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Introduzione
si impone e dilaga nel macro-cosmo multidimensionale della società, esprimendone tutte le sfaccettature: la moda intercetta le grandi trasformazioni e le restituisce sotto forma di abiti, quali media facili, veloci, ma efficaci nell’esprimere l’esprit du temps. Parlare di moda non vuol dire parlare di soli abiti, ma gli abiti costituiscono sicuramente un primo punto di contatto con una matrice di significati, a cui tutti possono partecipare, ma che nessuno può affermare. Roland Barthes lo racconta chiaramente: “gli abiti sono oggetti relativamente significanti, che entrano a far parte della moda nel momento in cui sono raccontati, se materializzati attraverso le immagini e le parole.” Ne consegue che l’abito stesso racchiuda valori molteplici in sé: è protezione, è intimità, è l’ornamento per farsi notare. Barthes però aggiunge:
L’uomo si è vestito per esercitare la propria attività significante. Indossare un abito è un atto di significazione, dunque un atto profondamente sociale, istallato nel cuore stesso della dialettica della società.
La storia lo conferma: quanti simboli indossiamo? Dalla Giubba di Garibaldi, simbolo della rivoluzione, alla minigonna di Mary Quant, simbolo di ribellione: la moda partecipa da sempre all’e-
spressione artistica, sociale e soprattutto politica, producendo veri e propri simboli che si consegnano alla storia di popoli e individui. Per questo l’assenza di moda corrisponde a un immobilismo sociale senza eguali. Per questo la presenza dinamica e sperimentale della moda corrisponde ad una società sana e resiliente. Dietro al fenomeno infatti, si schiude l’industria: uno spazio di lavoro complesso, che fa della moda una delle industrie più evolute, coniugando sapientemente la potenza di una macchina globale con la maestria di artigiani e couturier. L’innovazione sfida l’ortodossia, l’avanguardia rafforza la tradizione: la moda si racconta anche nel paradosso dei suoi pezzi, unici e seriali. Se parlare di moda vuol dire tutto questo, cosa vuol dire parlare di moda oggi? Oggi la frivolezza lascia il posto ad un pragmatismo ispirato, dove l’idea di sostenibilità risuona con il prendersi cura delle persone, della natura, degli oggetti. Tempi e relazioni si trasformano, aprendo per la moda scenari nuovi e stimolanti: il concetto di tempo si lega a quello della durata, che, come diceva Coco Chanel, si schiude infine in “qualità preziosa”. Valori e saperi artigianali si alleano con la dimensione digitale offerta dalla tecnologia, producendo nuovi linguaggi per interpretare la nuova società che verrà. Saremo presto i testimoni di una grande rinascita di innovazione, di una moda che non distrugge ciò che crea, ma germoglia da un mon-
do più consapevole e attento. Questa collana intende partecipare a questo cambiamento, interpretando la moda come l’espressione la più genuina di una società dinamica, libera, viva: una società che esprima le proprie certezze e fragilità, assensi e dissensi, culture e contro-culture. La moda è espressione, la moda è libertà. “Alla moda non ci si può sottrarre”, scrive Elena Esposito, poiché farlo vorrebbe dire vivere in una società che non conosca libertà. Regina della società, la moda è una forza inafferrabile, che si sovrappone alla morale e alla tradizione, alla virtù e alla devozione. La moda è provocazione e dissoluzione, status e statement. Parlare di moda non vuol dire parare di soli abiti, Vuol dire parlare di società, storia, cultura, di scienze e tecnologia, di ambiente ed economia. Vuol dire parlare di diritti e libertà dei popoli. Vuol dire vivere i tempi, e sfidare il cambiamento.
La moda che interpreta.
Linguaggi sociali della cultura materiale
Margherita Tufarelli
Moda è un termine dal significato esteso che racchiude realtà sociali diffuse, complesse, talvolta anche contraddittorie e per questo oggetto di grande interesse per indagini sistematiche interdisciplinari che permettono di approfondire molteplici aspetti della vita sociale e dell’evoluzione della cultura materiale. La natura degli oggetti di moda è duplice: sono beni di consumo frutto del lavoro di un sistema industriale globale, ma anche il risultato di mutamenti culturali e sociali, di creatività, di riflessioni, di un progetto. Questa sfaccettata essenza accompagna gli studi sulla moda che di frequente adottano approcci transdisciplinari e multilivello, proprio perchè indagano un fenomeno che, configurandosi in un sistema transculturale, favorisce uno sguardo disciplinare articolato e mobile (Calefato, 2020). La moda infatti è sia una pratica culturale, che un prodotto simbolico; può essere relativa ai consumi ed alle identità personali, ma anche alle dinamiche produttive e distributive collettive
(Kawamura, 2018). La moda dunque, così come è intesa nei Fashion Studies, si configura come un aggregato di oggetti, di manufatti materiali, prodotti da un contesto sociale e culturale, individuabili come attori attivi nelle dinamiche del mercato globale, dal momento che sono dotati di caratteri invisibili ed intangibili che risiedono nella loro manifestazione simbolica. Lo sviluppo dei Fashion Studies si radica in questa consapevolezza e muove i primi passi dagli studi sulla cultura materiale, convergendo in una varietà di campi disciplinari che indagano il rapporto tra corpo, identità e rappresentazione (Jenss, 2016), man mano contaminando gli studi etnografici relativi alle relazioni sociali. Con la crescita dell’industria poi, gli studi hanno iniziato ad interessarsi anche di processi progettuali, produttivi, organizzativi e di modelli comunicativi per il fashion system.
La moda dunque è sia business, nella sua dimensione industriale e globalizzata, sia fonte autonoma di cultura che, ponendosi in un’area di intersezione tra abito, corpo e società, assume i caratteri di uno strumento di mediazione che contribuisce a definire le identità soggettive e collettive (Calanca, 2002). In quanto pratica culturale, lo studio delle modalità attraverso le quali la moda si manifesta risulta di grande importanza per comprendere le strutture sociali umane, i simboli culturali delle comunità, le attività, gli oggetti e i processi insiti nella produzione e nel consumo di cultura. Secondo questa prospettiva la moda non può essere interpretata separatamente dal contesto sociale che la genera. Si tratta di un fenomeno sociale onnicomprensivo, che, in quanto tale, sintetizza la condizione contemporanea rappresentando l’evidenza della cultura materiale e dei cambiamenti socio-culturali. Studiare la moda – e soprattutto progettarla – riguarda infatti l’interpretazione dei modi, dell’evoluzione della società e del gusto attraverso i quali la società si esmprime, comunica, organizza, racconta. La moda risulta essere una componente imprescindibile delle relazioni sociali umane proprio per la sua capacità di consentire l’espressione delle identità individuali e del ruolo che queste assumono in un a dimensione collettiva, per l’appunto sociale. Se infatti, per assurdo, la costruzione arbitraria di una manifestazione del sé – legata a chi si è, a ciò in cui si crede e anche alle dinamiche di comparazione dell’essere umano con i propri simili nell’ambiente sociale – non fosse un ele-