Marco Masera

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Marco Masera Sulla natura complessa del progettare

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Sulla natura complessa del progettare Marco Masera


Con questo libro sono pubblicati parte dei risultati della ricerca condotta presso il Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design dell’Università di Firenze nel periodo compreso fra il mese di ottobre 2010 e il mese di settembre 2012, con il contributo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, Cofinanziamento Ricerche di Interesse Nazionale, anno 2008 Titolo della ricerca nazionale: Il portale italiano per la formazione nella progettazione architettonica e nella gestione della costruzione. Coordinatore nazionale: Mario De Grassi (primo anno); Marco Masera (secondo anno) Responsabile dell’Unità di Ricerca dell’Università di Firenze: Marco Masera

progetto grafico

dida labs

Laboratorio Comunicazione e Immagine Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Progettare 09 L’architetto 45 La produzione edilizia 77 L’università e la formazione dell’architetto 103 La gestione delle conoscenze 137 La rete di Babele. Organizzazione della conoscenza e tecnologia dell’informazione per la conservazione del patrimonio costruito

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Biografia

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a Thomas ed Emma Rosa



PROGETTARE


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La logica del progetto Ciò che interessa è il progetto. Che cosa è il progetto? Quali sono le sue invarianti? Quali sono le sue varianti? Di che cosa è fatto? Qual è la storia delle idee che lo animano? Qual è il disegno? Quali sono gli obiettivi? È possibile radiografare un progetto, smontarne le ragioni, i sotto obiettivi, i risultati attesi? Quali sono gli strumenti? Si tratta di un approccio critico? Interrogare la logica produttiva e di concezione. Processo e progetto. È possibile individuare gli elementi costitutivi cognitivi del progettare? Ciò che interessa è il progettare come logica del pensare e dell’agire. Perché i progetti sono come sono? Di quale materia sono intessuti i progetti? Possiamo analizzarne in una prospettiva critica gli obiettivi?

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Il progetto Partiamo da una definizione di progetto come “inizio di un processo di modificazione in cose prodotte dall’uomo”. Questa definizione ci permette di considerare il progettare non soltanto come l’elaborazione di disegni, ma ci permette di comprendere nel progetto la pianificazione della storia completa della vita del prodotto come parte del processo di progettazione. Questa visione allargata della progettazione è abbastanza lontana dalla descrizione convenzionale del progettare come pratica, in parte misteriosa, attraverso la quale il progettista traduce bisogni pratici in disegni di un prodotto, oggetto o edificio o quant’altro, che il cliente desidera o può desiderare. La definizione proposta non esclude questo punto di vista ma ci permette di vedere che il progettista che progetta-attraverso-disegni non è il prototipo (normotipo) originale del moderno designer e planner. Chi avvia un processo di modificazione o di trasformazione di un oggetto, come di un edificio, non è colui che materialmente li disegna ma colui che li realizza in pratica. È l’artigiano competente, il “designer” che è all’origine della evoluzione degli oggetti. Può essere interessante e di aiuto comparare nuovi approcci alla progettazione non soltanto con la recente tradizione del progettare per mezzo di disegni, ma anche con la precedente evoluzione dei metodi di produzione nell’artigianato. 11 |


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I nuovi metodi di progettazione La prima questione cui rispondere è: che cosa hanno in comune i nuovi metodi di progettazione? La risposta più ovvia è stata già data: tutti questi metodi sono un tentativo di rendere pubblica, comunicabile e condivisibile, la riflessione privata dei progettisti. In alcuni casi ciò viene fatto a parole, qualche volta utilizzando simboli matematici, e quasi sempre utilizzando un diagramma rappresentante le parti di un problema di progettazione e le relazioni fra di loro. Chiaramente, l’intenzione sottesa è quella di rendere la progettazione gestibile particolarmente a livello di sistemi. Un maggior vantaggio è di portare il pensiero sulla progettazione in ambito aperto e di fare in modo che altre persone, quali ad esempio gli utilizzatori, possano vedere che cosa succede nel processo di progettazione, e possano contribuire alla percezione di quei problemi che sono al di fuori dell’esperienza e della conoscenza dei progettisti. Avendo osservato brevemente la comune intenzione di un insieme di metodi di progettazione, possiamo ora discutere le differenze che intercorrono fra loro e tentare di esprimere un giudizio sulla loro utilizzabilità nella pratica. Un modo semplice di fare ciò è rivedere i nuovi metodi di progettazione da tre punti di vista: della creatività, dell’area | 12


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della razionalità e dal punto di vista del controllo sul processo di progettazione. Dal punto di vista creativo il designer è una scatola nera all’esterno della quale si osservano i misteriosi salti creativi; dal punto di vista razionale il designer è una scatola trasparente nella quale si può discernere e completamente spiegare il processo razionale della progettazione. Dal punto di vista del controllo il progettista potrebbe essere un sistema a otto organizzato, capace di individuare scorciatoie in un territorio sconosciuto. Quest’ultimo punto di vista, il meno familiare, conduce direttamente al valore pratico della teoria del progetto e conduce in un passaggio successivo verso l’evoluzione di strumenti efficaci per la progettazione.

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Il museo rivoltato Questioni di inizio millennio. Quale il sistema di attese, quali i bisogni da soddisfare? Idea di progetto: estroflettere lo spazio museale verso la città. Usare allo scopo il modello delle cattedrali che inscrivevano lo spazio della rappresentazione e della narrazione sulle facciate, nelle edicole. Per contro il museo contemporaneo mutua il suo modello dallo spazio cimiteriale e dalla sua introflessione. Quali sono le attese ed i compiti nei confronti del progetto di costruzioni? Quelli su cui ragionare nei prossimi anni? Alcuni sono praticabili ed è possibile intravedere un disegno. - L’internazionalizzazione delle competenze. - Il contenuto tecnico dell’invenzione progettuale. - Quali sono i compiti. Sociali e ambientali? Di servizio alla società? Andiamo per punti: 1) Lo spazio dell’immaginario Il primo riguarda il modo in cui si pensa e si immagina debba essere l’architettura, in diversi ambiti della società. Che cosa si può volere da un architetto e a cosa può servire un progetto di architettura, di design, ecc. | 16


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Ossia il primo tema riguarda complessivamente l’immaginario dell’architettura e dello spazio costruito, stratificato nelle classi sociali, nelle culture e nelle diverse tradizioni. In particolare il tema dell’immaginario nell’architettura attuale in occidente. Conviene cominciare da quello che conosciamo meglio. 2) Fra immaginario e realtà si consuma per tutti lo spazio dell’esperienza. L’immaginario architettonico ha un suo spazio che non coincide con quello dell’esperienza, che è storia attuale. Esiste una cultura raffinata dell’abitare che ha incrociato numerose storie. Posso rammentare, risalendo all’epoca dei miei primi studi la povertà della produzione storiografica sull’architettura. Il punto di partenza può essere astrattamente quello di una riflessione sul bisogno di vivere in uno spazio progettato e tuttavia il problema non può essere così astratto. Ognuno di noi sa che esiste qualche cosa che chiamiamo architettura e che possiamo nutrire delle attese nei suoi confronti. Se non sappiamo di preciso che cosa aspettarci e se non abbiamo esplicitato, sappiamo di poter rivolgerci ad un architetto che risolve -se li risolvei nostri problemi La natura del rapporto è dialettica. Oscilla fra un bisogno e la sua estrinsecazione. 19 |


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Questo punto potrebbe essere discusso. Già il fatto che una società si rapporti ad un progettista con una modalità simile a quella con cui si rapporta ad un medico può essere ipotesi ideologica che legittima l’esistenza di un architetto. Tuttavia questo rapporto ha una storia che si può analizzare su di una base razionale, e questo è un altro capitolo. Un altro approccio molto più libero può partire dall’osservazione di eventi che mostrano come emerge un immaginario. La residenza extraurbana e l’individualismo, il naturalismo nel giardino del 900, la colonica, l’arredamento, il soggiorno, la casa come contenitori razionalizzati e miniaturizzati di oggetti, ossia come magazzini. Lo spazio dell’immaginario è quello che possiamo anche trovare nella pubblicistica più trita, nelle brochure dei rivenditori ed è il negativo dello spazio reale per come lo ignoriamo, ossia per come ci si sforza di ignorare, come se l’altrove a cui si fa riferimento intimamente non sia altro che un’utopia rovesciata nella quale entriamo e usciamo, sulla quale costruiamo nevrosi e insoddisfazioni. Possiamo progettare la forma dell’esperienza?

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La macchina di Turing Uno degli aspetti principali della vita di Turing e che spesso passa inosservata è il suo lavoro nel campo della biologia. Turing ha pubblicato un solo articolo, The Chemical Basis of Morphogenesis, nel 1952. Aveva scritto altri testi, ma nessuno era terminato alla sua morte e sono stati pubblicati in forma non definitiva. Il suo interesse principale nella biologia era la struttura fisica delle cose viventi. Era interessato al come e perché gli organismi hanno sviluppato una forma particolare. Ci sono milioni di cellule in una persona o in un albero e si sa quale forma prenderanno. Turing desiderava capire perché. Una base fondamentale per la sua ricerca era “il motivo dal progetto”. L’idea base dietro ciò già era presente quando si credeva ancora che ci fosse un essere potente che dava forma a tutte le cose viventi. Come poteva essere successo diversamente che tutti questi organismi avevano assunto i loro diversi tratti fisici che permettevano loro di esistere nel loro ambiente? La teoria dell’intervento divino fu sostituita dall’idea della selezione naturale di Darwin prima che Turing se ne occupasse, ma il concetto funziona ancora. La struttura è determinata dall’intervento esterno. Turing non accettò questa teoria. Fu enormemente influenzato dal biologo D’Arcy Thompson che credeva | 24


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che la forma biologica fosse semplicemente un risultato dei processi chimici e fisici. La selezione della struttura non entra in gioco fino a che le possibili forme non sono determinate. Il punto di partenza basilare nella sua posizione si può riassumere così: “Invece di chiedere perché una certa configurazione di foglie è particolarmente vantaggiosa per una pianta, cercò di dimostrare che era una conseguenza naturale del processo con cui vengono prodotte le foglie”. Usava un approccio genuinamente matematico al problema. Questo permette una chiara visione della convinzione della stretta relazione che intercorre tra natura e matematica. Lo scopo ultimo di Turing era di fondere la teoria biologica già accettata con la matematica e il computer per creare la sua macchina intelligente e dagli scopi multipli. Vedeva lo sviluppo di queste foglie come niente altro che una serie di semplici passi, un algoritmo. Questo si concordava col concetto base della sua Macchina di Turing. Potrebbe essere divertente descrivere una struttura come un sistema di automi cellulari in equilibrio e analizzarne i processi di trasformazione. Individuare le logiche di costruzione, strutturazione e demolizione di oggetti “virtuali” definiti in base a relazioni logico matematiche. 25 |


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Ipotesi di studio Critica: la tecnologia dell’architettura ci è stata presentata negli studi universitari come una disciplina quasi senza luogo. Per contro un elemento di riconoscibilità di una tecnologia della costruzione è la sua localizzazione. Lo studio è legato al territorio, allo spazio e al tempo. Quasi mai quindi una tecnologia è un fattore indifferenziato. Modalità di lavorare la pietra, modalità di murare, di fondare o di finire. La tecnologia della costruzione è materialmente legata ai luoghi e alle teste delle persone che l’hanno utilizzata. È il processo contrario all’uniformazione, all’omologazione. Paradossalmente questo ragionamento vale anche per le tecnologie più standardizzate. Per le tecnologie diffuse esistono specificità che emergono e che possono essere confrontate. Processi di organizzazione di una filiera produttiva mettono in evidenza i rapporti con una tradizione (del legno, della muratura ecc.). Oppure rendono evidente un progetto di sviluppo e di sostegno verso un’industrializzazione, con un lavoro sui processi, sulla costruzione di valori estetici, (esperienza interessante di Alvaar Alto è questo processo di sostegno colto alla diffusione di una cultura del legno). Oppure | 26


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innestano sulla tradizione che è legata allo sfruttamento di una risorsa locale, lo sviluppo di una tradizione di produzione e commercializzazione di macchine utensili. Possiamo sviluppare una prima ricognizione? Ad esempio: dove si fa bene il cemento armato, preso atto che in molte regioni italiane spesso si fa male? Quali sono i legami con altre filiere produttive? il ragionamento si annoda con altri comparti della produzione, affini alle costruzioni e che condividono tecnologia, materiali, società. Tessuti, derivati del petrolio, legno, vetro, fibre plastiche ...il numero dei materiali impiegati è aumentato enormemente e per pochi di essi si può parlare di tecnologia della costruzione. Standardizzazione, o diffusione di una tecnologia e localizzazione, specificazione, come per un dialetto, sono processi continuamente presenti ed in movimento. La cosa merita una riflessione più approfondita. Quale tecnologia dello spazio costruito? Anche sul piano didattico: quale comprensione dell’ambiente è richiesta al progettista? Con quali materiali lavorare? Quali processi favorire, attivare). Qual è il progetto che produce, organizzazione, cultura industriale, disegno ecc.? Arrivare primi, farsi copiare sempre. 27 |


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Ornamento e delitto Rispetto alla costruzione, all’organizzazione dei processi di produzione, agli ornamenti del potere, all’ornamento del pensiero pronto per l’uso. Rispetto alla capacità di modificare gli stili di vita o di definire esigenze e impiego dello spazio costruito, di studiare i bisogni delle persone. Rispetto allo sviluppo del territorio all’impiego ecologico delle sue risorse, rispetto ai rapporti di produzione, rispetto ai rapporti sindacali, rispetto ai mestieri del costruire, rispetto agli speculatori immobiliari, rispetto alla propaganda degli amministratori pubblici, rispetto all’idea di sé che molte persone coltivano, rispetto alla sua natura indifferente. Rispetto a tutto ciò l’architettura è solo: ornamento e delitto.

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Riflessioni * Ipertecnologia Il carattere ipertecnologico dell’attuale cultura progettuale ha numerose conseguenze: - complessità dei processi di integrazione; - separazione dai processi di concezione. Siamo nell’ambito di un cambiamento profondo della cultura tecnologica? Sembra quasi che lo studio della tecnologia della costruzione sia ancora in massima parte legato alla sua concezione mitica, che integra nel cantiere tutte le conoscenze necessarie e basato sulle opere per mestieri. Questa concezione è ancora profondamente impressa nella visione di molti progettisti. * Materiali Quali saranno i materiali per costruire nei prossimi anni? * Processi Si riesce a studiare una pubblicazione sulla tecnologia che fuoriesca dall’approccio generalista? (tipo Petrignani, a costruzione dalla a alla z). * Processi 2 L’alternativa praticata è stata quella della monografia strenna o del manuale (del legno, del mattone del calcestruzzo, del vetro ecc.). | 30


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* Sperimentalismo È possibile ritrovare un approccio sperimentale, basato su tecnologie gestibili e controllabili? * Il principe Provare a studiare l’architettura a partire dall’identificazione del principe. La piramide del faraone. L’architetto non esiste, esiste l’architettura. Vorrei ora esprimere un concetto che può essere inteso come si può intendere un modello nella sua definizione astratta, che non è verificabile nella realtà fisica se non attraverso delle approssimazioni. L’architetto storicamente non esiste, esiste l’architettura come prodotto sociale, come organizzazione. Da questo assioma potrebbe discendere uno studio sull’architettura che cerca di dimostrare il modello con le dovute approssimazioni. Nel ‘300 Giotto fu nominato architetto dell’omonimo campanile e Arnolfo architetto di Santa Maria Novella. I fiorentini del comune già sapevano che occorreva dare lustro alle proprie opere attraverso una direzione artistica. Tuttavia il disegno di quelle opere è un’impresa sociale durata secoli e realizzata attraverso il lavoro cooperativo, un sapere diffuso inerente al costruire che non va confuso con un pittore o uno scultore, per quanto l’immaginario dell’architettura si nutra di colore e plastiche. 31 |


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Manutenzione delle infrastrutture urbane Nell’ultimo decennio, le problematiche inerenti alla manutenzione delle infrastrutture urbane sono state oggetto di continui approfondimenti e ricerche da parte degli studiosi del settore. Anche le amministrazioni pubbliche si sono ugualmente impegnate nella ricerca, per la rilevanza che la manutenzione ha assunto nella vita economica della città. La crescente “domanda” di qualità dell’ambiente urbano ha determinato un notevole incremento di domanda delle risorse finanziarie necessarie, sia per la riqualificazione, sia per la manutenzione del patrimonio edilizio e delle infrastrutture. Con specifico riferimento al settore della manutenzione del patrimonio edilizio e delle infrastrutture civili, l’impiego “efficiente” di risorse scarse, pone domande del tipo: - come è possibile incorporare il programma di manutenzione nel progetto di riqualificazione edile e di recupero urbano; - come caratterizzare lo stato attuale delle infrastrutture ed il livello di servizio da loro offerto; - come prevedere l’evoluzione delle sue caratteristiche (fisico-meccaniche, ecc.) a medio e lungo termine in relazione al tipo di intervento manutentivo attuato;

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- come ricercare strategie ottimali di spesa nell’ambito dei vincoli del bilancio; - come formulare programmi ottimali annuali o pluriennali di intervento attivo a livello di infrastrutture civili. La gestione di una qualsiasi infrastruttura civile comporta una serie complessa di operazioni necessarie a garantirne la funzionalità per un determinato intervallo di tempo. Una qualunque operazione manutentiva rappresenta un impegno finanziario che va sempre confrontato con il budget disponibile in modo da ottenere il massimo beneficio (costi/benefici). Il soggetto che amministra il patrimonio immobiliare deve essere posto nelle condizioni di valutare e di confrontare il budget disponibile con differenti strategie di manutenzione possibili, in modo da ottenere il massimo beneficio. Si presenta la necessità di analizzare i punti critici del sistema, ipotizzare mediante leggi di degrado i possibili scenari futuri e programmare quegli interventi manutentivi che massimizzino la funzionalità dell’opera. Nei casi in cui la disponibilità finanziaria non permetta di intervenire sul risanamento di tutti i tratti degradati, la scelta su dove intervenire non è più univocamente determinata.

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Gli elaborati esecutivi Gli elaborati esecutivi indicano l’obiettivo, talvolta uno stato intermedio, da raggiungere. La pianificazione si occupa di rendere raggiungibile l’obiettivo, lo stato finale o lo stato intermedio del progetto attraverso un insieme concatenato e coordinato di operazioni.

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Progettare il processo di progettazione Il processo di progettazione completo, partendo da un briefing iniziale -o intenzione- fino a un progetto dettagliato, si compone di un insieme di azioni o metodi che possono essere prodotti in serie o in parallelo. Tale processo di progettazione può essere descritto come una strategia progettuale. In un dato momento del progetto, il progettista deve essere in grado di dire quale strategia sta sviluppando ed essere capace all’occorrenza di riprogettare il processo di progettazione. Il saltare da una strategia a un’altra è assai probabile in un processo di progettazione: se questo non accade è segno probabile della modestia delle intenzioni esplicite e implicite nell’obiettivo di progetto. Una delle principali ragioni che portano a esplicitare il processo di progettazione risiede nella possibilità di avere una misura dell’affidabilità del risultato a partire dalla bontà del processo. Un’altra ragione è quella di poter rendere discutibili ossia confrontabili le scelte relative allo sviluppo del processo di progettazione e di facilitare la collaborazione fra i partner del progetto.

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Approcci di Naive design Si possono individuare alcune strategie che gruppi di progettazione utilizzano inizialmente per risolvere compiti progettuali nelle loro fasi iniziali, durante il loro sviluppo e nel loro completamento. - Bloccarsi su una prima idea progettuale che non si vuole abbandonare. - Brainstorming di molte ipotesi e eliminazione di molte di queste. - Pensare che la prima cosa da fare sia precisare le grandi decisioni progettuali e poi realizzarle. - Rimandare le decisioni fino a quando non si acquisiscono le conoscenze fondamentali.

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L’architettura e l’ingegneria della costruzione non sono scienze, ma pratiche basate su scienze.

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Metodi di progettazione secondo l’evoluzione dell’artigianato Il processo di produzione artigianale può produrre un oggetto tanto complicato e interessante, che può essere visto come il lavoro di una progettista molto competente. I prodotti artigianali possono dare l’impressione di avere una forma organica, zoomorfa o simile a piante e ad altre forme che evolvono naturalmente. Possiamo restare sorpresi dalla complessità organizzata o dalla bellezza di un qualsiasi manufatto artigianale o di una sua qualsiasi parte che è stata realizzata senza l’aiuto di un designer esperto, senza un manager, senza un venditore, senza un ingegnere della produzione e senza i molti altri specialisti dai quali dipende l’industria moderna. È altrettanto sorprendente come un artigiano illetterato, con l’ausilio di semplici strumenti, appare capace di governare un processo evolutivo senza l’equivalente di un codice genetico dal quale derivare le forme complesse che riproduce. Tuttavia possiamo scorgere dietro l’apparente semplicità del lavoro artigianale, un affidabile e adattabile sistema di trasmissione delle conoscenze che è probabilmente molto più efficiente del progettare-attraverso-disegni e confrontabile con le modalità e i metodi innovativi per la progettazione che esporremo di seguito. | 42


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Metodi tradizionali Una descrizione interessante dell’evoluzione del metodo progettuale artigianale proviene da una delle poche persone -George Sturt-, allo stesso tempo letterata e artigiano, che analizza il processo di produzione e realizzazione di carrozze nel XIX secolo. Sturt mette bene in evidenza come dall’osservazione di un carro si possa entrare in una sorta di intima vicinanza con i particolari bisogni espressi da un ambiente specifico ad esempio rispetto alle dimensioni del carro, alle forme curve utilizzate (e quasi ogni pezzo di legno è curvato). Tali sono i vincoli imposti dalla natura del terreno, dalla pendenza di questa o di quella collina, dal temperamento di questo o quel cliente e dalle sue preferenze circa la bestia da soma, cavallo o altro, utilizzata per il traino. In Sturt vi è la tendenza a ricercare una spiegazione funzionale seppure in termini specifici affatto generali, riconoscendo, pur nei limiti di un’analisi funzionale, le relazioni esistenti fra l’oggetto carro e l’ambiente nel quale esiste.

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L’organizzazione Questa pubblicazione nasce dall’esigenza di comprendere se e quali mutamenti siano in atto nell’organizzazione dei progetti. La comprensione di come si progetta e si costruisce è un’esigenza che riguarda l’organizzazione della ricerca, ossia la necessità di comprendere come il mondo della ricerca può interagire con la produzione, ad esempio. Un’esigenza analoga riguarda l’organizzazione della didattica e le istanze che vanno introdotte e sostenute nella riforma degli iter formativi.

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L’ARCHITETTO


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L’architetto

Che cosa serve ad un architetto? * una teoria estetica * una teoria della produzione * una teoria della comunicazione * una teoria della politica * una epistemologia * una teoria scientifica * una teoria urbana

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L’architetto plastico Il paradigma dell’architettura plastica. Ogni tempo definisce i suoi paradigmi. Il paradigma dei costruttori. Costruttori versus decoratori plastici. Ogni tempo ha i suoi architetti. Quali sono gli architetti per i tempi che corrono? Un pamphlet: contro l’architettura plastica. Di molte architetture non abbiamo traccia scritta, non disegni né applicazioni. Disegno e costruzione coincidevano. Altri elementi erano utilizzati per codificare comportamenti e organizzazione. Il tracciamento secondo principi e regole geometriche procedeva direttamente nello spazio, le regole generative si misuravano con costruzioni tracciate sulla sabbia. Si tratta più matematici che di artisti plastici, di tecniche e mnemotecniche della costruzione, di lavoro per geometri.

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L’architetto

Del burka e dell’architettura Contro l’immagine dell’architettura e le architetture delle immagini. È quasi iconoclastia pensare a un architetto che non progetti “immagini”. Quasi che l’eresia stia nel voler uscire da questo tunnel immaginifico di architetture fatte di superfici. Invertire il segno ha l’effetto di un disvelamento. Ossia è capire che oggi l’architetto è al più colui che stende un “velo pietoso” sul cadavere di utopia. Invertire il segno per scoprire che senza quel velo pietoso l’architettura non esiste più, corpo in disfacimento, di menti, di costruttori, di società, di amministratori. Di un corpo sociale senza “ordinatio” che si rispecchia in edifici atrocemente vecchi, inadeguati, brutti. Dell’architettura e del Burka. L’esatto contrario? Il velo che nasconde la bellezza che reprime i corpi e distorce il desiderio, la pelle del serpente che rimane secca dopo che tutto è passato.

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L’architetto

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È così diversa l’architettura che stende il velo e copre di immagini? belletto della mente, concetti di vuoto siderale, madama morte, madama moda, il burka mira allo stesso risultato, È una cultura diversa, si dice, ma il risultato è lo stesso. Non rimane che l’esodo e forse non è che una sola unica fedeltà a se stessi, quando da bambino rubavo assi e chiodi nei cantieri, dopo la chiusura, in barba ai cani ed ai guardiani, o quando curioso scappavo da mio padre che mi aveva mandato a prendere un attrezzo, ed io sceglievo sempre la strada più lunga, quella che girava per tutto il cantiere. L’odore del calcestruzzo, le stanze vuote e umide di pittura, il rumore degli attrezzi e dei miei passi. Ero intimorito da questi operai vecchi e consumati ignoranti che portavano il segno di violenze antiche.

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L’architetto

La cultura tecnica del progettista Tutti gli anni passati a studiare i problemi che ruotano attorno all’architettura non mi hanno convinto che l’architetto sia un tecnico. Perché allora si enfatizza a tal punto la “cultura tecnica” del progettista? Sia detto questo, tanto per essere chiari, che anche la progettazione strutturale non presenta effettivamente nella maggior parte dei casi quella difficoltà tecnica che motiva e sostiene l’aura tecnica di cui il progettista architetto e ingegnere si ammantano. Tanto meno è un tecnico chi disegna un edificio, o applica una normativa sulle barriere architettoniche, o pianifica lo sviluppo urbano. Una donna o un uomo che non avessero particolari sensibilità alle cortine ideologiche, a farsi abbagliare da ciò che gli architetti e gli ingegneri dicono di sé e del presupposto, proprio mondo, non avrebbero difficoltà a divenire dei bravi architetti, qualsiasi sia la loro formazione superiore e universitaria. Tuttavia non va trascurata un’avvertenza; occorre a tal scopo rimanere vivi e vitali, in buona salute di mente e di corpo, di energia e curiosità, per molti e molti anni per raggiungere dei risultati importanti, occorre rigore e applicazione su se

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stessi. Per divenire architetti non basta la costruzione di una vita. Dove sta l’architettura? Nell’effusione poetica di uno schizzo? Nella percezione del monumento? L’architettura come scarto, un’emergenza in passato, ora una linea sotto lo skyline. Nella tecnica della costruzione e dei materiali? Nell’immaginario culturale? Nell’azione artistica? Nei regolamenti edilizi?

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L’architetto

Nota 2 Fino a qualche secolo fa, pochi per la verità, capitava spesso ad un architetto di vedere finite poche delle opere a cui contribuiva con il proprio lavoro. Era soprattutto un fare che si traduceva non in qualche cosa da guardare, ma in qualche cosa il cui senso appartiene solo al divenire delle cose. Quanto è grande lo strapotere di alcuni, pochi, architetti contemporanei. Diffondono una quantità di opere come mai i loro colleghi prima. Tanto che dopo poco non fanno altro che ripetersi all’infinito, uguali a se stessi, incapaci quasi di andare oltre se stessi, di ricominciare finché qualcuno non dice basta e l’oblio non comincia. A cosa serve tutto ciò?

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Le professioni di fronte alla sfida del capitale cognitivo Le professioni e le competenze che ruotano attorno al mondo della costruzione sono profondamente mutate in tempi recenti ed sono tuttora in forte mutamento. Quale democrazia, quale qualità del lavoro è possibile per chi lavora per progetti? Quali sono i requisiti per il riconoscimento delle professionalità ? Qual è la carriera di un progettista oggi; come si pone nel contesto culturale e quali sono le sue prospettive economiche in relazione agli altri?

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L’architetto

La trasformazione delle competenze L’effetto della trasformazione nell’economia della produzione sul quadro delle competenze è profondo. La riorganizzazione e l’innovazione nei processi del progetto tendono ad aggregare nuove competenze, investono la definizione di nuovi profili professionali e l’articolazione della divisione del lavoro in tutta la filiera progettuale e realizzativa. Esula dalla trattazione l’analisi di come questo processo stia portando ad una revisione dell’assetto normativo sull’esercizio professionale, ma può essere interessante rilevare tuttavia l’estensione del fenomeno che è complessiva e coinvolge direttamente: - le competenze generiche e specialistiche tipicamente professionali, delle società di ingegneria o dei funzionari pubblici, nell’attività di concezione, direzione e amministrazione del progetto; - le competenze di servizio, di progettazione specialistica o di supporto all’utilizzo di elementi tecnici o di attrezzature; - le competenze tipicamente imprenditoriali estese alla rete di imprenditorialità diffusa, anche come supporto alle funzioni specialistiche di gestione e controllo del progetto, fra cui ad esempio la gestione della sicurezza.

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I limiti del modello manageriale anglosassone possono essere letti proprio attraverso il dibattito sull’esigenza di una revisione organizzativa dei ruoli e dei profili professionali nei paesi in cui l’approccio anglosassone è prevalso. Ha senso cercare di riprodurre questo modello ora che comincia a mostrare la corda anche nei paesi di origine? L’elemento saliente è incentrato sulla separazione delle competenze manageriali da quelle tecniche. Siamo portati ad assumere una definizione più generale di che cosa sia un manager; da questa definizione discendono alcuni elementi portanti della riflessione. L’organizzazione non è una funzione specialistica, ma si lega a competenze tecniche. Il postfordismo contiene un allargamento delle funzioni gestionali, prima fra tutte la comunicazione nella produzione. Su questa definizione si appoggia anche l’interesse per una definizione di profili di competenze miste tecnico-manageriali, non indifferente al processo di produzione (superamento della separazione tra agire strumentale e agire comunicativo).

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L’architetto

La pianificazione nel quadro delle nuove professioni Si intende con il termine pianificazione quell’insieme di attività nel progetto di costruzioni che si intrecciano alla progettazione e che sono sostanzialmente estranee alla regolamentazione degli albi professionali e che possono essere svolte al di fuori di essi. Su alcune di esse gli ordini si affacciano per inglobarle fra le prerogative dei propri iscritti. Il processo di formazione del valore economico del progetto ha forte rilevanza negli strumenti legislativi che sostengono alcune forme organizzative e danno spazio ad alcune forme organizzate di rappresentanza delle forze professionali. Le nuove professioni coprono i settori di produzione di valore reale, ma il valore va altrove. Il piano di costruzione può essere controllato, ossia possono essere discusse le modalità principali che si intendono seguire per raggiungere degli obiettivi. La discussione sulla pianificazione della costruzione prende in considerazione il sistema organizzativo (socialmente) determinato: i piani di costruzione sono il risultato di una suddivisione dei compiti, e prevedono di trasferire il rischio per non pianificare. Viene così testimoniato il fallimento dei paradigmi tayloristici. 63 |


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L’industrializzazione della produzione di componenti, è un processo pianificabile? Da dove sorgono i problemi? Gli approcci tradizionali di pianificazione mantengono un rapporto stretto con la quantificazione dei processi, la misurabilità del processo, la razionalizzazione intesa come suddivisione dei compiti ai fini di assicurarne il controllo, e di appropriarsi dei processi di formazione del valore economico; di questo ha sofferto il mercato delle costruzioni, ora non più. Il cantiere è un cliente interessato all’utilizzo di dispositivi di razionalizzazione delle operazioni: il procedimento costruttivo è un nolo. In parte è lavoro di pianificazione, all’interno del quale i vincoli tecnico amministrativi sono costituti da norme e procedure.

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L’architetto

Il progettista Un progettista prende delle tavole, in formato elettronico, dwg ad esempio, e le pone sul desk. Questo è il punto di partenza della pianificazione. Ha a disposizione dei menù, i tools che contengono sono la simulazione degli strumenti che possono essere utilizzati in un cantiere. Prende in esame un plinto di fondazione. In una finestra accanto a quella che contiene il disegno inizia a dettagliare l’oggetto plinto, richiama dati dal capitolato, specifiche di costruzione ed informazioni generali che riguardano ad esempio la preparazione dei calcestruzzi, inserisce a riguardo un link che interessa alcuni punti specifici sul trattamento dei calcestruzzi per opere di fondazione. Inserisce il codice che identifica il plinto in maniera univoca e trascina l’etichetta di identificazione sul disegno che rimane marcato. A questo punto coglie una suggestione dovuta all’osservazione della disposizione dei plinti di fondazione. Apre una nuova finestra. Da una lista di attività generiche comincia a prelevare degli oggetti che identificano insiemi di attività. L’oggetto prelevato dalla lista è nello spazio delle attività un box che contiene l’etichetta “esecuzione fondazioni isolate”. Il progettista vi clic-

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ca sopra aprendo una finestra che contiene alcuni campi parzialmente compilati. Cambia l’etichetta in “plinti area ovest edifico B” e inserisce l’identificativo del primo pilastro che ha descritto in una lista che probabilmente sarà destinata a contenere tutti gli oggetti della sottoclasse “plinti area ovest edificio B”. La finestra contiene alcune liste di condizioni che sono necessarie allo svolgimento di quell’attività. Ne elimina alcune, ne aggiunge altre e ne specifica meglio altre ancora. Alcune di queste le preleva direttamente dalla documentazione di capitolato con cui stabilisce dei collegamenti. Svolge l’operazione di inserire nel foglio di planning una serie di attività e per ognuna di esse introduce delle specifiche ed alcuni vincoli. Impartisce un comando di pianificazione e nel foglio che contiene i box etichettati compaiono dei collegamenti e le attività sono disposte su un asse tecnico logico di successione. Il programma avverte che un’attività prevista manca delle condizioni di stato che ne consentono l’applicazione e che non è in grado di soddisfare pienamente le richieste di una attività successiva. Per questo motivo il box viene evidenziato in rosso e nessun collegamento compare a collegare l’attività isolata con la sequenza di attività parzialmente ordinate.

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L’architetto

Sempre sulla pratica professionale L’analisi del contesto dimostra che larga parte del processo di produzione di un progetto è frammentato e molte attività sono soggette ad un lavoro che ha veramente poco del servizio professionale. È cresciuto molto il lavoro di progettazione da svolgere, in termini di lavoro reificato. Il servizio professionale rimane attestato sulla gestione di questo lavoro anche se non è spesso in grado di controllarlo. In larga parte la progettazione non richiede servizi propriamente professionali; forse era vero in passato, oggi sempre di meno e per quote sempre più ridotte dell’attività realmente svolta dal progettista/designer. L’aspetto preponderante di un servizio professionale riguarda forse più il rapporto fiduciario con il cliente, che può essere un rapporto organico di contiguità politica, o di apprezzamento etico ecc.

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Appunti per un pianificatore visual 1. Analizzare le caratteristiche di Java in merito alla operatività di operazioni database (applet?) e vedere come funziona la compilazione parziale. (in alternativa. 2. Analizzare l’interfaccia CAD (Autocad e Allplan) e lo sviluppo di script attraverso C (o Visual C++?). 3. Allargare la riflessione sugli agenti di pianificazione. 4. Sviluppare l’ipotesi di prototipo su un dominio (murature portanti?). 5. Analizzare il l’integrazione database di gestione dei documenti di progetto. 6. Completare la riflessione IT e planning. * Requisito 1 Gli oggetti nelle varie viste devono essere collegati. Il database (di database) collega oggetti all’interno di documenti. Verificare la struttura dei modelli di prodotto. L’esigenza alternativa alla descrizione di modelli di prodotto potrebbe essere ancora parzialmente centrata sulla condivisione di dati fra applicazioni. L’ipotesi è che il visual planner dovrebbe permettere di coordinare in 2d ad esempio attività di costruzione che fanno

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anche riferimento ad un modello esterno. Il modello esterno è un database nel quale si utilizza la semantica di un modello solido. * Requisito 2 L’ipotesi è quella di utilizzare un modellatore che sia vincolato dall’uso di strumenti che simulano le attrezzature di cantiere. * Requisito 3 Un modulo avanzato esegue l’analisi del ciclo di impiego delle attrezzature, ma anche l’operazione di sequenziamento manuale delle operazioni può essere condotta per definire attraverso un’interfaccia visual. * Requisito 4 Occorre quindi un linguaggio che permetta di modellare strumenti, ossia attrezzature, di cantiere. Questo non può essere che uno strumento di pianificazione operativa per il quale devono essere definite le modalità di funzionamento. (simboli o blocchi utilizzati per rappresentare un’attrezzatura, una semantica della gestione dei vincoli ecc.) (un poco quello che succede in un video gioco quando si definiscono gli equipaggiamenti del rally o del combattimento).

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L’architetto

* Requisito 5 Occorre quindi ipotizzare un layout del cantiere. Un ambiente esteso nel quale gli strumenti, i componenti ecc. si muovono fisicamente. * Requisito 6 Il linguaggio di programmazione deve poter essere interfacciato direttamente sugli elaborati di un CAD. * Requisito 7 La pianificazione diviene un’operazione contestuale al progetto. * Requisito 8 Le operazioni edilizie partono da qualsiasi punto, ossia possono essere analizzate in sequenze separate. La semantica dei vincoli è tale da permettere una verifica di consistenza del piano. * Requisito 9 La scomposizione in livelli di pianificazione permette di ragionare su moduli di processo. Ossia se devo costruire una struttura in C.A. posso ipotizzare di prescindere in primo momento dallo strumento specifico per la formatura dei getti ed utilizzare una cassaforma generica.

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* Requisito 10 Il supporto tutoriale viene spinto sulla lezione che spiega le operazioni da compiere, il dettaglio ecc. * Sul linguaggio di modellazione La modellazione riguarda necessariamente sia vincoli e funzioni che caratteristiche dimensionali grafiche degli elementi dell’attrezzatura. Quale tipo di analisi spaziale degli elementi utilizzati è possibile. Ad esempio due moduli di formatura adiacenti devono essere giuntati: posso rilevare l’esigenza del giunto ed eventualmente della consistenza dell’operazione avendo o meno inserito la cassaforma.

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LA PRODUZIONE EDILIZIA


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Un servizio di pianificazione La relazione cliente fornitore può essere biunivoca e comporta interazioni complesse. Un servizio di pianificazione è diretto al fornitore che in quella finestra stabilita eroga una prestazione. La tendenza a considerare ciò che non è risulta oggi dannosa economicamente. Il linguaggio della qualità non tiene conto di strumenti esistenti come il giornale dei lavori. Bisogna stabilire la regola di comportamento, eventualmente strutturare la modalità di trattamento delle informazioni in modo opportuno. Va dichiarato l’obiettivo di politica della qualità e il piano per raggiungere l’obiettivo

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La produzione edilizia

Appunti Ai processi di crescita demografica si è accompagnata una crescita edilizia? In relazione ai cicli di espansione demografica che cosa è successo nell’edilizia? È cresciuto il livello organizzativo in base a differenti volumi di lavoro, ad una domanda che ha richiesto un processo produttivo consistente. Qual è stato nel tempo il grado di specializzazione delle maestranze in cantiere? Quali sono invece le modalità organizzative nelle società rurali? (autoproduzione ecc.) Chi ha costruito i masi del Sudtirolo e utilizzando quali tecniche? Nel corso dei secoli i compiti gli obiettivi, i materiali, gli artefatti realizzati si sono via via modificati, sulla spinta di fattori di carattere tecnologico (l’innovazione nelle armi da fuoco specializza la tecnologia delle fortificazioni militari e compare l’ingegnere...), sociali ecc. Non esiste al mondo nessun istinto per il potere come quello dell’architetto, istinto, beninteso, ancillare, sublimato non nell’esercizio del potere tout court ma nella sua rappresentazione e nel dare forma al potere.

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La vocazione dell’architetto è l’ideologia e la metafora del potere, oltre alla effettiva espressione di potenza che si esprime nell’atto costruttivo (sulla natura e sull’uomo). L’eclissi dell’architettura coincide con il sorgere della televisione, che ne rappresenta per certi versi la prosecuzione con altri mezzi. Per aspetti opposti ne è il duale, ossia si rappresenta nel controllo del territorio (ambiente costruito) e nella costruzione della sua immagine (in minima parte attraverso la costruzione “reale”, in quote diverse attraverso il disegno industriale - moda, allestimento, arredo, oggetti d’uso, web -, in altra misura attraverso la fotografia, la pubblicità, i servizi ecc.). È nella perdita della posizione egemonica dell’architettura sulla rappresentazione del potere che si definisce il suo declino. Destino simile a quello di altre arti figurative o della musica o della poesia che hanno avviato dei percorsi eccentrici, non del tutto discostati dai centri del potere, ma tutto sommato forse meno dipendenti dalle quantità di risorse necessarie per trasformare in atto il progetto.

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La produzione edilizia

Nonostante questo il costruire (trasformare l’ambiente) rimane una delle esigenze fondamentali dell’essere umano; adattare l’ambiente, il proprio, alla natura, agli altri uomini ecc. In agguato vi è la trappola facile del rapporto fra struttura e sovrastruttura. E tuttavia occorre partire proprio dalla rappresentazione ingannevole di un compito dell’architettura naturalmente e intrinsicamente legata al costruire, mentre al massimo costituisce uno fra i tanti dei domini (modelli?) che si intersecano con il costruire. Il concetto di costruzione si è allargato alla trasformazione dell’ambiente in senso più ampio. L’edificio viene sviluppato in relazione ad un contesto ambientale in cui sono presenti in varia misura “costruzioni” ossia modificazioni ambientali di varia natura.

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L’impresa senza memoria Frammentarietà dell’esperienza nei sistemi di produzione industriale, costruzioni edili civili. La memoria è persa, difficilmente si ricostruisce. Non lì sta la possibilità di costruire sistemi di conoscenze. Il sistema delle conoscenze fa parte di un sistema, che va posto al di sopra del livello delle conoscenze individuali, il sistema di conoscenze è un collettivo, cooperativo, condiviso. La piccola impresa è senza memoria e va bene così. La conoscenza va recuperata su di un altro piano, non si può fare la grande impresa in piccolo, né far volare l’uccello di Leonardo. Quindi abbandonare la mimesi naturale e spostarsi sui modelli.

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(Conoscenza e Tecnologia) La conoscenza è parte di una o delle tecnologie. Come accade che si pone un problema di gestione della conoscenza. La moderna organizzazione della produzione ha prodotto anche questo problema. La connessione con le trasformazioni dei modi di produrre è stretta. La fine dei saperi artigianali ed il limite dell’industrializzazione taylorista. I paradigmi di derivazione giapponese ed una nuova artigianalità. Questo il quadro. Da non vivere fra nostalgia e modernizzazione perché i predenti modelli organizzativi sono saltati. L’ambizione (ingenua) rivolta al general intellect del nuovo proletariato industriale.

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La produzione edilizia

Obiettivi per una produzione edilizia sperimentale Sperimentare al vero tecniche edilizie desuete Sperimentare il processo di produzione Sperimentare strumenti di produzione Sperimentare la produzione di materiali

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Qualità e Produttività Quali sono i fattori/parametri/funzioni d’interesse dei Clienti? Quali sono i parametri di processo più influenti sul risultato? Quali componenti influenzano di più l’affidabilità del prodotto e la sua sicurezza? Quali sono le condizioni di processo più stabili in grado di garantire la massima Qualità e Produttività?

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la formazione di un operaio Il confronto fra attrezzature dovrebbe essere portato sull’analisi e sulla valutazione degli ammortamenti dell’attrezzatura. Anche la formazione di un operaio potrebbe essere vista in questi termini. Investimento iniziale e rate di ammortamento mensile?

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Per il corso di programmazione dei costi La produzione di prodotti unici ed irripetibili, il carattere temporaneo e nomade del cantiere, seppure nella logica di processo sistemico delle costruzioni civili/edili, consentono il perseguimento di una produzione efficiente solo mediante un progetto organizzativo che integri le risorse umane, materiali e i procedimenti di fabbricazione. Nel processo di produzione e nel progetto, la pianificazione e gestione dei costi si pongono in uno stretto rapporto di interdipendenza con lo sviluppo dell’attività di progettazione e le decisioni che riguardano i requisiti le prestazioni spaziali, ambientali e tecnologiche e con l’organizzazione ed il controllo dei mezzi di produzione, delle condizioni operative e dei vincoli di sicurezza e protezione ambientale. Il costo di un progetto è un obiettivo che viene affinato attraverso l’iter progettuale.

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Appunto sul rischio Cosa si intende per gravi difetti? Per gravi difetti ai sensi dell’art. 1669 del Codice Civile non si intendono solo quei difetti che incidono sulla stabilità dell’edificio (es. gravi crepe nei muri o cedimento di solai e pavimenti;a tal proposito la legge parla più appropriatamente di pericolo di rovina dell’immobile), ma bensì possono consistere in tutte quelle alterazioni che, pur riguardando anche una sola parte dell’opera, incidono sulla struttura e funzionalità globale, menomando apprezzabilmente il godimento dell’opera. I difetti devono essere inoltre gravi, cioè devono essere tali da incidere in maniera sensibile sul godimento dell’immobile. Grave può essere ad es. una non esigua infiltrazione d’acqua nei locali dell’immobile, una non esigua presenza di umidità sui muri, oppure ancora evidenti crepe nei muri, oppure un difetto serio nell’impianto di riscaldamento. La gravità dei vizi viene comunque in genere valutata dal giudice, anche a mezzo di perizia tecnica commissionata ad un esperto del settore (accertamento tecnico preventivo o consulenza tecnica d’ufficio).

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Il planning della costruzione attraverso un modello di vincoli delle attività La pianificazione delle fasi di realizzazione di un progetto di costruzioni è subordinata a numerosi fattori di carattere tecnico, ambientale e organizzativo. La complessità del processo decisionale e l’incertezza legata ai fattori contingenti del progetto richiedono un accurato lavoro analitico per produrre piani di costruzione che possano rappresentare efficacemente processi di produzione episodici. La variabilità delle condizioni e dei vincoli nelle attività di costruzione, dà al manager scarsa fidatezza circa la qualità dei dati utilizzati per lo scheduling delle risorse. Un contributo alla stabilizzazione dei processi di costruzione proviene dall’impiego di tecniche innovative di planning che migliorano i contenuti informativi dei piani e che permettono di modellare spazi per una ricerca di soluzioni subottimali nella programmazione delle risorse. Tale obiettivo è stato perseguito applicando alle costruzioni una metodologia di pianificazione indipendente dal dominio sviluppata nell’ambito di studi di Intelligenza Artificiale. Un sistema di pianificazione gerarchico, non lineare, strutturato in insiemi di azioni parzialmente ordinate, permette di descrivere espressivamente la semantica | 100


La produzione edilizia

dei procedimenti costruttivi mediante l’accurata specificazione dei vincoli costituiti dalle condizioni di esecuzione di ogni attivitĂ e dalle relative prestazioni attese. Come parte dell’argomento di una tesi di dottorato è stato condotto uno studio pilota volto alla progettazione di un prototipo di sistema specifico per le costruzioni in uno scenario di gestione collaborativa del progetto.

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Edilizia sperimentale L’edilizia sperimentale vuole costituirsi come disciplina che tenta di verificare sperimentalmente, cioè in maniera riproducibile e misurabile, le tecniche costruttive, sia innovative, che contemporanee o storiche, la relativa strumentazione tecnica, le basi di conoscenza, le teorie e i modelli, la cultura materiale, l’organizzazione del lavoro e sociale necessaria per arrivare a risultati attesi. Fra i paradigmi contigui e complementari vi è l’archeologia sperimentale.

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L’UNIVERSITÀ E LA FORMAZIONE DELL’ARCHITETTO


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L’apprendista architetto La cultura storica può formare nell’apprendista architetto la comprensione dei fini e degli obiettivi che nei vari luoghi committenza e architettura s’erano proposti di raggiungere: fini in stretta relazione armonica con la civiltà.

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L’Università e la formazione dell’architetto

La natura delle tesi del terz’anno Per non perdere la forza della suggestione ricostruiamo la riflessione. Le tesi triennali sganciate completamente dal senso del progetto di costruzione. Qual è l’idea di progetto che vi troviamo? Architettura come immaginario agito, come tecnologia del sé. L’obiettivo è la tesi di laurea, in cui si mima un concorso di idee. Questo è un contesto ideale forse per l’autorappresentazione per il discorso architettonico autoreferenziale per vedere una specificità della cultura progettuale. Cominciamo dal linguaggio, l’uso di Photoshop come strumento di rappresentazione, ossia di esplicita tecnica comunicativa persuasiva del progetto. Come non vedere questa specifica componente di un corso di laurea di una città di un modo di intendere il progetto di architettura. Un modo quindi per prenderne le distanze con un metodo diverso dal rifugiarsi fra gli strumenti comodi. Troppo facile guardare questi progetti dal punto di vista costruttivo, non c’è; troppo facile da un punto di vista tecnologico, che manca. Qualsiasi tecnicismo, urbanistico regolamentare, anche le considerazioni di buon senso a volte mancante spesso mancante costituiscono letture critiche per un verso troppo facili e scontate che mostrano anche 105 |


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banalmente l’inconsistenza dei progetti presentati. Ma allora che cosa sono? Proviamo a inscriverli dentro una visione che ne dia spiegazione. Per chiarezza potremmo anche vederci soltanto il delirio del professore che orienta e dello studente che si presta. Ma anche questo in fondo sarebbe un ordine del reale a cui prestare una certa attenzione con un poco di interesse. Giochi di perle di vetro, letteratura per immagini, costruzione di un immaginario, costruzione di un senso di sé anche drammatico se vogliamo contradditorio soprattutto dal punto di vista dello studente. Ma ancora una volta serve forse uno sguardo compassionevole empatico per provare a capire perché queste immagini, questo desiderio che passa attraverso questo tipo di elaborazioni abbia comunque una grande forza. Forse insana, alcuni ne sono tentati ma altri ne fuggono vedendo in essa un pericolo di perdita di sé. “L’architettura vince sempre” potrebbe anche essere una considerazione pessimista. Dicevo costruzione dell’immaginario e partecipazione a questo immaginario fondato su dei bisogni di rappresentare costruire plasmare lo spazio circostante. Ma anche gioco letterario, oppure forma nobile di scrittura terapeutica, sempre che da queste co| 106


L’Università e la formazione dell’architetto

struzioni se ne esca bene, oppure se ne esca indeboliti. Questo sarebbe già un risultato. Non è un’ideologia buona per tutti. Molti dei ragazzi che poi passano per il master sono alla ricerca della ricostruzione di un rapporto con la realtà che sia proficuo, banale dire che dia un mestiere, serve anche senso di sé, sicurezza in un compito che si assume, l’uscita dall’incertezza, il rendersi utili, l’andare a letto la sera con un animo sereno. Cosa sognano gli architetti? Vi sono elementi che fanno sembrare quei progetti costruzioni oniriche, in parte deprivate di cariche utopistiche. Un’altra chiave di lettura è la scrittura terapeutica, alla Celati. Non so se consolatoria. Per un verso è la sensazione che provano i ragazzi che entrano in un videogioco; lo studente in tesi è iper eccitato, non dorme la notte, è emotivamente instabile. Quindi una vertigine in cui cascano e dalla quale non sono trattenuti. L’altro elemento è il discorso sull’immaginario. Su cui fare il discorso a parte Il gioco delle perle di vetro ha esiti nefasti per chi prova a percorrere una direzione che vada verso la “realtà”. Il punto di vista del tecnologo e del costruttore 107 |


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costituisce un punto di vista privilegiato, sa riconoscere quanto non vi è posto in termini costruttivi, o quanto quel progetto sia posto su un piano di astrazione, sia mancante di una componente di pianificazione di governo dell’azione. Non basta spiegare quanto si tratti di un terreno mistificante, ossia il progetto si presta a qualsivoglia uso se ne voglia fare. L’immagine si presta a tutti gli usi che possiamo pensare: persuasione, suggestione, manipolazione... Le immagini di una tesi sono immagini quasi pubblicitarie, ne riproducono la tecnica comunicativa e persuasiva, è un parlare per immagini, percuotere l’immaginario cercando un consenso; è un corso che produce frustrazione? Il limite della premessa in La Cecla è questo cedere al richiamo delle sirene. Amante deluso, sempre pronto ad innamorarsi. Il mondo di sogni in cui sono caduti molti architetti si espone troppo facilmente alla critica del reale. Occorre lasciare agli architetti il compito che si sono dati e guardare ad altre competenze per comprendere il da farsi. La logica del progetto si sta espandendo e attraversa ambiti disciplinari tradizionalmente resistenti ad una “operatività militante” o che hanno per paradigma lasciato fuori gli aspetti organizzativi e gestionali. Lavorare per | 108


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progetti ha quindi una prospettiva che va oltre il recinto che architetti. Lasciamoli sognare, il design dell’architettura è sicuramente un’attività nobile volta a dare forma alle idee e ai sogni, formalisti perché questa è la prospettiva globale che si è aperta e che ha fatto da sponda, forse l’unica prospettiva. Dal punto di osservazione di una “Ideologia italiana” questa realtà si comprende bene. Scevra della dimensione messianica, non potendo essere mestiere, non potendo essere professione, lo stilismo e la moda è il punto di approdo di “progettisti del lusso”. L’architetto privo di un fondamento disciplinare scientifico ha bisogno di essere in rapporto con i poteri mondani per realizzare le proprie opere. L’ulteriore dimensione su cui opera è l’immaginario collettivo dello spazio progettato

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Policy di tesi Le tesi sono il risultato di convergenza di interessi fra laureando e relatori. Regola ambientale è la condivisione cooperativa di conoscenze nel rispetto e nel riconoscimento degli apporti individuali. Lo studente che si inserisce in queste linee di lavoro è consapevole e accetta di condividere i risultati del proprio lavoro con gli altri partecipanti, attuali e quelli che si inseriranno in futuro. Il principio della condivisione cooperativa delle conoscenze comporta che scritti elaborati e materiali ecc. rimangano a disposizione per successive elaborazioni. Il criterio della risorsa aperta (o “open source”) è alla base di un agreement, un accordo, per il quale innanzitutto il cartaceo della tesi depositato in biblioteca di facoltà sia disponibile alla consultazione. In secondo luogo si utilizzano strumenti per una condivisione fattuale dei contenuti, dei concetti, delle strutture concettuali in uno scenario di tipo “wiki”. L’obiettivo è cioè quello di sperimentare e determinare processi di produzione di conoscenze in cui sia possibile sia affinare, emendare, migliorare, i contenuti in progress, sia tracciare | 112


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tali processi, ossia costruire e aggiornare le mappe delle competenze, ossia dell’individualità dei contributi prodotti. Vi è un compito di natura editoriale e organizzativo di tali processi che ricade sui docenti, ma non solo su di loro, volto alla qualità globale di tali processi e fra l’altro a garantire l’identificabilità dei contributi prodotti.

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La cultura materiale L’ambito della cultura materiale dal punto di vista storico e storiografico rimane aperto a studi con una fondata presenza di metodologie tecnico scientifica che difficilmente può essere affrontata con i tradizionali strumenti degli esami documentali.

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Nota sulla riforma del corso di laurea Un programma che costruisce in CAD è meglio di un insieme di librerie con oggetti e disegni? Il disegno è l’esito coerente di una modellazione. Nel disegno ho a disposizione tutti gli elementi per “barare” rispetto all’azione del costruire. Potremmo essere tentati di pensare o essere portati ad interpretare questa affermazione in senso storico, ragionando sulla capacità che storicamente gli architetti hanno avuto nel saper trasformare i propri paradigmi. Ragion per cui potremmo affermare a ragion veduta che in questo particolare momento storico dato un contesto (quello che fanno gli altri, le esigenze sociali ecc.) sia una anziché l’altra disciplina a cui affidare un ruolo guida. Ciò giustifica la battaglia sui paradigmi. Quelli di cui una comunità scientifica si dota, i quali sviluppa una serie di relazioni “complicate” con la società. Per gli Architetti (italiani) la situazione è abbastanza chiara. Quando anche nel senso comune si smetterà di “dare la colpa all’architetto” allora sarà chiaro che non sarà più nemmeno buono come capro espiatorio (almeno nelle quattro mura italiane.

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Potrebbe essere una sorta di nemesi storica. L’architetto viene inventato nel momento in cui serve qualcuno a cui attribuire tutto il merito (il campanile di Giotto, la torre di Arnolfo), merito immaginario di aver immaginato (costruito, progettato, scolpito). L’architetto sparisce quando non è più buono nemmeno, nel senso comune, per dargli tutto il demerito. “Gli architetti tutti imbecilli.... e scordano sempre le scale” (cit. Flaubert): letteralmente sentito ripetere in varie declinazione diecine di volte nelle sessioni di tesi da emeriti prof.. Imputo il risultato ad aver culturalmente inseguito paradigmi differenti ma sempre legati ad una sorta di problema “identitario”, ossia di ricerca di “specificità disciplinare” via via determinata da questo o quel contesto. Idem dicasi per la “disciplina caratterizzante”: il disegno o il progetto (nemmeno il progetto purtroppo, forse in senso storico). È un piano inclinato. L’ipotesi di paradigma possibile è invece la teoria della flessibilità cognitiva. Acquistare flessibilità sufficiente per costruire di volta in volta la risposta a situazioni problematiche che si presentano in modo differente. In termini competitivi questo potrebbe essere un vantaggio, che per qualche tempo gli architetti | 118


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potrebbero avere sugli ingegneri. Ma potrebbe essere già troppo tardi(perchè la stessa cultura fordista-tayloristica si sta modificando rapidamente nell’industria, e parlare di teoria della flessibilità cognitiva con un ingegnere informatico, ad esempio, o meccanico, è cosa che si fa con facilità, ma i problemi sono comunque presenti, anche se forse con i civili-edili non è così vero).

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Telematica nella scuola L’introduzione della telematica nella scuola trova fondamento nella possibilità di rappresentare processi non lineari di apprendimento e di comunicazione a distanza. È questa una tesi che ha fondamenti teorici a partire dagli anni Sessanta, quando cominciarono ad affermarsi teorie che, pur intendendo restare sul medesimo piano di rigore metodologico del comportamentismo, non consideravano la mente come “black box”: era la cosiddetta rivoluzione cognitivista, che si andava propagando attraverso strade diverse ma convergenti sull’analisi del mentale, tanto nel vecchio che nel nuovo continente. Negli anni ottanta l’introduzione del computer e le prime applicazioni dell’informatica allo studio dei processi mentali contribuivano a superare le diffidenze iniziali e pareva potersi avverare il sogno dell’Artificial Intelligence, attraverso l’idea che si potesse simulare, secondo la proposta della Fondazione Rockfeller, “ogni aspetto dell’apprendimento oppure ogni altra caratteristica dell’intelligenza” (cfr. P.McCorduck, Storia dell’intelligenza artificiale, Muzzio, 1987). Per i cognitivisti, anche per quelli meno direttamente interessati ai risultati della computer science, la metafora della mente non era più la | 124


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scatola nera, era il calcolatore elettronico, che sembrava assurgere a modello generale del funzionamento del nostro cervello. Gli studi di psicologia applicati all’intelligenza artificiale (IA) si sono tuttavia imbattuti nella difficoltà di dimostrare come quest’ultima possa sostituirsi a quel livello dell’apprendimento che tradizionalmente si considerava inferiore, cioè il linguaggio naturale, il buon senso, l’intuizione (cfr. L. Stringa, in AA.VV., Capire l’artificiale, Bollati Boringhieri, 1990, ma anche J.Bolter, Lo spazio dello scrivere, Vita e Pensiero, Milano 1993). L’impasse dell’IA ha lasciato spazio a riflessioni di natura diversa, alle quali si è cercato di rispondere dall’interno del metodo computazionale con un paradigma nuovo, il connessionismo. La teoria del computer come metafora della mente ha trovato solo alcuni filosofi disposti ad accettarla (è il caso di Putnam, almeno fino a Rappresentazione e realtà, Garzanti, 1988, e dei funzionalisti computazionali); in generale la critica poggia su tre argomentazioni: l’evidente constatazione della differenza esistenziale tra uomo e macchina; la dimostrazione della non-intelligenza delle macchine calcolatrici, o perché essa è priva del suo naturale supporto di intenzionalità, o perché puramente formale, o ancora perché incapace di operare con i significati. In ultima istanza, principalmente da parte dei 125 |


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pensatori americani, si è legato l’apprendimento al problema del rapporto tra mente e corpo (sul mind-body problem, cfr. S.Moravia, L’enigma della mente, Laterza, 1988), e quindi è naturalmente confluito nel dibattito sulla coscienza, che ha quasi monopolizzato l’attenzione dei filosofi di professione negli ultimi cinque, dieci anni (cfr tre testi chiave: M. Minski, La società della mente, Adelphi, 1989; D.C. Dennett, Coscienza, Rizzoli, 1993, R.Penrose, La mente nuova dell’imperatore, Rizzoli, 1992). Da citare anche la posizione critica di Dreyfus nei confronti della possibilità dell’IA di riprodurre il senso comune e quindi il vero pensiero umano; essa è stata assunta anche da altri filosofi come J.R. Searle, che ha attaccato principalmente il comportamentismo implicito nell’IA (cfr. il celebre test della stanza cinese in Menti, cervelli e programmi, Clup, 1984), e T. Winograd e F. Flores che hanno criticato le pretese dell’IA di trattare argomenti come la lingua naturale, il senso comune, la rete dei significati (cfr. Calcolatori e conoscenza, Mondadori, 1987). Abbiamo scelto di citare brevemente pensatori come Dreyfus, Searle, Winograd e Flores per dare un’idea della consonanza che è obiettivamente rilevabile in diversi settori filosofici allorché ci si avvicina alle tematiche relative all’apprendimento e allo sviluppo tecnologico, sul quale ci sembra | 126


L’Università e la formazione dell’architetto

che conclusivamente si possano avanzare due prime, provvisorie conclusioni. Da un lato, pare ormai chiaro, anche ai più avveduti sostenitori delle potenzialità delle macchine calcolatrici, che occorre imboccare una strada diversa, abbandonare l’utopia della macchina costruita a immagine e somiglianza dell’uomo, e percorrere invece la strada della progettazione di strumenti utili, al servizio dell’intelligenza e della comunicazione umane. Dall’altro, le indicazioni che emergono dalle riflessioni svolte intorno alla natura dell’intelligenza e della capacità di imparare sembrano all’unisono concordare sul carattere “spurio”, composito e condizionato dell’apprendimento, che risulta un’attività situata, legata al contesto, sempre meno generalizzabile e formalizzabile. Da dire anche che sulla questione mente-cervello la ricerca è ancora in una fase magmatica. Tra le molte vexatae quaestiones vi è questa: c’è chi crede sia possibile simulare il comportamento cognitivo umano attraverso l’Intelligenza Artificiale, e chi, invece, come abbiamo già visto, pensa che ciò sia impraticabile, perché l’essere umano non è una macchina. Il connessionismo ha recentemente offerto alla psicologia un nuovo tipo di teoria computazionale, che contesta vivacemente gli assunti del cognitivismo e dell’IA tradizionale, basandosi sull’analogia tra struttura delle reti di computer 127 |


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in parallelo e struttura del tessuto cerebrale, e sui risultati delle ricerche neurologiche che implicano la plasticità ontogenetica della corteccia umana (cfr D. Parisi et alii, Intervista sulle reti neurali, Il Mulino, 1989). Per i connessionisti, dunque, la metafora della mente non è più il computer, come invece per certo cognitivismo, ma il cervello stesso (Rumelhart McClelland, PDP. Microstruttura dei processi cognitivi, Il Mulino, 1990). L’apprendimento sarebbe perciò descrivibile come un processo che coinvolge le connessioni di elementi concepiti come neuroni. L’intelligenza funziona sulla base di unità indipendenti, le reti neurali. Il livello di attivazione di un elemento è influenzato da quello degli altri collegati, e al limite, di tutto il cervello. La forza della connessione determina l’effetto che l’unità che emette il messaggio ha su quelle che lo ricevono. La forza della connessione non è fissa, ma si modifica con l’esperienza. Tale impostazione, fortemente legata alla ricerca empirica di laboratorio, si è trovata a condividere parecchie ipotesi di ricerca delle neuroscienze, che tendono a condividere lo stesso paradigma reticolare. Sempre in ambito connessionista, vi è poi chi, come i teorici dei sistemi dinamici e i neo-darwiniani, sostiene che sia necessario passare ad una visione più attenta ai fattori evolutivi, biologici, fino | 128


L’Università e la formazione dell’architetto

a postulare comportamenti di selezione naturale all’interno del cervello stesso tra le “popolazioni neurali”, come afferma il premio Nobel G. Edelman (G. Edelman, Il presente ricordato, Rizzoli, 1991).Questa posizione ci suggerisce almeno una possibile via di sviluppo delle computer sciences, un quadro originale più aperto alle proprietà relazionali e quantitative che a quelle simboliche e logico-linguistiche, che ha un interessante sfondo empiristico e antirazionalistico, e soprattutto si basa su un modello reticolare che sembra potersi ben adattare ad alcune caratteristiche dell’apprendimento. Sul rapporto invece tra intelligenza artificiale e umana, che riguarda noi da vicino per i suoi riflessi sulla teoria dell’apprendimento, il connessionismo si propone di arrivare a produrre macchine sempre più flessibili, sensibili al contesto, che abbiano capacità di apprendimento, e perciò riescano superare proprio i maggiori ostacoli dell’impostazione programmatoria e sequenziale dell’IA. Non più metafora della mente, il computer nelle sue potenzialità di strutturazione non lineare dei messaggi, diventa uno strumento importante per i processi di apprendimento.

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E-learning e università on line Il quadro di riferimento per l’e-learning si va delineando rapidamente e con ricchezza di implicazioni. I risultati provenienti dalle esperienze più avanzate, l’allargamento della dotazione di infrastrutture informatiche, stanno rapidamente dando corpo a numerose strategie di innovazione e sviluppo dell’offerta formativa imperniata sul supporto all’insegnamento/apprendimento on-line. La posta in gioco riguarda il miglioramento del servizio all’insegnamento/apprendimento universitario, assumendo un’ottica di risultati graduali e progressivi ma non ignorando tuttavia la portata dell’innovazione di cui si rende suscettibile la produzione e la trasmissione dei saperi universitari e l’apertura di uno spazio di competizione per il raggiungimento di posizioni di eccellenza nella produzione culturale. Gli scenari applicativi permettono di ipotizzare una posizione di vantaggio quelle università che meglio sapranno integrare sistematicamente attraverso il knowledge management il potenziale delle basi di conoscenza, con infrastrutture tecnologicamente appropriate ed adeguate alle esigenze della formazione e della ricerca. Per un’azione sistematica rivolta alla predispo-

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sizione di strumenti di supporto all’e-learning si possono indicare alcuni scenari: - L’e-learning può fungere da supporto integrato nelle attività di formazione corrente. Il supporto alla didattica tradizionale, viene intesa nel senso di servizio aggiunto alla attività dei docenti, agli studenti, ed alle relazioni reciproche attraverso il sostegno delle attività complementari (esercitazioni...), l’arricchimento dei materiali didattici (pubblicazioni, dispense online...), la predisposizione di strumenti di comunicazione (siti web, mailing list, videoconferenze sincrone/asincrone). In quest’ambito si aprono inoltre spazi di innovazione didattica rivolta alla sperimentazione cognitiva, al casebase learning, all’allestimento di ambienti che introducono al networking. Complessivamente a questo livello si rende inoltre possibile strumentare l’implementazione di una politica della qualità dell’offerta formativa e di sostenere in parte il management della didattica (procedure di monitoraggio della didattica in rete ecc.) - L’e-learning può soddisfare diffusamente i requisiti posti dal distant learning, o con interazione interpersonale più debole, per master o per la formazione permanente. I soggetti a cui si rivolge l’offerta formativa tratta il corporate knowl-

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edge, la formazione a distanza sul territorio, la formazione specialistica o post universitaria. Su questo terreno si determinano le condizioni per una ricaduta positiva dello sviluppo del primo scenario, l’utilizzo di basi di conoscenza condivise ecc. - L’e-learning apre uno scenario di integrazione per aree disciplinari, rivolte qualificare gli atenei attraverso reti, anziché centri, di eccellenza nella formazione. Esempio ne è la costituzione di consorzi fra università, alcuni ad un stato di avanzamento quasi operativo. In relazione a questo scenario vengono proposti quattro temi di lavoro che si articolano su alcune parole chiave e sono: - La produzione di corsi universitari a mezzo di e-risorse. - La condivisione delle risorse didattiche, riuso di elementi di conoscenza, approcci innovativi, interdisciplinari, cooperativi all’insegnamento, l’integrazione di apporti specialistici per le lauree specialistiche e per la formazione post lauream, la promozione e la diffusione degli strumenti di e-didattica presso i docenti, le reti di eccellenza internazionali (consorzi), la qualità della didattica online. - Gestione dei corsi, gestione della didattica. | 132


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- (generazione automatica di templates, programmi, registrazioni di accessi ecc.) Materiali didattici, materiali audio e video, conferenze (sincrone e asincrone), e-mail, policies e gestione degli accessi, segreteria, portale studenti, biblioteca, valutazione, personalizzazione dei profili, piani di studio, tracciabilità dei processi formativi individuali. - (Multi)medialità per l’e-didattica, multimedia e stili di insegnamento, approcci cognitivi, pedagogia degli insegnamenti universitari, l’aggiornamento nei linguaggi dell’insegnamento. - Tecnologia dell’infrastruttura (implementazione e gestione, aggiornamento, costi, riversabilità, trasferibilità dei database).

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Note a margine L’idea di chiudere con la separazione fra tempo parziale e tempo pieno è davvero antipatica, perché a prima vista sembra uno schiaffo a chi attraverso il tempo pieno marcava un impegno maggiore e soprattutto a chi vede svanire la possibilità di trovare opportunità di lavoro solide dopo anni passati a barcamenarsi ed a stili di vita resistenziali. Il DDL dice: cari docenti usate le vostre posizioni per sviluppare iniziative, ma beninteso fuori dall’università. Usate tutti i vostri saperi, le vostre relazioni, per attirare denaro e potere, perché molto potete fare per il denaro e per il potere, basta lo vogliate, potete essere un tassello non marginale del nuovo autoritarismo che impera. Peraltro di ricerca nelle università italiane se ne fa poca, perché insistere. La ricerca soprattutto quella di base si fa da sempre in totale indigenza di mezzi, aguzzando ingegno e quant’altro possa servire. A taluni basta un buon lapis ed una risma di carta. E per questo la riforma sta attrezzando un’università desolata, per cui ci aspettiamo risultati.Sappiate controllare la riproduzione sociale dei saperi, questo sì. Ci stiamo adoperando affinché venga rimossa quella riottosa autonomia degli studiosi che mal si assoggetta al basto della pochezza e ai paraocchi delle linee guida. | 134


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Sullo studio dell’architettura Due sono gli elementi di interesse nello studio dell’architettura: 1- la dimensione della programmazione, pianificazione e gestionale del processo; 2- la dimensione del disegno industriale dell’elemento edilizio o più in generale dell’oggetto attinente all’abitare (a questo si può ridurre il problema della tecnologia della costruzione). la dimensione della concezione attinente alla riflessione architettonica in vari ambiti (delle costruzioni, del territorio, degli spazi urbani o extraurbani) è una dimensione di riflessione non facile da raggiungere se non si individua un ambito specifico che sia praticabile (soprattutto alla luce di una integrazione strumentale degli ambiti sopracitati). E tuttavia è un ambito che potrebbe meritare qualche riflessione.

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LA GESTIONE DELLE CONOSCENZE


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Tacito e cognitivo Il tacito è pertinente ad una dimensione cognitiva appropriata al funzionamento nel prorpio ambiente di riferimento. La dimensione di riferimento per la dimensione cognitiva del sapere è il sapere tacito. Solo una parte modesta di ciò che è cognitivamente adeguato ha una forma esplicita. È tacito tutto il sapere che non ha una rappresentazione esplicita. Saperi espliciti sono quelli riconoscibili sotto varie forme: saperi tecnici, procedurali, formali, narrativi, modelli, ecc. Espliciti sono i saperi che hanno a che fare con una dimensione linguistica. L’uso di un qualsiasi linguaggio equivale ad una esplicitazione. Solo ciò che permane su un piano prelinguistico può essere considerato come un sapere tacito.

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La gestione delle conoscenze

Concetti * Qualità del lavoro Un tema di indagine di interesse riguarda la qualità del lavoro. La professionalità tecnica come base etica. È difficile non citare Primo Levi per cercare di uscire dalla retorica retriva. Se c’è un profilo che va coltivato è quello di una tecnicità del saper fare che segna ormai il passo. Ed obbliga ad inventarsi un’altra cultura del costruire. Qual è la strada? Anche la produzione edilizia ha drasticamente meccanizzato il processo di produzione. Ha burocratizzato la progettazione, cercando di ridistribuire il reddito. Meglio sempre lavorare con le mani. Per quanto necessita una qualificazione del saper fare. L’analisi delle competenze la progettazione delle competenze future: non è questa la tecnologia? La macchina che apprende? Perché insistere sulla strada della meccanizzazione “pesante” dell’informatizzazione “stupida”? È socialmente significativo pensare che un muratore possa avere la competenza di un restauratore? Eppure ho conosciuto muratori che dopo 50 anni di carriera avevano quella competenza. È possibile pensare ad uno sperimentalismo, ad un fare laboratori dai quali escano le competenze innovative. Architetti che usano le mani. Tecnologie “leggere”. 139 |


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Knowledge management * Analisi di un conflitto Le competenze di integrazione arretrano. La schiuma che galleggia sempre deborda e sparisce. Dove ritrovare il “vantaggio competitivo” del progettista? Un sapere senza fondamenti non può essere democratico. Della persuasione e del consenso. * Analisi delle competenze e delle abilità Ad un discorso tecnologico occorre associare uno studio delle competenze. Il profilo operativo è quello che qualifica il saper fare e permette di analizzare criticamente il progetto. Uno strumento di progettazione non generico ma finalizzato ad obiettivi. A partire dalla critica degli strumenti più convenzionali di presentazione della tecnologia. * La gestione della conoscenza è una sfida L’analisi delle competenze deve essere acuta direi spietata e deve lavorare in modo da esplicitare con chiarezza cristallina il sapere che entra in gioco. Il sapere che entra in gioco deve essere specificato fino all’operatività diretta. Si parte con la descrizione degli obiettivi. La ricerca del sapere avviene strada facendo. L’obiettivo deve diventare tangibile, fino a citare il caso.

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La gestione delle conoscenze

* La base storica dell’analisi delle competenze Francesco di Giorgio era un architetto e costruiva fortezze. Quali erano le sue conoscenze? Nella trattatistica vi è un riversare un insieme di competenze tecniche. Erano vere? Come riusciamo a distinguere fra una effettiva descrizione di un sapere e la sua consistenza letteraria. L’ambito punto di incontro: dove la mano si stringe alla parola. Il saper fare che diviene comunicazione e saper comunicare. Splendidi ricercatori e pessimi pedagoghi e viceversa. Ma esiste il mito di questa sapienza dialogante che esca dal ristretto ambito del saper leggere e scrivere (la critica letteraria come riflessione sullo scrivere ha gioco troppo facile). Ma sempre l’architettura ha vissuto questa dialettica. Alberti fu un letterato che poco sapeva di costruzioni. Sapeva di latino. L’architetto cortigiano. Ma chi sa di costruzione? Abbiamo esempi di scritture competenti verificabili?

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ICT e Ontologie La gestione del progetto richiede l’utilizzo di modelli linguistici capaci di integrare modelli numerici propri di diversi domini del progetto. L’ICT (Information and Communication Technology) permette di modellare conoscenza interpretabile da una macchina. Ontologie applicate alla gestione del progetto per pianificare il progetto.

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La gestione delle conoscenze

Applicazione delle ontologie alla pianificazione Ovvio che un requisito importante è proprio la riusabilitĂ dell’informazione. Una modellazione del progetto porta ad esplorare una struttura di informazioni e a poterla condividere e riutilizzare in un altro ambito. La base ontologica definisce il modello informativo ma non tocca il modello conoscitivo. - Usare una strumentazione di programmazione per pianificare una costruzione - Usare una base ontologica per la rappresentazione della conoscenza - Realizzare un automa che disegna in cad.

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Sperimentazione di approcci collaborativi e di condivisione delle conoscenza nell’elaborazione delle specifiche di progetto La capacità di condivisione delle informazioni e delle conoscenze del comparto costruzioni è al di sotto delle esigenze e il sostegno che l’ICT attualmente fornisce non è sufficiente per migliorare tale capacità. La prossima generazione di strumenti deve promuovere un migliore collegamento fra le informazioni, il supporto di ontologie generali e applicate per i formati di dati, una generale accessibilità alle informazioni e alle strutture di informazione e il miglioramento del grado di accettazione da parte delle comunità direttamente interessate. Negli ultimi anni, Internet ha consentito un aumento senza precedenti delle informazioni disponibili, che ha incontrato un generale consenso, aprendo la strada ad esigenze superiori rispetto alla qualità delle informazioni disponibili. Il consenso ottenuto si basa sulla leggibilità, sulla condivisione di dati e conoscenze e richiede strumenti di Nuova Generazione (NG) per la rappresentazione, manipolazione e gestione delle conoscenze. Gli strumenti Internet NG sono il dominio verso il quale puntare l’obiettivo della ricerca sull’applicabilità di metodologie e strumenti per il Building Construction (BC). La comunicazione richiede un medium, una grammatica e un vocabolario. Tutti e | 144


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tre devono essere sviluppati per il BC orientandosi alla rete internet di NG. Mediante l’utilizzo di un prototipo già parzialmente sviluppato utilizzando le principali tecnologie di riferimento per il benchmark, viene sviluppato uno strumento open source per internet che possa essere sperimentato direttamente nell’uso del mercato delle costruzioni. Nell’ultimo decennio la ricerca sul Building Construction (BC) nell’ambito del Product Data Technology (PDT) non ha ottenuto avanzamenti di rilievo. Solo l’International Alliance for the Interoperability (IAI) ha raggiunto qualcosa di tangibile. Lo sviluppo dello standard ISO - STEP per il BC è stato abbandonato. Il tentativo di mettere i sistemi di classificazione in sinergia con il PDT non ha avuto successo. Fra le cause dei risultati ottenuti attraverso lo standard ISO - STEP nel PDT e dei motivi per i quali non sono stati raggiunti gli obiettivi attesi vi sono tre principali ragioni: - ridotta espressività dello standard - tempi troppo lunghi per sviluppare lo standard e i relativi strumenti rispetto ai tempi dei mercati - la norma manca di apertura, richiede il coinvolgimento pesante degli organismi ISO. Le procedure di sviluppo delle singole parti della norma non riescono ad anticipare le modifiche e i cambiamenti della tecnologia risultando praticamente sempre in ritardo. Gli strumenti di classifi145 |


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cazione e specificazione sono per contro ampiamente accettato dal mercato. Il loro uso diffuso è un indicatore del fatto che avere una struttura semplice facilita l’adozione del mercato. La quantità e la diversità di oggetti in BC probabilmente rende impraticabile il fine di porre tali oggetti all’interno di un processo formale di normalizzazione come parte del modello completo. L’Industry Foundation Classes (IFC) nasce da questa constatazione e su di essa basa la ricerca di modalità differenti per mantenere esterne le definizioni dell’oggetto (la semantica). Lo sviluppo dello standard 12006-3 fornisce strumenti per costruire librerie di oggetti. L’idea di memorizzare le definizioni dell’oggetto in un file separato dalle librerie di oggetti è sicuramente un avanzamento. Lo standard 12006-3, tuttavia, presenta alcuni punti deboli che limitano il suo impiego per migliorare la condivisione delle informazioni nel BC. Non c’è modo di collegare due librerie di oggetti, il che significa che le definizioni dell’oggetto devono essere concentrate in, preferibilmente, un’unica libreria. Poiché il più importante meccanismo di strutturazione dell’informazione è l’ereditarietà a oggetti, ne risulta una struttura ad albero enorme, in cui tutti gli oggetti devono essere rappresentati. Inoltre non può dar seguito a nessun sfruttamento delle in| 146


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formazioni, nessun formato di dati o applicazione possono utilizzare le definizioni della libreria di oggetti in modo che feedback da dati reali possano dimostrarne l’uso. Nell’industria delle costruzioni il Sistema Informativo (IS) fondamentalmente cartaceo non è in grado di fornire le informazioni e la capacitò di condivisione delle conoscenze richieste. Gli strumenti ICT di prima generazione hanno sostanzialmente fallito. I sistemi di classificazione e specificazione sono ampiamente accettati e dal mercato ma non offrono una sufficiente ricchezza di informazioni per sostenere adeguatamente la condivisione delle informazioni nel campo del BC. Una seconda generazione di strumenti accessibili e trasparenti nell’uso dovrebbe consentire di immagazzinare informazioni; fornire modalità di riutilizzo delle informazioni e delle conoscenze; consentire la condivisione di informazioni fra la cooperazione tra le applicazioni e le persone; e un grado decisamente superiore di accettazione e interesse da parte degli operatori del processo.

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Ipotesi di lavoro Costruire un modellatore visual che permetta di modellare il processo di costruzione. L’interpretazione del disegno esecutivo deve essere condotta a mano. Gli automatismi si devono limitare a rendere disponibile le informazioni utili e necessarie. I disegni esecutivi sono spesso affetti da errori, omissioni. Il sistema informativo deve poter supportare l’analisi interpretativa e l’assunzione di un modello di pianificazione coerente. Invece di un “traduttore automatico” abbiamo bisogno di ridurre i tempi di modellazione del processo e di individuazione sistematica delle incertezze e omissioni e degli errori costruttivi contenuti nel progetto. Aspetto non trascurabile anche da chi fa validazione ad esempio. Quindi abbiamo bisogno di un modello che verifichi ad esempio la consistenza della rappresentazione. Il modello ontologico definisce le relazioni “astratte” non spaziali.

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La gestione delle conoscenze

Abduzione Prospettiamo agli investigatori le diverse dinamiche plausibili, cioè compatibili con i dati raccolti e, ove possibile, indichiamo anche la dinamica più probabile: questo è un tipico ragionamento abduttivo (noto l’effetto, si cerca una causa selezionandola sulla base delle proprie conoscenze). In particolare l’attenzione è orientata al ragionamento abduttivo (le conclusioni giungono al termine di una serie di ipotesi che si rilevano man mano inadeguate), a cui ricorrono gli investigatori dei romanzi gialli, quale ottimo metodo per giungere, attraverso l’argomentazione, a sostenere le proprie opinioni e a persuadere della loro validità. La forza persuasiva di una tesi sostenuta con il metodo abduttivo dipende dal modo in cui tale tesi tiene conto di tutti i dati a disposizione e resiste all’emergere di nuovi dati. Ma ciò che distingue questo metodo dagli altri (deduttivo, induttivo). È il fatto che le premesse sono discutibili e quindi ogni alunno può discutere esprimendo la propria tesi e antitesi.

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PROGETTARE

La logica del progetto Ciò che interessa è il progetto. Che cosa è il progetto? Quali sono le sue invarianti? Quali sono le sue varianti? Di che cosa è fatto? Qual è la storia delle idee che lo animano? | 150


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Un edificio è una costruzione sociale e culturale. L’architettura richiede una costruzione del linguaggio con il quale comunichiamo la costruzione, i suoi processi e l’abitare.

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Appunti su Gorz1 per Emma * Conoscenza, sapere, intelligenza Sono concetti differenti. Conoscere la grammatica non è saper parlare una lingua. Il sapere è fatto di esperienza e di pratica divenuta evidenza intuitiva ed abitudine, e l’intelligenza copre tutto il ventaglio delle capacità che vanno dalla capacità raziocinante, di giudizio, di discernimento, all’attitudine ad assimilare nuove conoscenze e combinarle con il sapere posseduto. * Requisiti per il lavoro intellettuale L’informatizzazione dell’industria tende a trasformare il lavoro in gestione di un flusso continuo di informazioni. La comunicazione e la cooperazione diventano parti integranti della natura del lavoro. Cita Pierre Veltz “le prestazioni dipendono soprattutto dagli aspetti sistemici e dalle relazioni fra gli individui, non è la somma del lavoro individuale che conta bensì la qualità e la pertinenza delle comunicazioni”. I compiti sono più sfumati mentre è la persona a mettersi in gioco direttamente.

André Gorz (Vienna, 9 febbraio 1923 – Vosnon, 22 settembre 2007) è stato un filosofo e giornalista francese, fondatore dell’ecologia politica.

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* Misura delle prestazioni individuali L’impossibilità di misurare le prestazioni individuali e di prescrivere i mezzi e le procedure per pervenire ad un risultato porta ad una gestione per obiettivi. È il ritorno della prestazione a servizio. Servicium obsequium. La fornitura di un servizio diviene la forma egemonica del lavoro. Il lavoro materiale rimane residuale alla periferia del processo di produzione o opportunamente esternalizzato. Il cuore della creazione del valore è il lavoro immateriale. * Creazione e distruzione del sapere La fabbrica fordista si basava sulla distruzione del sapere individuale e sociale delle società coeve, prova ne era la disciplina para militare o carceraria a cui gli operai venivano assoggettati negli anni ’50. La fabbrica post fordista enfatizza per contro il sapere sociale ed individuale che entra in produzione. * Quesito: dove situare il sapere accademico? Qual è il valore che l’università aggiunge alla produzione del sapere? L’enfasi sul learning by doing, sul corporate knowledge tende ad enfatizzare il sapere d’impresa versus il sapere accademico? Qual è la cultura d’impresa che dovrebbe costituire il milieu del giovane quadro? 157 |


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* Produrre sé Le imprese considerano come proprio il capitale umano e quindi come una risorsa gratuita che riproduce se stessa, che l’impresa è in grado di captare e canalizzare. Questo capitale umano non si produce dal nulla, si effettua sulla base di una cultura comune trasmessa attraverso la socializzazione primaria e dei saperi comuni. Il sistema di educazione e di insegnamento partecipa allo sviluppo del general intellect e rendono accessibili i saperi e le conoscenze ma anche le capacità di interpretazione, di comunicazione, di incomprensione costituiscono i tratti di una cultura comune. Ci sono delle persone che si appropriano di questa cultura comune. La società e le sue istituzioni non possono produrre d’altronde delle individualità specifiche; possono produrre e riprodurre il quadro nel quale gli individui si formano ossia producono sé stessi attraverso l’uso del linguaggio, di schemi di interpretazione e di comportamento propri della loro società. Divenendo la base di una produzione del valore fondata sull’innovazione, la comunicazione e l’improvvisazione continua, il lavoro immateriale tende alla fine a confondersi con il lavoro di produzione di sé.

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* Il coro polifonico improvvisato Un’attività che si aggiusta in funzione delle attività degli altri e che produce un’attività comune. Il paradigma funziona bene per spiegare il lavoro interattivo nella ricerca. La divisione del lavoro in compiti specializzati e gerarchizzati è virtualmente abolita, allo stesso modo dell’impossibilità nella quale si trovano i produttori di appropriarsi e di auto gestire i mezzi di produzione. La separazione del lavoro e la reificazione del lavoro e dei suoi prodotti viene virtualmente abolita, i mezzi di produzione sono appropriabili e suscettibili di essere condivisi o messi in comune. Gorz richiama l’ideologia tedesca. * La mobilità totale L’attività di produzione nella produzione di sé richiede di fare appello alle stesse capacità e disposizioni personali che convenzionalmente occupano il tempo libero. Anche se ormai non è più possibile distinguere il tempo libero dal tempo del lavoro. Tutte le grandi aziende sanno che è impossibile ottenere nel quadro di un rapporto salariale un’implicazione totale da parte dei propri collaboratori. Per il solo fatto di essere contrattuale il rapporto salariale riconosce la differenza fra le parti contraenti e i rispettivi interessi. L’obbli159 |


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gazione ad una prestazione delimitata (ovviamente) è un diritto che ha un carattere di emancipazione, che traccia di fatto una separazione precisa fra sfera privata e lavoro. Le grandi aziende cercano di conseguenza di trasformare il rapporto salariale in un rapporto di associazione offrendo ai collaboratori indispensabili delle stock options, cioè delle participazioni al capitale ed ai benefici dell’azienda. Ma tale soluzione ha un’efficacia limitata. Più il lavoro fa appello al talento, al virtuosismo ed alla capacità individuale, più tali capacità avranno la tendenza ad eccedere la loro applicazione limitata in compiti determinati. Tale applicazione non può che essere un’espressione contingente. Avrà la tendenza a investire la propria dignità nell’esercizio gratuito delle sue capacità: da giornalista a scrittore di libri, da grafico pubblicitario creerà opere d’arte, l’informatico dimostrerà le proprie capacità come hacker ecc. Per sottrarre una parte della loro vita al coinvolgimento integrale nel lavoro, il “lavoratore dell’immateriale”danno alle proprie attività ludiche, sportive, culturali, associative nelle quali la produzione di sé ha il proprio fine, una importanza che finisce per oltrepassare quella del proprio lavoro.

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* Avvento dell’impresa individuale La sussunzione totale della produzione di sé nel capitale incontra dei limiti invalicabili nel lungo periodo, almeno se sussiste fra individuo e impresa, fra forza lavoro e capitale, una eterogeneità che permetta di ritirarsi dal gioco di rifiutare la totale messa in produzione di sé. Imperativo abbattere l’ostacolo. L’individuo deve divenire egli stesso un’impresa. Deve diventare egli stesso un capitale fisso che esige di essere continuamente riprodotto e modernizzato. Nota che questa è una condizione frequente in edilizia, l’impresa individuale configura compiti e mansioni dei lavoratori della conoscenza, anche nei casi dei compiti manuali. Nessun vincolo deve essere imposto dall’esterno, l’individuo si comporta come un’impresa nella quale il lavoro salariato deve essere abolito. Ciascuno deve sentirsi responsabile della sua salute, della sua mobilità, delle sue attitudini agli orari variabili e all’aggiornamento delle proprie conoscenze. Deve saper gestire il proprio capitale umano per tutta la vita, né smettere di investire stage di formazione, e comprendere che la possibilità di vendere la propria forza lavoro dipende dal lavoro gratuito, volontario, invisibile per il quale saprà valorizzare la propria produzione. Le aziende non conservano che un nucleo minimo di 161 |


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salariati a tempo pieno; il resto del personale, fino al 90% per le più grandi cento imprese americane, è formato da una massa di collaboratori esterni, interinali, a tempo, indipendenti veri o finti, ma anche professionisti di alto livello. Le aziende possono scaricare su questi operatori una parte crescente dei costi della forza lavoro. Esternalizzano i costi di formazione, della previdenza e della malattia. Acquistano i servizi e ne negoziano il prezzo o l’emolumento per una vacazione, mettono in concorrenza gli uni verso gli altri, acquisiscono la possibilità di far variare in proporzioni notevoli i carichi di lavoro, senza che sia associabile alla quantità una durata, senza dover licenziare, assumere, indennizzare. * Mobilità e competenze Lo sviluppo delle competenze diviene un’attività propedeutica necessaria allo sviluppo di sé in un contesto mobile. Le competenze tendono ad una maggiore generalità e funzionalità ad un mercato professionale piuttosto che alla specificità esclusiva ripagata con un’assunzione a tempo indeterminato. Ossia si tendono a definire due aree con due profili distinti: concezione neoliberale e alea. A partire da queste condizioni, abolizione del lavoro salariato, self-imprenditorialità, sussunzione della persona intera, ecc., si produce con| 162


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dizioni di alea e di instabilità, di discontinuità che pesano su tutti i processi di produzione. Alla visione ottimistica di un’autoimprenditorialità si contrappone la sostanziale assenza di un mercato delle prestazioni e la subordinazione dell’autoimprenditore ad un unico cliente. Periodi di iperattività contrapposti a periodi di disoccupazione con una clientela che, salvo per i prodotti di lusso, non è sempre solvente. * Misurabilità della conoscenza La conoscenza a differenza del lavoro sociale generale è difficilmente traducibile in misure equivalenti astratte e semplici. Non è riducibile ad una quantità di lavoro astratto ma individua una grande diversità di capacità eterogenee senza una misura comune che possono riguardare il senso estetico, la capacità di giudizio, l’intuizione, il livello di formazione e di informazione, la facoltà di apprendere e di adattarsi a situazioni impreviste, capacità queste che a loro volta chiamano in causa competenze nel calcolo matematico, nell’uso della retorica, nella ricerca tecnico scientifica nell’invenzione di norme estetiche. L’eterogeneità delle attività di lavoro dette cognitive, dei prodotti immateriali che creano della capacità e dei saperi che implicano, rendono non misurabile tanto il valore della forza lavoro che i suoi pro163 |


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dotti. I parametri di prestazione non si possono standardizzare e non si possono tradurre le dimensioni qualitative in prezzi. * Incertezza e tempo di produzione Quando il tempo socialmente necessario alla produzione diviene incerto, questa incertezza non può non ripercuotersi sul valore di scambio del prodotto. Entra in crisi il sistema di equivalenze su cui si basano gli scambi di mercato. * Valore di scambio In senso economico il valore descrive tutto il valore di scambio di una merce rispetto ad un’altra. Quello che va in crisi è il rapporto di scambio fra i componenti delle merci. Il concetto di valore si può a rigore applicare ai beni producibili non alle risorse naturali, al suolo all’acqua ecc. I beni non producibili possono essere “valorizzati” attraverso la limitazione dell’accessibilità. Il controllo dell’accesso diventerà una forma privilegiata di capitalizzazione della ricchezza immateriale. I saperi sono parti integranti del patrimonio culturale. Le competenze professionali certificate sono costruite sulla base delle competenze comuni. Le competenze professionali sono costruite in funzione di un mercato di scambio dei servizi. Quanto alla conoscenza, questa deriva dal| 164


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le interazioni e dalla comunicazione fra gli esseri umani ed è assimilabile ad una risorsa naturale. Non essendo esprimibile in termini di valore la conoscenza non è pensabile ad un mercato della conoscenza in cui i rapporti di scambio siano oggettivabili. È una falsa questione se si affronta in termini di misurazione di un valore di scambio. La questione ruota attorno a come appropriarsi, estrarre, privatizzare, controllare il sapere. Farlo diventare di proprietà esclusiva di un’azienda che lo valorizza incorporandolo nelle merci che produce. Giacché la questione riguarda il far funzionare la conoscenza come se fosse un capitale. La questione chiave ruota attorno a come capitalizzare la conoscenza. Prima di esaminare in quale maniera la conoscenza ed il sapere possono funzionare come capitale “immateriale” occorre definire le distinzione fra una e l’altro. * Sapere valore e capitale Il sapere è innanzitutto una capacità pratica, un saper fare che non implica necessariamente delle conoscenze formalizzabili e codificabili. La maggior parte del sapere sensoriale-corporeo sfugge alla possibilità di una formalizzazione. Si apprende attraverso l’esperienza diretta. L’acquisizione del sapere avviene principalmente attraverso 165 |


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la capacità del soggetto di produrre sé stesso. Vale per lo sport per le abilità manuali e per le arti. Il sapere è appreso quando la persona l’ha integrato al punto da dimenticare di averlo appreso. Funziona con le stesse regole non scritte che regolano le interazioni sociali ed i rapporti fra le persone. Come le regole grammaticali che regolano il funzionamento di una lingua, sono praticate senza essere conosciute. Gorz sottolinea che quello che importa è che il percorso del sapere, saper fare, saper essere, verso la conoscenza delle leggi, delle regole e delle procedure che sono implicate è molto più corto del cammino inverso. Chi vuole apprendere una lingua per esempio apprendendo le regole grammaticali non saprà parlare questa lingua mentre colui il quale si impegnerà ad imparare la lingua senza la pena di studiare le regole grammaticali e si interrogherà sul funzionamento della lingua che sa senza conoscerla. Una cultura è tanto più ricca quanto il sapere comune nella quale è intessuta permette di trasformare in sapere nuove conoscenze. Inversamente più una società codifica e trasforma in conoscenza codificata il sapere comune più la cultura si impoverisce. Durante la seconda metà del XX secolo un numero sempre più grande di saperi comuni (Ivan Illich li chiama vernacolari) sono stati trasformati in conoscenze omologate e professio| 166


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nalizzate per divenire delle tariffe di servizi. Il progresso della professionalizzazione ha squalificato le pratiche e le relazioni esistenti fra saperi comuni ed hanno sostituito loro delle prestazioni a pagamento e dei rapporti commerciali. Nota: come si potrebbe analizzare questo aspetto in edilizia? In parte sovviene alla mente un’organizzazione in cui i saperi condivisi erano superiori, più qualificanti i profili degli operatori (artigiani ecc.), ossia le professioni impoveriscono il contesto riducendolo ad esternalità. L’impoverimento è anche conseguenza dell’industrializzazione ossia dell’espropriazione dei saperi artigiani. Esempio vedere quanto sono cambiati i materiali, che incorporano molto sapere di tipo industriale impoverendo il saper fare. Una procedura è l’omologazione di un sapere. La professionalizzazione non può tuttavia riuscire a trasformare in conoscenza e in procedura omologata, cioè in scienza, la totalità del sapere che i professionisti mettono in pratica. Vi è un residuo più o meno grande che sfugge alla formalizzazione. È nel conservare un margine non interamente trasmissibile, insegnabile o riducibile ad una conoscenza formalizzabile, che il servizio professionale conserva il marchio della persona che l’esercita. Il servizio professionale è infatti la valorizzazione di un sapere nella sola forma 167 |


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che può essere oggettivato: quella dell’atto che lo dimostra. La produzione di questi atti implica necessariamente una parte di produzione di sé e di dono di sé. La cosa è perfettamente evidente nei servizi relazionali (educazione, cure, assistenza) e nei mestieri artistici, la moda, il design, la pubblicità. Il valore di un servizio è dunque tanto meno misurabile quanto più grandi sono il dono e la produzione di sé. Cioè sono i caratteri incomparabilmente personali che conferiscono un valore intrinseco che prevale sul valore di scambio normale. Al limite il saper fare personale trascende le norme della competenza professionale e appare come un’arte di cui il prestatore è un virtuoso. Il suo nome diviene assimilabile al nome di una marca, di una firma. Non misurabile e incomparabile la prestazione diviene la sorgente di una fonte di monopolio. Il sapere comune attivato dal lavoro immateriale non che esiste altro che nella pratica viva. Non può essere acquisito né prodotto in vista della sua messa all’opera o della trasformazione in valore. Né può essere staccato dagli individui sociali che lo praticano, né valutato né rapportato ad un equivalente monetario, né comprato né venduto. Risulta dall’esperienza comune della vita in società e non può essere legittimamente essere assimilato a del capitale fisso. Cita Marazzi a propo| 168


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sito della definizione del nuovo capitale fisso. Ma questo nuovo capitale fisso non può essere lavoro accumulato ne’ prendere la forma di “valore”, bensì la sua essenza è sociale comune a tutti. * Conoscenza valore e capitale Il rapporto fra conoscenza e sapere è decisivo dal punto di vista sociale e culturale. Le conoscenze sono assimilabili nel sapere e sono suscettibili di essere integrate nella cultura comune? Oppure al momento di alimentare il sapere la fonte comune è destinata a deperire? La domanda “classica”: l’appropriazione capitalistica delle risorse comuni ha come risultato la loro distruzione e l’impoverimento della società? La risposta dipende allo stesso tempo dall’orientamento e dal contenuto della produzione di conoscenza e dalla capacità della cultura comune di dargli un senso. La storia dell’industrializzazione può essere letta come la storia della separazione crescente fra lo sviluppo delle conoscenze scientifiche e tecniche e la cultura comune. Il carattere sistematico di questa separazione risulta nettamente dalla storia della manifattura e della fabbrica automatizzata che Marx ha abbozzato, ed è stata presa a prestito da Ure e Thompson fra gli altri, nei capitoli XIV e XV del Capitale. 169 |


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Sostiene Thompson che “la conoscenza diviene un strumento che può essere separata dal lavoro ed essere a lui opposto”. * Scienza al servizio del capitale È la concezione nota della scienza che agisce la cui potenza è messa al servizio dello sviluppo della macchina. L’appropriazione del lavoro incorporato nelle macchine fonda la concezione di una produzione (capitalistica) fondata sulla meccanizzazione. La conoscenza tecnico scientifica è l’emblema non solamente dalla parte del capitale come dominazione e sussunzione del lavoro vivente nella macchina, fa parte del capitale fisso come mezzo di estorsione del lavoro. Gli ingegneri ne sono detentori espressamente e ideologicamente nel campo dei proprietari del capitale. Sono loro i quadri investiti inizialmente del potere di comando. La conoscenza a questo stadio esiste n questa fase esisteva nella testa degli ufficiali della produzione e nei mezzi di produzione tangibili come potere costrittivo sul lavoro. Non esistono ancora come capitale immateriale separato e separabile dal supporto materiale e producibile separatamente. È successiva l’operazione di dividere i compiti di progettazione e ricerca alla stessa maniera che nei

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compiti manuali. Si tratta di riprodurre lo stesso spossessamento operato nei confronti del lavoro manuale e di trasformare il generico artigiano in un lavoratore salariato. Ma i prodotti nell’industria della conoscenza non si comportano allo stesso modo delle merci. Le conoscenze non sono prodotte per il loro valore di scambio ma in quanto valore aggiunto alle merci nelle quali sono destinate ad essere incorporate. L’esempio effettivo corre alla componentistica edilizia che incorpora tecnologia, attraverso processi di produzione industrializzati. Il valore d’uso delle conoscenze è certo: il loro costo per contro è imprevedibile in ragione dell’alea legata alla ricerca e sviluppo e l’impossibilità di misurare la conoscenza prodotto in unità di prodotto. I costi della ricerca sono altissimi, la riproducibilità della conoscenza non costa nulla il valore marginale tende rapidamente a zero. La teoria economica corrente non può fornire un modello di spiegazione accettabile del processo di trasformazione della conoscenza in valore. Lo stesso ragionamento si applica a tutte le merci che hanno un costo unitario di riproduzione basso, ossia costituiscono il vettore di contenuti immateriali, cognitivi, artistici o simbolici.

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* Copyright Il valore di scambio della conoscenza è attualmente legato interamente alla capacità pratica di limitare la sua libera diffusione, attraverso mezzi giuridici, brevetti diritti d’autore, licenze, contratti, o attraverso posizioni monopolistiche che impediscono di copiare, imitare, re inventare, di apprendere la conoscenza dagli altri (citazIone da Enzo Rullani). Nota: riflessione sul processo edilizio. La limitazione dell’accesso è una prerogativa anche dell’ordine professionale, o dell’impresa dall’altro. (la protezione territoriale delle imprese di costruzioni avviene attraverso lo scambio in ambito politico). Anche la limitazione dell’accesso alla formazione. La conoscenza non è un prodotto raro la sua rarità viene stabilita politicamente. La rarità della conoscenza ha una natura artificiale deriva dalla capacità di un potere di limitare temporaneamente la diffusione e l’accesso. * La professione come servizio individuale Si basa sulla remunerabilità del servizio individuale, che ha come base la certificazione della competenza ossia vedi sopra a proposito del sapere valorizzato. La limitazione dell’accesso è storicamente combattuta anche sul fronte della forma| 172


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zione ben oltre la limitazione dell’accesso alla formazione. * Staccabilità della conoscenza dal produttore Discutere il concetto. Difficoltà reali ce n’è più di una. È un requisito che va analizzato in dettaglio. Procedure, best practice sono esempi di sapere staccato e staccabile. Il manuale. Molto sapere tecnico nella cultura anglosassone è reificato. * Differenze fra capitalismo cognitivo e capitalismo tout court Il capitalismo cognitivo risponde ad una situazione inedita. La conoscenza è in gran parte una il risultato di un’attività collettiva non remunerata. È in gran parte sapere comune, vivente, “intelligenza generale”. Lo sviluppo dell’informatica apre scenari di accessibilità e di sottrazione alla privatizzazione. Lo sviluppo della conoscenza sotto forma di produzione a mezzo di elaboratore è un’innovazione che ha stravolto i costi di produzione di molti processi, ma soprattutto ha sostituito il capitale fisso con lavoro vivente materiale e immateriale. In questo senso la rivoluzione informatica ha comportato una distruzione di valore non commensurabile. Si pensi alla quantità di servizi e di prodotti il cui valore di scambio si è ridotto negli anni grazie ad internet. 173 |


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L’economia dell’abbondanza tende verso un’economia della gratuità e verso forme di produzione di cooperazione di scambio e di consumo che si basano su mezzi nuovi. Il capitalismo cognitivo è la crisi del capitalismo tout court. Si produce utilizzando sempre meno lavoro manuale, (quindi su cosa si basa il capitale? Come dire che se prima il capitale si basava sul lavoro, su cosa si basa ora?). Sulla “capitalizzazione” e valorizzazione di un prodotto per mezzo della conoscenza, espropriata come bene collettivo (ma non è quello che accade già?), e per farla funzionare come capitale immateriale. Il problema è del tutto evidente per i processi in cui il prodotto fisicamente inteso è solamente un supporto, un mezzo, mentre il prodotto è un prodotto di conoscenza come può essere un progetto. Quindi questo è un problema noto nell’ambito della progettazione (non pensiamo al caso ristretto del prodotto di lusso; oltretutto entrare a far parte della ristretta cerchia dei produttori di lusso è altrettanto elitario che essere plurimiliardario). Ma pensiamo al fatto che gli americani stanno brevettando procedure, practice, quali potrebbero essere la ricetta del pesto alla genovese o la ricetta dei tortellini in brodo. Torniamo all’esempio dell’articolo di lusso. Il riccone e pochi insieme a lui sono praticamente proprietari in via socialmente esclusiva di un insieme | 174


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di produttori che producono per loro immaginario e simbolico. Il feticcio della merce è solo un mezzo per rendere raro e prezioso un bene che in quanto simbolico e immaginario è alla portata di tutti. Questa appropriazione non può sempre essere diretta. È sufficiente che il capitale si appropri dei mezzi di accesso alla conoscenza, ossia a internet, per impedire che diventi un bene collettivo abbondante. L’accesso e i mezzi di accesso diventano il luogo centrale di un conflitto fra richiesta di condivisione ed esproprio. Come è che la conoscenza si trasforma in capitale “immateriale”? La valorizzazione che subisce è largamente fittizia ed assicurata attraverso la costruzione di posizioni di monopolio. * Trasformazione della conoscenza in capitale immateriale Elaborato da Gorz su Rifkin. La novità in R. è la concezione del valore dei prodotti come di ciò che rende un prodotto vendibile con il massimo del profitto. Il massimo dipende largamente dalla capacità di un’azienda di acquisire una clientela, di fargli accettare senza ritardi né problemi le novità e di persuadere il cliente dell’assoluto valore incomparabile che offre. La novità in R. si riassume come: la dimensione immateriale del prodotto prevale sulla dimensione materiale; il valore 175 |


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simbolico e sociale sul valore d’uso e sul valore pratico e sul valore di scambio che è limitato. La maggior parte dei benefici derivano dalla dimensione immateriale della merce. La materializzazione diventa secondaria dal punto di vista economico. (come le opere nel Mezzogiorno). Le imprese di produzione materiale sono relegate al rango di vassalli delle aziende che producono essenzialmente l’immateriale. È la proliferazione del nolo e dell’outsourcing: usa le attrezzature non possederle (anche la Nike non produce nulla se non immateriale). Questa esternalizzazione della produzione e del capitale fisso non è il semplice prolungamento della lean production e del reengineering. Si tratta di promuovere una nuova divisione del lavoro, fra i partner e le imprese coinvolte; queste sono forzate attraverso l’azione contrattuale a sviluppare la propria manodopera. Il lavoro ed il capitale fisso materiali sono svalorizzati e spesso ignorati dalla borsa tanto quanto il capitale immateriale viene valutato senza una base misurabile. * Riduzione del volume di lavoro e volume dei profitti Potrebbe essere interessante provare a valutare di quanto sia ridotto il volume di lavoro nei cantieri e di quanto possa essere aumentato il volume dei profitti. | 176


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Il capitale cognitivo funziona come un capitale? Come fa il capitale cognitivo immateriale e di un valore impossibile da determinare a funzionare come un capitale e a diventare una risorsa di valore? * Monopoli simbolici e rendite di monopolio Abbozzo di risposta in Rifkin. In misura crescente i prodotti materiali dei servizi sono travestiti da vettori brevettati di conoscenza. Questi prodotti conferiscono alle merci un valore senza rapporto con il valore di scambio: sembra quasi un valore artistico, simbolico, non imitabile e senza equivalenti. La produzione la vendita e l’allocazione di immagini e di nomi patentati delle merci diviene un’industria prospera. La produzione e l’allocazione del saper fare quale un’immagine di un marchio specifico si può attaccare, autonomizzare a fronte della messa in opera del suddetto saper fare. Che può diventare franchising. Il saper fare viene “brevettato”, con il franchising, e privatizzato. L’impresa madre ne rimane la proprietaria che fa funzionare le sue conoscenze e i suoi brevetti attraverso l’intermediario in franchising. Funziona come il capitale fisso nella misura in cui contribuisce alla produttività dell’impresa licenziataria, ne organizza il lavoro, la sottopone a distanza ai suoi ordini. La totalità del profitto della impresa madre proviene dal 177 |


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canone di frachising. Questi canoni sono di fatto rendite di monopolio e possono rappresentare un multiplo dei costi del capitale cognitivo detenuto dall’impresa madre. Il valore di una conoscenza è interamente legato alla capacità di monopolizzarne il diritto di servirsene. Allo stesso modo si comportano le tutte le merci a forte contenuto immateriale ossia di quei prodotti la cui sorgente è nella conoscenza. È più corretto dire che la sorgente è nella posizione di monopolio della conoscenza, nell’esclusività della qualità di questa conoscenza conferita alle merci che l’inglobano e nella capacità delle imprese di conservare queste posizioni di monopolio. Imperativo è essere sempre avanti agli altri nell’innovazione; proprietà intellettuale e segreto industriale sono imperativi. La monopolizzazione di una conoscenza è difficoltoso. Demanda ad un investimento finanziario spesso molto superiore a quello che richiede la produzione della conoscenza che sta alla base. Il marchio stesso diviene un capitale nella misura del prestigio e della celebrità che si accompagnano e che conferiscono un valore simbolico monetizzabile. L’esternalizzazione della produzione materiale si accompagna ad una internalizzazione dei servizi che le aziende avevano precedentemente abbandonato ad esterni. I prodotti materiali diventano effettivamente i vettori dei servizi venduti. | 178


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* Qualità del servizio La qualità del servizio conta più del prezzo, ossia ne relativizza i termini. L’acquisto di un servizio ha una forte componente relazionale, rispetto al valore d’uso piuttosto che al valore di scambio. L’apparente personalizzazione dei rapporti fra prestatori del servizio e cliente non è che un’illustrazione concreta della personalizzazione del rapporto che l’impresa cerca di stabilire con la sua clientela. I prestatori del servizio agiscono effettivamente come rappresentanti personali dell’impresa. Ossia è l’impresa che esprime uno proprio stile attraverso il prestatore d’opera. Stile,comportamento della maison. La produzione di immagine di un’azienda è un pezzo significativo del processo di produzione (microsoft 1/3 degli investimenti). * Styling La produzione di immagine, di marchio, il marketing, il design ecc.sommano complessivamente una funzione economica e commerciale ad una seconda funzione politica e culturale. Dal punto di vista economico il marchio deve dotare il prodotto di un valore simbolico non misurabile che supera il valore d’uso ed il valore di scambio. I prodotti devono dotarsi di un valore artistico o estetico, sociale ed espressivo. Il marchio deve 179 |


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funzionare nello stesso modo di un firma di un artista famoso, ma un prodotto raro e incomparabile. Deve produrre un valore simbolico che lo sottragga almeno temporaneamente alla concorrenza. Il processo è dinamico: occorre aggiornare la qualità simbolica ai gusti in trasformazione ed inversamente intrattenere questa evoluzione in maniera da rinnovarla, aumentando il valore dei prodotti, le motivazione dei clienti. * Valore intrinseco e ricchezza fuori misura. Le esternalità La conoscenza può essere considerata come la nuova forma di capitale attraverso la quale si esprime la capacità di creazione di una società moderna. Questa “nuova forma di capitale” differisce dal capitale in senso economico. Originariamente la conoscenza non viene accumulata per servire da mezzo di produzione, ma per soddisfare il bisogno, la passione di conoscere, vale a dire di poter penetrare la verità, le verità delle cose, al di là degli usi possibili. La conoscenza non può circolare e accrescersi sotto forma di valore al contrario è un bene che risulta accessibile chi intende produrre conoscenze supplementari. I suoi proprietari si oppongono punto per punto a quelle del capitale in senso economico. Il “capitale conoscenza” non può funzionare e servire alla destinazione primaria | 180


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della produzione di plusvalore o valore in senso usuale. Per contro contiene i germi di una negazione e di un al di là del capitalismo, del lavoro mercificato e degli scambi di mercato. Alla confusione fra le “nuove forme di capitale” e il capitale ai sensi dell’economia politica si aggiunge la confusione nel “valore” di scambio nel senso economico e il valore della conoscenza (nell’esperienza, nella cultura ecc.) Nel postfordismo la conoscenza produce del valore anche perché essa è generatrice di senso. Il valore intrinseco diviene altrettanto importante del valore monetario acquisibile sul mercato. Il valore monetario non riflette un valore estetico e non vi è rapporto fra questi due valori. Il valore intrinseco si situa al di fuori dell’economia per definizione. “L’economia della conoscenza” contiene dunque al fondo di una negazione dell’economia capitalistica di mercato. La conoscenza si può distinguere per la sua efficacia strumentale non per il suo contenuto di verità. Conviene distinguere fra le conoscenze quelle che hanno valore strumentale e sono suscettibili di essere capitalizzate. La conoscenza in generale e quindi anche quella tecnica e scientifica sono sorgenti di ricchezza in sé. In pratica sono molte le conoscenze a non avere un valore monetario (la cultura, la saggezza, le capacità artistiche, 181 |


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il sapere relazionale, cooperativo ecc.). Tali conoscenze sono forze produttive senza essere necessariamente dei mezzi di produzione. Sono ricchezze esterne o “esternalità” che sono indispensabili al sistema di produzione delle merci, ma che sono incapaci di produrre secondo una logica e metodi propri.Questa concezione non aggiunge nulla di nuovo. Da sempre il capitalismo opera sulla base delle condizioni esterne, anzi spesso tende a distruggerle non essendo in grado di riconoscerle e perché nello sviluppo dei mezzi di produzione intacca e stravolge i meccanismi di riproduzione sociale, ambientale anziché favorirne lo sviluppo. Lo sfruttamento dell’esternalità sono all’origine del capitalismo britannico, la chiusura delle terre comuni, “la riproduzione sociale” attraverso la nascita e la socializzazione primaria dell’infanzia, i beni collettivi dell’umanità, gli spazi comuni, urbani. E ci sono le capacità umane di produrre attraverso la cooperazione, le interazioni, la comunicazione ecc. Le esternalità positive sono il risultato di retroazioni positive di sinergie che si sviluppano fuori dall’impresa prima di essere eventualmente captate e “valorizzate” da risorse quali “il capitale umano”. Nota: quindi occorre teorizzare e progettare strumenti che abbiano questo contesto come riferimento: la conoscenza come luogo pubblico e gratuito, | 182


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come luogo della cooperazione nel progetto, come condivisione delle risorse, come sviluppo di un linguaggio, a partire dalla produzione di feedback positivi. È possibile ipotizzare uno scenario che sia almeno di compatibilità e di feedback positivi? Questo discorso sulla gestione della conoscenza serve a lanciare una volta di più l’obiettivo di una crescita del sapere diffuso, dell’investimento nello sviluppo delle risorse... mezzi pubblici. Come il passaggio che portò dalla formazione in bottega alla scuola... * Il progetto come esternalità? Nota: La frammentazione, atomizzazione, individualizzazione delle attività produttive fanno del progetto un contesto al quale tutti si rapportano come ad un sottosistema ambientale, un’esternalità. Il comparto dell’edilizia funziona come una strada urbana all’ora di punta. Anche la conoscenza prima ancora che assicurare il vantaggio competitivo deve costituire l’infrastruttura comune di partenza. L’importanza virtualmente preponderante che viene ormai riconosciuta alle esternalità mette in evidenza i limiti dell’economia di mercato e mette in crisi le sue categorie. Fa apparire che le ricchezze primarie, sorgenti virtuali e condizioni di tutte le altre, non sono producibili da alcuna impresa, contabilizzabili in alcun modo, scambiabi183 |


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li con alcun equivalente. Rivelano che l’economia visibile è una parte ridotta dell’economia totale. È dentro questa altra economia che si producono gli individui umani socialmente e individualmente. È che è stata resa invisibile l’esistenza di una economia primaria fatta di attività, di scambi, di relazioni non mercantili attraverso le quali si produce il senso, la capacità di amare, di vivere in pace con il proprio corpo e con la natura. Il riconoscimento del primato della ricchezza esterna al sistema economico implica l’esigenza di un’inversione del rapporto nella produzione di valori di mercato e la produzione di ricchezze “non scambiabili, inappropriabili, intangibili, indivisibili, inconsumabili. La prima deve essere subordinata alla seconda. * Verso una società dell’intelligenza: ridefinire la ricchezza Il capitalismo cognitivo è il modo sul quale il capitalismo si perpetua quando le sue categorie hanno perso la loro pertinenza; quando la produzione di ricchezza non è più calcolabile in termini di “valore”; quando la principale forza produttiva non è più una risorsa rara né un mezzo di produzione privatizzabile, ma un insieme di saperi abbondanti, inesauribili.

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Virtualmente superato il capitalismo si perpetua impiegando una risorsa abbondante, l’intelligenza umana, per produrre delle rarità, ivi compresa la rarità di intelligenza. Questa produzione di rarità in una condizione di abbondanza potenziale consiste nell’erigere degli ostacoli alla circolazione e la condivisione di saperi e di conoscenze: particolarmente per mezzo del controllo e della privatizzazione dei mezzi di comunicazione e di accesso, per mezzo della concentrazione su uno strato molto sottile di competenze ammesse a funzionare come capitale cognitivo. Lo strato sottile è quello che ammettiamo essere le competenze alte della progettazione mentre misconosciamo l’intelligenza diffusa necessaria a produrre il progetto? Tessuto di incoerenze e di contraddizioni che lo rendono estremamente mobile e vulnerabile, il “capitalismo cognitivo” è tormentato da conflitti culturali e da antagonismi sociali. È precisamente in ragione della sua instabilità e della sua incoerenza della sua struttura di classe squilibrata e complessa e della ristrettezza della sua base sociale, che il capitalismo cognitivo contiene la possibilità di evoluzioni rapide nelle direzioni opposte. Non è più un capitalismo in crisi, è la crisi del capitalismo che scuote la società nel suo profondo. Nota: utilizzare questi concetti per elaborare 185 |


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un’analisi delle competenze nel settore delle costruzioni. Citazioni da Lazzarato, Y. Moulier Boutang, T. Negri e H. Serieyx. Quest’ultimo mostra che per gestire la complessità ambientale, l’impresa deve scommettere sul funzionamento delle attività e degli scambi multilaterali delle persone e non per cercare di dominarli pretendendo di misurare le loro prestazioni individuali. Le persone che cooperano, si coordinano e si aggiustano liberamente gli uni sugli altri in un progetto che hanno definito insieme , avranno la tendenza a migliorarsi in continuazione. Alla maniera di un gruppo di free jazz, ciascuno si sentirà sollecitato dagli altri a sviluppare le proprie capacità, la propria ricettività e l’attenzione ai risultati raggiunti.La sopravvivenza dell’impresa in un ambiente complesso dipende da questa facoltà di auto-organizzazione dalla capacità di promuovere lo sviluppo dell’intelligenza collettiva e individuale. Il contributo individuale al risultato collettivo non è misurabile. La nozione di durata e di quantità di lavoro perdono la loro pertinenza. La sorgente della produttività è dentro un’organizzazione che promuove l’auto organizzazione e genera delle esternalità positive (per me nel progetto) vale a | 186


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dire un risultato collettivo che trascende la somma dei contributi individuali. L’”organizzazione che apprende” è il paradigma di un’altra società (H. Serieyx). La società dell’intelligenza. Esistono effettivamente poche organizzazioni che apprendono Per il capitale il dominio sulla forza lavoro è sempre stata la condizione per la sua utilizzazione. Meglio piuttosto rinunciare a prendere partito di certe esternalità potenziali piuttosto che rinunciare al controllo. L’economizzazione di tutte le attività diviene distruttrice di senso, impoverisce le relazioni sociali, degrada l’ambiente urbano e l’ambiente naturale. L’economizzazione di tutte le attività del progetto distrugge il senso, impoverisce le relazioni sociali ecc... La ricchezza scissa dalla formazione del valore diviene una nozione da ridefinire e da sottrarre all’egemonia delle categorie economiche. * Verso una civilizzazione post umana: definizione di intelligenza L’intelligenza è un insieme di facoltà indissociabili le une dalle altre e irriducibili le une alle altre: apprendere, giudicare, analizzare, ragionare, anticipare, memorizzare, calcolare, in187 |


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terpretare, comprendere, immaginare, fronteggiare l’imprevisto. Queste facoltà non si sviluppano né acquistano senso se non viene richiesto di perseguire un obiettivo: per un progetto, un desiderio, un bisogno. L’intelligenza è inseparabile dalla capacità di porsi rispetto a sollecitazioni, a resistenze, ecc., per sviluppare abilità, il sapere del corpo, le curiosità, e le sensibilità che permettono di spiegare il mondo sensibile, nella sua organizzazione spaziale, temporale nella diversità delle qualità formali e sensoriali. È inseparabile dalla facoltà di confrontarsi e comunicare con gli altri, di comprendere intuitivamente le loro intenzioni e i loro sentimenti. La psicologia ha finito per dimostrare questa evidenza intuitiva: l’intelligenza è inseparabile dalla vita affettiva, vale a dire dai sentimenti e dalle emozioni, dai bisogni e dai desideri, speranze e attese. In loro assenza l’intelligenza fa difetto: non resta che la facoltà di analizzare, di calcolare, di memorizzare, l’intelligenza macchina. Il fatto di presentarsi e di rappresentarsi come una società della conoscenza è gravido di significato quanto la povertà di senso della civilizzazione che si mette in campo. La conoscenza in effetti non implica necessariamente l’intelligenza. Quella è molto più povera di questa. Quella ignora l’importanza essenziale dal punto di vista politico della questio| 188


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ne che una società ha bisogno di porsi: che cosa abbiamo bisogno o desideriamo di conoscere? Che cosa è importante conoscere e cosa lo è meno? Tanto il concetto di intelligenza copre tutto lo spettro delle facoltà umane e di conseguenza servire da base a una concezione della società come società della cultura, quanto il concetto di conoscenza esclude questa possibilità. Occorre soffermarsi meglio sulla differenza fondamentale fra conoscere e sapere. Conoscere è sempre per definizione conoscere un oggetto, materiale o meno reale o meno come oggetto esistente in sé, fuori da me distinto da me e autosufficiente. Non dipende da me e non può rispondere. La determinazione di un oggetto è una determinazione sociale astratta. La conoscenza è il risultato di un apprendistato sociale nel quale è prima di tutto la conoscenza delle determinazioni aventi validità sociale e in un periodo dato, insegnate a scuola o apprese in esperienze extrascolastiche. Il nostro rapporto primario e originario con il mondo non passa per la conoscenza, è sapere intuitivo, precognitivo. Conosciamo attraverso l’esperienza sensibile della realtà, le nostre percezioni sensoriali passano attraverso il corpo. Gorz enfatizza l’importanza del saper precognitivo, comunque il sapere del corpo. Noi abbiamo appreso il linguaggio del mondo socia189 |


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le vissuto e il modo di impiego dei suoi oggetti attraverso l’uso. L’insieme dei nostri saperi precognitivi e informali costituiscono la trama della nostra coscienza, la base sulla quale si compirà lo sviluppo sensoriale, affettivo e intellettuale delle persone o sul fallimento della quale non si compirà affatto. La qualità di una cultura e di una civilizzazione dipende dall’equilibrio dinamico che riescono a creare fra i saperi intuitivi del mondo vissuto e lo sviluppo delle conoscenze. Dipende dalle sinergie dalle retroazioni positive che si instaurano fra lo sviluppo della conoscenza ed il sapere vissuto. (ecco perché bisogna mettere in contatto stretto produzione e formazione). Dipende dalla capacità che avrà lo sviluppo delle conoscenze per aumentare la qualità del mondo vissuto, la “qualità della vita”. Dipende da un ambiente naturale e sociale che sollecita lo sviluppo delle nostre facoltà per la ricchezza delle sue forme, dei suoi colori, dei suoi sensi, dei suoi materiali, della sua organizzazione spaziale, per la concezione delle abitazioni e degli strumenti, per la facilità e la multilateralità degli scambi e delle comunicazioni, per i modi di cooperazione. Le conoscenze che permettono di pensare quello che non può essere compreso intuitivamente, completano, correggono e prolungano il sapere vissuto, allargano gli orizzonti, sono accessibili a tutti? Il | 190


La gestione delle conoscenze

loro sviluppo, quello delle scienze, si lascia guidare ed orientare dai bisogni e dai desideri e dalle aspirazioni del mondo vissuto? Si articolano con il sapere in una sinergia o squalificano il sapere vissuto e rivendicano per la scienza il monopolio di una conoscenza vera? (tale e quale nell’orto concluso delle costruzioni: un sapere diffuso, un fare intuitivo e un agire spontaneo che diviene il terreno di una battaglia continua, per un territori solcato dalle trincee nelle quali tutti combattono per un dominio...). Queste questioni sono i temi fondatori della critica culturale sociale e politica all’origine del movimento ecologista. Questo non è un movimento di difesa della natura ma di una resistenza all’appropriazione privata ed alla distruzione del bene comune per eccellenza. * Segmentazione dei saperi Frammenti di conoscenza specializzata sono appresi da specialisti che ignorano il contesto, la portata, il senso e soprattutto la “la combinatoria indipendente che orienta la tecnica”. Le evidenze comuni i saperi intuitivi sono squalificati per una folla di conoscitori professionali che rivendicano il monopolio della conoscenza vera. Ivan Illich li ha chiamati professioni incapacitanti quelle professioni che suggellano l’incapa191 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

cità degli individui di prendersi responsabilità in un mondo incomprensibile. La tecnoscienza ha prodotto un mondo che oltrepassa al contrario, viola il corpo umano per la condotta che gli richiede, per l’accelerazione e l’intensificazione delle retroazioni che sollecita. Le contraddizioni fra sapere e bisogni corporali da una parte ed i bisogni della mega macchina tecnico economica dall’altra è divenuto patologico. La posta è quella di poter emancipare la scienza dal capitalismo. * Allotecnica e Homeotecnica una “riforma dello spirito” Allotecnica ossia il mito delle sottomissione totale della natura, l’omeotecnica ha più il carattere di una cooperazione che di una dominazione. Peter Sloterdijk: l’ecologia e la scienza della complessità detengono il potenziale di liberare un’etica delle relazioni senza nemici e senza dominazioni.

| 192


La gestione delle conoscenze

Annotanti Costruire come fatto autenticamente locale, regionale nazionale simile ad una lingua, lingua fatta di atti, regole linguistiche ecc. Perché si ricade in questa metafora linguistica che ha ammorbato la critica architettonica per decenni? Forse perché andrebbe riferita al costruire, all’edilizia più che a delle intenzioni compositive. Costruire come linguaggio universale. Mentre il progettare è un fatto limitato nel tempo e nello spazio e riguarda una particolare congrega di persone. Il senso della giornata è che mi pare di ritrovarmi fra quei vecchi cultori di lingue morte, eruditi filologi di sintassi perdute o da conservare come vecchie iscrizioni...

193 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

Metodologie e strumenti per la progettazione e il design ecoefficienti nella filiera del legno A partire da un progetto di ricerca attualmente in fase di studio su cui è impegnato il centro interdipartimentale INN-LINKS, il focus proposto, dalle prospettive di differenti paradigmi scientifici, si può delineare in riferimento al tema di coniugare cambiamento e stabilità, innovazione e conservazione, progetto e impresa, riorganizzazione e autopoiesi dei sistemi territoriali di impresa. Comprendere e progettare le dinamiche del cambiamento e della stabilità comporta in primo luogo che per ogni processo dato abbiamo bisogno di conoscere le “chaines opératoires” in un dominio specifico, occorre procedere oltre il design del prodotto e del componente edilizio per indagare ciò che ha contribuito alla sua creazione compresi i limiti imposti dalle tecnologie disponibili, i rapporti di genere e altri aspetti dell’organizzazione sociale. Lo studio della filiera “foresta-legno-industria-design” mette bene in evidenza la complessità che implica il coinvolgimento di differenti competenze scientifico e culturali da un lato e tecnologico, industriali e di mercato, dall’altro. È un sistema integrato ed interdipendente complesso, che affronta aspetti biologici (biodiversi| 194


La gestione delle conoscenze

tà , efficienza metabolica funzionale, formazione del legno, capacità riproduttiva ecc.), selvicolturali (tecniche di management per la sostenibilità produttiva ed ambientale), ecologici (protezione del suolo e del territorio, cattura e immobilizzazione di CO2 ecc.), tecnologici (conoscenza e valutazione delle caratteristiche qualitative e comportamentali del legno, sviluppo di tecnologie innovative per nuovi materiali, macchine utensili) e risulta particolarmente significativo riguardo ad obiettivi di dematerializzazione (fattore 4) e di spazio ambientale, ossia di rischio ambientale tollerabile. La natura sistemica del problema scientifico richiede un concorso di paradigmi e strumenti per sviluppare una ricerca sull’evoluzione sociale e sulle pratiche circostanziate sottese ai risultati tangibili al fine di comprendere come i singoli, le organizzazioni ma anche i progetti e i prodotti in un delimitato ambito territoriale svolgono un’azione di coinvolgimento, arruolano e si arruolano. Nello stesso tempo occorre cercare di comprendere le dinamiche di fallimento e di insuccesso quando mancano le interazioni necessarie fra domini che, in contesti operativi, devono coagulare insieme elementi fra loro sconnessi, rendendo possibile lo sviluppo di processi e prodotti innovativi. 195 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

Il loro ciclo di vita dipenderà a sua volta dalla permanenza e riproduzione delle condizioni che li hanno generati o, in altri termini, dall’accoppiamento strutturale che saranno in grado plasticamente di mantenere con il contesto in cui si situano. L’inefficacia delle strategie di mutamento di prodotti e di processi, conversione industriale, è infatti legata frequentemente alle caratteristiche imprenditoriali e sociali, alla necessità di combinare queste con obiettivi espliciti di stabilità e conservazione, alla difficoltà di innescare processi di trasformazioni che devono essere sostanzialmente interni al sistema socio/tecnico e non possono essere agiti dall’esterno (ricerca/mercati ecc.), all’insufficiente analisi del lash- ups secondo prospettive monodisciplinari, ossia della comprensione di tutti i fattori che consentono o inibiscono il cambiamento, spesso ottenuta come schematica applicazione di modelli funzionali semplificati, ed al conseguentemente scarso controllo del processo progettuale. A tutto ciò va aggiunto che i sistemi di impresa, in quanto organismi unici nella loro struttura organizzativa, tecnica, imprenditoriale, filogeneticamente collegati ai sistemi territoriali e gli ambiti sociali, rendono complesso ogni tentativo di valutazione dei progetti in relazione al| 196


La gestione delle conoscenze

le azioni esterne (dei mercati, delle istituzioni, dei fenomeni migratori ecc.). Conseguentemente i processi di progettazione, sviluppo e trasformazione maturano dopo anni di lavoro sul territorio, sono per loro natura lenti e incerti nell’avanzare e richiedono lo studio sistematico di saperi informali e taciti quindi difficilmente comunicabili ed oggettivabili. L’azione chiave proposta interessa pertanto il coordinamento e l’integrazione dello studio fra analisi cognitiva delle strutture economiche in ambiti territoriali, lo studio antropologico delle catene operazionali, l’analisi sistemica della tecnologia del legno, la gestione delle conoscenze dei processi di progettazione: l’esigenza di base è quella di sviluppare strumenti interpretativi e modelli qualitativi e quantitativi per l’osservazione e l’analisi dei sistemi di impresa, l’analisi della produzione e con essa della produzione e condivisione delle conoscenze, lo sviluppo di basi di conoscenza per la progettazione di componenti edilizi e design, al fine di migliorare sviluppare una capacità di consulenza e supporto all’attività delle parti interessate, ricercatori, progettisti, imprese, enti istituzionali attraverso metodi e strumenti innovativi (organizzazione e knowledge management). 197 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

| 198


La rete di Babele. Organizzazione della conoscenza e tecnologia dell’informazione per la conservazione del patrimonio costruito

Il knowledge management1

aziende multinazionali a cogliere in particola-

Il termine Knowledge Management ha origi-

re le prospettive di innovazione tecnologica che

ne in ambito industriale relativamente all’or-

segue il compimento di un ciclo nell’informa-

ganizzazione, produzione, gestione e control-

tizzazione dei sistemi aziendali: inizialmente

lo della conoscenza, tanto che se ne parla ini-

gli investimenti si sono concentrati soprattut-

zialmente in termini di “Corporate Knowledge

to sullo sviluppo dei mezzi per rendere veloce e

Management”. La teoria non è nuova; il moti-

semplice l’archiviazione, la descrizione e la co-

vo di interesse sta nell’affrontare in termini

municazione di dati e informazioni, successiva-

pragmatici il passaggio ad una società dell’in-

mente si è compreso quanto le trasformazio-

formazione e della conoscenza, caratterizzata

ni che riguardano i processi di comunicazione

da un’economia basata largamente sulla pro-

hanno una base organizzativa dalla quale non

duzione di servizi, in particolare di servizi in cui

si può prescindere.

si manipolano informazioni, e sul valore econo-

L’obiettivo organizzativo del Knowledge Mana-

mico della conoscenza come risorsa strategica.

gement si focalizza su come poter mettere a

L’obiettivo del knowledge management è quin-

servizio di una comunità di pratica le conoscen-

di pragmatico: favorire la collaborazione all’in-

ze specifiche (professionali, tecniche, scienti-

terno dei gruppi di lavoro e quindi migliorarne

fiche) di ogni membro. È una logica che attin-

l’efficienza esplicitando e mettendo in comu-

ge al general intellect di un’organizzazione per

ne la conoscenza che ogni membro ha matu-

aumentare quantità e qualità delle conoscen-

rato. VI sono due modi di intendere e caratte-

ze attraverso la collaborazione e la condivisione

rizzare l’argomento: il primo deriva da un ap-

negli ambienti di lavoro di ricerca e di formazio-

proccio organizzativo, il secondo privilegia l’a-

ne. È per altri versi una necessità là dove gli sti-

spetto strumentale, tecnologico. Nel secondo

li organizzativi, la competizione, la frammen-

il Knowledge Management si riduce alla tec-

tazione sociale, lo scontro culturale, porta alla

nologia dell’informazione (Information Tech-

dissimulazione delle conoscenze. Incontra resi-

nology – IT), su cui molto ha puntato il Corpo-

stenza da parte di esperti gelosi del proprio sa-

rate Knowledege Management. Sono state le

pere, non disposti a cedere posizioni di vantaggio, di ruoli acquisiti raggiunti in anni di espe-

Articolo pubblicato su AA.VV., Earth/Lands, Earthen Architectures in Southern Italy/Architetture in terra nell’Italia del Sud, ETS, Pisa 2008. 1

rienza, è alla base di uno scambio nel rapporto fra maestro artigiano e allievo che deve sotto199 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

stare al tirocinio inutilmente lungo per carpire

obiettivo comune: “Dài, fabbrichiamo i mat-

ciò che si potrebbe comunicare con facilità.

toni”, si dicono e si dedicano a tempo pieno ed

Tacitazione, dissimulazione della conoscenza,

esclusivo alla fabbrica della torre. “Dài costru-

infingimenti e pratiche esoteriche, sono fre-

iamo per noi una città ed una torre e la sua te-

quenti nei saperi “deboli”. Il primario che impe-

sta nei cieli e faremo per noi un nome. Che non

disce all’assistente di seguire ai passaggi cru-

saremo sparsi sopra i volti di tutta la terra”, si

ciali dell’operazione, il giovane architetto che

dicono e il dipinto di Bruegel ci restituisce l’im-

tiene per sé i progetti, ché sarebbe troppo fa-

magine dell’enorme termitaio in cui, come for-

cile sottrarglieli e copiarli, le idee non brevet-

miche, gli uomini operosamente al lavoro co-

tabili per definizione o difficilmente difendibi-

struiscono la torre secondo un programma pre-

li da una serie di brevetti, le tesi di laurea e di

ciso. Di un formicaio possiamo anche immagi-

dottorato secretate per non concedere vantag-

nare una comunicazione funzionale allo scopo,

gi accademici, il sapere marginale del salaria-

finalizzata all’esecuzione di un compito.

to tanto utile al manager ma del quale il primo

Guardiamo l’obiettivo del progetto. Riuscirà

trarrebbe volentieri benefici contrattuali: sono

l’umanità ad essere al sicuro dal rischio di un

questi alcuni possibili esempi di conoscenza ta-

nuovo diluvio? É consapevole dei rischi che cor-

cita la cui “estrazione” non è isolabile in un do-

re l’impresa di mettersi al sicuro dal rischio che

minio puramente tecnico.

si vuole allontanare? In una logica di complessità dei sistemi è evi-

Terra e bitume: il paradigma della torre di Babele

dente che quell’umanità sopravvissuta che si

Parlando di costruzioni in terra e di gestione

concentra su una torre corre un rischio terribile,

della conoscenza, la costruzione della Torre di

fatale per la propria stessa sopravvivenza.

Babele è un caso paradigmatico a cui riferirsi

“Una città e una torre proteggeranno da ritorno

per comprendere la natura del problema: l’a-

delle acque” è un progetto sbagliato ma la de-

dobe come pietra e il bitume come argilla per

cisione di costruire è unanime, nulla può impe-

mettersi al riparo da un secondo diluvio .

dire l’errore della torre, è una umanità che non

L’umanità sorta dalla cancellazione del diluvio

comunica, sorda perché ha una sola lingua e

parla una sola lingua, secondo Rabbi Shelomo

una sola ossessione.

Ben Itzhàk parlavano l’ebraico antico: ”E fu tut-

L’intervento divino opera per una mitigazio-

ta la terra un labbro unico e parole uniche” .

ne del rischio, la dispersione dell’umanità sul-

Appare, questa, come una condizione invidia-

la terra, l’adattamento ne aumenterà la possi-

bile: una comunità in pace che opera per un

bilità di sopravvivenza: “Dài, scenderemo e ri-

2

gireremo loro il labbro: che non ascolteranno Compresi i virgolettati che seguono sono tratti dalla traduzione di Erri De Luca, Sottosopra: alture dell’Antico e del Nuovo Testamento, Mondadori, Milano 2007.

2

| 200

uomo labbro di suo labbro”. L’opera è realizzata e se ne comprende l’insensatezza e l’inutili-


La rete di Babele

tà. A qualcosa quindi la costruzione della torre

L’obiettivo che viene posto nella prospetti-

è servita: ottenere il dono delle lingue e usarle

va dello sviluppo della conoscenza è semplice:

per comunicare:”... e questo è il loro cominciare

permettere ad ogni lingua di comunicare e im-

a fare. E adesso non sarà impedito da loro tutto

pedire che ognuna di queste si riduca a mero

ciò che progetteranno di fare”.

agire funzionale.

La gestione della conoscenza per la conserva-

Come strutturare la conoscenza sul web? La

zione delle architetture in terra

tassonomia del Tasso e del tasso barbasso

La Babele della costruzione e della conserva-

Per la Babele di una comunità di pratica inter-

zione degli edifici in terra cruda è una comunità

net è una sfida interessante. Osserviamo due

di pratica particolare. È una comunità eteroge-

caratteristiche importanti:

nea per provenienza geografica e culturale (Ba-

- essa non dipende da una struttura organizza-

cino del Mediterraneo, Europa Centrale, America Centrale, Medioriente ecc.) per profili tecnico/scientifici e professionali (architetti, inge-

tiva delimitata, chiusa; - è principalmente orientata al progetto, quindi a uno scopo.

gneri, conservatori, esperti di materiali, ammi-

Da un punto di vista della comunicazione que-

nistratori pubblici ecc.) e sociali.

sti due aspetti fanno sì che il linguaggio usa-

Wellerlehm, pisé, adobe, massone sono segni

to debba essere rilevante in senso funzionale,

di una differenziazione che è linguistica, geo-

per sostenere un agire materiale ma richiede al

grafica, tecnologica. Il gesto del costruire è esso

contempo un’intermediazione linguistica non

stesso lingua fatta di segni (gesti, azioni , ecc.)

riducibile ad un codice di pratica.

attraverso i quali si esplicita la cognizione del

Internet è un mezzo potente per la comunica-

costruire. Gli stessi linguaggi tecnico scientifi-

zione per organizzazioni aperte. Che si tratti

ci si differenziano e specializzano distinguen-

di internet o di un articolo su rivista o dei dise-

do domini di spiegazione scientifica, modelli di

gni di un dettaglio costruttivo, la comprensio-

rappresentazione, processi e protocolli spes-

ne di un progetto ha bisogno di un contesto, ad

so confondendo segni e semantica de discorso.

esempio:

In questa babele linguistica accade che la lin-

“Il comune di Roma voleva che i due poeti pa-

gua di un maleem berbero condivide parte del-

gassero qualcosa per la sosta delle bestiole

la semantica e dei segni con la lingua di un ar-

sotto gli alberi ma fu difficile stabilire il tasso

chitetto tedesco che parla attraverso disegni e

da pagare; cioè il tasso del tasso del tasso del

specifiche tecniche: per ognuna di queste lin-

Tasso e il tasso del tasso del tasso barbasso del

gue di segni esiste una pragmatica che riflette

Tasso” (Achille Campanile).

relazioni sociali, processi di simulazione e dis-

Da cui segue che la ricerca di un tasso può risul-

simulazione.

tare tanto più complicata e onerosa in termini

201 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

di tempo impiegato, dovendosi destreggiare

mettersi sotto un olmo, il popolino diceva: “È il

fra plantigradi, poeti e piante quanto più il te-

Tasso dell’olmo o il Tasso della quercia?”.

sto è, nel nostro caso volutamente, ambiguo e

Così poi, quando si sentiva dire “il Tasso della

polisemico.

quercia” qualcuno domandava: “Di quale quer-

D’altra parte il testo nel suo insieme non faci-

cia?”.

lita la comprensione e richiede una certa con-

“Della quercia del Tasso.”

centrazione:

E dell’animaletto di cui sopra, ch’era stato do-

Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor

nato al poeta in omaggio al suo nome, si disse:

oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corro-

“il tasso del Tasso della quercia del Tasso”.

so e ormai quasi informe, tenuto su da un mu-

Poi c’era la guercia del Tasso: una poverina con

ricciolo dentro il quale è stato murato acciocché

un occhio storto, che s’era dedicata al poeta e

non cada o non possa farsene legna da ardere, si

perciò era detta “la guercia del Tasso della quer-

chiama la quercia del Tasso perché, avverte una

cia”, per distinguerla da un’altra guercia che s’e-

lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto,

ra dedicata al Tasso dell’olmo (perché c’era un

quand’essa era frondosa.

grande antagonismo fra i due).

Anche a quei tempi la chiamavano così.

Ella andava a sedersi sotto una quercia poco di-

Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dico-

stante da quella del suo principale e perciò det-

no le guide.

ta: “la quercia della guercia del Tasso”; mentre

Meno noto è che, poco lungi da essa, c’era, ai

quella del Tasso era detta: “la quercia del Tas-

tempi del grande e infelice poeta, un’altra quer-

so della guercia”: qualche volta si vide anche la

cia fra le cui radici abitava uno di quegli anima-

guercia del Tasso sotto la quercia del Tasso.

letti del genere dei plantigradi, detti tassi.

Qualcuno più brevemente diceva: “la quercia

Un caso.

della guercia” o “la guercia della quercia”. Poi,

Ma a cagione di esso si parlava della quercia del

sapete com’è la gente, si parlò anche del Tasso

Tasso con la “t” maiuscola e della quercia del

della guercia della quercia; e, quando lui si met-

tasso con la “t” minuscola. In verità c’era anche

teva sotto l’albero di lei, si alluse al Tasso della

un tasso nella quercia del Tasso e questo ani-

quercia della guercia.

maletto, per distinguerlo dall’altro, lo chiama-

Ora voi vorrete sapere se anche nella quercia del-

vano il tasso della quercia del Tasso.

la guercia vivesse uno di quegli animaletti det-

Alcuni credevano che appartenesse al poeta,

ti tassi.

perciò lo chiamavano “il tasso del Tasso”; e l’al-

Viveva.

bero era detto “la quercia del tasso del Tasso” da

E lo chiamarono: “il tasso della quercia della

alcuni, e “la quercia del Tasso del tasso” da altri.

guercia del Tasso”, mentre l’albero era detto: “la

Siccome c’era un altro Tasso (Bernardo, padre

quercia del tasso della guercia del Tasso” e lei:

di Torquato, poeta anch’egli), il quale andava a

“la guercia del Tasso della quercia del tasso”.

| 202


La rete di Babele

Successivamente Torquato cambiò albero: si

so del tasso barbasso, per distinguerlo dal tasso

trasferì (capriccio di poeta) sotto un tasso (albe-

del Tasso del tasso; da altri come il tasso del tas-

ro delle Alpi), che per un certo tempo fu detto: “il

so barbasso del Tasso, per distinguerlo dal tasso

tasso del Tasso”.

del tasso del Tasso.

Anche il piccolo quadrupede del genere degli orsi

Il comune di Roma voleva che i due poeti pagas-

lo seguì fedelmente, e durante il tempo in cui essi

sero qualcosa per la sosta delle bestiole sotto gli

stettero sotto il nuovo albero, l’animaletto ven-

alberi, ma fu difficile stabilire il tasso da pagare;

ne indicato come: “il tasso del tasso del Tasso”.

cioè il tasso del tasso del tasso del Tasso e il tas-

Quanto a Bernardo, non potendo trasferir-

so del tasso del tasso barbasso del Tasso (Il tas-

si all’ombra d’un tasso perché non ce n’erano a

so, Achille Campanile).

portata di mano, si spostò accanto a un tasso

L’ambiguità del testo si chiarisce facilmente

barbasso (nota pianta, detta pure verbasco), che

costruendo un grafo delle relazioni semantiche

fu chiamato da allora: “il tasso barbasso del Tas-

utilizzate nel testo.

so”; e Bernardo fu chiamato: “il Tasso del tasso

Si può comprendere più facilmente di chi o di

barbasso”, per distinguerlo dal Tasso del tasso.

cosa si stia parlando attraverso le lunghe cate-

Quanto al piccolo tasso di Bernardo, questi lo

ne di specificazione nel testo scritto, seguendo

volle con sé, quindi da allora quell’animalet-

con una penna i legami di/del/della sul grafo.

to fu indicato da alcuni come: il tasso del Tas-

La rilettura del testo con il grafo a lato identi-

203 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

fica senza incertezza tutti i tassi del discorso,

la conoscenza: le ontologie rispondono all’esi-

compreso quello che l’autore introduce di sop-

genza di descrivere entità reali (oggetti fisici,

piatto alla fine burlandosi del lettore disatten-

eventi, regioni, quantità di materia, ecc.), meta

to. Il grafo aggiunge informazioni circa le clas-

categorie e modelli (concetti, proprietà, quali-

si di appartenenza dei vari tassi e fornisce una

tà, stati, ruoli,ecc.) usati per la soluzione di pro-

sorta di mappa dei concetti richiamati. In prati-

blemi. Le ontologie astraggono regole e strut-

ca ogni pittogramma associa ogni individua ad

ture più generali di rappresentazione di un si-

una classe togliendo ambiguità al discorso. Sa-

stema di conoscenze. Nella regione in cui abi-

rebbe come dire il tasso (è un plantigrado) del-

to ogni persona alla nascita ha un nome, un co-

la quercia (è una pianta) del Tasso (è il poeta).

gnome e un codice fiscale. È una condizione “ontologica” ritenuta necessaria per esistere in

Knowledge management e ontologie sul web

quanto cittadini. Tale condizione è vera. Ossia è

Attorno alle ontologie vi è un crescente inte-

senso comune, anche se può essere falsificata

resse e si possono incontrare numerose pub-

da chi declina a qualsiasi scopo false generali-

blicazioni che iniziano sottolineando che stia-

tà. Ciò che differenzia una teoria ontologica da

mo parlando di ontologie anziché di Ontolo-

una qualsiasi teoria logica (o base di conoscen-

gia3. Le ontologie giocano un ruolo importante

za), è la sua semantica, dal momento che i suoi

nell’organizzazione e nella gestione delle cono-

assiomi devono essere condivisi nel dominio

scenze, ossia nel Knowledge Management. In

considerato. In altre parole, mentre una qualsi-

esse sono implicati i modi in cui si rappresen-

asi base di conoscenza è legata al proprio stato

ta la conoscenza, la si comunica, archivia e ri-

epistemico, un’ontologia funziona se rappre-

utilizza. Sono interessanti sotto tre aspetti:

senta la conoscenza comune, indipendente da

- dal punto di vista della rappresentazione del-

questo o da quello stato epistemico; - dal punto di vista del suo utilizzo in termini di

Nicola Guarino e altri dell’Istituto padovano del CNR per la sistemistica e la bioingegneria hanno elaborato una tassonomia di sette differenti interpretazioni operative del termine ‘ontologia/ontologie’: - come disciplina filosofica, della quale abbiamo fatto cenno; - come sistema concettuale informale del tipo: ‘base di conoscenza arbitraria’ di cui sopra; - come accezione semantica formale. Ontologia vera e propria; - come specificazione di una ‘concettualizzazione’ – secondo la definizione di Gruber e comune in Intelligenza Artificiale; - come rappresentazione di un sistema concettuale attraverso una teoria logica, a sua volta caratterizzata da proprietà formali specifiche o solo da obbiettivi specifici, cioè una teoria logica vera e propria, pura collezione di asserzioni; - come vocabolario usato da una teoria logica, con il rischio di ridursi alla definizione precedente qualora consista soltanto in un insieme di definizioni logiche; - come specificazione (meta-livello) di una teoria logica.

3

| 204

processi comunicativi, ossia della produzione e trasformazione delle basi di conoscenza: definire ontologie consente di formalizzare i modi di produzione i modi di produzione di produzione e organizzazione della conoscenza, regolarne il trasferimento e garantirne la permanenza nel tempo e nello spazio rispettandone la mobilità che impone continue e fondamentali revisioni alle strutture formalizzate; - dal punto di vista della manipolazione che


La rete di Babele

se ne può fare con strumenti informatici: gli

re la “Prefazione” di Michel Focault a Le mots

schemi ontologici permettono infatti il colle-

e les choses (Le parole e le cose), in cui si rende

gamento fra database, fra applicazioni, pre-

celebre questa classificazione di animali che in

figurano il semantic web, altrimenti detto in-

un suo testo Jorge Luis Borges attribuisce a una

ternet 2.0, e l’uso di applicazioni in rete (web

presunta enciclopedia cinese che un non me-

service), permettono il reasoning ossia di stru-

glio identificato Franz Kuhn avrebbe avuto mo-

menti di calcolo applicabili alle basi di cono-

do di consultare. Lo stesso Perec nello stesso

scenza.

testo ha appena affermato: “con le mie classificazioni ho sempre un problema: non durano;

Le Tassonomie e le folksnomie

non ho ancora finito di fare ordine che quell’or-

“A) che appartiene all’imperatore, B)imbalsa-

dine è già caduco”.

mati C) addomesticati, D) maiali da latte, E) si-

Siamo avvisati. L’uso di tassonomie4 per la co-

rene, F) favolosi, G) cani sciolti, H) inclusi nel-

struzione di reti semantiche è circoscritto nel-

la presente classificazione, I) che si agitano co-

lo spazio e nel tempo, ha validità limitata. No-

me ossessi, J) innumerevoli, K) tracciati con un pennello molto fine di peli di cammello, L) eccetera, M) che fanno l’amore, N) che da lontano sembrano mosche”. George Perec rammenta in Pensare/Classifica-

4 Con il termine tassonomia (dal greco taxis = ordine e nomos = regole) ci si può riferire sia alla classificazione gerarchica di concetti, sia al principio stesso della classificazione. Praticamente tutti i concetti, gli oggetti animati e non, i luoghi e gli eventi possono essere classificati seguendo uno schema tassonomico.

205 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

nostante ciò alcune discipline le ritengono mol-

l’interesse di storici dell’architettura che discu-

to utili per organizzare le proprie basi di cono-

tono sulla periodizzazione o sulla classificazio-

scenza. In ambiti scientifici, come nella bota-

ne di alcune tendenze artistiche.

nica, nella zoologia ma anche nell’ambito della

Una tassonomia dell’edificio atta a descrive-

conservazione dei beni culturali sono utilizza-

re una classe d’individui di una popolazione,

te estese tassonomie con gli intenti più diver-

se messa a confronto con la tassonomia del

si. Tassonomici sono i criteri di organizzazione

corpo umano è sicuramente meno significati-

e presentazione dei progetti. Le conoscenze su

va, dovendo fare i conti con differenti organi-

una data tecnologia sono organizzate usando

smi edilizi facenti capo a classi differenti: forse

convenzionalmente approcci tassonomici o si-

in tal caso il paragone più pertinente corre con

stematici, come ad esempio nel campo dell’e-

gli strumenti tassonomici che supportano lo

dilizia e delle costruzioni, in cui una buona clas-

studio della filogenesi degli organismi viventi.

sificazione è considerata già di per se stessa un

Appare chiaro che se finalizzata e condivisa

contributo scientifico. Seguono ugualmente

una tassonomia può essere anche utile. Voca-

criteri tassonomici le analisi dei sistemi territo-

bolario e struttura sono elementi fondamenta-

riali, le mappature geografiche ecc. Molti stan-

li della comunicazione in qualsiasi ambito ma

dard, nome tecniche e codici di pratica, si oc-

soprattutto nei domini tecnici in questo senso

cupano a volte in via preliminare talvolta in via

quanto la tassonomia del corpo umano sia fon-

esclusiva di definire le tassonomie terminolo-

damentale e imprescindibile per qualsiasi me-

giche e concettuali riferibili a qualsivoglia argo-

dico. In termini più neutri un’ontologia è simile

mento tecnico.

ad una tassonomia in quanto anch’essa è una

Le discipline scientifiche possono differire per

struttura ad albero di istanze dette anche indi-

grado di condivisione o di stabilità delle tas-

vidui (o categorie o classi) appartenenti ad un

sonomie utilizzate, come per Perec alcune

dato gruppo di concetti. A capo della struttura

non durano, mentre ad esempio la sistemati-

c’è un’istanza singola, il nodo radice, le cui pro-

ca scientifica di Linneo utilizza una nomencla-

prietà si applicano a tutte le altre istanze del-

tura binomia e individua una tecnica di classifi-

la gerarchia (sotto – categorie). I nodi sotto-

cazione universalmente condivisa. La maggio-

stanti a questa radice costituiscono categorie

re o minore efficacia o l’utilità di una tassono-

più specifiche le cui proprietà caratterizzano il

mia possono essere oggetto di discussioni co-

sotto gruppo del totale degli oggetti classifica-

me no. Due medici possono essere interessati,

ti nell’intera tassonomia.

parlando di un paziente, a scambiare informa-

Dove l’ontologia si può differenziare dalla tas-

zioni in maniera concisa condividendo la tasso-

sonomia è, in contrasto con i metodi di classifi-

nomia delle parti corpo umano o un preciso les-

cazione formale (in particolare con la tassono-

sico diagnostico. Di segno opposto può essere

mia classica), nell’ibridazione di strutture con-

| 206


La rete di Babele

cettuali con relazioni di tipo rizomatico legate

Le ontologie

ad applicazioni web, attraverso le quali vengo-

Le mappe stellari permettono di orientarsi nel

no diffusi contenuti testuali e/o multimedia-

cielo notturno a chi voglia individuare la posi-

li. L’immagine “botanica” che meglio esprime

zione di una stella o di una costellazione. I nomi

questo concetto è la mangrovia che bene rap-

delle costellazioni, le linee che congiungono le

presenta il modo in cui le reti semantiche pos-

stelle, le regioni della volta celeste che prendo-

sono essere l’ibridazione di strutture gerarchi-

no il nome dalle costellazioni sono un esempio

che con strutture a-gerarchiche, quali ad esem-

di ontologia che seppure in modo convenzio-

pio le folksnomie.

nale, arbitrario ma condiviso, forniscono facile

Le folksnomie, neologismo derivato dall’ingle-

orientamento e informazioni utili a chi osservi

se folksnomy, descrivono una categorizzazione

il cielo, per quanto oggi si preferisca distinguere

collaborativa di informazioni mediante l’utiliz-

le stelle in base a posizione e luminosità piut-

zo di parole chiave (o tag) scelte liberamente.

tosto che tracciare nuove cartografie celesti.

Il termine è formato dall’unione di due parole,

Le stelle di una costellazione raramente hanno

folk e tassonomia; una folksnomia è una tasso-

qualche relazione astrofisica tra loro: domina

nomia creata da chi la usa.

nel pattern visivo la distanza fra gli astri, appa-

Concretamente le ontologie si occupano di stu-

iono come pattern visivi a cui si associa un’im-

diare e favorire le metodologie utilizzate da

magine convenzionale.

gruppi di persone che collaborano spontanea-

Un’ontologia è una specificazione esplicita e

mente per organizzare in categorie le informa-

formale di una concettualizzazione condivisa:

zioni disponibili attraverso internet. All’inver-

- Condivisa perché cattura conoscenze consen-

so le folksnomie esprimono il concetto di co-

suali (non private ma accettate da gruppi di

me le ontologie possono essere il mezzo tecni-

individui).

co adeguato all’esigenza di una classificazione distribuita dell’informazione e al riutilizzo delle strutture condivise in base all’utilità che dimostrano. Considerato che gli organizzatori

- Esplicita perché sono definiti in maniera esplicita sia i concetti che i vincoli sul loro uso. - Formale ossia deve poter essere compresa da una macchina.

dell’informazione sono di solito gli utenti fina-

- Una concettualizzazione corrisponde a un

li, la folksnomia produce risultati che riflettono

modello astratto che descrive i concetti rile-

in maniera più definita l’informazione secondo

vanti di alcuni fenomeni del mondo reale.

il modello concettuale della popolazione in cui il

Le costellazioni dei tuareg o dei cinesi non so-

progetto viene realizzato.

no le stesso 88 di origine tolemaica mentre il mapping ontologico fra due diverse concettualizzazioni è possibile. In informatica l’Ontologia è un’esplicita specificazione di una concettua-

207 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

lizzazione e definisce un insieme di tecnologie

- per fare assunzioni esplicite sul dominio o fa-

per la modellazione della conoscenza. Essa si

cilitare i cambiamenti sulle assunzioni di do-

basa su un modello ontologico che definisce in

minio o facilitare la comprensione e l’aggior-

modo esplicito le relazioni e la semantica delle

namento dei dati esistenti.

entità di un dominio e su un linguaggio ontolo-

In termini più operativi le ontologie ci permet-

gico necessario per la descrizione di uno o più

tono di definire le basi di conoscenza rappre-

modelli ontologici fra loro confrontabili.

sentabili schematicamente come Ontologie in cui trovano luogo le istanze (o oggetti, risorse).

Perché costruire ontologie sulla terra cruda

A loro volta le ontologie si specificano attraver-

In sintesi possiamo individuare tre ordini di

so tassonomie, fatte di vocabolari e strutture

ragione per costruire un’ontologia sulla terra

semantiche a cui si aggiungono vincoli e rela-

cruda:

zioni.

- per condividere una conoscenza comune delle strutture di informazione tra persone e tra

Perché implementare le conoscenze nel web

agenti software e quindi per introdurre stan-

Lo sviluppo di una base di conoscenza per la

dard che garantiscono l’interoperabilità;

terra cruda può procedere attraverso la specifi-

- per permettere il riuso di domini di conoscen-

cazione dei numerosi elementi sintattici e mor-

za ossia per evitare di “re-inventare la ruota”

fologici che la costituiscono.

tutte le volte;

Il risultato è quello di una struttura complessa,

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La rete di Babele

concettualmente ricca di relazioni che permet-

nizzare le modalità di presentazione, di ren-

tono di identificare livelli concettualmente so-

dering, delle informazioni e dei relativi colle-

vrapposti.

gamenti. Ora che nel caso dell’ontologia della

La tecnologica informatica ci permette di so-

terra cruda abbiamo una struttura semantica-

stenere alcune funzioni importanti:

mente ricca non possiamo ritornare ai 9200 ri-

- l’ontologia è tanto più significativa in quan-

sultati della ricerca per parola chiave “terra cru-

to si pone a lato di un testo, non lo sostitui-

da” inserita in un motore di ricerca. In sostanza

sce, semmai ne rappresenta in trasparenza la

dobbiamo, in base all’informazione richiesta,

struttura e l’organizzazione;

essere in grado di selezionare e gerarchizzare

- i testi della base di conoscenza (immagini, te-

nodi e relazioni della base di conoscenza.

sti narrativi e quant’altro) devono poter esse-

Semplicemente si può distinguere in pri-

re fruiti nel modo convenzionale con cui si ac-

mo luogo i risultati della ricerca compiu-

cede alle pagine in internet;

ta sulla descrizione delle relazioni ontologi-

- la condivisione della conoscenza anche onto-

che dalle relazioni propriamente sintattiche.

logica fa sì che si debba poter arricchire a più

In secondo luogo possiamo decidere di posizio-

livelli la base di conoscenza (contribuzione

nare al centro della pagina un testo che avrà un

istanze, sviluppo di porzioni ontologiche, con-

titolo, dei sottotitoli, delle etichette di identifi-

tribuzione alla modificazione della struttura

cazione delle istanze e porre “attorno al testo” i

ontologica generale).

link semantici raggruppati con criteri opportuni.

In primo luogo queste esigenze pongono un problema di fruizione dei testi. Analogamen-

Una ontologia del paratesto

te all’esempio iniziale della ricerca sul databa-

In definitiva stiamo lavorando sulla struttura

se, si pone il problema di capire e decidere co-

paratestuale del testo. Mentre disponiamo di

me va presentato il risultato della nostra ri-

una semiotica del paratesto per le opere scrit-

cerca: per una biblioteca il problema è relati-

te non ne disponiamo una per l’organizzazione

vamente semplice, mostreremo ad esempio

dei testi in rete e per il loro utilizzo in internet.

i record contenenti autore, titolo e altre infor-

Fondamentale, ad esempio, per uno studen-

mazioni paratesturali. Per una selezione di ar-

te universitario che cerca, seguendo un corso,

ticoli scientifici on line possiamo mostrare nel-

di capire cosa gli serve per superare l’esame,

la stessa pagina l’autore, il titolo, l’affiliazione,

spesso trascurato dai docenti che evitano di

l’abstract e un link per scaricare il testo dell’ar-

prendere in considerazione particolari apparen-

ticolo in pdf.

temente marginali, il paratesto non è soltanto

Tutti questi elementi paratestuali vengono de-

un elemento strutturale collegato al testo, né

scritti in un ambito ontologico specifico da una

si limita a svolgere una funzione meramente

ontologia particolare che ha il compito di orga-

ausiliare. In un corso istituzionale universitario

209 |


Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

il paratesto previene il testo delle comunicazio-

considerati o meno come appartenenti ad es-

ni orali, scritte, elettroniche o cartacee, ne assi-

so, autografi o allografi, che procurano al testo

cura la ricezione, funziona per dirla con Genet-

un contorno (variabile= e a volte un commento

te da soglia, zona indecisa tra il dentro (il cor-

ufficiale o ufficioso).

so) e il fuori ( il discorso delle persone sul corso);

Fin dagli esordi il paratesto in internet ha già

senza limiti rigorosi, diviene una sorta di istru-

mutato in più direzioni le pratiche e i modi e le

zioni per l’uso e stabilisce un primo patto con il

possibilità tecniche, dal sito al portale, dal blog

fruitore, invitandolo ad assumere un determi-

a wikipedia, dagli applet di java ai video on line,

nato atteggiamento interpretativo. Il fruitore

con differenze notevoli anche nel periodo breve.

coglie dal paratesto delle indicazioni di genere,

Per quanto riguarda un portale, è paratesto la

comincia a valutare il tipo di atto comunicativo

divisione in sezioni dei contenuti, la composi-

che il testo gli propone e al contempo a identifi-

zione grafica delle pagine, l’apparato di imma-

care la porzione di enciclopedia e le esperienze

gini a corredo dei testi, la mole di grafi, schemi,

testuali pregresse simili che è chiamato ad atti-

riassunti ecc. che rientra nell’infografica, i titoli,

vare per procedere all’interpretazione del testo.

con occhielli, sommari, ecc.

Lo smarrimento dell’abituale fruitore di libri davanti al testo in rete è dovuto alla ridefinizio-

Un obiettivo per i sistemi di gestione della co-

ne di un paratesto che, dal punto di vista lin-

noscenza

guistico e semiotico, come insieme di una se-

Il problema della costruzione e della conser-

rie di elementi distinti, testuali e grafici, di con-

vazione di una costruzione, riguarda reti com-

torno lo prolungano nel tempo e nello spazio.

plesse di interazioni che fondamentalmen-

Il confine di un testo, se ben definito, conferi-

te coinvolgono persone ed è anche la necessi-

sce al testo una sua materialità ed una dimen-

tà di mettere in rete il patrimonio di costruzio-

sione pragmatica. Il paratesto viene aggiunto

ni in terra per fronteggiare la perdita prossima

al testo per presentarlo nel senso corrente del

ventura.

termine ma anche nel suo senso più profondo,

Il connettivo delle organizzazioni che opera-

renderlo presente, strettamente collegato alla

no per progetti è la comunicazione attraverso

distribuzione, ricezione e al consumo del testo.

la quale le persone si orientano reciprocamen-

Gli elementi del paratesto si possono situare

te verso un obiettivo. L’oggetto della comuni-

strettamente intorno al testo, è il caso del peri-

cazione è esteso: riguarda la concettualizzazio-

testo, o a distanza dal testo, è il caso dell’epite-

ne, la condivisione, l’estensione di conoscen-

sto. La dimensione della navigazione in rete ha

za distribuita e diffusa nel sistema organizza-

modificato sostanzialmente la percezione di

tivo che realizza il progetto. La sopravvivenza

entrambi. La paratestualità è quindi come una

del patrimonio delle architettura in terra è data

relazione fra il testo e quei “segnali accessori”,

dal suo diffondersi e adattarsi, differenziarsi,

| 210


La rete di Babele

nell’elaborare le conoscenze e le lingue del co-

La chiave è una metodologia organizzativa in-

struire. Segue un principio evolutivo. Maggiori

terdisciplinare basata sul Knowledge Manage-

probabilità di sopravvivenza a qualsiasi diluvio

ment: sviluppare le “basi linguistiche” della co-

si hanno differenziando e aumentando le cono-

municazione per il progetto, interconnettere i

scenze. La capacità delle reti complesse di resi-

nodelli e i domini in cui si specificano i model-

stere al singolo evento catastrofico. In sintesi

li, assicurare una interoperabilità fra persone e

le strutture ontologiche ci permettono di rap-

agenti software. Gli elementi di base della co-

presentare e manipolare concetti e oggetti. Ad

municazione devono essere accessibili e cogni-

un oggetto si può associare una struttura on-

tivamente adeguati. La trasparenza cognitiva

tologica esplicita (condivisibile, criticabile ecc.).

è la chiave della fiducia: in relazione alle moda-

Ne risulta:

lità i interazione con il mondo e in relazione alle

- una condivisione di risorse da parte delle per-

assunzioni sul mondo su cui si basa la comuni-

sone e da parte delle risorse informatiche; - un riuso: pezzi di ontologie possono essere riutilizzati;

cazione. Attraverso la attivazione o la riattivazione del discorso sulla costruzione passano le nuove modalità di conoscenza e azione capaci

- la distinzione fra strutture e presentazione

di contrastare il muto agire, la conoscenza taci-

della conoscenza che permette di separare gli

ta, che può preludere all’abbandono: quel mu-

elementi invarianti da quelli soggetti ad una

to agire concorde preludio di un abbandono si

validità circoscritta. La gestione della compo-

tramuta in rinnovate modalità di conoscenza e

nente paratestuale del testo in internet può

azione. “E fece spargere Dio loro da là, sopra i

essere gestita attraverso ontologie della pre-

volti di tutta la terra. E smisero di costruire la

sentazione.

città”.

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Marco Masera (1966-2012), professore associato di Produzione Edilizia, è nato a Bolzano. Ha ottenuto la Laurea in Architettura con lode presso l’Università di Firenze, Italia. Dal 1° novembre 2005 Marco Masera è stato professore associato di Produzione Edilizia presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze. Ha conseguito il dottorato di ricerca Presso l’Università Politecnica delle Marche, in Informatica applicata alla Ingegneria Edile. La sua ricerca ha toccato i temi legati al Knowledge Management, all’Information Technology e all’ingegneria informatica applicata all’organizzazione del progetto, allo studio delle tecniche di costruzione e al construction/project management. Negli ultimi quindici anni di vita ha condotto una continua e persistente attività di ricerca sia a livello nazionale che internazionale. È stato regolarmente presente in conferenze internazionali sui temi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, del Project Management, di Knowledge Management, di gestione della qualità e di formazione nelle discipline progettuali. Nel 2002 è entrato a far parte della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Trento come docente di corsi di organizzazione del cantiere e corsi di programmazione e di contabilità dei costi. Prima di allora è stato Postdoctoral Fellow presso la Facoltà di Ingegneria di Pisa, Italia, tra il 2000 e il 2002.

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Sulla natura complessa del progettare | Marco Masera

La sua attività di ricerca si è svolta in più direzioni, studiando il ruolo della pianificazione come tecnica strutturale per la gestione delle informazioni e delle conoscenze in progetti di costruzione. In particolare, si è occupato di computer science e in particolare di sviluppare approcci di workflow all’interno di applicazioni di pianificazione processo e di analisi e delle relazioni di partenariato nella progettazione concorrente. Nel campo del ciclo di vita del progetto, ha anche studiato gli aspetti procedurali e informativi per la manutenzione e il recupero di sistemi di costruzione complessi; Nel campo della gestione del progetto ha studiato anche aspetti organizzativi e tecnici connessi alla gestione del rischio rivolto allo sviluppo di tecniche decisionali nelle attività di progetto nel settore delle costruzioni. Nell’ambito tecnologico, ha studiato i rapporti tra il project management e la gestione della qualità, concentrandosi sugli aspetti tecnici di preparazione e di esecuzione e delle fasi operative e dei processi in sito. È stato autore di 2 libri in italiano, il primo dei quali, come coautore con Saverio Mecca, intitolato Il rischio nel progetto di costruzione, pubblicato nel 2002 . Il suo secondo libro, La Pianificazione della costruzione è stato pubblicato nel 2003. Ha lavorato nell’organizzazione di progetti specificamente nel dominio della gestione della qualità; come ricercatore ha collaborato anche con il Centro PCQ (Progetto Costruzione Qualità), promosso da una iniziativa del Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino, Università Politecnica delle Marche. Egli è stato inoltre Visiting Professor presso la Universitat Polytecnica de Catalunya, a Dipartimento di Enginyeria di la Construcciò.

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finito di stampare nel novembre del 2014




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