copertina 07 85rbn
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atlante dei corsi di progettazione architettonica
atlante dei corsi di progettazione architettonica 1.200 7 firenze architettura
ISSN 1826-0772
architettura FIRENZE
1.2007
Periodico semestrale Anno XI n.1 Euro 7 Spedizione in abbonamento postale 70% Firenze 20-03-2007, 10:58
In copertina: Nanni di Banco (dopo il 1413) Tabernacolo dell’Arte dei Maestri di pietra e legname, particolare del bassorilievo raffigurante architetti e scultori all’opera Firenze, Orsanmichele foto Massimo Battista
Periodico semestrale* del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura viale Gramsci, 42 Firenze tel. 055/20007222 fax. 055/20007236 Anno XI n. 1 - 1° semestre 2007 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997 ISSN 1826-0772 Direttore - Maria Grazia Eccheli Direttore responsabile - Ulisse Tramonti Comitato scientifico - Maria Teresa Bartoli, Roberto Berardi, Giancarlo Cataldi, Loris Macci, Adolfo Natalini, Paolo Zermani Capo redattore - Fabrizio Rossi Prodi Redazione - Fabrizio Arrigoni, Valerio Barberis, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Fabio Fabbrizzi, Francesca Mugnai, Giorgio Verdiani, Andrea Volpe, Claudio Zanirato Info-grafica e Dtp - Massimo Battista Segretaria di redazione e amministrazione - Gioi Gonnella tel. 055/20007222 E-mail: progeditor@prog.arch.unifi.it. Proprietà Università degli Studi di Firenze Progetto Grafico e Realizzazione - Massimo Battista - Centro di Editoria Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Fotolito Saffe, Calenzano (FI) Finito di stampare marzo 2007 *consultabile su Internet http://www.unifi.it/dpprar/CMpro-v-p-34.html
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20-03-2007, 10:58
architettura FIRENZE
1.2007
presentazione corso di laurea in architettura
presentazione corso di laurea in scienze dell’architettura
La figura di Architetto - Fabrizio Rossi Prodi
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Laboratorio di Progettazione Architettonica 1 - Giacomo Pirazzoli
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Elisabetta Agostini - La costruzione del progetto
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Fabrizio Arrigoni
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Roberto Berardi
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Giacomo Pirazzoli - “Dell’inizio”
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Laboratorio di Progettazione Architettonica 2 - Fabio Capanni
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Fabio Capanni - L’esperienza del progetto di architettura
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Alberto Manfredini
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Renzo Marzocchi
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Vittorio Pannocchia - Un luogo, una fermata, una sosta
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Andrea Ricci - Scuola e contemporaneità
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Fabrizio Rossi Prodi - Caratteri e figure dell’architettura in Toscana
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Andrea Volpe - Progettare l’architettura ascoltando
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Laboratorio di Progettazione Architettonica 3 - Francesco Collotti
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Gianni Cavallina - Nuove città antichi segni
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Pierfilippo Checchi
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Francesco Collotti - Il percorso di ogni progetto
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Maria Grazia Eccheli - Prato di pietra
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Virginia Stefanelli - Atteggiamento critico per progettare nella complessità
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I laboratori progettuali - Saverio Mecca
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Laboratorio di Architettura 1 - Alberto Breschi
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Laura Andreini - Abitare nel centro storico
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Valerio Barberis - Misurazioni poetiche
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Giulia Chiappi - La casa a schiera tra individualità e aggregazione
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Piero Degl’Innocenti
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Fabio Fabbrizzi - Sul progetto
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Ulisse Tramonti - Completamento e riqualificazione di uno spazio urbano a Firenze
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Laboratorio di Architettura 2 - Flaviano Maria Lorusso
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Carlo Canepari
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Antonio Capestro - Abitare sull’Arno
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Paolo Iannone
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Nicoletta Novelli - Sul fiume, operativamente: residenza aggregata “a più stelle”
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Laboratorio di Architettura 3 - Marino Moretti
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Flaviano Maria Lorusso - GFA - Galleria Facoltà Architettura
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Eugenio Martera - Muv - Il Museo del Viaggio
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Marino Moretti - Modexpo
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Claudio Zanirato - Progetto e trasformazione
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La figura di Architetto Fabrizio Rossi Prodi
L’architettura è uno strumento della conoscenza, essa è giudizio critico sulla realtà delle cose, sia nella sua dimensione analitica che propositiva. L’architettura riflette i caratteri e le aspettative della società e li riversa nelle forme e nella struttura del paesaggio. Essa affronta i cambiamenti, ne registra i fattori e promuove formulazioni anticipatrici, ma ha anche il compito di preservare la struttura fondamentale dell’ambiente e del paesaggio storicizzato nel quale si svolge la vita delle comunità. La società contemporanea, con la sua interdipendenza economica e informativa, impone tuttavia un ritmo sempre più accelerato ai processi di trasformazione, alle pratiche sociali e alle forme dell’abitare, che pongono responsabilità maggiori a coloro che si occupano della tutela del paesaggio naturale e costruito e che richiedono risposte adeguate sul piano professionale, ma anche sul piano formativo delle nuove generazioni. In questo scenario di cambiamento l’architettura deve rifondare continuamente i propri statuti disciplinari e ridefinire i rapporti con le discipline connesse. Essa deve ritrovare i fondamenti tradizionali del saper fare, ma soprattutto del sapere, secondo le finalità di una formazione culturale alta. Non deve essere dunque confusa con una tecnica, essa è strumento conoscitivo e interpretativo dei problemi complessi e proposta creativa, che unisce i due momenti: critico e operativo. La conoscenza dei principi, delle finalità e degli strumenti del progetto d’architettura, di conservazione e del paesaggio urbano e naturale e la loro continua verifica operativa, costituiscono il nucleo centrale e la principale
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finalità della formazione dell’architetto. Se questo rimane il centro del mestiere dell’architetto – e l’oggetto principale dell’offerta didattica dei primi due anni - tuttavia la natura complessa delle problematiche richiede anche un certo grado di acquisizione di informazioni e conoscenze extradisciplinari, sia umanistiche che tecnico-scientifiche, che facciano maturare nell’allievo la capacità di svolgere un compito di regista in grado di operare nella sintesi fra discipline diverse, mantenendo una capacità critica di proposta e di controllo ai fini del progetto di architettura e di trasformazione dell’ambiente, del paesaggio e del territorio. Ritengo fondamentale che il Corso di Laurea ponga al suo centro la formazione di una profonda conoscenza dei presupposti teorico-critici, delle tecniche e degli strumenti della composizione e progettazione architettonica, ove il progetto è strumento della conoscenza, giudizio critico ed espressione di valori e di significati volti a rafforzare il senso di appartenenza degli uomini ai luoghi, il recupero dell’identità del paesaggio e della città, il rispetto della dignità dell’abitare e concili le esigenze di cambiamento con il rispetto delle preesistenze ambientali. Una personalità siffatta necessita di una solida base culturale, un’adeguata formazione sulle discipline compositive e progettuali, sulle condizioni di vivibilità e le forme di vita aggregata, sulla figurabilità e la rappresentazione delle istituzioni e dei valori dell’uomo, sugli strumenti di rappresentazione, sulla costruttività e le tecniche; ma la maturazione presuppone che tali aspetti vengano filtrati attraverso una rilettura storica delle forme
costruite, nel loro rapporto con il tempo, con la città e il territorio e assimilati e sperimentati attraverso l’esercizio del progetto, in modo da favorire la formazione di una personalità responsabile, autonoma, libera e critica. Questo rapporto serrato fra conoscenza e progetto, esso stesso inteso come strumento della conoscenza, è stato posto alla base di un processo di revisione critica della didattica e di qualificazione dell’offerta formativa che ha coinvolto tutto il Corso di Laurea, anche in conseguenza della ridefinizione delle Classi di Laurea e degli adempimenti connessi, e che ha investito finora i primi tre ani dei Laboratori di Progettazione. La prima fase di questo processo ha riguardato una iniziale razionalizzazione dell’offerta didattica, attraverso l’individuazione delle criticità e delle necessità di coordinamento orizzontale e verticale con altri laboratori e altre discipline, la definizione di uno “Statuto della Disciplina” come carta dell’offerta didattica per ciascun insegnamento, l’individuazione di alcuni azioni correttive e la parziale ridefinizione dei programmi didattici. L’esito di tale lavoro si ritrova negli Statuti, in una maggiore omogeneità dell’offerta formativa di ciascun insegnamento, in alcuni fattori di coordinamento fra corsi e in alcune modifiche del Manifesto e della struttura di orario, tutte condizioni destinate a riflettersi nella formazione degli allievi. È tempo però, che questa prima fase di razionalizzazione lasci il campo a una proposta più organica e complessiva di riforma del regolamento didattico e del manifesto, che penso ci vedrà impegnati nei prossimi mesi.
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Corso di Laurea in Architettura Laboratorio di Progettazione Architettonica 1
“Dell’inizio”: i Laboratori di progettazione architettonica 1 “Dell’inizio” è la questione fondamentale del primo anno del (nuovo) corso di studi universitari. 1 “Dell’inizio” è faccenda che unisce – ciascuno per il proprio ruolo – docenti ed allievi; i primi perché vogliamo cominciare bene, e allora inevitabilmente sarebbe meglio che alcuni argomenti particolarmente importanti fossero già noti, da prima (ma da prima dell’inizio?), agli allievi; questi ultimi – secondi nell’ordine a seguire questo ennesimo ragionamento congetturale – perché da qualche parte debbono indubbiamente iniziarla, prima o poi, la Facoltà alla quale hanno scelto di iscriversi, peraltro superando un test piuttosto micidiale. Dunque il Laboratorio di Progettazione 1, disciplina caratterizzante l’intero Corso di laurea in architettura e di questo vera spina dorsale, disciplina che ogni anno si ripeterà sempre diversa (cioè 2, 3 e 4, per poi infine misteriosamente cambiar nome e disvelarsi quale Laboratorio di Sintesi, un nome ritenuto un po’ chimico forse proprio per questo anche plastico dunque appropriato) sotto forma di esame annuale di 8+4 Crediti Formativi Universitari, per acronima eleganza definiti CFU e come tali “erogati”. Dall’inizio è chiaro che sarebbe p.e. utile conoscere già il disegno, dunque i corsi di rappresentazione servono subito, prima del Laboratorio; tuttavia iniziano contemporaneamente, nel primo semestre, entrambe le materie. Altrettanto chiaro che sarebbe utile conoscere la storia dell’architettura, an-
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che questa possibilmente prima di iniziare a far righe o modelli. Come pure la tecnologia, o la matematica o la geometria o l’urbanistica. Non è rarissimo in Italia in effetti il caso di qualche progettista che, magari già laureato, si sia ritrovato a dover cominciare ad approcciare il progetto di architettura, pur avendo sostenuto esami su quasi tutto quanto attorno: studi importanti, con ricca documentazione fotografica, dimostrano la verità di questo fatterello che pare per caso aver concorso (insieme ad una committenza insignificante ma apparentemente mai responsabile, ad una burocrazia stolida etc.) alla molto evidente distruzione del paesaggio dell’ExBelPaese. Anche per queste ragioni la Facoltà fiorentina che “rilascia” il diploma di laurea magistrale 4/S, quello che richiede a priori cinque anni filati, senza uscite intermedie né mezzi termini, quello da sempre conforme alla direttiva UE 384/85 (o 385/84?), ha inteso farsi carico del coordinamento sia dei Laboratori di progettazione che, complessivamente, degli insegnamenti a tutti gli anni di corso (qui del primo anno, nella fattispecie). In particolare è toccato per qualche tempo al sottoscritto GP (su indicazione della Commissione didattica) mettere a punto – attraverso alcune riunioni con i colleghi ed i rappresentanti degli studenti –
le linee guida per uno Statuto dei Laboratori di progettazione 1. In pratica, senza tradire il sacrosanto principio della libertà di insegnamento – un principio oggi apparentemente diafano, un principio la cui mancanza p.e. durante il ventennio fascista (che pure molto ha dato all’architettura e all’urbanistica) ha significato anche deportazioni, purghe ed altre angherìe per taluni professori – abbiamo cercato di metterci d’accordo su quel che è utile insegnare; ovvero su quel che a ciascuno di noi riesce di insegnare; o, aulicamente, su quel che si intende per “Progetto di architettura”. Siccome però gli architetti – come noto – siamo un po’ generalisti, abbiamo cercato di capirci meglio – più ancora che in modalità orale, dato che l’architettura orale non esiste2 – con qualche esempio, giusto per scoprire le carte; ed abbiamo fatto mostre al SESV (che proprio per le mostre è uno degli spazi meno adatti al mondo, ma tant’è, questo la sorte ci ha dato), mostre didattiche ovvero di materiali didattici, per capire e capirci, a consuntivo, noi e gli allievi; e, nella migliore tradizione accademica, ci siamo organizzati anche un piccolo convegno aperto, per insultarci un po’, a volte in quel modo così raffinato che non sempre gli allievi stessi riescono a notare. In questa maniera un po’ induttiva ab-
biamo redatto lo Statuto dell’inizio, strumento di riferimento non coercitivo sovraordinato ai singoli programmi elaborati dai singoli docenti; in sostanza, per sancire che al primo anno è auspicabile lavorare – pensando con attenzione alla città – al progetto di un organismo architettonico semplice, che tuttavia qualche aurorale ragionamento sul “come” (fino cioè a sviluppare un particolare costruttivo) è gradito, che è importante curare il rapporto con il luogo come dato di partenza e che il paesaggio può essere esso stesso tema fertile col quale misurare e misurarsi, che la storia è un pezzo irrinunciabile della nostra identità, che non è male anche favorire lo sviluppo di capacità di lettura ed appropriazione delle architetture dei Maestri (cioè dei grandi architetti, sovente già morti; questo – credo – sia perché alcuni di noi ritengono che tra gli architetti viventi oggi non vi sia un così gran numero di Maestri, sia perché, in omaggio alla via italiana all’innovazione, ai giovani vengon sempre preferiti i vecchi, rispetto ai quali ultimi però, a priori, i morti son sempre ritenuti più affidabili considerandone la comprovata esperienza). Personalmente, ritengo che a questo tipo di impostazione non sia stato così estraneo quanto nello stesso momento si stava facendo nell’ambito del Dottorato di ricerca in progettazione architettonica e urbana come riflessione di lungo periodo sulle radici dell’insegnamento del progetto d’architettura nella Facoltà fiorentina.3 Naturalmente, così fu detto, quanto fatto con gli Statuti è sempre da considerarsi lavoro aperto, ovvero in progress, da aggiornare anno dopo anno – giusto per ricordarci che anche la contemporaneità scorre, come tutto, del resto. Non paghi, come scrivevo sopra, una volta predisposto lo Statuto dei Laboratori di progettazione 1, a quel punto a livello di Corso di laurea è stato posto l’obiettivo di coordinare in orizzontale tutti gli insegnamenti del primo anno, cioè di fare in modo che “dall’inizio” fossimo tutti un po’ più corali
nell’offerta didattica. Dunque nuova serie di riunioni docenti/studenti, ed il lavoro degli Statuti che era stato nel frattempo affrontato per le singole discipline, è stato discusso e condiviso. Spesso in modo imprevisto e misterioso, questi incontri hanno generato contraccolpi, scoperte scientifiche ed umane, fraintendimenti, sodalizi interdisciplinari etc. In modo trasversale e con adeguata casualità le energie in campo si sono rimescolate, e le strategie morbide hanno dato frutti interessanti. Riassunte nel modo bidimensionale che un catalogo a stampa consente, con disegni e modelli qui di seguito sono illustrate le principali differenze tra i Laboratori dell’inizio del nostro Corso di laurea; riteniamo anche questa una fertile questione di identità alla quale, in quanto istituzione universitaria, non intendiamo sfuggire, mettendoci in gioco insieme alle “energie nove” degli allievi; fin dall’inizio. Giacomo Pirazzoli
1 Rimando qui, a sproposito, a M.Cacciari, Dell’inizio, Adelphi, Milano 1992. 2 Uno dei frutti teorici della Facoltà fiorentina della fine degli anni ottanta del secolo scorso fu l’insuperata Equazione del GKK, dovuta appunto a G. K. Koenig, il quale sosteneva che “un disegno val più di mille parole e un’architettura realizzata val più di mille disegni, dunque ben più di un milione di parole”. Con chiarezza, in quegli anni, la pratica del passaggio progettuale da due a tre dimensioni (dal disegno al modello o plastico che dir si voglia) era ancor meno in uso di oggi, nonostante oggi sia diffuso appunto chiamare “tridimensionali” dei disegni alchemicamente fuoriusciti dallo schermo (evidentemente piatto) di un computer. 3 Qui devo rimandare ai singoli contributi – non sempre comparabili per qualità finale – degli allievi del Dottorato di ricerca, che è possibile consultare nel nostro Dipartimento di Progettazione dell’Architettura; per un ragionamento recente sulla Facoltà fiorentina ed il contesto dal qual discende, vd. anche F. Rossi Prodi, Carattere dell’architettura toscana, Officina, Roma, 2003.
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Elisabetta Agostini
La costruzione del progetto
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Elisabetta Agostini A.A. 2004-2006
MODULI DIDATTICI Analisi della Morfologia Urbana e delle Tipologie Edilizie: Elisabetta Agostini A.A. 2004-2006 Collaboratori: Emiliana Carbini Francesca Mugnai
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Nello sguardo intento ad inseguire il continuo passaggio dallo spazio narrativo allo spazio fisico narrato nei disegni e nei modelli di studio e, nella migliore delle ipotesi, costruito, l’architettura tenta di stabilire un punto di rinnovato equilibrio tra universalità tipologica e singolarità del luogo, tra ieraticità di segno ed esuberanza di forma. Il Laboratorio di Progettazione, breve ma faticoso apprendistato in cui l’esperienza del progetto veicola, in scala ridotta, tutte le difficoltà del mestiere dell’architetto dal pensiero dello spazio alla sua costruzione fisica, vede affiancati degli assidui
compagni di viaggio: la tradizione, chiamata a mettere a fuoco tracce già percorse perché l’identità della vicenda contemporanea produca un avanzamento, quella distanza tra presente e passato che T. S. Eliot annuncia come consapevolezza;1 il disegno, pratica costante e faticosa dei luoghi osservati e sedimentati nei rapporti di scala, nelle luci ed ombre dei volumi, ma anche nella impalpabile complessità delle atmosfere che concorrono nella definizione del loro carattere; la costruzione, lenta e paziente, dalla pianta alla sezione fino all’alzato e, di pari passo, del modello, perché le relazioni intuite di-
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vengano fatto fisico ed inconfutabile. Il prato della Catena, stretto tra gli attuali Viale degli Olmi e Viale Lincoln, costituiva l’inizio della passeggiata nel Parco delle Cascine per chi proveniva dal centro di Firenze. Il tema di progetto è un luogo per lo studio, in cui il silenzio o il rumore sordo della città che è cresciuta alle spalle e tutt’intorno dettano la condizione di un rinnovato senso di misura e di coscienziosa assunzione della delicata vena dei luoghi in cui innestare quello scarto consapevole che è misura della nostra contemporaneità. I progetti reiterano la giacitura del corso d’acqua, il diametro della città di
Firenze,2 nonché alcune matrici a cui la città rimane fedele nella continua costruzione della propria identità: la corte aperta sul paesaggio e la loggia, traguardi visivi inderogabili per la comprensione e l’appropriazione di quella dimensione esterna in cui a Firenze Rilke aveva riconosciuto i caratteri di una stanza.3 La declinazione del tema è intesa come un generoso tributo ad una imprescindibile relazione con il paesaggio laddove il nitido idioma della città di Firenze convive con una nebbiosa mistificazione: la progressiva sovrapposizione di trame urbane e tessuti viari evolve irrimediabilmente ver-
1-2-3 Novella Terzani Baccani, Veronica Vasarri Planivolumetrico, pianta piano terra, modello di studio 4-5-6-7 Giulio Senserini, Giuseppe Zuccarello Pianta piano primo, planivolumetrico, modello di studio
so la già nota solitudine dei monumenti. Le distanze progrediscono mentre paradossalmente le città da tempo continuano a disseminare nelle campagne grandi case, sparse tra le ville e le pievi sopravvissute, e proseguono grandi vie, dal disegno ormai informe, che si rincorrono scavalcandosi vicendevolmente. 1 Cfr Eliot T. S., Tradizione e talento individuale in “Opere 1904.1939” Milano 2001 2 Cfr Barfucci E., Giornate fiorentine: la città, la collina, i pellegrini stranieri Firenze 1958 3 Rilke scrive della terrazza della Pension Benoit sul Lungarno Serristori (“… una casa di cui mi appartiene il tetto piano, sia nella parte coperta che in quella aperta sul cielo”). Rilke R. M., Florenzer Tagebuch Milano 1998
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Fabrizio Arrigoni
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Fabrizio Arrigoni A.A.2003-2006
MODULI DIDATTICI Analisi della Morfologia Urbana e delle Tipologie Edilizie: Alessio Palandri A.A. 2003-2006 Collaboratori: Tommaso Barni Massimo Lepera Alessio Palandri
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Si può acquisire qualcosa circa l’architettura o nella bottega di un artigiano (per muta imitazione) o attraverso i propri inevitabili errori di autodidatta (“è ben vero che insegnare l’arte significa insegnare a far da sé…”). Un apprendimento profondo si struttura solo attraverso la prassi, il concreto metterin-opera, dove il ruolo dell’insegnante è quello sfuggente del testimone: “in arte l’insegnamento è decisamente “operativo”: il maestro non “insegna” coll’impartire nozioni teoriche o principi speculativi o leggi generali o spiegazioni scientifiche, ma “facendo fare”, e
l’alunno non “impara” nel senso d’accrescere un patrimonio di cultura dottrinale, ma facendo e operando”. Ogni serio apprendistato è attraversato, scosso, da pensieri e comportamenti contrastanti, opposti nella loro essenza ma paradossalmente solidali. Dunque, anche se difficili da distinguere, adozione ed obbedienza convivono e maturano a stretta contiguità con libertà e confutazione, poiché tradizione e tradimento sono il recto ed il verso di un medesimo foglio. Ciò che al fondo rimane quale cifra permanente di una continuità da proteggere è una
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condivisione etica: l’esser stati – per un giorno o una vita – figli di una sola speranza. Quanto agli strumenti a disposizione, essi sono solo due ma hanno una grande vicenda alle loro spalle ed un futuro che sempre si rinnova: il disegno ed il modello. Limitare l’impiego della voce e aumentare l’uso della scrittura (bidimensionale e tridimensionale) sono la prima delle regole adottate nel laboratorio. Progetti come brevi passi di un viaggio appena intrapreso mostrano le inclinazioni più radicate e resistenti di una scuola tessuta da pochi precetti essenziali: l’affida-
mento e la scelta della ragione piuttosto che dell’istinto, della semplicità piuttosto che dell’accumulo, della memoria piuttosto che dell’oblio, della coerenza piuttosto che dell’arbitrio, del fatto collettivo piuttosto che dell’espressione individuale, del tempo lungo e denso di sedimenti e lasciti del mestiere piuttosto che quello corto e vuoto della avanguardia.
1 Matteo Poggesi Museo Henraux presso la cava delle Tagliate, Seravezza, Lucca A.A. 2005-2006 2 Letizia Cavallini Studio di un edificio per la residenza a Pistoia A.A. 2004-2005 3 Giovanni Cannarile Studio di un edificio per la residenza a Pistoia A.A. 2004-2005 4 Lucia Pigini Museo Henraux presso la cava delle Tagliate, Seravezza, Lucca A.A. 2005-2006
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Roberto Berardi
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Roberto Berardi A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Analisi della Morfologia Urbana e delle Tipologie Edilizie: Salvatore Barbera A.A.2003-2006
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L’avvicinamento degli studenti alle pratiche dell’Architettura avviene attraverso lo studio di un luogo, della sua formazione e delle realtà che lo costituiscono. Questo luogo è la Firenze medievale e rinascimentale, aristocratica e popolare. Gli studi e le esercitazioni di progetto si applicano a particolari circostanze e luoghi del luogo, che vengono individuati, analizzati e fissati come componenti del progetto. Accanto a un tema, che qui non è illustrato, ma che aiuta alla comprensione della composizione per armonia di proporzioni, vengono sviluppati due progetti. Riportiamo qui solo i mo-
delli per economia di spazio. Uno prevede una piccola torre panoramica ai bordi del Largo Annigoni: percorso in salita, interrotto da piattaforme, schermato rispetto al sole estivo e al vento del nord-est, aperta alla veduta della piazza Ghiberti, e suscettibile di accogliere, senza determinazioni funzionali, lettura, conversazione, ascolto personale della musica, conversazione. Presentiamo qui tre esempi: uno, basato sullo schema di due quadrati eguali, intrecciati tra loro: Fig 1. Il secondo è basato invece sulla rampa ad elica, Fig. 2, e vuole affermarsi come singolarità. Il
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terzo, Fig. 3, è basato sempre sull’intreccio di due quadrati uguali. Il secondo tema è d’altro tipo: si tratta di un piccolo padiglione di riposo e riflessione, ricavato nel bastione di Machiavelli e Michelangelo, addossato alle mura sud di Firenze, nei pressi del Forte di Belvedere e adiacente al Parco Bardini. Presentiamo qui, Fig. 4, un progetto di padiglione pensile, affacciato su via di Belvedere, audacemente a sbalzo rispetto al muro del bastione. Lo stesso tema è trattato in Fig 5 e Fig. 6. Parallelamente alle attività di esperienza progettuale, gli studenti si applicano allo
studio di un’opera di architettura di architetti illustri del XX secolo, scelta all’interno della produzione globale dell’architetto prescelto. Presentiamo qui tre lavori, che ci sembrano notevoli per impegno: il modello della Sinagoga Hurva a Gerusalemme di L. I. Kahn, Fig.7, e sempre di Louis I. Kahn, la Biblioteca Philip Exeter, Fig.8, uno dei progetti di Louis Kahn per il Palazzo dei Congressi di Venezia, Fig. 9. Naturalmente Louis I. Kahn non è il solo architetto studiato nel Laboratorio. Con lui, Le Corbusier, Adolf Loos, Frank Lloyd Wright, Terragni hanno catturato l’attenzione degli studenti.
1-2-3 Federica Barneschi, Antonio Benedetti, Martina Biagi e Susanna Lozza Torre in Largo Annigoni; modelli 4-5-6 Costanza Bausi, Susanna Lozzi, Martina Biagi Padiglione sul bastione di via di Belvedere, modelli 7 Adriano Buggiano, Romina Bertelotti, Micol Biagioni Louis. I Kahn, Sinagoga Hurva, Gerusalemme, modello 8 Chiara Bacci, Cosimo Balestri, Emmanuele Barili, Louis I. Kahn, Biblioteca Philip Exeter, New Hampshire 9 Alessandro Bernardini Louis I. Kahn, Palazzo dei Congressi, Venezia, modello
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Giacomo Pirazzoli
“Dell’inizio”
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Giacomo Pirazzoli A.A. 2003-2005
MODULI DIDATTICI Analisi della Morfologia Urbana e delle Tipologie Edilizie: Caterina Bini A.A. 2003-2005 Collaboratori: Cristiano Balestri, Gioia Martini
1-4 Federica Stagna, Antonio Giannelli, Pietro Torricini, Serena Ferrari, 5-6 Nena Dzuteska, 7-8 Corso Pellegrini
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Dell’inizio è al primo anno. Accolti gli allievi sulle note di Another brick in the wall, diam loro due fogli A4 per disegnare La (propria) mano, quella razionale 1:1 in proiezioni ortogonali pianta-prospetto-sezione, e quella fantastica, ovvero la mano-in-movimento, la mano-albero, la mano-di-scorcio etc.; proiettati poi in aula, ne parlan gli autori, tutti gli altri annotano nel proprio diario A5, onore all’autodidattico vizio del disegno. Analoga esercitazione per il croissant, che si può tagliare (per toccarne la sezione). A seguire, due lezioni su Schinkel e Le Corbusier giovani, i quali viaggiando e
disegnando scelsero i “materiali” con cui avrebbero lavorato per tutta la vita.1 Quindi, bibliografate lezioni sui dieci libri d’architettura necessari o “classici”;2 poi “Uffizi” e “Stazione SMN”, due ex-tempore in loco sempre in due fogli A4 previo inquadramento: dal rapporto con il luogo, agli aspetti compositivi, ai dettagli; tutto dalla parte del fare, così come per alcune opere di Mies, di Aalto, di Alberti, di Michelangelo, di Le Corbusier, di Wright, di Kahn, di Palladio, di Gardella, di Albini, di Loos, di Aldo Rossi etc. L’esercitazione “Da due a tre dimensioni e viceversa” su un quadro di Le Corbu-
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sier periodo purista, serve a riflettere sulla modalità compositiva “per strati” di cui Colin Rowe in Transparenz (1968). L’area di progetto è svelata corpo a corpo (ancora diario A5, ormai gonfio d’appunti sulle straordinarie architetture del centro di Firenze): è stavolta il quartiere multietnico delle Piagge, dal molteplice genius loci - l’orizzonte della ferrovia, l’Arno nascosto dal piano del ferro, “le navi” (edifici preesistenti) sulla piana, la esile trama delle case lungostrada. Quindi “I riferimenti”: da un’opera di Autore “classico” si cava nuovo materiale per essere un po’ meno soli nell’ultimo mese del Laboratorio,
quando sul masterplan - dal modello 1:500 che ogni allievo aveva fatto con le mani ed il cartonlegno durante le vacanze di Natale - trascritto il principio insediativo del luogo-locus, ognuno sviluppa un edificio alla scala opportuna con disegni e modelli, zoomando fino al particolare costruttivo. La discussione del progetto è sempre collettiva: diario A5 alla mano, ognun conosce anche i progetti degli altri, e cresce così gioiosa la città delle differenze. Induttivamente, perché dall’inizio pochi sapevan di disegno, di storia dell’architettura, o di progetto site-specific. Così il Laboratorio di progettazione archi-
tettonica 1 è l’inizio: “Amo gli inizi. Gli inizi mi riempiono di meraviglia. Io credo che sia l’inizio a garantire il proseguimento.”3 N.B.: Per esaustività - date le ungarettiane 2000 battute qui richieste - rimandiamo a quanto già scritto,4 e a quanto sarà in “Da zero a tre dimensioni” che con F. Collotti stiamo pubblicando per la Biblioteca del Cenide di D. Cogliandro. 1 F. Collotti, Il progetto come viaggio e trasposizione. Karl Friedrich Schinkel, architetture e paesaggi, in Firenze Architettura n.1.2004, pp.64-71; G. Pirazzoli, Le Corbusier studente autodidatta e l’arte di vedere, anche in Firenze Architettura n.1&2.2003, pp.116-121; 2 Cfr. I. Calvino, Perché leggere i classici, Milano 1991, pp.11-19. 3 L. I. Kahn, Amo gli inizi, in C. Norberg-Schulz, Louis Kahn idea e immagine, Officina, Roma 1980, p.137. 4 G. Pirazzoli, Pensare/Classificare/Comporre, in Firenze architettura - Atlante dei corsi di progettazione architettonica n.3/ 2003 pp.78-79, e Esplorando il mondo col progetto, ivi pp.66-67.
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Corso di Laurea in Architettura Laboratorio di Progettazione Architettonica 2
L’attuale caratterizzazione dei Laboratori di Progettazione Architettonica del secondo anno è ampiamente debitrice ad una azione di profonda revisione dell’organizzazione didattica intrapresa dalla Giunta del Corso di Laurea da più di un triennio: con la recente costituzione degli organismi rappresentativi del CdL in Architettura UE, è infatti emersa la volontà di sviluppare un’attività di monitoraggio della didattica in modo da renderla più congruente con i suoi obiettivi generali e da rendere l’offerta formativa adeguata alle finalità del Corso di Laurea, così come indicato dalla Direttiva Europea e più aderente all’idea e alla figura di architetto tramandata dall’identità della nostra Scuola. In seno a questo orientamento individuato dalla Giunta del Corso di Laurea, la Commissione per la Didattica, oltre a promuovere un coordinamento “verticale” con gli altri laboratori di progettazione per ottimizzare ed elevare qualitativamente l’offerta didattica del Corso di Laurea, ha innescato un coordinamento “orizzontale” fra i vari corsi del laboratorio del II anno. Uno degli effetti più immediati di questa attività di revisione e di coordinamento è stata la redazione dello Statuto del Corso alla quale hanno concorso tutti i docenti titolari dei Laboratori che, interpretando le indicazioni della Tabella XXX concernente l’ordinamento didattico delle Facoltà di Architettura, ha delineato il profilo del Corso. Secondo questo profilo, alla fine del Laboratorio, lo studente dovrebbe essere in grado di sviluppare il progetto di un organismo architettonico non complesso, sviluppandolo alle diverse scale di rappresentazione, controllan-
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do il rapporto tra forme, tecniche, materiali e programma funzionale e dovrebbe essere in grado di eseguire il progetto di un insieme architettonico, controllandone alle diverse scale lo spazio di relazione fra edifici in rapporto al contesto di appartenenza. Nello specificalo studente dovrebbe aver “appreso e sviluppato il senso e la capacità di misurare lo spazio architettonico e di conformarlo, aver appreso i principi logici della composizione architettonica in ordine al corretto rapporto tra forma, struttura e distribuzione, aver sviluppato la capacità di distinguere gli spazi architettonici in base alla loro natura e possedere per-
tanto i concetti basilari di tipo, modello, archetipo, sapendone cogliere le motivazioni storiche e le condizioni in cui si determinarono, saper leggere opere di architettura e individuarne i principi, oltre a possedere la nozione di luogo e la capacità di relazionare le architetture al loro contesto ed essere in grado di controllare le fasi del processo progettuale dalla ideazione alla forma conclusa”. Se lo Statuto, a monte, inquadra efficacemente i contenuti e le attività formative come terreno comune sul quale svolgere l’attività didattica pur nel rispetto nelle specificità di ogni singolo
docente ed incardinando la formazione dello studente secondo una prima fase di apprendimento ed elaborazione teorica ed una seconda di sperimentazione pratica, a valle, l’attività di coordinamento svolta dagli stessi docenti titolari dei vari Laboratori è stata rivolta al tentativo di formare operativamente una offerta didattica il più possibile coerente fra i vari corsi dando peraltro concretezza alla indicazioni dello Statuto. In quest’ottica è stato stabilito innanzi
tutto che il tema dell’esame finale debba essere lo sviluppo di un progetto con caratteri e dimensioni orientativamente stabiliti. In concreto agli studenti è chiesto di sviluppare il progetto di un manufatto architettonico con funzione pubblica di media-piccola scala e posto in un contesto urbano dove abbia particolare rilevanza il rapporto fra l’opera progettata e le preesistenze; la particolare semplicità funzionale dell’organismo dovrà oltremodo permettere allo studente di concentrarsi sulle logiche compositive e le dinamiche relazionali con il contesto, rimandando al terzo anno un approfondimento sui caratteri distributivi e gli aspetti funzionali.
Nell’ambito del Laboratorio, è inoltre stabilito che venga rivolta particolare attenzione alla definizione degli strumenti disciplinari ed al loro corretto utilizzo alle varie scale del progetto, compreso il lavoro sul modello che dovrà essere assunto dallo studente come strumento di lavoro da adottare in fase di studio e non meramente come elaborato da produrre nella fase di restituzione finale. In margine a ciò, il coordinamento fra i vari corsi relativamente agli elaborati da richiedere allo studente per sostenere l’esame e il limite massimo di due studenti per la formazione del gruppo di lavoro, è stato mirato a garantire la maggior uniformità possibile riguardo alla quantità e alla qualità di lavoro svolto nei vari corsi e a fornire una risposta ottimale alla indicazione dei re-
lativi CFU. Ancora, nella volontà individuata dalla Giunta del Corso di Laurea di dare centralità al ruolo dei Laboratori trasformandoli in un momento di sintesi con valore interdisciplinare nell’ambito dei quali gli studenti possano sperimentare un tentativo di sintesi fra i vari saperi che concorrono all’attività progettuale, per il Laboratorio di Progettazione Architettonica II è stato intrapreso un coordinamento con il Laboratorio di Tecnologia dello stesso anno mediante il quale gli studenti possano formare la consapevolezza della dimensione tecnica del progetto di architettura, acquisendo gli strumenti per una corretta e integrata e matura scelta delle opzioni progettuali all’interno di un processo creativo in cui la
tecnologia venga concepita come risorsa progettuale. Il coordinamento avviene nel corso del secondo semestre con il coinvolgimento del titolare del corso abbinato di Tecnologia che, svolto e concluso il relativo Laboratorio nell’ambito del primo semestre, in qualità di titolare del modulo di Cultura Tecnologica della Progettazione, contribuisce a guidare lo studente in una esperienza progettuale integrata dove possa applicare le conoscenze precedentemente
acquisite. Completa il quadro del Laboratorio di Progettazione Architettonica il modulo di Caratteri Tipologici e Morfologici dell’Architettura del quale integra e completa la componente teorica. Fabio Capanni
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Fabio Capanni
L’esperienza del progetto di architettura
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Fabio Capanni A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Tipologici e Morfologici dell’Architettura: Michela Bracardi A.A. 2003-2004 Riccardo Butini A.A. 2004-2006 Cultura Tecnologica della Progettazione: Biagio Furiozzi A.A. 2003-2004 Paola Gallo A.A. 2004-2005 Roberto Bologna A.A. 2005-2006 Collaboratori: Michela Bracardi Claudio Marrocchi Alessandro Masoni Tommaso Vergelli Matteo Vezzosi Giovanni Voto
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Se, come sosteneva Gardella in una sua lezione presso il Politecnico di Milano, “noi riusciamo a conoscere profondamente solo quello che concretamente sperimentiamo”, lo spirito dei Laboratorio di progettazione architettonica dovrebbe sviluppare questo principio, ponendo al centro dell’attività didattica il lavoro sul progetto inteso come momento di verifica teorica e momento nel quale si affondano le mani nella realtà, cercando di conoscerla e di sondarne le sue profondità. Così, anche la riflessione teorica, fondativa, è volta a fornire gli strumenti e
a stimolare quella sensibilità all’osservazione delle cose che si rendono necessari ad intraprendere l’esperienza del progetto di architettura nella sua complessa articolazione. Progetto quindi inteso come conoscenza nell’ambito del quale, in una prima fase analitica, si osserva la realtà, la si misura e la si rappresenta con un atteggiamento che è già progetto, che è già volontà di trasformazione, per poi intraprendere un percorso teso a ridefinirne la trama nella fase più propriamente progettuale. Si tratta di un tentativo perché il ruolo
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della Scuola torni ad essere centrale nel fornire quelle conoscenze e a formare quella dimensione intellettuale necessarie all’architetto per governare la complessità del progetto d’architettura contemporaneo, con una formula che è in parte debitrice all’approccio artigianale della bottega di mestiere. Il corso per l’anno accademico 20052006 ha avuto come tema l’introduzione ai fondamenti della composizione architettonica nel tentativo di fornire riferimenti consolidati da impiegare nell’ambito del progetto e lo sviluppo di un progetto di una struttura di servizio
alla linea ferroviaria Firenze-Pisa collocata in un’area urbana consolidata, che ha permesso agli studenti di confrontarsi con un contesto significativo da utilizzare come materia e cornice della loro esercitazione progettuale.
Centro servizi per la nuova linea ferroviaria Firenze-Pisa A.A. 2005 - 2006 1- 2 Alessandro Fusi, Giovanni Ferrara Vista prospettica dell’interno e planimetria generale 3-4 Carlotta Cinelli, Carlotta Costantino Prospetto e planimetria generale 5-6 Eleonora Bindi, Lara Cutini Vista prospettica dall’esterno e planimetria generale 7-8 Ludovico Iavarone, Michelangelo Ferrari Vista prospettica dall’esterno e planimetria generale
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Alberto Manfredini
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1 Riqualificazione urbana a San Lorenzo a Greve (FI) 2-3 Matteo Cecconi, Diego Collini, Giuseppe Di Fabio Progetto di centro culturale 4-5 Chiara Corazzi, Carla Donati, Elena Ronchi Progetto di edificio polifunzionale 6-7 Vanessa Coco, Giulia Cotta Progetto di biblioteca
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Alberto Manfredini A.A. 2005-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Tipologici e Morfologici dell’Architettura: Francesca Privitera A.A. 2005-2006 Cultura Tecnologica della Progettazione: Antonio Andreucci A.A 2005-2006 Collaboratori: Tommaso Zanini
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È sempre più difficile orientarsi o trovare una giusta collocazione nella situazione attuale dominata dal “relativismo”. È difficile soprattutto per chi crede che il lavoro dell’architetto debba prima di tutto essere caratterizzato dall’alto valore etico di un impegno prima di tutto civile. Ovvero da chi ha sempre creduto nella funzione sociale e funzionale del progetto per contribuire a toglierlo dalla sfera del velleitario, del sensibilistico e del personalistico al fine di elevarlo verso una dimensione non soltanto estetica ma soprattutto etica. Ed è difficile proprio negli anni attuali caratterizzati
da una forte crescita quantitativa, di progetti e di realizzazioni, che richiederebbe invece regole civili, chiare e distinte cui poter continuamente fare riferimento. Regole che potrebbero di per sé stesse configurarsi come una morfologia nuova e, come direbbe Gregotti, autenticamente necessaria. Regole mirate alla individuazione o alla enfatizzazione della verità in architettura. E verità in architettura significa prima di tutto coerenza e rispetto nei confronti di un principio, e non solo morale, che si è inteso assumere. Ma un principio morale per essere veramente tale deve valere
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per molti, in ogni luogo e in ogni tempo. Per noi che crediamo a questo in termini generali e che in particolare crediamo al progetto di architettura come mestiere, vale a dire come a un insieme di regole, anche pratiche, consolidate nel corso di anni e di secoli grazie alla sedimentazione temporale dovuta all’uso dell’esperienza; per noi che quindi crediamo alla possibilità di discuterlo in maniera utile e anche alla possibilità di insegnarlo di modo che altri possano apprendere quelle stesse regole per praticare il medesimo mestiere, è necessario prendere posizione prima di tutto nei confronti del
mai sopito fenomeno della “moda”, sempre connesso al particolare tipo di “comunicazione” che di quella moda, in quel particolare contesto temporale, si vuole avere. Nella convinzione che l’architettura autentica e veritiera sia, da sempre, distante da tale aspetto. I progetti illustrati, delineati nel solco di quanto succintamente esposto, sono stati elaborati nell’ambito del programma di riqualificazione urbana a San Lorenzo a Greve (Firenze), oggetto dell’esercitazione annuale del Laboratorio di Progettazione Architettonica 2 B. Scopo precipuo del laboratorio è stato
quello di far acquisire all’allievo architetto la consapevolezza della complessità dei rapporti tra architettura e città e di fornire i primi strumenti di guida e controllo progettuale di tali rapporti. In tal senso si è proposto di impostare ed eseguire un progetto d’architettura contestualizzato operando affinché l’allievo architetto potesse riuscire a impostare criticamente le diverse fasi progettuali con sufficienti gradi di specializzazione, cercando di stabilire le corrette relazioni tra organizzazione distributivo-funzionale, requisiti tecnico costruttivi e impiantistici, concezione formale e rapporti con il contesto.
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Renzo Marzocchi
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Renzo Marzocchi A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Tipologici e Morfoligici dell’Architettura: Gabriele Orselli A.A. 2003-2004 Gianni Fabbretti A.A. 2004-2006 Cultura Tecnologica della Progettazione: Biagio Furiozzi A.A. 2003-2004 Paola Gallo A.A. 2004-2006 Collaboratori: Eduardo Alberto Cecchini Fabiola Chierici Michel Quintavalle
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“Essere uomo significa: essere sulla terra come mortale; e cioè: abitare” (Martin Heidegger, “Costruire abitare pensare”, in “Saggi e discorsi”, Mursia 1991) e le presenze costituite da Dio, uomo, cielo e terra rappresentano i canali attraverso i quali l’uomo stesso può esprimere il proprio “essere”. Non intendiamo dunque la progettazione come risposta ad istanze meramente funzionali, ma come accoglienza nella “creazione architettonica” della sacralità dell’essere umano, essendo essa atto ripropositivo di quello originario della Creazione.
L’architettura è mezzo di incontro con il Sacro, con l’umanità, con la terra e con il cielo, per l’affermazione di una spiritualità spesso travolta e sommersa, e strumento attraverso il quale l’uomo ritrova principi e mezzi per organizzare il proprio spazio vitale. Così la terra non si riduce ad una oggettività materiale, ma si estende a tutte le sue espressioni; così il cielo include il corso del Sole, ma anche il significato della luce e di tutti gli eventi ad essa legati. Così l’umanità si apre alle manifestazioni individuali e sociali, materiali e spirituali.
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I contenuti dell’architettura non prescindono dalle libertà dell’uomo. Su queste premesse, la “strategia” adottata nella didattica si esplica attraverso tre momenti metodologici significativi — analisi, ipotesi, sintesi — ognuno dei quali diviene un modello relazionale delle componenti che costituiscono la realtà presa in esame.
gettuale in una continua interazione fra docenti e allievi.
1-2-3 Eduardo Alberto Cecchini Fabiola Chierici Michel Quintavalle Costruire il “luogo dell’abitare”. Fluire, strutturarsi, articolarsi (Firenze: Rovezzano, Maiano)
Le rappresentazioni tratte dalla didattica esprimono non un prodotto ma un processo metodologico, che nascendo dalle suggestioni di un luogo conduce ad una sua rielaborazione pro-
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Vittorio Pannocchia
Un luogo, una fermata, una sosta
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Vittorio Pannocchia A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Tipologici e Morfologici dell’Architettura: Mario Di Laudo A.A.2003-2005 Gaetano Leogrande A.A. 2005-2006 Cultura Tecnologica della Progettazione: Simone Scardigli A.A. 2003-2004 Alain Lusardi A.A. 2004-2005 Luca Giannini A.A. 2005-2006 Collaboratori: Mario Di Laudo Michele Mosconi Gabriele Pinca
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Quando, attraverso l’ideazione di una costruzione architettonica si intende dare soluzioni alle diverse problematiche, connesse all’organizzazione degli spazi necessari ad una fermata, prevista lungo il percorso di una tramvia (nell’occasione la linea Firenze-Scandicci) si deve affrontare un processo progettuale e superare le diverse fasi nelle quali è articolato. Il processo, avviato per definire le delimitazioni degli spazi (destinati allo stare, al vedere, al mostrare), coinvolge la fermata ed il suo intorno. Questo d’altra parte accade fin dal passato, da quando cioè
le città (grandi, medie o relativamente piccole) hanno privilegiato, tra tutti i mezzi di spostamento conosciuti, proprio quelli in questione. Dobbiamo però precisare che, qualunque genere di processo venga adottato, i rapporti intercorsi tra la costruzione immaginata ed il luogo comunemente acquistano la priorità. Poi come accade nei casi mostrati, se l’attenzione viene rivolta a conoscere i valori sociali e visivi assunti nel tempo dagli spazi urbani e soprattutto dalle loro “forme” ormai consolidate e facilmente riconoscibili, allora pare spontaneo a chiunque agire al loro interno con
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gli strumenti e secondo modalità differenti caratteristiche dell’Architettura. Solo dopo aver acquisito più conoscenze, suscettibili di approfondimenti futuri anche in quei dettagli inizialmente stimati di importanza secondaria, potranno essere mutate le configurazioni degli spazi rispondenti alle funzioni alle quali erano stati destinati. Così gli interventi architettonici ipotizzati, pur confacendosi alle diverse ragioni che muovono ad elaborare il progetto di fermata, sono nati da riflessioni intorno allo svolgimento di attività umane integrabili con altre, stimate vantaggiose per dare soddisfa-
zione ai “nuovi bisogni” posti dalla vita contemporanea. In conclusione, la fermata si è trasformata in una sosta. Ha cioè assunto tutti quei valori sociali, pratici e visivi che contraddistinguono gli edifici in cui, per nostra libera volontà, trascorriamo parte dell’esistenza. A ben vedere, ancora una volta prende il sopravvento su ogni altra idea, quella di riqualificare attraverso il rapporto diretto con il contesto, parti di città che altrimenti rimarrebbero distaccate ed irrimediabilmente estranee alla vita comunitaria perché, di per sé, non offrono “occasioni importanti”.
1 Simone Catania, fermata Olmi A.A. 2005-2006 2 Eleni Theocharidou, fermata Batoni A.A. 2002-2003 3 Marco Bruni, fermata Olmi A.A. 2004-2005 4 Francesco Mottini, fermata Leopolda A.A.2005-2006
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Andrea Ricci
Scuola e contemporaneità È possibile formarsi architetti se si sopprime l’insegnamento dell’architettura o comunque lo si neutralizza nella logica di una mera informazione tecnico-normativa? Una risposta non semplicistica implica un’altra domanda, la stessa che già si era posta H. Poelzig nell’affrontare l’argomento: “Chi dunque è architetto noto? Colui che sa disegnare? No, se non ha altre doti, è forse un artista (…) [anche A. Loos aveva ribadito per l’architetto l’impraticabilità di un disegno inteso come espressione del suo mondo interiore].1 Colui che ha fantasia? No, se non sa disciplinarsi, è forse un visionario. (…) Il conte Keyserling disse una volta, molto giustamente, [che] il più grande nemico di un genio è il suo talento”. L’apparente paradosso aiuta a comprendere come l’eccessiva naturalezza nell’operare, l’immediatezza del risultato e non ultima l’eclatanza dell’immagine finale siano spesso la maschera di una sostanziale incapacità nel procedere oltre la superficie delle cose. Il pericolo di questa facilità illusoria, come ebbe ad osservare P. Valéry,2 accompagna tutto lo sviluppo dell’arte contemporanea. Il “talento” creativo, per sua natura ignaro di ogni vincolo, se abbandonato a quella piena libertà, tende “istintivamente” ad occupare con i suoi molteplici mezzi espressivi tutta la sfera del possibile, dunque si estranea dalla logica di un comporre architettonico che nasce e si sviluppa come disciplina del limite, “luogo” deputato a definire attraLABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Andrea Ricci A.A. 2005-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Tipologici e Morfologici dell’Architettura: Dunia Andolfi A.A. 2005-2006 Cultura Tecnologica della Progettazione: Carlo Terpolilli A.A. 2005-2006
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verso il progetto i termini di legittimità e opportunità delle scelte figurative compiute, in altre parole il campo di rappresentabilità dell’idea. Nessuna educazione scolastica potrebbe, anche volendo, costruire talenti, né sarebbe utile, poiché il dovere della scuola è quello di perseguire l’esatto contrario, cioè disciplinare la percezione “estetica” del possibile entro la dimensione “etica” del necessario. Educare all’architettura, prima di ogni altra implicazione tecnica o stilistica, significa soprattutto trasmettere alle nuove generazioni tale messaggio “etico”, che equivale a ristabilire la “normalità” di una architettura snaturata dal culto dell’eccezionalità. Il generale trionfo della banalità, supportato dalla pubblicistica nelle sue opposte espressioni di arbitrario velleitarismo pseudo-artistico ed esibizione del “nulla” edilizio, ha generato fra gli studenti di architettura l’acritica adesione ai cliché più reclamizzati, ed in particolare un’oggettiva difficoltà a procedere oltre l’immagine nella comprensione dello spazio come entità costruibile. Se dunque “(…) la memoria è ricoperta da strati di frantumi di immagini (…) [se] non è più possibile che una figura fra le tante possa riacquistare rilievo (…)”,3 proprio la scuola deve diventare lo strumento deputato a recuperare la possibilità/capacità di “scrivere” l’architettura nei termini di una effettiva riconoscibilità linguistica, a perpetuare cioè la
tradizione, oggi quasi dimenticata, del comporre le forme dello spazio. Obiettivo fondamentale è quello di valorizzare il ruolo dell’insegnamento contro i “cattivi maestri” mediatici attuando una vasta opera di “rialfabetizzazione” dello studente disorientato e confuso nella “Babele”4 del contemporaneo: ciò non può certo coincidere con una grossolana operazione di imprinting secondo il linguaggio dell’una o dell’altra scuola di pensiero, ma si configura come educazione a pensare in termini compositivi, come consapevole riappropriazione di una metodologia da interpretare più che di un modello da imitare. Analogamente all’insegnamento elementare, dove l’esercizio quotidiano con parole e pensieri non propri, suggeriti o imitati, costituisce l’inevitabile “anticamera” per la corretta espressione linguistica di contenuti autonomi, nell’approccio universitario al discorso compositivo, l’allenamento a sviluppare e disporre con coerenza un materiale figurativo frutto anche di scelte esterne anticipa, ed in prospettiva sottende, la capacità futura di manipolare lo stesso per proprio conto, in definitiva la capacità di riconoscere un’idea architettonica. Avere idee, parlando in termini architettonici quindi spaziali, potrebbe apparire una cosa normale, persino ovvia, eppure è un fenomeno abbastanza inconsueto nella scuola come peraltro
nella realtà professionale. Senza l’apporto di una formazione culturale che la individui, di una disciplina etica che la controlli, di una dimensione costruttiva che la espliciti, l’idea, o quanto si può definire una sua nebulosa prefigurazione, è destinata a rimanere nel “limbo” di quel velleitarismo, forse artistico, ma non certo architettonico, di cui si è già detto in termini eloquentemente negativi: essa non può “nascere”, nel senso di attuarsi come spazio eseguibile, se l’insegnamento precettistica della disciplina non si trasforma in maieutica, cioè l’“arte” di sollecitare, stimolare e – quando è opportuno- forzare il “parto” di quella consapevolezza compositiva che ciascuno deve maturare in sé stesso attraverso lo studio ed il costante impegno. Quando il discente vaga nell’indeterminazione di una precognizione non sempre del tutto conscia di sé, nel mutevole divenire di “annotazioni, cancellature, aggiunte, riscritture, trasformazioni e tempo che passa”,5 il docente veste metaforicamente i panni della socratica levatrice nell’agevolare la piena esplicitazione dell’idea, il passaggio alla sua rappresentazione visibile. Talora egli coltiva e disciplina gli sviluppi del lavoro svolto, talora offre nuovi spunti, impone vincoli e riferimenti precisi come altrettanti banchi di prova, sui quali formare e misurare l’attitudine a comporre.
Apprendere il “mestiere” dell’architetto/compositore non significa, dunque, esprimere liberamente la propria creatività o i propri talenti naturali, ma imparare a controllarli; non implica l’obbligo dell’originalità ad ogni costo, ma la continuità nel variare gesti già mille volte ripetuti da generazioni di studenti, così come dai più grandi maestri dell’architettura. La scelta di costringere al faticoso, ma salvifico esercizio di “inventare” 6 l’idea spaziale entro specifici vincoli figurativi e contestuali che limitano ed orientano il campo d’azione, la volontà di non oltrepassare quei binari metodologici che disciplinano la dimensione concettuale del progetto oltre la menzogna di tante arbitrarie certezze, oltre i luoghi comuni radicati dall’incultura generalizzata, oltre i falsi miti creati dalla pubblicistica, risultano anche funzionali a staccare, senza possibilità di confusione, la cultura alta del comporre dalla contingente prassi professionale (indipendentemente dal livello qualitativo del prodotto).
1 A. Loos, Ornamento e educazione, in “Parole nel vuoto”, Milano 1992, p. 326. 2 P. Valéry, Altra digressione, in “Degas, Danza, Disegno”, Milano 1999, pp. 78-79. 3 I. Calvino, Lezioni americane, Milano 1993, p. 103. 4 L’espressione è mutuata da un celebre testo di L. Quaroni: ID., Torre di Babele, Padova 1967. 5 G. C. Leoncilli Massi, La Composizione. Commentari, Venezia 1985, p. 22. 6 È nota l’origine latina del termine: invenire = ritrovare.
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Fabrizio Rossi Prodi
Caratteri e figure dell’architettura in Toscana
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Fabrizio Rossi Prodi A.A. 2003-2004
MODULI DIDATTICI Caratteri Tipologici e Morfologici dell’Architettura: Pasquale Mastrullo A.A. 2003-2004 Cultura Tecnologica della Progettazione: Carlo Terpolilli A.A. 2003-2004 Collaboratori: Francesca Privitera Emiliano Romagnoli Nicola Spagni
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La cultura architettonica italiana ha costituito nei secoli un luogo di elaborazione di caratteri originali, che si sono riprodotti e trasmessi secondo un percorso dello spazio e della forma mantenutosi preciso e riconoscibile. Il Laboratorio ha indagato sulla permanenza dei caratteri della cultura italiana nella progressiva dissoluzione delle identità linguistiche nell’architettura del nuovo millennio. Il compito essenziale della ricerca architettonica risulta quello di ritrovare un linguaggio, che esprima una densità di significati, assumendo come riferimen-
to l’uomo e i suoi luoghi sostanziati dalla storia, proprio per tornare a quella condizione di radicamento che la comunicazione simultanea e i suoi ritmi metropolitani rischiano di travolgere. La cura dei luoghi, alla quale ci sentiamo chiamati, richiede la messa a punto di un linguaggio architettonico, che si misura con i processi di lunga durata, maturati nei tessuti e negli spazi della città ed esplicitati dai caratteri e dalle figure della sua architettura. Basandosi sul presupposto che il progetto d’architettura sia un’operazione conoscitiva e artistica, ma anche che
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analisi dell’esistente e progetto del nuovo si alimentino vicendevolmente, il Laboratorio mira alla definizione dei “caratteri” e delle “figure”, come ipotesi di lettura degli elementi linguistici e delle figure compositive del progetto, in relazione al contesto fiorentino. Attraverso l’analisi approfondita e la comparazione di organismi architettonici apparsi in particolari momenti critici, o comunque significativi dell’evoluzione del linguaggio architettonico, gli studenti hanno sviluppato un indispensabile bagaglio figurativo, strumento indispensabile per una riflessione sulla natura degli
organismi architettonici, sulle loro regole e trasgressioni, sulle relazioni col contesto e sulla trasmigrazione e trasformazione delle figure e degli strumenti compositivi, nel corso del tempo.
Bibliografia generale -Fabrizio Rossi Prodi, Carattere dell’architettura toscana, Officina 2003 -Esercizi sull’identità architettonica, Petruzzi editore 1995
Museo e biblioteca in Piazza Ghiberti, Firenze A.A. 2003 - 2004 1 Lucia Guarino, Jorgos Kauporniotis 2 Serena Acciai, Carolina Bonini 3 Cacozza, Calvella 4 Pelacchi, Pizzetti 5 Giovanni Giorni Barbieri, Salvatore Guarnuccio 6 Arturo Panichi 7 Giovanni Calabrese 8 Piero Grezzi, Francesco Londino
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Andrea I. Volpe
Progettare l’Architettura ascoltando
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Andrea I. Volpe A.A. 2004-2005
MODULI DIDATTICI Caratteri Tipologici e Morfologici dell’Architettura: Andrea I. Volpe A.A. 2004-2005 Cultura Tecnologica della Progettazione: Germana De Michelis A.A. 2004-2005 Collaboratori: Silvia Catarsi
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Ascoltare il carattere dei luoghi. Porgere l’orecchio alle storie che formano la memoria collettiva di una comunità. Disegnare architetture come oggetti d’affezione da custodire nel proprio sketchbook. E cominciare a comporre nuove sonorità ricordando quelle antiche figurazioni. Usandone senza pregiudizio le strutture armoniche, i tipi, le pause ed i ritmi. ‘La poetica dell’ascolto è una scelta di campo e definisce un metodo flessibile e sempre incompiuto.’. Così Paolo Portoghesi nel saggio da cui abbiamo mutuato il titolo del laboratorio.
All’interno di questo orizzonte disciplinare, dove il metodo risulta flessibile, perché contemporaneamente aperto alla novità ed alla conoscenza della storia dell’Architettura, ed incompiuto perché non dogmatico, il corso si presenta come una prima occasione per riflettere sui caratteri specifici della cultura architettonica italiana. Dapprima ex-cathedra, attraverso l’introduzione di strumenti teorici e concettuali, poi ex-tempore, con una serie di disegni dal vero delle principali fabbriche fiorentine. La prima opportunità di progetto è prevista a
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metà anno. Un racconto, un reportage, il diario di una deriva urbana compiuta impiegando il maggior tempo possibile, con quante più deviazioni possibili, fra due punti A e B segnati sulla pianta della città di Firenze: la biblioteca laurenziana e l’area scelta per il saggio d’architettura finale. Una piccola proposta editoriale di 15 fogli A4 con la quale verificare sul piano bidimensionale della pagina la composizione di schizzi e fotografie raccolti durante il viaggio in città. Madeleines d’architettura che accompagnano l’unico testo previsto: ‘Ipotesi
per la descrizione di un paesaggio’ di Italo Calvino. Un perfetto pretesto dunque, per parlare di Benjamin, di Borges, di Bruno Munari e della forma ‘libro’ intesa al pari di un’architettura. Anticipando così il tema dell’esercitazione finale, il cui oggetto è la progettazione di una biblioteca di quartiere nel parco dell’Anconella.
Una biblioteca per il Quartiere 3 nel Parco dell’Anconella A.A. 2004 - 2005 1- 2 Marco Viaggiano 3-4 Giovanni Tanini 5-6 Daniel Screpanti 7 Antonio Terrana 8 Giada Giovenali
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Corso di Laurea in Architettura Laboratorio di Progettazione Architettonica 3
Per la terza volta, from irresponsible opinion to true responsible judgment In un noto film dedicato a come si dovrebbe girare un film, in un androne di portineria romana dell’immediato dopoguerra il regista-attore grida all’aspirante attore di non leggere dal copione, ma di seguire la scena per come essa “si fa” oltre il brogliaccio: è qui il film, per come si sta svolgendo nella realtà, non in quel libro! Toccherà dunque anche nell’occasione di questo atlante – e di questa parte specificamente dedicata al terzo anno - cercare di capire quali siano i presupposti della ricerca fatta nei Laboratori di Progettazione, il loro programma, talvolta il testo nascosto che presiede alla loro offerta didattica, per poi misurarci nelle pagine a venire con quello che realmente accade sulla scena e non solo nel brogliaccio di ottimi propositi che ogni programma di corso ostende all’inizio dell’anno. Commissioni, mostre collettive dei lavori degli studenti, gruppi di lavoro, coordinamenti tra docenti di diverse discipline: un intenso lavoro ha coinvolto vari gruppi di professori e di studenti nel comune impegno alla rivisitazione critica delle tabelle che dovrebbero presiedere all’offerta didattica dei vari Laboratori. Attualmente – per gli sforzi della Commissione Didattica del Corso di Laurea in Architettura quinquennale1 - abbiamo definito gli statuti dei Laboratori dal primo al terzo anno e si è dato conto di ciò in una serie di mostre organizzate a dare il benvenuto ai nuovi iscritti alla Facoltà o ad agevolare la scelta dei loro compagni di qualche anno maggiori. Al primo anno, edifici di grande sem-
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plicità però capaci di stabilire relazioni con l’intorno per via del loro stesso esserci. In taluni casi cercando responsabilmente di contrastarie l’atopia di oggetti belli e impossibili, obbligando comunque gli allievi a misurarsi con un luogo preciso e definito in grado di interagire con più generali riferimenti. Economia espressiva, semplificazione formale, spesso intenzioni generose eppure contrarie alla logica statica. Infatti: struttura e rivestimento contrastano, diceva Adolf Loos. Unirli resta un compito difficilissimo, contro-natura, in cui il risultato è un accettabile compromesso tra mondi distanti. Al secondo anno quella grande semplicità diviene capacità di eseguire il pro-
getto di un organismo architettonico non complesso. In quella virginale costruttiva ignoranza - eppur feconda di idee - del primo anno, appena temperata dalle iniezioni dei corsi di tecnologia, si presuppone che il secondo anno possa indurre al controllo del rapporto fra forme, tecniche, materiali e programma funzionale. Alcuni, memori di ben altre eroiche stagioni, aggiungono che il Laboratorio del secondo anno dovrebbe consentire di eseguire il progetto di un insieme architettonico, controllandone alle diverse scale lo spazio di relazione fra edifici in rapporto al contesto di appartenenza. Al terzo anno – finalmente - si è già suf-
ficientemente accorti e si può ambire ad impostare criticamente un progetto di architettura come organismo complesso, sviluppato nella città consolidata a varie scale di approfondimento, in rapporto ai diversi requisiti tecnici e allo spazio urbano. La consapevolezza culturale degli strumenti progettuali viene raggiunta, elaborando le corrette relazioni fra concezione formale (figure, elementi e spazi), costruttività e ordine distributivo, mediante la progettazione di un organismo complesso o di un insieme residenziale.2 Alla base del lavoro svolto nei Laboratori di progettazione della terza annualità l’assunto secondo cui il progetto è un attività conoscitiva. Si esplorano i luoghi col progetto, le loro proporzioni e misure, si confrontano tipi analoghi, si raffrontano città ed esperienze anche distanti in cui – talvolta - si cercano di ritrovare famiglie spirituali capaci di illuminare il percorso di ogni progetto. E a fianco di tutto questo si colloca il rapporto con la storia che, a differenza di altre scuole di architettura all’estero, impronta la formazione degli allievi architetti: nei diversi Laboratori e con variegata sensibilità è posto a piè d’opera tra i materiali da costruzione del progetto. Per alcuni – rogersianamente – non è catalogo o fedeltà conservatrice, ma
esperienza della città nel tempo, cioè memoria attiva capace di produrre architetture e città analoghe. Il progetto al centro, dunque, e per successivi passaggi di grado che consentono di acquisire consapevolezza e di portare gli allievi ad una dimestichezza con l’autovalutazione: capire da sé quando il progetto è pronto? L’Università del resto non è un liceo, ognuno ha fatto le sue scelte. Abbiamo già in varie occasioni rilevato 3 che nel percorso di formazione dell’allievo architetto è fondamentale passare dall’iniziale stato di turisti per caso ad una capacità di giudizio che ci consente di assumere serenamente le continue consapevoli scelte di cui è fatto il percorso di ogni progetto. Education must lead us from irresponsible
opinion to true responsible judgment. It must lead us from chance and arbitrariness to rational clarity and intellectual order (Mies van der Rohe).4 Tutto ciò premesso e considerato e nell’ambito del filone maestro definito dalla centralità del progetto possiamo, nelle pagine a seguire, individuare alcuni tratti distintivi dei diversi percorsi che compongono la Scuola. A provvisoria conclusione di simili considerazioni e in questo atlante dedicato alla presentazione dei lavori e dell’offerta didattica di una Scuola, è forse opportuno dar conto anche di questioni aperte o criticità, nella fattispecie rilevate dal gruppo di lavoro del Corso di Laurea sui Laboratori di Progettazione del terzo anno. Si è infatti rivelata in alcuni casi la carenza della preparazione culturale di base finalizzata alla lettura critica delle immagini e quindi della forma architettonica. È come se la quotidianità digitale portasse gli allievi meno solidi a bruciare l’immagine nell’istante, senza quindi farla crescere quale figura necessaria per il progetto. Altro elemento su cui è opportuno riflettere relativamente al lavoro di definizione in atto rispetto ai Laboratori di progettazione riguarda gli obiettivi di semplificazione formale e di economia espressiva che in diversi corsi sono posti alla base della didattica e su cui tal-
volta gli allievi ostentano impazienza: il tracciamento di piante rigorose, razionali, “pulite” (poi si renderanno anche eventualmente ricche e complesse, ma partendo sempre da un dato leggibile ridotto a pochi chiari elementi) resta ancora non un escamotage didattico, ma un preciso atteggiamento che dovrebbe far coincidere insegnamento e mestiere dell’architetto. Come si è già detto, il momento obbliga a segni piuttosto duri e netti che soli consentono di resistere ad una malintesa globalizzazione della forma, considerata da alcuni alla stregua di un irresponsabile liberi tutti! affiancato ad un’altrettanto irresponsabile affannata ricerca del nuovo a tutti i costi. E tutto questo non certo per rinunciare, ma - ancora à la Loos - per andare avanti nonostante tutto. Qualcun altro, in modo certo efficace, avrebbe anni dopo detto che il cielo è sempre più blu.5 Francesco Collotti
1 La Commissione istituita dal Corso di Laurea in Architettura quinquennale è composta dai Professori Lucchesi (Presidente del Corso), Rossi Prodi e Capanni e nel suo lavoro viene affiancata dai titolari di Laboratori di Progettazione. 2 Il testo riportato in corsivo è liberamente tratto dagli appunti che la Commissione Didattica del Corso di Laurea in Architettura quinquennale ha messo a disposizione del gruppo di lavoro che per sei mesi dal febbraio al luglio 2006 ha seguito la messa a punto della bozza di statuto per i Laboratori di Progettazione del terzo anno. Mostra SESV curata da Prof. F. Collotti e Arch. L. Ariani nel settembre 2006 con organizzazione di convegno/dibattito intorno ai progetti degli studenti svolto all’inizio di ottobre dello stesso anno. 3 F. Collotti, Conoscere i luoghi col progetto in Solo col progetto gli architetti conoscono, Prato il nuovo volto della città, catalogo della mostra dei progetti del Laboratorio di Progettazione dell’Architettura III Professor Collotti, corso di Laurea quinquennale in Architettura 4/S), All’Insegna del Giglio, Firenze 2006 4 W. Blaser, Mies van der Rohe, Continuing the Chicago School of Architecture; 1981, Basel Boston Stuttgart. 5 A latere occore far notare come resti purtroppo ancora poco stimata la grandezza delle canzoni di Rino Gaetano, utili nel loro paradosso a far cogliere certe situazioni altrimenti di difficile comprensione.
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Gianni Cavallina
Nuove città antichi segni
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Gianni Cavallina A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Teorie e Tecniche della Progettazione Architettonica: Stefano Lambardi A.A. 2003-2004 Alessandro Pastorini A.A. 2004-2005 Angelo Ruocco A.A. 2005-2006 Collaboratori: Stefano Lambardi Massimo Gasperini Alessandro Pastorini Angelo Ruocco
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Allora si farà il tracciato delle vie e dei vicoli, orientato secondo gli angoli, tra due regioni di vento contigue Marco Lucio Vitruvio Pollione De Architectura Lib. I.
La città di “fondazione”, la civitas, è identificazione di una comunità di uomini. È delimitazione di un’area all’interno della quale ogni gesto, ricade sotto i codici di un “rito”. “L’antico atto simbolico di dividere il mondo in domini… corrispondeva al bisogno generico sentito dall’uomo di immaginare il suo universo come un co-
smo ordinato entro un caos disordinato” C.Norberg Schulz. L’immagine figurale della città, definita dalla cinta delle mura, è, per dirla con Aldo Rossi, opera d’arte, entità di ordine e di valori. “L’attuale perdita del luogo corrisponde alla perdita dello spazio urbano” C. Norberg Schulz. I decaloghi del Moderno, altro non fanno che codificare l’incodificabile, dare un senso, all’espansione urbana indifferenziata ed alla perdita del vocabolario tradizionale, fatto di vie, piazze, isolati, palazzi, giardini. In questo panorama riteniamo, quasi per assurdo, che la sfida, da accettare
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come docenti, architetti e studenti, sia proprio quella di cercare, in modo decisamente “rivoluzionario”, un ritorno ai valori antichi della misura d’uomo. “Tutte le istituzioni corrispondono alle aspirazioni degli uomini che le hanno pensate” Louis I. Kahn. La mancanza di segni e significati può essere essa stessa la spinta a cercare, al contrario, nel recupero di un disegno urbano e dei suoi margini, nella nuova attenzione al carattere tipologico delle residenze, e nella esaltazione formale e semantica degli edifici e delle istituzioni, chiesa, museo, teatro, biblioteca, palazzo civi-
co, tribunale, un “senso urbano e architettonico” di città intesa come “grande casa dell’uomo. “Per questo l’architettura può essere bella prima del suo uso, è l’attesa ….” A. Rossi. I lavori dei ragazzi del Laboratorio di progettazione Architettonica III intendono proprio risvegliare questo “senso di sfida”; perché non tornare alla tradizione, quando per tradizione si intendano vie, piazze, palazzi, case? E, soprattutto, in una scuola di architettura, è così sbagliato lavorare col lapis, con i plastici, con un occhio attento al luogo, al contesto, alle memorie, ai simboli?
1 Claudio Canu, Lucia DeFinis, Silvia D’aurelio, Valentina Chirici, 2 Luisa Alagna, Luisa Antonella Nuzzo, Elisa Orlando, Maria Giulia Caliri, Federica Fierro 3 Alessio Valmori, Paolo Zucconi 4 Antonio Minopoli, Marta Staulo, Mario Usai 5 Valentina Chirici 6 Silvia Morroni, Elisa Muscella, Diego Rossi 7 Valeria Agnelli, Melania Bigi
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Pierfilippo Checchi
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Pierfilippo Checchi A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Teorie e Tecniche della Progettazione Architettonica: Letizia Nieri A.A. 2003-2005 Matteo Fioravanti A.A. 2005-2006 Collaboratori: Bartoli Damiano Candida Menci
Progetto di complesso scolastico dell’obbligo ad Impruneta A.A. 2005-2006 1 De Curtis Federica, Cieri Nicola, Cossu Cinzia 2 Iacobelli Ilaria, Cutruzzolà Assunta
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Ancora prima di divenire Università, nei primi decenni del secolo scorso, la Scuola fiorentina di Architettura si caratterizzava per una forte propensione verso le nuove esperienze del moderno ma filtrata da una solida coscienza della propria storia. E tutto l’impegno nel rinnovamento, cercato e ottenuto in tutto il secolo, fu attuato soprattutto attraverso due caratteri che avrebbero sostenuto anche il successivo insegnamento della facoltà: la ricerca della semplicità quale espressione della misura e delle proporzioni, e l’impegno nel sociale quale sublimazione dell’agire artistico e professionale.
All’inaugurazione dell’anno accademico della R. Scuola di Architettura nel 193132 Roberto Papini affermava: “… che i nostri antichi hanno sempre considerato l’architettura come arte delle proporzioni cioè dei rapporti tra numeri” e “… che la ricerca più appassionata e più assidua e certo più faticosa dei nostri antichi maestri è stata quella della semplicità ” individuando nel contempo il cordone ombelicale con il passato e la strategia per l’insegnamento della scuola fiorentina. In effetti il successivo insegnamento della progettazione architettonica nella Facoltà si è poi strutturato su temi reali ed a
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forte caratterizzazione sociale. Fra questi uno è stato oggetto di particolare attenzione nel secondo dopoguerra : la scuola. Ciò anche in ragione delle necessità della ricostruzione e del forte dibattito sul tema a livello internazionale. Ma anche perché il tema della scuola, si prestava ad incarnare le aspirazioni espressive dell’architettura ed il suo ruolo sociale. Dopo i decenni furiosi del dopoguerra che videro in primo piano il Centro Studi del Ministero della Pubblica Istruzione ed una certa parte del mondo accademico e professionale con gli anni ottanta a fronte di una diminuzione dell’utenza e
dell’incapacità della riforma scolastica di prendere corpo, il dibattito scomparve e le realizzazioni si fermarono per riprendere alla fine del secolo sulla spinta dell’immigrazione e di un cambiamento nel modo di far didattica che si è imposto oltre e prima di una riforma organica. Così sono riapparsi concorsi e realizzazioni che propongono modelli abbastanza diversi da quelli derivanti dalle precedenti esperienze e che intervengono fortemente nel dibattito culturale. Il riproporre quindi il tema della scuola, in contesti urbani di grande suggestione come ad es. quello di Impruneta qui ri-
prodotto, ha il significato di far confrontare lo studente con uno dei momenti topici del dibattito sull’architettura contemporanea. Lo sforzo progettuale richiesto è stato orientato lungo un percorso di concretezza progettuale e di semplicità compositiva, intesa quest’ultima come creatività autentica quella cioè capace di gestire la complessità dei dati e dei vincoli che intervengono nel progetto sublimandoli in una immagine finale che si definisca per la rispondenza ai bisogni, l’evidenza del significato e quale nuovo riferimento di misura dello spazio urbano.
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Francesco Collotti
Il percorso di ogni progetto
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Francesco Collotti A.A. 2004-2006
MODULI DIDATTICI Teorie e Tecniche della Progettazione Architettonica: Debora Guerini A.A. 2004-2006 Collaboratori: Lisa Ariani
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Con il loro destino di far progetti ed erigere muri gli architetti misurano i luoghi, ne confrontano le dimensioni con altri luoghi più noti o ammirati, ne indagano le particolarità e gli accidenti rispetto ad una idea più generale di architettura. Prossimità e scostamenti rispetto ad altri edifici - assunti come RIFERIMENTI consentono di affinare la lettura del LUOGO. Ogni volta contrattando fino a che punto siamo disponibili a modificare un TIPO in ragione delle particolarità che ogni sito - se ben interrogato - ci mostra. Al progetto gli studenti giungono dopo aver approfondito - apparentemente
fuori dal tempo - anche Sitte o i Solitäre di K. F. Schinkel. Alle congetture più teoriche ex cathedra si affiancano esercizi sul principio di insediamento, sondando quali addensamenti/rarefazioni il sito sopporti. La città di Prato - esemplarmente stratificata - costituisce laboratorio sul campo per addestrare alla conoscenza di un luogo col progetto, interrogando la forma antica della città e i suoi assi che giungono alla campagna (o dalla centuriatio generano città...), verificando come gli antichi catasti resistano al salto di scala dell’ammodernamento, ri-
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flettendo - anche per via di levare - sulla misura perduta della città. La dismissione dell’attuale Ospedale è da tempo terreno per gli esercizi della nostra Scuola. Questi progetti (scuola di moda e scuola di musica) sono strumenti di misura per cogliere l’adeguata distanza di un edificio dalle mura, oppure per saggiare l’equilibrata densità ottenuta rarefacendo l’attuale tutto pieno del tessuto urbano a ridosso di un antico collegio, oppure ancora dilatando lo spazio con modellamenti del terreno a memoria dell’acqua che un tempo definiva - al pari dei filari e degli
orti - il paesaggio in questa parte della città. Alcuni allievi hanno cercato di rimettere in cornice elementi, corpi, sequenze di rapporti/proporzioni subito prima che andassero perduti. E questo apprendimento per via di fare è anche un ritrovare (non si può conoscere senza riconoscere?). Un Laboratorio di Progettazione dovrebbe riflettere un atteggiamento non solo individuale: sulla base di simile convinzione, la didattica si coordina verticalmente con analoghi Laboratori dei Proff. Capanni, Eccheli, Pirazzoli, Rossi Prodi, Volpe e Zermani.
1 G. Casillo, D. Cintolesi, M. Cipriani, S. Costa; Masterplan inserito su modello dell’area 2 F. Gianni, T. Foretic; Architettura tessile? 3-4 B. M. Andreoli, R. Barresi, V. Maurizi, A. Sbragi; A. Agostino, L. Gobbi, G. Grasso, U. Grondin, G. Kapourniotis, C. Lagaccia, G. M. Lalli, D. Lazzari, I. Leone, M. Lippi, E. Mosti; Masterplan 5 G. Calabrese, G. del Duca; Scuola musica 6 D. Cintolesi, M. Cipriani; Auditorium 7 A. Agostino, G. Grasso; Spazio espositivo e biblioteca 8 L. Bacci, C. Barni, B. Landini Lasciafare; Biblioteca e foresteria
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Maria Grazia Eccheli
Prato di pietra
LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Maria Grazia Eccheli A.A. 2003-2004
MODULI DIDATTICI Teorie e Tecniche Progettazione Architettonica: Francesco Collotti A.A. 2003-2004 Collaboratori: Tomaso Monestiroli Michelangelo Pivetta Luca Venturini con: Debora Guerini, Luca Barontini, Stefano Faragli, Alberto Pireddu
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L’immagine di Prato, come città di pietra, trova quasi una sintesi araldica nell’astrattezza del progetto del Sangallo, in cui viene fissata la forma della città nella sua duplice valenza di compimento della sua esperienza passata e, ad un tempo, un’enunciazione del suo destino. Le mura trascendono quasi sempre le proprie motivazioni meramente difensive per divenire immediatamente immagine urbana: si veda sia la sicurezza con cui le mura, nel descrivere l’esatto limite di Prato, ne definivano anche l’attacco con il fiume, sia la precisione con cui il “coritore”, nell’unire il cassero federiciano alla macchina difensiva, ne esorcizza-
va lo splendido isolamento. Le forme di Prato sono state indagate dagli studenti in numerosi schizzi, ridisegni e modelli: un ostinato scavo archeologico, teso alla ricerca di tracce e di lacerti nel loro trasformarsi in parti integranti di conventi e torri; al ritrovamento dell’azzurro delle tante gore che attraversavano cortili e orti; alla restituzione di misure e segni di quell’ormai mitico disegno romano il cui possibile incrocio della centuriazione è oggi segnato dalla piazza del Municipio e dalla sorprendente composizione del Palazzo Pretorio. L’ obiettivo era di dar ragion ora a forme apparentemente incomprensibili, ora all’inspiegabile incurvarsi
Studenti: Serena Acciai, Gianvito Alba, Lapo Ageroni, Samuele Berni, Elisa Bifano, Carolina Bonini, Alessio Bonvini, Matteo Cosma Cacozza, Filippo Calvelli, Sara Cardilli, Sara Carotti, Giuditta Cartocci, Assunta Caso, Eleonora Cecconi, Valentina Cerone, Alessandro Cortese, Irene Damiani, Antonella Di Stefano, Francesca Genise, Elisa Giusti, Lucia Guarino, Sara Lepri, Katia Loia, Caterina Orsecci, Vania Piccardi, Lucia Piccinini, Andrea Piredda, Letizia Recchia, Mauro Strozzieri, Massimo Smeriglio, Giovanni Pascuzzo
d’alcune strade del borgo Cornio… L’area dell’Ospedale della Misericordia, delimitata dalle mura e dal bastione posto a sud-ovest del cardo/decumano, è divenuta l’occasione per mettere in pratica le conoscenze restituite dallo scavo dentro la morfologia della città, in una vera e propria continuazione della città. Demoliti gli edifici degli anni sessanta, non è difficile riconoscere nell’area e nei suoi elementi costituitivi - Chiostri, Portici ed elementi naturali - l’implicita norma di tutti gli spazi aderenti alle mura. Il masterplan - rispondendo al programma per una “città della musica e della moda” fonda i propri principi compositivi sul tipo
della crociera. La quadripartizione dello spazio implicita in tale tipo delimita due grandi spazi liberi verso le mura, mentre i due restanti, in stretta relazione con gli edifici esistenti, ricompongono sia l’area del collegio Cicognini che quella degli antichi edifici attestati su Piazza Ospedale della Misericordia. Nel grande prato caratterizzato dalla presenza delle mura, edifici isolati sono destinati a biblioteca e ad auditorium. La loro disposizione vorrebbe ripercorrere l’ambiziosa idea del campo dei Miracoli pisano o evocare dimensioni e distribuzione di un antico foro. La grande fabbrica dismessa, che occupa parte del fossato a sud delle
mura, viene recuperata come immagine della storica vocazione tessile della città. Il “dialogo con le preesistenze” viene visto soprattutto come strumento adeguato a ritrovare il carattere maieutico degli antichi edifici, quella loro disponibilità all’esperienza ed intelligibilità che li pone al di sopra dei caratteri precisi dell’epoca cui appartengono: scoprendo in tal modo, anche nell’attualità, l’architettura di sempre. “Da tempo la letteratura è già stata scritta: oggi si può solo arricchirla di qualche postilla”: se si dovesse riassumere il senso dell’intero lavoro, questa frase di Borges ne sarebbe il manifesto.
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Virginia Stefanelli
Atteggiamento critico per progettare nella complessità
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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Virginia Stefanelli A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Teorie e Tecniche della Progettazione Architettonica: Enrico Bascherini A.A. 2004-2006 Collaboratori: Andrea Maglio
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Il Laboratorio tratta la progettazione come sistema complesso: si propone di sviluppare nello studente un atteggiamento critico e una mentalità progettuale consapevole ed organica (sistemica), valorizzandone la capacità creativa unitamente alla utilizzazione operativa delle conoscenze. Prevalente oggetto di studio è la residenza vista come sottosistema della città e analizzata nei suoi diversi aspetti culturali, spaziali, temporali, tipologici e tecnici. Dopo aver svolto un attenta “lettura critica” e i relativi studi di approfondimento, lo studente è chiamato ad eseguire un
progetto di architettura alle diverse scale, coerente con la “filosofia” individuata in sede di lettura e compatibile con le contingenze del tema preso in esame. Il materiale grafico, che si riferisce all’area Pegna (ex Benelli) di Via Lungo l’Africo a Firenze, riguarda la fase intermedia (degli “approfondimenti”) e finale del progetto, omettendo quella iniziale della lettura (Cfr. Quaderni n. 1 e n. 3). Gli approfondimentiI si propongono di formulare ipotesi di soluzione al problema dell’abitare reintroducendo esplicitamente la dimensione uomo nel calcolo e privilegiando la qualità della vita della
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persona. Questo significa dare priorità alle dimensioni umane così diverse e inseparabili, alle sue necessità, a tutti i suoi bisogni così differenti e antitetici. La prima tavola studia i “luoghi della crescita” alle diverse scale per rispondere all’interrogativo: quale spazio per l’uomo contemporaneo? Nell’alloggio emerge il valore della ricca interazione tra gli spazi coperti e aperti (l’area di pertinenza, logge, etc.), privati e pubblici. Il progetto alla scala urbana, coerentemente con una strategia in parte conservativa e in parte innovativa, si caratterizza per la complessità degli spazi colletti-
vi sia all’aperto (la piazza, la viabilità pedonale e non, gli elementi del verde) che al coperto (la biblioteca) e per il sistema residenziale ad essi integrati. Il progetto dell’alloggio si basa su due scelte di fondo: la flessibilità degli spazi e il concetto di “atrio”. Quest’ultimo funziona da “area di pertinenza”, da cuore, da luogo che può separare o unire gli spazi, soddisfacendo alle esigenze, spesso contrastanti, dei genitori e dei figli. L’obiettivo è quello di realizzare un alloggio in cui tutti i componenti della famiglia si possano sentire “a proprio agio”.
1 Lorenzo Nofroni, Raffaele Rivela I luoghi della crescita 2 Lorenzo Nofroni, Raffaele Rivela Il progetto alla scala urbana 3 Lorenzo Nofroni, Raffaele Rivela Il progetto dell’alloggio, dall’alto: pianta piano terra, pianta piano primo, sezione A-A
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Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura
I laboratori progettuali Saverio Mecca
“Noi non ragioniamo altro che su modelli” Paul Valery
L’obiettivo primario del corso di laurea in Scienze dell’Architettura è la qualità del processo formativo e la sua efficacia: una formazione di base essenziale ed equilibrata nelle sue articolazioni disciplinari, rigorosa nelle sue componenti teoriche, ma allo stesso tempo concreta nelle applicazioni, che proponga compiti autentici assunti dal mondo reale, basati su casi, su modellazioni complesse e multiple della realtà, su efficaci strategie di rappresentazione e soluzione e che permetta costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto. Il corso di laurea si propone l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze di base, ovvero di quell’insieme di modelli oggettuali e critico-interpretativi che diano la capacità di proporre soluzioni progettuali ambientalmente, culturalmente e socialmente accettabili. L’obiettivo è quindi una formazione culturale e scientifica di base, lo sviluppo di capacità di modellazione per analizzare, rappresentare, decidere, valutare e saper fare per, che possa rendere il laureato in scienze dell’architettura non solo in grado di continuare il suo percorso formativo, ma anche già autonomo di fronte a problemi progettuali che gli si porranno nella sua professione. Formare alle scienze dell’architettura, e non alle scienze “fisiche” per l’architettura, significa formare un architetto come un soggetto che concepisce progetti costruibili, insegnabili, producibili e riproducibili. La complessità del progetto richiede che tutte le discipline dell’architettura e della costruzione,
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nella loro diversità e autonomia disciplinare si integrino nella “costruzione” di modelli, quali sono i progetti, efficaci, persuasivi e capaci di risolvere i problemi della collettività. L’ipotesi è dunque che l’architettura si costituisca come scienza e riesca ad assicurarsi una legittimità epistemologica delle conoscenze che sviluppa, poiché produce conoscenze fattibili, nel senso che mettono in valore i loro impegni etici all’interno delle culture in cui si sviluppano, e quindi producono degli enunciati insegnabili come i progetti, la cui insegnabilità può essere argomentata in modo persuasivo. La didattica dei laboratori Nel caratterizzare le attività di laboratorio come centrali, nel dare maggiore spazio e responsabilità allo studente e al docente, diviene necessario creare al tempo stesso un ambiente di lavoro caratterizzato da regole di comportamento e di funzionamento più forti (frequenza, scadenze, responsabilizzazioni, etc.) L’ordinamento degli studi, il regolamento e il piano di studio sono quindi parti di una struttura in cui in particolare il complesso di regole comportamentali e sociali svolge un ruolo determinante e quindi deve essere molto forte e strutturata. Il corso di laurea in scienze dell’architettura si propone di divenire, in particolare attraverso i laboratori, un “ambiente di apprendimento”, un luogo in cui coloro che apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente e avvalendosi di una varietà di strumenti e risorse informative in attività di apprendimento guidato o di problem solving, un luogo in cui sia possibile: - dare enfasi alla costruzione della co-
noscenza, e non alla sua riproduzione, e alimentare pratiche riflessive; - evitare eccessive semplificazioni rappresentando la naturale complessità del mondo reale e offrendo rappresentazioni multiple della realtà; - offrire ambienti di apprendimento assunti dal mondo reale, basati su casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate e presentare compiti autentici (contestualizzati piuttosto che astratti); - permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto. I laboratori di progettazione non sono soltanto eredi delle botteghe artigiane, ma sono invece un’esperienza pedagogica complessa e avranno un loro ruolo ancora più importante nel processo formativo se riusciremo progressivamente a caratterizzarli mediante strategie formative capaci di promuovere competenze esperte quali: - modelling (lo studente osserva ed imita il docente che dimostra come fare); - coaching (il docente assiste continuamente secondo le necessità: dirige l’attenzione su un aspetto, dà feedback, agevola il lavoro); - scaffolding (è un aspetto particolare del coaching: il docente fornisce un appoggio allo studente, uno stimolo, pre-imposta il lavoro, ecc.); - fading (il docente elimina gradualmente il supporto, in modo da dare a chi apprende uno spazio progressivamente maggiore di responsabilità). Nei laboratori dovremo porre progressivamente una maggiore attenzione alla dimensione metacognitiva, agli aspetti del controllo, ed alla variazione dei contesti di applicazione, introducendo altre strategie, quali: - articolazione (incoraggiare gli studenti
a verbalizzare la loro esperienza); - riflessione (spingere gli studenti a confrontare i propri problemi con quelli di un esperto); - esplorazione (spingere gli studenti a porre e risolvere problemi in forma nuova). Potremo in tal modo progressivamente: - mettere in risalto l’ambiente di apprendimento spostando l’attenzione sul “contorno”, sulla varietà dei supporti e dispositivi collaterali, che si possono affiancare all’alunno che apprende (workshops, seminari, viaggi di studio, partecipazione a concorsi, etc.); - vedere il processo didattico come non lineare bensì “emergente” e “ricorsivo”; - porre forte enfasi sul discente, sulla autodeterminazione del percorso e degli stessi obiettivi; - dare forte risalto alla molteplicità delle piste percorribili ed alla varietà prospettica con cui si può vedere la conoscenza; - avvalersi sensibilmente di tecnologie, e di tecnologie dell’informazione in particolare, come amplificatori della comunicazione e cooperazione interpersonale. In questi anni nuove discipline si costituiscono come scientifiche e riescono ad assicurarsi una legittimità epistemologica delle conoscenze che sviluppano, collocandosi spesso nell’ambito delle scienze dei sistemi e attingendo alla cibernetica, alla scienza della comunicazione e del governo, riferendosi più o meno esplicitamente alle epistemologie costruttiviste: sono scientifiche poiché producono conoscenze fattibili, nel senso che mettono in valore i loro impegni etici all’interno delle culture in cui si sviluppano, e quindi producono degli enunciati insegnabili, la cui insegnabilità può essere argomentata in modo per-
suasivo, tale da ottenere il consenso nelle comunità a cui si riferiscono. In particolare a partire da Herbert Simon si è progressivamente individuata una sorta di metadisciplina, la “science of design”, la scienza (della concezione) del progetto, una scienza che si dà come progetto lo studio dei processi di concezione, mediante i quali il sistema cognitivo lavora su stesso e produce una conoscenza specifica a partire dal suo solo progetto. Processo che chi pratica o apprende il progetto di architettura può osservare empiricamente quando affronta la concezione di un’architettura, o elabora un programma di costruzione o analizza i rischi connessi con una operazione di costruzione, si producono conoscenze che devono essere ormai considerati scientifiche, come le conoscenze dei processi geologici o fisici, perché ne rispettano il medesimo statuto. In questo senso si può parlare anche istituzionalmente di scienze dell’architettura in termini epistemologici più interessanti e produttivi rispetto alle scienze “fisiche” per l’architettura e per l’ingegneria, che riducevano l’architetto, e ancor più l’ingegnere, ad un applicatore di conoscenze fisiche, e non un soggetto che concepisce progetti costruibili, insegnabili, producibili e riproducibili. Possiamo dunque pensare che sia necessario riconoscere, e accettarne la sfida implicita, che le discipline dell’architettura sono scienze, con un loro campo disciplinare autonomo, anche e soprattutto integrando in esso tutte le scienze utili alla costruzione di modelli (progetti) più efficaci e capaci di risolvere i problemi che ci rappresentiamo.
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Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura Laboratorio di Architettura 1
Struttura del Laboratorio Il Laboratorio di Architettura 1° si basa sull’integrazione dei corsi di Disegno dell’architettura, Tecniche della rappresentazione e Composizione architettonica. L’integrazione avviene all’interno di un’unica struttura didattico-operativa, costituita da una classe di studenti (A, B, C, D, E, F) e dai suoi relativi docenti. Ogni Laboratorio è quindi, ripetiamolo ancora, una unità didattico-operativa che assumerà una sua specifica fisionomia sia per effetto dell’impostazione autonoma data al corso da ogni docente, sia come conseguenza della partecipazione, che ci si augura intensa e propositiva, manifestata da quel particolare insieme di studenti. Il riferimento comune L’autonoma fisionomia di ogni laboratorio verrà tuttavia sviluppata all’interno di un quadro di riferimento generale, che viene assunto collegialmente da tutti i corsi come base comune. Pertanto ogni corso, come precisato nel relativo programma, proporrà un suo tema che sarà però adatto per far raggiungere ad ogni allievo una serie di obiettivi generali e irrinunciabili. Per economia di espressione esporremo gli obiettivi comuni attraverso domande e coppie di termini complementari, o antitetici, sui quali gli studenti sono invitati a riflettere. Obiettivi da raggiungere Improvvisazione o Metodo compositivo? 1 - Per mettere in moto e quindi svilup-
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pare le abilità progettuali dell’allievo architetto, ogni tema, anche semplice e di dimensioni limitate, stimolerà l’elaborazione del metodo compositivo. Il metodo compositivo è un procedimento consapevole per dare gradualmente forza e concretezza alle proprie intuizioni, che altrimenti resterebbero vaghe ed indefinite, ed è soprattutto un procedimento per dare una soluzione organica - meditata, soppesata, ordinata ed esteticamente corretta - a delle necessità oggettive, che altrimenti troverebbero sbocco in realizzazioni casuali e caotiche. 2 - A differenza dell’improvvisazione - che si manifesta talvolta in certe forme espressive, ma che spesso è solo apparente perché frutto di una consumata abilità dovuta all’esercizio e all’introiezione di una metodologia personale - il metodo della progettazione è uno strumento per pensare e addirittura per accumulare, ora dopo ora, giorno dopo giorno, le proprie cure e i propri sforzi intellettuali attorno a un’idea, o meglio a un gruppo di idee, da affinare e condurre a una sintesi. 3 - Lo strumento insostituibile del metodo progettuale è il disegno, nelle sue varie accezioni, dallo schizzo all’elaborazione dettagliata. Il disegno porta a tradurre le idee architettoniche nel linguaggio più appropriato. 4 - Questo linguaggio è in primo luogo necessario al progettista, per verificare tra sé e sé la coerenza e la validità di quelle idee; in secondo luogo, il linguaggio è indispensabile per comunicare
quelle idee agli altri; questo stesso linguaggio, infine, acquista un valore operativo perché è di guida alla costruzione e quindi alla trasformazione di quelle idee architettoniche in un concreto sistema di strutture fisiche. 5 - In questa fase iniziale degli studi di architettura verrà quindi data molta importanza all’iter progettuale, ossia alla sequenza delle fasi attraversate dall’allievo per raggiungere il risultato finale. La Forma e la Funzione 1 - Con i procedimenti della composizione l’allievo giungerà a dare forma ad uno spazio così da soddisfare una funzione, o meglio una necessità, sia essa di natura pratica - come abitare, lavorare, esporre, commerciare, svolgere una attività produttiva - oppure sociale, assistenziale, rappresentativa, culturale, celebrativa. Ebbene, attraverso le esercitazioni di composizione l’allievo architetto dovrà sviluppare, soprattutto ai primi anni, il senso della forma, e valutare la plasticità e l’armonia delle configurazioni. 2 - A questo proposito è indispensabile che l’allievo acquisisca ben presto in modo esplicito e selettivo un preciso riferimento culturale, da arricchire e approfondire nel corso degli anni. 3 - L’elaborazione della forma dovrà essere anch’essa il frutto di una metodologia, basata sul potenziamento della capacità percettiva, sull’abitudine a visualizzare lo spazio, sull’affinamento della sensibilità estetica e sull’apprendimento dei linguaggi figurativi.
I Linguaggi figurativi 1 - Nel suo significato più alto, un linguaggio figurativo è un sistema coerente di forme. Ebbene, ogni laboratorio, nel suo complesso, abituerà l’allievo alla comprensione dei linguaggi figurativi e all’uso consapevole di quelli più attinenti alla rappresentazione e alla progettazione dell’architettura, Una cura particolare verrà dedicata a sviluppare la capacità di lettura visiva dell’ambiente costruito e del paesaggio, così da saper cogliere in essi anche i segni delle strutture nascoste e sottese che continuamente li plasmano e li modificano. 2 - L’uso pratico dei linguaggi figurativi condurrà l’allievo a svolgere una riflessione critica sui luoghi comuni che fanno capo all’idea corrente di architettura; tutto ciò favorirà in primo luogo la sostituzione del senso comune, nel quale confluiscono tutti i pregiudizi e le false aspettative, con il buon senso. Su questa base, depurata dai più banali preconcetti acriticamente assorbiti dall’ambiente, ogni allievo procederà alla costruzione del proprio sistema di riferimento culturale, che si arricchirà negli anni. Soggettività/Oggettività 1 - Come già detto, la progettazione architettonica è un metodo per dare forma ad uno spazio e prefigurare le soluzioni più adatte per dare risposta a una necessità di ordine pratico o rappresentativo. Nel far questo, la soddisfazione del progettista sarà quella di trasformare un certo numero di elementi compositivi in un sistema coerente ed equilibrato, fino ad imprimere al progetto una sua impronta riconoscibile. La progettazione perciò è al tempo stesso una forma di espressione attraverso la quale il progettista sviluppa e rende manifesta la sua concezione del mondo e, nel caso di un artista, la propria poetica. 2 - Questa caratteristica del linguaggio architettonico, che pone ambiguamente l’architettura a cavallo tra le discipline scientifiche e quelle umanistiche, può
portare all’equivoco dell’originalità a tutti i costi. Ciò può spingere il progettista ad anteporre l’appagamento della propria ambizione personale al corretto soddisfacimento dell’utilità sociale, alla quale dovrebbe essere finalizzato il progetto. 3 - Perciò gli allievi architetti, attraverso la redazione del proprio progetto, dovranno riflettere sul giusto equilibrio che deve essere trovato tra la spinta alla espressione soggettiva e individuale del progettista, e la risposta ad una necessità oggettiva che il progetto deve soddisfare. Planimetria/Volumetria Per abituare l’allievo alle potenzialità insite in uno spazio, ogni tema, pur nella sua semplicità, richiederà che il progetto sia arricchito da alcune articolazioni dello spazio interno. I doppi volumi e gli affacci interni condurranno l’allievo a sperimentare il valore figurativo insito nella variazioni di quota e lo abitueranno all’uso delle sezioni o, meglio, all’integrazione tra piante e sezioni. È auspicabile che gli allievi si esercitino anche nel disegno delle scale di collegamento tra le varie quote. Contestualità/Ubiquità Per il primo anno di corso il progetto da eseguire riguarderà un oggetto architettonico semplice, quale l’abitazione di una famiglia tipo, un piccolo padiglione per esposizioni, un negozio, lo studioatelier di un artista, o altro ancora. I corsi si riservano però l’alternativa: 1 - o di prevedere fin dall’inizio di inserire questo oggetto architettonico in un determinato contesto; 2 - oppure di studiare l’oggetto architettonico come un prototipo o modello con delle potenzialità ubiquitarie. Lo Spazio e il Tempo 1 - Oltre che dare forma a uno spazio, un progetto deve anche prevedere i tempi di percorrenza, di sosta, di fruizione degli uomini che si muoveranno in quello stesso spazio. Perciò durante il progetto l’allievo dovrà riuscire a “vedere” la vita e il movimento che scorrerà poi negli spazi da lui progettati. Ciò è richiesto in particolar modo negli edifici aperti al pubblico e negli allestimenti museografici dove andranno previsti: spazi fluidi, spazi-movimento, spazi di sosta, poli e spazi attrattori, spazi di trasferimento,
spazi-interfaccia. 2 - Il tempo è un protagonista della progettazione anche sotto un altro aspetto. Infatti, il progetto non soltanto è un metodo per giungere alla definizione di un oggetto architettonico, ma è anche un sistema per prefigurare e predisporre le fasi della sua costruzione. In questo modo la realizzazione e il montaggio, anche dei particolari meno importanti, non viene lasciata al caso, ossia alla fortuna di trovare maestranze capaci di sopperire alle indefinitezze del progetto. 3 - Nel suo progetto l’allievo dovrà quindi dare molta importanza al valore di prefigurazione, previsione, predisposizione, giungendo in certi casi anche a fornire degli elaborati che mostrino in linea di massima la successione delle fasi costruttive. Il concetto di scala 1 - Analizzando un progetto da un punto di vista metrico, si scopre che le misure più frequenti non sono distribuite in maniera omogenea a formare una gamma continua, ma si addensano entro certi intervalli, formano cioè delle gamme discontinue, anche se collegate. Ad esempio mattoni, mattonelle, gradini, spessori degli infissi, ecc. rientrano nella gamma dei centimetri; le dimensioni dei vani, in quella dei metri, in genere da 2 a poco più di una decina. Gli edifici e i lotti, hanno dimensioni ancora superiori. Ebbene, ogni gamma di misure ha una sua scala di rappresentazione appropriata. Il progetto dovrà quindi condurre l’allievo anche a riflettere sul concetto di scala. 2 - La scala non è solo un espediente per disegnare un progetto di vaste dimensioni su un foglio di dimensioni limitate. La scala è anche uno strumento logico, e il salto di scala non è un semplice ingrandimento o una riduzione, bensì un sistema per ricondurre l’attenzione del progettista su una certa gamma di variabili progettuali, tipiche di quella scala. Le scale corrispondono anche a diversi gradi di approfondimento nella progettazione, che possono anche essere affidati a progettisti diversi. 3 - In conclusione, la scala è un valore relativo, e ad ogni scala corrisponde una sua complessità e un universo di variabili. “Nulla è piccolo o grande in sé, ma solo comparativamente” come diceva Gulliver viaggiando dal paese dei Lillipuziani al paese di Brobdignac dove vivevano giganteschi individui. E questo è un concetto valido in ogni contesto e in ogni situazione. Alberto Breschi
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Laura Andreini
Abitare nel centro storico
LABORATORIO DI ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Laura Andreini A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Disegno dell’Architettura e Tecniche della Rappresentazione: Cecilia Luschi A.A. 2003-2006 Collaboratori: Lara Tonnicchi Leonardo Tajolini Guido Incerti
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La sistemazione e il ridisegno di piazza dei Ciompi a Firenze costituisce l’occasione per affrontare progettualmente il tema dell’abitare e della costruzione dell’architettura all’interno di un tessuto urbano consolidato. La piazza, idealmente liberata dalle attuali strutture del “mercatino”, viene quindi ripensata per l’esercitazione in oggetto, secondo una nuova destinazione a ridotta complessità limitandosi ad un uso totalmente residenziale dell’intervento al fine di concentrare l’attività progettuale su alcuni particolari aspetti legati al rapporto con l’esistente, allo studio e all’osservazione
del contesto, all’attenzione per le preesistenze ambientali. Riprendendo la misura del lotto gotico considerato come invariante metrico dimensionale dell’area in oggetto, ogni studente ha potuto proporre una nuova organizzazione della piazza elaborata mediante l’inserimento di file di abitazioni a schiera variamente disposte sul fronte strada secondo schemi planivolumetrici scaturiti dallo svolgimento di due seminari svolti durante l’anno. A partire da tale configurazione urbana scelta come condizione di base del lavoro, lo studio si è sviluppato in modo da fornire l’occasio-
ne per approfondire la ricerca e la conoscenza tipologico-distributiva dell’abitazione monofamiliare definendo in relazione allo spazio interno le quantità e la qualità dello spazio abitabile e conseguentemente i modi e tempi dell’abitare contemporaneo. Introducendo lo studente ai procedimenti di lettura e organizzazione dei primi elementi del fenomeno architettonico e studiando la loro aggregazione con particolare riferimento al ruolo svolto dal concetto di luogo, il corso ha quindi proposto uno specifico contributo sul tema della casa, della città e quindi dell’abita-
re, considerando quest’ultimo aspetto come origine, fondamento e necessità di ogni intervento d’architettura. La lettura attenta del contesto esercitata attraverso l’interpretazione di un rilievo non scientifico ma selettivo rispetto ai caratteri insediativi e architettonici posti in evidenza da ogni studente, oltre lo studio e la conoscenza storica del sito, hanno rappresentato l’indicazione prima su cui ogni proposta ha misurato un proprio specifico racconto inteso come estrinsecazione di particolari idee e contenuti. L’aspetto narrativo e la capacità di esprimere attraverso il proget-
to un possibile punto di vista sulla città ha conseguentemente segnato il differenziale di valutazione secondo il quale l’architettura, come disciplina, supera tanto la mera applicazione di precetti tecnici, quanto la semplice vocazione artistica, per divenire strumento e soggetto di comunicazione attraverso la scrittura, che per l’architetto si esprime, specialmente in una prima fase formativa, attraverso il disegno.
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Valerio Barberis
Misurazioni poetiche
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Valerio Barberis A.A 2005-2006
MODULI DIDATTICI Disegno dell’Architettura e Tecniche della Rappresentazione: Nicoletta Brunori A.A 2005-2006
CORSO INTEGRATO Tecnologia dei Materiali e degli Elementi Costruttivi: Claudio Screti A.A. 2005-2006 Collaboratori: Claudia Giannoni Barbara Lami Luca Paparoni
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Scegli un luogo, quello per il quale vuoi diventare un architetto, il paesaggio dei tuoi sogni e fai un progetto... la prima esercitazione affrontata nel corso del primo semestre? Stata considerata una sorta di “battesimo dell’architettura”: il tentativo di far comprendere allo studente le molteplici dimensioni dell’architettura, da subito attraverso l’esperienza diretta del progetto. Il tema proposto, un “rifugio”, ovvero un’architettura minima immersa in un luogo straordinario come un ghiacciaio, una cascata, un deserto, un lago? Stato concepito
nella logica di stimolare nello studente la ricerca di una risposta a quel paesaggio, un’architettura che nascesse concettualmente e fisicamente da esso: il corso ha proposto allo studente il tema della visibilità nel senso fornito da Calvino, ovvero come capacità intrinsecamente legata alla “fantasia” e, dunque, come primo momento del progetto di architettura. L’esperienza del progetto come misurazione poetica di un luogo, affrontata in termini intuitivi durante il primo semestre? Stata affiancata dalle prime nozioni di composizione e morfologia
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dell’architettura nel secondo semestre, sviluppati nel progetto di una casa-studio per artista collocata lungo l’argine del fiume Bisenzio a Prato. A gruppi di tre gli studenti hanno elaborato una proposta insediativa che tenesse presente le caratteristiche del sito - intorno urbano e naturale, sezione con la scarpata, orientamento - e che sviluppasse, attraverso l’iterazione di tre parallelepipedi con dimensioni assegnate (18 m. x 6 m. x 6 m. di altezza), un luogo urbano composto di una piccola piazza, la discesa al fiume ed un portico. Succes-
sivamente ogni studente ha sviluppato il progetto della casa-studio – il parallelepipedo – procedendo per successivi approfondimenti di scala fino ad arrivare allo studio di alcuni dettagli architettonici.
1 Il fiume Bisenzio a Prato con evidenziate le aree di progetto 2 D. Rossi, E. Salvetti, M. Savini 3 M. Sammarchi, A. Silvestri, M. Vannuccini 4 F. Tommasoni, E. Tucci, C. Tuccini 5 B. C. Sauri, I. Stafani Donati, J. Strati 6 V. Susak, A. Sore, S. Skender 7 A. Toti
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Giulia Chiappi
La casa a schiera tra individualità e aggregazione
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Giulia Chiappi A.A 2005-2006
MODULI DIDATTICI Disegno dell’Architettura e Tecniche della Rappresentazione: Gianni Sani A.A 2005-2006 Collaboratori: David Burrini Enzo De Leo
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Il corso si è proposto come un primo avvicinamento alla comprensione critica dell’architettura attraverso la lettura del costruito e la prassi progettuale secondo una progressione di esperienze fondata sul tema dell’organismo architettonico semplice. Gli obiettivi primari sono stati l’acquisizione della capacità di selezionare gli spazi architettonici in base alle loro caratteristiche costruttive, formali e funzionali; la lettura delle opere architettoniche più semplici viste nelle loro componenti principali - spazio, struttura e involucro il cui rapporto costituisce la specificità
dell’architettura; la comprensione e quindi la conformazione dello spazio architettonico, inteso come prima sintesi tra la corretta articolazione degli elementi costituenti l’organismo edilizio e le strutture che ne determinano la sua fisicità. Nel percorso didattico il disegno è stato posto come un insostituibile strumento di ricerca, attraverso il quale lo studente possa impadronirsi dei metodi di rappresentazione e quindi della comunicazione del progetto architettonico, dal momento dell’ideazione fino alla definizione conclusiva. Nell’ambito concettuale sopra indicato l’attività di laboratorio si è svolta
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nella fase iniziale attraverso due esercitazioni: l’interpretazione ed il ridisegno di un edificio unifamiliare assegnato e il progetto di un organismo edilizio dalle funzioni informative da sviluppare con materiali e tecniche costruttive diverse. Le esercitazioni sono state finalizzate all’acquisizione da parte dello studente dei principi basilari per la progettazione di un edificio unifamiliare a schiera, quale elemento di una serie che va a costituire due isolati nello specifico contesto urbano del quartiere delle Cure a Firenze. Il tema affrontato prevede 24 unità abitative dislocate su due corpi di fabbrica paralleli,
uno posto fra la strada e il parco, l’altro fra la strada e il torrente Mugnone. I manufatti, progettati singolarmente, presentano caratteri diversi in quanto esercizio compositivo individuale di ogni allievo, pur nel rispetto dei vincoli assegnati (dimensione del lotto, altezza e posizionamento dell’accesso principale), che nascono dalla presenza di case contigue. Si è cercato in tal modo di garantire l’ordine necessario richiesto ad un’aggregazione edilizia, esaltando la dialettica tra la connotazione architettonica impressa dall’allievo e il carattere seriale tipico di un certo tessuto urbano residenziale.
Alessandra Allegrezza, Matteo Fiorucci, Nicoletta Norcini, Fulvia Onofri, Vittoria Pacini, Valentina Pagliai, Luca Pammolli, Francesca Pandolfi, Irene Pannuto, Sondra Pantani, Giulia Paolieri, Federica Paoloni, Crysoula Papagianni, Alessandro Parlini, Milena Passeri, Matteo Pecorari, Elvira Perfetto, Leonardo Pestelli, Luigi Petrillo, Emanuele Petrucci, Angela Pirosa, Daniela Piscitelli, Ioannis Politis, Giulia Pollerone, Giacomo Pratesi, Valentina Pugnali, Niccolò Punzoni, Francesca Quaranta, Sara Ramundo, Ilaria Rosati, Jacopo Rossi, Tommaso Roventini, Niccolò Venturi Progetto di edificio unifamiliare a schiera per la costituzione di due isolati nel quartiere delle Cure 1-2 Vedute del modello d’insieme 3-4 Prospetti lato parco e lato strada
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Piero Degl’Innocenti
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Piero Degl’Innocenti A.A 2003-2006
MODULI DIDATTICI Disegno dell’Architettura e Tecniche della Rappresentazione: Sylvie Duvernoy A.A 2003-2005 Marco Bini A.A 2005-2006 Collaboratori: Sara Maria Vannucchi
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La didattica del Laboratorio si incentra su un punto: far capire che, al di là di ogni premessa tecnica o funzionale, la composizione di un progetto avviene seguendo la logica di un linguaggio formale strutturato, sia esso di matrice organica, neoplastica, postmoderna ecc., e che questo linguaggio nasce da radici culturali comuni con le arti figurative, la musica, la letteratura. Perciò, oltre a fornire agli allievi gli strumenti di base, è necessario farli uscire dalla mentalità liceale ed iniziarli ad un ragionamento più ampio e autonomo. Ristrettezza di tempi, nuovi ordinamen-
ti e soprattutto nuove generazioni di studenti hanno obbligato a drastiche semplificazioni dell’insegnamento. Al di fuori della scuola, i ragazzi sono molto poveri di esperienze culturali proprie. Il loro sapere si forma soprattutto sui messaggi dei media, ed è impressionante verificare le dimensioni di questo impatto. I nostri piccoli sondaggi confermano nella stragrande maggioranza il possesso di nozioni non sistematiche e di informazioni vaghe, profondamente condizionate. I mondi vituali sono più presenti di quello reale: si chiede di relazionare su architettura e società nel-
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l’Italia anni ’30 e si ottiene un panorama sull’America di Roosevelt. Talora affiorano zone oscure: si chiede di un personaggio conosciuto della storia moderna, e nessuno pensa a figure positive e vicine - Montessori, D’Acquisto, Olivetti, Mattei - ma più d’uno ricorda solo dittatori. Micidiali anche gli effetti dell’abuso del pur necessario computer. Disegni bellissimi, ma non si sa tracciare una sezione. Nessun aiuto alla didattica viene infine dalla nostra sede-carcere, deprimente e – si può immaginare - costosissima. Aule illuminate male ed aerate peggio,
non duttili per accogliere didattiche coinvolgenti, con arredi e apparecchiature pretenziosi ma fragilissimi e mal posti. Un disastro che qualche volta, mentre si disegna, cerchiamo di mitigare con un sottofondo di buona musica classica. Nonostante tutto, comunque, spuntano alla fine dei germogli.
1 Andrea Morandi, Idea di spazi 2 Lorenza Odorizzi, Tracciati per un luogo urbano 3 Lorenzo Bardelli, Francesco Bonuccelli, Caterina Peppoloni, Barbara Reali Piante di case studio per artisti 4 Simona Bacchetti, Pianta di casa studio 5 Margherita Rispoli, Planimetria insediamento villette 6 Caterina Peppoloni, Prospetto di una casa studio 7 Michele Anastasia, Prospetto di una villetta (part.) 8 Annamaria Alberghina, Prospetti di una villetta
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Fabio Fabbrizzi
Sul progetto
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Fabio Fabbrizzi A.A 2003-2005
MODULI DIDATTICI Disegno dell’Architettura e Tecniche della Rappresentazione: Francesco Tioli A.A 2003-2005 Collaboratori: Riccardo Renzi
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Iniziamo rispondendo a quella che è la domanda che tutti si pongono appena imbarcati nel Laboratorio di Composizione I, formulando subito quella stessa domanda ad ognuno degli allievi. Che cos’è l’architettura? E si ascolta discutendo per una mattina sempre molto bella, le infinite opinioni di ognuno. Poi si attacca con la storia dell’emozione. Dell’uomo che si fa serio, perché nel bosco trova un tumulo di terra e capisce che sotto quella forma geometrica c’è sepolto qualcuno. Da qui, l’idea che per poter parlare d’architettura, occorra aggiungere insieme a tutte le visioni emerse, a volte ingenuamente di-
sarmanti, ma più spesso intelligenti e ben strutturate, quella che ci permette di registrarne al momento della sua percezione, la presenza di un’emozione. Carichi e un po’ stupiti di quest’immensa responsabilità, ci avviamo a liberare la nostra personale e già precostituita idea d’architettura, da tutte le sostruzioni concettuali che le letture, la scuola, i viaggi e la vita, hanno sedimentato dentro di ognuno, lavorando su due versanti che s’incroceranno poi attorno al momento progettuale. Inizia quindi un processo di “disarticolazione”, affiancato da un processo di “costruzione”, che lavora sull’universalità di
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temi che costituiranno “le regole” necessarie per capire e per fare architettura, scegliendo Firenze come luogo dell’intervento e come “testo” di riferimento. Per questo si legge dal vero la città, uscendo insieme, tutti con gli occhi in giù a capire come si attaccano a terra gli edifici e tutti a naso all’insù per capire come si ritagliano nel cielo, evidenziandone i caratteri di una riconoscibile e comune identità. Caratteri che verranno interpretati nella riprogettazione degli edifici che compongono un isolato su Piazza Tasso, nella visione di una città come fatto corale che si trasfigura nella conduzione
stessa del Laboratorio, dove ogni allievo, alla ricerca solitaria e paziente, affianca una pratica in aula, vivificata dal confronto con gli altri. Si tenta di richiudere così il ragionamento, attraverso la pratica di un esercizio compositivo che non ricerca l’idea dell’innovazione a tutti i costi, ma la percorrenza di un codice che una volta acquisito, potrà ammettere la presenza di una forzatura che lo evolve. Modificazione questa, che può arricchire l’itinerario e l’esito progettuale di un valore d’emozione, che trasformerà questo risultato in architettura. Proprio come il tumulo di terra nel bosco.
1-2 Momenti del Laboratorio 3-4-5 L’isolato ricostruito di Piazza Tasso a Firenze
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Ulisse Tramonti
Completamento e riqualificazione di uno spazio urbano a Firenze
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 1 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Composizione Architettonica e Urbana: Ulisse Tramonti A.A. 2003-2005
MODULI DIDATTICI Disegno dell’Architettura e Tecniche della Rappresentazione: Paola Puma A.A. 2003-2005 Collaboratori: Isa Aurori Giulia Chiappi Enzo Crestini Filippo Frassi Sergio Martellucci Luca Rivalta Jelena Zanchi
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L’esperienza progettuale intesa quale strumento principale di apprendimento dell’architettura ha costituito il fondamento sul quale sono stati articolati i corsi di Composizione Architettonica e Urbana, nell’ambito del Laboratorio di Architettura del primo ciclo didattico. Nella fase propedeutica sono state effettuati alcuni esercizi di composizione ai quali sono seguite lezioni imperniate sulla trasmissione dei principi basilari dell’architettura; allo stesso tempo esse hanno avuto lo scopo di avvicinare gli studenti agli aspetti teo-
rici della produzione architettonica, intesi come strumenti per formare una coscienza critica sulla quale innestare una cultura progettuale che sia espressione della società all’interno della quale si inserisce. Nell’ottica di una architettura concepita come sistema di regole condivise e di apporti individuali, lo studente, partendo dalle nozioni elementari, è stato stimolato ad acquisire competenze tali da consentirgli l’elaborazione di un organismo architettonico semplice, sviluppato secondo una corretta articolazione degli elementi
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costitutivi - spaziali, strutturali e formali -, in grado di poter essere aggregato con altri uguali o analoghi; in parallelo sono stati trasmessi concetti gravitanti intorno alla nozione di spazio aperto, come tessuto edilizio e parte urbana, fino ad arrivare all’appropriazione del concetto di luogo. I temi progettuali affrontati hanno spaziato da un edificio residenziale unifamiliare, da inserire come completamento di un isolato, alla riqualificazione di uno spazio urbano. Questi progetti finali sono stati direzionati verso un approccio di tipo concreto
nei confronti di alcuni luoghi della città (via Pindemonte e Piazza Brunelleschi) che necessitano di interventi finalizzati al loro recupero. Per questo motivo gli stessi vincoli hanno costituito per lo studente un incentivo ad approfondire il lavoro analitico funzionale sia all’individuazione delle potenzialità del contesto, sia alla formulazione di risposte progettuali maggiormente organiche rispetto ad esso e alle necessità contemporanee, nella ricerca di un equilibrio fra analogia ed invenzione.
Progetto per la riqualificazione di Piazza Brunelleschi a Firenze A.A. 2002-2003 1-2-3 Eleonora Caudai 4 Chiara Cecchini
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Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura Laboratorio di Architettura 2
Struttura del Laboratorio Il Laboratorio di Architettura 2 si basa sull’integrazione dei corsi di: Progettazione Architettonica I Arredamento e sul coordinamento con il Corso Integrato di Urbanistica. Obiettivi di formazione All’interno del nuovo percorso didattico del Corso di Laurea triennale in Scienze dell’Architettura, il secondo anno riveste, per sua intrinseca natura, il ruolo di cardine del tracciato formativo, in quanto segmento di immissione nella pienezza disciplinare dopo l’esperienza sostanzialmente propedeutica del primo anno, e di proiezione verso la maturazione ed il compimento del terzo anno e della laurea di primo livello che ne segue. Per questa ragione anche, la sua messa a fuoco in termini di contenuto tematico, di scala, di calibratura dimensionale del compito didattico da offrire e da esigere nella sequenza triennale ha comportato una prima formulazione concettuale ed operativa che, dopo due anni, è stata rivista mettendo a frutto sia l’esperienza concreta già compiuta che l’affinamento critico circa la più opportuna ed efficace progressività contenutistica ed applicativa rispetto ad un crescendo formativo di base. Il coordinamento verticale dei docenti dei Laboratori di progettazione ai fini di una ridefinizione organica, coordinata e coerente dell’insegnamento compositivo ha infatti direzionato i primi due anni del Laboratorio di Architettura 2 (2002/2004) sull’elaborazione di un manufatto architettonico a funzione specialistica, destinando al terzo anno il progetto di un edificio residenziale integrato. Nel biennio successivo invece
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(2004/06) è stato ritenuto di dover invertire la scelta precedente, nella convinzione definitiva che la sequenza tematica rappresentata dal progetto di una casa unifamiliare al primo anno, di una unità d’abitazione integrata al secondo anno, e infine di un’architettura specialistica al terzo consentano e garantiscano al meglio una progressività del cimento in termini di complessità tecnicofunzionale, di articolazione spaziale, di elaborazione ed ideazione formale, sostanziata peraltro dal parallelo incremento di nozioni acquisite nelle altre discipline che ne arricchisce gli strumenti di controllo e di enunciazione. È per queste ragioni che le pagine seguenti riportano i lavori didattici relativi a quest’ultimo assestamento, ed inerenti appunto al campo tematico dell’edificio residenziale urbano. Esito che si giova degli effetti riverberati dall’ulteriore lavoro di coordinamento orizzontale perseguito dai docenti di Laboratorio per ciascun anno, finalizzato ad offrire e garantire modalità analoghe di obiettivo, di organizzazione e di svolgimento della prova didattica, concordate soprattutto in termini di scala dimensionale dell’oggetto e di elaborati, per un giusto equilibrio tra l’assicurazione doverosa di condizioni ed obiettivi di base irrinunciabili ed equivalenti in termini di esperienza formativa per tutti gli studenti, al di là del corso di iscrizione, e la salvaguardia legittima della piena
singolarità metodologica e culturale dell’insegnamento, secondo la personale fisionomia e declinazione interpretativa, per i docenti. Coordinamento che conseguentemente informa anche l’orientamento del modulo di Arredamento interno al Laboratorio, in quanto campo tematico e scala in grado di avvicinare ad una intrinseca estensione progettuale, completandolo, il tema della residenza in particolar modo, laddove la dimensione architettonica dell’articolazione interna degli alloggi viene specificamente esplorata nelle implicazioni di stretta reciprocità con le dotazioni e le ergonomie dell’allestimento funzionale domestico, verso quel mutuo condizionamento ed adattamento in grado di generare configurazioni tipo-morfologiche ed espressioni spaziali tra loro organicamente simbiotiche e compiute. Strutturazione interna del Laboratorio che trova una ulteriore opportunità di rilegatura e di organicità dell’esperienza didattica sul progetto architettonico attraverso il coordinamento con il Corso integrato di Urbanistica: il tema cruciale dell’unità residenziale intesa quale protagonista primaria della formazione della città viene incrementato delle sue implicazioni più generali, tra cui innanzitutto la relazione con il contesto, e dunque immesso nell’ottica di antecedenti, concetti, procedure, strumenti, figure, proiezioni più ampi e generali, legati ed ispirati alle connotazioni e ra-
gioni dell’insieme urbano di appartenenza. Dimensione polare, dunque, a quella dell’arredamento, che così volutamente conchiude il senso didattico della prova progettuale del secondo anno -incardinata nel Laboratorio- all’indirizzo di una consapevolezza non fratta e compartimentata, non settoriale e solitariamente autoreferenziale, ma piuttosto il più possibilmente consequenziale, organica e criticamente sintetica. Centralità referenziale del luogo posta come prerogativa fondativa della formazione, ma secondo l’interpretazione ispirata a una accomunante cornice di pensiero strategico dell’intero corso di laurea: quella del deciso e decisivo radicamento nel luogo/tempo culturale della contemporaneità assunta concordemente quale imprescindibile sistema di riferimento in cui inserire un atto progettuale autenticamente attualizzato in grado di continuare dialetticamente, in piena e legittima fiducia nelle proprie ragioni e capacità migliori, la perenne metamorfosi adattativa ed innovativa del territorio/paesaggio antropizzato. Alla base, la cifra didattica della relazione cruciale tra Funzione e Forma posta sempre come ricerca, verifica e risultato di un motivato e coerente processo metodologico, secondo una sequenza progressiva di fasi di elaborazione -dal concept fino al dettaglio architettonico significativo-, di cui il tema dell’edificio residenziale in particolare propone un complesso e severo banco di prova come intersezione di elementi plurimi ed eterogenei, anche contraddittori, da comporre e sublimare, e come affrancamento dalla rischiosa, meccanicistica rigidità meramente funzionalista o economicistica della produzione edilizia corrente. L’unità residenziale integrata Didatticamente inteso come naturale estensione, più complessa e dimensionalmente rilevante, del tema dell’abitazione singola affrontato nell’anno precedente, magari aumentata dall’integrazione con una piccola funzione pubblica di servizio, il progetto di un edificio residenziale urbano integrato deve impegnare lo studente nella definizione di un manufatto architettonico in cui conciliare i temi compositivi contrapposti della unità funzionale individuale -la singola
cellula-alloggio e la piccola funzione specialistica- con la struttura architettonica complessiva che li aduna, esercitandosi nella comprensione, gestione e risoluzione della relazione tra singolarità ed insieme, tra modello e consuetudine, tra ripetizione-iterazione e variazione, tra rigidità regolatrici e flessibilità adattative, tra condizionamento tecnico-costruttivo e libertà formale nelle loro implicazioni funzionali, normative, tecnologico-strutturali, segnico-linguistiche. A tal fine, la ricerca più paradigmaticamente innovativa sul tema, a partire dal Movimento Moderno fino alla produzione contemporanea, costituisce l’humus teorico e progettuale da acquisire criticamente in contenuti, metodologie ed estetiche, riconoscendone il formidabile valore di originaria leva, di primario volano della rivoluzione disciplinare a fondamento genetico della nostra contemporaneità culturale, tuttora chiave assolutamente preponderante e decisiva della configurazione fisica del mondo. Didattica Privilegiato e selezionato ambiente culturale di referenza, dunque, da mettere in relazione/reazione con un reale e definito luogo di applicazione prescelto nell’arco compreso tra contesti urbani fortemente sedimentati ed aree libere di nuova edificazione. Luoghi ritenuti tutti portatori di condizioni, forme, caratteri, latenze assai individuati, con ruolo di catalizzatori dell’esercizio di analisi interpretativa a necessaria premessa della definizione del progetto in termini di relazioni planivolumetriche e di riferimenti ed istanze ambientali e formali verso cui prendere posizione definendo una proposta critica in forma di assonanza-dissonanza, di conciliazione-opposizione, di armonizzazionecontrappunto. In definitiva, di responsabilizzazione verso una progressiva chiarificazione della personale modalità di espressione del fare architettura come pratica deputata e delegata alla modifica auspicabilmente sapiente e, perché no, creativa del mondo fisico, funzionale e simbolico-rappresentativo di appartenenza. Presa di coscienza dell’articolata complessità delle premesse sottese al processo progettuale che, unitamente ad una urgente ed ineludibile necessità di effica-
cia didattica –in sapere e tempisticasotto forma di sempre maggiore essenzializzazione del percorso formativo tramite integrazioni e/o riduzione di insegnamenti, dà chiarezza e necessità di motivazione all’integrazione del Laboratorio 2 con il Modulo di Arredamento nonché al coordinamento con il parallelo Corso di Urbanistica, in grado di illuminarne i valori polari ma anche certamente complementari, per espanderne il fondo prospettico di inquadramento e restringerne il riverbero nei complementi d’uso. Così, il secondo rafforza il suo apporto nella fase di avvio del Laboratorio, inserendone i contenuti in un telaio di supporto urbanistico all’impostazione in parallelo della soluzione architettonica, mentre il primo, riferito all’alloggio o ad una parte della funzione specialistica, affronta analogamente il salto di scala richiesto dall’implicita dotazione di ogni interno di specifici componenti arredativi. La cui sistemazione efficientemente organizzata, responsabile della configurazione conclusiva dello spazio campione, mira all’acquisizione di una appropriata metodologia, delle misure, delle scale e dei mezzi espressivi più pertinenti, dei materiali e delle loro lavorazioni, della conoscenza del design industriale, sullo sfondo storico-critico della specifica profondità culturale della disciplina. A metà del viaggio triennale, il Laboratorio di Architettura 2 innesca dunque l’incrocio interattivo di tre fondamentali discipline progettuali tra loro, dimostrando una possibilità di sinergia che simuli, seppure in parte, nel senso della simultaneità trasversale e coordinata tra mondi attigui, la cifra dell’ampiezza problematica necessaria per sviluppare il progetto architettonico contemporaneo. Esercizio nodale di sintesi, che potrebbe trovare nel consolidamento di un unico e più cospicuo “Laboratorio di Architettura 2 ed Urbanistica” la sua esemplare e baricentrica strutturazione ordinamentale, a significativo avanzamento nell’innovazione didattica che costituisce il faro orientativo del nuovo Corso di Laurea, in sintonia ineludibile con l’Umanesimo inarrestabilmente, radicalmente moderno in cui vuole immergersi. Flaviano Maria Lorusso
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Carlo Canepari
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Carlo Canepari A.A. 2003-2006
MODULI DIDATTICI Arredamento: Lapo Galluzzi A.A. 2005-2006
CORSI INTEGRATI Fondamenti di Urbanistica: Carlo Carbone A.A. 2005-2006 Diritto per l’Edilizia e l’Urbanistica: Luciano Gallo A.A. 2005-2006 Collaboratori: Ugo Dattilo Lapo Galluzzi Riccardo Guidi Francesco Maestrelli Luigi Zola
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“La parola abitare qui significa qualcosa di più che l’avere un tetto sulla testa e un certo numeri di metri quadri a disposizione. Per prima cosa significa incontrare altri esseri umani per scambiare prodotti, idee e sentimenti, ossia per sperimentare la vita come moltitudine di possibilità. In secondo luogo significa mettersi d’accordo con alcuni di loro, ossia accettare un certo numero di valori comuni. E infine significa essere se stessi ossia scegliere un piccolo mondo personale. Possiamo chiamare queste tre forme abitare collettivo, abitare pubblico,
abitare privato”. (Norberg-Schulz, L’abitare, Electa, Milano 1995). Il seminario ha affrontato il tema dell’abitazione con un duplice atteggiamento: in primo luogo ha cercato di fornire gli strumenti didattici di base, per garantire innanzitutto “un tetto sulla testa e un certo numero di metri quadri a disposizione”, i secondo luogo il tema dell’abitare è stato declinato secondo le triade “collettivo, pubblico, privato”. L’ area di progetto è situata a Colle Val D’Elsa, immediatamente a ridosso del-
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la città murata. Il lotto è connotato dalla presenza di tracce storiche di rilevante importanza – quali le mura, i bastioni, e la presenza prepotente e importante dell’ospedale di San Lorenzo. È inoltre caratterizzato da un plus valore paesaggistico fornito dalla vista panoramica della valle sottostante. I progetti hanno affrontato pertanto – oltre che lo studio tipologico sulle abitazioni – sia il delicato tema dello spazio pubblico – attraverso lo studio di elementi urbani quali la piazza, i percorsi, il dialogo con le viste panoramiche – sia il rapporto e il confronto con
le preesistenze storiche della città. Nel far ciò il seminario ha evitato di fornire schemi aprioristici, cercando piuttosto di offrire gli strumenti per una riflessione consapevole e un rapporto dialettico tra le parti.
Seminario di Colle Val D’Elsa, Responsabili: Lapo Galluzzi, Ugo Dattilo 1 Agnese Gori Intervento di nuova edificazione nell’area dell’ex Ospedale di San Lorenzo 2 Sara Maestrini Intervento di nuova edificazione nell’area dell’ex Ospedale di San Lorenzo
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Antonio Capestro
Abitare sull’Arno
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Antonio Capestro A.A. 2004-2006
MODULI DIDATTICI Arredamento: Cinzia Palumbo A.A. 2004-2006 Collaboratori: Fulvio De Carolis Massimo Fabbri Morenica Grassi
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Fornire strumenti per una metodologia di progetto che integri aspetti di ordine tecnico, funzionale e normativo a riflessioni in grado di formulare un’idea di spazio tra architettura e città attraverso un linguaggio interprete della contemporaneità. Il percorso progettuale si è svolto in due fasi. La prima ha coinvolto il gruppo di studenti per un approfondimento del sistema residenziale in relazione a tematiche che, nascendo dalla città, propongono il tema dell’abitare come un microcosmo urbano che amplifica la
propria singolarità nel rapporto con il contesto. Partendo da una verifica delle previsioni del PRG, è stata elaborata una forma del progetto valutando i sistemi principali che le danno struttura: ruolo e articolazione degli spazi pubblici e privati, recupero e ripensamento delle attività, rapporto con infrastrutture e collegamenti carrabili e pedonali, interazione fisica e percettiva con l’ambiente naturale costruito (argini e riva del fiume Arno, cinta collinare, scorci sulla città storica e sui suoi monumenti). Queste riflessioni sono state elaborate, in scala 1:500, attraverso la defini-
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zione di un plastico corredato da sezioni ambientali e da schemi distributivi di tutti i livelli. Questa fase è stata supportata da un confronto continuo con i docenti attraverso lezioni, revisioni e dibattiti, ha favorito l’interazione all’interno del gruppo e tra i gruppi e si è conclusa con una presentazione del proprio lavoro al Laboratorio. La seconda fase ha approfondito le tematiche progettuali in scala 1:200 con un lavoro di gruppo, fino a scendere ad una scala di dettaglio di una unità residenziale, svolta dal singolo studente. In particolare nella scala 1:200
è stata verificato il linguaggio architettonico e l’esperienza spaziale che il progetto ha voluto approfondire tra architettura, città e paesaggio. Nella scala 1:50 sono state studiate le interferenze e le relazioni tra oggetto d’uso e architettura come parte di un unico processo spaziale. In questa fase è stato prodotto un plastico con piante prospetti e sezioni in scala 1:200, una o più tavole sulla organizzazione e sulla ambientazione interna.
Progetto di un sistema residenziale sul Lungarno Ferrucci, a Firenze 1 Palummo Debora Picozzi Rachele Roselli Laura 2 La Greca Christian Lebaschi Ghazaleh Mezzanotte Michela Morabito Caterina
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Paolo Iannone
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Paolo Iannone A.A. 2005-2006
MODULI DIDATTICI Arredamento: Massimo Gasperini A.A. 2005-2006 Collaboratori: Luca Facchini Federico Faraoni Stefano Gambacciani
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Le sequenze didattiche svolte hanno favorito una buona presa di coscienza del rapporto tra le varie componenti analitiche e propositive del processo progettuale. In particolare i temi delle lezioni sono stati articolati sulla complessità delle relazioni tra i dati “funzionali”, il contesto sia socio-culturale che fisico-ambientale, le tecnologie, la normativa, i rapporti di scala, la “forma” nelle sue implicazioni presenti lungo l’arco progettuale e come prodotto finale del progetto. Il tema progettuale riguarda un insieme di opere con discreto grado di com-
plessità atte a esorcizzare la soluzione di continuità tra un grande “segno” urbano (l’alveo coperto del fiume Affrico) e l’Arno con le sue opposte sponde; tema “urbano” e architettonico al contempo che ha favorito un dialogo positivo tra ambiti disciplinari diversi, favorito dalla sperimentazione in atto dei due Corsi integrati di Laboratorio di Architettura e Urbanistica. Inoltre le fasi progettuali relative alle tematiche proposte, (piccola struttura ricettiva, sala congressi, strutture per il tempo libero, attraversamento pedonale del fiume e sistemazione delle sponde
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nelle aree adiacenti) concernenti sostanzialmente la previsione di un quadro generale di riferimento e la progettazione dei singoli interventi, non sono distinti nettamente ma crescono insieme, in una sincronia interscalare con un processo iterativo sempre più raffinato. A tale proposito il modulo di arredamento ha contribuito con lezioni ed esercitazioni a condividere e consolidare l’interdisciplinarietà caratterizzante il Laboratorio considerando il proprio ruolo come momento di compensazione, integrazione ed esaltazione dell’Architettura. È interessante come i singoli progetti fi-
nali risultino (merito anche della formazione di piccoli gruppi di lavoro) coerenti con la linea generale che il Laboratorio ha proposto come obiettivo di “ricerca”: la contemporanea presenza e interrelazione di diverse culture o, meglio, “interpretazioni culturali” dello spazio architettonico dell’uomo del 21° secolo secondo un ventaglio ampio ma selezionato di sistemi di approccio linguistico innovativi e al contempo sensibili alla rivisitazione non solo citazionistica degli esiti significativi delle correnti architettoniche e, più in generale “artistiche” del secolo scorso.
1 Prima Esercitazione - “happening” 2 L’area e gli allievi 3 Plastici finali del laboratorio 4 Elaborati e plastici finali A - Morandi Andrea e Pretto Davide B - Barucci Matteo, Brilli Thomas e Trilli Mirko
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Nicoletta Novelli
Sul fiume, operativamente: residenza aggregata “a più stelle”
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 2 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica I: Nicoletta Novelli A.A. 2004-2006
MODULI DIDATTICI Arredamento: Alessandro Lucchi A.A. 2004-2006
CORSI INTEGRATI Fondamenti di Urbanistica: Giuseppe De Luca A.A. 2005-2006 Diritto per l’Edilizia e l’Urbanistica: Andrea Torricelli A.A. 2005-2006 Collaboratori: Francesco Bartolozzi, Luca Bevilacqua Dario Bertini, Monia Boccali Roviglioni David Margheriti, Andrea Mezzedimi, Giacomo Morelli Consulenti: Roberto Melosi e Luigi Pingitore (UERP di Firenze)
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Un riscoperto rapporto tra la città e il suo fiume ha stimolato gli studenti alla ricerca di sequenze tematiche, interpretate attraverso lo studio di modelli di aggregazione tridimensionali. Nel percorso progettuale sono stati così accentuati alcuni passaggi strategici, con lo scopo prioritario di spostare l’attenzione dello studente dagli oggetti alle relazioni tra di essi. La ricerca dei criteri di assemblaggio delle unità residenziali ha così portato alla formazione di organismi complessi, evitando il rischio di logiche “estrusive” di “meccanismi distributivi” concepiti
nella sola dimensione planimetrica. La possibilità, poi, di unità residenziali “a più stelle”, coerentemente alla più innovativa ricerca e pratica contemporanea sui modi del vivere comunitario, ha spronato maggiormente alla ricerca di complessi residenziali dove la maggiore qualità dell’abitare fosse misurata in valore spaziale. Nell’isolato con il cuore d’acqua alle Piagge o nella stretta fascia del costruito compresso dalla collina verso il fiume, nel lungarno Ferrucci, le elaborazioni progettali sono state declinate secondo temi contemporanei, quali
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trasparenze, traslazioni, gradienti di densità, connessioni materiche, trasposizioni naturalistiche… Sintesi improvvise ed inaspettate, stimolanti per docenti e discenti, hanno inoltre arricchito il percorso didattico, come nel caso dell’esercitazione sul prototipo “I_home”, progettato dagli studenti e dai docenti dall’Università di Monaco. Il prototipo, prima studiato nella funzionalità dei suoi spazi minimi estremi, è stato poi aggregato attraverso la flessibilità di una economica carpenteria metallica. Nello studio di tali sistemi di assemblaggio, dall’inti-
mità di sorta di “unità di vicinato” alla geometria iperspaziale del “Tesseract”, si è di fatto ripercorso la storia dei principali criteri distributivi. L’architettura rappresentata come spazio di vita collettiva testimonia la vivacità progettuale con cui gli studenti hanno reagito alle stimolazioni date dal laboratorio.
1 Francesca Paganelli, Ezio Riolo, Devid Tabani, Emanuele Notari Area di studio: Lungarno Ferrucci 2 Salvatore Lerose, Veronica Fiorini, Aygun Guric, Valentina Mazzantini, Karolina Svahn, Yasemin Celik Area di studio: Le Piagge 3-4 Veronica Fiorini, Valentina Mazzantini, Aygun Guric, Stathis Katomeris Studi di aggregazione del prototipo “I_homes”, casa per studenti progettata dall’Università di Monaco (coordinamento Prof. Richard Horden, direttore progetto Lydia Haack, committenti Studentenwerk München)
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Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura Laboratorio di Architettura 3
Orizzonti formativi Il Laboratorio di Architettura 3 completa il percorso didattico di 6 semestri del ciclo triennale. Ai corsi di Progettazione architettonica e Caratteri distributivi compete un ruolo quasi analogo ad una resa dei conti. Questo risultato progettuale che precede la tesi di laurea costituisce infatti un solido punto d’ancoraggio e prepara una prima sintesi cognitiva, poiché l’allievo vede davanti a sé, per la seconda volta dopo l’esame di maturità, una curva del proprio futuro. L’impianto dei 5 Laboratori si presenta con un’impalcatura predefinita. I gruppi o unità di lavoro hanno in comune tema generale (edificio specialistico), dimensioni dell’intervento e modalità di esame (scale, formati, numero tavole). Pur nelle rispettive autonomie, il programma didattico è articolato in fasi e sulla verifica diretta delle responsabilità o se si vuole, sull’auto-descrizione, dato che per il laureando la “cultura” del progetto da questo momento in poi ricoprirà un ruolo cruciale e rappresenterà una scelta personale, non una costrizione o un debito formativo. I tempi brevi del Laboratorio hanno finito con l’anticipare l’ora della sveglia per insegnanti ed allievi. L’impegno nell’esplorazione, la ricerca di analogie e corrispondenze che supportano il pensiero progettuale, il concentrarsi sui procedimenti formali, strutturali, tecnico-costruttivi, sono state le basi non negoziabili di un orizzonte della formazione fondato su interessi e competenze sempre più estesi e variegati che in parte sfuggono al mercato “locale”. È ormai la realtà europea, vicina ed accessibile, a fare da sfondo ai profili professionali. Tirocini internazio-
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nali, masters, workshops e stages introducono una complessità prossima ventura tutta da governare: quella delle interferenze disciplinari. Di fatto per una generazione di giovani 21enni, pressata da una logica occupazionale, ma alla ricerca di professionalità “altre”, più mirate, diventa importante sfruttare tutte le potenzialità di quest’esperienza e costruire il proprio circuito di crescita. Il Laboratorio di Architettura 3 non ha tentato di comporre tale dissidio; anzi lo ha fatto avvertire, conferendogli massima visibilità ed assumendo una colorazione ibrida, pur senza toccare i fondamenti teorico applicativi che lo
caratterizzano. La base comune che si è creata e ha, positivamente, coinvolto tutti è una piattaforma disciplinare fondata sul confronto “aperto”, sulla sperimentazione didattica che pone in essere anche un’operazione di ordinamento conoscitivo e di vaglio critico. Essa induce ad una conversione attenta e consapevole, poiché le flessibili, talvolta caotiche offerte del mercato richiedono quanto meno una profonda sensibilizzazione. La tempestività dei cambiamenti imporrebbe un dialogo continuo, un’auto-promozione permanente in grado di interpretare di volta in volta le sfide della professione.
Genesi Da questa postazione la scelta di un livellamento verso il basso della qualità dell’apprendimento, con l’obiettivo di sfornare laureati a basso costo con competenze generiche è stata considerata affatto fuorviante, quasi una provocazione per affinare invece metodi e contenuti, tagliando gli “sprechi” formativi. Innestato nel corpo di un’esperienza progettuale sulle unità d’abitazione (2° anno) il Laboratorio di Architettura 3 ha tematizzato il progetto dell’edificio, inteso: 1) come obiettivo capace di dar senso compiuto a connessioni reali (contesto), legando insieme un’ampia gamma di condizioni e situazioni di estrema concretezza; 2) come tramite per un approfondimento delle filosofie del Comporre e delle Tendenze in atto nella cultura architettonica contemporanea. La mobilità è stata casualmente rafforzata dallo slittamento di alcuni docenti (tra cui il sottoscritto) per motivi di crescente affollamento del corso di laurea appena avviato. A posteriori tali sconfinamenti sembrano aver trasferito compiti e scelte su un piano sempre meno arbitrario, favorendo quasi per inerzia un work in progress. In definitiva l’allievo ha selezionato o
evitato consapevolmente gli insegnanti fino dal secondo anno, quasi si trattasse di riflettere sulle aspirazioni personali e/o di valutare affinità e parentele. Passwords Il primo aspetto da mettere in evidenza è la preoccupazione che ha unito il Laboratorio: definire limiti reali e virtuali di questa prima sintesi cognitiva, sconfessando il principio di genericità per disattivarne la potenziale carica di-
struttiva. Questione essenziale alla conclusione logica di un risultato progettuale da lasciarsi alle spalle, ma che non dovrà sancire una frattura netta con esiti ed obiettivi futuri. Anche se nessun discorso può essere completato in questa sede, è certo che continuità e discontinuità si sono combinate, alternate e sovrapposte a livello pedagogico, perché di fatto il ciclo triennale che si prefigurava compiuto con scarse prospettive di sviluppo, oggi nel 90% dei casi si “apre” alla specialistica sotto condizione. Nel gioco complicato di cause ed effetti questa duplice finalità ha oggettivato: a) una ricerca di legittimità funzionale, spaziale, testuale dei significati architettonici in qualità di operazioni coordinate per la realizzazione di proposte nei termini di chiarezza concettuale, di linguaggio e di specificazione della forma; b) un dispositivo processo-progetto che non implichi, in una fase delicatissima dell’apprendimento, né la trasmissione forzata di una dipendenza culturale, né automatismi o dogmi, né possa farsi portatore di verità generalmente valide ed estensibili, bensì generi soltanto dei Modi. c) un’operatività concreta che non eluda lo spessore e la molteplicità delle indicazioni al margine di un progetto e dove siano compresenti i connotati di relazione del fatto architettonico con l’ambiente (nozione topologica di spazio e dimensione), di connessione tra forma ed uso e di corrispondenza tra “segno” e realtà costruttiva, vagliandone le articolazioni. L’edificio specialistico Pur con particolarità ed in “situazioni” diverse, questo tema generale dei La-
boratori ha supportato quel difficile passaggio tra astrazione e configurazione di uno spazio costruito. L’architettura del “pezzo” unico consente di legare tra loro attività e funzioni primarie. Nello stesso tempo la semplificazione, la riduzione e, di conseguenza, la definizione di elementi misurabili possono produrre delle vere e proprie suggestioni in cui precipitano azione e riflessione. La scelta di un’area da edificare, di un “oggetto” da completare od ampliare fornivano una cifra limitata di vincoli, consentendo così di focalizzare l’attenzione sul concept, sui layers del progetto, sulla Forma del nuovo edificio. Nello stesso tempo i temi specifici (il Padiglione, la Biblioteca, il Museo ecc...) offrivano interessi composti di per sé: a) perché implicano da sempre un legame interattivo con il tempo e il luogo di una città o un territorio; b) per la loro vocazione storica di manufatti atti a farsi interpreti e testimoni di un rinnovamento; c) perché appartengono ad un mondo soggettivo di risonanze e rispecchiamenti (linguistici, figurativi) destinati a crescere ed a moltiplicarsi nel tempo. Didattica del progetto La difficoltà da superare è stata e sarà sempre la programmazione, giacché alla struttura di un Laboratorio di Archi-
tettura condensato in un semestre sono saldati orari e tempi di percorrenza. Ciò significa che la progettualità calamiterà l’attenzione e coronerà un’attesa, senza sconfinare in una seduzione infinita. Dovrà sì spaziare ma anche auto-limitarsi, trovando una propria lunghezza d’onda. Progettare è come scrivere: come la scrittura è riscrittura, è cercare di guidare l’opera verso il proprio centro. Dunque il progetto d’architettura è riscrittura continua, spinta verso un risultato impossibile da scalfire; fino al punto, cioè, in cui diventa impossibile aggiungere o togliere qualcosa. Queste limitazioni sono “strumentali” al progetto del terzo anno e lo chiudono nel proprio spazio. Ma se da un lato escludono le divagazioni, non devono tuttavia indurci a comprimere gli interessi, spostando opportunisticamente
l’accento su un comodo approccio che mortifichi l’ispirazione o le aspirazioni, ormai bandito quasi ovunque con buona pace dei suoi sostenitori. L’unità di intenti tra i Laboratori è fondata sulla gara, sull’aria che si respira, sull’istigazione a pensare, architettando il presente e quanto lo circonda. Ad andare in pezzi è stata l’idea di un’architettura che non vuole condividere il mondo o non si propone di capirlo. A sparire definitivamente dalla scena è stato l’avvertimento di Vitruvio: “queste forme non esistono, non possono esistere e non sono mai esistite”. Perché l’intenzione è affatto diversa: far conoscere ed assimilare lo spirito di una Modernità scevra da pregiudizi intellettuali. Ed è fuor di dubbio che la decisione di esplorare gli itinerari del progetto contemporaneo ha spinto questa finalità dell’architettura a guardare “oltre”; a considerare aspetti inerenti all’uso dello spazio, a confrontare qui e ora le interrelazioni tra interno ed esterno, tra pubblico e privato. Il “fare” concettualizza i propri assunti ma si confronta con la realtà, anche con la sua fragilità e perfino con le sue poetiche, nel tentativo di coglierne lineamenti, motivazioni e perché no, provocazioni. Sappiamo da tanti indizi che l’allievo architetto, posto di fronte all’ostacolo della tesi di laurea, avverte il bisogno di trovare un “Modo”. Lo cerca con tutte le forze, talvolta inconsapevolmente, tentando di capire a quali forme corrispondono idealmente pensieri e desideri. E quel modo di architettare diventerà un mattone di un Modo più grande, quello di vivere. È in questo senso che la materia prima su cui si opera è, ancora una volta, la nostra e ci mette costantemente alla prova. Mi sembra che il grado zero di una progettazione che vuole misurarsi con la contemporaneità, accennato da Breschi tra le righe, stia entrando a cinque anni di distanza quasi a pieno regime. Concepire il progetto non soltanto come atto di conoscenza della realtà, ma anche come una riflessione sull’essere, ci pare offra buone prospettive di arricchimento sul piano della maturazione intellettuale. La Koinè non è più l’obiettivo, anzi: la necessità di indagare, interpretare i segnali della nostra Modernità con le sue inquietudini etiche ed estetiche, impone un sapere futuro che non riduca le Scienze dell’Architettura ad uno sterile apprendimento di formule e regole. Marino Moretti
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Flaviano Maria Lorusso
GFA - Galleria Facoltà Architettura
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Flaviano Maria Lorusso A.A. 2004-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Distributivi: Gholam Reza Massoud Ansari A.A. 2004-2006 Collaboratori: Nicola Becagli Francesco Deriu Alessio Gai Teresa Nocentini Daniela Biordi Elena Incerti
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Il progetto di un edificio a funzione specialistica costituisce l’esercizio più appropriato per affrontare una delle applicazioni fondamentali dell’arte architettonica, nella quale alcuni tra i suoi più alti valori funzionali, costruttivi, simbolici ed estetici si adunano nella configurazione della singolarità architettonica di pregio. Valori che il corso ha ispirato come espressione della più piena contemporaneità culturale, in quanto imprescindibile sistema di riferimento in termini di concetti, strumenti e linguaggi espressivi del nostro contesto più au-
tenticamente vitale e progressivo. Il tema di una struttura espositivomuseale si offre come occasione attualissima di espressione collettiva, sorta di museum boom (Luca Basso Peressut): tra tempio della religione laica dell’arte (Tom Wolfe) e macchina, tra istituzione e magazzino del vedere, essa rappresenta uno degli apici di ideazione e figurazione innovative dell’architettura d’oggi. Così, l’ipotesi di una Galleria-Museo della nostra Facoltà è stata proposta come tema di diretta immedesimazione immaginifica, per progettare uno
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specifico spazio-laboratorio-vetrina attraverso cui poterla relazionare al mondo esterno, come luogo documentario sulla propria memoria storica nonché officina espressiva e spazio espositivo dell’attività didattica e di ricerca dei suoi protagonisti: i docenti e gli studenti. Sua collocazione, naturale e “virtuale”, il sedime del muro diroccato sul confine tra S. Verdiana e Piazza Ghiberti. Obiettivo compositivo, la configurazione di un edificio dimensionalmente contenuto, morfologicamente semplice, funzionalmente specializzato ed integrato,
dotato di forte carattere spaziale e simbolico-estetico, sia interno che rispetto allo spazio urbano della piazza. Steps mensili hanno scandito e garantito la maturazione e l’esito nei tempi prescritti, attraverso molteplici modelli in scala 1:200 verificati sul plastico di base realizzato in comune e modello finale in scala 1:100, per definire, insieme alle tavole grafiche, la figurazione appassionata del proprio desiderio, in contrappunto, di uno spazio assolutamente contemporaneo per la propria scuola, disegnandone altresì l’insegna-logo GFA.
1-2 Pietro Cozzi 3-4 Matteo Calestrini 5-6 Dario Cesare 7-8 Stefania Gori
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Eugenio Martera
Muv - Il Museo del Viaggio
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Eugenio Martera A.A. 2005-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Distributivi: Giorgio Furter A.A. 2005-2006 Collaboratori: Colomba Pecchioli Eugenio Pandolfini Giacomo Benvenuti Francesco Floridi
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Il Laboratorio di architettura III E ha proposto nell ’anno accademico 2005/2006 la progettazione del Museo del Viaggio , pensato come espansione dell’ex-colonia Olivetti a Marinella di Sarzana, che ospitasse al suo interno anche una struttura ricettiva orientata ad un target di giovani viaggiatori. L’interessante contributo fornito negli ultimi anni dalle architetture museali ha permesso al corso di inserire la tematica nel dibattito architettonico contemporaneo trattando sia la scala di dettaglio sia gli interventi alla
scala urbana. L’architettura specialistica proposta è stata inquadrata in un’ottica tendente a farle perdere le tradizionali connotazioni di ‘scala’ per abbracciare la disciplina in modo trasversale, dal progetto architettonico a quello urbano. All’interno della tematica generale sono state approfondite in sede teorica e di ricerca applicata progetti museografici e di strutture ricettive o residenziali soprattutto per quel che riguarda il recupero di manufatti esistenti e il rapporto tra questi con interventi di ampliamento. Questa ipotesi didattica
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ha permesso allo studente di lavorare su un’ esperienza formativa che include due dei caratteri fondamentali della progettazione architettonica contemporanea. Il primo, che scardina il concetto di edificio monofunzionale, è proprio quello legato alla funzione-museo nella progettazione contemporanea, che tende sempre più ad includere altre funzioni per integrarsi con la complessità del tessuto urbano e sociale contemporaneo. Il secondo è il rapporto tra vecchio e nuovo: l’esperienza richiesta indica un raddoppio dell’esisten-
te teso alla definizione di un nuovo organismo che coinvolga la preesistenza in un processo di rigenerazione innescato dall’inserimento di una nuova struttura.
Dario Pedrabissi Muv- Il Museo del Viaggio nell’ex colonia Olivetti, Sarzana 1 Sezione trasversale 2-4 Viste esterne 5-8 Viste interne
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Marino Moretti
Modexpo
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Marino Moretti A.A. 2004-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Distributivi: Claudio De Filippi A.A. 2004-2006 Collaboratori: Marco Bartolini Dario Biondo Adriano Ferrara Fabio Forconi Roberto Frosali Domenico Minguzzi Giovanni Todesca Roberto Vangeli
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Il padiglione per le sue caratteristiche è inteso come un modello-prototipo, dunque come un oggetto privilegiato. Il suo legame “amoroso” e confidenziale con un universo a soggetto, la Moda e i suoi Marchi raduna concetti e significati destinati a influenzarne l’architettura. Nel bisogno di esibire prodotti, comunicare atteggiamenti, evocare atmosfere, ogni stagione la Moda rinnova il proprio stile e, in carenza di reali innovazioni, trova supporto nell’immaginario delle arti che le conferiscono un alone di modernità. Una volta, quando era “alta Moda” ha cercato affinità con arti figu-
rative, fotografia, cinema; poi, nel passaggio al prêt à porter come fenomeno industriale e di massa si è orientata, da un lato, sulla progettazione di interni per la realizzazione di nuovi spazi commerciali, dall’altro verso il disegno industriale fino a diventare co-protagonista (total living); infine, e la straordinaria ricerca in Mostra al Moka di Los Angeles ne storicizza i legami ormai indissolubili, il fashion system ha investito ingenti mezzi inaugurando una stagione degli amori con la sperimentazione architettonica e tecnologica contemporanee. Su tali premesse il progetto del padi-
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glione espositivo si è sviluppato con passaggi e richiami volti a trasformare, attraverso operazioni concettuali, semplici elementi geometrici in forme significanti della spazialità architettonica. Nell’identificarsi con l’involucro e il suo esterno tramite percorsi e collegamenti, introspezioni e preclusioni, l’Interno è stato l’elemento generatore dell’architettura formando il corpo dei significati e requisiti che il tema richiedeva. Quest’intenzionalità ha consentito all’allievo architetto di conseguire risultati “originali” e personali corredati da approfondimenti specifici su colori, materiali,
dettagli tecnico-costruttivi. Sul piano della costruzione logica il progetto dell’edificio segue la struttura narrativa: si lega al marchio e alla sua produzione e lo descrive; cioè lo “rappresenta” a tutti gli effetti. Il Padiglione, concepito per Mostrare i prodotti di moda, diviene anche una macchina visuale e spaziale per ospitare azioni ed allestire eventi. Il dialogo culturale Moda-Architettura (corporate culture) nel mirare a un risultato unitario ha giocato così un ruolo decisivo, aprendo nuovi e insospettabili scenari. Claudio De Filippi
Progetto di un Padiglione per l’Esposizione Internazionale della Moda (Modexpo) nell’area Ex Leopolda a Firenze 1 Modexpo: quicklist 2 Eleonora Caudai Padiglione Prada A.A. 2004-2005 3 Dario Arnone Padiglione Yamamoto A.A. 2004-2005
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Claudio Zanirato
Progetto e trasformazione
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LABORATORIO DI ARCHITETTURA 3 DISCIPLINA CARATTERIZZANTE Progettazione Architettonica II: Claudio Zanirato A.A. 2004-2006
MODULI DIDATTICI Caratteri Distributivi: Grazia Gobbi Sica A.A. 2004-2005 Alessandro Rosselli A.A. 2005-2006 Collaboratori: Maria Rita Scappini Carlo Antonelli
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La “traduzione” dell’idea compositiva in progetto d’architettura è l’esperienza didattica proposta; la ricezione e l’individuazione delle potenzialità e vocazionalità di un luogo, sono le premesse iniziali, a partire dalla riconoscibilità delle qualità intrinseche nell’esistente, viste come promotrici di una qualità in divenire, in cui le tracce del passato e la proposta del nuovo si contaminano vicedevolmente. La propensione disciplinare è perciò tesa alla progettazione d’opere autenticamente radicate nei luoghi e nel tempo d’appartenenza, in quanto ”espressio-
ne alta” della contemporaneità e della sua traduzione culturale, attraverso l’interpretazione critica del contesto di riferimento. L’architettura, quindi, è proposta come elemento costitutivo del paesaggio, naturale o urbano che sia, ed il progetto rappresenta il processo di definizione di uno “scenario” relazionale che deve scaturire dalla dialettica tra struttura funzionale ed immagine percettiva. Gli “elementi costitutivi” dell’architettura sono pertanto i capisaldi del percorso progettuale che si deve articolare liberamente alla ricerca di un possi-
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bile “scenario” trasformativo. Il progetto diviene così l’approfondimento di un rapporto interdisciplinare tra la natura di un luogo e la costruzione di una sua possibile immagine evocativatrasformativa, coerentemente “costituita” per componenti elementari, interrelazionati tra loro col tramite della composizione architettonica. Le “conoscenze” dei luoghi come premessa di continuità dialettica, il “tematismo” dell’ideazione come soggetto di trasmissibilità di contenuti comunicativi, il “lessico” disciplinare come necessaria scelta linguistica dell’espressività,
sono le tappe fondamentali di un’elaborazione progettuale di una “latenza” a cui dare l’evidenza e la sostanza dell’architettura.
1 Fabrizio Frassinetti Intervento di sostituzione edilizia in via De’ Carracci a Bologna A.A. 2004-2005 2 Luca Agostino Intervento ricettivo-museale a Portoferraio A.A. 2005-2006
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE - DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA
Direttore - Ulisse Tramonti - Sezione Architettura e Città - Loris Macci, Piero Paoli, Ulisse Tramonti, Alberto Baratelli, Antonella Cortesi, Andrea Del Bono, Paolo Galli, Maria Gabriella Pinagli, Mario Preti, Antonio Capestro, Enzo Crestini, Fabio Fabbrizzi, Renzo Marzocchi, Andrea Ricci, Claudio Zanirato - Sezione Architettura e Contesto - Adolfo Natalini, Giancarlo Cataldi, Pierfilippo Checchi, Stefano Chieffi, Benedetto Di Cristina, Gian Luigi Maffei, Guido Spezza, Virginia Stefanelli, Fabrizio Arrigoni, Gianni Cavallina, Piero Degl’Innocenti, Grazia Gobbi Sica, Carlo Mocenni, Paolo Puccetti - Sezione Architettura e Disegno - Maria Teresa Bartoli, Marco Bini, Roberto Corazzi, Emma Mandelli, Stefano Bertocci, Marco Cardini, Marco Jaff, Grazia Tucci, Barbara Aterini, Alessandro Bellini, Gilberto Campani, Carmela Crescenzi, Giovanni Pratesi, Enrico Puliti, Paola Puma, Marcello Scalzo, Marco Vannucchi, Giorgio Verdiani - Sezione Architettura e Innovazione - Roberto Berardi, Alberto Breschi, Antonio D’Auria, Marino Moretti, Laura Andreini, Flaviano Maria Lorusso, Vittorio Pannocchia, Marco Tamino - Sezione I luoghi dell’Architettura - Maria Grazia Eccheli, Fabrizio Rossi Prodi, Paolo Zermani, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Alberto Manfredini, Giacomo Pirazzoli, Elisabetta Agostini, Mauro Alpini, Andrea Volpe - Laboratorio di rilievo - Mauro Giannini - Laboratorio fotografico - Edmondo Lisi - Centro di editoria - Massimo Battista Centro di documentazione - Laura Maria Velatta - Assistente Tecnico - Franco Bovo - Responsabile gestionale - Manola Lucchesi - Amministrazione contabile - Carletta Scano, Debora Cambi - Segreteria - Gioi Gonnella - Segreteria studenti - Grazia Poli
In copertina: Nanni di Banco (dopo il 1413) Tabernacolo dell’Arte dei Maestri di pietra e legname, particolare del bassorilievo raffigurante architetti e scultori all’opera Firenze, Orsanmichele foto Massimo Battista
Periodico semestrale* del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura viale Gramsci, 42 Firenze tel. 055/20007222 fax. 055/20007236 Anno XI n. 1 - 1° semestre 2007 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997 ISSN 1826-0772 Direttore - Maria Grazia Eccheli Direttore responsabile - Ulisse Tramonti Comitato scientifico - Maria Teresa Bartoli, Roberto Berardi, Giancarlo Cataldi, Loris Macci, Adolfo Natalini, Paolo Zermani Capo redattore - Fabrizio Rossi Prodi Redazione - Fabrizio Arrigoni, Valerio Barberis, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Fabio Fabbrizzi, Francesca Mugnai, Giorgio Verdiani, Andrea Volpe, Claudio Zanirato Info-grafica e Dtp - Massimo Battista Segretaria di redazione e amministrazione - Gioi Gonnella tel. 055/20007222 E-mail: progeditor@prog.arch.unifi.it. Proprietà Università degli Studi di Firenze Progetto Grafico e Realizzazione - Massimo Battista - Centro di Editoria Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Fotolito Saffe, Calenzano (FI) Finito di stampare marzo 2007 *consultabile su Internet http://www.unifi.it/dpprar/CMpro-v-p-34.html
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atlante dei corsi di progettazione architettonica
atlante dei corsi di progettazione architettonica 1.200 7 firenze architettura
ISSN 1826-0772
architettura FIRENZE
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Periodico semestrale Anno XI n.1 Euro 7 Spedizione in abbonamento postale 70% Firenze 20-03-2007, 10:58