con guardaroba e lavabo. Entrambi i vestiboli sono dotati di sistemi di areazione e di lampade UV per la sanificazione.

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La zona living è trattata come uno spazio multiscalare e diversamente configurabile, di cui fanno strutturalmente parte 2 sotto-spazi: una stanza aggiuntiva (one more room) che può essere in caso di necessità separata e chiudibile tramite una parete scorrevole, e la serra bioclimatica (giardino d’inverno privato), direttamente annessa all’alloggio e apribile sull’esterno, quindi trasformabile in terrazza. In nuovo ambiente denominato “one more room” possiede un eventuale accesso indipendente dal vestibolo d’ingresso ed un piccolo bagno privato.

Questo ambiente aggiuntivo può essere utilizzato nei seguenti casi: a. nel caso in cui un membro della famiglia dovesse risultare positivo al COVID-19, e ci fosse la necessità di isolare il soggetto contagiato (sanitary quarantine room); b. come studio in periodo di lockdown, in modo da avere uno spazio dedicato al lavoro e allo studio; c. come camera aggiuntiva; d. da destinare alla cura degli anziani, già presenti nel nucleo famigliare o da integrare in esso, anche occupabile dal badante (elderly care) L’appartamento è dotato di areazione forzata, per garantire un’adeguata circolazione dell’aria, e di soffitto radiante in grado di scaldare e raffreddare gli ambienti in maniera efficiente ed economica


Unità abitativa – open air room

Ogni living ha un naturale prolungamento dello spazio giorno verso l’esterno (giardino d’inverno), senza soluzione di continuità, protetto da infissi apribili che possono trasformare questo spazio in un terrazzo (balcone e/o loggia) abitabile nei mesi più favorevoli, dotando così l’alloggio di una potenziale stanza all’aperto. La conformazione aggettante rispetto alla facciata esterna dell’edificio ed il loro sfalsamento genera un sistema di giardini privati, che possono essere

utilizzati a scopo totalmente privato, ma che possono rivelarsi anche un affaccio da cui relazionarsi e comunicare con i vicini, consentendo relazioni di vicinato e prossimità anche nei periodi emergenziali. Questo “giardino privato”, nel quale concentrare la presenza interna di piante ed elementi vegetali, ha un duplice funzionamento in base alla stagionalità: • giardino d’inverno nelle stagioni più fredde, chiuso da vetrate esterne e trasformabile in una serra

bioclimatica, isola l’appartamento dall’esterno generando calore grazie alla rifrazione dei raggi solari; • terrazza e deck estivi, con l’apertura totale degli infissi, favorendo la vivibilità degli spazi esterni/interni dell’alloggio e la ventilazione naturale degli ambienti interni.

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Partecipanti al concorso di idee ROSSI PRODI Associati srl Auser Abitare Solidale

RES ARCHITETTURE Cooperativa sociale Pane e Rose Onlus

Via Pietro Giordani, 6, 50121 Firenze, https://www.resarchitetture.it Viale Vittorio Veneto, 9, 59100 Prato, http://www.panerosecoop.it/

ITER CAT Cooperativa sociale

Via Gustavo Modena, 6, 20129 Milano, https://www.iterstudio.it/ Via Scipio Slataper, 2, 50134 Firenze, https://www.coopcat.it/

Architectural Research Workshop FABRICA consorzio

Via Fratelli Cairoli, 2, 25122 Brescia, https://arw-associates.com/ Via Valdipesa, 1, 50127 Firenze, https://www.consorziofabrica.it/

DAP Studio La Cordata

Studio tecnico Edilprogetti srl Consorzio CHORA

EPSUS MUSA s.r.l. G. Di Vittorio Società coop. sociale Onlus

Studio Pession Associato CO&SO

S.IN.TER. Consorzio COOB

TASCA Studio architetti associati SOCIETÀ DOLCE società cooperativa

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Via Guglielmo Marconi, 29, 50131 Firenze - http://www.rossiprodi.it/ Via P.P. Pasolini, 105, 50019 Sesto Fiorentino FI, http://www.abitaresolidaleauser.it/

Dieci progetti per la Qualità Abitativa • Maria De Santis

Via Gian Battista Brocchi, 9A, 20131 Milano, https://www.dapstudio.com/site/home Via G. Rossini, 24, 25077 Roé (BS), https://www.lacordata.it/

Via Giovanni Bovio, 4, 59100 Prato, http://www.edilprogetti.com/it/ Località Belvedere - Ingresso 5 - n.39, 53034, Colle di Val D’Elsa (SI)

Via Masaccio, 18, 50136 Firenze, https://www.epsus.it/ Via del Cesarino, 38, 54100 Massa, http://www.divittorio.it/

Corso Galileo Ferraris, 60, 10129 Torino, https://www.studiopessionassociato.it Via Valdipesa, 1, 50127 Firenze, https://coeso.org/

Piazza d’Azeglio, Firenze, https://www.sinter-firenze.it/ Via E. Rossi, 4/a, 52100 Arezzo, https://www.coob.it/

Via Nosadella, 51, 40123 Bologna BO, https://www.tascastudio.it/ Via Cristina da Pizzano, n 5, 40133 Bologna, https://www.societadolce.it/


Soggetti Promotori dell’iniziativa

Fondo Housing Toscano istituito nel 2012 e con durata di 25 anni è un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso riservato ad investitori qualificati. Scopo del fondo è la realizzazione di interventi abitativi di social housing nel territorio della Regione Toscana, favorendo la formazione di un contesto abitativo e sociale all’interno del quale sia possibile non solo accedere ad un alloggio adeguato di edilizia convenzionata, ma anche a relazioni umane ricche e significative. Con una dotazione di circa Euro 150 mln è il fondo di riferimento del social housing in toscana.

Fondo Housing Toscano

InvestiRE SGR SpA con circa Euro 7 mld di attivi in gestione e un patrimonio di 2.000 immobili, è una delle realtà leader del settore real estate italiano ed il riferimento per oltre 250 investitori istituzionali. Grazie alle competenze maturate in vent’anni di storia, la SGR offre un’ampia e differenziata gamma di servizi specialistici di fund, asset e investment management e si distingue per un importante track record nello sviluppo immobiliare e per un team dedicato nel settore del residenziale social housing e della rigenerazione urbana.

InvestiRE SGR SpA

Abitare Toscana srl è l’Advisor tecnico sociale e il gestore sociale del Fondo Housing Toscano. Grazie al know how ed all’imprinting cooperativo, ha sviluppato negli anni innovative progettualità nell’ambito del welfare abitativo che ruotano intorno alla nascita e strutturazione di comunità abitative inclusive e collaborative, supportate da un progetto gestionale integrato e sistemico. All’interno del network cooperativo di Legacoop, partecipa alla gestione sociale dei Fondi immobiliari di social housing UniHS e Esperia, fondo del meridione.

Abitare Toscana srl

Soggetti Promotori dell’iniziativa

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Finito di stampare da Logo s.r.l. | Borgoricco (PD) per conto di didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze luglio 2022



Sono dieci le proposte progettuali che hanno partecipato al concorso di idee per ripensare la qualità dell’abitare nell’edilizia sociale, a seguito dell’emergenza da COVID-19. L’iniziativa promossa dalla Regione Toscana attraverso attraverso il Fondo Housing Toscano, gestito da InvestiRE Sgr e partecipato, tra gli altri, dal Fondo Investimenti per l’Abitare, gestito da CDP Immobiliare SGR, dalla Regione Toscana, dalle Fondazioni CR Firenze, Cassa di Risparmio di Prato, Cassa di Risparmio di Pistoia e Cassa di Risparmio di Livorno in attuazione di un protocollo d’intesa mirato proprio alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale di tipo sperimentale. La presente pubblicazione si pone lo scopo di allargare la riflessione su tutte le sfumature che questo ricco repertorio di progetti intende suggerire per contribuire a innalzare la qualità della vita degli abitanti dalla scala dell’alloggio a quella del quartiere e arrivare a un modello urbano più sostenibile. Maria De Santis consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Tecnologia dell'Architettura e successivamente lavora per l'Università degli Studi di Firenze, prima come Ricercatore e poi come Professore associato coprendo ruoli di Presidenza del Corso di Laurea Magistrale in Architettura e di Delegato della Scuola per i Tirocini e il Job Placement. I suoi interessi di ricerca vertono sui temi della progettazione ambientale, dell’accessibilità e dell’housing sociale.

ISBN 978-88-3338-169-5

€ 22,00


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