Firenze Architettura 1997-2

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dossier

Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Progettazione dell'Architettura

Firenze ARCHITETTURA

ARCHITETTURA E CITTÀ

FIRENZE

ARCHITETTURA Lire 12.000 rivista semestrale anno I n. 2

2.97 documenti

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pA

LABORATORI DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA II


Dipartimento di Progettazione dell’Architettura

Direttore Carlo Chiappi

Sezione Architettura e Città Professori Ordinari Gian Carlo Leoncilli Massi Loris Macci Piero Paoli Professori Associati Giancarlo Bertolozzi Andrea Del Bono Alessandro Gioli Marco Jodice Maria Gabriella Pinagli Mario Preti Ulisse Tramonti Ricercatori Alberto Baratelli Marco Casamonti Antonella Cortesi Renzo Marzocchi Enrico Novelli Valeria Orgera

Sezione Architettura e Contesto Professori Ordinari Roberto Maestro Adolfo Natalini Professori Associati Giancarlo Cataldi Carlo Chiappi Benedetto Di Cristina Gian Luigi Maffei Guido Spezza Virginia Stefanelli Paolo Vaccaro Giorgio Villa Ricercatori Carlo Caldini Carlo Canepari Gianni Cavallina Pierfilippo Checchi Piero Degl’Innocenti Maurizio De Marco Serena De Siervo Grazia Gobbi Sica Carlo Mocenni Sezione Architettura e Disegno Professori Ordinari Emma Mandelli Professori Associati Marco Bini Roberto Corazzi Domenico Taddei Ricercatori Alessandro Bellini Maria Teresa Bartoli Gilberto Campani Marco Cardini Carmela Crescenzi Marco Jaff Enrico Puliti Marco Vannucchi

Sezione Architettura e Innovazione Professori Ordinari Antonio D’Auria Giuliano Maggiora Professori Associati Roberto Berardi Alberto Breschi Remo Buti Giulio Mezzetti Ricercatori Lorenzino Cremonini Paolo Iannone Pierluigi Marcaccini Marino Moretti Vittorio Pannocchia Marco Tamino

Altri docenti Professori Ordinari Aurelio Cortesi Maria Grazia Eccheli Rosario Vernuccio Paolo Zermani Professori Associati Stefano Chieffi Paolo Galli Bruno Gemignani Mauro Mugnai Assistenti Ordinari Vinicio Somigli Ricercatori Luciano Nustrini Fabrizio Rossi Prodi

Personale Tecnico Coordinatore Tecnico Giovanni Pratesi Funzionari Tecnici Giovanna Balzanetti Massimo Battista Enzo Crestini Mauro Giannini Paolo Puccetti Assistente Tecnico Edmondo Lisi Operatori Tecnici Franco Bovo Laura Maria Velatta

Personale Amministrativo Funzionario Amministrativo Manola Lucchesi Collaboratore Contabile Gianna Celestini Assistente Contabile Carletta Scano Assistente Amministrativo Gioi Gonnella Operatore Amministrativo Grazia Poli


TETTURA ARCH IITETTURA

FIRENZE

2. 97 documenti Periodico semestrale del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura via Cavour, 82 Firenze tel.055/2757721 fax. 055/2757720 http://www.unifi.it/unifi/progarch/ Anno I n.2 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997 Prezzo di un numero Lire 12.000 Abb. annuo Lire 20.000

DIRETTORE Carlo Chiappi

DIRETTORE RESPONSABILE Marino Moretti

COMITATO SCIENTIFICO Maria Teresa Bartoli, Roberto Berardi, Marco Casamonti, Carlo Chiappi, Marino Moretti, Paolo Vaccaro

COMITATO EDITORIALE

Sommario Paolo VACCARO / Introduzione

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Carlo CANEPARI

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Pierfilippo CHECCHI

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Alessandro GIOLI

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Grazia GOBBI SICA

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Paolo IANNONE

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Gian Luigi MAFFEI

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Pierluigi MARCACCINI

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Antonio MARINIELLO

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DIBATTITO (11 aprile ‘97) interventi di: M. Moretti, P. Vaccaro, R. Maestro, M.G. Eccheli, R. Berardi, L. Centi, G. Cavallina, B. Di Cristina, G. Maffei, C. Canepari, C. Chiappi, P. Iannone

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ALLEGATI -Testo presentato dalla Facoltà di Architettura di Firenze alla Conferenza Nazionale dei Presidi (Genova 22-24 gennao1997) a cura di R. Del Nord -Modificazioni all’ordinamento didattico universitario relativamente ai corsi di laurea in disegno industriale e in architettura (G.U. 02/07/93)

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Eugenio Martera, Enrico Puliti

REDAZIONE Gianni Cavallina, Pierfilippo Checchi, Grazia Gobbi Sica, Paolo Vaccaro

INFO-GRAFICA E FOTOGRAFIA Massimo Battista

DTP Laura Velatta

COORDINATORE TECNICO Gianni Pratesi

COLLABORATORI Massimo Bianchini, Roberto Corona

COPERTINA Eugenio Martera con Tommaso Brilli

SEGRETERIA DI REDAZIONE tel. 055/2757792 E_mail: progarch@prog.arch.unifi.it.

E AMMINISTRAZIONE

Questo numero è stato curato da Paolo Vaccaro

PROPRIETÀ UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE Centro editoriale del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Fotolito Saffe, Firenze Stampa Arti Grafiche Giorgi & Gambi, viale Corsica, 41r Firenze

Le immagini in sequenza sono del Plesso Didattico di S.Teresa (foto M. Battista)


nel prossimo numero di FIRENZE

ARCHI T E T T U R A FIRENZE

ARCHITETTURA :

DOCUMENTI GLI SPAZI DELLA GIOIA E DELL'AMMIRAZIONE

1. 98 d o s s i e r

Scritti e interventi di: Roberto BERARDI, Alberto BRESCHI, Remo BUTI, Lorenzino CREMONINI, Antonio D’AURIA, Paolo IANNONE, Flaviano LORUSSO, Giuliano MAGGIORA, Pierluigi MARCACCINI, Eugenio MARTERA, Giulio MEZZETTI, Marino MORETTI, Vittorio PANNOCCHIA, Paolo SETTI, Marco TAMINO

GLI SPAZI DELLA GIOIA E DELL’AMMIRAZIONE

D O C U M E N T I 2.97

L A B O R A T O R I

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P R O G E T T A Z I O N E

A R C H I T E T T O N I C A

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I due numeri di FIRENZE ARCHITETTURA '97 sono rispettivamente dedicati ai Laboratori di progettazione architettonica I e II. E' sembrato opportuno inaugurare questa serie subordinando per quest'anno il taglio più scientifico ad un argomento d'eccezione e, per svariati motivi, indifferibile. Sia per non assumere atteggiamenti criptici nei confronti della didattica, sia perchè i laboratori, ormai avviati a Firenze verso il quarto anno di sperimentazione, rappresentano la grande questione aperta dal nuovo ordinamento del corso di laurea in architettura, legati come sono all'immagine di una realtà che muta dentro un'istituzione in crisi, dove si giocherà quella nuova struttura della formazione che attende le future generazioni di architetti. Ciò che viene trasmesso è il racconto per frammenti di un'esperienza didattica al plurale (22 corsi), in cui risulta possibile scorgere elementi di affinità e differenze, ma soprattutto contenuti di verità e vistose evidenze rimaste troppo a lungo dominio esclusivo degli addetti ai lavori nei Consigli di facoltà, alle Conferenze dei presidi, ai Convegni nazionali. Questo numero dunque costituisce una sequel naturale del primo che raccoglie Documenti su 14 laboratori attivati nella Facoltà di Architettura di Firenze a partire dall'anno accademico 1994-95. Insieme essi gettano uno sguardo in profondità con un inventario dei primi risultati, riportando le intenzioni dichiarate, gli obiettivi, i contributi e le forme di coordinamento. Alla rassegna fa seguito un'ampia discussione tra alcuni docenti in “prima linea”. E' una dura analisi dei fatti tesa ad individuare possibili forme di razionalizzazione. Il dibattito non trascura le necessarie valutazioni di merito sulla vicenda dei laboratori e cerca un terreno di confronto più esteso con dichiarazioni esplicite, anche provocatorie, isolando drasticamente il problema e scrutandolo dal di dentro, così da poter risultare oggetto utile di riflessione ai docenti non meno che agli allievi. In allegato, per completare il quadro nei suoi riferimenti essenziali, due documenti: il testo presentato dalla Facoltà di Architettura di Firenze alla Conferenza nazionale dei Presidi (Genova 22-24 gennaio '97) a cura di Romano Del Nord e "Modificazioni all'ordinamento didattico universitario relativamente ai corsi di laurea in disegno industriale e in architettura" (G.U. del 02.07.93). (Marino Moretti)


I N T R O D U Z I O N E

PAOLO VACCARO Com’era da aspettarsi, le valutazioni dell’esperienza fatta dai docenti impegnati nei Laboratori del primo ciclo sono anche molto distanti tra loro, tanto che ad una maggioranza favorevole ad una continuazione dei Laboratori, si contrappone taluno che, viste le condizioni in cui si è operato, ritiene maggiormente formativa l’ esperienza del Vecchio Ordinamento. Cercherò di sintetizzare gli argomenti principali ad orientamento del lettore, invitandolo peraltro a prenderne diretta visione, per cogliere lo spirito, gli umori del dibattito, oltrechè tutta una serie di spunti utili per un approfondimento della riflessione. In merito al rapporto con il V.O., nel quale i Corsi di Composizione si svolgevano tradizionalmente come successione di revisioni ai vari stadi di sviluppo del progetto, che lo studente elaborava a casa, è largamente diffusa la volontà di modificare questa impostazione, nel senso di far eseguire in aula la maggior parte del lavoro e di concludere l’esperienza entro la sessione estiva d’ esami o, al più tardi, entro quella autunnale. Sono potenzialmente impliciti in questa modifica lo scambio di esperienze tra gli studenti, attraverso il confronto, ed una sottolineatura dell’ aspetto multidisciplinare del progetto; in altri termini una gestione collegiale (un docente responsabile e dei docenti coordinati) e seminariale del Laboratorio (il Laboratorio come atelier), com’ è nello spirito, mi sembra, della legge. Ed in realtà molti dei responsabili hanno cercato un effettivo raccordo con i cosidetti Modulisti, altri un coordinamento con Corsi o Laboratori paralleli, per ridurre la sovrapposizione di programmi, e/o hanno seguito gli stessi studenti al primo ed al secondo anno, per una più controllata gradualità di maturazione. Questa impostazione innovativa risulta frustrata prima di tutto dalla mancanza di tempo nel quale gli studenti, almeno i più interessati, possano approfondire le indicazioni e gli stimoli offerti dalla docenza, più precisamente da un rifiuto mentale, impegnati come sono a seguire a tempo pieno tutta una serie di altre materie progettuali e soprattutto non progettuali, delle quali si lamenta la scarsa o talvolta nulla sinergia con la Progettazione Architettonica. Il problema naturalmente si complica al secondo

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anno, per la concomitante presenza degli esami, ed ancor più al terzo, per le difficoltà di sbiennamento, che sono state tali da indurre la Facoltà a ridurre al minimo compatibile con la legge il numero degli esami obbligatori per poter accedere appunto al terzo anno. Si paventa in definitiva, ed è argomento a più riprese emerso nel corso della tavola rotonda, che i Laboratori si riducano ad “un tipo di studio-lavoro chiuso, spazialmente e temporalmente, nei limiti imposti dall’orario delle lezioni”, appiattendo le loro potenzialità in un ordinamento complessivo che prosegua, specie nel primo ciclo, quello della media superiore. Per molti colleghi quest’aspetto è addirittura più ostativo per la efficacia della didattica, cioè per un’adeguata preparazione ed un’adeguata maturazione individuale, di quanto lo sia il numero degli studenti. In merito sono state a più voci richiamate la delicatezza e la difficoltà di introdurre gli studenti al vasto e complesso mondo della Progettazione Architettonica, soprattutto al primo anno, che molti docenti vedono come un anno con caratteristiche peculiari, in buona misura diverse da quelle degli anni successivi, più omogenei tra loro. Numerosi colleghi hanno sollevato, inoltre, il problema della titolazione dei moduli (discipline integrate) e quello dei criteri per il loro affidamento. Si sostiene che i moduli, in particolare Tecniche della rappresentazione architettonica, si configurino come doppioni di materie che godono di insegnamento autonomo. Taluni poi sollecitano la possibilità, per il responsabile del Laboratorio, di scegliere il contenuto dei moduli al fine di favorirne l’integrazione didattica con l’insegnamento principale e, per la stessa ragione, di scegliere o quantomeno indicare gli affidatari dei moduli stessi. E veramente in diversi casi, in parte per ritardi nell’ affidamento dei moduli, in parte per mancanza di consuetudine con gli affidatari, specie se provenienti da altro Dipartimento, il coordinamento ha funzionato male o non ha funzionato affatto, traducendosi l’apporto del modulo in una serie di lezioni non chiaramente finalizzate agli obbiettivi dell’ insegnamento principale. Taluni riscontrano in questi apporti addirittura un aspetto negativo, derivante dalla difformità di orientamenti ed indicazioni, con conseguente disorientamento degli studenti.

Non è facile tentare una qualche conclusione, seppur ancora largamente provvisoria, di un dibattito così animato e partecipato, nel quale gli aspetti di organizzazione e di gestione, che sono i più appariscenti ed i più urgenti, si intrecciano strettamente con la visione dell’ architettura e del suo insegnamento propria di ciascuno. Poichè le risposte alla domanda: che fare? sono complessivamente abbastanza univoche, si può partire da queste, ricordandole ordinatamente. Centrale è la richiesta di gerarchizzazione delle materie non progettuali, nel senso di una loro maggiore finalizzazione agli obbiettivi di un corso di laurea in Architettura, che, nel rispetto di tutte le componenti della Facoltà, dovrebbe comunque poter ritrovare nella Progettazione il suo asse portante. Ricordo che nel dibattito in atto sullo sdoppiamento del corso di laurea, si è ribadito che eventuali nuovi corsi dovranno comunque essere corsi di laurea in Architettura, per i quali risulta imprescindibile il

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riferimento al nostro Dipartimento. La gerarchizzazione avrebbe, quasi automaticamente, una ricaduta positiva sul carico didattico, che verrebbe sfoltito, e di conseguenza sull’ orario, con tutti i benefici impliciti relativamente ai tempi e ai modi dell’apprendimento. La strada per arrivarci passa evidentemente attraverso il coordinamento dei programmi di insegnamento, ed è strada di lunga lena ed irta di ostacoli, perchè va a scontrarsi con equilibri di potere, timori di ancillarità, rendite di posizione, individualismi. Per poterla percorrere positivamente è necessario, a mio giudizio, che maturi nel Dipartimento una chiara presa di posizione in merito, che costituisca riferimento all’ attività interna e a quella di Facoltà. I presupposti ci sono, come questi Documenti dimostrano. Si tratta ora di proseguire nella ricerca e nella sperimentazione, che molti hanno già iniziato spontaneamente attraverso rapporti personali, di tutte le convergenze praticabili attorno ai Laboratori. Un primo importante contributo in tal senso è lecito attenderlo dalle Sezioni in cui si è articolato il Dipartimento, almeno come ipotesi di coordinamento orizzontale e verticale dei programmi degli afferenti, in ordine a pochi elementi comuni e tenendo aperta la possibilità, per chi lo richieda, di potersi spostare da un anno all’ altro per ampliare la propria esperienza. Da subito si potrebbe approfondire anche la riflessione sulla titolazione dei moduli e sulla loro finalizzazione al progetto, tenendo conto, come ricorda Chiappi nel suo intervento, che la titolazione deve tendenzialmente essere uniforme, in particolare nel primo ciclo, per evidenti ragioni di omogeneità di formazione. Questa fase, che rappresenterebbe un passo significativo nella direzione della riforma, si dovrebbe concludere con un confronto a livello di Dipartimento, per aprire successivamente confronti tra Dipartimenti ed a livello di Facoltà. Altra questione determinante è quella del numero degli accessi al primo anno. Il parere di diversi colleghi, con il quale concordo, è che essa debba essere affrontata spregiudicatamente nei suoi termini veri, che, al di là di quantità astrattamente ipotizzate, sono quelli di una reale compatibilità, verificata sulla base dell’ esperienza, con la disponibilità di personale e di strutture. Sappiamo tutti che il discorso sugli accessi sottende quello sul diritto allo studio, ma lasciatemi dire in tutta franchezza -e mi rivolgo esplicitamente anche agli studenti- che le condizioni di confusione culturale e di miseria organizzativa cui abbiamo dato vita come Facoltà nel suo complesso costituiscono certamente uno dei modi peggiori per riconoscerlo: una sorta di truffa reciprocamente accettata da docenti e studenti che produce un insegnamento ed un apprendimento parimenti dequalificati. Ma è proprio questo che si vuole? Perché non provare ad invertire gradualmente rotta, partendo dal costruire condizioni di convivenza, e di stabilità della docenza, che garantiscano modi e tempi adeguati ad un percorso formativo lungo e complesso, quale quello che porta alla laurea in Architettura, e da lì portare avanti la battaglia perchè queste condizioni vengano estese al più largo numero possibile di studenti, attraverso un effettivo incremento di risorse e di strutture?

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COORDINATORE Carlo Canepari

IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Giancarlo Cataldi IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Luciano Barbi CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

S. Ciardelli, L. Gonfiotti, A. Nannini, G. Parlanti

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Il Laboratorio dopo una prima fase di esercitazioni ex-tem-

cio ed il circostante tessuto in una situazione di contestuali-

pore, orientate all’avvio didattico ed all’approfondimento di

tà e nella valorizzazione del luogo inteso come realtà stori-

tematiche del comporre nelle varie specificità dimensionali

ca, urbanistica e sociale.

(linee, superfici, volumi), ha sviluppato l’esperienza della

L’esperienza centrale del Laboratorio è riferita al progetto di

lettura e del progetto di un organismo urbano con l’accen-

Riuso di edifici residenziali (Ater) della periferia fiorentina.

tuazione del carattere problematico in quanto propedeuti-

Sono stati inoltre organizzati due gruppi di studio, con un

co alla formazione di una autonoma e creativa capacità pro-

numero limitato di studenti, per sperimentare le applicazioni

gettuale.

del Riuso architettonico nei concorsi di architettura e nelle

In questa fase di analisi sono risultati particolarmente utili

problematiche emergenti dai rapporti internazionali attivati

gli approfondimenti disciplinari prodotti nei Moduli che han-

dal Corso.

no evidenziato i caratteri tipologici e morfologici dell’edifi-

Il primo sul Concorso di idee per la tutela e il Riuso delle

cio urbano e quelli relativi all’impianto strutturale .

sale storiche del cinema promosso dal Dipartimento di

Lo studio del tipo e dell’eventuale processo di trasformazio-

Scienze del Territorio della Facoltà di Architettura di Milano

ne tipologica, insieme allo studio delle specifiche caratteri-

ed il secondo sul Riuso di un edificio industriale dismesso in

stiche dell’organismo architettonico preso in esame, il tutto

Tirana in collaborazione con la Facoltà di Architettura Alba-

unito allo studio dell’ambiente circostante, sono stati gli

nese finalizzato alla partecipazione al convegno di Habitat 2

strumenti di conoscenza della realtà urbana. Realtà che poi

organizzata nel 1996 ad Istanbul.

ha assunto il ruolo di guida obbligata nella cosiddetta fase

Identicamente per tutti i temi di ricerca, nella prima fase di

progettuale con la specificazione che il progetto, pur inne-

analisi, lo studio ha inteso riprodurre tramite la lettura del-

standosi saldamente nella situazione edilizia soggetta ad

l’edificio, il processo di azione progettuale, con evidenziate

analisi, non ha voluto rinunciare a percorrere la strada tanto

le sequenze logiche ed i significati culturali che possono

discussa della invenzione progettuale anche se delimitata

aver definito l’oggetto architettonico stesso.

entro confini definiti dall’organismo stesso analizzato.

Eseguito il lavoro di analisi, il Laboratorio ha sviluppato i

Dal punto di vista didattico l’attenzione si è concentrata

termini del progetto attraverso l’esperienza di Riuso del-

sullo studio di un edificio in degrado o comunque significa-

l’esempio architettonico scelto.

tivo per il suo inserimento urbano ed è stato eseguito, per

In questo senso l’esercizio ha acquistato un particolare si-

questa ragione, uno studio sull’oggetto architettonico e sul

gnificato dal punto di vista compositivo; infatti il mettere

tessuto di appartenenza.

insieme elementi dati ed elementi inventati ha favorito lo

Si è insistito nell’analisi dei collegamenti fra il singolo edifi-

svolgimento e l’approndimento delle tematiche disciplinari.

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alle pagine segg. Torri a Cintoia (Firenze), recupero e riuso: 1. Pianta piano primo. 2. Veduta assonometrica. 3. Pianta copertura. 4. Pianta piano terreno. 5. Assonometria generale (A. Martinelli, C. Michelacci, C. Montani). 6. Pianta piano terra-biblioteca.7. Pianta piano primo. 8. Veduta assonometrica. 9. Planimetria volumetrica (M. P. Parenti, G. Parentini).

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II

L’area di intervento: la periferia fiorentina.

solo dall’inserimento di attività artigianali e commerciali nel

Firenze, come tutte le città italiane, ha subito nel primo do-

tessuto residenziale.

poguerra, l’aggressione speculativa che ha determinato

Soltanto negli ultimi anni la grande distribuzione ha comin-

una espansione caotica e incontrollata, senza regole o limi-

ciato a considerare appetibili queste zone ed anche gli Enti

tazioni.

Pubblici stanno cercando di inserire tutte quelle attività di-

Queste parti di città, ai margini del tessuto ottocentesco,

rezionali e di servizio necessarie ad una vita di quartiere. E’

costituiscono oggi la periferia consolidata, certamente cari-

proprio su una di queste aree, il quartiere P.E.E.P. di Torri a

ca di problemi strutturali, ma al tempo stesso assestata da

Cintoia costruito a Firenze negli anni ’70 ,che é stato svolto

un punto di vista sociale, con una diffusa presenza di attivi-

dagli studenti un lavoro di progettazione finalizzato al recu-

tà terziarie, funzioni complementari e servizi, che in parte

pero dell’area ed al Riuso degli edifici residenziali che vi fan-

riducono i disagi della vita quotidiana.

no parte.

Ma c’è ancora un’altra parte che tutto avvolge e costituisce

Il luogo prescelto é emblematico e rappresentativo di que-

il lembo estremo, il margine ultimo di una città che si perde

sto tipo di periferia: un isolato di circa 30.000 mq formato da

nel nulla: la periferia costruita dagli anni ’70 in poi, con ca-

due diverse aree di cui una sul lato di via dell’Argingrosso

ratteristiche molto diverse dalla precedente.

caratterizzata dalla presenza di alcuni edifici residenziali in

Innanzi tutto si trova in zone ancora più lontane e quindi più

linea, di cui due stecche lunghe 120 metri elevate su pilotis

emarginate, secondo una visione della città che vede orbi-

ed alcuni edifici a torre.

tare tutto intorno al centro storico, senza la possibilità di

Sull’area restante lungo via Canova é attualmente in corso

altri riferimenti.

di edificazione il complesso del Polo Socio-sanitario nato

Qui le limitazioni e le regole imposte dall’attuazione delle

da una idea progettuale di Aldo Rossi.

leggi urbanistiche della fine degli anni ’60, hanno determi-

In fase attuativa il progetto é stato mutilato sia della piazza

nato un ordine apparente che è in realtà spesso ripetizione

sopraelevata che del centro di quartiere producendo così

ossessiva, monotonia sconfinata; sono le zone dove quel

un organismo architettonico incompiuto, una mostruosità

poco di intervento pubblico che c’è stato in Italia in materia

dalla quale si é voluto allontanare lo stesso progettista di-

di edilizia residenziale si è fatto sentire con realizzazioni che

sconoscendone la paternità.

hanno dato solo risposte quantitative al problema casa.

Su questi squilibri e su queste mutilazioni si inseriscono le

Allo stato attuale sono dei quartieri dormitorio, magari sulla

nostre sperimentazioni progettuali.

carta tipologicamente ben progettati, ma privi di tutte quelle attività complementari che possono essere determinate

(Carlo Canepari)

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COORDINATORE Pierfilippo Checchi

IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Pierluigi Marcaccini IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Raffaele Nudo CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

A. De Vita

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PROGRAMMA DEL CORSO

tura contemporanea e per l’analisi delle realizzazioni : è sta-

Il progetto in Architettura : definizione delle sue parti.

ta scelta la città di Barcellona per l’abbondanza del materia-

La composizione come nucleo del percorso progettuale. In-

le sia storico che contemporaneo. Sono stati visitati il barrio

dividuazione dei due momenti della composizione : a. il

gotico, il modernismo con particolare riferimento a Gaudì, il

programma; b. l’ideazione.

padiglione di Mies, le architetture olimpiche, l’ex villaggio

Articolazione del programma: a1. gli obbiettivi, i significati,

olimpico ora quartiere residenziale, il nuovo porto, la torre

le correnti di pensiero: la ricerca semantica; a2. il meta-

della radio ed il ponte di Calatrava, il nuovo museo di Meier

progetto; ovvero le strutture sintattiche di riferimento: la ri-

ecc.

cerca tipologica; a3. la conoscenza del luogo ovvero il con-

Esercitazione conclusiva relativa alla progettazione di un

testo; a4. la fattibilità economica e tecnica.

complesso residenziale e servizi in una delle due aree : 1)

Articolazione del momento creativo : b1. la ricerca di

area in Firenze, ( A5 e A6 nel PRG, possibilità di demolizione

un’idea: elencazione attraverso primi schizzi ed elabora-

e ricostruzione) compresa fra via dei Serragli. le mura,

zioni; b2. prima verifica delle proposte e selezione attra-

l’adiacente convento e il giardino Torrigiani. 2) area centrale

verso approfondimenti; b3. scelta di un’idea e approfondi-

a Vaglia, di nuova edificazione, compresa fra la statale e la

mento in scala; b4. elaborazione del progetto fino agli

167 esistente. Dei due siti viene realizzato un plastico di stu-

spolveri e restituzione grafica.

dio in scala 1:500 del contesto entro il quale gli studenti

I caratteri distributivi degli edifici e le tipologie residenziali:

possono verificare le loro proposte progettuali.

esame delle caratteristiche dei vari tipi. Esempi di case iso-

L’esercitazione viene restituita in formato A2. La progetta-

late, a schiera, a torre, in linea, a ballatoio. La città e l’abitare

zione del contesto viene restituita tramite planimetria, profi-

oggi. Esame di realizzazioni italiane ed estere.

li, assonometria 1:500, con eventuali particolari delle siste-

Disegnare con la parte destra del cervello. Il disegno quale

mazioni urbane. La progettazione degli edifici viene restitui-

strumento del progettare: esame di esempi di rappresenta-

ta in piante, prospetti, sezioni, assonometria in scala 1:100

zione dell’architettura.

e 1:50, visioni prospettiche, schemi tipologici e strutturali. Il

La tecnica delle costruzioni: il tipo di organismo strutturale

corso è coordinato col parallelo laboratorio di Tecnologia 1°

(a telaio, a muratura portante, misto), le strutture di fonda-

del Prof. Felli entro il quale gli allievi approfondiscono gli

zione, portanti verticali, di impalcato, a sbalzo, di copertura.

aspetti tecnologici e la loro capacità di risposta agli obbiet-

Primi elementi per un dimensionamento e verifica struttura-

tivi progettuali.

le .

L’esame consiste nella valutazione della capacità composi-

Viaggio all’estero per lo studio delle tendenze dell’architet-

tiva raggiunta tramite l’esercitazione progettuale e delle co-

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alle pagine segg. Firenze, Via dei Serragli. 1. Assonometria d’insieme. 2. Prospetti. 3. Piante. 4. Prospettiva. Motto: “Da sinestesia a sincretismo” (S. Rutigliano). Vaglia, nuovo centro. 5. Pianta piano residenze (R. Sbragia). 6. Sezione residenze (R. Sbragia). 7. Prospettiva centro civico (M. Rubicini). 8. Pianta sala consiliare (M. Rubicini). 9. Planimetria generale (R. Sbragia, M. Rubicini). Motto: “Tradizione e innovazione”. 1

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noscenze, anche tramite interrogazione diretta sui testi

bile stabilmente non consente l’elaborazione completa del

consigliati e sulle comunicazioni svolte.

progetto in facoltà : in particolare la stesura finale è compiu-

VALUTAZIONE SINTETICA DEI RISULTATI

ta sempre a casa.

Gli studenti sono stati, salvo poche unitá, gli stessi del pri-

I risultati progettuali, nonostante le difficolta sopra esposte,

mo anno : l’esperienza del corso si é cosí potuta sviluppare

sono risultati mediamente di buona qualitá.

in sequenza e con totale coordinazione. I temi dati si sono

Hanno sostenuto l’esame circa l’ottanta per cento degli stu-

dimostrati idonei ad uno sviluppo delle capacità compositi-

denti.

ve ampliando e approfondendo, rispetto al primo anno, i

(Pierfilippo Checchi)

concetti di abitare e di città, di luogo e di contesto, di tipo e archetipo. La coordinazione con il Laboratorio di Tecnologia 2° del Prof. Felli ha consentito una progettazione capace di utilizzare le capacitá espressive dei vari materiali ed i vincoli espressi dai sistemi tecnologici. Il modulo di Progetto di strutture é efficacemente intervenuto nel dotare da una parte gli studenti delle basilari conoscenze strutturali e dall’altra nel sottolineare l’unitarietá del processo compositivo che vede la struttura non come qualcosa da aggiungere e verificare successivamente ma come una componente indispensabile. Rispetto alla disponibilitá pressoché totale degli studenti al primo anno, si riscontra al secondo una maggiore difficoltá alla frequenza, sia per la preparazione degli esami non sostenuti, che per la sovrammissione di corsi di recupero o di corsi di ateneo come ad esempio quelli di inglese. Si riscontra inoltre negli studenti una situazione di stress complessivo che risulta poco compatibile con una attivitá progettuale totalmente assorbente come quella che dovrebbe compiersi nei laboratori. Anche la mancanza di un proprio posto di lavoro organizza-

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COORDINATORE Alessandro Gioli IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Ulisse Tramonti IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Salvatore Di Pasquale CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

M. Bolelli, F. Fabbrizzi, B. Frattarelli, M. Oggiano, R. Pauselli, A. Toti, C. Zaccaria

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BARBIERE O “IL PELO TECNICO”?

capelli oltremodo sofisticato, specialistico ed ineccepibile.

Per la presentazione di una esperienza didattica di proget-

Ma quella nuova scritta incute un certo timore, è pervasa di

tazione architettonica il titolo può certo sorprendere; ma

misteriosità, è divenuta appunto una bottega oscura. In

solo se non ricordassimo la rubrica Botteghe oscure che il

quel nuovo luogo sento che può accadere di tutto ai miei

settimanale Cuore ha proposto fino a qualche tempo fa ai

capelli, perché il nuovo barbiere, devo riconoscere onesta-

suoi affezionati lettori. La bottega è il luogo in cui fin dal

mente, mi ha avvertito di non essere più vincolato alla con-

Medio Evo il lavoro si trovava sedimentato, accudito, cura-

suetudine bensì, al contrario, sollecitato ad infrangerla, le-

to, infine trasmesso. Era il luogo delle certezze e insieme

gittimato ad una certa sperimentazione. Liberato dalle con-

della parsimonia e della modestia. Oscuro è un aggettivo

suete e tradizionali regole è ormai libero di proporre nuove,

che coinvolge situazioni incerte, indefinite, imprevedibili.

inusuali soluzioni.

Fino a qualche tempo fa quando dovevo farmi i capelli an-

Quel PeloTecnico è per il nuovo barbiere come uno scudo

davo in una bottega che sopra la porta indicava il tipo di

che lo protegge da ogni sorprendente risultato, che lo ga-

lavoro che vi si svolgeva : Barbiere. Tutti sapevano che in

rantisce da ogni eventuale contestazione; esso vuole espri-

quella bottega si tagliavano i capelli, si radevano le barbe

mere un sapere tecnico, una qualità ed una fama che se

ecc. Ogni barbiere operava con la propria capacità e con

nella bottega di prima avrebbero dovuto essere faticosa-

ciò che aveva appreso; faceva il Barbiere e basta.

mente conquistate giorno dopo giorno, ora divengono indi-

C’erano tante botteghe di questo tipo e la distinzione fra

scutibili, assegnate alla variabilità del gusto e dell’umore.

l’una e l’altra non dipendeva dalla scritta, ma dalla differente

Una cosa del genere è avvenuta per tanti altri lavori artigiani

abilità con la quale si tagliava, si pettinava e si radeva.

e così anche, con alcuni distinguo, per quello dell’Architetto.

Il barbiere un giorno decise, di rimodernare la propria botte-

Il lavoro dell’Architetto è indissolubilmente connesso al-

ga. La scritta sulla porta subì la medesima sorte delle vec-

l’opera progettata. Solo la realizzazione concreta può pro-

chie poltrone di cuoio, dell’armadio con le cornici, dei cas-

muovere riflessioni e critiche sulle procedure, sulla scelta

setti di legno, delle lampade ecc.: essa venne sostituita con

dei materiali, sulle tecnologie impiegate. In Architettura si

una insegna molto più indicata a mettere in risalto le qualità

opera per tipologie, che, in ultima analisi, si presentano

delle quali si sentiva capace ; Il Pelo Tecnico, ben più distin-

come esperienze acquisite, come strade già percorse, che

tivo ed indicativo di una presunta maggiore qualità , prese il

possono condurre anche i meno esperti a risultati accetta-

posto del generico e banale Barbiere.

bili e confrontabili.

Tutta la precedente esperienza, tutto il sapere si trovò in un

Gli Architetti sono Architetti, così come i Falegnami, i Vetrai,

attimo condensato in un titolo che invitava ad un taglio di

i Fabbri, ed appunto i Barbieri; essi rispondono di una cultu-

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alle pagine segg. 1. Edificio per residenze e uffici in via dello Sprone, angolo via Guicciardini (D. Casu). 2. Edificio per esposizioni in via Guicciardini angolo Borgo S. Jacopo (F. De Santis). 3. Edificio per commercio e residenze in via de’ Bardi (O. Lorenzini). 4-5. Torre per esposizione in via de’ Bardi angolo via Guicciardini (E. Burroni). 6. Edificio per residenze e uffici in via Guicciardini angolo Borgo S. Jacopo (M. Leoncini, V. Marchesi). 1

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ra e di un mestiere. Fra gli Architetti le differenze dovrebbe-

le, e gli insegnamenti delle esperienze compiute? Perché

ro dipendere dalla sostanza delle loro esperienze, ovvero da

soffermarsi a parlare di tutte queste cose quando sembra

lavori che in differente misura risultano ben fatti, durevoli,

avere grande valore manifestare distacco e libertà dalle

comodi, utili e belli a vedersi. Ma anche gli architetti hanno

medesime?

sentito il bisogno di una specializzazione; un’aggiunta a

Oggi ci troviamo a presentare i primissimi risultati delle

quell’essere già architetto che indicasse una qualità supe-

esperienze didattiche nate con l’istituzione dei Laboratori;

riore, una distinzione più alta e promettente.

con essi si è voluto riproporre, almeno credo, la dimensione

Tutto questo è avvenuto con una certa agiatezza economi-

culturale ed operativa della bottega di un tempo, nella quale

ca ed un certo benessere, ma a questo invidiabile nuovo

il maestro era colui che narrando delle proprie esperienze

stato di cose corrisponde un non ordine, una non regola,

diveniva anche, come ricorda Benjamin in Angelus Novus,

una non architettura; come in un eterno gioco di bambini in

persona di consiglio per chi lo ascoltava.

cui le urla, le grida, le risate ed i pianti si susseguono senza

Insieme a Maurizio Bolelli, Fabio Fabbrizzi, Biagio Frattarel-

sosta. La non architettura al pari delle grida ci appare come

li, Massimo Oggiano, Romeo Pauselli, Adriana Toti, Cosimo

cosa che non è in noi, che non appartiene alla nostra natu-

Zaccaria ed a tanti studenti molto bravi ho ripensato alla

ra, ma che nonostante ciò esiste e si moltiplica. I nostri atti

Firenze del passaggio della guerra nel 1944, a cosa sareb-

sembrano senza tempo, fatti per non durare; non proviamo

be potuta essere se in quelle sue parti distrutte si fosse

la sensazione e la gioia di costruire qualcosa, ma solo di

operato per idee, per temi , già in quel tempo tracciati da

aver risolto temporaneamente un problema. E’ già stato

Giovanni Michelucci, e non solo per mascherare un nuovo

detto che la caratteristica del nostro tempo è la precarietà. Il

che sarebbe dovuto apparire come vecchio.

tempo, il lavoro paziente, quel tipo di lavoro che fa durare le

Le immagini di alcuni dei lavori prodotti cercano e vogliono

cose, non ha più molto valore.

riconoscersi in un senso, in un modo; vogliono essere imma-

Le periferie, le coste, i lungo strada, sono divenuti città di

gini di espressioni connesse ad un luogo ed alla sua storia.

frantumi che si riproducono velocemente, che pur avendo

(Alessandro Gioli)

già consumato quantità enormi di spazio, ne rimangono drammaticamente prive. Al di là di pochissime opere che fine hanno fatto l’Urbanisti-

CONFERENZE: Salvatore Di Pasquale: L’arte del costruire;

ca, la Tecnologia, la Storia e con esse l’Architettura?

Alessandro Gambuti: Permanenze e ricorsi lessicali nell’ar-

Perché la geometria, la tipologia, la struttura? Perché le pro-

chitettura fiorentina; Bernardo Secchi: Ascoltare la città; i

porzioni, i rapporti fra i numeri, le armonie? Perché le rego-

materiali dell identità urbana.

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COORDINATORE Grazia Gobbi Sica

IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Gian Luigi Maffei IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Massimo Gennari CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

T. Gobbò (ricercatore), V. Disabato, V. Nobile

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Obiettivo dell’esperienza è stato quello di avviare gli stu-

assonometrie, schizzi, implica un atteggiamento selettivo

denti nel secondo anno del corso di studi alla comprensio-

nei confronti del materiale stesso. In definitiva in questa

ne del rapporto fra progetto di architettura e progetto urba-

fase di lavoro i momenti sono identificabili in leggere, tra-

no e quindi della relazione intercorrente fra strutture edilizie

scrivere, interpretare, rappresentare, ri-progettare in quanto

e conformazione dello spazio fisico di un pezzo di città alla

ri-percorrere le tappe di un processo progettuale già

scala dell’isolato.

avvenuto.La lettura ha anche lo scopo di avvicinare gli stu-

Il campo di studio è stata la residenza e i modi con cui le

denti alla comprensione e all’utilizzazione delle diverse scale

teorie di progettazione e i modelli architettonici, letti attra-

della rappresentazione ed è stata sviluppata nel ridisegno alle

verso l’approccio con esempi concreti, hanno determinato

varie scale (1:500 per il tessuto urbano, 1:200 per le aggrega-

la costruzione del tessuto urbano. Oggetto dello studio

zioni edilizie, 1:100 per gli edifici singolarmente analizzati).

sono stati pertanto: le articolazioni dello spazio urbano, il

La seconda fase ha riguardato la formulazione di un model-

tessuto e i suoi elementi costitutivi, le regole di organizza-

lo di aggregato residenziale. Partendo dal presupposto che

zione spaziale, i tipi edilizi.

gli studenti del secondo anno, per la disparità delle espe-

Il lavoro annuale condotto nel laboratorio si è articolato in

rienze svolte durante il primo, non abbiano alle spalle una

fasi sviluppate a livello individuale e di ricerca di gruppo.

conoscenza di edilizia residenziale, la formulazione del mo-

La prima fase è consistita nella lettura di un progetto dato,

dello consistente in due stecche separate da uno spazio in-

lettura interpretativa della documentazione fornita indivi-

terposto (strada o corte), ha fatto riferimento ai progetti co-

dualmente a ciascuno studente, avente come obiettivo l’ac-

nosciuti attraverso la lettura come base di partenza per

quisizione di un patrimonio conoscitivo cui attingere nelle

l’elaborazione del modello stesso, arricchita nel confronto

fasi successive dell’esperienza progettuale. Uno dei criteri

critico che il lavoro di gruppo in questa fase consente e pro-

per la selezione dei materiali di riferimento è stato quello di

muove.

ricorrere a progetti di residenza che offrissero lo spunto per

La terza fase è consistita nella lettura dell’area. E’ stata

un progetto di tessuto e, in particolare, scegliere tessuti che

scelta un’area dismessa della periferia fiorentina, occupata

si appoggiassero al tracciato stradale ricomponendo il rap-

da un’attrezzatura industriale in disuso, la ex Pegna/ Benelli

porto edilizia/spazio urbano. Attraverso il processo di deci-

alla Filarocca, inclusa dagli strumenti di pianificazione co-

frazione del materiale di base, consistente nell’illustrazione

munale nelle aree da riqualificare. La lettura dell’area, con-

di un progetto sulle pagine di una rivista o di un libro, viene

dotta mediante un esame comparativo della cartografia,

compiuto un percorso non passivo di acquisizione di dati. Il

una campagna fotografica, una lettura tipologica che ha

ridisegno attraverso piante, sezioni, prospetti, prospettive,

preso in esame le diverse articolazioni dell’edificato (dai tre-

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alle pagine segg. Area ex Benelli a Firenze. 1-2. Planimetria generale e tipi edilizi (G. Giunti, G. Gobbo). Area ex Benelli a Firenze. 3-4. Planimetria generale e tipi edilizi (F. Gigetti, M. Guelfi).

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nini del primo novecento ai condomini multipiano dell’ulti-

strutture principali degli edifici, le sistemazioni degli spazi

mo dopoguerra) presenti nella zona e una rilevazione del-

aperti (percorsi, recinzioni, pavimentazioni, sistemazioni del

l’edificio industriale, ha prodotto elaborati di base da utiliz-

verde); piante sezioni prospetti alla scala 1:200 degli edifici,

zare nella fase successiva (planimetria a terra in scala 1:500

in una messa a punto dei modelli elaborati e adattati al con-

, prospetti degli edifici in scala 1:200 e assonometrie in sca-

testo secondo le modifiche indotte dalla relazione con

la 1:500 dell’isolato ) e ha messo in evidenza i possibili

l’esistente,e una assonometria dell’intero complesso

limiti dell’intervento e le relazioni esistenti o proponibili fra le

progettato.Una unità edilizia significativa è stata elaborata

varie parti.

in scala 1:100 con eventuali sviluppi di dettagli.

La fase conclusiva dell’esperienza del laboratorio ha con-

Le carenze organizzative e di spazi disponibili che hanno

dotto alla riformulazione delle previsioni planivolumetriche

caratterizzato la prima parte dell’anno accademico (solo a

indicate dagli strumenti urbanistici e alle scelte progettuali

partire dalla metà di marzo si è resa agibile la nuova sede di

alla scala del disegno urbano. Una delle indicazioni fornite,

Santa Teresa, mentre la mancata attribuzione dei moduli è

derivanti dall’esperienza del rilevamento condotto sul com-

stata risolta in una forma volontaristica di collaborazione fra

plesso della vecchia fabbrica nel laboratorio di Costruzioni,

i docenti che hanno contribuito allo svolgimento dei moduli

svolto in parallelo, è stata quella di conservare una parte

stessi) sono state compensate dal numero relativamente

dell’edificio industriale corrispondente al nucleo più antico,

esiguo di studenti afferenti al Laboratorio (59), e da una or-

destinandola a funzioni pubbliche e riservando gli spazi li-

ganizzazione della sequenza delle fasi di lavoro basata su

mitrofi ad uso pubblico (piazza e/o verde attrezzato). Ri-

scadenze rigorosamente stabilite. E’ stato perciò possibile

guardo la parte destinata a integrazione residenziale sono

svolgere un lavoro equilibrato fra comunicazioni ex-cathe-

state suggerite indicazioni su possibili schemi planimetrici,

dra, esercitazioni in aula ed esercitazioni sul luogo del pro-

che pur non ritenendosi rigidamente vincolanti, erano ten-

getto; lo scambio delle informazioni tra i gruppi incaricati di

denti a chiarire l’ambito delle operazioni compatibili. In que-

svolgere differenti parti del lavoro di analisi si è svolta in

sta fase, uno dei temi da affrontare per la parte riguardante

modo relativamente scorrevole (priorità della campagna fo-

l’integrazione della residenza nell’area è stata la contestua-

tografica rispetto al rilievo dei fronti stradali, etc.). Gli obiet-

lizzazione del modello. Si è trattato in definitiva di affrontare

tivi didattici stabiliti sono stati conseguiti - con risultati ov-

la problematica di costruire nel costruito.Gli elaborati del

viamente differenziati - da tutti i partecipanti.Gli esami sono

lavoro di gruppo

stati sostenuti da tutti gli studenti nelle due date della ses-

nella fase finale sono consistiti in plani-

metrie dell’area alla scala 1:2000; planimetrie del piano terra dell’isolato alla scala 1:500 in cui sono state individuate le

sione estiva. (Grazia Gobbi Sica)

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COORDINATORE Paolo Iannone

IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Paolo Vaccaro IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Giacomo Tempesta CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

L. Mazza, G. Nassi, I. Scorsa

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Il Nuovo Ordinamento, con l’istituzione dei Laboratori, ha

Le esercitazioni, che hanno formato il corpo principale della

prefigurato una didattica più attiva, sia per la presenza al-

didattica, sono state condotte sia sotto forma di ex tempore

l’interno di uno stesso Corso di più docenti di settori disci-

(fasi iniziali) che come vero progetto, nei limiti delle possibi-

plinari diversi, sia per la partecipazione più assidua degli

lità di allievi del 2° Anno.

studenti che, di fatto, contribuisce a migliorare i reciproci

In particolare le due esercitazioni progettuali finali, riferite a

rapporti sul piano umano e culturale. L’interdisciplinarietà e

tematiche differenziate ma complementari fra loro, hanno

la partecipazione viva degli studenti costituiscono pertanto

riguardato: la prima, un intervento a media scala in un con-

le caratteristiche salienti di questo nuovo modo di fare di-

testo urbano consolidato riferito a spazi pubblici (qualifica-

dattica.

zione della Piazza dell’Isolotto a Firenze), la seconda, una

Una esperienza di Progettazione che si avvale di discipline

residenza unifamiliare in un contesto urbano di margine con

complementari permette, inoltre, allo studente una visione

particolari qualità paesaggistiche.

più ampia dei problemi connessi al fenomeno Architettura

ARGOMENTI TRATTATI

non solo nel suo momento propositivo ma anche nella sua

Le dimensioni esistenziali e prossemiche dello spazio an-

lettura critica.

tropico. La qualità architettonica come sapiente conforma-

OBIETTIVI SPECIFICI DEL CORSO

zione di un luogo o un sistema di luoghi di identificazionie e

L’acquisizione da parte dello studente di metodi e strumenti

di appartenenza. L ‘architettura come linguaggio. Le valen-

analitici e operativi finalizzati all’elaborazione di semplici te-

ze simboliche del messaggio architettonico. Strumenti e ri-

matiche progettuali , riferite ad un contesto dato e verificate

ferimenti concettuali e operativi nello studio della forma.

nelle loro componenti esistenziali, spaziali, materiche, tec-

Architettura e contesto: siti naturali e luoghi urbanizzati (la

nologiche, strutturali, linguistiche e simboliche.

città e i suoi spazi di relazione). Aspetti tipologici del fare

LA DIDATTICA

architettonico: la tipologia come studio di particolari aggre-

La didattica si è articolata in lezioni ed esercitazioni.

gazioni spaziali e come parziale supporto alle scelte opera-

Le lezioni, comprese quelle dei moduli (30+30 ore), hanno

tive. Struttura, tecnologie, linguaggio e forma in Architettu-

riguardato sia argomenti di carattere generale che temati-

ra: margini di autonomia e interdipendenze.

che specifiche relative alle esercitazioni; il dato interessante

L’approccio al progetto come concretizzazione di un’idea

è che, spesso, le lezioni sono state sollecitate da particolari

matrice complessa e plurivalente che comprenda implicita-

problemi sorti durante le fasi progettuali consolidando,

mente le varie componenti dello spazio antropico (esisten-

quindi, la caratteristica di laboratorio della nuova conduzio-

ziali, spaziali, materiche, tecnologiche, strutturali, linguisti-

ne didattica.

che, simboliche).

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alle pagine segg. 1-2-3-4-5. Casa unifamiliare in viale Righi (S. Di Tondo). 6-7-8-9-10. Casa unifamiliare in viale Righi (E. Di Pinto, S. Farinazzo). 11-12-13-14-15. Casa unifamiliare in via B. da Maiano (F. Fantini, F. Gamberini).16. Qualificazione della piazza dell’Isolotto (S. Di Tondo).1718. Casa unifamiliare in via B. da Maiano (A. Della Chiesa, F. De Riu). 1920. Casa unifamiliare in via Lungo l’Affrico (F. Ferrari). 21. Casa unifamiliare in via Lungo l’Affrico (M. Fontana). 1

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L’Architettura della contemporaneità: analisi critica delle

do solo gli aspetti più rilevanti ai fini didattici, il contesto è

nuove tendenze, le nuove matrici linguistiche, i nuovi signifi-

inteso in una accezione parzialmente riduttiva di sito natu-

cati.

rale e artificiale al contempo, in cui i confini e l’orografia del

VALUTAZIONE DEI RISULTATI

lotto, le qualità paesaggistiche, il pubblico e il privato, le

Una valutazione obiettiva dei risultati non può prescindere

componenti esistenziali dell’Abitare compongono un insie-

dall’evidenziare le carenze organizzative, da imputare alla

me complesso ma pur sempre limitato delle istanze di cui si

tardiva nomina di alcuni docenti ed alla insufficienza di spa-

fa’ partecipe ogni Progetto di Architettura.

zi e attrezzature. Inoltre la mancanza di una vera e propria

Infine, attraverso l’esperienza delle verifiche incrociate (in

cultura del laboratorio, dovuta alla scarsa dimestichezza

particolari momenti del processo progettuale i risultati rag-

degli studenti al lavoro in aula e alle difficoltà (soprattutto

giunti dai vari gruppi e dai singoli sono stati fotografati e

iniziali) di dialogo tra di loro e con i docenti, ha creato qual-

messi a confronto), con le analisi critiche e i dibattiti conse-

che disagio alla partecipazione attiva degli allievi, che do-

guenti condotti da tutti (allievi e docenti), si è creato un cli-

vrebbe costituire una delle caratteristiche più importanti

ma favorevole al dialogo consapevole e maturo e, quindi,

della nuova struttura didattica.

alla crescita didattica degli allievi, in linea con la struttura e

Nonostante le incertezze iniziali i piccoli gruppi di lavoro,

le finalità didattiche del Laboratorio.

previsti dal piano didattico del laboratorio, hanno dato in

(Paolo Iannone)

media dei buoni risultati, sia a livello dei prodotti finali, sia per la crescita didattica dei singoli studenti. Una fase particolarmente importante è risultata, per alcuni gruppi di studenti, la costruzione dei plastici di studio, soprattutto per l’esercitazione relativa alla casa unifamiliare, dove tale strumento di verifica intermedia delle fasi progettuali ha assunto la caratteristica di vero e proprio simbolo tamgibile della costruzione del progetto. E’ da mettere in evidenza inoltre che i vari progetti finali, alcuni riprodotti nelle immagini allegate, risultano ispirati a linguaggi differenziati, a sottolineare l’impostazione di progetto-ricerca che il Corso ha inteso dare all’esperienza operativa del Laboratorio. In tale progetto-ricerca, evidenzian-

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COORDINATORE Gian Luigi Maffei

IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Giancarlo Cataldi IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Silvia Briccoli Bati CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

R. Severi

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OBIETTIVI DEL LABORATORIO

rarchizzare, al massimo grado compatibile con la comples-

Partendo dalle conoscenze ottenute dalle operazioni di let-

sità pertinente, le diverse parti dell’aggregato stesso.

tura e di progettazione svolte al primo laboratorio, sono

a -San Frediano- Sull’isolato progettato al primo laborato-

proseguite le lezioni del corso istituzionale sui contenuti

rio si sono svolte letture a livello di aggregato complessivo

della progettazione tipologica alla scala più dettagliata del-

nella fase di consolidamento del tessuto e ne sono state

l’edificio e delle sue componenti scalari: sistemi, strutture e

desunte le modificazioni nodali da apportare al progetto

materiali.

stesso; si sono disegnate i quattro angoli nella scala 1:100

Contemporaneamente si sono svolte letture, alla scala del-

con una specifica attenzione ad una valutazione il più possi-

l’organismo, di diverse realtà urbane per derivarne le moda-

bile oggettiva delle varianti da adottare; si è ridisegnato poi

lità di modificazione degli aggregati serialmente formati ne-

l’insieme dell’isolato modificato nella scala 1:200.

gli sviluppi propri delle successive fasi di consolidamento,

b -Rifredi- Progettazione per fasi della formazione del tes-

riconoscendo le diversificate destinazioni d’uso, le maggio-

suto dell’aggregato edilizio compreso tra via Vittorio Ema-

ri o minori densità fondiarie e le modificazioni gerarchiche

nuele e piazza Giorgini nella scala 1:1000; progettazione per

delle diverse parti reciprocamente relazionate.

fasi di consolidamento nella scala 1:500 dei due isolati sulla

I temi progettuali si differenziano per i luoghi di diversificata

piazza con valutazione delle differenziazioni gerarchiche dei

storia processuale dello stesso ambito fiorentino in cui si

nodi, progettati nella scala 1:100, e poi riaggregati alla scala

interviene: 1-area di centro storico di antica stratificazione

1:200 dell’insieme complessivo.

(San Frediano); 2-area marginale del centro storico dove sia

c -Quaracchi- Progettazione delle modificazioni gerarchi-

in atto una mutazione di destinazione d’uso (Rifredi); 3-area

che dell’insieme seriale realizzato al primo laboratorio, con

periferica a bassa densità fondiaria (Quaracchi); 4-area pe-

specifico riferimento alla nascita in situazione polare di una

riferica ad alta densità fondiaria (Novoli).

piazza e alle conseguenti variazioni tipologiche dell’edilizia

CONTENUTI E MODALITÀ DELLA DIDATTICA

che vi si viene a costituire. Progetto dell’edificio prescelto

In ciascuno dei quattro progetti si è cercato di mettere in

alla scala 1:100 (tipo a ballatoio, a pseudolinea, in linea, mi-

atto inizialmente una fase di prima edificazione, con una co-

sto) e progettazione dell’aggregazione edilizia del fronte

stituzione prevalentemente seriale dell’aggregato comples-

principale sulla piazza nella scala 1:200.

sivo, per redigere successivamente un progetto in una fase

d -Novoli- Nell’area tra viale Guidoni e via Lippi e Macia si è

di consolidamento del tessuto che abbia una maggiore

progettato un quartiere residenziale con tipi edilizi a corpo

complessità aggregativa e dove, derivando le mutazioni in-

triplo ad alta densità fondiaria aggregati a stecche con con-

troducibili da considerazioni di scala urbana, si tenda a ge-

nessione sul percorso formativo. Dopo aver letto il contesto

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alle pagine segg. Novoli: 1. Soluzioni derivate dalle diverse potenzialità dei percorsi. 2. Soluzione planimetrica complessiva. 3. Piante dei diversi livelli della stecca. 4. Elemento a corpo triplo: piante. 5. Elemento a corpo triplo: sezione. 6. San Frediano: isolato nella fase di consolidamento. 7. Quaracchi: schema generale e planimetria del piano terra sulla piazza. 8. Rifredi: fasi formative del tessuto e planimetria dell’isolato nodale. (T. Mami, G. Manuelli). 1 2 6

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si è progettato il nuovo aggregato in scala 1:1000, nelle pos-

Progetto di strutture

sibili soluzioni derivate dalla diversificata potenzialità dei

La finalità del Modulo è di fornire il lessico e le nozioni es-

percorsi formativi; si è passati poi a disegnare nella scala

senziali alla lettura in chiave strutturale di un manufatto

1:100 il nuovo edificio, studiandone le varianti possibili, le

architettonico. Si pensa di raggiungere l’obiettivo attraver-

modificazioni di testata e le conformazioni tipologiche com-

so un percorso storico incentrato sulla analisi del rapporto-

patibili. Scelta una soluzione in prima edificazione se ne è

interazione tra materiali, struttura e architettura nelle sue

progettato il consolidamento disegnandone il planivolume-

implicazioni tecnico-costruttive. Si prendono le mosse dalle

trico nella scala 1:500 e il dettaglio di una stecca nella sca-

primitive costruzioni lignee, a blocchi lapidei e laterizi ed in

la 1:200.

pietra cruda, per seguire un’evoluzione di tipi e morfologie (Gian Luigi Maffei)

(letti attraverso gli elementi costitutivi salienti) che caratterizza la cultura delle costruzioni con materiali naturali. L’approdo di questo excursus porterà al salto tecnologico costituito dall’impiego dei materiali artificiali (ferro, cls armato, materie sintetiche) e con esso all’individuazione di nuovi e sorprendenti schemi strutturali. La trattazione cercherà inoltre di individuare, sottolineandoli, alcuni momenti ed episodi significativi per la storia dell’architettura e specificamente per il tema della residenza. Un accenno particolare verrà rivolto all’ambito delle riflessioni specialistiche che intorno a questi temi si sono andate sviluppando nella storia: da ciò un discorso che riassume l’atteggiamento proprio dei trattati di architettura legati al mondo dell’esperienza e della regola (oggi diremmo dell’arte del costruire) e lo confronta con le acquisizioni di tipo scientifico da Galileo in poi, sottolineando il grande cambiamento di linguaggio che vi è connesso. Le considerazioni finali saranno incentrate sulle condizioni ed il significato di un approccio ai moderni manuali di calcolo strutturale. (Silvia Briccoli Bati)

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COORDINATORE Pierluigi Marcaccini

IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Pierfilippo Checchi IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Berta Leggeri CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

S. Bonini, G. Sutera

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Considerata l’inerzia iniziale (il corso e’ cominciato in ritardo

con orografia precisa. Doveva prendere forma un organi-

ed i locali di S. Teresa, finalmente idonei, sono stati disponi-

smo dove un gruppo di persone svolgono un’attività a scel-

bili successivamente) si e’ optato per un programma rivolto

ta dell’allievo, una comunità con necessita’ residenziali e di

fin da subito al tema dell’anno, senza seminari ne’ esercita-

locali di varia dimensione e caratteristiche.

zioni introduttive. Il programma in sintesi si proponeva di

Era fondamentale capire il senso del limite, del confine, i pro-

pervenire ad un progetto di organismi architettonici pluri-

blemi di un inserimento architettonico su un terreno in pen-

funzionali con attenzione al luogo e/o al tessuto urbano al-

denza, ma soprattutto conquistare il concetto del progetto

l’interno del quale si andava collocando.

di un organismo architettonico come superamento dell’ag-

Sono state proposte due ipotesi scelte poi dagli allievi con

gregazione di parti come semplice legame funzionale.

proporzioni quasi identiche:

Per tutti e due i temi il rapporto con il luogo, con la sua sto-

a)

Un intervento all’interno delle mura, vicino a Piazza

ria, con i suoi materiali e colori, anche se non molto appro-

della Calza, in un’area compresa fra le mura, il giardino Tor-

fondito, è stato comunque richiamato per la sua grande im-

rigiani, via dei Serragli;

portanza.

b)

Sono stati richiesti passaggi di scala ed approfondimenti

Un intervento ai margini di un ipotetico borgo medie-

vale della provincia senese.

sulle tipologie, sulla struttura, sulla tecnologia dei materiali.

Il primo proponeva l’inserimento nell’area di strutture miste,

Il corso, con lezioni particolari, ha insistito sul linguaggio ar-

residenziali, commerciali e servizi. Un tessuto che si doveva

chitettonico e sulle tendenze attuali, cercando di aggiornare

confrontare con i segni del luogo, linee forti (le mura, la via

la scarsa conoscenza degli allievi (abbastanza naturale per

dei Serragli), linee frastagliate (le tipologie, le altimetrie va-

allievi del secondo anno) sull’architettura contemporanea.

riabili), segni organici (Giardino Torrigiani), con gli spazi de-

A questo proposito e’ stato ritenuto importante far cono-

rivati dalle demolizioni consentite.

scere dal vero le esperienze più vivaci delle iniziative archi-

Era richiesto di indagare la qualità urbana, il valore dei vuoti,

tettoniche europee. E’ stata scelta Barcellona come meta di

delle quinte che definiscono i luoghi urbani.

un viaggio studio ben organizzato insieme ad un altro Labo-

Sono state esperite le tipologie adatte alle forme edilizie

ratorio (prof. Checchi). Quattro giorni intensi con la guida di

ipotizzate, con l’obbiettivo di arrivare a dettagli sufficiente-

un architetto laureato nella nostra Facoltà, attualmente oc-

mente indagati.

cupato in quella catalana, cultore di storia dell’architettura

E’ stata richiesta una sufficiente consapevolezza strutturale

contemporanea.

cosi’ come, fino dall’impostazione, un controllo degli standard.

Un alto numero di allievi ha partecipato al viaggio e gli altri

Il secondo tema si collocava su un appezzamento di terreno

sono stati aggiornati successivamente con proiezioni sul-

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alle pagine segg. Tema: Struttura abitativa lungo le mura. 1, 2, 3. Planivolumetrico, pianta piano primo e prospetti (R. Allegrini). Tema: Intervento insediativo nei pressi di porta Romana. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10. Planivolumetrico, pianta piano terra, prospetto, sezione-prospetto, prospetto e pianta piano primo di una porzione dell’intervento, plastico (L. Andreoni). Tema: Centro di rieducazione alimentare. 11, 12, 13. Planivolumetrico, prospetto-sezione e plastico (E. 1 2 3 11 12 13 Amerena). Tema: Centro di ricerche per l’agricoltura. 14, 15. Pianta 4 5 secondo e terzo livello, sezioni, pro6 7 14 spetti e assonometria (M. Aquila). 7 8 9 1 10 15

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l’esperienza. Si e’ constatato un notevole progresso degli

Bonini e Girolamo Sutera, detto Mimmo, che li hanno ap-

allievi dopo il viaggio, tanto da pensare ad istituzionalizzare

passionatamente seguiti.

questa come altre esperienze dirette.

Le interfacce con le informazioni relative ai caratteri distri-

La quasi totalità degli iscritti, circa 60, ha frequentato il cor-

butivi e di carattere strutturale sono state gestite più sul pia-

so con assiduità, oltre il 90% di essi ha già superato l’esa-

no personale della disponibilità e della buona volontà che

me. I risultati sono stati lusinghieri anche in considerazione

su quello strutturale - organizzativo, mancando fondamen-

dell’assoluta mancanza d’esperienza progettuale con le

talmente i modi ed i tempi per stabilire modalità d’integra-

conseguenti inevitabili inerzie a trovare un metodo di ap-

zione delle informazioni, delle tematiche comuni, del calen-

proccio al progetto. Va considerata nella valutazione dei ri-

dario degli interventi; procedimenti per i quali e’ da auspica-

sultati la personale tendenza didattica a promuovere per-

re maggiore attenzione da parte di tutti.

corsi individuali senza forzare verso metodologie standard.

(Pierluigi Marcaccini)

Con questo metodo si sono ottenuti risultati anche molto diversi e personalizzati, pur nelle assonanze con linguaggi contemporanei. Non sono mancati così spunti originali ed idee responsabili condotte con convincente proprietà. Com’e’ logico, considerati gli obbiettivi, non sono stati accettati lavori di gruppo. Pur consapevoli del valore del metodo di confronto fra le idee, si e’ optato per lo sviluppo delle individualità ben conoscendo che nel prosieguo dei corsi saranno molteplici (anche troppo) le occasioni per il lavoro di gruppo. Questo metodo costa in termini di impegno intellettuale e di lavoro, ma pensiamo che ne valga le pena. Nell’anno in corso, considerato il maggior tempo disponibile, stiamo sperimentando esercitazioni preliminari individuali e tema finale in gruppo: potremo cosi’ fare confronti fra i due metodi. Ha favorevolmente impressionato il rapporto di fiducia e di stima reciproca che si sono stabiliti fra studenti e il docente, e di autentica amicizia fra gli allievi e gli assistenti Sonia

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COORDINATORE Antonio Mariniello

IA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) CARATTERI TIPOLOGICI E MORFOLOGICI

Piero Degl’Innocenti IIA DISCIPLINA INTEGRATA (30 ORE) PROGETTO DI STRUTTURE

Ugo Tonietti CULTORI DELLA MATERIA E COLLABORATORI

S. Lambardi, L. Pecchioli, L. Peruzzi

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Non più dolce abitare sento nella pietra impossibile utopia di natura in acqua scura desiderio di piazze e di portici d’ombra se da Via della Funga tra siderali geometrie travedo fosca e leggera la rossa Cupola cento case farò in una sola

Anonimo Studente Fiorentino (frammento da una Descrizione del sito di Varlungo)

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alle pagine segg. Tema: Residenze e attrezzature in Varlungo: zona Fratelli Franchi. 1. Planivolumetrico (G. Carrozzini). 2. Planivolumetrico (D. Conte). 3. Planivolumetrico (D. Cataldi). 4. Planivolumetrico (B. Capitano). 5. Prospetto ovest e piante (B. Capitano). 6. Studi planimetrici (L. Dallolio). 7. Prospettiva (A. Casali). 8. Prospetto interno (I. Certini). 9. Aggregazione degli appartamenti (A. Ciccone). 10. Planivolumetrico (O. Castellucci). 1

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Ripensare i luoghi della periferia come ambienti e paesaggi

ni sui caratteri del sito, la qualità formale, funzionale-distribu-

dell’abitare, riprogettandoli come luoghi nuovi della città, e

tiva e costruttiva di ciascuna ipotesi iniziale veniva misurata

trasformare così un vuoto industriale in riva all’Arno in un

rispetto ad un duplice e simultaneo lavoro di ricerca : l’uno,

luogo urbano.

sui modelli urbani forniti dalla storia, sulle morfologie e sulla

Pensare (comporre) la casa collettiva in un sistema organiz-

fenomenologia dello spazio metropolitano, sulle tipologie

zato di spazi pubblici interpretando i possibili segni del-

dell’abitazione collettiva (la corte, la linea, la schiera, la torre);

l’identità del luogo.

l’altro, sulla definizione di un carattere architettonico urbano

Su tali questioni si sono esercitati gli studenti nel laboratorio.

su cui costruire una identità probabile, chiara e condivisibile

L’interpretazione del sito è stata condotta a partire dalla de-

dall’utenza, fosse essa riferita a memorie della città storica o

scrizione dei suoi elementi specifici : il suolo, la strada, la fab-

a particolari e determinate soluzioni del Moderno.

brica, il fiume, le case, gli alberi, il ponte, la scena urbana.

Si mostra così la rilevanza progettuale della ricerca del ca-

Ciascuno di questi elementi è stato descritto e rappresenta-

rattere urbano geneticamente legato ad una peculiarità del

to nelle tavole di analisi; il luogo stesso è stato osservato

luogo, come fondativo della proposta abitativa, e la neces-

come insieme interrelato di questi suoi elementi, per ricer-

sità della congruenza tra tipo edilizio abitativo e sue aggre-

care il senso urbano della loro com-presenza.

gazioni adeguate al carattere perseguito, attraverso lo stu-

Ma, più di tutti gli altri, il fiume e la fabbrica : come se il

dio dei classici del Razionale e dell’Organico.

genius loci volesse mostrarsi in una epifania binaria, netta e

Si mostra inoltre la necessità di possedere anche una idea

senza mimetiche ambiguità, di naturale e artificiale, nella

di Natura (piuttosto che una banale quanto vaga idea del

doppia identità sincronica di rurale che il tempo ha consun-

verde) da far interagire con alcune idee sull’Architettura

to e di urbano che sente nostalgia di città.

(storicamente determinate) e con un immaginario del sub-

Caratteri di geni fratelli si riconoscono nelle periferie delle

urbano specificamente architettonico-urbanistico e non

nostre città, delle nostre metropoli : e non sapresti dire se

soltanto sociologico-figurativo.

siano tanto più dure alla percezione o piuttosto morbide e

Si mostra insomma, per queste vie, una irriducibile com-

flessibili, cedevoli al Progetto.

plessità generale del lavoro compositivo, che è oggi ancora

Sin dalla fase iniziale del laboratorio -analitica e descrittiva-

più difficile di ieri: perché tentare di ricomporre ciò che sem-

gli studenti hanno formulato ipotesi e congetture di confor-

bra irrimediabilmente infranto può apparire (anche a noi,

mazione di un frammento urbano che contenesse case,

anche nelle tenere periferie) faticosa ed ansiosa ricerca di

spazi aperti di uso pubblico ed attrezzature collettive.

un senso incerto della Città.

Fissato un principio insediativo come prodotto delle riflessio-

(Antonio Mariniello)

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MARINO MORETTI. Sarò brevissimo. Mi sono imposto insieme a Paolo Vaccaro il compito di avviare col secondo numero di FIRENZE. ARCHITETTURA Documenti un dibattito che anticipi lo svolgimento dei lavori per l'ormai prossima tavola rotonda sui Laboratori di Progettazione architettonica. L'intento è di contribuire alla diffusione dell'iniziativa facendo uscire le questioni allo scoperto, esportando dall'esperienza del quotidiano le tensioni irrisolte. Nel grande marasma di questa sfida agli apparati lanciata dal Nuovo Ordinamento, testimoniare per linee interne quanto si va prefigurando, vale a dire i possibili effetti sul futuro della formazione e sulla didattica dell'architettura e materializzarne i problemi attraverso la parola parlata, consentirà forse di allontanare il pericolo di una prospettiva astratta. I quesiti che vi sottoponiamo come docenti in prima linea, hanno lo scopo di far rivivere malesseri di ieri, soddisfazioni e/o preoccupazioni di oggi per confrontarne il senso, magari per allargare il campo di osservazione e suggerire condizioni più favorevoli al completamento di questo Progetto, comunque decisivo per le Facoltà di Architettura. Semplice? Beh, non proprio. PAOLO VACCARO. L’ iniziativa di una riflessione comune sui Laboratori del 1° ciclo, prevede una pubblicazione su FIRENZE. ARCHITETTURA Documenti di una campionatura dei risultati dei laboratori del primo e secondo anno. Prevede anche una mostra dei risultati dei laboratori e contestualmente una giornata di dibattito interno sui laboratori in generale: partendo dall’esperienza del primo ciclo ed allargando il discorso a tutta la prospettiva dei laboratori. Mauro Lena che è già stato coordinatore dei laboratori a Venezia potrebbe venire a portarci un contributo. Come pure Claudio D’Amato sarebbe d’accordo a partecipare. Questo nostro incontro dovrebbe servire ad impostare gli argomenti fondamentali della successiva discussione. Abbiamo pensato a tal fine di proporre alcune domande alle quali ognuno di noi dovrebbe dare una risposta: la didattica prima dei laboratori; i laboratori; un’esperienza personale; i laboratori; che fare? Mi sembra che il punto fondamentale del discorso sia quello centrale, in riferimento alla valutazione su quello che è stato il rapporto con le discipline integrate e la condizione del rapporto con gli studenti all’interno dei laboratori, diversa da quella degli altri corsi. Potremmo fare un giro di opinioni per dare risposta a queste domande..... ROBERTO MAESTRO. Quest’anno non ci sono stato, sono in congedo. La mia esperienza si riferisce all’anno accademico 1995/’96. A me sembra che la didattica di laboratorio, così come l’abbiamo concepita, sia più simile a quella di un liceo; e questo comporta qualche inconveniente. Dal mio punto di vista, i laboratori: sono stati una grande fatica che mi ha stancato e ho dovuto prendere un anno di pausa; mi è anche sembrato, visto il risultato, non valesse la pena di durar tanta fatica. La differenza quale è: prima gli studenti lavoravano per conto loro, venivano e facevano le revisioni. La revisione era fatta su qualcosa di già elaborato uno studente non veniva a fare la revisione se non

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aveva già un progetto abbastanza avanti. Tutto questo lo portava ad essere abbastanza indipendente ,più originale. Mentre ho l’impressione che la didattica del lavorare nella stanza con tre docenti che lo riguardano, ed ognuno dice la sua , sia discutibile. Tre professori che si sovrappongono; poi ci sono gli assistenti. Alla fine questi studenti dei laboratori risultano un po’ paralizzati, almeno quelli di una volta facevano degli sbagli e poi si correggevano; questi non hanno nemmeno il coraggio di fare degli sbagli. Rispetto agli altri anni cosa ne è venuto fuori? Mi sembra che ci sia qualcosa di sbagliato. Non si riesce, nel laboratorio, a fare il lavoro di laboratorio seriamente,come invece si pensava. Risparmia, è vero, il lavoro della revisione, che è faticoso e lungo, però in questo lavoro di tampinamento allo studente mentre sta lavorando, c’è qualcosa che non funziona. Io penso che mentre lo studente lavora dentro la Facoltà, non è giusto che il professore ,o addirittura più professori, passino di banco in banco come si è fatto noi.Secondo me è meglio, come hanno fatto a Roma, dove hanno sperimentato un anno prima di noi, arrivare a proporre dei temi che vengono sviluppati in Facoltà, raccolti alla fine e corretti. E’ già meglio del metodo della sorveglianza durante lo svolgimento delle prove. Un nostro collega romano, nel suo laboratorio, inizia dal terreno del progetto ,le strutture portanti, i rapporti interno-esterno, il rapporto con la copertura; suddividono il progetto in tanti temi, lo fanno sviluppare per tappe. Però poi, nella fase finale il lavoro viene svolto autonomamente dallo studente. In realtà il progetto lo sviluppano a casa. Anche io mi sono comportato in modo analogo: ho fatto fare i soliti dieci esercizi, preparatori alla progettazione in aula e poi siamo passati al progetto vero e proprio. Non sono molto soddisfatto del risultato. Ho insegnato in un liceo e me ne ricordo bene, di questo rapporto troppo stretto tra studenti e docenti; quando poi ci sono più docenti la cosa diventa insostenibile! C’è sempre uno che dice una cosa, quell’altro gliela annacqua e alla fine si spersonalizza tutto.Capisco anche chi è irritato dalla presenza di altri docenti; sono in buoni rapporti con i miei colleghi, però capisco che c’è qualcosa che non funziona. Tant’è vero che l’anno prossimo pensavo di ritornare a Disegno dove ho la vita più facile, ho un’esperienza in questo campo e forse sono anche più adatto. Non sono un grande docente di Composizione. Se dovessi ripetere questa esperienza oggi porterei alle estreme conseguenze il discorso della composizione. Darei tanti elementi che lo studente in primo momento disegna e basta e poi concluderei dando un tema per la composizione di questi elementi prestabiliti; o forse addirittura pre-disegnati. Chiederei di ricomporre un puzzle di elementi; forse è un’esperienza banale, se volete, ma concreta, realistica. Ci sono dei colleghi inglesi che danno addirittura al terzo o quarto anno, un progetto di composizione di elementi prefabbricati,industriali. Lo studente è invitato a cercarsi questi componenti sul mercato, non può inventare nulla fa il progetto di una casa con quegli elementi. Stanno molto attenti che questi elementi non siano inventati. Se dovessi riprendere -non me lo auguro- il laboratorio di Composizione farei qualcosa di simile. Eviterei che lo studente si muovesse a ruota libera; che si inventasse finestre ovali, tetti a onda, porte triangolari. L’eccesso di libertà in questo campo è diseducativo. MARIA GRAZIA ECCHELI. Rispetto alla mia esperienza veneziana, il “battesimo” fiorentino non ha certo presentato elementi di novità. I problemi, a mio vedere sono gli stessi (sia per i tempi che per le attrezzature a disposizione) nel senso che i laboratori sono organizzati in modo tale da riproporre l’identico rapporto che si aveva con gli studenti di quando si insegnava, “composizione architettonica”. Alle lezioni e revisioni di allora si è aggiunto, nel nuovo ordinamento, un peso didattico che si estende all’intera giornata e che va rivelandosi sempre più insostenibile per gli studenti. Concordo con quanto detto dal prof. Maestro riguardo ai “moduli”, e cioè che debbono essere scelti in base ad “affinità elettive”, anche se continuo a pensare che lavorare assieme sia un arricchimento più che un intralcio... Ma non è questo il problema: almeno per me. Il problema è che insegnare a progettare è molto difficile. Non si tratta tanto di applicare un metodo, ma di affrontare le questioni che sono proprie della composizione. Ai miei studenti dico semplicemente che comporre è come scrivere un romanzo. Per scrivere un romanzo non solo si deve obbligatoriamente conoscere la lingua in cui si scrive: si deve inventare una storia, delineare il carattere dei personaggi, descrivere i luoghi, evocare dei paesaggi... ; se l’ambientazione richiede un museo, si devono conoscere le opere di quel museo, reale o immaginario che

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sia... E’ questa la composizione, nel senso letterale del termine: si devono “mettere assieme” una pluralità di questioni e, per far questo, non bastano certo poche esercitazioni. Quest’anno ho dovuto affrontare, per la prima volta, l’esperienza del laboratorio 1: una sorta di iniziazione anche per me... Ho proposto, come prima esercitazione, lo studio di una casa di Adolf Loos: la scelta era lasciata agli studenti, come primo atto di un percorso critico-formativo in cui credo consista principalmente l’obiettivo di una scuola di architettura. La casa prescelta doveva essere restituita con strumenti propri dell’arte (attraverso il ridisegno della pianta, dei prospetti, delle sezioni ritenute necessarie, dello spaccato assonometrico e, assolutamente obbligatorio, mediante la costruzione del plastico) al fine, soprattutto, di capire il senso compositivo sotteso alle figure loosiane attraverso l’approfondimento di una o più questioni (rapporto interno/esterno, spazialità, luogo, facciata,... fino alla questione della decorazione..). L’esito è stato soddisfacente in quanto, su circa 60 iscritti, il 90% ha seguito tutte le lezioni e consegnato il proprio lavoro dopo le vacanze natalizie. Tutti hanno letto Parole nel vuoto, coinvolti, se non dall’ architetto maledetto, dalle sue indubbie doti di scrittore. Il vero problema viene ora. Superata l’esercitazione propedeutica, l’approccio al progetto ripropone l’eterno tema del rapporto con l’analisi: come costruire una casa (il programma funzionale, stabilito con i “moduli” ed i collaboratori, richiede una grande biblioteca, tre camere e relativi servizi oltre ad una zona giorno) in un luogo pregnante di storia (San Miniato)? Come adeguare la scelta tipologica alla particolare orografia del terreno? Si tratta di declinare tutte le questioni compositive che l’analisi ha messo in evidenza. Un’esperienza progettuale che contempla anche il problema della costruzione intesa come technè (per usare una definizione di E. N. Rogers): un’esperienza complessa in cui il luogo, con la sua particolare orografia, il paesaggio con i suoi caratteri storici, la giacitura rispetto all’esposizione astronomica, la gerarchia e la dispositio degli spazi, il problema della facciata con i suoi interni rapporti rispetto alla destinazione evocativa, sono tutti termini dialettici di un unico atto sintetico. Anche se tali questioni (problematiche soprattutto per noi docenti) sono state trattate nelle lezioni del corso, lo studente ha bisogno di arricchire il proprio apprendimento guardando le architetture del passato e le buone architetture del moderno e del contemporaneo (sono esse i veri maestri): entrare in esse, misurarle, capirne l' insegnamento, approfondendo le letture citate dalla docenza.... E’ ovvio che a tal fine lo studente abbia bisogno di tempi di studio e di riflessione adeguati e non, invece, di essere aggredito da un programma demenziale, che prevede lezioni dalle 8.30 alle 19.00 e 4 “compitini” (così vengono chiamati) di matematica ecc. Date le difficoltà della nostra disciplina, il problema e proprio nell’orario “liceale” che non lascia spazio alla formazione di una coscienza critica individuale e, nonostante quanto asserito in contrario, impedisce un vero coordinamento del progetto con le discipline affini. I tempi della “scuola” andrebbero decisamente riveduti e dovrebbe, parimenti, essere chiarita tra i professori di tutte le discipline quella “centralità del progetto” sbandierata, a parole, nel nuovo ordinamento. A tale proposito suggerirei di chiedere testimonianza al prof. Carlo Magnani che, su questi stessi problemi, si è battuto a lungo nell’ I.U.A.V., con positivi risultati . ROBERTO BERARDI. Prima dei laboratori. Negli anni precedenti l’adozione dei Laboratori avevo messo a punto una organizzazione della didattica basata sulla ricerca assistita, della definizione dei temi da sviluppare. L’avvento dei Laboratori ha favorito questo sistema, fornendo ore di presenza al tavolo da disegno, la responsabilizzazione di ogni allievo rispetto ai propri risultati, la valorizzazione del lavoro individuale, e forme di collaborazione-dibattito fra studenti. Tuttavia, devo segnalare che il primo anno è stato il più disagiato: i tavoli erano vecchissimi banchi graffiti, incisi e coperti di incrostazioni; a metà del secondo anno questo inconveniente è venuto meno nelle aule di Santa Teresa, dove però i centodieci o centoventi studenti sono sistemati in due aule adiacenti, con i loro disegni, i loro strumenti, i loro cappotti, le loro borse. Quando c’è la necessità di una lezione teorica, questo crea un disagio notevole, al quale, certo, si può ovviare con un po’ di disciplina e di organizzazione: il che peraltro non spiega per quale motivo si debba ovviare all’assurdità e trovarla normale. Sono perfettamente d’accordo con quanto dice il Prof. Roberto Maestro circa la fatica, che l’insegnamento per Laboratori costa a chi ne è incaricato. Ritengo anche che questa fatica non dipenda dal-

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l’età, ma dall’impegno e dal lavoro che tale didattica presuppone. Per conto mio, esco dalle sedute di laboratorio stanco, ma in genere soddisfatto, dato che i miei studenti lavorano volentieri, che posso lasciarli alla loro propria libertà e responsabilità, oppure intervenire nel loro lavoro per consigliarli nel cammino intrapreso, e che producono molto e a un buon livello. La frequenza è costante e i risultati che via via appaiono dimostrano bene l’evoluzione di ognuno. Quest’anno, l’assenza di cambiamenti di sede e l’orario appena anticipato hanno fatto sì che gli studenti siano molto avanti, in questo mese di aprile, nello svolgimento del programma. Questo mi ha permesso di iniziare un’esperienza di progettazione (partita da Febbraio) la quale fa sì che, mentre gli studenti analizzano e descrivono l’opera di un grande architetto del Novecento, possono desumerne criteri per il loro progetto. Devo lamentare però quanto aleatoria sia stata, negli anni precedenti, la scelta dei titolari dei moduli, i quali sono importanti quanto il coordinatore. Non solo aleatoria, tuttavia. Ho collaborato e collaboro con docenti sovraccarichi di altre lezioni, moduli di laboratorio, revisioni per altri corsi. Mi sembra che non esista alcuna ragione per proseguire su questa strada e che ne esistano invece di eccellenti per consentire a coordinatori e titolari di moduli di scegliersi reciprocamente, per intesa e affinità, rispettando tuttavia la diversità disciplinare di ognuno. Per me personalmente l’insegnamento di Statica sembrerebbe opportuno quanto quello della storia delle cose costruite, più che la storia dell’architettura. In definitiva, desidererei la libertà, per ogni coordinatore, di scegliere le discipline con le quali intende stabilire una sperimentazione concomitante, e di accordarsi personalmente con i colleghi di quelle discipline per formare lo staff del suo laboratorio. Che fare? Ho preferito rispondere a questo interrogativo in ciascuno dei punti precedenti. Voglio tuttavia aggiungere qualche altra riflessione. Il nuovo ordinamento degli studi di Architettura prevede, per i Laboratori, un tipo di studio-lavoro chiuso, spazialmente e temporalmente, nei limiti imposti dall’orario delle lezioni. A mio avviso è vitale, per gli studenti come per i loro docenti, che gli studenti abbiano esperienza non solo dei muri dei Laboratori, ma anche della città e dell’architettura, vicina e lontana, dalla quale possono apprendere senza coercizione. La legge descrive una disciplina da scuola media, grazie alla quale lo studente regredisce rispetto allo stesso istituto superiore di provenienza, e obbedisce ai suoi maestri e cioè li copia. Anziché invitare a trasgredire sommessamente la legge, si dovrebbero accogliere queste istanze, che sono reali, come arricchimento dell’aridità della norma. Infine, come risolvere il problema del peso didattico? Il numero, intanto, è ragionevole quando lo è, dal punto di vista didattico, e per gli studenti e per i docenti, e quando consente una adeguata preparazione, una adeguata assunzione di responsabilità autonome. Ma l’orario è congruente quando gli studenti hanno il tempo di digerire quanto apprendono e di trasformarlo in esperienza personale. Come non invocare che le discipline non compositive siano comunque alleate, e non avversarie, della Composizione, e che il tempo dell’esistenza non sia interamente coperto dallo studio o dal sonno? E come non invocare che la giornata degli studenti comprenda delle ore di libertà, della quale, i miei studenti almeno, approfitterebbero certamente anche per maturare i loro interessi collaterali? Come mai, ad esempio, si è passati dalle dieci ore settimanali di Laboratorio alle sette di quest’anno? Le due ore del secondo giorno, compresse tra la colazione e le lezioni successive, sono, proprio per questo, le meno frequentate, o frequentate molto tardi. Perché ci si ostina a distinguere tra lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche, quando si sa benissimo che l’insegnamento teorico viene estratto dalla pratica di progettazione, e non da una serie di a priori più o meno soggettivi? LINO CENTI. I) C’era una volta la Facoltà di Architettura. Vi si iscrivevano e vi sostavano numerosi allievi. Alcuni grandi propugnatori della Selezione Anticipatoria dicevano troppi -troppi! Anche se il rapporto tra coloro che conseguivano il diploma e gli iscritti era intorno ad 1/3. Poi sono iniziati gli esami di ammissione. Questi esami, per come furono congetturati, hanno fatto sì che gli studenti migliori - i più inventivi, forse anche casinisti,ma portatori di prospettive ed energie nuove - siano stati sbattuti fuori; mentre i più disciplinati, ordinati ed ordinarî,vi siano ogni anno ammessi. Il ricorso al TAR è utilizzato, come ognun sa, da una minoranza. Temo che un folto numero di docenti abbia apprezzato molto questa trasformazione. Studenti tanto prevedibili non pongono problemi. Non danno neanche

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alcuna speranza progettuale? Pazienza. Forse è un altro sintomo insito nello Zeitgeist: non è forse un segno dei tempi che, ad Architettura, composizione e forma, materia e senso,progetto ed invenzione siano infinitamente meno importanti di matematica, fisica, tecnologia, statica? Ognuno, se crede, può allungare la lista come preferisce... Ma siamo disposti ad ammettere che è in un contesto siffatto che si configura il “problema” laboratori. II) La didattica prima dei laboratori era,in larga misura, una didattica di laboratorio, almeno per ciò che mi riguarda,ma non penso di essere un caso isolato. Inoltre, avendo lo studio in Palazzo Vegni, dove facevo lezione e revisioni, avevo agilmente modo di fare continuo riferimento al tanto materiale accumulato nel corso del tempo. Questo continuo esercizio di memoria, questa possibilità di esibire elaborati non virtuali (come le diapositive), mi manca moltissimo. Tant’è che, l’anno passato, mi sono trovato a confidare a Marco Bini, con il quale ho lavorato in discreta sinergia, che, mediamente, i 250 esami fatti l’Anno Accademico 94/95, senza laboratori, erano più soddisfacenti e maturi. Linguisticamente parlando; stilisticamente giudicando. Forse le mie energie non sono più quelle di una volta. O forse la Facoltà è diventata tanto assurdamente rigida - e centrata su discipline così intrinsecamente anemiche - da costringere gli allievi a dimettere ogni ricerca sulla forma? La mia personale impressione è che la logica del dubbio e la funzione sentimento siano progressivamente sostituite da una monocultura. Rigida ed impenetrabile. Appena pochi anni fa, i nostri diplomati erano in grado di interpretare un cospicuo ventaglio professionale: facevano i designer, ristrutturavano esercizi commerciali, lavoravano in staff industriali come progettisti interni, o in qualità di scenografi; insegnavano in scuole ed università. Talvolta (più raramente) progettavano edifici e brani di città. Certo in Facoltà insegnavano personaggi come Gianni Koenig - piuttosto allergici alle semplificazioni, alle monoculture, ad un’estetica normativa. III) Che fare ? Il pericolo che avverto, in questa discussione sui laboratori, è che, al malato, per compiacere la logica distruttiva in atto, venga somministrata una dose letale di veleno. Ma avete mai pensato che, i nostri allievi, impigliati in una simile macchina luciferina, non hanno più il tempo di pensare ? Di riflettere, congetturare, dissentire,organizzare un progetto secondo l’unica logica formale possibile: il declinare linguaggio e piacere,tecnica e cultura. Aggiungo tre osservazioni -come dire- “procedurali”. a) Inizierei dai nomi. Non è cosa da poco: poiché le usanze contano più delle leggi ed i nomi più delle usanze. Se siamo tutti d’accordo nel considerare propedeutici i laboratori del I e II anno (coordinati da Composizione), perché non designarli Laboratori di Composizione Architettonica I-II? Strappandoli così all’indifferenziato ed a non so quale arbitrio interpretativo. b) I- II anno. In un documento redatto negli anni ottanta, controfirmato da tutti i docenti di Composizione, si poteva leggere a chiare lettere come al I anno competesse, in linea di massima, la relazione luogo/ costruito; mentre al II la padronanza stilistica. Se quel documento è ancora valido, non si potrebbe partire da lì per differenziare i due anni? c) Restando l’attuale struttura-laboratorio mi pare che, sul piano temporale, Teorie della Ricerca Architettonica Contemporanea, potrebbe costellare l’intero anno accademico: assumendo un ruolo culturale di cerniera. Al contrario Tecniche della Rappresentazione non può che essere propedeutico -così come ho provato a disporlo nel corrente anno. Un’ultima considerazione. I laboratori non sono una struttura ontologica, né una catastrofe comminata da un dio capriccioso. Così come li abbiamo creati, li possiamo dismettere. Un documento prodotto dall’Area Tecnologica, che ha circolato nell’ultimo convegno,è estremamente critico in merito a quella che poteva sembrare un’innovazione. Neanche Nicola Pagliara, che insegna a Napoli, me ne ha parlato favorevolmente. Forse, come ha spiegato poc’anzi Roberto Maestro, il laboratorio è opinabile perché non consente agli allievi alcuna autonomia interpretativa: “li blocca”. Non consente neppure l’errore - il che mi pare di una gravità inaudita. Il comporre, prima di essere materiale, è una dislocazione psichica ed immateriale. Se c’è qualcosa di veramente insostenibile, relativamente alle pratiche compositivo-progettuali, è che queste ultime possano virare in marce prussiane. GIANNI CAVALLINA. Farò un intervento abbastanza opposto a quello di Berardi. E’ un intervento in positivo, come quello di M.Grazia Eccheli, con cui mi sento di condividere più o meno tutto quello che ha detto: forse anche perché vedo che, non casualmente, abbiamo impostato il laboratorio in modo abbastanza simile. Ho

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l’affidamento da sei anni; i primi tre ho avuto Composizione e gli altri tre Laboratorio; il primo anno è davvero fondamentale secondo me.É un caso a sé. Noi dobbiamo renderci conto che i ragazzi che arrivano da noi sono volenterosi, sono bravi per tanti aspetti, ma sono assolutamente ignoranti per tutto quello che riguarda l’architettura, il saper vedere lo spazio, il saper progettare e soprattutto sapere qualcosa della storia dell’architettura, degli ultimi due secoli. Se non si sa come è nato il Movimento Moderno, come è entrato in discussione questo stesso Movimento Moderno, io credo non si possa nemmeno aprire una rivista o un libro. Fare un paragone tra i primi tre anni di Composizione e i tre anni di Laboratorio mi riesce un po’ difficile, nel senso che, quando distribuisco il programma del Laboratorio ci riconosco quello che ho fatto a Composizione. Una serie di ricerche mi portava sulla Triade vitruviana, la memoria, il rapporto col luogo e gli elementi del costruito, il tipo e così via. Mi sono trovato bene da questo punto di vista; in realtà il grosso problema dei Laboratori è che in fondo sono dei corsi di Composizione travestiti. Anche perché, in effetti, i numeri sono alti. -Io, quest’anno, ho 122 iscritti , 6 dei quali sono sempre assenti: ho 116 frequentanti fissi. Nel corso di Composizione ne avevo 220-240, ma come ben sappiamo il rapporto era diverso; lezioni poi revisioni, quando le revisioni finivano si rimandavano a tre giorni dopo, ed in qualche modo si riusciva a farcela. Cosa è successo invece nel Laboratorio? Con questo grosso numero siamo stati costretti un pochino a travestire le cinque ore di lavoro in mezze revisioni: o passiamo attraverso i tavoli, o i ragazzi vengono da te. Per quello che riguarda il discorso dei moduli, posso capire la perplessità dei colleghi, ma devo dire che sono stato abbastanza fortunato; mi sono trovato con dei colleghi con cui ci siamo capiti, abbiamo avuto anche degli incontri prima di fissare il piano di lavoro. Non ho mai fatto in modo però che i modulisti entrassero nel lavoro di progettazione finale di laboratorio. Non credo però che le loro “lezioncine” siano state inutili. Ricordo tra l’altro che il primo anno di laboratorio ho avuto Mariniello per Teoria della ricerca architettonica contemporanea; vi assicuro che io stavo lì beatamente a sentirlo perché erano delle lezioni veramente notevoli. Notevoli perché aprivano la mente agli studenti; mi ricordavano un po’ da lontano il famoso corso del Benevolo che, trenta anni fa, ho avuto la fortuna di seguire. Il docente di Tecnica, poi, dava ai ragazzi gli strumenti necessari. Certo, i problemi del laboratorio sono il grosso numero, che ci costringe a fare questi equilibrismi e poi -è stato detto ovviamente da tutti-, l’eccessiva importanza che assumono le altre materie, non dico tanto gli altri laboratori o seminari che siano, un po’ inventati dagli altri settori, ma addirittura la matematica. Non è per dare ragione a Centi, ma quando ti organizzano un compito in classe di otto ore e vogliono che loro si preparino al compito per un mese.... .Sono d’accordo con Berardi, nel dire che uno studente di architettura debba essere “a tutto tondo”, ma sappiamo benissimo che oggi si progetta un edificio e lo si porta poi alle Agenzie che con i computers te lo tengono in piedi. E’ importante sapere i principi della matematica, ma far sì che queste materie svuotino, levino importanza ai laboratori di progettazione, mi sembra assurdo. Direi infine che sarebbe soprattutto importante andare verso numeri più contenuti di studenti. BENEDETTO DI CRISTINA. Io sono stato fino ad ora professore di Progettazione al terzo anno; in seguito sono stato responsabile di un Laboratorio del primo anno. Confrontando i risultati delle due esperienze posso dire che nel laboratorio del primo anno, nel quale, per una serie di motivi disciplinari, avevo fatto fare agli studenti prevalentemente un lavoro di procedura, il risultato è stato buono. Gli studenti hanno seguito. La considero una innovazione positiva dell’attività didattica. Quest’anno il mio laboratorio, al III anno, è organizzato con i contributi dei diversi moduli, uno di questi è il modulo di urbanistica. Noi i moduli ce li scambiamo nei due Laboratori di Progettazione Architettonica e di Progettazione Urbanistica tra i due responsabili. I risultati sono però che gli studenti non frequentano, sono oberati da altre cose, sono particolarmente difficili da convincere, presentano una serie di resistenze che è al limite del tollerabile. C’è come una sorta di stanchezza. C’è una situazione pesante...Valuto che la maggior parte delle cose che contribuiscono al disfunzionamento dei Laboratori sono proprio quelle che considero all’esterno del discorso: l’orario, l’affollamento, la presenza ossessiva di materie allucinanti come la matematica, la presenza di corsi integrati di “degrado”.

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Se fosse possibile, e non so se a noi sarà possibile, potremmo fare delle azioni con il fine di cambiare questo stato di cose. Eliminando queste disfunzioni i Laboratori sicuramente funzionerebbero assai meglio. Condivido quello che è stato detto dalla Prof.Eccheli e da altri, cioè che questi Laboratori si inquadrano nelle tante anomalie italiane per adeguare le Facoltà di Architettura alle normative della Comunità Europea. Si è fatto in modo di abbandonare il vecchio sistema, non entusiasmante, però in certa misura collaudato, degli studenti che lavorano non si sa quando, non si sa dove, e comunque non si è arrivati ad adottare il sistema di scuole di architettura diciamo “normali”, democratiche, che garantiscono il diritto allo studio. In queste scuole gli studenti hanno un tavolo dove lavorano; su questo tavolo hanno tutti i lavori che ritengono necessari ed utili. Con vari sistemi, che vanno dalle lezioni agli incontri periodici quando non c’è lezione, stabiliscono scambi didattici con i professori.

Inoltre, da quanto vengo a sapere anche da altre Facoltà, e’ in atto, la riduzione del

carico didattico, attraverso la riduzione dell’orario. Contraendo le ore, alleggerendo il laboratorio, penso ci sia un ritorno strisciante alla situazione pre-laboratorio. Su questi argomenti mi piacerebbe sentire il vostro parere! Vorrei dire altre due cose . Per quello che riguarda le materie dei Laboratori io sono convinto che, se vogliamo perseguire, malgrado le difficoltà che abbiamo detto all’inizio, la centralità del progetto, dovremmo fare in modo che le materie che compongono l’insegnamento nel laboratorio, i docenti che ne fanno parte, non siano scelti casualmente, ma siano dei docenti che affrontino i tre aspetti della pratica del progetto, che sono: l’architettura, la costruzione, l’insegnamento della composizione. Se il Laboratorio vuole rafforzare la didattica del progetto dobbiamo mettere insieme queste cose e fare in modo che se lo studente deve imparare a disegnare lo faccia in un corso di disegno, se ha bisogno di imparare la storia dell’architettura contemporanea, lo faccia in un corso di storia dell’architettura... GIANLUIGI MAFFEI. Per rispondere alla domanda sulla didattica prima dei laboratori devo dire che non ho trovato molta differenza tra l’esperienza precedente, ormai più che decennale, e ciò che ho fatto. L’unica differenza, rispetto a tutte le voci sentite fino ad ora, è che io ho l’esperienza di un biennio: cioè di due laboratori uno al primo ed uno al secondo anno, con gli stessi studenti. E’ una cosa che abbiamo fatto solo in due, e che io reputo indispensabile. E’ una cosa che porto avanti da tanto tempo, anche a livello di corsi pre-laboratorio, in più bienni, un po’ quì, un po’ là, nell’arco della mia esperienza didattica. Come dicevo prima non c’è differenza, anzi per me c’è stato certamente un miglioramento: e le dieci ore settimanali originarie erano uno spazio in cui un buon prodotto si poteva anche pretendere dagli studenti. Alla fine, ovviamente, di un corso non solo del primo anno ma anche del secondo, perché ci debbono essere delle priorità di approccio, e di maturazione, che evidentemente è più facile ottenere in un biennio. Non c’è differenza, ripeto, perché non ho mai fatto - come nella scuola fiorentina è di moda - le revisioni individuali. Per me era una cosa che non esisteva: dividevo il mio tempo per le lezioni e le revisioni all’interno dell’orario di corso per cui si è praticamente mantenuta nel Laboratorio una stessa metodologia, salvo un miglioramento, perché il tempo della revisione non era più limitato ad un orario ristrettissimo, ma si estendeva ad un orario più ampio. Ora addirittura ho sentito che l’orario è stato ridotto per cui siamo veramente a giocare con le parole, continuiamo a dire che facciamo un servizio per tanti studenti, quando non abbiamo i docenti per coprire tutti i Laboratori ed i Moduli e continuiamo a fare -come giustamente diceva Berardi- i docenti di tutte le materie più strane. Va bene che gli architetti son bravi, ma mi sembra un po’ eccessivo. Riallacciandomi subito all’esperienza dei moduli devo dire che ho avuto in questa esperienza biennale quattro colleghi che hanno ben fatto, in quanto per mia fortuna ho avuto la possibilità di discutere e di affinare il contributo che il singolo docente doveva portare in laboratorio sia per quanto riguarda Tecniche della Rappresentazione, ,sia per quanto riguarda Teorie della Ricerca Architettonica Contemporanea al primo anno; ed anche per l’apporto del Dipartimento di costruzioni per il secondo anno. Ho avuto dei colleghi che hanno fatto immediatamente -dicendo il programma che portavo avanti- esattamente quello che era l’indispensabilità della parte costruttiva in modo veloce,tanto che i ragazzi si sono ritrovati, alla fine, con nozioni e conoscenze evidentemente maggiorate rispetto a quelle che anch’io avrei potuto dare

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all’interno dei laboratori. Il prodotto alla fine di questo biennio è stato ottimo. Gli studenti erano una novantina all’origine, alla fine del secondo sono stati 68; credo agli esami in cui avviene una normale perdita di studenti nel corso dei due anni. E devo dire che ci sono state difficoltà di continuità degli studenti, per cui sono avvenuti degli slittamenti; alcuni non li avevo più al secondo, ma ne ho avuto altri. Credo che alla fin fine ciò non abbia comportato questo gran disastro. E’ solo un carico maggiore, perché è ovvio che facendo il corso biennale uno pretenda alcune cose che lo studente non ha fatto al primo e che poi deve fare al secondo. E logicamente se ti arrivano al secondo un po’ di più di quelli che ti affidano devono poterlo frequentare. Anche qui una precisazione: il laboratorio è a mio giudizio un lavoro individuale, rigorosamente individuale e non individualistico perché sono due cose completamente diverse, in quanto noi abbiamo dei temi che sono uguali per tutti. Poi ciascuno li deve condurre personalmente e non in gruppo. Che fare? Per me il laboratorio dovrebbe continuare su questa strada migliorando, primo la questione dell’orario, secondo la questione logistica. Ho avuto la fortuna per questo biennio di avere un’aula in cui stavano tutti gli studenti e accanto la mia stanza dove tenevo tutti i materiali didattici. E’ in questa maniera che dovrebbe funzionare un laboratorio, in modo da avere uno scambio continuo. CARLO CANEPARI. Vorrei proporre una osservazione non ancora sollevata e che considero di un certo rilievo. Mi riferisco agli affidamenti dei ricercatori che stanno sostenendo quasi interamente l’esperienza dei Laboratori. In termini percentuali i laboratori nei primi due anni sono coperti al 70% da ricercatori (14), al 20% da professori associati (4) ed al 10% da professori ordinari (2). Nella scheda che è stata presentata in occasione di questo incontro, ci viene chiesto cosa pensiamo di questa esperienza, anche in relazione alla didattica tradizionale dei Corsi della Composizione Architettonica. Che cosa dire! Non è difficile immaginare che di fronte ad un giudizio negativo sull’esperienza del proprio Laboratorio, la questione potrebbe essere tradotta maliziosamente nei termini di una nostra difficoltà nei confronti di un lavoro a cui non siamo adeguati. D’altronde anche un giudizio positivo potrebbe essere interpretato come luogo comune, o frutto di incapacità all’esercizio dell’autocritica. E non si dica che questo è un problema psicologico di categoria. - Tante volte abbiamo sentito con i nostri orecchi, professori prendere durissime posizioni sugli affidamenti ai ricercatori sia in Consiglio di Dipartimento che in Consiglio di Facoltà. D’altronde la nostra posizione è realmente molto difficile, soggetta com’è ad una fiducia sotto condizione. Le parole dei miei colleghi a riguardo sembrano soffrire un pò di questo condizionamento. Più esplicite sono le dichiarazioni di alcuni professori di ruolo che, con grande disinvoltura, pubblicamente, affermano che l’esperienza del loro Laboratorio è stata un disastro; qualcuno annuncia addirittura che non vuole più ripetere l’esperienza. D’altronde a chi devono rendere conto? Scusate se l’ho presa un pò troppo lunga, ma a mio parere questa è una premessa necessaria anche se può apparire espressione di categoria. Allora come è andata l’esperienza del mio Laboratorio? Certamente confrontata con le esperienze sopraddette potrei dire anche molto bene! Se invece la confronto con le mie aspettative, allora devo confessare che non sono soddisfatto. Molte sono le ragioni ed alcune sono già state accennate da Roberto Berardi e da Gianni Cavallina, ad esse sinteticamente aggiungerei che per la desiderata e tanto decantata centralità del progetto dovrebbe essere attribuita all’affidatario la piena ed autentica responsabilità del Laboratorio a cominciare dalla partecipazione alle scelte di program-mazione didattica fino alla ricerca finalizzata dei moduli. Non mi pare sufficiente valutare i risultati senza mettere in discussione le scelte non partecipate o i condizionamenti imposti. Anche questa strategia non dichiarata di collocarlci esclusivamente ai primi anni e riservare ai professori di ruolo i corsi cosidetti “alti” che senso ha? E questa non è una domanda retorica, ma un vero e proprio invito a riflettere e discutere. In qualche altra Università succede l’esatto contrario per la convinzione che gli anni di vera formazione sono proprio i primi anni. Dopo una discussione su queste questioni, si potranno fare con maggiore lucidità le riflessioni sui contenuti e sui metodi didattici. Potremmo quindi discutere sul numero troppo alto degli studenti, della capacità delle aule e sull’insufficiente numero dei tavoli a disposizione. Potremmo riflettere sulla tradizionale didattica di gruppo, sulla lezione e sulla revisione così come si sono consolidate nella tradizione fiorentina e come si stanno di fatto modificando nell’espe-

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rienza di Laboratorio. Naturalmente fatte salve la libertà e l’ autonomia del docente, dovremmo cercare tutti i possibili coordinamenti sia in verticale che in orizzontale senza però appiattirci in uno schema troppo rigido che potrebbe riportarci indietro verso un modello di scuola superiore. Le quattro sezioni che si sono formate nel nostro Dipartimento sono tutte definite dall’unione di due parole di cui una, “Architettura”, comune a tutte; l’altra rispettivamente “città, contesto, disegno, innovazione”. Bene, si studi le città, il contesto, si pratichi il disegno e si ricerchi l’innovazione, ma si facciano progetti di architettura. Per una indiscutibile e definitiva centralità del progetto, nei Laboratori dovrebbe essere garantita, indipendentemente dalla tendenza culturale, una costante pratica del progetto. Anzi sostengo, anche l’opportunità di più progetti nell’arco di un solo anno accademico. CARLO CHIAPPI. In questa tavola rotonda ho colto un punto, in particolare, tra i tanti in discussione: si dice che, nei laboratori ogni docente ha un suo modo di lavorare; e, conseguentemente, viene da molti posta alla discussione la necessità di una maggiore libertà di opzione (da parte, soprattutto, del titolare del laboratorio) nella scelta dei colleghi modulisti così come nella scelta del contenuto disciplinare dei moduli. Vi dico però subito che, almeno per ora, non do grande credito a questo modo, o criterio, di impostare l’attività del laboratorio, perchè in contrasto con i presupposti generali che lo determinano. Mi sembra cioè, e credo di non sbagliare affermando questo, che il disegno posto all’origine di questa forma didattica sia quello di una ricomposizione degli insegnamenti intorno all’esperienza del progetto. Insieme di insegnamenti e attività che oggi vengono svolti in modo troppo frammentato e occasionale, e spesso anche ripetitivo, nei troppi corsi e nelle troppe esperienze. Credo invece in uno sforzo per trovare luoghi di lavoro comune tra le discipline, che semplifichino e rendano maggiormente fluida ed efficace l’azione didattica. E penso anche che questo sia un passaggio fondamentale per la nostra riorganizzazione; e che le opzioni che il titolare del laboratorio vorrebbe esercitare, solo a propria discrezione, facciano permanere uno stato di cose che, come sappiamo, sono all’origine dell’attuale frantumazione e inorganicità dell’insegnamento. Dietro la richiesta di libertà di insegnamento si nasconde il disequilibrio tra corsi paralleli; i quali, invece, operano con studenti dello stesso livello di preparazione. Questioni che investono, evidentemente, il coordinamento nei corsi; in senso verticale nell’ambito della progressione degli studi e in senso orizzontale per quanto riguarda l’omogeneità della preparazione degli studenti iscritti allo stesso anno. Cercare di risolvere questi problemi vuol dire, per quanto riguarda i laboratori, disegnare un’attività che non potrà lasciare libertà ed opzioni troppo ampie, se non nel perimetro individuato per ciascun anno di corso e in rapporto alle materie che caratterizzeranno l’area da questo determinata. Un ragionamento analogo riguarda un problema di cui stiamo discutendo in questo momento: lo sdoppiamento del corso di laurea o della stessa facoltà, per il quale, come ricorderete, tra i tanti aspetti trattati, c’è quello della specificità disciplinare più o meno ampia dei corsi, aventi però in ogni caso l’unicità del titolo in Architettura. La discussione è ancora molto articolata; in essa, però, mi sono sempre epresso in favore di una forte omogeneità degli sdoppiamenti. Se noi andremo verso una specificità disciplinare degli stessi, pur nell’unicità del titolo in Architettura, è molto probabile che i dubbi che qui stiamo esternando e discutendo nei confronti dei laboratori si riproporranno anche per i diversi corsi di laurea. E’ dunque un fatto che occorre seguire con grande prudenza e attenzione. Che il laboratorio poi soffra di disfunzioni e vischiosità pregresse, che insieme dobbiamo impegnarci a rimuovere, su questo siamo d’accordo. Probabilmente anche la rigidità che viene oggi attribuita al modo di lavorare nei laboratori potrebbe trovare gradi diversi di applicazione allorchè si tratti dei primi o degli ultimi anni. E’ chiaro a tutti che uno studente del primo anno dovrà disporre di una didattica abbastanza individuale e regolata, ma che, arrivando agli ultimi, potrà ridurre se non addirittura modificare profondamente; anche facendo ricorso alle esperienze di gruppo. Ma anche il monte ore annuo del laboratorio (quello obbligatorio) potrebbe essere diverso tra il primo e il quinto. Molti colleghi che ho sentito recentemente, nell’affrontare la questione del monitoraggio sull’uso delle aule (nel nostro Ateneo e in particolare nella nostra Facoltà) hanno affermato come già nei primi anni ci sia un’esigenza di maggior tempo per il progetto rispetto a quello assegnato, in quanto parecchi di loro non sono ancora riusciti a contenere tutto il lavoro necessario nell’ambito

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dell’orario assegnato. Già nei primi anni dunque nasce un’esigenza che travalica l’orario stesso del laboratorio: è questo un problema valido per tutti e per tutti gli anni, o solo per alcuni? Si tratta evidentemente di approfondire molte cose su cui non saprei dare per ora una risposta precisa. Tutto ciò, però, per concludere, mi sembra prefiguri uno scenario in cui questa richiesta di opzioni da parte dei docenti debba essere contenuta in una dimensione tale da poter coesistere con un disegno generale inequivocabilmente individuato. PAOLO IANNONE. Mi lego a quello che diceva Carlo Chiappi a proposito dell’omogeneità didattica dei laboratori. Per quanto riguarda, invece gli spazi, le ore, il sovraccarico degli studenti credo che sia inutile ripetere le considerazioni e le lagnanze già espresse da tutti. Il discorso sull’omogeneità mi sembra molto difficile da affrontare in poche parole perchè è legato alla personalità di ciascuno di noi con le sue basi culturali, gli orientamenti che ha dato alla propria attività, ai propri interessi, etc...; questo prefigura un’apporto sempre abbastanza personalizzato all’interno del laboratorio. Credo che sia importante, soprattutto ai primi anni, avere comunque un indirizzo comune all’interno dei vari laboratori, ma per avere questo ognuno di noi dovrebbe spogliarsi, in parte, di certi personalismi culturali e didattici che alla lunga condizionano gli studenti. Questo argomento mi è caro: è diventato un tema di discussione all’interno del laboratorio sulla personalità del docente e sulla conseguente caratterizzazione della didattica. Io credo che ai primi anni questa caratterizzazione debba essere proposta in modo soft, in modo da non costringere gli studenti, come avviene in certi laboratori, a pensarla in un certo modo. Ho le mie idee, come tutti, e certi campi li escludo dai miei interessi, però sono abbastanza aperto ed in questo senso ho trovato un buon riscontro negli studenti: i linguaggi che vengono fuori dagli elaborati prodotti a livello di esame sono abbastanza diversificati. Non c’è una preclusione per un linguaggio o per una corrente culturale. Sul numero degli allievi credo che debba essere intorno a 50. C’è qualcuno che riesce ad organizzare il corso con 120, 130 persone. Ho sentito parlare di seminario. Se ci sono due seminari, si può anche accettare un numero che va oltre i 50, ma un seminario per essere ben condotto ha bisogno di un numero limitato di persone, altrimenti è solamente velleità. Per quanto riguarda invece i modulisti, io mi sono trovato, l’anno scorso, a disagio per un modulo; l’altro lo faceva Giacomo Tempesta, era di carattere generale, e serviva a qualcosa. L’apporto dei docenti è stato molto frettoloso per carenze organizzative, hanno fatto quello che hanno potuto. Quest’anno è andato molto meglio, ma perché? Perché c’è stato l’apporto di un modulista che, pur essendo aperto a varie problematiche, è legato in parte a quello che faccio io, abbiamo le stesse vedute. Ha ragione Carlo Chiappi, il modulista non deve essere la clonazione del docente, anzi il Laboratorio deve avere questo scambio tra docenti che la pensino non in maniera perfettamente identica; però non bisogna esagerare, altrimenti è lo studente che ne paga le conseguenze. In sintesi, omogeneità sì, però messa a dura prova da una bella discussione che dobbiamo fare, perché ci dobbiamo dire in faccia le cose. Non sono d’accordo di dire Omogeneità come programma e poi alla fine non cambia niente. Per concludere: il discorso dei 50 allievi è indispensabile; non vi parlo poi dei locali, perché nell’aula 9 a Santa Verdiana non riesco a far disegnare gli studenti e allora faccio fare schizzi e discussioni intorno agli schizzi; i tavoli sono ridotti in condizioni pietose,mancano gli sgabelli... Prefiguro una organizzazione come in America, dove ogni studente abbia spazi e tempi didattici sufficienti.

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P R O G E T T A Z I O N E

A R C H I T E T T O N I C A

Testo presentato dalla UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTÀ DI ARCHITETTURA alla “Conferenza Nazionale dei Presidi” tenutasi a Genova il 22-24.01.1997 RIFLESSIONI SULL’ESPERIENZA DI ATTUAZIONE NUOVO ORDINAMENTO DIDATTICO PRESSO LA FACOLTÀ’ DI ARCHITETTURA DI FIRENZE Lo stato di attuazione del Nuovo Ordinamento Nell’attuazione del Nuovo Ordinamento didattico la Facoltà di Architettura di Firenze ha recepito il carattere di sperimentalità dello stesso operando dei processi revisionali che dal 1994/95 –anno di prima applicazione– hanno consentito un progressivo affinamento del percorso formativo, nel rispetto di alcuni principi assunti come fortemente connotanti la sede fiorentina. Unanimemente condivisa fino ad oggi è stata la scelta di dar luogo al solo corso di Laurea in Architettura, considerando l’unicità del titolo fattore di marcata caratterizzazione di una professionalità ad ampio spettro di operatività e di maggiore efficacia formativa rispetto a percorsi di indirizzo ed orientamento specialistico. Nello Statuto, al fine di ampliare al massimo la possibilità di aggiornamento annuale del manifesto di studi ufficiale del Corso di Laurea, sono state riportate le denominazioni di tutti gli insegnamenti previsti nell’art. 4 della Tabella XXX, come attivabili presso la Facoltà, con l’intento di favorire, in tal modo, l’attuazione di una gestione dinamica della multidisciplinarietà del processo formativo. In realtà c’è però da registrare che, in entrambi i cicli attivati, ad eccezione che per le discipline dell’area 5 –strutturate secondo la logica dei corsi di insegnamento integrati– e dei due corsi aggiunti di cui alle successive precisazioni, tutte le altre discipline sono state interpretate come corsi monodisciplinari, anche per effetto della esigua disponibilità di personale docente. Rispetto al monte ore minimo di 1740 ore previsto dall’Ordinamento per la formazione di base del 1° ciclo, la Facoltà ha ritenuto di dover operare una integrazione di 240 ore per collocare –al primo anno– un Corso integrato di Degrado e Diagnostica dei materiali nell’edilizia storica (120h) e al secondo anno un Corso Integrato di Fondamenti dell’Urbanistica (120h), portando così le annualità ad un monte ore complessivo di 960h. Aggiornamenti progressivi hanno consentito di distribuire le 15 annualità del 1° ciclo passando da una prima ipotesi che prevedeva –al primo anno– 6 annualità più 3 semiannualità e – al secondo– 6 annualità più 5 semiannualità ad una situazione attuale che prevede invece 7 annualità al 1° anno e 7 annualità più 2 semiannualità al 2° anno: ciò al fine di ridurre –nei limiti del possibile– il numero dei corsi da frequentare e degli esami di profitto da sostenersi da parte dello studente (da 19 a 16). Per la formazione scientifico tecnica del 2° ciclo sono state confermate le 1860 ore previste dall’ordinamento, articolate secondo 13 annualità. Modifiche progressive sono state apportate nei tre anni anche alle condizioni indispensabili per passare dal 1° al 2° ciclo. Rispetto all’iniziale vincolo di necessario superamento di almeno 10 annualità, con otto delle stesse bloccate, si è passati ad una più gestibile ipotesi di 8 annualità con 4 delle stesse bloccate: correttivo questo che ha consentito di evitare un blocco che avrebbe altrimenti compromesso una razionale programmabilità e gestibilità dell’intero percorso didattico. A fronte di tale alleggerimento sono state però notevolmente incrementate le propedeuticità se pur con vincoli di incontestabile conseguenzialità. Per quel che concerne invece la regolamentazione degli accessi, nessuna specifica valuta-

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zione è stato possibile operare rispetto ai parametri espressi dal Nuovo Ordinamento: strutture e risorse disponibili, previsioni del mercato del lavoro, standards europei. La rigorosa assunzione di tali riferimenti avrebbe comportato un drastico dimezzamento del numero di iscritti al 1° anno che, se teoricamente limitati a 750 unità, si è in realtà avvicinato alle 1100 unità/anno. Di conseguenza i corsi monodisciplinari ed integrati sono stati quantificati con un rapporto docente/studenti 1:200 e i laboratori di 1:100. Dalle rilevazioni operate dai singoli docenti è emerso che, in entrambi i casi, la frequenza interessa il 75/80% dei teorici iscritti. Bilancio sulla sperimentazione del 1° ciclo A conclusione del primo ciclo di attuazione del Nuovo Ordinamento didattico, la Facoltà di Architettura di Firenze ha inteso operare un primo bilancio del nuovo modello formativo posto in essere, sia per individuare gli aspetti maggiormente responsabili delle disfunzionalità rilevate dal Corpo docente e dagli studenti nei primi due anni di sperimentazione didattica, sia per introdurre correttivi atti a migliorare la struttura, i contenuti e la logistica del modello organizzativo sotteso dalle indicazioni del D.P.R.. Ciò nella consapevolezza di dover prefigurare un progetto formativo che fosse congruente con la prevedibile futura evoluzione della domanda di mercato e, conseguentemente, con i profili professionali oggi ipotizzabili per gli anni a venire. In tale circostanza sono state raccolte e sistematizzate le osservazioni dei diversi organi e delle diverse rappresentanze di Facoltà per un successivo approfondimento che ha avuto luogo nella “Conferenza di Facoltà” e dal quale sono scaturite precise indicazioni da trasferire agli Organi di governo locale e a quelli di coordinamento nazionale per meglio orientare le determinazioni da assumersi nella prevista revisione del Nuovo Ordinamento. L’ordine dei problemi affrontati e discussi ha riguardato sostanzialmente: • la verifica di reale efficacia dei principi informatori espressi nel N.O.; • le condizioni di effettiva applicabilità delle prescrizioni in esso contenute. In merito al primo aspetto la Facoltà ha innanzitutto cercato di comprendere e valutare criticamente come fossero stati recepiti i principi della Direttiva Comunitaria nella formulazione del Nuovo Ordinamento, quale tipo di “progetto formativo” scaturisse dalla applicazione del N.O. in relazione alla complessa fenomenologia del mercato del lavoro e quali effettive corrispondenze esistessero tra “progetto formativo” sotteso dal N.O. e percorsi didattici realistici delineabili nella realtà della Facoltà di Firenze. Assumendo come riferimento gli 11 punti della D.C. 85/384 CEE e le successive “Raccomandazioni emanate dal Comitato Consultivo per la formazione nel campo dell’Architettura” si è cercato di valutare “quanto” fosse stato realmente recepito delle indicazioni maggiormente pregnanti ed innovative sollecitate dalla Direttiva ed in particolare: • dell’indispensabile “equilibrio tra aspetti teorici e pratici dell’insegnamento ovvero tra conoscenza e capacità”; • della necessità di una “formazione pratica” intesa come modello strutturato di insegnamento connotato dall’applicazione di conoscenze teoriche a situazioni concrete e dalla realizzazione pratica del processo progettuale; • del “ruolo formativo dell’esercizio del progetto con spazio temporale pari a circa metà dell’intera durata degli studi”; • dell’integrazione disciplinare –prefigurata dai laboratori– da intendersi come simulazione dell’interazione che deve avvenire tra i diversi campi del sapere in modo da potenziare le capacità analitiche e sintetiche dello studente. Da una prima valutazione operata su detti aspetti emerge sostanzialmente che il recupero di “centralità del progetto” realizzabile con l’attuazione di un processo formativo connotato dalla marcata interdisciplinarietà dei modelli didattici è molto lento per effetto di scarsa sinergia tra ambiti disciplinari diversi, per ridotta finalizzazione delle conoscenze teoriche nei riguardi del progetto e per il permanere di un carattere di “astrattezza” in numerosi contenuti dei programmi didattici. Se il N.O. tende a perseguire i suoi obiettivi formativi modificando non solo i “contenuti” degli insegnamenti (che vanno comunque attualizzati) ma soprattutto i “metodi” didattici che beneficeranno di un accesso sempre più generalizzato alla “informazione”, permane invece, nel modello posto in essere, un radicamento spinto alla frantumazione disciplinare. Una mancanza di chiarezza sugli ambiti disciplinari, sulle finalità e sulle relative pertinenze provoca ingiustificata sovrapposizione di contenuti in casi diversi con ridotta efficacia del consistente numero di esami che lo studente è chiamato a superare. Gli stessi laboratori, luogo concettuale per eccellenza della interazione multidisciplinare, sono spesso configurati con discipline dello stesso ambito, con presunte autosufficienze progettuali e con apporti complementari a volte scarsamente finalizzati alla elaborazione progettuale. I Piani di studio che dovrebbero tutelare la libera scelta dello studente in un percorso programmato in termini di finalità, per forza di cose diventano estremamente rigidi con scarsa autonomia decisionale sulla configurabilità del percorso formativo, sulla progressione degli esami e, più che altro, sull’esigenza di spettro dell’offerta didattica che diventa tale solo nell’ultimo ciclo. Il rischio cui si va incontro è quello di una uniformità culturale che tende ad annullare la valorizzazione delle progressioni e degli interessi soggettivi degli studenti. L’eccessivo carico didattico –in termini di orario– preclude poi allo studente la possibilità di svolgere attività integrative fondamentali per una formazione culturale aperta e critica. Quanto poi alla verifica di congruità del progetto formativo rispetto alla domanda di mer-

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cato non sembrano esserci dubbi sulla necessità di strutturare un processo formativo strategico che garantisca la acquisizione di capacità critica, competenza costruttiva e flessibile, conoscenza ad ampio spettro tale da consentire successivi livelli di specializzazione professionalizzata nel quadro di un modello di formazione continua. La mancanza di dati significativi di mercato del lavoro cui far riferimento, la difficoltà di costruire modelli previsionali attendibili, il carattere di turbolenza delle trasformazioni in atto e la loro non assoggettabilità a principi di sviluppo lineare che ne rendono pressoché impraticabile la programmabilità spingono a prefigurare differenti linee alternative di mutazione del settore a cui tutti adeguare i percorsi formativi. In un sistema così strutturato, a livelli progressivi di professionalizzazione, si impongono azioni normative e legislative tese a definire ruoli, competenze e professionalità diversamente precisate e distinte, con effettivi riconoscimenti della specificità del ruolo, al fine di evitare il rischio di formare architetti di serie A, di serie B e di serie C. Così come si impone l’esigenza di garantire la raggiungibilità del titolo in 5 anni. Se si sposta poi l’attenzione sulla congruità tra prescrizioni di Ordinamento e requisiti necessari per una loro pratica attuazione si rileva la consueta situazione di controsenso e di paradosso tipicamente italiano. Ad una puramente teorica indicazione di standards quantitativi (rapporto numerico tra docenti e studenti) e qualitativi (disponibilità di spazi e di attrezzature) fanno riscontro carenze che rendono del tutto inattuabili principi informatori del Nuovo Ordinamento, con disagio diffuso negli studenti per la condizione di miseria culturale e strutturale che sono costretti a subire. La frequenza alle discipline monodisciplinari del 1° ciclo è scarsissima così come pochi sono gli esami sostenuti al primo anno di corso: media di circa 3 esami. Di conseguenza l’obiettivo primario ampiamente condiviso di consentire il completamento degli studi in 5 anni rischia di tradursi in ulteriore incremento dei “fuori corso”. Indicazioni per la Conferenza dei presidi e proposte di revisione del N.O. Le indicazioni che la Facoltà ha inteso far proprie e trasferire alla Conferenza dei Presidi, alla luce delle disfunzionalità finora riscontrate sia per la contingente situazione di carenza di risorse e di strutture, sia per la dinamica evolutiva cui è soggetto il sistema della regolamentazione degli accessi e la domanda di mercato, possono essere sintetizzate nei punti che seguono: • Necessità di progressiva riduzione del carico didattico da perseguirsi mediante il contenimento delle lezioni ex cathedra in 60 ore e mediante utilizzazione delle ulteriori 60 ore di ciascuna annualità (per corsi monodisciplinari ed integrati) per esercitazioni, attività guidate, visite tecniche, correzione e discussione degli elaborati, revisioni. Per i laboratori, le previste 180 ore di Ordinamento vanno riferite alle ore di presenza dei docenti che concorrono a detta attività, con ravvisata necessità di strutturare l’orario con sovrapposizione delle ore (120) del modulo caratterizzante rispetto alle restanti 60 ore: ciò anche –e principalmente– al fine di garantire una effettiva integrazione dei contributi mediante obbligata compresenza dei docenti. • Regolamentazione del passaggio dal 1° al 2° ciclo mediante imposizione di superamento dei tre laboratori, e di un minimo di 8 annualità con rigoroso rispetto delle propedeuticità individuate quali “fisiologiche” per una efficace progressione delle conoscenze e delle capacità progettuali. • Sollecitare tutte le possibili azioni di revisione ordinamentale per attuare una consistente riduzione del “monte ore” complessivo e del numero di esami da sostenersi da parte degli studenti. • Orientarsi verso una progressiva liberalizzazione delle scelte relative alla obbligatorietà delle annualità da superare per il passaggio dal primo al secondo ciclo. • Incrementare l’autonomia decisionale delle singole sedi per consentire di porre in atto una programmazione didattica che rifletta le specificità culturali e territoriali della sede, pur salvaguardando l’equipollenza del titolo di studio tramite un pacchetto di obbligatorietà minima, comune a livello nazionale. • Sistematizzare l’impiego di strumenti e metodi per verificare la congruità dei contenuti disciplinari in orizzontale e la coerenza dei curricola in senso verticale, recependo le Raccomandazioni del Comitato Consultivo CEE sulle valutazioni di efficacia dei programmi e della didattica. • Riaffermare la scelta di fondo della Facoltà sull’unicità del Corso di Laurea connotato dalla “centralità del progetto” in senso esteso per soddisfare una pluralità di campi problematici e professionali. Nel rispetto di tale principio si propone lo sdoppiamento dell’unico Corso di Laurea in più corsi paralleli caratterizzati da una formazione unitaria che preveda esiti orientati mediante la caratterizzazione e la combinazione multidisciplinare dei Laboratori e dei corsi integrati e mediante utilizzazione differenziata dei moduli che concorrono alla formazione delle 600 ore libere di collocazione. Per quel che concerne l’attivazione di corsi di Diplomi di Laurea e di Scuola di specializzazione, pur avendo la Facoltà iniziato un rapporto con la Facoltà di Ingegneria per l’istituzione di alcuni corsi sperimentali, ritiene che non siano state ancora esaustivamente chiarite le diversità di ruoli, le pertinenze di sbocchi professionali ed i conseguenti profili dei tre livelli, generando così confusioni ed equivoci interpretativi che rischiano di ritorcersi sulle effettive potenzialità occupazionali. Si sollecitano pertanto dei chiarimenti nelle sedi idonee e delle azioni normative e legislative che possano favorire un più orientato, preciso e pertinente rapporto con il mondo del lavoro. (Romano Del Nord)

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Allegato al Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e tecnologica, del 24 febbraio 1993, pubblicato sulla G.U. del 02.07.93. Modificazioni all’ordinamento didattico universitario relativamente ai corsi di laurea in disegno industriale e in architettura. TABELLA XXX ART.1 CORSI DI LAUREA La tabella XXX concernente l’ordinamento didattico delle Facoltà di architettura comprende i seguenti Corsi di Laurea: Corso di Laurea in Architettura, Corso di Laurea in Disegno Industriale. Detti Corsi di Laurea rilasciano rispettivamente i titoli di: Dottore in Architettura, Dottore in disegno Industriale. Il solo Corso di Laurea in Architettura, strutturato in base alla direttiva C.E.E. 85/384, consente l’accesso all’esercizio della professione di architetto, e deve essere attivato in tutte le Facoltà. ART. 2 CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA 1. Accesso al Corso di Laurea in Architettura - Costituiscono titoli di ammissione al Corso di Laurea in Architettura quelli previsti dalle vigenti disposizioni di legge. - Il numero degli iscritti per il primo anno del Corso di Laurea in Architettura sarà stabilito annualmente dal Senato accademico su proposta delle Facoltà motivata sulla base delle strutture e delle risorse disponibili, delle previsioni del mercato del lavoro, degli standards europei e secondo i criteri generali fissati dal Ministro dell’università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ai sensi dell’art. 9, comma 4 della Legge n.341/90; tenendo altresì conto, in applicazione dell’art. 9, comma a) della Legge n.341/90, di quanto stabilito dalla direttiva C.E.E. 85/348 sulla formazione dello svolgimento delle attività esercitate abitualmente con il titolo professionale di architetto e dalla successiva raccomandazione del comitato consultivo C.E.E. n.3 del 1314 marzo 1990. - il Consiglio della Facoltà stabilisce i criteri di valutazione per l’ammissione dei candidati. 2. Organizzazione della didattica - L’attività didattica è organizzata sulla base di annualità, costituita da corsi ufficiali di insegnamento monodisciplinari od integrati. - Il corso di insegnamento integrato è costituito come un corso di insegnamento monodisciplinare, ma le lezioni sono svolte in moduli coordinati di almeno trenta ore ciascuno e svolti da due, o al più da tre, professori ufficiali che faranno parte della commissione di esame. L’integrazione può riguardare sia la stessa area disciplinare, che aree disciplinari differenti. - L’attività didattica del Corso di Laurea in Architettura si articola in una parte formativa orientata all’apprendimento e alla conoscenza di teorie, metodi e discipline; ed in una parte teorico-pratica orientata all’apprendimento e all’esercizio del “saper fare” nel campo delle attività strumentali o specifiche della professione. - Per lo svolgimento dell’attività teorico-pratica (comprensiva di esercitazioni, attività guidate, visite tecniche, prove di accertamento, correzione e discussione di elaborati, ecc.) nella Facoltà vengo-

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no istituiti dei Laboratori, sotto la responsabilità di un docente di ruolo, professore ufficiale della disciplina caratterizzante il laboratorio medesimo: essi sono strutture didattiche che hanno per fine la conoscenza, la cultura, la pratica e l’esercizio del progetto. Gli studenti ne hanno l’obbligo di frequenza, che è accertata dal docente responsabile del laboratorio. - L’attività del laboratorio si conclude con una prova d’esame, ad eccezione del laboratorio finale prelaurea, come di seguito specificato. - Per assicurare una idonea assistenza didattica, anche secondo quanto previsto dalla raccomandazione C.E.E., di cui al punto 1. comma 2., nei laboratori dovrà essere assicurato un rapporto personalizzato tra discenti e docente tale da consentire il controllo individuale della pratica del progetto; pertanto non potranno essere ammessi più di 50 allievi per ogni laboratorio. Tali Laboratori sono: Laboratorio di progettazione architettonica. Laboratorio di costruzione dell’architettura. Laboratorio di progettazione urbanistica. Laboratorio di restauro dei monumenti. Laboratorio di sintesi finale. - Ogni laboratorio è caratterizzato da una specifica disciplina presa nelle aree disciplinari che definiscono i laboratori medesimi come stabilito dal comma 7 e nel comma 8, ad essa sono assegnate 120 delle 180 ore complessive, mentre le altre 60 ore, al fine di garantire il carattere interdisciplinare del laboratorio, saranno utilizzate da insegnamenti di altre aree disciplinari; in caso di particolari esigenze didattiche potranno essere utilizzate con contributi offerti anche dal settore disciplinare caratterizzante il laboratorio. - Nel laboratorio di sintesi finale lo studente è guidato, in accordo al proprio piano di studi, attraverso l’apporto di più discipline alla matura e completa preparazione di un progetto nei diversi campi dell’applicazione professionale. - I laboratori di sintesi finale vengono istituiti dal Consiglio di Facoltà, sentito il Consiglio di Corso di Laurea, che ne definisce la correlazione con la Tesi di Laurea. - Il laboratorio di sintesi finale non prevede un esame di profitto ma rilascia una ammissione all’esame di laurea certificata dai docenti che hanno condotto il laboratorio frequentato dallo studente. - Alcuni segmenti dell’attività didattica pratica potranno essere svolti anche presso qualificate strutture degli istituti di ricerca scientifica nonché dei reparti di ricerca e sviluppo di enti ed imprese pubbliche o private operanti nel settore dell’architettura, dell’ingegneria civile e dell’urbanistica, previa stipula di apposite convenzioni che possono prevedere l’utilizzazione di esperti appartenenti a tali strutture ed istituti, per attività didattiche speciali (corsi intensivi, seminari, stages). 3. Durata degli studi e articolazione dei curricula - La durata del Corso di Laurea in Architettura è fissata in cinque anni, per un monte di almeno 4500 ore, articolate in tre cicli orientati rispettivamente: I: alla formazione base; II: alla formazione scientifico-tecnica e professionale; III: al compimento degli studi in vista di specifici approndimenti testimoniati dall’esame di laurea. - Ciascun anno di corso è suddiviso in periodi didattici in modo da comprendere almeno ventotto settimane di attività didattica. - Al fine di consentire una articolazione dell’attività didattica attraverso corsi monodisciplinari e corsi integrati, gli insegnamenti possono strutturarsi

in moduli didattici corrispondenti a frazioni di annualità. Pertanto gli esami di profitto previsti possono essere sostenuti su: *corsi di insegnamento monodisciplinari annuali (costituiti da almeno 120 ore di attività didattiche); *corsi di insegnamento monodisciplinari corrispondenti a mezza annualità (costituiti da almeno 60 ore di attività didattica) da quotarsi in crediti didattici (se vengono corrispondentemente attivati coerenti moduli della stessa area, che completino l’annualità) oppure da quotarsi direttamente in voti d’esame; *corsi di insegnamento integrati, formati dal coordinato apporto di più moduli didattici, che sommati possono corrispondere a una annualità (120 ore), o a mezza annualità (60 ore) da quotarsi in crediti didattici; *laboratori (costituiti da 180 ore di attività didattiche). - L’impegno globale in ore è così suddiviso: I ciclo: non meno di 1740 ore, di cui non meno di 540 sono destinate ai laboratori (secondo quanto indicato nel comma 7). II ciclo: non meno di 1860 ore, di cui non meno di 900 ore destinate ai laboratori (secondo quanto indicato nel comma 7). III ciclo: non meno di 300 ore, di cui non meno di 180 sono destinate al Laboratorio finale pre-laurea (secondo quanto indicato dal comma 7). - Le Facoltà, al fine di orientare lo studente nella scelta del Laboratorio finale pre-laurea predispongono piani di studio diversificati, attribuendo al II e III ciclo le rimanenti 600 ore (corrispondenti a 5 annualità comunque composte) necessarie a raggiungere il monte ore minimo complessivo. - A titolo esemplificativo tali ore sono collocate nel prospetto descritto al comma 7 tutte al III ciclo. - Nel I ciclo sia i corsi monodisciplinari e/o integrati che i contributi didattici dei laboratori sono uguali per tutti gli studenti. - Su delibera del Consiglio di Corso di Laurea le attività didattiche di cui all’ultimo comma dell’art. 2, sono quotate in crediti fino alla concorrenza massima di una annualità. - Nell’ambito dei vincoli orari e degli obiettivi propri dei cicli imposti dal presente ordinamento, le Facoltà potranno apportare variazioni rispetto a quanto indicato nel comma 7 circa la collocazione nel I o nel II ciclo di talune attività didattiche, ivi comprese quelle dei laboratori. - Durante il I ciclo, lo studente dovrà dimostrare la conoscenza della lingua inglese, attestata dal superamento di una prova di accertamento secondo modalità stabilite dalla facoltà. 4. Ammissione all’esame di laurea - Per essere ammesso a sostenere l’esame di laurea lo studente dovrà: a) avere seguito con esito positivo almeno 32 annualità, secondo le modalità richiamate al comma 3 del precedente punto 3, per un totale di almeno 4500 ore di attività didattica complessiva ; b) aver ricevuto la certificazione di ammissione all’esame di laurea rilasciata da uno dei laboratori di sintesi finale. - L’esame di laurea consiste: 1) nella discussione del lavoro predisposto nel laboratorio di sintesi finale; 2) nella discussione di una tesi elaborata sotto la guida di un docente relatore. Tale tesi può avere carattere progettuale o teorico-sperimentale. 5. Statuto delle Facoltà di Architettura -Gli statuti didattici o i regolamenti didattici di Ateneo indicano le denominazioni degli insegnamenti


attivabili, rispetto all’elenco delle discipline presenti nei settori scientifico-disciplinari che compongono l’intero quadro di riferimento del presente ordinamento; - Per il passaggio dal I al II ciclo, e dal II al III ciclo gli statuti o i regolamenti didattici di Ateneo delle facoltà indicheranno quali e quante annualità lo studente deve aver superato. Tal numero non potrà essere inferiore a due terzi delle annualità del ciclo, e comunque l’iscrizione al terzo ciclo comporta il superamento di tutte le annualità del I ciclo. 6. Manifesto degli studi - All’atto della predisposizione del manifesto annuale degli studi il Consiglio di Facoltà, su proposta del Consiglio di Corso di Laurea in Architettura definisce il piano di studi ufficiale del corso di Laurea comprendente le denominazioni degli insegnamenti da attivare, in accordo al secondo comma dell’art. 11 della legge 341/90. - In particolare il Consiglio di Facoltà: a) delibera in merito al numero dei posti a disposizione degli iscritti al 1° anno, secondo quanto previsto dal precedente al secondo comma del punto 1, e stabilisce i criteri per le prove di ammissione; b) stabilisce i corsi ufficiali di insegnamento (monodisciplinari od integrati) che costituiscono le singole annualità, nel rispetto dei vincoli fissati dal presente ordinamento; c) definisce l’articolazione dei moduli didattici coordinati dei corsi monodisciplinari, dei corsi inte-

grati e delle loro corrispondenze a frazioni di annualità o di annualità piene; e fissa di concerto con gli organi di governo dell’Università o degli Istituti Universitari, il termine entro il quale lo studente deve presentare il piano di studio prescelto; d) ripartisce il monte-ore di ciascuna area fra le annualità che vi afferiscono, precisando per ogni corso la frazione destinata alle attività teorico-pratiche; e) fissa la frazione temporale delle discipline afferenti ad una medesima annualità integrata; f) istituisce i laboratori di sintesi finale offerti dalle Facoltà e stabilisce i criteri di una loro correlazione con la scelta della tesi di laurea da parte dello studente; g) in merito alle propedeuticità e al numero delle annualità di cui lo studente dovrà avere ottenuto l’attestazione di frequenza e superato il relativo esame al fine di ottenere l’iscrizione all’anno di corso successivo; h) in merito alle discipline attraverso le quali viene sviluppato il corso di laurea, rispettando il contenuto del comma 7 e del comma 8; i) in merito all’organizzazione dei corsi monodisciplinari e/o integrati, nonché dei laboratori, secondo percorsi didattici coerenti di cui vengono formalizzati i criteri di impostazione e le finalità formative, purché nel rispetto dei vincoli fissati dal presente ordinamento. Per quanto riguarda il monte delle ore attribuite, il manifesto degli studi definisce univocamente quante e quali ore sono dedicate ai corsi

monodisciplinari, quanti e quali ore sono dedicate ai corsi integrati e quante e quali ore a ciascun modulo; inoltre deve specificare pure univocamente, la titolazione di ogni corso o modulo. 7. Prospetto concernente la ripartizione del monte ore 8. Struttura dei laboratori e contenuti delle aree disciplinari L’organizzazione della didattica per la formazione dell’Architetto si articola in tre cicli: i primi due finalizzati rispettivamente alla formazione di base e a quella scientifico-tecnica e professionale; il terzo al compimento degli studi in vista di specifici approfondimenti. - I ciclo: formazione di base (monte ore minimo: 1740). E’ dedicato alla formazione di base alla cui conclusione lo studente deve dimostrare attraverso le verifiche di profitto di avere appreso gli elementi fondamentali della logica dell’architettura, della sua costruzione, della Storia dei componenti essenziali dello spazio dell’architettura nonché le tecniche fondamentali della rappresentazione dell’architettura e le discipline propedeutiche al controllo tecnico del progetto. Deve saper pervenire ad una prima sintesi di progetto nei suoi aspetti estetici, tecnici e funzionali.

60

240

60

180

120

120

60

180

120

Laboratorio di Costruzione dell’Architettura

120

60

180

Corsi Monodisciplinari e/o integrati

960

Laboratorio di Progettazione Architettonica

120

Laboratorio di Progettazione Architettonica

Laboratorio di Progettazione Architettonica

120

Laboratorio di Progettazione Architettonica

ore

120

120

60

ore

ore

XI

ore

ore

ore

240

240

120

Numero Esami

X

Rappresentazione dell’Architettura

Progettazione Urbanistica e Pianificazione

Discipline Estimative per l’Architettura e

Discipline Fisico Tecniche

ore

IX

13

120

960

60

60

180

120

120

60

180

120

Laboratorio di Costruzione dell’Architettura

120

60

180

Laboratorio di Restauro Architettonico

120

60

180

Laboratorio di Urbanistica

120

60

180

Corsi Monodisciplinari e/o integrati

120

600

720

180

180

4500

TOTALE

1260

4500

II Ciclo/1860

ore

VIII

Scienze Matematiche per

1200

1200

ore

AREE DISCIPLINARI V VI VII

Discipline Sociali Economiche e

ore

IV

Discipline Tecnologiche per

Discipline Storiche per

ore Corsi Monodisciplinari e/o integrati

III

Analisi e Progettazione Strutturale

II

Teorie e Tecniche per il Restauro della

I Progettazione Architettonica e

Totale

da

Attribuito

Monte ore FORME DI DIDATTICA

III Ciclo/900

I Ciclo/1740

Cicli e Monte ore

Prospetto ripartizione monte ore

120

60

120

120

120

60

180

120

13 120 120 120 120 6

Laboratorio finale pre-laurea

3240

600

360

180

360

360

180

120

300

180

240

360

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- II ciclo: formazione scientifico-tecnica e professionale (monte ore minimo: 1860) Alla fine del secondo ciclo lo studente deve dimostrare attraverso le verifiche di profitto di essere in grado di pervenire a sintesi progettuali esecutive nei campi della progettazione architettonica e urbanistica, della costruzione dell’architettura, del restauro dei monumenti. - III ciclo: specifici approfondimenti tematici e disciplinari ed esame di laurea (monte ore minimo: 900 ore) LABORATORI: I CICLO Laboratori di Progettazione architettonica: 360 ore disciplina caratterizzante: dal Settore H10A Laboratorio di Costruzione dell’architettura: 180 ore disciplina caratterizzante: dai Settori H09A - H09B - H07A - H07B II CICLO Laboratori di Progettazione architettonica: 360 ore disciplina caratterizzante: dai Settori H10A - H10B Laboratorio di restauro dei monumenti: 180 ore disciplina caratterizzante: dal Settore H13X Laboratorio di Costruzione dell’architettura: 180 ore disciplina caratterizzante: dai Settori H09A - H09B - H07A - H07B Laboratorio di Urbanistica: 180 ore disciplina caratterizzante: dal Settore H14B III CICLO Laboratorio di Sintesi finale: Caratterizzato da discipline scelte all’interno delle Aree dal n° I al n° XI su decisione della Facoltà. AREE DISCIPLINARI: N.B. Dai settori scientifico-disciplinari richiamati in ognuna delle Aree elencate, possono essere attivate le sole discipline dell’Art. 4 del presente Ordinamento. Alla luce degli orientamenti culturali attuali e senza pregiudizio per la dinamica di sviluppo delle discipline afferenti alle aree, si esprime la seguente formulazione dei contenuti disciplinari ritenuti necessari a comporre l’insieme del quadro formativo: Area 1 PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA E URBANA Ore 600 Settori scientifico disciplinari: H10A+H10B+H10C L’area raccoglie le discipline che contribuiscono alla definizione del progetto architettonico e urbano: qui la cultura progettuale riflette su se stessa, sui suoi strumenti e metodi, sulla sua tradizione disciplinare, sulla sua dimensione conoscitiva sia generale che tematico-specifica, sulla propria applicazione allo spazio fisico e sulla propria capacità di trasformarlo. L’offerta didattica dei suoi settori scientifico-disciplinari è relativa a : - ”Composizione architettonica e urbana” (H10A):

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qui sono raccolte le discipline del progetto architettonico propriamente detto, il cui campo di indagine e applicazione si estende dal dettaglio alla dimensione urbana. Esse si articolano, in base alla loro natura, in: discipline compositive, attente cioè alla logica (tettonica, distributiva, formale) con cui l’organismo architettonico si definisce nei suoi elementi e parti componenti, e si relaziona con altri organismi architettonici all’interno del contesto di appartenenza; discipline progettuali, attente cioè alla risoluzione di specifiche tematiche progettuali, ovvero alla progettazione di edifici specialistici che richiedano particolari approfondimenti e rapporti integrati con altre discipline; discipline analitico-strumentali, attente cioè allo studio dei caratteri distributivi, tipologici e morfologico-stilistici dell’architettura e della città; in discipline metodologico-teoriche, attente cioè allo studio delle teorie progettuali e alle principali tendenze teorico-operative della progettazione contemporanea. - ”Architettura del paesaggio e del territorio” (H10B): raccoglie quelle discipline caratterizzate sia in senso fondativo che applicato, dall’interesse intorno all’estetica del territorio e dell’ambiente costruito, e dal ruolo che l’architettura deve svolgere nel risanamento del degrado territoriale e ambientale, superando i metodi meramente tecnistici ed economistici dell’impatto ambientale e della pura dimensione tecnica dell’ingegneria. - ”Architettura degli interni e allestimento “ (H10C): raccoglie quelle discipline che pur appartenendo al ceppo centrale della tradizione dell’architettura (e avendo in comune con essa molti aspetti metodologici), hanno tuttavia raggiunto e consolidato una autonomia particolare per metodo e strumenti, e fanno riferimento a specialistici aspetti dell’attività professionale dell’architetto. Tali discipline, tutte con forte contenuto teorico, sono eminentemente sperimentali e applicative. I CICLO: 300 ORE E’ caratterizzato dalle materie progettuali che evolvono dagli elementi e fondamenti alla prima sintesi architettonica rappresentata dalla “composizione”. Contestualmente vengono affrontati i principi generali che presiedono alla corretta distribuzione degli ambienti costitutivi l’organismo architettonico, nonché i materiali che concorrono alla determinazione della forma urbana. Lo strumento dell’ apprendimento è dato dal progetto. Alla fine del primo ciclo lo studente deve: - avere appreso e sviluppato il senso e la capacità di misurare lo spazio architettonico e di conformarlo, nonché i principi logici della composizione architettonica in ordine al corretto rapporto fra forma, struttura e distribuzione; - avere appreso la capacità di distinguere gli spazi architettonici in base alla loro natura, e possedere pertanto i concetti basilari di tipo, modello, archetipo, sapendone cogliere le motivazioni storiche e le condizioni in cui si determinarono; - saper leggere semplici opere di architettura, senza distinzione di periodi storici di appartenenza, analizzandole in ordine a quei principi; - possedere la nozione di “luogo”, e avere la capacità di relazionare le architetture al contesto di appartenenza. - possedere la nozione di “insieme” architettonico e quella conseguente di spazio di relazione fra organismi architettonici (strade, piazze); - essere in grado di correlare l’idea progettuale alla rappresentazione dell’idea medesima, e cioé comprendere il nesso di necessità che si stabilisce tra disegno (modo della rappresentazione) e progetto;

e quindi fra progetto e realizzazione dello stesso; - essere in grado di controllare le fasi fondamentali del processo progettuale, dalla ideazione fino alla forma conclusa, ivi compresa la considerazione delle scale di dettaglio. E pertanto lo studente deve sapere eseguire: - il progetto di un organismo architettonico non complesso, sviluppandolo alle diverse scale di rappresentazione, da quelle generali fino a quelle di dettaglio, controllandone il processo di definizione formale in rapporto alle tecniche e ai materiali adottati, e al programma funzionale; - il progetto di un “insieme” architettonico non complesso, controllandone alle diverse scale di rappresentazione, lo spazio di relazione fra gli edifici in rapporto al contesto di appartenenza. Insegnamenti consigliati: - Analisi della morfologia urbana e delle tipologie edilizie; - Caratteri distributivi degli edifici; - Composizione architettonica; - Teorie della ricerca architettonica contemporanea. II CICLO: 300 ORE Le discipline che la definiscono presiedono alla prima sintesi applicata a una realtà complessa attraverso le discipline progettuali tematico-specifiche: qui l’esercizio della “progettazione architettonica” si integra con l’approfondimento del dettaglio; mentre la progettazione urbana apre alla comprensione delle relazioni complesse fra l’organismo architettonico (gli organismi architettonici) e la città. Alla fine del II ciclo lo studente deve: - avere appreso la capacità di impostare criticamente un progetto di architettura (sia che si tratti di interventi ex novo, che di interventi su già costruito) con sufficienti gradi di specializzazione, sapendo stabilire le corrette relazioni fra concezione formale e requisiti tecnico-costruttivi e impiantistici che concorrono alla piena realizzazione e funzionamento dell’opera nel rispetto del programma stabilito; - avere appreso la capacità di intervenire nello spazio urbano, stabilendo corrette relazioni fra il nuovo intervento e il contesto di appartenenza; - avere appreso la capacità di mettere in relazione gli oggetti con lo spazio architettonico, al fine di una progettazione che soddisfi le esigenze abitative dei futuri utenti; - conoscere i lineamenti portanti della ricerca contemporanea in architettura. E pertanto lo studente deve sapere: - eseguire lo sviluppo esecutivo di un progetto di architettura complesso alle diverse scale di approfondimento, da quelle generali a quelle di dettaglio, sapendone controllare tutte le implicazioni in ordine a problemi di concezione strutturale e impiantistica; - eseguire un progetto di intervento urbano, sia che si tratti di nuova espansione che di tessuti preesistenti. Insegnamenti consigliati: - Architettura degli interni; - Arte dei giardini; - Caratteri tipologici e morfologici dell’architettura; - Composizione e progettazione urbana; - Progettazione architettonica; - Teorie e tecniche della progettazione architettonica. Area II DISCIPLINE STORICHE PER L’ARCHITETTU-


RA Ore 360 Settori scientifico-disciplinari: H12X+ L03B+ L03C +L03D+L25A+L25B+L25C+M05X+M07D +M08E +M10A L’area raccoglie le discipline finalizzate a: - la conoscenza dei momenti e degli episodi fondamentali dello sviluppo storico dell’architettura riferito all’attività sia edilizia che urbanistica, anche nei suoi fondamenti teorici e nei suoi strumenti operativi, nelle diverse aree culturali; - il possesso degli strumenti metodologici necessari alla comprensione storico-critica e alla individuazione e valutazione delle specifiche qualità dell’architettura, intesa nel senso più ampio del termine, nelle sue diverse espressioni e manifestazioni attraverso i tempi; - il possesso degli strumenti disciplinari specifici della ricerca, dei metodi e delle tecniche di studio relativi alle indagini ed all’esame analitico e critico dell’opera architettonica- in rapporto alle cause, ai programmi e all’uso, nelle sue modalità tecniche e linguistiche, nella sua realtà costruita e nei suoi significati- esaminata nell’ambito del suo contesto ed anche ai fini di ogni possibile intervento operativo sull’edilizia preesistente e sull’ ambiente. Pertanto le discipline si articolano e specificano in: - corsi istituzionali relativi alla: storia dell’architettura (per periodi, aree culturali e geografiche); storia delle attività attinenti alla formazione e trasformazione dell’ambiente (storia dell’urbanistica, storia della città e del territorio, storia del giardino e del paesaggio); storia del pensiero e delle teorie sull’architettura (storia della trattatistica, letteratura e critica d’architettura); - corsi monografici e di approfondimento relativi: ai processi progettuali e realizzativi sotto aspetti particolari e paralleli a ad argomenti storici riguardanti temi o problemi specifici (ad es. storia della rappresentazione dello spazio architettonico e dell’iconografia d’architettura, storia del cantiere e delle tecniche edilizie, storia e metodi d’analisi delle architetture, storia dell’arredamento e del disegno industriale, ecc...). I CICLO: 240 ore Al termine del I ciclo lo studente deve dimostrare: - la conoscenza della storia dell’architettura, nell’accezione più ampia del termine, nei momenti ed episodi fondamentali della sua intera vicenda e nel quadro della storia politica, economica, sociale e culturale del suo specifico contesto, dagli inizi all’età contemporanea; - l’acquisizione degli strumenti critici e di analisi indispensabili alla lettura di un’opera architettonica, di un insieme ambientale, di una realtà urbana e territoriale. Insegnamenti consigliati: - Storia dell’architettura antica; - Storia dell’architettura contemporanea; - Storia dell’architettura medioevale; - Storia dell’architettura moderna II ciclo: 120 ore Al termine del II ciclo, e secondo i diversi gradi di approfondimento connessi al proprio piano di studi, lo studente deve dimostrare: la capacità di condurre una ricerca scientifica di carattere storicocritico; la conoscenza approfondita della storia dell’architettura nel suo intero sviluppo, e in particolare la conoscenza specialistica dei problemi relativi all’area temporale e geografica oggetto dell’indagine di cui al comma precedente. Insegnamenti consigliati:

- Storia e metodi di analisi dell’architettura; - Storia dell’architettura contemporanea; - Storia dell’urbanistica; - Storia della critica e della letteratura architettonica. Area III TEORIA E TECNICHE PER IL RESTAURO ARCHITETTONICO Ore 180 Settori scientifico-disciplinari: H13X + L04X + D03B + I14A Le discipline dell’Area sono orientate al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - fornire principi-guida che regolano le operazioni conservative dell’intera serie dei beni architettonici diffusi dal singolo oggetto o monumento, al centro storico, al territorio; - fornire le conoscenze teoriche e pratiche necessarie all’azione di tutela e conservazione viste attraverso il loro sviluppo storico; - affrontare gli aspetti legislativi, economici e di gestione, comprendenti anche i problemi d’inventario e di catalogo, le Carte e le Convenzioni internazionali; - addestrare alle tecniche d’indagine storico-archivistica ed alle metodiche analitiche con l’intento di raggiungere la più esauriente comprensione dell’oggetto di studio, nella sua consistenza figurale e materiale; - praticare i metodi dell’analisi diretta e indiretta, soprattutto di tipo non distruttivo, nonché le conseguenti tecniche di rappresentazione (grafica, fotografica e su memoria elettronica) dei fenomeni di degrado, dei metodi e dei materiali costruttivi tradizionali, della complessità cronologica del costruito, ecc.; - formare, attraverso questa propedeutica, la capacità di operare, attraverso il progetto di restauro, con piena competenza storico-tecnica e col massimo di attenzione conservativa. II ciclo: 180 ore Alla fine del II ciclo lo studente deve conoscere: - la storia della cultura del restauro (dal pensiero alle relative applicazioni nel tempo); - gli attuali fondamenti tecnici della conservazione; - i materiali e le tecnologie costruttive storiche; - le metodiche analitiche dell’architettura; - le metodologie di intervento conservativo sui materiali e sulle strutture; - le metodologie d’intervento urbanistico nei centri storici; - le metodologie di intervento a tutela del paesaggio, ivi compresi i parchi e i giardini storici; - la normativa nazionale e internazionale; e deve: - saper eseguire schede di catalogazione dei Beni Culturali Architettonici e Ambientali; - utilizzare metodiche analitiche, per l’esame dei materiali o del loro degrado per la migliore comprensione della morfologia del fabbricato, per le indagini cronologiche e diagnostiche, ecc.; - saper redigere un progetto di conservazione dalla scala del singolo edificio a quella urbana e territoriale e definire il relativo programma di tutela e salvaguardia. Insegnamenti consigliati: - Conservazione dei materiali nell’edilizia storica; - Consolidamento degli edifici storici; - Restauro architettonico; - Restauro urbano; -Teorie e storia del restauro.

Area IV ANALISI E PROGETTAZIONE STRUTTURALE DELL’ARCHITETTURA Ore 360 Settori scientifico-disciplinari: H06X + H07A + H07B L’area comprende gli insegnamenti che consentono allo studente di ottenere un’adeguata conoscenza dei metodi di indagine e di preparazione del progetto di costruzione, sia con riferimento ai problemi della concezione strutturale, sia con riguardo alla valutazione della sicurezza e alla riabilitazione strutturale delle costruzioni esistenti. Il fondamento teorico delle discipline afferenti all’Area è costituito dalla meccanica dei solidi, dei materiali e delle strutture quale si è venuta formando in stretto intreccio con la trattatistica architettonica e con le tecniche costruttive, sino ai suoi esiti più recenti relativi all’ingegneria delle costruzioni. L’offerta didattica è articolata nei seguenti ambiti: - la meccanica dei solidi dei materiali, presentata nel suo assetto attuale, ma anche nel suo sviluppo storico e nelle sue relazioni con l’evoluzione della ricerca teorica e sperimentale sul comportamento elastico, anelastico e a rottura dei materiali da costruzione; - la meccanica delle strutture (travi, travature, lastre, piastre, membrane, gusci, tensostrutture, ecc.) affrontata nei problemi più rilevanti per la progettazione strutturale; - le tecniche della costruzione in muratura, in legno, in metallo, in calcestruzzo armato e precompresso, nonché in materiali innovativi; - i temi e i problemi della concezione strutturale connessi alla progettazione architettonica, alla tecnologia e alla produzione edilizia; - la storia delle scienze e delle tecniche costruttive, per una corretta ed adeguata comprensione degli aspetti strutturali dell’architettura storica e per la definizione di congruenti tecniche di analisi e di intervento conservativo. I ciclo: 120 ore Lo studente deve dimostrare di aver acquisito i concetti fondamentali della statica e della resistenza dei materiali mediante lo studio dei principi fisicomatematici e dei metodi di calcolo relativi, mediante loro significative applicazioni a strutture di interesse architettonico, ed infine attraverso un accurato esame del loro sviluppo nella storia della meccanica strutturale e delle tecniche costruttive. Insegnamenti consigliati: - Statica. II ciclo: 240 ore Secondo i diversi livelli di approfondimento connessi al percorso di studi prescelto, lo studente deve dimostrare di aver appreso e praticato le teorie e metodi per il calcolo, la verifica e la diagnostica strutturale delle costruzioni sì da orientarsi con sicurezza nel campo della progettazione delle strutture, sia tradizionali, sia innovative, e sì da possedere gli strumenti necessari all’analisi del degrado e della fatiscenza statica delle costruzioni antiche, e alla definizione delle tecniche di riabilitazione più appropriate. Insegnamenti consigliati: - Progetto di strutture; - Scienza delle costruzioni; - Tecnica delle costruzioni; - Riabilitazione strutturale; - Teorie e tecniche costruttive nel loro sviluppo storico.

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Area V DISCIPLINE TECNOLOGICHE PER L’ARCHITETTURA E LA PRODUZIONE EDILIZIA Ore 360 Settori scientifico-disciplinari: F22A + H09A + H09B + H09C L’area raccoglie quelle discipline che delineano, nel loro insieme, la cultura tecnologica della progettazione e forniscono i principi teorici e le pratiche operative per conoscere, comprendere e controllare i processi di formazione, trasformazione, recupero, manutenzione e gestione dei sistemi ambientali ed edilizi sino a comprendere le infrastrutture e le reti tecnologiche a scala territoriale, nonché per intervenire nel progetto allo scopo di governare la dialettica tra “fini” e “mezzi”, tra la qualità funzionale e costruttiva degli interventi ed il massimo di coerenza espressiva, in funzione di una corretta utilizzazione delle risorse materiali ed energetiche e delle tecniche al fine di realizzare condizioni ottimali per il soddisfacimento delle esigenze umane. Queste discipline forniscono altresì, i principi teorici e le metodologie per conoscere, comprendere e controllare il funzionamento dei processi di produzione e gestione del settore edilizio, il ruolo dell’innovazione tecnologica nei processi di riorganizzazione e razionalizzazione nella produzione e nel funzionamento delle imprese, al fine di migliorare la sicurezza e la qualità prestazionali dei prodotti. L’offerta didattica è articolata nei seguenti ambiti di studio: - i processi produttivi della programmazione alla gestione; - i materiali nelle loro caratteristiche fisiche morfologiche e prestazionali; - i procedimenti costruttivi e le relative tecniche; - l’evoluzione delle tecniche tanto dal punto di vista storico che delle proiezioni tendenziali; - i processi produttivi e di definizione del prodotto industriale; -i processi di diagnosi, progetto ed esecuzione per l’intervento sull’esistente; -i procedimenti di analisi e progettazione dei sistemi ambientali; -le tecnologie di progetto estese anche alle applicazioni sperimentali. I ciclo: 240 ORE Lo studente deve acquisire la conoscenza di metodi e strumenti necessari alla comprensione del processo di costruzione attraverso l’individuazione degli elementi logici e fisici, distinti e organizzati, che ne costituiscono la finalizzazione, la formazione, l’evoluzione storica, la complessità e ne favoriscono la fattibilità studiando e ripercorrendo nel progetto di architettura le relazioni fra materiali, tecniche e procedimenti di produzione in fabbrica, in officina, in cantiere, di volta in volta a disposizione dell’architetto. A tal fine lo studente : - deve conoscere le caratteristiche tecniche dei materiali da costruzione e degli elementi e dei sistemi costruttivi e la loro evoluzione; - deve conoscere le regole dell’arte e le norme per una corretta pratica del costruire; - deve riconoscere i rapporti di coerenza e chiarezza fra uso dei materiali e logica di lavorazione degli stessi, fra logica del disegno dei singoli pezzi e loro prestazioni, fra logica degli spazi progettati e logica delle funzioni; - deve avere la capacità di controllo del ruolo che svolgono i materiali, gli elementi e i procedimenti costruttivi nella progettazione, nella costruzione, nella manutenzione e nella gestione di un manufatto edilizio.

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Attraverso la sperimentazione progettuale, infine lo studente dovrà acquisire la capacità di governare il sistema di relazioni fra materiali, procedimenti costruttivi ed esiti funzionali, figurativi e di consistenza ambientale. Insegnamenti consigliati: - Cultura tecnologica della progettazione; - Materiali e progettazione di elementi costruttivi; - Progettazione di sistemi costruttivi. II ciclo: 120 ore Lo studente deve acquisire la conoscenza dei caratteri della produzione con una sistematica attenzione ai procedimenti di realizzazione e gestione; e deve dimostrare capacità di connettere questo insieme di informazioni alle caratteristiche qualitative dei prodotti, alle esigenze dell’utenza, alle procedure e alle norme che stabiliscono i rapporti tra gli operatori del processo, ed infine alle tecniche e alle modalità di gestione delle fasi attuative. A tal fine lo studente: - deve essere capace di determinare soluzioni costruttive tecnicamente appropriate in rapporto all’ambiente, alla configurazione dell’assetto spaziale dell’organismo edilizio e ai suoi connotati figurativi ed in relazione alla proprietà dei sistemi usati e dei materiali impiegati; - deve essere in grado di individuare ed analizzare lo status degli elementi che costituiscono il costruito esistente, e la logica che lo sottende; - deve, infine, conoscere e saper utilizzare le metodologie e i principi teorici attraverso cui si determinano e si organizzano fino alla definizione esecutiva le tecniche costruttive e quelle impiantistiche e strutturali nei progetti di formazione e di trasformazione, recupero manutenzione e gestione dei sistemi costruttivi, dei manufatti edilizi e dei sistemi ambientali determinando le condizioni che ne rendono la scelta e l’impiego appropriati alle esigenze funzionali richieste e alle disponibilità di risorse, adeguati alle condizioni di contesto e congruenti con le finalità estetiche del progetto. Insegnamenti consigliati: - Controllo della qualità edilizia; - Organizzazione del processo edilizio; - Processi e metodi della produzione edilizia; - Progettazione di sistemi costruttivi; - Progettazione esecutiva dell’architettura; - Tecnologie di sistemi strutturali; - Tecnologie di sistemi impiantistici. Area VI DISCIPLINE FISICO-TECNICHE E IMPIANTISTICHE PER L’ARCHITETTURA Ore 180 Settori scientifico-disciplinari: B01B+I05A+I05B Discipline: dal Settore H02X: “Ingegneria sanitaria-ambientale”. L’Area comprende gli insegnamenti che consentono allo studente di ottenere un’adeguata conoscenza: - dei problemi fisici e delle tecnologie, nonché della funzione degli edifici, in modo da renderli interamente confortevoli in relazione alla destinazione d’uso ed ai fattori climatici; - dei metodi d’indagine e delle tecnologie per la pianificazione territoriale in termini sia ambientali che energetici, con particolare riferimento ai problemi di impatto ambientale e di integrazione dei sistemi di produzione e di distribuzione dell’energia; - dei principi fisici e delle tecnologie per la conservazione dei beni culturali, storici, artistici ed archi-

tettonici. Il fondamento teorico delle discipline afferenti all’Area è costituito dalle tematiche proprie della Fisica tecnica: la termodinamica applicata, alla trasmissione del calore, la meccanica dei fluidi, l’acustica e l’illuminazione. Su tale matrice culturale si innestano le successive conoscenze e metodologie che, in quell’ambito, sono vaste e complesse: dall’analisi e modellazione dei sistemi ambientali interni ed esterni all’ambiente costruito, allo studio del comportamento fisico degli involucri edilizi e dall’esame critico delle tecnologie per il benessere: dalle valutazioni di impatto ambientale dei sistemi energetici ed infrastrutturali nel territorio alla pianificazione urbanistica e territoriale delle reti impiantistiche;dallo studio dei problemi di illuminazione naturale ed artificiale a quello dei problemi acustici. L’offerta didattica é così articolata: - un modulo didattico a carattere fondativo, finalizzato al riconoscimento dei fenomeni fisici, alla formulazione delle leggi fisiche che li descrivono, alla definizione dei modelli matematici che li rappresentano, alla lettura delle problematiche applicative in termini di schemi fisicamente coerenti; - moduli didattici a carattere fondativo, nell’ambito dei quali vengono acquisiti strumenti, metodologie, dati di riferimento utili per intervenire con specifica competenza nella progettazione anche infrastrutturale a varie scale ,da quella edilizia a quella territoriale (laddove si devono trattare problemi di controllo ambientale, di controllo energetico, di illuminazione naturale ed artificiale, di acustica conoscendo le più correnti tecniche di misura delle grandezze fisiche interessate); - i moduli didattici a carattere informativo nell’ambito dei quali l’architetto acquisista linguaggi e dati di riferimento utili per colloquiare con gli specialisti che intervengono al suo fianco nelle varie possibili sedi progettuali, e che siano altresì finalizzati affinché possa intervenire su sistemi edilizi e territoriali di maggiore complessità tecnologica. I ciclo: 60 ore Lo studente deve dimostrare di avere acquisito i concetti fondamentali della Fisica mediante lo studio dei fenomeni e delle leggi fisiche, la definizione dei modelli matematici rappresentativi e l’esame di significative applicazioni a carattere elementare, nonché di esercitazioni numeriche. Insegnamenti consigliati: - Fisica. II ciclo: 120 ore Lo studente deve dimostrare di avere: - acquisito le competenze teoriche ed operative necessarie per intervenire criticamente, sia per quanto attiene alle scelte di carattere generale che alle procedure estimative analitiche, nelle differenti fasi del processo progettuale, sia tradizionale che innovativo , nell’ambito delle seguenti aree tematiche: problemi di controllo ambientale di controllo energetico, interno ed esterno, anche su scala territoriale, illuminazione, naturale ed artificiale ,acustica; - sviluppato la capacità di correlare le scelte progettuali, impiantistiche a quelle architettoniche, mettendo a fuoco le mutue interrelazioni, al fine di attivare un processo iterativo di controllo, che conduca ad una ottimizzazione complessiva. Insegnamenti consigliati: - Acustica applicata; - Climatologia dell’ambiente costruito; - Fisica tecnica; - Gestione delle risorse energetiche del territorio;


- Illuminotecnica; - Impianti tecnici; - Tecnica del controllo ambientale; - Termofisica dell’edificio.

- applicare i metodi di valutazione ad un progetto di costruzione, trasformazione e conservazione di un’opera edilizia, in particolare operando la stima dei costi e la valutazione degli aspetti qualitativi.

Area VII DISCIPLINE ESTIMATIVE PER L’ARCHITETTURA E L’URBANISTICA Ore 120 Settore scientifico-disciplinare: H15X

Insegnamenti consigliati: - Economia ed estimo ambientale; - Estimo ed esercizio professionale; - Fondamenti di economia ed estimo; - Valutazione economica dei piani territoriali ed urbanistici; - Valutazione economica dei progetti.

L’area raccoglie le discipline che consentono all’architetto in formazione l’acquisizione di conoscenze e tecniche capaci di qualificare i metodi di progettazione architettonica ed urbanistica, attraverso la valutazione critica delle risorse e delle possibili alternative progettuali ai problemi di natura pratica e simbolica che sono alla base del progetto medesimo. II Ciclo: 120 ore Attraverso i contributi delle discipline estimative lo studente deve dimostrare di aver acquisito le conoscenze relative a: - gli strumenti metodologici adeguati alla comprensione delle dinamiche urbane e regionali e dei processi di sviluppo anche in relazione alle problematiche dell’ambiente; - i rapporti economici fondamentali che regolano i comportamenti dei diversi soggetti operanti sul territorio e che ne orientano le modalità di scambio all’interno dei sistemi economici ed alle diverse forme di mercato, la teoria e la metodologia estimativa in relazione alla sua genesi micro e macroeconomica; - caratteri strutturali del mercato edilizio e fondiario, le finalità ed i metodi di stima dei valori immobiliari; - la struttura imprenditoriale, le tecnologie ed i processi di produzione che caratterizzano il settore delle costruzioni e quelli fornitori dei cantieri, anche in relazione agli altri settori produttivi, con riferimento all’impiego alle specifiche modalità d’impiego dei fattori di produzione, al controllo dei costi di costruzione, di manutenzione e gestione; - i procedimenti di stima dei valori dei vari fattori alla produzione edilizia ed insediativa, anche allo scopo di elaborare giudizi di convenienza all’investimento; - le forme di organizzazione dei processi di intervento sullo spazio fisico, le collocazioni che in essi assume l’esercizio delle competenze del pianificatore e del progettista, considerati anche in relazione al perseguimento degli obbiettivi di efficacia e di efficienza; - gli strumenti disciplinari, dei metodi e delle tecniche relative alle valutazione economiche e multicriteri delle risorse che compongono l’ambiente naturale e costruito, caratterizzate dalla esistenza o meno di un mercato; - i principi teorici, le metodologie e le tecniche relative alla valutazione dei piani e dei progetti di trasformazione-conservazione-valorizzazione dell’ambiente naturale e costruito. Al termine della sua esperienza formativa, lo studente deve inoltre dimostrare di saper utilizzare le procedure e le tecniche di valutazione proprie dell’Estimo per l’Architettura e l’Urbanistica, nella redazione di progetti e piani di trasformazione e conservazione dell’ambiente naturale e costruito; In particolare deve sapere: - applicare i metodi di stima di un immobile; - utilizzare i principali metodi di valutazione dei piani urbanistici e dei programmi di intervento (l’analisi multicriteri e multiobiettivi, analisi dei costi e benefici, VIA etc.);

L’insieme delle conoscenze che l’Area dovrà trasmettere allo studente é tale da rendere necessaria la integrazione del monte ore previsto in 120 ore attraverso l’offerta di moduli didattici nelle attività di laboratorio. Area VIII PROGETTAZIONE URBANISTICA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE. Ore 300 Settori scientifico-disciplinari: E03B+ H01B+ H04X+H14A+H14B Discipline: dal Settore: A04B ‘Metodi e modelli per la pianificazione territoriale’; dal Settore: H02X; ‘fenomeni di inquinamento e controllo della qualità dell’ambiente’. L’Area raccoglie le discipline finalizzate a : - alla conoscenza dei principi-guida che regolano le principali forme di intervento e controllo delle trasformazioni territoriali; - alle conoscenze teoriche e pratiche necessarie a scegliere fra diverse forme di intervento ; - alla progettazione delle trasformazioni fisiche delle strutture urbane con riferimento ad accertare esigenze o programmi di trasformazioni funzionali. A tal fine obbiettivo didattico primario é l’acquisizione: - dei principali strumenti di conoscenza e interpretazione dei diversi contesti entro i quali viene progettato l’intervento - con particolare attenzione al contesto fisico, socio-economico e istituzionale - e dei vari attori coinvolti dall’intervento, nonché dei loro ruoli interessi; - delle tecniche di analisi e valutazione dei caratteri, degli effetti e delle implicazioni delle diverse forme d’intervento e delle trasformazioni progettate; - delle metodologie della progettazione e della pianificazione urbana. I Ciclo: 180 Ore Al termine del I ciclo lo studente dovrà dimostrare di conoscere caratteri e problemi degli interventi di trasformazione urbana, di saper descrivere ed analizzare i diversi contesti di intervento e conoscere e saper valutare le condizioni di impiego di differenti teorie e tecniche di progettazione e pianificazione. Insegnamenti consigliati: - Analisi della città del territorio; - Analisi e valutazione ambientale; - Tecniche di analisi urbane e territoriali; - Teorie dell’urbanistica; - Teorie e tecniche della pianificazione territoriale; - Urbanistica. II Ciclo: 120 Ore

Al termine del II Ciclo lo studente dovrà dimostrare di aver acquisito, attraverso la pratica di laboratorio, la capacità di progettare specifici interventi di trasformazione urbana e di saperne valutare gli effetti ed i problemi di attuazione. Insegnamenti consigliati: - Pianificazione territoriale; - Politiche urbane e territoriali; - Progettazione urbanistica; - Recupero e riqualificazione urbana e territoriale; - Tecnica urbanistica; - Tecniche di valutazione e programmazione urbanistica; - Urbanistica. Area IX DISCIPLINE ECONOMICHE, SOCIALI, GIURIDICHE PER L’ARCHITETTURA E L’URBANISTICA Ore 180 Settore scientifico-disciplinari: M06A + M06B + N05X + P01B + P01I + +P01J+Q05A + Q05B + Q05D. L’area raccoglie le discipline finalizzate alla comprensione dei principali meccanismi e dei più rilevanti soggetti che, dal punto di vista economico, giuridico-istituzionale e sociale fanno parte del contesto in cui si svolge l’attività di progettazione architettonica e urbanistica. In particolare lo studente dovrà dimostrare di conoscere: - i meccanismi economici fondamentali che determinano il funzionamento del mercato; l’impresa come istituzione economica; i casi di fallimento del mercato nella produzione di beni pubblici e il ruolo dello stato nell’economia; la regolazione economica del mercato e la valutazione degli investimenti pubblici; lo sviluppo economico regionale; - le norme legislative e regolamentari che presiedono all’attività di progettazione urbanistica e della pianificazione territoriale; il ruolo delle diverse forme di stato e di governo; l’organizzazione istituzionale e la pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla disciplina urbanistica e al sistema della pianificazione urbanistica sotto il profilo istituzionale; - i fattori sociali e culturali dello sviluppo economico con particolare riferimento a comunità, città, metropoli, territorio; la stratificazione sociale e le formazioni sociali urbane e territoriali; gli attori urbani (pubblici e privati) sotto il profilo sociologico; l’ordine sociale e il controllo; il mutamento sociale e le principali tendenze delle società industriali mature. II Ciclo: 180 ore Insegnamenti consigliati: - Diritto urbanistico; - Economia dei trasporti; - Economia dell’innovazione; - Economia dell’ambiente; - Economia pubblica; - Economia urbana; - Legislazione dei beni culturali; - Legislazione delle opere pubbliche e dell’edilizia; - Sociologia e organizzazione dei servizi sociali. Area X DISCIPLINE MATEMATICHE PER L’ARCHITETTURA Ore 240 Settori scientifico-disciplinari: A01C + A02A +

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A02B + A03X + A04A + A04B + K05B L’area comprende insegnamenti che si caratterizzano essenzialmente quali fondamento nella formazione sia tecnico-scientifica sia culturale dello studente. Tali insegnamenti consentono allo studente di ottenere un’adeguata conoscenza dei concetti di base, degli strumenti e dei metodi matematici operativi nell’analisi matematica, della geometria e dell’algebra lineare necessari per affrontare i problemi di analisi e progettazione strutturale, i problemi della fisica tecnica ed impiantistica per l’architettura nonché utili agli aspetti economico-estimativi ed alle valutazioni quantitative per l’architettura e l’urbanistica. Mettono in grado lo studente di costruire semplici modelli matematici, di tradurre problemi strutturali architettonici e fenomeni territoriali in algoritmi e quindi in programmi da implementare al computer. Forniscono, altresì, le tecniche fondamentali per il calcolo delle probabilità e della inferenza statistica nonché l’uso di metodi di approssimazione, di calcolo numerico e di programmazione. Nei suddetti ambiti è articolata l’offerta didattica dell’Area. Nell’ambito degli stessi settori scientifico-disciplinari l’Area è aperta, poi ad offerte didattiche funzionali a specifici percorsi di studio prescelti secondo i diversi livelli di approfondimento. I Ciclo: 240 ore Al termine del I ciclo lo studente deve dimostrare di avere acquisito e di sapere utilizzare i concetti di base, gli strumenti ed i metodi matematici operativi dell’analisi matematica (calcolo differenziale e calcolo integrale), della geometria (del piano e dello spazio) e dell’algebra lineare (vettori, matrici, sistemi lineari) significativi per le applicazioni negli studi architettonici e territoriali; di essere in grado di costruire semplici modelli matematici (connessi anche ad equazioni differenziali elementari) e di tradurre in algoritmi i problemi delle applicazioni che interessano; di aver acquisito l’uso dei metodi di approssimazione numerica nonché quegli elementi di probabilità e quei principi di elaborazione statistica di dati sperimentali necessari. Insegnamenti consigliati: - Istituzioni di Matematiche(Due annualità). II Ciclo Lo studente avrà la possibilità di impadronirsi ed operare con strumenti matematici più avanzati, rispetto a quelli acquisiti durante il I ciclo, nell’ambito di specifiche tematiche strutturali-progettuali, tematiche della pianificazione territoriale, delle tecnologie, in settori dell’analisi e gestione del costruito, dell’economia ed estimo. In tali direzioni l’Area presenta offerte didattiche di contenuto matematico specifiche a seconda di percorsi di studio prescelti dallo studente. Essi si riferiscono a temi quali modelli matematici, ottimizzazione, teoria dei grafi, calcolo numerico, modelli stocastici, elementi di informatica, ricerca operativa, sistemi dinamici, ecc... Insegnamenti consigliati: - Metodi e modelli matematici per le applicazioni. Area XI RAPPRESENTAZIONE DELL’ARCHITETTURA E DELL’AMBIENTE Ore 360 Settori scientifico-disciplinari: H05X+H11X

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Le discipline dell’Area sono finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - formare le conoscenze teoriche e pratiche necessarie alla rappresentazione dello spazio architettonico anche attraverso l’analisi del loro sviluppo storico; - esercitare tutte le tecniche grafiche, al fine di raggiungere il pieno controllo degli strumenti della rappresentazione, sia applicandoli all’analisi dei valori dell’architettura, sia al rilievo sia al progetto; - praticare i metodi di rilevamento diretto e strumentale nonché le conseguenti tecniche di restituzione metrica, morfologica e tematica; - formare la capacità di controllare il modello mentale dello spazio, che è la premessa di ogni attività progettuale. I Ciclo: 240 Ore Alla fine del primo ciclo lo studente deve conoscere: - i fondamenti proiettivi della scienza della rappresentazione; - la teoria e le applicazioni dei metodi di rappresentazione e precisamente: la doppia proiezione ortogonale, l’assonometria, la proiezione centrale o prospettiva, la proiezione quotata, la teoria delle ombre e il chiaroscuro; - la costruzione dei poliedri e delle superfici, la costruzione delle loro sezioni piane e delle loro compenetrazioni; - l’analisi geometrica degli organismi voltati e delle membrature degli ordini classici dell’architettura; - la teoria della forma e le possibili aggregazioni di forme elementari nel piano e nello spazio, la teoria del colore; - i principi informatori dell’analisi grafica dello spazio architettonico e i metodi per la visualizzazione di immagini mentali; e deve sapere: - eseguire i disegni di progetto e di rilievo dell’architettura, adottando le relative convenzioni nazionali e internazionali; - eseguire gli schizzi a mano libera, anche chiaroscurali, sia come supporto del processo progettuale che come lettura diretta dell’architettura storica; - effettuare rilievi a vista e con misure dirette di organismi semplici; - restituire il rilievo diretto con appropriati elaborati grafici, di documentazione sia metrica (piante e alzati) che morfologia (assonometrie); - rappresentare lo spazio architettonico, applicando metodi e procedure della scienza della rappresentazione, sia con l’ausilio degli strumenti del disegno tecnico, sia a mano libera; - condurre l’analisi grafica dei valori dell’architettura; - rappresentare correttamente il progetto alle diverse scale, ivi compresi gli elaborati esecutivi di insieme e di dettaglio; - disegnare forme e proporzioni dal vero. Insegnamenti consigliati: - Disegno dell’architettura; - Fondamenti e applicazioni di geometria descrittiva; - Rilievo dell’architettura II Ciclo: 120 Ore Alla fine del secondo ciclo lo studente deve: A) conoscere: - i metodi di rilevamento strumentale e le problematiche relative al rilievo dei tematismi ed alla loro restituzione; - i fondamenti teorici della fotogrammetria terre-

stre; - i fondamenti teorici del disegno automatico; B) conoscere gli sviluppi teorici e le applicazioni inerenti uno tra i seguenti settori dell’area della rappresentazione: - il disegno del progetto assistito dal calcolatore (CAD); - il disegno di rilievo assistito dal calcolatore (la stereorestituzione analitica e le applicazioni dell’architettura delle stazioni topografiche complete); - la cartografia tematica assistita dal calcolatore (gestione di Banche Dati Territoriali); - la percezione e la comunicazione visiva-la rappresentazione del territorio finalizzata agli studi di impatto ambientale; - la grafica;la storia dei metodi della rappresentazione. C) sapere: - eseguire un rilievo architettonico o urbano, condotto con tecniche dirette e strumentali integrate, alle diverse scale e fino al rilievo di dettaglio; - eseguire il rilievo e l’analisi degli ordini architettonici classici ed antichi; - eseguire la restituzione del rilievo strumentale anche con l’impiego di stazioni grafiche e tracciatori automatici; - applicare tutte le tecniche acquisite in uno dei settori sopra indicati, sfruttandone ogni possibile sinergia. Insegnamenti consigliati: - Cartografia tematica per l’architettura e l’urbanistica; - Disegno automatico; - Percezione e comunicazione visiva; - Rappresentazione del territorio e dell’ambiente; - Rilevamento fotogrammetrico per l’architettura; - Rilievo dell’architettura - Rilievo urbano e ambientale; - Tecniche della rappresentazione. Art. 3 CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE 1. Scopo e caratteristiche del Corso di Laurea in Disegno Industriale Fine proprio del Corso di Laurea in Disegno Industriale è la formazione di un progettista capace di ideare e controllare nei suoi aspetti estetici e comunicativi prodotti, manufatti, oggetti che interagiscono con la vita quotidiana dell’uomo all’interno di una società industriale matura con i suoi problemi ambientali, e che, nella massima varietà di circostanze, è in grado di far uso dei molteplici strumenti necessari: - ad analizzare ed interpretare l’ambiente artificiale, i flussi di prodotti che lo attraversano e le dinamiche socio-culturali con le quali esse interagiscono; - a collegare la dimensione tecnico economica con quella socio culturale e da questa partire per proporre nuove sintesi progettuali, che considerino anche il valore comunicativo dell’oggetto; - a tradurre le innovazioni tecnologiche in nuove capacità prestazionali dei prodotti; - a tender conto delle soluzioni che consentano l’impiego più appropriato dei materiali e il risparmio energetico tanto nella fase di produzione, quanto in quella di uso, di smaltimento e di riciclaggio; - a risolvere correttamente sul piano progettuale e realizzativo i complessi rapporti intercorrenti fra gli oggetti e il contesto spaziale e ambientale in cui essi si collocano.


2. Accesso al Corso di Laurea in Disegno Industriale. - Costituiscono titoli di ammissione al Corso di Laurea in Disegno Industriale quelli previsti dalle vigenti disposizioni di legge. - Il Consiglio di Facoltà, sentito il Consiglio di Corso di Laurea ha il compito di fissare i criteri di valutazione e i requisiti per l’ammissione dei candidati all’iscrizione al Corso di Laurea. 3.Organizzazione della didattica - L’attività didattica è organizzata sulla base di annualità, costituita da corsi ufficiali di insegnamento monodisciplinari od integrati da laboratori per esercitazioni, subordinati ai relativi insegnamenti istituzionali. - Il corso di insegnamento integrato è costituito come un corso di insegnamento monodisciplinare, ma le lezioni sono svolte in moduli coordinati di almeno venticinque ore ciascuno e svolti da due, o al più tre, professori ufficiali che faranno parte della commissione di esame. L’integrazione può riguardare sia la stessa area disciplinare, che aree disciplinari differenti. I laboratori sono strutture didattiche pluridisciplinari che, sotto la responsabilità di un docente di ruolo, hanno per fine lo svolgimento di attività teorico-pratiche. L’attività del laboratorio si conclude con una prova di esame. - Vengono inoltre istituiti dal Consiglio di Facoltà,

sentito il Consiglio di Corso di Laurea, laboratori di sintesi finale. Scopo del laboratorio di sintesi finale é quello di guidare lo studente, mediante apporti pluridisciplinari, alla matura e completa preparazione di una tesi nell’ambito del disegni industriale; - Il laboratorio di sintesi finale non prevede un esame di profitto ma rilascia una ammissione all’esame di laurea certificata dai docenti cha hanno condotto il laboratorio frequentato dallo studente. - Alcuni moduli dell’attività didattica potranno essere svolti anche presso qualificate strutture esterne all’università (istituzioni pubbliche, istituti di ricerca scientifica, reparti di ricerca e sviluppo di enti pubbliche o private operanti nel settore), previa stipula di apposite convenzioni che possono prevedere anche l’utilizzazione di esperti appartenenti a tali strutture ed istituti, per l’attività didattiche speciali (corsi intensivi, seminari, stages) da quotarsi in crediti didattici sino alla concorrenza massima di una annualità. - Al fine di consentire lo svolgimento del tirocinio professionale saranno stipulate dalle Facoltà convenzionali con qualificate strutture produttive presso le quali gli studenti potranno svolgere le attività di tirocinio, nell’ambito del disegno industriale. 4. Durata degli studi e articolazione dei curricula - La durata del Corso di Laurea é fissata in 5 anni, per un monte di 3600 ore di cui 250 di tirocinio

professionale. - Il compimento degli studi sino al conseguimento della laurea prevede esami e/o crediti didattici corrispondenti a 28 annualità, secondo le modalità del comma 4 di questo articolo. - Al fine di consentire una articolazione dell’attività didattica attraverso corsi monodisciplinari e corsi integrati, gli insegnamenti possono strutturarsi in moduli didattici corrispondenti a frazioni di annualità. - Pertanto gli esami di profitto previsti possono essere sostenuti su: *corsi di insegnamento monodisciplinari annuali (costituiti da almeno 100 ore di attività didattiche); *corsi di insegnamento monodisciplinari corrispondenti a mezza annualità (costituiti da almeno 50 ore di attività didattica) da quotarsi in crediti didattici; *corsi di insegnamento integrati, formati dal coordinato apporto di più moduli didattici, che sommati possono corrispondere a una annualità (100 ore) o a mezza annualità (almeno 50 ore) da quotarsi in crediti didattici; * corsi di insegnamento integrati, formati dal coordinato apporto di più moduli didattici, che sommati sono corrispondenti a mezza annualità (almeno 50 ore) da quotarsi in crediti didattici; *laboratori per attività teorica-pratica (costituiti da almeno 150 ore di attività didattiche). - Durante il primo ciclo, lo studente dovrà dimostrare la conoscenza della lingua inglese, attestata dal superamento di una prova di accertamento se

3600 TOTALE

50

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50

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1200

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3600

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250

150

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100

12 da corsi 6 da laboratori

50

200

Numero annualità

Scienze Fisiche e Fisiche Applicate

ore

100

100

2500

Scienze Statistiche Sociali ed Economiche

100

ore

X

Scienze Matematiche e Scienze della Informazione

100

ore

IX

Scienza dei Materiali

ore

VIII

Disegno e Rappresentazione

ore

AREE DISCIPLINARI V VI VII

Tecnica dei Materiali e Controllo dei Prodotti Produzione e Pianificazione del Prodotto di Serie

ore

IV

5 da corsi 2 da laboratori

100

III Disegno Industriale e Ambientale

500

II Storia e Critica Artistica

Totale

da Attribuire

500

I Cultura del progetto

Corsi Monodisciplinari e/o integrati Laboratorio di Disegno Industriale Laboratorio di Comunicazione visiva Corsi Monodisciplinari e/o integrati Laboratorio di Disegno Industriale Laboratorio di Disegno Industriale Laboratorio di Disegno Industriale Laboratorio di Archit. degli interni e allest. Laboratorio di Tecnologia e sperim.prototipi Laboratorio di Tecnologia e sperim.prototipi Corsi Monodisciplinari e/o integrati Laboratorio finale pre-laurea Tirocinio professionale

Attribuito

Monte ore FORME DI DIDATTICA

100

3 da corsi

III Ciclo/700

II Ciclo/2100

I Ciclo/800

Cicli e Monte ore

Prospetto ripartizione monte ore

300

300

500

300

28

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condo modalità stabilite dalle Facoltà. 5. Ammissione all’esame di laurea. - Per essere ammesso a sostenere l’esame di laurea lo studente dovrà: a) aver seguito con esito positivo esami e/o crediti didattici corrispondenti a 28 annualità; b) aver ricevuto la certificazione di ammissione all’esame di laurea rilasciato da uno dei laboratori finali pre-laurea. c) aver ricevuto la certificazione del tirocinio professionale svolto per almeno 250 ore. - L’esame di laurea consiste nella discussione della tesi che potrà aver sia carattere teorico o applicativo, predisposta nel laboratorio di laurea o elaborata sotto la guida di un docente relatore. 6. Statuto. - Gli statuti didattici o i regolamenti didattici di Ateneo indicano la denominazione degli insegnamenti attivabili, rispetto all’elenco delle discipline presenti nei settori scientifico-disciplinari che compongono l’intero quadro di riferimento del presente ordinamento; - per il passaggio dal I al II ciclo, e dal II al III ciclo gli statuti o i regolamenti didattici di Ateneo delle Facoltà indicheranno quali e quante annualità lo studente deve aver superato. Tale numero non potrà essere inferiore a due terzi delle annualità del ciclo, e comunque l’iscrizione al III ciclo comporta il superamento di tutte le annualità del I ciclo. 7. Manifesto degli studi - All’atto della predisposizione del manifesto annuale degli studi il Consiglio di Facoltà, si proposta del Consiglio di Corso di Laurea in Disegno Industriale definisce il piano di studi ufficiale del Corso di Laurea comprendente le denominazioni degli insegnamenti da attivare, in accordo al secondo comma dell’art. 11 della Legge 341/90. In particolare il Consiglio di Facoltà: a) definisce i criteri di valutazione e i requisiti per le prove di ammissione al CdL; b) stabilisce i corsi ufficiali di insegnamento (monodisciplinari od integrati) che costituiscono le singole annualità, nel rispetto dei vincoli fissati dal presente ordinamento; c) definisce l’articolazione dei moduli didattici coordinati dei corsi monodisciplinari, dei corsi integrati, dei laboratori e delle loro corrispondenze a frazioni di annualità o di annualità piene; d) ripartisce il monte-ore di ciascuna area fra le annualità, precisando per ogni corso la frazione destinata alle attività teorico-pratiche; e) fissa la frazione temporale delle discipline afferenti ad una medesima annualità integrata; f) attribuisce i crediti didattici nella redistribuzione del monte ore; g) istituisce i laboratori di sintesi finale offerti dalle Facoltà specificandone finalità e caratteri; h) fissa, di concerto con gli organi di governo delle Università o degli Istituti Universitari, il termine entro il quale lo studente deve presentare il piano di studio prescelto. i) in merito alle propedeuticità e al numero delle annualità di cui lo studente dovrà aver ottenuto l’attestazione di frequenza e superato il relativo esame al fine di ottenere l’iscrizione all’anno di corso successivo; l) in merito alle discipline attraverso le quali viene sviluppato il Corso di Laurea, rispettando il contenuto del comma 8 e del comma 9; m) in merito all’organizzazione dei corsi monodisciplinari e/o integrati, nonché dei laboratori, secondo percorsi didattici coerenti di cui vengono formalizzati i criteri di impostazione e le finalità

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formative, purché nel rispetto dei vincoli fissati dal presente ordinamento. Per quanto riguarda il monte delle ore attribuite, il manifesto degli studi definisce univocamente quante e quali ore sono dedicate a corsi monodisciplinari, quante e quali ore sono dedicate a corsi integrati e quante e quali ore a ciascun modulo; inoltre deve specificare pure univocamente, la titolazione di ogni corso o modulo. 9. Strutture dei laboratori e contenuti delle aree disciplinari. L’organizzazione della didattica per la formazione del dottore in Disegno Industriale si articola in tre Cicli con l’apporto delle seguenti Laboratori ed Aree disciplinari: - I Ciclo: formazione di base (800 ore) E’ dedicato alla formazione di base alla cui conclusione lo studente deve dimostrare attraverso le verifiche di profitto di aver appreso gli elementi fondamentali dell’attività del disegnatore industriale, delle metodologie specific he della progettazione dell’oggetto d’uso, della sua produzione, della storia del disegno industriale nonché le tecniche fondamentali della rappresentazione e le discipline propedeutiche al controllo tecnico del progetto. Deve saper pervenire ad una prima sintesi di progetto nei suoi aspetti estetici, tecnici e funzionali. - II Ciclo: formazione tecnico-scientifico-professionale (2100 ore). Alla fine del secondo ciclo lo studente deve dimostrare attraverso le verifiche di profitto di essere in grado di pervenire a sintesi progettuali esecutive nei campi del disegno industriale controllando anche attraverso la formazione di prototipi le procedure tecniche di produzione. - III Ciclo: specifici approfondimenti tematici e disciplinari ed esame di laurea (700 ore di cui 250 di tirocinio professionale). LABORATORI: I CICLO Laboratorio di Disegno industriale e ambientale disciplina caratterizzante: dal Settore H09A: “Progettazione ambientale”; dal Settore H09C: “Disegno industriale”; dal Settore I09X: “Elaborazione dell’immagine per la progettazione industriale”, “Normazione industriale ed ingegnerizzazione”. Laboratorio di Comunicazione visiva disciplina caratterizzante: dal Settore H11X: “Grafica”, “Percezione e comunicazione visiva”. II CICLO Laboratorio di Disegno industriale e ambientale disciplina caratterizzante; dal Settore H09C; “Disegno industriale”; Laboratorio di Architettura degli interni e allestimento discipline caratterizzanti; dal Settore H10C; “Allestimento”, “Architettura degli interni”, “Arredamento”, “Decorazione” e “Scenografia”.

Laboratorio di Tecnologia e sperimentazione di prototipi discipline caratterizzanti; dal Settore H09C; “Materiali e componenti per il disegno industriale”, “Materiali e componenti speciali per l’arredo urbano”; dal Settore H09A; “Materiali e progettazione di elementi costruttivi”, “Progettazione di sistemi costruttivi”; dal Settore I13X; “Tecnologia dei materiali metallici”; dal Settore I14 A; “Tecnologia dei materiali e chimica applicata”; dal Settore I14B; “Processi e tecnologie di produzione di plastomeri, elastomeri e fibre”. III CICLO Laboratorio di Sintesi finale Caratterizzato da una disciplina scelta all’interno delle Aree dal n.I al n.X su decisione della Facoltà. AREE DISCIPLINARI: N.B. Dai settori scientifico-disciplinari richiamati in ognuna delle Aree elencate, possono essere attivate le sole discipline dell’Art.4 del presente Ordinamento. Alla luce degli orientamenti culturali attuali e senza pregiudizio per la dinamica di sviluppo delle discipline afferenti alle Aree, si esprime la seguente formulazione dei contenuti disciplinari ritenuti necessari a comporre l’insieme del quadro formativo: AREA I CULTURA DEL PROGETTO 300 ORE Discipline: dal Settore H09A: “Progettazione ambientale”, “Cultura tecnologica della progettazione” Dal Settore H10A; “Teorie della ricerca architettonica contemporanea” e “Teorie e tecniche della progettazione architettonica”; Dal Settore H10C; “Architettura degli interni” e “Arredamento”; Le discipline raggruppate nell’Area delineano i principi teorici e le tecniche della progettazione, così come la tradizione disciplinare li ha definiti nei metodi e negli apparati strumentali. A conclusione degli studi lo studente dovrà comprendere, nei vari campi di applicazione, tanto la dimensione conoscitiva del progetto quanto la sua forza propositrice ; dovrà comprendere come, attraverso la sintesi progettuale, si risponde contemporaneamente a due diverse e contraddittorie esigenze: ci si confronta con i problemi di razionalizzazione dei processi produttivi e delle prestazioni funzionali degli oggetti; ma anche si “contraddice” la logica del modello di sviluppo attraverso soluzioni che propongono nuove funzioni, nuovi linguaggi, nuove forme e adottano nuove tecniche. Insegnamenti consigliati: - Cultura tecnologica della progettazione; - Progettazione ambientale; - Teorie e tecniche della progettazione architettonica. AREA II


STORIA E CRITICA ARTISTICA 300 ORE Settori scientifico-disciplinari: L25B+ L25C+L25D+ M05X+ M07D+ M07E +M08E+M10A+M10E+M11B Discipline: dal Settore H09C; “Teorie e storia del disegno industriale”; dal Settore H10C; “Teorie e storia dell’arredamento e degli oggetti d’uso”; dal settore H11X; “Teoria e storia dei metodi di rappresentazione “; dal Settore H12X; “Storia dell’architettura moderna”, “Storia dell’architettura contemporanea”; Le discipline raggruppate nell’Area forniscono le conoscenze generali dei fondamenti teorici e degli strumenti operativi dell’arte moderna. Forniscono inoltre, gli strumenti metodologici per lo studio analitico e la comprensione critica delle intrinseche qualità di un’opera espressa nella sua forma materiale con specifiche modalità tecniche e valori linguistici in rapporto all’uso e al suo significato nel particolare contesto economico, sociale, culturale, scientifico e in cui é stato prodotto. Insegnamenti consigliati: - Estetica; - Psicologia dell’arte; - Psicologia della percezione; - Psicologia delle comunicazione; - Semiologia delle arti; - Storia dell’architettura contemporanea; - Storia dell’architettura moderna; - Storia dell’arte contemporanea; - Storia dell’estetica moderna; - Storia della cultura materiale; - Storia della scienza e della tecnica nell’età moderna; - Teoria dei linguaggi formali; - Teorie e storia del disegno industriale; - Teorie e storia dell’arredamento e degli oggetti d’uso. AREA III DISEGNO INDUSTRIALE E AMBIENTALE 500 ORE Settori scientifico-disciplinari: H09C+H10C Discipline: dal Settore: H09A: ‘Materiali e progettazione di elementi costruttivi’’progettazione ambientale’ e ‘progettazione di sistemi costruttivi’; dal Settore: I09X: ‘elaborazione dell’immagine per la progettazione industriale’ e ‘Normazione industriale e ingegnerizzazione’.

- Materiali e componenti speciali per l’arredo urbano; - Progettazione di sistemi costruttivi; - Disegno industriale per la nautica; - Disegno industriale dei sistemi di trasporto; - Scenografia. AREA IV TECNOLOGIA DEI MATERIALI E CONTROLLO DEI PRODOTTI 300 ORE Settori scientifico-disciplinari: H09A+H09B+I1OX Discipline: dal Settore: H09C: ‘Controllo di qualità dell’oggetto d’uso’, ‘Ergonomia applicata al disegno industriale’, ‘Materiali e componenti per il disegno industriale’,’materiali e componenti speciali per l’arredo urbano’; Le discipline raggruppate nell’Area forniscono attraverso contributi teorici e il supporto delle attività di laboratorio, le conoscenze e gli strumenti: - per la formazione di prototipi di prodotti; - per la sperimentazione di materiali e soluzioni costruttive; - per le verifiche della coerenza espressiva dei prodotti rispetto ai materiali e alle tecnologie impiegate; - per i controlli di qualità degli oggetti tecnici e dei prodotti; - per la verifica delle prestazioni richieste al prodotto; - per la sperimentazione di tecnologie di progetto. L’Area comprende inoltre gli insegnamenti che forniscono allo studente un’adeguata conoscenza dei metodi d’indagine e delle tecnologie per il controllo delle risorse in termini sia ambientali che energetici, con particolare riferimento ai problemi di impatto ambientale e di integrazione dei sistemi di produzione e di distribuzione dell’energia. Insegnamenti consigliati: - Controllo di qualità dell’oggetto d’uso; - Gestione industriale della qualità; - Materiali e componenti per il disegno industriale; - Materiali e componenti speciali per l’arredo urbano; - Materiali e progettazione di elementi costruttivi; - Normazione e unificazione edilizia; - Progettazione di sistemi costruttivi; - Tecniche di valutazione e controllo dell’ambiente costruito; - Tecnologie generali dei materiali.

Le discipline raggruppate nell’ Area forniscono attraverso le attività sperimentali dei laboratori di ‘Disegno industriale’ svolte in un rapporto integrato di altre discipline, i principi teorici e gli strumenti per la progettazione di prodotti controllati attraverso il disegno particolareggiato fino alle scale esecutive, nella fattibilità, nei requisiti tecnici, nelle prestazioni d’uso, nei suoi aspetti estetici e nei significati comunicativi all’interno dei contesti socio-economici e produttivi di appartenenza.

AREA V PRODUZIONE E PIANIFICAZIONE DEL PRODOTTO DI SERIE 200 ORE Settori scientifico-disciplinari: I10X+I11X+I27X Discipline: dal Settore: H09B: ‘Programmazione e organizzazione della produzione’ e ‘Tecnologie della produzione edilizia’; dal settore: H09C: ‘Processi e metodi della produzione dell’oggetto d’uso’; dal Settore: H15X: ‘Economia ed estimo industriale’, ‘Fondamenti di economia ed estimo’ e ‘Valutazione economica dei progetti’.

Insegnamenti consigliati: - Allestimento; - Decorazione; - Disegno industriale; - Progettazione ambientale;

Le discipline raggruppate nell’area forniscono i principi teorici e gli strumenti metodologici: - per comprendere il funzionamento, la struttura imprenditoriale, le tecnologie ed i processi di produzione degli oggetti, l’uso dei materiali e delle ri-

sorse disponibili anche in relazione agli altri settori produttivi, con riferimento alle modalità di impiego dei fattori di produzione, al controllo dei costi e alla formazione dei prezzi; - governare le potenzialità dell’innovazione tecnologica nella formazione dei processi produttivi dell’oggetto tecnico; - assumere le capacità tecniche e gestionali necessarie per la formazione del prodotto di serie. Insegnamenti consigliati: - Economia dei sistemi industriali; - Economia del cambiamento tecnologico; - Economia ed estimo industriale; - Ergotecnica; - Gestione dell’innovazione e dei progetti; - Marketing industriale; - Processi di produzione robotizzati; - Processi e metodi della produzione dell’oggetto d’uso; - Programmazione e controllo della produzione; - Programmazione e organizzazione della produzione; - Studi di fabbricazione; - Sistemi di produzione automatizzati. AREA VI DISEGNO E RAPPRESENTAZIONE 300 ORE Settori scientifico-disciplinari: H11X+I09X Le discipline dell’area sono finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - formare le conoscenze teoriche e pratiche necessarie alla rappresentazione anche attraverso l’analisi del loro sviluppo storico; - esercitare tutte le tecniche grafiche, al fine di raggiungere il pieno controllo degli strumenti della rappresentazione, sia applicandoli all’analisi dei valori di uno specifico oggetto, sia al rilievo, sia al progetto; - praticare i metodi di rilevamento diretto e strumentale nonché le conseguenti tecniche di restituzione metrica, morfologica e tematica; - formare infine, la capacità di controllare il modello mentale delle forme e delle dimensioni, che è la premessa di ogni attività progettuale. Insegnamenti consigliati: - Disegno; - Disegno automatico; - Disegno di macchine; - Disegno tecnico industriale; - Fondamenti e applicazioni di geometria descrittiva; - Grafica; - Percezione e comunicazione visiva; - Tecniche della rappresentazione. AREA VII SCIENZA DEI MATERIALI 250 ORE Settori scientifico disciplinari: I08A +I13X +I14A+I14B Discipline: dal Settore: H07A: ‘Statica’, ‘Sperimentazione dei materiali, dei modelli e delle strutture’. Le discipline raggruppate nell’Area forniscono le conoscenze e gli strumenti per comprendere le caratteristiche chimiche e meccaniche dei materiali naturali ed artificiali e il loro comportamento quando utilizzati nella formazione del prodotto finito.

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Insegnamenti consigliati: - Comportamento meccanico dei materiali; - Materiali metallici; - Materie plastiche; - Scienza e tecnologia dei materiali; - Sperimentazione dei materiali ,dei modelli e delle strutture; - Tecnologia dei materiali e chimica applicata. AREA VIII SCIENZE MATEMATICHE E SCIENZE DELL’INFORMAZIONE 150 ORE Settori scientifico-disciplinari: A02A+K05A+K05B L’Area comprende insegnamenti che consentono allo studente di ottenere un’adeguata conoscenza dei concetti di base, degli strumenti e dei metodi matematici operativi dell’analisi matematica, della geometria e dell’algebra lineare necessari per affrontare i problemi di analisi e controllo tecnico della progettazione, nonché utili agli aspetti economico-estimativi. Mettono in grado lo studente di costruire semplici modelli matematici, di tradurre specifici problemi in algoritmi e quindi in program-

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mi da implementare al computer. Forniscono le tecniche fondamentali del calcolo della probabilità e della inferenza statistica nonché l’uso di metodi di approssimazione, di calcolo numerico e di programmazione. Insegnamenti consigliati: - Informatica industriale; - Informatica applicata; - Istituzioni di matematiche; - Fondamenti di informatica. AREA IX SCIENZE STATISTICO SOCIALI ED ECONOMICHE 100 ORE Settori scientifico-disciplinari: P01B +P01I +P02A+P02B+P02C+Q05B+S01B L’Area raccoglie le discipline finalizzate alla comprensione dei principali meccanismi economico istituzionali e sociali della progettazione e della produzione di oggetti. Le discipline forniranno i principi teorici e gli strumenti metodologici: - per comprendere i meccanismi economici fonda-

mentali che determinano il funzionamento del mercato; - i fattori sociali e culturali dello sviluppo economico e della formazione della domanda; - mutamento sociale e le principali tendenze delle società industriali mature. Insegnamenti consigliati: - Economia e direzione delle imprese industriali; - Marketing; - Sociologia delle comunicazioni di massa. AREA X SCIENZE FISICHE E FISICHE APPLICATE 100 ORE Settori scientifico-disciplinari: B01A+I05A+I05B L’Area comprende gli insegnamenti che hanno come proprie tematiche quelle della Fisica e delle sue applicazioni. In particolare: la termodinamica applicata, la trasmissione del calore, la meccanica dei fluidi, l’acustica e l’illuminazione. Insegnamenti consigliati: - Fisica generale; - Fisica tecnica.




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