atlante degli insegnamenti di disegno
architettura
firenze architettura
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atlante degli insegnamenti di disegno
FIRENZE
Periodico semestrale Anno VIII n.2 Euro 7 Spedizione in abbonamento postale 70% Firenze
2.2004
In copertina: La Cupola di Santa Maria del Fiore di Firenze disegno a china
Periodico semestrale* del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura viale Gramsci, 42 Firenze tel. 055/20007222 fax. 055/20007236 Anno VIII n. 2 - 2° semestre 2004 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997 Prezzo di un numero Euro 7 numero doppio Euro 10 Direttore - Marco Bini Coordinamento comitato scientifico e redazione - Maria Grazia Eccheli Comitato scientifico - Maria Teresa Bartoli, Roberto Berardi, Giancarlo Cataldi, Loris Macci, Adolfo Natalini, Paolo Zermani Capo redattore - Fabrizio Rossi Prodi, Redazione - Fabrizio Arrigoni, Valerio Barberis, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Fabio Fabbrizzi, Francesca Mugnai, Giorgio Verdiani, Claudio Zanirato Info-grafica e Dtp - Massimo Battista Segretaria di redazione e amministrazione - Gioi Gonnella tel. 055/20007222 E-mail: progeditor@prog.arch.unifi.it. Proprietà Università degli Studi di Firenze Progetto Grafico e Realizzazione - Centro di Editoria Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Fotolito e stampa Saffe, Calenzano (FI) Finito di stampare settembre 2004 *consultabile su Internet http://www.unifi.it/unifi/progarch/fa/fa-home.htm
FIRENZE
architettura 2.2004
editoriale Corso di Laurea in Architettura
Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura
Il disegno e l’architetto Marco Bini Disegno, forma, progetto Marco Bini Conoscere per comunicare Enrico Puliti Frammenti di architettura Elena Fossi La geometria come mezzo di controllo della forma Roberto Corazzi A proposito di didattica per la Geometria Descrittiva Barbara Aterini Alcune note sul rilievo dell’architettura Emma Mandelli Esperienze di rilievo integrato Maria Teresa Bartoli Esperienze di rilievo Stefano Bertocci Rilevare e rivelare Marcello Scalzo Misura e temi del paesaggio Carolina Capitanio Tra vero e apparente Giovanni Pratesi Disegnare per punti e vettori Giorgio Verdiani Tre piccoli passi Alessandro Capellaro Il problema della visione Cecilia Maria Roberta Luschi Da immagine a misura Roberto Corazzi Lettura delle prime tre scale grandi del costruito: territoriale, urbana, edilizia Alessandro Merlo Venti anni dopo ... Marcello Scalzo Disegnare architettura Marco Bini La rappresentazione dello spazio Alessandro Bellini Disegnare l’idea Paola Puma Falso d’autore… il taccuino di viaggio fra sperimentazione personale e studio documentario Sylvie Duvernoy Disegno tra lettura e trascrizione Cecilia Maria Roberta Luschi Il disegno del “luogo” Francesco Tioli Le “difficoltà” della geometria Carmela Crescenzi Disegno automatico e fondamenti geometrici Amedeo Giovanni Giusti Arte, architettura e rilievazione Marco Jaff La rappresentazione digitale dello spazio dell’architettura Carmela Crescenzi
Rappresentar città e ambiente Marco Vannucchi La trama delle appartenenze Marco Cardini Analisi grafica degli elementi costitutivi Raffaele Moschillo La geometria del prodotto industriale Roberto Corazzi Da proiezione parallela a prospettiva Barbara Aterini Immagini virtuali e oggetti d’uso Giovanni Pratesi La rappresentazione dello spazio Lorenzo Bianchini Corso di Laurea in Progettazione della Moda Disegnare per la moda: l’idea, il progetto la realizzazione Paola Puma Corso di Laurea in Tecnologie per la Conservazione dei Beni Culturali Rilievo e conservazione Marco Bini Corso di Laurea in Ingegneria Edile Il disegno esecutivo, dallo studio alla comunicazione Sylvie Duvernoy Scuola di Specializzazione in Storia Analisi e Valutazione dei Beni Culturali Rilievo e conoscenza storica Marco Bini Il rilievo per l’archeologia Scuola di Specializzazione in Archeologia Marco Bini con Alessandro Bellini, Stefano Bertocci e Marco Jaff Insegnare ad insegnare la scienza della rappresentazione Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Superiore Barbara Aterini Indirizzo dell’Arte e del Disegno
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Corso di Laurea in Urbanistica e PianificazioneTerritoriale ed Urbana
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Corso di Laurea in Disegno Industriale
eventi e letture
a cura di: Sylvie Duvernoy, Emma Mandelli, Giuseppina Carla Romby, Barbara Aterini
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Il disegno e l’architetto Marco Bini
Questo numero della rivista vuol documentare l’apporto del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura all’insegnamento delle discipline del Disegno nella Facoltà di Architettura ed in alcuni Corsi attivati presso altre Facoltà fiorentine: Disegno inteso nel senso più ampio del termine che coniuga da una parte tutte le procedure della trascrizione grafica geometrico-formale e dall’altra le metodiche della quantificazione e della determinazione degli aspetti dimensionali dell’architettura e dell’ambiente. L’apporto quantitativamente maggiore e differenziato nei suoi contributi è fornito ai corsi di Architettura in classe 4 e 4/S, mentre per gli altri corsi è il carattere specialistico e settoriale che prevale. Il complesso delle discipline, senza trascurare quanto le nuove tecnologie informatiche hanno fornito e che continuano a dare nella definizione di procedure ed esiti, trova naturalmente le sue radici nella tradizione quando l’attività del disegnatore, in particolar modo nel Rinascimento, non era mai praticata settorialmente, ma assorbiva globalmente sforzi ed interessi da parte dei grandi maestri. Tutte le arti figurative non erano altro che espressioni differenti di un’unica e unitaria mentalità, e il denominatore formativo comune, per la conquista di tale mentalità e per la possibilità di operare nel campo delle arti figurative, era appunto riconosciuto nello studio del Disegno. Prova inconfutabile di ciò è il fatto che la Pittura, la Scultura e l’Architettura erano raggruppate sotto il termine sintetico di “Arti del Disegno” e gli artefici che indifferentemente praticavano l’una o l’altra, erano denominati “Maestri del Disegno”. In questo quadro culturale il disegno fine a se stesso, vale a dire l’arte del dise-
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gno, aveva tutta la dignità che competeva ad una attività superiore dell’uomo. Il disegno strumentale invece, cioè il grafico di architettura e, più in generale qualsiasi altro tipo di grafico rappresentativo o esplicativo, era praticato con la preoccupazione di renderlo innanzitutto chiaro e leggibile a chiunque. Non si potrebbero giustificare in altro modo le profonde differenze riscontrabili nella produzione grafica di uno stesso maestro di quel periodo nella pratica dell’arte del disegno o nell’eseguire grafici strumentali per la rappresentazione delle sue idee; mentre nel primo caso, il disegno è ricco di contenuti espressivi, nel secondo caso è più strumentalmente efficace, cioè chiaro e simbolicamente rappresentativo, senza sconfinare mai in suggestioni fini a se stesse. I due tipi di disegno riflettevano realtà nettamente separate. Anche il Vasari, nella sua introduzione alle Vite, accredita questa posizione sostenendo che prima si imposta lo schizzo e da questo vengono poi “…rilevati in buona forma e con più amore e fatica i disegni…”, confermando quanto i due momenti, l’uno propedeutico all’altro, approdassero a risultati ben distinti. Ci sembra doveroso a questo punto, dare o cercare almeno di dare, alcune indicazioni sui termini “disegno” e “rappresentazione” stabilendo quale sia il possibile e giusto valore da attribuire ai termini stessi nell’ambito del nostro discorso; coscienti che una netta definizione sia sempre comunque parziale. La rappresentazione architettonica ed il disegno dell’architettura sono il tramite più comune all’approccio con l’edificio reale. Il maggior numero di casi in cui si verifica questo rapporto tra il disegno e
l’architettura è individuabile nell’ambito dell’educazione all’architettura. Disegnare da un certo momento in poi è sempre stato considerato esercizio irrinunciabile nell’organizzazione degli studi: il disegno era la palestra dell’Architettura ed ancor oggi lo è. I disegni costituivano un abaco di soluzioni compositive e formali da imitare: per questa ragione era importante riuscire a disegnare coerentemente l’oggetto osservato e studiato. Alberti stesso affermava che: “…tutti gli edifici dell’antichità che potessero avere importanza per qualche rispetto, io li ho esaminati, per poterne ricavare elementi utili. Incessantemente ho rovistato, scrutato, misurato, rappresentato con schizzi di tutti i contributi possibili che l’ingegno e la laboriosità umana mi offrivano”. Il metodo di rappresentazione che viene preferito ci informa peraltro su chi lo ha scelto oltre che sull’opera riprodotta. Le proiezioni ortogonali, le assonometrie, le prospettive, oltre ad essere, ciascuno per le proprie caratteristiche, strumento di indagine della realtà, ci esprimono anche il valore da dare al disegno stesso. La finalità del disegno è strettamente correlata al suo sistema di rappresentazione e per ogni aspetto della realtà c’è una metodologia di indagine per cui si possono avere vari punti di vista di uno stesso problema. Il disegno con finalità mensorie pure e semplici si riferirà al sistema metodologico delle proiezioni ortogonali; il disegno con finalità di individuazione e definizione di rapporti spaziali si riferirà alla metodologia assonometrica, un disegno che indaga il tipo di percezione e di approccio all’oggetto userà il metodo della rappresentazione di tipo prospettico. In qualsiasi modo si voglia approntare,
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una Storia del Disegno di Architettura dovrebbe essere ancorata a quel sentimento del tempo che definisce le varie ere come periodi temporali più o meno omogenei e che vengono assunti come punti di riferimento per proporne poi altri più particolari all’interno di questi. La storia, letta secondo una visuale ampia, non come un verticale succedersi di date ed eventi ma come un panorama letto orizzontalmente in cui ogni avvenimento, movimento culturale, politico, etico e sociale vengono messi in relazione fra loro, individuando la coscienza maturata nel contesto temporale che viene analizzato. Se il “progetto” è la prefigurazione di uno scenario futuribile e l’architettura è la modifica di un ambiente, si rende necessario il controllo delle spazialità qualunque esse siano. Nel tempo questi principi di controllo non erano insiti nel disegno ma nei procedimenti matematico geometrici; operazioni di giustapposizione di aree, allineamenti e dimensionamenti precostituiti regolavano l’opera
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architettonica secondo una serie di passaggi meccanici il cui apparato giustificativo e di controllo era delegato totalmente al momento matematico e geometrico euclideo. Successivamente il controllo e la gestione delle spazialità fu affidata ai modelli che, necessariamente in scala ridotta, costituivano la guida per i capomastri direttamente in cantiere dove il modello stesso cresceva con l’avanzare dei lavori. Man mano nascono regole di disegno che sopperiscono al modello ma certamente non completamente. L’operazione di profondo cambiamento effettuata da Brunelleschi è appunto quella di traghettare le regole dalla tela al cantiere, forse per un banale risparmio di tempo e non per una raffinata ricerca formale del disegno in sé. Appare tuttavia plausibile supporre a questo proposito due fasi essenziali. Una prima fase è databile fino alla seconda metà del XIII secolo quando, con molta probabilità, non si eseguivano disegni di architettura. Successivamente nascono i taccuini, quale quello di Villard
Honencourt, come abaco di soluzioni architettoniche per affrontare in maniera più spedita problemi statici e tecnologici; in questo caso si disegnava l’architettura costruita e il modo in cui era disegnata obbediva alle regole, se pur grossolane, della proiezione ortogonale. Oggi il disegno tradizionale è stato soppiantato da un fenomeno ben più complesso e variegato: il disegno al computer e plottato. I vari software fra cad 2d e 3d, rendering e sistemi di raddrizzamento hanno intrinsecamente potenzialità infinite di applicazione ed è bene chiarire che l’iter progettuale ha subito un profondo cambiamento rispetto a quello legato all’uso dei sistemi tradizionali. In dieci-quindici anni si è attuata una vera e propria rivoluzione nel concepire l’architettura ed ancor più nella restituzione. Un disegno molto accurato e preciso sin nei minimi dettagli che viene plottato può risultare freddo, inespressivo privo di una qualsivoglia tensione che il tratto disegnato a mano invece dà. Due sono le ragioni che in
qualche modo coesistono: l’una è la non abitudine alla nettezza di un elaborato; l’altra è che non si tratta di un disegno ma appunto di un elaborato. Per spiegare questo dobbiamo riferirci ad una categoria ontologica che non è insita nel disegno di architettura ma che da questo è presa in prestito alla filosofia, il sentimento; il disegno di fatto, ed è ineluttabile, è nelle mani degli architetti che lo esercitano senza mediazioni strumentali. Anche se una matita o una penna a china possono essere considerate strumento, queste sono direttamente il prolungamento della mano che guida ed organizza il tratto, mentre il plotter no; non a caso talvolta si esegue questa operazione di notte affinché l’indomani gli elaborati possano essere pronti per essere utilizzati: l’elaborato è disgiunto da chi ha ideato la forma, è altro dal suo essere. Possiamo allora ritenere che il disegno non sia la realtà ma una sua interpretazione dove attraverso la geometria, questo esprime consapevolezza della perfetta non univocità delle sue rappresen-
tazioni rispetto ad una realtà data o immaginata. Nella complessità di questo quadro disciplinare si muovono quindi i vari insegnamenti a cui gli afferenti al Dipartimento di Progettazione dell’Architettura di Firenze danno i propri contributi di ricercatori, studiosi e docenti. Modalità e procedure si differenziano all’interno di ogni singolo corso di laurea o insegnamento, evidenziando la ricchezza di punti di vista con cui è possibile sperimentare la didattica del disegno a seconda delle finalità del percorso didattico di riferimento. Forma, geometria, materia, misura di manufatti di piccole dimensioni, di architetture, di porzioni di città o territorio, costituiscono sempre l’oggetto del rappresentare, dell’analizzare, dello sviscerare, del conoscere che sempre comunque costituisce il primo indispensabile atto di presa di coscienza delle possibilità di trasformazione e quindi di progetto. Se da una parte abbiamo dunque il compito di fornire consapevolezza nell’uso degli strumenti di base del fare del-
l’architetto, dell’urbanista, del designer, dall’altra non possiamo esimerci dal contribuire ad approfondimenti disciplinari che, affiancando esperti in altri campi, si possono intraprendere. Mi riferisco ai contributi per la messa a punto di procedure e metodologie per la documentazione metrica (e non solo) dei manufatti a carattere archeologico, o all’indispensabile apporto della rilevazione per l’accertamento delle cronotipologie murarie e delle trasformazioni degli elementi costitutivi dell’architettura finalizzato sia alla conservazione del manufatto, ma anche alla valutazione delle potenzialità di quanto a noi pervenuto attraverso il filtro del tempo. Non ultimo fra i temi che interessano il nostro settore è poi il problema dell’insegnare “a insegnare il disegno” che alcuni di noi stanno perseguendo all’interno dei corsi di specializzazione finalizzati all’ottenimento di abilitazioni alla docenza in scuole superiori.
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Marco Bini
Disegno, forma, progetto CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA DISEGNO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Nicoletta Brunori Angela Culcesi Pietro Romano Gianni Sani
1 Spazio e architettura trovano nel disegno a schizzo le loro relazioni formali e materiali
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Ogni figurazione, condotta mediante un tracciato lineare più o meno complesso, può definirsi disegno. Ma proprio perché il disegno è “semplificazione”, è modo di esprimersi e anche scelta, analisi, studio; è quindi un elemento selettivo e critico e la rappresentazione è una forma di conoscenza dell’architettura, che costituisce un passaggio importante del percorso che arriva al progetto. Chi si occupa di architettura, ed in particolare del progetto architettonico, deve per questo essere in grado di esprimersi graficamente, in maniera completa, e deve avere con questo mezzo un grado di dimestichezza tale che l’atto del disegnare non costituisca ostacolo materiale alla trasmissione della forma indagata/progettata, ma possa svolgendo ciò che a poco a poco nasce, cresce e prende forma nella mente. Questa facoltà di esprimersi graficamente con rapidità e gesto sicuro, si acquista con pazienza e con esercizio continuo, ma soprattutto con l’osservazione attenta di ciò che ci circonda e in particolare di ciò che vogliamo riprodurre graficamente. Per il disegno, quando è ricerca nel campo dell’architettura, vale dunque la norma che gli assegna il compito di mettere in relazione la forma con la sua genesi facendo acquisire una somma di conoscenze che permettano di risalire dal segno alle fonti delle operazioni e viceversa. Per disegnare correttamente un oggetto occorrerà quindi conoscerlo intimamente, al di là della sua stessa conformazione, e l’osservazione, nel senso più lato del termine, è lo strumento principe per conoscere un’opera d’architettura, un territorio, un oggetto. Il disegno poi si misura sempre in relazione ad un obiettivo: un disegno è bello in quanto è “giusto”, in quanto è adeguato all’oggetto che studia; assume così un ruolo di educazione alla comprensione interna delle cose, denunciando le relazioni che ne formano la struttura profonda e che ci mettono in grado di conoscere il significato e le possibili conseguenze in caso di modifi-
cazione dei parametri dati. In questo modo la rappresentazione grafica passa da strumento puro e semplice di trascrizione, a parte integrante dei processo conoscitivo dello spazio. Ma disegnare significa, in un certo senso, appropriarsi della cosa rappresentata, in quanto il disegno è operazione che consente di vedere e conoscere secondo un procedimento critico che obbliga a “smontare” ciò che vogliamo rappresentare. Il disegno d’architettura è quindi tramite indispensabile per esprimere chiaramente ciò che la parola non descrive compiutamente: non può considerarsi solo come rappresentazione grafica dell’idea, ma è l’idea stessa, che si materializza sul foglio bianco, acquistando forma, dimensione, colore, fissando inoltre immagini che, riviste, richiamano alla memoria luoghi, spazi, tecnologie, materiali, colori, funzioni, eventi e sensazioni. Come gli oggetti costituiscono l’elemento portante e strutturante della memoria, così lo spazio è il luogo ove possono collocarsi i riferimenti della memoria stessa. In altre parole spazio ed oggetti possono trovare nel disegno la loro relazione formale, dimensionale, materiale, evocando accadimenti di un tempo passato, ma anche procedure e intendimenti di un tempo futuro, in altro modo difficilmente ‘materializzabili’. Questo è il senso principale di tanti sforzi: riprodurre e rigenerare l’esistente attraverso un metodo scrupoloso che si avvalga, volta per volta, di puntigliose informazioni su rapporti e connessioni dell’insieme o sulla conformazione dei dettagli. Il che procura quella sicurezza che è il pregio migliore di ogni buon disegno, quasi fosse il risultato di una fusione tra il segno e l’idea dell’oggetto o l’oggetto stesso. Il disegno è quindi strumento importante all’interno dei processi di ideazione del progetto, e strumento indispensabile per il controllo e la trasmissione dello stesso in senso tecnico-costruttivo; ma questi aspetti non sono indifferenti e tanto meno neutrali rispetto alle “idea di architettura” che descrivono.
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Enrico Puliti
Conoscere per comunicare CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA DISEGNO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Massimiliano Masci Francesca Giorgi Beatrice Naldi
1 Sabina Pellegrino Battistero di San Giovanni a Firenze: parte della facciata sud Leggere il colore: prove di colore realizzate con tecniche diverse. Dall’alto verso il basso: pastelli a cera, matite colorate, lapis, colori a tempera con matite acquerellabili, acquerelli, acquerelli con matite acquerellabili 2-3 Marina Raimondi Battistero di San Giovanni a Firenze: parte della facciata sud-ovest Leggere il colore: prove di colore realizzate con tecniche diverse. Da destra verso sinistra: pastelli ad olio, matite acquerellabili, colori a tempera Capire il colore: tavola realizzata con pastelli ad olio 4 Giovanni Diotalevi Piazza del Duomo a Firenze: edificio in angolo con via del Proconsolo Lettura dell’oggetto: assonometria monometrica Tavola originale in scala 1:50 5 Arturo Gaetani Via A. Verrocchio a Firenze: portone presso il ristorante Cibreo Lettura del particolare architettonico: prospetto Tavola originale in scala 1:10 6 Giovanni Diotalevi Piazza del Duomo a Firenze: settore urbano lato via del Proconsolo Lettura dell’ambiente: planimetria, prospetto e sezione. Tavola originale in scala 1:200 7 Elisa Molinu, Francesco Mini, Silvia Nepi Piazza Santa Croce a Firenze: edifici lato sud Lettura dell’oggetto: prospetto Tavola originale in scala 1:50
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Disegno per conoscere e per comunicare, disegno contrattazione del mondo, disegno per ricordare e produrre bellezza, per desiderarla e possederla, momento erotico di spoliazione dell’oggetto d’amore, corteggiamento continuo di un imprendibile e seducente incanto: la visione. (M. Bertozzi, in Perturbazioni Firenze. Ricerche in architettura, Firenze 1992)
“Conoscere” per comunicare e comunicare per mezzo di “linguaggi” elementari comprensibili all’uomo: il disegno e la musica, ancor prima del gesto, della parola o della scrittura. Disegno per “rappresentare” ciò che è stato “letto” della realtà, disegno per raccontare la propria fantasia e creatività, disegno e musica per esprimere uno stato d’animo. I primi due costituiscono il campo in cui l’architetto dovrebbe riconoscersi meglio, gli altri riguardano il mondo in cui dovrebbe essere più operativo l’artista; con questo senza togliere all’architetto la possibilità di essere anche artista e viceversa. Lettura (conoscenza) e rappresentazione (comunicazione): due termini da considerare, perciò, come un unico corpus dell’indagine, ma ognuno con propri aspetti e problemi. Entra in giuoco, a questo punto, la figura dell’operatore, nella fattispecie l’architetto, il quale con la sua poliedrica formazione, la sua sensibilità, la sua curiosità e fantasia, la sua intuizione, ma soprattutto con tanta umiltà, mette in atto una serie di strategie e conoscenze che tendono a comprendere l’organismo architettonico (ma non solo) nel suo più profondo significato e quindi a raccontarlo. Certo che non è possibile, o quanto mai molto difficile, trasmettere ad altri correttamente e in modo comprensibile una conoscenza acquisita se non si è “compresa” profondamente in tutti i suoi aspetti. Ciò che colpisce principalmente l’operatore in una prima fase conoscitiva cioè di presa di coscienza dell’oggetto, è certa-
mente la sua forma ed il colore (non necessariamente nello stesso ordine in quanto può predominare l’una o l’altro secondo come esso si presenta). Quest’ultimo, il colore, in ogni caso dà quella sensazione che bene o male permette di definire la forma dell’oggetto stesso. In questa fase è quindi importante “dominare” spazialmente ambedue e sensibilizzarsi agli aspetti storici, esistenziali e ambientali, iniziando a “buttare giù” i primi “schizzi” d’impressione. In una seconda fase, di conoscenza soggettiva, è interessante “controllare” l’organismo nelle sue proporzioni muovendosi intorno ad esso e al suo interno allo scopo di eseguire idonei schizzi ben proporzionati di schemi, piante, prospetti, sezioni e quant’altro occorra per coglierne la maggiore “realtà” possibile. Nella fase successiva, la terza, di conoscenza oggettiva, l’operatore esegue la lettura “metrica” dell’oggetto e dei suoi particolari architettonici, utilizzando i disegni fatti in precedenza, predisponendoli in modo appropriato (progetto delle quotazioni) per poterci trascrivere tutte quelle misure che occorrerà prendere sul campo. Infine con la quarta fase, di trasmissione, si comunicano ad altri i dati acquisiti nelle fasi precedenti. L’operatore tenterà, in base alle sue capacità, di comunicare al lettore, con l’aiuto di idonei elaborati definitivi, tutta una serie di “sensazioni” ricevute durante l’operazione di “simbiosi” venutasi a creare tra lui stesso ed il manufatto architettonico. La comunicazione, d’altra parte, deve avvalersi del giusto linguaggio comprensibile da colui che deve riceverlo; per quanto riguarda l’allievo architetto e poi il professionista architetto, lo strumento principale del suo comunicare ad altri ciò che lui stesso vuole e deve esprimere, è in prima istanza il disegno con tutte le sue varianti. In seguito può e deve perfezionare il suo discorso con l’apporto di altri mezzi per ottenere una rappresentazione mirata (cioè rivolta all’interlocutore di “turno”.
A tale scopo esistono molti modi e mezzi per esprimersi con il disegno: il disegno tecnico più o meno accurato e rivolto all’ambiente specialistico (ingegnere, geometra, amministrazioni, ecc.); il disegno “raffinato”, aiutato magari con dei bei plastici ed elaborato fino ad ottenere “la rappresentazione grafica ottimale” per essere meglio capito da “quel” cliente non particolarmente a conoscenza di tale linguaggio; il disegno che si avvale dei più sofisticati mezzi mediatici. In ultima analisi, però, il colore e la forma sono fra gli aspetti più chiari e comprensibili per trasferire in grafici la lettura e l’idea architettonica dell’operatore.
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Elena Fossi
Frammenti di architettura CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA DISEGNO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Michele Cornieti
1 Citi Giorgio Geometrie e colori delle tarsie marmoree della facciata del Duomo di Pisa. Le decorazioni geometriche sono il risultato di un’esatta distribuzione dello spazio piano secondo assi di simmetria e rispondono al criterio della doppia specularità. La genesi geometrica si ottiene con l’intersezione di circonferenze, e con l’inscrizione di poligoni regolari come triangoli e quadrati. A.A. 2003-’04 2 Carotti Silvia Tarsie marmoree presenti sulla facciata principale della Badia Fiesolana a San Domenico, Fiesole. Studio delle geometrie piane e trattamento cromatico. A.A. 2003-‘04 3 Citi Giorgio Rilievo a vista e misurato di una volta del complesso didattico di Santa Verdiana a Firenze. Il rilievo dell’aula studenti è stato eseguito durante il corso di Disegno dell’Architettura, finalizzato alla rappresentazione dello spazio voltato e dei suoi dettagli decorativi. Rappresentazione in pianta, sezione ed assonometria a filoferro. A.A. 2003-’04 4 Daria Ballerini Portico sul fronte principale del Palazzo del Comune a Prato. Il loggiato è ad arcate ellittiche segnate da una ghiera e da un concio in chiave; le volte sono a crociera generata dall’intersezione di superfici cilindriche ellittiche su campata quadrata; i pilastri sono ornati da lesene tuscaniche che reggono una cornice marcapiano. A.A. 2003-’04
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I contenuti di queste note espongono la metodologia didattica sperimentata dall’autore nel corso di Disegno dell’Architettura tenuto negli ultimi tre anni accademici. L’obiettivo è stato quello di fornire agli studenti del primo anno, gli strumenti ed i metodi per la comprensione e la rappresentazione grafica dell’architettura e dell’ambiente. Dopo un primo ciclo di lezioni introduttive sulle tecniche grafiche e sui sistemi di rappresentazione, sono state svolte lezioni teoriche sulla forma, la geometria, la tecnica ed i materiali degli elementi costituenti l’architettura. A breve si sono svolte applicazioni pratiche che hanno permesso, sia al docente sia allo studente, di verificare il livello del progressivo apprendimento, allenando e contemporaneamente stimolando il disegnatore. Il fondamentale binomio teoria-pratica è stato introdotto su quasi tutti gli argomenti del corso. Le lezioni sulle tecniche grafiche, per esempio, sono seguite da esercitazioni sul Tracciamento delle linee a mano libera, le Variazioni grafiche a confronto, il Falso d’autore, l’Acquerello nella rappresentazione dell’architettura e del paesaggio; mentre la teoria e le nozioni trasmesse sugli ordini architettonici sono applicate rilevando a vista una colonna ed una cornice decorativa presente attorno ad una porta. La comprensione delle forme dell’ar-
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chitettura, indispensabile per la rappresentazione, è sollecitata con svariate esercitazioni di rilievo a vista partendo dagli elementi architettonici semplici di carattere prevalentemente bidimensionale, come porte, finestre, pavimenti, paramenti, e giungendo fino alla rappresentazione di elementi più complessi per la loro articolazione spaziale: volte e scale in muratura. L’analisi è prevalentemente di tipo geometrico, morfologico e materico. La rappresentazione per esempio delle tarsie marmoree è affrontata analizzandone prima la composizione geometrica con l’intersezione dei poligoni e degli archi generatori, poi trattando il frammento di architettura con il colore . Lo stesso concetto è applicato alle volte ed alle scale in muratura, rappresentate con pianta, prospetto, sezioni e successivamente analizzate con uno schema assonometrico in spaccato o a filoferro. L’osservazione delle volte composte, l’esame delle relative linee direttrici e generatrici, favoriti dal rilievo a vista, pongono lo studente di fronte all’effettiva comprensione di uno spazio tridimensionale, articolato con superfici curve fra loro intersecate e con elementi costitutivi dell’architettura: peducci, capitelli, modanature che richiedono la rappresentazione di dettaglio.
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Roberto Corazzi
La geometria come mezzo di controllo della forma CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA FONDAMENTI ED APPLICAZIONI DELLA GEOMETRIA DESCRITTIVA Collaboratori: Tania Cambi Giovanni Anzani Stefania Marini Daria Monti Giovanna Taddei
1 Cristian Montani Prospettiva del campanile di san Prospero
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Il Rapporto tra il Disegno, inteso come espressione grafica di un progetto e la sua realizzazione ha da sempre costituito una dicotomia. Già l’Alberti, infatti, aveva scomposto, per una migliore esposizione, l’“Architettura” in due discipline, affermando come quest’ultima “si compone del disegno e della costruzione”, vale a dire del progetto e della tecnologia necessaria alla sua costruzione. Ma il confine fra questi due momenti di uno stesso processo, sia pur così distinti, non è stato mai precisamente segnato. L’Ecole Politecnique, espressione dell’illuminismo e rappresentata per tutto l’800 dalla personalità di Gaspard Monge, accentua questa separazione con la creazione di due figure distinte: quella dell’Architetto e quella dell’Ingegnere. Punto di unione tra i due è e rimane il Disegno, mentre il primo ne previlegia le qualità stilistiche, il secondo lo subordina alle proprietà tecnico-scostruttive. Pur nascendo da valori e finalità diverse, il Disegno rimane in entrambi il punto espressivo massimo del loro operato. Si rimane ogni volta stupefatti di fronte alle illustrazioni di certe enciclopedie o manuali edili, nei quali la correttezza formale dei particolari costruttivi dei prospetti, sezioni, ombre acquerellate è sempre accompagnata da un rigore ed al tempo stesso da una ricchezza di tratto, degni di una sapiente capacità espressiva. Nel corso del 900 queste “proprietà” si sono sempre più inaridite tanto che con gli anatemi sul Disegno di Zevi – barando sul suo significato di fine e non di mezzo quale esso è - si è definitivamente ridotto il complesso statuto della rappresentazione espropriandone in un sol colpo tutta l’eredità culturale. L’impegno è quello di sollecitare lo studio della geometria, direi quasi in maniera coercitiva, in due aspetti: quello di educare la propria coscienza e visualizzare e pensare in tre dimensioni, sia quello di creare un mezzo e strumento di progettazione. Quindi la
geometria non è uno strumento per rappresentare, ma un mezzo per controllare le immagini delle idee e le idee immaginate, per “descrivere ed analizzare le forme geometriche e le relazioni reciproche degli oggetti”. Lo scopo delle esercitazioni è quindi non solo la conoscenza della geometria in quanto tale, ma la sua padronanza tecnica, la sua trasformazione da mezzo analitico a intuizione e soluzione grafico spaziale per la rappresentazione e descrizione dei volumi architettonici e non, la metamorfosi degli enti geometrici e delle loro proprietà in fatti riconducibili e riconoscibili nell’architettura nel suo rilievo, nel suo percorso progettuale. Devo aggiungere che la geometria, oltre che strumento fondamentale per la stesura del processo progettuale e per la sua verifica, risulta essere anche strumento per la ricerca dei rapporti geometrici e dei tipi di forme di cui sono costituiti i vari esempi architettonici di grande interesse. In qualsiasi caso, comunque, è fondamentale riuscire con pochi e significativi segni a far comprendere le “idee immaginate” nel caso del progetto, e far capire la metodologia di ricerca, gli elementi geometrici ed i rapporti metrici caratterizzanti. Credo che sia fondamentale far capire cosa accade nello spazio e questo si risolve avvalendosi di “modelli spaziali” e più precisamente di visualizzazioni spaziali. Queste risultano essere sempre le stesse qualsiasi sia il tipo di proiezione presa in considerazione; quello che varia risulta essere la rappresentazione in proiezione e di conseguenza le regole che devono essere applicate per poter determinare l’immagine. È evidente l’importanza di rendersi conto di quello che avviene nello spazio e la rappresentazione sul foglio da disegno; risolto il meccanismo spazialmente, risulta essere di facile risoluzione riconoscere tutte le regole di ciascuna proiezione.
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Barbara Aterini
A proposito di didattica per la Geometria Descrittiva CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA FONDAMENTI ED APPLICAZIONI DELLA GEOMETRIA DESCRITTIVA
1 Paolo Renieri Torre del Mangia a Siena Prospettiva Parallela 2 Paolo Renieri La Torre del Mangia a Siena Costruzioni in Prospettiva Parallela
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Scrivere a proposito di didattica per la geometria descrittiva mi offre la possibilità di parlare di un esperimento che ho condotto in questi ultimi anni: la spiegazione e l’utilizzo di un metodo di rappresentazione che ho chiamato appunto “Prospettiva Parallela” perché si basa sulla proiezione parallela. In genere questo metodo viene spesso identificato con l’assonometria, anche perché il risultato è simile ad una vista assonometrica dell’oggetto, ma non ha niente a che vedere con le proiezioni assonometriche se non il fatto che, come per queste ultime, si tratta di una proiezione da un punto improprio. Questo, peraltro, è ciò che avvicina la prospettiva parallela al metodo delle proiezioni ortogonali, poiché si tratta di proiettare da un centro posto a distanza infinita in direzione perpendicolare al quadro. Colgo l’occasione, dunque, per fare alcune precisazioni su questo metodo che è scaturito dai miei studi sulla rappresentazione degli oggetti tridimensionali su di un piano, cioè sul foglio da disegno: il presupposto da cui è partita la ricerca in questione è il fatto che la vista tridimensionale più utile nella nostra professione è quella assonometrica, poiché la prospettiva risponde a certe esigenze, ma può falsare le dimensioni e la forma dell’oggetto, mentre le proiezioni ortogonali sono utili per disegnare ciò che sta sui due piani di proiezione, cioè pianta e prospetto. Ma per avere una visione in tre dimensioni è necessario far riferimento al piano generico. Per ottenere una rappresentazione biunivoca occorre disegnare, come è noto, due diverse proiezioni, cioè due immagini del medesimo oggetto; cosa laboriosa, poiché ogni punto deve essere sempre rappresentato tramite prima e seconda immagine; si disegna quindi due volte ciò che basterebbe disegnare una sola volta. L’alternativa a questi due metodi di rappresentazione è sempre stata l’assonometria, studiata ed elaborata dai matematici; questi si sono allontanati dal concetto di proiezione per addentrarsi
in calcoli e dimostrazioni più consone al loro modo di pensare, presentando oggi risvolti poco pratici per la lungaggine dei suoi procedimenti. Ecco dunque l’esigenza di sperimentare un metodo più veloce e diretto che comunque sia scientificamente valido e permetta di operare più celermente. Così mi sono chiesta se fosse possibile arrivare al medesimo risultato più velocemente, realizzando una sola proiezione ortogonale; in tal caso si sarebbe mantenuta la corrispondenza biunivoca necessaria. La risposta è risultata affermativa, ma solo se si fa in modo che la proiezione ortogonale sia accompagnata da un altro elemento: il ribaltamento degli elementi geometrici fondamentali: punti, rette, piani. Risulta indispensabile, cioè, conoscere la distanza di ciascun punto dal quadro (detto anche piano di proiezione) misurata sui ribaltamenti del raggio proiettante. Così, ad esempio, un punto è individuato dalla sua proiezione perpendicolare al quadro e dal suo ribaltamento su di esso. In termini proiettivi, quindi, viene individuato sempre da due proiezioni: una da un centro improprio in direzione perpendicolare al quadro e l’altra da un centro improprio nella direzione della corda dei ribaltamenti. Questo metodo di rappresentazione prevede la proiezione di figure dello spazio sul foglio da disegno, in modo che sussista una corrispondenza biunivoca fra l’oggetto reale e la sua rappresentazione piana; cioè dato l’uno è possibile trovare l’altra e viceversa. Come si è detto la proiezione viene fatta su un piano π detto quadro (il foglio da disegno), da un centro improprio S∞, in direzione perpendicolare al quadro. Si tratta, in definitiva, di una Proiezione Ortogonale che si può definire Prospettiva perché questo tipo di rappresentazione permette di vedere l’oggetto nel suo insieme, quindi di ottenerne una veduta prospettica; Parallela, poiché proiettando da un centro improprio i punti dello spazio i raggi proiettanti sono paralleli. L’analogia che possiamo riscontrare nei
confronti dell’assonometria riguarda il tipo di proiezione: si proietta infatti da un centro improprio, cioè posto all’infinito, in direzione perpendicolare al quadro; ma mentre in assonometria la direzione è perpendicolare al quadro solo nel caso della assonometria ortogonale, in prospettiva parallela lo è sempre. Inoltre i piani di riferimento in assonometria sono tre, in prospettiva parallela è uno solo e questo velocizza la rappresentazione.
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Emma Mandelli
Alcune note sul rilievo dell’Architettura CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA RILIEVO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Sylvie Duvernoy Niccolò Masturzo Alessandro Merlo Laura Ferrario
1 Rilievo integrato del Convento di San Domenico in San Gimignano. Pannello introduttivo programmatico della mostra: “Rilievo e Conoscenza” Nella didattica le possibilità dell’apprendimento teorico e applicativo da parte dello studente appaiono molto ridotte nello svolgimento ormai brevissimo (semestrale) del corso al terzo anno di Rilievo dell’Architettura. Il progetto di “conoscenza” finalizzato al recupero è possibile svilupparlo nell’ambito del laboratorio di Sintesi della Sezione Architettura e Disegno e nel Dottorato di Ricerca in “Rilievo e Rappresentazione dell’architettura e dell’ambiente”
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La finalità principale della rilevazione architettonica è la comprensione dell’architettura in esame. Questa complessa conoscenza avviene da diversi anni con l’adozione di procedure e rappresentazioni scientificamente adeguate e tali da creare una base documentaria rigorosa valida per finalità di ricerca e progettuali. La didattica del rilievo: tre aspetti - Il progetto di conoscenza è sostanziato dalla ricerca ed elaborazione della documentazione integrale. Elemento centrale per capire è il manufatto stesso che ha sempre il valore e la funzione di documento certo, analizzabile e confrontabile con i dati storici e di archivio. La osservazione critica dell’architettura da parte del rilevatore in campo didattico richiede il delicato insegnamento di un metodo analitico colto nei confronti della “lettura” dell’architettura. - L’applicazione dei metodi integrati (diretti e indiretti) per la rilevazione misurata è frutto di un attento lavoro di équipe teso ad ottenere il miglior risultato. Ogni architettura esaminata pone interrogativi nuovi e richiede approfondimenti sempre variabili (epoca, costruzione, parametri di riferimento). Il rilevatore con il suo gruppo di lavoro deve condurre una ricerca protocollare programmata partendo dall’approccio diretto fino alla restituzione nei modi e con i mezzi scelti. Nell’iter sono compresi e indispensabili: - gli appunti personali che precedono la misurazione e ne controllano la validità e la coerenza nei confronti del modello geometrico del manufatto. - il resoconto tecnico sui dati di procedura e strumentazione adottati, al pari delle norme grafiche, indispensabile per creare le premesse alla trasmissione corretta degli elaborati finali e al loro uso nel tempo. - La rappresentazione di ciò che si è rilevato, anche con l’uso di sistemi avanzati, nasce dalla scelta accurata e selezionata dei dati generali caratterizzanti quel manufatto. Nel momento attuale molte sono le pos-
sibilità di rappresentazione acquisite e in fase sperimentale. Le più conosciute possono riferirsi ai modelli per le interpretazioni della forma e della misura, all’uso di tecniche per il trattamento delle misure (dai dati topografici ai sistemi avanzati legati a strumenti quali lo scanner laser) fino alle integrazioni geometriche con elaborazioni fotografiche dimensionalmente precise. La conoscenza per il recupero Le opportunità di studio legate alle campagne di rilievo condotte su manufatti e complessi monumentali hanno creato e creano esperienze che sono divenute una palestra per i più giovani. I ricercatori hanno potuto sperimentare una misurazione a più mani seguendo una logica avveduta di controllo generale. Nel caso del processo di conoscenza legato al recupero del bene è fondamentale la ricerca applicata che permette di comprendere confrontare e ripercorrere il progetto, i modi e i sistemi costruttivi con i quali è stata concepita quella architettura e il suo inserimento in un particolare contesto ambientale. L’aspetto speculativamente importante e vero obiettivo del “misurare” è la lettura del rilievo stesso. La individuazione dei parametri non solo strutturali e materici ma qualitativi e morfologici è necessaria per capire lo stato attuale di un manufatto e per inquadrarne la sua tipologia e identità formale. L’esistente ha in se stesso, nel suo corpo, le risposte che possono guidare le possibili trasformazioni. Il processo di conoscenza ha per questo motivo una forte valenza di analisi e sintesi progettuale. Nella architettura la qualità relazionata alle quantità è un dato imprescindibile di confronto come lo sono le analisi geometriche, mensorie, strutturali e funzionali. Il concetto di rilievo si allarga per competenza specialistica fino agli ambiti progettuali, di tematizzazione e diagnostica ai quali deve fornire le informazioni sicure, compatibili ed omogenee dei suoi elaborati in una collaborazione efficace e interdisciplinare.
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Maria Teresa Bartoli
Esperienze di rilievo integrato CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA RILIEVO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Elena Fossi Giampiero Mele Sara Peluso
Rilievo di Palazzo Vecchio a Firenze Gruppo di Lavoro: Strutturati - Maria Teresa Bartoli, Barbara Aterini, Mauro Giannini Assegnista di Ricerca - Elena Fossi Dottorato di Ricerca in Rilievo e Rappresentazione dell’Ambiente - Giampiero Mele, Massimiliano Masci, Laura Ferrario, Sara Peluso, Giovanni Anzani, Gianni Sani Collaboratori Esterni - Claudia De Bartolomei, Tommaso Cigliana, Alessandra Bossi Tesi di Laurea - Lorenza Bologna (scalone vasariano) Corso di Rilievo A.A. 2001/02 - Matteo Adriano Ratti, Luigi Moffa, Bojana Puhalo, Giulia Nepi, Giulia Paoletti, Andrea Nina, Enrico Meneghello, Elisabetta Michele, Elisa Guaitoli, Sara Mezzaluna, Giada Miccinesi, Antonietta Canuto, Luisa Giuffrida, Carmela Liuzzi, Carmine Leone, Vincenzo Maciullo, Valentina Nencini, Claudia Pansi, Greta Parri, Alessandra Ciccu, Christophe Nkuina, Paola Paglione, Pintus Alba, Giuntini Sinmona, Pintus Arianna, Marianna Manzoni, Niccolai Benedetta, Andrea Meinardi, Valentina Papale, Giorgia Papaleo, Andrea Matellini, Slaven Penovic, Samuela Ristori, Palvec, Scilla Monti, Nomikou Tzeni, Serena Paino, Anna La Marca, … Corso di Rilievo A.A. 2002/03 - Barbara Bianchi, Giovanna Bologni, Lisa Lorini Lorenzo Masi, Giulia Mori, Chiara Guidotti, Francesca Miccinesi, Stefano Nutini, Immacolata Occhionio, Antonella Pellegrino, Angelino Rizzo, Gabriele La Rosa, Silvia Marchigiani, Marratzu Orazio, Francesca Medici, Teresa Mirmina, Massimo Papaleo, Federico Materazzi, Winfried Mauthner, Tiziana De Cagna, Marilena Fanigliulo, Alessio Mecocci, Gabriella Lembo, Egizia Luci, Laura Superi, Federico Maietto, Aurora Mariottini, Laura Pasqui, Chiara Passini, Emanuele Petti, Francesco Picilli, Federica Mugnai, Elisa Molinu, Margherita Michelagnoli, Alban Lila, Ledina Lula, Francesco Pastorelli, Matteo Pialli, Annarita Giannandrea, Claudia Mezzapesa, Matteo Morbidi, Elena Moretti, Isabella Mori, Iacopo Micali, Silvio Palladino, Andrea Nepa, Sotiria Paidi, Simone Palermo, Tomer Ben Dor, Federica Manca, Luca Belatti, Mariagiulia Bennicelli, Addolorata Mele, Serge Mboumi, Pietro Petullà, Cesare Orlandi, Francesco Nannini, Federica Manca, Tomer Ben Dor, Silvana Bonfigli …. L’elenco degli studenti non è purtroppo completo, e chiedo scusa a quelli che non sono menzionati per carenza nella registrazione
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Il coordinamento di competenze diverse e in varia misura specialistiche sempre più caratterizza il lavoro del rilevatore, impegnato ad offrire risposte alle varie richieste di conoscenza sulla consistenza fisica dei manufatti alle diverse scale, presenti nel territorio. Collaborare con altri avendo chiaro l’obbiettivo da raggiungere e conoscendo le strategie oggi possibili significa anche saper avanzare le giuste richieste ai diversi operatori, conoscere potenzialità e limiti degli strumenti sempre più sofisticati che la tecnologia offre; significa imparare a tessere rapporti distesi e proficui all’interno di un gruppo di lavoro. In questa ottica, non potendo nei limiti temporali di un corso semestrale far compiere ai singoli studenti un’esperienza completa di rilievo integrato, che faccia toccare con mano la complessità e le difficoltà dell’operazione, attivando in ogni studente le personali doti di iniziativa e inventiva per risolverle, si è ritenuto di raggiungere un risultato equivalente costruendo un’esperienza allargata trasversalmente ad altre attività didattiche di livello superiore (tesi di laurea e dottorato di ricerca), impegnando il corso a collaborare in temi di rilievo ambiziosi, affrontati in ambiti più specialistici da studenti o ricercatori più formati. Gli studenti del corso, al 3° anno del quinquennio, sono stati coinvolti in rilievi oggetto di convenzioni specifiche del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura (in particolare relative a due temi: Palazzo Vecchio e il Convento del Carmine) insieme a laureandi e dottorandi. Organizzati in gruppi, hanno svolto esercitazioni di rilievo diretto e parzialmente strumentale sotto la guida del docente e dei collaboratori, responsabili della correttezza scientifica del risultato di fronte al committente e quindi motivati ad esercitare un controllo attivo, con la partecipazione diretta al prelievo e alla restituzione. Nel corso dei lavoro, gli esiti scaturiti
dal ricorso al rilievo strumentale e fotogrammetrico da parte dei dottorandi e dei laureandi (in esperienze non adatte a essere svolte con alti numeri di persone) sono stati trasmessi agli studenti dei corsi, come materiale indispensabile per ricalibrare i loro elaborati, mediando così un’esperienza di rilievo integrato. Tutte le operazioni sono poi confluite in elaborati finali (la cui paternità non è più imputabile ad un solo autore, pur nella certezza di chi se ne assume la responsabilità), in cui i contributi dei singoli sono stati resi uniformi e confrontabili tra di loro. Dal punto di vista didattico questo tipo di lavoro presenta alcuni vantaggi: 1 - le incongruenze che emergono dal confronto tra il frammento del singolo
gruppo e la struttura d’insieme elaborata dall’unità di lavoro superiore evidenziano l’errore con persuasività inoppugnabile e inducono ad affinare il modo di lavorare; 2 - l’apprendimento in verticale e da “esempio risolto” è attivato con reciproca utilità; 3 - le casistiche di rilievo di cui ogni studente fa esperienza sono più larghe di quelle che tocca quando il suo lavoro è isolato da quello degli altri; 4 - le elaborazioni che a livello di dottorato o di tesi di laurea possono essere condotte sui risultati conseguiti vengono poi offerte anche agli studenti dei corsi, che divengono così partecipi dell’esperienza completa del rilievo come strumento di conoscenza.
La sezione di Palazzo Vecchio è presentata a documentazione del risultato raggiunto con l’esperienza descritta e a dimostrazione della efficacia del metodo, se condotto con tenacia e impegno speciale nella guida. Sul disegno sono indicati solo i nomi di coloro di cui è stato utilizzato e coordinato il grafico, ma di gran lunga superiore è il numero di coloro che hanno partecipato all’impresa.
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Stefano Bertocci
Esperienze di rilievo CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA RILIEVO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Leonardo Finetti Giovanni Pancani Giorgio Verdiani Lorenzo Bianchini Sandro Parrinello Michele Cornieti Michele Cannoni Michelangelo Tiefenthaler Christian Soverini Tommaso Brogini Cecilia Luschi
1 Sandro Parrinello Rilievo di una bifora della cattedrale di Santa Maria del Fiore
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Negli ultimi anni l’ambito di interesse del rilievo dell’architettura va sempre più configurandosi non come una disciplina monotematica ma, sulla base delle sollecitazioni provenienti sia dall’affinamento dei contenuti specifici ma anche dalla spinta che le nuove tecnologie imprimono in questi ambiti di impiego, va assumendo una molteplicità di specificità. Si delinea sempre più un ruolo della materia che, nei singoli ambiti, va ben oltre le mere attività di servizio e di supporto alla progettazione ed alla documentazione dei beni culturali. In questa prospettiva risulta evidente come sia necessario sviluppare una didattica che proponga diverse esperienze e che permetta allo studente di sviluppare un percorso didattico che se da un lato gli consente di essere n qualche modo informati di tutte le problematiche egli aspetti che costituiscono il corpo della materia dall’altro consenta, durante lo svolgimento del corso semestrale, di affrontare esperienze di approfondimento specifico oltre alla necessaria esperienza sul campo. La necessità di sensibilizzare lo studente agli aspetti pratici della materia, anche attraverso esperienze sul campo che valorizzino il contenuto di ricerca, ha condotto a proporre le esperienze degli workshop tematici. La pratica della disciplina necessita infatti di essere maturata attraverso esperienze dirette che portano lo studente a confrontarsi con le più svariate problematiche che si manifestano durante le operazioni di rilievo sul campo e che, proprio per la specificità delle singole problematiche, non possono essere appresi altro che sul campo. Di fronte a queste realtà lo studente apprende una metodologia di lavoro che fonda i sui principi sul lavoro di squadra e sulla coordinazione, maturando una capacità organizzativa necessaria ad affrontare una campagna di rilievo e a saper rispettare scadenze temporali per le singole fasi del lavoro, dalla presa dei dati alla restituzione finale.
Le procedure per la documentazione e la conoscenza, in forza anche delle più recenti acquisizioni in campo tecnologico ed informatico, vanno configurandosi come protocolli specifici e modalità operative in ogni settore applicativo, quali ad esempio l’archeologia, il rilievo architettonico, il rilievo urbano o il rilievo e l’indagine delle componenti e delle relazioni proprie dell’ambiente e del paesaggio. Il corso è finalizzato a far acquisire agli allievi tutta una gamma di metodologie di analisi e metodiche operative che consentano di orientarsi e rapportarsi, mediante appropriate procedure, alle problematiche del rilievo dell’architettura. Tali obiettivi vengono raggiunti mediante la conduzione di esperienze di rilievo e descrizione grafica e/o informatizzata di tutte quelle componenti morfologiche, strutturali, funzionali, oltre a quelle geografico ambientali e paesaggistiche, che vanno a costituire l’architettura ed il territorio, ambiente naturale, antropizzato ed urbano, in cui questa si inserisce. Una particolare attenzione caratterizza i temi relativi all’analisi dell’edilizia storica e dei reperti allo stato di rudere, dove vengono affrontati gli aspetti più specifici dei materiali, delle tecnologie edilizie, delle tipologie delle murature e le letture stratigrafiche degli elevati. La schedatura a livello urbano dell’edificato rappresenta inoltre un momento importante per confrontarsi con l’architettura e il costruito, in una visione che esce dagli standard del rilievo tradizionale basato sull’acquisizione del mero dato metrico attraverso gli strumenti classici del rilievo, e che porta lo studente ad una esperienza diretta di confronto, identificazione e riconoscimento degli elementi tecnico-costruttivi giungendo ad orientarsi nel corso dell’indagine diretta attraverso il contatto il costruito, il reperimento delle informazioni attraverso il contatto con gli abitanti, il riconoscimento di materiali, strutture e impianti.
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Marcello Scalzo
Rilevare e rivelare CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA RILIEVO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Valentina Bovio Andrea Caprara Salvatore Sgarioto
1 Irene Frosini, Veronica Lombardi, Davide Mantellassi, Matteo Sernesi San Bartolomeo a Pistoia 2 Marta Alacevich, Niccolò Galli San Marco a Siena (particolare) 3 Niccolò Balestri, Alessia Bettazzi, Ilaria Brogi, Margherita Caldi Inchingolo San Pietro a Calciana (PO) 4 Teresa Gambatesa, Carmelo Maceo Sant’Alessandro a Lucca 5 Davide Cellini, Francesco Cappelli San Salvatore a Lucca 6 Valentina Melone Santa Maria delle Carceri a Prato 7 Silvia Bandiera, Elisa Marlia San Cristoforo a Lammari (LU)
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Si narra che un tempo a Roma, furon visti tre strani individui che si aggiravano con modi sospetti tra le rovine dei Fori Imperiali. Si muovevano tra le antiche vestigia, guardando attentamente quei resti di sì grande civiltà, esaminando, scrutando, toccando vecchi capitelli, colonne o lacerti di trabeazioni. Poi si sedevano, tiravan fuori dalle tasche carte e strumenti vari ed iniziavano a tracciare sui preziosi fogli tanti, tantissimi segni. Siamo nella Roma dell’inizio del Quattrocento, e questi “strani” individui altri non erano che Brunelleschi, Donatello e Masaccio, i padri del Rinascimento in architettura, scultura e pittura. Ebbene se questi grandi protagonisti dell’Arte italiana avevano sentito il bisogno di rilevare, disegnare e rappresentare, qualche buon motivo ci doveva pur essere! Rilevare e disegnare sono azioni che implicano un contatto diretto, immediato, materico con il manufatto che intendiamo studiare. Il disegno (che non sia un mero e ripetitivo esercizio manuale) è sorretto dall’elaborazione mentale; diventa, quindi, un momento di comprensione e apprendimento, e questo significa impadronirsi di ciò che rappresentiamo. Inoltre l’acquisizione di dati numerici attraverso l’operazione del misurare risulta essere un’azione pratica (sebbene sostenuta da una buona teoria) e concorre anch’essa a comprendere e conoscere: la misura racconta, spiega, rivela. Un rilievo accurato è uno strumento indispensabile a un qualsiasi tipo di azione su un manufatto esistente, vuoi che si tratti di studi o ricerche finalizzate alla divulgazione, vuoi indirizzati ad interventi progettuali di recupero o riqualificazione. Sappiamo, ad esempio, che le vicende storiche o la genesi costruttiva di un monumento possono definirsi esattamente sulla base di testi o documentazioni scritte (fonti, contratti, atti di pagamento, cronache oppure iscrizioni, lapidi, informazioni presenti sulla strut-
tura in esame). Molto spesso, però, ci troviamo ad operare in assenza di tali elementi; per cui un rilievo mirato, calibrato e finalizzato alle varie esigenze risulta capace di sciogliere interrogativi sulle vicende del manufatto, storicocostruttive, tecniche o morfologiche. L’esatta conoscenza di misure, quote e dimensioni, permette la comprensione delle norme e dei rapporti metrici, geometrici e proporzionali sottesi alla realizzazione dell’opera. Se l’approccio alle operazioni di acquisizione dei dati e della relativa restituzione viene eseguita con cura e attenzione, non importa se con metodi tradizionali (come il vecchio metro rigido o la “rotella” e poi con riga, compasso e squadra) o servendosi degli ultimi ritrovati della moderna tecnologia (disto, laser o scanlaser e successivamente col CAD al computer), ebbene il rilievo ci racconterà le storie, le vicende e, a volte, le avventure dei nostri monumenti, piccoli o grandi, noti o sconosciuti che essi siano. Ebbene, se Brunelleschi, Masaccio e Donatello hanno ritenuto utile, costruttiva e formativa per i loro “mestieri” (e per il “nostro” di architetto) la pratica del rilievo, chi siamo noi per agire diversamente?
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Carolina Capitanio
Misura e temi del paesaggio CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA CARTOGRAFIA TEMATICA PER L’ARCHITETTURA E L’URBANISTICA
1 Michele Cannoni, Cristian Soverini Firenze: fra urbano ed extra-urbano Il quartiere di Mantignano e Ugnano Sezioni prospettiche 2 Veronica Lorenzetti Lo sviluppo urbano del quartiere di Cisanello a Pisa. I Pieni, i Vuoti, la Sintesi Tesi di Laurea Il museo e il fiume, relatore Prof. M. Bini, correlatore Dott. Arch. C. Capitanio 3 Veronica Lorenzetti Pisa, quartiere di Cisanello: studio delle sezioni di ripa d’Arno Tesi di Laurea Il museo e il fiume, relatore Prof. M. Bini, correlatore Dott. Arch. C. Capitanio 4 Veronica Lorenzetti Il quartiere di Cisanello a Pisa: rilievo del verde Tesi di Laurea Il museo e il fiume, relatore Prof. M. Bini, correlatore Dott. Arch. C. Capitanio
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Il supporto cartografico è misura del paesaggio. La rappresentazione geometrica della superficie terrestre permette di conoscere quantitativamente le componenti di un intorno geografico e quindi di affrontarne i diversi aspetti. Il paesaggio è di per sé un elemento complesso che secondo una visione olistica non può essere ricondotto alla semplice somma delle sue componenti, bensì determinato da interrelazioni tra le diverse parti. In questo senso può essere di ausilio alla sua comprensione affrontare l’argomento per temi, nel tentativo di circoscriverne la complessità. I vari temi andranno trattati funzionalmente all’idea progettuale che si intenderà sviluppare. La scala del tema sarà in ultimo la scala del progetto. Se la cartografica moderna nasce quindi con lo scopo di una descrizione analitica del territorio, i temi che invece noi possiamo estrapolare dal supporto cartografico, tenderanno ad enfatizzare alcuni elementi interpretatitivi, cercando di renderli immediati attraverso un sistema di rappresentazione che definiamo invece critico. L’atteggiamento è quello di un processo critico di lettura che porti a fare piante piuttosto che semplicemente elaborare carte. In termini generali, sia che si tratti di un ambito urbano che di uno extraurbano si partirà, seguendo il criterio sopracitato, dall’analisi dei sistemi a larga scala per trattare poi i temi più di particolare. L’analisi dello sviluppo dei pieni (abitato) e dei vuoti (viabilità), attraverso il confronto a diverse date, ha come fine quello di estrapolare una sintesi ideogrammatica che consenta di comprendere le tendenze di sviluppo dell’ambito analizzato. Altri temi che possono essere affrontati in prima analisi sono l’evidenziazione del supporto geologico, morfologico, il sistema idrografico, il sistema della vegetazione e l’uso del suolo. Sono questi cinque temi diversi ma strettamente correlati fra loro. Il supporto geologico infatti condiziona ad esempio il diverso
tipo di erosione dei versanti e quindi in parte l’idrografia insieme al sistema morfologico. La composizione del terreno e la diversa esposizione dei versanti insieme alla posizione sopra il livello del mare, condizionano fortemente il diverso tipo di vegetazione e quindi anche l’uso del suolo. Molte di queste prime tavole tematiche sono parte dell’indagine conoscitiva che sta alla base della pianificazione territoriale-urbanistica. Questo aiuta l’alunno a comprendere la stretta correlazione che esiste tra analisi, indagine conoscitiva e progetto, inteso nella sua più larga accezione. L’indagine percettiva è il tema che concorre invece a delineare le qualità del paesaggio costruito, sia esso urbano che extraurbano. Nell’analisi dei centri urbani possono essere evidenziati ad esempio i fronti che concorrono alla quinta scenica di una via o di una piazza ed i fronti invece che costituiscono delle dissonaze, ovvero dei fuori scala. I punti di restringimento e di allargamento della visuale, i punti in cui lo sguardo visivo si apre e si può percepire l’unitarietà dell’ambito, lo spazio urbano aperto di forte impatto visivo, gli elementi di attrazione visiva, gli elementi di detrazione visiva: sono queste solo alcune delle componenti del paesaggio urbano percepito. Individuarle significa comunque compiere una prima selezione che è prima fase di progetto. Se, come afferma Manuel Solà-Morales ai nostri giorni la semplice “riduzione tematica delle carte aereofotogrammetriche o dei piani urbanistici è ad un tempo causa ed effetto di una schematismo di visione, che si trasmette nel semplicismo e negli errori degli interventi urbani”, allora disegnare attraverso un processo di selezione di elementi, che non sia semplice riduzione a schema bensì si qualifichi come processo di evidenziazione delle invarianti qualitative, può essere un metodo per fornire gli strumenti e le basi per una maggiore qualità degli stessi piani e dei progetti.
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Giovanni Pratesi
Tra vero e apparente CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA DISEGNO AUTOMATICO Collaboratori: Ruggiero Mennea Marco Lucifora Laura Velatta
1 Nicola Villani Edificio ligneo, vista della scala del porticato 2 Marco Lucifora Padiglione espositivo a Barcellona di Mies van der Rohe, vista dalla vasca d’acqua interna 3 Gabriele Pinca Interno do pieve, vista della zona absidale 4 Ruggiero Mennea Particolare di paramento murario esterno di abitazione 5 Alessandro Mari Interno di centro ricreativo con studio dei materiali di arredo 6 Andrea Michelangnoli Particolare di interno di abitazione con studio di materiali di rivestimento
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Ogni periodo storico ha visto il proprio gusto esprimersi, oltreché nel concetto, nel modo di rappresentarlo: così siamo passati da una rappresentazione simbolica ad una geometrica per giungere ad una iperrealistica, prima realizzata con strumenti tradizionali, quasi fosse una pittura, poi nell’era ipertecnologica ottenuta mediante il mezzo informatico. Complesso nei suoi aspetti sia formali che linguistici, Il Disegno Automatico consente di ottimizzare le tecniche più tradizionali spingendosi fin all’iperrealismo; a questo si aggiunge un nuovo modo di “vedere” l’intorno indotto dall’incremento della velocità delle immagini prodotte dall’informatica e dalla possibilità della loro frequenza di visione. Per questi motivi la sperimentazione del Disegno Automatico assume molta importanza per la potenzialità e la attualità dell’insegnamento universitario considerandolo come la naturale evoluzione del disegno tecnico tradizionale. Infatti anche il linguaggio che definisce i campi e le operazioni della disciplina non ha assunto una nuova terminologia, ma è stato mantenuto: un esempio è dato dall’uso che si fa del termine “rendering” già conosciuto come “disegno di rendering” inteso come rappresentazione quasi fotografica degli oggetti con tutti i loro attributi fisici superficiali di granulosità, colore, lucentezza e riflessi del materiale stesso, metallo, legno, gomma, ecc., ma soprattutto nel significato di rendere l’idea che si vuole esprimere per mezzo di un’adeguata e più opportuna rappresentazione. Si ha quindi, a livello di semiologia grafica, un cambio del supporto, della velocità di realizzazione e un incremento qualitativo dell’“espressione” data da strumenti di lavoro più moderni. Nonostante che l’informatica, nella rappresentazione digitale in architettura, sia utilizzata almeno da trent’anni, è tra le scienze dell’architettura, una delle più giovani, vuoi per la difficoltà di acquisire le attrezzature necessarie,
vuoi per la difficoltà di reperire il materiale umano in grado di essere sempre aggiornato sulla evoluzione dei softwares dei quali ci serviamo. Il Disegno Automatico, che accanto alla sua naturale predisposizione ad essere strumento della rappresentazione in discipline come Rilievo, Restauro, Disegno, si pone come strumento principe della rappresentazione dell’idea progettuale in quanto è capace di rendere ogni idea del progettista “vera e reale” per le sensazioni che può dare la luce, la finitura superficiale, il colore dei materiali, o la loro forma. In passato, al di là delle loro capacità progettuali, gli architetti si sono serviti di varie figure professionali: i modellisti, i maquettisti, i vedutisti, i renderers, che erano artigiani e pittori; ora si può definire una nuova figura il digital designer, che essendo, prima un neofita architetto o uno studente di architettura, comprenderà meglio, prima di rappresentarla, l’idea progettuale e potrà così dare un miglior risultato finale. La fase evolutiva dell’architetto digital-designer è molto utile nella comprensione e nell’apprendimento dell’architettura e così l’idea e la verifica di tutti quei parametri spaziali, temporali, formali, funzionali e materici che i grandi architetti operavano con il solo ausilio della mente, noi lo faremo con l’ausilio del mezzo informatico e lo studio del disegno automatico. Non c’è niente di meno automatico del Disegno Automatico, ogni operazione deve essere pensata e capita, non si ottiene niente automaticamente o per caso.
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Giorgio Verdiani
Disegnare per punti e vettori CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA DISEGNO AUTOMATICO Collaboratori: Filippo Susca Sergio Di Tondo Carlo Battini Salvatore Depasquale Francesco Felicetto Francesco Suffi Francesco Tioli
Elaborati tratti dal corso di Disegno Automatico: rappresentazioni grafiche realizzate da Francesco Buffi, Francesco Felicetto, Riccardo Forti, Sergio di Tondo, Carlo Battini e Marco Depasquale.
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Disegno Automatico mi è sempre sembrata una curiosa accoppiata di parole, tuttavia nell’arco degli ultimi tre anni l’abitudine me le ha rese naturali. I due termini richiamano infatti un che di meccanico e in un certo senso superato o, perlomeno, non attuale, qualcosa che opera per grandi macchinari frutto dell’ingegno che producono automaticamente rappresentazioni comprensibili agli umani. All’atto pratico la situazione è diversa: da un lato ci sono gli allievi, desiderosi di apprendere tecniche della rappresentazione attuali e metodologie che li rendano padroni, o almeno tollerati coinquilini, dell’incastellamento della grafica digitale; dall’altro una selva di software che offrono soluzioni e metodologie che richiedono delle spiccate qualità tecniche per essere pienamente gestiti e diventare quindi veri strumenti di lavoro. I termini dell’insegnamento di questa disciplina non sono però limitati al classico apprendimento dell’uso di un determinato programma; ci troviamo in una fase della rivoluzione digitale che vede la necessità, non più procrastinabile, della definizione di metodi di insegnamento che tengano conto della concreta trasformazione del panorama della rappresentazione e delle nuove competenze richieste nell’ambito professionale. Nel 2003 sono stati celebrati i venticinque anni delle applicazioni CAD, un quarto di secolo di continua crescita e diffusione che non ha semplicemente cambiato il modo di disegnare, ma che ha definitivamente trasformato in maniera più o meno profonda i metodi e le procedure del rilievo e del progetto. Che questa mutazione non sia limitata al livello della sola rappresentazione è un fatto ben visibile in tutti i settori dell’architettura, del design e della grafica. Negarlo o ignorarlo porta sia alla rinuncia della fruizione di metodologie evolute, sia alla rinuncia alla partecipazione a questa evoluzione. L’impiego ragionato e sensato delle strumentazioni digitali attuali, nel rilievo, nel progetto, nella rappresentazione divulga-
tiva e nella sperimentazione, va ben oltre la conoscenza di un certo numero di comandi e di concetti della computer grafica, tuttavia, l’acquisizione di queste nozioni base è fondamentale per poter utilizzare gli strumenti digitali per sviluppare le proprie idee in piena indipendenza. La formazione intelligente degli allievi diventa allora fondamentale: devono essere liberi di scegliere i software che permettano loro la massima creatività e la massima efficacia di risultato. In questo senso le indicazioni date nell’ambito del corso vengono mediate da delle considerazioni che valutano il rapporto tra il tempo di apprendimento richiesto dall’applicazione suggerita, la formazione pregressa dell’allievo e lo scopo preposto. I risultati conseguiti in questi anni sono stati molto soddisfacenti; nell’arco di tre anni l’esame è stato sostenuto da moltissimi allievi e per molti di loro è stata l’occasione di apprendere non semplicemente l’uso di un software, ma di acquisire un modo di operare nella grafica digitale. La struttura del corso è suddivisa tra una serie di lezioni di carattere generale e una certa varietà di seminari, questa soluzione a più livelli permette agli allievi di scegliere il percorso più adeguato alle proprie esigenze formative. Questo assortimento di soluzioni è necessario per poter affrontare sia la formazione “da zero” che in molti casi è ancora necessaria, sia per far avanzare gli allievi che già hanno un bagaglio di esperienze più o meno cospicue, sia per cercare di ovviare alla più comune casistica dei difetti nell’operare della grafica digitale. Ancora una volta voglio però sottolineare come il tentativo fatto non sia quello di realizzare un corso tecnico strutturato secondo l’apprendimento di funzioni puramente logiche (benché questa parte sia una fase inevitabile e necessaria nell’ambito dell’apprendimento dell’uso di un software), ma di definire un percorso di formazione che conduca l’allievo a sperimentare e ad acquisire concretamente una procedura di lavoro efficace.
Alessandro Capellaro
Tre piccoli passi… CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA GRAFICA Collaboratori: Sabrina Bignami
1 Ex Lanificio Pacini a Prato 2 Agata Ber, Diletta Linari, Aldo Summa, Gabriele Di Carlo, Silvia Buonaguidi
la fabbrica Attese… ci sono edifici che aspettano… ci sono edifici che dimenticano ed edifici che ricordano… ci sono edifici che tacciono ed edifici che parlano… edifici che sfoggiano ed altri che osservano… alcuni che occupano, altri che illustrano… alcuni allontanano, altri accolgono alcuni invecchiano, e diventano rifiuti… altri non invecchiano mai. Sono gli edifici che hanno la memoria, quelli che scrivono la storia di un luogo, la scrivono sulla pelle delle città, nei tessuti antichi, nelle periferie, nelle campagne. Sono gli edifici attraverso i quali è scorsa la vita di una comunità, che parlano della loro stessa identità… come le fabbriche, le vecchie fabbriche, abbandonate. Aspettano… aspettano che le città che hanno visto crescere sotto la spinta della loro stessa energia (delle storie che le hanno animate, degli oggetti che hanno prodotto, degli uomini che hanno formato, delle lotte che hanno accolto, delle ricchezze che hanno generato), le riaprano e si nutrano ancora una volta della loro memoria. Sono una risorsa ben più importante del loro risvolto metrico di superfici e cubature libere, sono suggestione, storia narrata, materia, luce, suono. Sono la nuova frontiera del “pittoresco”, parole scritte sui luoghi dalla generazione dei tempi moderni, parole da leggere, ascoltare, comunicare… luoghi da abitare.
abitare Un mimo si muove e disegna lo spazio vuoto che lo circonda. Dal vuoto, misurato dai suoi movimenti, emergono oggetti, storie, sogni, desideri, ed il vuoto smette di essere tale… finché il mimo non smetterà di riempirlo dei suoi gesti. L’uomo abita lo spazio, anima gli oggetti, si appropria dei volumi ogni volta che esprime un desiderio e lo materializza con i suoi comportamenti… manipolando e trasformando i luoghi intorno a se scrive la storia della sua evoluzione… oggetti, colori, materia, case, strade, piazze, città sono la memoria delle memorie del cammino dell’uomo su questa terra. Ma non solo… La pagina più interessante è quella che è ancora da leggere, il testo
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più vivo è quello che è ancora nella penna, la forma degli oggetti, della casa, della città contemporanea, viene plasmata ogni istante dai movimenti delle persone, come l’aria viene mossa dalle mani del mimo, smettendo di essere semplice aria, diventando presenza. “L’abitazione contemporanea non è stata ancora inventata”, diceva Mies Van Der Rohe, ma è viva dentro di noi ed i nostri gesti, guidati dal pensiero, dalla conoscenza, dal desiderio, dall’identità, la stanno plasmando giorno dopo giorno, sul foglio bianco come sulla pelle delle città, costruendo e recuperando.
abitare la fabbrica Il 18 maggio 2003, nella città di Prato, un gruppo di futuri architetti è entrato in uno di questi luoghi, una fabbrica, una fabbrica che aspettava… vuota… il suo nome è “ex”… ex lanificio Pacini. Un gruppo di persone che per un lungo giorno ha fatto una cosa sola… ascoltare, leggere, comunicare, abitare… abitare la fabbrica vuota. Vuota? Tutt’altro… ombra, luce, trasparenze, suoni, colori, materia, storie, suggestioni, riflessi, forme, volumi, percorsi, memorie, proiezioni, identità… ognuno è uscito da quella fabbrica solitaria con una storia da raccontare, una storia di un incontro personale e collettivo. Una storia che è stata narrata attraverso immagini. Tre immagini: fabbrica, abitare, abitare-la-fabbrica. Tre “versi” visuali uniti a formare piccoli muti aforismi grafici, liberi silenziosi componimenti poetici, uniti in un affresco collettivo; per raccontare un luogo, per renderlo proprio e per restituirlo, trasformato come l’aria dalle mani del mimo.
fantagrafica Fantagrafica è il nome che è stato dato ad un’esperienza conoscitiva ed espressiva maturata all’interno del corso di grafica. I motori principali di tale esperienza sono due. Da una parte si è sperimentato un percorso espressivo fondato sulla composizione di immagini, generate dalla lettura di un testo, dall’espressione di un enunciato e dalla successiva fusio-
ne dei due temi, ove però il testo era un frammento urbano e l’enunciato il riflesso poetico di una funzione basilare dell’uomo: una fabbrica e un’interpretazione dell’abitare contemporaneo. Il “gioco” non vedeva la comunicazione di un’idea predefinita, ma la sua “genesi” attraverso la libera composizione di immagini e testo. Dall’altra ci si proponeva di affrontare un tema di assoluta attualità, quale il recupero ed il riuso del patrimonio edilizio dell’archeologia industriale, ma secondo un approccio totalmente sensitivo e distante dal linguaggio e dai meccanismi di lettura critica che appartengono alle discipline consuete dell’architettura e dell’urbanistica. Il risultato perseguito era quello di porre in primo piano le qualità sensoriali, affettive, emotive e suggestive dell’edificio, scelto per il suo pregio architettonico e per la sua condizione di primaria attualità nel dibattito in corso nel comune di Prato. Architettura ed urbanistica assumono il ruolo di convitati di pietra, in un lavoro ove la percezione epidermica e la rielaborazione istintiva diventano il territorio principale dei percorsi narrativi degli autori. Il desiderio era quello di introdurre un nuovo “suono”, nel rumore di fondo che un dibattito così importante come quello sul prezioso patrimonio archeologico-industriale genera suo malgrado, a causa del lento consumarsi di termini, argomentazioni, metodologie, obiettivi. Vi è alla base di tutta l’esperienza la fiducia in un approccio all’argomento svolto seguendo un filo spostato decisamente verso i territori dell’arte, della grafica, della percezione e della comunicazione visiva. Al termine del “viaggio” ognuno dei protagonisti ha prodotto un “testo” visuale su tre tavole 50x50, tre versi iconografici che corrispondevano ai tre passi “fabbrica-abitare-identità”: lettura dell’edificio, riflesso dell’abitare contemporaneo, impatto tra i due. Liberi aforismi grafici che raccontano per immagini storie scritte sui muri di una fabbrica… che aspettavano solo di essere letti…
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Cecilia Maria Roberta Luschi
Il problema della visione CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA PERCEZIONE E COMUNICAZIONE VISIVA Collaboratori: Massimiliano Masci
1-2 Zallemi Onida e Valeshnja Juljan W. Kandinsky – colore e tridimensionalità nella sua opera, studio della terza dimensione legata alla lunghezza d’onda dei colori, interpretazione dell’evento esperienza nello spazio tempo 3-4-5 Simona Donelli e Katia Santucci Rappresentazione di uno studio sulla rappresentazione delle costellazioni all’interno dei monumenti fiorentini, l’esempio proposto si riferisce a San Miniato a Monte. L’eleborato completo è presentato con un supporto software con articolata tecnica di presentazione 6-7-8 Nicola Dreini Tema di questo elaborato è il Labirinto, dove vengono indagate le strutture paratattiche della rappresentazione della leggenda e come il segno divenuto simbolo si rinnova all’interno delle varie culture con lo stesso segno e significato. L’ultima immagine è dedicata alle modalità di impaginazione adottate, con l’uso del colore come guida sinottica 9 - 10 Luciano Bergamini, Alessandro Bernardini Due fotogrammi del video ispirato all’opera musicale di Moussorgsky- intitolata “quadri di una Esposizione”. Il tema è proposto con il solo commento musicale
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L’architettura è da considerarsi frutto culturale della civiltà che l’ha prodotta e da questa angolazione deve essere analizzata; ciò vale anche per quelle realtà di carattere storico e quindi generate da una cultura a noi distante; a tal fine si induce lo studente a compiere un “salto” semiotico ovvero ad essere capaci di attuare una trasposizione culturale del periodo storico in questione. Viene creato un quadro dalle strutture filosofiche e culturali che si traducono direttamente in azioni sociali, quali l’architettura, la pittura, la scultura ed ogni espressione umana. Vengono affrontati i temi del simbolo e della natura di questo, come riassunto culturale immediato e metalinguistico, come comunicazione simbolica sia accessibile a tutti con vari livelli di approfondimento e capacità di veicolare messaggi sovrastrutturati. Si cerca di individuare la carica implicita del simbolo che, estrinsecata, investe accezioni filosofiche e scientifiche del sapere umano e procede per paratassi all’interno di un lessico codificato che fa coincidere univocamente significato con il significante. Si affrontano i temi legati all’organizzazione dello spazio dal punto di vista prossemico evidenziando la dimensione culturale delle tre dimensioni asseconda di come esse vengono rappresentate e messe in relazione fra di loro. In sintesi si possono schematizzare le varie tipologie di analisi critica secondo i successivi punti. - L’approccio Subliminale: dove viene affrontato il tema dell’induzione inconscia e della base di sviluppo dei segni che diventano simboli, ed il livello della formazione dei nuovi codici di comunicazione. - La percezione Psicologica del mondo esterno: si analizza lo stato d’animo indotto dall’ambiente esterno sia esso natura sia esso costruito, con esempi di studi effettuati da T. Hall per la cura di pazienti malati di mente e l’adozione di speciali architetture. Con un commento all’esperienza Spagnola della casa di vetro ed all’effetto del comportamento indotto a senso inverso.
- La Gestione dei Manifesti di Potere: il manifesto viene qui interpretato come espressione di potere e formalizzato e realizzato con qualunque tipo di tecnologia. Si affrontano i due tipi di potere per eccellenza: quello Religioso e quello politico, impresso sulle facciate delle grandi fabbriche, rilevabile sugli affreschi, come soggetto sotteso nella scultura, sino ad arrivare al potere economico che ha come nuovo manifesto divulgativo e persuasivo la pubblicità in tutte le sue forme, dal giornale al web. - Il riassunto dei concetti: in questa fase si cerca di enucleare i concetti base da dover divulgare partendo da esempi concreti rintracciati nell’ambito dell’architettura, della pittura, della scultura e della pubblicità. Si procede individuando il target di riferimento e si analizzano le caratteristiche dei comportamenti di massa. Gli esiti si concretizzano in un menabò o uno storybord, asseconda dei casi, che proponga il progetto di montaggio della presentazione della ricerca concordata o del filmato realizzato. Piacevolmente sorprendete l’entusiasmo con cui gli studenti rispondono a questo tipo di impostazione sino a farsi promotori di problematiche a loro care che affrontano con serietà e con impegno compositivo; ne scaturiscono spesso brevi filmati, ma efficaci nella rappresentazione. Lo scopo ultimo del corso è di portare a un nuovo impegno interpretativo e propositivo il “progetto” di architettura (e di città) mediante un più diretto intervento nella didattica di esperienze creative per le quali l’interazione con l’assetto fisico dei luoghi è condizione imprescindibile. È in questa prospettiva che si intende aprire l’architettura a un rapporto privilegiato con l’espressione del pensiero, assumendo la conoscenza sensibile e ricercando il rapporto fra architettura e le arti liberali di cui l’architettura stessa ne è contenitore, anche quando si parla di web con i suoi portali, con le sue finestre e con i suoi link-corridoi connettivi che conducono in altre stanze-contenitori di altri concetti.
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Roberto Corazzi
Da immagine a misura CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA RILIEVO FOTOGRAMMETRICO DELL’ARCHITETTURA E DELL’AMBIENTE Collaboratori: Barbara Aterini Amedeo G. Giusti Giovanni Anzani Stefania Marini
1-2 Dariuche Dwlatchahi Rilievo Fotogrammetrico di quota parte del prospetto sud del transetto della Cattedrale di Santa Maria del Fiore di Firenze
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È da ricordare in particolare che la geometria risulta essere fondamentale per la fotogrammetria, quale processo inverso della prospettiva, e che in questi ultimi anni, questo processo è stato razionalizzato, diremmo quasi in maniera sofisticata, acquistando in sinteticità e speditezza. L’applicazione sistematica di costruzioni grafiche relative a trasformazioni proiettive, ci riferiamo a quelle particolari omografie che sono le omologie piane fra le quali si distingue quella di ribaltamento, evidenzia per la sua semplicità la razionalità dell’astrazione concettuale. Ciò ha permesso di ottenere risultati, che per l’uso corrente della Professione dell’Architetto, quali il restauro architettonico conservativo a tutti i livelli, dal monumento al centro storico, rappresenta uno strumento affidabilissimo di piena autonomia e libertà, soprattutto economica, con l’uso di macchine amatoriali non metriche, rispetto alla restituzione stereofotogrammica tradizionale. In tutti settori le nuove tecnologie del disegno automatico e della rilevazione a piccola e grande scala hanno, negli ultimi anni, rivoluzionato in maniera eclatante non solo i modi ed i tempi di approccio ai relativi problemi da un punto di vista metodologica, e quindi di mezzi, ma soprattutto si sono rilevate anche come nuova frontiera di pensiero per affrontare gli stessi problemi. Una nuova filosofia, che si affermava negli anni ruggenti del decennio ’70, che avrebbe cambiato ed influenzato enormemente la formazione e la cultura delle nuove generazioni, soprattutto degli Architetti. Disegnare, cioè il rappresentare come fatto e mezzo di comunicare, non serve, si affermava: il computer, e con esso la computer graphics come un Dio onnipotente, si sostituiva di fatto a tutto il processo relegando in soffitta la matita. L’esperienza di quest’ultimo lustro ha ridimensionato tale aspettative; ci ha dimostrato come il mezzo informatico,
con la sua continua e costante evoluzione, ci ha liberato solo dalla fatica, talvolta improba, del disegno finale, quale termine ultimo di un processo creativo; il computer è e rimane solo un tecnigrafo altamente sofisticato, che permette di produrre disegni su carta con una qualità, precisione e velocità fino allora impensabili. La vecchia matita nel processo creativo, comunque, non è andata in pensione. L’applicazione sistematica di costruzioni grafiche relative a trasformazioni proiettive, che sono quelle di particolari omografie rappresentate dalle omologie piane ed in quelle di ribaltamento, permette di individuare un processo fotogrammetrico quale metodo di rilievo sia a livello geometrico che digitale.
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Alessandro Merlo
Lettura delle prime tre scale grandi del costruito: territoriale, urbana, edilizia CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA RILIEVO URBANO E AMBIENTALE Collaboratori: Carla Lullo
1 Francesca Nassini La struttura insediativa dei luoghi: percorsi e tipi insediativi 2 Francesca Nassini Analisi dei rapporti intercorrenti tra morfologia del territorio e tipo di insediamento 3 Francesca Nassini Lettura dei tessuti territoriali 4 Francesca Nassini Ricostruzione dei processi di formazione e trasformazione della città 5 Francesca Nassini Analisi dell’unità di vicinato: inquadramento planimetrico e prospetti
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Il ricorso ai metodi di lettura elaborati nell’ambito della “scuola tipologica”, conduce in maniera graduale alla comprensione di una globale organicità del reale. Ad ogni salto di scala corrisponde un grado di approssimazione asintotica alla globalità dell’ambiente: anche la comprensione della città, pertanto, passa attraverso lo studio degli organismi di scala superiore (il territorio) e inferiore (i tessuti edilizi). L’analisi delle anomalie che si possono presentare nel confronto tra l’organismo in studio e quelle che sono le caratteristiche generali desumibili dal tipo di appartenenza invita, inoltre, ad approfondire le letture intraprese. Ampio spazio è dato ai problemi di ordine morfologico, intimamente legati a quello della struttura di un organismo e direttamente correlati con quello della riconoscibilità dei caratteri propri di un sito. La scala territoriale - Operazione preliminare è il riconoscimento della porzione di territorio di pertinenza del centro in analisi, la quale generalmente coincide con il bacino idrografico che ospita l’insediamento. La rappresentazione di tale ambito avviene per mezzo di un modello tridimensionale della struttura vergine del territorio. - Struttura naturale dei luoghi - Descrizione e rappresentazione dei principali caratteri orografici e idrografici qualificanti il territorio, come il tipo di regime delle acque o la natura della vegetazione presente. - Struttura insediativa dei luoghi: percorsi e tipi insediativi - Ricostruzione delle fasi di antropizzazione del territorio mediante la “teoria dei crinali”, suffragata da studi storico-bibliografici tesi al riconoscimento della viabilità storica e alla datazione degli insediamenti presenti. Utilizzando come base la vista zenitale del modello territoriale viene realizzata una prima analisi che consiste nell’ipotizzare la rete dei percorsi di crinale, di controcrinale, di fondovalle e di piano, e dei relativi centri, la cui effettiva presenza viene successivamente verificata sulla cartografia IGM di riferimento. Di ciascuna tipologia di insediamento vengono analizzati nel dettaglio tre esempi; di
ogni centro viene effettuata una lettura della forma urbana in funzione della morfologia del luogo e delle vicissitudini storico-urbanistiche. Vengono inoltre individuate quelle emergenze architettoniche con valenza urbana pertinenti al periodo di formazione dell’abitato, mettendo in evidenza e giustificando le rispettive posizioni in seno all’abitato stesso. - Struttura produttiva del luogo: lettura dei tessuti territoriali - La conoscenza dei caratteri del paesaggio agrario passa attraverso l’analisi delle tracce del passato ancora presenti in situ: dimensione, forma e orientamento dei lotti in relazione alla morfologia del terreno, alla modalità di regimentazione delle acque, al tipo di uso del suolo e al sistema socio-economico che le ha generate. Laddove la presenza di alcuni segni lascia presagire una probabile suddivisione del territorio realizzata dai romani, si procede alla verifica della “teoria della forma quadrata Italiae”. La Scala urbana - Ricostruzione dei processi di formazione e trasformazione della città e analisi dei suoi tessuti edilizi. Le principali indagini sono tese alla datazione dell’edificato, all’individuazione dei diversi tessuti edilizi e al riconoscimento dei caratteri propri di ciascuna delle tipologie edilizie presenti. La Scala edilizia - Una volta identificata l’unità di vicinato di cui si desidera approfondire lo studio, tramite una campagna di rilevamento a vista vengono focalizzati i caratteri qualificanti sia il costruito che l’ambiente circostante. Successivamente vengono redatti degli elaborati grafici (planimetrie e prospetti-sezioni) nei quali viene restituita l’immagine che questa porzione di tessuto da di sé. Infine, utilizzando i quadri di unione del catasto terreni, vengono realizzare alcune letture quantitative e qualitative inerenti la stessa area: individuazione degli spazi pubblici, semipubblici e privati, riconoscimento della destinazione d’uso prevalente, descrizione degli elementi di arredo urbano, valutazione del numero di piani, dello stato di conservazione e dell’epoca di costruzione.
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Marcello Scalzo
Venti anni dopo … CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE Collaboratori: Paolo Caratelli Marialessandra Misuri
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1 Disegno da Zaha Hadid eseguiti da Shaghayegh Shaghaghi Naseri (tecniche miste elaborate con programmi di grafica al computer). 2-3 Disegni da Aldo Rossi eseguita da Lisa Dell’Unto (tecnica mista su carta). 4 Disegno da Philippe Stark eseguiti da Giovanni Ferrati e Enrico Fiesoli (matita su cartoncino). 5-6 Disegni da Lebbeus Woods eseguiti da Francesco Testaguzzi (matite colorate su cartoncino).
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Si disegna sempre meno. Una frase che, ai miei tempi (tra gli anni ’70 e ’80), sentivo ripetere spesso da qualcuno dei docenti che incrociavo durante il corso dei miei studi. Certo nella loro memoria era ancora presente quella Università pre-riforma degli anni ’60, che, almeno a sentir loro, conteneva ancora alcune discipline che guardavano a quelle fantomatiche e famose Accademie di nostalgica memoria, degli inizi del secolo XX, dove l’operazione del disegnare, a mano libera, con riga e squadra, con matita o inchiostro, con i colori o gli acquerelli, era parte predominante nella formazione di ogni buon architetto. Persino io, nel mio piccolo di studente del Liceo Artistico mi ero formato, specie nel biennio, tra esercizi di matita a punta sottile e Graphos, strumento mitico, vera croce e delizia, a seconda delle caratteristiche peculiari, del neofita novello disegnatore. Il Graphos era lo “strumento” per eccellenza, non ammetteva ripensamenti, indecisioni, incertezze, tentennamenti. Mano ferma, ma leggera e decisa, requisiti indispensabili per ottenere risultati appena apprezzabili. Poi arrivarono i rapidograph, tutto cambiò, in meglio per i più; in peggio per i nostalgici dei bei vecchi tempi andati. Individui sino ad allora ritenuti incapaci di tracciare correttamente linee su un foglio, ebbero nuove chances, impensati orizzonti, nuove possibilità. Qualcuno si iscrisse persino ad Architettura! E che dire dei tecnigrafi! Avevo iniziato il Liceo con un paio di squadrette e la riga a “T”; arrivai alla maturità, nel ’74, con un piccolo tecnigrafo a braccio della Tecnostil. Questo mi cambiò la mia vita di studente, dimezzando, anzi, portando ad un terzo il tempo che dedicavo al disegno tecnico. A casa mia, la sera, arrivavano gli amici che si mettevano in coda per utilizzare, sino a tarda ora, questo meraviglioso strumento di precisione. Dieci anni dopo (non ricordo, ’83-‘84?)
acquistavo il mio primo computer; programmi di grafica… ancora scarsi, ma, nonostante questo, la mia vita professionale e il mio lavoro cambiarono decisamente: in meglio. E tutti d’accordo. La mano, precisiamo, la mano che tiene la matita, iniziò a lavorare sempre meno, ma, devo ammettere, vent’anni fa avevo già raggiunto apprezzabili livelli come disegnatore. Vent’anni dopo (tra un po’ ci sarà il Visconte di Bragelonne, chi conosce Dumas capirà…) diventato anch’io docente in questa facoltà, spesso ripeto ai miei allievi che ormai non si disegna più (a mano, naturalmente): solo ed esclusivamente computer. Vedo alcuni studenti trascorrere l’intera giornata davanti ad uno schermo, col mouse in una mano e con l’altra sulla tastiera. Un giorno ho chiesto ad uno di loro se avesse una matita da prestarmi. Mi ha guardato con aria tra il perplesso e lo stupito e mi ha risposto di no. Addenda: Attenzione però: in realtà la mano disegna, ma la testa pensa. La mano e la matita ad essa collegata sono, in fondo, degli strumenti: ma è la mente che le guida correttamente. Una “buona testa”, quindi, può ugualmente condurre mano o mouse; il buon disegno è innanzitutto un “disegno mentale”, indipendentemente dalle modalità o dalle tecniche di esecuzione. Il computer e i suoi programmi grafici sono solo strumenti che aiutano e facilitano le tecniche di esecuzione, ma alla base restano le capacità, tutte mentali, di capire, comprendere, analizzare gli oggetti e lo spazio che gli contiene. Il computer non può cancellare l’antico e buon concetto di grafica, ma sicuramente ne sta cambiando le modalità d’esecuzione. Sarebbe come sostenere che l’invenzione della “macchina da scrivere” avesse cancellato la poesia o la letteratura.
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Marco Bini
Disegnare architettura CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA LABORATORI DI ARCHITETTURA I (DISEGNO DELL’ARCHITETTURA) (TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE) Collaboratori: Beatrice Beldini Angela Pintore
1 Nel disegno, rapido e sintetico, luogo e pensiero dialogano, evidenziando i rapporti tra forme e funzioni
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Da tempo il Disegno è considerato lo studio ragionato della forma. Così è stato interpretato almeno fino a quando il disegno e la pittura furono i soli mezzi per rappresentare e documentare. Protagonista da sempre delle strategie che hanno determinato la forma alle nostre città, impegnato, come ogni disciplina dell’architettura, a trovare al proprio interno criteri di analisi e approcci metodologici per lo studio dell’architettura, il Disegno può ancor oggi considerarsi insostituibile per la messa a punto dei meccanismi e delle relazioni tra il momento dell’ordinamento dei concetti ispiratori e l’atto dell’invenzione e della successiva attuazione. Non si può quindi rinunciare al suo apporto disciplinare orientato al raccordo tra il mondo della costruzione, della materialità dell’architettura e il pensiero. Gli architetti non possono che progettare sempre per luoghi definiti e finalità e funzioni determinate; se così non fosse, la loro messa in forma non porterebbe ad una architettura e non entrerebbe in relazione con l’ambiente; non costruirebbero un vero e proprio spazio se le forme non s’integrassero in una preesistente e più vasta intuizione dello spazio, che soltanto in parte dipende dalle nozioni del disegno tecnico e dalle procedure professionali. La trascrizione grafica dell’idea progettuale è determinata, piuttosto, dallo stratificarsi dell’esperienza vissuta, dalla memoria profonda di luoghi ed eventi; è uno spazio non ancora tangibile fisicamente, di cui l’architetto deve essere cosciente. Gli spazi e l’architettura sono infatti carichi di valori simbolici che in relazione al loro passato comunicano al presente determinate permanenze. Tutto ciò il Disegno riesce a rappresentare e a rendere strumento per operare; il disegno libero tracciato senza soluzione di continuità tra pensiero e raffigurazione si avvicinandosi al pensiero da cui scaturisce piuttosto che alla costruzione geometrica della forma indagata, può considerarsi allora ideazione.
Ogni concreta progettazione avviene all’interno di una non subito definita intenzionalità progettuale, ma che altro non è se non una presa di posizione rispetto all’ambiente, sempre modificato dal nostro essere e fare. Nessun Disegno più dello schizzo rapido è in grado di far dialogare istantaneamente luogo e pensiero, forma e materia, proprio perché è possibile quella sintesi che la mano realizza imitando l’idea, depurata e ridotta all’essenziale. Allora, se nella città, l’identità, il riconoscimento dei luoghi, la analisi dei valori si pongono come ragione del progetto, il Disegno - strumento per eccellenza di analisi e sintesi - è il tramite privilegiato tra la conoscenza ed il progetto, laddove nella conoscenza sono già conteniate le indicazione delle possibili trasformazioni. Chi disegna sa che nel momento della riflessione la mano deve seguire istintivamente e senza esitazioni lo scorrere rapido dei pensieri tanto che spesso non riusciamo a fermare le idee che repentinamente ci sfuggono. Il Disegno dovrà quindi procedere quasi automaticamente lasciando che il ragionamento intervenga solo per la messa a punto successiva. E quando l’idea si sia manifestata, solo allora la mano diventerà strumento della costruzione della linea e potrà misurare lo spazio rappresentato, correggere le imperfezioni della prima messa in forma dell’invenzione, rendere evidente ciò che lo schizzo aveva necessariamente trascurato. Concludendo potremo affermare che «saper disegnare» l’architettura con specifica competenza grafica significa trarre dalle suggestioni delle forme le problematiche che hanno generato il progetto, considerarle come soluzione, indagarne le reciproche relazioni, apprezzarne il valore, consapevoli che nessuna precisione strumentale potrà mai possedere la ricchezza del disegno a mano libera.
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Alessandro Bellini
La rappresentazione dello spazio CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA LABORATORIO DI ARCHITETTURA I (DISEGNO DELL’ARCHITETTURA) (TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE) Collaboratori: Floriano D’Auria Francesca Ricca
Saper vedere lo spazio, immaginare lo spazio. È una dote che si ha o una qualità che si può apprendere non senza, certamente, un adeguato processo di educazione. Spazio architettonico, musicale, temporale, ecc. si comprendono se se ne conoscono i codici di lettura: per il primo non si può prescindere dalla capacità di rappresentarlo attraverso il disegno. I contributi che seguono, degli amici Francesca e Floriano, trattano appunto di questo.
tico, ma grazie all’interattività con l’osservatore e all’estrema variabilità delle simulazioni ha comunque aperto nuove possibilità di ricerca. I rapporti e le contaminazioni fra l’architettura e le altre arti figurative sono stati indagati ampiamente; meno considerata è l’interazione fra la musica e lo spazio architettonico. Emblematico è il caso di Richard Wagner: le sue teorie estetiche e concezioni musicali si sono tradotte nel disegno del teatro di Bayreuth, divenuto modello di una nuova tipologia architettonica. Ma vi sono numerosi altri esempi del caso inverso, in cui è lo spazio stesso a tradursi in musica, potendo considerarsi questa di fatto una rappresentazione.
La rappresentazione dello spazio immaginato
Una ricerca in tal senso potrebbe essere interessante
Possiamo definire il disegno come l’espressione di
ma è ancora tutta da impostare. Si rammenta a titolo
una forma di pensiero per immagini. Analogamente
di esempio più rappresentativo il caso del mottetto
all’espressione verbale, il disegno è quindi anche un
“Nuper rosarum flores”, composto nel 1436 da Guil-
linguaggio. Nel caso dell’architettura esso è il mezzo
laume Dufay per la consacrazione di S. Maria del Fio-
di rappresentazione di una realtà che, nel momento in
re utilizzando le medesime proporzioni della cattedra-
cui si disegna, esiste solo nella mente dell’architetto.
le fiorentina per costruire quelle che sono state spes-
I disegni di architettura, nel caso che non siano tra-
so definite complesse architetture sonore.
dotti in opere realizzate, oppure che gli edifici siano
Floriano D’Auria
restati incompiuti o siano andati distrutti, costitui-
1 Fedora da Italo Calvino, “Le città invisibili” 2 Pirra da Italo Calvino, “Le città invisibili” 3 Armilla da Italo Calvino, “Le città invisibili” 4 Leonia da Italo Calvino, “Le città invisibili”
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scono un documento prezioso che testimonia il
La rappresentazione dello spazio costruito
programma dell’architetto. Limitandoci ai soli con-
Disegno e architettura costituiscono un binomio
temporanei si pensi all’enorme influenza esercitata
quasi inscindibile nella storia della civiltà. Disegnare
su generazioni di architetti dal Padiglione di Barcel-
è porsi un obbiettivo, esprimere un idea, è anche
lona di Mies, sopravvissuto solo tramite fotografie
‘progettare’ nel senso più assoluto del termine. Il di-
ed elaborati grafici, oppure dalle architetture desti-
segno ha il compito di rendere operativo il pensiero e
nate a restare disegnate: le utopie delle avanguar-
di comunicarlo. La prefigurazione mentale di uno
die storiche dei primi anni del Novecento (ad esem-
spazio reale o immaginario richiede di poter appog-
pio le città di Antonio Sant’Elia, o le esperienze dei
giare il processo ideativo e interpretativo su modelli
costruttivisti russi) così come le nuove utopie degli
rappresentativi esterni al pensiero. Come sostiene
anni Sessanta (gli Archigram, i Metabolism, gli Ar-
De Rubertis, “la tradizionale distinzione del disegno
chizoom, i Superstudio, ecc.).
inteso come registrazione di un dato - il rilievo - e il
Il binomio architettura e disegno è condizionato an-
disegno come presentazione di una proposta - pro-
che dal momento storico. Per Vitruvio l’architettura
getto - va interamente rivista”. Il contenuto descritti-
si rappresenta con l’icnografia, l’ortografia e la sce-
vo e propositivo del disegno “in quanto procedura di
nografia mentre Brunelleschi “inventa” la prospetti-
costruzione di modelli interpretativi della realtà di-
va e con essa una nuova idea di architettura. Nel
venta allo stesso tempo ipotesi critica di conoscen-
Cinque-Seicento la regola prospettica è portata agli
za dell’esistente e di previsione del futuro”.
estremi dell’illusionismo architettonico (tra i numero-
Lo sviluppo tecnologico di questi ultimi anni e la sem-
si esempi basti pensare alla Galleria di Palazzo Spa-
pre più diffusa facilità d’accesso all’innovazione digi-
da del Borromini, o alle scene scamozziane del Tea-
tale hanno portato ad un profondo mutamento cultu-
tro Olimpico di Vicenza). Per il Razionalismo la rap-
rale, che ha modificato in maniera definitiva il modo in
presentazione migliore e più obbiettiva è
cui percepiamo e rappresentiamo lo spazio. La princi-
considerata quella assonometrica, il Neoplasticismo
pale manifestazione di questo cambiamento è la quo-
preferisce l’esploso assonometrico mentre ai giorni
tidiana esperienza con le nuove tecnologie integrate
nostri la grafica computerizzata ha aperto ancora
sia per quanto concerne la fase conoscitiva che quel-
nuove vie di rappresentazione: la realtà virtuale risul-
la progettuale vera e propria. La tecnologia informati-
ta molto simile alla concezione dello spazio prospet-
ca, grazie alla sua duttilità, consente all’architetto di
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tenere sotto controllo sia tutto il complesso processo progettuale, dall’ideazione alla comunicazione, sia la fase di conoscenza dello spazio antropizzato. Lo sviluppo e la versatilità dell’informatica è una realtà che ha ampliato gli strumenti espressivi della composizione architettonica divenendo sia “strumento” di rappresentazione che “strumento” di progettazione. Rimane responsabilità individuale dell’architetto scegliere criticamente strumenti capaci di potenziare - e non limitare - la lettura e l’intervento sullo spazio urbano. Ogni architetto giunge alla comprensione dello spazio come “realtà tridimensionale rappresentabile”, solo attraverso lo studio del disegno, della geometria, delle tecniche della rappresentazione e della pratica del rilievo, studi che costituiranno la base culturale per la rielaborazione e rappresentazione dello spazio. Ed è solo la “pratica del disegno” che ci educa a capire la realtà dello spazio architettonico. È soprattutto nella fase iniziale del processo proget-
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tuale che è difficilmente sostituibile il ruolo dello schizzo; nel processo ideativo dell’architettura, il tradizionale disegno a mano libera mantiene una sua insostituibile specificità espressiva. Chi pratica il disegno sa che le linee tracciate sulla carta alle volte anticipano il pensiero, visualizzando forme immediatamente disponibili alla verifica dell’idea mentale. Il disegno rimane indubbiamente il più straordinario processo di simulazione disponibile per l’esercizio della mente alla comprensione della realtà fisica che ci circonda. Francesca Ricca
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Paola Puma
Disegnare l’idea CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA LABORATORI DI ARCHITETTURA I (DISEGNO DELL’ARCHITETTURA) (TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE) Collaboratori: Silvia Mantovani Diego Cacciamari Gianfelice Carfagnini Jacopo Carli Michele Cornieti Ugo Dattilo Angelo De Napoli Sandro Parrinello Christian Soverini
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1 Arianna De Georgio Lavoro di tecniche grafiche su immagine bidimensionale 2 Marco Carratelli Il progetto interpretato alla maniera di Franco Purini 3-4 Susy Della Valle Il progetto interpretato alla maniera di Mario Botta 5 Susy Della Valle Dal rilievo al progetto
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Se è vero che il Disegno è insieme luogo e momento di formazione delle idee, e non di mera trasmissione di esse, la costruzione e la formazione della mentalità d’architetto sono più importanti che non il puro allenamento grafico manuale, pure occorrente specialmente nella fase iniziale della formazione di un progettista. Perciò assume particolare importanza, nell’impostazione del programma di un corso di base, tutto il training che porta a impadronirsi dell’universo delle forme: solo così, infatti, è possibile conoscere il mondo esterno in modo approfondito e tecnico - dal punto di vista visuale - e favorire al meglio il riconoscimento della struttura interna delle figure. E fondamentale appare anche l’allenamento alla decifrazione del significato e del simbolismo di quelle che nel processo percettivo riusciamo ad identificare e memorizzare come immagini dell’individuale catalogo di forme dello studioso. A questo scopo la trattazione e lo studio dei sistemi di proporzionamento e delle matrici geometrico compositive del costruito, architettonico e non, vengono introdotti come metodo di lettura privilegiato dell’esistente con l’intento di costruire il database mentale e visuale del futuro progettista. Accanto all’acquisizione delle nozioni di geometria elementare e proiettiva, l’addestramento all’uso delle tecniche grafiche rappresenta il campo della sperimentazione grafica più libera, seppure sempre orientata a rinsaldare il rapporto tra prodotto grafico del disegno ed intenzionalità critica ad esso sottesa. Nella consapevolezza che solo una curiosa sperimentazione può consentire un proficuo lavoro nelle tecniche della rappresentazione, partendo dagli elementi semplici che costituiscono “l’alfabeto” del disegno -la forma, il contorno, le textures- inizia un percorso guidato di confronto con le diverse tecniche grafiche finalizzato ad affina-
re quelle che gli studenti trovano più interessanti e affini alle proprie esigenze espressive. Ovviamente quanto più la scelta di strumentazione grafica è tenuta all’interno delle tecniche manuali ed escludendo, perciò, tutto il vasto potenziale offerto dall’infografica, tanto più la sperimentazione partecipa, oltre che dell’aspetto tecnico e manuale, anche della dimensione più espressiva e creativa del disegno. Il disegno di rilievo, poi, il cosiddetto rilievo a vista, viene affrontato in una panoramica, seppure generica, a tutte le scale -da quella più generale del territorio a quella del dettaglio architettonico- per esaminarne i differenti approcci logici ed operativi (prevalentemente affrontati in esercitazioni ex tempore in esterno). Nella convinzione che la mano disegna solo ciò che anche il cervello vede, è proprio all’osservazione della realtà costruita, all’attenzione verso le regole formali che hanno configurato, in particolare, l’architettura del passato, che è finalizzato l’autoapprendimento del disegnare rilevando a vista, intenzionalmente svolto sul supporto differenziato del Taccuino. Al termine del corso sono di solito collocati gli argomenti della rappresentazione tecnica convenzionale dell’architettura, che necessitano di padronanza rispetto al rapporto tra scala del disegno, scala di definizione e contenuto informativo, oltre ad una minima frequentazione critica di qualche oggetto costruito. La resa finale del progetto di architettura richiede, infatti, la stesura di disegni redatti secondo codici grafici unificati, che ne consentano la trasmissibilità ed un’interpretazione il più possibile univoca: la produzione grafica finale deve tener presenti tutte le destinazioni finali, dalla presentazione del progetto presso il committente, agli enti che devono esaminarlo ed approvarlo, agli operatori che devono realizzare l’opera.
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Sylvie Duvernoy
Falso d’autore… il taccuino di viaggio fra sperimentazione personale e studio documentario CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA LABORATORI DI ARCHITETTURA I (DISEGNO DELL’ARCHITETTURA) (TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE)
1-2 Louis Kahn Templi greci 1950 3 Rennie Mackintosh Duomo di Orvieto 4 Eleonora Petroselli Il Loggiato degli Uffizi 5 Francesca Paganelli Il cortile degli Uffizi 6 Federico Pisanello La Loggia dei Lanzi vista dal Loggiato degli Uffizi
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Il valore didattico dell’esercizio di disegno dal vero non è più da dimostrare. Durante la stesura di immagini ritratte dal vivo, in situazioni di conforto spesso precarie, vengono esaltate le capacità di sintesi formale dello spazio architettonico da parte del disegnatore, oltre che all’abilità manuale di rappresentazione. La situazione scomoda inerente a questo tipo di esercizio (quale lavoro in piedi, mancanza di punto d’appoggio, limitazione di tempo, difficoltà a correggere errori) è parte integrante dello scopo formativo. La rappresentazione del luogo prescelto deve essere portata a compimento in un arco di tempo definito, oltre al quale il modello visivo scompare, e questo porta ad acquisire e a maturare una visione analitica veloce, sintetica ma significativa, degli elementi che compongono lo spazio visivo, ripulendolo di tutti gli oggetti banali che lo inquinano, riducendolo alle sue forme essenziali. Nel corso di Tecniche della Rappresentazione del primo anno del corso di laurea in Scienze dell’Architettura (classe 4S) è stata data importanza contemporaneamente al disegno dal vero e all’uso del colore. Con l’incentivo a disegnare dal vero, si cerca naturalmente di avviare l’abitudine, presso gli studenti, ad usare un taccuino di schizzi come strumento di studio per l’acquisizione della conoscenza. A questo scopo risulta utile ispirarsi all’opera grafica dei grandi maestri. I taccuini di viaggio di architetti celebri nei quali compare l’uso del colore sono numerosi: fra quelli si possono ricordare in particolare i disegni di Le Corbusier, Rennie Mackintosh, Louis Kahn, John Hejduk, etc… Ognuno di loro, visitando l’Italia, ha raccolto appunti grafici colorati, e il confronto fra queste immagini evidenzia reazioni percettive diverse in situazioni spaziali simili. I sistemi di rappresentazione personali di riferimento per la redazione degli appunti (bi o tridimensionali: prospetti o prospettive), nonché gli strumenti e le tecniche grafiche adoperate (acquerello, tempera, pastello), trascrivono la sensibilità ricettiva
ed espressiva, specifica di ogni autore. L’uso del colore nel disegno dal vero può assumere valenze diverse, che non si limitano soltanto alla rappresentazione degli aspetti materici e cromatici delle architetture osservate. Al disegno percettivo dello spazio si aggiunge una grande attenzione ed enfasi alla rappresentazione della luce, che il colore enfatizza. Il disegno della luce si esprime attraverso il suo contrario indotto: l’effetto di ombra. Aggiunge una dimensione verticale alla nozione di spazio esteso in direzione orizzontale. La verticale è la dimensione sacra dello spazio: la sorgente luminosa proviene dal cielo e proietta sulla terra le ombre degli edifici che vi sono assemblati. Il vuoto dello spazio e il pieno degli oggetti vengono così rappresentati non solo come si relazionano fra di loro sulla terra, ma anche come stanno sotto al cielo. Tramite la proiezione delle loro ombre sul terreno, appaiono sul disegno anche le immagini virtuali degli oggetti reali eventualmente situati dietro alle spalle dell’osservatore. Questo artificio di rappresentazione permette una descrizione completa dell’estensione e della forma dei confini di uno spazio visto dall’interno, di cui il disegnatore è partecipe. I colori adoperati per la rappresentazione dell’architettura e del suo supporto non cercano sempre di riprodurre i colori reali ma, con vivacità, enfatizzano le forme e i contrasti luminosi. L’esercitazione del corso si è articolata in più fasi. Dopo varie prove di disegno dal vero, in luoghi diversi della città, la scelta di un modello espressivo fra i taccuini dei grandi maestri ha dato spunto ad un esercizio iniziale di semplice imitazione, volto a familiarizzarsi con uno strumento grafico particolare, e si è sviluppato in seguito in un esercizio di interpretazione: disegnare alla maniera del maestro prescelto. La sperimentazione personale del disegno dal vero, abbinata allo studio documentario degli esempi illustri obbliga a varcare i confini del semplice e consueto segno grafico personale, per ampliare il ventaglio delle proprie capacità.
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Cecilia Maria Roberta Luschi
Disegno tra lettura e trascrizione CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA LABORATORI DI ARCHITETTURA I (DISEGNO DELL’ARCHITETTURA) (TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE) Collaboratori: Nicola Nicolai Mario Capaccioli Luca Semprini
1-2 Lucia Lunghi Disegni dall’Album degli Ordini 3 Elisa Leoncini Santa Maria Soprarno Rilievo a vista 4 Marco Luciani Prova di colore ed ombre
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All’interno del corso, organizzato con la formula del laboratorio, si cerca di uniformare le etoregeneità delle conoscenze di base degli allievi, e di fornire in modo esemplificativo gli strumenti prima di lettura, poi di comprensione ed in ultimo di rappresentazione dell’architettura. Si è notato come sia ostico, per gli allievi, comprendere la necessità di precisare il disegno architettonico e non farne un riassunto grafico formato da simboli più o meno univoci, che possono dare un’idea di ciò che è l’oggetto da rappresentare. La lettura e la descrizione verbale di una architettura, sia osservata sul posto che attraverso una fotografia, è risultato un esperimento alquanto istruttivo; gli studenti non riescono a gestire vocaboli idonei atti a descrivere essenzialmente e coerentemente quello che vedono; si pongono, come spesso si ripete all’interno del corso, davanti all’oggetto architettonico con gli occhi di un turista e non con occhi critici di osservatori. Il metodo che si attua per superare questo scoglio e la scomposizione della struttura complessa in geometrie di base, in caratteri simmettrici ed in assialità distributive e compositive. Con questo metodo, inducendo alla graficizzazione di ogni elemento, si individua il codice espressivo a cui far riferimento ed in contemporanea si fornisce un glossario architettonico di base. La comprensione viene gradualmente approfondita affiancando cenni sugli ordini e sulle proporzioni, con una carrellata tecnico storica riproducendo i disegni dei principali trattatisti. Gli elementi architettonici sono analizzati nelle loro variazioni fondamentali in un abaco disegnato e valutati secondo le loro linee geometriche generatrici; si compongono così gli archi, le volte, le colonne ed i pilastri, le finestre, le porte ed i portoni. Gli elaborati grafici richiesti sono divisi in due gruppi: i primi tre dedicati alla lettura di un luogo, i secondi tre dedi-
cati all’idea di progetto (lo schizzo) e la sua precisazione canonica attraverso la rappresentazione in pianta sezione e prospetto. Una nota va posta nella volontà di fornire una completa struttura di base che coinvolge: sia i primi rudimenti del rilievo architettonico, attraverso le trilaterazioni; sia i fondamenti di geometria descrittiva, accennando i principi della proiezione centrale. Si conclude il corso fornendo i rudimenti di almeno due tecniche di trattamento del disegno con il colore: la tecnica ad acquerello e la tecnica a matita. In questi casi si è notato come realizzare la proiezione centrale della propria idea di progetto e riuscire a colorarla correttamente, immette lo studente in un vortice virtuoso che lo induce a migliorarsi ed a giudicare precedentemente gli elaborati eseguiti con una criticità che spesso lo porta a rifare lo steep iniziale, per la soddisfazione personale di aver dominato, finalmente, la rappresentazione. Personalmente, la coralità del laboratorio la giudico proficua, poiché sviluppa all’interno del corso una familiarità fra docente e studente che fa superare la timidezza della domanda di aiuto o la richiesta della spiegazione reiterata.
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Francesco Tioli
Il disegno del “luogo” CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA LABORATORI DI ARCHITETTURA I (DISEGNO DELL’ARCHITETTURA) (TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE)
1 Andrea Trimarchi Veduta assonometrica del teatro greco di Taormina (ricostruzione), acquarello 2 Giada Zappacosta Scorcio dell’isolato prospiciente Piazza Tasso a Firenze, matita su carta 3 Michela Sardelli Chiesa di San Frediano a Forcoli (PI), matita su carta 4 Marianna Tirinnanzi Casa Ximenes a Castiglione della Pescaia (GR), acquarello su eliocopia
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Per raggiungere l’obbiettivo di fornire agli studenti le basi teorico-pratiche indispensabili ad affrontare (presumibilmente per la prima volta) l’architettura occorre insegnare loro a saper “vedere” l’architettura, saperla leggere e saperla comunicare, a prescindere dal fatto che l’architettura in esame sia reale e tangibile, rappresentata, o semplicemente immaginata. È risaputo che per comunicare occorre un linguaggio comune, fatto di codici condivisi e di inequivocabile interpretazione, codici che in architettura sono costituiti da elementi grafici che ne rappresentano l’immagine e che quindi sostanzialmente la sintetizzano; l’acquisizione di questo concetto, destinato a diventare banale in tempi rapidi (quantomeno questo è l’auspicio), risulta di estrema importanza nel percorso formativo degli allievi, ed è grazie agli strumenti forniti dall’insegnamento del disegno che si raggiunge la padronanza dei codici grafici dell’architettura. È propria della primissima fase del loro percorso formativo degli studenti, l’acquisizione da parte loro di un “alfabeto” dell’architettura, alfabeto composto di segni di valenza diversa ed in grado di descrivere l’architettura ed i valori dello spazio da essa costituito. I corsi di disegno e tecniche della rappresentazione hanno, tra gli altri, l’obbiettivo di dotare gli studenti degli strumenti necessari alla valutazione ed alla descrizione del sistema di relazioni che caratterizzano gli spazi architettonici esistenti, ricercando nelle architetture che li definiscono le matrici compositive che ne hanno determinano il progetto. È la pratica di questo esercizio che comporta negli allievi architetti un addestramento all’osservazione analitica ed alla sintesi grafica dell’esistente, addestramento di fondamentale importanza per la formulazione di giudizi di valore sulle esperienze di architettura progettata. È per questa ragione che per un allievo architetto vedere, leggere e comunica-
re l’ambiente esistente, riveste un ruolo di fondamentale importanza, costituendo questa pratica una fase ineludibile dell’esperienza di progetto. In questo quadro, l’ambiente è il luogo dell’architettura, luogo inteso da un lato come insieme di valori fisici (masse, volumi, superfici, colori etc., valori in qualche maniera “oggettivi”) e dall’altro come entità capace di esprimere e trasmettere emozioni e sentimenti. Questa seconda accezione del luogo, la sua capacità evocativa (espressione di valori “soggettivi” o comunque connessi ad interpretazioni condizionate dal vissuto personale) è la più complessa e la più difficile da rappresentare e comunicare; l’approccio grafico al luogo viene a configurarsi come momento fondante per la comprensione del luogo stesso, dei valori da esso espressi e dalle relazioni innescate e indotte dalle emergenze architettoniche che lo formano e lo connotano. L’esercizio alla comprensione del luogo, non è soltanto un passaggio necessario nella formazione degli allievi architetti, ma è (o dovrebbe essere) un momento imprescindibile del processo che sfocia nei progetti di modifica dell’esistente e quindi in buona sostanza, in tutte le attività connesse alla trasformazione dell’ambiente, della città e dell’architettura. È in base a queste considerazioni che l’insegnamento delle materie del disegno deve costituire uno stimolo costante alla conoscenza dell’ambiente che ci circonda, a partire proprio dai luoghi quotidianamente fruiti e vissuti, magari “letti” in maniera diversa, puntuale e consapevole.
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Carmela Crescenzi
Le “difficoltà” della geometria CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA CORSO INTEGRATO DI DISEGNO APPLICATO (FONDAMENTI ED APPLICAZIONI DELLA GEOMETRIA DESCRITTIVA) (DISEGNO AUTOMATICO) Collaboratori: Carlo Cecchi Enrico Ferranti Piero Salemi
1 Diana Lombardi Tavole di studio del Piccolo Dodecaedro Stellato apertura della stella nello spazio genesi della stellatura studio cromatico
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“…era il “ponte dell’asino”, sul quale, alla fine del secondo anno di studi, ci avventuravamo titubanti; e sul quale avveniva il giudizio della nostra capacità di vedere le forme e di rappresentarle correttamente. Era dato per scontato che la vocazione a fare l’architetto, prima ancora che sulle capacità progettuali, che dovevano ancora svilupparsi, dovesse venir controllata attraverso lo studio di questa materia. In altre parole chi non era capace di vedere nello spazio lo svolgersi delle forme architettoniche esistenti non sarebbe stato nemmeno capace di controllare, poi, le proprie…”. Giovanni Klaus Koenig
Le difficoltà e le finalità esposte da Koenig sono tuttora valide. Diversi i fattori che costituiscono le difficoltà della Geometria 1 - La mancanza di basi, ovvero la capacità dello studiare, del costruire il sapere, la curiosità intellettuale, forse non stimolata abbastanza o nel modo giusto, e il primo dei compiti che ci spetta, in qualità di docenti, al di là dell’ambito disciplinare, è proprio quello di sostenerli ed aiutarli ad ordinare ed organizzare la loro capacità d’imparare. 2 - La difficoltà di comprendere sia l’astrazione dei concetti geometrici e delle leggi che li regolano sia di coniugare quelli che sono gli enti geometrici, punti e linee e piani, con l’architettura. Sorprendentemente i concetti proiettivi, nella loro astrazione concettuale sono meno ostici delle proiezioni ortogonali, di cui risulta particolarmente complesso comprendere le relazioni tra teoria e applicazione. 3 - La contrazione delle ore frontali che ha reso più ardua la qualità della didattica. Il progetto formativo sviluppato nel corso integrato, per ovviare ai problemi suddetti, oltre al lavoro frontale, prevede attività di laboratorio ed esercitazioni individuali e seminariali guidati mirati - ad apprendere la geometria come strumento principe per la comprensione e la rappresentazione dello spazio
progettato evidenziando le relazioni geometriche e le istanze che lo regolano. - a far rilevare con un percorso ideologico-formativo le relazioni fra i due strumenti della rappresentazione la geometria e il Disegno automatico, il primo teorico il secondo strumentale, e manifestare le potenzialità del loro connubio. Da sempre alla Geometria si chiedono gli strumenti per trascrivere un’idea, per rappresentarla sia nello spazio bidimensionale sia in quello tridimensionale. Gli enti geometrici e le semplici leggi che li governano non sono mutati, sono la chiave di accesso al controllo dello spazio virtuale. Il percorso, passa attraverso la sua conoscenza teorica, sia elementare che proiettiva, e attraverso applicazioni per la definizione geometrica di elementi architettonici esemplificativi e significativi. L’attività richiesta agli studenti consiste in due prove estemporanee per il controllo teorico (P.O e P.C eseguite con gli strumenti tradizionali o con il computer) e due esercitazioni grafiche al computer. La prima esercitazione, a carattere prettamente geometrico, comprendeva la genesi di un solido semiregolare o composto seguendo un percorso assegnato, ed eventualmente il suo sviluppo su carta, o viceversa e una presentazione in progres del lavoro. L’esercitazione è mirata al movimento costretto nello spazio, al taglio, alla rotazione, alla visualizzazione relazionate di più viste dello stesso oggetto. La seconda applicazione, caratterizzata da un rilievo del profilo in pianta di un fronte di isolato, come lavoro di gruppo, e un fronte di una unità edilizia medievale come lavoro individuale, è mirata sull’osservazione e la rappresentazione misurata del soggetto per relazionare l’oggetto e le sue parti e comprendere, sull’applicazione architettonica, le leggi della geometria.
Amedeo Giovanni Giusti
Disegno automatico e fondamenti geometrici CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA CORSO INTEGRATO DI DISEGNO APPLICATO (FONDAMENTI ED APPLICAZIONI DELLA GEOMETRIA DESCRITTIVA) (DISEGNO AUTOMATICO) Collaboratori: Francesca Zangani Nicoletta Silvestri
1 Chiara Cecchin Poltrona Barcellona Mies Van Der rohe 2 Alessandra Bosi Picchiotti Tea service Alessi 3 Francesco Riannetti Tavolo Brasil Peter Shire 4 Chiara Cacciatori Grotta House Meier 5 Daniele Benedetti Pressofiltro Alessi
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Partendo dal concetto che, Il disegno non è solo un linguaggio per comunicare delle idee, ma è strumento di studio, d’analisi, che educa alla comprensione del reale, ed in tal senso diventa parte integrante del processo cognitivo dello spazio, è giusto arrivare all’integrazione della geometria descrittiva con nuovi mezzi e concetti di rappresentazione. La Geometria Descrittiva sviluppa la capacità di pensare nello spazio tridimensionale e permette, grazie ai metodi di rappresentazione, di disegnare su una superficie piana (il foglio da disegno) le forme degli oggetti tridimensionali, o di operare su spazi virtuali per poi trasformarli in disegni bidimensionali. Il corso di Disegno Applicato è strutturato in modo da rendere lo studente capace di rappresentare attraverso l’uso delle tecniche grafiche informatizzate. In particolare sarà focalizzata l’attenzione sulla rappresentazione dell’ambiente costruito alle diverse scale: da quella urbanistico territoriale a quell’architettonica e di dettaglio e alla rappresentazione di oggetti d’arredo e d’uso. Dopo aver appreso infatti l’applicazione corretta dei metodi di rappresentazione e i fondamenti della Geometria Proiettiva e Descrittiva, attraverso l’uso di tecniche tradizionali, lo studente è pronto ad apprendere le tecniche più attuali, le quali si avvalgono di specifici strumenti informatici hardware e software. Il linguaggio grafico acquisito viene così a rendersi comprensibile attraverso questa tecnica, la cui conoscenza è imprescindibile nell’attuale panorama architettonico professionale. L’abilità nell’uso di ogni tecnica di rappresentazione consente al progettista di rendere più esplicito e più concreto il proprio intendimento progettuale, avvicinando il momento creativo a quello tecnico-costruttivo proprio attraverso il miglioramento del linguaggio espressivo. Gli Obiettivi possono così essere sintetizzati in: addestrare nell’uso dei nuovi sistemi
di rappresentazione dell’architettura, attraverso la conoscenza di una serie di cognizioni teoriche e tecniche sulle modalità, sui mezzi, sugli strumenti e sulle regole che permettono di mostrare il manufatto architettonico o di designer in sistemi bidimensionali e tridimensionali; definire i principi teorici e i fondamenti pratici della materia, affinché lo studente possa applicarli e svilupparli autonomamente; delineare e ordinare il quadro complessivo dello stato odierno e dei possibili sviluppi del CAD e CAD architettonico, in modo che lo studente possa operare consapevolmente, guidato da solide basi teoriche e da sufficienti capacità pratiche; applicare le conoscenze acquisite, eseguendo un’esercitazione che riguardi la rappresentazione e la comunicazione di immagini bidimensionali e di un modello tridimensionale. Con i fondamenti dei metodi tradizionali di rappresentazione, si comunica agli allievi la possibilità di ricerca e di individuazione di una metodologia di lavoro, visualizzazione dello spazio da loro stessi scelto sia con i metodi di rappresentazione tradizionali che con i corrispondenti applicati al computer. Attraverso il disegno geometricamente rigoroso si potrà disporre di una interrelazione fra disegno e geometria, fra disegno e spazio.
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Marco Jaff
Arte, architettura e rilievazione CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA CORSO INTEGRATO DI RILIEVO (RILIEVO DELL’ARCHITETTURA) (RILIEVO FOTOGRAMMETRICO DELL’ARCHITETTURA) Collaboratori: Michela Bigazzi Giulio Giubbi
1 Sara Bertelli, Daria Conte Rilievo del Castellaccio a Filettole di Pisa Prospetto Est 2 Sara Bertelli, Daria Conte Rilievo del Castellaccio a Filettole di Pisa Prospetto Sud 3 Silvia Pieroni, Aurora Riga Rilievo di Villa Pozzolini a Bivigliano Sezione 4 Silvia Pieroni, Aurora Riga Rilievo di Villa Pozzolini a Bivigliano Prospetto
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Molto si discute oggi, del difficile rapporto, spesso assai complesso, ma a volte straordinariamente fecondo, tra arte e architettura. In un recente convegno nei pressi di Firenze il tema è stato dibattuto da artisti come Alberto Garutti, Bert Theis e Mauro Staccioli e da architetti tra cui Guido Canali, Francesco Guerrieri, Hans Hollein ed anche da storici, urbanisti amministratori. In autunno a Genova Germano Celant organizza una manifestazione che ha proprio il titolo “Arte e Architettura”, e la Biennale di Venezia, sotto la direzione di Kurt Forster, è significativamente intitolata “Metamorph” alludendo alla attuale contaminazione dei linguaggi. Nella terra di Giotto, Brunelleschi e Michelangelo, non credo si possa dubitare di come nel passato le arti visive, come si dice adesso, e l’architettura (tutte arti “meccaniche” in opposizione alle arti liberali del trivio e del quadrivio), fossero aspetti diversi di un’unica attività creativa. In epoca manierista il Vasari accomunava, senza ulteriori distinzioni di genere, gli artisti delle “tre arti del disegno” a partire da Cimabue ne “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” e in ogni caso basterebbe ricordare che l’architettura si è insegnata nelle Accademie sino a pochi decenni fa. È ovvio constatare tuttavia che, in periodi più vicini a noi, sia nelle scuole sia nella pratica costruttiva comune, hanno prevalso sempre di più gli aspetti sociali, tecnici e soprattutto economici degli edifici rispetto a quelli artistici e di conseguenza, nel tempo, si sono sempre di più allentati i rapporti tra architettura ed arti visive. Nelle Facoltà di Architettura poi, vi è un significativo sbilanciamento a favore degli insegnamenti che possiamo genericamente definire scientificotecnologici rispetto a quelli che si occupano degli aspetti estetici del costruire; ed in ogni caso, l’architettura come arte sembra essere un territorio
di studio quasi esclusivo delle materie che si rivolgono al passato come la storia, il restauro e, per certi versi, anche il rilievo. Discipline che tuttavia se ne occupano come riflessione, ricerca, documentazione, riabilitazione o recupero di opere d’arte esistenti, e non certo con la finalità di produrre elaborati dai valori estetici propri. D’altro canto gli insegnamenti (troppo pochi) della progettazione non sempre pongono sufficiente attenzione ai contenuti artistici dell’architettura e quindi, a maggior ragione, alle relazioni tra questa e le arti visive contemporanee. Riguardo poi allo specifico disciplinare del rilievo, l’attività del rilevare si applica a molteplici settori ed a molteplici campi d’azione anche assai diversi tra loro. Settori che, come per molte altre discipline dell’architettura, differiscono sopratutto per la scala della loro usuale rappresentazione: dal rilievo geometrico del territorio, che sconfina nelle regioni della geodesia e della topografia, al rilievo dei piccoli reperti di scavo che invece appartiene di diritto al campo dell’archeologia. Ed anche i metodi, le finalità, le strumentazioni del rilievo sono differenziati: dalle schedature dei beni culturali agli atlanti del patrimonio edilizio, dalla catalogazione al progetto architettonico, dal rilievo diretto con rotella metrica e filo a piombo al laser scanner ed alla fotogrammetria digitale. Una notevole pluralità quindi non solo di tecniche, ma anche e soprattutto di approcci metodologici, e direi quasi di orizzonti culturali. Da un lato è il rigore scientifico, sempre posto alla base di qualsiasi seria operazione di rilievo, che diventa l’orizzonte prevalente e tecnologicamente centrale, dal lato opposto sono i valori espressivi degli spazi architettonici rappresentati ad essere oggetto della maggiore attenzione: insomma anche per il rilievo si ripropone la dicotomia dell’architettura, sempre in bilico tra arte e scienza. In realtà una dicotomia più apparente
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che reale: l’architettura, e quindi anche il rilievo, sono sempre frutto di un lavoro collettivo e di una tecnica, a diverse gradazioni di complessità, che tautologicamente diventa un prodotto artistico solo quando, consapevolmente o meno, chi lo produce realizza un’opera d’arte, la cui paternità principale va naturalmente attribuita a chi l’ha ideata. Per la rilevazione, tra i tanti esempi possibili e limitandoci a soli disegni “italiani”, basterebbe pensare all’opera straordinaria del Piranesi od ai nitidi, insuperati, rilievi delle fabbriche romane del Letarouilly o agli acquerelli di Violet-le-Duc del viaggio in Italia od alla gran parte dei lavori dei pensionati del-
l’Accademia di Francia vincitori del Prix de Rome: difficile individuare dove terminasse l’intento e la capacità di documentazione scientifica ed iniziasse la volontà di espressione e di interpretazione artistica. Altri tempi, si potrebbe obiettare: allora l’intreccio se non addirittura la sovrapposizione delle arti era la regola: stessi i metodi, stessi i linguaggi, simili gli obiettivi. Oggi, arti visive e architettura, al di là dei convegni e delle manifestazioni culturali, battono strade che raramente trovano luoghi e occasioni di un incontro non basato soltanto sulla pura visualità e sulle suggestioni di mode effimere. Ma land art, performance multimediali,
iperrealismo e tante altre espressioni di arte visuale possono trovare punti di contatto e di confronto con l’operatività dell’architettura e della rilevazione sul terreno concreto delle realizzazioni dato che, pur con metodi e finalità non sempre coincidenti, spesso utilizzano linguaggi e strumenti di comunicazione assai simili. Tramontata del tutto la stagione della “Architettura Disegnata”, perché non coltivare di più anche la consapevolezza delle valenze estetiche della rappresentazione dell’architettura costruita?
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Carmela Crescenzi
La rappresentazione digitale dello spazio dell’architettura CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA DISEGNO AUTOMATICO 3D Collaboratori: Antonio de Siervi Antonello Bello
1 Giovanni Fantappiè e Domenico Quattrone Decorazione dei piedritti del portale d’ingresso di Palazzo Giugni a Firenze di Bartolomeo Ammannati 2 Giovanni Fantappiè e Domenico Quattrone Decorazione laterale del ginocchio delle finestre di Palazzo Giugni. 3 Antonello Bello Slide del percorso di rilievo con software dedicati 4 Federico Puliti, Maurizio Randazzo, Donato Scarpitta Modello del terzo registro Ovest del Battistero di Firenze
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Con l’esperienza maturata negli anni, più che un corso legato al solo computer, al terzo anno o anche nel 1° anno del biennio, potenzierei il connubio Geometria-Disegno Automatico con un secondo Corso integrato di Disegno Applicato. Questo perché, per le difficoltà espresse nel precedente articolo, e non ultimo la contrazione delle ore, certamente non si riesce a fornire agli allievi una preparazione adeguata per affrontare con cognizione l’Idea del Progetto. Superata la disputa fra Computer e Geometria, sulla validità dell’uno e dell’altro, occorre lavorare per ridefinire e collocare il pensare geometrico nei punti cardini del percorso progettuale dell’architettura e dello sviluppo culturale dell’allievo. La geometria da sempre è stato ed è lo strumento duttile, fantasioso, rigoroso del costruire: strumento non facile se non ci è chiaro il suo senso di esistere. La geometria, quale misura, proporzione, modulo, rigore, trasgressione è lo strumento d’indagine e di ricerca che ci permette di rappresentare (proiezioni o modelli reali e virtuali) e costruire. L’esigenza di misurare, rappresentare, controllare e costruire ha rinnovato ed evoluto la Geometria. Le soluzioni complesse del suo divenire sono nella sua stessa conoscenza e nell’osservazione delle cose senza limiti o chiusure. Forse occorre ricordare quanto, fra tutte le valenze e le istanze che concorrono al “progetto” di un’architettura, la “forma ovvero la geometria” influisca sulla struttura. Per sostenere quanto detto, quindi, l’obiettivo del corso è far comprendere le possibilità che il disegno automatico, con software dedicati, ci offre e approfondire il progetto formativo sulle conoscenze geometriche e le implicazioni progettuali ad esso connesso. Uno dei temi sviluppato nell’ambito del corso è “il dettaglio e la decorazione”: approfondire piccoli elementi, semplici o complessi, fa percorrere un
iter formativo che porta ad una maturazione dell’osservazione, dell’acquisizione dei dati, della geometria sottesa allo sviluppo dell’oggetto e della sua realizzazione. Rappresentare un “architettura reale” o parte di essa, significa analizzarla in ogni suo dettaglio: forma, materiale, lavorazione, luce colore; significa comprenderne l’essenza e renderla godibile, trasmettere percezioni e sensazioni che vanno al di là della rappresentazione formale dell’oggetto stesso. Rappresentare un oggetto concreto, a scala piccola, comporta un percorso logico complesso: bisogna rappresentare “quello oggetto” e non un altro, quella Architettura e non un’altra, ovvero un modello il più vicino al vero, con tutte le sue caratteristiche da “sembrare più vera del vero”; ci si confronta ancora una volta con le nozioni acquisite, con le tecniche di rilievo tradizionali e/o innovative, con le tecniche della rappresentazione. Notevole operazione di analisi e di sintesi per acquisire ed appropriarsi delle capacità espressive che i nuovi strumenti tecnologici offrono, scoprirne e comprenderne i loro limiti per un loro possibile sviluppo e per realizzare le nostre idee così come le sogniamo
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Marco Vannucchi
Rappresentar città e ambiente CORSO DI LAUREA IN URBANISTICA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ED AMBIENTALE RAPPRESENTAZIONE DELLA CITTÀ E DEL TERRITORIO
1 Lorenzo Micheli, Benedetta Mossenta Uso del territorio della zona adiacente a Villa Merciai, Cerreto Guidi sono rappresentati vigneti, oliveti, edificato, viabilità, seminativi e zone boschive 2 Maria Grazia Basile, Filippo Maria Raeli, Monica Cerulli, Carla Gambioli, Marco Bensi Morfologia e studio del territorio nel Comune di Montespertoli Sezione territoriale del colle di Poppiano eseguita con la tecnica del puntinato
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Attraverso l’insegnamento teorico e l’esperienza diretta sul campo si tenta di formare una sensibilità per il disegno che consenta di raggiungere le abilità tecnico-cartografiche necessarie alla comprensione-trasmissione di realtà territoriali e urbane complesse. Le tecniche insegnate si applicano sia ai sistemi ambientali che ai sistemi insediativi, pur con le necessarie diversità di impostazione e di risultato. I metodi di rappresentazione geometrica, dell’assonometria e della prospettiva si legano, infatti, assai più facilmente ai manufatti che all’ambiente naturale. La teoria delle ombre, invece, sia pure affrontata in modo epigrammatico, ci consente di dare un rilievo anche alle formazioni arboree ed arbustive che si trovano in una zona agricola e alle costruzioni che sono collocate al suo interno, creando effetti di planivolumetria. Con questi sistemi di base, e per il tramite di vari altri artifici grafici, si riesce a dare uno straordinario rilievo alle rappresentazioni in pianta e a rendere evidenti le qualità sia dell’edificato che dell’ambiente di un certo territorio. Con la somma di queste tecniche emergono le utilizzazioni agricole e l’andamento morfologico dei territori studiati, la trama dei collegamenti e la viabilità ottocentesca, l’organizzazione e la gerarchia delle zone “umide” e delle vie d’acqua: in sostanza la rappresentazione dell’identità di un territorio. La parte applicativa del corso si sviluppa su vari ambiti territoriali definiti sulla base delle esigenze dei laboratori di sintesi: in generale ci interessano le aree extraurbane -collinari e pedecollinari-, i sistemi insediativi che comprendono i piccoli paesi, gli aggregati di case sparse, le ville gentilizie, i monasteri e simili. In secondo luogo ci occupiamo anche delle aree dei centri storici che costituiscono il nucleo originario, e riconoscibile ancora oggi, della generalità delle formazioni urbane attuali. Nel caso dell’analisi dei nuclei storici si
fa particolare riferimento all’esame delle famiglie tipologiche. Non analisi tipologica raffinata e specifica, ma inquadramento e suddivisione del tessuto edificato secondo famiglie che raggruppano insiemi di edifici affini e che ci permette di entrare nel merito di ragionamenti sulla qualità dell’edificato. Queste note possono essere concluse sottolineando infine come l’insieme delle informazioni, che si cerca di trasmettere agli studenti, trova corrispondenza anche nelle richieste tecniche della recente legislazione toscana n. 5/95 (norme per il governo del territorio) e successive modificazioni ed adeguamenti. Le nuove proposte urbanistiche, in sostanza, possono essere scisse sempre meno dall’insieme delle osservazioni che derivano da un “quadro conoscitivo” approfondito sia dello stato di fatto sia delle vocazionalità originarie del territorio da pianificare; a questo “quadro conoscitivo” il corso di Rappresentazione della città e del Territorio tenta di dare un contributo non banale.
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Marco Cardini
La trama delle appartenenze CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE LABORATORIO DI DISEGNO (COMPONENTI DI ARREDO E TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE) (ALLESTIMENTO E TECNICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE)
1 Nicola Fanesi progetto di tavolo 2 Matteo Fuso progetto di scrivania 3-5 Sara Filippelli disegno di lampada e progetto mobile per macchina da cucire 4 Nicola Fanesi disegno di lampada 6-8 Sergio Lipari disegno di poltrona e sedia 7-9 Nicola Fanesi progetto di scrivania
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La didattica è finalizzata all’analisi, alla rappresentazione e progettazione di elementi di arredo e di allestimento di ambienti, con esercitazioni su temi assegnati e calibrati secondo i due indirizzi. L’analisi e la rappresentazione degli oggetti e dello spazio da arredare vengono sviluppati secondo: - i fondamenti scientifici della rappresentazione; - gli strumenti; - i metodi della rappresentazione; - le convenzioni; - le tecniche grafiche di rendering. Al disegno quale strumento di analisi e rilevazione si affiancano le tecniche della rappresentazione del progetto di componenti di arredo e di ambienti nelle molteplici possibilità offerte sia dagli strumenti tradizionali sia dagli strumenti innovativi con l’utilizzazione dei programmi digitali. Forma, funzione, struttura, misura e proporzioni vengono sperimentati su oggetti di arredo classici come sedie, corpi illuminanti, tavoli o allestimento di ambienti come interni arredati o stands espositivi da analizzare e da riprogettare affiancando all’esercizio
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dell’analisi il rigore della metodologia progettuale. Il disegno degli oggetti si sviluppa costantemente relazionando la forma ai materiali, la tecnologia costruttiva alla tecnologia della produzione e dell’assemblaggio dei componenti. L’esercizio dell’analisi e della rilevazione è legato metologicamente al percorso progettuale della invenzione e produzione dell’arredo, con un percorso inverso alla progettazione, dall’oggetto alle fasi della progettazione e produzione, in modo tale che le fasi del progetto siano chiaramente individuate e scandite dallo studente e successivamente esperimentate nella fase della riproposizione progettuale.
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Raffaele Moschillo
Analisi grafica degli elementi costitutivi CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE LABORATORIO DI DISEGNO (COMPONENTI DI ARREDO) Collaboratori: Michele Zingarelli Emanuele Pisano
1 Giulia Carolina Schwarz Marcel Breuer, “Sedia Wassily” proiezioni ortogonali 2 Giulia Carolina Schwarz Marcel Breuer, “Sedia Wassily” analisi degli elementi costitutivi
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Lo studio sugli elementi costitutivi prende avvio dalle ricerche effettuate da Italo Gamberini tra il 1958 ed il 1961 su un nuovo metodo di lettura ed analisi delle architetture di carattere semantico. Lo studio, si basava sulla scomposizione in parti omogenee del testo architettonico. È possibile ipotizzare un percorso analogo che porti ad analizzare i contenuti dei componenti di arredo ed “i fatti” che li hanno determinati, prescindendo dagli aspetti puramente formali della rappresentazione. Per far questo i componenti di arredo vengono scomposti in segni interpretabili e codificabili. Alla stessa stregua della scrittura, il disegno si è proposto come lo strumento codificato che permette di interpretare e tradurre questi “segni” passando attraverso i valori semantici della linea, del colore e geometrici delle superfici e dei volumi. Riprendendo l’esperienza di Gamberini, caratterizzata dai cosiddetti “elementi costitutivi”, si è introdotta una possibile classificazione di queste “costanti” (elementi simili tra loro non per assonanze formali ma per il loro significato), tali da permettere l’analisi dei componenti di arredo attraverso gli strumenti del disegno. Questa classificazione, strutturata su sei classi unitarie, non vuole essere l’unica possibile ma una traccia che può guidare nell’analisi di un oggetto o nell’elaborazione e sviluppo di un’idea progettuale. 1 - Componenti principali della funzione La realizzazione di un oggetto ha lo scopo di rispondere ad una determinata esigenza; determinare l’elemento principale di un componente di arredo coincide quindi con l’individuazione della funzione che lo stesso deve svolgere. Per elementi semplici questa è univoca, per elementi complessi si possono invece individuare più funzioni che si integrano all’interno di un unico componente. Le funzioni che investono le esigenze umane, anche le più complesse, hanno in genere bisogno di uno o più piani che il fruitore individua come elementi che sottendono la funzione principale. Individuate le funzioni principali, queste si collegano ai relativi piani che in genere costituiscono lo “scheletro” dell’oggetto.
2 - Componenti secondarie della funzione La presenza dei piani principali non esaurisce la ricerca di elementi che, se non principali, sono comunque necessari allo svolgimento della funzione. Queste componenti secondarie sono in genere elementi affiancati allo “scheletro” dell’oggetto e ne supportano lo svolgere della funzione. 3 - Elementi di sostegno Quando la funzione statica non è assolta dallo scheletro principale dell’oggetto, si rende necessaria la presenza di elementi, autonomi o integrati con gli altri elementi, che costituiscano il vero supporto dei piani. Gli elementi di sostegno sono individuabili, in genere, attraverso ”la materia”, differente dallo scheletro dell’oggetto e più adatta a svolgere la funzione di supporto statico. 4 - Elementi di finitura Gli elementi di finitura nei componenti di arredo sono molteplici e hanno il compito principale di conferire all’oggetto una determinata immagine. Due tipologie di elementi si distinguono per avere una finitura naturale, con l’intento di esaltare l’essenza e la qualità della materia, o “applicata” per mezzo di una nuova texture, artificiale ed estranea alla materia che costituisce lo scheletro dell’elemento. 5 - Elementi di connessione Gli elementi di connessione all’interno dell’oggetto mantengono una forte indipendenza in quanto svolgono una propria, specifica funzione. Dal punto di vista semantico, sono segni poco evidenti, in genere nascosti, che emergono solo quando sono connessi con l’estetica dell’oggetto ed utilizzati come elementi di accentuazione. 6 – Elementi di accentuazione e qualificazione L’ultima categoria analizzata è quella degli elementi che caratterizzano l’oggetto dal punto di vista estetico e formale. All’interno di un’analisi semantica Gamberini classificava questi elementi come “aggettivi”; segni non indispensabili per la comprensione dell’oggetto. Sono, in sostanza, gli elementi emergenti della composizione che si innestano o si integrano con gli altri componenti per dare maggior qualità all’oggetto. Questi segni non sempre sono scindibili dagli altri componenti che, il più delle volte, costituiscono i veri elementi di accentuazione e qualificazione dell’oggetto.
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Roberto Corazzi
La geometria del prodotto industriale CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE GEOMETRIA DESCRITTIVA Collaboratori: Giovanni Anzani Stefania Marini
1 Enzo Alessandrello Proiezione ortogonale del Bollitore “Il Conico” di Aldo Rossi 2 Silvia Cagetti Proiezione ortogonale di un contenitore di cartone 3-4 Massimiliano Nerattini Proiezione assonometrica di bottiglia di amaro
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Lo strumento della rappresentazione è un fattore importantissimo che deve dare l’opportunità di effettuare continui controlli sulle idee progettuali siano esse a piccole o grandi dimensioni. Per riprendere un concetto già espresso precedentemente si riafferma con fermezza che l’impegno è quello di sollecitare lo studio della geometria, direi quasi in maniera ossessiva, su due fronti: quello dell’educazione a visualizzare e pensare in tre dimensioni, sia quello di creare un mezzo e strumento di progettazione. Quindi la geometria non è uno strumento solo per rappresentare, ma un mezzo per controllare le immagini delle idee e le idee immaginate, per “descrivere ed analizzare le forme geometriche e le relazioni reciproche degli oggetti”. Tutto questo deve essere effettuato in disegni realizzati con tecniche tradizionali eseguite a mano libera avvalendosi di rappresentazioni basate su proiezioni ortogonali, assonometriche, prospettiche e facendo uso di schizzi rigorosamente controllati con gli elementi che sono stati individuati con lo studio degli argomenti menzionati. Inoltre è importante per il progettista contemporaneo individuare un disegno al computer quale immagine più aderente alla sua cultura espressiva ed in particolare considerare il rendering come interpretazione, proiezione, simulazione elaborata attraverso uno schizzo, un modello in scala. Per cui la finalità del corso è quella di far raggiungere a ciascun studente una capacità strumentale rigorosa di rappresentazione di elementi di oggettistica; pertanto vengono impartite una serie di lezioni teoriche sugli argomenti fondamentali della geometria descrittiva, e ciascun studente dovrà eseguire esercitazioni relative a tutti gli argomenti svolti ed i cui possibili testi sono assegnati di volta in volta. - L’esecuzione delle sopra citate tavolette, con gli esercizi applicativi degli argomenti fondamentali della geome-
tria, è a discrezione di ciascun studente (si deve far osservare comunque che gli argomenti teorici sono il bagaglio necessario per poter eseguire le tavole il cui contenuto è la ricerca della geometria di vari oggetti; per cui sarà cura di ogni studente di eseguire un certo numero di esercizi che presentano caratteristiche peculiari per l’applicazione degli argomenti fondamentali della geometria e che siano idonei perché la geometria rappresenti fonte di ricerca e strumento necessario per l’analisi geometrica dell’oggetto preso in considerazione. Inoltre, in funzione di quanto affermato precedentemente, sono date informazioni sulla geometria determinata con il processo informatico; sono impartite lezioni con dimostrazioni con le quali sono evidenziate le operazioni fondamentali che si rendono necessarie operando con il computer. La tavola finale viene realizzata su carta bianca del formato di 50 x 70. L’argomento è concordato preventivamente. Le tecniche per la sua realizzazione sono a scelta dello studente, compresa la realizzazione di valori cromatici di cui è composto l’oggetto preso in considerazione. La tavola può essere realizzata anche con il computer.
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Barbara Aterini
Da proiezione parallela a prospettiva CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE GEOMETRIA DESCRITTIVA
1 Karin Ransberger Boccetta di smalto per unghie in Proiezioni Ortogonali 2 Francesco Iannuzzi Scatola in prospettiva a piano inclinato 3 Letizia Berti Boccetta di profumo in Prospettiva Parallela 4 Leonardo Cincinelli Tappo di un pennarello in prospettiva a piano inclinato
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Il futuro “tecnico di progetto in oggetti d’uso” deve imparare a rappresentare graficamente le proprie idee per riuscire a controllarle in fase di progetto e successivamente per poterle comunicare a chi le deve realizzare. Infatti è attraverso il disegno, ed in particolare attraverso il disegno geometrico proiettivo, che il progettista controlla anche spazialmente la forma dell’oggetto pensato e può modificarla come e quando vuole. A tale scopo i metodi di rappresentazione della geometria descrittiva permettono di disegnare un oggetto in modo che, data la sua rappresentazione, è sempre possibile misurarlo. Inoltre la geometria descrittiva sviluppa la capacità di pensare nello spazio tridimensionale e permette di rappresentare sul foglio da disegno gli oggetti della realtà che ci circonda. A tal fine è necessario fornire in maniera diretta procedimenti grafici che per alcuni risultano del tutto nuovi, ma che sono indispensabili per operare. Si tratta dunque di velocizzare certe spiegazioni senza cadere nel superficiale; bisogna invece spiegare e motivare, facendo collegamenti fra un metodo di rappresentazione e l’altro, ma soprattutto partendo dalla geometria proiettiva che permette di capire in maniera completa le spiegazioni: infatti niente è fatto a caso, ma esiste sempre un perché per ogni operazione. È chiaro che le dimostrazioni vengono fornite agli studenti al solo scopo di far capire meglio le operazioni grafiche che devono svolgere sul foglio; non si pretende che le sappiano ripetere, ma che ne comprendano il significato, apprendendone il ragionamento. È vero che gli argomenti presentati anche tramite le spiegazioni responsabilizzano lo studente e lo gratificano, poiché si fa vedere che lo si reputa maturo ed in grado di capire anche ragionamenti piuttosto complessi. Così spesso accade che i concetti e le dimostrazioni vengano percepite talmente bene da essere poi riferite senza difficoltà, anzi
come logica conseguenza delle operazioni grafiche svolte. Le proiezioni parallele o cilindriche vengono presentate per prime e si insiste per far capire, anche attraverso il ripetitivo percorso della “doppia proiezione”, quale deve essere il ragionamento da applicare. A mio avviso risulta importante anche la proiezione conica e devo dire, sulla base dell’esperienza accumulata, che la prospettiva (anche quella a piano inclinato) interessa particolarmente l’allievo che utilizzando questa tecnica grafica si sente ancora più padrone dello spazio e spesso finisce con il divertirsi, soprattutto se viene lasciato libero di disegnare ciò che lo interessa. Questo è così vero che la prospettiva ha riscosso un notevole successo e molti studenti, dopo aver rappresentato l’oggetto scelto in proiezione parallela, si sono “divertiti” (e credo che si possa proprio dire così, poiché non erano obbligati) a rappresentare il medesimo oggetto anche con tale metodo, spesso per inserirlo nel luogo o nel contesto spaziale consono, ma anche solo per leggerne la forma da un diverso punto di vista che in tal caso è proprio e non infinito come nelle proiezioni cilindriche.
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Giovanni Pratesi
Immagini virtuali e oggetti d’uso CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE DISEGNO AUTOMATICO Collaboratori: Ruggiero Mennea Marco Lucifora Laura Velatta
1-2 Maura Pieri Progetto di scrittoio, viste con prove di materiali 3 Marco Gamberi Le Corbusier chaise longue: prova di texture 4-5 Elisa Manganelli Allestimento espositivo nella sede didattica di Calenzano 6-7 Imma D’Ercole Allestimento espositivo nella sede didattica di Calenzano
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…Il disegno è qualcosa di più della parola, dell’espressione e della comunicazione; è infatti un mezzo di conoscenza. (A. Marcolli) Attraverso l’imitazione di progetti o oggetti in qualche modo già “rappresentati” si può superare il primo impatto inibitorio con il classico foglio bianco dovuto all’inesperienza o mancanza di tecnica. L’esperienza di un altro operatore si trasforma in una cosciente scelta personale che con il tempo e la pratica si evolve fino ad una personale espressione. Con il disegno automatico il rapporto dialettico tra imitazione e immaginazione diventa immediato; in tempo reale si possono progettare forme sia libere che scomponibili a livello geometrico, manipolare varie textures di materiali fino ad ottenerne di nuove, raggiungere l’equilibrio tra immaginazione e simulazione attraverso la costruzione di un modello tridimensionale. “Il designer (digital-designer) deve possedere la capacità di effettuare continue verifiche su quello che sta progettando… a questo proposito lo strumento della rappresentazione appare (come) fattore indispensabile e insostituibile”, (Segoni 1986) ottimizzato dal disegno automatico nei tempi di realizzazione. Per tale motivo ritengo importante e formativo l’apprendimento delle basi del disegno automatico nella scuola del designer, più che altrove, considerando le sue possibilità rappresentative e di analisi. La sua applicazione pratica nella ricostruzione degli oggetti d’arredo od allestimenti firmati da maestri o nella realizzazione di esperienze progettuali indotte dalle lezioni teoriche porta, quello che si può definire digitaldesigner ad analizzare ogni linea e ogni curva che definiscono i singoli componenti dell’opera e non solo, poiché anche i materiali usati e il loro grado di finitura, il loro colore, la loro lucentezza o la loro opacità devono essere considerati, studiati e capiti per poter essere
verosimilmente rappresentati. Il progetto è un’idea che si compone e prende forma nella mente del progettista se, nel futuro, sarà possibile avere uno strumento che, mediante una rete neurale, visualizzi su uno schermo quell’immagine della mente, la parte della comunicazione avrà trovato la più esauriente e veloce realizzazione dopo lo schizzo, ma l’elaborazione, avrà comunque bisogno di un ulteriore passaggio, una successiva rappresentazione ovviamente utilizzando le potenzialità del disegno automatico.
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Lorenzo Bianchini
La rappresentazione dello spazio CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE VISUAL DESIGN
1-4 Andrea Danti 5 Bruzzese Stefania 6 Elena Lombardi 7 Esercitazione finale di una allieva del corso sul tema dell’illustrazione di un libro 8-9 Esercitazione finale di un allievo del corso sul tema del calendario 10 Danile Bonnici studi di cavalli 11 - 12 Ana Elena Meade 13 Tavarnesi Marco
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Disegnare è una capacità globale che influenza notevolmente l’attitudine del singolo a cogliere e gerarchizzare gli aspetti delle problematiche che si presentano nella pratica lavorativa. Lo sviluppo di questa disposizione dovrebbe riversarsi in una attività conoscitiva e creativa che metta in grado di poter tradurre analogie, sensazioni e intuizioni in termini di disegno e di progetto grafico. La didattica nel laboratorio di tecniche della rappresentazione è stata svolta cercando di presentare quei principi basilari del disegno mediante la conoscenza dei quali lo studente che inizia il proprio percorso formativo ha avuto la possibilità di sviluppare un primo bagaglio esperienziale sulle tematiche della rappresentazione e del rapporto di queste con la realtà e con i suoi vari aspetti. L’attività si è articolata modulando esercitazioni e temi assegnati dalle nozioni più semplici fino alla realizzazione di veri e propri progetti grafici con lo scopo di introdurre lo studente nel mondo del Disegno. La lettura dei contorni, la percezione, degli spazi, dei rapporti compositivi tra diversi oggetti, della relazione tra luce ed ombra ed il colore sono serviti come elementi di spunto su cui strutturare un percorso maieutico che inducesse nei singoli allievi la riscoperta del valore dell’immagine ed l’uso del disegno come significante e gratificante mezzo espressivo. All’attività di analisi dell’immagine e delle tecniche rappresentative è stato sempre affiancato il tentativo di creare nelle coscienze degli studenti il valore della pratica del disegno a mano libera come espressione di una attività conoscitiva che trova nel segno un interprete fedele e non equivoco del pensiero che la ha generata. Parallelamente sono state impartite le prime regole per la composizione di un progetto grafico. I singoli elementi analizzati nello svolgimento del laboratorio sono stati inseriti e relazionati per la composizione di un impaginato. La
ricerca di uno schema di riferimento, l’interrogarsi sull’esistenza o meno di regole a cui adeguarsi, ha stimolato gli allievi a riconoscere nelle tecniche di rappresentazione non solo un elemento puramente strumentale alla resa grafica bensì un valido supporto al fine di esemplificare i vari percorsi possibili nell’ottica di eseguire una comunicazione efficace del messaggio che le immagini nella loro composizione dovevano veicolare. Campo privilegiato per la verifica della maturazione degli studenti è risultato il tema finale del corso. Questo si articolava su due possibilità a scelta libera di cui la prima consisteva nella redazione di un calendario e la seconda nell’illustrazione di un libro. I risultati ottenuti dagli allievi hanno evidenziato in maniera più o meno spiccata le possibilità dei singoli di maturare un proprio stile che caratterizzi con il segno grafico il proprio impegno nella ricerca sul campo del disegno.
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Paola Puma
Disegnare per la moda: l’idea, il progetto, la realizzazione CORSO DI LAUREA IN PROGETTAZIONE DELLA MODA LABORATORIO DI DISEGNO TESSILE
1 Giulia Ciuoli dall’alto in basso la forma naturale di partenza e studi sulla struttura geometrico formale di partenza 2 Giulia Ciuoli proposta progettuale basata su elaborazione grafica e cromatica della forma di partenza 3 Giulia Ciuoli elaborazione grafico cromatica del motivo progettato 4 Giulia Ciuoli studi di armonia e contrasto cromatico 5 Giulia Ciuoli rendering del motivo progettato
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La rappresentazione del progetto di moda ha caratteri fortemente propri, autonomi e caratteristici che la differenziano dagli altri campi del disegno. I motivi di tale specificità risiedono in una molteplicità di fattori: dai legami con le finalità – se ideative, comunicative oppure esecutive- ai vincoli rispetto alle modalità produttive dell’oggetto, all’ambito di attività. Se il disegno per l’abbigliamento o per lo spettacolo, per esempio, necessitano evidentemente, e tuttora, di forti richiami allo studio dell’anatomia e della figura umana, il disegno per il gioiello poggia solidamente sull’utilizzo dei sistemi convenzionali di rappresentazione geometrica dell’oggetto. Alla base della rappresentazione e del disegno del tessile sono invece la conoscenza e lo sviluppo di tutte quelle esperienze progettuali, grafiche e artistiche inerenti il visuale che hanno attraversato il XX secolo: dalle ancora attuali e basilari esperienze della Bauhaus, alle esplorazioni dei movimenti astratti del secondo dopoguerra fino al patrimonio rappresentato dalla cultura della comunicazione visuale dagli anni ’60 al termine del novecento. Una analisi completa di statuti, modalità e caratteristiche espressive del disegno e del design contemporanei del tessile dovrebbe partire da lontano, affrontando il tema anche in chiave storiografica: ripercorrendone, cioè, le esperienze almeno a partire dal XIX secolo e soffermandosi, in particolare, sul nostro passato recente. La vicenda potrebbe essere infatti suddivisa in periodi chiaramente distinti: una prima parte che va a tutta la fine dell’ottocento -la cui diretta relazione con la cultura artistica e materiale delle diverse epoche ha costituito nei secoli la cifra stilistica della produzione tessile- una seconda parte relativa alla prima metà del XX secolo –con il rivoluzionario passaggio dalla cultura artigianale alle modalità produttive industriali e la ridefinizione di statuto
delle cosiddette arti applicate- ed il periodo che arriva ad oggi, che attraversa le profonde trasformazioni della cultura progettuale dal boom economico industriale alla società postindustriale. Per restare nell’ultimo secolo, e pur confermando come matrice espressiva del design del tessile europeo la sua derivazione stretta e diretta dall’arte, possiamo evidenziare il processo di autonomizzazione e caratterizzazione comunicativa del textile design. Il periodo che maggiormente ha contribuito alla formazione ed alla diffusione del “made in Italy”, è forse coinciso con il momento di svolta anche sotto il profilo della formazione di proprie ed autonome caratteristiche progettuali, disciplinari e culturali del design tessile. Attualmente, e paradossalmente, si assiste invece ad una sorta di perdita di confinamento della materia, una apertura consistente nell’utilizzo della contaminazione come materiale di lavoro ed ispirazione; ci riferiamo alle sempre più fitte relazioni tra produzione di fashion come applicazione di ricerche in campi anche del tutto differenti, che presuppongono nuovi e diversi strumenti di rappresentazione del processo ideativo e rappresentativo: si pensi, per esempio, alla attuale e cospicua mole di nuove realizzazioni tessili collegate o provenienti da ricerche di tipo biotecnologico o aerospaziale. L’obiettivo finale è di promuovere -attraverso l’esplorazione di mondi figurativi molto differenti ma vicini storicamente alle radici della cultura contemporanea- la formazione di un proprio catalogo di immagini, linguaggi e soluzioni progettuali che siano infine utilizzabili e rielaborabili in maniera tematica, una volta svincolati dai singoli contesti storico-artistici di provenienza.
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Marco Bini
Rilievo e conservazione
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CORSO DI LAUREA IN TECNOLOGIE CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI RILIEVO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Nicoletta Brunori Francesco Tioli
1 Duccio Cotronea I due prospetti di una delle arcate del ponte e la relativa pianta, mostrano con particolare cura il degrado della tessitura muraria
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In un programma di ricerche mirate alla conoscenza di un organismo architettonico un ruolo importante è svolto dal rilievo che, come disciplina diagnostica non invasiva e non distruttiva, ha avuto negli ultimi anni una consistente evoluzione, nei principi e nelle tecniche. Il rilievo architettonico necessita di una preparazione tale da garantire che informazioni metodologiche e conoscenze specialistiche siano state costantemente verificate nella pratica, anche attraverso un lungo tirocinio a diretto contatto con le strutture e i materiali della costruzione, una esperienza che dia la capacità di evitare i rischi del gesto ripetitivo che, talvolta, impedisce di riconoscere segni ed indizi significativi. Assolvendo alla doppia funzione di documentazione, e di interpretazione, il rilievo assume il ruolo di supporto, anche se non sempre neutrale, per tutte le operazioni ed indagini che sarà necessario compiere sulla fabbrica costituendo, in ogni momento, il punto di sintesi della ricerca permettendo, oltre al catalogo ordinato dell’esistente, l’individuazione di possibili sviluppi, prima non prevedibili, rapportabili con l’avanzare della ricerca. L’elaborato grafico conseguenza delle operazioni di presa della misura acquista allora natura di documento e come tale è a disposizione di chi ne abbia bisogno, ponendosi non in alternativa al reale ma come interpretazione del reale stesso. In questa accezione il disegno di rilievo può estendersi ai manufatti delle più disparate dimensioni e quale strumento d’indagine si adatterà di conseguenza a tutte le scale di intervento, tenendo conto di particolari obiettivi della ricerca cui è compartecipe. Un rilievo corretto ed esauriente permette la redazione di carte tematiche di vario tipo, carte che documentano la presenza di un determinato fenomeno, la sua consistenza, la sua incidenza sull’intero organismo. Di particolare importanza possono risultare quelle carte che permettono la valutazione del rischio di
collasso della struttura o di ulteriore degrado con perdita di dati preziosi su forme e lavorazioni superficiali, e le indicazioni dei possibili sviluppi che questo potrà avere nel tempo. Tali elaborazioni potranno costituire una efficace base per la comparazione tra loro di parti e del variare nel tempo di ogni fattore di valutazione e costituire un effettivo strumento per programmare altri interventi e, in fasi successive di lavoro, controllarne la corretta esecuzione. Si consideri ad esempio la possibilità di valutare le variazioni di un quadro degenerativo del materiale registrando progressivamente tutte le variazioni che possono registrarsi a distanza di tempo. Anche se la strategia del rilievo è variabile in conseguenza delle oggettive condizioni in cui ci si trova ad operare, è indispensabile comunque adottare criteri di lavoro che, pur salvaguardando le inevitabili interpretazioni personali, siano in grado di fornire livelli di attendibilità delle registrazioni tali da non trascurare tracce o aspetti, apparentemente marginali, ma che potrebbero rivelarsi di estremo interesse con lo svolgimento delle indagini. In tutti i casi dovremmo comunque essere coscienti di operare con strumenti che sono in grado di fornirci solo un particolare punto di vista della realtà, solo alcuni aspetti di ciò che possiamo vedere, toccare, misurare. Proprio per questo la rilevazione che potremo chiamare “materiale”, a stretto contatto con l’oggetto, e l’altra che potremo definire “concettuale”, ricavabile dai libri, dagli archivi, etc., costituiscono due strade che non devono essere distinte, ma devono camminare di pari passo, confrontando continuamente i risultati dell’una con quelli dell’altra, per arrivare poi ad una comprensione fondata del manufatto, trasmissibile attraverso accurata elaborazione grafica.
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Sylvie Duvernoy
Il disegno esecutivo, dallo studio alla comunicazione CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA EDILE DISEGNO EDILE
1 Massimo Sodi (ri)disegno di una architettura contemporanea: Casa e studio, architetto Peter W. Schmidt 2 Francesca Scarselli Vista assonometrica della casa Reinhard realizzata da Aldo Rossi in Florida, imitando la tecnica grafica che Aldo Rossi adopera per i suoi schizzi di studio
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Il corso di Disegno Edile nel quarto anno di Laurea in Ingegneria Edile, (o Disegno dell’Architettura nella nuova dicitura del corso di laurea specialistica), è l’occasione per gli studenti ingegneri di approfondire le conoscenze già acquisite negli anni precedenti e di verificarne le possibilità di applicazione e di sfruttamento nell’ambito del lavoro professionale. L’accento viene messo sul riconoscimento delle valenze diverse e specifiche delle varie tecniche di rappresentazione. Il disegno è linguaggio di comunicazione. Come tale è codificato da una sintassi ed una grammatica, le cui regole vanno rispettate per garantire l’efficacia dello scambio di informazioni. Il linguaggio adoperato deve essere conosciuto sia dall’autore del disegno che dal suo destinatario. La scelta di una precisa tecnica di rappresentazione dipende dalle caratteristiche del messaggio che si intende trasmettere, dal fine che ci si propone, e dalla capacità di lettura e di comprensione del ricevente. Il disegno architettonico esecutivo, per esempio, è un disegno di comunicazione a carattere autoritario. Si rivolge principalmente a dei professionisti: addetti ai lavori che parlano lo stesso gergo. I segni devono essere precisi e univoci. Si tratta di elaborati che contengono un gran numero di informazioni e richiedono una lettura attenta e minuziosa. Le tavole di presentazione invece sono disegni di comunicazione a carattere persuasivo. Sono dirette ad un pubblico non specialista, e si presentano quasi sempre sotto forma di immagini tridimensionali colorate prodotte a mano o al computer. Il loro fine è di suggerire in modo immediato l’impatto percettivo dell’opera finita. La qualità plastica della rappresentazione sarà direttamente proporzionale alla difficoltà di riuscita del tentativo di seduzione. Lo scopo del corso di Disegno Edile è di acquisire una buona padronanza della comunicazione grafica professionale, nei suoi vari aspetti. L’esercita-
zione finale consiste nella stesura di una documentazione completa di disegni esecutivi, relativa a un edificio di dimensioni modeste, scelto fra le opere salienti dell’architettura moderna e contemporanea. La trasformazione delle immagini risultanti da ricerche bibliografiche preliminari in elaborati simili a disegni esecutivi è un’operazione che si attua attraverso l’applicazione delle conoscenze acquisite nell’ambito dei laboratori di progettazione, di architettura tecnica, di storia dell’architettura, ecc… Il corso di disegno diventa così l’ambito disciplinare dove convergono e si evidenziano le relazioni di complementarità esistenti fra le diverse materie del corso di laurea. In questa ottica, gli studenti hanno anche la possibilità di proseguire lo studio del proprio progetto, sviluppato nel laboratorio di composizione dell’anno precedente. Nell’uno o nell’altro caso, il lavoro deve esplicitare chiaramente le relazioni fra scelte strutturali, e scelte formali, in quanto il disegno esecutivo è l’espressione della progettazione esecutiva. Nello studio dei particolari costruttivi va ricercata l’innovazione o per lo meno la specificità della soluzione tecnologica adottata. L’insieme degli elaborati deve essere completato da una tavola di presentazione dell’oggetto architettonico studiato: prospettiva o assonometria a colori, realizzata con tecnica grafica libera.
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Marco Bini
Rilievo e conoscenza storica SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN STORIA ANALISI E VALUTAZIONE DEI BENI CULTURALI RILIEVO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Francesco Tioli
1 Carlo Antonelli, Francesco Piscicelli Prospetto e pianta della casa Torre evidenziano, attraverso materiali e strutture, le trasformazioni subite nel tempo
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Nel momento in cui gli oggetti rilevati vengono tradotti graficamente, operiamo un confronto fra ciò che oggi appare ed i processi evolutivi dell’organismo; questo confronto che avviene sempre, anche se talvolta inconsciamente, costituisce il punto di partenza per intraprendere quel processo di apprezzamento critico che è contributo essenziale alla comprensione dell’opera, passo essenziale per la sua conservazione. Ne consegue il superamento del concetto di rilievo come semplice operazione tecnica di misurazione diretta. Il rilievo dunque dovrà innanzitutto fornire il massimo delle informazioni che dovranno essere il più possibile esatte, tali da permettere la comprensione della genesi dell’organismo, ripercorrendo le fasi della sua formazione. Il rilievo infatti ripercorre le stesse vie che dopo la prima ideazione ha seguito il progettista, l’ideatore, e ci accompagna fino all’intimo della fase di realizzazione nella quale, come del resto anche nell’ideazione, possono essere venute spesso ad aggiungersi altre personalità. Da questo punto di vista dunque un buon rilievo si identifica con la storia dell’edificio, ne riflette le fasi cronologiche, ne accerta le diversità formali, ne sottolinea le successioni temporali, ne registra le anomalie, ne chiarisce le ragioni statiche e ne raccoglie in breve spazio le forme, le cromie, lo stato e le qualità dei materiali utilizzati nella costruzione. Spesso una scrupolosa operazione di rilevamento conduce alla scoperta di anomalie dimensionali volute dall’autore dell’opera per apportare adeguate correzioni alle aberrazioni ottiche opportunamente previste per una migliore percezione dell’edificio. Un rilievo che miri solo all’esattezza geometrico-dimensionale finisce per fornirci un’immagine astratta dell’organismo; non ci dà in sostanza quel complesso di informazioni, spesso più utili della esattezza delle misure, che riguardano appunto le connessioni strutturali e funzionali delle varie parti, la materia
di trattamento delle superfici (per i prospetti naturalmente, ma anche per piante e sezioni) ma soprattutto non ci dà alcuna indicazione riguardo alla successione delle varie fasi di realizzazione, essenziale per l’esatta conoscenza di un organismo e che solo un rilievo che sia anche strumento critico, oltre che filologico, può fornire. Ma in particolare l’uso di questo strumento per “fare analisi” diviene importante quando si intendano compiere ricerche storico-critiche sui manufatti architettonici, affiancando lo studio documentario. Se la ragione d’essere del rilievo sta nel produrre, attraverso adeguati strumenti della rappresentazione, una documentazione, questa costituirà una serie di informazioni “mediate” dall’operatore che permettono di leggere la struttura logica e formale, l’uso, l’organizzazione funzionale del complesso architettonico sia nel momento stesso della rilevazione che nello stratificarsi degli eventi storici. Le capacità di ragionamento e di sintesi, la cultura personale, unite ad una abitudine ad osservare e memorizzare le immagini, costituiscono attitudini indispensabili per il raggiungimento di risultati sempre migliori, per quanto anch’essi debbano essere affiancati da una padronanza dei mezzi di “mediazione” ed in particolare di quello grafico. Infatti spesso una descrizione per quanto circostanziata e ricca di riferimenti non riesce a fornire indicazioni tanto precise ed oggettive quanto può fare un disegno, anche il più semplice e schematico, anche se, perché le informazioni contenute nel rilievo possano essere compiutamente comprese, è talvolta necessario che esista, in parallelo, una conoscenza della situazione storico-sociale in cui l’evento architettonico e urbanistico ha preso forma e si è consolidato nel tempo, situazione che ha condizionato gli operatori e l’opera, la quale, a sua volta, è testimonianza del momento storico in cui è nata.
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Marco Bini con Alessandro Bellini, Stefano Bertocci e Marco Jaff
Il rilievo per l’archeologia SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ARCHEOLOGIA RILIEVO DELL’ARCHITETTURA Collaboratori: Francesco Tioli Massimiliano Masci Francesco Vintrice Giorgio Verdiani
1 Beth Bevan, Eva Laiso, Angela Soraci Tavola materica del rilievo della Rocca San Silvestro
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Nel quadro di un generale contesto che tende a rivalutare la specificità della figura e delle competenze del rilevatore per alcuni aspetti della conservazione e del restauro, si assiste ad un progressivo crescente interesse per questa figura professionale nel campo delle indagini archeologiche che, nell’ambito specifico, tende ad assumere un ruolo rilevante ed a ritagliarsi un autonomo spazio di ricerca. Al raggiungimento di questa maggiore competenza professionale mira il corso di Rilievo all’interno della Scuola. Con lo sviluppo delle metodologie di indagine stratigrafica e dei metodi di ricerca correlati, che hanno comportato in genere una maggiore attenzione alle tracce della cultura materiale, giungendo ad applicare le stesse metodologie di indagine allo studio delle strutture in elevato, e quindi all’architettura in genere e non soltanto ai reperti allo stato di rudere, i campi di applicazione delle indagini architettoniche, strutturali, tipologiche, geometriche e formali tipiche degli studi architettonici hanno trovato fertili e proficue applicazioni in archeologia Rilevare la struttura muraria ed i suoi corredi funzionali ed estetici, costituisce un’operazione che se condotta correttamente e finalizzata al confronto con strutture murarie, tessiture dei paramenti, caratteristiche costruttive e di finitura presenti nello stesso ambito territoriale, diviene per lo studio storico ed architettonico, oltre che sotto il profilo della cultura materiale, una condizione essenziale per la lettura strutture in elevato, utile soprattutto nel corso di analisi che investano resti di edilizia “minore” o diffusa. Le nuove tecnologie informatiche hanno inoltre trovato fertili applicazioni in vari campi delle indagini archeologiche ed in primo luogo relativamente alle problematiche inerenti la gestione della vasta documentazione di scavo e di rilievo che ogni campagna produce. Uno dei principali obiettivi è in generale quello di costruire basi di dati di documentazione, facilmente consultabili ed aggiornabili, che offrano la possibilità di consultazio-
ne e di gestione, anche on line. Questi risultano indispensabili strumenti per la conservazione dei rilievi, sia degli appunti presi sul campo sia degli elaborati intermedi e finali, delle immagini e delle foto digitalizzate ed possono offrire, se ben congegnati, la possibilità di effettuare ricerche ed indagini finalizzate alle esigenze didattiche o di studio. L’adozione di tali strumenti, adattati alle esigenze dello specifico campo di indagine consente in prospettiva la valorizzazione del cospicuo patrimonio iconografico e documentario che viene prodotto dal team di studiosi che operano in un determinato sito. Si stanno ancora sperimentando le potenzialità offerte dai sistemi S.I.T o G.I.S. nel campo dell’archeologia in generale e, nello specifico, nel settore del rilievo archeologico e nei campi dell’analisi urbana e territoriale. Elemento fortemente caratterizzante è infatti la previsione della possibilità di georeferenziazione dei dati tpografici relativi ai soggetti trattati dagli eleborati grafici, consentendo la realizzazione di ricerche che partano direttamente dalla cartografia di riferimento e, viceversa, possano prevedere la restituzione di carte tematiche. Tali sistemi, nati in funzione della gestione del territorio e delle reti infrastrutturali, che in principio hanno avuto un limitato impiego per enti pubblici o istituti di ricerca, stanno avendo una capillare diffusione nelle più disparate discipline; la loro utilizzazione sta espandendosi fino a connotarli come un necessario strumento per l’organizzazione delle informazioni nel settore specifico del rilievo e della gestione dei dati per la pianificazione del territorio. La banca dati dovrebbe costituire infine la necessaria base informativa per la gestione di un’area archeologica, soprattutto in funzione della programmazione degli interventi di scavo, delle necessarie operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, un programma di “attenzione” costante allo stato del sito finalizzato alla corretta conservazione dello stesso. Stefano Bertocci
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Barbara Aterini
Insegnare ad insegnare la scienza della rappresentazione SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO SUPERIORE - INDIRIZZO DELL’ARTE E DEL DISEGNO GEOMETRIA DESCRITTIVA
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Il presupposto da cui partire, che peraltro mi incuriosiva e mi stimolava ad affrontare l’esperienza di insegnare a dei docenti di Disegno, era la domanda: “quanto e come sanno la geometria gli insegnanti delle scuole superiori?” Alla luce dei risultati che possiamo continuamente riscontrare attraverso i nostri studenti universitari, prodotto di quegli insegnamenti, era il caso di domandarsi quali fossero le carenze da rimediare o le difficoltà da appianare nella formazione che può avere un insegnante, anche se spesso laureato. Credo che una delle difficoltà maggiori nasca dal fatto che, per loro formazione, hanno creato nella mente una sorta di casellario pieno (almeno questa è la speranza) di nozioni, che possono essere anche valide e corrette, ma che per loro natura (sono nozioni) mancano di organicità, quindi non permettono di fare i collegamenti mentali necessari per spiegare agli allievi quei concetti che devono essere ben chiari nella mente di un docente, poiché vanno poi presentati sotto varie sfaccettature, affrontando il medesimo argomento da più parti per spiegare e per far comprendere la materia anche ai più restii. La logica conseguenza di questo è il fatto che non riescono a creare collegamenti mentali, poiché manca una chiara visione d’insieme della disciplina, nello specifico della Geometria. Quindi tendono a cadere nel mero nozionismo che certamente non aiuta nelle spiegazioni e che, soprattutto, annoia gli allievi. Dunque uno degli sforzi concreti è quello di dare una visione d’insieme della disciplina, porgendo loro l’idea che i differenti metodi di rappresentazione hanno alla base un ragionamento comune, che si riferisce agli oggetti reali situati nello spazio in cui viviamo. In altre parole possiamo dire che operando con punti rette e piani dobbiamo proiettare e sezionare nello spazio, risolvendo così problemi analoghi sempre nello stesso modo; sarà differente
solo la rappresentazione grafica piana (cioè sul foglio da disegno) che potrà avvenire con uno dei noti metodi di rappresentazione. Questo concetto è molto importante ed a mio avviso deve essere chiaro nella mente del docente altrimenti, pur conoscendo la geometria, questi non riuscirà a far capire bene la materia ai propri allievi. I problemi geometrici, dunque, vanno risolti prima mentalmente, applicando le operazioni fondamentali della geometria descrittiva, cioè proiezione e sezione, e poi rappresentati con il metodo scelto (proiezioni ortogonali, proiezione centrale, assonometria, prospettiva parallela). Cosa lega insieme i metodi di rappresentazione? Il concetto di corrispondenza biunivoca fra spazio e foglio da disegno. Partendo da questo concetto ho cercato per prima cosa di stimolare i collegamenti mentali fra le nozioni di cui erano in possesso; successivamente, una volta attivato questo sistema, sono entrata nei discorsi più specifici, spiegando come alcuni argomenti possono essere spiegati in maniera più chiara o almeno più accattivante. In conclusione questa esperienza mi ha fatto capire ancora meglio quali sono i problemi che quotidianamente si trovano ad affrontare gli insegnanti delle scuole medie, non solo dal punto di vista organizzativo ed espressivo, ma anche a causa delle carenze conoscitive personali che pesano come un fardello sulle loro spalle, e non necessariamente sono dovute a negligenze soggettive nello studio della disciplina. Anzi spesso proprio coloro che hanno studiato dimostrano di avere le idee più confuse, perché hanno studiato in maniera nozionistica, imparando le regole quasi a memoria, senza avere una visione d’insieme della Geometria Descrittiva, che non sono riusciti a formare nella propria mente per mancanza di esperienza, ma anche perché forse nessuno ha mai pensato di impostare con questo fine la loro formazione.
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eventi e letture
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IL RILIEVO ARCHEOLOGICO, lo stato dell’arte Seminario di studio - Firenze, 22-24 aprile 2004 Il seminario di studio, si è svolto in tre giorni nei locali della biblioteca del Dipartimento, gratuito ed aperto a tutti, era parte del programma didattico del corso di Dottorato in Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente, ed è stato organizzato da Emma Mandelli, coordinatrice del dottorato e membro della commissione nazionale di coordinazione dei dottorati italiani in Rilievo e Rappresentazione. Questa iniziativa intende avviare la programmazione di una serie di incontri nazionali, in cui ogni sede si incarica di trattare una tematica nella quale ha maturato una esperienza specifica. Il rilievo archeologico è un aspetto particolare del rilievo architettonico sul quale da diversi anni sono incentrati numerosi studi del dottorato fiorentino. Ad aprire la strada a queste ricerche specializzate è stata la collaborazione di Marco Bini con la missione archeologica italiana a Petra e i primi rilievi di scavo eseguiti da Stefano Bertocci. Successivamente le esperienze si sono moltiplicate e diversificate, e il seminario di studio intendeva fare il punto sullo “stato dell’arte” attuale della disciplina. Le varie comunicazioni hanno affrontato l’argomento sia da un punto di vista teorico che pratico. Sono state discusse alternativamente questioni di metodologia e di rigore scientifico (Luigi Marino), e questioni di tecniche di acquisizione dei dati con i moderni strumenti quali scanner-laser o il remotesensing e il G.I.S (Francesco Tioli, Giorgio Verdiani, Lorenzo Bianchini). Uno spazio è stato dedicato anche alla riflessione sull’interpretazione dei dati raccolti, e i conseguenti progressi nella comprensione dei reperti (Roberto De Rubertis, Cristina Tonghini, Sylvie Duvernoy). Il dibattito finale si è poi concentrato sulle competenze specifiche che l’architetto può apportare agli archeologi per il progetto della conoscenza, attraverso il rilevamento, la restituzione, la catalogazione e l’interpretazione dei dati. La Fondazione Romualdo Del Bianco, nella persona di Michelangelo Piacentini, ha inoltre presentato un lavoro svolto in collaborazione fra il Giappone e l’Italia, riguardo ad una villa romana a Somma Vesuviana. Il programma del seminario includeva anche visite di scavi. Marco Cardini ha condotto la visita agli scavi di Santa Reparata di Firenze, e l’intera giornata finale si è svolta a Chiusi, su invito del Comune. La visita alle catacombe, studiate dai membri della Pontificia Commissione di Arte Sacra e rilevate da Massimiliano Masci con metodologia sperimentale, ha concluso i lavori. Al seminario erano stati invitati i dottorandi in Rilievo e Rappresentazione di tutti gli atenei italiani, ed ai partecipanti sono stati attribuiti due crediti formativi. Numerose facoltà hanno risposto positivamente all’invito: Brescia, Torino, Milano, Parma, Chieti, Napoli, Salerno, Reggio Calabria. Il gruppo dei palermitani ha colto l’occasione per far conoscere anche alcune loro ricerche avente lo stesso tema, aprendo così un gradito dialogo fra università diverse. Sylvie Duvernoy
Marco Bini, Stefano Bertocci Castelli di pietre Aspetti formali e materiali dei castelli crociati nell’area di Petra in Transgiordania Polistampa, Firenze, 2004 A Firenze in Palazzo Vecchio nel salone de’dugento il 67 febbraio del 2004, si è svolto il Convegno internazionale “Castelli medievali a Petra e nel vicino oriente, tra rilievo e archeologia”, dove è stato presentato il volume di Marco Bini e Stefano Bertocci. Il libro racconta la sintesi di dieci anni circa di missioni condotte da un piccolo numero di ricercatori guidato dagli autori nel territorio giordano a fianco dei gruppi facenti parte di un progetto pluriennale e pluridisciplinare su questa area. In particolare l’obiettivo dei due “rilevatori” era l’esplorazione, la conoscenza e la rilevazione misurata dei castelli crociati. Le missioni, ripetute durante gli anni, sono state sostenute dalle ricerche nazionali ministeriali infatti, secondo le competenze, sono intervenuti studiosi ed esperti di più discipline dell’Università di Firenze, Udine, e ancora Urbino, Venezia e Arkansas Nella prefazione del libro Guido Vannini introduce e chiarisce i legami fra le parti di questa ricerca plurima in un territorio dove i castelli crociati medievali sono una sezione, e perciò una ricerca nella ricerca generale. Il libro vuole essere l’approfondimento e la messa a punto delle metodologie usate e dei risultati raggiunti con l’ausilio di una ampia illustrazione figurativa tecnica, fotografica attuale e storica. Entrando in merito al lavoro di rilevazione e analisi svolte si evidenzia negli esempi esaminati che la particolare situazione e ampiezza del sito hanno reso spesso assai complesse le operazioni di misurazione e hanno obbligato i rilevatori a creare delle griglie e degli elementi tipologici e formali di riferimento oltre ad affinare la preparazione storica specifica. Anche in virtù di ciò per il gruppo di lavoro è nata la possibilità di sperimentare e applicare metodologie scientifiche proprie. Attraverso le operazioni di scavo e lo studio diretto dei ruderi e dei particolari architettonici sono state tratte dagli operatori sintesi grafiche e documentarie di indubbio spessore scientifico. Altro aspetto di interesse generale consiste, come bene è stato “raccontato” negli scritti, nel valore della memoria, Petra e il territorio circostante sono evocativi di una sacralità perduta e dei segni della presenza nodale di questa città nel cuore della civiltà occidentale. Le descrizioni ambientali e storiche e le immagini formano un corpus di grande interesse per gli addetti, ma anche per tutti coloro che hanno curiosità storico-critica di conoscenza di quelle architetture e del loro territorio. Il repertorio di immagini permette una doppia lettura dei luoghi, la documentazione tecnica lascia spazio alle illustrazioni anche percettive assai godibili. Il saggio generale di Marco Bini ben introduce il lettore alla conoscenza del sito e dei castelli esaminati.
Il libro è suddiviso in cinque capitoli. Il primo affronta i problemi generali della conoscenza storica dei luoghi. (M. Bini, S. Bertocci). Nei tre capitoli centrali vengono raccontati e illustrati i castelli studiati con ricerche mirate da parte dei componenti della équipe, sono riportati disegni misurati e letture approfondite sulle simbologie presenti e analisi metrologiche delle strutture monumentali. (M. Bini, S. Bertocci, F. Tioli, C. Bini, C. M. R. Luschi) Infine l’ultimo capitolo affronta il problema della gestione dei dati, dei possibili tipi di rappresentazione e informatizzazione in data-base. (S. Bertocci, M. Giannini, G. Verdiani) Dalla trattazione generale emergono gli elementi problematici che hanno condizionato la metodologia messa in atto nella rilevazione specifica di questo sito archeologico. Alcuni di questi punti sono fondamentali per la comprensione delle fasi di avanzamento della ricerca. Il percorso del rilievo effettuato si è basato sull’individuazione di tipologie, funzionali, murarie, segni ed elementi emersi. Le definizioni stratigrafiche e le verifiche mensorie–archeometriche possono considerarsi i due contributi più sostanziosi emersi. Il metodo adottato basato sul rilievo topografico, diretto integrato e fotogrammetrico con restituzioni miste fra fotopiani e costruzioni geometriche. Data la grande quantità di dati raccolti si è resa necessaria la costruzione informatica di un database dedicato che permette un uso prolungato nel tempo della gestione del patrimonio di informazioni. Gli argomenti possono essere approfonditi nella lettura diretta degli scritti. Qui si può solo sottolineare che il libro, con le sperimentazioni e gli obiettivi raggiunti nelle strumentazioni e nelle sintesi, si pone come un riferimento chiaro per i “rilevatori” e una indicazione di operatività aperta interattiva per coloro, archeologi e storici, che li affiancano nelle ricerche sulle architetture antiche ormai lacerti di manufatti e di memorie. Emma Mandelli
Maria Teresa Bartoli, Stefano Bertocci, a cura di Città e architettura. Le matrici di Arnolfo Edifir, Firenze, 2004 Il filo conduttore dei saggi che compongono il volume è la conoscenza dell’architettura attraverso la misura, che è poi la matrice comune dei diversi autori; proprio per questo si può iniziare dalle tecniche e dagli strumenti di rilevamento di cui M. Masci, F. Tioli e G. Verdiani forniscono un campionario nella parte finale del libro. Per Emma Mandelli, autrice delle pagine di apertura, geometria e misura rappresentano gli argomenti principe per la conoscenza dell’architettura e forse anche per riconoscere le matrici del possibile percorso progettuale di Arnolfo di Cambio; su questo assunto si snoda un itinerario che si confronta attraverso il disegno e il rilievo con il costruito in quanto documento di pietra. Se peculiare della proposta arnolfiana è la geometria, di-
viene importante rintracciarne la presenza anche al variare della scala dimensionale di applicazione. Così nel possibile progetto arnolfiano del nuovo circuito murario (1284-1333), si intravedono leggi metriche che legano strettamente il Battistero (il suo centro) al disegno delle mura, passando attraverso il raggio visivo che unisce la piramide della copertura del Battistero alle porte urbiche. Secondo Maria Teresa Bartoli, autrice del saggio Un laboratorio dell’architettura gotica: Firenze, la città, le mura, il Palazzo, gli effetti del progetto arnolfiano delle mura si ritrovano all’interno dell’abitato e in particolare nel palazzo dei Signori e nelle tre logge (della Signoria, di Orsammichele, del Bigallo), nonostante la distanza temporale fra le diverse realizzazioni. A sottolineare gli effetti di lungo periodo delle proposte arnolfiane sono i contributi di Giampiero Mele sulla Loggia della Signoria, di Elena Fossi sulla Loggia di Orsammichele, di Maria Teresa Bartoli sulla Loggia del Bigallo. Per tutti la accurata restituzione grafica permette una lettura dei canoni metrici ed apre il campo a percorsi “altri” di ricerca. È ancora il rapporto fra il disegno dell’impianto urbano ed una sua “architettura eccellente” (il Palazzo Pretorio) oggetto delle restituzioni critiche di Stefano Bertocci; se si può ammettere un gesto e un disegno unitario per l’impianto urbano, il riferimento geometrico cui occorre fare capo è il quadrato, l’abitato racchiuso dalle mura può considerarsi cioè formato dalla sommatoria di due rettangoli che hanno in comune la grande piazza su cui sorge il Palazzo Pretorio. Così, con un passaggio analogo a quello proposto per Firenze – dal Battistero al circuito delle mura - per San Giovanni Valdarno si creerebbe la connessione tra cinta muraria e palazzo pubblico, quantomeno in riferimento alla sua forma originale desunta da un nuovo rilievo critico. Da questo saggio si dipanano le tematiche affrontate da Lorenzo Bianchini, Paola Puma, Cecilia Luschi in cui le strutture difensive, il disegno urbano, la facies del costruito delle “terre” di nuova fondazione sono esplorate “pietra per pietra” attraverso il vaglio della conoscenza critica derivante dalla ricognizione metrica. Nel saggio di Stefano Bertocci e Marco Bini, San Giovanni Valdarno da città reale a città ideale, si propone una suggestiva e ardita ipotesi che collega la rappresentazione della tavola di Urbino con la realtà della piazza di San Giovanni Valdarno; al di là delle possibili attribuzioni e delle considerazioni sugli edifici rappresentati nel noto dipinto, l’interesse degli autori passa attraverso la comparazione fra lo spazio rappresentato e quello della piazza del centro valdarnese. L’esercitazione, rigorosamente incentrata sulla restituzione prospettica, metterebbe in evidenza una non prevista qualità dello spazio urbano di San Giovanni Valdarno, in cui i rapporti proporzionali sembrerebbero allora quasi anticipare le innovative qualità degli spazi progettati nel primo Rinascimento. Ma ciò sarebbe a favore della peculiarità del contributo arnolfiano al fare architettura. Giuseppina Carla Romby
Paola Puma a cura di La documentazione dei beni architettonici ed ambientali Regione Toscana, Firenze, 2004 Il volume raccoglie alcuni degli esiti del lavoro svolto nel Modulo Professionalizzante nell’A.A. 2002/2003 ed è insieme il rapporto sulla omonima Giornata di studio, tenutasi a conclusione del progetto, lo scorso 28 maggio, presso la sede di S. Verdiana della Facoltà di Architettura. La giornata di studio voleva in qualche modo dare conto, con gli opportuni approfondimenti, degli argomenti trattati all’interno dell’organizzazione didattica del Modulo professionalizzante, incardinato sul corso di laurea in Scienze dell’Architettura della Facoltà di Architettura di Firenze e destinato alla formazione di Tecnico rilevatore per la documentazione dei beni architettonici e ambientali. Il programma formativo prevedeva la messa a punto di strategie per la formazione tecnico professionale di operatori capaci di organizzare, con metodi, strumenti e tecnologie avanzate, campagne di rilevamento e documentazione del patrimonio culturale, con particolare attenzione a garantire consapevolezza nell’acquisizione degli elementi informativi sul patrimonio architettonico e ambientale tramite la definizione di repertori materiali dedicati e calibrati sulle diverse realtà edilizie o ambientali. La produzione ed una adeguata diffusione tramite supporti cartacei o digitali dei risultati raggiunti, costituiva inoltre campo di addestramento alla trasmissione dei contenuti delle analisi conoscitive del costruito e dell’ambiente antropizzato dove l’elaborazione tematica delle informazioni di base rappresenta un non trascurabile aspetto per il raggiungimento dei fini della conservazione dell’oggetto, sia fisica che storica e culturale. In quest’ottica la didattica del Modulo ha operato portando gli allievi ad operare sul territorio, a contatto con istituzioni quali il Comune di San Giovanni Valdarno, il Comune di Firenze, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, il CNR- Istituto per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, o imprese private quali la Nikon Instruments spa o la Impresa Rossi Luigi srl, tutti partners del progetto. La prima parte del volume accoglie una varietà di contributi riconducibili a differenti figure professionali - a vario titolo intervenute con relazioni alla Giornata di Studio e nel Modulo - volutamente provenienti da realtà anche molto diverse tra di loro, ma tutte accomunate dallo stesso impegno di conoscenza e salvaguardia dei beni architettonici, ambientali e culturali. In questa chiave possono essere letti con continuità interventi che trattano di argomenti apparentemente lontani: dal rilievo del paesaggio oppure dell’archeologia ai problemi di analisi e intervento su edifici storici piuttosto che della catalogazione del più recente patrimonio edilizio novecentesco. La seconda parte è dedicata ai temi ed alle esperienze didattiche svolte nel Modulo dagli allievi architetti destinati, domani, a trovarsi in modo diretto e con sempre nuove sollecitazioni a gestire la sfida del confronto tra il patrimonio ereditato dal passato ed il progetto di conoscenza, salvaguardia e valorizzazione che, oggi, tentiamo di fondarvi. Barbara Aterini
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1 Barbara Aterini 2 Maria Teresa Bartoli 3 Alessandro Bellini 4 Stefano Bertocci 5 Lorenzo Bianchini 6 Marco Bini 7 Alessandro Capellaro 8 Carolina Capitanio 9 Marco Cardini 10 Roberto Corazzi 11 Carmela Crescenzi 12 Sylvie Duvernoy 13 Elena Fossi 14 Amedeo Giovanni Giusti 15 Marco Jaff 16 Cecilia Maria Roberta Luschi 17 Emma Mandelli 18 Alessandro Merlo 19 Raffaele Moschillo 20 Giovanni Pratesi 21 Enrico Puliti 22 Paola Puma 23 Marcello Scalzo 24 Francesco Tioli 25 Giorgio Verdiani
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE - DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA Direttore - Marco Bini - Sezione Architettura e Città - Gian Carlo Leoncilli Massi, Loris Macci, Piero Paoli, Ulisse Tramonti, Alberto Baratelli, Antonella Cortesi, Andrea Del Bono, Paolo Galli, Bruno Gemignani, Maria Gabriella Pinagli, Mario Preti, Antonio Capestro, Enzo Crestini, Renzo Marzocchi, Enrico Novelli, Valeria Orgera, Andrea Ricci, Claudio Zanirato - Sezione Architettura e Contesto - Adolfo Natalini, Giancarlo Cataldi, Pierfilippo Checchi, Stefano Chieffi, Benedetto Di Cristina, Gian Luigi Maffei, Guido Spezza, Virginia Stefanelli, Paolo Vaccaro, Fabrizio Arrigoni, Carlo Canepari, Gianni Cavallina, Piero Degl’Innocenti, Grazia Gobbi Sica, Carlo Mocenni, Paolo Puccetti - Sezione Architettura e Disegno - Maria Teresa Bartoli, Marco Bini, Roberto Corazzi, Emma Mandelli, Stefano Bertocci, Marco Cardini, Marco Jaff, Barbara Aterini, Alessandro Bellini, Gilberto Campani, Carmela Crescenzi, Giovanni Pratesi, Enrico Puliti, Paola Puma, Marcello Scalzo, Marco Vannucchi Sezione Architettura e Innovazione - Roberto Berardi, Alberto Breschi, Antonio D’Auria, Giulio Mezzetti, Marino Moretti, Mauro Mugnai, Laura Andreini, Lorenzino Cremonini, Flaviano Maria Lorusso, Vittorio Pannocchia, Marco Tamino - Sezione I luoghi dell’Architettura - Maria Grazia Eccheli, Fabrizio Rossi Prodi, Paolo Zermani, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Giacomo Pirazzoli, Elisabetta Agostini - Laboratorio di rilievo - Mauro Giannini - Laboratorio fotografico - Edmondo Lisi - Centro di editoria - Massimo Battista - Centro di documentazione - Laura Maria Velatta - Centro web - Roberto Corona - Assistente Tecnico - Franco Bovo - Segretario Amministrativo - Manola Lucchesi - Amministrazione contabile - Carletta Scano, Debora Cambi - Segreteria - Gioi Gonnella - Segreteria studenti - Grazia Poli